14 luglio (15 luglio) - S. Bonaventura da Bagnoregio, Vescovo e Dottore della Chiesa

[Augustinus]

In onore di questo grande Dottore della Chiesa, autore del celebre scritto "Itinerario della mente di Dio", dove mostra che la Carità, cioè l'Amore di Dio, è il centro di ogni speculazione, apro questo thread.

Augustinus

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dal sito SANTI E BEATI (http://www.santiebeati.it/dettaglio/23550) con qualche aggiunta:

San Bonaventura Vescovo e dottore della Chiesa

15 luglio

Bagnoregio, Viterbo, 1218 - Lione, Francia, 15 luglio 1274

Giovanni Fidanza nacque a Bagnoregio (Viterbo) nel 1218. Bambino fu guarito da san Francesco, che avrebbe esclamato: « Oh bona ventura ». Gli rimase per nome ed egli fu davvero una «buona ventura» per la Chiesa. Studiò a Parigi e durante il suo soggiorno in Francia, entrò nell'Ordine dei Frati Minori. Insegnò teologia all'università di Parigi e formò intorno a sé una reputatissima scuola. Nel 1257 venne eletto generale dell'Ordine francescano, carica che mantenne per diciassette anni con impegno al punto da essere definito secondo fondatore dell'Ordine. Scrisse numerose opere di carattere teologico e mistico ed importante fu la «Legenda maior», biografia ufficiale di San Francesco, a cui si ispirò Giotto per il ciclo delle Storie di San Francesco. Fu nominato vescovo di Albano e cardinale. Partecipò al II Concilio di Lione che, grazie anche al suo contributo, segnò un riavvicinamento fra Chiesa latina e Chiesa greca. Proprio durante il Concilio, morì a Lione, il 15 luglio 1274. (Avvenire)

Patronato: Fattorini

Etimologia: Bonaventura = fortunato, significato intuitivo

Emblema:Bastone pastorale, cappello da cardinale

Martirologio Romano: Memoria della deposizione di san Bonaventura, vescovo di Albano e dottore della Chiesa, che rifulse per dottrina, santità di vita e insigni opere al servizio della Chiesa. Resse con saggezza nello spirito di san Francesco l’Ordine dei Minori, di cui fu ministro generale. Nei suoi molti scritti unì una somma erudizione a una ardente pietà. Mentre si adoperava egregiamente per il II Concilio Ecumenico di Lione, meritò di giungere alla visione beata di Dio.

Martirologio tradizionale (14 luglio): San Bonaventura dell'Ordine dei Minori, Cardinale e Vescovo di Albano, Confessore e Dottore della Chiesa, il quale passò al Signore nel giorno seguente.

(15 luglio): A Lione, in Francia, la deposizione di san Bonaventura, Cardinale e Vescovo di Albano, Confessore e Dottore della Chiesa, dell'Ordine dei Minori, famosissimo per la dottrina e la santità della vita. La sua festa tuttavia si celebra nel giorno precedente.

Bonaventura (nato nel 1218 a Bagnorea, l'attuale Bagnoregio) disse di aver dato le sue preferenze all'Ordine fondato da S. Francesco per aver riscontrato una mirabile somiglianza tra la crescita della Chiesa e quella della famiglia francescana: entrambe annoveravano agli inizi uomini semplici, pescatori e contadini, e più avanti uomini di scienza. Quando Bonaventura entrò nell'Ordine, i figli di S. Francesco, al pari di quelli di S. Domenico, si erano spinti fino a Parigi, a Oxford, a Cambridge, a Strasburgo e in altre università europee. L'evoluzione non era stata indolore. Parecchi della "vecchia" generazione guardavano con perplessità all'allentata disciplina religiosa e alla nuova apertura culturale dei giovani frati. Ma Bonaventura sapeva dire una parola tranquillizzante e stimolatrice per gli uni e per gli altri.
A frate Egidio che nella sua semplicità gli chiedeva come avrebbe potuto salvarsi lui, privo di ogni scienza teologica, fra Bonaventura rispose: "Se Dio dà all'uomo soltanto la grazia di poterlo amare, questo basta... Una vecchierella può amare Dio anche più di un maestro di teologia". Dotato di buon senso, pratico e speculativo al tempo stesso, Bonaventura aveva saputo applicare al solido tronco francescano gli innesti delle giovani generazioni con le accresciute esigenze, anche culturali, smentendo quanti paventavano, come Jacopone da Todi, che la scienza portasse detrimento alla semplicità della regola francescana.
Bonaventura, discepolo di Alessandro di Hales a Parigi, come S. Tommaso era rimasto in questa città dapprima come maestro di teologia, poi come generale dei frati Minori, carica alla quale venne eletto a soli trentasei anni. Creato cardinale, dovette accettare anche la consacrazione episcopale, precedentemente rifiutata per umiltà, ed ebbe la sede suburbicaria di Albano Laziale. Da papa Gregorio X ebbe l'incarico di preparare il secondo concilio di Lione, al quale era stato invitato pure Tommaso d'Aquino, morto due mesi prima dell'apertura avvenuta il 7 maggio 1274. Il 15 luglio dello stesso anno moriva anche fra Bonaventura, assistito personalmente dal papa.
Alla base della dottrina teologica insegnata da fra Bonaventura con la parola e con gli scritti (tra i suoi libri più noti “Itinerario della mente in Dio”) è l'amore o carità. "Non basta - egli scrive - la lettura senza l'unzione; non basta la speculazione senza la devozione; non basta l'indagine senza la meraviglia; non basta la circospezione senza l'esultanza; l'industria senza la pietà; la scienza senza la carità; l'intelligenza senza l'umiltà; lo studio senza la grazia".

Autore: Piero Bargellini

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[Augustinus]

(Cap. 7, 1. 2. 4. 6; Opera omnia, 5, 312-313).

Cristo è la via e la porta. Cristo è la scala e il veicolo. E' il propiziatorio collocato sopra l'arca di Dio (cfr. Es 26, 34). E' «il mistero nascosto da secoli» (Ef 3, 9). Chi si rivolge a questo propiziatorio con dedizione assoluta, e fissa lo sguardo sul crocifisso Signore mediante la fede, la speranza, la carità, la devozione, l'ammirazione, l'esultanza, la stima, la lode e il giubilo del cuore, fa con lui la Pasqua, cioè il passaggio; attraversa con la verga della croce il Mare Rosso, uscendo dall'Egitto per inoltrarsi nel deserto. Qui gusta la manna nascosta, riposa con Cristo nella tomba come morto esteriormente, ma sente, tuttavia, per quanto lo consenta la condizione di viatori, ciò che in croce fu detto al buon ladrone, tanto vicino a Cristo con l'amore: «Oggi sarai con me nel paradiso!» (Lc 23, 43).
Ma perché questo passaggio sia perfetto, è necessario che, sospesa l'attività intellettuale, ogni affetto del cuore sia integralmente trasformato e trasferito in Dio.
E' questo un fatto mistico e straordinario che nessuno conosce se non chi lo riceve. Lo riceve solo chi lo desidera, non lo desidera se non colui che viene infiammato dal fuoco dello Spirito Santo, che Cristo ha portato in terra. Ecco perché l'Apostolo afferma che questa mistica sapienza è rivelata dallo Spirito Santo.
Se poi vuoi sapere come avvenga tutto ciò, interroga la grazia, non la scienza, il desiderio non l'intelletto, il sospiro della preghiera non la brama del leggere, lo sposo non il maestro, Dio non l'uomo, la caligine non la chiarezza, non la luce ma il fuoco che infiamma tutto l'essere e lo inabissa in Dio con la sua soavissima unzione e con gli affetti più ardenti.
Ora questo fuoco è Dio e questa fornace si trova nella santa Gerusalemme; ed è Cristo che li accende col calore della sua ardentissima passione. Lo può percepire solo colui che dice: L'anima mia ha preferito essere sospesa in croce e le mie ossa hanno prescelto la morte! (cfr. Gb 7, 15).
Chi ama tale morte, può vedere Dio, perché rimane pur vero che: «Nessun uomo può vedermi e restar vivo» (Es 33, 20). Moriamo dunque ed entriamo in questa caligine; facciamo tacere le sollecitudini, le concupiscenze e le fantasie. Passiamo con Cristo crocifisso, «da questo mondo al Padre», perché, dopo averlo visto, possiamo dire con Filippo: «Questo ci basta» (Gv 14, 8); ascoltiamo con Paolo: «Ti basta la mia grazia» (2 Cor 12, 9); rallegriamoci con Davide, dicendo: «Vengono meno la mia carne e il mio cuore; ma la roccia del mio cuore è Dio, è Dio la mia sorte per sempre» (Sal 72, 26). «Benedetto il Signore, Dio d'Israele, da sempre, per sempre. Tutto il popolo dica: Amen» (Sal 105, 48).

[Augustinus]

http://www.wga.hu/art/l/licinio/madonna.jpg Bernadino Licinio, Madonna con Bambino in Armi, 1524, Chiesa di Santa Maria Gloriosa dei Frari, Venezia. A destra della Vergine sono i SS. Chiara, Bonaventura, Francesco, Marco. Si intravede il volto di Fra Antonietto di Venezia, committente dell'opera. A sinistra sono i SS. Giovanni Battista, Antonio di Padova, Ludovico d'Angiò, vescovo di Tolosa, ed Andrea.

http://www.wga.hu/art/s/solimena/bonavent.jpg Francesco Solimena, S. Bonaventura riceve il vessillo del S. Sepolcro dalla Vergine, 1710, Cattedrale di Aversa (Caserta)

http://img323.imageshack.us/img323/1998/bonaventura2mw.gif

http://www.umbrarte.com/list/270401.jpg Andrea Camassei, I SS. Bonaventura, Bernardino e Ludovico da Tolosa, Chiesa di Santa Caterina, Rapecchiano (Spello)

http://cybermuse.gallery.ca/cybermuse/showcases/redshow/images/39763r.jpg Claude François, S. Bonaventura, 1655, National Gallery of Canada, Ottawa

http://www.catholictradition.org/Padua/padua11-9.jpg http://img185.imageshack.us/img185/9671/nbpinacotecabononechrisii9.jpg Alessandro Moretto, SS. Bonaventura ed Antonio di Padova, XVI sec., musée du Louvre, Parigi

[Augustinus]

http://img157.imageshack.us/img157/9583/me00000579813re9.jpg Francisco de Herrera il Vecchio, Guarigione di S. Bonaventura bambino da parte di S. Francesco, 1628, Musée du Louvre, Parigi

http://www.wga.hu/art/h/herrera/franci_e/bonavent.jpg Francisco de Herrera il Vecchio, S. Bonaventura accolto nell'ordine francescano, 1628, Museo del Prado, Madrid

http://img147.imageshack.us/img147/6390/me00000579803ch0.jpg Francisco de Herrera il Vecchio, S. Bonaventura è comunicato da un Angelo, 1628, Musée du Louvre, Parigi

http://www.cattolicesimo.com/immsacre/zurba.jpg http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/c/c0/Francisco_de_Zurbarán_036.jpg Francisco de Zurbarán, S. Bonaventura in preghiera, Dresden Gallery, Dresda

http://img227.imageshack.us/img227/1263/zurbaranmma87c03091003qc7.jpg http://img301.imageshack.us/img301/1851/me00000579783lb0.jpg Francisco de Zurbarán, S. Bonaventura al Concilio di Lione, 1629, Musée du Louvre, Parigi

[Augustinus]

http://img227.imageshack.us/img227/4376/zurbaranmma87c04091003hr9.jpg http://www.photo.rmn.fr/LowRes2/TR1/PH67MF/87-002269.jpg Francisco de Zurbarán, Esame del corpo di S. Bonaventura, 1629, Musée du Louvre, Parigi

http://www.photo.rmn.fr/LowRes2/TR1/JN2NR9/96-005965.jpg http://www.catholictradition.org/Saints/saints-2.jpg http://www.cattolicesimo.com/immsacre/bon.jpg Bartolomé Esteban Murillo, SS. Bonaventura e Leandro di Siviglia, 1665-1666, Museum of Fine Arts, Siviglia

http://www.nationalgalleryimages.co.uk/upload/image%20database/ng/0/0/0/4000/0/N-4038-00-000014-pp_550.jpg Giovanni Antonio Pordenone, S. Bonaventura, 1530-35, National Gallery, Londra

[Augustinus]

S. Francesco d'Assisi (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=69012)

S. Antonio da Padova, Dottore della Chiesa (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=105021)

S. Tommaso d'Aquino Dottore della Chiesa (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=144345)

Link esterni:

St. Bonaventure of Bagnoregio (http://www.franciscan-archive.org/bonaventura/) (in inglese)

Saint Bonaventure (http://www.jesusmarie.com/bonaventure.html) (in francese)

Opere spirituali complete (http://www.abbaye-saint-benoit.ch/saints/bonaventure/) (in francese)

http://www.abbaye-saint-benoit.ch/saints/bonaventure/images/saintbonaventure.jpg

[Augustinus]

In rilievo

Aug. :) :) :)

[Diaconus]

Stralcio dal discorso di presentazione del Card. Joseph Ratzinger pronunciato in occasione della nomina, il 13 novembre del 2000, a membro della Pontificia Accademia delle Scienze.
[…]
Il mio lavoro post dottorale fu incentrato su San Bonaventura, un teologo francescano del XIII secolo. Scopersi un aspetto della teologia di san Bonaventura a quanto ne so non basato sulla letteratura precedente: la sua relazione con una nuova idea di storia concepita da Gioacchino da Fiore nel XII secolo. Gioacchino intese la storia come progressione da un periodo del Padre (un tempo difficile per gli esseri umani sotto la legge), ad un secondo periodo della storia, quello del Figlio (con maggiore libertà, più franchezza, più fratellanza), ad un terzo periodo della storia, il periodo definitivo della storia, il tempo dello Spirito Santo. Secondo Gioacchino questo doveva essere il tempo della riconciliazione universale, di riconciliazione tra l’Est e l’Ovest, tra cristiani ed ebrei, un tempo senza legge (in senso paolino), un tempo di vera fraternità nel mondo. L’interessante idea che scopersi fu che una corrente significativa di francescani era convinta che San Francesco di Assisi e l’Ordine francescano segnarono l’inizio di questo terzo periodo della storia, e fu loro ambizione l’attualizzarlo; Bonaventura mantenne un dialogo critico con tale corrente.
[…]

Tratto da: www.ratzinger.it (http://www.ratzinger.it/)

[Diaconus]

http://www.centrostudigioachimiti.it/images/figuravita1.jpg Gioacchino da Fiore e S. Bonaventura

[Augustinus]

St. Bonaventure

Doctor of the Church, Cardinal-Bishop of Albano, Minister General of the Friars Minor, born at Bagnorea in the vicinity of Viterbo in 1221; died at Lyons, 16 July, 1274.

Nothing is known of Bonaventure's parents save their names: Giovanni di Fidanza and Maria Ritella. How his baptismal name of John came to be changed to that of Bonaventure is not clear. An attempt has been made to trace the latter name to the exclamation of St. Francis, O buona ventura, when Bonaventure was brought as an infant to him to be cured of a dangerous illness. This derivation is highly improbable; it seems based on a late fifteenth-century legend. Bonaventure himself tells us (Legenda S. Francisci Prolog.) that while yet a child he was preserved from death through the intercession of St. Francis, but there is no evidence that this cure took place during the lifetime of St. Francis or that the name Bonaventure originated in any prophetical words of St. Francis. It was certainly borne by others before the Seraphic Doctor. No details of Bonaventure's youth have been preserved. He entered the Order of Friars Minor in 1238 or 1243; the exact year is uncertain. Wadding and the Bollandists bold for the later date, but the earlier one is supported by Sbaradea, Bonelli, Panfilo da Magliano, and Jeiler, and appears more probable. It is certain that Bonaventure was sent from the Roman Province, to which he belonged, to complete his studies at the University of Paris under Alexander of Hales, the great founder of the Franciscan School. The latter died in 1246, according to the opinion generally received, though not yet definitely established, and Bonaventure seems to have become his pupil about 1242. Be this as it may, Bonaventure received in 1248 the "licentiate" which gave him the right to teach publicly as Magister regens, and he continued to lecture at the university with great success until 1256, when he was compelled to discontinue, owing to the then violent outburst of opposition to the Mendicant orders on the part of the secular professors at the university. The latter, jealous, as it seems, of the academic successes of the Dominicans and Franciscans, sought to exclude them from teaching publicly. The smouldering elements of discord had been fanned into a flame in 1256, when Guillaume de Saint-Amour published a work entitled "The Perils of the Last Times", in which he attacked the Friars with great bitterness. It was in connexion with this dispute that Bonaventure wrote his treatise, "De paupertate Christi". It was not, however, Bonaventure, as some have erroneously stated, but Blessed John of Parma, who appeared before Alexander IV at Anagni to defend the Franciscans against their adversary. The Holy See having, as is well known, re-established the Mendicants in all their privileges, and Saint-Amour's book having been formally condemned, the degree of Doctor was solemnly bestowed on St. Bonaventure and St. Thomas Aquinas at the university, 23 October, 1257.

In the meantime Bonaventure, though not yet thirty-six years old, had on 2 February, 1257, been elected Minister General of the Friars Minor -- an office of peculiar difficulty, owing to the fact that the order was distracted by internal dissensions between the two factions among the Friars designated respectively the Spirituales and the Relaxati. The former insisted upon the literal observance of the original Rule, especially in regard to poverty, while the latter wished to introduce innovations and mitigations. This lamentable controversy had moreover been aggravated by the enthusiasm with which many of the "Spiritual" Friars had adopted the doctrines connected with the name of Abbot Joachim of Floris and set forth in the so-called "Evangelium aeternum". The introduction to this pernicious book, which proclaimed the approaching dispensation of the Spirit that was to replace the Law of Christ, was falsely attributed to Bl. John of Parma, who in 1267 had retired from the government of the order in favour of Bonaventure. The new general lost no time in striking vigorously at both extremes within the order. On the one hand, he proceeded against several of the Joachimite "Spirituals" as heretics before an ecclesiastical tribunal at Città della Pieve; two of their leaders were condemned to perpetual imprisonment, and John of Parma was only saved from a like fate through the personal intervention of Cardinal Ottoboni, afterwards Adrian V. On the other hand, Bonaventure had, in an encyclical letter issued immediately after his election, outlined a programme for the reformation of the Re1axati. These reforms he sought to enforce three years later at the General Chapter of Narbonne when the constitutions of the order which he had revised were promulgated anew. These so-called "Constitutiones Narbonenses" are distributed under twelve heads, corresponding to the twelve chapters of the Rule, of which they form an enlightened and prudent exposition, and are of capital importance in the history of Franciscan legislation. The chapter which issued this code of laws requested Bonaventure to write a "legend" or life of St. Francis which should supersede those then in circulation. This was in 1260. Three years later Bonaventure, having in the meantime visited a great part of the order, and having assisted at the dedication of the chapel on La Verna and at the translation of the remains of St. Clare and of St. Anthony, convoked a general chapter of the order of Pisa at which his newly composed life of St. Francis was officially approved as the standard biography of the saint to the exclusion of all others. At this chapter of 1263, Bonaventure fixed the limits of the different provinces of the order and, among other ordinances, prescribed that at nightfall a bell should be rung in honour of the Annunciation, a pious practice from which the Angelus seems to have originated. There are no grounds, however, for the assertion that Bonaventure in this chapter prescribed the celebration of the feast of the Immaculate Conception in the order. In 1264, at the earnest request of Cardinal Cajetan, Bonaventure consented to resume the direction of the Poor Clares which the Chapter of Pisa had entirely renounced the year before. He required the Clares, however, to acknowledge occasionally in writing that the favours tendered them by the Friars were voluntary acts of charity not arising from any obligation whatsoever. It is said that Pope Urban IV acted at Bonaventure's suggestion in attempting to establish uniformity of observance throughout all the monasteries of Clares. About this time (1264) Bonaventure founded at Rome the Society of the Gonfalone in honour of the Blessed Virgin which, if not the first confraternity instituted in the Church, as some have claimed, was certainly one of the earliest. In 1265 Clement IV, by a Bull dated 23 November, nominated Bonaventure to the vacant Archbishopric of York, but the saint, in keeping with his singular humility, steadfastly refused this honour and the pope yielded.

In 1266 Bonaventure convened a general chapter in Paris at which, besides other enactments, it was decreed that all the "legends" of St. Francis written before that of Bonaventure should be forthwith destroyed, just as the Chapter of Narbonne had in 1260 ordered the destruction of all constitutions before those then enacted. This decree has excited much hostile criticism. Some would fain see in it a deliberate attempt on Bonaventure's part to close the primitive sources of Franciscan history, to suppress the real Francis, and substitute a counterfeit in his stead. Others, however, regard the decree in question as a purely liturgical ordinance intended to secure uniformity in the choir "legends". Between these two conflicting opinions the truth seems to be that this edict was nothing more than another heroic attempt to wipe out the old quarrels and start afresh. One cannot but regret the circumstances of this decree, but when it is recalled that the appeal of the contending parties was ever to the words and actions of St. Francis as recorded in the earlier "legends", it would be unjust to accuse the chapter of "literary vandalism" in seeking to proscribe the latter. We have no details of Bonaventure's life between 1266 and 1269. In the latter year he convoked his fourth general chapter at Assisi, in which it was enacted that a Mass be sung every Saturday throughout the order in honour of the Blessed Virgin, not, however, in honour of her Immaculate Conception as Wadding among others has erroneously stated. It was probably soon after this chapter that Bonaventure composed his "Apologia pauperum", in which he silences Gerard of Abbeville who by means of an anonymous libel had revived the old university feud against the Friars. Two years later, Bonaventure was mainly instrumental in reconciling the differences among the cardinals assembled at Viterbo to elect a successor to Clement IV, who had died nearly three years before; it was on Bonaventure's advice that, 1 September, 1271, they unanimously chose Theobald Visconti of Piacenza who took the title of Gregory X. That the cardinals seriously authorized Bonaventure to nominate himself, as some writers aver, is most improbable. Nor is there any truth in the popular story that Bonaventure on arriving at Viterbo advised the citizens to lock up the cardinals with a view to hastening the election. In 1272 Bonaventure for the second time convened a general chapter at Pisa in which, apart from general enactments to further regular observances new decrees were issued respecting the direction of the Poor Clares, and a solemn anniversary was instituted on 25 August in memory of St. Louis. This was the first step towards the canonization of the holy king, who had been a special friend of Bonaventure, and at whose request Bonaventure composed his "Office of the Passion". On 23 June, 1273, Bonaventure, much against his will, was created Cardinal-Bishop of Albano, by Gregory X. It is said that the pope's envoys who brought him the cardinal's hat found the saint washing dishes outside a convent near Florence and were requested by him to hang it on a tree nearby until his hands were free to take it. Bonaventure continued to govern the Order of Friars Minor until 20 May, 1274, when at the General Chapter of Lyons, Jerome of Ascoli, afterwards Nicholas IV, was elected to succeed him. Meanwhile Bonaventure had been charged by Gregory X to prepare the questions to be discussed at the Fourteenth Oecumenical Council, which opened at Lyons 7 May, 1274.

The pope himself presided at the council, but he confided the direction of its deliberations to Bonaventure, especially charging him to confer with the Greeks on the points relating to the abjuration of their schism. It was largely due to Bonaventure's efforts and to those of the Friars whom he had sent to Constantinople, that the Greeks accepted the union effected 6 July, 1274. Bonaventure twice addressed the assembled Fathers, on 18 May, during a session of the Council, when he preached on Baruch 5:5, and on 29 June, during pontifical Mass celebrated by the pope. While the council was still in session, Bonaventure died, Sunday, 15 July, 1274. The exact cause of his death is unknown, but if we may credit the chronicle of Peregrinus of Bologna, Bonaventure's secretary, which has recently (1905) been recovered and edited, the saint was poisoned. He was buried on the evening following his death in the church of the Friars Minor at Lyons, being honoured with a splendid funeral which was attended by the pope, the King of Aragon, the cardinals, and the other members of the council. The funeral oration was delivered by Pietro di Tarantasia, O.P., Cardinal-Bishop of Ostia, afterwards Innocent V, and on the following day during the fifth session of the council, Gregory X spoke of the irreparable loss the Church had sustained by the death of Bonaventure, and commanded all prelates and priests throughout the whole world to celebrate Mass for the repose of his soul.

Bonaventure enjoyed especial veneration even during his lifetime because of his stainless character and of the miracles attributed to him. It was Alexander of Hales who said that Bonaventure seemed to have escaped the curse of Adam's sin. And the story of St. Thomas visiting Bonaventure's cell while the latter was writing the life of St. Francis and finding him in an ecstasy is well known. "Let us leave a saint to work for a saint", said the Angelic Doctor as he withdrew. When, in 1434, Bonaventure's remains were translated to the new church erected at Lyons in honour of St. Francis, his head was found in a perfect state of preservation, the tongue being as red as in life. This miracle not only moved the people of Lyons to choose Bonaventure as their special patron, but also gave a great impetus to the process of his canonization. Dante, writing long before, had given expression to the popular mind by placing Bonaventure among the saints in his "Paradiso", and no canonization was ever more ardently or universally desired than that of Bonaventure. That its inception was so long delayed was mainly due to the deplorable dissensions within the order after Bonaventure's death. Finally on 14 April, 1482, Bonaventure was enrolled in the catalogue of the saints by Sixtus IV. In 1562 Bonaventure's shrine was plundered by the Huguenots and the urn containing his body was burned in the public square. His head was preserved through the heroism of the superior, who hid it at the cost of his life but it disappeared during the French Revolution and every effort to discover it has been in vain. Bonaventure was inscribed among the principal Doctors of the Church by Sixtus V, 14 March, 1557. His feast is celebrated 14 July.

Bonaventure, as Hefele remarks, united in himself the two elements whence proceed whatever was noble and sublime, great and beautiful, in the Middle Ages, viz., tender piety and profound learning. These two qualities shine forth conspicuously in his writings. Bonaventure wrote on almost every subject treated by the Schoolmen, and his writings are very numerous. The greater number of them deal with philosophy and theology. No work of Bonaventure's is exclusively philosophical, but in his "Commentary on the Sentences", his "Breviloquium", his "Itinerarium Mentis in Deum" and his "De reductione Artium ad Theologiam", he deals with the most important and difficult questions of philosophy in such a way that these four works taken together contain the elements of a complete system of philosophy, and at the same time bear striking witness to the mutual interpenetration of philosophy and theology which is a distinguishing mark of the Scholastic period. The Commentary on the "Sentences" remains without doubt Bonaventure's greatest work; all his other wntings are in some way subservient to it. It was written, superiorum praecepto (at the command of his superiors) when he was only twenty-seven and is a theological achievement of the first rank. It comprises more than four thousand pages in folio and treats extensively and profoundly of God and the Trinity, the Creation and Fall of Man, the Incarnation and Redemption, Grace, the Sacraments, and the Last Judgment, that is to say, traverses the entire field of Scholastic theology. Like the other medieval Summas, Bonaventure's "Commentary" is divided into four books. In the first, second, and fourth Bonaventure can compete favourably with the best commentaries on the Sentences, but it is admitted that in the third book he surpasses all others. The "Breviloquium", written before 1257, is, as its name implies, a shorter work. It is to some extent a summary of the "Commentary" containing as Scheeben says, the quintessence of the theology of the time, and is the most sublime compendium of dogma in our possession. It is perhaps the work which will best give a popular notion of Bonaventure's theology; in it his powers are seen at their best. Whilst the "Breviloquium" derives all things from God, the "Itinerarium Mentis in Deum" proceeds in the opposite direction, bringing all things back to their Supreme End. The latter work, which formed the delight of Gerson for more than thirty years, and from which Bl. Henry Suso drew so largely, was written on Mount la Verna in 1259. The relation of the finite and infinite, the natural and supernatural, is again dealt with by Bonaventure, in his "De reductione Artium ad Theologiam", a little work written to demonstrate the relation which philosophy and the arts bear to theology, and to prove that they are all absorbed in it as into a natural centre. It must not be inferred, however, that philosophy in Bonaventure's view does not possess an existence of its own. The passages in Bonaventure's works on which such an opinion might be founded only go to prove that he did not regard philosophy as the chief or last end of scientific research and speculation. Moreover, it is only when compared with theology that he considers philosophy of an inferior order. Considered in itself, philosophy is, according to Bonaventure, a true science, prior in point of time to theology. Again, Bonaventure's pre-eminence as a mystic must not he suffered to overshadow his labours in the domain of philosophy, for he was undoubtedly one of the greatest philosophers of the Middle Ages.

Bonaventure's philosophy, no less than his theology, manifests his profound respect for tradition. He regarded new opinions with disfavour and ever strove to follow those generally received in his time. Thus, between the two great influences which determined the trend of Scholasticism about the middle of the thirteenth century, there can he no doubt that Bonaventure ever remained a faithful disciple of Augustine and always defended the teaching of that Doctor; yet he by no means repudiated the teaching of Aristotle. While basing his doctrine on that of the old school, Bonaventure borrowed not a little from the new. Though he severely criticized the defects of Aristotle, he is said to have quoted more frequently from the latter than any former Scholastic had done. Perhaps he inclined more, on the whole, to some general views of Plato than to those of Aristotle, but he cannot therefore be called a Platonist. Although he adopted the hylomorphic theory of matter and form, Bonaventure, following Alexander of Hales, whose Summa he appears to have had before him in composing his own works, does not limit matter to corporeal beings, but holds that one and the same kind of matter is the substratum of spiritual and corporeal beings alike. According to Bonaventure, materia prima is not a mere indeterminatum quid, but contains the rationes seminales infused by the Creator at the beginning, and tends towards the acquisition of those special forms which it ultimately assumes. The substantial form is not in Bonaventure's opinion, essentially, one, as St. Thomas taught. Another point in which Bonaventure, as representing the Franciscan school, is at variance with St. Thomas is that which concerns the possibility of creation from eternity. He declares that reason can demonstrate that the world was not created ab aeterno. In his system of ideology Bonaventure does not favour either the doctrine of Plato or that of the Ontologists. It is only by completely misunderstanding Bonaventure's teaching that any ontologistic interpretation can he read into it. For he is most emphatic in rejecting any direct or immediate vision of God or of His Divine attributes in this life. For the rest, the psychology of Bonaventure differs in no essential point from the common teaching of the Schoolmen. The same is true, as a whole, of his theology.

Bonaventure's theological writings may be classed under four heads: dogmatic, mystic, exegetical, and homiletic. His dogmatic teaching is found chiefly in his "Commentary on the Sentences" and in his "Breviloquium". Treating of the Incarnation, Bonaventure does not differ substantially from St. Thomas. In answer to the question: "Would the Incarnation have taken place if Adam had not sinned?", he answers in the negative. Again, notwithstanding his deep devotion to the Blessed Virgin, he favours the opinion which does not exempt her from original sin, quia magis consonat fidei pietati et sanctorum auctoritati. But Bonaventure's treament of this question marked a distinct advance, and he did more perhaps than anyone before Scotus to clear the ground for its correct presentation. His treatise on the sacraments is largely practical and is characterized by a distinctly devotional element. This appears especially in is treatment of the Holy Eucharist. He rejects the doctrine of physical, and admits only a moral, efficacy in the sacraments. It is much to be regretted that Bonaventure's views on this and other controverted questions should be so often misrepresented, even by recent writers. For example, at, least three of the latest and best known manuals of dogma in treating of such questions as "De angelorum natura", "De scientia Christi", "De natura distinctionis inter caritatem et gratiam sanctificantem", "De causalitate sacramentorum", "De statu parvulorum sine baptismo morientium", gratuitously attribute opinions to Bonaventure which are entirely at variance with his real teaching. To be sure Bonaventure, like all the Scholastics, occasionally put forward opinions not strictly correct in regard to questions not yet defined or clearly settled, but even here his teaching represents the most profound and acceptable ideas of his age and marks a notable stage in the evolution of knowledge. Bonaventure's authority has always been very great in the Church. Apart from his personal influence at Lyons (1274), his writings carried great weight at the subsequent councils at Vienna (1311), Constance (1417), Basle (1435), and Florence (1438). At Trent (1546) his writings, as Newman remarks (Apologia, ch. v) had a critical effect on some of the definitions of dogma, and at the Vatican Council (1870), sentences from them were embodied in the decrees concerning papal supremacy and infallibility.

Only a small part of Bonaventure's writings is properly mystical. These are characterized by brevity and by a faithful adherence to the teaching of the Gospel. The perfecting of the soul by the uprooting of vice and the implanting of virtue is his chief concern. There is a degree of prayer in which ecstasy occurs. When it is attained, God is sincerely to be thanked. It must, however, be regarded only as incidental. It is by no means essential to the possession of perfection in the highest degree. Such is the general outline of Bonaventure's mysticism which is largely a continuation and development of what the St. Victors had already laid down. The shortest and most complete summary of it is found in his "De Triplici Via", often erroneously entitled the "Incendium Amoris", in which he distinguishes the different stages or degrees of perfect charity. What the "Breviloquium" is to Scholasticism, the "De Triplici Via" is to mysticism: a perfect compendium of all that is best in it. Savonarola made a pious and learned commentary upon it. Perhaps the best known of Bonaventure's other mystical and ascetical writings are the "Soliloquium", a sort of dialogue containing a rich collection of passages from the Fathers on spiritual questions; the "Lignum vitae", a series of forty-eight devout meditations on the life of Christ, the "De sex alis seraphim", a precious opuscule on the virtues of superiors, which Father Claudius Acquaviva caused to be printed separately and circulated throughout the Society of Jesus; the "Vitis mystica", a work on the Passion, which was for a long time erroneously ascribed to St. Bernard, and "De Perfectione vitae", a treatise which depicts the virtues that make for religious perfection, and which appears to have been written for the use of Blessed Isabella of France, who had founded a monastery of Poor Clares at Longchamps.

Bonaventure's exegetical works were highly esteemed in the Middle Ages and still remain a treasure house of thoughts and treatises. They include commentaries on the Books of Ecclesiastes and Wisdom and on the Gospels of St. Luke and St. John. In addition to his commentary on the Fourth Gospel, Bonaventure composed "Collationes in Joannem", ninety-one conferences on subjects relating to it. His "Collationes in Hexameron" is a work of the same kind, but its title, which did not originate with Bonaventure, is somewhat misleading. It consists of an unfinished course of instructions delivered at Paris in 1273. Bonaventure did not intend in these twenty-one discourses to explain the work of the six days, but rather to draw some analogous instructions from the first chapter of Genesis, as a warning to his auditors against some errors of the day. It is an exaggeration to say that Bonaventure had regard only to the mystical sense of Scripture. In such of his writings as are properly exegetical he follows the text, though he also develops the practical conclusions deduced from it, for in the composition of these works he had the advantage of the preacher mainly in view. Bonaventure had conceived the most sublime idea of the ministry of preaching, and notwithstanding his manifold labours in other fields, this ministry ever held an especial place among his labours. He neglected no opportunity of preaching, whether to the clergy, the people, or his own Friars, and Bl. Francis of Fabriano (d. 1322), his contemporary and auditor, bears witness that Bonaventure's renown as a preacher almost surpassed his fame as a teacher. He preached before popes and kings, in Spain and Germany, as well as in France and Italy. Nearly five hundred authentic sermons of Bonaventure have come down to us; the greater part of them were delivered in Paris before the university while Bonaventure was professor there, or after he had become minister general. Most of them were taken down by some of his auditors and thus preserved to posterity. In his sermons he follows the Scholastic method of putting forth the divisions of his subject and then expounding each division according to the different senses.

Besides his philosophical and theological writings, Bonaventure left a number of works referring to the religious life, but more especially to the Franciscan Order. Among the latter is his well-known explanation of the Rule of the Friars Minor; in this work, written at a time when the dissensions vithin the order as to the observance of the Rule were so painfully marked, he adopted a conciliatory attitude, approving neither the interpretation of the Zelanti nor that of the Relaxati. His aim was to promote harmony in essentials. With this end in view, he had chosen a middle course at the outset and firmly adhered to it during the seventeen years of his generalship. If anyone could have succeeded in uniting the order, it would have been Bonaventure; but the via media proved impracticable, and Bonaventure's personality only served to hold in check the elements of discord, subsequently represented by the Conventuals and the Fraticelli. Following upon his explanation of the Rule comes Bonaventure's important treatise embodying the Constitutions of Narbonne already referred to. There is also an answer by Bonaventure to some questions concerning the Rule, a treatise on the guidance of novices, and an opuscule in which Bonaventure states why the Friars Minor preach and hear confessions, besides a number of letters which give us a special insight into the saint's character. These include official letters written by Bonaventure as general to the superiors of the order, as well as personal letters addressed like that "Ad innominatum magistrum" to private individuals. Bonaventure's beautiful "Legend" or life of St. Francis completes the writings in which he strove to promote the spiritual welfare of his brethren. This well-known work is composed of two parts of very unequal value. In the first Bonaventure publishes the unedited facts that he had been able to gather at Assisi and elsewhere; in the other he merely abridges and repeats what others, and especially Celano, had already recorded. As a whole, it is essentially a legenda pacis, compiled mainly with a view to pacifying the unhappy discord still ravaging the order. St. Bonaventure's aim was to present a general portrait of the holy founder which, by the omission of certain points that had given rise to controversy, should be acceptable to all parties. This aim was surely legitimate even though from a critical standpoint the work may not be a perfect biography. Of this "Legenda Major", as it came to be called, Bonaventure made an abridgment arranged for use in choir and known as the "Legenda Minor".

Bonaventure was the true heir and follower of Alexander of Hales and the continuator of the old Franciscan school founded by the Doctor Irrefragabilis, but he surpassed the latter in acumen, fertility of imagination, and originality of expression. His proper place is heside his friend St. Thomas, as they are the two greatest theologians of Scholasticism. If it be true that the system of St. Thomas is more finished than that of Bonaventure, it should be borne in mind that, whereas Thomas was free to give himself to study to the end of his days, Bonaventure had not yet received the Doctor's degree when he was called to govern his order and overwhelmed with multifarious cares in consequence. The heavy responsibilities which he bore till within a few weeks of his death were almost incompatible with further study and even precluded his completing what he had begun before his thirty-sixth year. Again, in attempting to make a comparison between Bonaventure and St. Thomas, we should remember that the two saints were of a different bent of mind; each had qualities in which he excelled; one was in a sense the complement of the other; one supplied what the other lacked. Thus Thomas was analytical, Bonaventure synthetical; Thomas was the Christian Aristotle, Bonaventure the true disciple of Augustine; Thomas was the teacher of the schools, Bonaventure of practical life; Thomas enlightened the mind, Bonaventure inflamed the heart; Thomas extended the Kingdom of God by the love of theology, Bonaventure by the theology of love. Even those who hold that Bonaventure does not reach the level of St. Thomas in the sphere of Scholastic speculation concede that as a mystic he far surpasses the Angelic Doctor. In this particular realm of thelogy, Bonaventure equals, if he does not excel, St. Bernard himself. Leo XIII rightly calls Bonaventure the Prince of Mystics: "Having scaled the difficult heights of speculation in a most notable manner, he treated of mystical theology with such perfection that in the common opinion of the learned he is facile princeps in that field." (Allocutio of 11 October, 1890.) It must not be concluded, however, that Bonaventure's mystical writings constitute his chief title to fame. This conclusion, in so far as it seems to imply a deprecation of his labours in the field of Scholasticism, is opposed to the explicit utterances of several pontiffs and eminent scholars, is incompatible with Bonaventure's acknowledged reputation in the Schools, and is excluded by an intelligent perusal of his works. As a matter of fact, the half of one volume of the ten comprising the Quaracchi edition suffices to contain Bonaventure's ascetic and mystic writings. Although Bonaventure's mystical works alone would suffice to place him in the foremost rank, yet he may justly be called a mystic rather than a Scholastic only in so far as every subject he treats of is made ultimately to converge upon God. This abiding sense of God's presence which pervades all the writings of Bonaventure is perhaps their fundamental attribute. To it we may trace that all-pervading unction which is their peculiar characteristic. As Sixtus V aptly expresses it: "In writing he united to the highest erudition an equal amount of the most ardent piety; so that whilst enlightening his readers he also touched their hearts penetrating to the inmost recesses of their souls" (Bull, Triumphantis Jerusalem). St. Antoninus, Denis the Carthusian, Louis of Granada, and Father Claude de la Colombière, among others, have also noted this feature of Bonaventure's writings. Invariably he aims at arousing devotion as well as imparting knowledge. He never divorces the one from the other, but treats learned subjects devoutly and devout subjects learnedly. Bonaventure, however, never sacrifices truth to devotion, but his tendency to prefer an opinion which arouses devotion to a dry and uncertain speculation may go far towards explaining not a little of the widespread popularity his writings enjoyed among his contemporaries and all succeeding ages. Again Bonaventure is distinguished from the other Scholastics not only by the greater warmth of his religious teaching, but also by its practical tendency as Trithemius notes (Scriptores Eccles.). Many purely speculative questions are passed over by Bonaventure; there is a directness about all he has written. No useful purpose, he declares, is achieved by mere controversy. He is ever tolerant and modest. Thus while he himself accepts the literal interpretations of the first chapter of Genesis, Bonaventure acknowledges the admissibility of a different one and refers with admiration to the figurative explanation propounded by St. Augustine. He never condemns the opinions of others and emphatically disclaims anything like finality for his own views. Indeed he asserts the littleness of his authority, renounces all claims to originality and calls himself a "poor compiler". No doubt Bonaventure's works betray some of the defects of the learning of his day, but there is nothing in them that savours of useless subtlety. "One does not find in his pages", notes Gerson (De Examin. Doctrin.) "vain trifles or useless cavils, nor does he mix as do so many others, worldly digressions with serious theological discussions. "This", he adds, "is the reason why St. Bonaventure has been abandoned by those Scholastics who are devoid of piety, of whom the number is alas! but too large". It has been said that Bonaventure's mystical spirit unfitted him for subtle analysis. Be this as it may, one of the greatest charms of Bonaventure's writings is their simple clearness. Though he had necessarily to make use of the Scholastic method, he rose above dialectics, and though his argumentation may at times seem too cumbersome to find approval in our time, yet he writes with an ease and grace of style which one seeks in vain among the other Schoolmen. To the minds of his contemporaries impregnated with the mysticism of the Middle Ages, the spirit that breathed in Bonaventure's writings seemed to find its parallel only in the lives of those that stand nearest to the Throne, and the title of "Seraphic Doctor" bestowed upon Bonaventure is an undeniable tribute to his all-absorbing love for God. This title seems to have been first given to him in 1333 in the Prologue of the "Pantheologia" by Raynor of Pisa, O.P. He had already received while teaching in Paris the name of Doctor Devotus.

The Franciscan Order has ever regarded Bonaventure as one of the greatest Doctors and from the beginning his teaching found many distinguished expositors within the order, among the earliest being his own pupils, John Peckham later Archbishop of Canterbury, Matthew of Aquasparta, and Alexander of Alexandria (d. 1314), both of whom became ministers general of the order. The last named wrote a "Summa quaestionum S. Bonaventura. Other well-known commentaries are by John of Erfurt (d. 1317), Verilongus (d. 1464), Brulifer (d. c. 1497), de Combes (d. 1570), Trigosus (d. 1616), Coriolano (d. 1625), Zamora (d. 1649), Bontemps (d. 1672), Hauzeur (d. 1676), Bonelli (d. 1773), etc. From the fourteenth to the sixteenth century the influence of Bonaventure was undoubtedly somewhat overshadowed by that of Duns Scotus, owing largely to the prominence of the latter as champion of the Immaculate Conception in the disputes between the Franciscans and Dominicans. Sixtus V, however, founded a special chair at Rome for the study of St. Bonaventure; such chairs also existed in several universities, notably at Ingolstadt, Salzburg, Valencia, and Osuna. It is worthy of note that the Capuchins forbade their Friars to follow Scotus and ordered them to return to the study of Bonaventure. The centenary celebrations of 1874 appear to have revived interest in the life and work of St. Bonaventure. Certain it is that since then the study of his writings has steadily increased.

Unfortunately not all of Bonaventure's writings have come down to us. Some were lost before the invention of printing. On the other hand, several works have in the course of time been attributed to him which are not his. Such are the "Centiloquium", the "Speculum Disciplinæ", which is probably the work of Bernard of Besse, Bonaventure's secretary; the rhythmical "Philomela", which seems to be from the pen of John Peckham; the "Stimulus Amoris" and the "Speculum B.V.M.", written respectively by James of Milan and Conrad of Saxony; "The Legend of St. Clare", which is by Thomas of Celano; the "Meditationes vitae Christi" composed by a Friar Minor for a Poor Clare, and the "Biblia pauperum" of the Dominican Nicholas of Hanapis. Those familiar with the catalogues of European libraries are aware that no writer since the Middle Ages had been more widely read or copied than Bonaventure. The earliest catalogues of his works are those given by Salimbene (1282), Henry of Ghent (d. 1293), Ubertino of Casale (1305), Ptolemy of Lucca (1327) and the "Chronicle of the XXIV Generals" (1368). The fifteenth century saw no less than fifty editions of Bonaventure's works. More celebrated than any preceding edition was that published at Rome (1588-96) by order of Sixtus V (7 vols. in fol.). It was reprinted with but slight emendations at Metz in 1609 and at Lyons in 1678. A fourth edition appeared at Venice (13 vols. in 4to) 1751, and was reprinted at Paris in 1864. All these editions were very imperfect in so far as they include spurious works and omit genuine ones. They have been completely superseded by the celebrated critical edition published by the Friars Minor at Quaracchi, near Florence. Any scientific study of Bonaventure must be based upon this edition, upon which not only Leo XIII (13 December, 1885) and Pius X (11 April, 1904), but scholars of all creeds have lavished the highest encomiums. Nothing seems to have been omitted which could make this edition perfect and complete. In its preparation the editors visited over 400 libraries and examined nearly 52,000 manuscripts, while the first volume alone contains 20,000 variant readings. It was commenced by Father Fidelis a Fanna (d. 1881) and completed by Father Ignatius Jeiler (d. 1904): "Doctoris Seraphici S. Bonaventuræ S. H. B. Episcopi Cardinalis Opera Omnia, -- edita studio et cura P. P. Collegii S. Bonaventura in fol. ad Claras Aquas [Quaracchi] 1882-1902". In this edition the works of the saint are distributed through the ten volumes as follows: the first four contain his great "Commentaries on the Book of Sentences"; the fifth comprises eight smaller scholastic works such as the "Breviloquium" and "Itinerarium"; the sixth and seventh are devoted to his commentaries on Scripture; the eighth contains his mystical and ascetic writings and works having special reference to the order; the ninth his sermons; whilst the tenth is taken up with the index and a short sketch of the saint's life and writings by Father Ignatius Jeiler.

We do not possess any formal, contemporary biography of St. Bonaventure. That written by the Spanish Franciscan, Zamorra, who flourished before 1300, has not been preserved. The references to Bonaventure's life contained in the works of Salimbene (1282), Bernard of Besse (c. 1380), Bl. Francis of Fabriano (d. 1322), Angelo Clareno (d. 1337), Ubertino of Casale (d. 1338), Bartholomew of Pisa (d. 1399) and the "Chronicle of the XXIV Generals" (c. 1368), are in vol. X of the Quaracchi Edition (pp. 39-72).

Fonte: The Catholic Encyclopedia, vol. II, 1907, New York (http://www.newadvent.org/cathen/02648c.htm)

[Augustinus]

Da dom Prosper Guéranger, L’Année Liturgique - Le Temps après la Pentecôte, Paris-Poitiers, 1901, VI ediz., t. IV, p. 101-119

LE XIV JUILLET.

SAINT BONAVENTURE, CARDINAL ET DOCTEUR DE L'ÉGLISE.

Quatre mois après l’Ange de l'Ecole, voici qu'à son tour Bonaventure paraît au ciel (1) comme un astre éclatant réfléchissant les feux du Soleil de justice. Inséparables au pied du trône de Dieu comme ils le furent ici-bas dans la doctrine et l'amour, la terre les honore de litres glorieux empruntés au monde des célestes esprits. Ecoutons le Docteur séraphique justifier à l'avance, pour son compagnon de gloire et pour lui, ces appellations de la reconnaissante admiration des peuples.

Aux trois célestes hiérarchies comprenant les neuf chœurs des Anges, correspondent sur la terre trois ordres d'élus. Les Séraphins, les Chérubins, les Trônes, qui se divisent la première hiérarchie, sont en ce monde ceux que rapproche dans la divine contemplation la meilleure part, et que distinguent entre eux plus spécialement l'intensité de l'amour, la plénitude de la science, la fermeté de la justice; aux Dominations, Vertus et Puissances répondent les prélats et les princes, aux derniers chœurs enfin les divers rangs des sujets de la sainte Eglise adonnés à la vie active. C'est le triple partage indiqué parmi les hommes en saint Luc au dernier des jours: Deux seront dans le repos, deux au champ, deux à la meule (2) à savoir le repos des divines suavités, le champ du gouvernement, la meule du labeur de la vie Quant à l'association mutuelle ici marquée, on doit savoir en effet que les Séraphins eux-mêmes, unis à Dieu plus immédiatement que tous autres, s'acquittent à deux en Isaïe du ministère du sacrifice et de la louange (3); car pour l'ange aussi bien que pour l'homme, la plénitude de l'amour, part plus spéciale du Séraphin, ne saurait exister sans l'accomplissement du double précepte de la charité embrassant Dieu et son semblable. Aussi est-il observé du Seigneur qu'il envoie ses disciples deux à deux devant sa face (4), et voyons-nous également Dieu dans la Genèse envoyer deux anges là où un seul pouvait suffire (5). Il vaut donc mieux être deux ensemble qu'un seul, dit l'Ecclésiaste; car ils tirent avantage de leur société (6).

Nous venons d'entendre l'enseignement de Bonaventure en son livre de la Hiérarchie (7); il nous donne le secret des procédés divins où l'éternelle Sagesse s'est complue souvent, dans la poursuite du salut du monde et de la sanctification des élus. Au XIII° siècle en particulier, l'historien qui recherche les causes des événements déroulés sous ses yeux n'arrivera point à les connaître pleinement, s'il oublie la vision prophétique où Notre-Dame nous est montrée, au commencement de ce siècle, présentant à son Fils irrité ses deux serviteurs Dominique et François pour lui ramener par leur union puissante l'humanité dévoyée. Quel spectacle plus digne des Séraphins que la rencontre de ces deux anges de la terre, au lendemain de l'apparition mystérieuse! «Tu es mon compagnon, tu courras avec moi d'un même pas, dit dans une étreinte du ciel le descendant des Gusman au pauvre d'Assise; tenons-nous ensemble, et nul ne prévaudra contre nous. » Mais ne doit-ce pas être aussi la devise, n'est-ce pas, sur le terrain delà doctrine sacrée, l'histoire de leurs deux nobles fils Thomas et Bonaventure? L'étoile qui brille au front de Dominique a dirigé vers Thomas ses rayons; le Séraphin qui imprima sur la chair de François les stigmates divins touche de son aile de feu l'âme de Bonaventure; mais, de même que leurs incomparables pères, tous deux n'ont qu'un but: amener les hommes par la science et l'amour à cette vie éternelle qui consiste à connaître le seul vrai Dieu et celui qu'il a envoyé, Jésus-Christ (8).

Lampes ardentes et luisantes (9) combinant leur flamme dans les cieux en des proportions que nul œil mortel ne saurait spécifier d'ici-bas, la Sagesse éternelle a voulu pourtant que l'Eglise de la terre empruntât plus particulièrement à Thomas sa lumière, et à Bonaventure ses feux. Que ne pouvons-nous ici montrer à l'œuvre en chacun d'eux cette Sagesse, unique lien dès ce monde de leur commune pensée, et dont il est écrit que, toujours immuable en son adorable unité, elle ne se répète jamais dans les âmes qu'elle choisit parmi les nations pour en faire les prophètes et les amis de Dieu (10)! Mais nous ne devons parler aujourd'hui que de Bonaventure.

Voué tout enfant par sa pieuse mère à saint François qui l'avait sauvé d'une mort imminente, ce fut dès le berceau et sous les traits de la divine pauvreté, compagne aimée du patriarche séraphique, que l'éternelle Sagesse voulut prévenir notre saint et se montrer à lui la première (11). Promis dès lors à l'Ordre des Frères Mineurs, c'était donc bien littéralement qu'au premier éveil de ses facultés, il la trouvait assise aux portes de son âme (12), attendant l'ouverture de ces portes qui sont, nous dit-il lui-même, l'intelligence et l'amour (13). La très douce âme de l'enfant, prévenue de tous les dons de nature et de grâce (14), ne pouvait hésiter entre les tumultueuses vanités de ce monde (15) et l'auguste amie (16) qui s'offrait à lui dans le calme rayonnement de sa sublime noblesse et de ses charmes divins (17). De ce premier instant, sans lutte aucune, elle fut sa lumière (18); aussi tranquillement que le rayon de soleil entrant par une fenêtre jusque-là close (19), la Sagesse remplit cette demeure devenue sienne, comme l'épouse au jour des noces prend possession de la maison de son époux et y apporte toute joie, en pleine communauté de biens et surtout d'amour (20).

Pour sa part de contribution à la table nuptiale, elle apportait les substantielles clartés des cieux; Bonaventure lui servait en retour les lis de la pureté, qu'elle recherche, assure-t-il, pour premier aliment (21). Le festin ne devait plus cesser dans cette âme (22); et la lumière et les parfums s'en échappant, allaient au loin tout attirer, éclairer et nourrir. Presque encore un enfant, lorsqu'au sortir des premières années de sa vie religieuse, il fut selon l'usage envoyé aux cours de la célèbre Université de Paris, tous les cœurs furent gagnés à cet ange de la terre dans lequel il semblait, disait-on, qu'Adam n'eût point péché: parole d'admiration que n'avait pu retenir, à la vue de tant de qualités rassemblées, le grand Alexandre de Halès. Comme ces montagnes dont la cime se perd au delà des nues, dont la base envoie au loin les eaux fécondantes, Frère Alexandre, selon l'expression du Pontife suprême, semblait alors contenir en soi la source vive du paradis, d'où le fleuve de la science du salut s'échappait à flots pressés sur la terre (23). Bien peu de temps néanmoins allait s'écouler avant que celui qu'on nommait le Docteur irréfragable et le Docteur des docteurs, cédât la place au nouveau venu qui devait être sa plus pure gloire en l'appelant son Père et son Maître (24). Si jeune encore investi d'un pareil héritage, Bonaventure cependant pouvait dire de la Sagesse divine plus justement que de l'illustre Maître qui n'avait eu qu'à assister au développement prodigieux de cette âme: « C'est elle qui m'a tout appris (25); elle m'a enseigné la science de Dieu et de ses ouvrages (26), et la justice et les vertus (27), et les subtilités du discours et le nœud des plus forts arguments (28).»

Tel est bien tout l'objet de ces Commentaires sur les quatre Livres des Sentences, qui nous ont conservé les leçons de Bonaventure en cette chaire de Paris où sa parole gracieuse, animée d'un souffle divin, tenait captives les plus nobles intelligences: inépuisable mine, que la famille franciscaine se doit à elle-même d'exploiter toujours plus comme son vrai trésor; monument impérissable de la science de ce Docteur de vingt-sept ans, qui, distrait bientôt de l'enseignement par les soins du gouvernement d'un grand Ordre, n'en partagera pas moins toujours, à cause de cette exposition magistrale, l'honneur du principat de la Théologie sacrée avec son illustre ami Thomas d'Aquin, plus heureux et plus libre de poursuivre ses études saintes (29).

Mais combien déjà le jeune Maître répondait à son titre prédestiné de Docteur séraphique, en ne voyant dès ce temps dans la science qu'un moyen de l'amour, en répétant sans fin que la lumière qui illumine l'intelligence reste stérile et vaine si elle ne pénètre jusqu'au cœur, où seulement la Sagesse se repose et festoie (30)! Aussi, nous dit saint Antonin, toute vérité perçue par l'intellect en lui passait par les affections, devenant ainsi prière et divine louange (31). Son but était, dit un autre historien, d'arriver à l'incendie de l'amour, de s'embraser lui-même au divin foyer et d'enflammer ensuite les autres; indifférent aux louanges comme à la renommée, uniquement soucieux de régler ses mœurs et sa vie, il entendait brûler d'abord et non seulement luire, être feu pour ainsi approcher de Dieu davantage étant plus conforme à celui qui est feu: toutefois, comme le feu ne va pas sans lumière, ainsi fut-il du même coup un luisant flambeau dans la maison de Dieu; mais son titre spécial de louange, est que tout ce qu'il put rassembler de lumière il en fit l'aliment de sa flamme et de la divine charité (32).

On sut à quoi s'en tenir au sujet de cette direction unique de ses pensées, lorsqu'inaugurant son enseignement public, il dut prendre parti sur la question qui divisait l'Ecole touchant la fin de la Théologie: science spéculative pour les uns, pratique au jugement des autres, selon que les uns et les autres étaient frappés davantage du caractère théorique ou moral des notions qu'elle a pour objet. Bonaventure, cherchant à unir les deux sentiments dans le principe qui était à ses yeux l'universelle et seule loi, concluait que « la Théologie est une science affective, dont la conte naissance procède par contemplation spéculative, mais tend principalement à nous rendre bons ». La Sagesse de la doctrine en effet, disait-il, doit être ce que l’indique son nom (33), savoureuse à l'âme; et, ajoutait-il, non sans quelque pointe de suave ironie comme en connaissent les saints, il y a différence dans l'impression produite par cette proposition: Le Christ est mort pour nous, et semblables, ou cette autre, je suppose: La diagonale et le coté d'un carré sont incommensurables entre eux (34).

En même temps, de quelle ineffable modestie n'étaient pas relevés dans notre saint le charme du discours et la profondeur de la science! « Soit dit sans préjudice du sentiment d'autrui (35), concluait-il dans les questions obscures. Si quelqu'un pense autrement ou mieux, ainsi qu'il est possible, sur ce point comme sur tous les autres, je n'en suis point envieux; mais s'il se rencontre quelque chose digne d'approbation dans ce petit ouvrage, qu'on en rende grâces à Dieu auteur des bonnes choses: pour le faux, le douteux ou l'obscur qui peut s'y trouver en d'autres endroits, que la bienveillance du lecteur le pardonne à l'insuffisance de l'écrivain, auquel sa conscience rend témoignage à coup sûr d'avoir désiré ne rien dire que de vrai, de clair et de reçu communément (36). » Dans une circonstance pourtant, l'inaltérable dévouement de Bonaventure à la Reine des vierges tempère l'expression de son humilité avec une grâce non moins remplie de force que de douceur: « Que si quelqu'un, dit-il, préfère s'exprimer autrement, pourvu que ce ne soit pas au détriment de la Vierge vénérée, je ne lutterai guère à l'encontre; mais il faut éviter diligemment que l'honneur de Notre-Dame soit en rien diminué par personne, dût-il en coûter la tête (37). » Enfin, terminant le troisième Livre de cette admirable exposition des Sentences: « Mieux vaut la charité que toute science, déclare-t-il. Il suffit dans le doute de savoir ce qu'ont pensé les sages; la dispute sert de peu. Nombreuses sont nos paroles, et les mots nous trahissent et nous manquent. Grâces immenses à celui qui parfait tout discours, à notre Seigneur Jésus-Christ dont l'aide m'a donné de parvenir à l'achèvement de cette œuvre médiocre, ayant pris en pitié ma pauvreté de science et de génie! Je lui demande qu'il en provienne pour moi le mérite de l'obéissance et profit pour mes Frères, double but dans la pensée duquel ce travail a été entrepris (38). » Cependant le temps était venu où le mérite de l'obéissance allait faire place pour notre saint à un autre moins envié de lui, mais non moins profitable aux Frères. A trente-cinq ans il fut élu Ministre Général. Thomas d'Aquin, plus jeune de quelques années, montait comme un soleil puissant à l'horizon. Bonaventure, contraint d'abandonner le champ de l'enseignement scolastique, laissait à son ami le soin de le féconder plus complètement et plus longuement qu'il n'avait pu faire. L'Eglise ne devait donc rien perdre; et, fortement et suavement comme toujours (39), l'éternelle Sagesse poursuivait en cela sa pensée: ainsi prétendait-elle obtenir que ces deux incomparables génies se complétassent ineffablement l'un par l'autre, en nous donnant, réunis, la plénitude de la vraie science qui non seulement révèle Dieu, mais conduit à lui.

Donnez au sage l'occasion, et la sagesse croîtra en lui (40). Bonaventure devait justifier cette parole placée par lui en tête du traité des six ailes du Séraphin, où il expose les qualités requises dans l'homme appelé à porter la charge des âmes. L'espace nous manque, on le comprendra, pour suivre le détail infini et parfois les difficultés da ce gouvernement immense, que les missions franciscaines si répandues étendaient pour ainsi dire à l'Eglise entière. Le traité même que nous venons de citer, fruit de son expérience, et que le Père Claude Aquaviva tenait en si haute estime qu'il en avait fait comme un guide obligé des supérieurs de la Compagnie de Jésus, dit assez ce que fut notre saint dans cette dernière partie de son existence. Son âme était arrivée à ce point qui n'est autre que le sommet de la vie spirituelle, où le plus vertigineux tourbillon du dehors ne trouble en rien le repos du dedans; où l'union divine s'affirme dans la mystéiieuse fécondité qui en résulte pour les saints, et qui se manifeste à la face du monde, quand il plaît à Dieu, par des œuvres parfaites dont la multiplicité reste inexplicable pour les profanes. Si nous voulons comprendre Bonaventure à cette heure de sa vie, méditons ce portrait tracé par lui-même: Les Séraphins influent sur ceux qui sont au-dessous d'eux pour les amener vers les hauteurs; ainsi l'amour de l'homme spirituel se porte au prochain et à Dieu, à Dieu pour s'y reposer lui-même, au prochain pour l'y ramener avec lui. Non seulement donc ils embrasent; ils donnent aussi la forme du parfait amour, chassant toutes ténèbres, montrant la manière de s'élever progressivement et d'aller à Dieu par les sommets (41).

Tel est le secret de la composition de toute cette série d'admirables opuscules où, n'ayant pour livre que son crucifix, comme il l'avouait à saint Thomas, sans plan préconçu, mais prenant occasion des demandes ou du besoin des frères et des sœurs de sa grande famille, d'autres fois ne voulant qu'épancher son âme, Bonaventure se trouve avoir traité tout ensemble et des premiers éléments de l'ascèse et des sujets les plus élevés de la vie mystique, avec une plénitude, une sûreté, une clarté, une force divine de persuasion, qui font dire au Souverain Pontife Sixte IV que l'Es-prit-Saint lui-même semble parler en lui a (42). Ecrit au sommet de l'Alverne, et comme sous l'influence plus immédiate des Séraphins du ciel, l'Itinéraire de l’âme à Dieu ravissait à tel point le chancelier Gerson, qu'il déclarait « cet opuscule, ou plutôt, disait-il, cette œuvre immense, au-dessus de la louange d'une bouche mortelle (43) »; il eût voulu qu'en le joignant au Breviloquium, abrégé merveilleux de la science sacrée, on l'imposât comme manuel indispensable aux théologiens (44). C'est qu'en effet, dit pour l'Ordre bénédictin le grand Abbé Trithème, par ses paroles de feu l'auteur de tous ces profonds et dévots opuscules n'embrase pas moins la volonté du lecteur qu'il n'éclaire son intelligence. Pour qui considère l'esprit de l'amour divin et de la dévotion chrétienne qui s'exprime en lui, il surpasse sans peine tous les docteurs de son temps quant à l'utilité de ses ouvrages. Beaucoup exposent la doctrine, beaucoup prêchent la dévotion, peu dans leurs livres enseignent les deux; Bonaventure surpasse et ce grand et ce petit nombre, parce que chez lui la science forme à la dévotion, et la dévotion à la science. Si donc vous voulez être et savant et dévot, pratiquez ses œuvres (45).

Mais, mieux que personne, Bonaventure nous révélera dans quelles dispositions il convient de le lire pour le faire avec fruit. En tête de son Incendium amoris, où il enseigne le triple chemin qui conduit par la purification, l'illumination et l'union à la véritable sagesse: « J'offre, dit-il, ce livre, non aux philosophes, non aux sages du monde, non aux grands théologiens embarrassés de questions infinies, mais aux simples, aux ignorants qui s'efforcent plus d'aimer Dieu que de beaucoup savoir. Ce n'est point en discutant, mais en agissant qu'on apprend à aimer. Pour ces hommes pleins de questions, supérieurs en toute science, mais inférieurs dans l'amour du Christ, j'estime qu'ils ne sauraient comprendre le contenu de ce livre; à moins que laissant de côté la vainc ostentation du savoir, ils ne s'appliquent, dans un très profond renoncement, dans la prière et la méditation, à faire jaillir en eux l'étincelle divine qui, échauffant leur cœur et dissipant toute obscurité, les guidera par delà les choses du temps jusqu'au trône de la paix. Car par cela même pourtant qu'ils savent plus, ils sont plus aptes, ou ils le seraient, à aimer, s'ils se méprisaient véritablement eux-mêmes et avaient joie d'être méprisés par autrui (46)».

Si longues que soient déjà ces pages, nous ne résistons pas au désir de citer les dernières paroles qu'on nous ait conservées de Bonaventure. De même que l'Ange de l'Ecole allait bientôt, à Fosse-Neuve, terminer ses oeuvres et sa vie par l'explication du divin Cantique, le Séraphin son émule et son frère exhalait avec ces mots de l'épitha-lame sacré la dernière note de ses chants: « Le roi Salomon s'est fait un trône en bois du Liban; les colonnes en sont d'argent, le siège en est d'or, les degrés tout de pourpre (47). Le siège d'or, ajoutait notre saint, est la sagesse contemplative: elle n'appartient qu'à quiconque possède aussi les colonnes d'argent, à savoir les vertus affermissant l'âme; les degrés de pourpre sont la charité par où l'on monte vers les hauteurs et l'on descend dans les vallées (48). »

Conclusion digne de Bonaventure; fin d'un ouvrage sublime et pourtant inachevé, que déjà il n'avait pu rédiger lui-même! « Hélas! hélas! hélas! s'écrie plein de larmes le pieux disciple à qui nous devons ce dernier trésor, une dignité plus haute, et bientôt le départ de cette vie de notre seigneur et Maître ont arrêté la continuation de cette œuvre. » Et nous révélant d'une façon touchante les précautions prises par les fils pour ne rien laisser perdre des conférences que faisait le père: « Ce que je donne ici, déclare-t-il, est ce que j'ai pu d'une plume rapide dérober tandis qu'il parlait. Deux autres avec moi pendant ce temps recueillaient des notes, mais leurs cahiers sont restés difficilement lisibles pour autrui; au lieu que quelques-uns des auditeurs ont pu relire mon exemplaire, et que le Maître lui-même et beaucoup d'autres en ont fait usage, ce dont m'est due reconnaissance. Et maintenant, après bien des jours, la permission et le temps m'en étant accordés, j'ai revu ces notes, ayant toujours dans l'oreille et devant les yeux la voix et les gestes du Maître; je les ai mises en ordre, sans rien ajouter toutefois qu'il n'eût dit, sauf l'indication de quelques autorités (49). »

La dignité rappelée par le fidèle secrétaire est celle de cardinal évoque d'Albano, que Grégoire X, élu pour succéder à Clément IV après trois ans qu'avait duré le veuvage de l'Eglise, imposa en vertu de l'obéissance à notre Saint dont le crédit près du sacré Collège avait obtenu cette élection. Chargé de préparer les travaux du concile indiqué à Lyon pour le printemps de l'année 1274, il eut la joie d'assister à la réunion des deux Eglises latine et grecque que plus que personne il avait procurée. Mais Dieu voulut lui épargner l'amertume de constater combien peu devait durer un rapprochement qui eût été le salut de cet Orient qu'il aimait, et où le nom de Bonaventure, transformé en celui d'Eutychius, gardait encore son ascendant, deux siècles plus tard, au temps du concile de Florence. Le 15 juillet de cette année 1274, en plein concile et sous la présidence du Pontife suprême, eurent lieu les plus solennelles funérailles que la terre eût jamais contemplées: J'ai grande douleur à ton sujet, mon frère Jonathas (50), s'écriait, devant l'Occident et l'Orient rassemblés dans une commune lamentation, le cardinal Pierre de Taren-taise, de l'Ordre de saint Dominique. Le séraphin avait rejeté son manteau de chair, et déployant ses ailes, après cinquante-trois ans donnés au monde, il rejoignait Thomas d'Aquin qui venait à peine de le précéder dans les cieux.

La brièveté insolite des deux seules Leçons propres consacrées à Bonaventure, est un peu compensée par leur élégante concision qui dit beaucoup en peu de mots.

BONAVENTURE naquit à Bagnorea en Toscane. Dans son enfance étant tombé en danger de la vie, sa mère fit vœu, s'il en échappait, de le consacrer à l'Ordre de saint François. En suite de quoi, devenu jeune homme, il fut sur sa demande admis parmi les Frères Mineurs; là, sous Alexandre de Haies, il acquit bientôt une si parfaite science qu'au bout de sept ans il interprétait publiquement à Paris, aux applaudissements de tous, les livres des Sentences qu'il illustra par la suite d'admirables commentaires. Six ans après, élu à Rome Ministre Général de son Ordre, il remplit cette charge avec une telle renommée de prudence et de sainteté, qu'il devint l'objet de la louange et de l'admiration universelles.

Il écrivit beaucoup d'ouvrages, dans lesquels unissant à la plus haute science une égale ardeur de piété, il émeut le lecteur en l'instruisant. Touché de son renom de sainteté et de sagesse, Grégoire X le créa cardinal éveque d'Albano. Il fut appelé saint de son vivant par le bienheureux Thomas d'Aquin. Car celui-ci l'ayant un jour trouvé occupé à écrire la vie de saint François: « Laissons, dit-il, un saint travailler pour un saint. » Il cessa de vivre la veille des ides de juillet, au concile de Lyon, de cinquante-trois ans. Ses miracles furent nombreux. Le Souverain Pontife Sixte IV l'a mis au nombre des Saints.

Vous êtes entré dans la joie de votre Seigneur (51), ô Bonaventure; quelles ne doivent pas être maintenant vos délices puisque, selon la règle que vous avez rappelée, « autant quelqu'un aime Dieu ici-bas, autant là-haut il se réjouit en lui (52)! » Si le grand saint Anselme, auquel vous empruntiez cette parole, ajoutait que l'amour se mesure à la connaissance (53), ô vous qui fûtes l'un des princes de la science sacrée en même temps que le Docteur de l'amour, montrez-nous qu'en effet toute lumière, dans l'ordre de grâce et dans celui de nature, n'a pour but que d'amener à aimer. En toute chose se cache Dieu (54); et toutes les sciences ont son Christ pour centre (55); et Je fruit de chacune est d'édifier la foi, d'honorer Dieu, de régler les mœurs, de conduire à l'union divine par la charité sans laquelle toute notion reste vaine (56). Car, disiez-vous (57), toutes ces sciences ont leurs règles certaines et infaillibles, qui descendent comme autant de rayons de la loi éternelle en notre âme; et notre âme, entourée, pénétrée de tant de splendeurs, est par elle-même amenée, si elle n'est aveugle, à contempler cette lumière éternelle. Irradiation merveilleuse des montagnes de la patrie jusqu'aux plus lointaines vallées de l'exil (58)! noblesse véritable du monde aux yeux de François votre séraphique père, et qui lui faisait appeler du nom de frères et de sœurs, comme vous le racontez, les moindres créatures (59); dans toute beauté il découvrait la Beauté suprême, et aux traces laissées dans la création par son auteur il poursuivait partout le Bien-Aimé, se faisant de toute chose un échelon pour monter jusqu'à lui (60).

Ouvre donc toi aussi les yeux, ô mon âme! prête l'oreille, délie tes lèvres, dispose ton cœur, pour qu'en toute créature tu voies ton Dieu, tu l'entendes, tu le loues, tu l'aimes et l'honores, de peur que tout entier l'univers ne se lève contre toi (61) pour ne t'être point réjouie dans les œuvres de ses mains (62). Du monde ensuite qui est au-dessous de toi, qui n'a de Dieu que des vestiges (63) et sa présence en tant qu'il est partout (64), passe en toi-même, son image de nature (65), réformée dans le Christ-Epoux (66); puis de l'image monte à la vérité du premier principe dans l'unité de l'essence (67) et la trinité des personnes (68), pour arriver au repos de la nuit sacrée où s'oublient, dans l'amour absorbant tout, le vestige et l'image (69). Mais tout d'abord sache bien que le miroir de ce monde extérieur te servira de peu, si le miroir intérieur de l'âme n'est purifié et brillant, si le désir ne s'aide en toi de la prière et de la contemplation pour aviver l'amour. Sache que ne suffisent point ici la lecture sans l'onction, la spéculation sans la dévotion, le travail sans la piété, la science sans la charité, l'intelligence sans l'humilité, l'étude sans la grâce (70); et lorsqu'enfin t'élevant graduellement par l'oraison, la sainteté de la vie, les spectacles de la vérité, tu seras parvenue à la montagne où se révèle le Dieu des dieux (71): avertie par l'impuissance de ta vue d'ici-bas à porter des splendeurs dont la trop faible création n'a pu te révéler nulle trace, laisse assoupie ton intelligence aveuglée, passe par delà dans le Christ qui est la porte et la voie, interroge non plus le Maître mais l'Epoux, non l'homme mais Dieu, non la lumière mais le feu totalement consumant. Passé de ce monde avec le Christ au Père qui te sera montré (72), dis alors comme Philippe: Il nous suffit (73).

Docteur séraphique, conduisez-nous par cette montée sublime dont chaque ligne de vos œuvres nous manifeste les secrets, les labeurs, les beautés, les périls. Dans la poursuite de cette divine Sagesse que, même en ses reflets les plus lointains, personne n'aperçoit sans extase, préservez-nous de la tromperie qui nous ferait prendre pour le but la satisfaction trouvée dans les rayons épars descendus vers nous pour nous ramener des confins du néant jusqu'à elle. Car ces rayons qui par eux-mêmes procèdent de l'éternelle beauté, séparés du foyer, détournés de leur fin, ne seraient plus qu'illusion, déception, occasion de vaine science ou de faux plaisirs. Plus élevée même est la science, plus elle se rapproche de Dieu en tant qu'objet de théorie spéculative, plus en un sens l'égarement reste à craindre; si elle distrait l'homme dans ses ascensions vers la Sagesse possédée et goûtée pour elle seule, si elle l'arrête à ses propres charmes, vous ne craignez pas de la comparer à la vile séductrice qui supplanterait dans les affections d'un fils de roi la très noble fiancée qui l'attend (74). Et certes un tel affront, qu'il provienne de la servante ou de la dame d'honneur, en est-il moins sanglant pour une auguste souveraine? C'est pourquoi vous déclarez que « dangereux est le passage de la science à la Sagesse, si l'on ne place au milieu la sainteté (75). » Aidez-nous à franchir le périlleux défilé; faites que toute science ne soit jamais pour nous qu'un moyen de la sainteté pour parvenir à plus d'amour.

Telle est bien toujours votre pensée dans la lumière de Dieu, ô Bonaventure. S'il en était besoin, nous en aurions comme preuve vos séraphiques prédilections plus d'une fois manifestées dans nos temps pour les milieux où, en dépit de la fièvre qui précipite à l'action toutes les forces vives de ce siècle, la divine contemplation reste appréciée comme la meilleure part, comme le premier but et l'unique fin de toute connaissance. Daignez continuer à vos dévots et obligés clients une protection qu'ils estiment à son prix. Défendez comme autrefois, dans ses prérogatives et sa vie, tout l'Ordre religieux plus que jamais battu en brèche de nos jours. Que la famille franciscaine vous doive encore de croître en sainteté et en nombre; bénissez les travaux entrepris dans son sein, aux applaudissements du monde, pour illustrer comme elles le méritent votre histoire et vos œuvres. Une troisième fois, et pour jamais s'il se peut enfin, ramenez l'Orient à l'unité et à la vie. Que toute l'Eglise s'échauffe à vos rayons; que le feu divin si puissamment alimenté par vous embrase de nouveau la terre.

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NOTE

1. Apoc. XIV, 6.

2. Luc. XVII, 34-35.

3. Isai. VI, 3.

4. Luc. X, 1.

5. Gen. XIX, 1.

6. Eccle. IV, 9.

7. De ecclesiast. hierarchia, pars I, cap. I, 11.

8. Johan. XVII, 3.

9. Ibid. V, 35.

10. Sap. VII, 27.

11. Sap. VI, 14.

12. Ibid. 15.

13. Bonav. Expositio in Lib. Sapientiœ, VI, 15.

14. Sap. VIII, 19-20.

15. Ibid. VII, 8-9.

16. Prov. VII, 4.

17 Sap. VIII, 2-3.

18. Ibid. VII, 10.

19. Exp. in Lib. Sap. VI, 15.

20. Sap. VIII, 9.

21. Expl in Lib. Sap. VIII, 9.

22. Prov. XV, 15.

23. Litt. Alexandri IV: De fontibus paradisi flumen egrediens.

24. Bonav. in II Sent. dist. XXIII, art. 2, qu. 3. ad 7.

25. Sap. VII, 21.

26. Ibid. VIII, 4.

27. Ibid. 7.

28. Ibid. 8.

29. Litt. Sixti IV: Superna coelestis patriae civitas; Sixti V: Triumphantis Hierusalem; Leonis XIII; Aeterni Patris.

30. Exp. In Lib. Sap. VIII, 9, 16.

31. Antonini Chronic. p. III, tit. XXIV, cap. 8.

32. H. Sedulius, Histor. seraph.

33. Eccli. VI, 23.

34. Bonav. Proœmium in I Sent. qu. 3.

35. II Sent. dist. XXVIII, qu. 6, ad b.

36. II Sent. dist. XLIV, qu. 2, ad 6.

37. IV Sent. dist. XXVIII qu. 6, ad 5.

38. III Sent. dist. XL, qu. 3, ad 6.

39. Sap. VIII, 1.

40. Prov. IX, 9.

41. Bonav. de eccl. hier. p. II, s. n.

42. Litt. Superna cœlestis.

43. Gerson. Epist. cuid. Fratri Minori, Lugdun. an. 4126.

44. Tract, de examinat, doctrinarum.

45. Trithem. De scriptor. eccl.

46. Incend. amoris, Prologus.

47. Cant. III, 9-10.

48. Illuminationes Ecclesiœ in Hexaemeron, sermo XXIII.

49. Illuminationes Ecclesiae in Hexaemeron, Additiones.

50. II Reg. I, 26.

51. Matth. XXV, 21.

52. Bonav. De perfectione vitae, ad Sorores, VIII.

53. Anselm. Proslogion, XXVI.

54 Bonav. De reductione artium ad theologiam.

55. Illuminationes Eccl. I.

56. De reduct. atrium ad theolog.

57. Itinerarium mentis in Deum, III.

58. Psalm. LXXV, 5.

59. Legenda sancti Francisci, VIII.

60. Ibid. ix.

61. Sap. V, 21.

62. Psalm. XCI, 5.

63. Bonav. Itinerar. mentis in Deum, I.

64. Ibid. 11.

65. Ibid. III.

66. Ibid. IV.

67. Ibid. V.

68. Ibid. VI.

69. Ibid. VII.

70. Ibid. Prologus.

71. Bonav. Itiner. mentis in Deum, I.

72. Johan. XIV, 6,8.

73. Bonav. Intiner. mentis in Deum, VII.

74. llluminationes Eccl. II.

75. Ibid. XIX.

[Augustinus]

Itinerarium, Prologo

Per questo, prima di tutto, io invito il lettore al gemito della domanda, fatta nel nome di Cristo crocifisso, per il cui sangue siamo purgati dalle brutture dei vizi, affinché non creda che basti leggere senza infervorarsi, lavorare col raziocinio senza coltivare la devozione, indagare senza lo stupore, analizzare con circospezione senza abbandonarsi alla gioia (della totalità), operare attivamente senza preghiera, possedere la scienza senza la carità, l'intelligenza senza l'umiltà, lo studio senza la grazia divina, la riflessione, senza la sapienza ispirata dall'alto.
A quelli dunque che, prevenuti dalla grazia divina, agli umili e pii, che hanno nel cuore pentimento e devozione, unti dall'olio della santa letizia e amanti della sapienza divina, e infiammati dal desiderio ardente di essa, bramano dedicarsi a glorificare Dio, a cantarne le meraviglie, ma anche a gustarne le dolcezze: a costoro io propongo le mie riflessioni.
Però faccio notare: poco o niente giova uno specchio messo davanti a noi dall'esterno, se non è terso e limpido lo specchio interiore del nostro spirito.
Ed allora, uomo di Dio, datti da fare, prima, per togliere di mezzo i rimorsi della coscienza: dopo leverai gli occhi agli splendori della sapienza, luminosamente riflessi nello specchio dell'anima.
Così non ti accadrà di precipitare, abbagliato proprio dai suoi raggi, in tenebre più angosciose.

[Augustinus]

http://img255.imageshack.us/img255/2578/nbpinacotecabononechrisho8.jpg http://cartelen.louvre.fr/pub/fr/image/30951_p0003467.002.jpg Carlo Bonone, Cristo, come Ecce Homo, adorato da angeli e dai SS. Sebastiano e Bonaventura (o Bernardino), XVII sec., Musée du Louvre, Parigi

http://www.photo.rmn.fr/LowRes2/TR1/DSL8NH/98-007206.jpg Peter Paul Rubens, S. Bonaventura, 1620 circa, Palais des Beaux-Arts, Lille

[Holuxar]

15 LUGLIO 2018: SANT'ENRICO II, Imperatore del Sacro Romano Impero e Confessore; DOMENICA OTTAVA DOPO LA PENTECOSTE, quindicesimo giorno del MESE dedicato alla devozione al PREZIOSISSIMO SANGUE DI NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO…



«DOMENICA OTTAVA DOPO LA PENTECOSTE.»
Guéranger, L'anno liturgico - Domenica Ottava dopo la Pentecoste (http://www.unavoce-ve.it/pg-dopopent-dom8.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-dopopent-dom8.htm



SANTA MESSA domenicale celebrata da Don Floriano Abrahamowicz a Paese (TV) stamattina DOMENICA 15 LUGLIO 2018, DOMENICA OTTAVA DOPO LA PENTECOSTE:


«Don Floriano Abrahamowicz - Domus Marcel Lefebvre.
VIII domenica d. Pentecoste (Santa Messa)
https://www.youtube.com/watch?v=80LKfvESjMM
https://www.youtube.com/user/florianoabrahamowicz/
http://www.domusmarcellefebvre.it/
Ogni giovedì alle ore 20.30 ha luogo la lettura in diretta di una o due questioni del Catechismo di San Pio X.
SANTA MESSA - domusmarcellefebvre110815 (http://www.domusmarcellefebvre.it/santa-messa-1.php)
http://www.domusmarcellefebvre.it/santa-messa-1.php
La Santa Messa tutte le domeniche alle ore 10.30 a Paese, Treviso.»



SANTE MESSE domenicali celebrate dai Sacerdoti dell'Istituto Mater Boni Consilii - IMBC:


Sante Messe - Sodalitium (http://www.sodalitium.biz/sante-messe/)
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/

S. Messa in provincia di Verona - Sodalitium (http://www.sodalitium.biz/s-messa-provincia-verona/)
http://www.sodalitium.biz/s-messa-provincia-verona/

“Sodalitium - IMBC.”
https://www.youtube.com/user/sodalitium

“Omelie dell'I•M•B•C a Ferrara.”
https://www.facebook.com/OmelieIMBCFerrara/

Oratorio Sant'Ambrogio ? Milano ? Offertur Oblatio Munda (Malachia 1, 11) (http://www.oratoriosantambrogiombc.it/)
http://www.oratoriosantambrogiombc.it/


Sant'Enrico - Sodalitium (http://www.sodalitium.biz/santenrico/)
http://www.sodalitium.biz/santenrico/
«15 luglio, Sant’Enrico II Imperatore, Confessore (+ Bamberga, 13 luglio 1024).
O Dio, che quest’oggi trasferisti il tuo beato confessore Enrico dal fastigio del terreno impero al regno eterno, ti supplichiamo umilmente che come tu, prevenendolo colla tua grazia, gli facesti superare le lusinghe del secolo, così faccia che noi resistiamo, a sua imitazione, alle attrattive del mondo e giungiamo a te con cuore puro.»
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«"Et erit sepulcrum ejus gloriosum" (Is. XI, 10).
Il 15 luglio, anniversario peraltro della liberazione di Gerusalemme da parte dei Crociati nel 1099, il Patriarcato Latino di Gerusalemme celebra la dedicazione della Basilica del Santo Sepolcro di nostro Signor Gesù Cristo. Di seguito riportiamo il Proprium Missae dell'odierna festività tratto dal Messale gerosolimitano.»
https://4.bp.blogspot.com/-QBDJcbOK6-s/WV_DQlxNF8I/AAAAAAAAACU/9hN1W9u_n1sPNSmbLi7uP6QJZm4-eEmfgCLcBGAs/s640/JHS-aedicula-b.jpg


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https://www.facebook.com/catholictradition2016/
«Sancti et Sanctae Dei, orate pro nobis.»
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“DOMENICA OTTAVA DOPO PENTECOSTE.”
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“SANT'ENRICO
Imperatore Romano e Confessore.
Semidoppio.
Paramenti bianchi.
Nascita: Bad Abbach, 6 maggio 973.
Morte: Grone (Gottinga), 13 luglio 1024.
Luogo di sepoltura: Duomo di Bamberga.
Canonizzazione: 1146, da papa Eugenio III.
Attributi: corona, globo e scettro.
Dinastia: Dinastia ottoniana.
Padre: Enrico II di Baviera.
Madre: Gisella di Borgogna.
Consorte: Cunegonda di Lussemburgo.
1- Imperatore del Sacro Romano Impero.
(formalmente Imperatore dei Romani)
In carica: 14 febbraio 1014 –
13 luglio 1024.
Incoronazione: 14 febbraio 1014 (Roma).
Predecessore: Ottone III.
Successore: Corrado II.
2- Re di Germania.
(formalmente Re dei Franchi)
In carica: 7 giugno 1002 –
13 luglio 1024.
3 - Re d'Italia.
(formalmente Re degli Italici)
Incoronazione: 14 maggio 1004 (Pavia).
Predecessore: Arduino.
Successore: Corrado II.
Enrico II, detto il Pio, fu re di Baviera nel 995, re di Germania nel 1002 e capo del Sacro Romano Impero dal 1014 al 1024. Egli fece giuramento a Benedetto VIII, che l'aveva consacrato, «di serbare fedeltà a lui e ai suoi successori in tutte le cose». Mise tutte le sue cure e la sua applicazione a estendere la religione ricostruendo chiese distrutte, e fondando monasteri, che arricchì con le sue elargizioni (Epistola). Trattenuto a Montecassino da una grave malattia, ne fu guarito in maniera miracolosa, grazie all'intercessione di san Benedetto. Volendo trovarsi pronto alla venuta del divin Maestro (Vangelo, Communio), ritornando in patria, passò per la Francia, si fece aggregare alla comunità di Cluny, e chiese la sua ammissione all'Abbazia benedettina di Saint-Vanne di Verdun. L'abate lo ricevette, ma gli ordinò tosto, in nome dell'obbedienza religiosa di risalire sul trono Imperiale. Ebbe talmente a cuore i consigli evangelici da conservare un'assoluta verginità nel matrimonio. Così risolse, d'accordo con la sua santa sposa Cunegonda, di fare di Gesù Cristo il proprio erede. Per questo scopo, fondò il vescovado di Bamberga al quale lasciò tutti i suoi beni. Fu sepolto in questa chiesa nel 1024.
* Enrico, soprannominato il Pio, da duca di Baviera, divenuto re di Germania e poi imperatore dei Romani, non contento dei ristretti confini di una dominazione temporale, si mostrò servo devoto del Re eterno per ottenere la corona dell'immortalità. Padrone pertanto dell'impero, mise ogni studio e cura nel propagare la religione, rialzando con maggior magnificenza le chiese distrutte dagli infedeli, e colmandole di moltissime elargizioni e proprietà. Eresse lui stesso monasteri e altri pii luoghi, o ne aumentò le rendite. Fece tributario di san Pietro e del Romano Pontefice il vescovato di Bamberga, fondato coi suoi beni patrimoniali. Accolse fuggitivo Benedetto VIII, che gli aveva data la corona imperiale, e lo ristabilì sulla sua Sede.
Trattenuto da grave malattia nel monastero di Montecassino, ne fu guarito da san Benedetto con stupendo miracolo. Con un importante diploma fece grandi donativi alla Chiesa Romana, e intraprese per difenderla una guerra contro i Greci, e ricuperò la Puglia che questi occupavano da molto tempo. Solito di non intraprender nulla senza aver pregato, più volte vide l'Angelo del Signore e i santi Martiri protettori combattere per lui nelle prime file. E col soccorso divino trionfò delle nazioni barbare più colle preghiere che colle armi. Condusse alla fede di Cristo l'Ungheria fino allora infedele, maritando sua sorella al re Stefano, che ricevette il battesimo. Con raro esempio unì la verginità collo stato matrimoniale, e presso a morire rese Cunegonda, sua moglie, alla propria famiglia, vergine.
Dopo aver disposto, colla più grande prudenza, di tutto ciò che riguarda l'onore e l'utilità dell'impero, e lasciato qua e là in Francia, Italia e Germania tracce illustri della sua religiosa munificenza; dopo aver sparso dappertutto il più soave odore di un'eroica virtù, più celebre per la santità che per lo scettro, terminate le fatiche della vita, fu chiamato dal Signore alla ricompensa del regno dei cieli l'anno della salute 1024. Il suo corpo fu sepolto a Bamberga nella chiesa dei santi Apostoli Pietro e Paolo; e Dio, per glorificarlo, operò subito molti miracoli sulla sua tomba. Eugenio III, poi, dopo averli canonicamente approvati, lo iscrisse nel numero dei Santi.”
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“NOVENA IN PREPARAZIONE ALLA SOLENNE FESTIVITÀ DI MARIA VERGINE DEL CARMINE di P. Simone Grassi, Carmelitano.
Sancta Maria Virgo de Monte Carmelo, ora pro nobis.”
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www.sursumcorda.cloud
https://www.facebook.com/CdpSursumCorda/?fref=nf
“Carlo Di Pietro - Sursum Corda
Preghiera al Santo del giorno.
In nómine Patris
et Fílii
et Spíritus Sancti.
Amen.
Eterno Padre, intendo onorare sant’Antioco medico, decapitato sotto il Preside Adriano. Perchè dal suo capo usciva latte invece di sangue, il carnefice Ciriaco si convertì a Cristo e subì anch’egli il martirio. Vi rendo grazie per tutte le grazie che Voi gli avete elargito. Vi prego di accrescere la grazia nella mia anima per i meriti di questo santo medico, ed a lui affido la fine della mia vita tramite questa speciale preghiera, così che per virtù della Vostra bontà e promessa, sant’Antioco martire possa essere mio avvocato e provvedere tutto ciò che è necessario in quell'ora. Così sia.”

“Carlo Di Pietro - Sursum Corda
Nulla posso aggiungere, posso solo imparare dai Sommi Pontefici ed a loro ossequiamente obbedire. Auspico di avere fatto, alla maggior gloria di Dio, un decoroso lavoro di ricerca. La Vergine Maria ed i santi Martiri della fede ci sostengano nella battaglia contro l’ecumenismo, contro gli ecumenisti, contro i «falsi maestri» che introducono eresie perniciose.
Con discorsi gonfiati e vani adescano coloro che si erano appena allontanati da quelli che vivono nell’errore. Promettono libertà, ma essi stessi sono schiavi della corruzione. Si è verificato per essi il proverbio: Il cane è tornato al suo vomito e la scrofa lavata è tornata ad avvoltolarsi nel brago» (II Pt. 2, 1. 18-19. 22). Il mio commento critico - benché esiguo poiché ho lasciato devotamente parlare i Pontefici - può sembrare severo, tuttavia è la verità (cf. Gv. VIII, 32). Ammonisce altresì l'Apostolo: Quae autem conventio Christi cum Beliar! (II Cor. 6, 15). Ed ancora: Sed licet nos aut angelus de caelo evangelizet vobis praeterquam quod evangelizavimus vobis, anathema sit! (Gal. I, 8 segg.). San Giuseppe, San Michele, San Tommaso d'Aquino, San Pietro Canisio, San Carlo Borromeo, San Pio V, San Francesco di Sales, Sant’Alfonso, San Pio X e San Giovanni di Dio (nostro speciale protettore) ci preservino dal vomito e dal brago degli ecumenisti, ci facciano altresì portatori di vera carità (cf. I Cor. 13, 6) e di pace nel Santo Nome di Gesù (Atti IV, 12).
Studio: https://www.sursumcorda.cloud/massime-e-meditazioni/condanne-della-chiesa-all-ecumenismo.html
Video: https://www.youtube.com/watch?v=ZQ8VnQMEwL0”

“Carlo Di Pietro - Sursum Corda
Disponibile il numero 121 di Sursum Corda del giorno 15 luglio 2018
Cliccare qui (https://www.sursumcorda.cloud/tags/numero-121.html) per gli ultimi articoli leggibili gratuitamente sul sito:
- Comunicato numero 121. L’elezione dei quattro;
- Orazioni a Sant’Elisabetta, Regina di Portogallo;
- Esposizione della dottrina cristiana sulle migrazioni;
- Gli anatemi del Concilio Laterano I, numeri 1, 2 e 3;
- Orazioni a Santa Veronica Giuliani, Vergine;
- Altre tre raccolte di prodotti per i poveri 2018;
- Vita e detti dei Padri del deserto: Giuseppe di Panefisi (parte 1);
- Preghiera ai Martiri Gorcumiensi;
- San Tommaso: partendo dall’ente e dal moto, si dimostra che ogni potere viene da Dio;
- Preghiera ai Santi Sette Fratelli Martiri;
- Dizionario di teologia dommatica. La presenza di Dio;
- La perversa volontà dei dannati;
- Teologia Politica 109. Colonialismo e nazionalismo antieuropeo;
- Racconti miracolosi n° 69. La morte sublime di San Francesco d’Assisi."
https://www.sursumcorda.cloud/tags/numero-121.html
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https://www.agerecontra.it/2018/07/disponibile-il-numero-121-di-sursum-corda/
“Sul sito è disponibile il numero 121 (del giorno 15 luglio 2018) di Sursum Corda®. Il settimanale si può scaricare gratuitamente nella sezione download dedicata ai soli Associati e Sostenitori.
Clicca qui per gli ultimi articoli leggibili gratuitamente sul sito:
– Comunicato numero 121. L’elezione dei quattro;
– Orazioni a Sant’Elisabetta, Regina di Portogallo;
– Esposizione della dottrina cristiana sulle migrazioni;
– Gli anatemi del Concilio Laterano I, numeri 1, 2 e 3;
– Orazioni a Santa Veronica Giuliani, Vergine;
– Altre tre raccolte di prodotti per i poveri 2018;
– Vita e detti dei Padri del deserto: Giuseppe di Panefisi (parte 1);
– Preghiera ai Martiri Gorcumiensi;
– San Tommaso: partendo dall’ente e dal moto, si dimostra che ogni potere viene da Dio;
– Preghiera ai Santi Sette Fratelli Martiri;
– Dizionario di teologia dommatica. La presenza di Dio;
– La perversa volontà dei dannati;
– Teologia Politica 109. Colonialismo e nazionalismo antieuropeo;
– Racconti miracolosi n° 69. La morte sublime di San Francesco d’Assisi.
Preghiamo per i nostri Sacerdoti e Religiosi/e, per le vocazioni, per le famiglie, per le intenzioni della nostra Associazione e per la conversione dei modernisti affidandoci alla potente intercessione di san Giovanni di Dio. Ossequi, Carlo Di Pietro.”




Ligue Saint Amédée (http://www.SaintAmedee.ch)
https://www.facebook.com/SaintAmedee/?fref=nf
«Intransigeants sur la doctrine ; charitables dans l'évangélisation [Non Una Cum]. Pas de "motu proprio" chez nous : nous célebrons la sainte messe selon le missel de Saint Pie V, avant les changements liturgiques entamés dans les années 50.»
15 juillet : Saint Henri II, Empereur d'Allemagne (972-1024) :: Ligue Saint Amédée (http://liguesaintamedee.ch/saint-du-jour/15-juillet-saint-henri-ii-empereur-dallemagne-972-1024)
“15 Juillet : Saint Henri II, Empereur d'Allemagne (972-1024).”
http://liguesaintamedee.ch/application/files/1615/3090/5863/07_15_saint_henri_II.jpg


http://liguesaintamedee.ch/application/files/1615/3090/5863/07_15_saint_henri_II.jpg


"Huitième Dimanche après la Pentecôte."
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"Sermon du Père Joseph-Marie Mercier pour le Huitième Dimanche après la Pentecôte
http://prieure2bethleem.org/predica/2017_07_30.mp3"
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https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/36989019_676919475974069_6299469429721792512_n.jpg ?_nc_cat=0&oh=431ddf7cd071a0fab3045d2e6b06583c&oe=5BE04CA1




https://fidecatholica.wordpress.com/2018/07/12/saints-rois-et-reines-saint-henri-ii-empereur-du-saint-empire-germanique/
https://i.pinimg.com/originals/cd/62/16/cd6216d8d88c96e9109b4cb3602e975c.jpg





http://www.santiebeati.it/dettaglio/23550
“Mercoledì 15 Luglio 2018 San Bonaventura Dal Martirologio
Memoria della deposizione di san Bonaventura, vescovo di Albano e dottore della Chiesa, che rifulse per dottrina, santità di vita e insigni opere al servizio della Chiesa. Resse con saggezza nello spirito di san Francesco l’Ordine dei Minori, di cui fu ministro generale. Nei suoi molti scritti unì una somma erudizione a una ardente pietà. Mentre si adoperava egregiamente per il II Concilio Ecumenico di Lione, meritò di giungere alla visione beata di Dio.”
La vita di San Bonaventura
“Bonaventura nacque nel 1217 (ca.) a Civita (Bagnoregio), cittadina presso Orvieto, nell'antica Tuscia romana. Suo padre, Giovanni Fidanza, era medico. Nel 1226 ca. fu miracolosamente guarito da S. Francesco, come egli riferirà nella "Leggenda minor" (VII: FF 1392). «Io stesso, che ho descritto i fatti precedenti, ne feci l'esperienza diretta nella mia persona. Ancora fanciullo ero gravemente infermo; bastò che mia madre facesse un voto per me al nostro beato Padre Francesco e fui strappato alle fauci della morte e restituito, sano e salvo, alla vita».
Dopo aver compiuto i primi studi nella città nativa, passò all'università di Parigi (ca. 1236-1238) per lo studio della filosofia, laureandosi in Arti nel 1242-1243. A 25 anni abbracciò l'Ordine Francescano, cambiando il nome di battesimo, Giovanni, con quello di Bonaventura. Studiò Teologia (1243-1248) sotto Alessandro di Hales, suo magister et pater (Opera, Il, 12, 547), ed altri maestri nel convento e studio francescano di Parigi. Nel 1253 conseguì la licenza e il magistero (titolo, però, che gli venne riconosciuto più tardi, 12 agosto 1257, per l'atteggiamento di opposizione assunto dai maestri parigini contro i mendicanti).
Insegnò nello stesso studio parigino in qualità di baccelliere biblico e sentenziario (1248-1252) e poi di maestro reggente dello stesso studio (1253-1257) succedendo a Guglielmo Melitona. Nel febbraio del 1257 fu eletto, a soli 40 anni, ministro generale dell'Ordine, carica che conserverà fino all'anno 1274, anno della sua morte, dando saggio mirabile di sapienza, prudenza, spiccato equilibrio, tanto propizio in un momento difficile di assestamento dell'Ordine, da meritargli, per la sua opera moderatrice e costruttiva in piena fedeltà allo spirito di san Francesco, il titolo di secondo fondatore dell'Ordine francescano.
Fu molto solerte nell'assecondare e promuovere le varie attività già esistenti nell'Ordine sul piano degli studi, del ministero pastorale, della predicazione, dell'apostolato missionario, per la Crociata e per l'unione della Chiesa greca. Per suo merito l'Ordine, nonostante i suoi circa 30 mila frati, si conservò saldamente unito.
Viaggiò molto per le necessità dell'Ordine e incarichi pontifici, sia in Italia che in Francia, portandosi anche in Inghilterra, in Fiandra, in Germania, in Spagna. Predicò ovunque al popolo e in modo speciale agli ecclesiastici, alle monache, all'università di Parigi, dinanzi alla corte di Francia, ai vari papi in concistoro (Orvieto, Perugia, Viterbo, Roma) e, finalmente, al Concilio di Lione (1274).
Nelle Quaresime del 1267 e 1268, riprendendo di nuovo contatto con la scuola, intraprese la grande lotta contro gli Averroisti, di cui si ha saggio nelle Collationes sul Decalogo e sui Doni dello Spirito Santo, lotta che continuerà nel 1273 con le Collationes in Hexaémeron, rimaste incompiute per la sua morte.
Le tre serie di Collationes, come è stato meritatamente rilevato, sono una «Trilogía singular de obras que colocan a su autor en la cima del pensamiento medieval» (nell'introduzione alle Collationes de decem praeceptis, in Obras de S. Buenaventura, vol. V, Madrid 1948, 609).
Il 28 maggio 1273 Bonaventura fu eletto cardinale e vescovo di Albano, avendo già declinato nel 1265 l'arcivescovado di York. Dal novembre 1273 attese alla presidenza dei lavori preparatori e poi alla celebrazione del Concilio Ecumenico Lionese II (7 maggio - 17 luglio 1274), predicandovi il 26 maggio e il 29 giugno. Il 19 maggio dello stesso anno, nel Capitolo generale celebratosi a Lione, Bonaventura si dimise da ministro generale dell'Ordine.
Si adoperò in Concilio per l'unione dei Greci, che fu effettivamente raggiunta.
Ma, estenuato dalle fatiche sostenute, il 7 luglio si ammalò gravemente e il 15 dello stesso mese morì (1274). Il corpo fu sepolto nella chiesa di San Francesco a Lione. Fu canonizzato da Sisto IV nel 1482, mentre Sisto V, il 14 marzo 1588, lo annoverò «inter praecipuos et primarios» Dottori della Chiesa (latina), sesto accanto a San Tommaso d'Aquino.”





15 luglio (http://www.preghiereperlafamiglia.it/_luglio/15-luglio.htm)
http://www.preghiereperlafamiglia.it/_luglio/15-luglio.htm
“IL SANGUE DELLA SPERANZA
15°GIORNO
MEDITAZIONE
Chiunque guarda il Cuore di Gesù trafitto e ne vede sgorgare il Sangue Prezioso, non può disperare della propria salvezza. Longino, quando lo aprì con una lanciata, senza saperlo, aprì il cuore dell'uomo alla speranza. È tradizione che il primo a goderne le ricchezze sia stato proprio lui: alcune gocce di Sangue gli caddero sugli occhi malati e gli donarono il lume degli occhi e della fede. Da allora la croce insanguinata divenne l'àncora alla quale si aggrapparono le anime dei più grandi peccatori nel momento della disperazione, certi del perdono e dell'amore di Cristo. Il Grande Persecutore, folgorato dalla grazia sulla via di Damasco, ci incoraggia: «Se pur essendo suoi nemici siamo stati per la sua morte riconciliati con Dio, a maggior ragione saremo salvi ora che siamo suoi amici» (S. Paolo). E tu, di che temi? «Non dire: non mi salverò! Hai il Sangue di Cristo! Ogni tua speranza è il Sangue di Cristo!» (S. Agostino). Non disse Gesù che si fa più festa in cielo per un peccatore pentito che per novantanove giusti? Certamente nel paradiso la schiera dei pentiti è molto più numerosa di quella degli innocenti. Anche noi, se sapremo imitarli nella penitenza, come li abbiamo seguiti nel peccato, saremo un giorno con loro. Stringiamoci alla croce ed invochiamola: «Ti salutiamo, o Croce Santa, nostra unica speranza!».
ESEMPIO
S. Caterina da Siena fu giustamente chiamata la «Mistica del Sangue», perché il Sangue Prezioso di Gesù era costantemente nel suo pensiero. Le sue numerose lettere hanno inizio tutte nel nome del Prezioso Sangue. Al suo confessore diceva: «Abbiate sempre il Sangue di Gesù davanti agli occhi». Nei Dialoghi scrive: «Quel Sangue è l'unico maestro. Il Sangue di Gesù ci ha nuovamente creati». Con l'invocazione al Prezioso Sangue ottenne la conversione del cavaliere perugino Niccolò Toldo, condannato ingiustamente alla pena capitale. Sarebbe morto disperato e con l'odio nel cuore se non fosse intervenuta S. Caterina. L'accompagnò ella stessa sul patibolo, gli parlò del Sangue di Gesù, prese il suo capo fra le mani, glielo aggiustò sotto la mannaia ed il poveretto morì esclamando: «Gesù! Caterina!». Diciamo anche noi con lei: «O Gesú, il mio cuore diventa fuoco, pensando a Te!» Le anime dei santi sono tante fornaci brucianti unicamente d'amore per Gesù. E le nostre? Quanta tiepidezza! Quale attaccamento alle cose terrene!
Fioretto. - Non riporrò la mia fiducia nelle creature, ma solo in Dio il quale è fedele e non inganna.
Giaculatoria. - Agnello immacolato, nel Sangue tuo che si offre sull'altare, è riposta ogni nostra speranza (S. Gaspare).”

"15° giugno: Il sangue della speranza"
15° giugno: Il sangue della speranza (http://www.stellamatutina.eu/15-giugno-il-sangue-della-speranza/)
http://www.stellamatutina.eu/15-giugno-il-sangue-della-speranza/





«DOMENICA OTTAVA DOPO LA PENTECOSTE.
Guéranger, L'anno liturgico - Domenica Ottava dopo la Pentecoste (http://www.unavoce-ve.it/pg-dopopent-dom8.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-dopopent-dom8.htm
All'ufficio.
Questa Domenica veniva chiamata, nel medioevo, sesta e ultima Domenica dopo la Natività degli Apostoli o festa di san Pietro, negli anni in cui la Pasqua toccava il suo punto estremo in aprile. Essa non era invece che la prima della serie domenicale cosi denominata quando la Pasqua seguiva immediatamente all'equinozio di primavera.
Abbiamo visto che a motivo dello stesso moto così variabile impresso a tutta l'ultima parte del ciclo liturgico dalla data di Pasqua, questa settimana poteva essere già la seconda della lettura dei libri Sapienziali, benché il più delle volte vi si debba continuare ancora quella dei libri dei Re. In quest'ultimo caso, è l'antico tempio innalzato da Salomone alla gloria di Dio che attira oggi l'attenzione della santa Chiesa; e i canti della Messa sono allora in perfetta armonia con le lezioni dell'Ufficio della notte.
MESSA
EPISTOLA (Rm 8,12-17). - Fratelli: Noi non siamo debitori alla carne per vivere secondo la carne. Se quindi vivrete secondo la carne, morrete; se invece collo spirito darete morte alle azioni della carne, vivrete, essendo, tutti quelli che son mossi dallo spirito di Dio, figli di Dio. Difatti, voi non avete ricevuto lo spirito di servitù per nuovo timore, ma avete ricevuto lo spirito di adozione in figli, pel quale gridiamo: Abba (Padre). Questo stesso spirito attesta allo spirito nostro che noi siamo figli di Dio. E se figlioli, siamo anche eredi: eredi di Dio e coeredi di Cristo.
Il programma della vita soprannaturale.
"Se lo Spirito di Dio è il legame della nostra unione con Nostro Signor Gesù Cristo, se è l'anima della nostra nuova vita, il soffio e l'ispiratore di tutte le nostre opere, spetta dunque a lui dare dappertutto l'inizio. A dispetto di quella parte di concupiscenza che il battesimo ha lasciato nelle mie membra per obbligarmi a combattere, non ho più nulla a spartire con la carne e la vita di un tempo. Dio non voglia che io torni indietro e che, ingannato dall'egoismo, mi sottragga allo Spirito di Dio per riappartenere ad opere di morte! No. Dopo essere entrato nell'intimità di Dio, sarebbe insensato distogliermi dalla Tenerezza, dalla Beltà, dalla Purezza; e per chi e per che cosa? Ormai, la carne non ha più nulla a esigere da me. Essa viene troppo tardi. Onde vivere eternamente, ridurrò di giorno in giorno e porterò fino alla completa eliminazione, se è possibile, tutto ciò che in me si erge contro la vita di Dio. I veri figli di Dio - dice l'Apostolo in una incomparabile sentenza - sono quelli che si lasciano guidare dallo Spirito di Dio. Tutta la vita soprannaturale che ha inizio con la fede e il battesimo, si riporta alla docilità, alla malleabilità, all'abbandono, agli influssi dello Spirito di Dio" [1].
VANGELO (Lc 16,1-9). - In quel tempo: Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: C'era un ricco il quale aveva un fattore che fu accusato davanti a lui come dissipatore dei suoi beni. Ed egli, chiamatolo, gli disse: Che è mai quello che sento di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più tenerla. E il fattore disse fra sé: E ora, che farò, che il padrone mi leva la fattoria? A zappare non son buono, a limosinare mi vergogno. So ben io che farò, affinché, levata che mi sia la fattoria, ci sia chi mi riceva in casa sua. Chiamati pertanto ad uno ad uno i debitori del padrone, disse al primo: Tu quanto devi al mio padrone? E quello rispose: Cento barili d'olio. Ed egli: Prendi la tua scritta, siedi presto, e scrivi cinquanta. Poi chiese ad un altro: E tu quanto devi? E quello: Cento staia di grano. Gli dice: Prendi la tua carta, e scrivi ottanta. E il padrone lodò il fattore infedele perché aveva agito con accortezza; ché i figli di questo secolo sono, nel loro genere, più avveduti dei figli della luce. Ed io vi dico: fatevi degli amici colle ricchezze ingiuste: affinché quando veniate a mancare, quelli vi ricevano nelle tende eterne.
Per acquistare le vere ricchezze.
"I vari termini della parabola che ci è proposta sono facili a comprendersi e racchiudono una profonda dottrina. Il Signore vuole insegnarci quale uso dobbiamo fare delle ricchezze di questo mondo. Descrive quanto avvenne a un economo poco scrupoloso, e quindi nei versetti 8 e 9 di questo capitolo XVI di san Luca ce ne fa l'applicazione morale: 'I figli di questo secolo - dice - sono più abili nei loro rapporti con la propria generazione, di quanto lo siano i figli della luce'. Come sarebbe fiorente, infatti, il Regno dei Cieli se i buoni attendessero ai loro interessi spirituali e alle cose della vita futura come i mondani ai loro interessi perituri! Se il padrone di casa, per quanto leso, ha potuto lodare l'abilità del suo intendente, come non si compiacerebbe Dio, che nulla può perdere, della prudenza soprannaturale dei suoi? Essi hanno infatti, nei beni terreni di cui ci si è parlato, la materia d'una industria per l'eternità. A voi che dovete essere illuminati, a voi che siete i figli non più di questo mondo tenebroso ma della luce, ecco quanto dico - soggiunge il Signore -: imitate sotto un certo aspetto l'economo ingiusto. Con il tesoro d'ingiustizia, con quella ricchezza mediante la quale l'intendente e tanti altri come lui offendono l'equità, voi potete procurarvi degli amici: quando la ricchezza materiale vi sarà tolta insieme con la vita, essi vi accoglieranno, non nelle case terrene, ma nei tabernacoli eterni. La preghiera del povero, infatti, mette in moto la mano che governa il mondo" [2].
Applicazione agli Ebrei.
Questo è il senso ovvio e diretto della parabola che ci viene proposta. Ma se vogliamo penetrare pienamente l'intenzione per cui la Chiesa ha scelto oggi questo passo del Vangelo, è necessario che ricorriamo a san Girolamo che se ne è fatto l'interprete ufficiale nella Omelia dell'Ufficio della notte. Continuiamo con lui la lettura evangelica: Chi è fedele nel poco - continua il testo sacro - è fedele anche nel molto, e chi è ingiusto nel poco lo è anche nel molto. Se voi dunque non siete stati fedeli nelle ricchezze ingiuste, chi vi affiderà le vere? (Lc 16,10-11). Gesù parlava così - osserva san Girolamo - davanti agli scribi e ai farisei che lo deridevano, avendo ben inteso che la parabola era contro di loro. L'infedele nelle piccole cose è infatti l'ebreo invidioso che, nel campo ristretto della vita presente, rifiuta ai fratelli l'uso dei beni creati per tutti. Se dunque - vien detto a questi scribi avari - voi siete convinti di malversazione nella gestione di ricchezze fragili ed effimere, chi potrebbe affidarvi le vere, le eterne ricchezze della parola divina e dell'ammaestramento delle genti? Grave domanda, che il Signore lascia oggi in sospeso sul capo degli infedeli depositari della legge delle figure. Ma come, fra poco, sarà terribile la risposta!
PREGHIAMO
Concedi, o Signore, la grazia di pensare ed agire sempre secondo giustizia affinché, noi che non possiamo esistere senza di te, riusciamo a vivere secondo il tuo volere.
[1] Dom Delatte, Epîtres de Saint Paul, I, 668.
[2] Dom Delatte, Evanglle de N. S. J. C., II, 148.
da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 457-460.»





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“15 LUGLIO 2018: DOMENICA OTTAVA DOPO LA PENTECOSTE.”
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“15 luglio 2018: Sant'Enrico, Imperatore del Sacro Romano Impero e Confessore.
Nacque nel 973. Duca di Baviera, divenne nel 1002 re di Germania e nel 1004 re d'Italia. Nel 1014 fu nominato Imperatore del Sacro Romano Impero. Grazie al suo operato fu definito "il buono", ma in seguito alla sua canonizzazione è oggi iscritto nei libri di storia come Enrico II il Santo. Sposò santa Cunegonda. A lui si deve l'istituzione del principato ecclesiastico di Bamberga in Baviera. Morì nel 1024.”
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“Il 15 luglio 1099 termina l'assedio di Gerusalemme: l'esercito cristiano guidato da Goffredo di Buglione libera il Santo Sepolcro e riscatta la Terra Santa. Nasce il Regno Crociato di Gerusalemme.”

“Il 15 luglio 1959 muore padre Agostino Gemelli O.F.M., fondatore dell'Università Cattolica del Sacro Cuore in Milano”


“Domani è la festa liturgica della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo o anche del Carmine, istituita per commemorare l'apparizione della Madre di Dio al beato inglese Simone Stock (16 luglio 1251), che ricevette uno scapolare e la rivelazione di privilegi connessi alla sua devozione, tra cui la promessa del Paradiso: https://bit.ly/2JqmQvh”
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AVE MARIA!!!
PREZIOSISSIMO SANGUE DI NOSTRO SIGNOR GESÙ CRISTO, MISERERE NOBIS!!!
Luca, Sursum Corda - Habemus Ad Dominum!!!