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il Gengis
30-10-09, 20:47
Mafiosi con lode
Per molti il carcere è l'università del crimine, dove si impara a delinquere meglio. Ma c'è anche chi impiega il tempo dandosi alla cultura. Come alcuni detenuti delle sezioni 41 bis, il regime duro per i capoclan

• da Oggi del 28 ottobre 2009

di Sergio D'Elia

I fratelli Giuseppe e Filippo Graviano hanno facce da bravi ragazzi e certificati penali da far paura. Ritenuti ancora i boss del quartiere Brancaccio di Palermo, sono al «carcere duro» da 15 anni e col «fine pena mai» per una serie di ergastoli per strage. Nelle more di una pena che durerà tutta la vita, Giuseppe si è laureato in Biologia molecolare e Filippo in Matematica. Hanno studiato da autodidatti, come solo si può fare nelle sezioni dei 41 bis. Il regime prevede un solo colloquio al mese col vetro divisorio, al massimo due pacchi di viveri, un fornellino per scaldare vivande (ma non per cucinarle), l`ora d`aria in una specie di container con muri di cemento e, sopra, una rete che chiude i detenuti come in un pollaio. Alla finestra della cella gli sbarramenti possono arrivare fino a quattro: una prima fila di sbarre, poi una seconda fila sempre di sbarre, ancora una rete metallica a maglie molto fitte e infine un pannello di plastica opaca attaccato alla finestra dall`esterno. Questo pannello, che fa filtrare poca aria e poca luce, è detto «gelosia». Non so da dove derivi il nome, ma il concetto sembra quello di modi e tempi passati, quando si pensava di difendere l`onore familiare con la cintura di castità odi garantire la sicurezza sociale con le finestre a «bocca di lupo». Non sono pochi i detenuti al «carcere duro» che, senza professori, sono riusciti a diplomarsi e a laurearsi. Per alcuni è stato un modo di espiare la pena senza perdere la ragione, per altri un tentativo di «evadere» una pratica ai limiti della tortura. Innocenti evasioni, misure alternative a un regime dal quale si può uscire solo tramite il «pentimento» o, come si dice, coi piedi davanti. Sui laureati al «carcere duro» non esistono dati ufficiali: una sorta di segreto dì Stato continua a coprire tutto ciò che ha a che fare col 41 bis e chi prova a svelare la realtà della detenzione speciale in Italia pare che metta in pericolo la sicurezza nazionale. Di molti casi posso parlare per conoscenza diretta. Nell`estate del 2002, in un giro cella-a-cella fatto col deputato radicale Maurizio Turco in tutte le sezioni del 41 bis (da quel giro è nato poi il libro-inchiesta Tortura democratica), li avevo visti curvi sui libri e alle soglie della laurea. Alcuni li ho rivisti ad agosto nel carcere di Tolmezzo, con qualche segno dell`età in più e un «pezzo di carta» in tasca.

"IL SIGNORINO"

Pietro Aglieri, soprannominato `U Signurinu per il vestire elegante e il diploma di liceo classico, è al carcere duro da quando è stato arrestato, nel giugno del 1997. Nel suo covo pare avesse allestito una cappella con tanto di altare per pregare e, in crisi di coscienza, manifestato anche l`intenzione di costituirsi non alla polizia, ma all`arcivescovo di Palermo. L`ex capo del mandamento di Santa Maria del Gesù si è laureato in Storia della Chiesa alla facoltà di Lettere della Sapienza di Roma, con tanti trenta e lode sul libretto degli esami sostenuti in una cella di Rebibbia adibita ad aula universitaria, blindata e sorvegliata da un piccolo esercito di agenti di custodia, attirati più dall`insolita scena che dalla pericolosità del boss condannato all`ergastolo perla strage in cui morirono il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti di scorta. Ad Antonino Mangano la giustizia italiana ha riservato la pena massima dell`ergastolo e quella supplementare di due anni di «isolamento diurno» che, nel già isolato regime di 41 bis, significa fare l`ora d`aria da solo e avere la cella chiusa 24 ore su 24. Nei suoi 15 anni di «carcere duro», oltre ai conti con la giustizia, Mangano ha dovuto fare anche quelli con la malattia: un intervento chirurgico a Novara per un carcino- ma al rene, altre due operazioni a Parma e vari cicli di chemioterapia. In questa situazione ha trovato l`entusiasmo per laurearsi in Lettere e Filosofia.

SENZA PC NE’ CALCOLATRICE

Guerino Avignone, di Cittanova, condannato a 15 anni e all`ergastolo per associazione mafiosa e omicidio, ha fatto 11 esami quand`era fuori alla facoltà di Economia e commercio presso l`Università di Messina. Gli altri li ha finiti dentro, assieme alla tesi sul Diritto al lavoro in carcere. Nei due anni di carcere speciale ha fatto tutto senza computer e calcolatrice, vietati al 41 bis. Carlo Marchese, un palermitano affiliato alla stidda nissena, condannato all`ergastolo per omicidio, ha ripreso gli studi nel 1996 dopo essere finito nel circuito speciale. Ne è uscito nel 2003 e, l`anno dopo, si è laureato in Giurisprudenza con 110 e lode. La discussione della tesi in Filosofia del diritto si è svolta al Pagliarelli di Palermo, in una sala riservata peri colloqui tra detenuti e avvocati, Anche Giuseppe Gullotti si è laureato in Giurisprudenza, presso l`Università di Torino nel dicembre del 2006, dopo 7 anni di «carcere duro» e una condanna definitiva a 30 anni per avere ordinato l`omicidio dei giornalista Beppe Alfano. Sottoposto al regime speciale, ha superato l`esame di laurea discutendo una tesi proprio sull`articolo 41 bis della legge penitenziaria. Chi l`ha letta sostiene che ha un notevole valore scientifico e pratico, per la nutrita serie di riferimenti giurisprudenziali relativi al regime penitenziario speciale che possono essere utili a quanti da anni tentano di uscirne.

L`AMORE PER IL CODICE

Antonio Libri è stato condannato per associazione mafiosa e deve scontare un ergastolo per omicidio. Arrestato nel 2000, è finito direttamente al 41 bis dove si è laureato in Sociologia. Esperti di mafia e di galere sono convinti che questi detenuti non abbiano cambiato mentalità. Se la materia preferita è Legge è perché «sperano di uscire un giorno e, grazie a una più accurata conoscenza dei codici, evitare di finire di nuovo dentro». In carcere non si considera mai la possibilità che un detenuto cambi registro. Se studia è per «ottenere un permesso per andare a fare gli esami nella città d`origine» dove ha sede l`università a cui si sono iscritti e la cosca a cui sono affiliati.

QUALCUNO SI SCANDALIZZA

Ma gli esami universitari dei detenuti speciali si svolgono ormai solo in videoconferenza, come avviene per i processi, dove giudici e accusatori sono da una parte in un`aula di tribunale, mentre gli imputati sono da tutta un`altra parte, in una saletta del 41 bis davanti a una telecamera. Salvatore Benigno era un incensurato studente di Medicina quando fu arrestato nel luglio del 1995 e subito messo in 41 bis. Condannato a due ergastoli, uno dei quali per l`autobomba fatta scoppiare in via dei Georgofili a Firenze nel 1993, ha completato gli studi nel carcere speciale dell`Aquila. Per la discussione della tesi di laurea in Ortopedia, undici professori della facoltà di Medicina si sono spostati nell`aula-bunker del tribunale di Palermo, dove il detenuto è apparso dal supercarcere attraverso i monitor delle videoconferenze. Ferdinando Cesarano, noto come Nanduccio e` Ponte Persica, era fuggito dall`aula bunker di Salerno nel giugno del 1998. Catturato due anni dopo, è stato subito detenuto nell`area riservata della sezione speciale del carcere di Parma con la prospettiva di una pena fino alla morte per i tanti ergastoli da scontare. Si è iscritto a Sociologia a Napoli e in tre anni ha superato tutti gli esami: i primi svolti in facoltà, di nascosto e sotto stretta sorveglianza, gli altri in carcere, in videoconferenza. Quando le notizie dei mafiosi laureati al 41 bis sono finite sui giornali, molti hanno gridato allo scandalo: lo Stato che conferisce una laurea a chi lo ha combattuto è intollerabile. A ben vedere, le storie di questi detenuti mostrano anche come il carcere, che per molti si rivela essere la università del crimine, per alcuni può essere università vera e occasione di riscatto.

VIVERE L`ERGASTOLO

Carmelo Musumeci è entrato in galera con la licenza elementare e reati da ergastolo. Ha ripreso gli studi all`Asinara, in regime speciale. Da autodidatta ha terminato le scuole superiori e, nel 2005, dopo 14 anni di carcere speciale, si è laureato in Giurisprudenza a Firenze con una tesi in Sociologia del diritto dal titolo Vivere l`ergastolo. Ora è nel carcere di Spoleto, con la condanna a vita. Ma senza il 41 bis.

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