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Visualizza Versione Completa : Chi non ha letto [e/o capito] le leggi razziali del Fascismo?



Pieffebi
20-07-03, 18:37
Chi non ha letto {e capito} le leggi razziali.

Il consorte dell'attrice Claudia Cardinale ha fatto una delle sue uscite da "processo del lunedì", solo che questa volta anzichè preoccuparsi delle presunte corna altrui, immaginate sul capo degli arbitri, si è avventurato in giudizi "storico-politici" su una delle pagine più scabrose della storia Patria. Pagina scritta, come è noto, dalla dittatura Fascista sul finire degli anni trenta, e costituita, sotto la suprema e "sapiente" regia di Benito Mussolini, da "Manifesti della Razza", campagne antiebraiche a mezzo stampa.....eccetera, a contorno delle infami leggi razziali del 1938, così come poi via via perfezionate ed applicate (e con le loro più tarde conseguenze).
Il marito della signora Cardinale sostiene che coloro che tanto puntano l'indice contro la legislazione antisemita del Fascismo, non hanno, evidentemente, mai provveduto a leggerla,giacchè la medesima non sarebbe stata affatto persecutoria....e neppure propriamente antisemita.
Se il marito di Claudia Cardinale per "persecutorio" intende l'attuazione in forza di legge di misure violente tese a sterminare gli ebrei....beh...ha persino...banalmente ragione. Ma purtoppo per lui questo modo di intendere la persecuzione è semplicemente disonesto e falso, e c'è da dubitare che questo signore, in effetti, abbia davvero letto i magnifici saggi di persecuzione antisemita prodotti nella legislazione razziale e a premessa e contorno della medesima.
Riguardo poi ai reiterati tentativi minimizzatori, tesi a ridurre il tardo antisemitismo fascista, con le sue misure, al solo aspetto della politica di difesa preventiva in vista della guerra, basti ricordare come questo genere di argomentazioni fosse stato lungamente e largamento caratteristico appunto di ogni antisemitismo politico moderno e coevo. I minimizzatori, non sapendolo, vista la loro evidente ignoranza, accentuata dal cieco obbedir all'ideologia, non fanno che confermare la stretta relazione esistente fra la svolta antisemita del finire degli anni trenta, e l'insieme della politica del Regime Fascista, in primo luogo della politica internazionale.
La retorica nazista sul giudeo-bolscevismo e sul giudeo-capitalismo, nonchè le sparate di Hitler sulla radice giudaica della seconda guerra mondiale, che avrebbe di conseguenza detrminato, come contrappasso, la distruzione dell'ebraismo in Europa, appartengono allo stesso schema "logico" della mistificatoria negazione dell'esistenza di una politica antisemita del fascismo italiano.
La giustificazione della legislazione razziale fascista con la pretesa avversione radicale al fascismo di un presunto monolitico "giudaismo internazionale", dal quale il Regime doveva difendersi, fa parte, fin dagli anni trenta, del patrimonio propagandistico fascista (ma in buona parte anche nazionalsocialista).
Questa propaganda, piuttosto squallida, parte ovviamente, come ogni propaganda che voglia esser in qualche modo efficace, da un qualche elemento reale o verosimile. Essa, come ogni propaganda razzista (giacchè tale inevitabilmente permane in ultima istanza), o fondata sui deliri del nazionalismo identitario estremo (che sconfina spesso nel razzismo), tende ineluttebilmente alla mistificatoria trasformazione delle vittime delle persecuzione in una minaccia pericolosa e attuale da neutralizzare ad ogni costo (il che giustificherebbe.... in qualche modo la persecuzione stessa).
Ovviamente tra i pericolosi nemici dello Stato vanno annoverati anche i bimbi ebrei delle elementari...espulsi dalla scuola pubblica...

Certo, la migliore storiografia scientifica sull'epoca fascista (e la coeva "questione ebraica" in relazione alla medesima) ha sempre messo in evidenza la natura opportunistica e in qualche modo accidentale, non originaria, dell'antisemitismo fascista, rispetto invece all'enorme peso rivestito dal razzismo antigiudaico radicale nella formazione ideologica nazionalsocialista.
Con altrettanta chiarezza la migliore storiografia ha messo in par modo in evidenza la sostanziale politica di protezione degli ebrei dalle pretese naziste, attuata dalle autorità militari italiane, durante la seconda guerra mondiale, nelle zone di occupazione amministrate dall'Italia Fascista. Tanto è vero che per gli ebrei di Francia, Grecia, jugoslavia, delle zone di pertinenza "italiana", l'uscita del nostro Paese dal conflitto rappresentò senz'altro un evento capace di trascinarli violentemente nella tragedia della Shoà, dalla quale erano stati,in gran misura sottratti, grazie alle forze armate italiane e a quelle al loro seguito, dell'Italia Fascista. Dialettica della Storia che va oltre al solito pregiudizio positivo sugli italiani "brava gente", e che non smentisce di certo le gravi responsabilità del Regime per quel che invece di tragico accadde......

Troviamo abbondante letteratura che attesta questi fatti invocati spesso a "discarico", senza che per questo venga dimenticato minimamente che l'Italia fascista, continuava, da parte sua, una politica antisemita discriminatoria e persecutoria che, nell'epoca della repubblichetta di Salò, oscillerà fra aperta complicità, favoreggiamento di fatto, impotenza ad opporsi, sostanziale indifferenza, riguardo a quanto attuato spaventosamente dai nazisti.....
Sicuramente gli antisemiti viscerali estremi come Interlandi e Preziosi, e quelli "raffinati" e "spirituali" come Evola, furono una minoranza fra i fascisti italiani. Minoranza lungamente tenuta ai margini del partito e della cultura ufficiale. Tuttavia, elementi di antisemitismo sono stati attestati esser precocemente presenti, seppur con un peso marginale,anche se fortemente oscillante, persino nel Fascismo più influente e, seppur in modo strumentale e contingente, nello stesso Mussolini ante-marcia, nonostante ....le sue....relazioni sentimentali (e d'altro tipo) non propriamente coerenti con detto quadro.
La svolta antisemita del Regime fu però, come è noto tarda, anche se preparata lungamente con cura. Essa si inserisce in un quadro internazionale in rapida evoluzione, fra la conquista dell'Impero e le conseguenti sanzioni della Società delle Nazioni, con il progressivo avvicinamento di Mussolini alla Germania Nazionalsocialista in fase di aggressivo riarmo militare e politico, avvicinamento consolidatosi durante il congiunto intervento nella guerra civile spagnuola al fianco di F. Franco.
Il quadro interno vede la svolta antisemita del Fascismo italiano dispiegarsi accanto alla "nuova ondata rivoluzionaria", con la campagna antiborghese e le misure di "fascistizzazione" tese a forgiare "l'italiano nuovo", ossia il combattente duro e puro, portatore di una civiltà millenaria, intento a rafforzare e perpetuare la propria nobilissima stirpe assicurando alla medesima nuovi spazi vitali, entro i quali dominare altri popoli in un risorto Impero Romano.
Quando il 16 luglio 1938 apparve, a premessa ideologica della prossima legislazione razziale, il famoso "Manifesto degli scienziati razzisti", voluto, ispirato ed in alcune parti scritto da Benito Mussolini, un fascista colto e intelligente come Giuseppe Bottai, Ministro dell'Educazione Nazionale, che si sarebbe subito opportunisticamente allineato, scrisse nel suo diario: " O' avuta l'impressione precisa che il Partito fosse 'sorpreso', anzi 'seccato' d'esser sorpreso ." Soprattutto seccati e sorpresi dovettero risultare i fascisti ebrei....
Shalom!!!

agaragar
20-07-03, 21:23
Come dicono a Genova..."se l'ha fatto...avrà avuto il suo guadagno"...

cioè, Squitieri sa che in realtà tutti i dirigenti di AN sono a favore di quelle leggi...

Sharon!!!

20-07-03, 21:30
In origine postato da Pieffebi
Soprattutto seccati e sorpresi dovettero risultare i fascisti ebrei....

Già, questi che fine fecero?

Pieffebi
20-07-03, 22:11
Ricorderò la sorte del leader della corrente "La nostra bandiera" (dal nome dell'omonima rivista), ossia della corrente dichiaratamente fascista in seno all'ebraismo italiano, Ettore Ovazza.

" Combattente della Grande Guerra e patriota fervente, Ettore Ovazza, nato a Torino nel marzo del 1892, era stato squadrista e aveva partecipato alla marcia su Roma. Ricco banchiere, negli anni trenta era diventato esponente di spicco del mondo ebraico italiano. Nel suo gironale, *LA NOSTRA BANDIERA* , pubblicato a Torino ma diffuso in tutta Italia, aveva perseguito una politica antisionista e di incondizionato appoggio al regime e a Mussolini . Alla vigilia delle leggi razziali, Ovazza, che aveva sinceramente e onestamente creduto, collaborando col fascismo, di * contribuire (..) ad allontanare dalla testa degli ebrei italiani la tempesta che capiva che si andava addensando*, abbandono' clamorosamente la direzione di *LA NOSTRA BANDIERA* e si ritirò dalla vita pubblica vivendo quasi confinato nella sua villa di Moncalieri. Diversamente da molti altri ebrei benestanti che si nascosero in luoghi sicuri, Ovazza - di fronte all'occupazione nazista - non riuscì a salvare se stesso, la moglie Nella Sacerdoti, di 41 anni, e i figli Riccardo di 20 ed Elena di 15. Gli amici del banchiere - che aveva appena compiuto 51 anni - lo contattarono subito: allarmati dalla piega che stavano prendendo le cose in Italia (...) avrebbero voluto che Ovazza si rifugiasse in Svizzera con i suoi. In un primo tempo il banchiere rifiutò e a due parenti, accorsi da Milano per sollecitarlo, disse: * Non mi toccheranno mai. Ho fatto troppo per il fascismo *; ad altri confidò: * Che cosa può succedermi? Sono un buon italiano. Ho persino una fotografia di Mussolini con una dedica per me ...*. A fine settembre, però, cedette alla pressioni e , dopo aver liquidato gran parte delle sue proprietà, vendendo anche due case, convertì almeno sei milioni, una fortuna considerevole all'epoca, in gioielli, oro, contanti e valuta straniera. Poi gli Ovazza, una mattina presto, lasciarono Torino in auto diretti in Valle d'Aosta, a Gressoney, dove alloggiarono all'albergo Lyskamm, registrandosi sotto il nome vero, segno che non avevano compreso fino in fondo quali rischi stavano correndo. (...) La sera di sabato 9 ottobre, giorno di Yom Kippur, tre ufficiali delle SS si presentarono al Lyskamm chiedendo degli Ovazza (...) al banchiere i tedeschi comunicarono che il figlio Riccardo era stato arrestato ad Intra il giorno prima e trovato in possesso di valuta straniera, a quell'epoca gravissimo reato. L'indomani Ovazza (...) raggiunse Intra insieme alla moglie e alla figlia di una grossa vettura da noleggio condotta dall'autista Donato Tarchetti e sulla quale erano stati caricati i bagagli. Così gli Ovazza si avviarono alla morte, ormai vicinissima; e all'autista che voleva consegnare alla moglie del banchiere un ombrello dimenticato nella hall del Lyskamm, le SS dissero: * Quei giudei non hanno più bisogno di ombrelli ".
Le gloriose SS nazionalsocialiste, abituate a disonorare il loro Paese e la civiltà europea con ogni genere di crimine, accecati da un'ideologia infame e intrinsecamente vocata al genocidio, uccisero l'Ovazza con un colpo di rivoltella nella sede del comando tedesco di Intra, e poi assassinarono anche Nella ed Elena Ovazza. Le due "giudee" furono trucidate nelle cantine della scuola, sede del suddetto, comando germanico, con l'onore eroico tipico di chi indossava con superbia una divisa infame, quella delle SS naziste, adatta senz'altro a quei delinquenti privi di scrupoli , capaci di uccidere due donne a sangue freddo come neppure i peggiori criminali mafiosi dell'epoca, che un po' di onore lo conservavano sul serio, avrebbero mai osato fare.

" Nella notte che seguì la triplice uccisione - continua il Mayda - le SS smembranono i corpi delle vittime e li bruciarono nel forno del termosifone ".
Una famiglia di ebrei fascisti, ingenui fino all'inverosimile, era perita nella nuova Repubblica di Mussolini per mano degli alleati camerateschi e liberatori del Duce.

Shalom!!!!

20-07-03, 22:40
Ci vuole davvero un gran coraggio a giustificare le leggi razziali, ma soprattutto ci vuole un grande coraggio a farle passare per quello che non sono nè mai sono state.

Pieffebi
20-07-03, 22:52
di certo non sono mai state leggi per "proteggere" gli ebrei....ne' leggi di mera "difesa nazionale" preventiva, anche se questo aspetto è stato presente, fin dagli anni trenta, nella propaganda fascista (e per certi versi anche in quella nazionalsocialista).

Shalom!!!!

yurj
21-07-03, 10:42
Tuoi alleati di governo, Pfb... :rolleyes:

21-07-03, 12:56
In origine postato da yurj
Tuoi alleati di governo, Pfb... :rolleyes:
A dimostrare che ti sbagli ti invito a leggere i messaggi postati nel thread la lunga marcia verso David (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=59448) , la corrente di destra antisemita che giustifica le leggi razziali è una esigua minoranza, anche il vecchio movimento sociale aveva idee opposte a quelle espresse da Squittieri.

yurj
21-07-03, 13:13
Tutti siamo una minoranza in uno schieramento più largo. Qual'è il tuo punto?

Pieffebi
21-07-03, 18:39
In origine postato da yurj
Tuoi alleati di governo, Pfb... :rolleyes:


Chi??

Curioso
21-07-03, 21:34
Per cortesia, quando si discute di un argomento del genere, bisognerebbe farlo con lo spirito dello storico e senza pensare al giorno d'oggi, anche perchè sono passati oltre 60 anni: i tempi sono diversi, i protagonisti pure, al massimo ci sono i nipoti dei protagonisti di allora.

Mi rivolgo ad entrambi (Pieffebi e Yurj): lasciate perdere le polemiche dell'oggi, se no si rischia di fare un minestrone.

Pieffebi
21-07-03, 22:13
Le polemiche dell'oggi e i fatti di ieri sono spesso inevitabilmente intrecciati. Se poi per "spirito dello storico" si deve intendere quello di certe scuole dominanti per troppo tempo....... quelle per intenderci della "vulgata antifascista" marxista e azionista.....meglio lasciar perdere, e rivolgersi agli storici di spirito, quelli, che, sempre per intenderci, non si preoccupano delle conseguenze per i miti storiografici della loro ricerca e che non sono asserviti a NESSUNA ideologia, tanto meno a quella dei vinti con i suoi tentativi rozzi di "contromistificazione".
Che poi la storia sia un elemento che possa far parte del dibattito politico, come ogni altro fenomeno culturale e disciplina, è del tutto evidente e inevitabile, ed è alquanto singolare che qualcuno se ne scandalizzi.

Shalom!!!

21-07-03, 22:17
Historia Magistra Vitae:)

Curioso
21-07-03, 22:33
In origine postato da Pieffebi
Le polemiche dell'oggi e i fatti di ieri sono spesso inevitabilmente intrecciati. Se poi per "spirito dello storico" si deve intendere quello di certe scuole dominanti per troppo tempo....... quelle per intenderci della "vulgata antifascista" marxista e azionista.....meglio lasciar perdere, e rivolgersi agli storici di spirito, quelli, che, sempre per intenderci, non si preoccupano delle conseguenze per i miti storiografici della loro ricerca e che non sono asserviti a NESSUNA ideologia, tanto meno a quella dei vinti con i suoi tentativi rozzi di "contromistificazione".
Che poi la storia sia un elemento che possa far parte del dibattito politico, come ogni altro fenomeno culturale e disciplina, è del tutto evidente e inevitabile, ed è alquanto singolare che qualcuno se ne scandalizzi.

Shalom!!!

Forse non mi sono spiegato bene: mi riferivo a categorie come "fascisti", "comunisti", ecc. che oggi possono essere attribuite solo ad una piccola minoranza del panorama politico nazionale, mentre il resto è cambiato e in alcuni casi anche di molto e da tempo.
Però c'è ancora chi finge di ignorarlo.

Quanto alla scelta della "linea" storiografica da seguire, beh, de gustibus non dispuntandum.....:)

Curioso
21-07-03, 22:37
In origine postato da Pieffebi
Le polemiche dell'oggi e i fatti di ieri sono spesso inevitabilmente intrecciati. Se poi per "spirito dello storico" si deve intendere quello di certe scuole dominanti per troppo tempo....... quelle per intenderci della "vulgata antifascista" marxista e azionista.....meglio lasciar perdere........................................... ....

Shalom!!!

Ti segnalo pure che esiste una storiografia cattolica non marxista, sia pure non numericamente paragonabile all'altra.
Io ad esempio ho studiato per anni a scuola sui libri del prof. Gabriele De Rosa, che marxista proprio non è (all'epoca era esponente della DC; ora è piuttosto anziano ma credo ancora in attività).

Pieffebi
22-07-03, 12:14
In origine postato da Curioso
Forse non mi sono spiegato bene: mi riferivo a categorie come "fascisti", "comunisti", ecc. che oggi possono essere attribuite solo ad una piccola minoranza del panorama politico nazionale, mentre il resto è cambiato e in alcuni casi anche di molto e da tempo.
Però c'è ancora chi finge di ignorarlo.

Quanto alla scelta della "linea" storiografica da seguire, beh, de gustibus non dispuntandum.....:)


Beh in Italia ci sono tutt'ora due partiti ufficialmente comunisti rappresentati in Parlamento e due "correnti" ufficialmente comuniste del partito dei Diesse (comunisti unitari e comunisti democratici). La somma complessiva dei loro voti o rappresentanze parlamentari e della loro influenza non è affatto indifferente. Se poi si pensa che taluni di costoro si sprecano a difendere il tiranno e boia Castro (a dimostrazione che come disse Veltroni il comunismo ..... è incompatibile con la libertà)...credo proprio che il fenomeno sia appositamente sottovalutato da qualcuno, per mero opportunismo.
Circa talune scorie...... dell'estrema destra mi sono più volte espresso.

Shalom!!!

Saluti liberali

Pieffebi
22-07-03, 12:15
In origine postato da Curioso
Ti segnalo pure che esiste una storiografia cattolica non marxista, sia pure non numericamente paragonabile all'altra.
Io ad esempio ho studiato per anni a scuola sui libri del prof. Gabriele De Rosa, che marxista proprio non è (all'epoca era esponente della DC; ora è piuttosto anziano ma credo ancora in attività).

Purtroppo a volte.... la storiografia "cattolcia" è stata codista..... verso l'una o verso l'altra corrente, riguardo alla storia contemporanea.

Shalom!!!

Curioso
22-07-03, 12:49
In origine postato da Pieffebi
Beh in Italia ci sono tutt'ora due partiti ufficialmente comunisti rappresentati in Parlamento e due "correnti" ufficialmente comuniste del partito dei Diesse (comunisti unitari e comunisti democratici). La somma complessiva dei loro voti o rappresentanze parlamentari e della loro influenza non è affatto indifferente. Se poi si pensa che taluni di costoro si sprecano a difendere il tiranno e boia Castro (a dimostrazione che come disse Veltroni il comunismo ..... è incompatibile con la libertà)...credo proprio che il fenomeno sia appositamente sottovalutato da qualcuno, per mero opportunismo.
Circa talune scorie...... dell'estrema destra mi sono più volte espresso.

Shalom!!!

Saluti liberali

Secondo me, si tratta di scelte di marketing politico, più che altro. E quanto al peso delle correnti DS, sospetto fortemente sia molto diminuito dall'ultima "conta". La linea di Fassino attualmente è larghissimamente maggioritaria.
Poi, nei fatti, questi comunisti hanno appoggiato un governo di centrosinistra che ha tassato ferocemente i propri elettori per entrare in Europa, che ha fatto diverse privatizzazioni, ecc.

Quanto a Fidel Castro, sarebbe bene che la sinistra italiana chiedesse un intervento dell'UE per costringerlo a cambiare registro (non parlo di pressioni economiche, ma politiche). Convincerlo a lasciare è dura, molto dura.
Castro certo è un dittatore, ma nemmeno il peggiore (penso ad esempio a Saddam Hussein, ex alleato di noi occidentali). E almeno a Cuba, nonostante le difficoltà economiche, non si muore di fame, come invece accade altrove.

Inoltre, non dimenticare mai che la democrazia è un lusso riservato a quei pochi con la pancia sempre piena (con una sola vistosa eccezione: l'India. Caso interessante....). Gli altri, prima di tutto, hanno il problema quotidiano di riempirla, la democrazia viene dopo.

Quanto alla compatibilità del comunismo con la democrazia, dipende: se parliamo dell'Italia, ti basti come esempio la Costituzione della Repubblica e quasi 60 anni di democrazia, difesa anche dai comunisti.
Se invece parliamo dell'URSS e dei suoi satelliti, allora c'è la storia recente, che ne ha certificato il fallimento (economico, prima che altro).

L'alleanza dei comunisti italiani con l'URSS, fino alla rottura del 1968, insieme con la promozione e la difesa della democrazia italiana, è una contraddizione della storia recente del nostro paese che meriterebbe un esame approfondito. Materia per storici.

Alla fine contano i fatti. Il resto sono chiacchiere buone per una discussione al bar.
Per questo diffido sempre delle etichette.

Saluti.

Pieffebi
22-07-03, 16:15
La democrazia è un lusso? Forse, ma un lusso che i cubani meriterebbero.....
La battuta sulla rottura degli stalinisti italici con l'Urss nel 1968 l'ho particolarmente apprezzata. Più che da bar è da cabaret (genere fanatsy).

Shalom!!!!

Curioso
22-07-03, 16:32
In origine postato da Pieffebi
La democrazia è un lusso? Forse, ma un lusso che i cubani meriterebbero.....
La battuta sulla rottura degli stalinisti italici con l'Urss nel 1968 l'ho particolarmente apprezzata. Più che da bar è da cabaret (genere fanatsy).

Shalom!!!!

Per meritarsi la democrazia (e, in primis, la libertà), bisogna lottare per conquistarla e avere anche fortuna. In Italia fu fatto (i partigiani) e, in più, per fortuna, ci fu l'aiuto decisivo delle truppe angloamericane.
A Cuba no, per quanto mi risulta.

Quanto alla rottura tra il PCI e l'URSS nel 1968 sull'invasione della Cecoslovacchia, fu l'inizio della definitiva separazione tra i comunisti italiani e quelli sovietici. Il processo si completò 13 anni dopo, nel 1981, ma già negli anni '70 si parlava di "eurocomunismo", ovvero una via originale della sinistra comunista europea, differenziata da quella sovietica.

Ma tutto questo, forse, non lo sai, altrimenti non te la saresti cavata con una battutina.......comunque non è mai troppo tardi per rimediare: cerca una buona biografia di Berlinguer, lì ci sono tutte le notizie in merito.
Buona lettura ;)

Curioso
22-07-03, 16:37
In origine postato da Pieffebi
La democrazia è un lusso? Forse, ma un lusso che i cubani meriterebbero.....
La battuta sulla rottura degli stalinisti italici con l'Urss nel 1968 l'ho particolarmente apprezzata. Più che da bar è da cabaret (genere fanatsy).

Shalom!!!!


Aggiungo poi che da te mi sarei aspettato una risposta un po' meno povera di contenuti, un po' più articolata e ragionata.
Vabè, diciamo che stavolta avevi poco tempo, ok?
Però, mi raccomando, che non si ripeta....;)

Pieffebi
22-07-03, 19:42
In origine postato da Curioso
Per meritarsi la democrazia (e, in primis, la libertà), bisogna lottare per conquistarla e avere anche fortuna. In Italia fu fatto (i partigiani) e, in più, per fortuna, ci fu l'aiuto decisivo delle truppe angloamericane.
A Cuba no, per quanto mi risulta.

Quanto alla rottura tra il PCI e l'URSS nel 1968 sull'invasione della Cecoslovacchia, fu l'inizio della definitiva separazione tra i comunisti italiani e quelli sovietici. Il processo si completò 13 anni dopo, nel 1981, ma già negli anni '70 si parlava di "eurocomunismo", ovvero una via originale della sinistra comunista europea, differenziata da quella sovietica.

Ma tutto questo, forse, non lo sai, altrimenti non te la saresti cavata con una battutina.......comunque non è mai troppo tardi per rimediare: cerca una buona biografia di Berlinguer, lì ci sono tutte le notizie in merito.
Buona lettura ;)


"Noi siamo e resteremo sempre dei comunisti e non saremo giammai dei socialdemocratici"
Enrico Berlinguer

Gli stands dei partiti fratelli ai festival de l'Unità e alle altre manifestazioni comuniste italiane seguitarono ad essere presenti fino al crollo del muro...... dunque lasciate perdere "gli strappi"....il cui significato reale va storicamente inquadrato all'interno di una ben determinata evoluzione.

Circa l'allusione al fatto che i cubani non meriterebbero la libertà giacchè non hanno lottato per conquistarla, ricordo solo che la libertà agli italiani fu data soprattutto se non esclusivamente (di fatto) dagli anglo-americani (senza per questo sminuire il significato SIMBOLICO e politico della Resistenza). Vuoi forse dire che gli USA devono liberare Cuba appoggiando armate di rivoltosi interni o tornati dall'esilio?
Sarei tentato di darti ragione. Ma temo che la sinistretta italica sceglierebbe ancora una volta di diferendere i diritti......di un regime tirannico e assassino (per nulla migliore di altri).

Shalom!!!

Pieffebi
22-07-03, 19:43
La risposta è adeguatissima.......
Guarda........... sul comunismo e la sua storia ci sono thread a diecine aperti dal sottoscritto. Circa Enrico Berlinguer, se vuoi........ ti riporto il discorso del 1975 in cui spiegava la superiorità del sistema economico-sociale dell'est su quello capitalistico dell'Europa Occidentale e degli Stati Uniti.
Rigurdo all'iconografia sui comunisti italiani buoni e distanti dall'URSS......basti ricordare, per confutarla, l'espulsione dal PCI nel 1968 di coloro che condannarono e non si limitarano a criticare l'intervento sovietico a Praga e l'elezione, nel 1969, dello stragista Francesco Moranino Gemisto al Senato. Questi sono solo alcuni fatti visto che mitologia "eurocomunista" non mi interessa.....come nessuna mistificazione ideologica della sinistretta.
In ogni caso questo 3d è dedicato a tutt'altro argomento, e gradirei che si rimanesse al tema. Cosa ne pensi delle leggi razziali e quali, a tuo avviso, furono le cause che indussero Mussolini alla "svolta antisemita" e razzista del 1938?

Shalom!!!

yurj
23-07-03, 09:11
In origine postato da Pieffebi
La democrazia è un lusso? Forse, ma un lusso che i cubani meriterebbero.....
La battuta sulla rottura degli stalinisti italici con l'Urss nel 1968 l'ho particolarmente apprezzata. Più che da bar è da cabaret (genere fanatsy).

Shalom!!!!

Il sistema ASSASSINO occidentale, dove governano i peggiori individui da Norimberga, è alla fine.

Curioso
23-07-03, 09:33
In origine postato da Pieffebi
La risposta è adeguatissima.......
Guarda........... sul comunismo e la sua storia ci sono thread a diecine aperti dal sottoscritto. Circa Enrico Berlinguer, se vuoi........ ti riporto il discorso del 1975 in cui spiegava la superiorità del sistema economico-sociale dell'est su quello capitalistico dell'Europa Occidentale e degli Stati Uniti.
Rigurdo all'iconografia sui comunisti italiani buoni e distanti dall'URSS......basti ricordare, per confutarla, l'espulsione dal PCI nel 1968 di coloro che condannarono e non si limitarano a criticare l'intervento sovietico a Praga e l'elezione, nel 1969, dello stragista Francesco Moranino Gemisto al Senato. Questi sono solo alcuni fatti visto che mitologia "eurocomunista" non mi interessa.....come nessuna mistificazione ideologica della sinistretta.
In ogni caso questo 3d è dedicato a tutt'altro argomento, e gradirei che si rimanesse al tema. Cosa ne pensi delle leggi razziali e quali, a tuo avviso, furono le cause che indussero Mussolini alla "svolta antisemita" e razzista del 1938?

Shalom!!!

D'accordo, ne riparleremo. Ribadisco comunque che guardo ai fatti, più che alle parole.

Circa le leggi razziali, fu un necessario tributo pagato all'allenaza con la Germania. Questo è quanto ricordo di aver letto. Il regime fascista non era, tutto sommato, antisemita. Almeno, non fino ad allora.

Curioso
23-07-03, 11:01
In origine postato da Pieffebi


..........................

Circa l'allusione al fatto che i cubani non meriterebbero la libertà giacchè non hanno lottato per conquistarla, ricordo solo che la libertà agli italiani fu data soprattutto se non esclusivamente (di fatto) dagli anglo-americani (senza per questo sminuire il significato SIMBOLICO e politico della Resistenza). Vuoi forse dire che gli USA devono liberare Cuba appoggiando armate di rivoltosi interni o tornati dall'esilio?
Sarei tentato di darti ragione. Ma temo che la sinistretta italica sceglierebbe ancora una volta di diferendere i diritti......di un regime tirannico e assassino (per nulla migliore di altri).

Shalom!!!

Nel caso dell'Italia, la libertà si conquistò col tempo, con i sacrifici (di solito di pochi lungimiranti) e con le alleanze giuste.
Gli americani hanno già provato ad appoggiare gli esuli anticastristi, nel 1961, il famoso sbarco nella Baia dei Porci. Ma finì male. Poi, evidentemente, non hanno avuto più interesse ad attaccare.
Non credo servirebbe attaccare (Iraq docet), piuttosto occorrerebbe una forte pressione di Europa e USA (e dell'ONU) su Cuba, con aiuti in cambio di riforme, o qualcosa del genere, invece che minacce e sanzioni.

Il regime di Castro è certo liberticida e duro, ma, ripeto, non certo il peggiore che ci sia. La gente non può manifestare dissenso, però mangia tutti i giorni, considerando che l'isola è priva di risorse naturali. A me pare che i regimi "pericolosi" siano altri (tipo la Corea del Nord, da tenere d'occhio perchè ha l'atomica, o almeno dichiara di averla)

Per rientrare in tema, è un po' lo stesso ragionamento che si fa quando si paragonano fascismo e nazismo, il controllo sulla società esercitato dal fascismo (non sempre ferreo, almeno in una prima fase) paragonato col controllo ferreo e asfissiante esercitato dal nazismo.
Una svolta, certo, arrivò con le leggi razziali, logica conseguenza del cosidetto "patto d'acciaio" con la Germania del 1936.

Qualcuno può anche affermare che ci furono fascisti che nascosero ebrei per salvarli, e magari pure provarlo. Ma il risultato fu che migliaia di ebrei italiani (e non solo ebrei) finirono nei campi di concentramento.
A proposito, sai quanti furono, più o meno?

Curioso
23-07-03, 11:12
In origine postato da Pieffebi
"Noi siamo e resteremo sempre dei comunisti e non saremo giammai dei socialdemocratici"
Enrico Berlinguer

Gli stands dei partiti fratelli ai festival de l'Unità e alle altre manifestazioni comuniste italiane seguitarono ad essere presenti fino al crollo del muro...... dunque lasciate perdere "gli strappi"....il cui significato reale va storicamente inquadrato all'interno di una ben determinata evoluzione.

...........................

Shalom!!!

Per chiudere l'argomento:

Vero, comunisti e non socialdemocratici finchè c'è stato Berlinguer.
Ciò non toglie che nel 1969, dopo lo strappo con la Cecoslovacchia, si sia rifiutato di sottoscrivere la fedeltà all'URSS, ciò non toglie che nel 1973, pare, abbiano cercato di ammazzarlo in Bulgaria (Berlinguer non ne volle mai parlare), ciò non toglie che nel 1974 abbia incaricato il senatore Pecchioli (se non ricordo male) di far cessare il finanziamento dall'URSS, ciò non toglie che nel 1976, a Mosca al congresso del PCUS, abbia attaccato parlando di libertà e pluralismo da rispettare, suscitando forte imbarazzo tra i sovietici, ciò non toglie che nel 1976 abbia dichiarato di sentirsi più sicuro sotto l'ombrello della NATO che non di quello del Patto di Varsavia, ciò non toglie che nel 1981 abbia annunciato (e fatto) lo "strappo" definitivo con Mosca.

Certo, sempre comunista. Ma democratico, come e più del PCI che promosse e firmò la nostra Costituzione, che rifiutò qualunque legame con movimenti eversivi come le BR, che entrò nel governo di "solidarietà nazionale" per senso di responsabilità, perchè si trattava di un momento eccezionale, ma ci rimise politicamente.

Questa è parte della cronaca di quegli anni. Poi c'è anche quello che hai detto tu, che denota le difficoltà, la fatica e le contraddizioni del cambiamento.
Ma a tutto va dato il suo peso relativo e alla fine si fa il bilancio.

Pieffebi
23-07-03, 13:29
Il senatore Pecchioli? Quello della richiesta di ricetrasmittenti al KGB? Devo controllare la data fra i documenti degli archivi del Cremlino pubblicati in Italia.....ma mi sembra posteriore.
Che i comunisti abbiano sempre tentato di ammazzarsi (nel migliore dei casi di scomunicarsi) a vicenda è verissimo, come è vero che linea di Berlinguer rappresentava un'evoluzione "revisionistica", tuttavia ben inserita nella tradizione comunista togliattiana, che superò solo perchè non vi era altra possibilità per il PCI in quella fase.

Sulle motivazioni della firma comunista in calce alla Costituzione...lasciamo perdere. Basta leggersi la difesa del partito unico da parte di Togliatti a "Nuovi Argomenti" nel 1956 e la sua concezione del pluralismo partitico in occidente per capire che con la democrazia liberale questo servo di Stalin non c'entrava niente, se non per mere ragioni di opportunismo strategico e di utilizzo tattico. Sì proprio l'intervista che la storiografia servile con il memoriale di Yalta ha portato ad esempio della democraticià del migliore, evidentemente senza mai averla letta in modo serio.

Shalom!!!

Pieffebi
23-07-03, 13:37
Tanti cubani per mangiare tutti i giorni si prostituiscono ai compagni turisti occidentali........ Cuba non è più il bordello degli USA come ai tempi di Batista.....è solo un bordello comunista capeggiato da una banda di assassini, verso i quali la sinistretta italica, democratica da pochi anni, ha ancora qualche difficoltà....ad ammetterne fino in fondo la reale natura....a quanto pare. Salvo che non si voglia credere a Gianni Minà. Circa poi eventuali mieriti del Regime, voglio ricordare che persino il Nazismo ne aveva.....su PassatoPresente dell'ultimo numero del 2000, se non erro, c'è un articolo di uno storico di sinistra che mete in primo piano il salvataggio dell'artigiano tedesco da parte degli uomini di Hiltler, che ha avuto esiti positivi anche nel dopoguerra....fino ad oggi. Dunque.....

Saluti liberali

Pieffebi
23-07-03, 13:41
In origine postato da Curioso
D'accordo, ne riparleremo. Ribadisco comunque che guardo ai fatti, più che alle parole.

Circa le leggi razziali, fu un necessario tributo pagato all'allenaza con la Germania. Questo è quanto ricordo di aver letto. Il regime fascista non era, tutto sommato, antisemita. Almeno, non fino ad allora.


Questa è solo UNA delle ragioni. E' da escludersi che fosse l'unica e certamente non vi fu una particolare pressione nazista, in quella fase, su Mussolini sulla questione. Fu una decisione autonoma del Regime. Certo l'antisemitismo non è originario nel fascismo, se non in alcuni suoi uomini, per tanto tempo ai margini.

Shalom

Curioso
23-07-03, 14:44
In origine postato da Pieffebi
...............
....su PassatoPresente dell'ultimo numero del 2000, se non erro, c'è un articolo di uno storico di sinistra che mete in primo piano il salvataggio dell'artigiano tedesco da parte degli uomini di Hiltler, che ha avuto esiti positivi anche nel dopoguerra....fino ad oggi. Dunque.....

Saluti liberali

Ah, capisco, quindi gli storici di sinistra sono obiettivi solo quando ti fa comodo.....vanno bene quando parlano di certi aspetti positivi del Nazismo, sono servili invece quando parlano di Togliatti in un modo che non ti piace.......

Curioso
23-07-03, 14:52
In origine postato da Pieffebi
..............................................
Sulle motivazioni della firma comunista in calce alla Costituzione...lasciamo perdere. Basta leggersi la difesa del partito unico da parte di Togliatti a "Nuovi Argomenti" nel 1956 e la sua concezione del pluralismo partitico in occidente per capire che con la democrazia liberale questo servo di Stalin non c'entrava niente, se non per mere ragioni di opportunismo strategico e di utilizzo tattico. Sì proprio l'intervista che la storiografia servile con il memoriale di Yalta ha portato ad esempio della democraticià del migliore, evidentemente senza mai averla letta in modo serio.

Shalom!!!

Colgo troppo livore ideologico nelle tue parole, troppa immedesimazione nei fatti dell'epoca. Persino polemica feroce con gli storici che hanno tentato (forse troppo presto) un'analisi storica.
Forse è il segno che i tempi per una serena disamina storica non sono ancora maturi. D'altra parte, solo ora si sta tentando una ricostruzione storica completa del ventennio fascista.
Confido ci si riesca quando tutti i protagonisti dell'epoca saranno scomparsi e quando le vicende non suscitino più le passioni che ancora provocano oggi, utilizzate strumentalmente per fini che nulla hanno a che spartire con la ricerca storica.

Se poi l'orientamento degli storici odierni non ti piace, suggerisci ai partiti della maggioranza di promuovere una iniziativa culturale in tal senso, da confrontare poi con le tesi degli storici di sinistra.
Il risultato finale, tra un po' di anni, potrebbe essere una storia d'Italia finalmente completa.

Pieffebi
23-07-03, 21:41
L'orientamento di moltissimi STORICI odierni mi piace moltissimo, e soprattutto mi piacciono i documenti, taluni dei quali usciti dagli archivi dei paesi dell'est soprattutto negli anni immediatamente successivi alla caduta del muro .....(poi gli archivi si sono parzialmente richiusi, come è fisiologico).

Ad esempio:
" Partito Comunista dell'Unione Sovietica - Comitato Centrale
Segretissimo - Dossier Speciale
12 gennaio 1979.
Oggetto: Richiesta della Direzione del PCI

La direzione del PCI (compagno Ugo Pecchioli) si è rivolta al Comitato Centrale del PCUS con la richiesta di poter inviare in URSS 15 comunisti italiani per un corso di addestramento speciale.
Riterremmo possibile accettare la richiesta alla Direzione del PCI.
Con il Comitato per la sicurezza di Stato dell'URSS (compagno Cebrikov) la questione è concordata.
La bozza di delibera del CC del PCUS è allegata.

Vicecapo della sezione esteri del CC del PCUS ( V. Zagladin]
10 gennaio 1979
n. 25-S-64 "
Riportato, tra gli altri, insieme agli atti presupposti di quello sopra trascritto a margine del testo... nel libro " PCI - La Storia Dimenticata " a cura di Sergio Bertelli e Francesco Bigazzi - pag. 374 della I edizione (2001)

Saluti liberali

Pieffebi
24-07-03, 20:17
ritorniamo al tema.

Un altro documento storico che parla....da solo:

" Il manifesto della razza (1938)

(Da "La difesa della razza", direttore Telesio Interlandi, anno I, numero 1, 5 agosto 1938, p. 2).

http://www.cronologia.it/mondo23l.jpg

Il ministro segretario del partito ha ricevuto, il 26 luglio XVI, un gruppo di studiosi fascisti, docenti nelle università italiane, che hanno, sotto l’egida del Ministero della Cultura Popolare, redatto o aderito, alle proposizioni che fissano le basi del razzismo fascista. (*)

1. Le razze umane esistono. La esistenza delle razze umane non è già una astrazione del nostro spirito, ma corrisponde a una realtà fenomenica, materiale, percepibile con i nostri sensi. Questa realtà è rappresentata da masse, quasi sempre imponenti di milioni di uomini simili per caratteri fisici e psicologici che furono ereditati e che continuano ad ereditarsi.

Dire che esistono le razze umane non vuol dire a priori che esistono razze umane superiori o inferiori, ma soltanto che esistono razze umane differenti.

2. Esistono grandi razze e piccole razze. Non bisogna soltanto ammettere che esistano i gruppi sistematici maggiori, che comunemente sono chiamati razze e che sono individualizzati solo da alcuni caratteri, ma bisogna anche ammettere che esistano gruppi sistematici minori (come per es. i nordici, i mediterranei, i dinarici, ecc.) individualizzati da un maggior numero di caratteri comuni. Questi gruppi costituiscono dal punto di vista biologico le vere razze, la esistenza delle quali è una verità evidente.

3. Il concetto di razza è concetto puramente biologico. Esso quindi è basato su altre considerazioni che non i concetti di popolo e di nazione, fondati essenzialmente su considerazioni storiche, linguistiche, religiose. Però alla base delle differenze di popolo e di nazione stanno delle differenze di razza. Se gli Italiani sono differenti dai Francesi, dai Tedeschi, dai Turchi, dai Greci, ecc., non è solo perché essi hanno una lingua diversa e una storia diversa, ma perché la costituzione razziale di questi popoli è diversa. Sono state proporzioni diverse di razze differenti, che da tempo molto antico costituiscono i diversi popoli, sia che una razza abbia il dominio assoluto sulle altre, sia che tutte risultino fuse armonicamente, sia, infine, che persistano ancora inassimilate una alle altre le diverse razze.

4. La popolazione dell'Italia attuale è nella maggioranza di origine ariana e la sua civiltà ariana. Questa popolazione a civiltà ariana abita da diversi millenni la nostra penisola; ben poco è rimasto della civiltà delle genti preariane. L'origine degli Italiani attuali parte essenzialmente da elementi di quelle stesse razze che costituiscono e costituirono il tessuto perennemente vivo dell'Europa.

5. È una leggenda l'apporto di masse ingenti di uomini in tempi storici. Dopo l'invasione dei Longobardi non ci sono stati in Italia altri notevoli movimenti di popoli capaci di influenzare la fisionomia razziale della nazione. Da ciò deriva che, mentre per altre nazioni europee la composizione razziale è variata notevolmente in tempi anche moderni, per l'Italia, nelle sue grandi linee, la composizione razziale di oggi è la stessa di quella che era mille anni fa: i quarantaquattro milioni d'Italiani di oggi rimontano quindi nella assoluta maggioranza a famiglie che abitano l'Italia da almeno un millennio.

6. Esiste ormai una pura "razza italiana". Questo enunciato non è basato sulla confusione del concetto biologico di razza con il concetto storico-linguistico di popolo e di nazione ma sulla purissima parentela di sangue che unisce gli Italiani di oggi alle generazioni che da millenni popolano l'Italia. Questa antica purezza di sangue è il più grande titolo di nobiltà della Nazione italiana.

7. È tempo che gli Italiani si proclamino francamente razzisti. Tutta l'opera che finora ha fatto il Regime in Italia è in fondo del razzismo. Frequentissimo è stato sempre nei discorsi del Capo il richiamo ai concetti di razza. La questione del razzismo in Italia deve essere trattata da un punto di vista puramente biologico, senza intenzioni filosofiche o religiose. La concezione del razzismo in Italia deve essere essenzialmente italiana e l'indirizzo ariano-nordico. Questo non vuole dire però introdurre in Italia le teorie del razzismo tedesco come sono o affermare che gli Italiani e gli Scandinavi sono la stessa cosa. Ma vuole soltanto additare agli Italiani un modello fisico e soprattutto psicologico di razza umana che per i suoi caratteri puramente europei si stacca completamente da tutte le razze extra-europee, questo vuol dire elevare l'Italiano ad un ideale di superiore coscienza di se stesso e di maggiore responsabilità.

8. È necessario fare una netta distinzione fra i Mediterranei d'Europa (Occidentali) da una parte gli Orientali e gli Africani dall'altra. Sono perciò da considerarsi pericolose le teorie che sostengono l'origine africana di alcuni popoli europei e comprendono in una comune razza mediterranea anche le popolazioni semitiche e camitiche stabilendo relazioni e simpatie ideologiche assolutamente inammissibili.

9. Gli ebrei non appartengono alla razza italiana. Dei semiti che nel corso dei secoli sono approdati sul sacro suolo della nostra Patria nulla in generale è rimasto. Anche l'occupazione araba della Sicilia nulla ha lasciato all'infuori del ricordo di qualche nome; e del resto il processo di assimilazione fu sempre rapidissimo in Italia. Gli ebrei rappresentano l'unica popolazione che non si è mai assimilata in Italia perché essa è costituita da elementi razziali non europei, diversi in modo assoluto dagli elementi che hanno dato origine agli Italiani.

10. I caratteri fisici e psicologici puramente europei degli Italiani non devono essere alterati in nessun modo. L'unione è ammissibile solo nell'ambito delle razze europee, nel quale caso non si deve parlare di vero e proprio ibridismo, dato che queste razze appartengono ad un ceppo comune e differiscono solo per alcuni caratteri, mentre sono uguali per moltissimi altri. Il carattere puramente europeo degli Italiani viene alterato dall'incrocio con qualsiasi razza extra-europea e portatrice di una civiltà diversa dalla millenaria civiltà degli ariani.

nota:
(*) IL MANIFESTO DELLA RAZZA

(comunicato della segreteria politica del PNF del 25 luglio 1938)

Erano presenti i fascisti:



* On. Sabato Visco direttore dell'Istituto di Fisiologia generale dell'Università di Roma e direttore dell'Istituto nazionale di Biologia presso il Consiglio nazionale delle Ricerche
* Dott. Lino Businco, assistente di patologia generale all'Università di Roma
* Prof. Lidio Cipriani, incaricato di antropologia nell'Università di Firenze
* Prof. Arturo Donaggio direttore della clinica neuropsichiatrica dell'Università di Bologna, presidente della Società Italiana di psichiatria
* Dott. Leone Franzi assistente nella clinica pediatrica dell'Università di Milano
* Prof. Guido Londra assistente di Antropologia nell'Università di Roma
* Sen. Luigi Pende direttore dell'Istituto di Patologia speciale medica dell'Università di Roma
* Dott. Marcello Ricci assistente di Zoologia all'Università di Roma
* Prof. Franco Savorgnan ordinario di demografia nell'Università di Roma, presidente dell'Istituto centrale di statistica
* Prof. Edoardo Zavattari direttore dell'Istituto di Zoologia dell'Università di Roma.

Alla riunione ha partecipato il Ministro della Cultura Popolare Dino Alfieri.

Il Segretario del Partito Achille Starace ha elogiato la precisione e la concisione della tesi, e ha ricordato che il fascismo fa da sedici anni praticamente una politica razzista che consiste -attraverso l'azione delle istituzioni del Regime- nel realizzare un continuo miglioramento quantitativo e qualitativo della razza. Il segretario del Partito ha soggiunto che il duce parecchie volte -nei suoi scritti e discorsi- ha accennato alla razza italiana quale appartenente al gruppo cosiddetto degli indo-europei.

Con la creazione dell'impero, la razza italiana è venuta in contatto con altre razze; deve quindi guardarsi da ogni ibridismo e contaminazione.

Quanto agli ebrei, essi si considerano da millenni, dovunque e anche in Italia, come una razza diversa e superiore alle altre, ed è notorio che nonostante la politica tollerante del Regime gli ebrei hanno, in ogni nazione, costituito -coi loro uomini e coi loro mezzi- lo stato maggiore dell'antifascismo.

Il Segretario ha infine annunciato che l'attività principale degli istituti di cultura fascista nel prossimo anno, sarà l'elaborazione e diffusione dei principi fascisti in tema di razza, principi che hanno già sollevato tanto interesse in Italia e nel mondo.


"

Shalom!!!

Fecia di Cossato
25-07-03, 09:17
originally posted by rag. PierFrancesco:

... un altro documento storico che parla... da solo...

Il manifesto della razza [1938]

[da La difesa della razza, direttore Telesio Interlandi, anno I, numero 1, 5 agosto 1938, p. 1]...

cari amici
come sempre l'esposizione della mostruosa cultura storiografica del nostro esimio ragionier-moderator-cancellier si può dire che... parli da sola... :D :D

Unica insignificante postilla che posso aggiungere a questo fondamentale 'documento storico' [!!!... :rolleyes:] è una osservazione che certamente rientra nella sfera delle cosiddette 'banalità'...

Come giustamente rimarcato tale scritto è in effetti [al di là del titolo altamante 'altisonante' che farebbe pensare a chissà cosa...] un banalissimo articolo uscito sul primo numero della rivista di Teresio Intrelandi La difesa della razza. Che una certa 'storiografia' si valga di tal genere di 'documenti' [ossia di articoli usciti su riviste e giornali] sarebbe già abbastanza 'significativo' del suo livello di pretesa 'scientificità' [o per dirla con le parole del nostro... 'parlerebbe da sè' :rolleyes:...] . Affinchè tuttavia il quadro sia il più possibile completo per il gentile lettore aggiungerò di mio che i numeri pubblicati della sudetta rivista furono in tutto uno [quello riportato...], dopo il quale la rivista venne chiusa per l'insignificante interesse da essa destato nella pubblica opinione di allora...

cordiali saluti a tutti!...


--------------

http://utenti.lycos.it/luposabatini/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato

Pieffebi
25-07-03, 12:42
L'analfabetismo storiografico non è un delitto ne' un peccato, sennò il mio illustre e titolato [ i titoli meritati da lui li ometto per autocensura] contraddittore sarebbe all'ergastolo e non potrebbe certo sperare nella vita eterna e neppure nel Purgatorio. Si noti che l'articoletto di cui si parla fu pubblicato sotto l'egida del Ministero della Cultura Popolare del GOVERNO MUSSOLINI (Mussolini partecipò alla sua stesura e correzione) e presentato dal Segretario del P.N.F. ...che non era propriamente all'epoca un oscuro gruppuscolo di Opposizione al Regime. Ogni ulteriore commento sarebbe pertanto superfluo.
Aggiungo che la "rivistucola" di cui si tratta occasionò l'inizio della carriera giornalistica e politica di Giorgio Almirante, che più tardi definì tuttavia i razzisti degli idioti patentati [quindi anche il camerata Interlandi, il camerata Preziosi e i camerati nazionalsocialisti], ammettendo qualche errore di gioventù. Era intelligente e onesto intellettualmetne ...Giorgio Almirante.

Shalom!!!

ariel
25-07-03, 14:23
tuttavia anche i camerati Interlandi, Preziosi ed Almirante combattevano per un'Italia libera dalla minaccia comunista... che poi fossero anche un po' intolleranti sull'aspetto etnico, vabbe', non è poi cosi importante...

Pieffebi
25-07-03, 14:34
De Gustibus.....
L'anticomunismo non accompagnato dall'antitotalitarismo ....è come l'antifascismo disgiunto dall'anticomunismo....... una mezza verità e una mezza menzogna, un ibrido o un inganno.


Shalom

Fecia di Cossato
25-07-03, 15:16
cari amici
avendo già ampiamente trattato l'argomento in questione nel fortunato [e non ancora completato...] thread Gli italiani hanno pagato già da tempo, signor Fini!... [http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=24441], dove ho avuto cura di riportare i risultati di accurate indagini storiografiche supportate da imponente mole di documentazione, capirete bene che non ho intenzione di ribattere alle accuse di 'analfabetismo' rivolte al mio indirizzo da certi... studenti diplomatisi in leggero ritardo...

Dando a voi appuntamanto dul thread suindicato per approfondimenti dell'importante tema non basati su articoli [oltretutto sottoposti a manipolazioni] pubblicati su riviste da quattro soldi dell'epoca vorrei solo segnalarvi, per poter constatare che cosa differenzia seri lavori di analisi storiografica dalla pura e semplice diffusione di spazzatura, un importantissimo documento 'ufficiale' dell'epoca, vale a dire la Dichiarazione sulla razza , deliberata dal Gran Consiglio del Fascimo il 26 ottobre 1938. La versione integrale di tale documento può essere consultata agevolmente in http://www.lexlab.it/legislazione/Dichiarazione_razza.htm

... qui di seguito riporterò solamante due passi, uno all'inizio e uno qualsi alla fine, che da soli spiegano in modo del tutto completo i motivi che hanno portato a certi 'provvedimenti restrittivi' nei confronti della minoranza ebraica in Italia e le finalità che essi perseguivano. Da leggere con la massima attenzione...

Il Gran Consiglio del Fascismo ricorda che l'ebraismo mondiale, specie dopo l'abolizione della massoneria, è stato l'animatore dell'antifascismo in tutti i campi e che l'ebraismo estero o italiano fuoruscito è stato, in taluni periodi culminanti come nel 1924-25 e durante la guerra etiopica, unanimemente ostile al Fascismo.
L'immigrazione di elementi stranieri, accentuatasi fortemente dal 1933 in poi, ha peggiorato lo stato d'animo degli ebrei italiani nei confronti del Regime, non accettato sinceramente poiché antitetico a quella che è la psicologia, la politica, l'internazionalismo d'Israele.
Tutte le forze antifasciste fanno capo ad elementi ebrei. L'ebraismo mondiale è in Spagna dalla parte dei bolscevici di Barcellona...


... questa eventuale e le altre condizioni fatte agli ebrei potranno essere annullate o aggravate a seconda dell'atteggiamento che l'ebraismo assumerà nei riguardi dell'Italia fascista...


--------------

http://utenti.lycos.it/luposabatini/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato

Curioso
25-07-03, 15:31
Questo dibattito rafforza la mia convinzione che vietare la ricostituzione del Partito Fascista in Italia sia stata una condizione indispensabile per garantire la sopravvivenza della democrazia.....e lo è ancora.....che ne dici Pieffebi?

Fecia di Cossato
25-07-03, 15:51
originally posted by Curioso:

... questo dibattito rafforza la mia convinzione che vietare la ricostituzione del partito fascista in Italia sia stata una condizione indispensabile per garantire la sopravvivenza della democrazia... e lo è ancora... che ne dici Pieffebi?...

caro amico
in attesa di sentire l'autorevole [nonchè ovviamente indidacabile :rolleyes:...] opinione del moderatore mi permetterei di dire che la fondatezza tal genere di opinioni difficilmente può essere dimostrata. In altre parole in questo campo ognuno è libero di credere quello che preferisce e pertanto le discussioni sono necessariamante povere di contenuto.

Visto che ci siamo sarò comunque ben lieto di ribadire la mia personale convinzione che è la seguente...

... 'condizione indispensabile' per garantire la 'sopravvivenza della democrazia' da noi è stata, è, e sempre sarà tenere il più possibile i comunisti lontano dal potere... e a questo fine noi molto abbiamo fatto, stiamo facendo e continueremo a fare oggi, domani, sempre...

... stammi bene amico!...


--------------

http://utenti.lycos.it/luposabatini/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato

Pieffebi
25-07-03, 19:00
In origine postato da Fecia di Cossato
cari amici
avendo già ampiamente trattato l'argomento in questione nel fortunato [e non ancora completato...] thread Gli italiani hanno pagato già da tempo, signor Fini!... [http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=24441], dove ho avuto cura di riportare i risultati di accurate indagini storiografiche supportate da imponente mole di documentazione, capirete bene che non ho intenzione di ribattere alle accuse di 'analfabetismo' rivolte al mio indirizzo da certi... studenti diplomatisi in leggero ritardo...

Dando a voi appuntamanto dul thread suindicato per approfondimenti dell'importante tema non basati su articoli [oltretutto sottoposti a manipolazioni] pubblicati su riviste da quattro soldi dell'epoca vorrei solo segnalarvi, per poter constatare che cosa differenzia seri lavori di analisi storiografica dalla pura e semplice diffusione di spazzatura, un importantissimo documento 'ufficiale' dell'epoca, vale a dire la Dichiarazione sulla razza , deliberata dal Gran Consiglio del Fascimo il 26 ottobre 1938. La versione integrale di tale documento può essere consultata agevolmente in http://www.lexlab.it/legislazione/Dichiarazione_razza.htm...

... qui di seguito riporterò solamante due passi, uno all'inizio e uno qualsi alla fine, che da soli spiegano in modo del tutto completo i motivi che hanno portato a certi 'provvedimenti restrittivi' nei confronti della minoranza ebraica in Italia e le finalità che essi perseguivano. Da leggere con la massima attenzione...

Il Gran Consiglio del Fascismo ricorda che l'ebraismo mondiale, specie dopo l'abolizione della massoneria, è stato l'animatore dell'antifascismo in tutti i campi e che l'ebraismo estero o italiano fuoruscito è stato, in taluni periodi culminanti come nel 1924-25 e durante la guerra etiopica, unanimemente ostile al Fascismo.
L'immigrazione di elementi stranieri, accentuatasi fortemente dal 1933 in poi, ha peggiorato lo stato d'animo degli ebrei italiani nei confronti del Regime, non accettato sinceramente poiché antitetico a quella che è la psicologia, la politica, l'internazionalismo d'Israele.
Tutte le forze antifasciste fanno capo ad elementi ebrei. L'ebraismo mondiale è in Spagna dalla parte dei bolscevici di Barcellona...


... questa eventuale e le altre condizioni fatte agli ebrei potranno essere annullate o aggravate a seconda dell'atteggiamento che l'ebraismo assumerà nei riguardi dell'Italia fascista...


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http://utenti.lycos.it/luposabatini/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato


E' mia intenzione pubblicare in questo 3d svariati documenti, compreso, integralmente, quello presentato dal mio illustre contraddittore, che mettendo in contrapposizione la risoluzione del Gran Consiglio con il Manifesto della Razza ( titolo corretto " Il Fascismo e la questione della Razza"....come noto .... ispirato dal Duce) autocertifica definitivamente quanto, chi non è sprovveduto, avrà sicuramente capito da solo a riguardo, proprio dalla lettura del citato 3d, in cui si è contraddistino con giudizi squisitamente ridicoli nei confronti di storici del calibro di Hilberg (chiamato varie volte Hilbert, ossia con il nome del noto matematico sviluppatore della geometria euclidea...), De Felice, Sarfatti, Fischer, De Grand, Martin Clark, Lewis e tanti altri.....
E' del tutto evidente che l'accusa di antifascismo al presunto ebraismo internazionale fa parte integrante e sostanziale delle motivazioni delle persecuzioni antisemite fasciste, come è del resto parte integrante e sostanziale delle motivazioni del nazionalsocialismo , fino alla famosa profezia di Hitler, in cui il razzista genocida affermò che ....se il giudaismo internazionale fosse riuscito a trascinare in popoli europei in un'altra guerra mondiale, ne sarebbe discesa la conseguenza inevitabile e auspicabile della distruzione dell'ebraismo in Europa.
Dunque che l'antisemitismo fascista si sia alimentato di questi argomenti è fuori discussione, ed è del tutto evidente che i medesimi furono soprattutto evidenziati dalla propaganda fascista nel corso della campagna antisemita.
Gli stereotipi sul giudeo-bolscevismo ( di cui l'internazionale antifascista ebraica è una mera variante) sono comuni a nazismo, fascismo e altre destre radicali antisemite, come sanno i più.
Dunque fino a che si rimane su questo terreno non solo non si giunge ad alcun passo avanti nella comprensione del fenomeno della svolta antisemita del Fascismo italiano nel 1938 (giacchè detti elementi sono persino scontati...ma non decisivi), ma neppure si pongono in evidenza le concrete e vere, a volte enormi, differenze fra il razzismo integrale del nazionalsocialismo e quello strumentale, tardivo e solo in parte assimilato ideologicamente del Fascismo italico.
Ancor più lo stereotipo del ebraismo=antifascismo, del resto molto forzato e in parte falso proprio riguardo alla situazione italiana, è da intendere nel contesto di una irritazione che porta ad una rappresaglia o vendetta piuttosto che a misure preventive paragonabili a quelle intraprese da molte nazioni belligeranti rispetto ai propri cittadini di origine etnica della naziona nemica.

Shalom!!!!

Pieffebi
25-07-03, 19:17
Innanzi tutto, oggi lo sappiamo con grande sicurezza, che l'aver vietato la ricostruzione del partito fascista significa solo aver vietato che QUEL determinato partito fascista, responsabile politicamente e storicamente della sventura della Patria, potesse tornare a vivere "sotto qualsiasi forma" e non, come si sarebbe voluto da parte di molti, mettere al bando qualsiasi concezione politica qualificabile come fascista o similare che volesse organizzarsi politicamente. Questo è, per un liberale, essenziale.
In questi limiti quel provvedimento fu probabilmente necessario e inevitabile, anche se non certo, a mio avviso, indispensabile, se non, forse, transitoriamente.
La democrazia in Italia si è potuta sviluppare, soprattutto perchè, in un favorevole contesto internazionale, la grande maggioranza del popolo sovrano ha fatto scelte di grande saggezza, escludendo infine con determinazione ammirevole sia restaurazioni improbabili della dittatura fascista, sia lo scivolamento progressivo, tramite la transitoria "democrazia progressiva" e "popolare", verso la dittatura rossa del partito comunista, comunque mascherata (Fronti popolari antifascisti, Fronti patriottici...).

Saluti liberali

Curioso
25-07-03, 20:42
In origine postato da Fecia di Cossato


caro amico
in attesa di sentire l'autorevole [nonchè ovviamente indidacabile :rolleyes:...] opinione del moderatore mi permetterei di dire che la fondatezza tal genere di opinioni difficilmente può essere dimostrata. In altre parole in questo campo ognuno è libero di credere quello che preferisce e pertanto le discussioni sono necessariamante povere di contenuto.

Visto che ci siamo sarò comunque ben lieto di ribadire la mia personale convinzione che è la seguente...

... 'condizione indispensabile' per garantire la 'sopravvivenza della democrazia' da noi è stata, è, e sempre sarà tenere il più possibile i comunisti lontano dal potere... e a questo fine noi molto abbiamo fatto, stiamo facendo e continueremo a fare oggi, domani, sempre...

... stammi bene amico!...


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http://utenti.lycos.it/luposabatini/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato

Non vorrei deluderti, ma ti ricordo che i comunisti sono già stati al governo, dal 1996 al 2001, con il mandato popolare. Quindi la vostra azione non si è rivelata poi così efficace.

Inoltre, se questo governo continua ancora per un po' a non mantenere le promesse fatte in campagna elettorale, deludendo così una parte dei suoi stessi elettori, i comunisti torneranno presto al governo.

Con buona pace dei vostri sforzi......

Saluti.

Curioso
25-07-03, 20:56
In origine postato da Pieffebi
Innanzi tutto, oggi lo sappiamo con grande sicurezza, che l'aver vietato la ricostruzione del partito fascista significa solo aver vietato che QUEL determinato partito fascista, responsabile politicamente e storicamente della sventura della Patria, potesse tornare a vivere "sotto qualsiasi forma" e non, come si sarebbe voluto da parte di molti, mettere al bando qualsiasi concezione politica qualificabile come fascista o similare che volesse organizzarsi politicamente. Questo è, per un liberale, essenziale.
In questi limiti quel provvedimento fu probabilmente necessario e inevitabile, anche se non certo, a mio avviso, indispensabile, se non, forse, transitoriamente.
La democrazia in Italia si è potuta sviluppare, soprattutto perchè, in un favorevole contesto internazionale, la grande maggioranza del popolo sovrano ha fatto scelte di grande saggezza, escludendo infine con determinazione ammirevole sia restaurazioni improbabili della dittatura fascista, sia lo scivolamento progressivo, tramite la transitoria "democrazia progressiva" e "popolare", verso la dittatura rossa del partito comunista, comunque mascherata (Fronti popolari antifascisti, Fronti patriottici...).

Saluti liberali

Certo, certo, nessun divieto è tale da non poter essere aggirato. E poi conta quello che fu scritto, non quello che qualcuno avrebbe voluto scrivervi (e chi poi?).

Ma la constatazione sottintesa alla mia affermazione era lo sgomento di leggere che ancora oggi, a distanza di 60 anni, vi sono persone che non sembrano apprezzare minimamente il fatto di vivere in democrazia e sognano un regime che, pur avendo avuto 20 anni per dimostrare quanto valeva, ha storicamente e miseramente fallito: non ha fatto dell'Italia un paese più prospero, lo ha condotto ad una guerra disastrosa e ha sistematicamente represso qualsiasi forma di dissenso.

Quanto al partito comunista, le divisioni di allora furono determinate soprattutto dalla situazione internazionale: anche in Italia si confrontavano USA e URSS, per interposti DC e PCI.
Ma non dimentichiamo che questi due movimenti collaborarono alla edificazione della democrazia italiana.
Poi si può dire che Togliatti lo promosse per ordine di Mosca e per calcolo politico interno, anzichè per sincera convinzione.
Ma mi sembra che ciò sia fare un processo alle intenzioni. A meno che non esistano documenti inconfutabili che provano quanto ho appena detto e non ne esistano altri che lo mettono in dubbio.

Qui però spetta agli storici rispondere.
Diamo loro tempo......

yurj
25-07-03, 20:57
Curioso, ti dico solo che Fecia e' un fan di Pinochet...

Pfb, 'mazza che forbicine svelte.. non vai in vacanza? :D

Curioso
25-07-03, 21:16
Tornando verso l'argomento del thread, faccio una osservazione: in uno degli ultimi msg di Fecia di Cossato, si cita la vicinanza oggettiva dell'ebraismo internazionale dell'epoca al bolscevismo come giustificazione per la emanazione delle leggi razziali del 1938.
Testualmente, si dice che "Il Gran Consiglio del Fascismo ricorda che l'ebraismo mondiale, specie dopo l'abolizione della massoneria, è stato l'animatore dell'antifascismo in tutti i campi e che l'ebraismo estero o italiano fuoruscito è stato, in taluni periodi culminanti come nel 1924-25 e durante la guerra etiopica, unanimemente ostile al Fascismo.
L'immigrazione di elementi stranieri, accentuatasi fortemente dal 1933 in poi, ha peggiorato lo stato d'animo degli ebrei italiani nei confronti del Regime, non accettato sinceramente poiché antitetico a quella che è la psicologia, la politica, l'internazionalismo d'Israele.
Tutte le forze antifasciste fanno capo ad elementi ebrei. L'ebraismo mondiale è in Spagna dalla parte dei bolscevici di Barcellona..."


Non mi risulta minimamente che ciò fosse vero (me lo puoi confermare Pieffebi?), tuttavia ricordo di aver letto da qualche parte che nell'URSS di allora vi era una importante presenza di ebrei in posti chiave del governo sovietico. Ti risulta?
Se fosse vero, per quanto la citazione riportata da Fecia di Cossato non abbia probabilmente riscontro con la realtà, sarebbe tuttavia un fatto curioso.....

Pieffebi
25-07-03, 21:29
In origine postato da Curioso
Certo, certo, nessun divieto è tale da non poter essere aggirato. E poi conta quello che fu scritto, non quello che qualcuno avrebbe voluto scrivervi (e chi poi?).

Ma la constatazione sottintesa alla mia affermazione era lo sgomento di leggere che ancora oggi, a distanza di 60 anni, vi sono persone che non sembrano apprezzare minimamente il fatto di vivere in democrazia e sognano un regime che, pur avendo avuto 20 anni per dimostrare quanto valeva, ha storicamente e miseramente fallito: non ha fatto dell'Italia un paese più prospero, lo ha condotto ad una guerra disastrosa e ha sistematicamente represso qualsiasi forma di dissenso.

Quanto al partito comunista, le divisioni di allora furono determinate soprattutto dalla situazione internazionale: anche in Italia si confrontavano USA e URSS, per interposti DC e PCI.
Ma non dimentichiamo che questi due movimenti collaborarono alla edificazione della democrazia italiana.
Poi si può dire che Togliatti lo promosse per ordine di Mosca e per calcolo politico interno, anzichè per sincera convinzione.
Ma mi sembra che ciò sia fare un processo alle intenzioni. A meno che non esistano documenti inconfutabili che provano quanto ho appena detto e non ne esistano altri che lo mettono in dubbio.

Qui però spetta agli storici rispondere.
Diamo loro tempo......


Il PCI si trovò suo malgrado nel mondo libero, capitalistico, democratico....e dovette agire a servizio dell'URSS, ossia della potenza totalitaria avversaria dell'occidente, portatrice del Verbo marxista-leninista, IN TALE CONTESTO e con rapporti di forza complessivamente sfavorevoli. Seppe farlo. La divisione internazionale e la divisione ideologica, seppure in modo dialettico e dinamico e con oscillazioni determinate dall'asprezza del conflitto, coincidevano con la divisione fra totalitarismo marxista-leninista e mondo libero.
Il fascismo fu sconfitto da un'alleanza forzata e innaturale fra demcrazie liberali e totalitarismo criminale comunista (nella sua fase peggiore, quella staliniana), e anche quell'alleanza dettò il fronte antifascista nella provincia italica. Come la democrazia si alleò con il comunismo per battere il fascismo, così avrebbe potuto essere (e in determinati episodi fu) il contrario.
Lo strabismo nel giudizio fra i due totalitarismi ha diverse ragioni, ma la fondamentale risiede nel pregiudizio favorevole verso il comunismo IN QUANTO alleato delle democrazie contro Hitler nella seconda guerra mondiale e nelle resistenze. Questo pregiudizio non ha più ragione di sussistere e va riportato all'esatta valutazione storica di ciascun totalitarismo nelle sue affinità e nella sua contrapposizione con l'altro e con il mondo del capitalismo democratico in evoluzione.

Saluti liberali

Pieffebi
25-07-03, 21:41
In origine postato da Curioso
Tornando verso l'argomento del thread, faccio una osservazione: in uno degli ultimi msg di Fecia di Cossato, si cita la vicinanza oggettiva dell'ebraismo internazionale dell'epoca al bolscevismo come giustificazione per la emanazione delle leggi razziali del 1938.
Testualmente, si dice che "Il Gran Consiglio del Fascismo ricorda che l'ebraismo mondiale, specie dopo l'abolizione della massoneria, è stato l'animatore dell'antifascismo in tutti i campi e che l'ebraismo estero o italiano fuoruscito è stato, in taluni periodi culminanti come nel 1924-25 e durante la guerra etiopica, unanimemente ostile al Fascismo.
L'immigrazione di elementi stranieri, accentuatasi fortemente dal 1933 in poi, ha peggiorato lo stato d'animo degli ebrei italiani nei confronti del Regime, non accettato sinceramente poiché antitetico a quella che è la psicologia, la politica, l'internazionalismo d'Israele.
Tutte le forze antifasciste fanno capo ad elementi ebrei. L'ebraismo mondiale è in Spagna dalla parte dei bolscevici di Barcellona..."


Non mi risulta minimamente che ciò fosse vero (me lo puoi confermare Pieffebi?), tuttavia ricordo di aver letto da qualche parte che nell'URSS di allora vi era una importante presenza di ebrei in posti chiave del governo sovietico. Ti risulta?
Se fosse vero, per quanto la citazione riportata da Fecia di Cossato non abbia probabilmente riscontro con la realtà, sarebbe tuttavia un fatto curioso.....


Sicuramente una parte notevole dei massimi dirigenti bolscevichi che guidarono la rivoluzione d'ottobre era di origini ebraiche. Ma tutti i dirigenti bolscevichi più influenti erano ebrei solo per modo di dire: erano atei (quindi non professavano la religione dei padri) erano di cultura russa occidentalizzata (ignoravano la cultura ebraica o quasi), avevano rotto con la loro comunità di appartenenza, erano in aspro conflitto tanto con i socialisti ebrei (il famoso BUND) che con il sionismo (ritenuto un'ideologia reazionaria nazionalista e piccolo borghese ). Oggi sappiamo che persino Lenin, era per metà di origini ebraiche, come ebrei erano per origini senz'altro Trotzky, Kamenev, Zinoviev, Sverdlov, Joffe e tanti altri. Progressivamente in epoca staliniana gli ebrei dirigenti del partito diminuirono di numero e di influenza, fino che in pratica rimase solo il Kaganovic, criminale complice di Stalin (di sentimenti antisemiti) ai massimi vertici del partito, con pochi altri. Contro gli ebrei Stalin scatenò varie epurazioni, fino alle persecuzioni finali, che portarono, tra l'altro, alla liquidazione del Comitato Antifascista Ebraico dell'URSS e alla liquidazione fisica dei suoi massimi rappresentanti .
Rigurado al fatto che molti ebrei nel mondo fossero antifascisti, considerato che la massima parte dei movimenti fascistoidi e nazistoidi, ad eccezione di quello italiano, fino al 1937/38, erano violentemente antisemiti......mi pare naturale. Come è naturale che i neri americani e no sarebbero stati avversi ad un ipotetico governo dei KKK negli USA.
Ci sono però importanti eccezioni, proprio fra l'estrema destra del movimento sionista (molto variegato), seppur minoritaria, che simpatizzava proprio per i nazionalismi radicali europei coevi, fascismo e persino nazismo compresi.
Sulla situazione italiana proporrò dei post appositi, alla lettura dei quali ti rimando.

Saluti liberali

Curioso
26-07-03, 11:55
In origine postato da Pieffebi
Il PCI si trovò suo malgrado nel mondo libero, capitalistico, democratico....e dovette agire a servizio dell'URSS, ossia della potenza totalitaria avversaria dell'occidente, portatrice del Verbo marxista-leninista, IN TALE CONTESTO e con rapporti di forza complessivamente sfavorevoli. Seppe farlo. La divisione internazionale e la divisione ideologica, seppure in modo dialettico e dinamico e con oscillazioni determinate dall'asprezza del conflitto, coincidevano con la divisione fra totalitarismo marxista-leninista e mondo libero.
Il fascismo fu sconfitto da un'alleanza forzata e innaturale fra demcrazie liberali e totalitarismo criminale comunista (nella sua fase peggiore, quella staliniana), e anche quell'alleanza dettò il fronte antifascista nella provincia italica. Come la democrazia si alleò con il comunismo per battere il fascismo, così avrebbe potuto essere (e in determinati episodi fu) il contrario.
Lo strabismo nel giudizio fra i due totalitarismi ha diverse ragioni, ma la fondamentale risiede nel pregiudizio favorevole verso il comunismo IN QUANTO alleato delle democrazie contro Hitler nella seconda guerra mondiale e nelle resistenze. Questo pregiudizio non ha più ragione di sussistere e va riportato all'esatta valutazione storica di ciascun totalitarismo nelle sue affinità e nella sua contrapposizione con l'altro e con il mondo del capitalismo democratico in evoluzione.

Saluti liberali

Lo strabismo di cui parli ha anche altre ragioni: l'URSS era lontana, noi abbiamo conosciuto il fascismo, la guerra, la democrazia, nata come sappiamo.
In ogni caso, credo sia stato meglio che ne 1948 abbia vinto la DC. Altrimenti, credo che gli USA non avrebbero permesso un governo di sinistra, per di più alleato dell'URSS, e si sarebbe rischiata un guerra civile, del tipo di quella che avvenne in Grecia negli stessi anni.
Le lacerazioni che ne sarebbero derivate avrebbero condizionato seriamente lo sviluppo democratico ed economico del nostro paese (sarà un caso, non legato agli avvenimenti dell'immediato dopoguerra, ma in Grecia nel 1968 ci fu un colpo di stato).
Tutto sommato, voglio dire, ci è andata bene, abbiamo avuto solo due tentativi falliti di colpo di stato (1964, 1970), un buon sviluppo economico, un paese comunque con una buona dialettica democratica, che ora può migliorare ancora. I meriti storici della DC (ma anche del PCI, suo "duale" all'opposizione) vanno riconosciuti.

Abbiamo pagato però un prezzo alla "democrazia bloccata": la corruzione, l'inefficienza dell'apparato statale.
E' ora di porvi seriamente rimedio. Ad esempio, il Centrosinistra ha approvato la riforma Bassanini della pubblica amministrazione. Ora va attuata compiutamente ed eventualmente completata.

E qui mi fermo, se no vado ancora più fuori tema. Meglio rimandare una ulteriore discussione ad un thread apposito.

Pieffebi
26-07-03, 19:22
In origine postato da Curioso
Lo strabismo di cui parli ha anche altre ragioni: l'URSS era lontana, noi abbiamo conosciuto il fascismo, la guerra, la democrazia, nata come sappiamo.
In ogni caso, credo sia stato meglio che ne 1948 abbia vinto la DC. Altrimenti, credo che gli USA non avrebbero permesso un governo di sinistra, per di più alleato dell'URSS, e si sarebbe rischiata un guerra civile, del tipo di quella che avvenne in Grecia negli stessi anni.
Le lacerazioni che ne sarebbero derivate avrebbero condizionato seriamente lo sviluppo democratico ed economico del nostro paese (sarà un caso, non legato agli avvenimenti dell'immediato dopoguerra, ma in Grecia nel 1968 ci fu un colpo di stato).
Tutto sommato, voglio dire, ci è andata bene, abbiamo avuto solo due tentativi falliti di colpo di stato (1964, 1970), un buon sviluppo economico, un paese comunque con una buona dialettica democratica, che ora può migliorare ancora. I meriti storici della DC (ma anche del PCI, suo "duale" all'opposizione) vanno riconosciuti.

Abbiamo pagato però un prezzo alla "democrazia bloccata": la corruzione, l'inefficienza dell'apparato statale.
E' ora di porvi seriamente rimedio. Ad esempio, il Centrosinistra ha approvato la riforma Bassanini della pubblica amministrazione. Ora va attuata compiutamente ed eventualmente completata.

E qui mi fermo, se no vado ancora più fuori tema. Meglio rimandare una ulteriore discussione ad un thread apposito.

Il PCI era al servizio di Mosca, è stato un bene che nel 1948 abbia vinto la DC, non per eventuali interferenze di una potenza democratica a protezione dell'Occidente, ma per il certo scivolamento, con o senza guerra civile, di un Italia diretta dalle sinistre filo-sovietiche, verso forme di "democrazia" sempre più simili a quelle dell'est. Dove la sinistra in Occidente è stata rappresentata da forze socialiste democratiche, riformiste e laburiste non c'è stata alcuna democrazia bloccata. come è noto. La responsabilità di questa situazione è quindi per la quasi totalità del PCI e, nella prima fase del dopoguerra, anche del PSI frontista.

Saluti liberali

Pieffebi
26-07-03, 19:28
Riguardo alla situazione italiana è noto che la comunità ebraica, piccola e concentrata soprattutto in alcune aree del Paese, quasi del tutto assente, ad esempio, dal Mezzogiorno, era tra le più integrate del mondo. Gli ebrei viventi in Italia (ormai... da millenni) diventarono italiani simultaneamente al resto della popolazione della penisola, e in quanto prevalentemente facenti parte del ceto piccolo o medio borghese urbano, con una rapidità ben superiore alla media. Ed è per questa ragione che la comunità ebraica ebbe un peso ben superiore alla sua consistenza numerica nel processo di unità nazionale e di edificazione dell'Italia come nazione libera e moderna. Gli ebrei d'Italia furono sin dapprincipio pertanto, essenzialmente, cittadini italiani di fede ebraica (spesso secolarizzata). Come ex gruppo discriminato e del tutto ovvio che gli ebrei italiani, come quelli di altri paesi, fossero particolarmente sensibili alle tematiche dei diritti civili e politici, della laicità dello Stato, della giustizia sociale, e non c'è certo da stupirsi se molti furono gli ebrei che animarono i movimenti democratici, liberali, socialisti della penisola, dando un loro contributo culturale alla loro crescita politica. Un grande sindaco di Roma, Ernesto Nathan, fu Gran Maestro della Massoneria negli anni a cavallo fra i due secoli e poi sul finire della Grande Guerra e poco oltre. Caludio Treves e Giacomo Emilio Modigliani furono tra i principali esponenti del socialismo riformista italiano, come grandi uomini politici liberali furono gli ebrei italiani Luigi Luzzati, Giuseppe Ottolenghi, Lodovico Mortara. Questo per ricordare soltanto alcuni nomi illustri fra gli ebrei italiani protagonisti della vita politica e civile della Nazione negli anni immediatamente precedenti la nascita e l'avvento del Fascismo.
Ed è da sottolineare che proprio sulla base dei censimenti razzisti disposti nel 1938 dalle autorità del Regime Fascista, sappiamo che gli ebrei iscritti ai Fasci in data antecedente alla Marcia su Roma del 28 ottobre 1922 erano esattamente 590, ossia circa il 23 per mille dei poco più dei 250.000 iscritti al PNF dell'estate del 1922 (Gli ebrei erano circa l'11 per mille della popolazione italiana). Oltre a questi vi erano anche cristiani di origini ebraiche come Aldo Finzi, squadrista e sottosegretario all'Interno dall'ottobre 1922 e il giugno 1924, o ebrei poi convertiti al cattolicesimo come la famosa biografa e amante del Duce, la signora Margherita Grassini Sarfatti.
Anche tra i fondatori del Fascismo, i famosi sansepolcristi del 1919, ci furono almeno cinque ebrei, uno dei quali, Cesare Goldmann, fu quello che mise a disposizione la sala a Benito Mussolini e ai suoi, per la manifestazione. Tre sono gli ebrei che figurano fra i "martiri" ufficiali della Rivoluzione Fascista: Duilio Sinigaglia, Gino Bolaffi, Bruno Mondolfo. Mentre gli ebrei partecipanti alla Marcia furono 230, questo quanto meno sulla base dei brevetti poi ufficialmente rilasciati dal Regime.
Nel primo gabinetto Mussolini entrò anche un amico fervido degli ebrei e del sionismo, tal Colonna di Cesarò che era stato il presidente della "Pro-Israele". Più tardi, negli anni trenta, Mussolini volle un ebreo al ministero delle Finanze.
Detto in estrema sintesi tutto ciò, resta però senz'altro vero che, come ricordò a suo tempo il Piero Treves, in quell'epoca : " gli ebrei antifascisti erano, rispetto agli ebrei fascisti o filo-fascisti, in una proporzione di molto superiore alla media nazionale ", tanto che tra i firmatari del" manifesto degli intellettuali antifascisti" del 1925, promosso dal liberale, dapprincipio tutt'altro che ostile al governo Mussolini, Benedetto Croce, gli ebrei o le persone di origini ebraiche erano ialmeno il 10% del totale.
Come ha scritto lo storico Michele Sarfatti : " In estrema sintesi si può osservare che gli ebrei italiani erano fascisti come gli altri italiani, più antifascisti degli altri italiani ". Uomini come i fratelli Rosselli, Treves , Modigliani o Terracini, come ricordano lo stesso Sarfatti o il De Felice, erano certo esponenti di spicco dell'antifascismo, ma ciò non aveva , in senso stretto, nulla a che fare con il loro ebraismo o le loro origini ebraiche (del resto il sostenere una correlazione in questo senso presupporrebbe un ragionamento di determinismo razziale e razzista).
Altrettanto vero è che questo dato era occasione, nella stampa fascista o fiancheggiatrice del Regime, di periodici attacchi velenosi contro il "giudaismo massonico" o contro "l'ebraismo social-comunista".
Il quotidiano "Il Lavoro d'Italia" definì l'ebraismo (siamo agli albori dell'anno 1928), come " l'ultima trincea dell'antifascismo ". L'atteggiamento fascista era tuttavia oscillante e variegato, e se comprendeva già taluni elementi apertamente antisemiti, come Preziosi o Farinacci e poi Interlandi, non mancavano voci di tutt'altro genere. Quello che però era comune pressochè a tutti i fascisti, di tutte le tendenze, ivi compresi i fascisti di religione ebraica, era l'avversione a quel “nazionalismo concorrente”, e per di più in maggioranza liberale, rappresentato dal Sionismo. Mussolini tuttavia, opportunista e pragmatico, se da un lato osteggiava il sionismo sul piano ideologico (affermava che gli ebrei non potevano certo pretendere di conservare due Patrie, di cui una, fino ad allora, solo immaginaria), dall'altro cercò, per un certo tempo, di utilizzarlo, soprattutto nella corrente "revisionista" anti-britannica, in funzione delle proprie mire espansioniste nel Mediterraneo (il Mare Nostrum), sulle cui rive orientali si affacciava la Palestina.
Le adesioni di ebrei italiani al fascismo crebbero notevolmente durante gli anni di consolidamento del Regime, in particolare fra il 29 ottobre 1928 e il 28 ottobre 1932 furono quasi 5mila gli italiani di religione o cultura israelita che aderirono al Partito.
Nell'estate del 1932, durante i suoi celeberrimi colloqui con Emil Ludwig, Benito Mussolini aveva del resto conannato senza riserve ogni razzismo antisemita come "stupidaggine" ed aveva attestato con forza quanto segue: " L'antisemitismo non esiste in Italia.. Gli ebrei italiani si sono sempre comportati bene come cittadini, e come soldati si sono battuti coraggiosamente ". Ma l'anarchico Camillo Berneri dal suo esilio argentino annòtò, più tardi (primi anni trenta), a margine di dette parole del Duce : “ Se l'antisemitismo diventasse necessario alle necessità del fascismo italiano, Mussolini, peggio di Machiavelli, seguirebbe Gobineau, Chamberlein e Woltmann e parlerebbe, anche lui, di razza pura “.
continua.....

Pieffebi
26-07-03, 19:30
continuazione....

Nella primavera del 1934, dopo che il Fascismo aveva riformato l'organizzazione delle Comunità ebraiche, d'intesa con le medesime, dandole l'assetto giuridico e organizzativo che, grosso modo, conserva tutt'ora, alcuni ebrei italiani aderenti al Fascismo, diedero vita a un giornale, pubblicato a Torino, intitolato “ La Nostra Bandiera ”, che doveva costituire il punto di riferimento per gli ebrei più conseguentemente e intransigentemente fascisti.
I Bandieristi avevano l'ambizione di porsi alla testa delle Comunità e professavano una dura opposizione al sionismo ( “ La ricostruzione di una Nazione ebraica in Palestina è un anacronismo storico e un artificio che deve essere combattuto ” , scriveva il giornale di Ettore Ovazza , il 01 maggio del 1934), alle stesse organizzazioni ebraiche internazionali e ad ogni tentativo del rabbinato di svolgere attività extracultuali, soprattutto di interferenza con la sfera politica.
La corrente bandierista, capeggiata appunto dal banchiere ed ex squadrista piemontese Ettore Ovazza, dal nuovo presidente della Comunità ebraica torinese Guido Liuzzi, e dal nuovo presidente della comunità livornese, Dario Nunes Franco, entrò nel 1935 con questi tre suoi prestigiosi rappresentanti nel Consiglio Nazionale dell'Unione delle Comunità Israelitiche italiane, per iniziativa del rabbino capo di Roma (e dirigente della stessa Unione), Angelo Sacerdoti.
Se i Bandieristi erano ben più degli altri ebrei fedeli al Regime, agli ideali del Partito Fascista e al suo Duce, almeno quanto gli altri ebrei erano, come dovrebbe risultare naturale e logico, avversari estremi del NazionalSocialismo tedesco, del suo antisemitismo radicale, e quindi, potenzialmente, di ogni politica di serio avvicinamento politico fra l'Italia Fascista e la Germania NazionalSocialista. Nella misura in cui Mussolini, ad un certo punto, decise di legare strategicamente le sorti d'Italia a quelle della Germania Nazista, pare del tutto evidente come, in considerazione del suo cinismo opportunistico e del suo pragmatismo, non potesse esitare a sacrificare colpevolmente questi fascisti, che rappresentavano, verso l'alleato tedesco, una permanente fonte di imbarazzo e una possibile ragione di contese future.
Non va dimenticato che durante tutta una prima fase i rapporti fra i due regimi non furono propriamente idilliaci, anche se non mancarono contatti e rapporti e reciproche influenze. In particolare Hitler considerava da sempre quello di Mussolini come una sorta di modello al quale fare in qualche modo riferimento, seppure con i dovuti aggiustamenti.
La politica razziale del NazionalSocialismo fu però considerata per diversi anni, dalla grandissima parte dei fascisti e dallo stesso Duce, con “sovrana pietà” quando non con “sovrano disprezzo”, e in quelle fase molti ebrei tedeschi emigrarono nel nostro Paese, dove furono inizialmente accolti e trovarono dunque rifugio.
Gli ebrei italiani si entusiasmarono come i loro connazionali non ebrei per l'impresa di Etiopia, alla quale parteciparono a centinaia come volontari. Non mancarono neppure ebrei italiani, seppur in proporzioni inferiori, anche fra le camicie nere e i soldati che combatterono in Spagna contro “i rossi”. Uno di questi, Alberto Liuzzi, caduto in battaglia, ricevette la medaglia d'oro al valor militare, mentre il tenente colonnello Giorgio Morpurgo, ebreo fascista, colto in Spagna dalle leggi razziali che gli imponevano di rimpatriare e di lasciare l'esercito, uscì da solo verso le postazioni repubblicane offrendo il suo petto al fuoco nemico, sotto il quale cadde).
Fu comunque durante l'isolamento internazionale dell'Italia conseguente all'impresa d'Abissinia e poi alla guerra di Spagna che si moltiplicarono sulla stampa fascista attacchi sempre più virulenti al giudaismo internazionale. Dino Grandi, ambasciatore di Mussolini a Londra, confidò al Financial Time, in un'intervista del 1936, che “ l'ebraismo mondiale fa un pessimo affare schierandosi coll'antifascismo sanzionista conto l'unico Paese d'Europa che non pratica ne' predica, almeno finora, l'antisemitismo “. Mussolini, che in fondo credeva all'esistenza di un'Alta Finanza ebraica e di un potere internazionale ebraico, rimase molto deluso, in effetti, dal fallimento della missione da lui affidata ad esponenti dell'ebraismo italiano, affinchè inducessero un allentamento della morsa internazionale stretta contro l'Italia Fascista, a seguito della decisione della Società delle Nazioni di applicare le sanzioni.
Durante quegli anni gli inviti della stampa italiana agli ebrei d'Italia, affinchè rompessero ogni rapporto con “L'internazionale ebraica, massonica, sovversiva, antifascista....” si intervallavano con attacchi diretti contro l'ebraismo da parte delle fazioni da sempre antisemite del fascismo, alle quali sempre più erano ora sciolte le briglia.
Così gli ebrei italiani doveva no ormai dimostrare ogni giorno, con prove sempre più evidenti, di essere prima italiani e poi ebrei, e gli ebrei fascisti soprattutto, erano invitati a dare prova evidente del proprio essere prima fascisti e italiani e solo in ultima istanza se non incidentalmente cittadini di religione ebraica.
La guerra d'Etiopia e le sanzioni, favorirono l'avvicinamento dell'Italia alla Germania, ed ad un certo punto le due potenze “totalitarie” e “antibolsceviche” si trovarono a combattere fianco a fianco in Spagna.
Disposizioni burocratiche del governo fascista impedirono quindi a funzionari o diplomatici ebrei di svolgere missioni in Germania, al fine di evitare qualsiasi ragione di diretto imbarazzo fra i due regimi.
Adolf Hitler nel suo diario, fin dal 1927, aveva annotato che in fondo l'Italia Fascista combatteva il giudaismo internazionale nella misura in cui si contrapponeva alla Massoneria e alla Plutocrazia internazionale e lottava contro il Bolscevismo. Le divergenze in materia di politica razziale fra i due regimi dovevano essere comunque superate o attenuate se si voleva mostrare al mondo intero la solidità della nuova alleana che stava sorgendo fra Hitler e Mussolini. E verso quella direzione si volse il Fascismo, alla prese con le questioni della razza anche in conseguenza della conquista dell'Impero, nell'intento di contenere fenomeni ritenuti sempre più contaminanti della stirpe italiana, come il meticciato.
L'opposizione degli ebrei fascisti alla politica NazionalSocialista, in quanto violentemente antisemita, non poteva dunque, per Mussolini, che dimostrare che costoro anteponevano i propri interessi particolari di appartenenti alla religione e cultura ebraica agli interessi del Partito e della Patria. Erano senz'altro Fascisti, ma non abbastanza, non tanto quanto si consideravano ebrei.
Eppure le leggi razziali determinarono l'abiura, spesso ma non sempre per opportunismo, di non pochi di costoro dalla fede ebraica e dall'appartenenza alla Comunità. Ciò non valse sempre loro la sicurezza dell'esenzione dalle misure persecutorie, previste dalla legislazione antisemita, ne' sempre servì a salvare loro la vita durante i tragici anni della Repubblica Sociale e dell'occupazione nazista.
Nel momento in cui furono varate le leggi razziali di Mussolini, gli ebrei italiani iscritti al Partito Fascista erano circa 6.900. Ossia il 27% degli ebrei italiani maggiorenni, e circa il 26 per mille del totale degli iscritti del PNF.

Saluti liberali e...........Shalom!!!


Bibliografia essenziale :

Michele Sarfatti : “ Gli Ebrei nell'Italia Fascista” - 2000.
Renzo De Felice : “ Storia degli Ebrei italiani sotto il Fascismo” - edizione riveduta e ampliata del 1993 (I edizione 1961); dello stesso autore si veda anche la monumentale biografia di “Mussolini” - opera di tutta la sua vita.
Alberto Burgio (a cura di) : “ Nel Nome della Razza – il razzismo nella storia d'Italia 1870-1945” - 1997
Gina Formiggini : “Stella d'Italia – Stella di David – gli ebrei dal Risorgimento alla Resistenza” - 1970
Maurizio Ghiretti : “Storia dell'antigiudaismo e dell'antisemitismo” - 2002
Bernard Lewis : “Semiti e Antisemiti – indagine su un conflitto e un pregiudizio” - 1986
Antonio Spinosa: “Mussolini razzista riluttante” - da articoli del 1952/53 – introduzione e nuova edizione: 2000
Emilio Gentile : “Fascismo – storia e interpretazione” - 2002
Wolfang Schieder : “Fascismo e Nazionalsocialismo nei primi anni Trenta” in AA.VV. “Il Regime Fascista” - 1995
Angelo Del Boca : “Le leggi razziali nell'Impero di Mussolini” in AA.VV. “Il Regime Fascista” - 1995

27-07-03, 21:24
PREGIUDIZIO E PROPAGANDA

LA SATIRA RAZZISTA



Gennaio 1937; i direttori dei sei giornali umoristici più importanti sono convocati al Ministero per la Stampa e la Propaganda per ricevere una serie di istruzioni, tra le quali: "La stampa umoristica può e deve combattere l'ibridismo di razza facendo apparire come inferiori fisicamente e moralmente le razze di colore (per esempio mettendo in rilievo la bruttezza delle negre, la distanza che separa in fatto di civiltà i bianchi dai neri, etc.)". Agli occhi del regime, anche la satira aveva il suo ruolo nel modellare l'opinione pubblica.

Consideriamo il pregiudizio razziale "un atteggiamento, una disposizione affettivo/immaginaria, legata a stereotipi etnici che si spaccia come 'opinione e credenza'". Questa definizione implica una mancanza di consapevolezza o di motivazione ideologica da parte del soggetto, e può essere applicata ad alcuni creatori di disegni razzisti. Probabilmente i tanti disegnatori di 'cannibali' si collocano in questa categoria, agendo inconsciamente e senza odio, sfruttando quello che appariva un semplice ed efficace meccanismo per far ridere.

La maggior parte del materiale esposto, però, ha subito un ulteriore passaggio. Gli stereotipi, i pregiudizi, i luoghi comuni sono estratti, amalgamati, manipolati e presentati al pubblico non solo con lo scopo di divertire ma anche per promuovere una specifica e negativa immagine degli ebrei o degli africani. Questo processo può essere un riflesso di un clima politico o stato di guerra, oppure una risposta ad un comando ministeriale come quello citato. In questi casi pregiudizio e propaganda si intrecciano, uno è il servo dell'altro; anche la propaganda più bieca gioca sui pregiudizi del suo pubblico, che gli permettono di 'decodificare' e capire il suo messaggio, che a sua volta rinforza quegli stessi pregiudizi 'di base'.

Nonostante il fatto che i giornali umoristici costituiscano il vero nucleo del settore, abbiamo deciso di aprirlo con una vignetta presa dal giornale universitario Libro e Moschetto, al fine di sensibilizzare il pubblico alle fortissime potenzialità distruttive del medium, affinché la possibile risata provocata dal materiale che segue non sia inconsapevole e spensierata ma accompagnata da un brivido di inquietudine.



I FUMETTI



In questa sezione abbiamo raccolto fumetti razzisti e antisemiti provenienti da quattro importanti periodici per ragazzi. Il materiale è eterogeneo e include sia i fumetti 'veri e propri' (che hanno un 'balloon' dialogante all'americana) sia quelli 'all'italiana' che hanno una didascalia (spesso a strofette verseggianti) sotto i disegni.

Secondo lo stereotipo, l'ebreo, 'ingannatore e furbo' agisce attraverso l'intelligenza; mentre invece il nero, essendo 'privo di intelletto' ma in compenso dotato di muscoli, agisce attraverso la fisicità e se lasciato a se stesso 'spreca' e 'perverte' queste forze in dimostrazione di 'brutalità primitiva', invece se tutelato dal 'buon fascista bianco', le sue energie sono canalizzate in un modo 'soddisfacente' sia per il padrone che per il servo. Un'intrigante e insolita alternativa a questi schemi è lo scenario del 'nero servo dell'ebreo' dove 'forza muscolare' e 'macchinazioni diaboliche' si intrecciano in un'inquietante convergenza di due radicatissimi luoghi comuni.

Nei fumetti il modo di manifestarsi dell'antisemitismo, varia sensibilmente secondo l'età del presunto fruitore: ai bambini piccoli vengono presentate brevi storie comiche centrate attorno a pochi personaggi; mentre i loro fratelli maggiori divorano complicatissimi racconti d'avventura che possono durare anche otto o nove mesi a puntate settimanali. Nella struttura c'è sempre un 'buono' e un 'cattivo' e l'antisemitismo di solito consiste nella semplice introduzione dell'ebreo, fortemente caratterizzato se non caricaturizzato, in questo schema nel ruolo negativo. Nei fumetti comici invece, la necessità di un'estrema semplificazione, dovuta all'età ridotta dei lettori, fa si che l'antisemitismo non sia un elemento all'interno di una complessa struttura già preesistente, ma costituisca il fulcro narrativo della storia costruita su di lui. I due sono generi diversi, e se la figura dell'ebreo emerge in maniera differente non è perché uno sia più o meno antisemita dell'altro, ma significa soltanto che ognuno ha una sua logica interna: nel fumetto d'avventura c'è spazio sia per il negativo che per il positivo; mentre in quello comico il negativo può essere la figura centrale caricata di ridicolo.






http://www.ibc.regione.emilia-romagna.it/soprintendenza/menzogna/Pregiudizio_file/Image2.gif

Fecia di Cossato
28-07-03, 00:45
originally posted by Curioso:

… tornando verso l'argomento del thread faccio una osservazione. In uno degli ultimi msg di Fecia di Cossato si cita la vicinanza oggettiva dell'ebraismo internazionale dell'epoca al bolscevismo come giustificazione per la emanazione delle leggi razziali del 1938.
Testualmente, si dice che ‘Il Gran Consiglio del Fascismo ricorda che l'ebraismo mondiale, specie dopo l'abolizione della massoneria, è stato l'animatore dell'antifascismo in tutti i campi e che l'ebraismo estero o italiano fuoruscito è stato, in taluni periodi culminanti come nel 1924-25 e durante la guerra etiopica, unanimemente ostile al Fascismo.
L'immigrazione di elementi stranieri, accentuatasi fortemente dal 1933 in poi, ha peggiorato lo stato d'animo degli ebrei italiani nei confronti del Regime, non accettato sinceramente poiché antitetico a quella che è la psicologia, la politica, l'internazionalismo d'Israele.
Tutte le forze antifasciste fanno capo ad elementi ebrei. L'ebraismo mondiale è in Spagna dalla parte dei bolscevici di Barcellona...’

… non mi risulta minimamente che ciò fosse vero [me lo puoi confermare Pieffebi?…], tuttavia ricordo di aver letto da qualche parte che nell'URSS di allora vi era una importante presenza di ebrei in posti chiave del governo sovietico. Ti risulta?…
Se fosse vero, per quanto la citazione riportata da Fecia di Cossato non abbia probabilmente riscontro con la realtà, sarebbe tuttavia un fatto curioso...

caro amico
se solo avessi tra i tuoi strumenti di lavoro qualcosa che vagamente somigli al cervello avresti facilmente realizzato che nella delibera del Gran Consiglio del Fascismo da te riportata non si accenna minimamente al bolscevismo sovietico. In effetti si citano due elementi ben precisi che un bambino della prima elementare è perfettamente in grado di comprendere…

a) l’ebraismo era stato a partire dal 1924 , anno in cui il fascismo assunse il potere, in poi ‘animatore dell’antifascismo in tutti i campi’
b) l'ebraismo mondiale era in Spagna dalla parte dei bolscevichi di Barcellona...

Caro il mio bel ‘curioso’, se proprio vuoi toglierti un poco della tua curiosità al riguardo puoi andare in http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=24441, dove, pur in un mare di ‘pierfrancescate’, potrai trovare qualcosa di buono per chiarirti le idee…

…per esempio per quanto riguarda il punto b) sopra citrato ti riporterò qui quanti da me scritto in proposito…

… leggi con attenzione, mi raccomando!…


Il baratro dell’orrore…

http://utenti.lycos.it/luposabatini/Crimini5.bmp

L'orrenda immagine che vedete qua sopra rappresenta da sola, nella sua brutalità, tutto l'orrore dei crimini commessi dal 'Fronte popolare' durante la guerra civile di Spagna. Si tratta di una statuetta della Madonna alla quale sono stati strappati gli occhi, trattamento di solito riservato [si sa che l'esempio insegna...] anche a chi veniva sorpreso in preghiera davanti ad essa durante le incursioni compiute dai 'rossi' in chiese e santuari. Non vi è dubbio sul fatto che in Spagna, negli anni tra il '36 e il '39, non si è combattuta una 'semplice guerra civile', bensì una lotta terribile tra la civiltà occidentale e la pura barbarie, ed è un dato inequivocabile sia chi ha vinto questa guerra, sia da quale parte il fascismo l'ha combattuta.

Arrivati a questo punto il lettore vorrà consentirmi, spero, una domanda 'ovvia': chi in quella circostanza è stato dall'altra parte?...

Una risposta assai 'esaudiente' a questa 'ovvia' domanda la si può trovare in questo trafiletto di Pietro Ramella, tratto dal sito ufficiale dell'Anpi. Dal momento che, come tutto il materiale che compare in quello e similari siti trabocca letteralmente di 'spazzatura' per rispondere adeguatamente alla quale non basterebbe l'intera Divina Commedia, mi sono limitato a riportare unicamente le parti che interessano il nostro discorso, mettendo semplicemente in evidenza quanto è maggiormente 'significativo' ai fini di una adeguata comprensione da parte del lettore. Dal momento che la 'pregiudiziale antifascista' della 'fonte' è chiaramente fuori discussione, non ci saranno sicuramente motivi di sorta per dubitare quanto asserito dal Ramella.

buona lettura!...



I ‘diversi’ e la guerra di Spagna. Ebrei, negri e omosessuali nelle Brigate Internazionali

di Pietro Ramella

Negli anni sessanta circolava una barzelletta su di un padre statunitense che, per dimostrare alla figlia la sua condizione di ‘liberal’, dichiarava: ‘… sai che non provo discriminazioni verso alcuno, tanto che potrai, per parte mia, sposare chi vorrai, basta non sia comunista, ebreo, negro od omosessuale…’ Alcune tra queste ‘diversità’ costituirono uno degli elementi caratterizzanti i volontari che combatterono nelle Brigate Internazionali dalla parte lealista nella guerra di Spagna. Non possiamo annoverare tra i diversi i comunisti, anche se molti tra loro erano ebrei, in quanto essi costituirono l’ossatura delle Brigate Internazionali, create su decisione del Comintern. L’appartenenza politica, però, fu sempre attenuata per far assumere alla partecipazione una valenza antifascista. Gli storici concordano sul numero dei volontari prossimo a 35.000, di cui i 25.000 comunisti costituirono la maggioranza, pari al 70%. Una recente analisi storico-quantitativa delle biografie dei volontari italiani elaborata dagli studenti della VªG del Liceo Scientifico Galileo Ferraris di Varese, riportata su Il coraggio della memoria, edito dall’Associazione Italiana Combattenti Volontari Antifascisti di Spagna, ha determinato la composizione politica dei tremilaquattrocento volontari italiani riportati nel volume La Spagna nel nostro cuore 1936-1939. Tre anni di storia da non dimenticare edito dalla stessa Associazione nel 1996,

Anarchici : 328 [9.6%]

Comunisti : 1301 [66.8% ]

Giustizia e Libertà: 39 [1.2%]

Repubblicani: 56 [1.7%]

Socialisti: 224 [6.6%]

Le stesse percentuali possono essere riferite agli interbrigatisti delle altre nazionalità, tenendo conto della limitata incidenza delle caratteristiche specificatamente italiane. L’elevato numero di comunisti che combatterono in Spagna ha dato modo di alimentare la recente polemica revisionista, che tenta di sdoganare il successo di Franco come una vittoria contro il comunismo, che aveva come progetto la costituzione in Spagna di una Repubblica Democratica Popolare [eufemismo per non dire comunista] con tutte le conseguenze tragiche che lo stalinismo produsse…

… occorrerebbe chiedersi con quali forze il Partito Comunista Spagnolo avrebbe potuto impadronirsi del potere dato il limitato radicamento nella realtà spagnola [16 deputati alle Cortes e 300.000 iscritti nel gennaio 1937]. Pur considerando che i migliori ufficiali dell’esercito repubblicano Lister, Modesto, El Campesino erano comunisti, come pure molti comandanti di brigata e di divisione, essi non sarebbero stati certo in grado di condizionare tutto l’apparato militare, come dimostra il fatto che all’atto del colpo di stato del colonnello Casado nel marzo 1939, i reparti a guida comunista furono sconfitti. Meno che mai le Brigate Internazionali avrebbero potuto sostenere tale progetto poiché il numero dei reparti di linea non superò mai, per tutta la durata del conflitto, la forza di 15.000 effettivi…

Ebrei

Sono note le difficoltà nel determinare con esattezza il numero e la provenienza dei volontari che accorsero da tutto il mondo per difendere la Repubblica Spagnola. Perché quanti si arruolarono nelle milizie prima della costituzione delle Brigate Internazionali non vennero registrati ed inoltre molti modificarono il loro cognome nel tentativo di evitare conseguenze penali in patria. Tale problematica si ripete nella determinazione del numero dei volontari di razza ebraica.

Nel Mausoleo del Fossar de la Pedrera di Barcellona, dove Franco fece inumare in un’enorme fossa comune i corpi dei repubblicani catalani fucilati dal 1939 al 1945 tra le altre lapidi commemorative, una porta la seguente dedica:‘Omaggio agli eroi ebrei caduti tra i 7000 ebrei volontari di tutti i paesi combattenti della Libertà in Spagna 1936-1939’. Nel cimitero di Fuercarral a Madrid, è stata ricollocata una grande stele di marmo, in sostituzione di quella distrutta da Franco, dedicata a trentacinque combattenti ebrei caduti nella difesa di Madrid… In memoriam. Aqui iacien los voluntarios juidios, heroicamente caidos en Madrid en el trascurro de la guerra civil española en defensa de la libertad [1936-1937] La vuestra y la nuestra!. In calce la scritta: A todos los voluntarios juidos combatientes caidos en España.

Nel libro Shalom Libertad! Arno Listiger riprende, fatte le dovute cautele, il numero di 7.758 volontari ebrei, suddivisi secondo il paese d’origine, riportato dall’interbrigatista austriaco Joseph Toch sulla rivista Zeitgeschichte nel 1974. Numericamente gli ebrei sono il secondo contingente di stranieri presenti nelle Brigate Internazionali, dopo gli 8.500 francesi. Se deduciamo da questa cifra i 1.043 ebrei compresi nel contingente francese, essi salgono in prima posizione. La presenza degli ebrei fu non solo consistente numericamente ma anche qualitativa, infatti, tra i combattenti sono da annoverarsi diversi comandanti delle Brigate Internazionali, quali i generali Manfred Stern [Kleber] della XI, Mata Zalke [Lukacs] della XII e Waclaw Romar della 129ª, mentre, limitandoci ad una sola nazionalità, sono numerosi gli americani che ricoprirono incarichi di comando come Milton Wolff, John Gates e John Dallet. Organizzatore delle squadre di guerriglieri che operavano dietro le linee nazionaliste fu un ebreo americano Irving Goff, cui s’ispirò Ernst Hemingway per la figura del protagonista in Per chi suona la campana? Le azioni più importanti furono la distruzione del ponte sul Guadalaviar nei pressi d’Albarracin, il deragliamento di un treno carico d’italiani del C. T. V. sulla linea Cordoba – Los Rosales, la liberazione di 308 prigionieri asturiani dalla fortezza di Motril e la cattura di un intero Stato Maggiore di una divisione franchista nel settore di Tremp in Catalogna.

Consistente fu la partecipazione ebraica ai servizi della Sanità militare della Repubblica, che all’atto della rivolta dei generali era rimasta con tre delle otto divisioni medicali dell’Esercito e precisamente con quelle di Madrid, Barcellona e Valencia, la cui fedeltà era ancora da provare. Per sopperire a tale deficienza accorsero centinaia di medici, infermiere ed inservienti grazie a delle organizzazioni umanitarie create dai sostenitori dei lealisti. Ad esempio gli americani sostenuti dall’American Medical Bureau to Aid Spanish Democracy furono in grado di mandare in Spagna equipe completamente autonome di medici ed infermiere con ospedali attrezzati, autoambulanze, camere operatorie mobili, medicinali, ecc. In questa generosa corsa di solidarietà si distinsero i medici e le infermiere ebree che da ogni parte d’Europa e dal Nord America vennero a curare i feriti spagnoli ed internazionali, in particolare vennero quarantasei polacchi, venticinque tedeschi e quindici americani. Nel volume sopra citato sono elencati nomi di centoventisette medici ebrei dislocati negli ospedali prossimi alle linee e in quelli delle retrovie, tra loro si contano dodici donne. Diversi di loro ottennero incarichi di prestigio come l’americano Edward K. Barsky direttore del Servizio Sanitario nella zona catalana. Anche tra le seicento infermiere si contarono numerose ebree, si sa, ad esempio, che venticinque vennero dagli Stati Uniti e ventisei dal Belgio, tanto che la lingua yddish serviva per comunicare nelle camere operatorie e nelle corsie di diversi ospedali.

Ebrei furono due dei più famosi corrispondenti di guerra come Robert Capa e la sua compagna Gera Taro, morta nel corso del conflitto.

Nel dicembre 1937, come per le altre unità delle Brigate Internazionali intestate a personaggi famosi delle diverse nazionalità, anche gli ebrei dedicarono la 2ª compagnia del battaglione Palafox della XIII brigata Internazionale a Naftalí Botwin, ebreo polacco che nel 1925 per aver eliminato una spia del regime filo-fascista era stato giustiziato. Essa era composta d’ebrei polacchi, ucraini, russi bianchi ed ungheresi, dotata di una sua bandiera, con un giornale ed un inno in yddish, che era la lingua ufficiale. Combatté sulla Sierra Quemadas, nell’Aragona durante la Grande Ritirata, difese Caspe e Lerida, occupò la città di Corbera ed il cimitero di Gandesa durante l’offensiva dell’Ebro, subendo gravi perdite compresi tutti i suoi comandanti. L’ultimo caduto delle Brigate Internazionali fu un soldato della Botwin, Chaskel Honigstein, morto per ferite il 4 ottobre 1938, cui furono tributati solenni funerali militari.
Finita la guerra di Spagna, non cessò l’impegno dei reduci sia nella Resistenza nei paesi occupati dai nazisti, sia negli eserciti alleati. Tra loro ricordiamo Julius Hibner insignito del titolo di ‘Eroe dell’Unione Sovietica’. Molti vissero la tragica esperienza dell’internamento nei campi di sterminio nazisti.

Negri

I volontari di colore furono quasi esclusivamente afro-americani, in minima parte vennero dall’Africa o da Cuba. Gli statunitensi furono un’ottantina tra cui sono da ricordare:

Carter Edward Jr. - insignito nel 1996 dal presidente Clinton della Distingued Service Cross alla memoria [era morto nel 1963] per il suo eroico comportamento nel corso della Seconda Guerra Mondiale, decorazione che gli era stata negata per motivi razziali nel 1945.

Hughes Langston James – famoso scrittore e poeta di colore, che in Spagna non partecipò ai combattimenti ma ai servizi di propaganda nelle retrovie. Comporrà a ricordo dell’esperienza spagnola alcune delle sue più note liriche.

Kee Salaria – infermiera dell’Harlem Hospital, già attiva nelle dimostrazioni contro l’invasione italiana dell’Etiopia. Partì per la Spagna, dopo che la Croce Rossa Americana aveva respinto, per motivi razziali, la sua offerta di far parte delle equipe d’aiuto alle popolazioni alluvionate del nativo Ohio. Hughes Langston la definì una slender chocolate colored gir.

Law Oliver – sindacalista e leader dei movimenti negri, più volte arrestato in America. Per il suo eroico comportamento nella battaglia del Jarama, quale capo della compagnia mitraglieri, fu nominato nell’aprile 1937 comandante prima del battaglione Lincoln poi del Washington, primo negro nella storia degli Stati Uniti a comandare un’unità militare composta in larga maggioranza da bianchi.. Cadde alla testa dei suoi uomini il 5 luglio nel tentativo di conquistare Mosquito Crest nel corso della battaglia di Brunete.

Omosessuali

La partecipazione degli omosessuali fu minima. Il solo studio che analizza tale ‘diversità’ è quello sugli americani di Peter Carrol in Odissey of the Abraham Lincoln Brigade in cui si evidenzia com’esistesse un certo pregiudizio nei loro confronti anche tra i ‘radicals’:

White, Mc Kelvey David - figlio di un governatore dell’Ohio ed istruttore dell’English College di Brooklin. Dopo aver partecipato alla guerra di Spagna, copre posizioni di prestigio nella V.A.L.B. Nel 1945 fu implicato in un affare d’omosessuali, creando dei problemi all’associazione, ma morì poco dopo.

Aalto Bill - finno-americano partecipò alle azioni di sabotaggio dietro le linee franchiste con il sopra citato Irving Goff. Dopo la guerra fu ingaggiato dall’esercito americano ma si ferì durante una dimostrazione dell’uso d’esplosivi e lasciò il servizio. Fu espulso dal Partito Comunista Americano per la sua omosessualità e per il vizio di ubriacarsi. Riprese gli studi, nel 1958 morì di leucemia.

Nathan George – ebreo, sergente dell’esercito inglese durante la Prima Guerra Mondiale, affiliato all’IRA e membro della Dublin Castle Murder Gang, responsabile di delitti eccellenti [questo individuo mi pare riassuma in sé meglio di ogni altro il prototipo di ‘civiltà’ che il fascismo si è trovato contro in Spagna…e altrove… :D...- n.d.r.] . In Spagna vestiva in modo impeccabile e guidava all’attacco i suoi uomini al grido Adelante señoras! [no comment!… :D… -n.d.r.] agitando un bastoncino secondo la tradizione degli ufficiali inglesi. Comandò la 1ª compagnia del 12° battaglione Marsellaise, quindi quest’unità. Divenne Capo di Stato Maggiore della XV Brigata Internazionale, poi comandante dei battaglioni Lincoln, Washington e inglese. Ferito gravemente durante la battaglia di Brunete, ordinò ai suoi di cantare finché spirò, fu sepolto sotto gli olivi non lontano dal Guadarrama.
Infine due poeti inglesi della ‘generazione del trenta’, la cui passionale partecipazione alla guerra di Spagna, anche se essenzialmente intellettuale, influenzò indelebilmente la loro esperienza politica ed artistica:

Spender Harold Stefan - ricerca per conto del Comintern la nave sovietica Komsomol , probabilmente dirottata da un sottomarino italiano nei porti del Sud-Ovest del Mediterraneo e diventa un attivo apologista della Repubblica nella guerra che ‘offriva al secolo un nuovo 1848’. Nel marzo del 1937 salva dalla fucilazione un suo giovane segretario che, arruolatosi nelle Brigate Internazionali, aveva disertato, esperienza raccontata in forma autobiografica in World within World l’altra opera ispirata a questo periodo fu Poems of Spain.

Auden Wystan Hugh – vive i momenti esaltanti dell’arrivo dei volontari delle Brigate Internazionali ad Albacete, tra cui diversi intellettuali inglesi, come Christofer Caudwell, Julian Bell, John Cornford e Ralph Fox, che moriranno nel conflitto. In Spain 1937, esprime, lui che sarà un semplice testimone, l’intensa partecipazione ideale che spinse tanti giovani a lottare fino al sacrificio supremo della vita...

Domani, per i giovani, i poeti che esplodono come bombe,
le passeggiate in riva al lago, le settimane in comunione perfetta;
domani le corse in bicicletta
per i sobborghi, nelle sere d’estate. Ma oggi la lotta.
...Qual è la vostra proposta? Costruire la società giusta? Si.
Accetto. Oppure il patto suicida, la romantica/ morte? Benissimo io accetto, perché io sono la vostra scelta, la vostra decisione, io sono la Spagna.

Per un breve periodo servirà come portabarelle in un reparto d’autoambulanze, ma in seguito non farà mai cenno a questa esperienza. Predisse il triste destino dei repubblicani vinti: ‘… la storia agli sconfitti potrà dire: peccato!… ma non potrà offrire né aiuto, né perdono…’.
Ambedue comunisti, anche se di data recente, furono colpiti dalla violenta repressione contro gli anarchici ed il POUM del maggio 1937, e, pur astenendosi al momento dall’assumere posizioni che potessero avvantaggiare il principale avversario, il fascismo, presero le distanze dall’ideologia marxista. Con più chiarezza Spender quando nel 1950 contribuì a Il Dio che è fallito, antologia d’ex comunisti pentiti cui collaborarono anche Koestler, Silone, Gide e Louis Fischer.


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http://utenti.lycos.it/luposabatini/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato

yurj
28-07-03, 09:20
Una statuetta bruciacchiata è "un'orrendo crimine" :D

Che razza di persona ridicola, e poi hai il coraggio di dire agli altri che non hanno cervello? :lol

Nasconditi, ci fai un piacere...

Curioso
28-07-03, 09:49
In origine postato da Fecia di Cossato
originally posted by Curioso:

caro amico
se solo avessi tra i tuoi strumenti di lavoro qualcosa che vagamente somigli al cervello avresti facilmente realizzato che nella delibera del Gran Consiglio del Fascismo da te riportata non si accenna minimamente al bolscevismo sovietico. In effetti si citano due elementi ben precisi che un bambino della prima elementare è perfettamente in grado di comprendere…

a) l’ebraismo era stato a partire dal 1924 , anno in cui il fascismo assunse il potere, in poi ‘animatore dell’antifascismo in tutti i campi’
b) l'ebraismo mondiale era in Spagna dalla parte dei bolscevichi di Barcellona...

Caro il mio bel ‘curioso’, se proprio vuoi toglierti un poco della tua curiosità al riguardo puoi andare in http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=24441, dove, pur in un mare di ‘pierfrancescate’, potrai trovare qualcosa di buono per chiarirti le idee…

…per esempio per quanto riguarda il punto b) sopra citrato ti riporterò qui quanti da me scritto in proposito…

… leggi con attenzione, mi raccomando!…


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Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato

L'insulto è rimandato al mittente che, come si nota, sputa nel piatto (la democrazia) in cui altri gli hanno permesso di mangiare, consentendogli perfino di inneggiare al Fascismo.

Fossimo sotto il tuo amato regime, Fecia, a quest'ora io sarei già stato messo a tacere, mentre tu oggi puoi continuare a parlare liberamente, spargendo odio e incensando la dittatura.
Rifletti su questo, se ne sei capace.

In più, la tua risposta non è a tono, poichè io avevo notato solo la curiosità per cui in URSS molti ebrei erano al potere. Pieffebi mi aveva risposto precisando alcune cose sull'URSS, come hai letto.
Quindi la tua risposta, condita di arroganza, non ha aggiunto nulla al discorso.

Quanto al resto, conosco bene la tragedia spagnola e le brutalità perpetrate sia dai repubblicani sia dai franchisti.
Ma è un discorso lungo, da affrontare semmai con persone come Pieffebi col quale, pure nella diversità di opinioni politiche, c'è una comune piena accettazione della democrazia, come premessa e parte integrante del ragionamento. In tal modo, l'esame dei fatti passati può avvenire senza eccessivo coinvolgimento emotivo (perchè non vi è nostalgia per il passato), premessa indispensabile a mio parere per una serena discussione.

Difficile invece dialogare con chi non ha ancora accettato quasi 60 anni di democrazia, libertà e benessere, e sogna il ritorno al passato fascista, quando l'Italia era un paese ben più povero di oggi, e dove il dissenso era sanzionato con l'olio di ricino, quando andava bene.
Come si fa, in tal caso, a ragionare serenamente sul passato?

Fecia di Cossato
28-07-03, 10:38
originally posted by Curioso:

... l'insulto è rimandato al mittente che, come si nota, sputa nel piatto [la democrazia] in cui altri gli hanno permesso di mangiare, consentendogli perfino di inneggiare al fascismo [sic!!!]...

... è un discorso lungo, da affrontare semmai con persone come Pieffebi col quale, pure nella diversità di opinioni politiche, c'è una comune piena accettazione della democrazia, come premessa e parte integrante del ragionamento. In tal modo, l'esame dei fatti passati può avvenire senza eccessivo coinvolgimento emotivo [perchè non vi è nostalgia per il passato], premessa indispensabile a mio parere per una serena discussione...

... difficile invece dialogare con chi non ha ancora accettato quasi 60 anni di democrazia [sic!!!], libertà e benessere, e sogna il ritorno al passato fascista, quando l'Italia era un paese ben più povero di oggi, e dove il dissenso era sanzionato con l'olio di ricino, quando andava bene...

caro amico
chiunque non considera il cervello un 'optional' è in grado di comprendere che questo spazio è riservato alle discussioni tra coloro che si riconoscono nella Casa delle Libertà, cosa che non mi pare si possa dire di te. Se i 'contenuti' o le 'argomentazioni' che qui vengono trattati o i 'frequentatori' non incontrano i tuoi gusti sei liberissimo di andatene altrove, magari sul forum del mio amico Mari**** che senz'altro sarà ben lieto di averti con sè...

Per essere un pochettino più chiari poi è appena il caso di dire che la pretesa da te avanzata di potersi 'scegliere' l'interlocutore e di poter decidere chi debba o non debba obiettare alle tue ******** è forse un tantino eccessiva, non essendo tu [presumo] il padrone di questo spazio...

Per le ragioni ora esposte, caro amico, ho proprio paura che finchè starai qua dovrai 'sorbirti' le osservazioni mie e degli altri utenti di PoL...

stammi bene!...


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http://utenti.lycos.it/luposabatini/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato

Nanths
28-07-03, 11:35
http://images.usatoday.com/life/cyber/tech/review/games/_photos/monkey-brains.jpg

Curioso
28-07-03, 11:45
In origine postato da Fecia di Cossato
originally posted by Curioso:

caro amico
chiunque non considera il cervello un 'optional' è in grado di comprendere che questo spazio è riservato alle discussioni tra coloro che si riconoscono nella Casa delle Libertà, cosa che non mi pare si possa dire di te. Se i 'contenuti' o le 'argomentazioni' che qui vengono trattati o i 'frequentatori' non incontrano i tuoi gusti sei liberissimo di andatene altrove, magari sul forum del mio amico Mariuccio che senz'altro sarà ben lieto di averti con sè...

Per essere un pochettino più chiari poi è appena il caso di dire che la pretesa da te avanzata di potersi 'scegliere' l'interlocutore e di poter decidere chi debba o non debba obiettare alle tue farneticazioni di minorato deficiente è forse un tantino eccessiva, non essendo tu [presumo] il padrone di questo spazio...

Per le ragioni ora esposte, caro amico, ho proprio paura che finchè starai qua dovrai 'sorbirti' le osservazioni mie e degli altri utenti di PoL...

stammi bene!...


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http://utenti.lycos.it/luposabatini/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato

Non condivido i contenuti dei tuoi post, ma non è questo il problema.

Il problema sono i tuoi insulti, peraltro ripetuti, anche perchè personalmente non mi permetto di dare del decerebrato o del bambino o del minorato deficiente a nessuno. Credo che nessuno lo meriti.
Mi limito semmai a contestare, magari anche duramente, le affermazioni e le argomentazioni riportate (quando queste ultime sono presenti, non sempre purtroppo).

Trovo invece che gli insulti siano un segno di debolezza delle proprie argomentazioni e quindi di insicurezza.

Quanto alla scelta degli interlocutori, essa è legittima: chiunque può scegliere di rispondere a chiunque, purchè lo faccia nei modi indicati con chiarezza dagli amministratori di questo sito.

Ovviamente non pretendo (e come potrei?) di scegliere chi risponde ai miei post, ma mi aspetterei che le risposte non contenessero insulti personali, ma semmai obiezioni precise e puntuali alle mie tesi ed argomentazioni ed altre tesi ed argomentazioni. Cosa che purtroppo non sempre accade, come puoi notare rileggendo le tue risposte.

Quanto al Forum della Casa delle Libertà, per il quale nutro il massimo rispetto pur non condividendo molte delle idee qui riportate, forse non hai notato che i forum sono "vasi comunicanti".
Spero continui ad essere così, in modo da consentire il dialogo e il confronto, magari anche duro, fra persone che non la pensano nello stesso modo.

In tal senso, auspico una maggiore presenza di forumisti simpatizzanti del Centrodestra nel forum Principale ed anche in quello dell'Ulivo.

Curioso
28-07-03, 11:48
In origine postato da Nanths
http://images.usatoday.com/life/cyber/tech/review/games/_photos/monkey-brains.jpg

:confused:

Fecia di Cossato
28-07-03, 12:23
originally posted by Curioso:

... auspico una maggiore presenza di forumisti simpatizzanti del centrodestra nel forum principale ed anche in quello dell'Ulivo...

caro amico
la questione della scarsa presenza nostra su quei forum è stata sollevata [con delicatezza] la scorsa settimana un altro thread. Sempre con discrezione e parole misurate qualcuno ha provato ad avviare il discorso nei termini da te citati. A quel punto la discussione è stata 'segata' in maniera un poco... brusca...

Per questo e altri motivi mio caro è meglio che tu non tocchi quel tasto e ti limiti a stare qui rispettando le regole...

stammi bene!...


--------------

http://utenti.lycos.it/luposabatini/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato

Curioso
28-07-03, 12:39
In origine postato da Fecia di Cossato
originally posted by Curioso:

... auspico una maggiore presenza di forumisti simpatizzanti del centrodestra nel forum principale ed anche in quello dell'Ulivo...

caro amico
la questione della scarsa presenza nostra su quei forum è stata sollevata [con delicatezza] la scorsa settimana un altro thread. Sempre con discrezione e parole misurate qualcuno ha provato ad avviare il discorso nei termini da te citati. A quel punto la discussione è stata 'segata' in maniera un poco... brusca...

Per questo e altri motivi mio caro è meglio che tu non tocchi quel tasto e ti limiti a stare qui rispettando le regole...

stammi bene!...


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http://utenti.lycos.it/luposabatini/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato

Delicatezza? A giudicare dal contenuto delle tue ultime risposte, mi viene il sospetto che non abbiamo lo stesso concetto di "delicatezza"....

In ogni caso, per quanto mi riguarda, continuerò ad interloquire con chi vorrà farlo con me, sugli argomenti e nei forum che mi sembreranno interessanti, senza alcuna particolare limitazione, salvo quelle di postare risposte (più o meno) a tono e quella fondamentale della buona educazione e di un minimo di rispetto per le tesi dell'intelocutore (purchè motivate).

Pieffebi
28-07-03, 13:05
Non mi pare che sia il caso di scomporsi troppo per le presunte "argomentazioni" di chi tende a minimizzare la portata della svolta razzista e antisemita del Regime Fascista, sul finire degli anni trenta, o di chi tende a darne un'interpretazione in tutto e per tutto coincidente con la propaganda [ a propria volta politicamente antisemita ] posta in essere dallo stesso Regime Fascista.
Già l'affermazione che dal 1924 l'ebraismo sia stato l'ispiratore dell'antifascismo non può essere creduta da nessuno che non sia un razzista antisemita o una persona fortemente disinformata.....
Del resto Benito Mussolini nel 1932 aveva categoricamente, pubblicamente e solennemente escluso questa idiozia, con particolare riguardo all'ebraismo italiano, limitando alcune osservazioni, tipiche del nazionalismo identitario radicale, riguardo al sionismo (allora minoritario nell'ebraismo europeo ed italiano). E' del tutto evidente che la grande maggioranza degli ebrei del mondo non potesse avere simpatia, invece, per i fascismi e le destre radicali europee, quasi tutte, a differenza del primo fascismo italico, fortemente antisemite. Come pare ovvio che anche gli ebrei fascisti italiani, che non erano pochi, fossero necessariamente contrari al nazionalsocialismo, giacchè antisemita radicale e razziale, e vedessero con preoccupazione il progressivo avvicinamento che ad un certo punto vi fu fra i due regimi.
Infine un numero notevole di ebrei antifascisti, ad esempio di matrice marxista rivoluzionaria, erano ebrei solo per discendenza, in quanto atei integrali, internazionalisti e del tutto estranei alle comunità ebraiche, sia religiose, che culturali, che politiche. La loro inclusione nella categoria degli ebrei, con i significati che si vogliono dare (negativi) implicherebbe senz'altro, se intesa per dimostrare l'esistenza di un ebraismo internazionale antifascista, una definizione RAZZISTA del concetto di ebreo (ossia biologica). Insomma per dimostrare l'inesistenza di un razzismo antisemita fascista si deve ricorrere a delle categorie classificatorie tipiche del materialismo biologico del razzismo antisemita più stupido.

Shalom!!!

Fecia di Cossato
28-07-03, 15:43
originally posted by rag. PierFrancesco:

... non mi pare che sia il caso di scomporsi troppo per le presunte 'argomentazioni' di chi tende a minimizzare la portata della svolta razzista e antisemita del regime fascista, sul finire degli anni trenta, o di chi tende a darne un'interpretazione in tutto e per tutto coincidente con la propaganda [ a propria volta politicamente antisemita ] posta in essere dallo stesso regime...

********** [ eliminato ciò che deve essere eliminato....la prossima volta cancellerò l'intero post...ma puoi sempre farti ospitare sull'Ulivo caro "genio": PFB ]

Se abbiamo ben capito dunque 'argomentare' con qualcosa che anche vagamente è riconducibile alla 'propaganda fascista' è palesemente un 'nonsenso' in quanto è automatica la totale falsità di tutto quello che tale propaganda affermava. In altre parole dobbiamo concludere che, dal momento che uno degli slogan di allora sottolineava il fatto che da quando il fascismo era al potere i treni arrivavano in orario, deve esserci una norma tassativa che imponga. ora che il fascismo è caduto, ad ogni treno un ritardo non inferiore ad un'ora o due :rolleyes:...

Anche se non è facile trovare, nel pur vasto repertorio del soggetto, una frase che raggiunga tali vertici di 'intelligenza', cercando con cura la si trova...

... questa per esempio è presa dal già più volte nominato thread Gli italiani hanno pagato già da tempo, signor Fini!... :

… aggiungerei che uno fascista lo è per scelta... ebreo, secondo le leggi razziali, lo è per nascita e non può cambiare questo dato di fatto…

Non male anche questa, non è vero?... Comunque anche questa 'perla' ci potrà essere utile, dal momento che chi sostiene questo 'concetto' dovrebbe come minimo trovare una spiegazione plausibile di come esso si concili col seguente paragrafo della Dichirazione della Razza del Gran Consiglio...


Discriminazione fra gli ebrei di cittadinanza italiana

Nessuna discriminazione sarà applicata - escluso in ogni caso l'insegnamento nelle scuole di ogni ordine e grado - nei confronti di ebrei di cittadinanza italiana - quando non abbiano per altri motivi demeritato - i quali appartengono a:

1) famiglie di Caduti nelle quattro guerre sostenute dall'Italia in questo secolo; libica, mondiale, etiopica, spagnola;

2) famiglie dei volontari di guerra nelle guerre libica, mondiale, etiopica, spagnola;

3) famiglie di combattenti delle guerre libica, mondiale, etiopica, spagnola, insigniti della croce al merito di guerra;

4) famiglie dei Caduti per la Causa fascista;

5) famiglie dei mutilati, invalidi, feriti della Causa fascista;

6) famiglie di Fascisti iscritti al Partito negli anni 19- 20- 21- 22 e nel secondo semestre del 24 e famiglie di legionari fiumani.

7) famiglie aventi eccezionali benemerenze che saranno accertate da apposita commissione.

Se dobbiamo applicare alla lettera questo paragrafo siamo costretti a concludere che per il Gran Consiglio l'essere 'fascisti di provata fede' era in grado di cambiare il DNA non solo degli individui [ebrei non considerati più tali] ma altresì anche dei loro famigliari :rolleyes:...

... è così?...


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http://utenti.lycos.it/luposabatini/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato

Pieffebi
28-07-03, 16:10
Come è noto a tutti, salvo agli analfabeti storiografici, il fascismo, dopo qualche discussione (Starace l'avrebbe voluta immediata, ma Mussolini...per un po' prese tempo) , ha espulso dal partito TUTTI gli ebrei, impedendo loro di portarne i simboli e i fregi.
Circa poi gli ebrei "discriminati" (ossia a cui erano riconosciuti meriti...patriottici) , di cui ho parlato diffusamente altrove, nei loro confronti non si applicarono alcune misure persecutorie, tuttavia se ne applicavano altre "minori".
Solo gli ebrei "arianizzati" erano esenti completamente da ogni discriminazione e persecuzione. Ossia quelli che si compravano il brevetto di arianità attestando di non essere certi di chi fosse il proprio....padre (*).
Il criterio scelto dalle leggi per la definizione di chi dovessere essere considerato ebreo era del resto razziale (con alcune contraddizioni che a suo tempo tornerò ad illustrare).
Un cristiano figlio di entrambi i genitori "ariani" che si fosse convertito all'ebraismo, era tuttavia considerato dalla legge....un ariano che rimaneva ariano. Viceversa un ebreo che si fosse convertito al cattolicesimo.......rimaneva un ebreo.
Questo dimostra che la frase da me pronunciata, e inintelligentemente ripresa dal mio contraddittore, da un altro 3d, sulla determinazione razzista e non religiosa o politica della classificazione dell'ebreo nella legislazione razziale fascista, è del tutto corretta e può essere contesta solo da chi non comprende le cose o ignora i fatti della storia.
Non credo che sia il caso che io continui.

Saluti liberali


(*) = tuttavia per disposizione del Segretario del Partito Vigussoni nel gennaio 1942 anche gli "arianizzati" furono espulsi dal partito fascista.

Pieffebi
28-07-03, 17:31
L'idea che il giudaismo complottasse per "conquistare il mondo", o che fosse comunque in qualche modo "dietro" alla plutocrazia e al comunismo, e quindi ai nemici delle nuove idee "totalitarie" manifestate da NazionalSocialismo e Fascismo è ben rappresentata da questo manifesto nazista:

http://www3.comune.modena.it/cde/scuole/fiori/manifesto%20propaganda.jpg

Comunque .....non è che sia vietato (anzi...) riferirsi ai prodotti delle propagande fasciste per spiegare la svolta antisemita del 1938 del Regime di Mussolini, semplicemente finchè ci si ferma ad essi non si fanno grossi passi avanti nella comprensione dei fatti, come sarebbe del tutto sbagliato prescinderne in modo assoluto, in quanto il tentativo di Mussolini di prendere in qualche modo in ostaggio gli ebrei italiani per costringere il supposto "giudaismo internazionale" a una politica meno .......critica verso il Fascismo, per quanto rozzo, è stato UNO (ma non l'unico, ne' il principale) degli elementi dell'antisemitismo strumentale e opportunistico del Duce, in cui erano presenti anche sentimenti di vendetta e rivalsa per la posizione "anti-italiana" (dunque antifascista) assunta da organismi ebraici riguardo alla vicenda della guerra d'Abissinia e dell'intervento in Spagna assieme alla Germania di Hitler.
Tutto questo .....per la precisione.

Saluti liberali

yurj
28-07-03, 17:53
Non e' che ora puoi utilizzare il nazismo per avvallare tutte le tue teorie bislacche.

Che ci fossero dei livelli di collaborazione tra usa e urss non e' un'ipotesi fantascientifica.

Pieffebi
28-07-03, 18:15
Ho ben presente quel che è avvenuto a Yalta...... ma il manifesto di propaganda antisemita sopra riportato ha ben altro significato. Vuole dire che DIETRO ai Nemici della Germania NazionalSocialista, fossero essi i plutocrati americani o i comunisti sovietici, c'era l'ebreo che complottava......
Ossia USA e URSS erano, nella propaganda sopra illustrata, solo STRUMENTI del giudaismo internazionale (e in qualche modo per la generalità dell'antisemitismo europeo moderno capitalismo liberale e bolscevismo erano due forme dello stesso tentativo di dominio ebraico mondiale).
Prima di fare post di risposta bislacchi.....sforzati di capire.

Shalom!!!

yurj
28-07-03, 18:17
Tu devi considerare i fatti, non le rappresentazioni di regime.

Pieffebi
28-07-03, 18:23
Se si parla di propaganda di Regime, i manifesti sono un documento, e le sue espressioni sono un fatto. Qui si parla delle leggi razziali, anche nella loro autorappresentazione propagandistica, non di altro. Se vuoi disturbare......non te lo consentirò oltre.

Saluti liberali

Fecia di Cossato
29-07-03, 09:15
originally posted by rag. PierFrancesco:

... come è noto a tutti, salvo agli analfabeti storiografici, il fascismo, dopo qualche discussione [Starace l'avrebbe voluta immediata, ma Mussolini per un po' prese tempo], ha espulso dal partito tutti gli ebrei, impedendo loro di portarne i simboli e i fregi...

... tuttavia per disposizione del segretario del partito Vigussoni nel gennaio 1942 anche gli 'arianizzati' furono espulsi dal partito fascista...

... come è noto a tutti, salvo a chi è sprovvisto di cervello, un provvedimento a carico di un individuo si definisce 'persecutorio' quando viola uno dei diritti a lui garantiti dalla Costituzione [al tempo dallo Statuto...]. Orbene in nessun paese in nessun periodo tra questi 'diritti' vi è stato quello di preservare ad un individuo l'appartenza ad un partito politico. In altre parole, oggi come allora, il segretario di un partito politico, a prescindere dalla sua pretesa 'democraticità', può benissimo espellere dal partito stesso chiunque e per qualunque motivo senza dover rendere conto a nessuno...

Devo constatare purtroppo che questo thread, aperto dal nostro moderatore con dichiarati propositi 'antireviosionistici' sta un poco deludendo le aspettative. Ad esempio la tanto sbandierata 'imponente base documentale' al momento si è concretata nel riportare un articolo di una rivista e un manifesto propagandistico. Riguardo quest'ultimo poi il fatto che la dicitura sia in tedesco fa nascere qualche legittimo dubbio circa la sua classificazione 'fascista'... a meno che [e in questo caso ammetto in pieno la mia ignoranza storiografica :rolleyes:...] tra i requisiti di 'italianità fascista' imposti dal regime non ci sia stato l'obbligo di imparare la lingua dei camerati germanici...

Auspicando un [probabile] miglioramento di qualità della trattazione sono lieto di porgere al nostro distinto ragioniere...

... cordiali saluti!...


--------------

http://utenti.lycos.it/luposabatini/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato

Nanths
29-07-03, 09:18
http://images.usatoday.com/life/cyber/tech/review/games/_photos/monkey-brains.jpg

grande feccione! dagliele al sionista!!!! :D :D :D

krentak the Arising!
29-07-03, 10:07
In origine postato da Curioso
ti basti come esempio la Costituzione della Repubblica e quasi 60 anni di democrazia, difesa anche dai comunisti.

Questa mi sembra una ricostruzione dei fatti molto parziale. Il PCI difese la democrazia per un'esigenza tattica che doveva poi condurre alla rivoluzione proletaria ed all'asservimento dell'Italia alla potenza straniera. Il contesto storico nazionale ed internazionale fortunatamente non lo ha mai consentito.

krentak the Arising!
29-07-03, 10:14
In origine postato da Curioso
anche in Italia si confrontavano USA e URSS, per interposti DC e PCI. Ma non dimentichiamo che questi due movimenti collaborarono alla edificazione della democrazia italiana.

In ogni caso, visti i 60 anni di merdocrazia in cui abbiamo vissuto e stiamo vivendo, non so se ci siano motivazioni sufficienti per essere grati di qualcosa a questi due partiti.

Curioso
29-07-03, 13:02
In origine postato da krentak
In ogni caso, visti i 60 anni di merdocrazia in cui abbiamo vissuto e stiamo vivendo, non so se ci siano motivazioni sufficienti per essere grati di qualcosa a questi due partiti.

Conosci qualche sistema migliore della democrazia, in termini di salvaguardia dei diritti di ciascuno di noi e della libertà di iniziativa imprendoriale, sebbene regolati per limitare l'arbitrio?
Oppure, immagini un percorso migliore per la nostra repubblica, in un recente passato?

29-07-03, 13:11
XIV. Il fascismo - La Legge Falco sulle Comunità Israelitiche Italiane - La campagna antisemita

Il fascismo, fino dal suo avvento, trova molti ebrei all’opposizione: professori universitari rifiutano fedeltà al Regime (11), il presidente della Corte Suprema Ludovico Mortara si dimette; il senatore Vittorio Polacco pronuncia un coraggioso discorso, che ha una vasta risonanza nel paese; fra i più fieri oppositori si pongono !decisamente i socialisti Treves e Modigliani; e quanto verrà in seguito rimproverato agli ebrei, durante la campagna razziale, di essere antifascisti, corrisponde a verità. Ma anche fra i Sansepolcristi e fra i sovvenzionatori del movimento si annoverano degli ebrei: qualcuno fa parte di quel gruppo di industriali lombardi che per paura del comunismo sostennero Mussolini, dimentico che una minoranza - come il nucleo ebraico italiano e può vivere in un paese finché vige la legalità, e diventa invece il comodo capro espiatorio quando la legalità è calpestata.

(11) Soltanto 12 professori universitari non vollero giurare fedeltà al regime fascista; e di questi 3 erano ebrei (Giorgio Errera, Giorgio Levi della Vida e Vito Volterra).

Dopo il Concordato col Vaticano del 1929, l’anno seguente Mussolini fa elaborare la Legge Falco sulle Comunità israelitiche italiane. In seguito a questa legge le piccole Comunità vengono assorbite dalle grandi, che hanno il compito di custodire il patrimonio storico e artistico di quelle. In tal modo diverse Comunità :dei piccoli centri, ormai molto assottigliate in -seguito al costante esodo degli ebrei verso le grandi città, nel 1930 hanno cessato di vivere di vita autonoma (Pesaro, Senigallia, Urbino, Cento, Lugo, che ha avuto una plurisecolare storia gloriosa, varie Comunità del Piemonte). La Legge Falco è indubbiamente utile per due ragioni:

1) siccome l’iscrizione alle Comunità è obbligatoria, condizionata alla residenza, non alla città di origine, gli ebrei non possono più uscire dalla Comunità e poi rientrare, secondo gli interessi del momento, com’era possibile finché vigeva la Legge Rattazzi, che concedeva piena autonomia alle Comunità, e ammetteva libertà d’iscrizione (Urbano Rattazzi fu Ministro degli Interni del Regno Sardo nel 1857, e la sua legge sulle Comunità israelitiche rimase in vigore in molte parti d’Italia fino al 1930);

2) il patrimonio artistico delle piccole Comunità è preservato dalle spogliazioni, purtroppo frequenti negli ultimi anni, quando preziosi documenti e oggetti storici erano venduti all’estero, arricchendo in tal modo collezioni e biblioteche straniere.

Ma con questa legge il fascismo, col suo governo accentratore, ha voluto soltanto assicurarsi un controllo: Mussolini, che dichiara apertamente allo scrittore Emil Ludwig che in Italia un problema ebraico non esiste, che rassicura al riguardo il rabbino di Roma Sacerdoti, vuol servirsi degli ebrei per la sua politica. Il rabbino di Alessandria d’Egitto è un italiano; in tal modo si pensa che l’influenza italiana nel Levante si affermi; viene aperto un Collegio rabbinico a Rodi, che ospita una schiera molto esigua di studenti, tale da non giustificare la fondazione di un nuovo Collegio; i consoli italiani fanno opera di persuasione perché gli ebrei italiani all’estero non rinuncino alla cittadinanza; si facilita l’iscrizione alle Università italiane di quegli studenti stranieri che provengono da paesi dove vige il "numerus clausus". Il Collegio rabbinico da Firenze viene nuovamente trasferito a Roma. Dopo l’avvento di Hitler al potere, i profughi dalla Germania vengono accolti e il loro insediamento non è ostacolato dalle Autorità.

La guerra d’Etiopia (1935-36) mette il Governo italiano in contatto coi 30 mila Falascia che vivono in Abissinia. Di questo nucleo di negri professante la religione ebraica, ma vissuto per secoli in assoluto isolamento, si era occupata fin dal 1908 l’Alliance Israelite Universelle, che aveva inviato in Abissinia una spedizione, che si era servita soprattutto della documentazione fornita (1904-05) dal prof. Faitlovich. Il Governo italiano, ritenendo opportuno favorire questo gruppo, dopo che i capi Falascia hanno prestato il giuramento di fedeltà, lo mette in relazione con gli Ebrei d’Italia.

Ma molti ebrei non si lasciano convincere dalla Politica illusoria del Governo fascista, e rimangono nemici dichiarati del Regime: nel 1934 a Torino un gruppo di giovani ebrei sono arrestati perché sorpresi a introdurre clandestinamente dall’estero materiale propagandistico antifascista. Questo fatto dà occasione a molti giornali di sfogare il loro livore antisemita; e mentre alcuni ebrei corrono ai ripari, e nella stessa Torino viene fondato il giornale "La nostra bandiera", esponente dei buoni "cittadini italiani di religione israelitica" , devoti al Regime, molti ebrei continuano a tenere un contegno degno delle più nobili tradizioni risorgimentali; ricorderemo fra questi i due fratelli Nello e Carlo Rosselli - discendenti da Pellegrino Rosselli e Jeannette Nathan Rosselli, che ospitarono Mazzini - uccisi in Francia da sicari fascisti nel 1937. Carlo Rosselli, il più giovane e il più battagliero dei due, aveva combattuto nella guerra civile in Spagna e fondato il periodico antifascista "Giustizia e libertà".

Anche i rabbini italiani mantengono un contegno dignitoso di fronte alle sempre più insistenti pressioni delle Autorità: il rabbino Castelbolognesi viene espulso da Tripoli perché, operando secondo la legge e le tradizioni ebraiche, ha disubbidito al vicerè Balbo; tutti i membri dell’Unione delle Comunità 1 si dimettono (1936); all’inizio della campagna razziale (non ancora ufficiale), dopo che una delegazione italiana ha partecipato al Congresso antisemita di Erfurt nel 1937, viene pubblicato un coraggioso "Manifesto dei rabbini d’Italia ai loro fratelli", aperta rampogna agli ebrei italiani che seguendo altre ideologie si ritengono avulsi dal loro ceppo di origine.

Mussolini, autonominatosi "protettore dell’Islam", appoggia gli Arabi di Palestina, inviando loro armi; si parla di minaccia ai luoghi santi da parte del Sionismo, sostenuto dalla Gran Bretagna.

La situazione va peggiorando sempre più col graduale avvicinamento del Governo fascista a quello hitleriano; ma malgrado episodi di violenza che hanno profondamente scosso l’opinione pubblica (nel 1936 a Tripoli i capi della Comunità ebraica vengono fustigati nella pubblica piazza, per un ordine, degno delle più barbare tradizioni medioevali, impartito da Graziani perché gli Ebrei di Tripoli si rifiutano di tenere i negozi aperti di sabato), Mussolini smentisce ufficialmente le voci, sempre più insistenti, provenienti dall’estero, di misure antisemite che il governo italiano andrebbe elaborando. Intanto Paolo Orario, rettore dell’Università di Perugia, pubblica turpi libelli antisemiti; ed il falso documento, plagiato da una satira contro Napoleone III scritta nel 1865 da un avvocato francese: "I Protocolli dei Savi Anziani di Sion" , per opera del suo divulgatore in Italia, lo spretato Giovanni Preziosi, ha varie ristampe, anche dopo la condanna per falso del libello, emanata dal Tribunale di Berna nel 1935 e 1937. Il giornale "Regime Fascista" pubblica regolarmente articoli antisemiti firmati: Farinacci (correva la voce che egli, notoriamente ignorante, firmasse articoli scritti da un altro), in cui si scagliano contro gli ebrei le solite volgarissime calunnie e si addossa agli ebrei la responsabilità di tutte le sciagure che hanno colpito l’umanità* nel corso dei secoli, e si chiedono provvedimenti per mettere al bando della società questi elementi pericolosi. Altri giornali antisemiti: "Il Tevere" , "Giornalissimo" ,," Quadrivio" vomitano insulti e ignobili calunnie contro gli ebrei; il pi, zelante divulgatore di odio razziale Telesio Interlandi, autore del libello "Contra Judaeos". Ed altri libelli del genere sono stampati e diffusi in questo triste periodo.

Nel maggio del 1938 Hitler viene a Roma per ricambiare la visita di Mussolini, e dà a quest’ultimo le più ampie assicurazioni che il confine del Brennero sarà rispettato. Ben presto si saprà in cambio di che cosa: una delegazione di esperti di razzismo viene in Italia per istruire funzionari italiani su questa pseudo-scienza; ed il 14 luglio 1938 viene pubblicato il "Manifesto della razza" , firmato da un gruppo di professori, di cui il più autorevole è Nicola Pende, in cui si sostiene l’assurda teoria della purità della razza italiana, prettamente ariana: quindi, gli ebrei sarebbero estranei e pericolosi al popolo italiano. In realtà, pochi popoli sono razzialmente così misti come il popolo italiano: l’Italia è stata soggetta, nel corso della sua storia, a continue invasioni, da nord e da sud. E ancora nel febbraio dello stesso anno Mussolini aveva pubblicamente smentito che il suo Governo volesse adottare misure antisemite!

Contemporaneamente al "Manifesto della razza" viene lanciata (in data: 15 luglio 1938) un’edizione speciale dei "Protocolli"; e per sostenere e diffondere l’assurda teoria razziale, nuova per gli italiani, inizia le sue pubblicazioni una rivista: "La difesa della razza" , diretta da Telesio Interlandi. Durante tutta l’estate del ‘38 tutta la stampa italiana (non esiste stampa libera in Italia in questo periodo, e molti giornalisti gareggiano in servilismo verso il Regime) pubblica articoli diffamatori contro gli ebrei per preparare l’opinione pubblica a una legge draconiana che sta per uscire: il I’ settembre 1938 esce la legge persecutoria antiebraica, di puro stampo nazista: tutti gli ebrei italiani sono messi al bando della vita pubblica; perfino le scuole sono precluse ai bambini ebrei. Dopo un secolo di vita comune, senza alcuna distinzione fra Ebrei e Italiani, durante il quale tanti eletti ingegni di stirpe ebraica avevano dato il loro contributo alla cultura nazionale, avevano fatto onore all’Italia tenendone alto il prestigio fra gli studiosi stranieri; e tutti gli ebrei avevano dato costanti, indubbie prove di attaccamento alla terra natale, e tanti ebrei avevano combattuto per l’Italia, versando il loro sangue sui campi di battaglia, ora si ritornava alle interdizioni di prima della emancipazione, tanto più obbrobriose per l’Italia, in quanto imposte dall’alleato di Mussolini e disapprovate dalla stragrande maggioranza dei popolo italiano. Viene istituito un Ufficio demografico e di protezione della razza.

Il periodo 1938-1945 è tragico per gli ebrei italiani; quelli che hanno la possibilità, emigrano: i più verso le Americhe, molti in Palestina; si registrano molte abiure ed anche qualche "arianizzazione", ottenuta col presentare documenti falsi e forti somme di denaro. Invero sono ben pochi quelli che fanno valere una legge, emanata ad hoc, secondo la quale era da considerarsi "ariano" l’ebreo che dimostrava di essere figlio di un adulterio. Gli altri si adattano a vivere come possono, si organizzano in seno alle stesse Comunità e continuano, malgrado le loro peggiorate condizioni, ad aiutare i fratelli d’oltralpe che dall’avvento di Hitler al potere sono affluiti numerosi in Italia, privi di mezzi e bisognosi di cure. La Delasem (Delegazione Assistenza Emigranti), una Società creata a questo scopo, provvede i profughi del necessario.


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Tratto da un volume (ormai esaurito) pubblicato nel 1961 dall'Histadruth Hamorìm (Associazione Insegnanti Ebrei d'Italia - Milano) a seguito di un seminario organizzato nel 1959 a Vigo di Cadore.

Pieffebi
29-07-03, 14:37
In origine postato da Fecia di Cossato
originally posted by rag. PierFrancesco:

... come è noto a tutti, salvo agli analfabeti storiografici, il fascismo, dopo qualche discussione [Starace l'avrebbe voluta immediata, ma Mussolini per un po' prese tempo], ha espulso dal partito tutti gli ebrei, impedendo loro di portarne i simboli e i fregi...

... tuttavia per disposizione del segretario del partito Vigussoni nel gennaio 1942 anche gli 'arianizzati' furono espulsi dal partito fascista...

... come è noto a tutti, salvo a chi è sprovvisto di cervello, un provvedimento a carico di un individuo si definisce 'persecutorio' quando viola uno dei diritti a lui garantiti dalla Costituzione [al tempo dallo Statuto...]. Orbene in nessun paese in nessun periodo tra questi 'diritti' vi è stato quello di preservare ad un individuo l'appartenza ad un partito politico. In altre parole, oggi come allora, il segretario di un partito politico, a prescindere dalla sua pretesa 'democraticità', può benissimo espellere dal partito stesso chiunque e per qualunque motivo senza dover rendere conto a nessuno...

Devo constatare purtroppo che questo thread, aperto dal nostro moderatore con dichiarati propositi 'antireviosionistici' sta un poco deludendo le aspettative. Ad esempio la tanto sbandierata 'imponente base documentale' al momento si è concretata nel riportare un articolo di una rivista e un manifesto propagandistico. Riguardo quest'ultimo poi il fatto che la dicitura sia in tedesco fa nascere qualche legittimo dubbio circa la sua classificazione 'fascista'... a meno che [e in questo caso ammetto in pieno la mia ignoranza storiografica :rolleyes:...] tra i requisiti di 'italianità fascista' imposti dal regime non ci sia stato l'obbligo di imparare la lingua dei camerati germanici...

Auspicando un [probabile] miglioramento di qualità della trattazione sono lieto di porgere al nostro distinto ragioniere...

... cordiali saluti!...


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http://utenti.lycos.it/luposabatini/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato

Mi pare proprio che abbiamo passato il segno. Il mio contraddittore, che usa termini che non capisce (come "revisionismo" e "antirevisionismo" e altri) si affanna, avviluppandosi nelle sue contraddizioni, ad attribuirmi affermazioni, a ben vedere, del tutto inesistenti da parte mia.
Io non ho affermato che l'espulsione da un partito politico costituisca, di per sé, una persecuzione, ma ho semmai ribattuto ad un'obiezione secondo la quale gli ebrei fascisti sarebbero o avrebbero potuto essere ...esentati da ogni forma di persecuzione di Regime, sostenendo che, infatti, NON si riconosceva più, da parte delle autorità mussoliniane, l'esistenza di ebrei fascisti, tanto più che i medesimi sono stati esclusi dal partito.
Non solo gli ebrei in genere, ma dal 1942 persino gli ebrei completamente "arianizzati" (spero che il mio contraddittore non equivochi sul termine e conosca quanto meno l’esistenza, prodotta dalla legislazione fascista, però nel 1939, di questa categoria).
Nella sostanza l’affermazione “incriminata” si riduce a questo: non può darsi che verso gli ebrei fascisti valessero privilegi atti a sottrarli alla persecuzione perché il Regime NON riconosceva più l’esistenza di ebrei fascisti. Taluni ebrei, ex iscritti al PNF, anche a prezzo dell’abiura del loro ebraismo, possono essere stati certo “discriminati” o “arianizzati”, evitando alcune forme particolarmente spiacevoli della persecuzione dei diritti, ma non certo in quanto fascisti.
Ma questo non è tutto.
Come è ovvio dunque , la persecuzione non attiene certamente all’espulsione dal partito, ma l’espulsione dal partito espone maggiormente alla persecuzione anche quegli ebrei che potevano esserne del tutto esonerati, ad esempio, per i loro “meriti patriottici particolari”.
Visto poi che la tessera del partito fascista era obbligatoriamente richiesta per esercitare determinate attività o mestieri (ad esempio ..per fare il ferroviere dello stato e quindi per contribuire a far giungere i treni in orario) , è del tutto evidente, in aggiunta, che anche l’affermazione che l’espulsione da un partito non possa essere in nessun modo intesa come persecutoria è…a questo punto…quanto meno discutibile.
Nella fattispecie ci troviamo infatti di fronte al caso non di un partito contemporaneo, in un sistema costituzionale democratico pluralista, ma di un regime a partito unico “totalitario” (autocertificazione mussoliniana), un sistema antidemocratico, ove l’essere membro del partito conferisce particolari privilegi e diritti. Solo una persona di nessuna conoscenza storico-politica o di nessuna intelligenza può non rendersi conto che quando questa espulsione dal partito non è individuale ma collettiva, e correlata non ad un comportamento, ma ad un’appartenenza RAZZIALE (giacchè, come dimostrato, i criteri di identificazione degli ebrei erano prettamente biologico-razziali e non religiosi o culturali), e quando da detta espulsione possono discendere conseguenze negative con la privazione di beni della vita (perdita del posto di lavoro, divieto all’accesso a determinate professioni o attività…..)…… si può logicamente dedurne il suo essere propedeutica ad una persecuzione.
Il Partito fascista non era poi una mera…..associazione libera di cittadini, come è attualmente un qualsiasi partito, ma era di fatto un' istituzione di diritto pubblico ai confini dell’essere un organo dello Stato, come era diventato il Gran Consiglio, con un apparato militare, la milizia, che agiva come forza di polizia aggiunta del Regno. Nulla che si possa paragonare ai nostri partiti attuali.
Il mio contraddittore dice che il Segretario di un partito ha il pieno diritto di espellere chi vuole. Giusto, o almeno deve solo obbedire allo Statuto del Partito e renderà conto agli organi del Partito.
Uno Statuto di un partito che dovesse prevedere l'espulsione dei cittadini membri per la loro "appartenenza etnica", sarebbe tuttavia discriminatorio. Figuriamoci se quello in questione fosse un Partito Unico di un Regime Autoritario.
Il cittadino che , non per quello che fa o dice, ma solo PER LA SUA PRETESA RAZZA, in quanto escluso dal partito unico a cui pure apparteneva, è escluso di conseguenza da attività economiche, professioni, diritti, è un cittadino discrimato e perseguitato (quella che viene definita dagli storici “persecuzione dei diritti e nei diritti”). Piaccia o non piaccia al mio contraddittore.

La qualità del 3d è, concordo con il mi contradditore, un tantino scaduta, viste le assurdità da lui postate e le obiezioni prive di qualsiasi valore che presenta con un livore degno di miglior causa. Circa i documenti, ho solo detto che verranno prodotti (niente di eccezionale, solo i testi, a volte del tutto integrali di leggi, circolari…..). Non ho mai detto che li avrei scaricati contemporaneamente sul 3d in quantità industriali e contemporaneamente.

Torniamo, per un secondo, infine, sul “revisionismo”. Come è noto con questo termine si possono indicare cose del tutto diverse fra di loro: dal, per fare degli esempi noti, negazionismo olocaustico, ed altri generi fantasy, a tentativi seri di ricerca storiografica accurata che, in quanto tali, vanno a integrare, far progredire, modificare, rettificare, e quindi REVISIONARE le conoscenze fino ad allora esistenti su un tema, un’epoca, un fenomeno storico.
Da tempo i “revisionisti” (ossia tali definiti dal pubblico) seri, a cominciare da quello che fu riconosciuto da tutti come il caposcuola italiano, il compianto Renzo De Felice, hanno affermato due concetti:
1) uno storico serio non può non essere revisionista, per cui TUTTI gli storici degni di questo nome sono in qualche modo revisionisti;
2) il termine revisionismo è del tutto inutilizzabile perché adoperato purtroppo da molti per fini che hanno ben poco a che fare con le scienze storiche, che piegano a loro scopi politico-ideologici senza nessuna preoccupazione di adesione ai fatti (spesso in contrapposizioni a vulgate storiografiche a suo tempo formatesi con non pochi peccati ideologici, ma senza averne neppure lo spessore culturale quella certa serietà metodologica che queste pur avevano).

Se la mia impostazione è “antirevisionista” lo è solo nel senso che è senz’altro “anti-bufale”, non certo perché tende a difendere, nella fattispecie, la cosiddetta “vulgata storiografica antifascista” a suo tempo denunciata (e in Italia denunciata per prima), dalla scuola raccolta intorno a studiosi come Renzo De Felice.

Saluti liberali

Pieffebi
29-07-03, 19:37
In origine postato da krentak
Questa mi sembra una ricostruzione dei fatti molto parziale. Il PCI difese la democrazia per un'esigenza tattica che doveva poi condurre alla rivoluzione proletaria ed all'asservimento dell'Italia alla potenza straniera. Il contesto storico nazionale ed internazionale fortunatamente non lo ha mai consentito.

Affermazione sostanzialmente corretta, anzi....correttissima. Non condivisibile la qualificazione del sistema politico italiano dal 1945 ad oggi (con tutti i suoi difetti evidenti) con il termine da te usato nel post successivo.

Cordiali saluti

Pieffebi
29-07-03, 19:44
In origine postato da Manuel
XIV. Il fascismo - La Legge Falco sulle Comunità Israelitiche Italiane - La campagna antisemita

..........................

Tratto da un volume (ormai esaurito) pubblicato nel 1961 dall'Histadruth Hamorìm (Associazione Insegnanti Ebrei d'Italia - Milano) a seguito di un seminario organizzato nel 1959 a Vigo di Cadore.

In sintesi il testo da te proposto, pur nella sua sinteticità, contiene alcuni spunti interessanti, ma tende, a mio avviso, a enfatizzare troppo due elementi ed a minimizzarne un terzo.
Enfatizza, da testo antifascista, l'esistenza di ebrei antifascisti da sempre (del resto ricordato anche recentemente dal Sarfatti con una breve citazione da me riportata in un post più sopra: "gli ebrei furono fascisti come gli altri italiani e più antifascisti degli altri italiani"). Lascia intendere che addirittura il razzismo fu un omaggio a Hitler per ricambiarlo del riconoscimento della natura definitiva della frontiera del Brennero (affermazione discutibile e che ignora la concorrenzialità presto esplosa fra il razzismo italico e quello estremo tedesco). Minimizza (seppur se ne intende l'esistenza) la presenza del folto manipolo degli ebrei fascisti e non mette in rilievo la loro funzione e la... loro ...sorte. Del resto questo fu per diverso tempo un elemento imbarazzante per molti ebrei del nostro Paese.

Saluti liberali

El Venexian
29-07-03, 22:27
In origine postato da Pieffebi

La retorica nazista sul giudeo-bolscevismo e sul giudeo-capitalismo, nonchè le sparate di Hitler sulla radice giudaica della seconda guerra mondiale, che avrebbe di conseguenza detrminato, come contrappasso, la distruzione dell'ebraismo in Europa, appartengono allo stesso schema "logico" della mistificatoria negazione dell'esistenza di una politica antisemita del fascismo italiano.


Mi consenta ,
La lobby ebraica americana e' estremamente vitale e rappresentata nel senato e nella casa bianca.
Il partito comunista nel 1917 era per 3/4 composto di ebrei russi.
Lo stesso direttore del tg che lei si guarda ogni giorno (Mentana) e' ebreo.

non facciamo di un'erba un fascio , ma con questi fatti in mano si poteva all'epoca giocare per bene una furba campagna propagandistica , e onestamente sono fatti che dovrebbero farla riflettere tutt'ora.

C'e' da chiedersi invece cosa vogliono ancora gli ebrei dopo 60 anni dalla guerra.
(a parte i soldi , intendo).

scusi , io sono itaGliano , cosa dovrei fare ? tagliarmi le vene perche' mio nonno militava nella Wermacht ?
(apparte che e' stato obbligato , pena la fucilazione..)

sarebbe ora che la questione ebraica sia dichiarata un capitolo chiuso , tanto piu' che ora hanno il loro stato (israele) che tanto agognavano.

saluti ,
~EV~

El Venexian
29-07-03, 22:36
tra l'altro , si , ho letto le leggi razziale del 38 e in quanto colto in materia posso dirle che mi fanno sorridere.

all'epoca non era neanche stato scoperto il DNA , figurarsi come poteva essere concepita la "selezione" se non tramite la misurazione del Nasone , dei circoncisi , degli iscritti alle sinagoghe , dei marrani , e dei cognomi judo-itaGliani.

non per sminuire , ma a conti fatti in uno stato dittatoriale era ovvio che i gruppi e le etnie che si consideravano uno stato nello stato come gli ebrei hanno sempre fatto , fossero prima o poi visti di cattivo okkio dal regime.

mi sembra invece che la sua tesi sia : gli itagliani approvavano le leggi , ed erano sporchi razzisti etc etc

mi spiace deluderla , ma avesse la decenza di leggere qualunque libro non dico di medicina ma almeno di anatomia , scoprirebbe che le razza umana non e' una e indivisibile ma alquanto varia e bizzarra e divisa in molte "sub-razze".

il problema si pone quando questa catalogazione che nulla ha di politico viene sfruttata a scopi segregazionisti e geopolitici.

bisogna quindi chiedersi come mai tutti i popoli che hanno conosciuto gli ebrei fin dai tempi dei fenici hanno reagito allo stesso modo , ma questo immagino sia chiederle troppo...

saluti ,
~EV~

Pieffebi
29-07-03, 22:56
Gli italiani (senza g, perchè la g ce la ficcano solo quelli che non san scrivere...e non san quello che si dicono, analfabeti o nazi-padani che siano) non approvarono un bel niente. Le leggi razziali con annessi e connessi sono appunto RAZZIALI e non di mera difesa ....dall'antifascismo. Gli ebrei come razza comprendono biondi, castani, mori, negri (falascià), e persino gialli (bella razza, vero? solo un cretino può definirla, infatti, una razza ) e le razze, nel senso detto, esistono solo nella sua testa. Certo vi sono gruppi etnici e culturali, eccetera, ma che non infrangono l'unità della specie. Il DNA non era ancora stato scoperto, ma di razza se ne parlava eccome e da decenni. Il fatto che la maggioranza dei capi bolscevichi del 1917 fosse di ORIGINE ebraica è trattato più sopra in un post apposito. Il fatto che Mentana sia o non sia ebreo può preoccupare solo gli idioti. Per il resto faccia lei.

Shalom!!!

El Venexian
29-07-03, 23:15
In origine postato da Pieffebi
Gli italiani (senza g, perchè la g ce la ficcano solo quelli che non san scrivere...e non san quello che si dicono, analfabeti o nazi-padani che siano) non approvarono un bel niente. Le leggi razziali con annessi e connessi sono appunto RAZZIALI e non di mera difesa ....dall'antifascismo. Gli ebrei come razza comprendono biondi, castani, mori, negri (falascià), e persino gialli (bella razza, vero? solo un cretino può definirla, infatti, una razza ) e le razze, nel senso detto, esistono solo nella sua testa. Certo vi sono gruppi etnici e culturali, eccetera, ma che non infrangono l'unità della specie. Il DNA non era ancora stato scoperto, ma di razza se ne parlava eccome e da decenni. Il fatto che la maggioranza dei capi bolscevichi del 1917 fosse di ORIGINE ebraica è trattato più sopra in un post apposito. Il fatto che Mentana sia o non sia ebreo può preoccupare solo gli idioti. Per il resto faccia lei.

Shalom!!!

sono veneto e mi ritengo veneto , non itaGliano (o italiota , come preferisce).
non mi dia del nazi-leghista , sono un venetista , e contrario al folklore bossiano.

scusi ma allora lei considera gli ebrei solo come una religione , o anche in parte come i discendenti di abramo ,moses , cohen , etc ?

questo andrebbe chiarito , anche perche' se non erro e' vietato ai non ebrei (di "sangue") la conversione al giudaismo e solo gli individui che abbiano almeno la madre biologicamente ebrea possono diventare cittadini di israele.

gradirei un suo parere in merito.
Saluti ,
~EV~

El Venexian
29-07-03, 23:22
noto poi che essendo una persona seria evita con cura le mie domande compromettenti.

ripeto :

ha MAI letto un libro di anatomia ?
di medicina legale ?
di genetica ?

aggiungo :

E' al corrente che gli scienziati israeliti sono attivissimi nella
ricerca del Y cromosome "semita" per il tuning e la sperimentazione su malattie genetiche che affliggono solo quella etnia ?
Sa che vendono kit genetici per testare il Y cromosome "giudeo" ?
Non reputa RAZZISTE queste ricerche ?

E come mai la questione "chi e' ebreo" e' cosi' ammorbante tra gli ebrei stessi ?



gradirei una sua risposta in merito SE possibile.
saluti ,
~EV~

El Venexian
29-07-03, 23:41
mi scusi sig.PFB , ma dopo aver letto il kilometrico thread su togliatti e lenin non ho trovato nulla in cui lei parli del partito comunista russo a maggioranza ebrea.

un'altra mossa per sfuggire le domande scottanti ?
o lo sta scrivendo in questo momento ?

e' gradita una sua risposta.
~EV~

yurj
29-07-03, 23:44
E' inutile che cerchi di discutere on Pfb. Lui ti cancellera' i post.

El Venexian
30-07-03, 00:06
lo vedremo.

e' il forum della CDL o del B'nai Brith ??

non risponde alle mie domande , mi dice di leggere un thead dove non c'e' nulla , mi saluta con "Shalom!" ....

io non faccio molti giri di parole , vado subito al sodo ,
e se il sig.PFB e' un uomo democratico e amante della discussione poltica costruttiva e powerizzante per il nostro credo geopolitico , sono sicuro che sapra' illuminarci con la sua saggezza.

yurj
30-07-03, 00:12
Domani i tuoi post non ci saranno piu'... :D

El Venexian
30-07-03, 00:34
e allora si sara' capito che razza di personaggio e' PFB.

ma io non temo nulla , noi siamo nel giusto.

ariel
30-07-03, 00:34
In origine postato da El Venexian


bisogna quindi chiedersi come mai tutti i popoli che hanno conosciuto gli ebrei fin dai tempi dei fenici hanno reagito allo stesso modo , ma questo immagino sia chiederle troppo...

saluti ,
~EV~

è questo il punto.
Da non dimenticare quindi la quasi identità bolscevismo=ebraismo nel periodo tra le due guerre. In questo contesto si possono comprendere perfettamente le leggi "razziali" (che tali non erano, essendo rivolte contro gli ebrei, etnia più che "razza" in senso biologico)...

El Venexian
30-07-03, 00:43
In origine postato da ariel
è questo il punto.
Da non dimenticare quindi la quasi identità bolscevismo=ebraismo nel periodo tra le due guerre. In questo contesto si possono comprendere perfettamente le leggi "razziali" (che tali non erano, essendo rivolte contro gli ebrei, etnia più che "razza" in senso biologico)...

esatto , ma proprio per questo vorrei sentire il parere di uno che saluta con "shalom!" , giusto per vedere fino a che livello arriva la sua arroganza.

Pieffebi
30-07-03, 13:28
In origine postato da El Venexian
sono veneto e mi ritengo veneto , non itaGliano (o italiota , come preferisce).
non mi dia del nazi-leghista , sono un venetista , e contrario al folklore bossiano.

scusi ma allora lei considera gli ebrei solo come una religione , o anche in parte come i discendenti di abramo ,moses , cohen , etc ?

questo andrebbe chiarito , anche perche' se non erro e' vietato ai non ebrei (di "sangue") la conversione al giudaismo e solo gli individui che abbiano almeno la madre biologicamente ebrea possono diventare cittadini di israele.

gradirei un suo parere in merito.
Saluti ,
~EV~

Lei ignora le cose e ne vuole parlare ugualmente. Da nessuna parte è vietata la conversione al giudaismo a nessuno. Sennò gli ebrei negri dell'Etiopia o quelli gialli dell'Asia...come lo sarebbero diventati? Il proselita può essere un qualsiasi individuo di qualunque stirpe, purchè si purifichi, accetti e pratichi la Torah. Si informi prima di dire stupidaggini.

Shalom!!!

Pieffebi
30-07-03, 13:30
In origine postato da Pieffebi
Sicuramente una parte notevole dei massimi dirigenti bolscevichi che guidarono la rivoluzione d'ottobre era di origini ebraiche. Ma tutti i dirigenti bolscevichi più influenti erano ebrei solo per modo di dire: erano atei (quindi non professavano la religione dei padri) erano di cultura russa occidentalizzata (ignoravano la cultura ebraica o quasi), avevano rotto con la loro comunità di appartenenza, erano in aspro conflitto tanto con i socialisti ebrei (il famoso BUND) che con il sionismo (ritenuto un'ideologia reazionaria nazionalista e piccolo borghese ). Oggi sappiamo che persino Lenin, era per metà di origini ebraiche, come ebrei erano per origini senz'altro Trotzky, Kamenev, Zinoviev, Sverdlov, Joffe e tanti altri. Progressivamente in epoca staliniana gli ebrei dirigenti del partito diminuirono di numero e di influenza, fino che in pratica rimase solo il Kaganovic, criminale complice di Stalin (di sentimenti antisemiti) ai massimi vertici del partito, con pochi altri. Contro gli ebrei Stalin scatenò varie epurazioni, fino alle persecuzioni finali, che portarono, tra l'altro, alla liquidazione del Comitato Antifascista Ebraico dell'URSS e alla liquidazione fisica dei suoi massimi rappresentanti .
Rigurado al fatto che molti ebrei nel mondo fossero antifascisti, considerato che la massima parte dei movimenti fascistoidi e nazistoidi, ad eccezione di quello italiano, fino al 1937/38, erano violentemente antisemiti......mi pare naturale. Come è naturale che i neri americani e no sarebbero stati avversi ad un ipotetico governo dei KKK negli USA.
Ci sono però importanti eccezioni, proprio fra l'estrema destra del movimento sionista (molto variegato), seppur minoritaria, che simpatizzava proprio per i nazionalismi radicali europei coevi, fascismo e persino nazismo compresi.
Sulla situazione italiana proporrò dei post appositi, alla lettura dei quali ti rimando.

Saluti liberali


si legga anche la risposta nel 3d su Stalin, Togliatti...

Pieffebi
30-07-03, 13:33
In un post precedente ho riportato un manifesto della propaganda antisemita germanica (come tale qualificato anche se qualcuno lo ha inteso riferito alla propaganda fascista italiana, a cui è dichiarato solo affine nel concetto ispiratore di fondo: gli ebrei ispiratori del nemico) in cui la rappresentazione del “giudeo” come un grasso borghese con il naso …tipico…. è la stessa che si può ritrovare tanto nella propaganda del clerico-fascismo (ad esempio austriaco) e di certo coevo giornalismo cattolico tradizionale, quanto in talune espressioni di antisemitismo di sinistra.
La natura di queste espressioni propagandistiche, al di là di qualsiasi giudizio etico, invita a meditare sugli atavici riflessi psicologici di massa sulle quali puntano, in cui le avversioni nazionale e razziale sono strettamente coniugate con una qualche avversione sociale “antiplutocratica”.
L’ebreo è rappresentato come un ricco borghese materialista e approfittatore che complotta dietro le quinte per conquistare il dominio del mondo giuocando a dividere, strumentalizzare, manipolare i popoli ariani, utilizzando contemporaneamente tutte le armi possibili. Dal capitalismo finanziario più sfrenato al bolscevismo collettivista livellatore.
L’ebreo è antifascista, secondo questi stereotipi razzisti, in quanto il fascismo si contrappone al capitalismo liberale plutocratico e al comunismo e difende l’identità razziale e culturale dei popoli europei, dando loro un nuovo ordine. In realtà l’ebreo è prevalentemente antifascista perché naturalmente attratto, come appartenente ad una comunità religiosa e culturale discriminata per secoli nella società tradizionale cristiana, dalle tematiche dei diritti politici, civili, della democrazia politica e della giustizia sociale. Prevalentemente….perché non mancarono affatto ebrei reazionari e fascisti, e anche nel movimento sionista mondiale ci fu una componente di estrema destra che non si può non definire fascistoide.

Shalom!!!

Pieffebi
30-07-03, 13:42
In origine postato da El Venexian
noto poi che essendo una persona seria evita con cura le mie domande compromettenti.

ripeto :

ha MAI letto un libro di anatomia ?
di medicina legale ?
di genetica ?

aggiungo :

E' al corrente che gli scienziati israeliti sono attivissimi nella
ricerca del Y cromosome "semita" per il tuning e la sperimentazione su malattie genetiche che affliggono solo quella etnia ?
Sa che vendono kit genetici per testare il Y cromosome "giudeo" ?
Non reputa RAZZISTE queste ricerche ?

E come mai la questione "chi e' ebreo" e' cosi' ammorbante tra gli ebrei stessi ?



gradirei una sua risposta in merito SE possibile.
saluti ,
~EV~

Sono al corrente di molte cose, compreso il fatto che ci sono patologie endemiche di certe etnie, che determinati gruppi sangugni sono statisticamente più presenti in certe etnie o popoli che in altri. Che i cinesi e i giapponesi subiscono il tumore del colon in misura scarsa, mentre gli europei e americani in misura tragica (ma i cinesi e giapponesi d'america lo subiscono nella stessa misrua degli altri americani) e tante cose ancora. Che dismostrano l'idiozia di ogni razzismo.

Saluti liberali

El Venexian
30-07-03, 14:09
In origine postato da Pieffebi
Sono al corrente di molte cose, compreso il fatto che ci sono patologie endemiche di certe etnie, che determinati gruppi sangugni sono statisticamente più presenti in certe etnie o popoli che in altri. Che i cinesi e i giapponesi subiscono il tumore del colon in misura scarsa, mentre gli europei e americani in misura tragica (ma i cinesi e giapponesi d'america lo subiscono nella stessa misrua degli altri americani) e tante cose ancora. Che dismostrano l'idiozia di ogni razzismo.

Saluti liberali

mi fa piacere che condividiamo molte letture.

vorrei sapere pero' come mai in israele vige l'apartheid contro la razza palestine e la religione musulmana tanto che stanno tirando su un muro lungo centinaia di Km proprio in questi giorni , giusto per la democrazia e la tolleranza e l'eguaglianza razziale.

saluti ,
~ev~

El Venexian
30-07-03, 14:27
In origine postato da Pieffebi
Lei ignora le cose e ne vuole parlare ugualmente. Da nessuna parte è vietata la conversione al giudaismo a nessuno. Sennò gli ebrei negri dell'Etiopia o quelli gialli dell'Asia...come lo sarebbero diventati? Il proselita può essere un qualsiasi individuo di qualunque stirpe, purchè si purifichi, accetti e pratichi la Torah. Si informi prima di dire stupidaggini.

Shalom!!!

mi risulta che le sinagoghe ortodosse (non quelle riformiste) siano estremamente contrari ai gentili che chiedono la conversione e solo in rarissimi casi venga concessa , dopo lunghi anni di preparazione.

mi risulta inoltre che nella comunita' ebrea i convertiti vengano considerati comunque ebrei di "serie B".

sbaglio ?

yurj
30-07-03, 14:36
E' inutile, non ti sei accorto che sono spariti dei messaggi? :D

El Venexian
30-07-03, 14:36
In origine postato da Pieffebi
In un post precedente ho riportato un manifesto della propaganda antisemita germanica (come tale qualificato anche se qualcuno lo ha inteso riferito alla propaganda fascista italiana, a cui è dichiarato solo affine nel concetto ispiratore di fondo: gli ebrei ispiratori del nemico) in cui la rappresentazione del “giudeo” come un grasso borghese con il naso …tipico…. è la stessa che si può ritrovare tanto nella propaganda del clerico-fascismo (ad esempio austriaco) e di certo coevo giornalismo cattolico tradizionale, quanto in talune espressioni di antisemitismo di sinistra.
La natura di queste espressioni propagandistiche, al di là di qualsiasi giudizio etico, invita a meditare sugli atavici riflessi psicologici di massa sulle quali puntano, in cui le avversioni nazionale e razziale sono strettamente coniugate con una qualche avversione sociale “antiplutocratica”.
L’ebreo è rappresentato come un ricco borghese materialista e approfittatore che complotta dietro le quinte per conquistare il dominio del mondo giuocando a dividere, strumentalizzare, manipolare i popoli ariani, utilizzando contemporaneamente tutte le armi possibili. Dal capitalismo finanziario più sfrenato al bolscevismo collettivista livellatore.
L’ebreo è antifascista, secondo questi stereotipi razzisti, in quanto il fascismo si contrappone al capitalismo liberale plutocratico e al comunismo e difende l’identità razziale e culturale dei popoli europei, dando loro un nuovo ordine. In realtà l’ebreo è prevalentemente antifascista perché naturalmente attratto, come appartenente ad una comunità religiosa e culturale discriminata per secoli nella società tradizionale cristiana, dalle tematiche dei diritti politici, civili, della democrazia politica e della giustizia sociale. Prevalentemente….perché non mancarono affatto ebrei reazionari e fascisti, e anche nel movimento sionista mondiale ci fu una componente di estrema destra che non si può non definire fascistoide.

Shalom!!!

infatti basti ricordare la figura dei Kapo'...

sui poster propagandistici fascisti e nazisti pre-1945 basti cercare quelli di Mjollnir (Hans Schweitzer) che sono i piu' rappresentativi in assoluto.

sono tuttavia dell'idea che gli ebrei itaGliani fossero antifascisti perche' il fascismo nazionalizzo' le banche e il potere economico evitando che fosse sotto il controllo dei privati e del capitale pan-giudeo e degli stranieri in generis.

considerando gli ebrei come stranieri (non per niente si dicono "della diaspora" loro stessi) e' ovvio che il fascismo li vedesse come una minaccia e non come una virtu' utile al benessere della nazione.

senza dimenticare poi che molti nemici politici del fascismo erano casualmente ebrei o mezzi ebrei.

lungi da me difendere i fascisti , ma se permette essendo cittadino italiano ho piu' affininita' con loro che con un mediorientale.

inoltre la sua visione che gli ebrei per un modo o per l'altro siano sempre il capro espiatorio e' alquanto datata e priva di fondamento specie guardando lo stato nazi-sionista di israele e le giornaliere stragi di civili compiute dai sionisti in palestina contro i non-ebrei che hanno come unica colpa quella di non far parte della cosiddetta razza eletta.

Fecia di Cossato
30-07-03, 14:38
originally posted by rag. PierFrancesco:

… mi pare proprio che abbiamo passato il segno. Il mio contraddittore[…] si affanna, avviluppandosi nelle sue contraddizioni [sic!!!…], ad attribuirmi affermazioni, a ben vedere, del tutto inesistenti da parte mia…

… non ho affermato che l'espulsione da un partito politico costituisca, di per sé, una persecuzione, ma ho semmai ribattuto ad un'obiezione secondo la quale gli ebrei fascisti sarebbero o avrebbero potuto essere... esentati da ogni forma di persecuzione di regime, sostenendo che, infatti, non si riconosceva più, da parte delle autorità mussoliniane, l'esistenza di ebrei fascisti, tanto più che i medesimi erano stati esclusi dal partito…

… non solo gli ebrei in genere, ma dal 1942 persino gli ebrei completamente ‘arianizzati’ [spero che il mio contraddittore non equivochi sul termine e conosca quanto meno l’esistenza, prodotta dalla legislazione fascista, però nel 1939, di questa categoria]...

caro mio
far capire a tutti fino a che punto il segno sia stato [da parte di un certo ragioniere naturalmente :rolleyes:...] 'superato il segno' non mi sarà in effetti particolarmente diffcile...

Per dimostrare infatti la totale inconsistenza ed inesattezza di quanto è riportato in color cremisi qui sopra non offre alcuna difficoltà, solo una appropriato ordine logico di 'smatellamento'...

Prescindendo dal fatto che la già enunciata 'Dichirazione della razza' deliberata dal Gran Consiglio nell'ottobre del '38 non garantiva la 'discriminazione' per tutti gli ebrei iscritti al Pnf, ma solo per quelli 'ante marcia' [ossia coloro iscrittisi prima del 28 ottobre 1922...] oppure coloro iscrittisi nella seconda metà del '24 [al tempo della crisi del partito seguita all'uccisione di Matteotti, che tra l'altro aveva determinato la fuoriuscita dal partito di numerosi militanti...]...

... prescindedo inoltre dal fatto che includeva tra i 'beneficiari' i famigliari dei combattenti e dei caduti della guerra libica, mondiale, abissinia e spagnola, nonchè di persone 'altamente meritevoli nei confronti del Paese' ...

... non è difficile rilevare, sulla base della cruda legge dei numeri, che di fatto gli ebrei 'esclusi' dalle leggi razziali hanno costituito la stragrande maggioranza degli ebrei italiani. Secondo un dato mai contestato fornito dalle autorità di allora infatti delle oltre 15000 famiglie ebraiche presenti in itralia nel '38 quelle effettivamente raggiunte dai 'provvedimenti razziali' sarebbero state in tutto 3552, ossia meno di una ogni quattro.

E' assai indicativo poi che i provvedimenti di 'epulsione dal partito' citati dall'esimio ragioniere risalgono al '42, ossia un periodo successivo di due anni allo scoppio del conflitto nel quale le sorti dello stesso avevano cominciato a pendere a favore del nemico. Tra le misure adottate nello stesso anno dopo gli insuccessi militari in Africa vi era stata anche la precettazione degli ebrei, estesa anche ai discriminati, per l’esecuzione di lavori ferroviari, stradali e fluviali. A differenza di gran parte del resto d’Europa, l’Italia non aveva aggravato di molto la posizione degli ebrei durante la guerra. Il tutto si era risolto in sporadiche disposizioni, assai meno gravi che in altri paesi.

Infine la stessa affermazione secondo la quale tutti gli ebrei [anche quelli 'discriminati' o 'arianizzati'] siano stati allontanati dal partito è anch'essa erronea, e non di poco...

Per sincerarcene propongo ai gentile lettore un barno tolto dal più volte citato thread Gli italiani hanno già pagato da tempo, signor Fini!... http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=24441&perpage=20&pagenumber=10[/url] ]. L'episodio narrato dà la dimostrazione pratica di quanto forte sia stata la 'riconoscenza alla patria' da parte di alcuni ebrei a suo tempo 'risparmiati dai provvedimenti'. Solo da qualche anno esso è venuto alla luce grazie alla divulgazione di un gran numero di documenti dell'Oss [Operanting Strategic Services], i servizi di informazione americani della seconda guerra mondiale, ente predecessore della attuale Cia. Nel seguito è riportato, scritto da due giornalisti del [i]Corriere della Sera, Ennio Caretto e Bruno Marolo, una piccola parte del 'prezioso lavoro' fatto dall'industriale ebreo Adriano Olivetti [quello delle macchine da scrivere per intenderci...] a beneficio degli americani in un periodo che va dalla fine del '42 alla metà del '43. Da notare che Adriano Olivetti, il quale tra l'altro era da anni in stretto contatto con l'organizzazione terroristica ebraica chiamata 'Giustizia e Libertà', non solo era stato 'esentato' dall'applicazione delle 'leggi razziali' per i suoi 'notevolissimi meriti' nel campo del lavoro, ma aveva altresì mantenuto la tessera del Pnf...

al solito... buona lettura!...

... viene però deciso di incoraggiare Olivetti, ma allo scopo di ottenere informazioni sulla situazione in Italia e sulla possibilità di una insurrezione antifascista. Per diventare agente americano però l’ingegnere deve dimostrare di essere in buona fede. Viene interrogato ed ammette senza reticenze di essere iscritto al partito fascista dal 1938 [proprio l’anno delle ‘leggi razziali’… Olivetti infatti è stato uno dei tanti [circa settemila] che hanno ottenuto la ‘esenzione’ da esse per ‘meriti importanti in campo nazionale’… - n.d.r.]. ‘… ho dovuto farlo – spiega – per salvare mia fabbrica dopo tanti anni di opposizione…’. Sottolinea però di aver organizzato con Carlo Rosselli la fuga in Francia di Filippo Turati [che gli americani chiamano Turatti] e di aver collaborato con l’opposizione clandestina durante la guerra. Ricorda che suo cognato, Leone Ginzburg [anch’egli ebreo e anch’egli appartenente alla formazione chiamata ‘Giustizia e Libertà’ di cui in precedenza si è parlato ampiamente… - n.d.r.] è prigioniero in un campo di concentramento nazista. Vanta poi un fratello in America del quale però non ha notizie. Sulla sincerità dei suoi propositi gli interlocutori non hanno più dubbi. Interessano di lui soprattutto le conoscenze che ha a Roma, essendo egli in buoni rapporti ‘con alcuni membri della famiglia reale e con personalità loro vicine’. Inoltre è in contatto con molti comandanti militari e, meglio di tutto, ‘ha accesso ai circoli vaticani e sebbene protestante ha ottenuto recentemente una udienza dal Papa’. Da questo momento Olivetti diviene una fonte privilegiata per il servizio segreto americano. Egli fornisce loro utilissime indicazioni sull’esito degli attacchi aerei nel nord Italia. A Torino le incursioni dei bombardieri gli sono sembrate ‘molto efficaci’ e la produzione industriale è scesa da prima al 20 per cento del normale, per poi risalire al 50. A Genova però si è ottenuto poco e ‘non si capisce perché non siano stati colpiti gli stabilimenti Ansaldo’ [!!… bene così caro ingegnere!!…- n.d.r.]. Anche a Milano il risultato è minimo se paragonato con quello di Torino. Secondo Olivetti i bombardamenti ‘sono stati un vero successo psicologico e non hanno causato alcun risentimento contro i britannici’ [!!… ma che bell’esempio di collaborazione ingegnere!… complimenti!… - n.d.r.].
Il primo compito del nuovo agente è un inventario delle forze che potrebbero ribellarsi a Mussolini. Il suo viaggio comincia in Piemonte, dove nella sua stessa fabbrica ad Ivrea si sta organizzando la resistenza. Il partito comunista è il solo che abbia conservato nella clandestinità una struttura militare. I capi affermano che al momento opportuno saranno in grado di sollevare le masse nel giro di quattro giorni. Il partito d’azione, cui Olivetti è ideologicamente vicino, sta raccogliendo anch’esso uomini e armi in segreto. All’ingegnere che domanda quanto tempo occorre per essere pronti alla battaglia i responsabili del partito rispondono: ‘…da sei a otto giorni…’.


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http://utenti.lycos.it/luposabatini/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato

El Venexian
30-07-03, 14:42
In origine postato da yurj
E' inutile, non ti sei accorto che sono spariti dei messaggi? :D

e' vero !!

e mi ha risposto come avrebbe risposto il rabbino Di Segni...

senta PFB , io sono qui con tutte le buone intenzioni , ma spero non si caschi nello stalinismo editorial-telematico o saro' costretto a prendere provvedimenti.

questo e' forum della CDL , un forum che si proclama LIBERALE , lasciamo quindi ai forumisti la liberta' di opinione e di espressione , o la mia idea sulla sua persona che gia' sto maturando , non potra' che essere negativa.

confido nella sua buona volonta' e nell'amore per la civile discussione.

Curioso
30-07-03, 15:51
In origine postato da El Venexian

............................................
inoltre la sua visione che gli ebrei per un modo o per l'altro siano sempre il capro espiatorio e' alquanto datata e priva di fondamento specie guardando lo stato nazi-sionista di israele e le giornaliere stragi di civili compiute dai sionisti in palestina contro i non-ebrei che hanno come unica colpa quella di non far parte della cosiddetta razza eletta.

Beh, in realtà per quanto ho letto gli ebrei furono spesso guardati con sospetto, forse perchè non si integravano facilmente nei paesi in cui si stabilivano, mantenevano invece orgogliosamente i propri usi e costumi. Si pensi solo ai "ghetti" di tante città europee (ed anche italiane: ho scoperto ade esmpio che ne esisteva uno a Verona, molto antico, che risale a prima dell'anno Mille).
Spesso sono stati utilizzati come capri espiatori, o semplicemente quando occorreva reperire fondi per una città o uno stato.
Credo fu perchè molti di loro erano abili artigiani, commercianti, a volte usurai, quindi spesso benestanti. A tale proposito ho letto di una espulsione in massa di ebrei, forse proprio a Verona, che risale addirittura a prima dell'anno Mille.

In fondo tutto ciò non è strano, manifestazioni di diffidenza e di ostilità nei confronti dei "diversi" le colgo anche oggi, per esempio in questo sito, quando in certi thread si parla di immigrazione.

Anche per questo a volte non capisco certe decisioni del governo israeliano, tipo quella di innalzare il famoso muro. Mi sembrano un tentativo di perpetuare certe situazioni di "ghettizzazione" già dolorosamente sperimentate in passato dagli antenati di quei cittadini di Israele.
Perchè continuare a ragionare in quel modo? Se il mondo circostante non li guarda con benevolenza, a che pro peggiorare la situazione in quel modo?

Pieffebi
30-07-03, 16:10
In origine postato da Fecia di Cossato
originally posted by rag. PierFrancesco:

… mi pare proprio che abbiamo passato il segno. Il mio contraddittore[…] si affanna, avviluppandosi nelle sue contraddizioni [sic!!!…], ad attribuirmi affermazioni, a ben vedere, del tutto inesistenti da parte mia…

… non ho affermato che l'espulsione da un partito politico costituisca, di per sé, una persecuzione, ma ho semmai ribattuto ad un'obiezione secondo la quale gli ebrei fascisti sarebbero o avrebbero potuto essere... esentati da ogni forma di persecuzione di regime, sostenendo che, infatti, non si riconosceva più, da parte delle autorità mussoliniane, l'esistenza di ebrei fascisti, tanto più che i medesimi erano stati esclusi dal partito…

… non solo gli ebrei in genere, ma dal 1942 persino gli ebrei completamente ‘arianizzati’ [spero che il mio contraddittore non equivochi sul termine e conosca quanto meno l’esistenza, prodotta dalla legislazione fascista, però nel 1939, di questa categoria]...

caro mio
far capire a tutti fino a che punto il segno sia stato [da parte di un certo ragioniere naturalmente :rolleyes:...] 'superato il segno' non mi sarà in effetti particolarmente diffcile...

Per dimostrare infatti la totale inconsistenza ed inesattezza di quanto è riportato in color cremisi qui sopra non offre alcuna difficoltà, solo una appropriato ordine logico di 'smatellamento'...

Prescindendo dal fatto che la già enunciata 'Dichirazione della razza' deliberata dal Gran Consiglio nell'ottobre del '38 non garantiva la 'discriminazione' per tutti gli ebrei iscritti al Pnf, ma solo per quelli 'ante marcia' [ossia coloro iscrittisi prima del 28 ottobre 1922...] oppure coloro iscrittisi nella seconda metà del '24 [al tempo della crisi del partito seguita all'uccisione di Matteotti, che tra l'altro aveva determinato la fuoriuscita dal partito di numerosi militanti...]...

... prescindedo inoltre dal fatto che includeva tra i 'beneficiari' i famigliari dei combattenti e dei caduti della guerra libica, mondiale, abissinia e spagnola, nonchè di persone 'altamente meritevoli nei confronti del Paese' ...

... non è difficile rilevare, sulla base della cruda legge dei numeri, che di fatto gli ebrei 'esclusi' dalle leggi razziali hanno costituito la stragrande maggioranza degli ebrei italiani. Secondo un dato mai contestato fornito dalle autorità di allora infatti delle oltre 15000 famiglie ebraiche presenti in itralia nel '38 quelle effettivamente raggiunte dai 'provvedimenti razziali' sarebbero state in tutto 3552, ossia meno di una ogni quattro.

E' assai indicativo poi che i provvedimenti di 'epulsione dal partito' citati dall'esimio ragioniere risalgono al '42, ossia un periodo successivo di due anni allo scoppio del conflitto nel quale le sorti dello stesso avevano cominciato a pendere a favore del nemico. Tra le misure adottate nello stesso anno dopo gli insuccessi militari in Africa vi era stata anche la precettazione degli ebrei, estesa anche ai discriminati, per l’esecuzione di lavori ferroviari, stradali e fluviali. A differenza di gran parte del resto d’Europa, l’Italia non aveva aggravato di molto la posizione degli ebrei durante la guerra. Il tutto si era risolto in sporadiche disposizioni, assai meno gravi che in altri paesi.

Infine la stessa affermazione secondo la quale tutti gli ebrei [anche quelli 'discriminati' o 'arianizzati'] siano stati allontanati dal partito è anch'essa erronea, e non di poco...

Per sincerarcene propongo ai gentile lettore un barno tolto dal più volte citato thread Gli italiani hanno già pagato da tempo, signor Fini!... http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=24441&perpage=20&pagenumber=10[/url] ]. L'episodio narrato dà la dimostrazione pratica di quanto forte sia stata la 'riconoscenza alla patria' da parte di alcuni ebrei a suo tempo 'risparmiati dai provvedimenti'. Solo da qualche anno esso è venuto alla luce grazie alla divulgazione di un gran numero di documenti dell'Oss [Operanting Strategic Services], i servizi di informazione americani della seconda guerra mondiale, ente predecessore della attuale Cia. Nel seguito è riportato, scritto da due giornalisti del [i]Corriere della Sera, Ennio Caretto e Bruno Marolo, una piccola parte del 'prezioso lavoro' fatto dall'industriale ebreo Adriano Olivetti [quello delle macchine da scrivere per intenderci...] a beneficio degli americani in un periodo che va dalla fine del '42 alla metà del '43. Da notare che Adriano Olivetti, il quale tra l'altro era da anni in stretto contatto con l'organizzazione terroristica ebraica chiamata 'Giustizia e Libertà', non solo era stato 'esentato' dall'applicazione delle 'leggi razziali' per i suoi 'notevolissimi meriti' nel campo del lavoro, ma aveva altresì mantenuto la tessera del Pnf...

al solito... buona lettura!...

... viene però deciso di incoraggiare Olivetti, ma allo scopo di ottenere informazioni sulla situazione in Italia e sulla possibilità di una insurrezione antifascista. Per diventare agente americano però l’ingegnere deve dimostrare di essere in buona fede. Viene interrogato ed ammette senza reticenze di essere iscritto al partito fascista dal 1938 [proprio l’anno delle ‘leggi razziali’… Olivetti infatti è stato uno dei tanti [circa settemila] che hanno ottenuto la ‘esenzione’ da esse per ‘meriti importanti in campo nazionale’… - n.d.r.]. ‘… ho dovuto farlo – spiega – per salvare mia fabbrica dopo tanti anni di opposizione…’. Sottolinea però di aver organizzato con Carlo Rosselli la fuga in Francia di Filippo Turati [che gli americani chiamano Turatti] e di aver collaborato con l’opposizione clandestina durante la guerra. Ricorda che suo cognato, Leone Ginzburg [anch’egli ebreo e anch’egli appartenente alla formazione chiamata ‘Giustizia e Libertà’ di cui in precedenza si è parlato ampiamente… - n.d.r.] è prigioniero in un campo di concentramento nazista. Vanta poi un fratello in America del quale però non ha notizie. Sulla sincerità dei suoi propositi gli interlocutori non hanno più dubbi. Interessano di lui soprattutto le conoscenze che ha a Roma, essendo egli in buoni rapporti ‘con alcuni membri della famiglia reale e con personalità loro vicine’. Inoltre è in contatto con molti comandanti militari e, meglio di tutto, ‘ha accesso ai circoli vaticani e sebbene protestante ha ottenuto recentemente una udienza dal Papa’. Da questo momento Olivetti diviene una fonte privilegiata per il servizio segreto americano. Egli fornisce loro utilissime indicazioni sull’esito degli attacchi aerei nel nord Italia. A Torino le incursioni dei bombardieri gli sono sembrate ‘molto efficaci’ e la produzione industriale è scesa da prima al 20 per cento del normale, per poi risalire al 50. A Genova però si è ottenuto poco e ‘non si capisce perché non siano stati colpiti gli stabilimenti Ansaldo’ [!!… bene così caro ingegnere!!…- n.d.r.]. Anche a Milano il risultato è minimo se paragonato con quello di Torino. Secondo Olivetti i bombardamenti ‘sono stati un vero successo psicologico e non hanno causato alcun risentimento contro i britannici’ [!!… ma che bell’esempio di collaborazione ingegnere!… complimenti!… - n.d.r.].
Il primo compito del nuovo agente è un inventario delle forze che potrebbero ribellarsi a Mussolini. Il suo viaggio comincia in Piemonte, dove nella sua stessa fabbrica ad Ivrea si sta organizzando la resistenza. Il partito comunista è il solo che abbia conservato nella clandestinità una struttura militare. I capi affermano che al momento opportuno saranno in grado di sollevare le masse nel giro di quattro giorni. Il partito d’azione, cui Olivetti è ideologicamente vicino, sta raccogliendo anch’esso uomini e armi in segreto. All’ingegnere che domanda quanto tempo occorre per essere pronti alla battaglia i responsabili del partito rispondono: ‘…da sei a otto giorni…’.


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http://utenti.lycos.it/luposabatini/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato


La tecnica del mio contraddittore è quella di spostere di continuo il discorso. Lui dice che gli italiani fascisti sarebbero stati risparmiati dalla persecuzione (certo, cita i criteri di "discriminazione" del Gran COnsiglio, non avvedendosi neppure che c'è qualche consistente differenza con la legge e poi con la sua applicazione) . Si risponde che non esistevano più italiani fascisti in quanto tutti espulsi, compresi gli arianizzati.
Eccolo lor affermare che io avrei asserito che l'espulsione dal partito era l'oggetto della persecuzione degli ebrei fascisti, citando a sproposito Costituzioni e Statuti Albertini e presunti diritti del Segretario, e confondendo partiti unici con sistemi pluralistici (dimenticando il significato dell'iscrizione al partito per godere di determinati diritti e privilegi). Gli si risponde facendo notare le assurdità di quanto affermato. Eccolo allora tornare sui criteri della discriminazione, e su quella base giuocare la carte dell'irrisorietà del numero dei perseguitati, introducendo quindi un nuovo tema. Ma allora gli ebrei antifascisti erano in numero irrisorio? E se erano in numero irrisorio perchè perseguitare tutti gli ebrei (vorrei ricordare al mio contradittore che essere discriminati non significava aver riconosciuta la parità dei diritto con gli altri italiani, ma solo essere esentati dalle misure più....spiacevoli)? Non esistevano già sufficienti norme e misure contro gli antifascisti? In che differiva un antifascista di origini ebraiche da uno veneto o da uno protestante (i valdesi erano antifascisti in misura superiore agli ebrei)?
Non credo dunque che la parola logica sia un termine che il mio contraddittore titolato ( :D ) possa permettersi di usare.... visto che asserisce che le misure RAZZISTE antiebraiche furono solo misure di lotta preventiva a un gruppo potenzialmente ostile nell'avvicinarsi del conflitto mondiale (certo che tanto favorevoli a una guerra in alleanza con l'antisemita folle austriaco capo della GErmania non dovevano esserlo proprio neppure gli ebrei fascisti).
Ma torneremo ancora sui temi di cui sopra, in maniera meno dilettantesca di quella sfoggiata dal mio illustre contraddittore, e affrontando il tema a cui continua a sfuggire: la scelta della definizione di ebreo secondo criteri razziali e non religiosi, o politico-culturali.

Shalom!!!

yurj
30-07-03, 16:25
Fecia: la perrsecuzione diretta di piu' di 3000 famiglie non ti basta? :rolleyes:

El Venexian
30-07-03, 16:30
In origine postato da Pieffebi
La tecnica del mio contraddittore è quella di spostere di continuo il discorso. Lui dice che gli italiani fascisti sarebbero stati risparmiati dalla persecuzione (certo, cita i criteri di "discriminazione" del Gran COnsiglio, non avvedendosi neppure che c'è qualche consistente differenza con la legge e poi con la sua applicazione) . Si risponde che non esistevano più italiani fascisti in quanto tutti espulsi, compresi gli arianizzati.
Eccolo lor affermare che io avrei asserito che l'espulsione dal partito era l'oggetto della persecuzione degli ebrei fascisti, citando a sproposito Costituzioni e Statuti Albertini e presunti diritti del Segretario, e confondendo partiti unici con sistemi pluralistici (dimenticando il significato dell'iscrizione al partito per godere di determinati diritti e privilegi). Gli si risponde facendo notare le assurdità di quanto affermato. Eccolo allora tornare sui criteri della discriminazione, e su quella base giuocare la carte dell'irrisorietà del numero dei perseguitati, introducendo quindi un nuovo tema. Ma allora gli ebrei antifascisti erano in numero irrisorio? E se erano in numero irrisorio perchè perseguitare tutti gli ebrei (vorrei ricordare al mio contradittore che essere discriminati non significava aver riconosciuta la parità dei diritto con gli altri italiani, ma solo essere esentati dalle misure più....spiacevoli)? Non esistevano già sufficienti norme e misure contro gli antifascisti? In che differiva un antifascista di origini ebraiche da uno veneto o da uno protestante (i valdesi erano antifascisti in misura superiore agli ebrei)?
Non credo dunque che la parola logica sia un termine che il mio contraddittore titolato ( :D ) possa permettersi di usare.... visto che asserisce che le misure RAZZISTE antiebraiche furono solo misure di lotta preventiva a un gruppo potenzialmente ostile nell'avvicinarsi del conflitto mondiale (certo che tanto favorevoli a una guerra in alleanza con l'antisemita folle austriaco capo della GErmania non dovevano esserlo proprio neppure gli ebrei austriaci).
Ma torneremo ancora sui temi di cui sopra, in maniera meno dilettantesca di quella sfoggiata dal mio illustre contraddittore, e affrontando il tema a cui continua a sfuggire: la scelta della definizione di ebreo secondo criteri razziali e non religiosi, o politico-culturali.

Shalom!!!

non vedo perche' ci sia bisogno di scrivere questi papiri.

non sono gli itagliani che dicono agli ebrei di essere diversi e di ghettizzarsi ma sono gli ebrei stessi che lo fanno per difendersi dai nemici cristiani.

ergo , non c'e' da stupirsi se in uno stato al 99% cristiano e dittatoriale , a qualcuno venga la strana idea che quella sparuta minoranza di anticristiani e antifascisti possa considerarsi ostile e nemica dell'integrita' dello stato.
(reato che sussiste tuttora , e con cui hanno cercato di portare bossi e la lega in tribunale)

per sua informazione esiste anche la legge di vilipendio alla bandiera , e di ricostituzione del partito fascista.
(ricordo proprio a VR il processo a Freda per Ordine Nuovo).

Non sminuiamo questi fatti come se fosse cosa del medioevo , queste discriminazioni esistono tuttora nel 2003.

Come poteva mussolini non difendersi dal sionismo ?
Esattamente come oggigiorno ci si difende dai fascisti , con leggi razziste e discriminatorie verso una minoranza , e abolendo la liberta' di opinione.

Sono quelli come lei che amano la posizione attuale di itaglia colonia a stelle e strisce , e solo su internet puo' scrivere impunemente queste aberrazione e queste menzogne che sprizzano odio verso la patria da ogni poro.

La smetta di firmarsi liberale e smascheri la sua vera natura.

Pieffebi
30-07-03, 16:31
In origine postato da Curioso
Beh, in realtà per quanto ho letto gli ebrei furono spesso guardati con sospetto, forse perchè non si integravano facilmente nei paesi in cui si stabilivano, mantenevano invece orgogliosamente i propri usi e costumi. Si pensi solo ai "ghetti" di tante città europee (ed anche italiane: ho scoperto ade esmpio che ne esisteva uno a Verona, molto antico, che risale a prima dell'anno Mille).
Spesso sono stati utilizzati come capri espiatori, o semplicemente quando occorreva reperire fondi per una città o uno stato.
Credo fu perchè molti di loro erano abili artigiani, commercianti, a volte usurai, quindi spesso benestanti. A tale proposito ho letto di una espulsione in massa di ebrei, forse proprio a Verona, che risale addirittura a prima dell'anno Mille.

In fondo tutto ciò non è strano, manifestazioni di diffidenza e di ostilità nei confronti dei "diversi" le colgo anche oggi, per esempio in questo sito, quando in certi thread si parla di immigrazione.

Anche per questo a volte non capisco certe decisioni del governo israeliano, tipo quella di innalzare il famoso muro. Mi sembrano un tentativo di perpetuare certe situazioni di "ghettizzazione" già dolorosamente sperimentate in passato dagli antenati di quei cittadini di Israele.
Perchè continuare a ragionare in quel modo? Se il mondo circostante non li guarda con benevolenza, a che pro peggiorare la situazione in quel modo?

Nei ghetti gli ebrei ci furono costretti.
Se in Italia, PER DIRE, gli altoatesini facessero attentati sucidi in misura proporzionale alla popolazione italiana (rispetto alla piazza fontana al giorno contro i civili israeliani, operata dai palestinesi estremsiti) , forse a qualcuno verrebbe in mente di costruire un muro anche qui. Certo la soluzione è lo Stato Palestinese. Ma non a prezzo della sicurezza di Israele, o addirittura della sua esistenza.

Shalom

El Venexian
30-07-03, 16:33
io sono di VR guardacaso , ma non mi reputo minimamente responsabile per quello che fecero i nobiluomini scaligeri mille anni fa ne' sento il minimo rancore o senso di colpa.

il MURO invece lo stanno costruendo oggigiorno e gli ebrei in massa tutti uniti a dire che era ora , che e' una cosa positiva , etc etc , e' intervenuto perfino Bush ed e' stato zittito.

con che coraggio quindi ci vengono a fare la morale a noi per le azioni dei nostri nonni di cui non abbiamo alcuna colpa ?

come nessuno obbliga gli zingari e gli extracomunitari a venire illegalmente in europa nessuno obbligo' gli ebrei a farlo mille anni fa.

e non sminuiamo con la frase "a volte usurai" ... non faccia finta di non sapere che ai cristiani era VIETATO prestare soldi e gli unici che lo potevano fare erano gli ebrei.

che poi ci siano stati casi rari ed eccezioni come a venexia dove i soldi li prestava chiunque in barba agli editti papali non si deve negare , ma queste sono eccezioni che non fanno altro che confermare la regola.

a VR in special modo il ghetto era il luogo dove c'era il monte di pieta' e gli usurai , altro che commercianti e artigiani .. quello lo facevano i veronesi in p.zza erbe a 2 passi dal ghetto.

e dopo tutto sto discorso non si e' ancora capito cosa a noi individualisti , capitalisti , e mercenari , ce ne puo' e deve fregare dei non italiani che scelgono di auto-ghettizzarsi sfruttando pero' i diritti che gli da' la costituzione , da non dimenticare le leggi razziste mancino , scelba , e compagnia bella che danno piu' diritti alle minoranze che agli altri 60 milioni di italiani che come loro lavorano e pagano le tasse.

la legge deve essere eguale per tutti e non deve discrimanare razzisticamente tra un culto religioso e un altro.

Pieffebi
30-07-03, 16:35
In origine postato da El Venexian
non vedo perche' ci sia bisogno di scrivere questi papiri.

non sono gli itagliani che dicono agli ebrei di essere diversi e di ghettizzarsi ma sono gli ebrei stessi che lo fanno per difendersi dai nemici cristiani.

ergo , non c'e' da stupirsi se in uno stato al 99% cristiano e dittatoriale , a qualcuno venga la strana idea che quella sparuta minoranza di anticristiani e antifascisti possa considerarsi ostile e nemica dell'integrita' dello stato.
(reato che sussiste tuttora , e con cui hanno cercato di portare bossi e la lega in tribunale)

per sua informazione esiste anche la legge di vilipendio alla bandiera , e di ricostituzione del partito fascista.
(ricordo proprio a VR il processo a Freda per Ordine Nuovo).

Non sminuiamo questi fatti come se fosse cosa del medioevo , queste discriminazioni esistono tuttora nel 2003.

Come poteva mussolini non difendersi dal sionismo ?
Esattamente come oggigiorno ci si difende dai fascisti , con leggi razziste e discriminatorie verso una minoranza , e abolendo la liberta' di opinione.

Sono quelli come lei che amano la posizione attuale di itaglia colonia a stelle e strisce , e solo su internet puo' scrivere impunemente queste aberrazione e queste menzogne che sprizzano odio verso la patria da ogni poro.

La smetta di firmarsi liberale e smascheri la sua vera natura.


Lei non distingue neppure fra ebraismo e sionismo, ed è razzista, di che libertà d'opinione va cianciando?

El Venexian
30-07-03, 16:36
In origine postato da Pieffebi
Nei ghetti gli ebrei ci furono costretti.
Se in Italia, PER DIRE, gli altoatesini facessero attentati sucidi in misura proporzionale alla popolazione italiana, forse a qualcuno verrebbe in mente di costruire un muro anche qui. Certo la soluzione è lo Stato Palestinese. Ma non a prezzo della sicurezza di Israele, o addirittura della sua esistenza.

Shalom

come vede concorda in toto con la mia tesi.

--> NON a prezzo della sua esistenza.

So bene che lei avendo due pesi e due misure non puo' accettare che la sua tesi sia la stessa usata nei millenni dai cristiani e dai fascisti , ma le piaccia o meno la gente e' meno stupida di quello che lei pensa.

p.s.
Ho risposto al forumista "Curioso" e il post e' SPARITO.
Voglio sperare sia stato un mio errore telematico , o prendero' provvedimenti.

El Venexian
30-07-03, 16:44
In origine postato da Pieffebi
Lei non distingue neppure fra ebraismo e sionismo, ed è razzista, di che libertà d'opinione va cianciando?

so bene la differenza , ma evito volentieri una diatriba in merito visto che si parlava di tutt'altre questioni.

io le ho posto delle domande ben chiare e concise , e il suo silenzio e le sue offese la dicono lunga sulle sue reale intenzioni.

vuole aver ragione a tutti i costi ? aspettare finche' l'avversario si stufa e abbandona ?

veda lei , ma se avesse un minimo di abilita' politica mi avrebbe liquidato in fretta dandomi risposte esaudienti e inattaccabili mentre com'era palese aspettarsi ora ricorre all'insulto personale per sviare il discorso , il tutto in perfetto stile mediorientale.

El Venexian
30-07-03, 16:47
In origine postato da Pieffebi
Lei non distingue neppure fra ebraismo e sionismo, ed è razzista, di che libertà d'opinione va cianciando?

le ricordo che offendere una persona col termine "RAZZISTA" viene punito per legge tramite la legge Mancino.

se vuole dialogare con me e' tenuto a farlo nel rispetto della mia persona e delle leggi morali e legali , o saro' costretto a denunciarla per offese tramite mezzo telematico (reato che ora giustamente e' previsto dal codice civile).

Fecia di Cossato
30-07-03, 16:56
originally posted by jury:

... Fecia, la perrsecuzione diretta di piu' di 3000 famiglie non ti basta?...

caro amico
non c'è dubbio che quanto a intelligenza ti distingui nettamente dagli altri utenti di questo forum :D...

... per farla breve ti dirò che in pratica [e questo è ben puntualizzato sulla stessa 'Dichirazione della razza'... ] le leggi razziali trovarono applicazione più che altro nel campo dell'insegnamento. In totale vennero 'pensionati' [con regolare assegno vitalizio dello stato...] circa 200 insegnanti e furono circa 4400 gli studenti delle scuole elementari e medie cui fu preclusa l'inscrizione alla scuola pubblica. In questo quindi è consistita la 'persecuzione' operata dal fascismo su quelle 3500 famiglie ebree.

In primo luogo è da notare il semplice fatto che ai bambini ebrei delle restanti 11500 venne concesso di frequentare la scuola pubblica in quanto fu giudicato che le loro famiglie dessero 'sufficienti garanzie'...

In secondo luogo è da rilevare che la legge del '38 non impediva affatto alle comunità ebraiche di istituire proprie scuole condotte da insegnanti e personale ebreo, anzi prevedeva per esse anche speciali agevolazioni...

Onestamente non credo sia necessario aggiungere altro...


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http://utenti.lycos.it/luposabatini/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato

El Venexian
30-07-03, 17:11
ma io dico , sono cose che sono scritte su tutti i libri di storia decenti , e invece sembra che siamo NOI a star qui a fare revisionismo...

yury e PFB , inutile cercare il pelo nell'uovo.

tra l'altro cio' che e' censurato nei libri di destra lo si trova in quelli di sinistra , basta avere la buona volonta' di ricerca.

vergognatevi voi dei gulag e dei crimini stalinisti di cui TROPPO poco si parla.

vergognatevi voi dei crimini sionisti che succedono ogni giorno in palestina dove i sionisti non solo hanno il diritto di uccidere chiunque gli capiti a tiro (donne e bambini compresi) ma anche di tirare giu' l'intera casa a colpi di elicotteri Apache di chiunque non la pensi come loro , che viene naturalmente etichettato come pericoloso terrorista.

e smettiamola con questo fare da vergini , gli arabi palestini vengono segregati in base a criteri RAZZISTI (previsto perfino dalle leggi della Knesset).

El Venexian
30-07-03, 17:14
In origine postato da El Venexian
ma io dico , sono cose che sono scritte su tutti i libri di storia decenti , e invece sembra che siamo NOI a star qui a fare revisionismo...

yury e PFB , inutile cercare il pelo nell'uovo.

tra l'altro cio' che e' censurato nei libri di destra lo si trova in quelli di sinistra , basta avere la buona volonta' di ricerca.

vergognatevi voi dei gulag e dei crimini stalinisti di cui TROPPO poco si parla.

vergognatevi voi dei crimini sionisti che succedono ogni giorno in palestina dove i sionisti non solo hanno il diritto di uccidere chiunque gli capiti a tiro (donne e bambini compresi) ma anche di tirare giu' l'intera casa a colpi di elicotteri Apache di chiunque non la pensi come loro , che viene naturalmente etichettato come pericoloso terrorista.

e smettiamola con questo fare da vergini , gli arabi palestini vengono segregati in base a criteri RAZZISTI (previsto perfino dalle leggi della Knesset).

e preso atto delle barbarie che succedono ogni giorno in palestina , le leggi razziale del 38 sono solo un dettaglio in confronto al GENOCIDIO che succede nei territori occupati e di cui i media coerentemente al regime mediatico itagliano censurano abilmente le notizie piu' scomode.

Curioso
30-07-03, 17:52
In origine postato da Pieffebi
Nei ghetti gli ebrei ci furono costretti.
Se in Italia, PER DIRE, gli altoatesini facessero attentati sucidi in misura proporzionale alla popolazione italiana (rispetto alla piazza fontana al giorno contro i civili israeliani, operata dai palestinesi estremsiti) , forse a qualcuno verrebbe in mente di costruire un muro anche qui. Certo la soluzione è lo Stato Palestinese. Ma non a prezzo della sicurezza di Israele, o addirittura della sua esistenza.

Shalom

Quello che non capisco circa la diatriba tra israeliani e palestinesi è la logica "occhio per occhio, dente per dente" tuttora applicata da uno stato pur moderno e civilizzato come quello di Israele.
Mi aspetterei certo un atteggiamento difensivo, ma che non accettasse la logica della faida senza fine.
E poi, suvvia, non è certo con un muro che la sicurezza aumenta. Sa troppo di misura politica per accontentare gli scontenti dell'annunciato smantellamento di alcuni insediamenti.
Tutto qui.

Speriamo comunque che la trattativa in corso vada a buon fine: due popoli, due stati e fine del conflitto, con emarginazione degli estremisti di entrambe le parti.

Gli altoatesini non fanno più attentati perchè beneficiano di tali agevolazioni, in quanto minoranza, che nessuno altrove (leggi Austria) sarebbe disposto ad accettarli alle stesse condizioni. Ostentano ancora fastidio verso gli italiani, però sanno benissimo le cose che ho appena detto.
Certo, la pace sociale ci è costata un po', ma forse ne vale la pena.
E' una via alternativa alla logica "occhio per occhio, dente per dente". Non occorre costruire alcun muro.

E mi fermo qui se no vado troppo fuori tema.

El Venexian
30-07-03, 18:01
In origine postato da Curioso
Quello che non capisco circa la diatriba tra israeliani e palestinesi è la logica "occhio per occhio, dente per dente" tuttora applicata da uno stato pur moderno e civilizzato come quello di Israele.
Mi aspetterei certo un atteggiamento difensivo, ma che non accettasse la logica della faida senza fine.
E poi, suvvia, non è certo con un muro che la sicurezza aumenta. Sa troppo di misura politica per accontentare gli scontenti dell'annunciato smantellamento di alcuni insediamenti.
Tutto qui.

Speriamo comunque che la trattativa in corso vada a buon fine: due popoli, due stati e fine del conflitto, con emarginazione degli estremisti di entrambe le parti.

Gli altoatesini non fanno più attentati perchè beneficiano di tali agevolazioni, in quanto minoranza, che nessuno altrove (leggi Austria) sarebbe disposto ad accettarli alle stesse condizioni. Ostentano ancora fastidio verso gli italiani, però sanno benissimo le cose che ho appena detto.
Certo, la pace sociale ci è costata un po', ma forse ne vale la pena.
E' una via alternativa alla logica "occhio per occhio, dente per dente". Non occorre costruire alcun muro.

E mi fermo qui se no vado troppo fuori tema.

attenzione , l'alto adige si chiama SUD TIROL.

la parola alto adige e' una invenzione fascista che non e' mai esistita in tutti i secoli precedenti quando si e' sempre chiamato
TIROL o SUD TIROL.

Curioso
30-07-03, 18:20
In origine postato da El Venexian
attenzione , l'alto adige si chiama SUD TIROL.

la parola alto adige e' una invenzione fascista che non e' mai esistita in tutti i secoli precedenti quando si e' sempre chiamato
TIROL o SUD TIROL.

Ok, ignoravo questo particolare :)
Sudtirolesi, per carità, a ognuno il suo nome.
E del resto, che pensi?

El Venexian
30-07-03, 18:24
In origine postato da Curioso
Ok, ignoravo questo particolare :)
Sudtirolesi, per carità, a ognuno il suo nome.
E del resto, che pensi?

per il resto concordo in toto.

io tra l'altro sono per la secessione del sudtirol , non ha senso che loro rimangano in itaglia svendendo la loro identita' per quattro soldi.

yurj
30-07-03, 18:50
Pfb mostra TUTTA la sua ignoranza quando dice "gli altoadesini che fanno attentati".

Da quando in qua c'e' una soggettivita' globale tale da determinare frasi del genere? Ovviamente sono una vergognosa manipolazione per imporre i propri interessi contro i opiu' deboli.

La categoria "palestinesi che mettono le bombe" non esiste. Esistono le persone.

Vergogna!!

Pieffebi
30-07-03, 19:03
Roba da matti. A parte che qualcuno ignora che vi fu anche un terrorismo altoatesino, il mio esempio era un esempio meramente esplicativo che nulla toglie o aggiunge ai sudtirolesi, che a buon diritto difendono la loro identità culturale e linguistica di minoranza tedesca.

Saluti liberali

yurj
30-07-03, 19:10
***** su questo 3d sarà eliminato ogni tuo ulteriore post. I tuoi insulti non interessano nessuno ********* PFB

Pieffebi
30-07-03, 19:11
In origine postato da El Venexian
e preso atto delle barbarie che succedono ogni giorno in palestina , le leggi razziale del 38 sono solo un dettaglio in confronto al GENOCIDIO che succede nei territori occupati e di cui i media coerentemente al regime mediatico itagliano censurano abilmente le notizie piu' scomode.

C'è un altro dettaglio. Che su questo forum non sono graditi deliri razzisti e antisemiti.....vedi tu.

Shalom!!!

El Venexian
30-07-03, 19:35
sig.PFB ,

ho appena postato 3 risposte ai suoi ingiuriosi commenti.

e LEI li ha prontamente CANCELLATI !

si VERGOGNI , questo non e' un forum liberale , questa e' la culla dello STALINISMO !

viste le sue insolenti azioni mi constringe a prendere provvidenti.

30-07-03, 19:36
E' il caldo.

Pieffebi
30-07-03, 19:40
In origine postato da El Venexian
sig.PFB ,

ho appena postato 3 risposte ai suoi ingiuriosi commenti.

e LEI li ha prontamente CANCELLATI !

si VERGOGNI , questo non e' un forum liberale , questa e' la culla dello STALINISMO !

viste le sue insolenti azioni mi constringe a prendere provvidenti.


Intende farmi bastonare dai suoi squadristi veneti da strapazzo, ..............dei miei stivali?
Ma vatla piè an cul post

Pieffebi
30-07-03, 19:44
In origine postato da El Venexian
non mi sembra di aver scritto alcun commento razzista ne' antisemita , al contrario e' lei che mi ha dato del RAZZISTA.

io parlavo a riguardo dei sionisti , che non mi sembra siano una "razza" , a meno che lei voglia cadere a parlare di razzismo a sua volta (tema : chi sono i sionisti ?).

non mi sembra sia contro il codice civile discutere di sionismo e di quello che fanno i sionisti , anzi , le prime pagine dei giornali ne sono piene , ergo , sono sicuro che la sua democratica saggezza le fara' comprendere di aver scritto una corbelleria.


Un tizio ha definito l'olocausto (che scommetto che lei dichiara un'invenzione) un "dettaglio della storia", ma non è stato accolto molto bene.......dai giudici del suo paese. Qui siamo in un altro paese, più liberale, ma i dettagli possono portare molto male
PFB

El Venexian
30-07-03, 20:01
In origine postato da Pieffebi
Un tizio ha definito l'olocausto (che scommetto che lei dichiara un'invenzione) un "dettaglio della storia", ma non è stato accolto molto bene.......dai giudici del suo paese. Qui siamo in un altro paese, più liberale, ma i dettagli possono portare molto male
PFB

l'hanno presa cosi' male che il Front National e' divenuto il secondo partito francese :)

non accetto minaccie da nessuno , specie se non ho usato alcuna volgarita' o offesa verso lei o verso questo forum.

a MAI piu' risentirci.
~ev~

Pieffebi
30-07-03, 20:05
Su questo forum qualcuno da i numeri.....con un tantino di superficialità, argomentando come i giustizialisti rossi contro il Bersluska (tutto quello che lui non ha espressamente smentito e per il quale non ha sporto querela viene dichiarato assodato).
I numeri però risultano altri:

Famiglie di Ebrei "Discriminati" per Meriti Patriottici:
- caduti in guerra : 406
- volontari di guerra: 721
- decorati di croce di guerra: 1597
- caduti per la causa fascista: 3
- fascisti del 1919-22 e secondo semestre 24: 724
- legionari fiumani: 51
TOTALE : 3502 famiglie

(documento in: sigla ACS presso Ministero degli Interni - Direzione Generale Demografia e Razza (1938-1943), cartella 14, fascicolo 47 - citato in Renzo De Felice: "Storia degli Ebrei Italiani sotto il Fascismo" - edizione del 1993 - economica Einaudi - pag. 366).

Altro documento parla di 6494 richieste pervenute e di sole 3384 accolte di cui 119 per meriti eccezionali (citato a pag. 368 del medesimo testo).

Famiglie di ebrei arianizzati:
Le richieste furono 74 fino al febbraio 1940, 128 al 28 ottobre 1941, 163 all'ottobre 1942. Di queste 163 domande...43 furono respinte e alla data del documento 5 ancora in istruttoria (Sarfatti), 5 furono arianizzati per "ORDINE SUPERIORE" .
(opera citata ...pag. 365).

Cambiamenti di cognome: All'ottobre 1942 Demorazza ne aveva autorizzati 241 (fra gli ebrei discriminati, arianizzati).

Accertamenti di Razza:
Al 09.02.1940 a Demorazza erano pervenute 2139 domande di accertamento per "casi dubbi e controversi", di esse, alla stessa data, 1646 erano ancora in istruttoria, 244 erano state decise in senso favorevole (attestata arianità), 249 in senso contrario (ebraicità). [opera citata...pag. 365....seguono altri dati che ometto per carità di Patria].

Saluti liberali

Pieffebi
30-07-03, 21:35
P.S = voglio ancora ricordare che per uno scherzo della terminologia giuridica razzista del tardo-fascismo le oltre 3.500 famiglie "discriminate" non erano quelle perseguitate dal Regime, ma invece quelle nei confronti delle quali si concedevano "privilegi" (un livello più blando di misure persecutorie dei diritti) in ragione di provati "meriti patriottici".
Evidentemente invece qualche "storico" si è lasciato trarre in inganno dalla parola pensando che quel numero si riferisse invece agli ebrei discriminati in quanto subenti la discriminazione razziale. Altrimenti non si spiega questa strana coincidenza "al contrario" fra i numeri della pseudo-storia (non smentita :D ) e quelli risultanti dalla documentazione ufficiale, riprodotta dalla storiografia seria.

Shalom!!!

Curioso
30-07-03, 21:51
[********** questo post è palesemente contro il regolamento, sia detto.....civilmente PS : vattela a prendere in quel posto non è insulto come da sentenza nota della Cassazione, ma un invito, rivolto a nazistoide cheminacciava ***************
Saluti PFB

yurj
31-07-03, 00:20
In origine postato da Pieffebi
Un tizio ha definito l'olocausto (che scommetto che lei dichiara un'invenzione) un "dettaglio della storia", ma non è stato accolto molto bene.......dai giudici del suo paese. Qui siamo in un altro paese, più liberale, ma i dettagli possono portare molto male
PFB

Pfb, perfino dalle tue parti crescono queste posizioni, possibile che tu sia cosi' miope? :rolleyes:

Fecia di Cossato
31-07-03, 10:35
originally posted by rag. PierFrancesco:

a)… lui [Fecia di Cossato] dice che gli italiani fascisti [?!…] sarebbero stati risparmiati dalla persecuzione [certo, cita i criteri di ‘discriminazione’ del Gran Consiglio, non avvedendosi neppure che c'è qualche consistente differenza con la legge e poi con la sua applicazione]…

b)… si risponde che non esistevano più italiani fascisti in quanto tutti espulsi, compresi gli arianizzati…

c)… ma allora gli ebrei antifascisti erano in numero irrisorio?… e se erano in numero irrisorio perchè perseguitare tutti gli ebrei [vorrei ricordare al mio contraddittore che essere discriminati non significava aver riconosciuta la parità dei diritto con gli altri italiani, ma solo essere esentati dalle misure più...spiacevoli…]?…

d… non esistevano già sufficienti norme e misure contro gli antifascisti?… in che differiva un antifascista di origini ebraiche da uno veneto o da uno protestante [i valdesi erano antifascisti in misura superiore agli ebrei…]?…

Con grande pazienza e sperando di non arrecare offesa all’intelligenza del gentile lettore risponderò a codeste ‘argomentazioni’ in maniera tale da perderci il meno tempo possibile, in omaggio al motto del mio collegio di università: Perder tempo a chi più sa più spiace….

a)… gli ebrei [e non gli italiani!…] fascisti, sia pure limitatamente a quelli iscritti al partito prima della Marcia su Roma o nella seconda metà del ’22, furono, almeno all’inizio [vale a dire nel ‘38-39], risparmiati dalla ‘persecuzione’. Provvedimenti di ‘espulsione’ di ebrei ‘discriminati’ ovvero ‘arianizzati’ furono presi, sia pure non per tutti, solo più avanti nel corso della guerra. La sola norma legislativa non prevista dalla ‘Dichiarazione della razza’ del Gran consiglio fu la proibizione fatta agli ebrei di tenere presso di sé personale di servizio ariano. Quanto poi all’applicazione delle leggi stesse se ‘deroghe’ ci furono queste furono nella stragrande maggioranza dei casi favorevoli agli ebrei e non il contrario. Si pensi solamente a tutti i ‘sotterfugi’ escogitati per far sì che gli ebrei di fatto mantenessero le loro proprietà nella stragrande maggioranza dei casi…

b)… non risulta che il provvedimento di espulsione dal partito attuato durante la guerra abbia riguardato tutti gli ebrei che ancora mantenevano la tessera. A parte il citato Ing. Olivetti [tra l’altro l’OVRA era perfettamente informata dei contatti da lui tenuti con il gruppo terroristico ‘Giustizia e Libertà’, formato da ebrei rifugiati all’estero…] e il compianto Ettore Ovazza, ucciso da alcune SS insieme ad i propri famigliari ad Intra l’11 ottobre 1943, possono essere citati altri casi. Giorgio Soavi, ebreo da parte di madre e autore di una autobiografia dal titolo Un banco della nebbia [Mondadori 1955, Einaudi 1991], fu addirittura arruolato nella Rsi e mandato a combattere gli americani sul fronte di Anzio nella primavera del ’44. L’ammiraglio del genio navale Umberto Pugliese, chiamato a rimettere a galla le navi silurate dagli aerei inglesi a Taranto, fu reinserito nell’organico della Marina e potè nuovamente indossare l’uniforme. Come lui l’ingegner e navale Cesare Sacerdoti, che alla fine del ’42 progettò i sommergibili da carico necessari per rifornire l’Africa Settentrionale

c)… per poter rispondere la domanda deve necessariamente avere senso. Quali sarebbero state le misure ‘meno spiacevoli’, addebitabili ovviamente al regime di allora, che gli ebrei hanno dovuto subire?…

d)… non risulta che i valdesi abbiano mai sparato contro le Camicie Nere, come viceversa fecero gli ebrei, dalla battaglia di Guadalajara in poi, durante la guerra di Spagna. E’ da rilevare il particolare non insignificante che nel complesso delle ‘Brigate Internazionali’ [ossia i reparti combattenti per la Repubblica non formati da spagnoli] gli ebrei costituivano la percentuale più alta. Moltissimi comandanti erano ebrei e addirittura una delle brigate più consistenti [la seconda come numero di effettivi] era costituita esclusivamente da ebrei

Augurandomi vivamente di essere stato sufficientemente chiaro, sono lieto di porgere a tutti…

… cordiali saluti!…


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http://utenti.lycos.it/luposabatini/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato

yurj
31-07-03, 10:47
"gruppo terroristico 'Giustizia e Liberta'"

:lol :lol :lol

Questo Fecia e' uno spasso. Pinochet per lui non e' un'assassino vigliacco, io propongo un soggiorno in vacanza perche' e' andato fuori di te****, ormai.

yurj
31-07-03, 11:23
In origine postato da Fecia di Cossato
originally posted by jury:

... gruppo terroristico 'Giustizia e Liberta'?...

http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&postid=611789#post611789

... leggiti gli ultimi tre post e poi ne riparliamo, povero minorato imbecille!...



Hey, ricco i*****, Pinochet che fa ammazzare migliaia di persone e' un terrorista o no?

Rispondi, se sei uomo. Altrimenti taci.

E vergognati, tu e la tua apologia del fascismo. Non sai distinguere nemmeno chi si difende da chi commette atti atroci.

Sei come Sharon insomma, spiccicato uguale.

Fecia di Cossato
31-07-03, 12:05
originally posted by rag. PierFrancesco:

… su questo forum qualcuno da i numeri... con un tantino di superficialità, argomentando come i giustizialisti rossi contro il Bersluska [tutto quello che lui non ha espressamente smentito e per il quale non ha sporto querela viene dichiarato assodato]…

I numeri però risultano altri…

Famiglie di ebrei ‘discriminati’ per meriti patriottici:

- caduti in guerra : 406
- volontari di guerra: 721
- decorati di croce di guerra: 1597
- caduti per la causa fascista: 3
- fascisti del 1919-22 e secondo semestre 24: 724
- legionari fiumani: 51

totale 3502 famiglie

[documento in: sigla ACS presso Ministero degli Interni - Direzione Generale Demografia e Razza [1938-1943], cartella 14, fascicolo 47 - citato in Renzo De Felice: Storia degli Ebrei Italiani sotto il Fascismo - edizione del 1993 - economica Einaudi - pag. 366].

… altro documento parla di 6494 richieste pervenute e di sole 3384 accolte di cui 119 per meriti eccezionali [citato a pag. 368 del medesimo testo]…


… voglio ancora ricordare che per uno scherzo della terminologia giuridica razzista del tardo-fascismo le oltre 3.500 famiglie ‘discriminate’ non erano quelle perseguitate dal regime, ma invece quelle nei confronti delle quali si concedevano ‘privilegi’ [un livello più blando di misure persecutorie dei diritti] in ragione di provati ‘meriti patriottici’.
Evidentemente invece qualche ‘storico’ si è lasciato trarre in inganno dalla parola pensando che quel numero si riferisse invece agli ebrei discriminati in quanto subenti la discriminazione razziale. Altrimenti non si spiega questa strana coincidenza ‘al contrario’ fra i numeri della pseudo-storia [non smentita :D…] e quelli risultanti dalla documentazione ufficiale, riprodotta dalla storiografia seria…

… non credo sia necessario sottolineare quanto è oramai evidente, vale a dire che il nostro esimio ragioniere è convinto di trovarsi qui di fronte a persone di coefficiente intellettivo talmente basso da poter spacciare qualsiasi boiata pretendendo che questa sia presa come un ‘ragionamento compiuto’ [quasi che il titolo di ‘ragioniere’ costituisca una sorta di ‘autocertificazione di ragionamanto’ :D…].

Se ho capito bene egli, pur non riferendosi in modo esplicito al sottoscritto, prendendo spunto dal dato da me fornito di 3500 [per l’esattezza 3552…] famiglie ebree effettivamente ‘perseguitate’ [o se vogliamo ‘non discriminate’…] su un totale di circa 15000 asserisce con la massima disinvoltura che qualche ‘storico’, ebete al punto da non distinguere le ‘sottigliezze’ della giurisprudenza fascista dell’epoca, ha in realtà confuso il numero dei ‘perseguitati’ con quello dei ‘discriminati’...

Per dimostrare in modo chiaro e convincente chi possa fregiarsi a pieno titolo dell’aggettivo 'ebete' è in realtà sufficiente riportare proprio i dati da lui gentilmente fornitici, tratti dalla ‘Bibbia di serietà ’ di De Felice. Un qualunque individuo in possesso della licenza elementare infatti è in grado di realizzare che se le richieste di ‘discriminazione’ inoltrate furono 6494 e quelle accolte 3384 quelle ‘non accolte’ devono essere state 3110, e ciò accerta dunque 3110 famiglie ebree ‘non discriminate’, dato perfettamente compatibile con quello da me riportato dunque…

Morale della favola: accertarsi sempre prima di aprir bocca [o in questo caso spedire postati :D…] che il cervello, se se ne dispone beninteso, sia collegato…


--------------

http://utenti.lycos.it/luposabatini/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato

Pieffebi
31-07-03, 13:14
I titoli meritati dal contraddittore, quelli meritati sul serio e senza ombra di dubbio, li ometto in ossequio al regolamento (pratica dell'autocensura). Lo schematismo pseudo-logico del medesimo è veramente sorprendente. E' del tutto evidente che che sulle 15000 famiglie di ebrei italiani, soltanto 6mila e passa hanno presentato domanda, è perchè circa 9.000 ritenevano di non doverlo fare o di non averne i requisti. Se su 15.000 famiglie ebree solo 3.500 circa hanno subito una riduzione della persecuzione dei diritti.....allora quelle che sono state pienamente sottoposte a detta pratica sono, fatta astrazione dagli arianizzati e altri casi di numero irrisoiro, circa 12/12.500( schiera comprensiva, evidentemente, delle 3mila e fischia famiglie "giudaiche" a cui è stata negata la "discriminazione" da DemoRazza).
Qui la ragioneria, la geometria, l'ingegneria, la fisica nucleare non c'entrano un tubo. Bastano l'artimetica e la logica elemetare.
Shalom!!!!


P.S = " Morale della favola: accertarsi sempre prima di aprir bocca [o in questo caso spedire postati :D…] che il cervello, se se ne dispone beninteso, sia collegato…"...è proprio il caso di dirlo!!!

Pieffebi
31-07-03, 13:29
Il signor Fecia di Cossato asserisce che nessun valdese ha mai sparato contro un fascista. Non ne sarei così sicuro, ma al momento prendo come buona questa affermazione.
Asserisce che diversi ebrei hanno viceversa sparato sui fascisti (tra cui uccidendo, durante "la rivoluzione", un fascista ebreo...o ebreo fascista...aggiungo io). Dice che in Spagna gli ebrei sparavano sui fascisti, ma c'erano anche, se non in numero elevato (ma spesso in posizioni gerarchiche elevate) ebrei fascisti che sparavano sugli antifascisti.
Quella poi di definire giustizia e libertà un gruppo "terrorista ebraico" ...... beh..... si commenta da sola. Questo modo di usare e generalizzare l'aggettivo ebraico....... lascia ben intendere di quale sia il presupposto ideologico di fondo di queste deduzioni.
Su Adriano Olivetti e su Ettore Ovazza (di cui si è già parlato) soprassediamo per carità di Dio.

Shalom!!!

Fecia di Cossato
31-07-03, 15:17
originally posted by rag. PierFrancesco:

... lo schematismo pseudo-logico del medesimo [Fecia di Cossato] è veramente sorprendente. E' del tutto evidente che che sulle 15000 famiglie di ebrei italiani soltanto 6-mila e passa hanno presentato domanda è perchè circa 9.000 ritenevano di non doverlo fare o di non averne i requisti. Se su 15.000 famiglie ebree solo 3.500 circa hanno subito una riduzione della persecuzione dei diritti... allora quelle che sono state pienamente sottoposte a detta pratica sono, fatta astrazione dagli arianizzati e altri casi di numero irrisorio, circa 12/12.500...

Evidentemente il participio presente del verbo 'sorprendere' riferito al sostantivo 'schematismo pseudo-logico' [una 'parolona' effettivamante indicativa del livello intellettivo di chi la usa...] non deve per tutti avere il medesimo significato...

In altre parole il fatto che 3500 famiglie abbiano ottenuto la 'discriminazione' necessariamente implica, secondo corretto 'schematismo logico', che delle complessive 15000 famiglie le rimanenti 15000-3500=11500 [e non il numero evidentemente eccessivo fornitoci dal ragioniere :rolleyes:...] siano state di fatto 'perseguitate'...

Proviamo allora a sincerarci se questo corrisponde al vero oppure no andando a cercare questo fantomatico numero, non citato da 'sua serietà storica' Renzo De Felice, da qualche parte ammesso che esista...

Una breve ricerca consente di trovare in un sito dell'Anpi [ http://www.romacivica.net/anpiroma/FASCISMO/fascismo18.htm ] qualche informazione. Cominciamo a leggere...

...il periodo 1938-1943 è tragico per gli ebrei italiani. Michele Sarfatti nel suo studio certifica che in questi sei anni vengono assoggettate alla persecuzione circa 51.100 persone, cioè poco più dell’1 per mille della popolazione della penisola. I perseguitati sono in parte [circa 46.600] ebrei effettivi e in parte [circa 4500] non-ebrei classificati ‘di razza ebraica’…

Ah bene!... ecco uno degli storici più 'accreditati' [:D] che dopo un accurato 'studio' certifica il numero dei perseguitati in 51100 individui, vale a dire pressocchè l'intera popolazione ebraica italiana...

Dal momento però [spero che questo signor Sarfatti non se ne abbia a male...] che al numero precedentemente appurato di 3500 famiglie 'discriminate' corrisponde un numero di individui non inferiore ai 10000, è evidente che tale 'studio' molto probabilmente non ha portato a risultati esatti...

Tuttavia non ci scoraggiamo e proseguiamo nella lettura. Poche righe dopo...

... … uno degli epicentri della ‘pulizia etnica’ [sic!!!…] del fascismo sono le scuole e le Università. Nel giro di poche settimane, 96 professori universitari, 133 assistenti universitari, 279 presidi e professori di scuola media, oltre un centinaio di maestri elementari, oltre 200 liberi docenti, 200 studenti universitari, 1000 delle scuole secondarie e 4400 delle elementari vengono allontanati dagli atenei e dalle scuole pubbliche del Regno…

Allora qui cominciamo ad avere dati un poco più precisi. Innazitutto abbiamo circa 400 insegnanti nella scuola pubblica, 133 'assistenti' e 200 'liberi docenti', una cifra complessiva di circa 750 che possiamo ritenere inclusa nel nuemro di 'famiglie effettivamante perseguitate' che ci siamo impegnati ad individuare. Il nemero degli studenti delle scuole di ogni ordine e grado che compare nell'elenco, pari a 5600, anche se è solo indicativo [la statistica è suddivisa su cinque anni e non è dato sapere con esattezza quanti studenti appartenessero al medesimo nucleo famigliare] può essere preso come un limite all'insù del numero che stiamo cercando, vale a dire le famiglie 'effettivamante perseguitate' non sono probabilmente state in numero superiore a questo.

Andiamo ancora avanti però...

... … la stessa tragica sorte subiscono 400 dipendenti pubblici, 500 dipendenti privati, 150 militari e 2500 professionisti, che perdono i loro posti di lavoro e vengono ricacciati nel nulla…

Questo dato è forse quello che ci avvicina di più alla meta!... non è chiaro se tra i 'dipendenti pubblici' siano inclusi gli insegnanti della scuola pubblica e tra i 'dipendenti privati' e i 'professionisti' siano compresi i 'liberi docenti' e gli 'assistenti'. Sommando comunque tutte le categorie ora indicate si ottiene 3550 [ops!... ecco da dove è venuto fuori!... :D :D] che pertanto vciene ad essere il limite all'ingiù, vale a dire che le famiglie 'effettivamante perseguitate' non sono probabilmente state in numero inferiore a questo. Se cautelativamente sommiamo a questo numero insegnati pubblici, 'assistenti' e 'liberi docenti' si arriva a 4283, che rappresenta l'effettivo limite all'insù.

In conclusione, se i dati riportati dall'Anpi sono veri, i risultati forniti dal Sarfatti [ci spiace per lui...] sono in effetti privi di qualsiasi riscontro. Di contro, su di un totale di 15000, il numero di famiglie ebree 'effettivamante perseguitate' è da ritenere compreso tra le 3550 e le 4300, con preferenza però per il valore più basso.

Morale della favola confermata... specialmente per i ragionieri :D...: accertarsi sempre prima di aprir bocca [o in questo caso spedire postati …] che il cervello, se se ne dispone beninteso, sia collegato!…


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http://utenti.lycos.it/luposabatini/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato

yurj
31-07-03, 15:24
Nota: questi due signori sono quelli che affermano che i libri di storia sono sbagliati (comunisti).

Ma non sanno mettersi d'accordo nemmeno sulle pagine piu' importanti della nostra storia.

E questi sono al governo :rolleyes:

Fecia di Cossato
31-07-03, 16:26
originally posted by rag. PierFrancesco:

... dice [Fecia di Cossato] che in Spagna gli ebrei sparavano sui fascisti, ma c'erano, anche se non in numero elevato [ma spesso in posizioni gerarchiche elevate] ebrei fascisti che sparavano sugli antifascisti...

E' sintomatico notare in che grado chi continuamente ribadisce la 'ignoranza storiografia' dei contradittori sia dotato proprio di questa apprezzabile virtù. Perchè il lettore abbia una sia pur vaga idea della 'consistenza' delle affermazioni sopra riportate non sarà male fornisca qualche informazione supplementare al lettore.

Secondo lo storico austriaco Joseph Toch, anch'egli combattente in Spagna, il numero di ebrei 'dichiaratisi tali' presenti nelle Brigate Internazionali è stato pari a 7.758 volontari. Numericamente gli ebrei sono il secondo contingente di stranieri dopo gli 8.500 francesi. Se deduciamo da questa cifra i 1.043 ebrei compresi nel contingente francese, essi però salgono in prima posizione. In definitiva diciamo prudentemente alcune migliaia di ebrei. Tra i comandanti al vertice delle Brigate Internazionale numerosi sono ebrei. Tra questi da annoverarsi diversi comandanti di brigata come i generali Manfred Stern [Kleber] della XI-a, Mata Zalke [Lukacs] della XII-a e Waclaw Romar della 129-a. Sono numerosi anche gli americani che ricoprirono incarichi di comando come Milton Wolff, John Gates e John Dallet...

Chi è stato dall'altra parte?... l'esimio ragioniere ha avuto la bontà di indicarcene ben due, vale a dire il console generale della Milizia Alberto Liuzzi, caduto in battaglia e decorato con la medaglia d'oro [inoltre il suo nome venne assegnato al primo di una nuova classe di sommergibili oceanici, varato del '39...], e il tenente colonnello Giorgio Morpurgo, ebreo fascista che, nell'apprendere che in seguito alle leggi razziali avrebbe dovuto lasciare l'esercito, compì il drammatico gesto di dirigersi da solo da solo verso le postazioni repubblicane rimanendo fulminato dal fuoco nemico...

Non credo francamente siano necessari ulteriori commenti e spigazioni!...


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Comandante CC Carlo Fecia di Cossato

yurj
31-07-03, 16:29
In origine postato da yurj
Nota: questi due signori sono quelli che affermano che i libri di storia sono sbagliati (comunisti).

Ma non sanno mettersi d'accordo nemmeno sulle pagine piu' importanti della nostra storia.

E questi sono al governo :rolleyes:

Fecia di Cossato
31-07-03, 16:42
originally posted by rag. PierFrancesco:

... quella poi di definire 'Giustizia e Libertà' un gruppo 'terrorista ebraico'... beh!... si commenta da sola...

egregio
hai l'occasione unica, prima di sparare altre i****** [a mia volta autocensuro...] del genere, di informarti un pochino sul thread Gli italiani hanno già pagato da tempo signor Fini!..., ultimi tre postati. Se non vorrai farlo pazienza, giacchè il thread in questione ha un comunque notevole successo [assai superiore a questo...] indipendentemente dalle tue 'visite'...

... ossequi!...


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Comandante CC Carlo Fecia di Cossato

yurj
31-07-03, 17:32
Quindi Pinochet e' un capo terrorista?

Non sei uomo, non rispondi.

Pieffebi
31-07-03, 19:27
In origine postato da Fecia di Cossato
originally posted by rag. PierFrancesco:

... lo schematismo pseudo-logico del medesimo [Fecia di Cossato] è veramente sorprendente. E' del tutto evidente che che sulle 15000 famiglie di ebrei italiani soltanto 6-mila e passa hanno presentato domanda è perchè circa 9.000 ritenevano di non doverlo fare o di non averne i requisti. Se su 15.000 famiglie ebree solo 3.500 circa hanno subito una riduzione della persecuzione dei diritti... allora quelle che sono state pienamente sottoposte a detta pratica sono, fatta astrazione dagli arianizzati e altri casi di numero irrisorio, circa 12/12.500...

Evidentemente il participio presente del verbo 'sorprendere' riferito al sostantivo 'schematismo pseudo-logico' [una 'parolona' effettivamante indicativa del livello intellettivo di chi la usa...] non deve per tutti avere il medesimo significato...

In altre parole il fatto che 3500 famiglie abbiano ottenuto la 'discriminazione' necessariamente implica, secondo corretto 'schematismo logico', che delle complessive 15000 famiglie le rimanenti 15000-3500=11500 [e non il numero evidentemente eccessivo fornitoci dal ragioniere :rolleyes:...] siano state di fatto 'perseguitate'...

Proviamo allora a sincerarci se questo corrisponde al vero oppure no andando a cercare questo fantomatico numero, non citato da 'sua serietà storica' Renzo De Felice, da qualche parte ammesso che esista...

Una breve ricerca consente di trovare in un sito dell'Anpi [ http://www.romacivica.net/anpiroma/FASCISMO/fascismo18.htm ] qualche informazione. Cominciamo a leggere...

...il periodo 1938-1943 è tragico per gli ebrei italiani. Michele Sarfatti nel suo studio certifica che in questi sei anni vengono assoggettate alla persecuzione circa 51.100 persone, cioè poco più dell’1 per mille della popolazione della penisola. I perseguitati sono in parte [circa 46.600] ebrei effettivi e in parte [circa 4500] non-ebrei classificati ‘di razza ebraica’…

Ah bene!... ecco uno degli storici più 'accreditati' [:D] che dopo un accurato 'studio' certifica il numero dei perseguitati in 51100 individui, vale a dire pressocchè l'intera popolazione ebraica italiana...

Dal momento però [spero che questo signor Sarfatti non se ne abbia a male...] che al numero precedentemente appurato di 3500 famiglie 'discriminate' corrisponde un numero di individui non inferiore ai 10000, è evidente che tale 'studio' molto probabilmente non ha portato a risultati esatti...

Tuttavia non ci scoraggiamo e proseguiamo nella lettura. Poche righe dopo...

... … uno degli epicentri della ‘pulizia etnica’ [sic!!!…] del fascismo sono le scuole e le Università. Nel giro di poche settimane, 96 professori universitari, 133 assistenti universitari, 279 presidi e professori di scuola media, oltre un centinaio di maestri elementari, oltre 200 liberi docenti, 200 studenti universitari, 1000 delle scuole secondarie e 4400 delle elementari vengono allontanati dagli atenei e dalle scuole pubbliche del Regno…

Allora qui cominciamo ad avere dati un poco più precisi. Innazitutto abbiamo circa 400 insegnanti nella scuola pubblica, 133 'assistenti' e 200 'liberi docenti', una cifra complessiva di circa 750 che possiamo ritenere inclusa nel nuemro di 'famiglie effettivamante perseguitate' che ci siamo impegnati ad individuare. Il nemero degli studenti delle scuole di ogni ordine e grado che compare nell'elenco, pari a 5600, anche se è solo indicativo [la statistica è suddivisa su cinque anni e non è dato sapere con esattezza quanti studenti appartenessero al medesimo nucleo famigliare] può essere preso come un limite all'insù del numero che stiamo cercando, vale a dire le famiglie 'effettivamante perseguitate' non sono probabilmente state in numero superiore a questo.

Andiamo ancora avanti però...

... … la stessa tragica sorte subiscono 400 dipendenti pubblici, 500 dipendenti privati, 150 militari e 2500 professionisti, che perdono i loro posti di lavoro e vengono ricacciati nel nulla…

Questo dato è forse quello che ci avvicina di più alla meta!... non è chiaro se tra i 'dipendenti pubblici' siano inclusi gli insegnanti della scuola pubblica e tra i 'dipendenti privati' e i 'professionisti' siano compresi i 'liberi docenti' e gli 'assistenti'. Sommando comunque tutte le categorie ora indicate si ottiene 3550 [ops!... ecco da dove è venuto fuori!... :D :D] che pertanto vciene ad essere il limite all'ingiù, vale a dire che le famiglie 'effettivamante perseguitate' non sono probabilmente state in numero inferiore a questo. Se cautelativamente sommiamo a questo numero insegnati pubblici, 'assistenti' e 'liberi docenti' si arriva a 4283, che rappresenta l'effettivo limite all'insù.

In conclusione, se i dati riportati dall'Anpi sono veri, i risultati forniti dal Sarfatti [ci spiace per lui...] sono in effetti privi di qualsiasi riscontro. Di contro, su di un totale di 15000, il numero di famiglie ebree 'effettivamante perseguitate' è da ritenere compreso tra le 3550 e le 4300, con preferenza però per il valore più basso.

Morale della favola confermata... specialmente per i ragionieri :D...: accertarsi sempre prima di aprir bocca [o in questo caso spedire postati …] che il cervello, se se ne dispone beninteso, sia collegato!…


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Comandante CC Carlo Fecia di Cossato


Che polverone per nascondere la propria inconsistenza e illogicità manifesta! Il signor Fecia non finisce di sorprendere.
In un post precedente ha affermato (non ho voglia di perdere tempo a taglia incollare o quotare i brani...per ora) che secondo un certo documento mai smentito il numero di famiglie ebree italiche perseguitate (o quello che vuole lui) sul totale di 15.000, risulterebbe essere stato di una cifra intorno alle 3.500. Indi egli stesso ne ha dedotto..... che pertanto 11.500 famiglie di stirpe ebraica sarebbe state esentate da ogni forma di persecuzione o discriminazione razziale.
Ora risulta da documenti ufficiali, le cui coordinate sono date da me più sopra, citati da De Felice (non certo da uno "storico" di partito con la camicia nera, rossa o a pallini) che gli ebrei discriminati, ossia PARZIALMENTE esentati dalla persecuzione (dagli aspetti peggiori).....erano invece appunto intorno a 3.500, quindi i perseguitati intorno agli 11.500.
Ossia i dati ufficiali di regime risultanti da documenti identificabili e controllabili (citati da De Felice, Sarfatti, Formiggini e altri) attestano ESATTAMENTE l'opposto di quanto con tanta sicurezza affermato con sprezzo del ridicolo dal mio titolato (ho già spiegato in che senso e posso immaginare come) illustrissimo contraddittore . Il mio contraddittore a questo punto ha tentato, con un colpo di teatro di confondere le acque, asserendo che i 3.500 da lui citati come unici perseguitati risultano dalla differenza fra le 6mila e fischia domande di discriminazione e quelle effettivamente accolte, dimenticandosi gli altri 8.000 e fischia.
Da ultimo tenta di intorbidire ancora le acque prendendosela con altre affermazioni di storici seri, e pertanto a lui invisi, ponendo in qualche modo in relazione altri dati dai medesimi .....elaborati, con quelli di DOCUMENTI ufficiali citati nei loro testi o a margine dei medesimi. Quindi cerca, non sapendo che pesci prendere, non solo, come fa da sempre, di minare scioccamente la credibilità di chi lo contraddice, come il sottoscritto, ma anche di studiosi del calibro degli storici sopra citati, sempre con il solito sprezzo del ridicolo. Egli dimentica inoltre che gli ebrei discriminati non si possono assolutamente definire NON perseguitati nei loro diritti, ma semplicemente perseguitati in misura inferiore e concretamente più blanda degli altri ebrei. Gli unici del tutti esonerati dalle misure antigiudaiche di ogni ordine e grado sono gli ebrei arianizzati (un numero irrisorio) che tuttavia, come già affermato, furono ugualmente espulsi dal partito nel gennaio 1942 (disposizioni del Segretario Vigussoni) e pochissimi altri assimilabil a questi in quanto discrimnati per meriti eccezionali (meno di 200 individui).
Resta il fatto che il signor Fecia di CoSSato ha preso una serie davvero incredibile di abbagli e cantonate, giungendo a dare i numeri.......opposti a quelli storicamente corretti e accertati e facilmente verificabili. Resta il fatto che il signor Fecia di CoSSato non riconosce le categorie dei fascisti, degli antifascisti, dei menefreghisti, tra le quali, seppur in proporzioni differenti (e abbiamo detto anche il perchè, in via generale) si dividevano gli ebrei italiani, ma accetta tutti gli stereotipi e i pregiudizi anti-ebraici della propaganda fascista nell'epoca della SVOLTA RAZZISTA e ANTISEMITA, cercando ridicolmente di supportarli con lunghe citazioni di "storici" in camicia nera sulle malefatte di antifascisti ebrei o presunti ebrei, non rendendosi conto come questi "documenti" non afferiscono affatto alla questione. Non si contesta affatto che un numero importante di ebrei fosse antifascista (e sappiamo anche il perchè), come ha ricordato infatti il Sarfatti gli ebrei " erano fascisti come gli altri italiani e più antifascisti degli altri italiani ". Sono evidentemente le conseguenze che si contestano ..... sia sul piano di quel che accadde storicamente, si sul piano di acritiche acquisizioni di elementi della propaganda antisemita del tardo-fascismo come fatti esplicativi fondamentali per la spiegazione e comprensione della svolta antisemita del Regime.
Ma per capirlo occorre aver collegato il cervello, ammesso che lo sia abbia, e ammesso che funzioni ancora in modo sufficiente e non abbagliato dai propri miti ideologici.
Circa la squallida storia del ......ragioniere.............rimando alla mia risposta ad un forumista di sinistra nel 3d su Andreotti fino agli anni 80 mafioso aperto da Ago.

Saluti liberali

Pieffebi
31-07-03, 19:53
In origine postato da Fecia di Cossato
originally posted by rag. PierFrancesco:

... dice [Fecia di Cossato] che in Spagna gli ebrei sparavano sui fascisti, ma c'erano, anche se non in numero elevato [ma spesso in posizioni gerarchiche elevate] ebrei fascisti che sparavano sugli antifascisti...

E' sintomatico notare in che grado chi continuamente ribadisce la 'ignoranza storiografia' dei contradittori sia dotato proprio di questa apprezzabile virtù. Perchè il lettore abbia una sia pur vaga idea della 'consistenza' delle affermazioni sopra riportate non sarà male fornisca qualche informazione supplementare al lettore.

Secondo lo storico austriaco Joseph Toch, anch'egli combattente in Spagna, il numero di ebrei 'dichiaratisi tali' presenti nelle Brigate Internazionali è stato pari a 7.758 volontari. Numericamente gli ebrei sono il secondo contingente di stranieri dopo gli 8.500 francesi. Se deduciamo da questa cifra i 1.043 ebrei compresi nel contingente francese, essi però salgono in prima posizione. In definitiva diciamo prudentemente alcune migliaia di ebrei. Tra i comandanti al vertice delle Brigate Internazionale numerosi sono ebrei. Tra questi da annoverarsi diversi comandanti di brigata come i generali Manfred Stern [Kleber] della XI-a, Mata Zalke [Lukacs] della XII-a e Waclaw Romar della 129-a. Sono numerosi anche gli americani che ricoprirono incarichi di comando come Milton Wolff, John Gates e John Dallet...

Chi è stato dall'altra parte?... l'esimio ragioniere ha avuto la bontà di indicarcene ben due, vale a dire il console generale della Milizia Alberto Liuzzi, caduto in battaglia e decorato con la medaglia d'oro [inoltre il suo nome venne assegnato al primo di una nuova classe di sommergibili oceanici, varato del '39...], e il tenente colonnello Giorgio Morpurgo, ebreo fascista che, nell'apprendere che in seguito alle leggi razziali avrebbe dovuto lasciare l'esercito, compì il drammatico gesto di dirigersi da solo da solo verso le postazioni repubblicane rimanendo fulminato dal fuoco nemico...

Non credo francamente siano necessari ulteriori commenti e spigazioni!...


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Comandante CC Carlo Fecia di Cossato


Non credo neanche io che siano necessarie altre spiegazioni.
Gli ebrei non sono e non erano una "nazionalità" nel senso usato....neppure per i sionisti, salvo la minoranza più radicale. Gli ebrei erano un gruppo religioso-culturale delle più svariate nazionalità, cittadini dei più diversi paesi europei e non. Essi vanno distribuiti fra gli italiani, i francesi, gli spagnuoli, i polacchi, gli americani.....e messi in relazione, semmai......ai cattolici, ai protestanti....e a chi volete voi. Se si organizzavano in qualche modo fra di loro era perchè i nazisti, e poi i fascisti, perseguitandoli, ne ricreavano le ragioni della solidarietà e la necessità di combattere quei regimi che intendevano reinventare una "questione ebraica" e risolverla come sappiamo. Quanti erano i battezzati cristiani presenti fra i combattenti delle Brigate Internazioni in Spagna?
Circa il fatto che gli ebrei come gruppo (e comunque resta il fatto che quando si danno i numeri.....degli ebrei.....si deve anche dare conto di quale criterio si sia scelto ....per definirli: religioso, etno-culturale, razziale-razzista..) fossero in un numero consistente antifascisti.....beh.......visto che a livello internazionale il FASCISMO era da tutti inteso come un movimento che comprendeva le estreme destre radicali europee (e non solo il fascismo italiano) compreso il NazionalSocialismo violentemente razzista e antisemita...... non è difficile capire (a chi ne ha i mezzi)......
E' da aggiungere che molti antifascisti "ebrei" (secondo le definizioni razziali e di stirpe) erano marxisti, anarchici, socialisti completamente atei e quasi sempre del tutti estranei ormai all'ebraismo (sotto qualsiasi forma) e alle comunità ebraiche, che addirittura in taluni casi avversavano. Come succedeva fra i bolscevici russi.
Mi rendo conto che molti ebrei vantano invece l'ebraicità di tutti gli antifascisti a loro riconducibili, per un comprensibile orgoglio, visto quello che hanno subito da parte della Germania NazionalSocialista. Spesso taluni ebrei tendono oggi a minimizzare essi stessi il fenomeno degli ebrei fascisti e a massimizzare quello degli ebrei antifascisti. Per analoghi motivi.
In ogni caso le componenti delle Brigate Internazionali .....erano politicamente e ideologicamente orientate, e non semplicemente antifasciste (si pensi a comunisti, comunisti eretici, anarchici, socialisti, liberalprogressisti, radicali.....), e non vi era certo un determinismo biologico razziale alla base di ciò.
Sì l'analfabetismo storiografico del mio illustre contraddittore ha ricevuto a questo punto una inconfutabile autocertificazione. Nessuno gliela potrà contestare mai.

Saluti liberali

Paul Atreides
31-07-03, 20:42
A leggere Moses Hess, quella ebraica era una vera e propria ''Nationalitaetsfrage'' (sottotitolo di ''Roma e Gerusalemme''), che venne 'ritoccata' da Max Bodenheimer , curatore nel 1899 della seconda edizione, nella ''letzte Nationalitaetsfrage'', cioè nell'''ultima questione nazionale''. Un libro che un certo Herzl, nel suo diario, commentava così: ''tutto ciò che abbiamo tentato di fare è già in questo libro''.
Quindi, nazionalità ebraica eccome, ovviamente per i sionisti.

Pieffebi
31-07-03, 21:02
Se si prendono i dibattiti nel movimento sionista internazionale, e soprattutto americano, la questione è quanto meno controversa. Certo che è presupposto logico del sionismo il recupero di una identità nazionale ebraica. Senza questo presupposto il sionismo non avrebbe proprio senso. Ma il sionismo non costituiva certo la maggioranza degli ebrei ne' in Italia, ne' in Germania, ne' altrove (divenne egemone negli USA a partire dalla secondo metà degli anni dieci, ma non senza le dure resistenze degli "ebrei-tedeschi nati in america" dell'A.J.C. - sul tema si veda il 3d da me aperto a suo tempo su questo forum). E' celebre però la battuta sul sionismo americano .....messa in giro fra gli stessi ebrei: i sionisti sono ebrei che danno soldi ad altri ebrei affinchè altri ebrei ancora possano andare in Palestina a fondare una propria Patria.
Uomini come i fratelli Rosselli (di cui uno cosciente della propria ebraicità, l'altro meno) non erano certamente antifascisti in quanto ebrei, anche se ad un certo punto trovarono nella loro ebraicità....una ragione in più per il loro antifascismo.

Shalom!!!

Pieffebi
31-07-03, 21:07
P.S = I nazisti consideravano certamente i loro peggiori nemici non gli ebrei "coscienti della propria identità razziale e nazionale", ma gli ebrei assimilati, che si consideravano in tutto e per tutto....dei cittadini tedeschi di religione e cultura ebraica o semplicemente di discendenza ebraica, o neppure più quello.............. Come lei ben sa.

Cordiali saluti

El Venexian
01-08-03, 12:22
ecco una news fresca di stamattina su come i SIONISTI siamo democratici , tolleranti e liberali , visto che si parla di leggi RAZZIALI :

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Insorge anche la sinistra israeliana che considera la legge vergognosa e la considera un regalo ai nemici di Israele.

Da oggi saranno posti davanti ad una drammatica scelta: emigrare o separarsi. «Questa legge è un crimine legale contro l’umanità. Con le nostre stesse mani risolleveremo l’equazione “sionismo uguale razzismo” cara ai nostri nemici», denuncia Yossi Sarid, leader del Meretz, la sinistra sionista. «Questa legge è una vergogna per Israele», gli fa eco il deputato e rabbino Michael Melkior (Meimad-laburisti). «È una legge ingiusta, contraria ai diritti umani, che screditerà il Parlamento», incalza la deputata Zeeva Galon. «Siamo davanti a una proposta fascista e razzista», tuona il deputato Mohammed Barake (Hadash).

L’oggetto della infuocata polemica è l’emendamento alla legge sulla cittadinanza, approvato ieri dalla Knesset in terza e definitiva lettura, che negherà alla coppie miste, nelle quali uno dei membri è un palestinese della Cisgiordania e di Gaza, il diritto alla residenza e alla nazionalità israeliana. Per effetto di questa modifica legislativa le coppie miste si troveranno nella situazione drammatica di dover scegliere tra la separazione e l’abbandono del Paese. La legge, che è passata con 53 voti favorevoli, 25 contrari e un’astensione dopo che il premier Ariel Sharon aveva deciso di trasformarla in un voto di fiducia alla sua persona, ha la durata di un anno e potrà essere rinnovata di volta in volta. La legge, contestata dai partiti dell’opposizione, ha suscitato non poco «disagio» anche tra i deputati della coalizione. Un malessere a cui ha dato voce il ministro dell’Interno Avraham Poraz, del partito laico-centrista Shinui, il cui dicastero ha l’autorità di concedere la cittadinanza e i permessi di residenza: «Non posso certo dirmi entusiasta di questo emendamento, ma vi sono considerazioni che riguardano la sicurezza, di cui dobbiamo tenere conto», confessa Poraz, ricordando che l’emendamento era stato proposto dal precedente governo e, sollecitato, a quanto pare, dallo Shin Bet (il servizio segreto per la sicurezza interna).

Il capo del quale, Avi Dichter, aveva personalmente caldeggiato davanti alla Commissione interni della Knesset la modifica richiesta, affermando che 46 israeliani sono stati uccisi e 136 sono rimasti feriti in attentati che sono stati perpetrati da palestinesi dei Territori, sposati ad arabe israeliane e divenuti residenti nel Paese grazie alla legge sulla riunificazione delle famiglie. Il passo legislativo sembra però avere ragioni più profonde che vanno oltre quelle contingenti di sicurezza. «Il vero obiettivo di questa legge è demografico», sostiene il deputato arabo Ahmed Tibi (Hadash), nell’attaccare l’emendamento. Le autorità sostengono che nell’arco degli ultimi dieci anni 146mila palestinesi nei Territori, sposati ad arabe israeliane, sono legalmente divenuti residenti in Israele, realizzando così indirettamente il «diritto al ritorno» auspicato dai rifugiati palestinesi. La crescita demografica araba, assai più veloce di quella della popolazione ebraica, allarma i responsabili israeliani che vedono in questo sviluppo una crescente minaccia al voluto carattere ebraico dello Stato. Gli arabi israeliani sono circa 1,1 milioni e rappresentano circa il 20% della popolazione.

«Il Parlamento ha scritto oggi (ieri, ndr.) una delle pagine più nere della storia d’Israele. Una pagina indegna di uno Stato che rivendica con orgoglio il suo carattere democratico», dichiara alla radio pubblica l’ex ministro Yossi Sarid (Meretz). Ma il presidente della Commissione interni, Yuri Stern (Unione Nazionale, estrema destra), che ha difeso la proposta, ha sostenuto che il contestato emendamento è imposto dalla necessità di proteggere la vita dei cittadini israeliani e discrimina solo i palestinesi dei Territori «perché sono loro che ci hanno dichiarato guerra». Finito il conflitto, aggiunge, la legge potrà essere modificata. Pronta la replica della scrittrice ed ex deputata laburista Yael Dayan: «La lotta al terrorismo - dice - non può giustificare lo spregio dei più elementari diritti civili». Sulla stessa lunghezza d’onda si muove la protesta dell’avvocato Orna Cohen, esponente del Comitato giuridico della minoranza araba israeliano: «Questa legge - denuncia - si configura come una forma particolarmente odiosa di punizione collettiva». Appare ora molto probabile che l’opposizione ricorrerà alla Corte Suprema contro l’emendamento con la motivazione, anticipata da Ahmed Tibi, che esso viola la «legge fondamentale» sui diritti dell’Uomo e sulle sue libertà.

http://www.unita.it/index.asp?SEZIONE_COD=HP&TOPIC_TIPO=&TOPIC_ID=27755

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--> http://news.independent.co.uk/world/middle_east/story.jsp?story=429490

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Pieffebi
01-08-03, 16:13
Si tratta di una disposizione semplicemente vergognosa.

Shalom!!!!

El Venexian
01-08-03, 16:33
In origine postato da Pieffebi
Si tratta di una disposizione semplicemente vergognosa.

Shalom!!!!

e vorrei vedere se sostiene il contrario !

che strano pero' , fino a un post fa lei li sosteneva a spada tratta , vede come basta poco per mettere il dito nella piaga ?

non si preoccupi comunque , la storia non si cancella , i libri rimangono , i giornali vengono archiviati , le notizie non fuggono.

la storia giudichera' i sionisti (e chi li difende) per quello che sono.

Fecia di Cossato
01-08-03, 16:42
originally posted by rag. PierFrancesco:

… che polverone per nascondere la propria inconsistenza e illogicità manifesta!… il signor Fecia non finisce di sorprendere…
In un post precedente ha affermato[…] che secondo un certo documento mai smentito il numero di famiglie ebree italiche perseguitate […] sul totale di 15.000, risulterebbe essere stato di una cifra intorno alle 3.500. Indi egli stesso ne ha dedotto..... che pertanto 11.500 famiglie di stirpe ebraica sarebbe state esentate da ogni forma di persecuzione o discriminazione razziale…
Ora risulta da documenti ufficiali, le cui coordinate sono date da me più sopra, citati da De Felice […] che gli ebrei discriminati, ossia parzialmente esentati dalla persecuzione […] erano invece appunto intorno a 3.500, quindi i perseguitati intorno agli 11.500… bla,bla,bla,bla…

… gli ebrei non sono e non erano una ‘nazionalità’ nel senso usato....neppure per i sionisti, salvo la minoranza più radicale. Gli ebrei erano un gruppo religioso-culturale delle più svariate nazionalità, cittadini dei più diversi paesi europei e non. Essi vanno distribuiti fra gli italiani, i francesi, gli spagnuoli, i polacchi, gli americani […] ai cattolici, ai protestanti... e a chi volete voi. Se si organizzavano in qualche modo fra di loro era perchè i nazisti, e poi i fascisti, perseguitandoli, ne ricreavano le ragioni della solidarietà e la necessità di combattere quei regimi che intendevano reinventare una ‘questione ebraica’ e risolverla come sappiamo. Quanti erano i battezzati cristiani presenti fra i combattenti delle Brigate Internazioni in Spagna?… bla, bla, bla, bla, bla…

egregio
perdonami tanto ma dei tuoi bla, bla… ovvero del ‘nulla assoluto’ che dietro essi si nasconde siamo tutti un poco stufi!…

In soldoni dai dati reperibile in tutti i siti ‘antifascisti’ [quindi niente camicie nere…] che trattano di ‘leggi razziali’ [ad esempio l’Anpi] chiunque può attingere i seguenti numeri:

- insegnati espulsi dalle scuole del Regno per effetto delle ‘leggi razziali’: 96 professori universitari, 133 assistenti universitari, 279 presidi e professori di scuola media, oltre un centinaio di maestri elementari, 200 liberi docenti

- studenti epulsi dalle scuole del Regno per effetto delle ‘leggi razziali’: 200 studenti universitari, 1000 delle scuole secondarie e 4400 delle elementari

- categorie professionali messe a riposo per effetto delle leggi razziali: 400 dipendenti pubblici, 500 dipendenti privati, 150 militari e 2500 professionisti

- volontari ebrei inquadrati nelle Brigate Internazionali in Spagna: 7.758 [contro due presenti nel corpo di spedizione fascista]

La domanda è molto semplice egregio: i numeri sono giusti o no?… se no quali sono i numeri giusti?

Sarebbe oltremodo gradita ‘insindacabile’ risposta!…


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Comandante CC Carlo Fecia di Cossato

Pieffebi
01-08-03, 20:11
I numeri giusti sono quelli da me sopra riportati e alla portata di tutte le persone che sanno far di conto e che....non sono accecati da ideologie......che, infine, hanno fatto ingloriosamente il loro tempo. E quanto ai pericolosissimi nemici dello Stato Totalitario Fascista da te citati, compresi i 4mila e fischia bimbi "ebrei" (classificati tali con criterio biologico-razzista, pur con alcune incongruenze "all'italiana".... scopiazzato nei presupposti dai camerati tedeschi e per certi versi addirittura peggiorato, visto che non vi fu una trattazione, ad esempio dei misti che salvaguardasse la "loro quota di sangue ariano", come invece fu fatto dalla burocrazia nazista), hanno dovuto subire ogni genere di sopruso.
Certo che se gli insegnanti ebrei da cacciare erano, poniamo 200, non se ne potevano espellere 200.000...... quindi niente capziosi rigiri della frittata per cortesia.... il divieto di insegnamento riguardava non solo gli insegnanti espulsi, ma gli studenti che miravano a esercitare quella professione, o qualunque altra preclusa.
Tra le persecuzioni più squallide vi fu anche il divieto per ebrei o supposti ebrei (classificati razzisticamente come tali, anche se cattolici ed estranei alla comunità ebraica) di avere personale di servizio ariano (chissà come mai i non razzisti, neppure strumentali, del Regime antidemocratico e illiberale mussoliniano scopiazzavano la terminologia nazista). Niente di tragico si dirà (sicuramente meglio di essere gassato in un lager o ivi fatto morire di superlavoro o inedia), ma pur sempre una squallida persecuzione dei diritti in violazione di ogni principio occidentale di eguaglianza giuridica fra i cittadini.
Il grande matematico Levi Civita, privato dell'assistenza della sua infermiera personale.....ci lasciò pure la pelle. Eh.....ma per quanto geniale era ebreo (meglio un idiota ariano per i mussoliniani, evidentemente).
Tra le varie disposizioni persecutorie della fascistissima DemoRazza ce ne furono talune..... particolarmente infami e squallide: il ritiro della licenza dei cenciaioli e robivecchi ebrei (a roma gli ebrei, costiuivano il 75% degli appartenenti alla categoria), creò anche problemi nella Capitale, ove i servizi forniti alla cittadinanza da tempo immemorabile da questi modesti lavoratori autonomi.....vennero improvvisamente a mancare creando non pochi disagi.....
Gli ebrei non erano affatto tutti "parassiti intellettuali" (professori, professionisti....) o usurai o "terroristi", come vuole la più squallida delle propagande razziste e antisemite della parte del fascismo italico più servile nei confronti dei camerati nazionalsocialisti germanici.....anche se il successo professionale ed economico di molte famiglie di "stirpe israelita" ....sembrava fatto apposta per suscitare le gelosie e accentuare le frustazioni della parte più rozza della marmaglia di piccoli borghesi in camicia nera, che solo a parole disprezzavano "la vita comoda".
Scrive il Vogt che le misure di cui sopra, tra gli ebrei " l'impoverimento crebbe rapitamente e raggiunse dimensioni spaventose. Le persone bisognose di assistenza erano ora la grande maggioranza soprattutto tra gli ebrei stranieri che non erano riusciti a lasciare il Paese.

Per non parlare delle umiliazioni subite come, in tempo di guerra, la precettazione civile per scopo di lavoro destinata espressametne a tutti i cittadini "di razza ebraica anche se discriminati ".
Il divieto della celebrazione dei matrimoni "razzialmente misti" (anche fra cattolici!!! se uno dei due coniugi era "ebreo" solo di discendenza ma magari cristiano- e ciò fece infurirare la Chiesa) non ha bisogno di troppi commenti.... Ricordo solo che nel biennio 1935-1937, precendente alla svolta antisemita e razzista "riluttante" del fascismo italiano, i matrimoni religiosamente misti celebrati in Italia furono 202, mentre quelli, a posteriori classificabili come religiosamente omogenei ma razzialmente misti ....erano stati 199.
Disposizioni "amministrative" ulteriori colpirono gli ebrei in ogni aspetto della vita collettiva e sociale, e la burocrazia spesso corredò il tutto con le piccole angherie di cui nel nostro Paese è in genere capace contro i deboli e gli indifesi.
Il Sarfatti ricorda che: " Per cinque anni, dal 1938 al 1943, gli ebrei d'Italia furono sottoposti a una persecuzione dura, complessa e sempre più grave, mentre, per il fascismo, la soluzione definitiva della *questione ebraica* era rappresentata dall'eliminazione degli ebrei dalla penisola , con progetti che seguivano quelli di antisemiti del secolo precedente e anticipavano la "soluzione finale territoriale" della questione ebraica (ad esempio il progetto Madagascar) propugnato dal nazismo (il cui antisemitismo virulento avrebbe prodotto ben altro, anche se negato dalla pseudostorigrafia fantasy) per un certo tempo.

Shalom!!!

El Venexian
01-08-03, 20:51
In origine postato da Pieffebi
I numeri giusti sono quelli da me sopra riportati e alla portata di tutte le persone che sanno far di conto e che....non sono accecati da ideologie......che, infine, hanno fatto ingloriosamente il loro tempo. E quanto ai pericolosissimi nemici dello Stato Totalitario Fascista da te citati, compresi i 4mila e fischia bimbi "ebrei" (classificati tali con criterio biologico-razzista, pur con alcune incongruenze "all'italiana".... scopiazzato nei presupposti dai camerati tedeschi e per certi versi addirittura peggiorato, visto che non vi fu una trattazione, ad esempio dei misti che salvaguardasse la "loro quota di sangue ariano", come invece fu fatto dalla burocrazia nazista), hanno dovuto subire ogni genere di sopruso.
Certo che se gli insegnanti ebrei da cacciare erano, poniamo 200, non se ne potevano espellere 200.000...... quindi niente capziosi rigiri della frittata per cortesia.... il divieto di insegnamento riguardava non solo gli insegnanti espulsi, ma gli studenti che miravano a esercitare quella professione, o qualunque altra preclusa.
Tra le persecuzioni più squallide vi fu anche il divieto per ebrei o supposti ebrei (classificati razzisticamente come tali, anche se cattolici ed estranei alla comunità ebraica) di avere personale di servizio ariano (chissà come mai i non razzisti, neppure strumentali, del Regime antidemocratico e illiberale mussoliniano scopiazzavano la terminologia nazista). Niente di tragico si dirà (sicuramente meglio di essere gassato in un lager o ivi fatto morire di superlavoro o inedia), ma pur sempre una squallida persecuzione dei diritti in violazione di ogni principio occidentale di eguaglianza giuridica fra i cittadini.
Il grande matematico Levi Civita, privato dell'assistenza della sua infermiera personale.....ci lasciò pure la pelle. Eh.....ma per quanto geniale era ebreo (meglio un idiota ariano per i mussoliniani, evidentemente).
Tra le varie disposizioni persecutorie della fascistissima DemoRazza ce ne furono talune..... particolarmente infami e squallide: il ritiro della licenza dei cenciaioli e robivecchi ebrei (a roma gli ebrei, costiuivano il 75% degli appartenenti alla categoria), creò anche problemi nella Capitale, ove i servizi forniti alla cittadinanza da tempo immemorabile da questi modesti lavoratori autonomi.....vennero improvvisamente a mancare creando non pochi disagi.....
Gli ebrei non erano affatto tutti "parassiti intellettuali" (professori, professionisti....) o usurai o "terroristi", come vuole la più squallida delle propagande razziste e antisemite della parte del fascismo italico più servile nei confronti dei camerati nazionalsocialisti germanici.....anche se il successo professionale ed economico di molte famiglie di "stirpe israelita" ....sembrava fatto apposta per suscitare le gelosie e accentuare le frustazioni della parte più rozza della marmaglia di piccoli borghesi in camicia nera, che solo a parole disprezzavano "la vita comoda".
Scrive il Vogt che le misure di cui sopra, tra gli ebrei " l'impoverimento crebbe rapitamente e raggiunse dimensioni spaventose. Le persone bisognose di assistenza erano ora la grande maggioranza soprattutto tra gli ebrei stranieri che non erano riusciti a lasciare il Paese.

Per non parlare delle umiliazioni subite come, in tempo di guerra, la precettazione civile per scopo di lavoro destinata espressametne a tutti i cittadini "di razza ebraica anche se discriminati ".
Il divieto della celebrazione dei matrimoni "razzialmente misti" (anche fra cattolici!!! se uno dei due coniugi era "ebreo" solo di discendenza ma magari cristiano- e ciò fece infurirare la Chiesa) non ha bisogno di troppi commenti.... Ricordo solo che nel biennio 1935-1937, precendente alla svolta antisemita e razzista "riluttante" del fascismo italiano, i matrimoni religiosamente misti celebrati in Italia furono 202, mentre quelli, a posteriori classificabili come religiosamente omogenei ma razzialmente misti ....erano stati 199.
Disposizioni "amministrative" ulteriori colpirono gli ebrei in ogni aspetto della vita collettiva e sociale, e la burocrazia spesso corredò il tutto con le piccole angherie di cui nel nostro Paese è in genere capace contro i deboli e gli indifesi.
Il Sarfatti ricorda che: " Per cinque anni, dal 1938 al 1943, gli ebrei d'Italia furono sottoposti a una persecuzione dura, complessa e sempre più grave, mentre, per il fascismo, la soluzione definitiva della *questione ebraica* era rappresentata dall'eliminazione degli ebrei dalla penisola , con progetti che seguivano quelli di antisemiti del secolo precedente e anticipavano la "soluzione finale territoriale" della questione ebraica (ad esempio il progetto Madagascar) propugnato dal nazismo (il cui antisemitismo virulento avrebbe prodotto ben altro, anche se negato dalla pseudostorigrafia fantasy) per un certo tempo.

Shalom!!!

gli ando' molto meglio comunque che in spagna nella fine del '400...

tra l'altro quelli che lei chiama ebrei cattolici altri li chiamano Marrani.

la domanda che sorge spontanea e' sempre la stessa :

ma che gli faranno di male sti ebrei a tutti i popoli del pianeta dove hanno messo piede ?
come mai SOLO a loro questa sorte ?

avanti....so gia' la sua risposta che sono il popolo eletto ma vorrei sentire qualcosa di meno banale se possibile.

yurj
02-08-03, 11:59
A una domanda banale e trivia, non ci si puo' aspettare una risposta intelligente... :rolleyes:

Pieffebi
02-08-03, 20:07
Sulla storia dell'antigiudaismo e dell'antisemitismo esiste una vasta letteratura.

Da parte sua la Sacra Scrittura, Antico Testamento, ispirato Libro di Ester (probabilmente redatto nel II secolo ante E.V.) recita ai versetti dall'otto al dieci del terzo capitolo:
" Aman disse al re Assuero: * C'è un popolo disseminato ma distinto fra i popoli di tutte le province del tuo regno, hanno leggi diverse da quelle di tutti i popoli e non osservano le leggi del re . Non deve essere indifferente pertanto al re lasciarli tranquilli. Se sembrerà bene al re sia prescritto di distruggerli e io pagherò diecimila talenti di argento nelle mani dei funzionari, perchè versino nei tesori del re.*
Il re si tolse il sigillo dalla mano e lo dette ad Aman, figlio di Ammedata, della stirpe di Agag, nemico dei Giudei. Inoltre il re disse ad Aman:
*Il denaro sia dato a te e, quanto a [quel] popolo, fanne quello che ti parrà meglio* " (Verbum Domini).

Per il resto basta conoscere la storia.....dalla guerra giudaica, alla questione del "deicidio", al "limpido sangue" dell'Inquisizione Sagnuola, all'emancipazione in età moderna e alle reazioni suscitate, alla trasformazione dell'antigiudaismo in antisemitismo moderno scientistico-positivistico, all'intrecciarsi di motivazioni moderne con altre tradizionali, alla nascita del sionismo, alla moderna questione arabo-israeliana....


Shalom!!!!

yurj
02-08-03, 20:53
Se ci mettiamo a citare la bibbia, non e' piu' finita... :rolleyes:

Pieffebi
02-08-03, 21:08
In origine postato da Pieffebi




" Il manifesto della razza (1938)

(Da "La difesa della razza", direttore Telesio Interlandi, anno I, numero 1, 5 agosto 1938, p. 2).

http://www.cronologia.it/mondo23l.jpg

Il ministro segretario del partito ha ricevuto, il 26 luglio XVI, un gruppo di studiosi fascisti, docenti nelle università italiane, che hanno, sotto l’egida del Ministero della Cultura Popolare, redatto o aderito, alle proposizioni che fissano le basi del razzismo fascista. (*)

1. Le razze umane esistono. La esistenza delle razze umane non è già una astrazione del nostro spirito, ma corrisponde a una realtà fenomenica, materiale, percepibile con i nostri sensi. Questa realtà è rappresentata da masse, quasi sempre imponenti di milioni di uomini simili per caratteri fisici e psicologici che furono ereditati e che continuano ad ereditarsi.

Dire che esistono le razze umane non vuol dire a priori che esistono razze umane superiori o inferiori, ma soltanto che esistono razze umane differenti.

2. Esistono grandi razze e piccole razze. Non bisogna soltanto ammettere che esistano i gruppi sistematici maggiori, che comunemente sono chiamati razze e che sono individualizzati solo da alcuni caratteri, ma bisogna anche ammettere che esistano gruppi sistematici minori (come per es. i nordici, i mediterranei, i dinarici, ecc.) individualizzati da un maggior numero di caratteri comuni. Questi gruppi costituiscono dal punto di vista biologico le vere razze, la esistenza delle quali è una verità evidente.

3. Il concetto di razza è concetto puramente biologico. Esso quindi è basato su altre considerazioni che non i concetti di popolo e di nazione, fondati essenzialmente su considerazioni storiche, linguistiche, religiose. Però alla base delle differenze di popolo e di nazione stanno delle differenze di razza. Se gli Italiani sono differenti dai Francesi, dai Tedeschi, dai Turchi, dai Greci, ecc., non è solo perché essi hanno una lingua diversa e una storia diversa, ma perché la costituzione razziale di questi popoli è diversa. Sono state proporzioni diverse di razze differenti, che da tempo molto antico costituiscono i diversi popoli, sia che una razza abbia il dominio assoluto sulle altre, sia che tutte risultino fuse armonicamente, sia, infine, che persistano ancora inassimilate una alle altre le diverse razze.

4. La popolazione dell'Italia attuale è nella maggioranza di origine ariana e la sua civiltà ariana. Questa popolazione a civiltà ariana abita da diversi millenni la nostra penisola; ben poco è rimasto della civiltà delle genti preariane. L'origine degli Italiani attuali parte essenzialmente da elementi di quelle stesse razze che costituiscono e costituirono il tessuto perennemente vivo dell'Europa.

5. È una leggenda l'apporto di masse ingenti di uomini in tempi storici. Dopo l'invasione dei Longobardi non ci sono stati in Italia altri notevoli movimenti di popoli capaci di influenzare la fisionomia razziale della nazione. Da ciò deriva che, mentre per altre nazioni europee la composizione razziale è variata notevolmente in tempi anche moderni, per l'Italia, nelle sue grandi linee, la composizione razziale di oggi è la stessa di quella che era mille anni fa: i quarantaquattro milioni d'Italiani di oggi rimontano quindi nella assoluta maggioranza a famiglie che abitano l'Italia da almeno un millennio.

6. Esiste ormai una pura "razza italiana". Questo enunciato non è basato sulla confusione del concetto biologico di razza con il concetto storico-linguistico di popolo e di nazione ma sulla purissima parentela di sangue che unisce gli Italiani di oggi alle generazioni che da millenni popolano l'Italia. Questa antica purezza di sangue è il più grande titolo di nobiltà della Nazione italiana.

7. È tempo che gli Italiani si proclamino francamente razzisti. Tutta l'opera che finora ha fatto il Regime in Italia è in fondo del razzismo. Frequentissimo è stato sempre nei discorsi del Capo il richiamo ai concetti di razza. La questione del razzismo in Italia deve essere trattata da un punto di vista puramente biologico, senza intenzioni filosofiche o religiose. La concezione del razzismo in Italia deve essere essenzialmente italiana e l'indirizzo ariano-nordico. Questo non vuole dire però introdurre in Italia le teorie del razzismo tedesco come sono o affermare che gli Italiani e gli Scandinavi sono la stessa cosa. Ma vuole soltanto additare agli Italiani un modello fisico e soprattutto psicologico di razza umana che per i suoi caratteri puramente europei si stacca completamente da tutte le razze extra-europee, questo vuol dire elevare l'Italiano ad un ideale di superiore coscienza di se stesso e di maggiore responsabilità.

8. È necessario fare una netta distinzione fra i Mediterranei d'Europa (Occidentali) da una parte gli Orientali e gli Africani dall'altra. Sono perciò da considerarsi pericolose le teorie che sostengono l'origine africana di alcuni popoli europei e comprendono in una comune razza mediterranea anche le popolazioni semitiche e camitiche stabilendo relazioni e simpatie ideologiche assolutamente inammissibili.

9. Gli ebrei non appartengono alla razza italiana. Dei semiti che nel corso dei secoli sono approdati sul sacro suolo della nostra Patria nulla in generale è rimasto. Anche l'occupazione araba della Sicilia nulla ha lasciato all'infuori del ricordo di qualche nome; e del resto il processo di assimilazione fu sempre rapidissimo in Italia. Gli ebrei rappresentano l'unica popolazione che non si è mai assimilata in Italia perché essa è costituita da elementi razziali non europei, diversi in modo assoluto dagli elementi che hanno dato origine agli Italiani.

10. I caratteri fisici e psicologici puramente europei degli Italiani non devono essere alterati in nessun modo. L'unione è ammissibile solo nell'ambito delle razze europee, nel quale caso non si deve parlare di vero e proprio ibridismo, dato che queste razze appartengono ad un ceppo comune e differiscono solo per alcuni caratteri, mentre sono uguali per moltissimi altri. Il carattere puramente europeo degli Italiani viene alterato dall'incrocio con qualsiasi razza extra-europea e portatrice di una civiltà diversa dalla millenaria civiltà degli ariani.

nota:
(*) IL MANIFESTO DELLA RAZZA

(comunicato della segreteria politica del PNF del 25 luglio 1938)

Erano presenti i fascisti:



* On. Sabato Visco direttore dell'Istituto di Fisiologia generale dell'Università di Roma e direttore dell'Istituto nazionale di Biologia presso il Consiglio nazionale delle Ricerche
* Dott. Lino Businco, assistente di patologia generale all'Università di Roma
* Prof. Lidio Cipriani, incaricato di antropologia nell'Università di Firenze
* Prof. Arturo Donaggio direttore della clinica neuropsichiatrica dell'Università di Bologna, presidente della Società Italiana di psichiatria
* Dott. Leone Franzi assistente nella clinica pediatrica dell'Università di Milano
* Prof. Guido Londra assistente di Antropologia nell'Università di Roma
* Sen. Luigi Pende direttore dell'Istituto di Patologia speciale medica dell'Università di Roma
* Dott. Marcello Ricci assistente di Zoologia all'Università di Roma
* Prof. Franco Savorgnan ordinario di demografia nell'Università di Roma, presidente dell'Istituto centrale di statistica
* Prof. Edoardo Zavattari direttore dell'Istituto di Zoologia dell'Università di Roma.

Alla riunione ha partecipato il Ministro della Cultura Popolare Dino Alfieri.

Il Segretario del Partito Achille Starace ha elogiato la precisione e la concisione della tesi, e ha ricordato che il fascismo fa da sedici anni praticamente una politica razzista che consiste -attraverso l'azione delle istituzioni del Regime- nel realizzare un continuo miglioramento quantitativo e qualitativo della razza. Il segretario del Partito ha soggiunto che il duce parecchie volte -nei suoi scritti e discorsi- ha accennato alla razza italiana quale appartenente al gruppo cosiddetto degli indo-europei.

Con la creazione dell'impero, la razza italiana è venuta in contatto con altre razze; deve quindi guardarsi da ogni ibridismo e contaminazione.

Quanto agli ebrei, essi si considerano da millenni, dovunque e anche in Italia, come una razza diversa e superiore alle altre, ed è notorio che nonostante la politica tollerante del Regime gli ebrei hanno, in ogni nazione, costituito -coi loro uomini e coi loro mezzi- lo stato maggiore dell'antifascismo.

Il Segretario ha infine annunciato che l'attività principale degli istituti di cultura fascista nel prossimo anno, sarà l'elaborazione e diffusione dei principi fascisti in tema di razza, principi che hanno già sollevato tanto interesse in Italia e nel mondo.


"

Shalom!!!

Il Manifesto della Razza è stato pubblicato sulla Rivista "La Difesa della Razza" e su altre riviste e giornali coevi. Del resto su che cosa dovrebbe essere pubblicato un "Manifesto"? Marinetti ove pubblico' quello del Futurismo?
Il Manifesto su "Il Fascismo e la questione della Razza" non è, se non per una persona....disinformata gravemente, un semplice "articolo di giornale". Il testo sopra riportato è quello de LA DIFESA DELLA RAZZA integrato con quello de IL POPOLO D'ITALIA comprensivo del comunicato del Segretario del Partito...Achille Starace....





Detto questo passiamo ad altro:

" DICHIARAZIONE SULLA RAZZA (ottobre 1938)
_
__ Il Gran Consiglio del Fascismo, i n seguito alla conquista dell'Impero, dichiara l'attualità urgente dei problemi razziali e la necessità di una coscienza razziale . Ricorda che il Fascismo ha svolto da sedici anni e svolge un'attività positiva, diretta al miglioramento quantitativo e qualitativo della razza italiana, miglioramento che potrebbe essere gravemente compromesso, con conseguenze politiche incalcolabili, da incroci e imbastardimenti.
__ Il problema ebraico non è che l'aspetto metropolitano di un problema di carattere generale .
__ Il Gran Consiglio del Fascismo stabilisce:
__ a) il divieto di matrimoni di italiani e italiane con elementi appartenenti alle razze camita, semita e altre razze non ariane;
__ b) il divieto per i dipendenti dello Stato e da Enti pubblici - personale civile e militare - di contrarre matrimonio con donne straniere di qualsiasi razza;
__ c) il matrimonio di italiani e italiane con stranieri, anche di razze ariane, dovrà avere il preventivo consenso del Ministero dell'Interno;
__ d) dovranno essere rafforzate le misure contro chi attenta al prestigio della razza nei territori dell'Impero.
Ebrei ed ebraismo
__ Il Gran Consiglio del Fascismo ricorda che l'ebraismo mondiale - specie dopo l'abolizione della massoneria - è stato l'animatore dell'antifascismo in tutti i campi e che l'ebraismo estero o italiano fuoruscito è stato - in taluni periodi culminanti come nel 1924-25 e durante la guerra etiopica unanimemente ostile al Fascismo.
__ L'immigrazione di elementi stranieri - accentuatasi fortemente dal 1933 in poi - ha peggiorato lo stato d'animo degli ebrei italiani, nei confronti del Regime, non accettato sinceramente, poiché antitetico a quella che è la psicologia, la politica, l'internazionalismo d'Israele . Tutte le forze antifasciste fanno capo ad elementi ebrei; l'ebraismo mondiale è, in Spagna, dalla parte dei bolscevici di Barcellona .
Il divieto d'entrata e l'espulsione degli ebrei stranieri
__ Il Gran Consiglio del Fascismo ritiene che la legge concernente il divieto d'ingresso nel Regno, degli ebrei stranieri, non poteva più oltre essere ritardata, e che l'espulsione degli indesiderabili - secondo il termine messo in voga e applicato dalle grandi democrazie - è indispensabile.
__ Il Gran Consiglio del Fascismo decide che oltre ai casi singolarmente controversi che saranno sottoposti all'esame dell'apposita commissione del Ministero dell'Interno, non sia applicata l'espulsione nei riguardi degli ebrei stranieri i quali:
__ a) abbiano un'età superiore agli anni 65;
__ b) abbiamo contratto un matrimonio misto italiano prima del 1° ottobre XVI.
Ebrei di cittadinanza italiana
__ Il Gran Consiglio del Fascismo, circa l'appartenenza o meno alla razza ebraica , stabilisce quanto segue:
__ a) è di razza ebraica colui che nasce da genitori entrambi ebrei;
__ b) è considerato di razza ebraica colui che nasce da padre ebreo e da madre di nazionalità straniera;
__ c) è considerato di razza ebraica colui che, pur essendo nato da un matrimonio misto, professa la religione ebraica;
__ d) non è considerato di razza ebraica colui che è nato da un matrimonio misto, qualora professi altra religione all'infuori della ebraica, alla data del 1° ottobre XVI.
Discriminazione fra gli ebrei di cittadinanza italiana
__ Nessuna discriminazione sarà applicata - escluso in ogni caso l'insegnamento nelle scuole di ogni ordine e grado - nei confronti di ebrei di cittadinanza italiana - quando non abbiano per altri motivi demeritato - i quali appartengono a:
__ 1) famiglie di Caduti nelle quattro guerre sostenute dall'Italia in questo secolo; libica, mondiale, etiopica, spagnola;
__ 2) famiglie dei volontari di guerra nelle guerre libica, mondiale, etiopica, spagnola;
__ 3) famiglie di combattenti delle guerre libica, mondiale, etiopica, spagnola, insigniti della croce al merito di guerra;
__ 4) famiglie dei Caduti per la Causa fascista;
__ 5) famiglie dei mutilati, invalidi, feriti della Causa fascista;
__ 6) famiglie di Fascisti iscritti al Partito negli anni 19- 20- 21- 22 e nel secondo semestre del 24 e famiglie di legionari fiumani.
__ 7) famiglie aventi eccezionali benemerenze che saranno accertate da apposita commissione.
Gli altri ebrei
__ I cittadini italiani di razza ebraica, non appartenenti alle suddette categorie, nell'attesa di una nuova legge concernente l'acquisto della cittadinanza italiana, non potranno:
__ a) essere iscritti al Partito Nazionale Fascista;
__ b) essere possessori o dirigenti di aziende di qualsiasi natura che impieghino cento o più persone ;
__ c) essere possessori di oltre cinquanta ettari di terreno ;
__ d) prestare servizio militare in pace e in guerra. L'esercizio delle professioni sarà oggetto di ulteriori provvedimenti.
__ Il Gran Consiglio del Fascismo decide inoltre:
__ 1) che agli ebrei allontanati dagli impieghi pubblici sia riconosciuto il normale diritto di pensione;
__ 2) che ogni forma di pressione sugli ebrei, per ottenere abiure, sia rigorosamente repressa;
__ 3) che nulla si innovi per quanto riguarda il libero esercizio del culto e l'attività delle comunità ebraiche secondo le leggi vigenti;
__ 4) che, insieme alle scuole elementari, si consenta l'istituzione di scuole medie per ebrei.
Immigrazione di ebrei in Etiopia
__ Il Gran Consiglio del Fascismo non esclude la possibilità di concedere, anche per deviare la immigrazione ebraica dalla Palestina , una controllata immigrazione di ebrei europei in qualche zona dell'Etiopia.
__ Questa eventuale e le altre condizioni fatte agli ebrei, potranno essere annullate o aggravate a seconda dell'atteggiamento che l'ebraismo assumerà nei riguardi dell'Italia fascista .

Cattedre di razzismo
__ Il Gran Consiglio del Fascismo prende atto con soddisfazione che il Ministro dell'Educazione Nazionale ha istituito cattedre di studi sulla razza nelle principali Università del Regno.
Alle camicie nere
__ Il Gran Consiglio del Fascismo, mentre nota che il complesso dei problemi razziali ha suscitato un interesse eccezionale nel popolo italiano, annuncia ai Fascisti che le direttive del Partito in materia sono da considerarsi fondamentali e impegnative per tutti e che alle direttive del Gran Consiglio devono ispirarsi le leggi che saranno sollecitamente preparate dai singoli Ministri. "

L'impostazione del documento del Gran Consiglio congiunge aspetti di politica razziale, del tutto congruenti con l'impostazione del "Manifesto della Razza", sposando la visione sostanzialmente biologica-razzista ivi espressa, con questioni di politica internazionale. Interessante il riferimento agli ebrei stranieri che dal 1933 [anno dell'ascesa al potere del nuovo alleato di Mussolini, l'antisemita radicale Adolf Hitler] si sono rifugiati in Italia, in un primo momento accolti a braccia aperte (prima dell'avvicinamento italo-tedesco e quando Mussolini guardava con "sovrana pietà" al razzismo NazionalSocialista, ancora lontano dall'idea di imitarlo ed entrare in concorrenza col medesimo).
Sull'aspetto della vendetta verso "gli ispiratori dell'antifascismo" e del ricatto verso il "giudaismo internazionale" abbiamo già parlato, e non è il caso di insistere.
Sulla Spagna voglio ricordare quanto da me affermato in altri post.....e torno a ribadire che ci furono ebrei anche fra i fascisti, ta i quali ricordiamo ancora:
Umberto Beer, Giorgio Morpurgo, Paolo Vita Finzi, Angelo Angeli, Alberto Spizzichino, Alberto Liuzzi..
e che certamente il carattere anticlericale della Repubblica e l'intervento della Germania Antisemita nel conflitto (oltre e più che de l'Italia fascista) indussero molti ebrei a fare una scelta diversa.

Il documento del Gran Consiglio inizia inquadrando la questione ebraica all'interno della generale questione razziale, anzi, come suo elemento "metropolitano", quindi parallelo e in qualche modo intrecciato a quello che nelle terre dell'Impero, lontane dalla penisola, si poneva invece tra gli italiani e le popolazioni colorate indigene. La Dichiarazione del Gran Consiglio del Fascismo esaltando la politica di salute razziale fino ad allora seguita dal Regime, ne faceva discendere che ora, anche in conseguenza della conquista dell'Impero, si sarebbero dovute prevedere nuove misure atte a proteggere la stirpe italica ariana da imbastardimenti e meticciati, che rischiavano seriamente di compromettere "miglioramenti" fino ad allora conseguiti dal Regime....con "conseguenze incalcolabili". Lo stesso documento si conclude con il compiacimento del Gran Consiglio per l'interesse suscitato dalla nuova politica razzista nel popolo italiano, non senza prima aver preso atto con soddisfazione dell'istituzione di "cattedre di razzismo".
Le leggi razziali fasciste, pur seguendo a grandi linee i principi enunciati dal Gran Consiglio, avranno tuttavia un'autonoma elaborazione, e una storia ed evoluzione propria, che sarà integrata dalle misure amministrative e burocratiche del regime.

Shalom!!!_

_

Pieffebi
04-08-03, 19:23
" DECRETO-LEGGE 17 novembre 1938-XVII, n.1728


--------------------------------------------------------------------------------

Provvedimenti per la difesa della razza italiana
VITTORIO EMANUELE III PER GRAZIA DI DIO E PER LA VOLONTÀ DELLA NAZIONE RE D'ITALIA IMPERATORE D'ETIOPIA

Ritenuta
la necessità urgente ed assoluta di provvedere;
Visto l'art. 3, n. 2, della legge 31 gennaio 1926-IV, n. 100, sulla facoltà del potere esecutivo di emanare norme giuridiche;
Sentito il Consiglio dei Ministri;
Sulla proposta del DUCE, Primo Ministro Segretario di Stato, Ministro per l'interno, di concerto coi Ministri per gli affari esteri, per la grazia e giustizia, per le finanze e per le corporazioni;
Abbiamo decretato e decretiamo:

CAPO I
Provvedimenti relativi ai matrimoni

Art. 1. Il matrimonio del cittadino italiano di razza ariana con persona appartenente ad altra razza è proibito . Il matrimonio celebrato in contrasto con tale divieto è nullo.
Art. 2. Fermo il divieto di cui all'art. 1, il matrimonio del cittadino italiano con persona di nazionalità straniera è subordinato al preventivo consenso del Ministero per l'interno. I trasgressori sono puniti con l'arresto fino a tre mesi e con l'ammenda fino a lire diecimila.
Art. 3. Fermo il divieto di cui all'art. 1, i dipendenti delle Amministrazioni civili e militari dello Stato, delle Organizzazioni del Partito Nazionale Fascista o da esso controllate, delle Amministrazioni delle Provincie, dei Comuni, degli Enti parastatali e delle Associazioni sindacali ed Enti collaterali non possono contrarre matrimonio con persone di nazionalità straniera. Salva l'applicazione, ove ne ricorrano gli estremi, delle sanzioni previste dall'art. 2, la trasgressione del predetto divieto importa la perdita dell'impiego e del grado.
Art. 4. Ai fini dell'applicazione degli articoli 2 e 3, gli italiani non regnicoli non sono considerati stranieri.
Art. 5. L'ufficiale dello stato civile, richiesto di pubblicazioni di matrimonio, è obbligato ad accertare, indipendentemente dalle dichiarazioni delle parti, la razza e lo stato di cittadinanza di entrambi i richiedenti. Nel caso previsto dall'art. 1, non procederà nè alle pubblicazioni nè alla celebrazione del matrimonio. L'ufficiale dello stato civile che trasgredisce al disposto del presente articolo è punito con l'ammenda da lire cinquecento a lire cinquemila.
Art. 6. Non può produrre effetti civili e non deve, quindi, essere trascritto nei registri dello stato civile, a norma dell'art.5 della legge 27 maggio 1929-VII, n. 847, il matrimonio celebrato in violazione dell'art.1. Al ministro del culto, davanti al quale sia celebrato tale matrimonio, è vietato l'adempimento di quanto disposto dal primo comma dell'art.8 della predetta legge. I trasgressori sono puniti con l'ammenda da lire cinquecento a lire cinquemila.
Art. 7. L'ufficiale dello stato civile che ha proceduto alla trascrizione degli atti relativi a matrimoni celebrati senza l'osservanza del disposto dell'art. 2 è tenuto a farne immediata denunzia all'autorità competente.
CAPO II
Degli appartenenti alla razza ebraica
Art. 8. Agli effetti di legge:
a) è di razza ebraica colui che è nato da genitori entrambi di razza ebraica, anche se appartenga a religione diversa da quella ebraica ;
b) è considerato di razza ebraica colui che è nato da genitori di cui uno di razza ebraica e l'altro di nazionalità straniera;
c) è considerato di razza ebraica colui che è nato da madre di razza ebraica qualora sia ignoto il padre;
d) è considerato di razza ebraica colui che, pur essendo nato da genitori di nazionalità italiana, di cui uno solo di razza ebraica, appartenga alla religione ebraica, o sia, comunque, iscritto ad una comunità israelitica, ovvero abbia fatto, in qualsiasi altro modo, manifestazioni di ebraismo. Non è considerato di razza ebraica colui che è nato da genitori di nazionalità italiana, di cui uno solo di razza ebraica, che, alla data del 1í ottobre 1938-XVI, apparteneva a religioni diversa da quella ebraica .
Art. 9. L'appartenenza alla razza ebraica deve essere denunziata ed annotata nei registri dello stato civile e della popolazione. Tutti gli estratti dei predetti registri ed i certificati relativi, che riguardano appartenenti alla razza ebraica, devono fare espressa menzione di tale annotazione.Uguale menzione deve farsi negli atti relativi a concessione o autorizzazioni della pubblica autorità. I contravventori alle disposizioni del presente articolo sono puniti con l'ammenda fino a lire duemila.
Art. 10. I cittadini italiani di razza ebraica non possono:
a) prestare servizio militare in pace e in guerra;
b) esercitare l'ufficio di tutore o curatore di minori o di incapaci non appartenenti alla razza ebraica
c) essere proprietari o gestori, a qualsiasi titolo, di aziende dichiarate interessanti la difesa della Nazione, ai sensi e con le norme dell'art. 1 R. decreto-legge 18 novembre 1929-VIII, n. 2488, e di aziende di qualunque natura che impieghino cento o più persone, nè avere di dette aziende la direzione nè assumervi comunque, l'ufficio di amministrazione o di sindaco ;
d) essere proprietari di terreni che, in complesso, abbiano un estimo superiore a lire cinquemila ;
e) essere proprietari di fabbricati urbani che, in complesso, abbiano un imponibile superiore a lire ventimila. Per i fabbricati per i quali non esista l'imponibile, esso sarà stabilito sulla base degli accertamenti eseguiti ai fini dell'applicazione dell'imposta straordinaria sulla proprietà immobiliare di cui al R. decreto-legge 5 ottobre 1936-XIV, n. 1743. Con decreto Reale, su proposta del Ministro per le finanze, di concerto coi Ministri per l'interno, per la grazia e giustizia, per le corporazioni e per gli scambi e valute, saranno emanate le norme per l'attuazione delle disposizioni di cui alle lettere c), d), e).
Art. 11. Il genitore di razza ebraica può essere privato della patria potestà sui figli che appartengono a religione diversa da quella ebraica , qualora risulti che egli impartisca ad essi una educazione non corrispondente ai loro principi religiosi o ai fini nazionali.
Art. 12. Gli appartenenti alla razza ebraica non possono avere alle proprie dipendenze, in qualità di domestici, cittadini italiani di razza ariana . I trasgressori sono puniti con l'ammenda da lire mille a lire cinquemila.
Art. 13. Non possono avere alle proprie dipendenze persone appartenenti alla razza ebraica:
a) le Amministrazioni civili e militari dello Stato;
b) il Partito Nazionale Fascista e le organizzazioni che ne dipendono o che ne sono controllate;
c) le Amministrazioni delle Provincie, dei Comuni, delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza e degli Enti, Istituti ed Aziende, comprese quelle dei trasporti in gestione diretta, amministrate o mantenute col concorso delle Provincie, dei Comuni, delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza o dei loro Consorzi;
d) le Amministrazioni delle aziende municipalizzate;
e) le Amministrazioni degli Enti parastatali, comunque costituiti e denominati, delle Opere nazionali, delle Associazioni sindacali ed Enti collaterali e, in genere, di tutti gli Enti ed Istituti di diritto pubblico, anche con ordinamento autonomo, sottoposti a vigilanza o a tutela dello Stato, o al cui mantenimento lo Stato concorra con contributi di carattere continuativo;
f) le Amministrazioni delle aziende annesse o direttamente dipendenti dagli Enti di cui alla precedente lettera e) o che attingono ad essi, in modo prevalente, i mezzi necessari per il raggiungimento dei propri fini, nonché delle società, il cui capitale sia costituito, almeno per metà del suo importo, con la partecipazione dello Stato;
g) le Amministrazioni delle banche di interesse nazionale;
h) le Amministrazioni delle imprese private di assicurazione.
Art. 14. Il Ministro per l'interno, sulla documentata istanza degli interessati, può, caso per caso , dichiarare non applicabili le disposizioni dell'art 10, nonché dell'art. 13, lett. h) :
a) ai componenti le famiglie dei caduti nelle guerre libica, mondiale, etiopica e spagnola e dei caduti per la causa fascista;
b) a coloro che si trovino in una delle seguenti condizioni:
mutilati, invalidi, feriti, volontari di guerra o decorati al valore nelle guerre libica, mondiale, etiopica e spagnola;
combattenti nelle guerre libica, mondiale, etiopica, spagnola che abbiano conseguito almeno la croce al merito di guerra;
mutilati, invalidi, feriti della causa fascista;
iscritti al Partito Nazionale Fascista negli anni 1919-20-21-22 e nel secondo semestre del 1924;
legionari fiumani;
abbiano acquisito eccezionali benemerenze, da valutarsi a termini dell'art.16.
Nei casi preveduti alla lett. b), il beneficio può essere esteso ai componenti la famiglia delle persone ivi elencate, anche se queste siano premorte . Gli interessati possono richiedere l'annotazione del provvedimento del Ministro per l'interno nei registri di stato civile e di popolazione. Il provvedimento del Ministro per l'interno non è soggetto ad alcun gravame, sia in via amministrativa, sia in via giurisdizionale.
Art. 15. Ai fini dell'applicazione dell'art. 14, sono considerati componenti della famiglia, oltre il coniuge, gli ascendenti e i discendenti fino al secondo grado.
Art. 16. Per la valutazione delle speciali benemerenze di cui all'art. 14 lett. b), n. 6, è istituita, presso il Ministero dell'interno, una Commissione composta del Sottosegretario di Stato all'interno, che la presiede, di un Vice Segretario del Partito Nazionale Fascista e del Capo di Stato Maggiore della Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale.
Art. 17. è vietato agli ebrei stranieri di fissare stabile dimora nel Regno, in Libia e nei Possedimenti dell'Egeo.
CAPO III
Disposizioni transitorie e finali
Art. 18. Per il periodo di tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, è data facoltà al Ministro per l'interno, sentita l'Amministrazione interessata, di dispensare, in casi speciali, dal divieto di cui all'art. 3, gli impiegati che intendono contrarre matrimonio con persona straniera di razza ariana.
Art. 19. Ai fini dell'applicazione dell'art. 9, tutti coloro che si trovano nelle condizioni di cui all'art.8, devono farne denunzia all'ufficio di stato civile del Comune di residenza, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Coloro che non adempiono a tale obbligo entro il termine prescritto o forniscono dati inesatti o incompleti sono puniti con l'arresto fino ad un mese e con l'ammenda fino a lire tremila.
Art. 20. I dipendenti degli Enti indicati nell'art.13, che appartengono alla razza ebraica, saranno dispensati dal servizio nel termine di tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
Art. 21. I dipendenti dello Stato in pianta stabile, dispensati dal servizio a norma dell'art.20, sono ammessi a far valere il diritto al trattamento di quiescenza loro spettante a termini di legge. In deroga alle vigenti disposizioni, a coloro che non hanno maturato il periodo di tempo prescritto è concesso il trattamento minimo di pensione se hanno compiuto almeno dieci anni di servizio; negli altri casi è concessa una indennità pari a tanti dodicesimi dell'ultimo stipendio quanti sono gli anni di servizio compiuti.
Art. 22. Le disposizioni di cui all'art.21 sono estese, in quanto applicabili, agli Enti indicati alle lettere b),c),d),e),f),g),h), dell'art.13. Gli Enti, nei cui confronti non sono applicabili le disposizioni dell'art.21, liquideranno, ai dipendenti dispensati dal servizio, gli assegni o le indennità previste dai propri ordinamenti o dalle norme che regolano il rapporto di impiego per i casi di dispensa o licenziamento per motivi estranei alla volontà dei dipendenti.
Art. 23. Le concessioni di cittadinanza italiana comunque fatte ad ebrei stranieri posteriormente al 1° gennaio 1919 si intendono ad ogni effetto revocate.
Art. 24. Gli ebrei stranieri e quelli nei cui confronti si applichi l'art.23, i quali abbiano iniziato il loro soggiorno nel Regno, in Libia e nei Possedimenti dell'Egeo posteriormente al 1° gennaio 1919, debbono lasciare il territorio del Regno, della Libia e dei possedimenti dell'Egeo entro il 12 marzo 1939-XVII. Coloro che non avranno ottemperato a tale obbligo entro il termine suddetto saranno puniti con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a lire 5.000 e saranno espulsi a norma dell'art.150 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con R. decreto 18 giugno 1931-IX, n. 773.
Art. 25. La disposizione dell'art.24 non si applica agli ebrei di nazionalità straniera i quali, anteriormente al 1° ottobrel938-XVI:
a) abbiano compiuto il 65° anno di età;
b) abbiano contratto matrimonio con persone di cittadinanza italiana.
Ai fini dell'applicazione del presente articolo, gli interessati dovranno far pervenire documentata istanza al Ministero dell'interno entra trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
Art. 26. Le questioni relative all'applicazione del presente decreto saranno risolte, caso per caso , dal Ministro per l'interno, sentiti i Ministri eventualmente interessati, e previo parere di una Commissione da lui nominata. Il provvedimento non è soggetto ad alcun gravame, sia in via amministrativa, sia in via giurisdizionale.
Art. 27. Nulla è innovato per quanto riguarda il pubblico esercizio del culto e la attivita delle comunità israelitiche, secondo le leggi vigenti, salvo le modificazioni eventualmente necessarie per coordinare tali leggi con le disposizioni del presente decreto.
Art. 28. è abrogata ogni disposizione contraria o, comunque, incompatibile con quella del presente decreto.
Art. 29. Il Governo del Re è autorizzato ad emanare le norme necessarie per l'attuazione del presente decreto. Il presente decreto sarà presentato al Parlamento per la sua conversione in legge. Il DUCE, Ministro per l'interno, proponente, è autorizzato a presentare relativo disegno di legge.
Ordiniamo
che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserto nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e farlo osservare.
Dato a Roma, addì 17 novembre 1938 - XVII

Vittorio Emanuele, Mussolini, Ciano, Solmi, Di Revel, Lantini "


Shalom!!!

Pieffebi
04-08-03, 19:26
Tornando per un momento alla Dichiarazione del Gran Consiglio del Fascismo dell'ottobre 1938 sono necessarie due ulteriori annotazioni a margine.
La prima riguarda l'idea che gli ebrei italiani, in genere, non potessero essere sinceramente fascisti, ossia che non ne avessero accettato sinceramente il Regime " poiché antitetico a quella che è la psicologia, la politica, l'internazionalismo d'Israele ". In buona sostanza agli ebrei, razzialmente intesi (dalla stessa definizione del Gran Consiglio, che segue il Manifesto della Razza e informa le leggi razziali), è attribuita una psicologia e una politica "internazionalista" (in Unione Sovietica e nei paesi comunisti, dal 1946 si parlerà invece di "cosmopolitismo"). Ora questa affermazione, evidentemente strumentale, è falsa riguardo agli ebrei italiani e falsa riguardo, ad esempio, al sionismo. Ma quello che più importa è che questa attribuzione di un'ideologia ebraica razzialmente determinata è tipica di un punto di vista razzistico, che ha tra le sua fondamenta, la concezione e definizione biologica di "ebraicità".
Questa concezione la troviamo, esattamente identica, nella coeva letteratura antisemita europea, e in quella del secolo precedente.
Il giurista antisemita tedesco Hund-Radowsky, nella Germania imperiale degli anni settanta del XIX secolo definiva appunto gli ebrei come "senza patria" oltre che come un " corpo estraneo che minaccia la nazione tedesca ".
L'internazionalismo, il cosmopolitismo, l'essere senza patria, l'essere "un corpo estraneo nella Nazione" sono alcune delle accuse antisemite moderne più ricorrenti contro gli ebrei, attribuendo loro una "naturale inclinazione", ad esempio, all'antifascismo, o....da parte di Stalin nella seconda metà degli anni quaranta "all'antisovietismo".

La seconda questione rigurarda ll'idea di razzismo che sottende al documento del Gran Consiglio, che a differenza del Manifesto della Razza è un documento politico quindi senza velleità scientifiche, e tende già a una certa italianizzazione del razzismo, sforzo che da lì in poi sarà avvertito da Mussolini come di notevole rilievo (e che lo porterà a simpatizzare, ad esempio, per i lavori di Evola sulla "razza dello spirito") per differenziarsi dagli Alleati tedeschi (con i quali vi furono anche questioni "scientifiche" relative alla concorrenza fra lo spirito germanico e quello "olimpico" di Roma nella determinazione della civiltà ariana).
Ora il fascismo italiano attribuendo un carattere negativo al meticciato, distinguendo nell'Impero fra "razza dominante e conquistatrice" (civilizzatrice) e popoli dominati e conquistati, opera delle scelte determinate, del tutto compatibili, sul piano delle premesse concettuali, con quelle operate nella "metropoli imperiale" verso gli ebrei.
A questo punto mi sovviene una citazione del Burgio secondo il quale: " Il razzismo si instaura nel momento in cui la rappresentazione denigratoria di un gruppo fa ricorso al tema naturalistico allo scopo di affermare la consustanzialità (dunque l'ereditarietà) dei caratteri deteriori attribuiti al gruppo e, per questa via, la legittimità della sua discriminazione o distruzione " (da "Per la storia del Razzismo italiano").
Sicuramente occorre contestualizzare il tutto, e ricordare sicuramente come, all'epoca del documento del Gran Consiglio, pregiudizi di carattere razziale e razzistici fossere ampiamente diffusi, anche nelle grandi democrazie (si pensi agli Stati Uniti, soprattutto nel profondo Sud) con i loro imperi coloniali. Ma il fascismo, proprio giacchè innestando il proprio razzismo sul troncone delle proprie aspirazioni totalitarie, anzi come sua realizzazione ultima e "rivoluzionaria", ha sicuramente espresso detti pregiudizi e dette discriminazioni come elementi costitutivi del proprio potere, non ricavandoli dall'arratratezza della società civile o dalle sue contraddizioni, ma imponendole a una società che era largamente scevra da questo genere di odi.
Il fascismo ha imposto il razzismo là dove non c'era.....in forza di legge e con "totalitaria" protervia.
Sicuramente la virulenza del razzismo, in gran parte opportunistico e strumentale, italicon non ha nulla a che fare con quella del NazionalSocialismo germanico e di movimenti affini dell'estrema destra ad esso contemporanea. Diverse sono anche le conseguenze storiche dirette e le rispettive responsabilità.
L'Italia ha protetto concretamente, in determinate occasione, ebrei perseguitati, dalla volontà genocida nazista. E questo ha il suo peso sul giudizio storico sull'intera vicenda. Ma il mito degli "italiani brava gente" (che entra anche nei pregiudizi favorevoli al comunismo italico, quando paragonato a quello mondiale) resta un mito se non è ricondotto alle sue reali dimensioni storiche, e quindi .....demistificato.

Shalom!!!

Pieffebi
04-08-03, 19:56
In origine postato da Pieffebi
" DECRETO-LEGGE 17 novembre 1938-XVII, n.1728


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Provvedimenti per la difesa della razza italiana
VITTORIO EMANUELE III PER GRAZIA DI DIO E PER LA VOLONTÀ DELLA NAZIONE RE D'ITALIA IMPERATORE D'ETIOPIA

Ritenuta
la necessità urgente ed assoluta di provvedere;
Visto l'art. 3, n. 2, della legge 31 gennaio 1926-IV, n. 100, sulla facoltà del potere esecutivo di emanare norme giuridiche;
Sentito il Consiglio dei Ministri;
Sulla proposta del DUCE, Primo Ministro Segretario di Stato, Ministro per l'interno, di concerto coi Ministri per gli affari esteri, per la grazia e giustizia, per le finanze e per le corporazioni;
Abbiamo decretato e decretiamo:

CAPO I
Provvedimenti relativi ai matrimoni

Art. 1. Il matrimonio del cittadino italiano di razza ariana con persona appartenente ad altra razza è proibito . Il matrimonio celebrato in contrasto con tale divieto è nullo.
Art. 2. Fermo il divieto di cui all'art. 1, il matrimonio del cittadino italiano con persona di nazionalità straniera è subordinato al preventivo consenso del Ministero per l'interno. I trasgressori sono puniti con l'arresto fino a tre mesi e con l'ammenda fino a lire diecimila.
Art. 3. Fermo il divieto di cui all'art. 1, i dipendenti delle Amministrazioni civili e militari dello Stato, delle Organizzazioni del Partito Nazionale Fascista o da esso controllate, delle Amministrazioni delle Provincie, dei Comuni, degli Enti parastatali e delle Associazioni sindacali ed Enti collaterali non possono contrarre matrimonio con persone di nazionalità straniera. Salva l'applicazione, ove ne ricorrano gli estremi, delle sanzioni previste dall'art. 2, la trasgressione del predetto divieto importa la perdita dell'impiego e del grado.
Art. 4. Ai fini dell'applicazione degli articoli 2 e 3, gli italiani non regnicoli non sono considerati stranieri.
Art. 5. L'ufficiale dello stato civile, richiesto di pubblicazioni di matrimonio, è obbligato ad accertare, indipendentemente dalle dichiarazioni delle parti, la razza e lo stato di cittadinanza di entrambi i richiedenti. Nel caso previsto dall'art. 1, non procederà nè alle pubblicazioni nè alla celebrazione del matrimonio. L'ufficiale dello stato civile che trasgredisce al disposto del presente articolo è punito con l'ammenda da lire cinquecento a lire cinquemila.
Art. 6. Non può produrre effetti civili e non deve, quindi, essere trascritto nei registri dello stato civile, a norma dell'art.5 della legge 27 maggio 1929-VII, n. 847, il matrimonio celebrato in violazione dell'art.1. Al ministro del culto, davanti al quale sia celebrato tale matrimonio, è vietato l'adempimento di quanto disposto dal primo comma dell'art.8 della predetta legge. I trasgressori sono puniti con l'ammenda da lire cinquecento a lire cinquemila.
Art. 7. L'ufficiale dello stato civile che ha proceduto alla trascrizione degli atti relativi a matrimoni celebrati senza l'osservanza del disposto dell'art. 2 è tenuto a farne immediata denunzia all'autorità competente.
CAPO II
Degli appartenenti alla razza ebraica
Art. 8. Agli effetti di legge:
a) è di razza ebraica colui che è nato da genitori entrambi di razza ebraica, anche se appartenga a religione diversa da quella ebraica ;
b) è considerato di razza ebraica colui che è nato da genitori di cui uno di razza ebraica e l'altro di nazionalità straniera;
c) è considerato di razza ebraica colui che è nato da madre di razza ebraica qualora sia ignoto il padre;
d) è considerato di razza ebraica colui che, pur essendo nato da genitori di nazionalità italiana, di cui uno solo di razza ebraica, appartenga alla religione ebraica, o sia, comunque, iscritto ad una comunità israelitica, ovvero abbia fatto, in qualsiasi altro modo, manifestazioni di ebraismo. Non è considerato di razza ebraica colui che è nato da genitori di nazionalità italiana, di cui uno solo di razza ebraica, che, alla data del 1í ottobre 1938-XVI, apparteneva a religioni diversa da quella ebraica .
Art. 9. L'appartenenza alla razza ebraica deve essere denunziata ed annotata nei registri dello stato civile e della popolazione. Tutti gli estratti dei predetti registri ed i certificati relativi, che riguardano appartenenti alla razza ebraica, devono fare espressa menzione di tale annotazione.Uguale menzione deve farsi negli atti relativi a concessione o autorizzazioni della pubblica autorità. I contravventori alle disposizioni del presente articolo sono puniti con l'ammenda fino a lire duemila.
Art. 10. I cittadini italiani di razza ebraica non possono:
a) prestare servizio militare in pace e in guerra;
b) esercitare l'ufficio di tutore o curatore di minori o di incapaci non appartenenti alla razza ebraica
c) essere proprietari o gestori, a qualsiasi titolo, di aziende dichiarate interessanti la difesa della Nazione, ai sensi e con le norme dell'art. 1 R. decreto-legge 18 novembre 1929-VIII, n. 2488, e di aziende di qualunque natura che impieghino cento o più persone, nè avere di dette aziende la direzione nè assumervi comunque, l'ufficio di amministrazione o di sindaco ;
d) essere proprietari di terreni che, in complesso, abbiano un estimo superiore a lire cinquemila ;
e) essere proprietari di fabbricati urbani che, in complesso, abbiano un imponibile superiore a lire ventimila. Per i fabbricati per i quali non esista l'imponibile, esso sarà stabilito sulla base degli accertamenti eseguiti ai fini dell'applicazione dell'imposta straordinaria sulla proprietà immobiliare di cui al R. decreto-legge 5 ottobre 1936-XIV, n. 1743. Con decreto Reale, su proposta del Ministro per le finanze, di concerto coi Ministri per l'interno, per la grazia e giustizia, per le corporazioni e per gli scambi e valute, saranno emanate le norme per l'attuazione delle disposizioni di cui alle lettere c), d), e).
Art. 11. Il genitore di razza ebraica può essere privato della patria potestà sui figli che appartengono a religione diversa da quella ebraica , qualora risulti che egli impartisca ad essi una educazione non corrispondente ai loro principi religiosi o ai fini nazionali.
Art. 12. Gli appartenenti alla razza ebraica non possono avere alle proprie dipendenze, in qualità di domestici, cittadini italiani di razza ariana . I trasgressori sono puniti con l'ammenda da lire mille a lire cinquemila.
Art. 13. Non possono avere alle proprie dipendenze persone appartenenti alla razza ebraica:
a) le Amministrazioni civili e militari dello Stato;
b) il Partito Nazionale Fascista e le organizzazioni che ne dipendono o che ne sono controllate;
c) le Amministrazioni delle Provincie, dei Comuni, delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza e degli Enti, Istituti ed Aziende, comprese quelle dei trasporti in gestione diretta, amministrate o mantenute col concorso delle Provincie, dei Comuni, delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza o dei loro Consorzi;
d) le Amministrazioni delle aziende municipalizzate;
e) le Amministrazioni degli Enti parastatali, comunque costituiti e denominati, delle Opere nazionali, delle Associazioni sindacali ed Enti collaterali e, in genere, di tutti gli Enti ed Istituti di diritto pubblico, anche con ordinamento autonomo, sottoposti a vigilanza o a tutela dello Stato, o al cui mantenimento lo Stato concorra con contributi di carattere continuativo;
f) le Amministrazioni delle aziende annesse o direttamente dipendenti dagli Enti di cui alla precedente lettera e) o che attingono ad essi, in modo prevalente, i mezzi necessari per il raggiungimento dei propri fini, nonché delle società, il cui capitale sia costituito, almeno per metà del suo importo, con la partecipazione dello Stato;
g) le Amministrazioni delle banche di interesse nazionale;
h) le Amministrazioni delle imprese private di assicurazione.
Art. 14. Il Ministro per l'interno, sulla documentata istanza degli interessati, può, caso per caso , dichiarare non applicabili le disposizioni dell'art 10, nonché dell'art. 13, lett. h) :
a) ai componenti le famiglie dei caduti nelle guerre libica, mondiale, etiopica e spagnola e dei caduti per la causa fascista;
b) a coloro che si trovino in una delle seguenti condizioni:
mutilati, invalidi, feriti, volontari di guerra o decorati al valore nelle guerre libica, mondiale, etiopica e spagnola;
combattenti nelle guerre libica, mondiale, etiopica, spagnola che abbiano conseguito almeno la croce al merito di guerra;
mutilati, invalidi, feriti della causa fascista;
iscritti al Partito Nazionale Fascista negli anni 1919-20-21-22 e nel secondo semestre del 1924;
legionari fiumani;
abbiano acquisito eccezionali benemerenze, da valutarsi a termini dell'art.16.
Nei casi preveduti alla lett. b), il beneficio può essere esteso ai componenti la famiglia delle persone ivi elencate, anche se queste siano premorte . Gli interessati possono richiedere l'annotazione del provvedimento del Ministro per l'interno nei registri di stato civile e di popolazione. Il provvedimento del Ministro per l'interno non è soggetto ad alcun gravame, sia in via amministrativa, sia in via giurisdizionale.
Art. 15. Ai fini dell'applicazione dell'art. 14, sono considerati componenti della famiglia, oltre il coniuge, gli ascendenti e i discendenti fino al secondo grado.
Art. 16. Per la valutazione delle speciali benemerenze di cui all'art. 14 lett. b), n. 6, è istituita, presso il Ministero dell'interno, una Commissione composta del Sottosegretario di Stato all'interno, che la presiede, di un Vice Segretario del Partito Nazionale Fascista e del Capo di Stato Maggiore della Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale.
Art. 17. è vietato agli ebrei stranieri di fissare stabile dimora nel Regno, in Libia e nei Possedimenti dell'Egeo.
CAPO III
Disposizioni transitorie e finali
Art. 18. Per il periodo di tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, è data facoltà al Ministro per l'interno, sentita l'Amministrazione interessata, di dispensare, in casi speciali, dal divieto di cui all'art. 3, gli impiegati che intendono contrarre matrimonio con persona straniera di razza ariana.
Art. 19. Ai fini dell'applicazione dell'art. 9, tutti coloro che si trovano nelle condizioni di cui all'art.8, devono farne denunzia all'ufficio di stato civile del Comune di residenza, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Coloro che non adempiono a tale obbligo entro il termine prescritto o forniscono dati inesatti o incompleti sono puniti con l'arresto fino ad un mese e con l'ammenda fino a lire tremila.
Art. 20. I dipendenti degli Enti indicati nell'art.13, che appartengono alla razza ebraica, saranno dispensati dal servizio nel termine di tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
Art. 21. I dipendenti dello Stato in pianta stabile, dispensati dal servizio a norma dell'art.20, sono ammessi a far valere il diritto al trattamento di quiescenza loro spettante a termini di legge. In deroga alle vigenti disposizioni, a coloro che non hanno maturato il periodo di tempo prescritto è concesso il trattamento minimo di pensione se hanno compiuto almeno dieci anni di servizio; negli altri casi è concessa una indennità pari a tanti dodicesimi dell'ultimo stipendio quanti sono gli anni di servizio compiuti.
Art. 22. Le disposizioni di cui all'art.21 sono estese, in quanto applicabili, agli Enti indicati alle lettere b),c),d),e),f),g),h), dell'art.13. Gli Enti, nei cui confronti non sono applicabili le disposizioni dell'art.21, liquideranno, ai dipendenti dispensati dal servizio, gli assegni o le indennità previste dai propri ordinamenti o dalle norme che regolano il rapporto di impiego per i casi di dispensa o licenziamento per motivi estranei alla volontà dei dipendenti.
Art. 23. Le concessioni di cittadinanza italiana comunque fatte ad ebrei stranieri posteriormente al 1° gennaio 1919 si intendono ad ogni effetto revocate.
Art. 24. Gli ebrei stranieri e quelli nei cui confronti si applichi l'art.23, i quali abbiano iniziato il loro soggiorno nel Regno, in Libia e nei Possedimenti dell'Egeo posteriormente al 1° gennaio 1919, debbono lasciare il territorio del Regno, della Libia e dei possedimenti dell'Egeo entro il 12 marzo 1939-XVII. Coloro che non avranno ottemperato a tale obbligo entro il termine suddetto saranno puniti con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a lire 5.000 e saranno espulsi a norma dell'art.150 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con R. decreto 18 giugno 1931-IX, n. 773.
Art. 25. La disposizione dell'art.24 non si applica agli ebrei di nazionalità straniera i quali, anteriormente al 1° ottobrel938-XVI:
a) abbiano compiuto il 65° anno di età;
b) abbiano contratto matrimonio con persone di cittadinanza italiana.
Ai fini dell'applicazione del presente articolo, gli interessati dovranno far pervenire documentata istanza al Ministero dell'interno entra trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
Art. 26. Le questioni relative all'applicazione del presente decreto saranno risolte, caso per caso , dal Ministro per l'interno, sentiti i Ministri eventualmente interessati, e previo parere di una Commissione da lui nominata. Il provvedimento non è soggetto ad alcun gravame, sia in via amministrativa, sia in via giurisdizionale.
Art. 27. Nulla è innovato per quanto riguarda il pubblico esercizio del culto e la attivita delle comunità israelitiche, secondo le leggi vigenti, salvo le modificazioni eventualmente necessarie per coordinare tali leggi con le disposizioni del presente decreto.
Art. 28. è abrogata ogni disposizione contraria o, comunque, incompatibile con quella del presente decreto.
Art. 29. Il Governo del Re è autorizzato ad emanare le norme necessarie per l'attuazione del presente decreto. Il presente decreto sarà presentato al Parlamento per la sua conversione in legge. Il DUCE, Ministro per l'interno, proponente, è autorizzato a presentare relativo disegno di legge.
Ordiniamo
che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserto nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e farlo osservare.
Dato a Roma, addì 17 novembre 1938 - XVII

Vittorio Emanuele, Mussolini, Ciano, Solmi, Di Revel, Lantini "


Shalom!!!


La principale delle leggi razziali risulta pertanto conforme, pur con qualche contraddizione e innovazione, ai principi ispiratori che dalle varie "informative diplomatiche" via, via precisatesi, al "Manifesto della Razza" porta alla "Dichiarazione della Razza" del Gran Consiglio del Fascismo.
Mauro Raspanti in " I Razzismi del Fascismo " distingue, precisando la precedente classificazione defeliciana, almeno tre componenti del razzismo fascista:
a) Il Nazional-Razzismo: per il quale l'argomento nazional-patriottico e politico, e quello della fedeltà al Regime, prevale sugli "ottavi di sangue" (Sarfatti);
b) Il Razzismo Biologico: che assume una posizione mediana tra gli altri due, e si manifesta al massimo grado negli assiomi del "Manifesto" su "Il Fascismo e la Questione della Razza";
c) il Razzismo esoterico-tradizionalista: che ha un approccio squisitamente "fobico" anche riguardo una sola goccia di "sangue giudaico", capace di rendere impuri;
Come nota il Sarfatti la legge 1728/1938 definisce in modo razzistico-biologico la questione ebraica e in particolare definisce l'ebreo come individuo sulla base della "razza" dei genitori " l'indagine classificatoria poteva retrocedere all'infinito, stante il fatto che ciascun essere umano è sempre figlio di due genitori .
Il presupposto di questo "processo a ritroso" è quello, tipico dell'approccio razzista, che fino ad un periodo recente vi fosse una perfetta coincidenza fra appartenenza razziale e appartenenza religiosa.
La prova del nove dell'impostazione biologico-razzista dell'articolo 8, è data dal fatto che qualunque cittadino nato da due ebrei era classificato ebreo anche se non professante alcuna religione o professante religione diversa dall'ebraica, così come qualunque cittadino nato da genitori entrambi "ariani" era considerato ariano anche se professante la religione ebraica!
" Insomma - nota il Sarfatti - le scelte del singolo nulla potevano nel cso di perfetta omogeneità razziale degli otto bisnonni, e quindi dei quattro nonni, e quindi dei due genitori ".
A differenza del NazionalSocialismo il Fascismo non istituì un'apposita categoria per i "sanguemisti" e non si preoccupò di difenderne "gli ottavi di sangue ariano", o di costruire disposizioni apposite sui loro prorpri diritti od obblighi.
Il Fascismo si occupò marginalmente delle persone "razzialmente miste", ponendo solo i presupposti giuridici e politici affinche' queste andassero "ad esaurimento", impedendo che ne nascessero delle altre.
La questione dei misti fu quindi, in buona sostanza, affrontata marginalmente, e più che dalla legge.. fu espressa nelle varie pronunce e circolari applicative, interpretative e normative di DEMORAZZA.
Ma torneremo su questi argomenti.

Shalom!!!

Pieffebi
05-08-03, 19:41
http://www.ucei.it/giornodellamemoria/leggir/pics/denuncia.jpg


Un aspetto particolare della legislazione razzista del Fascismo è quello che riguarda l'interdizione e/o la regolamentazione speciale dell'esercizio delle professione per gli italiani "di razza ebraica":

" DISCIPLINA DELL'ESERCIZIO DELLE PROFESSIONI DA PARTE DEI CITTADINI DI RAZZA EBRAICA


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Con Legge 29 Giugno 1939, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 2 Agosto 1939-XVIII, N. 179, sono state dettate le norme seguenti circa l'esercizio delle professioni da parte di cittadini di razza ebraica:
CAPO I.
Disposizioni generali

Art. 1. L'esercizio delle professioni di giornalista, medico-chirurgo, farmacista, veterinario, ostetrica, avvocato, procuratore, patrocinatore legale, esercente in economia e commercio, ragioniere, ingegnere, architetto, chimico, agronomo, geometra, perito agrario, perito industriale, è, per i cittadini appartenenti alla razza ebraica, regolato dalle seguenti disposizioni.
Art. 2. Ai cittadini italiani di razza ebraica è vietato l'esercizio della professione di notaro . Ai cittadini italiani di razza ebraica non discriminato è vietato l'esercizio della professione di giornalista. Per quanto riguarda la professione di insegnante privato, rimangono in vigore le disposizioni di cui agli articoli 1 e 7 del Regio decreto-legge 15 novembre 1938-XVII, n. 1779.
Art. 3. I cittadini di razza ebraica esercenti una delle professioni di cui all'art. 1, che abbiano ottenuto la discriminazione a termini dell'art. 14 del Regio decreto-legge 17 novembre 1938-XVII, n. 1728, saranno iscritti in "elenchi aggiunti", da istituirsi in appendice agli albi professionali, e potranno continuare nell'esercizio della professione, a norma delle vigenti disposizioni, salve le limitazioni previste dalla presente legge. Sono altresì istituiti, in appendice agli elenchi transitori eventualmente previsti dalle vigenti leggi o regolamenti in aggiunta agli albi professionali, elenchi aggiunti dei professionisti di razza ebraica discriminati . Si applicano agli elenchi aggiunti tutte le norme che regolano la tenuta e la disciplina degli albi professionali.
Art. 4. I cittadini italiani di razza ebraica non discriminati, i quali esercitano una delle professioni indicate dall'art. 1, esclusa quella di giornalista , potranno essere iscritti in elenchi speciali secondo le disposizioni del capo II della presente legge, e potranno continuare nell'esercizio professionale con le limitazioni stabilite dalla legge stessa .
Art. 5. Gli iscritti negli elenchi speciali professionali previsti dall'art. 4 cessano dal far parte delle Associazioni sindacali di categoria giuridicamente riconosciute, e non possono essere da queste rappresentati. Tuttavia si applicano ad essi le norme inerenti alla disciplina dei rapporti collettivi di lavoro.
Art. 6. è fatto obbligo ai professionisti che si trovino nelle condizioni previste dagli articoli 1 e 2, primo comma, ed a quelli iscritti nei ruoli di cui all'art. 23 di denunciare la propria appartenenza alla razza ebraica, entro il termine di venti giorni dalla entrata in vigore della presente legge, agli organi competenti per la tenuta degli albi o dei ruoli. I trasgressori sono puniti con l'arresto sino ad un mese e con l'ammenda sino a lire tremila. La denunzia deve essere fatta anche nel caso che sia pendente ricorso per l'accertamento della razza ai sensi dell'art. 26 del R. decreto-legge 17 novembre 1938-XVII, n. 1728. Il reato sarà dichiarato estinto se il ricorso di cui al terzo comma sia deciso con la dichiarazione di non appartenenza del ricorrente alla razza ebraica. Ove la denunzia non sia effettuata, gli organi competenti per la tenuta degli albi o dei ruoli provvederanno d'ufficio all'accertamento. La cancellazione dagli albi o dai ruoli viene deliberata dai predetti organi non oltre il febbraio 1940-XVIII, ma ha effetto alla scadenza di detto termine. La deliberazione è notificata agli interessati a mezzo di ufficiale giudiziario, e con le forme della notificazione della citazione.
CAPO II.
Degli elenchi speciali e delle condizioni per essere iscritti
Art. 7. Per ogni circoscrizione di Corte di appello sono istituiti, presso la Corte medesima, gli elenchi speciali per le singole professioni previsti dall'art. 4. Nessuno può essere iscritto contemporaneamente in più di un elenco per la stessa professione; su domanda dell'interessato è ammesso tuttavia il trasferimento da un elenco distrettuale all'altro. Il trasferimento non interrompe il corso dell'anzianità di iscrizione.
Art. 8. I cittadini di razza ebraica esercenti una delle professioni di cui all'art. 1, esclusa quella di giornalista, e che intendano ottenere l'iscrizione nel rispettivo elenco speciale, dovranno farne domanda al primo presidente della Corte di appello del distretto, in cui abbiano la residenza, nel termine di centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
Art. 9. Per essere iscritti negli elenchi speciali è necessario:
a) essere cittadini italiani;
b) essere di specchiata condotta morale e di non avere svolto azione contraria agli interessi del Regime e della Nazione;
c) avere la residenza nella circoscrizione della Corte di appello;
d) essere in possesso degli altri requisiti stabiliti dai vigenti ordinamenti professionali per l'esercizio della rispettiva professione.
Art. 10. Non possono conseguire l'iscrizione negli elenchi speciali coloro che abbiano riportato condanna per delitto non colposo per il quale la legge commini la pena della reclusione, non inferiore nel minimo a due anni e nel massimo a cinque o, comunque, condanna che importi la radiazione o cancellazione dagli albi professionali. Non possono, parimenti, conseguire l'iscrizione coloro che siano stati o si trovino sottoposti ad una delle misure di polizia previste dal testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con R. decreto 18 giugno 1931-IX, n. 773.
Art. 11. Le domande per l'iscrizione devono essere corredate dai seguenti documenti:
a) atto di nascita;
b) certificato di cittadinanza italiana;
c) certificato di residenza;
d) certificato di buona condotta morale, civile e politica;
e) certificato generale del casellario giudiziario di data non anteriore a mesi 3 dalla presentazione della domanda e certificato dei procedimenti a carico;
f) certificato dell'Autorità di pubblica sicurezza del luogo di residenza del richiedente, attestante che questi non è stato sottoposto ad alcuna delle misure previste dal testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con R. decreto 18 giugno 1931-IX, n. 773;
g) titoli di abilitazione richiesti per la iscrizione nell'albo professionale.
Art. 12. Le attribuzioni relative alla tenuta degli elenchi di cui all'art. 4 ed alla disciplina degli iscritti, previste dalle vigenti leggi e regolamenti professionali, sono esercitate nell'ambito di ciascun distretto di Corte di appello, per tutti gli elenchi, da una Commissione distrettuale. Essa ha sede presso la Corte di appello, è presieduta dal primo presidente della Corte medesima, o da un magistrato della Corte, da lui delegato, ed è composta di sei membri, rispettivamente designati dal Ministro per l'Interno, dal Segretario del Partito Nazionale Fascista, Ministro Segretario di Stato, dai Ministri per l'Educazione Nazionale, per i Lavori Pubblici e per le Corporazioni, nonché dal Presidente della Confederazione Fascista dei Professionisti ed Artisti.
Art. 13. I componenti della Commissione di cui all'articolo precedente sono nominati con decreto del Ministro per la Grazia e Giustizia. Essi durano in carica tre anni e possono essere confermati. Quelli nominati in sostituzione di altri durante il triennio durano in carica sino alla scadenza del triennio.
Art. 14. La Commissione distrettuale verifica le domande di cui all'art. 8 e, ove ricorrano le condizioni richieste dalla presente legge, delibera la iscrizione del professionista nel rispettivo elenco speciale. Le adunanze della Commissione sono valide con l'intervento di almeno quattro componenti. Le deliberazioni della Commissione sono motivate; vengono prese a maggioranza di voti; in caso di parità di voti prevale quello del presidente. Esse sono notificate, nel termine di 15 giorni, agli interessati ed al Procuratore generale presso la Corte di appello, nonché al Prefetto, qualora riguardino esercenti le professioni sanitarie.
Art. 15. Contro le deliberazioni della Commissione in ordine alla iscrizione ed alla cancellazione dall'elenco, nonché ai giudizi disciplinari, è dato ricorso tanto all'interessato quanto al Procuratore generale della Corte di appello, e, nel caso di esercenti le professioni sanitarie, al Prefetto, entro 30 giorni dalla notifica, ad una Commissione Centrale che ha sede presso il Ministero di Grazia e Giustizia.
Art. 16. La Commissione centrale, di cui all'articolo precedente, è presieduta da un magistrato di grado terzo ed è composta del Direttore generale degli affari civili e delle professioni legali presso il Ministero di Grazia e Giustizia, o di un suo delegato, e di altri sette membri, rispettivamente designati dal Ministro per l'interno, dal Segretario del Partito Nazionale Fascista, Ministro Segretario di Stato, dai Ministri per l'Educazione Nazionale, per i Lavori Pubblici, per l'Agricoltura e per le Foreste e per le Corporazioni, nonché dal Presidente della Confederazione Fascista dei Professionisti e degli Artisti. I componenti della Commissione sono nominati con decreto Reale, su proposta del Ministro per la Grazia e Giustizia. Essi durano in carica tre anni e possono essere confermati. Quelli nominati in sostituzione di altri durante il triennio durano in carica sino alla scadenza del triennio. Le adunanze della Commissione centrale sono valide con l'intervento di almeno cinque componenti. Il ministro per la Grazia e Giustizia provvede con suo decreto alla costituzione della Segreteria della predetta Commissione.
CAPO III.
Disciplina degli iscritti negli elenchi speciali
Art. 17. Entro il mese di febbraio di ogni anno, la Commissione di cui all'art. 12 procede alla revisione dell'elenco speciale, apportandovi le modificazioni e le aggiunte che fossero necessarie. Ai provvedimenti adottati si applicano le disposizioni degli articoli 14, ultimo comma, e 15.
Art. 18. La Commissione può applicare sanzioni disciplinari:
per gli abusi e le mancanze degli iscritti nell'elenco speciale commesso nell'esercizio della professione;
per motivi di manifesta indegnità morale e politica. Le sanzioni disciplinari sono:
a) censura;
b) sospensione dall'esercizio professionale per un tempo non maggiore di sei mesi;
cancellazione dall'elenco. I provvedimenti di cui al comma precedente sono notificati all'interessato per mezzo dell'ufficiale giudiziario. L'istruttoria che precede il giudizio disciplinare può essere promossa dalla Commissione su domanda di parte, o su richiesta del pubblico ministero, ovvero d'ufficio in seguito a deliberazione della Commissione ad iniziativa di uno o più membri. I fatti addebitati devono essere contestati all'interessato con l'assegnazione di un termine per la presentazione delle giustificazioni.
Art. 19. La cancellazione dall'elenco speciale, oltre che per motivi disciplinari, può essere pronunciata dalla Commissione, su domanda dell'interessato. Può essere promossa d'ufficio su richiesta del procuratore generale della Corte di appello nel caso:
a) di perdita della cittadinanza;
b) di trasferimento dell'iscritto in altro elenco;
c) di trasferimento dell'iscritto all'estero.
Contro la pronuncia della Commissione è sempre ammesso ricorso a norma dell'art. 15.
Art. 20. La condanna o l'applicazione di una delle misure previste dal testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato col R. decreto 18 giugno 1931-IX, n. 773, importano la cancellazione dall'elenco speciale. L'iscritto che si trovi sottoposto a procedimento penale, ovvero deferito per l'applicazione di una delle misure di cui al comma precedente, può essere sospeso dall'esercizio della professione. La sospensione ha sempre luogo quando è emesso mandato di cattura e fino alla sua revoca.
CAPO IV.
Dell'esercizio professionale degli iscritti negli elenchi aggiunti e negli elenchi speciali
Art. 21. L'esercizio professionale da parte dei cittadini italiani di razza ebraica, iscritti negli elenchi speciali, è soggetto alle seguenti limitazioni:
a) salvi i casi di comprovata necessità ed urgenza, la professione deve essere esercitata esclusivamente a favore di persone appartenenti alla razza ebraica;
b) la professione di farmacista non può essere esercitata se non presso le farmacie di cui all'art. 114 del testo unico delle leggi sanitarie approvato con R. decreto 27 luglio 1934-XII, n. 1265, qualora l'Ente cui la farmacia appartiene svolga la propria attività istituzionale esclusivamente nei riguardi di appartenenti alla razza ebraica ;
c) ai professionisti di razza ebraica non possono essere conferiti incarichi che importino funzioni di pubblico ufficiale, ne può essere consentito l'esercizio di attività per conto di enti pubblici, fondazioni, associazioni e comitati di cui agli articoli 34 e 37 del Codice civile o in locali da questi dipendenti. La disposizione di cui alla lettera c) del presente articolo si applica anche ai cittadini italiani di razza ebraica iscritti negli "elenchi aggiunti" .
Art. 22. I cittadini italiani di razza ebraica non possono essere iscritti nei ruoli degli amministratori giudiziari, se già iscritti, ne sono cancellati .
Art. 23. I cittadini di razza ebraica non possono essere comunque iscritti nei ruoli dei revisori ufficiali dei conti, di cui al R. decreto-legge 24 luglio 1936-XIV, n. 1548, o nei ruoli dei periti e degli esperti ai termini dell'art. 32 del testo unico delle leggi sui Consigli e sugli Uffici provinciali delle corporazioni , approvato con R. decreto 20 settembre 1934XII, n. 2011, e, se vi sono già iscritti, ne sono cancellati.
Art. 24. I professionisti forensi cittadini italiani di razza ebraica, che siano iscritti negli albi speciali per l'infortunistica, perdono il diritto a mantenere l'iscrizione negli albi stessi a decorrere da 180 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge .
Art. 25. è vietata qualsiasi forma di associazione e collaborazione professionale tra i professionisti non appartenenti alla razza ebraica e quelli di razza ebraica .
Art. 26. L'esercizio delle attività professionali vietate dall'art. 21 è punito ai sensi dell'art. 348 del Codice penale. La trasgressione alle disposizioni di cui all'art. 25 importa la cancellazione, secondo i casi, dagli albi professionali, dagli elenchi aggiunti, ovvero dagli elenchi speciali.
CAPO V.
Disposizioni transitorie e finali
Art. 27. I cittadini italiani di razza ebraica possono continuare l'esercizio della professione senza limitazioni fino alla cancellazione dall'albo. Avvenuta la cancellazione e fino a quando non abbiano ottenuto la iscrizione nell'elenco speciale, non potranno esercitare alcuna attività professionale. Con la cancellazione deve essere esaurita, o, comunque, cessare, qualsiasi prestazione professionale da parte dei cittadini italiani di razza ebraica non discriminati a favore di cittadini non appartenenti alla razza ebraica. è tuttavia in facoltà del cliente non appartenente alla razza ebraica di revocare al professionista di razza ebraica non discriminato l'incarico conferitogli, anche prima della cancellazione dall'albo.
Art. 28. I cittadini italiani di razza ebraica, ammessi in via transitoria a proseguire gli studi universitari o superiori in virtù dell'art. 10 del R. decreto-legge 17 novembre 1938-XVII, n. 1728, nonché tutti coloro che, conseguito il titolo accademico, non abbiano ancora ottenuta la relativa abilitazione professionale, a norma delle leggi e regolamenti vigenti, ove sussistano i requisiti e le condizioni previste dalle predette leggi e regolamenti per l'iscrizione negli albi, nonché dalla presente legge, potranno ottenere la iscrizione negli elenchi aggiunti o negli elenchi speciali.
Art. 29. I notari di razza ebraica, dispensati dall'esercizio a norma della presente legge, sono ammessi a far valere il diritto al trattamento di quiescenza loro spettante a termini di legge da parte della Cassa nazionale del notariato. In deroga alle vigenti disposizioni, a coloro che non hanno maturato il periodo di tempo prescritto è concesso il trattamento minimo di pensione se hanno compiuto almeno dieci anni di esercizio; negli altri casi, è concessa una indennità di lire mille per ciascuno anno di servizio.
Art. 30. Ai giornalisti di razza ebraica non discriminati, che cessano dall'impiego per effetto della presente legge, verrà corrisposto dal datore di lavoro l'indennità di licenziamento prevista dal contratto collettivo di lavoro giornalistico per il caso di risoluzione del rapporto d'impiego per motivi estranei alla volontà del giornalista. L'Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani "Arnaldo Mussolini" provvederà alla cancellazione dei predetti giornalisti dagli elenchi dei propri iscritti, alla liquidazione del fondo di previdenza costituito a suo nome e al trasferimento al nome dei medesimi della proprietà della polizza di assicurazione sulla vita, contratta dall'Istituto presso l'Istituto Nazionale delle assicurazioni.
Art. 31. Con disposizioni successive saranno regolati i rapporti tra i professionisti di razza ebraica e gli enti di previdenza previsti dalla legislazione vigente, escluse le categorie contemplate negli articoli 29 e 30 della presente legge. Verranno inoltre emanate le norme speciali riflettenti la cessazione del rapporto d'impiego privato tra i professionisti di razza ebraica e i loro dipendenti.
Art. 32. Il Ministro per la Grazia e Giustizia, di concerto con i Ministri interessati, è autorizzato ad emanare le norme per la determinazione dei contributi da porsi a carico degli iscritti negli elenchi speciali, per il funzionamento delle commissioni di cui agli articoli 12 e 15.
Art. 33. Agli effetti della presente legge, l'appartenenza alla razza ebraica è determinata a norma dell'art. 8 del R. decreto - legge 17 novembre 1938 - XVII, 1728, ed ogni questione relativa è decisa dal Ministro per l'interno a norma dell'art. 26 dello stesso Regio decreto - legge .
Art. 34. Per tutto quanto non è contemplato dalla presente legge, si applicano le leggi ed i regolamenti di carattere generale che disciplinano le singole professioni.
Art. 35. Con decreto Reale saranno emanate, ai sensi dell'art. 3, n. 1, della legge 31 gennaio 1926 - IV, n. 100, le norme complementari e di coordinamento che potranno occorrere per l'attuazione della presente legge. "

La natura seriamente persecutoria dei diritti e nei diritti della "legge razziale" di cui sopra, nei confronti dei cittadini italiani dichiarati, con criterio biologico-razzista, di "razza ebraica" appare di tutta evidenza e non necessiterebbe certo di commenti. Più avanti riprenderemo brevemente però anche questo discorso.


Shalom!!!


Fumetto Razzista Antisemita dell'Era Fascista

http://www.ucei.it/giornodellamemoria/leggir/fumetti/pics/1.jpg

yurj
05-08-03, 21:23
Che fumetto disgustoso...

Nota: il volantino somiglia (stessa impostazione grafica, caratteri) a quello delle curie che scomunicavano i comunisti nel dopoguerra...

Fecia di Cossato
06-08-03, 08:50
originally posted by rag. PierFrancesco:

... art. 21. L'esercizio professionale da parte dei cittadini italiani di razza ebraica, iscritti negli elenchi speciali, è soggetto alle seguenti limitazioni:

a) salvi i casi di comprovata necessità ed urgenza, la professione deve essere esercitata esclusivamente a favore di persone appartenenti alla razza ebraica...

... sicuramente il lettore più 'sveglio' , ovvero quello che non ha limitato la propria attenzione ai 'fumetti' come yurj, non si è lasciato sfuggire il preambolo a), il quale in pratica ha costituito nella maggior parte dei casi una vera e propria 'scappatoia'. E' evidente che nel caso di un medico sempre possono essere invocati 'casi di comprovata necessità e urgenza' e lo stesso per molte altre professioni. Il lettore portà trovare una bella descrizione dei 'sotterfugi' utilizzati per aggirare i provvedimenti a danno degli ebrei in quanto riportato sul già citato thread del libro di Giorgio Pisanò Mussolini e gli ebrei. Una tipica 'italianata' insomma...

... riguardo al 'giornalino' l'averlo pubblicato rende chiaramante onore alla 'scientificità' [:D :D...] del modo di vederle cose dell'egregio ragionier-moderatore e degli 'storici' dai quali è solito attingere...


--------------

http://utenti.lycos.it/luposabatini/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comadante CC Carlo Fecia di Cossato

yurj
06-08-03, 11:22
Fecia,

una norma che dice che puoi essere discriminato, e' di per se orribile. Significa che possono venire a prelevarti di casa in ogni momento.

Ora capisco che tu sia fan di Pinochet, ma cerca di contenerti un po'...

Fecia di Cossato
06-08-03, 12:02
originally posted by Yurj:

... Fecia

... una norma che dice che puoi essere discriminato e' di per se' orribile. Significa che possono venire a prelevarti di casa in ogni momento...

... ora capisco che tu sia fan di Pinochet, ma cerca di contenerti un po'...

Yurj

... guarda che nel contesto che stiamo trattando i 'discriminati' sono stati quegli ebrei che, fascisti della 'prima ora', caduti o invalidi di guerra o per 'meriti eccezionali', non furono colpiti, insieme con i famigliari, dalle leggi razziali...

... ora capisco che tu sia un emerito im°°°°°°, ma cerca di contenerti un pò...


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http://utenti.lycos.it/luposabatini/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato

yurj
06-08-03, 12:16
Ah, quindi ammetti che furono perseguitate delle persone.

Toh, un barlume di umanita' nei tuoi occhi... :D

Pieffebi
06-08-03, 13:27
In origine postato da Fecia di Cossato
originally posted by rag. PierFrancesco:

... art. 21. L'esercizio professionale da parte dei cittadini italiani di razza ebraica, iscritti negli elenchi speciali, è soggetto alle seguenti limitazioni:

a) salvi i casi di comprovata necessità ed urgenza, la professione deve essere esercitata esclusivamente a favore di persone appartenenti alla razza ebraica...

... sicuramente il lettore più 'sveglio' , ovvero quello che non ha limitato la propria attenzione ai 'fumetti' come yurj, non si è lasciato sfuggire il preambolo a), il quale in pratica ha costituito nella maggior parte dei casi una vera e propria 'scappatoia'. E' evidente che nel caso di un medico sempre possono essere invocati 'casi di comprovata necessità e urgenza' e lo stesso per molte altre professioni. Il lettore portà trovare una bella descrizione dei 'sotterfugi' utilizzati per aggirare i provvedimenti a danno degli ebrei in quanto riportato sul già citato thread del libro di Giorgio Pisanò Mussolini e gli ebrei. Una tipica 'italianata' insomma...

... riguardo al 'giornalino' l'averlo pubblicato rende chiaramante onore alla 'scientificità' [:D :D...] del modo di vederle cose dell'egregio ragionier-moderatore e degli 'storici' dai quali è solito attingere...


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http://utenti.lycos.it/luposabatini/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comadante CC Carlo Fecia di Cossato

Spiacente ma i casi di comprovata e necessità [e urgenza sono quelli descritti poi dalla regolamentazione dell'Ordine...coeva, e dall'Ordine stesso dovevano essere giudicati sulla base delle indicazioni di Demorazza. Questa obiezione non è neppure una barzelletta malriuscita, essendo evidentemente priva di alcuna sostanza. Che poi in Italia si usassero sotterfugi e tante camicie nere accettassero mazzette a volontà per chiduere uno o entrambi gli occhi è documentato dai rapporti della polizia allo stesso Duce del Fascismo.
Riguardo al giornalino....è un esempio tipico della "cultura" dell'epoca, che si ritrova dai fumetti alla letteratura al cinema. E uno che sa di storia sa che la storia si occupa anche di queste cose per rilevare il "clima" di un'epoca. Il fumetto (ce ne sono esempi a bizzeffe anche più...osceni) dimostra solo la natura odiosamente razzistica della svolta antisemita del Regime, anche ai livelli di normale e banale.... vita quotidiana.
Chi disse che "la cinematografia è l'arma più potente"?

Shalom!!!


P.S = dover ricorrere ai sottorfugi (e alla corruzione dei funzionari) per difendersi da una lesione di un diritto, rappresenta, al contrario di ciò che pensano coloro che non sanno dove stiano di casa il diritto e la democrazia, la migliore dimostrazione della lesione del diritto operata dalle infami leggi razziali.

Pieffebi
06-08-03, 20:35
http://www.galileonet.it/Special/gif_special/ebrei1.jpg


Un D.L. del 21 novembre provvedeva all'espulsione dal Partito Nazionale Fascista dei cittadini italiani che " a norma delle disposizione di legge, sono considerati di razza ebraica .
Questa prima misura, tuttavia, nonostante le intenzioni di Starace, risparmiò, per volere di Mussolini, "i discriminati", che furono però esclusi, salvo poche eccezioni (arianizzati, o discriminati per meriti eccezionali) nel marzo del 1939 con il "Foglio di Disposizioni" n° 1275 del Segratario del Partito Nazionale Fascista. Come già detto all'inizio del 1942, per disposizione del segretario Vigussoni (Starace era già caduto in disgrazia....) furono espulsi dal PNF anche gli ebrei "arianizzati".

http://www.romacivica.net/anpiroma/FASCISMO/manifestorazzista.jpg

Ritornando all'accusa di insincerità della fedeltà degli ebrei italiani al Regime Fascista, in virtù della psicologia internazionalista degli israeliti, illuminante è la risoluzione comune di giuristi Fascisti e NazionalSocialisti, del congresso tenuto a Vienna sul tema RAZZA E DIRITTO (6/11 marzo 1939) : " E' proposito del Fascismo e del NazionalSocialismo portare ad un grado sempre più alto la coscienza dei caratteri nazionale e razziale nel rispettivo popolo mediante una intensa opera di educazione morale e culturale.
I popoli italiano e tedesco oppongono alle ideologie universalistiche e cosmopolite dell'ebraismo internazionale i principi che risultano rispettivamente dalle leggi di Norimberga del 15 settembre 1935 e dalle risoluzioni del Gran Consiglio del Fascismo del 6 ottobre 1938-XVI ".



A proposito della citata Rivista di Interlandi "LA DIFESA DELLA RAZZA" (redattore: Giorgio Almirante), che NON fu la prima a pubblicare IL MANIFESTO DELLA RAZZA (pubblicato invece su IL GIORNALE D'ITALIA ben due settimane prima, sotto l'egida del MINCULPOP), ecco in fondo alla pagina sotto riportata..... un delizioso articoletto ( Circolare di raccomandazione della rivista....a scopi pedagogici....ai provveditori eccetera) del Ministro dell'Educazione Nazionale, il colto e intelligente Giuseppe Bottai, già capo dello squadrismo capitolino. L'alto gerarca del Gran Consiglio, del Partito e del Governo Fascista spiega benissimo il significato "interno" della politica razzista italiana voluta dal DUCE:

http://www.cotticometti.net/razza/pag23.jpg

I fumetti......un'altra volta, forse.

Shalom!!!!

Fecia di Cossato
07-08-03, 10:21
originally posted by rag. PierFrancesco:

... spiacente ma i casi di comprovata e necessità e urgenza sono quelli descritti poi dalla regolamentazione dell'Ordine... coeva, e dall'Ordine stesso dovevano essere giudicati sulla base delle indicazioni di Demorazza. Questa obiezione non è neppure una barzelletta malriuscita, essendo evidentemente priva di alcuna sostanza. Che poi in Italia si usassero sotterfugi e tante camicie nere accettassero mazzette a volontà per chiduere uno o entrambi gli occhi è documentato dai rapporti della polizia allo stesso Duce del Fascismo...

Non c'è nulla di meglio che la frase sopra riportata per far comprendere il quoziente intellettivo dello scrivente...

... da prima definisce la mia 'obiezione' priva di alcuna sostanza, il che nella lingua italiana significa che non è supportata da alcun riscontro verificabile, e due sole righe dopo ammette in tutta tranquillità che essa di fatto è docementata dai rapporti di polizia...

... ogni ulteriore commento guasterebbe!....


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http://utenti.lycos.it/luposabatini/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato

P.S. egregio se vuoi divertirti a riprodurre le riviste a fumetti fai pure, certo i lettori sul forum non ti mancheranno. E' doveroso da parte mia però segnalarti che sarebbe opportuno imparassi a usare Photo Editor allo scopo di ridimensionare le immagini... sembre che le tue conoscenze in materia siano appena poco più di quelle di Brunik, di cui tutto il bene si può dire, salvo il cevello di cui è dotato :D :D...

Pieffebi
07-08-03, 12:30
Il signor CoSSato non dovrebbe parlare di cose che non conosce e che non hanno nulla a che fare con la Sua Illustre persona, come l'intelligenza e la storia, nonostante la sua arcinota e malriposta presunzione.
L'obiezione sopra riportata è priva di sostanza.... non perchè non si siano dati taluni casi di "aggiramenti" magari tangentari di qualcuna delle norme persecutorie, ma perchè gli stessi non hanno, purtroppo, la capacità di diminure la natura meschinamente persecutoria delle norme RAZZISTE del Regime Fascista. In buona sostanza ai professionisti ebrei fu interdetto legalmente l'esercizio della professione a favore degli "ariani", e sicuramente le "comprovate circostanze di necessità e urgenza" non furono tali ne' da alterare la norma, ne significativamente la sua applicazione. Come sanno i NON analfabeti storiografici la burocrazia fascista, salvi i casi di corruzione, fu arci-severa, e normalmente peggiorò la natura persecutoria delle leggi razziste in fase applicativa.
La circolare Bottai di Laudi alla rivista razzista di Interlandi e Almirante....non è propriamente un fumetto, e la sua riduzione la renderebbe meno leggibile.
Saluti liberali

Pieffebi
07-08-03, 20:04
http://www.ibc.regione.emilia-romagna.it/soprintendenza/menzogna/Pregiudizio_file/Image10.jpg

" REGIO DECRETO - LEGGE 5 settembre 1938 - XVI, n. 1390
Provvedimenti per la difesa della razza nella scuola fascista
VITTORIO EMANUELE III PER GRAZIA DI DIO E PER LA VOLONTa' DELLA NAZIONE RE D'ITALIA IMPERATORE D'ETIOPIA
Visto l'art. 3, n.2, della legge 31 gennaio 1926-IV, n.100; Ritenuta la necessita' assoluta ed urgente di dettare disposizioni per la difesa della razza nella scuola italiana ; Udito il Consiglio dei Ministri; Sulla proposta del Nostro Ministro Segretario di Stato per l'educazione nazionale, di concerto con quello per le finanze; Abbiamo decretato e decretiamo;
Art. 1. All'ufficio di insegnante nelle scuole statali o parastatali di qualsiasi ordine e grado e nelle scuole non governative, ai cui studi sia riconosciuto effetto legale, non potranno essere ammesse persone di razza ebraica , anche se siano state comprese in graduatorie di concorso anteriormente al presente decreto; ne' potranno essere ammesse all'assistentato universitario, ne' al conseguimento dell'abilitazione alla libera docenza.

Art. 2. Alle scuole di qualsiasi ordine e grado, ai cui studi sia riconosciuto effetto legale, non potranno essere iscritti alunni di razza ebraica.

Art. 3. A datare dal 16 ottobre 1938-XVI tutti gli insegnanti di razza ebraica che appartengano ai ruoli per le scuole di cui al precedente art. 1, saranno sospesi dal servizio; sono a tal fine equiparati al personale insegnante i presidi e direttori delle scuole anzidette, gli aiuti e assistenti universitari, il personale di vigilanza delle scuole elementari. Analogamente i liberi docenti di razza ebraica saranno sospesi dall'esercizio della libera docenza.

Art. 4. I membri di razza ebraica delle Accademie, degli Istituti e delle Associazioni di scienze, lettere ed arti, cesseranno di far parte delle dette istituzioni a datare dal 16 ottobre 1938-XVI.

Art. 5. In deroga al precedente art. 2 potranno in via transitoria essere ammessi a proseguire gli studi universitari studenti di razza ebraica, gia' iscritti a istituti di istruzione superiore nei passati anni accademici.

Art. 6. Agli effetti del presente decreto-legge e' considerato di razza ebraica colui che e' nato da genitori entrambi di razza ebraica, anche se egli professi religione diversa da quella ebraica .

Ant. 7. Il presente decreto-legge, che entrera' in vigore alla data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del Regno, sara' presentato al Parlamento per la sua conversione in legge. Il Ministro per l'educazione nazionale e' autorizzato a presentare il relativo disegno di legge.

Ordiniamo che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserto nella raccolta delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a San Rossore, addi' 5 settembre 1938 - Anno XVI Vittorio Emanuele Mussolini, Bottai, Di Revel
"

La guerra del Regime contro 4mila pericolosi sovversivi e agenti dell'antifascismo internalzionale, ossia il terribile esercito costituito dai piccoli bimbi ebrei delle scuole elementari ...... ha del grottesco, se si pensa che l'autore di questa infamia (l'ispiratore fu Benito Mussolini) fu ....quel "fascista scomodo", colto, intelligente, e raffinato di Giuseppe Bottai, Ministro dell'Educazione Nazionale del Governo Fascista del tempo.

Shalom!!!!!!

Pieffebi
09-08-03, 19:03
http://www.ibc.regione.emilia-romagna.it/soprintendenza/menzogna/Pregiudizio_file/Image2.gif

Il Regno d'Italia, durante il periodo della non perfetta....comprensione fra il Regime Fascista e la Germania NazionalSocialista (vedi tensioni...relativamente all'Austria) aveva accolto molti ebrei tedeschi che avevano lasciato il Reich per sfuggire alla persecuzione antisemita degli hitleriani ........ ma ecco che con le leggi razziali....


" Provvedimenti nei confronti degli ebrei stranieri

Regio decreto - legge 7 settembre 1938-XVI, n. 1381



Vittorio Emanuele III per Grazia di Dio e per la Volontà della Nazione
Re d'Italia Imperatore d'Etiopia

Ritenuta la necessità urgente ed assoluta di provvedere;
Visto l'art. 3, n. 2, della legge 31 gennaio 1926-IV, n. 100;
Sentito il Consiglio dei Ministri;
Sulla proposta del Duce, Primo Ministro Segretario di Stato, Ministro Segretario di Stato per l'interno;
Abbiamo decretato e decretiamo:

Art. 1. Dalla data di pubblicazione del presente decreto-legge è vietato agli stranieri ebrei di fissare stabile dimore nel Regno , in Libia e nei Possedimenti dell'Egeo.

Art. 2. Agli effetti del presente decreto-legge è considerato ebreo colui che è nato da genitori entrambi di razza ebraica, anche se egli professi religione diversa da quella ebraica .

Art. 3. Le concessioni di cittadinanza italiana comunque fatte a stranieri ebrei posteriormente al 1 gennaio 1919 s'intendono ad ogni effetto revocate .

Art. 4. Gli stranieri ebrei che, alla data di pubblicazione del presente decreto-legge, si trovino nel Regno, in Libia e nei Possedimenti dell'Egeo e che vi abbiano iniziato il loro soggiorno posteriormente al 1 gennaio 1919, debbono lasciare il territorio del Regno, della Libia e dei Possedimenti dell'Egeo, entro sei mesi dalla data di pubblicazione del presente decreto. Coloro che non avranno ottemperato a tale obbligo entro il termine suddetto saranno espulsi dal Regno a norma dell'art. 150 del testo unico delle leggi di P.S., previa l'applicazione delle pene stabilite dalla legge .

Art. 5. Le controversie che potessero sorgere nell'applicazione del presente decreto-legge saranno risolte, caso per caso, con decreto del Ministro per l'interno, emesso di concerto con i Ministri eventualmente interessati.
Tale decreto non è soggetto ad alcun gravame nè in via amministrativa, nè in via giurisdizionale. Il presente decreto entra in vigore il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale e sarà presentato al Parlamento per la conversione in legge. Il Duce, Ministro per l'interno, proponente, è autorizzato a presentare il relativo disegno di legge.

Ordiniamo
che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserto nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a San Rossore, addì 7 settembre 1938-Anno XVI
Vittorio Emanuele, Mussolini
Provvedimenti nei confronti degli ebrei stranieri

Regio decreto - legge 7 settembre 1938-XVI, n. 1381 "

http://www.ibc.regione.emilia-romagna.it/soprintendenza/menzogna/Ideologia_file/Image14.jpg

Shalom!!!

Fecia di Cossato
09-08-03, 21:22
... per chi non avesse letto e/o capito le 'leggi razziali' del fascismo o per chi [specialmente certuni che si premurano di distribuire con generosità la patente di 'ignorante'... ] non ha neanche la necessaria dimistichezza con la lingua italiana non sarà superfluo riportare qui l'elenco delle 'professioni' cui venne impedito di accedere agli ebrei italiani...


Art. 1. L'esercizio delle professioni di giornalista, medico-chirurgo, farmacista, veterinario, ostetrica, avvocato, procuratore, patrocinatore legale, esercente in economia e commercio, ragioniere, ingegnere, architetto, chimico, agronomo, geometra, perito agrario, perito industriale, è, per i cittadini appartenenti alla razza ebraica, regolato dalle seguenti disposizioni.

Art. 2. Ai cittadini italiani di razza ebraica è vietato l'esercizio della professione di notaro . Ai cittadini italiani di razza ebraica non discriminato è vietato l'esercizio della professione di giornalista. Per quanto riguarda la professione di insegnante privato, rimangono in vigore le disposizioni di cui agli articoli 1 e 7 del Regio decreto-legge 15 novembre 1938-XVII, n. 1779.

Art. 3. I cittadini di razza ebraica esercenti una delle professioni di cui all'art. 1, che abbiano ottenuto la discriminazione a termini dell'art. 14 del Regio decreto-legge 17 novembre 1938-XVII, n. 1728, saranno iscritti in 'elenchi aggiunti', da istituirsi in appendice agli albi professionali, e potranno continuare nell'esercizio della professione, a norma delle vigenti disposizioni, salve le limitazioni previste dalla presente legge. Sono altresì istituiti, in appendice agli elenchi transitori eventualmente previsti dalle vigenti leggi o regolamenti in aggiunta agli albi professionali, elenchi aggiunti dei professionisti di razza ebraica discriminati . Si applicano agli elenchi aggiunti tutte le norme che regolano la tenuta e la disciplina degli albi professionali.

Art. 4. I cittadini italiani di razza ebraica non discriminati, i quali esercitano una delle professioni indicate dall'art. 1, esclusa quella di giornalista, potranno essere iscritti in elenchi speciali secondo le disposizioni del capo II della presente legge, e potranno continuare nell'esercizio professionale con le limitazioni stabilite dalla legge stessa.

... allora vediamo se abbiamo capito bene. L'art. 1 elenca, è vero, un gran numero di ordini professionali ma già al successivo art. 2 si scopre che, a parte la professione di insegnante che era trattata a parte proprio per la sua ovvia 'delicatezza', le uniche 'professioni' da cui di fatto gli ebrei furono allontanati sono state quella di giornalista [e si può facilmente capire il perchè...] e di notaio. Del resto la seguente frase che compare nei due successivi articoli di legge [potranno continuare nell’esercizio della professione a norma delle vigenti disposizioni] non abbisogna di particolari commenti, come giustamente messo in rilievo da Giorgio Pisanò nel più volte ricordato Mussolini e gli ebrei che invito tutti a rileggere...

... va da sè come la semplice lettura e non altro metta in rilievo di quante 'scappatoie' le 'famigerate' leggi in questione disponessero... ne vedremo ancora molte altre!...

saluti a tutti!...


--------------

http://utenti.lycos.it/luposabatini/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato

09-08-03, 21:33
In origine postato da Fecia di Cossato

Art. 1. L'esercizio delle professioni di ragioniere, ingegnere, (...omissis)


Orrrrrrrrrrrrrrrrrroreeeeeeeeeeeeeeeeeee (!!!) Il ragioniere accostato proprio all'ingegnere (!!!) ( :D :D )

Fecia di Cossato
09-08-03, 21:46
cara Alessandra
purtroppo l'artcolo in questione è ancora più umiliante per la mia categiria di quanto tu non abbia rilevato. Basta infatti leggere un poco oltre...

Art.1 L'esercizio delle professioni di [...] ingegnere, architetto[...]

... con i ragionieri passi, ci hanno accomunato perfino con gli architetti!!!... :( :(


--------------

http://utenti.lycos.it/luposabatini/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato

Pieffebi
09-08-03, 21:58
In origine postato da Fecia di Cossato
... per chi non avesse letto e/o capito le 'leggi razziali' del fascismo o per chi [specialmente certuni che si premurano di distribuire con generosità la patente di 'ignorante'... ] non ha neanche la necessaria dimistichezza con la lingua italiana non sarà superfluo riportare qui l'elenco delle 'professioni' cui venne impedito di accedere agli ebrei italiani...


Art. 1. L'esercizio delle professioni di giornalista, medico-chirurgo, farmacista, veterinario, ostetrica, avvocato, procuratore, patrocinatore legale, esercente in economia e commercio, ragioniere, ingegnere, architetto, chimico, agronomo, geometra, perito agrario, perito industriale, è, per i cittadini appartenenti alla razza ebraica, regolato dalle seguenti disposizioni.

Art. 2. Ai cittadini italiani di razza ebraica è vietato l'esercizio della professione di notaro . Ai cittadini italiani di razza ebraica non discriminato è vietato l'esercizio della professione di giornalista. Per quanto riguarda la professione di insegnante privato, rimangono in vigore le disposizioni di cui agli articoli 1 e 7 del Regio decreto-legge 15 novembre 1938-XVII, n. 1779.

Art. 3. I cittadini di razza ebraica esercenti una delle professioni di cui all'art. 1, che abbiano ottenuto la discriminazione a termini dell'art. 14 del Regio decreto-legge 17 novembre 1938-XVII, n. 1728, saranno iscritti in 'elenchi aggiunti', da istituirsi in appendice agli albi professionali, e potranno continuare nell'esercizio della professione, a norma delle vigenti disposizioni, salve le limitazioni previste dalla presente legge. Sono altresì istituiti, in appendice agli elenchi transitori eventualmente previsti dalle vigenti leggi o regolamenti in aggiunta agli albi professionali, elenchi aggiunti dei professionisti di razza ebraica discriminati . Si applicano agli elenchi aggiunti tutte le norme che regolano la tenuta e la disciplina degli albi professionali.

Art. 4. I cittadini italiani di razza ebraica non discriminati, i quali esercitano una delle professioni indicate dall'art. 1, esclusa quella di giornalista, potranno essere iscritti in elenchi speciali secondo le disposizioni del capo II della presente legge, e potranno continuare nell'esercizio professionale con le limitazioni stabilite dalla legge stessa.

... allora vediamo se abbiamo capito bene. L'art. 1 elenca, è vero, un gran numero di ordini professionali ma già al successivo art. 2 si scopre che, a parte la professione di insegnante che era trattata a parte proprio per la sua ovvia 'delicatezza', le uniche 'professioni' da cui di fatto gli ebrei furono allontanati sono state quella di giornalista [e si può facilmente capire il perchè...] e di notaio. Del resto la seguente frase che compare nei due successivi articoli di legge [potranno continuare nell’esercizio della professione a norma delle vigenti disposizioni] non abbisogna di particolari commenti, come giustamente messo in rilievo da Giorgio Pisanò nel più volte ricordato Mussolini e gli ebrei che invito tutti a rileggere...

... va da sè come la semplice lettura e non altro metta in rilievo di quante 'scappatoie' le 'famigerate' leggi in questione disponessero... ne vedremo ancora molte altre!...

saluti a tutti!...


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http://utenti.lycos.it/luposabatini/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato


La frase "potranno continuare l'esercizio della professione a norma delle vigenti disposizioni" (ossia quelle di cui al capo IV) si riferisce palesemente al fatto....che lo potranno a vantaggio di clienti ebrei salvo le già richiamate situazioni di comprovata necessità e urgenza. Come si evince dalla lettura dell'intero testo di legge, ovviamente essendo a conoscenza della lingua italiana.
Non credo proprio che sia necessario alcun altro commento innanzi a tanta...... beh......trovate voi il termine più adatto.

Shalom!!!

" CAPO IV.
Dell'esercizio professionale degli iscritti negli elenchi aggiunti e negli elenchi speciali
Art. 21. L'esercizio professionale da parte dei cittadini italiani di razza ebraica, iscritti negli elenchi speciali, è soggetto alle seguenti limitazioni:
a) salvi i casi di comprovata necessità ed urgenza, la professione deve essere esercitata esclusivamente a favore di persone appartenenti alla razza ebraica;
b) la professione di farmacista non può essere esercitata se non presso le farmacie di cui all'art. 114 del testo unico delle leggi sanitarie approvato con R. decreto 27 luglio 1934-XII, n. 1265, qualora l'Ente cui la farmacia appartiene svolga la propria attività istituzionale esclusivamente nei riguardi di appartenenti alla razza ebraica ;
c) ai professionisti di razza ebraica non possono essere conferiti incarichi che importino funzioni di pubblico ufficiale, ne può essere consentito l'esercizio di attività per conto di enti pubblici, fondazioni, associazioni e comitati di cui agli articoli 34 e 37 del Codice civile o in locali da questi dipendenti. La disposizione di cui alla lettera c) del presente articolo si applica anche ai cittadini italiani di razza ebraica iscritti negli "elenchi aggiunti" . "

Pieffebi
09-08-03, 22:13
Per quanto riguarda i discriminati......le limitazioni sono minori, e sono comunque statuite dalla legge stessa e riguardano quelle a cui la norma si riferisce per coloro che sono iscritti negli "elenchi aggiunti".

Shalom!!!

agaragar
09-08-03, 22:16
In origine postato da Fecia di Cossato

... allora vediamo se abbiamo capito bene. L'art. 1 elenca, è vero, un gran numero di ordini professionali ma già al successivo art. 2 si scopre che, a parte la professione di insegnante che era trattata a parte proprio per la sua ovvia 'delicatezza', le uniche 'professioni' da cui di fatto gli ebrei furono allontanati sono state quella di giornalista [e si può facilmente capire il perchè...] e di notaio. Del resto la seguente frase che compare nei due successivi articoli di legge [potranno continuare nell’esercizio della professione a norma delle vigenti disposizioni] non abbisogna di particolari commenti, come giustamente messo in rilievo da Giorgio Pisanò nel più volte ricordato Mussolini e gli ebrei che invito tutti a rileggere...

... va da sè come la semplice lettura e non altro metta in rilievo di quante 'scappatoie' le 'famigerate' leggi in questione disponessero... ne vedremo ancora molte altre!...

il fatto è che le leggi razziali furono introdotte dai cacasotto fascisti contro la volontà della stragrande maggioranza degli italiani e quindi fecero di tutto per farle apparire moderate...

E' utile ricordare che i difensori della razza sono oggi responsabili,insieme ai loro compari "communisti della minghia",dell'immigrazione selvaggia che avviene in italia....

Pieffebi
10-08-03, 18:46
Non è in questione la "moderazione" o meno della forma assunta dalla legge razziali, ne' tantomeno di quella che ha sancito l'interdizione o la limitazione dell'esercizio di determinate attività professionali da parte dei cittadini italiani di "razza ebraica".
In ogni caso il percorso logico-giuridico di questa ultima normativa è sufficientemente chiaro:
1) cancellazione degli ebrei dagli albi professionali abilitanti all'esercizio delle rispettive professioni (con talune variazioni per alcune professioni come qeulle di notaro e giornalista).
2) iscrizione degli ebrei "discriminati" (per meriti verso la Patria e il Regime) in elenchi aggiunti agli albi professionali suddetti, che permettevano loro di esercitare con alcune limitazioni;
3) iscrizione degli ebrei NON discriminati (nel senso suddetto) in elenchi speciali, che permettevano loro sostanzialmente di eserciatare legalmente la professione SOLO con fortissime limitazioni, essenzialmente ad esclusivo favore di clienti di "razza ebraica", e solo per "comprovati motivi di necessità e urgenza" (eccezionali) nei confronti di cittadini italiani di "razza ariana";
4) a tutti i professionisti ebrei delle liste speciali e delle liste aggiunte era interdetto l'accesso al conferimento di incarichi per i quali i medesimi potessero assumere le funzioni di "pubblico ufficiale" o similari (incaricati di pubblico esercizio o pubbliche funzioni: perito e consulente di tribunale.... consulente tecnico di parte in un giudizio....);
5) era vietata l'associazione (e la collaborazione professionale) fra professionisti ebrei e professionisti "ariani".

Shalom!!!


http://www.scuolevda.org/Sit/progettostoria/luciana/Biografie/foto%20levi/difesa%20razza.jpg

Fecia di Cossato
11-08-03, 06:59
originally posted by rag. PierFrancesco:

... la guerra del Regime contro 4-mila pericolosi sovversivi e agenti dell'antifascismo internazionale, ossia il terribile esercito costituito dai piccoli bimbi ebrei delle scuole elementari... ha del grottesco, se si pensa che l'autore di questa infamia [l'ispiratore fu Benito Mussolini] fu... quel 'fascista scomodo', colto, intelligente, e raffinato di Giuseppe Bottai, Ministro dell'Educazione Nazionale del Governo Fascista del tempo...

... sarà del tutto evidente per chiunque la consistenza mentale dell'autore di simili dichiarazioni dopo la lettura del decreto legge delo 15 novembre 1938, che integrava quello del 5 settembre dello stesso anno [riportato dall'egregio nostro qualche postato fa...] mitigandone di molto le disposizioni a danno dei 4-mila bimbi ebrei 'perseguitati'. Ho ritenuto di sottolineare alcuni punti particolarmente significativi...


REGIO DECRETO - LEGGE 15 novembre 1938 - XVII, n. 1779

Integrazione e coordinamento in unico testo delle norme già emanate per la difesa della razza nella Scuola Italiana

VITTORIO EMANUELE III PER GRAZIA DI DIO E PER LA VOLONTÀ DELLA NAZIONE RE D'ITALIA IMPERATORE D'ETIOPIA

Veduto il R. decreto-legge 5 settembre 1938-XVI, n. 1390;

Veduto il R. decreto-legge 23 settembre 1938-XVI, n. 1630;

Veduto il testo unico delle leggi e delle norme giuridiche sull'istruzione elementare approvato con R. decreto 5 febbraio 1928-VI, n. 877, e successive modificazioni;

Veduto il R. decreto-legge 3 giugno 1938-XVI, n. 928; Veduto l'art. 3, n. 2, della legge 31 gennaio 1926-IV, n.100;

Riconosciuta la necessità urgente ed assoluta di dettare ulteriori disposizioni per la difesa della razza nella Scuola italiana e di coordinarle in unico testo con quelle sinora emanate;
Udito il Consiglio dei Ministri; Sulla proposta del DUCE, Primo Ministro Segretario di Stato e Ministro per l'interno e del Nostro Ministro Segretario di Stato per l'educazione nazionale, di concerto con quello per le finanze;

Abbiamo decretato e decretiamo:

 Art. 1. A qualsiasi ufficio od impiego nelle scuole di ogni ordine e grado, pubbliche e private, frequentate da alunni italiani, non possono essere ammesse persone di razza ebraica, anche se siano state comprese in graduatorie di concorsi anteriormente al presente decreto; nè possono essere ammesse al conseguimento dell'abilitazione alla libera docenza. Agli uffici ed impieghi anzidetti sono equiparati quelli relativi agli istituti di educazione, pubblici e privati, per alunni italiani, e quelli per la vigilanza nelle scuole elementari.

 Art. 2. Delle Accademie, degli Istituti e delle Associazioni di scienze, lettere ed arti non possono far parte persone di razza ebraica.

 Art. 3. Alle scuole di ogni ordine e grado, pubbliche o private, frequentate da alunni italiani, non possono essere iscritti alunni di razza ebraica. E' tuttavia consentita l'iscrizione degli alunni di razza ebraica che professino la religione cattolica nelle scuole elementari e medie dipendenti dalle Autorità ecclesiastiche.

 Art. 4. Nelle scuole d'istruzione media frequentate da alunni italiani è vietata l adozione di libri di testo di autori di razza ebraica. Il divieto si estende anche ai libri che siano frutto della collaborazione di più autori, uno dei quali sia di razza ebraica; nonché alle opere che siano commentate o rivedute da persone di razza ebraica.

 Art. 5. Per i fanciulli di razza ebraica sono istituite a spese dello Stato speciali sezioni di scuola elementare nelle località in cui il numero di essi non sia inferiore a dieci. Le comunità israelitiche possono aprire, con l'autorizzazione del Ministro per l'educazione nazionale, scuole elementari con effetti legali per fanciulli di razza ebraica, e mantenere quelle all'uopo esistenti. Per gli scrutini e per gli esami nelle dette scuole il Regio provveditore agli studi nomina un commissario. Nelle scuole elementari di cui al presente articolo il personale potrà essere di razza ebraica; i programmi di studio saranno quelli stessi stabiliti per le scuole frequentate da alunni italiani, eccettuato l'insegnamento della religione cattolica; i libri di testo saranno quelli di Stato, con opportuni adattamenti, approvati dal Ministro per l'educazione nazionale, dovendo la spesa per tali adattamenti gravare sulle comunità israelitiche.

 Art. 6. Scuole d'istruzione media per alunni di razza ebraica potranno essere istituiti dalle comunità israelitiche o da persone di razza ebraica. Dovranno all'uopo osservarsi le disposizioni relative all'istituzione di scuole private. Alle scuole stesse potrà essere concesso il beneficio del valore legale degli studi e degli esami à sensi dell'art.15 del R. decreto-legge 3 giugno 1938-XVI n.928, quando abbiano ottenuto di far parte in qualità di associate dell'Ente nazionale per l'insegnamento medio: in tal caso i programmi di studio saranno quelli stessi stabiliti per le scuole corrispondenti frequentate da alunni italiani, eccettuati gli insegnamenti della religione e della cultura militare. Nelle scuole d'istruzione media di cui al presente articolo il personale potrà essere di razza ebraica e potranno essere adottati libri di testo di autori di razza ebraica.

 Art. 7. Per le persone di razza ebraica l'abilitazione a impartire l'insegnamento medio riguarda esclusivamente gli alunni di razza ebraica.

 Art. 8. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto il personale di razza ebraica appartenente ai ruoli per gli uffici e gli impieghi di cui al precedente art.1 è dispensato dal servizio, ed ammesso a far valere i titoli per l'eventuale trattamento di quiescenza ai sensi delle disposizioni generali per la difesa della razza italiana. Al personale stesso per il periodo di sospensione di cui all'art.3 del R. decreto legge 5 settembre 1938-XVI n. 1390 vengono integralmente corrisposti i normali emolumenti spettanti ai funzionari in servizio. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto i liberi docenti di razza ebraica decadono dall'abilitazione.

 Art. 9 Per l'insegnamento nelle scuole elementari e medie per alunni di razza ebraica saranno preferiti gl'insegnanti dispensati dal servizio a cui dal Ministro per l'interno siano state riconosciute le benemerenze individuali o famigliari previste dalle disposizioni generali per la difesa della razza italiana. Ai fini del presente articolo sono equiparati al personale insegnante i presidi e direttori delle scuole pubbliche e private e il personale di vigilanza nelle scuole elementari.

 Art. 10. In deroga al precedente art. 3 possono essere ammessi in via transitoria a proseguire gli studi universitari studenti di razza ebraica già iscritti nei passati anni accademici a Università o Istituti superiori del Regno. La stessa disposizione si applica agli studenti iscritti ai corsi superiori e di perfezionamento per i diplomati nei Regi conservatori, alle Regie accademie di belle arti e ai corsi della Regia accademia d'arte drammatica in Roma, per accedere ai quali occorre un titolo di studi medi di secondo grado o un titolo equipollente. Il presente articolo si applica anche agli studenti stranieri, in deroga alle disposizioni che vietano agli ebrei stranieri di fissare stabile dimora nel Regno.

 Art. 11. Per l'anno accademico 1938-39 la decorrenza dei trasferimenti e delle nuove nomine dei professori universitari potrà essere protratta al 1í gennaio 1939-XVII. Le modificazioni agli statuti delle Università e degl'Istituti d'istruzione superiore avranno vigore per l'anno accademico 1938-39, anche se disposte con Regi decreti di data posteriore al 29 ottobre 1938-XVII.

 Art. 12. I Regi decreti-legge 5 settembre 1938-XVI, n. 1390, e 23 settembre 1938-XVI, n.1630, sono abrogati. è altresì abrogata la disposizione di cui all'art.3 del Regio decretolegge 20 giugno 1935-XIII, n.1071.

 Art. 13. Il presente decreto sarà presentato al Parlamento per la conversione in legge. Il Ministro proponente è autorizzato alla presentazione del relativo disegno di legge.

Ordiniamo

che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserto nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a San Rossore, addì 15 novembre 1938 - XVII

Vittorio Emanuele, Mussolini, Bottai, Di Revel


Vediamo dunque di ricapitolare i punti più infami della persecuzione operata dai fascisti [con in testa il loro Duce...] sugli innocenti bimbi...

L'art. 3 consentiva ai bimbi ebrei di accedere alle scuole gestite dai religiosi purchè essi si dichiarassero di religione cattolica...

L'art. 5 istituiva a spese dello stato speciali scuole elementari destinate esclusivamente ai fanciulli ebrei purchè a frequentarle fossero almeno in dieci

L'art. 6 consentiva alle comunità ebraiche di istituire scuole medie con insegnanti e personale ebrei [che così tornavano al loro lavoro...] conferendo altresì pino valore legale al diploma da esse rilasciato...

L'art. 10 infine consentiva il proseguimento degli studi fino alla laurea per gli studenti che frequentavano l'università o gli istituti superiori al momento dell'entrata in vigore della legge...

Non mi sembrano necessari ulteriori commenti...


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http://utenti.lycos.it/luposabatini/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato

yurj
11-08-03, 12:44
A' Fecia, Pinochet ha riunito i suoi generali in Cile, che ci fai ancora qui?

Pieffebi
11-08-03, 15:25
In origine postato da Fecia di Cossato
originally posted by rag. PierFrancesco:

... la guerra del Regime contro 4-mila pericolosi sovversivi e agenti dell'antifascismo internazionale, ossia il terribile esercito costituito dai piccoli bimbi ebrei delle scuole elementari... ha del grottesco, se si pensa che l'autore di questa infamia [l'ispiratore fu Benito Mussolini] fu... quel 'fascista scomodo', colto, intelligente, e raffinato di Giuseppe Bottai, Ministro dell'Educazione Nazionale del Governo Fascista del tempo...

... sarà del tutto evidente per chiunque la consistenza mentale dell'autore di simili dichiarazioni dopo la lettura del decreto legge delo 15 novembre 1938, che integrava quello del 5 settembre dello stesso anno [riportato dall'egregio nostro qualche postato fa...] mitigandone di molto le disposizioni a danno dei 4-mila bimbi ebrei 'perseguitati'. Ho ritenuto di sottolineare alcuni punti particolarmente significativi...


REGIO DECRETO - LEGGE 15 novembre 1938 - XVII, n. 1779

Integrazione e coordinamento in unico testo delle norme già emanate per la difesa della razza nella Scuola Italiana

VITTORIO EMANUELE III PER GRAZIA DI DIO E PER LA VOLONTÀ DELLA NAZIONE RE D'ITALIA IMPERATORE D'ETIOPIA

Veduto il R. decreto-legge 5 settembre 1938-XVI, n. 1390;

Veduto il R. decreto-legge 23 settembre 1938-XVI, n. 1630;

Veduto il testo unico delle leggi e delle norme giuridiche sull'istruzione elementare approvato con R. decreto 5 febbraio 1928-VI, n. 877, e successive modificazioni;

Veduto il R. decreto-legge 3 giugno 1938-XVI, n. 928; Veduto l'art. 3, n. 2, della legge 31 gennaio 1926-IV, n.100;

Riconosciuta la necessità urgente ed assoluta di dettare ulteriori disposizioni per la difesa della razza nella Scuola italiana e di coordinarle in unico testo con quelle sinora emanate;
Udito il Consiglio dei Ministri; Sulla proposta del DUCE, Primo Ministro Segretario di Stato e Ministro per l'interno e del Nostro Ministro Segretario di Stato per l'educazione nazionale, di concerto con quello per le finanze;

Abbiamo decretato e decretiamo:

 Art. 1. A qualsiasi ufficio od impiego nelle scuole di ogni ordine e grado, pubbliche e private, frequentate da alunni italiani, non possono essere ammesse persone di razza ebraica, anche se siano state comprese in graduatorie di concorsi anteriormente al presente decreto; nè possono essere ammesse al conseguimento dell'abilitazione alla libera docenza. Agli uffici ed impieghi anzidetti sono equiparati quelli relativi agli istituti di educazione, pubblici e privati, per alunni italiani, e quelli per la vigilanza nelle scuole elementari.

 Art. 2. Delle Accademie, degli Istituti e delle Associazioni di scienze, lettere ed arti non possono far parte persone di razza ebraica.

 Art. 3. Alle scuole di ogni ordine e grado, pubbliche o private, frequentate da alunni italiani, non possono essere iscritti alunni di razza ebraica. E' tuttavia consentita l'iscrizione degli alunni di razza ebraica che professino la religione cattolica nelle scuole elementari e medie dipendenti dalle Autorità ecclesiastiche.

 Art. 4. Nelle scuole d'istruzione media frequentate da alunni italiani è vietata l adozione di libri di testo di autori di razza ebraica. Il divieto si estende anche ai libri che siano frutto della collaborazione di più autori, uno dei quali sia di razza ebraica; nonché alle opere che siano commentate o rivedute da persone di razza ebraica.

 Art. 5. Per i fanciulli di razza ebraica sono istituite a spese dello Stato speciali sezioni di scuola elementare nelle località in cui il numero di essi non sia inferiore a dieci. Le comunità israelitiche possono aprire, con l'autorizzazione del Ministro per l'educazione nazionale, scuole elementari con effetti legali per fanciulli di razza ebraica, e mantenere quelle all'uopo esistenti. Per gli scrutini e per gli esami nelle dette scuole il Regio provveditore agli studi nomina un commissario. Nelle scuole elementari di cui al presente articolo il personale potrà essere di razza ebraica; i programmi di studio saranno quelli stessi stabiliti per le scuole frequentate da alunni italiani, eccettuato l'insegnamento della religione cattolica; i libri di testo saranno quelli di Stato, con opportuni adattamenti, approvati dal Ministro per l'educazione nazionale, dovendo la spesa per tali adattamenti gravare sulle comunità israelitiche.

 Art. 6. Scuole d'istruzione media per alunni di razza ebraica potranno essere istituiti dalle comunità israelitiche o da persone di razza ebraica. Dovranno all'uopo osservarsi le disposizioni relative all'istituzione di scuole private. Alle scuole stesse potrà essere concesso il beneficio del valore legale degli studi e degli esami à sensi dell'art.15 del R. decreto-legge 3 giugno 1938-XVI n.928, quando abbiano ottenuto di far parte in qualità di associate dell'Ente nazionale per l'insegnamento medio: in tal caso i programmi di studio saranno quelli stessi stabiliti per le scuole corrispondenti frequentate da alunni italiani, eccettuati gli insegnamenti della religione e della cultura militare. Nelle scuole d'istruzione media di cui al presente articolo il personale potrà essere di razza ebraica e potranno essere adottati libri di testo di autori di razza ebraica.

 Art. 7. Per le persone di razza ebraica l'abilitazione a impartire l'insegnamento medio riguarda esclusivamente gli alunni di razza ebraica.

 Art. 8. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto il personale di razza ebraica appartenente ai ruoli per gli uffici e gli impieghi di cui al precedente art.1 è dispensato dal servizio, ed ammesso a far valere i titoli per l'eventuale trattamento di quiescenza ai sensi delle disposizioni generali per la difesa della razza italiana. Al personale stesso per il periodo di sospensione di cui all'art.3 del R. decreto legge 5 settembre 1938-XVI n. 1390 vengono integralmente corrisposti i normali emolumenti spettanti ai funzionari in servizio. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto i liberi docenti di razza ebraica decadono dall'abilitazione.

 Art. 9 Per l'insegnamento nelle scuole elementari e medie per alunni di razza ebraica saranno preferiti gl'insegnanti dispensati dal servizio a cui dal Ministro per l'interno siano state riconosciute le benemerenze individuali o famigliari previste dalle disposizioni generali per la difesa della razza italiana. Ai fini del presente articolo sono equiparati al personale insegnante i presidi e direttori delle scuole pubbliche e private e il personale di vigilanza nelle scuole elementari.

 Art. 10. In deroga al precedente art. 3 possono essere ammessi in via transitoria a proseguire gli studi universitari studenti di razza ebraica già iscritti nei passati anni accademici a Università o Istituti superiori del Regno. La stessa disposizione si applica agli studenti iscritti ai corsi superiori e di perfezionamento per i diplomati nei Regi conservatori, alle Regie accademie di belle arti e ai corsi della Regia accademia d'arte drammatica in Roma, per accedere ai quali occorre un titolo di studi medi di secondo grado o un titolo equipollente. Il presente articolo si applica anche agli studenti stranieri, in deroga alle disposizioni che vietano agli ebrei stranieri di fissare stabile dimora nel Regno.

 Art. 11. Per l'anno accademico 1938-39 la decorrenza dei trasferimenti e delle nuove nomine dei professori universitari potrà essere protratta al 1í gennaio 1939-XVII. Le modificazioni agli statuti delle Università e degl'Istituti d'istruzione superiore avranno vigore per l'anno accademico 1938-39, anche se disposte con Regi decreti di data posteriore al 29 ottobre 1938-XVII.

 Art. 12. I Regi decreti-legge 5 settembre 1938-XVI, n. 1390, e 23 settembre 1938-XVI, n.1630, sono abrogati. è altresì abrogata la disposizione di cui all'art.3 del Regio decretolegge 20 giugno 1935-XIII, n.1071.

 Art. 13. Il presente decreto sarà presentato al Parlamento per la conversione in legge. Il Ministro proponente è autorizzato alla presentazione del relativo disegno di legge.

Ordiniamo

che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserto nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a San Rossore, addì 15 novembre 1938 - XVII

Vittorio Emanuele, Mussolini, Bottai, Di Revel


Vediamo dunque di ricapitolare i punti più infami della persecuzione operata dai fascisti [con in testa il loro Duce...] sugli innocenti bimbi...

L'art. 3 consentiva ai bimbi ebrei di accedere alle scuole gestite dai religiosi purchè essi si dichiarassero di religione cattolica...

L'art. 5 istituiva a spese dello stato speciali scuole elementari destinate esclusivamente ai fanciulli ebrei purchè a frequentarle fossero almeno in dieci

L'art. 6 consentiva alle comunità ebraiche di istituire scuole medie con insegnanti e personale ebrei [che così tornavano al loro lavoro...] conferendo altresì pino valore legale al diploma da esse rilasciato...

L'art. 10 infine consentiva il proseguimento degli studi fino alla laurea per gli studenti che frequentavano l'università o gli istituti superiori al momento dell'entrata in vigore della legge...

Non mi sembrano necessari ulteriori commenti...


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http://utenti.lycos.it/luposabatini/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato


La consistenza mentale del mio contraddittore non ha proprio bisogno invece di essere chiarita, vista la serie incredibile di Fecciate che ha inanellato in questo (come in altri) 3d, dai numeri dallo stesso dati.... in spregio del ridicolo, ai tentativi di "interpretare" le norme di legge fasciste in spregio....alla logica, alla terminologia giuridica e alla lingua italiana. Come sopra chiunque può constatare da solo.
Questo ultimo intervento ha veramente dell'incredibile. A parte che era in programma l'illustrazione, da parte mia, anche del decreto integrativo di cui sopra, ovviamente senza questo genere di commenti, anzi.....del testo "coordinato".
Nessuno ha mai detto, del resto, che agli ebrei fosse interdetta genericamente ogni istruzione od ogni conseguimento di titoli di studio (l'ex rabbino capo di Roma Elio Toaff ha di recente ricordato, in un lungo documento intervista che si laureò regolarmente in giurisprudenza nell'Università pubblica, giovandosi delle norma delle leggi razziali che consentiva agli ebrei che avevano già iniziato il corso....di ultimarlo. Per inciso lo stesso rabbino ha dichiarato di dovere la sua vita ad un capitano tedesco delle SS che lo fece fuggire, evitandogli la fucilazione), essendo il fine delle leggi razziste quello della SEPARAZIONE nella scuola . I bimbi ebrei furono esclusi dalle scuole pubbliche e non poterono più frequentare insieme agli altri bimbi italiani, ridicolmente qualificati dai persecutori dei diritti in camicia nera come "ariani".
Per il resto consiglierei a chi ha interesse per la materia la lettura del breve saggio di Silva Bon " Scuole ebraiche a Trieste negli anni del Razzismo di Stato " ora in "NEL NOME DELLA RAZZA - il razzismo nella Storia d'Italia 1870-1945" a cura di Alberto Burgio - pubblicato da "Il Mulino".
Mi pare evidente che le persecuzioni nei diritti degli ebrei e dei bimbi ebrei furono e restano infami, e che le "precisazioni" del mi contraddittore non servono certo a "dequalificarle" minimanente, come si può rendere conto chiunque abbia una coscienza morale, oltre che un briciolo di intelligenza. Altro commento .....sarebbe del tutto ozioso.
La guerra del Regime Fascista contro 4mila bimbi ebrei dell elementari, pericolosi nemici dello Stato ...... [ :D ]

Shalom!!!!


P.S. = il 20 novembre 2002 alle 20:15 in un altro 3d (aperto dal mio contraddittore in polemica con il presidente Fini per le sue doverose considerazioni sulle infami leggi razziali) postavo, fra l'altro, questa citazione tratta dall'opera capitale di Renzo De Felice sulla materia:
" Quanto alla scuola, gli ebrei erano esclusi dall'insegnamento d'ogni grado ed ordine, e agli alunni di *razza ebraica* era fatto divieto di frequentare le scuole pubbliche; per quelli che frequentavano le elementari erano istituite apposite sezioni nelle località in cui il loro numero non era inferiore a dieci, per quelli che frequentavano le scuole medie, le Comunità avrebbero potuto provvedere a istituire scuole private; in entrambe queste scuole gli insegnanti dispensati dal servizio avrebbero avuto la preferenza (...) "

Siamo dunque giunti a pag. 284 del libro "

e sono ritornato ancora sul fatto altre volte..... anche in occasione di notazioni intorno a quanto sostenuto dal Sarfatti e da altri, anche altrove.

Pieffebi
11-08-03, 17:01
In origine postato da Pieffebi
Tornando per un momento alla Dichiarazione del Gran Consiglio del Fascismo dell'ottobre 1938 sono necessarie due ulteriori annotazioni a margine.
La prima riguarda l'idea che gli ebrei italiani, in genere, non potessero essere sinceramente fascisti, ossia che non ne avessero accettato sinceramente il Regime " poiché antitetico a quella che è la psicologia, la politica, l'internazionalismo d'Israele ". In buona sostanza agli ebrei, razzialmente intesi (dalla stessa definizione del Gran Consiglio, che segue il Manifesto della Razza e informa le leggi razziali), è attribuita una psicologia e una politica "internazionalista" (in Unione Sovietica e nei paesi comunisti, dal 1946 si parlerà invece di "cosmopolitismo"). Ora questa affermazione, evidentemente strumentale, è falsa riguardo agli ebrei italiani e falsa riguardo, ad esempio, al sionismo. Ma quello che più importa è che questa attribuzione di un'ideologia ebraica razzialmente determinata è tipica di un punto di vista razzistico, che ha tra le sua fondamenta, la concezione e definizione biologica di "ebraicità".
Questa concezione la troviamo, esattamente identica, nella coeva letteratura antisemita europea, e in quella del secolo precedente.
Il giurista antisemita tedesco Hund-Radowsky, nella Germania imperiale degli anni settanta del XIX secolo definiva appunto gli ebrei come "senza patria" oltre che come un " corpo estraneo che minaccia la nazione tedesca ".
L'internazionalismo, il cosmopolitismo, l'essere senza patria, l'essere "un corpo estraneo nella Nazione" sono alcune delle accuse antisemite moderne più ricorrenti contro gli ebrei, attribuendo loro una "naturale inclinazione", ad esempio, all'antifascismo, o....da parte di Stalin nella seconda metà degli anni quaranta "all'antisovietismo".

La seconda questione rigurarda ll'idea di razzismo che sottende al documento del Gran Consiglio, che a differenza del Manifesto della Razza è un documento politico quindi senza velleità scientifiche, e tende già a una certa italianizzazione del razzismo, sforzo che da lì in poi sarà avvertito da Mussolini come di notevole rilievo (e che lo porterà a simpatizzare, ad esempio, per i lavori di Evola sulla "razza dello spirito") per differenziarsi dagli Alleati tedeschi (con i quali vi furono anche questioni "scientifiche" relative alla concorrenza fra lo spirito germanico e quello "olimpico" di Roma nella determinazione della civiltà ariana).
Ora il fascismo italiano attribuendo un carattere negativo al meticciato, distinguendo nell'Impero fra "razza dominante e conquistatrice" (civilizzatrice) e popoli dominati e conquistati, opera delle scelte determinate, del tutto compatibili, sul piano delle premesse concettuali, con quelle operate nella "metropoli imperiale" verso gli ebrei.
A questo punto mi sovviene una citazione del Burgio secondo il quale: " Il razzismo si instaura nel momento in cui la rappresentazione denigratoria di un gruppo fa ricorso al tema naturalistico allo scopo di affermare la consustanzialità (dunque l'ereditarietà) dei caratteri deteriori attribuiti al gruppo e, per questa via, la legittimità della sua discriminazione o distruzione " (da "Per la storia del Razzismo italiano").
Sicuramente occorre contestualizzare il tutto, e ricordare sicuramente come, all'epoca del documento del Gran Consiglio, pregiudizi di carattere razziale e razzistici fossere ampiamente diffusi, anche nelle grandi democrazie (si pensi agli Stati Uniti, soprattutto nel profondo Sud) con i loro imperi coloniali. Ma il fascismo, proprio giacchè innestando il proprio razzismo sul troncone delle proprie aspirazioni totalitarie, anzi come sua realizzazione ultima e "rivoluzionaria", ha sicuramente espresso detti pregiudizi e dette discriminazioni come elementi costitutivi del proprio potere, non ricavandoli dall'arratratezza della società civile o dalle sue contraddizioni, ma imponendole a una società che era largamente scevra da questo genere di odi.
Il fascismo ha imposto il razzismo là dove non c'era.....in forza di legge e con "totalitaria" protervia.
Sicuramente la virulenza del razzismo, in gran parte opportunistico e strumentale, italicon non ha nulla a che fare con quella del NazionalSocialismo germanico e di movimenti affini dell'estrema destra ad esso contemporanea. Diverse sono anche le conseguenze storiche dirette e le rispettive responsabilità.
L'Italia ha protetto concretamente, in determinate occasione, ebrei perseguitati, dalla volontà genocida nazista. E questo ha il suo peso sul giudizio storico sull'intera vicenda. Ma il mito degli "italiani brava gente" (che entra anche nei pregiudizi favorevoli al comunismo italico, quando paragonato a quello mondiale) resta un mito se non è ricondotto alle sue reali dimensioni storiche, e quindi .....demistificato.

Shalom!!!


Nel post sopra "quotato" avevamo formulato alcune considerazioni circa la radice razzista e antisemita di alcune formulazioni del Gran Consiglio del Fascismo tese a dimostrare l'impossibilità di una "sincera adesione e fedeltà" degli ebrei al Regime e alla Patria italiana.
Ebbene se prendiamo come uno "storico" (per altro in altri campi con qualche merito) di parte fascista affronta l'argomento, ritroviamo integri i pregiudizi antisemiti ( espressi "in tono NON accusatorio" :D ), che appartengono pienamente agli stereotipi dell'antisemitismo moderno (Alta finanza Ebraica, natura "giudaca" del potere capitalistico mondiale e anche del bolscevismo):
" Gli ebrei infatti - scrive lo storico partigiano delle camicie nere - non avrebbero mai potuto appoggiare sinceramente e decisamente lo sforzo di una Italia tesa a rompere l’assedio dell’Europa che capitalismo da un parte e comunismo dall’altra stavano stringendo sempre più. Per fare ciò avrebbero dovuto dimenticare di essere ebrei, dimenticare le loro origini, i loro interessi e duemila anni di tradizione e di fede religiosa tramandate di padre in figlio. Sia chiaro che non diciamo questo con tono accusatorio. Facciamo semplicemente una constatazione, prendiamo atto di una realtà che è da millenni. Prima di sentirsi italiani o tedeschi o francesi o polacchi, gli ebrei si sono sempre sentiti ebrei. Ciò ha permesso loro in ogni tempo di restare legati a interessi e concezioni ideologiche sovranazionali [ gli antisemiti di estrema destra e ...Giuseppe Stalin chiamavano ciò: cosmopolitismo - n.d.r ] La storia moderna infatti non è che la storia del grande capitale internazionale controllato dagli ebrei che di volta in volta si è alleato a questi o quegli interessi nazionali per combattere o modificare quelle situazioni che minacciavano di diventare pericolose per i suoi piani e per la sua stessa sopravvivenza. Era contro la loro natura quindi che gli ebrei italiani, o almeno gran parte di loro, facessero eccezione a questa regola proprio nel momento in cui una nuova Europa stava sorgendo dalle rovine della pace di Versailles che aveva visto l’ebraismo internazionale deciso a sottomettere il vecchio continente ai voleri del capitalismo anglo-americano . ".
E' difficile trovare un concentrato così puro di pregiudizi, corbellerie, stereotipi, luoghi comuni sugli ebrei, in così poche righe. E' da dire che questo rispecchia al meglio la mentalità fascista nel suo lato deteriore , nell'impostazione che gli storici del razzismo italiano hanno definito "nazional-razzista".
Sebbene espressi in modo più radicale (virulento) questi medesimi pregiudizi sono quelli che sono alla base dell'odio antisemita del NazionalSocialismo genocida.
Abbiamo a questo proposito già ricordato la ben nota "profezia" di Adolf Hitler, che attribuiva al "giudaismo internazionale" le responsabilità della seconda guerra mondiale e pertanto ne preannunciava la sanzione: lo sterminio degli ebrei d'Europa.
Il Fischer descrive in questo modo, sommariamente, questi pregiudizi antisemiti nazisti:
" Cancellando i principi del 1789, i nazisti credevano davvero di poter risanare le divisioni sociali e culturali che questi principi *sovversivi*, a loro parere avevano provocato, indebolendo il Paese e portandolo alla sconfitta della Prima guerra mondiale.
Essi associavano la democrazia e tutta la vita democratica agli iteressi economici dei ricchi (plutocrazia), all'immersione in un materialismo egoista e a uno stile di vita decadente.
Ai loro occhi la democrazia era un'invenzione di plutocrati ebrei il cui vero scopo era quello di sfruttare, indebolire e distruggere il popolo tedesco.
I nazisti disprezzavano in egual misura il comunismo, anch'esso prodotto dei *falsi* principi del 1789, che si rivolgeva alla classe operaia con un messaggio ingannevole di eguaglianza economica in un sistema a partito unico. Alcuni dei nazisti più inclini a vedere ovunque complotti ( :D ), tra cui lo stesso Hitler, vedevano un filo comune in capitalismo democratico e comunismo: l'influenza sovversiva degli Ebrei , che stavano manipolando i due sistemi per i loro fini , ovvero la distruzione di tutte le culture nazionalistiche ed etniche e la loro sostituzione ad opera dell'ebraismo internazionale " [ K.P. Fischer : "STORIA DELL'OLOCAUSTO - Dalle origini della giudeofobia tedesca alla soluzione finale nazista " - 1998 - ed. italiana pag. 235. ]
Del resto, come ho altrove riportato, fin dal XIX secolo [ vedi ad esempio il giurista razzista citato nel post quotato] , l'antisemitismo tedesco tendeva a vedere negli ebrei dei "senza patria" e dei "corpi estranei nel corpo della Nazione", giustificando con ciò la tendenza ad espellerli e comunque ad evitarne l'assimilazione [paradossalmente preferivano i prmi sionisti, che si sentivano una comunità nazionale distinta destinata a ricreare una propria patria in Palestina], che avrebbe inquinato il sangue e lo spirito ariano della Germania. Sta pero di fatto che la comunità giudeo-tedesca all'inizio del XX secolo era delle più integrate e si sentiva integralmente germanica. Quella italiana lo era ancora di più.
Vergognosi e idioti paiono pertanto certi stereotipi....soprattutto se riproposti [anche se con bonomia] dopo la tragedia della Shoà come "dati di fatto" storici. Ridicoli i tentativi di dar conto della svolta antisemita del 1938 da parte del Fascismo italiano, cercando di minimizzarla e poi.....confermandone i presupposti ideologici anti-ebraici, senza avvedersi della loro natura classicamente nazional-razzista e antisemita.

Shalom!!!

Pieffebi
11-08-03, 22:00
Riguardo al commento che avevo previsto al testo coordinato della legge razzista sulla scuola italiana, con le modifiche di cui ci ha parlato il mio Illustre contraddittore, esso si fonda semplicemente sui dati storici risultanti dai diari di Ciano, di Bottai e De Bono e dalle ricostruzioni dei migliori storici.
Gli zelanti provvedimenti del Bottai sulla svolta razzista nella "scuola fascista" furono criticati, per usare un eufemismo, almeno in privato, da numerosi fascisti, primi fra tutti Italo Balbo e De Bono. Nella stessa riunione del Gran Consiglio del 4 ottobre 1938, che emanò la famosa "Dichiarazione sulla Razza", ispiratrice di tutta la successiva legislazione fascista, che pur in taluni punti.....se ne renderà autonoma, il dibattito sul punto fu piuttosto animato.
A proposito il Bottai ricorda nel suo diario di aver difeso integralmente la legge dallo stesso promossa, rintuzzando le obiezioni degli "oppositori" che chiedevano la riamissione di insegnanti e scolari ebrei ....con questo secco commento: " Riammettendo gli ebrei all'insegnamento noi abbasseremmo il livello morale della scuola [ SIC!!! ndr ]. Costoro ci odierebbero per averli cacciati, e ci disprezzerebbero, per averli riammessi ". Ciò nonostante Balbo e Federzoni continueranno ad affermare che "il problema della razza non è stato ben impostato" , suscitando la reazione di Starace e Farinacci, pronti a difendere a spada tratta i provvedimenti razzisti.
In particolare il De Felice ricorda che " Balbo non solo sostenne le discriminazione di tutti gli ebrei decorati di croce al merito di guerra, ma si battè anche per ottenere l'ammissione alle scuole dei bambini ebrei. Mussolini, sostenuto da Starace, Buffarini-Guidi, Farinacci e Bottai, si oppose però recisamente ad ogni ammorbidimento ".
Si doveva tuttavia integrare la legge Bottai con provvedimenti tesi a risolvere casi pratici e ad organizzare i corsi di istruzione alternativi per gli studenti ebrei, prevedendo norme transitorie.
Interssante è il commento conclusivo del dibattito sul tema, in Gran Consiglio, del Duce del Fascismo: " Ora l'antisemitismo è inoculato nel sangue degli italiani. Continuerà da solo a circolare e svilupparsi. Poi, anche se stasera sono conciliante, sarò durissimo nella preparazione delle leggi ". E sostanzialmente....mentenne la parola. Le leggi razziali furono complessivamente più severe della Dichiarazione del Gran Consiglio, pur con i tentennamenti e i compromessi necessari, e applicate pure peggio (fatti salvi i casi di corruzione, tipo la scandalosa compravendia delle arianizzazioni....).

Shalom!!!!

Pieffebi
12-08-03, 20:54
http://www.cotticometti.net/razza/pag19.jpg
http://www.cotticometti.net/razza/pag20.jpg

vi risparmio il resto.......

Shalom!!!!

Pieffebi
13-08-03, 13:46
dalla rete....


Breve sintesi delle principali

" LEGGI RAZZIALI TEDESCHE

http://www.comune.modena.it/cde/scuole/fiori/negozio%20ebrei.jpg


7 APRILE 1933 :LEGGE PER IL RINNOVO DELL' AMMINISTRAZIONE PUBBLICA


Per rinnovare l'amministrazione pubblica , possono essere licenziati dal loro ufficio gli impiegati pubblici che :

- non possiedono i requisiti o la consueta istruzione richiesta o altre qualifiche.
- non siano di discendenza ariana.
- non abbiano nelle loro attività politiche agito in ogni momento con tutte le loro
forze nel bene dello Stato.




15 SETTEMBRE 1935: LEGGE PER LA PROTEZIONE DEL SANGUE E DELL'ONORE TEDESCO

Per salvaguardare la purezza del sangue tedesco e il futuro della nazione tedesca il Reichstag emanò le seguenti leggi che vietavano:

- matrimoni tra ebrei e cittadini di sangue tedesco
- relazioni sessuali extraconiugali tra ebrei e cittadini di
sangue tedesco.
- l'impiego di domestiche cittadine di sangue tedesco agli
ebrei.




NORIMBERGA 1935: LEGGE SULLA CITTADINANZA TEDESCA

Nel 1935 il parlamento emanò le seguenti leggi per distinguere coloro che erano cittadini del Reich tedesco da coloro che non lo erano e che quindi non godevano degli stessi diritti. E' da considerarsi suddito dello Stato:

- quella persona che gode della protezione del Reich
- colui che è di sangue tedesco, o affine, e che dimostri di voler servire
fedelmente la Germania.
- l'unico detentore di tutti i diritti politici.



12 NOVEMBRE 1938: ORDINANZA DI ELIMINAZIONE DEGLI EBREI DALLA VITA ECONOMICA TEDESCA

Con questa legge agli ebrei fu proibito:

- l' esercizio della vendita al dettaglio, vendita per
corrispondenza,esercizio dell'artigianato.
- di offrire beni e servizi in qualsiasi mercato.
- amministrare un'impresa.
- ricoprire cariche direttive all'interno di aree d'affari.
- di essere membro di una società cooperativa. "

Shalom!!!

Pieffebi
13-08-03, 20:57
Secondo il "diritto razzista" della Germania NazionalSocialista, precisato dai vari regolamenti di attuazione delle "leggi di Norimberga" erano definiti ebrei:
a) tutti coloro che avevano almeno tre nonni ebrei;
b) ovvero avevano due nonni ebrei e appartenevano alla comunità religiosa giudaica alla data del 15 settembre 1935, oppure alla stessa data erano sposati con un ebreo o un'ebrea (od erano in procinto di contrarre tale genere di matrimonio) oppure ancora erano nati da un matrimonio in cui uno dei due patner era ebreo puro o ebreo per tre/quarti, se detto matrimonio aveva avuto luogo dopo il 15 settembre 1935, oppure ancora erano dei figli illegittimi nati dopo il 31 luglio 1936 da relazioni extraconiugali di cui uno dei patner fosse stato ebreo puro o per tre quarti.
Era definito NON ebreo ma "INCROCIATO con l'Ebreo" invece ogni individuo... che:
a) avesse due nonni ebrei ma alla data del 15 settembre 1935 non apparteneva più alla fede giudaica, ovvero aveva anteriormente abiurato dalla stessa e che inoltre sempre alla data del 15.09.1935 NON era sposato con ebreo/a;
b) chiunque avesse un solo nonno ebreo.
I Sanguemisti (Mischlinge) furono ulteriormente divisi, successivametne, in di primo e secondo grado, e la burocrazia nazista, combattuta fra lo sgominare la loro ebraicità o proteggere la quota di sangue ariano che scorreva nelle loro vene, decise quasi sempre, di optare per la seconda soluzione.

Secondo il "diritto razzista" dell'Italia fascista, invece, ciascun individuo era definito razzialmente sulla base dell'identificazione razziale dei propri genitori, retrocedendo teoricamente all'infinito.
Ogni figlio di genitori identificati come razzialmente ebrei era identificato come ebreo, anche se non professante la religione ebraica. Una persona figlia di genitori entrambi ariani, era definita per converso ariana anche se professante la religione ebraica.
Come ricorda il Sarfatti non vi era una vera legislazione sui "sanguemisti" ma " Il problema dei figli di matrimonio "misto" venne quindi affrontato più sotto l'aspetto di una questione ideologica(..). A questo riguardo la strada scelta dall'Italia Fascista fu diversa da quella adottata dalla Germania Nazista: Roma decise di non istituire una o più categorie di "misti" ma gli assegnò tutti alla categoria degli *ariani* o alla categoria degli *ebrei*. ". Fu una nota informativa di DEMORAZZA a stabilire i criteri classificatori.
Secondo la medesima, ricorda lo stesso Sarfatti: " per procedere alla classificazione delle persone avente quantità eguale di tipi di sangue(...) occorreva integrare i criteri biologici con *il criterio della superiorità razzistica del sangue italiano* e con *le manifestazioni etiche, religiosee politiche personali* " Nell'idea deterministica che vi fosse un legame causale fra ebraicità e manifestazioni psicologiche (razzismo biologico spiritualizzato).
In buona sostanza un misto andava classificato secondo la quantità prevalente di sangue (ariana o ebraica). Se il criterio quantitativo non era sufficiente per parità dei sangui, si doveva tendenzialmente ritenere superiore quello ariano, salvo palesi manifestazioni di ebraicità (religiosa, psicologica, comportamentale, politica).
Ricorda infine il Sarfatti che " La Repubblica Sociale Italiana confermò e aggravò questa loro situazione: l'ordine del 30 novembre 1943 che decretava l'arresto generalizzato degli ebrei disponeva altresì che i *misti* classificati ariani fossero *sottoposti a speciale vigilanza dagli organi di polizia* .

La comparazione fra diritto razzista del NazionalSocialismo e del Fascismo mette in evidenza nette somiglianze ma anche forti differenziazioni.

Torneremo ancora su questi temi.

http://www.romacivica.net/anpiroma/FASCISMO/negozioariano_small.jpg

Shalom!!!!

Pieffebi
16-08-03, 21:01
Circa i "mezzi ebrei" una sintetica ma interessante trattazione del tema circa la Germania NazionalSocialista la potete trovare qui:

http://www.olokaustos.org/argomenti/schede/conseg1.htm

http://cache.corbis.com/agent/10/11/11/10111146.jpg

A differenza che nella Germania Nazista in Italia non si attuò alcuna revoca indiscriminata della cittadinanza italiana agli ebrei d'Italia, che venivano invece ridotti a cittadini di serie B), ossia con minori diritti e maggiori obblighi, separati dagli "italiani di razza ariana" che erano gli unici ritenuti a pieno titolo membri dell'entità del popolo-nazione. La Carta di Verona della Repubblica Sociale considerava invece gli ebrei, durante la guerra in corso, "nazionalità nemica".
Durante il Regime, dunque, la persecuzione dei diritti e nei diritti comportò un declassamento di fatto degli ebrei italiani. L'appartenenza alla "razza ebraica" era menzionata su ogni certificato rilasciato dalle pubbliche autorità e sul libretto di lavoro, e doveva essere segnalata anche nei registri degli alberghi e degli affittacamere (e quindi alle autorità di pubblica sicurezza). Tuttavia, per facilitare l'espatrio (che il fascismo tentò di favorire) detta appartenenza non doveva essere indicata sul Passaporto, o sui documenti di identità, sì però sui lasciapassare per le Colonie dell'Impero.
Dal 17 agosto 1940 fu vietato agli ebrei di soggiornare nelle località turistiche, dal maggio del 1942 du impedito qualsiasi "trasferimento estivo" agli ebrei che erano sottoposti alla misura del "lavoro obbligatorio". Dal dicembre 1942 furono introdotte restrizioni al cambiamento di domicilio.....
Dall'ottobre 1938 venne altresì vietata la macellazione degli animali secondo il rito ebraico...
Come scrive il Sarfatti: " Il Fascismo si proponeva di eliminare gli ebrei italiani dal territorio della penisola. Data la profonda integrazione (anche matrimoniale) esistente tra loro e gli altri italiani, tale obiettivo non venne però immediatamente proclamato e perseguito pubblicamente. L'azione governativa fu quindi inizialmente rivolta soprattutto a eliminare gli ebrei dalla vita nazionale (espulsione dalle cariche pubbliche e dal comparto educativo-culturale) e a separarli dai non ebrei (divieto di matrimoni misti, etc..) mentre altre misure persecutorie (revoca o limitazione della possibilità di lavorare e di istruirsi) stimolavano oggettivamente i perseguitati "separati" ad emigrare .
Comunque il governo si impegnò sin dall'autunno 1938 nell'agevolare quanto più possibile l'abbandono del paese da parte degli ebrei italiani [...]".
In questo quadro rientrano anche i progetti di migrazione degli Ebrei in una zona dell'Etiopia .... che hanno qualche assonanza con il "progetto Madagascar" ideato, nell'ambito della cosiddetta "soluzione finale territoriale" dai nazisti.
Il progetto fascista invece iniziò a prender corpo prima ancora dell'emanazione della legislazione razziale, quando la famosa informativa diplomatica n* 14 del 1938, lasciò intendere la volontà di costituire uno Stato ebraico fuori dall'Europa e NON in Palestina.
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Il De Felice ricorda che l'interpretazione che fu data fu quella che " Mussolini pensasse di creare lo Stato Ebraico [...] in A.O.I. e, più precisamente, nella zona del lago Tana abitata dai falascià [...] Galeazzo Ciano annotava: *Il Duce mi comunica anche un suo progetto di fare della Migiurtinia una concessione per gli ebrei internazionali. Dice che il paese ha notevoli riserve naturali che gli ebrei potrebbero sfruttare* e almeno una settimana dopo, il quattro settembre: * Quanto alla colonia di concentramento degli ebrei, il Duce nn parla più della Migiurtinia, bensì dell'Oltre-Giuba, che presentarebbe condizioni di vita e di lavoro migliori*. . Sempre il De Felice ricorda come queste annotazioni risultino corroborate dai diari del colonnello Adami che ricevette dal duca D'Aosta " l'incarico di studiare la possibilità di insediare in Africa un primo gruppo di 1400 capifamiglia ebrei ". Il territorio individuato dall'Adami fu nell'Etiopia meridionale, nella regione dei Borana, presso Aresox.
Sul tema si veda quanto scritto dal Minerbi nell'articolo " Il progetto di un insediamento ebraico in Etiopia (1936-1943) , pubblicato nella rivista "Storia Contemporanea" nel numero del dicembre 1986.

Shalom!!!

Fecia di Cossato
17-08-03, 17:58
originally posted by rag. PierFrancesco:

… riguardo al commento che avevo previsto al testo coordinato della legge razzista sulla scuola italiana, con le modifiche di cui ci ha parlato il mio Illustre contraddittore, esso si fonda semplicemente sui dati storici risultanti dai diari di Ciano, di Bottai e De Bono e dalle ricostruzioni dei migliori storici…

… gli zelanti provvedimenti del Bottai sulla svolta razzista nella ‘scuola fascista’ furono criticati, per usare un eufemismo, almeno in privato, da numerosi fascisti, primi fra tutti Italo Balbo e De Bono. Nella stessa riunione del Gran Consiglio del 4 ottobre 1938, che emanò la famosa ‘Dichiarazione sulla Razza’, ispiratrice di tutta la successiva legislazione fascista, che pur in taluni punti… se ne renderà autonoma, il dibattito sul punto fu piuttosto animato…

… a proposito il Bottai ricorda nel suo diario di aver difeso integralmente la legge dallo stesso promossa, rintuzzando le obiezioni degli ‘oppositori’ che chiedevano la riamissione di insegnanti e scolari ebrei ....con questo secco commento: Riammettendo gli ebrei all'insegnamento noi abbasseremmo il livello morale della scuola [sic!!!… ndr ]. Costoro ci odierebbero per averli cacciati, e ci disprezzerebbero, per averli riammessi. Ciò nonostante Balbo e Federzoni continueranno ad affermare che ‘il problema della razza non è stato ben impostato’ , suscitando la reazione di Starace e Farinacci, pronti a difendere a spada tratta i provvedimenti razzisti…

… in particolare il De Felice ricorda che Balbo non solo sostenne le discriminazione di tutti gli ebrei decorati di croce al merito di guerra, ma si battè anche per ottenere l'ammissione alle scuole dei bambini ebrei. Mussolini, sostenuto da Starace, Buffarini-Guidi, Farinacci e Bottai, si oppose però recisamente ad ogni ammorbidimento…

cari amici
questa [come sempre] intelligente sortita dell’illustre ragionier-moderator-cancelliere mi offre l’opportunità di illustrare a tutti un chiaro esempio della qualità del lavoro di ‘ricostruzione’ operato in questo e altri campi da coloro che l’illustre ragioniere definisce ‘i migliori storici’ [:D…] e i cui pregevoli ‘scritti’ [!!!…] siamo qui costretti a sorbirci a vagonate…

Ripetutamente definito dal nostro ‘storiograficamente ignorante’ [cosa di cui per altro mi faccio, proprio in quanto detta da lui, un preciso motivo di orgoglio…] il sottoscritto di solito preferisce riportare scritti originali e non in ‘conto terzi’ e nella circostanza mi sarà facile farlo con il Diario 1935-1944 di Giuseppe Bottai , opera che posseggo si può dire da una vita ma alla quale fino a ora non avevo dedicato l’attenzione che merita.
Ovviamente non è fuori luogo una piccola avvertenza, e cioè che i ‘diari’ non costituiscono documentazione storica particolarmente valida in quanto in genere risentono di vari fattori, soggettivi e oggettivi, che sovente portano a distorcere in modo anche notevole le cose. Quello che segue è tratto dal primo diario ed è relativo all’argomento in discussione. Al lettore non potrà certo sfuggire la prosa raffinata e la manifestazione di assoluta superiorità culturale dell’autore, dalla lettura della cui opera sono certo più di un lettore si sentirà attratto. Le righe scritte in color cremisi sono tratte dalle note del Diario, quelle in color blù marina sono le modestissime mie note personali.

Non mi resta che augurarvi… buona lettura!…

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Giuseppe Bottai, figlio di un modesto commerciante di vini e di una casalinga, nasce a Roma nel 1895. A vent’anni si arruola volontario negli Arditi e combatte per tre anni al fronte. Nel 1919, a ventiquattro diviene condirettore di Roma futurista e si iscrive al Fascio di Roma. Nel 1921 si laurea in giurisprudenza , diventa direttore dell’ufficio romano del Popolo d’Italia e sposa la compagna di liceo Nelia Ciocca. Il 28 ottobre 1922 comanda la colonna di Camicie nere che da Tivoli marcia su Roma. Nel 1923 esce il primo numero di Critica Fascista, che per vent’anni sarà il più importante organo di ‘critica’ al regime e nel quale verranno dibattute le principali problematiche politiche, sociali ed economiche del ventennio. Nominato nel 1926 sottosegretario alle Corporazioni , organizza la preparazione della Carta del lavoro e fonda la rivista Il diritto del lavoro, Nel 1929 entra a far parte del Gran Consiglio e viene nominato ministro delle Corporazioni. Prima come sottosegretario e poi come ministro promuoverà un ampio dibattito nazionale i internazionale sull’esperienza corporativa e darà vita al Consiglio nazionale delle Corporazioni. Nel 1930 è nominato professore di economia corporativa all’Università di Pisa.
Nel 1933 è nominato da Mussolini presidente dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale dove svilupperà le assicurazioni sociali e promuoverà la costruzione di sanatori antitubercolari. Il 7 ottobre 1935 parte volontario per l’Etiopia e al termine della campagna sarà fatto governatore civile di Addis Abeba. Al rientro in Italia nel 1936 diverrà docente di diritto corporativo all’Università di Roma e sarà promosso ministro dell’Educazione nazionale. Le sue più importanti realizzazioni in tale incarico furono la Carta della scuola [del 1939…], la creazione della scuola materna, l’introduzione del lavoro nella scuola, la parziale unificazione delle scuole medie inferiori, la creazione della rivista Le Arti e l’Istituto centrale di restauro. Nel 1940 fonda Primato, la più importante rivista letteraria del ventennio. Aperta anche a scrittori non fascisti [o sotterraneamente antifascisti…] vi collaborerà il meglio della cultura italiana e sarà luogo privilegiato di critica intellettuale ‘imparziale’. All’entrata in guerra dell’Italia, nel giugno 1940, si arruola ancora volontario. Combatte prima sul fronte francese e poi l’anno successivo sul fronte greco-albanese. Destituito dall’incarico di ministro all’inizio del 1943, organizzerà e imporrà a Dino Grandi l’ordine del giorno che il 25 luglio metterà in minoranza Mussolini e provocherà la da caduta del fascismo. Sarà fatto poi arrestare da Badoglio il mese successivo. Nell’agosto del 1944 si arruolerà nella Legione straniera e combatterà contro i tedeschi in Francia e in Germania. In tutta la sua vita quindi Bottai ha combattuto in quattro distinte guerre [!]. Tornato in Italia nel 1948 scriverà alcuni libri di memorie e fonderà la sua ultima rivista, il quindicinale politico Abc. Morirà a Roma nel 1959. Divenuto sindaco di Roma Francesco Rutelli avrebbe voluto dedicare a Giuseppe Bottai una via della capitale, dovendo però rinunciare a questo progetto a causa della risoluta opposizione della comunità ebraica romana, con alla testa il rabbino Elio Toaff.

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16 luglio 1938 – O’ appreso il ‘lancio’ del Manifesto del Razzismo italiano da una telefonata di Serena ieri mattina. Starace voleva che io mandassi da lui i compilatori del ‘Manifesto’, equivocando tra il mio ministero e quello della Cultura Popolare al quale pare si debba l’iniziativa. O’ avuta l’impressione precisa che il partito fosse ‘sorpreso ‘, anzi ‘seccato’ d’essere sorpreso.
Questa mane ò messo insieme qualche particolare. Gli universitari compilatori sarebbero Lidio Cipriani, Leone Franzì, Christen, Ricci, Landra. Quest’ultimo, un venticinquenne assistente di Sergio Sergi, sarebbe stato investito del problema da Mussolini l’ottobre scorso. Chi lo ha presentato a Mussolini?… Bisognerà saperlo per precisare la responsabilità di questa faccenda. Il gruppo ‘Tevere’ [Cogni] sarebbe stato lasciato del tutto fuori.
Nel colloquio con Landra Mussolini si sarebbe dichiarato un ‘nordico’ nient’affatto affine ai francesi, sì bene agli inglesi e ai tedeschi. Avrebbe detto: ‘… del resto mia figlia à sposato un toscano, mio figlio una lombarda!…’, per affermare il costante istinto della sua famigli alle genti più pure dal punto di vista della razza d’Italia. Gli stessi concetti di ‘latinità’ e ‘mediterraneità’ sarebbero respinti per la ’arianità’. La ‘romanità’ con riserve si salva.
Mi raccontano che a Gentile, il quale lo aveva licenziato per ‘difetto di rendimento’. Lombardo Radice rispondesse che un giorno lui, Gentile, sarebbe stato licenziato per ‘eccesso di rendimento’.

Lucien Romier, Saurons nous èviter la guerre?

Sergio Sergi, Antropologia dell’Italia

Questa è la prima annotazione del Diario nel quale improvvisamente appare la ‘questione ebraica’. Il ‘Manifesto’ era stato pubblicato anonimo dal Giornale d’Italia il 14 luglio. I nomi dei firmatari furono pubblicati solo undici giorni dopo. Di quelli indicati da Bottai solo Christen non c’entra. Altri firmatari da lui non nominati furono Arturo Donaggio, Nicola Pende, Franco Savorgnan, Sabati Visco, Erdoardo Zavattari, Lino Businco. Giulio Cogni era uno dei più tenaci antisemiti italiani. Il presunto colloquio tra Mussolini e Guido Landra non è mai stato confermato. Certo che dopo l’uscita del ‘Manifesto’ proprio Landra fu il più attivo propagandista dell’idea razziale.
E’ del tutto evidente dal testo [emerge soprattutto la ‘sorpresa’, evidentemente condivisa dallo stesso scrivente…] che Bottai era stato del tutto estraneo non solo all’iniziativa della pubblicazione del ‘Manifesto’ ma anche al suo spirito.

19 luglio 1938 – Ieri sera a Palazzo Venezia pranzo per Imredy e de Kanya. O’ parlato a Mussolini del Manifesto del Razzismo. ‘… sono stufo – à detto con impeto – di sentir ripetere che una razza la quale à dato al mondo Dante, Machiavelli, Raffaello, Michelangelo è di origine africana…’. Argomento debole, da giornale o comizio. Una razza che ha dato Dante, etc… può anche infischiarsene di venire dall’Africa. Poi à preannunciato nei confronti degli ebrei soluzioni graduali tendenti ad escluderli dall’esercito, dalla magistratura, dalla scuola. A Alfieri, che ricordava questa o quella critica straniera, opponeva essere la critica straniera la conferma della bontà dei nostri provvedimenti. Sempre. [Il che, può osservarsi, renderebbe assai facile agli stranieri la manovra della nostra politica].
A proposito del corsivo su C.F. [Critica Fascista… - n.d.r.] da Ricci dedicato alla stampa francese, mi ripeteva la sua formula sulla Francia: ‘… i francesi erano uno dei popoli più spirituali del mondo. Tre cose lo hanno rovinato: l’aborto, la sifilide, il giornalismo…’.

Annotazioni quelle di Bottai della massima importanza. Innanzi tutto Mussolini gli ha chiarito, sia pure nel solito modo ‘giornalistico e comiziesco’ [del resto il solo linguaggio del quale Mussolini si serviva…] che il ‘razzismo’ era solo una trovata propagandistica e nulla aveva a che fare con i ‘provvedimenti’ che di lì a poco sarebbero stati presi a carico degli ebrei: esclusione dall’esercito, dalla magistratura e dalla scuola. E’ altresì evidente dal contesto che tali misure tese da ‘isolare’ gli ebrei dalle mansioni militari ed amministrative in primo luogo, dalla scuola in secondo, erano state prese in esame da molto tempo e Mussolini aveva deciso in modo autonomo di porle in atto in quanto la situazione internazionale, a suo giudizio, non consentiva altra scelta. Significativa a tal riguardo anche la risposta data a Dino Alfieri, il quale prospettava delle ‘critiche’ che sarebbero venute dall’estero [leggesi dalla Francia…].
Il corsivo di Berto Ricci citato da Bottai [[i]Mise au Point, Critica Fascista, 15 luglio 1938] attaccava i giornalisti francesi Maritain e Mauriac per certi loro articoli sulla guerra civile di Spagna e sull’intervento italiano in particolare. In un articolo su Le Figaro Mauriac aveva scritto tra l’altro: ‘… rimane questa spaventosa disgrazia: per milioni di spagnoli ormai cristianesimo e fascismo sono tutt’uno. E questi spagnoli non potranno più odiare l’uno senza odiare l’altro…’.

26 luglio 1938 – Il razzismo con un ‘comunicato’ del segretario del partito [Achille Starace… - n.d.r.] entra decisamente nella sfera dell’azione politica italiana. Ai nomi che ho notato in precedenza si aggiungono quelli di Businco, Donaggio, Pende, Savorgnan, Visco, Zavattari. Sui primi estensori del ‘Manifesto’ mi sono state chieste informazioni. A cose fatte naturalmente.
Tra Hitler e Mussolini, dice un anonimo epigrammista, c’è questa differenza: Mussolini fa la storia, Hitler la geografia.
Il Cardinale Pacelli [Segretario di Stato della Santa Sede… - n.d.r.] a mezzo del nuovo ambasciatore Pignatti à rettificato un errore tipografo in cui C.F. era incorsa in un articolo di Giobbe dalla Francia, a proposito del suo discorso a Lisieux[…] La Chiesa prende posizione contro lo stato totalitario, fascista e no.
Sintomatica la citazione di San Gregorio Magno: essere i re barbari domini servorum, essere l’Imperatore dei Romani dominus liberorum. L’altra di Lattanzio : Religio sola est in qua libertas domicilium conlocavit

Non male la battuta su Hitler e Mussolini, non è vero?… Eugenio Pacelli solo qualche mese più tardi sarebbe diventato Papa Pio XII. Bonifacio Pignatti Morano di Custoza era stato da poco nominato ambasciatore italiano presso la Santa Sede. Mirko Giobbe era uno dei redattori di Critica Fascista. Nell’articolo a cui si riferisce Bottai [‘Fra cattolicesimo e semitismo’, Critica Fascista, 15 luglio 1938] era riportata, da un discorso tenuto in Francia dal Cardinale Pacelli, questa frase: ‘… conosciamo le aspirazioni della Francia di oggi [la Francia naturalmente del ‘Fronte Popolare’…], la generazione presente sogna di essere una generazione di pionbieri per la restaurazione di un mondo traballante e fuori asse…’. Il Cardinale smentì il riferimento ‘la Francia naturalmente del Fronte Popolare’. E’ importante la constatazione da parte di Bottai dell’inizio del deterioramento tra il regime e la Chiesa Cattolica, deterioramento che le successive leggi razziali accentuarono ancora di più. Ancora più importante però la prima parte della nota, nella quale ribadisce la propria estraneità al ‘nuovo corso’ che invece Achille Starace ha entusiasticamente abbracciato… ovviamente nella sua concezione più ‘staraciana’…

29 luglio 1938 – Al Foro Mussolini ieri sera saggio ginnastico del corso di educazione fisica dei maestri e maestre elementari. Si decade molto dallo stile rigido, pulito e secco dell’Opera Balilla, consule Ricci. Un fare sciamannone e sbracato, tra gerarchi che osservano, frizzi osceni e disinteresse. Starace, con la testolina sempre più lucida, smagrita e tremolante, sale su una predella che lo solleva di una trentina di centimetri sugli astanti. C’è da firmare che la misura della predella crescerà di volta in volta.
O’ chiamato Pende per sapere come si mettono queste faccende della razza. Si cerca di rimettere in sesto le idee, soprattutto di combinare l’idea ‘razza’ con l’idea ’Roma’. In una riunione Alfieri interrompe Pende, Visco, Savorgnan, che parlano fra loro in termini di biologia e antropologia. ‘… per carità, mi sembra di essere tornato al ministero delle corporazioni, quando tiravano fuori parole e parole che non riuscivo a capire!…’.

La battuta su Starace semplicemente fantastica!… Tanto ironica quanto altamente esplicita la testimonianza sulla ‘accettazione’ delle idee dei ‘teorici del razzismo’ da parte dei capi ‘storici’ del fascismo

5 agosto 1938 – Udienza col Duce. Alfieri mi dice che l’editoriale di C.F. sul problema della razza è piaciuto. La spiegazione puramente deterministica e materialistica della ‘razza’ si attenua e si equilibria nel concetto storico di civiltà. Trovo Mussolini molto calmo e deciso a non lasciarsi prendere la mano dagli zelatori.

Nel numero del 1° agosto di Critica Fascista era uscito un editoriale dal titolo ‘Politica fascista della razza’. Come quali tutti gli editoriali era stato scritto dallo stesso Bottai. Con l’iroinia e l’abilità che gli era propria egli, al di là dei soliti elogi di prammatica, aveva sottoposto i provvedimenti che Mussolini aveva in animo di adottare a una serie di obiezioni e distinguo. Tra le righe vi è la seguente: ‘… i fondamenti del razzismo sono e devono essere eminentemente spirituali, anche se esso parte, opportunamente, da dati puramente biologici…'. E’ evidente il larvato consiglio dato a Mussolini di esser cauto verso una applicazione cieca indiscriminata dei provvedimenti contro gli ebrei, in quanto in molti casi ad esserne compiti sarebbero strati ebrei solo in quanto tali. Con la grossolanità e l’imbecillità che è stata propria di certi ‘storiografi scientifici’ venuti dopo e dei loro assidui lettori la frase in questione invece ha dato luogo al mito del ‘razzismo spirituale’ contrapposto al ‘razzismo biologico’.

6 agosto 1938 – Sono andato a visitare Galeazzo [Galeazzo Ciano, genero del Duce e ministro degli esteri… - n.d.r.] infermo. Lo trovo pallido e smagrito. Mi manifesta una certa perplessità sul problema ‘razza’ che sostanzialmente egli limiterebbe a due aspetti: difesa dal meticciato nelle terre dell’Impero e difesa dagli ebrei stranieri, cacciati in Italia da altri paesi. Per il resto dice andar piano.
Il suo ottimismo riguardo la questione cecoslovacca, mi confida, si è alquanto abbassato. ‘… siamo a un punto che i fucili cominciano a sparare da soli. Allora sarà guerra totale e noi verremo inevitabilmente coinvolti…’.
Dei volontari nostri in Spagna prevede desiderabile il ritiro a breve scadenza.

Importantissimi questi riferimenti a Galeazzo Ciano. In primo luogo anch’egli vorrebbe si adottassero dei ‘provvedimenti razziali’ limitati e circoscritti alle circostanze nelle quali non se ne può fare a meno. In secondo luogo la prospettiva di una guerra di lì a poco pare al ministro degli esteri ineluttabile, come pure il fatto che per l’Italia non vi sarà prospettiva di neutralità. La ‘questione cecolsovacca’ era la rivendicazione tedesca del territorio dei Sudeti. Hitler si faceva sempre più minaccioso e la situazione peggiorava di giorno in giorno. Da questo tipo di constatazioni allo stabilire per tempo certe ‘misure preventive’ in vista della guerra il passo ovviamente è breve.

10 agosto 1938 - Mussolini e gli brei. E’ in corso il tentativo giornalistico di dimostrare la continuità nel pensiero razzistico del Duce. La gente ricorda le pagine dei Colloqui di Ludwig. Ricorda che questi, scelto per delle confidenze storiche, è un ebreo. Ebrea è stata anche la prima biografa di Mussolini. Molti sono i senatori ebrei da lui nominati.
Bodrero mi raccontava oggi questi episodi singolari. Nel 1928 egli presiedeva una commissione di concorso al ministero degli esteri. Quattordici vincitori di cui alcuni ebrei. Ne prospetta il caso al Capo. Questi gli dice testualmente: ‘… nominateli lo stesso. Nell’amministrazione degli esteri non vi sono che quattro ebrei e fanno benissimo. Eppoi ricordatevi che io non farò mai una discriminazione che conduca una questione di religione o di razza. Mai, ricodatelo!…’. Nel 1933 Bodrero, presidente dei Professionisti e Artisti, si preoccupa delle infiltrazioni ebraiche nella studentesca di Padova, segnalata da Anti. Mussolini informatone si rifiuta di prendere misurr restrittive e punitive.

Bottai non è il solo ad avere perplessità sui ‘provvedimenti razziali’ che Mussolini intende adottare. Il fatto, assai semplice da capire, è che la situazione nell’estate del 1938 non era più quella di cinque o dici anni prima.

11 agosto 1938 – Lido di Venezia. Al piano del Cavaliere ieri mattina, concludendo le manovre del corpo d’armata di Roma, osservavo Mussolini tra i nuovi ordigni di guerra. Eccitato, curioso, divertito, quali infantile, con quella punta di femmina, che appare il lui e spiace com’un esibizione e sfida [femminilità e genio?… ricordo, oltre le note teorie di Weininger e Freud, certi apprezzamenti di Corradini sul carattere di Mussolini]. A un tratto, roteando gli occhi e piroettando il corpo intorno, grida con una voce acuta e un poco chioccia: ‘… fuoco, fuoco signori!… si fa fuoco!…’. Come se finalmente fossimo venuti al punto.
Ieri sera al Foro Mussolini, dopo il saluto dei professori medi, il Duce mi prende con sé in vettura. Si parla di ebrei nella scuola. Le intenzioni di equilibrio persistono. Ma già l’ambiente intorno crea il clima dell’intransigenza. Si accenna alla possibilità di creare una scuola per gli ebrei. Domando: è utile da loro il modo di crearsi un’educazione a parte, originale, non soggetta allo stato?…
Della questione ebraica m’è avvenuto tra amici di gittar là questo scherzo: ‘… il problema degli ebrei esiste anche in Italia. Ma in piccole proporzioni. Si poteva risolverlo con dei piccoli atti amministrativi. Insomma perché sparare un cannone per uccidere un uccellino, anche se si tratta di un uccellino circonciso?…’.

Altra nota della massima importanza. In primo è subito chiaro che verso gli ebrei non di intende affatto operare una ‘persecuzione’ bensì un ‘progressivo isolamento’ e già sin d’ora si pensa a scuole destinate esclusivamente a loro [le quali pertanto non possono essere considerate come dei ‘palliativi’ alle leggi razziali escogitati in un secondo tempo sotto la pressione delle critiche interne e internazionali…]. Di gran lunga più importante è però la considerazione finale che viene presentata come uno ‘scherzo tra amici’. In effetti Bottai ritiene sia il caso di procedere nei confronti degli ebrei non con delle leggi, bensì con ’piccoli provvedimenti amministrativi’, i quali hanno il grosso vantaggio di poter essere revocati [o anche inaspriti a seconda delle circostanze…] senza ‘troppo chiasso’. Non sarebbe fuori luogo ricordare a questo punto i ‘piccoli provvedimenti amministrativi’ [tra i quali la chiusura in campi di concentramento… ] adottati ‘a scopo preventivo’ dagli anglo-americani nei confronti di tedeschi, italiani e giapponesi nei mesi immediatamente successivi. Se poi dovessimo parlare di quanto si è fatto, sempre a ‘scopo preventivo’, in Unione Sovietica non basterebbe un libro.

27 agosto 1938 – Salsomaggiore. Musollini à elogiato, tramite Alfieri , l’atteggiamento di C.F. sulla questione della razza. Dal mio gabinetto intanto mi annunciano il suo proposito di escludere gli insegnanti [medi soltanto?… anche elementari?… anche universitari?…] ebrei dalle scuole fin da quest’anno. La parole sono sagge, temporeggiatrici. I fatti folli e precipitosi.
Proposto della possibile integrazione dei concetti di ‘Re’ e ‘Duce’ ò letto sul Mercure de France del 15 agosto un articolo su Re Carol di Romania: Le roi sans partis. Un re-dittatore che governa direttamente circondato da ministri-consiglieri. Un re assoluto, insomma, o un duce.

Cronin, La cittadella

Il 15 agosto Critica Fascista era tornata ad occuparsi del problema della razza con un editoriale dal titolo ‘Il partito, la razza e la cultura italiana’. Riprendendo gli argomenti del precedente articolo già citato Bottai suggeriva di fatto che, essendo i provvedimenti razziali un fatto di cultura, sia pure in senso lato, essi avrebbero dovuto essere controllati dall’Istituto Nazionale di Cultura Fascista. Questo, pur dipendendo dal partito, aveva di fatto una buona autonomia e pertanto è evidente il tentativo di Bottai evitare che in un problema così delicato Mussolini potesse seguire i suggerimenti degli elementi più intransigenti del partito. Come però appare evidente dalla nota Mussolini per tutta risposta gli ha comunicato la propria decisione di espellere gli insegnati ebrei dalle scuole senza neppure interpellarlo. Alla luce di questo fatto ben si capisce l’ironia nascosta dietro le ultime righe della nota.

1° settembre 1938 – Monteporzio Casal Pilozzo. Stamane consiglio dei ministri. Accenno di Mussolini alla politica demografica. Sta dando risultati. Città in ribasso, come Torino, Milano, Firenze, guadagnano dei punti. Non ancora Trieste. Quest’incremento è molto importante anche dal punto di vista della composizione delle popolazioni. Forse risaliremo il corso dello sviluppo demografico. Il che avverrebbe per la prima volta nella storia. In Francia ci sono 12 milioni di vecchi, 20-mila morti più che in nati.
Parla dell’Alto Adige, della politica di più larga comprensione verso gli allogeni leali. ‘… le frontiere sono intangibili. Vi sono frontiere segnate col sangue. Le nostre. E frontiere segnate con l’inchiostro. Quelle cecoslovacche…’. Per ’stedeschizzare’ l’A.A. non c’è che un metodo: non isolare gli altoatesini, farli partecipare alla vita della nazione. ‘… io ho fatto saper loro che possono circolare nelle carriere del paese. Possono diventare anche… capo del governo. Del resto c’è stato un Polloux. Perché non dovrebbe esserci domani un Muller?…’ [Mentre dice questo vedo rispuntare il lui quello spirito di universalità proprio del nostro popolo. E che il razzismo rischia di offuscare]. ‘… s’è parlato di restituire alla Germania contingenti di allogeni. Sono contrario. Bisognava farlo prima. Quando la razza non coincide con la geografia deve muoversi la razza. Così ànno fatto turchi, rumeni e greci. Per noi è tardi. Tutt’al più si possono rspingere verso la Germania gli 8-mila sidditi che ancora sono in A.A…’.
Ancora della demografia. Bisogna incoraggiare i matrinomi precoici. Solo i giovani fanno figli. A’nno un tempo di fecondità maggiore. Dopo i 60 non si fanno più figli. V’è chi ne fa a 70. Ma allora osservo io intervengono altri fattori!…’
Degli ebrei. Il censimento in corso già rivela che in Italia ve ne sono 70-mila contro i 44-mila presunti. Arriveremo sugli 80-mila. Ma è maggior del previsto. ‘… le nostre direttive non sono né persecutorie né distruttive. Noi vogliamo che ogni razza viva a sé, ben distinta…’. Presenta un provvedimento per l’esclusione degli ebrei dal Regno, dalla Libia, dai possedimenti dell’Egeo. Non si parla di Etiopia. ‘… non escludo la possibilità di delimitare una vasta zona dell’Impero dove sia consentita, a certe condizioni anche economiche, l’immigrazione degli ebrei europei. Per es. la Migiurtinia, dove si puiò esercitare l’industria del pesce, della madreperla, dell’incenso e del sale. Oppure al di là del Giuba., verso il Kenia. Questo darebbe un colore speciale alla nostra politica razzista…’ [Come sopra si vede il tentativo del suo spirito romano di riprendere io sopravvento].
Situazione in A.O. E’ soddisfacente. Agosto è stato il primo mese bianco. Cioè senza morti in azioni di polizia. Un certo assesto all’immigrazione agricola in massa. ‘… stiamo affrontando il problema delle donne, che è assai grave. Si trovano ancora degli italiani che convivono con le nere nei tucul. E non solo del sud…’. Ricorda un episodio di Cesare che uccide una donna galla cui un soldato romano volgeva le sue brame. ‘… tu non confonderai, gli disse, il tuo sangue col sangue di costei. Bisognerà scrivere una storia romana in funzione razziale…’.
Della statistica. ‘… sono l’unico lettore dell’Annuario di Statistica. La statistica va all’astrazione, alla pura follia. Un bel giorno si vorrà contare quanti capelli in media ànno in testa gli italiani…’.
Verso sera Mussolini mi chiama. A’ esaminato il mio provvedimento per l’esclusione degli ebrei, docenti e discenti, dalla vita della scuola. Ora si fa indietro. Bisogna attendere, mi dice, le distinzioni che saranno dettate in Gran Consiglio. Tra l’altro si considererà ariano il nato da matrimonio misto. ‘… per ora limitati a sospendere gli insegnanti e a escludere gli alunni…’. Ancora una volta mi appare il suo tormento dualistico tra razza e civiltà. Se si inoltra nella via delle distinzioni [politiche, nubiliari, scientifiche, etc…] la razza si sbriciola. ‘…questa è l’epoca delle reazioni pronte…’. E allora?…

Sono del tutto evidenti sia le incertezze di Mussolini di fronte a questo tipo di ‘provvedimenti’ sia il ruolo meramente esecutivo riservato a Bottai. Inoltre è importante sottolineare che gli ebrei non costituivano allora la sola comunità ‘potenzialmente ostile’, essendo classificati alla stessa maniera anche gli altoatesini, per i quali si parla già di ‘espulsione’ verso la Germania [Hitler e Mussolini addiverranno, dopo la forma del ‘Patto d’acciaio’, ad un accordo al riguardo che però non sarà attuato che in minima parte…]. Importante è l’accenno alla possibilità di destinare terre dell’Impero agli ebrei in fuga dall’Europa e a questo progetto Mussolini guarderà ancora per parecchi mesi, desistendone poi a seguito della sempre più marcata ostilità assunta dalle comunità israelitiche internazionali nei confronti dell’Italia.

2 settembre 1938 – Presento al consiglio dei ministri il mio provvedimento per la difesa della razza nella scuola italiana. Con una tal commozione non so se più per la ‘cacciata’ dei docenti attuali o la permanente interdizione dalla scuola di stato degli ebrei, anche gli alunni. Provvede bene ai suoi interessi materiali e spirituali uno stato che rinunzia al tentativo se non si vuol dire la missione, di educare gli ‘allogeni’ o gli stranieri nati sul suo suolo, fisicamente se non altro partecipi della vita del suo popolo?… Solo col tempo si potrà rispondere alla domanda. Intanto il Capo si mette sempre più sulla via delle distinzioni. Il Gran Consiglio prossimo le enuncerà e elencherà.

Sarebbe interessante sapere quanti dei numerosi ‘storici scientifici’ [:D…] che hanno bollato Giuseppe Bottai come ‘sadico persecutore di ebrei’ si siano presi la briga di leggere almeno superficialmente il suo Diario. Personalmente ritengo ben pochi e quei pochi tutti intenti a riprodurre unicamente quello che torna loro comodo. Per conto mio la nota data 2 settembre 1938 non abbisogna di alcun commento…

8 settembre 1938 – Torino. Il Re questa mane a De Vecchi che, incominciando il discorso inaugurale del XXVI° congresso di storia del risorgimento, lo aveva continuamente esaltato con parole assai tronfie e aveva detto deo suo tormento per la conquista dell’Impero fa, con quel suo scialbo sorriso in viso, ma tutta la luce dentro gli occhi: ‘… mi ha tirato troppo in ballo…’. Che il Re sia l’unico antiretore di questo regime, che voleva uccidere la retorica?…
Antiretore ma non, come alcuni credono, cinico. Bisogna sentirlo dire: ‘mio nonno’ di Vittorio Emanuele II, ‘mio padre’ di Umberto I, per capire dal tono qual genere d’orgoglio quintessenziale, etereo, purissimo, senza scorie, possano tradizione e sangue creare in un uomo.
Questa è di Rodolfo De Mattei. Usciva Bontempelli dalla stanza del presidente dell’Istituto di cultura fascista. De Mattei fa al vecchio usciere: ‘… vedi quello?… è un immortale…’. ‘… ma come?…- risponde l’usciere – tutti gli uomini sono mortali!…’. De Mattei: ‘… ah sì!… dunque anche Mussolini è mortale!…’. L’usciere spaventato: ‘… non ho detto questo…’.
L’altrieri, a colazione, Cini mi dava i ragguagli sulla mia ‘impopolarità’ pei provvedimenti razziali contro gli ebrei nella scuola, e mi riferiva il giudizio scandalizzato di Balbo che avrebbe desiderato da me non so quale eroica opposizione. Risposi che in un regime come il nostro le direttive delo capo si accettano o non si accettano, che per non accettarle occorrono motivi di irresistibile resistenza morale, che a tanto non arrivano le riserve possibili sul ‘metodo’ della lotta antisemita. Aggiunsi e conclusi che se un giorno dovessi trovare il motivo dell’opposizione irrimediabile non esiterei ad affrontare rischi e sacrifici [mancano sette righe].

Certo viene da domandarsi come mai i vari Balbo, Ciano, Federzoni, che tanto si erano scandalizzati e si scandalizzeranno per la non opposizione di Bottai alle leggi razziali a loro volta si erano ben guardati di fare pressioni su Mussolini…

19 settembre 1938 – Trieste. Ieri mattina il Re a Siena per le onoranze a Jacopo della Quercia. Mi accenna agli avvenimenti cecoslovacchi. E’ preoccupato. ‘… non mi posso persuadere che dei fanti italiani possano andare a morire per quei Sudeti…’.
Farinacci e gli ebrei. Mi racconta Thaon de Revel [ministro delle finanze …- n.d.r.] in macchina, seguendo il Duce a Redipuglia, un singolare episodio dell’antisemitismo di Farinacci. Mussolini nel domandargli con aria, mi dice, di quasi timoroso riguardo, nuovi stanziamenti poer i suoi fondi segreti, vuole consegnargli la nota di distribuzione dei fondi precedenti. Thaon la rifiuta non avendo, né come ministro né come persona, ragione di trattenerla. ‘… allora – aggiunge Mussolini – vela leggerò io…’. Legge. Giunge un nome: Jole Foà, 50000 lire. ‘… sapete – domanda - chi è Jole Foà?…’. Al diniego di Thaon spiega: ‘… è la segretaria di Farinacci. O’ detto a Farinacci : tu non puoi avere una segretaria ebrea. Licenziala. Farinacci, dopo avere difesa la posizione della Foà ch’è con lui da dieci anni, si trincea dietro la difficoltà d’una liquidazione. Allora gli ò data io la somma necessaria: 50000 lire…’.
Thaon discreto non commenta. Poi mi racconta ancora che Mussolini avrebbe alluso al fatto che egli da qualche anno aveva provveduto a liberarsi d'una sua amicizia ebraica. Allusione alla Sarfatti.
Annessione dell’Albania. Sempre Thaon mi confida che si prepara per un altr’anno l’annessione dell’Albania all’Italia. Il che, commenta, solleverà molte questioni in Europa. Anzitutto con i nostri amici di fresca data, gli jugoslavi. E si domanda se non sarebbe più convenuto accedere alla tesi del Re d’Albania: proclamazione dell’Impero Romano di cui l’Albania potrebbe essere un regno vassallo.

Ecco qua saltare fuori la storia, tipicamente italiana, delle segretaria di Farinacci. Vi è da rilevare che la somma di 50000 lire corrispondeva, più o meno, a 5000 euro di oggi, vale a dire si trattava di una assai modesta liquidazione che un gerarca come Farinacci poteva assolutamente permettersi. Quanto a Margherita Sarfatti, essa era stata una delle innumerevoli amanti di Mussolini, oltre che direttrice del periodico Gerarchia, sempre di proprietà del Duce, nonché autrice della celebre biografia Dux. Sul modo con il quale Mussolini la licenziò vari ‘storici’ hanno scritto fiumi di speculazioni, asserendo che la Sarfatti sarebbe stata anch’essa vittima della cinica campagna antisemita orchestrata da Mussolini per compiacere al Fuehrer. In realtà il ‘licenziamento’ era avvenuto diversi anni prima e la Sarfatti è stata una delle assai numerose donne di cui Mussolini si è ‘disfatto’ semplicemente perché divenute ‘ingombranti’. Solo con Claretta Petacci non gli riuscirà di fare questo, al punto che condivideranno lo stesso destino a Dongo. Della Sarfatti comunque si parla anche nella nota successiva.

23 settembre 1938 – Mussolini e gli ebrei. O’ una conferma diretta di quanto mi aveva confidato Thaon. Tra la cerimonia militare dinanzi alla Mostra Augustea e l’inaugurazione dell’Ara Pacis resto un quarto d’ora con Mussolini. [mancano sette righe]. ‘… anch’io ho avuto un’amica ebrea, la Sarfatti. Intelligente, fascista, madre di un autentico eroe. Eppure cinque anni fa, prevedendo che il problema ebraico si sarebbe imposto, io ho provveduto a liberarmene. La feci licenziare dal Popolo d’Italia e dalla direzione di Gerarchia. Con regolare liquidazione, s’intende…’. Narra poi di una sua discussione con Margherita su un crocefisso e della sua sorpresa nel vedere la tomba del figlio Roberto senza la croce. Segni, commenta, dell’invincibile carattere della razza.
Balbo e gli ebrei. Quilici a Trieste mi diceva che Mussolini, ricevendo Balbo, s’è trattenuto a lungo sulla questione degli ebrei e che Balbo n’è rimasto soddisfatto.
Un’arguta risposta mi à riferito a Siena di Peleo Bacci, sopraintendente alle Arti. Avevan nominato senatore Baldi Papini di Pistoia, una nullità che fan rimprovero a Federzoni che n’era stato patrono. Federzoni se ne scusa per averglielo Tacchi Venturi raccomandato assai. E allora il Bacci: ‘… bene. Mettiamo alle cantonate un cartello con su scritto: uomini piccoli se volete arrivare usate Tacchi Venturi…’.
Mi fa venire in mente un’altra fiorentinesca risposta allo stesso Federzoni, ministro dell’interno, di Tanburini: ‘… io sono franco – ebbe a dirgli Federzoni, contestandogli alcune dure accuse. ‘… se lei è franco eccellenza, io sono un franco e mezzo…’.
E l’altra di Malaparte a Mussolini: ‘… che fate Curzio?…’. ‘… eccellenza, sempre pronto!… ai suoi ordini e ai suoi disordini!…’.

Dal punto di vista ‘storico’ è importante sottolineare come ila questione ebraica stesse in quel periodo in testa ai pensieri dei capi del fascismo più di ogni altra cosa e che una profonda incertezza vi era riguardo alle misure che sarebbero state prese. Uno dei gerarchi più decisamente avverso alle ‘politica della razza’ era Italo Balbo, che vedeva in essa un ‘appiattimento’ nei confronti dei tedeschi, da lui sempre ostinatamente avversati.
Dal punto di vista ‘umoristico’ la bellezza di questa pagina è del tutto evidente. Pietro Tacchi Venturi era un gesuita assai influente in Vaticano [storico ufficiale dell’ordine ne era stato il segretario generale dal 1914 al 1921] ed aveva più volte fatto da tramite tra la Santa Sede e il governo fascista.

6 ottobre 1938 – Gran Consiglio, questione degli ebrei. Mussolini ‘attacca’ con impeto polemico. E’ una polemica interiore, che si fa strada tra aspre parole contro probabili oppositori, presenti e assenti. ‘… è dal 1908 – afferma – che io vò meditando il problema. Si potrà, occorrendo, documentare. Si legga del resto il mio discorso a Bologna ‘questa nostra stirpe ariana e mediterranea‘ del 3 aprile 1921…’. Poi afferra dei fogli staccati di rivista: ‘… sentite che cosa è accaduto in una città della Valle Padana!…’. Sono le pagine dello scritto di Nello Quilici sulla Nuova Antologia, che dimostrano la penetrazione ebraica nel tessuto politico-amministrativo culturale di Ferrara. La ‘botta’ và diritto a Balbo, che cerca di darsi un contegno. Accenna al fenomeno di Trieste. Fa un rapido accenno all’Impero. ‘… bisogna porre, e nettamente, il problema. Se non si corre ai ripari su perde l’Impero…’. Ricorda i casi del Goggian, cita alcuni casi di convivenza di bianchi con donne nere. Torna agli ebrei: ‘… il residuo antifascismo è di marca ebraica. I conati di azione ostile a Hitler durante il suo viaggio in Italia sono dovuti ad ebrei. Fu un ebreo, Gioacomo Lombroso di Firenze, a compilare e diffondere manifestini che invitavano gli italiani a ‘dimostrare’ contro Hitler con il pretesto patriottico dell’Anschluss…’. Parla del ‘Manifesto’: ‘… sono io praticamente che l’ò dettato…’. Descrive rapidamente la situazione dei 470-mila ebrei in Germania: ànno una loro camera culturale, dei giornali, delle riviste, dei teatri loro. ‘… non esiste dunque una persecuzione di fondo. Gli ebrei sono stati separati e isolati…’. Schernisce coloro che paventano la reazione a nostro danno della finanza ebraica. ‘… è un pallone gonfiato. E se non lo fosse noi lo affronteremo lo stesso…’. Deplora l’atteggiamento della Chiesa Cattolica ‘… dichiaro che questo Papa [Pio XI°…- n.d.r.] è nefasto alle sorti della Chiesa Cattolica…’.
Letta la ‘dichiarazione’ [documento che può definirsi la ‘carta della razza’, più importante della ‘Carta del lavoro’] dà la parola a Farinacci il quale, rilevata l’assenza di De Vecchi a cui attribuisce un significato di voluta astensione, si perde il luoghi comuni. Balbo e De Bono dopo di lui cercano di mitigare le decisioni, allargando ai ‘combattenti’ le categorie da favorirsi. Lungo dibattito. Mussolini ondeggia, desideroso di mollare un poco.
Io faccio la mia esposizione sulla scuola. Sostengo la necessità, dopo i provvedimenti già adottati, di tenere fermo. ‘… riammettendo gli ebrei nell’insegnamento – concludo – noi abbasseremmo il livello morale della scuola. Costoro ci odierebbero per averli cacciati e ci disprezzerebbero per averli riammessi…’. La mia tesi è accettata.
Tra i ‘molli’ Federzoni. Tra i ‘duri’ Starace.

Questa del 6 ottobre è certamente la più importante e significativa annotazione scritta da Bottai relativa all’argomento in questione. Una considerazione preliminare è tuttavia necessaria per comprendere a fondo le decisioni prese da Mussolini e dal Gran Consiglio nella decisiva seduta del 4 ottobre 1938. Una settimana prima a Monaco si erano riuniti Hitler, Mussolini, Deladier e Chamberlain per decidere le sorti della Cecoslovacchia. I risultati di tale vertice avevano reso evidente anche ai ciechi la sostanziale incapacità [o se si vuole ‘non volontà’…] da parte di Francia e Inghilterra ad opporsi ai progetti di Hitler. Il messaggio dato da Deladier e Chamberlain era stato fin troppo chiaro: nessuno di noi due ha voglia di fare guerra e mandare uomini a morire per la Cecoslovacchia. Il destino di quest’ultima era così deciso e altre nazioni l’avrebbero a tempo debito seguita. In testa vi era naturalmente la Polonia per la questione del ‘corridoio di Danzica’ che divideva la Prussia Orientale dal resto della Germania. Francia e Inghilterra sarebbero scese in campo e soprattutto avrebbero combattuto allorchè Hitler avesse aggredito la Polonia?… la risposta, anche col senno di poi, è estremamente semplice: no. E dopo la Polonia a chi sarebbe toccata?… quali erano i cittadini di sangue tedesco che dovevano essere riuniti al Terzo Reich?… anche in questo caso la risposta è ovvia, gli abitanti del Sud Tirolo e pertanto la successiva vittima predestinata di Hiter, se le cose fossero rimaste così com’erano nel settembre del 1938, sarebbe stata l’Italia. Quale sarebbe stato l’esito di una guerra tra Italia e Germania nel 1940?… Francia e Inghilterra avrebbero combattuto per l’Italia?… e quand’anche sì questo avrebbe risparmiato agli italiani ebrei italiani] le sofferenze che avranno a subire i popoli dell’Europa sotto l’occupazione germanica?… Dopo questa essenziale premessa passiamo senz’altro ad esaminare l’assai ampio contenuto delle notte che Bottai ha scritto un quel 6 ottobre 1938.
Riguardo al suo discorso a Bologna del 1921 bisogna dire che Mussolini ha ampiamente cambiato le carte in tavola. Quel giorno infatti la sua polemica non era ricolta contro gli ebrei bensì contro i comunisti russi. Trascriviamo: ‘… il fascismo è nato da un profondo, perenne bisogno di questa stirpe ariana e mediterranea che, ad un dato momento, si è sentita minacciata nelle ragioni essenziali dell’esistenza da una tragica follia e da una favola mitica che oggi crolla a pezzi nel luogo stesso dove è nata…’.
Il successivo passo nel quale Mussolini accenna alla ‘penetrazione ebraica nel tessuto politico-amminitsrativo’ di alcune città italiane, tra le quale Ferrara e Trieste, è giustificato da una vasta indagine, della quale ovviamante Mussolini non rivela i dettagli, condotta a partire dall’anno precedente dall’Ovra i cui particolari il lettore interessato potrà apprendere prossimamente sul thread Gli italiani hanno pagato già da tempo, signor Fini!….
Interessante la frase pronunciata da Mussolini a proposito del ‘Manifesto delle razza’: ‘… sono io praticamente che l’ò dettato…’. Basandosi solamente su questa ‘sparata’ di Mussolini riportata da Bottai in una nota non si sa quanto esatta, gli esponenti di una certa autoproclamata ‘storiografia scientifica’ [huahaha!!!…] hanno concluso che il Duce sia stato ’oscuro stesore’ di quell’emerita boiata.
Importante la precisazione del fatto che allora neppure nella Germania nazista si poteva parlare di ‘persecuzione’ degli ebrei, quanto piuttosto di una loro sostanziale emarginazione. La situazione degli ebrei tedeschi doveva acuirsi in modo drammatico nel novembre di quel 1938 allorchè in seguito all’assassinio di un funzionario nazista ad opera di un ebreo francese si ebbe in tutta la Germania una vera o propria sollevazione popolare antiebraica culminata con la kristallnacht, nella quale furono devastate le vetrine di moltissimi commercianti ebrei in ogni angolo della Germania.
Tralasciando per il momento di approfondire il ‘dissidio’ tra il fascismo e la Chiesa Cattolica che le leggi razziali avevano aperto veniamo al punto più importante, vale a dire le opinioni espresse nella circostanza dai membri del Gran Consiglio. La ‘frase incriminata’ pronunciata da Bottai è confermata anche dal diario di Ciano: ‘… Bottai mi sorprende per la sua intransigenza. Si oppone a qualsiasi attenuazione dei provvedimenti: ci odieranno perché li abbiamo cacciati e ci disprezzeranno perché li riammetteremo!…’. Basandosi su queste note prese dai due ‘diari’ De Felice e il resto della compagnia degli ‘storiografi scientifici’ [huahaha!!!…] ha messo in piedi io mito di Bottai razzista accanito e persecutore di ebrei. In realtà se andiamo a riportare le esatte parole di Bottai [‘… riammettendo gli ebrei nell’insegnamento noi abbasseremmo il livello morale della scuola. Costoro ci odierebbero per averli cacciati e ci disprezzerebbero per averli riammessi…’] non è difficile rilevare le manomissioni strumentali cui sono state sottoposte. Innanzitutto è evidente per chiunque che Bottai si riferiva unicamente alla riammissione degli insegnanti e non degli alunni ebrei e la differenza di ruolo tra docenti e alunni è del tutto ovvia. Chiunque poi si degni di dare un’occhiata alle pagine precedenti del ‘Diario’ non ha alcuna difficoltà a realizzare che Bottai era stato in realtà contrario, per i motivi detti prima, alle leggi razziali e pertanto non sorprende più di tanto che valuti il disastroso degrado di immagine che, in un momento storico di quella gravità, avrebbe causato al fascismo il promulgare una legge di tale portata e conseguenze per poi ritirarla ai primi segnali di dissenso. In altre parole in quel frangente critico, dovendo scegliere tra non meglio specificati ‘principi morali’ ovvero ‘convenienze politiche’, e ‘senso dello stato’ sia Bottai sia Mussolini hanno scelto senza esitazioni quest’ultimo. Di certo Berlusconi, come già lo si vide con il famoso ‘decreto Biondi’ dell’estate del ’94, avrebbe scelto diversamente :D…



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http://utenti.lycos.it/luposabatini/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato

Pieffebi
17-08-03, 18:51
Purtroppo per il mio contraddittore possiedo anche io i Diari di Bottai, come quelli di Ciano, come i libri di De Felice, come qeulli di Sarfatti, come quelli di Emilio Gentile, del Del Boca e di tanti altri. Stralci ampi dei diari [di Bottai] sono stati da me già postati in altro 3d [credo proprio quello aperto dal Fecia contro Fini]. Le fonti vanno confrontate fra loro, e la ricostruzione di cui sopra, quella del mio post "incriminato", si fonda sul confronto fra diari diversi e documenti diversi operati dagli storici seri e su quello da me fatto fra diversi storici seri.
Non credo che ci sia altro da aggiungere, stendendo un velo pietoso sui commenti.....del mio contraddittore, che ne dimostrano per l'ennesima volta la scarsa confidenza con le materie che si ostina ad affrontare....e con la logica.

Shalom!!!!!!

Pieffebi
17-08-03, 19:02
PER LA STORIA DEL RAZZISMO ITALIANO E DEL RAZZISMO FASCISTA IN ITALIA.


Se con le leggi razziali del 1938 (a ancor prima con quelle del 1936, riguardanti le colonie dell'Impero, per pronuovere la lotta razzistica contro il meticciato e simili fenomeni) il Fascismo cercò di attuare un suo razzismo di Stato ( per quanto contraddittorio e con aspetti strumentali alla politica internazionale di Mussolini), non fu certo il Fascismo l'autore del razzismo italiano (ne' di quello generale e generico verso l'insieme della "altre razze", ne' di quello specificatamente antisemita). Non al Fascismo spetta una tale primogenitura.
Come ricorda il Burgio " Il mito indoeuropeo [ alias ariano n.d.r] circola tra gli orientalisti, glottologi e letterati sin dagli anni Sessanta del secolo scorso [ leggi XIX secolo ndr] in funzione antisemita e antimeridionale (i *sudici* non sono *arii* ma *afri*). La contrapposizione fra *razze storiche* e popoli *senza storia* si diffondono (..) a cavallo fra gli anni settanta e ottanta contro la minaccia di *invasioni mongoliche* - contro gli slavi *barbari*, privi di *ricordi* e *istituzioni* - e contro africani e meridionali (dove il mezzogiorno è senza mezzi termini *Affrica*, anzi i suoi *caffoni* appaiono meno civili dei *beduini*, e l'Africa è a sua volta ridotta a una icona identica al nostro Sud). Le accuse rivolte agli ebrei di non volere *mutare natura*, di perseverare nell'*intolleranza*, di conservare *riti ridicoli* datano sin dagli anni Trenta dell'Ottocento e sottendono la feroce campagna antigiudaica delle gerarchie cattoliche all'indomani della presa di Roma (è una Italia *giudaizzata* e sottomessa alla *Sinagoga di Satana* quella che reca il sommo oltraggio al vicario di Cristo) prima di confluire fra le argomentazioni invocate dal fascismo a sostegno delle leggi antiebraiche. L'arsenale di teorie *scientifiche* (biologiche, mediche, psicologiche, antropologiche, criminologiche, sociali) che col primo Novecento assumono la configurazione di un corpus organico motivato salla preoccupazione di diferndere la razza e la nazione dai pericoli delle degenerazione fisica e morale ....). ".
Il Marselli, sul finire dell'Ottocendo, classificò gli italiani come un ramo " entro la varietà latina della razza ariana, partizione della grande razza mediterranea ". Per non dire di talune considerazioni "scientifiche" del Lombroso, tra antropologia e antropologia criminale.
Un meridionale come Aldo Niceforo individuò nei caratteri razziali dei meridionali italiani le ragioni ultime dell'arretratezza del nostro mezzogiorno: " L'antropologia ci ha rivelato in questi ultimi tempi che la composizione etnica della popolazione italiana è formata di due grandi elementi: arii al nord, mediterranei al sud; elementi che variano grandemente tra loro tanto per opposti e vermante antitetici caratteri fisi quanto per dissimili caratteri psicologici " - tanto che solo i settentrionali, in quanto ariani, sarebbero stati adatti, per il Nicerforo, alla competizione economico-sociale fra le nazioni europee.
Anche teorici del socialismo si sbilanceranno, in quanto positivisti, in teorizzazioni francamente razziste. Fra questi anche il Leonida Bissolati che scriverà nel 1879: " I Semiti occupano un posto di mezzo, nella scala dei tipi umani tra il tipo giallo e l'ariano ".
L'Accademico d'Italia Carlo Formichi scriverà nel 1921 : " Nel nostro pensiero deve maturarsi una grande rivoluzione, un ritorno al genio della nobile razza ariana, che è poi la nostra, me che è stata sopraffatta dalla civiltà e della mentalità semitica , " ....con evidenti....implicazioni anticristiane oltre che antiebraiche, in tal genere di affermazioni.
L'ala da sempre antisemita e razzista del Fascismo, che pur non cessò mai di operare (seppur da posizioni minoritarie e, per lunghi tratti, emarginate), neppure negli anni in cui Mussolini derideva "il razzismo" alla tedesca, fu costituita per lo più da epigoni di questo primo razzismo moderno "colto" ( tra il tradizionalismo religioso e il positivismo scientista, anche riguardo la questione ebraica) del secolo e dei decenni precedenti.
Giovanni Preziosi, lo spretato collaboratore intellettuale di Farinacci, nonchè amico di Evola, fu tra i più fanatici ideologhi e propagandisti dell'antisemitismo fascista, e il promotore della diffusione nel nostro Paese delle bufale antisemite internazionali sul complotto ebraico, come i famosi "Protocolli dei Savi Anziani di Sion", verso i quali Preziosi con altri razzisti fascisti nutriva una Fede irrazionale quanto incrollabile.
I presupposti dell'antisemitismo di Preziosi si incontrarono con gli scopi di Mussolini nel periodo in cui questo ultimo si trovò necessitato a virare, in politica internazionale, verso la razzista Germania hitleriana, ed a scatenare quindi la cosiddetta "seconda ondata" rivoluzioanria contro "lo spirito borghese", al fine di forgiare finalmente "l'italiano nuovo", degno del nuovo ruolo imperiale conquistato dall'Italia Fascista con l'impresa di Abissinia.
In un articolo de "La vita italiana" dell'agosto 1937 il Preziosi aveva a suo modo confermato, con minuziosa precisione, al suo Duce gli argomenti "ideologici" e "politici" su cui edificare la politica antisemita del Regime:
- l'ebreo resta ebreo qualunque sia la nazionalità con la quale si riveste;
- la razza è per l'ebreo un qualche cosa che va oltre il puro dato biologico e antropologico. La razza è la Legge (Torah, Mishna, Talmud) " - "Questa è intesa come una forza formatirce dall'interno e in certo senso perfino dall'alto, nell'ebreo fa tutt'uno con quella [ la razza biologica ndr] ";
- esiste ed opera una Internazionale Ebraica;
- i fini dell'Internazione Ebraica confliggono con quelli di ogni nazione proletaria europea e in primo luogo con quelli dell'Italia Fascista.
Come spiegherà il teorico della "razza dello spirito", il filosofo tradizionalista Julius Evola: " E' stato giustamente detto che come Adamo è stato plasmato da Jheova, così l'Ebreo è stato plasmato dalla Legge, e la Legge, nella sua influenza millenaria attraverso le generazioni, ha destato speciali istinti, un particolare modo di sentire, di reagire, di comportarsi, è passata nel sangue, tanto da continuare ad agire anche prescindendo dalla coscienza diretta e dall'intenzione del singolo . E' così che l'unità di Israele permane attraverso la dispersione: in funzione di un'essenza, di un incoercibile modo d'essere. E insieme a tale unità sussiste e agisce sempre, fatalmente, o in modo atavico e inconscio, o in modo oculato e serpentino, il suo principio, la Legge ebraica, lo spirito talmudico ".
Ecco dunque che l'ebreo appartiene all'Internazionale Ebraica, che esiste persino indipendentemente dalla sua formalizzazione organizzativa, sussistendo anche in modo "inconscio" e "atavico". Ecco che questa identità ebraica rende l'ebreo diverso dall'italiano di razza ariana, in quanto altri sono i suoi "istinti" e i suoi "incoercibili " modi d'essere, pur nell'apparenza della comune nazionalità giuridica e quindi solo formale. Ecco allora come, secondo quanto sancito anche da la DICHIARAZIONE DELLA RAZZA del Gran Consiglio del Fascismo, che l'adesione e la fedeltà degli ebrei italiani al Regime Fascista, non possano essere considerati sinceri. Ecco che l'equazione ebraismo=antifascismo appartiene, in buona sostanza, nella visione ideologica e mistificante del tardo-fascismo, non solo al dato storico-politico, ma anche a quello....... matafisico o "spirituale". In fondo l'ebreo è antifascista persino quando non sa di esserlo (inconscio), e in qualsiasi momento il suo "atavico" e "istintuale" appartenere ad "Israele" può tornare a galla e imporsi. Degli ebrei, in ultima analisi, non ci si può mai davvero fidare. Tanto più che l'Internazionale Ebraica, quella concreta, esprime ormai un'aperta linea antifascista.
Ma tutto questo, spiritualizzato o meno, politicamente strumentale o creduto irrazionalmente da intellettuali fanatici, non è che puro e volgare RAZZISMO. Un razzismo che si pone in continuità con una storia ideologica lunga, che precede il fascismo, e che si estende ben al di là delle frontiere d'Italia e d'Europa. Un razzismo che si tenterà infine di fare più italiano, appunto "più spirituale" per renderlo maggiormante autonomo ( o addirittura concorrente ) da quello, avvertito come troppo rozzo e brutale, del NazionalSocialismo germanico,

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soprattutto nelle manifestazioni di un Alfred Rosenberg o di un Julius Streicher. Ma in nessun modo il "razzismo spirituale", ad esempio nelle formulazioni di un Evola, prescinderà mai del tutto dal razzismo biologico. Semplicemente lo dara' come presupposto e scontato (considerato però insufficiente e in sè volgare) da superare in una visione "più alta", più completa e complessa.
L'identità ebraica e quella italiana furono dunque viste come separate e sempre più antitetiche, e questa antitesi concreta fu rappresentata nel conflitto "spirituale" e astratto fra il supposto "cosmopolitismo giudaico" e il nazionalismo italiano fascista. L'ebraismo fu in tal senso, senz'altro razzistico, avvertito e indicato propagandisticamente come la quint'essenza dell'antifascismo, il suo massimo ispiratore.
Questa diagnosi sulla natura intrinsecamente antifascista dell'ebraicità è, infatti, a propria volta, profondamente ed essenzialmente razzista e antisemita , indipendentemente dall'anedottica portata a supporto dalla propaganda, sulle schiere di ebrei antifascisti reali (spesso solo ebrei di nome) o immaginari. Sul piano politico, questa formazione ideologica presente e crescente nel Fascismo-Movimento sarà funzionale al Fascismo- Regime soprattutto nel momento del suo avvicinamento strategico alla Germania hitleriana. Avvicinamento progressivo che, come ovvio, trovava un ampio disappunto in ampi strati della popolazione italiana in generale e soprattutto fra gli ebrei, anche fra gli ebrei più integralmente e fanaticamente fascisti. E non è proprio il caso che se ne spieghino le ragioni.....
L'infame persecuzione fascista dei diritti e nei diritti degli "ebrei" italiani (e stranieri accolti in Italia) merita però di essere ancora considerata, sotto altri aspetti ancora. Va accolto innanzi tutto il giudizio di un Schieder che distingue fra il razzismo fascista inteso come razzismo di appartheid, da quello nazista, fin dal principio, almeno tendenzialmente, razzismo d'annientamento. Ma non è certo tutto. Ad esempio gli storici e gli storici dell'ideologia in primis, hanno cercato di indagare, con risultati più che apprezzabili, le relazioni intercorrenti fra l'evoluzione della formazione ideologica ed ideale del Fascismo italiano e il razzismo, nel suo mutare di ruolo e significato, dalla generica difesa della "salute della stirpe", alla "svolta" dell'ultimo tratto degli anni trenta. Tanto il De Felice che Emilio Gentile, ad esempio, hanno dimostrato la relazione innegabile fra l'avvio della politica razzista e la "seconda ondata" rivoluzionaria, legata al mito dell'italiano nuovo, tornato all'ordine del giorno dopo la "fondazione dell'Impero" e la coeva "campagna anti-borghese" voluta dal Mussolini. E' significativo che tranne che nel Cianetti (e nella sua corrente "di sinistra" di alto dirigente sindacale e delle Corporazioni, assai vicino al Farinacci), e nel Fontanelli (tuttavia contrario ad ogni razzismo biologico e propenso a ritenere la lotta allo spirito ebraico come parte qualificante della lotta al più generale spirito borghese) in un'altra parte consistente del sindacalismo fascista e del "fascismo di sinistra" , che concepiva la battaglia antiborghese in senso più sociale e "classista", rispetto ai desiderata del Regime, la svolta razzista fosse accolta, almeno dapprincipio, con una certa freddezza se con un certo malcelato imbarazzo (determinato anche se non soprattutto dall'avversione del mondo del sindacalismo fascista per il NazionalSocialismo e la sua concezione del corporativismo, ritenuta inaccettabile e pericolosa per la rivoluzione italiana).
Ciò nonostante la storia del razzismo fascista rischia di rimanere non del tutto comprensibile se si fa astrazione dal contesto, non solo politico internazionale, ma anche politico interno e soprattutto ideologico, nel quale si sviluppò e giunse a generare gli obbrobri giuridici che conosciamo.
Come nota Emilio Gentile, una differenza sostanziale fra il Fascismo italiano e Il NazionalSocialismo, che spiega in parte anche le differenze dei relativi razzismi, e che in parte trae origini da questa stessa differenza, consiste nel fatto che : " Nel Fascismo non ci fu un modello unico e definitivo, quale poteva essere per esempio, *l'uomo nuovo* del nazionalsocialismo, definito una volta per tutte secondo il modello eterno dell'ariano germanico, che doveva essere preservato nella sua integrità di sangue, dal pericolo della contaminazione e delle degenerazione. Nel fascismo invece, abbiamo visto, il mito dell'uomo nuovo ebbe una evoluzione e varie rappresentazioni, corrispondenti a modi diversi di concepire sia il mito che i metodi e i tempi per attuare la rivoluzione antropologica ".
E in questa processo evolutivo della formazione ideologica del Fascismo italiano l'approdo all'esplicitazione di una propria dottrina della razza ( da IL MANIFESTO DEGLI SCIENZIATI RAZZISTI in poi) e di una propria legislazione razzista va indagato anche nel contesto del tentativo di "rivoluzione antropologica" precisato da Emilio Gentile, ma non solo: " Il problema della razza e dell'antisemitismo era considerato parte integrante non solo della rivoluzione antropologica, ma anche della rivoluzione sociale per la realizzazione del corporativismo: chi non era sensibile al problema della razza o mostrava simpatie per gli ebrei, affermava il Fontanelli, apparteneveca a coloro che *non sentono lo spirito collettivo imposto da una superiore civiltà, che non credono nel corporativismo* ."
Benito Mussolini così aveva definito il borghese: " Il borghese è quella persona che sta bene ed è vile "e nel 1934 aveva definito il fascista imborghesito " colui che crede che ormai non c'è più nulla da fare " , che tutto è stato conquistato, che sostituisce quindi all'eroismo il proprio gretto egoismo. Ma l'Impero, la grande politica, ossia la politica da grande potenza alla quale l'Italia Fascista anelava, aveva invece bisogno, per il pensiero di Mussolini e dei suoi, di continua tensione, di continuo spirito combattivo, di durezza, di virilità, di arditismo, quindi di una fascistizzazione integrale del popolo italiano.
Come scrive Giordano Bruno Guerri: " Nel quadro della *fascistizzazione integrale* si inserisce anche la scelta razzista, solo in parte stimolata dall'alleanza con la Germania e del fatto di doversi distinguere, dopo la conquista dell'Etiopia, da una popolazione *inferiore* e dalla pelle scura. [...]Ma nella logica del fascismo, tesa alla formazione dell'italiano nuovo, il razzismo era un passaggio necessario: gli italiani dovevano sentirsi geneticamente superiore agli altri popoli ed eliminare ogni possibile *contaminazione*. Il razzismo insomma coronò la * nuova dottrina come un metodo per formare finalmente i nuovi fascisti * (M.A. Ledeen) . Fu uno dei tanti e certamente non il più importante dei metodi, ma ebbe un discreto successo: i giovani aderirono generalmente all'antisemitismo, anche se la lor fu un'adesione più ideologica che di sostanza (...) Il meccanismo che permise di applicare il razzismo a un popolo tendenzialmente non razzista è evidente in Bottai, che di suo non era razzista ma fece attuare per primo e con rigore le leggi razziali nelle scuole: preso dalla mistica del Regime, ritenne che, *se per fini superiori*, il duce aveva voluto prendere quel provvedimento, bisognava applicarlo. ".
Dunque ogni resistenza al razzismo, ogni debolezza verso di esso, ogni "sentimentalismo" e "pietismo" verso le sue vittime, furono individuate dall'ideologia fascista come testimonianze di non fascisticità, o addirittura di potenziale se non coclamato antifascismo.
Contro questa indegna campanga propagandistica alta si levò la voce del Marinetti: " Oggi è la guerra agli ebrei che vi fa gioco, ma fra un ebreo, vecchio combattente, squadrista, legionario fascista, ed un pseduo fascista comunista, arruffa tutto, ruffiano, servitore prezzolato di qualsiasi uomo e di qualsiasi partito, purchè al potere, sono decisamente per il primo [..] E quando si parla di internazionale giudaica antifascista, resto perplesso, mi domando se questa internazionale è formata dai 60.000 ebrei residenti in Italia, che il Duce stesso affermò non costituire e non aver mai costituito un pericolo per noi, o non è piuttosto formata da voi, che servite così indecentemente male il Regime e tutti i suoi uomini migliori ". Non tutti i fascisti furono infami, e infatti furono subito battezzati dai vari Interlandi, Preziosi e simili come: "cuori teneri", "giudei onorari", "animule tenerelle". La rivoluzione antropologica voluta da Mussolini per forgiare finalmente "l'Italiano nuovo", degno erede della Roma dei Cesari, non permetteva esitazioni di questo genere. Occorreva obbedire, credere e combattere e per il resto.... si doveva tacere se non si era del tutto d'accordo.
In questo senso, come ha scritto il De Felice, le leggi razziali furono emanate, paradossalmente, più contro gli "italiani imbelli", pervasi, al di là della condizione sociale, da spirito *borghese* e pertanto inguaribilmente amanti della pace e della concordia, oltre che della vita comoda, che contro gli stessi ebrei, in qualche modo diventati loro malgrado capri espiatori anche questa volta, come tante altre nella loro lunghissima storia.
Come scrisse il Bottai il nuovo razzismo italiano doveva forgiare un popolo unito, cementato da oltre 20 secoli di storia, di comune lingua, cultura e religione . Di questo popolo non potevano più far parte gli ebrei. Un'Italia alleata strategica della Germania NazionalSocialista, comunque, non avrebbe potuto ancora permetterselo.
" Razzismo, imperialismo e antiborghesismo (..) -scrive il Campi - furono dunque gli strumenti attraverso i quali Mussolini tentò di imprimere nuovo slancio all'educazione totalitaria degli italiani ", conducendoli, aggiungiamo noi, verso un'alleanza politica e militare infausta, una guerra folle e disperata dall'esito disastroso per l'Italia intera oltre che per il fascismo stesso, con la tragedia di milioni e milioni di morti di tutti i popoli e di ogni "razza", a cui si aggiunse quella particolarmente raccappricciante e mostruosa della Shoà.

Shalom!!!

Bibliografia essenziale:
- Alberto Burgio (a cura di) : "Nel nome della Razza - il razzismo nella storia d'Italia 1870-1945"
- Alexander J. De Grand : "L'Italia fascista e la Germania Nazista"
- Emilio Gentile : "Le origini dell'ideologia Fascista";
- Emilio Gentile: "Storia e Interpretazione del Fascismo"
- Renzo De Felice: "Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo"
- Renzo De Felice: "Le interpretazioni del Fascismo"
- Renzo De Felice: "Mussolini il fascista"
- E. Nolte: "I tre volti del fascismo"
- Ernst Nolte: "Controversie - Nazionalsocialismo, bolscevismo, questione ebraica nella storia del Novecento"
- Giordano Bruno Guerri: " Fascisti - gli italiani di Mussolini - il Regime degli italiani"
- Alessandro Campi: "Mussolini"
- Michele Sarfatti: "Gli ebrei nell'Italia Fascista"
- Attilio Milano: "Storia degli ebrei in Italia"
- Sergio Romano : "I falsi Protocolli - il *complotto ebraico* dalla Russia di Nicola II a oggi"
- Antonio Spinosa: "Mussolini razzista riluttante"
- Giuseppe Parlato : "La Sinistra Fascista - storia di un progetto mancato"
- Mosse: "Intervista sul Nazismo"
- Leon Poliakov: "Il mito ariano - le radici del razzismo e dei nazionalismi"
- Leon Poliakov: "Storia dell'Antisemitismo"
-Gerald Messadiè: "Storia dell'Antisemitismo"
- Bernard Lewis: "Semiti e Antisemiti - indagine su un conflitto e un pregiudizio"
- Vincezo Pappalaterra: "Nazismo e Olocausto"
- Maurizio Ghiretti: "Storia dell'antigiudaismo e dell'antisemitismo"
- Wolfgang Shiederf: "Fascismo e Nazionalsocialismo nei primi anni trenta" in "Il Regime Fascista" di AA.VV.
- Angelo Del Boca "Le leggi razziali nell'Impero di Mussolini"- ibidem
- Guglielmo Salotti: "Breve storia del Fascismo"
- Aurelio Lepre: "Mussolini"
- Julius Evola: "Osservazioni critiche sul *Razzismo* NazionalSocialista
- Julius Evola: "Mito e realtà della lotta antiborghese"
- Julius Evola: "Per un allineamento politico-culturale dell'Italia e della Germania"
- Giorgio Galli: "Il Fascismo - dallo squadrismo a Dongo"
- Alberto Aquarone : "L'organizzazione dello Stato Totalitario"

http://www.leonexiii.it/lavori/Olocausto/espropriazione/la_con1.jpg

Pieffebi
18-08-03, 19:41
Il razzismo fascista italiano, prima ancora che rivolgersi alla questione metropolitana dei "semiti" che abitavano la Penisola, ossia gli ebrei, subì la sua prima impennata in relazione alla "conquista dell'Impero", quando nuove terre popolate da milioni di uomini e donne di colore diventarono "italiane".
Anche in questo caso, però, il razzismo italiano non fu inventato dal Fascismo, anche perchè terre africane erano già da tempo colonie del Regno, compresa la nera Eritrea.
E' tuttavia dopo la bruciante sconfitta di Adua (1896) che nell'Italia umbertina avviene la prima vera trasformazione antropologica dell'africano da "fedele suddito", da compatire, civilizzare guidare, a "barbaro feroce" e infido, "il vile abissino che attacca a tradimento".
Malgrado questo, il fatto che gli Etiopi fossero un popolo a maggioranza cristiana da tempo immemorabile, seppur di un ceppo eterodosso e "monofisista" (quindi da redimere e ricondurre alla Santa Chiesa),aveva prodotto anche un pregiudizio positivo, nella considerazione razziale, religiosa e culturale di quel popolo. La spiegazione "razziale" che si tentò di dare del fenomeno, riguardava il fatto che gli Etiopi, ancorchè neri, non appartenessero come gli altri negri alla razza camita, decisamente inferiore, bensì, come testimoniava anche la loro lingua e l'esistenza di ebrei autoctoni presso di loro, a quella semita, alla camita ritenuta senz'altro superiore.
Come scrive Chelati Dirar : " L'immagine mitica dell'Abissinia come isola cristiana in un mare di barbari enon era infatti solo una creazione del sogno espansionista missionario ma anche il risultato di un attivo intervento descrittivo dei numerosi monaci e viaggiatori che, partendo dagli altipiani abissini, avevano visitato in pellegrinaggio Gerusalemme, Cipro e Roma ".
Ma questa nazione era altresì " caduta nell'eresia" ed era restia alla correzione, era più che una nazione meridionale e africana, nella visione dei missionari cattolici, un'isola dell'oriente trapiantata a Sud dell'Egitto. E come scriveva il Massaia, in tal senso : " Gli orientali, un po' per natura, un po' per educazione, sono di indole farisaica, ed amanti della giustizia esteriore dell'Antico Testamento ".

Senza voler insistere sui crimini del colonialismo italiano, pre-fascista e soprattutto fascista, in Africa, che smentiscono, come ha giustamente sottolineato il Del Boca ogni mito de "l'italiano bono", non sarà inutile ricordare alcune cose.
L'Italia imperialista del periodo liberale post-unitario, in Africa, nonostante la sua politica di rapina colonialistica nei confronti degli indigeni (per altro comune alle altre potenze europee che la esercitarono su scala........enormemente maggiore, vista la consistenza di imperi coloniali come quelli inglese, francese e, fino alla prima guerra mondiale, tedesco....) fu ampiamente tollerante verso fenomeni com il "madamismo" e il meticciato, seppure le unioni miste legali non fossero molto numerose e abbisognassero dell'autorizzazione del governatore. Il Fascismo si pose, per la verità non subito (solo dopo la cosiddetta conquista "dell'Impero"), il problema , di ostacolare invece questo "scandalo", che aveva consentito anche ad alti funzionari coloniali italini, come Alberto Pollera, di figliare numerosi meticci, tutti poi approdati a gradi dell'esercito italiano vietati agli indigeni.
Ricorda però Gianluca Gabrielli che il ministro delle Colonie Ferderzoni già nel 1928 scrisse allarmato al Duce che in seguito al rimpatrio di due sudditi eritrei, uno era risultato iscritto negli avanguardisti della città di Biella. Secondo il ministro nazionalfascista l'ammissione di sudditi delle colonie nelle organizzazioni fasciste del Regno rappresentava " una menomazione della dignità e del decoro del nostro prestigio di nazione dominatrice "
Nel febbraio 1930 toccò al quadrunviro De Bono, sempre secondo il resoconto del Gabrielli, disporre di " vietare [..] in via di massima ai metropolitani che rientrano in Italia di condurre seco indigeni delle colonie, tranne per giustificati motivi da eseminarsi volta per volta dalle autorità coloniali invitando i governatori di Eritrea e Somalia a provvedere affinchè detta disposizione fosse osservata.
Una blanda regolamentazione del problema dei meticci venne finalmente da parte del Regime fascista con la legge 6 luglio 1933, n° 999, che disponeva però la concessione della cittadinanza italiana ai meticci, anche se nati da genitori ignoti " purchè i loro caratteri somatici ed altri eventuali indizi, siano con fondamento da ritenere nati da un genitore di razza bianca ".
Grazie a tale noramtiva acquisirono lo status di cittadini del Regno d'Italia non meno di 800 mulatti nati in Eritrea o in Somalia.
La concezione imperialista di Mussolini, che è alla base della sua strategia, iniziata fin dal 1925, rafforzata nel 1932, e attuata nel 1936, per "vendicare Adua" e fare dell'Etiopia terra italiana, è sintetizzabile in due frasi pronunciate dal Duce nella seconda metà degli anni venti, relative alla politica coloniale e "africana" del Fascismo: " Noi abbiamo fame di terre perchè siamo prolifici e intendiamo restare prolifici " e " è il destino che ci spinge verso questa terra ".
In un articolo firmato su Il Popolo d'Italia del 25 settembre 1925, Benito Mussolini aveva inoltre scritto : " I popoli dalle culle vuote non possono conquistare un Impero e, se lo hanno, verrà il tempo in cui sarà estremamente difficile, forse, conservarlo o difenderlo. Hanno diritto all'Impero i popoli fecondi, quelli che hanno l'orgoglioe la volontà di propgara la loro razza sulla faccia della terra, i popoli virili nel senso più strettamente letterale della parola ".
Dal canto suo Lidio Cipriani aggiungeva : " L'Africa, non dimentichiamolo, non potrà mai esssere degli africani e fra tutti i popoli del mondo l'Italiano, per ragioni etniche, per doti innate e per sua asattabilità ai climi tropicali dimostrata in ogni paese, è il predestinato a trionfarvi ".
Secondo gli intellettuali fascisti teorici dell'Impero, e secondo lo stesso Mussolini che operava per conquistarlo: " gli africani sono dei pupilli che non raggiungeranno mai la maggiore età, ed anche se la raggiungessero e fossero per un momento emencipati dovrebbero subito dopo essere interdetti ".
Come ricorda Angelo Del Boca la famosa guerra dei sette mesi di conquista dell'Etiopia da parte dell'Italia Fascista " più che una guerra di conquista, fu una guerra di sterminio, con l'impiego di uomini e mezzi in eccedenza e con il ricorso alle armi chimiche, non soltanto proibite, ma anche del tutto superflue ".
Stendiamo un pietoso velo sui telegrammi di Mussolini agli alti comandi.....conquistatori, in cui si richiedevano fucilazioni sommarie e altre misure draconiane contro gli indigeni....che resistevano.
Passiamo invece alla filosofia dell'Impero che ad un certo punto Mussolini promosse come dottrina e prassi.
Scrive il Del Boca che Mussolini " rifiutava tanto il sistema dell'assimilation, praticato in colonia dai francesi, che qeullo dell'indirect rule, applicato agli inglesi e suggerito da Badoglio. In sostanza Mussolini voleva costruire la nuova Etiopia senza etiopici, instaurando un'amministrazione diretta, rigida, con chiere connotazioni razziste e segregazioniste. Più tardi, per motivi propagandistici, si sarebbe parlato di una *terza via fascista*, quella della *collaborazione senza promiscuità*, ma al di là dello slogan ad effetto, la realtà visibile era quella spietata dell'apartheid ".
Fu ancora Lidio Cipriani , il teorico migliore del Duce riguardo alle questioni razziali in colonia nell'articolo "Su alcuni criteri antropologici per la colonizzazione in Africa" pubblicato sulla rivista mussoliniana GERARCHIA del dicembre 1936 e in altri scritti successivi, che pose le basi teoriche del segregazionismo razziale in Africa e passò a criticare con veemenza il comportamento assimilazionista dei francesi, asserendo che avrebbe comportato " conseguenze demografiche catastrofiche per la conservazione e l'ascesa della nostra civiltà . Scimmiottando la retorica mussolinina il Cipriani soggiungeva che " La Francia sperava di riparare così all'inconveniente, sempre più grave, delle sue culle deserte " non accorgendosi i transalpini di scivolare così, sul piano morale e materiale, verso il basso, estendendo i nuclei della *infezione*, come già era accaduto al Portogallo, nazione a suo avviso già *negrotizzata*.
Questa ossessione razzista fece sì che nel 1938 fosse promosso un censimento dei sudditi di colore presenti nel territorio metropolitano del Regno d'Italia (poche diecine in tutto), in quanto, come commenta il Gabrielli : " Nel momento in cui la gestione pubblica del razzismo, fino a quel momento finalizzata principalmente in funzione antiafricana, divenne arma politica e propagandistica fondamenta anche sulla penisola, la presenza di persone di colore integrate o in via di integrazione nella società italiana avrebbe rappresentato un evidente, sfacciato segnale dell'incapacità del regime di applicare i principi razzisti tanto ostentati ".
Con le istuzioni del 5 agosto 1936, impartite da Alessandro Lessona al Vicerè d'Etiopia, Rodolfo Graziani, ha ufficialmente inizio l'apartheid all'Italiana nell'Africa Orientale Italiana.
Il documento prevede tra l'altro quanto segue:
" Il governo generale dell'Aoi dovra' diporre:
a) che si arrivi gradualmente a tenere separate le abitazioni nazionali da quelle degli indigeni;
b) che si eviti ogni famigliarità fra le due razze;
c) che i pubblici ritrovi frequentati dai bianchi non siano frequentati dagli indigeni;
d) che sia affrontato con estremo rigore - secondo gli ordini del Duce - la questione del *madamismo* e dello *sciarmuttismo* e a tal fine:
1) [si deve] obbligare tutti gli ammogliati a portare la famiglia in colonia;
2) limitare al massimo, con provvedimenti di polizia, i contatti fra nazionali e le indigene;
3) organizzare case di tolleranza, anche ambulanti, con donne di razza bianca ".
Il Lessona si fece dunque promotore di un decreto legge dal titolo Sanzioni per i rapporti d'indole coniugale tra cittadini e sudditi " approvato e pubblicato il 19 aprile 1937, con il numero 880.
Il Regio Decreto Legge sanzionava con la reclusione fino a cinque anni il cittadino italiano che viveva *coniugalmente* con un suddito dell'Aoi. Non erano previste misure nei confronti della convivente di colore, giacchè soltanto il bianco aveva il dovere di non gettare discredito sulla razza italiana.
Con decreto 620208 del 12 giugno 1937, il governatore dell'Eritrea vietava agli italiani e ai bianchi europei in genere di abitare nei quartieri degli indigeni delle città e nei villaggi indigeni di periferia.
Il primo luglio 1937 il governatore della Somalia italiana, proibiva agli italiani di frequentare esercizi pubblici gestiti da indigeni.
Il 19 luglio 1937 il governatore dell'Eritrea vietava di trasportare su autocarri i nazionali in promiscuità con i sudditi; di trasportare sudditi su autovetture in servizio pubblico da rimessa o da piazza guidate da autisti nazionali [...] [vietava] agli autisti di mettersi al servizio dei sudditi per la guida di automezzi di proprietà di costoro, comminendo pene severe ai contravventori. .
La Dichiarazione della Razza del 6 ottobre 1938, che dava l'avvio alle leggi razziali, subito dopo il Manifesto degli Scienziati Razzisti, e le disposizioni di Bottai "sulla scuola fascista", iniziava con le celebri parole: " Il Gran Consiglio del Fascismo, in seguito alla conquista dell'Impero , dichiara l'attualità e l'urgenza dei problemi razziali e la necessità di una coscienza razziale , paragonando infine la questione ebraica nella Metropoli Imperiale, a quelle del meticciato con gli indigeni nelle Colonie.
Qualche giorno prima Mussolini aveva dichiarato già innanzi a 200.000 triestini:
" Coloro i quali fanno credere che noi abbiamo obbedito a imitazioni, o peggio, a suggestioni, sono dei poveri deficienti, ai quali non sappaimo se dirigere il nostro disprezzo o la nostra pietà. Il problema razziale non è scoppiato all'improvviso, come pensano coloro i quali sono abituati ai bruschi riscegli, perchè sono abiutuati ai lunghi sonni poltroni. E' in relazione con la conquista dell'Impero; poichè la storia ci insegna che gli imperi si conquistano con le armi, ma si tengono con il prestigio. E per il prestigio occorre una chiara e severa coscienza razziale che stabilisca non soltanto delle differenze ma delle superiorità nettissime ".
Dopo le leggi antiebraiche e razziste del 1938, il decreto legge 1004 del 29 giugno 1939, introduceva il nuovo reato di " lesione al prestigio della razza ", che puniva per la prima volta non solo l'italiano reo di rapporti promiscui con gli indigeni, ma anche il suddito di colore autore di comportamenti volti a *sminuire la figura morale dell'italiano*. Tra i comportamenti maggiormente puniti dal decreto vi era, per gli italiani bianchi, la "manifesta ubriachezza", la prestazione di lavoro manuale a favore di persone di colore, la frequentazione abituale di luoghi riservati ai nativi.
Se la legge del 1933 aveva dato la cittadinanza italiana centinaia di meticci, la legge n. 822 del 13 maggio 1940 li ricacciava brutalmente fra gli indigeni di colore, degradandoli a sudditi.
Scrive Angelo Del Boca : " Dinanzi al nuovo italiano di razza ariana, esaltato e protetto da una legislazione che ne faceva un superuomo invidiabile, tutti gli abitanti dell'Impero, libici, eritrei, somali, etiopici, erano soltanto dei *nativi*, destinati a costiuire quell'esercito nero di un milione di ascari che Mussolini ipotizzava per assoggettare buona parte dell'Africa, o quell'altro più grande esercito di servi, di manovali, di piccoli impiegati, di prostitute a completa disposizione dei dominatori ".
Sta di fatto che gli italiani delle colonie furono assai refrattari alle leggi razziste imposte dal Regime, furono indisciplinati al limite dello scandalo, anche se non mancarono i soliti zelanti credenti del Fascismo. Come ha scritto Irma Taddia : " i coloni non prestavano fede alle ideologie della madrepatria, arrivavano nell'Impero con uno scopo preciso, quello del guadagno facile e immediato".
Soprattutto seguitarono i rapporti sessuali fra italiani e indigeni, e continuarono a nascere mulatti, tanto che a sentire Ciano il Duce fu reso furioso dalle notizie che in tal senso gli proveniveno dalle Colonie dell'Impero tanto che, secondo il diario del delfino del Duce, " era fermamente deciso a risolvere il problema, avesse anche dovuto ricorrere allo sterminio dei mulatti ".
Come già ricordato la legge 822/1940 statuiva che i meticci dovessero essere tutti considerati, con poche deroghe, sudditi indigeni. Nonostante tutto ciò, ci riferisce il Del Boca, solo nella zona di Asmara nascevano da 60 a 80 meticci al mese, e la popolazione mulatta era stimata tra le 10.000 e le 35.000 unità. " Queste cifre, se da un lato documentano il completo fallimento della politica segregazionista fascista, dall'altro non assolvevano pero quel gruppo di gerarchi, di funzionari coloniali, di giuristi, di pseudo scienziati che avevano, con tanta freddezza e determinanzione ed insania, elaborato una dottrina che avrebbe, se integralmente applicata e rispettata, trasformato l'impero coloniale italiano in un universo concentrazionario, non dissimile da quello che, dieci anno dopo, sarebbe stato costruito in Africa del Sud, aperta sfida al resto dell'umanità ".
Il razzismo fascista dunque non fu solo e principalmente antisemita, anzi nemmeno inizialmente antisemita, e andò al di là, almeno nelle sue teorizzazioni e intenzioni, dalle coeve politiche di sfruttamento coloniale di altre potenze imperiali europee. Ovviamente la relazione fra conquista dell'Impero e messa all'ordine del giorno della questione razziale, va intesa anche in relazione alla politica complessiva del Fascismo, sia internazionale che interna, e dell'evoluzione continua della sua complessa e contraddittoria formazione ideologica. E' a seguito della "conquista dell'Impero" che si accentua l'isolamento internazionale dell'Italia assediata dalle "55 nazioni societarie", e Mussolini trova nell'avvicinamento alla Germania hitleriana la sua nuova strada.
Il legame fra imperialismo fascista e concezione della razza e della stirpe è comunque essenziale.
Scrive Emilio Gentile: " Il Fascismo aveva professato, fin dalle sue origini, una vocazione imperialista, anche se vagamente intesa, all'inizio, come espansionismo economico e spirituale, unito al mito populistico della "grande proletaria". Questa vocazione imperiale si orientò, dalla fine degli anni Venti in poi, verso l'espansionismo politico ed economico nei Balcani e verso le conquiste coloniali in Africa, con l'ambizione massima di affermare l'egemonia italiana nel mediterraneo (Mare Nostrum) per aprirsi la strada agli oceani. Ai progetti di espansione imperialista si affiancò anche il mito, propriamente fascista della *nuova civiltà*, immaginata come l'espansione del modello totalitario fascista attraverso la riorganizzazione dell'Europa e dei domini coloniali in un *nuovo ordine* di COMUNITA' IMPERIALI, basate sul predominio dei *popoli giovani*, come l'Italia e la Germania. La *comunità imperiale* vagheggiata dal Fascismo sarebbe stata costituita dai possedimenti coloniali e da un aggregato di nazioni europee considerate inferiori, che avrebbero conservato le loro entità statali ma sarebbero state gerarchicamente subordinate alla nazione italiana, come parte integrante del suo spazio vitale ".
In questa concezione fortemente gerarchica dei popoli, delle nazioni, degli Stati, l'ideologia del razzismo imperialista fascista si dimostra infatti non un razzismo genericamente differenzialista, ma come sottolinea anche il Sarfatti, appunto, un razzismo gerarchico . La strumentalità dell'ideologia razzista alla tensione imperialista e alle ambizioni dell'Italia nel contesto del "nuovo ordine mondiale", immaginato ormai ogni giorno di più, nonostante i tentennamenti di Mussolini, costruito in salda alleanza con la Germania NazionalSocialista, è un altro aspetto del razzismo fascista italiano, che esploso alla periferia dell'Impero si impone anche nella Metropoli Imperiale, saldandosi con l'insieme delle misure rivoluzionarie della "seconda ondata" promosse da Mussolini, in vista della trasformazione antropologica del popolo italiano in popolo guerriero, virile, duro, dominatore, degno di quell'Impero che il Fascismo gli aveva donato, a prezzo del sangue di tanti giovani, e della vita, stroncata brutalmente, di tanti 'indigeni infidi e barbari'.

Bibliografia essenziale:
Angelo Del Boca : "L'Africa nella coscienza degli italiani - miti, memorie, errori, sconfitte";
Angelo Del Boca: "Le leggi razziali nell'Impero di Mussolini";
Nicola Labanca : "L'Amministrazione coloniale fascista - Stato, politica e società"
Nicola Lablanca: "Il razzismo coloniale italiano"
Uoldelul Chelati Dirar : " Fra Cam e Sem. L'Immagina dell'*Africa Italiana* nella letteratura missionaria (1857-1895);
Gialuca Gabrielli: "Africani in Italia negli anni del Razzismo di Stato"
Gianluco Gabrielli: "Un aspetto della politica razzista nell'impero. il *problema dei meticci*.
Leon Poliakov: "Il Mito Ariano"
Renzo De Felice: "Mussolini il Duce"
Renzo De Felice: "Storia degli Ebrei Italiani sotto il Fascismo"
Emilio Gentile: "Fascismo - storia e interpretazione"
Alessandro Triulzi: "La costruzione dell'immagine dell'Africa e degli Africani nell'Italia coloniale"

Pieffebi
19-08-03, 18:20
Manca nel Fascismo italiano, salvo che in alcune sue frange prontamente allineatesi ai principi NazionalSocialisti, la consequenzialità brutale del razzismo hitleriano. Questa differenza non è propriamente di poco conto e non è certamente solo di grado. A Mussolini, nonostante tutto, e nonostante avesse formulato proposizioni, citate nei precedenti post, oggi considerabili senz'altro rivoltanti, non è mai passato per l'anticamera del cervello di esprimersi con il brutale fanatismo razziale del suo allievo tedesco, come questo ultimo fece, ad esempio, colla frase che segue: " Senza la possibilità di servirsi di essere umani inferiori, l'ariano non avrebbe potuto compiere i primi passi verso la sua cultura successiva [..] Per la formazione delle culture superiori la disponibilità di esseri umani inferiori costituisce una delle precondizioni essenziali, dato che permette di far fronte alla mancanza di strumenti tecnici, in assenza dei quali ogni ulteriore sviluppo è impensabile [Adolf Hitler: "Mein Kampf"]. Eppure quando Mussolini parlava della necessità di una gerarchia fra i popoli e alludeva al prestigio del popolo dominatore che deve curare la propria purezza razziale per mantenere l'Impero, mendiante la conservazione innanzi tutto del rispetto dovuto dei popoli conquistati.....non diceva, sostanzialmente, cose così profondamente diverse. Ma sarebbe non corretto ridurre la differenza fra Hitler e Mussolini a mere questioni gergali, linguistiche o di veemenza oratoria.
Sul piano del razzismo e dell'antisemitismo, del loro ruolo ideologico e politico, la differenza fra NazionalSocialismo e il Fascismo dei primi 16 anni, e per morti versi, anche con quello successivo (persino repubblichino) , resta tutto sommato molto grande.
In Italia non è mai venuto SERIAMENTE in mente a nessuno, fra i massimi dirigenti del Regime, e forse neppure fra i filo-nazisti più fanatici, di avviare progetti come quello "eutanasia" contro i minorati fisici e psichici, che han trovato semmai in paesi democratici qualche inquietante precedente, almeno nelle finalità. Certo le storia d'Italia e di Germania sono diverse, e diverso è stato il ruolo svolto nelle rispettive storie nazionali, ad esempio, dalla Chiesa Cattolica.
La cura fascista per la salute della stirpe non ha mai raggiunto nel Fascismo la folle visione ( a metà strada fra l'allucinazione mistica e, quella che Nietzsche avrebbe chiamato... la psicologia materialistica dell'allevatore di bestiame) di taluni "esperimenti" delle SS himmleriane per creare una generazione puramente ariana. E il disagio verso talune aberrazioni del razzismo nazista sarà presente persino in razzisti colti e raffinati, ma fanatici, come Julius Evola, che proprio non potrà evitare di considerare rozze talune formulazioni teoriche degli amici tedeschi, e non solo quelle di Alfred Rosenberg.
Il razzismo strumentale e segregazionista italiano si distingue pertanto in numerosi punti fondamentali dal razzismo d'annientamento (e fanaticamente centrale nella formazione ideologica nazista) dei tedeschi.
Quando anche il fascismo italiano, durante la guerra, costruì i suoi campi di concentramento (ad esempio quelo di Ferramonti e poi quello tristemente noto di Fossoli di Carpi ), nessuno di questi, che non era però di certo un luogo di villeggiatura, raggiunse, finchè fu in mani italiane, il livello di disumanità presente non solo nei mostruosi campi di sterminio , ma neppure in quelli "di lavoro" nazisti. Eppure il concentramento di molti ebrei in questi campi renderà la vita facile proprio ai tedeschi per deportarne una gran quantità nei propri campi della morte....

Ricorda Renzo De Felice che " il ministero degli Afferi esteri si oppose sempre, sino al settembre 1942, che i cittadini italiani di *razza ebraica* residenti in Germania e in altri paesi in cui vigevano legilazioni antisemite non fossero considerati *quali connazionali nella piena parità di diritti* ".
Il Fascismo italiano, nota, se non erro il Sarfatti, vantava un proprio testardo monopolio nel discriminare i propri ebrei.
Quando nel settembre 1942 il governo nazista informò l'Italia che non poteva permettere il perpetuarsi della situazione *di privilegio* degli ebrei italini residenti nei territori amministrati dalla Germania, il governo italiano, dopo aver vanamente protestato, ne organizzò il rimpatrio.
E questa opera fu attuata da Palazzo Chigi non solo a vantaggio degli ebrei italiani, visto che, come ricorda sempre il De Felice se: " il ministero dell'interno non impedì mai l'afflusso in Italia degli ebrei stranieri in cerca di salvezza. Il ministero degli Esteri non fu da meno ".
Il Sarfatti ricorda tuttavia che questo comportamento delle autorità politiche e militari italiane, anche relativamente ai territori occupati, non fu sempre coerente: " La politica dottata nei confronti dei profughi alternò disposizioni di accoglienza e di respingimento; me nelle zone occupate si sviluppò un atteggiamento che può essere sinteticamente definito di *consenso contrastato ma progressivamente operativo* alle richieste tedesche di consentire la deportazione di ebrei di loro *pertinenza*, della Croazia occidentale (agosto 1942), e dalla Francia sudorientale (fine 1942) e di adottare nella Grecia meridionale iniziatrive correlate all'imminente deportazione degli ebrei della Grecia settentrionale (febbraio 1943) ". Tuttavia, come ricorda il De Felice, molto spesso alcuni "formali assensi" furono dati ai tedeschi dagli italiani, e in particolare da Ciano e da Mussolini, con l'intento di temporeggiare, evitando quasi sempre di attuare misure conseguenti con tali espressioni della volontà, che infatti autorizzarono a volte le autorità naziste a sentirsi prese letteralmente in giro dagli alleati. Prima dell'intervento del generale Roatta, tuttavia, alcuni di questi accordi con i nazisti (responsabile il Grazioli) furono almeno parzialmente applicati, segnatamente riguardo agli ebrei di Jugoslavia, alcuni dei quali furono, in una prima fase, effettivamente ceduti ai nazisti o agli ustascià croati (se è possibile più antisemiti dei tedeschi), come ricorda Giuseppe Mayda.
Da parte sua Raul Hilberg ci fa sapere, nella sua opera capitale sulla distruzione degli ebrei d'Europa, che su sollecitazione di Ribbentrop che aveva in previsione una visita in Italia, anche per affrontare la questione ebraica come determinatasi nel teatro della guerra in corso " Himmler rispose [..] che avrebbe desiderato che gli italiani cessassero di sabotare i provvedimenti dell'RSHA in zona di occupazione tedesca . Nell'Italia in senso stretto auspicava l'applicazione di misure parallele a quelle in vigore in Germania. I tedeschi non avrebbero visto così presto la realizzazione dei loro desideri. Gli italiani non volevano sentir parlare di sterminio. .
Uno storico inglese "anticonformista" che si dichiara allievo del De Felice (Nicholas Farrel) ha recentemente sostenuto, suscitando scandalo, che per la salvezza degli ebrei europei hanno fatto di più gli italiani di Mussolini che gli inglesi di Churchill ( cfr. con Richard Breitmann). E' una provocazione che ha un fondamento di verità, anche se in termini di assoluti Hitler fu sconfitto dagli inglesi, con americani e russi, e non certo dagli italiani del Duce, che lo servirono fino alla fine. Non è però negabile che l'otto di settembre 1943 rappresentò un evento tragico per quegli ebrei che, nei territori occupati, avevano fino ad allora goduto dell'amministrazione italiana.
Lo stesso Raul Hilberg, che ci informa delle misure di protezione italiana degli ebrei prese nei territori occupati di pertinenza italiana (non diversamente da quanto affermano il De Felice, il Marrus e il Paxton), ci rappresenta tuttavia un Mussolini acquiscente, ad esempio, proprio verso Himmler, quando questi gli spiegò nell'ottobre 1942 che in Unione Sovietica era stato necessario uccidere un gran numero di uomin e donne, tra cui molti ebrei, perchè, a suo dire, collaboravano con i partigiani. " Il Duce osservò che per quanto lo riguardava era l'unica soluzione . Del resto gli italiani in Etiopia avevano eseguito....azioni simili (cfr. quanto scritto da Angelo Del Boca).
Nel novembre 1942 Mussolini, secondo la testimonianza di Alberto Pirelli, era ben al corrente, almeno nella sostanza, della vera natura della "soluzione finale della questione ebraica" che da qualche tempo i nazisti stavano praticando nell'Est: " Li fanno emigrare...all'altro mondo " rispose il Duce all'industriale milanese.
Negli anni tragici e tetri della Repubblica Sociale, il Duce del Fascismo, ridotto da Hitler ad essere, secondo le sue stesse parole "il podestà di Gargnano", per quanto ufficialmente Capo di uno Stato sovrano, strettamente controllato dall'invasore crociuncinato, avrebbe confidato al dottor Zachariae:
" Non posso approvare la manier con cui è stato risolto in Germania il problema ebraico, poichè i metodi adottati non sono conciliabili con la vita libera del mondo civile e ridondano a danno dell'onore tedesco. Devo tuttavia riconoscere che alcuni incidenti sono stati provocati da parte ebraica, comunque non certo in mdo da giustificare la violenza nazista. L'influenza peggiore e più pericolosa è quella che gli ebrei hanno nell'industria internazionale degli armamenti, nella quale detengono un ruolo di primaria importanza e di cui si servono con la loro tipica mancanza di scrupoli per scatenare guerre sanguinose, pere impadronirsi delle ricchezze degli altri paesi, per aumentare la loro potenza asservendo i popoli di altre razze [...] E' assolutamente necessario che dopo la guerra venga eliminata la loro influenza nell'industria degli armamenti poichè soltanto in tal modo sarà possibile creare una pace vera e duratura ". Mentre un regime follemente antisemita, di cui l'Italia era stata, ed era nella parte repubblichina, alleata subordinata, aveva scatenato una guerra pazzesca e criminale, ecco Mussolini (dopo aver preso le opportune distanze dagli *eccessi* nazisti verso gli ebrei), accusare il popolo che era concentrato in quel mentre dai camerati germanici nei campi di sterminio, di scatenare guerre, di ambire a dominare altri popoli (come l'Italia in Etiopia?) senza scrupolo alcuno. Persino quando si atteggiava a fare il non antisemita ("io non sono un antisemita" aveva confidato allo stesso Georg Zachariae), Mussolini non riusciva a sfuggire alla retorica antigiudaica più becera e sciocca. Dall'alta finanza e dall'internazionale antifascista ebraica era ora passato al "controllo ebraico" sull'industria internazionale degli armamenti. Ormai il suo razzismo "riluttante" e strumentale con persino tratti buffoneschi.....era giunto al patetico.
Se, secondo le testimonianze, Mussolini durante il Gran Consiglio del Fascismo del 6 ottobre 1938 si vantò del Manifesto degli Scienziati Razzisti, dicendo addirittura: "praticamente l'ho scritto io", nel dicembre 1943, durante un'intervista concessa a Bruno Spampanato l'ex fondatore dell'Impero diede ben altra versione:
" Il MANIFESTO DELLA RAZZA poteva evitarsi. Si è trattato di un'astruseria scientifica di alcuni docenti e giornalisti, un coscienzioso saggio tedesco tradotto in cattivo italiano. C'è molta distanza da quanto io ho detto, scritto e firmato in materia [..] Io ho sempre considerato il popolo italiano un mirabile prodotto di diverse fusioni etniche sulla base di un'unitarietà geografica, economica e specialmente spirituale. E' lo spirito che ha messo la nostra civiltà sulle strade del mondo. Uomini che avevano un sangue diverso furono portatori di un'unica, splendida civiltà. Ecco perchè io sono lontano dal mito di Rosenberg ". Eppure durante la medesima intervista, in cui Mussolini sembrava rievocare apertamente talune formulazioni evoliane (comprese le critiche del filosofo tradizionalista al materialismo biologico di certo razzismo nazista), allo Spampanato il Duce confidava : " Io ho fatto del razzismo sin dal 1922 ma un mio razzismo La sanità, la conservazione della razza, il suo miglioramento, la lotta antitubercolare, lo sport di massi, i bambini nelle colonie, questo è il razzismo come io lo intendevo... ".
Mentre Mussolini esternava queste sue argute riflessioni parzialmente "autocritiche" al giornalista repubblichino, nei campi di sterminio nazisti moltissimi ebrei rastrellati nei ghetti romani nell'ottobre 1943 .....erano già passati per il camino, senza che nessuna autorità della "Repubblica Sociale" avesse avuto la benchè minima obiezione concreta da opporre ai camerati tedeschi, per non parlare delle attive complicità attestate in più di un'occasione da parte di fascisti repubblichini riguardo le operazioni antisemite più brutali condotte dagli "alleati" e"liberatori" del Duce.
Non solo, era già operativo da giorni l'ordine del ministero degli Interni della Repubblica Sociale Italiana, del 30 novembre 1943, rivolto ai capi delle province (ex Prefetti) affinchè si provvedesse a concentrare tutti gli ebrei in campi appositi, sequestrando i loro beni "a vantaggio dei sinistrati italiani".
Sebbene l'ordine fosse stato pubblicato in anticipo e diffuso persino radiofonicamente ( a detta di qualcuno, per disposizione dello stesso ministro Buffarini-Guidi, intenzionato di mettere così sull'avviso le sue vittime), il medesimo, per i suoi contenuti e per le sue conseguenze successive, resta una delle pagine più paradigmatiche della politica vilmente antisemita e servile del governo fascista repubblicano, a conferma ulteriore del suo ruolo di sostanziale vassallaggio (seppur con atti di contenimento e qualche volta di relativa autonomia, che ne fecero una "Repubblica necessaria" secondo il De Felice) nei confronti della padrona Germania Hitleriana. Ma questa è già... un'altra storia.

Shalom!!!

bibliografia essenziale:
- Raul Hilberg : "La distruzione degli ebrei d'Europa"
- Renzo De Felice: "Storia degli ebrei italiani sotto il Fascismo"
- Renzo De Felice: "Mussolini l'Alleato"
- Renzo De Felice: "Rosso e Nero"
- Michele Sarfatti: "Gli ebrei nell'Italia Fascista"
- Giuseppe Mayda: "Storia della deportazione dall'Italia - 1943/1945"
- Alberto Spinosa: "Mussolini Razzista Riluttante"
- De Grand : "L'Italia Fascista e la Germania Nazista"
- Hannah Arendt: "La Banalità del Male"
- Hannah Arendt: "Le origini del Totalitarismo"
- Adriano Romualdi: "Il Fascismo come fenomeno europeo"
- Valerio Marchetti: "Resistenza ebraica, antisemitismo, totalitarismo"
- Enzo Traverso: "La violenza nazista -una genealogia"
- Giorgio Bocca: "La Repubblica di Mussolini

Pieffebi
20-08-03, 17:34
La "svolta" razzista antisemita del 1938 fu preceduta da almeno un anno di "campagne stampa" e di pubblicazioni (celebre quella di Paolo Orano sugli ebrei in Italia) di taglio sempre più apertamente razzista e antigiudaico. E tutto questo avveniva in un Regime autoritario in cui la stampa doveva attenersi, obbligatoriamente, agli indirizzi governativi, e dove persino giornali e riviste fasciste erano talvolta censurate, sequestrate o addirittura soppresse, quando ritenute eccessivamente "eretiche".
Soltanto la stampa cattolica godeva di una certa autonomia, ma da essa vennero alcuni primi contribuiti antigiudaici, non soltanto tradizionalisti, che sconfinavano apertamente in un antisemitismo politico, soprattutto dopo lo scoppio della guerra civile spagnuola, vista come crociata antibolscevica per la difesa della Spagna cristiana.
E' del 1936 un volumetto del clerico-fascista Alfredo Romanini dal titolo " Ebrei-Cristianesimo-Fascismo che è definito da Renzo De Felice come " il primo vero pamphlet antisemita dei nostri giorni ".
Un'altra fonte della montante campagna antisemita veniva dai commenti favorevoli che, su IL REGIME FASCISTA di Roberto Farinacci, venivano pubblicati in merito all'antisemitismo di Stato del III Reich. Lo stesso Farinacci pubblicò sul suo giornale (già "Cremona Nuova") un articolo elogiativo del discorso tenuto da Goebbels al congresso di Norimberga del Partito NazionalSocialista dei Lavoratori Tedeschi. Così , il capo dell'intransigentismo fascista, scriveva in quella occasione riguardo alla "questione ebraica in Italia" : " Dobbiamo confessare che in Italia gli ebrei, che sono una infima minoranza, se hanno brigato in mille modi per accaparrarsi posti nella finanza, nell'economia e nelle scuole, non hanno svolto opera di resistenza alla nostra marcia rivoluzionaria . Dobbiamo confessare che hanno sempre pagato i loro tributi, obbedito alle leggi, compiuto anche in guerra il loro dovere. Ma essi tengono purtroppo un atteggiamento passivo, che può suscitare qualche sospetto. Perchè non hanno mai detto una parola che valga a persuadere tutti gli italiani ch'essi compiono il loro dovere di cittadini per amore, non per timore o per utilità? Perchè non dimostrano in modo tangibile il loro proposito di dividere le loro responsabilità da tutti gli ebrei del mondo, che mirano ad un solo scopo: al trionfo dell'internazionale ebraica? Perchè non sono ancora insorti contro i loro correligionari, autori di stragi, distruttori di chiese, seminatori di odi, sterminatori audaci e malvagi di cristiani? ...
Si sta generando la sensazione che presto tutta l'Europa sarà teatro di una guerra di religione. Non se ne accorgono essi?
Siamo già sicuri che da più parti si griderà: Siamo ebrei fascisti. Non basta. Bisognerà dare la prova metematica di essere prima fascisti, poi ebrei ".
E in un altro articolo il Farinacci, rispondendo a Felice Ravenna (che a nome della comunità ebraica aveva risposto all'offensiva del ras fascista cremonese, confutandone le tesi), se la prendeva apertamente con il sionismo:
" E' vero sì, che il Duce non ha sentito finora [tutte le sottolineature e i grassetti sono miei, ndr] il bisogno di fare in Italia distinzioni di razze o di religioni, ma sono proprio alcuni ebrei italiani che tengono a distinguersi dagli italiani appartenenti agli altri culti, partecipando alla campagna a favore del sionismo e alle riunioni del Congresso Ebraico Internazionale ".
Le tematiche tipiche dell'avversione al "cosmopolitismo ebraico" e contro il "sionismo", sulla base di un forte nazionalismo identitario italiano, sono già tutte presenti in queste frasi del Farinacci.
Questo spirito da "antisemitismo politico" alimentò nel 1937 una furiosa campagna di stampa, in cui si distinse il quotidiano torinese La Stampa, insieme al Giornale d'Italia, ai soliti organi dei ras locali e del partito e persino con l'appoggio del moderato Corriere della Sera.
Su La Stampa si poterono leggere concetti interessanti come questo:
" Se lo Stato fascista è totalitario, non può ammettere che un gruppo privilegiato di cittadini, al coperto da leggi speciali, compia, sotto il pretesto della beneficienza e del collegamento culturale con l'estero, veri atti di politica estera ispirandosi NON agli interessi italiani, ma a quelli dell'ebraismo mondiale. (...) Se lo Stato Fascista è Totalitario, non deve poi tollerare che la cultura italiana, sia, come è, inquinata dall'ebraismo ... ".
Il fondamento razzistico di questo antisemitismo "politico" crescente era, come al solito (su basi più spinte di quelle dell'Orano, e volgarizzando ed estremizzando il pensiero di Evola), rappresentato da Giovanni Preziosi. In un articolo già ricordato sinteticamente in altro mio post, del 1937, lo spretato filo-nazista scriveva: " L'ebreo resta ebreo qualunque sia la nazionalità con la quale si rivesta. L'ebreo resta ebreo qualunque sia il suo credo politico . L'ebreo resta ebreo perfino quando si fa cristiano . Mentre d'altra parte il cristiano o l'islamico che dovessero abbracciare la fede ebraica non per questo potrebbero diventare o considerarsi Ebrei... . Tutto ciò ci vien dichiarato nel modo più esplicito dagli esponenti dell'ebraismo.... ".
Sono qui contenuti, quasi perfettamente, i principi ispiratori dell'art. 8 della principale e fondamentale delle leggi razziste dell'autunno 1938! E Preziosi li considera senz'altro una estrapolazione dello stesso pensiero ebraico, fatto in qualche proprio e rovesciato nelle sue conseguenze politiche.
Dal canto suo quando la Germania NazionalSocialista ebbe notizia della chiara svolta razzista e antisemita del Regime Fascista italiano, commentò con compiacimento questo fatto ritenuto ovviamente di grande importanza.
Il quotidiano del Partito Nazista, il 15 luglio 1938, sottolineò la pubblicazione del MANIFESTO DELLA RAZZA degli scienziati italiani, sotto l'egida del Governo di Mussolini, asserendo che era stata oramai costituita : " la più grande comunità che era mai stata creata fra due popoli sulla terra . E il giornale del partito nazista di Colonia commentava a propria volta:
" Uguale orientamento anche nel problema razziale: questo è forse il lato più spiacevole della politica dell'Asse Roma-Berlino per il resto del mondo. Troppo grandi speranze esso aveva riposto nella possibilità che il Fascismo e il Nazismo potessero un giorno trovarsi in disaccordo su questo problema, ciò che già si credeva di poter calcolara quasi con matematica certezza .
Del resto gli attacchi di Paolo Orano (e di altri) specificatamente contro gli EBREI FASCISTI (con l'intento di metterli sempre più alle corde), e le sempre più soffocate risposte degli Ovazza e degli altri camerati di fede ebraica, erano, per il Mussolini, evidentemente strumentali, fra l'altro, anche alla politica estera di sempre più stretta amicizia con Hitler.
Il mussoliniano Oreste Gregorio, su "IL POPOLO D'ITALIA" del 25 maggio 1937 aveva già "profeticamente" avvertito:
" Il problema d'attualità è la protesta dichiarata dagli Ebrei d'italia per il razzismo tedesco. Ma non si avvedono gli israeliti che ciò è inconciliabile con l'amicizia che ci lega alla Germania e che ha obbiettivi molto più vasti e fondamentali, molto più vitali della questione ebraica? .
Quando la stampa fascista o "fascistizzata" (per parafrasare il Duce) chiedeva pertanto agli ebrei di dimostrarsi prima italiani e fascisti e solo in subordine ebrei, chiedeva loro di voltar lo sguardo altrove mentre la Germania Nazista, oramai amica sempre più fondamentale dell'Italia "Imperiale", perseguitava i loro correligionari, e il tutto in nome di un interesse superiore italiano?
Paolo ORano, nella sua opera citata, aggiungeva che l'antisemitismo era comunque giustificato sia dal sionismo , che anche dalla volontà manifesta degli israeliti di distinguersi come comunità religiosa e culturale dal resto della Nazione, dimostrando di non volersi lasciare davvero assimilare. Ai razzisti puri il libro di Orano non piacque. Per i razzisti antisemiti puri la separazione e non l'assimilazione era la soluzione della "questione ebraica"; la mancata volontà di assimilazione poteva essere al più un argomento propagandistico per scatenare l'odio antisemita.
Per altro, seppure i sionisti italiani fossero una minoranza, e malgrado il fatto che Mussolini avesse appoggiato il sionismo revisionistico, fino a giungere in un'intervista a proclamarsi filo-sionista, l'opinione avanzata nel 1937 durante la campagna antisemita era che: " Il sionismo è uno strumento della dominazione inglese nel bacino orientale del Mediterraneo, una sfida agli arabi e in genere all'Islam, col quale l'Italia, massime dopo la conquista dell'Etiopia è in rapporti cordiali e promettenti [Corriere della Sera del 3 giugno 1937 ]. I sionisti erano pertanto additati come una sorta di "agenti inglesi" o degli interessi britannici, consapevoli o meno.
Vari elementi, vari interessi, varie questioni, varie spinte internazionali, varie spinte interne, vari processi di evoluzione ideologica del fascismo, inducevano il Regime a sposare sempre più una politica di discriminazione razziale antisemita, di persecuzione dei diritti della comunità ebraica nazionale.
Scirve Antonio Spinosa: " Trotzky nel 1933 [..] aveva individuato il motivo [del razzismo hitleriano] nella necessità da parte del nazionalsocialismo di dare alle masse un surrogato alla lotta di classe; e Mussolini barattò gli ebrei italiani per una più stretta amicizia politico-militare con la Germania, convinto che da quella alleanza gliene sarebbe venuto, come primo risultato, considerevole prestigio. Non fu però possibile tenere un piede in due staffe, come era nelle intenzioni dei fascisti, e a poco a poco la campagna razziale si fece anche in Italia sempre più feroce. Mussolini aveva puntato sulla disattenzione tedesca; pensava che Hitler si sarebbe fidato della sua parola. Senonchè non gli riuscì più di arginare le ingerenze dei camerati tedeschi nelle questioni private del razzismo italiano, senza contare la catastrofe del tragico periodo successivo all'8 settembre 1943, quando l'Italia passò sotto il diretto dominio dei corpi di occupazione nazisti. Il programma minimo del razzismo fascista che doveva quasi servire di vernice, fu ben presto superato sotto la spinta degli eventi e dell'invadenza tedesca. Mussolini da alleato diventò succube, e nella campagna razziale fu portato a servire di tutto punto quel pangermanesimo che egli aveva combattuto. Ed ecco che si presentò il fenomeno del razzismo fascista nell'aspetto più indecoroso e vergognoso. I nostri razzisti sono stati vili e spregevoli soprattutto per esseri esposti * [qui Spinosa cita Carlo Sforza] al più antitaliano dei contagi, all'artificioso antisemitismo che una banda di nazionalisti copiò dalla straniera Germania* .
Per la verità Mussolini cercò di costruire un razzismo italiano in parte almeno... diverso e CONCORRENTE, anche sul piano ideologico e teorico da quello tedesco. Per questo ripudiò infine il troppo germanico Manifesto della Razza (da lui ispirato), e si rivolse sempre più alle concezioni "spiritualistiche" del razzismo italiano, plaudendo alle formulazioni evoliane e similari. Tuttavia, per quanto opportunistico [come abbiamo visto e documentato ] e strumentale a finalità politiche e ideologiche vaste, il razzismo del tardo-fascismo, aveva anche radici nazionali più antiche, che precedevano la rivoluzione delle camicie nere. Considerare il razzismo fascista SOLO come un fenomeno di importazione è un altro modo, in fondo, per auto-assolvere la cultura italiana da quello scempio. Se il razzismo fu estraneo alla gran parte del popolo italiano e del suo spirito, non fu totalmente estraneo alla sua "alta" cultura, al positivismo scientistico ottocentesco che si insinuò nei ceti colti, ne' ai miti del suo nazionalismo identitario imperialistico e post-risorgimentale. E' bene non dimenticarlo.

Shalom!!!

bibliografia essenziale:

Antonio Spinosa: "Mussolini razzista riluttante"
Renzo De Felice: " Storia degli Ebrei italiani sotto il Fascismo"
A.J. De Grande: "L'Italia Fascista e la Germania Nazista"
Alessandra Minerbi: "Tra solidarietà e timori: gli ebrei italiani di fronte all'arrivo dei profughi ebrei dalla Germania"
Martin Clark: "Storia dell'Italia Contemporanea - 1871/1999"

Pieffebi
23-08-03, 18:26
in breve....Israele è un paese come altri, in cui vi sono persone per bene, persone per male, persone geniali, persone intelligenti, persone poco sveglie e anche perfetti imbecilli. Non mancano gli estremisti di destra , gli estremisti di sinistra e gli integralisti religiosi ultra-tradizionalisti, come, purtroppo non mancano in nessun paese al mondo. Israele è tuttavia un paese democratico, l'unico di tutta la regione. In parlamento sono presenti partiti arabi e deputati arabi liberamente eletti da cittadini arabi dello Stato. E' l'unica risposta possibile a domande del tutto fuori argomento] come questa, salvo che non sian tendenziosamente rapportabili, come genesi e come fini, a qualche categoria negativa che ho sopra riconosciuto esistente fra gli israeliani.
Shalom!!!
torniamo alle cose serie e attinenti:

Antigiudaismo cattolico e Antisemitismo fascista, Le leggi razziali e la lotta del Fascismo contro il potere della Chiesa in Italia.

Per ora non abbiamo trattato il tema degli eccessi di certo antigiudaismo cattolico che, in talune circostanze, si sono manifestati con una virulenza tale da costituire un elemento non del tutto secondario nella formazione dei pregiudizi antisemiti poi transitati nella formazione ideologica fascista, od assonanti con la medesima. Personalmente ritengo l’antisemitismo moderno , anche in Italia, maggiormente connesso con altri elementi della cultura nazionale (ed europea) che non con la tradizione religiosa o i pregiudizi alla stessa, a torto o a ragione, riconducibili. Non vi è dubbio però che la questione dell’antigiudaismo cattolico, soprattutto nelle sue forme più virulente, non possa affatto essere ignorata quando si trattano tematiche come quella di questo 3d o di quello parallelo aperto su altro forum. D’altra parte non possono essere neppure ignorati i pronunciamenti della Chiesa Cattolica, ad opera del suo più Alto Esponente, contro l’antisemitismo razzista e l’ideologia neo-pagana del NazionalSocialismo, ne’ la natura delle critiche, spesso troppo timide e limitate, che la Chiesa cattolica tuttavia produsse nei confronti delle leggi razziali fasciste , preoccupandosi, è vero, soprattutto, di tutelare le proprie prerogative, riconosciutele dal Concordato del febbraio 1929, e di difendere i diritti dei cattolici classificati secondo i criteri materialistico biologici, dalla legislazione fascista, come di “razza ebraica”, con i conseguenti riflessi sui “matrimoni” intesi razzialmente misti dal Regime ancorché religiosamente omogenei (stipulati fra battezzati cattolici), e via discorrendo.
Nonostante che il 2 aprile 1928 Il Sant'Uffizio avesse solennemente decretato che “ La Santa Chiesa Cattolica fu sempre solita pregare per il popolo giudaico, depositario, fino alla venuta di Gesù Cristo, delle divine promesse, nonostante il suo susseguante acciecamento, anzi appunto per questo. Mossa da questo spirito di carità, la Sede Apostolica protesse il medesimo popolo contro le ingiuste vessazioni, e come riprova di tutti gli odi e le animosità tra i popoli, così massimamente condanna l'odio contro un Popolo già eletto da Dio, quell'odio cioè che oggi volgarmente suole designarsi col nome di *antisemitismo* “ ..questa chiara affermazione non solo non appare in sintonia con altre manifestazioni di segno opposto che, fra i figli della Chiesa di Roma, purtroppo vennero nella storia, ma era in contrasto con la chiara condanna, espressa, nello stesso documento, nei confronti dei cattolici dell'associazione “Amici di Israele”, di cui veniva deliberato lo scioglimento.
Del resto, il confluire di certi eccessi di antigiudaismo teologico cristiano con i nuovi pregiudizi, che nel XIX secolo si erano formati contro gli ebrei su ben altra base, è testimoniata dalle campagne antiebraiche del gesuita Padre Oreglia, e di altri, su “ La Civiltà Cattolica ”.
Nel 1884 la rivista scriveva infatti: “ Gli ebrei di religione sono anche tali di razza e di nazione; non essendo ne' italiani, ne' spagnuoli, ne' francesi ma sempre ebrei e non altro che ebrei ”. Del resto padre Oreglia e i suoi avevano sovvertito il tradizionale giudizio aspramente negativo di tanti Papi sulle dicerie antigiudaiche più assurde (“la minaccia del sangue”, “l'infanticidio rituale”) avvalorando pregiudizi medievali che sopravvivevano soprattutto nell'Europa Centrale e Orientale, e cercando di trapiantarli anche nel nostro paese.
Il padre gesuita Oreglia si può considerare un degno erede di quel Luigi Chiarini che, qualche decennio prima, aveva prodotto, sotto l'egida dello zar di tutte le russie, una teoria sul giudaismo che negava qualsiasi rapporto dello stesso con l'antica religione ebraica, e sosteneva ogni sorta di pregiudizio. Oreglia dal canto suo ebbe anche la brillante idea di teorizzare, in una serie di articoli pubblicati sulla rivista tra il 1886 e il 1887 sotto il titolo “ Dell'ebraica persecuzione contro il Cristianesimo “, che fin dai tempi di Nerone, per giungere al moderno anticlericalismo massone, giacobino e liberale, ogni persecuzione e patimento subito dai cristiani avvenne per opera o su istigazione dei giudei, sovvertendo con ciò completamente la realtà storica, e omettendo completamente le pagine e pagine della storia della sanguinaria persecuzione subita dagli ebrei da parte di cristiani e cattolici indegni, taluni anche con alte cariche ecclesiastiche o benedetti da alti prelati della Santa Chiesa.
Padre Raffaele Ballerini, raccogliendo a propria volta l'eredità dell'Oreglia, fu invece l'autore di una vera campagna antisemita pubblicata dalla rivista nel 1890 con una serie di scritti aventi il titolo: “ Della Questione Giudaica in Europa “.
Secondo il Ballerini sussistevano evidenti ragioni che rendevano impossibile e inopportuno che giudei e cristiani continuassero a vivere gli uni accanto agli altri, con ciò attaccando duramente soprattutto la DICHIARAZIONE DEI DIRITTI DELL'UOMO del 1789, che secondo lo studioso cattolico in realtà trattava essenzialmente di pretesi e impossibili diritti degli ebrei a scapito degli altri popoli. Per il Ballerini “ giudaismo e massoneria si confondono e s'immedesimano, come il ferro colla mano dell'assassino che lo vibra, come la fiaccola nel pugno dell'incendiario che la stringe ”. Analoghi concetti aveva già espresso l'Oreglia riguardo a giacobinismo, liberalismo ( la stessa Massoneria) e ogni altra manifestazione della modernità “anticattolica”. Dopo la rivoluzione comunista russa all'elenco si aggiungerà notoriamente il bolscevismo, e in epoca mussoliniana, infine, genericamente....l'antifascismo.
“ Di giudei – ribadiva la rivista dei padri gesuiti - è in gran parte composto il Consiglio supremo che dirige tutto il corpo massonico; giudaico è l'odio, di che questo è invasato contro la Chiesa di Gesù Cristo; giudaico il programma della massoneria, che è riedificare il tempio salomonico sulle riune del cristiano, o per parlar fuor di metafora, scristianizzare il mondo [..]. Ma la massoneria ai nostri dì tiranneggia popoli e Governi. Sarà dunque fuor di ragione il dire che siam fatti mancippi del giudaismo? ”.
Conseguentemente si teorizzava, senza mezzi termini, che l'unico modo efficace per salvare l'Europa da tali misfatti degli ebrei (popolo, razza, nazione, religione) , ma anche di salvare caritatevolmente la stessa vita fisica dei giudei minacciata dall'odio dei popoli suscitato da tali fenomeni, era quello di togliere l'eguaglianza civile agli israeliti e tornare alla plurisecolare politica segregazionista della Società Cristiana. Insomma la restaurazione del ghetto, della segregazione, della diseguaglianza.
E allorquando i teorizzatori cattolici della segregazione condannavano i pogrom antisemiti che si manifestavano in europa centro-orientale e soprattutto nei territori dell'Impero Russo, non mancavano di sottolineare che, in fondo, la responsabilità ultima di queste violenze, pur deprecabili da un punto di vista autenticamente cristiano, andava addossata in ultima istanza senz'altro alla “ cupidigia ebraica ”. Ancora una volta le vittime diventavano.....i veri colpevoli delle violenze che subivano, secondo uno schema psicologico antico, che persisterà e transiterà nella mentalità nazista e anche in quella del tardo-fascismo italiano.
La condanna dell'antisemitismo ad opera del Sant'Uffizio, nel 1928, di cui abbiamo riportato sopra uno stralcio fondamentale, fu attenuata dalla rivista dei gesuiti mediante un'interpretazione riduttiva, in cui si riconduceva il rigetto del razzismo antiebraico al rifiuto di quelle dottrine moderne che combattevano e denunciavano l'ebraismo per combattere e denunciare, in esso, il cristianesimo.
Questa impostazione de LA CIVILTA' CATTOLICA non cessò neppure con l'avvento del nazionalsocialismo in Germania, che fu condannato ma, in modo deciso, soltanto quando il suo antisemitismo radicale iniziò a rivelarsi non solo e non tanto uno strumento propagandistico (come era stato per i clerico-fascisti austriaci), innestato su un'imitazione del fascismo mussoliniano, ma una tendenza essenziale all'ideologia e alla politica del regime hitleriano. Tendenza profonda e portatrice di una visione razzista, pagana, sostanzialmente anticristiana. Quando il Santo Padre pronunciò la sua celebre enciclica antinazista ( Mit Brennender Sorge del marzo 1937, i padri scrittori più impegnati nella lotta anti-ebraica della rivista non fecero fatica ad allinearsi, nonostante che, ovviamente, persistessero ad affiancare alle critiche al razzismo biologico nazista, dal punto di vista dell'universalismo e dell'umanesimo cristiano, la solita tediosa e velenosa sottolineatura delle immaginarie colpe sociali, civili e politiche degli ebrei, ben al di là della polemica meramente religiosa. Non mancarano neppure, in taluni casi, i riferimenti persino ai famosi falsi PROTOCOLLI DEI SAVI ANZIANI DI SION. In ogni caso continuava una colpevolizzazione radicale degli ebrei come “ causa fondamentale dei propri mali “ .
Rispetto alle leggi razziali del fascismo italiano la rivista, in special modo con i padri Barbera e Capponi, degni eredi dell'Oreglia, assunse una posizione di sostanziale favore verso la politica di separazione fra ebrei e italiani, criticando gli aspetti che erano apertamente contrari alla dottrina cattolica, e quegli elementi che violavano il Concordato, colpendo i matrimoni razzialmente misti ma religiosamente omogenei, e altre questioni concernenti gli ebrei convertiti al cattolicesimo.
Pochi giorni dopo l'avvio delle premesse del Razzismo di Stato del Fascismo italiano, avvenuto con la pubblicazione, sotto l'egida del MINCULPOP del governo Mussolini, del MANIFESTO su “Il Fascismo e la Questione della Razza”, il Santo Padre si pronunciò da parte sua con grande vigore contro le tesi espresse dagli “scienziati razzisti”:
“ Ci si può [..] chiedere come mai, disgraziatamente, l'Italia abbia avuto bisogno di andare ad imitare la Germania [...] I latini non dicevano razza, ne' qualcosa di simile. I nostri vecchi italiani hanno parole più belle e simpatiche “. Questo discorso, riportato dall'Osservatore Romano del 30 luglio 1938, fu considerato “violentemente antirazzista” da Galeazzo Ciano, nel suo diario, e rese furente Benito Mussolini, che considerava ormai l'anziano Pio XI una “sventura per la Chiesa”, e commento': “ anche sulla questione della razza noi tireremo dritto ” [agosto 1938 – discorso al raduno della GIL, con chiaro riferimento...... ai rapporti con la Chiesa].
Una nota privata del Governo Fascista al Vaticano, del 16 agosto 1938, conteneva alcuni....espliciti inviti, non senza qualche sarcastico riferimento storico:
“ Gli ebrei – in una parola – possono stare certi che non subiranno un trattamento peggiore di quello ricevuto nei secoli dai papi che li hanno ospitati nella città eterna e nei territori del potere temporale.
Con questa premessa è pressante desiderio dell'Onorevole Capo del Governo che stampa cattolica, predicatori, conferenzieri e via dicendo si astengano dal trattare questa faccenda in pubblico; alla Santa Sede, al Sommo Pontefice stesso, non mancherà modo di esprimere direttamente a Mussolini attraverso canali privati e di proporgli quelle osservazioni che crederà opportuna per la migliore soluzione di questo delicato problema “

Mentre il Papa in persona notava comunque le innegabili assonanze fra il manifesto razzista fascista e la filosofia razzista del NazionalSocialismo germanico, la rivista dei gesuiti del 8 agosto 1938, dal canto suo, come ricorda Renzo De Felice, commentò al contrario: “ Chi ha presenti le tesi del razzismo tedesco, rileverà subito la notevole divergenza di quelle proposte da queste del gruppo di studiosi fascisti italiani. Questo confermerebbe che il fascismo italiano non vuole confondersi con il nazismo o il razzismo tedesco intrinsecamente ed esplicitamente materialistico e anticristiano “. Ricordiamo soltanto che lo stesso Benito Mussolini, durante gli anni della Repubblica Sociale, dimenticando di averne rivendicato a suo tempo la paternità effettiva, avrebbe confidato non solo che detto Manifesto “poteva evitarsi”, ma che era stato scritto in tedesco e tradotto.....in cattivo italiano.
Scrive lo stesso De Felice, facendo riferimento alle immediatamente successive leggi razziali: “ Se i provvedimenti fascisti non avessero leso i diritti concordatari della Chiesa e il suo prestigio, negandole il diritto di tutelare tutti coloro che si erano messi o si sarebbero messi sotto la sua protezione, non vi è dubbio che essi non avrebbero provocato la sua avversione. Le ragioni dei fascisti erano infatti – se si eccettuano questi aspetti particolari - *comprese* dagli ambienti vaticani [...] l'atteggiamento della Santa Sede rispetto ai provvedimenti razziali fascisti fu a sua volta sostanzialmente timido e rivolto non a difendere gli ebrei, ma a difendere precise prerogative della Chiesa Cattolica in Italia. Questo per la Santa Sede; quanto alle sfere dirigenti cattoliche in Italia, se fra esse troviamo dei tenaci difensori degli ebrei vi furono anche [..] dei tanaci assertori dell'antisemitismo fascista “.
Da parte sua Susan Zuccotti, non senza aver menzionato ulteriori interventi del Santo Padre, dell'agosto 1938, di critica della nascente “svolta” razzista del Regime Fascista, nota che: “ Alla fine dell'estate 1938 i potenti del mondo erano concentrati sull'imminente scontro tra il Terzo Reich e la Cecoslovacchia per la questione dei Sudeti. Il papa aveva meno tempo o forza per occuparsi di razzismo o antigiudaismo. Ottantunenne e malato già da molti mesi, stava perdendo la sua influenza e il controllo su coloro che, in Vaticano, volevano soprattutto evitare una rottura con il governo italiano in quei momenti pericolosi. Mussolini, pur essendo altrettanto ansioso di evitare una frattura, aveva chiarito bene che non intendeva recedere dai programmi razziali. “.
Certamente, spesso molti studiosi ebrei e non lo ricordano, anche Pio XI era permeato da una certa indubbia tradizione avversa agli ebrei, costituita in buona sostanza dell'antigiudaismo tradizionale cattolico, non senza taluni suoi eccessi, accumulati nel seno della cultura cristiana durante parecchi secoli. Ma il Santo Padre, se era figlio di quella cultura, lo era però rigettando fermessimamente qualsiasi visione e implicazione razziale e razzista. Sta di fatto che, contemporaneamente quasi ai pronuciamenti papali sopra ricordati, la campagna antiebraica di taluni organi di stampa cattolici, compresa LA CIVILTA' CATTOLICA, continuava a colpevolizzare “i giudei” di ogni male del mondo: massoneria, liberalismo, bolscevismo, anticlericalismo, scristianizzazione....antifascismo, secondo gli stereotipi peggiori e con una virulenza non molto e non sempre inferiore a quella dimostrata dai fascisti più zelanti nell'antisemitismo.
Il Santo Padre quindi, a differenza di molti figli della Chiesa, aveva ben presenti i limiti della critica cristiana e cattolica al giudaismo come fede religiosa derivante da Abramo che, avendo rifiutato Gesù Cristo come Messia e Figlio di Dio, era caduta inesorabilmente e gravemente nell'errore. Il 5 settembre 1938 il Papa aveva criticato con durezza i provvedimenti antiebraici nella “scuola fascista” promossi da Mussolini e Bottai, e il 6 settembre, durante un'udienza, dalla radio cattolica aveva pronunciato queste parole inequivocabili, commentando un passo della Scrittura ricordato nella Messa:
“ Ascoltate attentamente: Abramo è definito il nostro Patriarca, il nostro avo. L'antisemitismo non è compatibile con il sublime pensiero e la realtà evocata in questo testo. L'antisemitismo è un movimento odioso, con cui noi cristiani non dobbiamo avere nulla a che fare [...] Attraverso Cristo e in Cristo noi siamo discendenti spirituali di Abramo. No non è lecito per i cristiani prendere parte a manifestazioni di antisemitismo . Noi riconosciamo a tutti il diritto di difendersi e di adottare misure per proteggersi da coloro che minacciano i legittimi interessi di ciascuno. Ma l'antisemitismo è inaccettabile. Spiritualmente siamo tutti Semiti ”. Le parole del Santo Padre, prossimo ormai alla morte, non furono MAI pubblicate, all'epoca, dalla stampa cattolica italiana.....
continua....

Shalom!!!!

Bibliografia essenziale:

Renzo De Felice: “Storia degli ebrei italiani sotto il Fascismo”
Susan Zuccotti: “Il Vaticano e l'Olocausto in Italia”
Ruggero Tradel – Barbara Raggi: “La Segregazione Amichevole - §La Civiltà Cattolica§ e la questione ebraica 1850-1945”
Michele Sarfatti : “Gli ebrei nell'Italia Fascista”
Maurizio Ghiretti: “Storia dell'antigiudaismo e dell'antisemitismo”
Giovanni Miccoli: “Santa Sede, questione ebraica e antisemitismo alla fine dell'Ottocento”

Pieffebi
24-08-03, 17:33
seconda parte del precedente..........



Non è compito di questo 3d indagare sulle relazioni Stato-Chiesa durante il Ventennio, che vide comunque la "soluzione della questione romana" del 1929, gli aspri conflitti sulla questione de L'Azione Cattolica del 1931, reiterati in parte proprio nel 1937/38, la preoccupazione del Papa per l'avvicinamento di Mussolini ad Hitler, il vulnus al concordato inflitto da talune disposizioni nel quadro delle leggi razziali, la sotanziale convergenza di fondo sulla questione spagnuola, e tanti altri momenti di "alti e bassi". Ma qualche cenno andrà fatto. Non è neppure fine di questi post quello di affrontare la tematica delle pretese responsabilità di Pio XII relativamente al "silenzio" della Chiesa sull'Olocausto, che saranno semmai argomento di apposite e diverse "discussioni" su questo e altri forum, laddove tuttavia le accuse più virulente ed infamanti, talvolta di parte ebraica, ma più spesso provenienti da autori anglosassoni e tedeschi, debbono comunque fermamente respingersi.
Scrive Renzo De Felice circa l'idoneità del momento scelto dal Mussolini per la strumentale svolta razzista del Fascismo: " Lo era psicologicamente , perché, se anche avesse avuto ancora alcune incertezze sulla sua opportunità esse erano destinate a cadere di fronte alla violenza della sua irritazione contro la borghesia, la Chiesa e la monarchia e alla sua convinzione che la politica della razza avrebbe costituito il più potente «cazzotto» che egli poteva loro sferrare. Lo era politicamente sul piano interno, perché dare una «coscienza razziale» agli italiani era per lui ormai diventato una tappa fondamentale della costruzione dell’«uomo nuovo fascista». " il tutto condizionato tuttavia dagli aspetti legati alla politica internazionale del Duce in quel complesso contesto europeo e mondiale, e della difesa del Regime dalle cospirazioni "dell'internazionale antifascista ebraica".
Sebbene, come è stato ricordato, il Fascismo-Regime si caratterizzasse per i suoi compromessi, ben poco rivoluzionari, con poteri come quello della Monarchia, della Borghesia, delle Forze Armate, della Burocrazia Statale, della Chiesa Cattolica, è pur vero che questi compromessi non avevano mai avuto, in Mussolini e tanto meno nelle aspirazioni del Fascismo-Movimento, un carattere statico, definitivo, privo di ambizioni totalitarie tese a spostare sempre più innanzi gli equilibri a favore del Fascismo e del suo Duce, inteso sempre più come suprema autorità e manifestazione dello Stato "totalitario".
In tale contesto, i contrasti e i compromessi conseguiti con la Chiesa, anche in merito alle leggi razziali e a ciò che vi gravitava attorno, vanno letti appunto, da chi vuole intenderne il senso profondo, nell'ambito dell'azione mussoliniana per una più conseguente svolta "totalitaria". Svolta che era un tutt'uno con quella rivoluzione antropologica e culturale promossa dal Regime al fine di forgiare il popolo guerriero e dominatore. Opera "rivoluzionaria" ritenuta sempre più urgente, mentre ci si avvicinava in politica estera alla bellicosa Germania hitleriana. Questa costituiva anche l'occasione per una ulteriore precisazione dei rapporti di forza con la Chiesa Cattolica, o meglio, con le sue gerarchie e con le sue organizzazioni nella società civile italiana.

Abbiamo affrontato, nel post precedente, il tema della condanna del neo-paganesimo razzista del NazionalSocialismo avvenuta da parte di Pio XI. Fatte le debite differenze, già nel 1925, da parte cattolico-democratica, don Luigi Sturzo aveva considerato pubblicamente la dottrina fascista come " fondamentalmente pagana e in contrasto col cattolicesimo. Si tratta di Statolatria e deificazione della Nazione.... [perchè il Fascismo] non ammette discussioni e limitazioni: vuole essere adorato per sè, vuole arrivare a creare lo Stato Fascista ". Questa analisi, contiene evidenti elementi di verità, che poterono essere intravisti da una mente acuta come quella di Sturzo ben prima che il Regime si mostrasse in tutta la sua fanatica "religiosità littoria". Quando il fondatore del partito popolare scrisse dette parole, tuttavia, la Chiesa aveva già sostanzialmente abbandonato a se stesso il popolarismo. Nel 1929 Mussolini fu indicato, addirittura dal Pontefice, in occasione del raggiungimento della storica Conciliazione, come "l'Uomo della Provvidenza".
All'interno del Fascismo agì con forza una corrente cattolico-nazionale e cattolico-conservatrice, proprio mentre l'ex (?) mangiapreti radicale Mussolini giungeva a considerare, sul piano ideologico, il cattolicesimo come parte intrinseca dell'identità culturale nazionale italiana. Sul piano politico Mussolini vedeva essenzialmente la religione cattolica, machiavellicamente e palesemente, come instrumentum regnii .
Secondo Montanelli e Cervi : " La Conciliazione fu il punto di arrivo di due tendenze diverse ma tendenti allo stesso obbiettivo. Per la Santa Sede si trattava di porre fine, con un accordo soddisfacente, che non sembrasse una resa, alla *iniqua condizione fatta al romano Pontefice*. Per Mussolini si trattava di accelerare la dissoluzione di ciò che restava del Partito Popolare, togliendo alla sua opposizione al Regime il fondamento morale e politico della *Questione romana*; e di attirare inoltre verso il fascismo quelle masse cattoliche che ancora erano perplesse ed esitanti . Il fatto che la Chiesa, attraverso l'Azione Cattolica, si riservasse una buona autonomia di azione nella società civile sarà non a caso, di lì a poco, fonte di nuove tensione tra le due sponde del Tevere.
Del resto la Chiesa e una gran parte del mondo cattolico, al di là della correttezza sostanziale dell'analisi di Sturzo del 1925, avevano fatto fin da allora ben altre valutazioni. Come scrive il Malgeri: " La promessa fascista di riportare tranquillità ed ordine al Paese, nelle città e nelle campagne non trovò, quindi, insensibile quella parte [conservatrice] del mondo cattolico, tanto più che Mussolini appariva ai loro occhi l'uomo in grando di cancellare definitivamente la vecchia politica laicista e anticlericale, presente sia nella tradizione liberale che nel movimento socialista, restituendo alla Chiesa il suo ruolo e la sua dignità. Gran parte dei cattolici giudicarono, quindi, inutile attardarsi in difesa di un partito ad ispirazione cristiana, quando era lo stesso Capo del Fascismo a dichiararsi disposto a tutelare gli interessi della Chiesa ".
In questo contesto si inserisce il discorso, caro al Sarfatti, della violazione della, pur parziale e faticosa, parità dei diritti innanzi allo Stato. Parità conquistata col cattolicesimo (riportato dal Fascismo, fin dal giorno della costituzione del primo Gabinetto Mussolini, dopo la Marcia su Roma, al rango di unica religione dello Stato) dal giudaismo, ora nuovamente degradato, come le confessioni cristiane non cattoliche, a "culto ammesso". Con ciò veniva restaurato, una volta tanto nella storia del ventennio, la lettera dello Statuto Albertino, a dispetto della successiva legislazione ordinaria, di tenore "egualitario" fra i culti, del Regno d'Italia in epoca liberale post-unitaria. Questa situazione si aggravò certamente dopo la Conciliazione del febbraio 1929, quando a seguito della sistemazione della "questione romana" alla Chiesa Cattolica furono riconosciute ulteriori prerogative. Non per questo va dimenticato che quando il Fascismo operò per riformare l'organizzazione delle comunità israelitiche italiane, varando apposite norme di legge, il tutto fu fatto d'intesa con i vertici dell'ebraismo e con una sostanziale soddisfazione del rabbinato italiano, nel quadro complessivo della situazione giuridica sancita ormai, per le confessioni e religioni acattoliche, dal Concordato con la Chiesa di Roma. Se ne ricava quindi che le questioni politiche e istituzionali e quelle culturali, ideologiche e propagandistiche vanno intese nella loro rispettiva autonomia, seppur intendendo anche le loro evidenti correlazioni.
Sta di fatto che nel 1938, mentre fra la Chiesa e lo Stato Fascista si era riaperta una certa guerriglia ( non così dura come nel 1931, ma sempre importante) sulla questione dell'Azione Cattolica (che Mussolini accusava profeticamente di stare allevando di fatto una classe politica alternativa, in modo da proporsi in un non lontano futuro come possibile alternativa a quella fascista), e mentre l'avvicinamento dell'Italia alla Germania razzista e neopagana preoccupava e indignava la Santa Sede, esplose la questione razziale, con le divergenze che essa generò con il Vaticano in merito alla violazione delle prerogative concordatarie della Chiesa, ignorate, soprattutto nelle prime bozze di legge, dal fascismo italiano, con talune correzioni marginali in fase di approvazione definitiva delle norme.
Abbiamo rilevato nel post precedente come tanto il persistere di un antigiudaismo religioso, a volte decisamente esasperato ( nonda parte del Papa), fino a sconfinare nell'antisemitismo politico e culturale, quanto la preoccupazione di non rompere con il Regime in un momento storico molto delicato, impedirono alla Chiesa di portare a fondo la battaglia contro il razzismo. La Chiesa infatti accettò, seppur malvolentieri, anche ulteriori compromessi persino rispetto alle interpretazioni delle leggi razziali e soprattutto (in modo vantaggioso per lei) in merito alla ciclica battaglia aperta dal Regime (in questa fase, nel contesto della sua accelerazione "totalitaria") sul ruolo e sullo status dell'Azione Cattolica e delle altre organizzazioni giovanili e civili cattoliche.
Agli inizi del 1939, con l'avvento del nuovo Pontefice, perfetto conoscitore della Germania, la situazione non migliorò affatto. Anzi, gli eventi spingevano in direzioni sempre più allarmanti, tanto che la sensazione che la pace in Europa avesse i giorni contati diventava ora dopo ora sempre più diffusa e, soprattutto, sempre più tragicamente fondata.
Susan Zuccotti ricorda che: " Pio XII non ebbe la possibilità di adattarsi gradualmente al suo nuovo compito. Tre giorni dopo la sua elezione, il 12 marzo [1939] l'esercito tedesco entrò a Praga, annettendo il territorio Ceco, il flagrante violazione degli accordi di Monaco del settembre precedente [ che avevano visto il ruolo centrale di Mussolini, acclamato dagli italiani "il salvatore della Pace", a dimostrazione della loro irriducibilità ai desideri fascisti di crearne un popolo di guerrieri - nota di Pieffebi ]. Il venerdì Santo, 7 aprile, gli italiani bombardarono Tirana e occuparano l'Albania. Il Papa parlò di pace in termini generali nella sua prima messa di Pasqua due giorni dopo, ma non disse nulla di specifico su questi due recentissimi atti di palese aggressione. [...] Il più importante degli interventi pubblici di Pio XII a favore della pace si ebbe la sera del 24 agosto, tre giorni dopo l'annuncio del patto di non aggressione tra Germania e Unione Sovietica [...]. Come Pio XI prima di lui il nuovo Papa si sentì immediatamente in dovere di trattare con Mussolini sul tema delle leggi antiebraiche. Come il suo predecessore, si concentrò soprattutto sul bisogno degli ebrei convertiti, ma in realtà i suoi interventi furono persino più limitati. [...] Gli sforzi volti a emendare le leggi a vantaggio dei convertiti continuarono almeno fino alla fine del 1942 ".
Le concessioni del Regime verso la Chiesa su questi punti furono, come accennato, scarse all'inizio [nel momento della preparazione delle norme razziste ] e quasi nulle successivamente.
In ogni caso la preoccupazione mussoliniana di rafforzare il tendenziale totalitarismo fascista, a discapito anche del potere spirituale del Papa (ossia....della Chiesa italiana), in qualche modo "nazionalizzando" e "fascistizzando" anche il cattolicesimo, ebbe il sopravvento sul tentativo opposto, per molto tempo seguito dalla Gerarchia Cattolica e dai cattolici conservatori, di "cattolicizzare" il Fascismo.
Alcuni degli autori antisemiti italiani preferiti dal Mussolini erano, comunque, quasi altrettanto anticristiani che anti-ebraici. I suoi personali pregiudizi sugli ebrei, attratti apparsi fin dalla gioventù, anche se spesso poi contraddetti, ben poco avevano in comune con la tradizione antigiudaica religiosa o con i suoi eccessi, essendo invece patrimonio del suo passato di ex socialista rivoluzionario, con tratti blanquisti , soreliani e suggestioni nietzschiane, e di nazionalista identitatario e imperialista.
Mussolini, durante l'incontro che ebbe con Giovanni Preziosi nel settembre 1941, lodò esplicitamente le tesi del "razzismo spirituale" elaborate dal filosofo tradizionalista "di orientamento ghibellino " Julius Evola in " Sintesi di dottrina della Razza ", libro che Mussolini aveva avuto l'occasione di leggere tempo prima durante un suo viaggio in Germania, effettuato per incontrare Adolf Hitler, e di cui ne incoraggiò la diffusione. Secondo Cristopher Boutin lo stesso Evola fu un agente del SD, il "servizio di spionaggio" dell SS himmleriane, ma il fatto è assai controverso visto che proprio ambienti delle SS avevano mostrato evidente insofferenza alle teorie evoliane, in nome dell'ortodossia nazista e razzista, che Evola aveva criticato con asprezza [ ben superiore ] fin dai primi anni trenta.
Certo è che l'aristocratismo a propria volta neo-paganeggiante, anche se in via "spirituale" tradizionalista, di Evola era decisamente lontano dalla spiritualità cattolica, così come lo era il suo modo "spirituale" di intendere l'antisemitismo.
Ne' nel Manifesto della Razza, ne' nella Dichiarazione della Razza del Gran Consiglio Fascista, ne' nella legislazione razziale fascista, sono del resto riconoscibili importanti elementi riconducibili coerentemente all'antigiudaismo cristiano e cattolico, pur nelle sue esasperazioni ultra-clericali, sebbene vi fosse talvolta nella coeva propaganda della stampa fascista e "fascistizzata", la volontà manifesta di utilizzarne taluni argomenti.
Non vi è dubbio però che la situazione di fatto generata dall'avvio della legislazione razzista del fascismo italiano, in quanto segregazionista e sostanzialmente abrogativa della gran parte delle conquiste dell'emancipazione conseguita dagli ebrei italiani ben più di un secolo prima, rifletteva gli auspici che in questo senso erano stati formulati dal taluni cattolici, come i citati padri della rivista LA CIVILTA' CATTOLICA, nel corso di parecchi decenni di letteratura anti-ebraica.
Il fatto però che il Legislatore Fascista avesse fatto in modo che non fossero tenute in buona considerazione le prerogative della Chiesa, e che i cattolici di origini ebraiche fossero per lo più trattati (perseguitati nei diritti) come ebrei, sulla base di presupposti razzisti-biologici, dimostra una volta di più la distanza notevole esistente fra l'antisemitismo politico e strumentale, fomentato dal fascismo mussoliniano, e l'antigiudaismo e l'antisemitismo religiosi.
Ciò non assolve gli eccessi dell'antigiudaismo manifestato da molti cattolici, con le sue degenerazioni e conseguenze apertamente antisemite, dalle responsabilità che ebbe, non solo e non tanto in Italia, nel preparare un terreno culturalmente e psicologicamente favorevole alla penetrazione della follia del razzismo antisemita più violento e volgare, con le tragiche conseguenze che purtroppo ben conosciamo riguardo alla "distruzione degli Ebrei d'Europa", ossia alla Shoà.

Shalom!!!
Bibliografia essenziale :
Renzo De Felice: "Mussolini, il fascista"
Renzo De Felice: "Mussolini, il Duce"
Renzo De Felice: "Mussolini, l'Alleato"
Susan Zuccotti: "Il Vaticano e l'Olocausto in Italia"
Julius Evola: "Nazionalismo, Germanesimo, Nazismo" (antologia)
Francesco Malgeri: "Chiesa Cattolica e Regime Fascista"
Mimmo Franzinelli: "Il Clero Fascista"
Emilio Gentile: "Fascismo - Storia e Interpretazione"
Emilio Gentile: "Il Culto del Littorio"
Michele Sarfatti: "Gli ebrei nell'Italia fascista""
Matteo Luigi Napolitano: "Pio XII e il Nazismo" in N.S.C. n° 3/2001
Gianfranco de Turris: "Un tradizionalista nella RSI - Julius Evola 1943-1945" in n.S.C. n. 2/2001
Martin Clark : "Storia dell'Italia contemporanea (1871-1999)"
Indro Montanelli-Mario Cervi : "L'Italia del Novecento"

Pieffebi
25-08-03, 18:00
IDEOLOGIA, CULTURA, POLITICA ESTERA, POLITICA INTERNA, MITOLOGIA E PROPAGANDA NELLE COMPONENTI DEL RAZZISMO FASCISTA E NEGLI SCOPI DELL'ANTISEMITSMO DI STATO.

Nella sua biografia politica di Benito Mussolini lo storico Renzo De Felice affronta anche il tema delle ragioni del consenso (quando vi fu) alla svolta razzista del Fascismo italiano, fra i dirigenti e i quadri del partito, rilevando innanzi tutto come prevalenti fossero le motivazioni di carattere opportunistico, carrieristico, strumentale e sordidamente politico.
Tuttavia il De Felice si addentra anche nell'esaminare componenti politico-ideali e culturali di tale “consenso” o degli approcci che convissero nel movimento fascista rispetto all'evoluzione del razzismo e dell'antisemitismo:
“ Per alcuni fu la convinzione che essa costituisse un passo decisivo sulla strada di un maggiore e sempre più stretto accordo con la Germania, da essi ritenuto necessario per poter costituire un fronte unico contro l’Inghilterra e la Francia, per rendere più totalitario il regime e per rilanciare nel partito e nel paese la politica intransigente. Tipico in questo senso e il caso di Farinacci , per il quale la politica razzista, di cui egli fu uno dei più decisi assertori e tra i primi propugnatori, era e doveva essere considerata un fatto squisitamente politico “. Il De Felice ricorda, a proposito, come l'intransigente Farinacci, sul piano personale, non potesse definirsi un razzista convinto. Anzi, in una sua nota al Duce aveva mostrato persino un certo disappunto rispetto alle teorizzazioni troppo astratte e “scientifiche” degli scienziati fasciti. Del resto Mussolini gli rimproverò.....una segretaria ebrea......
“ Per altri (spesso, ma non sempre, di formazione cattolica) ad imporre la politica antisemita era essenzialmente la necessità di preservare dall’impatto dissolvitore della cultura moderna quella tradizionale e cattolica. Per costoro colpire l’ebraismo, metterlo al bando, equivaleva a tagliare le radici della cultura moderna negatrice di tutti i valori tradizionali o, per chi non vedeva nella «mentalità ebraica» o nella «colpa» degli ebrei (il deicidio) le origini di tale cultura, a giustificare in qualche misura la lotta contro di essa con la forza di un mito che bene o male aveva una sua storia antichissima e poteva essere rinverdito facendo appello alla tradizione cattolica. Tipici sono a questo proposito i casi - diversi, ma inscrivibili in una analoga logica operativa - del Centro studi anticomunisti e in particolare della sua Sezione letteratura . Abbiamo già in altri post specificato la questione dell'antigiudaismo cattolico nella cultura italiana, come l'esistenza di un clerico-fascismo, rivelando tuttavia gli elementi di dissonanza fra la politica razziale del regime e la Chiesa, in un clima, soprattutto in quella fase, di contrasto (e di lotta di potere oltre che di valori) piuttosto che di collaborazione fra le due sponde del Tevere.
“ Per alcuni esponenti della sinistra fascista (...) la politica antisemita aveva, così come per Farinacci, un valore tutto politico e, anche per essi, doveva dunque essere tenuta fuori dall’«orrido letto di Procuste» di «certa scienza»; a differenza dal gerarca di Cremona che la vedeva nell’ottica filotedesca e intransigente, per essi il suo significato positivo era però quello di costituire un primo passo per dare concretezza alla polemica antiborghese e una sorta di cartina al tornasole per giudicare la borghesia. “. Anche in questo caso abbiamo già fatto cenno agli esempi costituiti dal Cianetti e dal Fontanelli e alle loro correnti sindacal-fasciste, ricordando anche però che altra parte della sinistra fascista fu piuttosto fredda se non insofferente alla svolta razzista, in quanto intesa appunto come un “ andare verso il nazismo ”, verso il quale molti fascisti di sinistra nutrivano un'antipatia piuttosto marcata soprattutto per una diversissima concezione del corporativismo (il “razionario” Fronte del Lavoro Nazista).
Renzo De Felice aveva prima ancora ricordato che “ Il piccolo nucleo iniziale di fascisti antisemiti attorno a G. Preziosi si era rafforzato e saldato organicamente con quella parte del fascismo - di cui Farinacci era l’esponente più in vista ed autorevole - che, un po’ per scelta politica e un po’ per rilanciare la propria leadership nel partito e nel regime, puntava ormai tutto su una stretta collaborazione e alleanza italo-tedesca e su una totalitarizzazione di tipo nazista del fascismo. L’influenza tedesca, palese e occulta, cominciava a dare i suoi frutti, tra cui, appunto, il prendere piede di un antisemitismo circoscritto, ma in grado di manifestarsi dalle pagine di un certo numero di periodici e di pubblicazioni di partito o ai margini di esso. ”.
Al di là di questa influenza del NazionalSocialismo, crescente man mano che i destini di Italia e Germania, per ragioni di politica internazionale, si avvicinavano, come lo stesso De Felice ha altrove ricordato (in altre parti dell'opera e ne “La Storia degli Ebrei Italiani sotto il Fascismo”), vi erano altri fattori che spingevano nella direzione del razzismo, sia connesse con la conquista dell'Impero che con gli obiettivi di politica interna di Mussolini. Altre e ulteriori ragioni di politica estera erano inoltre considerate dal Duce: “ perché gli permetteva, da un lato, di marcare nettamente la differenza profonda che doveva esservi tra l’Italia fascista e i paesi democratici (e soprattutto la Francia), con i quali l’Italia poteva anche trovare una base d’accordo, ma con la consapevolezza che essi erano una cosa diversa dalla quale ormai non poteva venire «altro che pourriture», e, da un altro lato, di rassicurare Hitler - alleanza o non alleanza - sull’effettiva direzione della sua marcia e di smentire le voci che volevano l’Asse in difficoltà. “.
Lo storico “revisionista” mette anche in evidenza l'impatto del razzismo su quelle leve di giovani fascisti che concepivano l'ideologia del partito come essenzialmente rivoluzionaria, nonostante le contraddizioni e i compromessi del Regime, che aspirava a : “ fare del razzismo - inteso in senso molto più spiritualistico che biologico - la forza spirituale aggregante quella comunità - nazionale, ma in prospettiva anche universale - che questi giovani inseguivano più di ogni altra cosa e ritenevano indispensabile per radicare veramente il fascismo nel popolo. Il razzismo - si legge nel numero del 30 giugno 1939 del notiziario del GUF di Catanzaro «Razzismo» - oltre che un problema biologico è essenzialmente un elevamento etico, che tocca le coscienze ed acuisce il senso della nazione, il senso di questa comunità umana che si sa stretta da vincoli di lingua, di religione, di storia comuni, ma che trova il più saldo elemento di coesione in quella identità di pensare e di agire dipendenti dalla conformazione psichica di una razza unitaria. E la speranza di trovare nell’assenza sino allora negli italiani di una coscienza razziale la spiegazione del perché la cultura fascista si era dimostrata inadeguata a soddisfare le loro esigenze spirituali e, più in genere, del perché la società italiana non aveva saputo realizzare veramente il fascismo. Questo atteggiamento traspare qua e là un po’ da tutta la stampa giovanile .. “
Riguardo alle motivazioni ideologiche (da distinguersi da quelle politico-strategiche, anche se ovviamente strettamente connesse) di Benito Mussolini, Renzo De Felice non dimentica di trattare del tema del progetto di Mussolini ( mai attuato) di scrivere un'opera, intitolata “ Europa 2000 ”. Opera dove il Duce avrebbe voluto esprimere la sue “profetiche” intuizioni sul destino dei popoli e sulle ragioni che sottendevano a questo, nel contesto di una visione complessiva della storia che teneva conto della formazione culturale che in Mussolini si era andata evolvendo nel corso dei decenni e soprattutto degli ultimi anni, con un sincretismo definito da Ugo Spirito perennemente osciallante fra l'istanza rivoluzionaria, il pragmatismo politico e l'istanza reazionaria.
Su questo progetto del Duce il De Felice esamina criticamente e confronta le testimonianze lasciateci da Ciano e da D'Aroma, in cui si notano elementi interessanti, se non altro, della psicologia di Mussolini nel momento storico del suo apogeo e dell'inizio inesorabile del suo declino di statista, fino al tragico esito finale, distruttivo per tutto ciò che aveva creato e per la sua Patria. Le annotazioni dei due testimoni sono diverse, per impostazione e punto di vista, ma complementari e danno contro abbastanza coerentemente dello stato dei fatti. Il lavoro interpretativo del De Felice sul punto è molto preciso e di un certo interesse per il nostro tema.
Ricorda lo storico che : “ Ciano, nel suo diario, alla data del 6 settembre 1937 annotava: Il Duce si è scagliato contro l’America, paese di negri e di ebrei, elemento disgregatore della civiltà. Vuole scrivere un libro: l’Europa nel 2000. Le razze che giocheranno un ruolo importante saranno gli italiani, i tedeschi, i russi e i giapponesi. Gli altri popoli saranno distrutti dall’acido della corruzione giudaica. Rifiutano persino di far figli perché ciò costa dolore. Non sanno che il dolore è il solo elemento creativo nella vita dei popoli. Ed anche in quella degli uomini. E giusto un anno dopo, nel settembre 1938, D’Aroma scriveva a sua volta: Una rivista inglese è uscita recando la notizia che Mussolini sta per pubblicare un libro razziale e demografico, dal titolo Europa 2000. Alla fine di un rapporto poiché mostra di volersi intrattenere, domando sulla veridicità dell’annuncio. Calmo ed ironico risponde: «È verissimo: non so come sia trapelata la notizia. Ma deve essere arrivata a Londra via Palazzo Chigi. Bisognerà che un giorno o l’altro vada con una ramazza a Piazza Colonna per sbarazzare quel palazzo di certa immondizia filo-britannica che Galeazzo protegge. Scriverò si, questo libro, ma per dimostrare che nell’anno 2000 i popoli che domineranno il mondo, saranno solo tedeschi, italiani, russi e giapponesi». Pur collimando, le due testimonianze presentano una certa diversità. Il Mussolini riferito da D’Aroma parla solo dei popoli che avrebbero dominato nel 2000, non contesta l’argomentazione «razziale e demografica» attribuita al libro che voleva scrivere, ma non entra in particolari. Quello di Ciano, invece, entra in qualche misura nel merito precisando il carattere di tale argomentazione in senso antinegro e antisemita e soffermandosi soprattutto sulla «creatività» del dolore. Per noi la più importante è dunque questa, tanto più che nulla autorizza a non ritenerla attendibile. Sia perché non si vede il motivo di una eventuale manipolazione di essa da parte di Ciano, sia perché è fuori dubbio che nel settembre '37 Mussolini già si poneva per l’Italia sia il problema di impedire il diffondersi del meticciato sia quello di «difendersi» dall’«ostilità» antifascista dell’«ebraismo internazionale» e della massoneria, che, a suo dire, si era rivelata in occasione della guerra d’Etiopia, ed è comprensibile che egli guardasse ad entrambi i problemi in riferimento non solo all’Italia in quel momento, ma - data la sua sempre più accentuata tendenza a vedere tutti i problemi come manifestazioni della crisi della civiltà occidentale e nella prospettiva della «missione» che l’Italia doveva assolvere per rinnovare tale civiltà - alla società tout-court. Detto questo, la seconda parte della testimonianza conservataci da Ciano e, più in generale, quello che sappiamo sul «razzismo» di Mussolini ci inducono tuttavia a ritenere che la caratterizzazione razziale dell’argomentazione mussoliniana debba essere intesa in un senso molto lato e al tempo stesso particolare, essenzialmente psichico-spirituale; l’unico senso, del resto, che permette un discorso che - dovendosi applicare a quattro popoli razzialmente tanto diversi e che nessun vero razzista avrebbe mai accomunato- non potrebbe altrimenti avere alcuna caratterizzazione razziale. ”.
Questo incompiuto progetto del Duce del Fascismo, confrontato con gli atti che egli invece favorì, sia sul piano culturale, che propagandistico, che politico (scatenamento della campagna contro il meticciato, scatenamento della campagna antisemita, accelerazione totalitaria, atti di politica internazionale di ben preciso indirizzo di fondo, emanzazione e attuazione della legislazione razziale, consolidamento dell'Asse...) è estremamente illuminante. Esso, accanto alle precedente considerazioni del De Felice sopra riportate, o alle argutissime analisi storiche e di storia dell'ideologia di un Emilio Gentile, ci permette di fare dei notevoli passi avanti circa la comprensione dei moventi della “svolta” razzista del tardo- fascismo, considerandoli nella loro complessità, ed escludendo qualsiasi mono-causalità, sia essa riferita al peso dell'alleanza con la Germania, che alla battaglia antiborghese e per la rivoluzione antropologica, che da sinceri ed evidenti elementi di ideologia razzista comunque sussistenti in parti del Fascismo, e nello stesso Duce, che da pregiudizi (a propria volta, in discreta percentuale, ideologicamente razzisti), sull'esistenza e la pericolosità della famosa “internazionale antifascista ebraica” e della guerra che essa avrebbe dichiarato all'Italia Fascista, che ad altri ancora, di grande rilievo .....riconducibili all'influenza culturale del tradizionalismo cattolico, piuttosto che alla preoccupazione sulla possibilie progressiva infedeltà degli stessi ebrei fascisti nel caso di un progredire dell'alleanza del Fascismo con la Germania razzista e antisemita (vedi il sintomatico caso Lumbroso) , nonché dell'avvicinamento tattico di Mussolini ai nazionalisti arabi, ovviamente antisionisti ( come antisionista era diventato il Mussolini essendosi convinto dell'inutilizzabilità dei sionisti revisionisti e della funzionalità del sionismo agli interessi britannici nel Mediterraneo, in concorrenza con le mire italiane).
Abbiamo visto con il Sarfatti come “ Il fascismo decise di definire gli ebrei come gruppo razziale e non come gruppo religioso e culturale “ e abbiamo imparato a distinguere, con Mauro Raspanti, nel razzismo fascista, fra una tendenza razzista biologica , una strumentale e opportunistica considerata nazional-razzista e una spiritualeggiante battezzata esoterico-tradizionalista .
Sappiamo con lo storico Michele Sarfatti che le normative della legislazione italiana del tardo-fascismo illustravano al meglio come “ il Regime Fascista praticasse un tipo razzismo di tipo gerarchico e non differenzialista ”, ma anche come “ [i] il razzismo del regime fascista italiano (comprese le dichiarazioni ideologiche) tenne ben conto delle esigenze della sua politica estera “. Sappiamo anche dallo stesso Sarfatti, perchè no, quanto l'antisemitismo non fosse esente dall'ossessione, che anzi il fascismo agitava propagandisticamente con grande sapienza, dell'eguaglianza fra ebraismo internazionale e antifascismo. Infatti gli ebrei inoculavano addirittura, secondo la mentalità razzista del tardo-fascismo “ i bacilli del loro odio razziale antifascista ”.
Con altri studiosi abbiamo altrove sottolineato come ne' il razzismo in generale, ne' l'antisemitismo razziale moderno in particolare fossero, anche in Italia, invenzioni del Fascismo, in quanto abbondanti tracce dei medesimi sono rintracciabili già in intellettuali e studiosi del XIX secolo e dei primi anni del XX, pervasi dallo scientismo positivistico e dai miti che lo stesso aveva diffuso nella cultura sociale, antropologica e politica europea.
Sicuramente a differenza che in altre aree del Vecchio Continenti il razzismo e l'antisemitismo non raggiunsero in Italia ne' i livelli quantitativi, ne' quelli * qualitativi *, ne' la virulenza che saranno, ad esempio in Germania, una materia prima di fondamentale importanza per l'elaborazione dell'ideologia NazionalSocialista. Questo rende però il razzismo e l'antisemitismo di Stato imposti dal Fascismo, se è possibile, ancora più ripugnanti, giacchè si imposero in forza di una propaganda insana e di leggi infami, ad un popolo che razzista e antisemita complessivamente proprio non era.
Scrive Emilio Gentile : “ Nella fase dell'accelerazione totalitaria [ che comprende la campagna antiborghese, il tentativo di ridurre il potere e l'influenza di Monarchia e Chiesa, ndr ] ...furono adottati anche i provvedimenti antisemiti, culminati nella promulgazione delle leggi antiebraiche (17 novembre 1938), come parte integrante della legislazione razzista elaborata dopo la conquista dell'Etiopia. Il razzismo non era estraneo alla cultura politica fascista, che aveva manifestato fin dalle origini una speciale attenzione per la * difesa della sanità della stirpe * nell'ambito di un generale progetto di rivoluzione antropologica per rigenerare il carattere degli italiani, per creare una nuova razza di dominatori e conquistatori. Invece l'antisemitismo non era stata fino al 1938 una componente dell'ideologia fascista, anche se vi erano fascisti antisemiti, come vi erano ebrei fra i primi fascisti, fra i milianti del Pnf, e fra la classe politica e intellettuale del Regime.
All'inizio degli anni Trenta Mussolini aveva pubblicamente disprezzato le teorie razziste e l'antisemitismo. Tuttavia, con l'intensificazione della politica razzista, anche l'atteggiamento verso l'antisemitismo cominciò a mutare.
Certamente ebbe un'influenza, su questo mutamento, l'alleanza con la Germania Nazista ma i fattori decisivi furono la convinzione di Mussolini che l'ebraismo internazionale fosse parte attiva dell'antifascismo, e soprattutto la volontà di accelerare i tempi di attuazione dell'esperimento totalitario per creare una razza italiana etnicamente omogenea. La legislazione antiebraica veniva così ad inserirsi nel razzismo fascista come una scelta del tutto coerente, per motivi ideologici e politici, con la logica totalitaria del regime. Dal 1938 l'Italia divenne ufficialmente uno Stato antisemita (..) anche se l'antisemitismo fascista non produsse i risultati più orridi dell'antisemitismo nazista, la discriminazione [razziale] fu comunque una premessa per una più spietata persecuzione, quale fu messa in pratica più tardi nella Repubblica Sociale. .
L'intento del Fascismo, che come è ricordato da più storici, era segregazionista, di apartheid e con malcelate intenzioni di espulsione (delgi ebrei), di cui l'esclusione dalla vita della Nazione operata dalla legislazione del 1938/39 era una premessa. Il Fascismo italiano di Mussolini non è tuttavia mai stato sterminazionista. Il Fascismo non ha prodotto, se non in taluni sgherri dei nazisti durante la RSI; un razzismo d'annientamento, ed anzi l'Italia di Mussolini ha, quando e come ha potuto, attuato un sostanziale e furbesco ostruzionismo ai tentativi dei tedeschi di mettere le mani sugli ebrei che erano sotto la sua amministarzione, in varie zone dell'Europa (e in Tunisia) occupata dall'Asse. Ciò nondimento durante gli anni della Repubblica Sociale, fu consentito agli invasori tedeschi di deportare migliaia di ebrei dall'Italia verso i campi della morte, non senza, talvolta, la complicità diretta di fascisti repubblicani. Non risultano sforzi di Mussolini o dei suoi per impedire questi crimini. D'accordo, era solo il “Podestà di Gargnano”, l'ombra di se stesso...... ma consentiva che venissero emanati ordini sull'arresto indiscriminato di tutti gli ebrei, promulgava norme sulla spogliazione di tutti i loro beni, approvava la loro dichiarazione tragico-comica di “nazionalità nemica”.....e nominava il filo-nazista Giovanni Preziosi ad alti incarichi di politica razziale (pur bocciandone talune iniziative).
Ferma restando ogni critica alle esasperazioni della “vulgata antifascista”, la minimizzazione delle leggi razziali o la loro giustificazione, come ogni tentativo di spiegarle sulla base di fattori monocausali (“difensivisti”) è nella maggior parte dei casi dettata da preoccupazioni meramente ideologiche (spesso scopertamente apologetiche) e ha, in genere, pochissimo a che fare con la conoscenza storica dei fatti. Come con ogni negazionismo o minimizzazione ideologica delle scelte peggiori dei totalitarismi si raggiungono invece piuttosto spesso, in tal modo, livelli non solo scientificamente di scarso valore, ma essenzialmente inaccettabili, e in taluni casi addirittura ripugnanti, sul piano morale e politico.

Shalom!!!

Bibliografia essenziale:

Renzo De Felice : "Mussolini, il Fascista"
Renzo De Felice : "Mussolini, il Duce"
Renzo De Felice : "Mussolini, l'Alleato"
Renzo De Felice : "La Storia degli Ebrei Italiani sotto il Fascismo"
Renzo De Felice : "Rosso e Nero"
Renzo De Felice : "Le interpretazioni del Fascismo"
Emilio Gentile : " Fascismo - Storia e Interpretazione"
Arrigo Petacco : " L'Archivio Segreto di Mussolini"
Michele Sarfatti : "Il Razzismo Fascista nella sua concretezza: la definizione di *ebreo* e la collocazione di questi nella costruenda gerarchia razziale"
Michele Sarfatti : " Gli ebrei nell'Italia Fascista"
Attilio Milano : "Storia degli Ebrei in Italia"
Alessandro Campi: "Mussolini"
Martin Clark: "Storia dell'Italia contemporanea"
George L. Mosse: "Revisionismo, fascismo e Nazismo" in NSC n° 5/1999
Ronald Hartwell: "Storia e Ideologia" in NSC n* 4/1999
Bernard Lewis: "Il compito dello storico" in NSC n* 6/1999
Raul Hilberg: "La distruzione degli ebrei d'Europa"

Pieffebi
26-08-03, 21:04
Il nazional-razzismo fascista aveva dunque svariati moventi politici. Il razzismo di Mussolini fu in gran parte un razzismo strumentale, politico, opportunistico. Antonio Spinosa ormai mezzo secolo fa, definì quello del Duce del Fascismo (valutandolo nella sua genesi, evoluzione, nelle sue espressioni e nei suoi fini), come razzismo "riluttante" . Ciò in una serie di articoli pubblicati sulla prestigiosa rivista "il Ponte" di Piero Calamandrei e riediti, non molto tempo, fa con la prefazione di Francesco Perfetti e una nota introduttiva di "aggiornamento" dello stesso Spinosa.
Spinosa nel corso dei suoi pionieristici studi sull'argomento, notava già: " E' chiaro che il fascismo - una volta imbarcatosi nella campagna razziale - intendeva colpire più i nemici del regime che i figli di Jehova in quanto tali " e in un altro punto: " Mussolini barattò gli ebrei italiani per una più stretta amicizia politico militare con la Germania, convinto che da quella alleanza gliene sarebbe venuto, come primo risultato, considerevole prestigio .
Dal canto suo lo stesso Michele Sarfatti annota: " Il fascismo passò dalla persecuzione della parità e dell'autonomia dell'ebraismo alla persecuzione [dei diritti] dei singoli ebrei perchè essi, al di là delle opinioni politiche di ciascuno, costituivano un gruppo il cui comportamento era giudicato (dal regime, rispetto le sue finalità) pericoloso, antagonistico, alternativo, incoerente o anche inutile ", mentre qualche pagina dopo lo stesso Sarfatti evidenzia come " gli ebrei fascisti percepivano il progressivo venir meno dell'accettazione pubblica della loro specifica identità ". Ancora il Sarfatti ci ricorda come, sul tavolo delle autorità del Regime, nel 1938 venivano proposte informative di polizia contenenti definizioni come questa: " Ebrei - setta perniciosissima, mossa da interessi economici, conduce - come è noto - una lotta accanita, aperta contro il Nazismo tedesco e subdola contro il Fascismo ".
E' da ricordare che la Dichiarazione della Razza del Gran Consiglio, esplicitava anche un maldestro tentativo ricattatorio verso il supposto ebraismo internazionale, affermando che il trattamento degli ebrei italiani sarebbe dipeso dall'atteggiamento del giudaismo internazionale verso l'Italia fascista.
A questo rispose uno dei leader dell'ebraismo e del sionismo degli Stati Uniti, quel Stephen Wise che più volte ho citato nel 3d sugli ebrei e l'america:
" In America gli ebrei sono impreparati e incapaci di fronteggiare le condizioni di Mussolini, ossia non opporsi al fascismo in quanto Americani. Non è abbastanza per noi essere onesti sostenitori della democrazia, noi, in America, sentiamo il bisogno di opporci al Nazismo e al Fascismo come essi si oppongono e danno battaglia alla democrazia. Una cosa non siamo in grado di fare per gli ebrei italiani. Non ripudieremo la nostra fede democratica allo scopo di alleggerire la forza dei colpi che potrebbero abbattersi su di loro ".
In buona sostanza il rabbino Wise rispondeva in quanto democratico e in quanto americano, considerando l'identità ebraica negli Stati Uniti, del tutto coerente con quella della Nazione americana e dei suoi valori, che ovviamente erano irriducibilmente avversari del nazismo e del fascismo. Con ciò Wise smentiva indirettamente l'esistenza di ogni internazionale confliggente con gli interessi delle singole nazioni, riconducendo ai valori democratici e non a quelli giudaici, la natura del conflitto politico in atto.
Renzo De Felice, nella sua storia degli ebrei sotto il Fascismo, rileva che questo contesto, nel quale si sviluppò la svolta razzista del regime, vedeva un Mussolini " spinto ad agire da coloro che non ragionavano che in base ad un cieco antisemitismo e in funzione dell'alleanza con la Germania [vernirsi a trovare ben presto] in un vicolo cieco [...] Un'aperta persecuzione a freddo era certo lontana dal suo carattere e dalle sue stesse intenzioni politiche [...] Egualmente impossibile era però per Mussolini fare macchina indietro: sarebbe stato uno scacco politico incalcolabile, una vera e propria debacle, che a parte le ripercussioni internazionali, avrebbe dissipato ogni fiducia nel fascismo in Germania (ove già tanto numerosi erano gli scettici e i critici) e in Italia avrebbe scosso dalle fondamenta le basi stesse del fascismo e segnata la vittoria dei *borghesi* e dei *pietisti* ".
Del resto la credenza di Mussolini nell'esistenza di un'internazionale ebraica è dimostrata dal fatto che egli, per un momento, sperò tramite la missione di alcuni ebrei italiani, di riuscire a spezzare la morsa sanzionista della Società delle Nazioni e di indurre nientemeno l'Inghilterra a cambiar posizione.
Come Angelo Del Boca, anche il britannico Denis Mack Smith attrae l'attenzione sul fatto che Mussolini " continuò ad affermare ch'era stato il possesso di un Impero in Africa orientale a costringerlo ad uscire allo scoperto in materia razziale " anche se, fra le razze "inferiori" o da separare da quella italiana, oltre ai neri, includeva anche gli ebrei. Il Mack Smith sottolinea anche che " Mussolini era particolarmente compiaciuto della reazione scandalizzata delle democrazie. Quando giunse notizia di alcune forme di persecuzione particolarmente crudeli messe in atto dai tedeschi [ dopo la notte dei cristalli, ndr], si limitò ad osservare che, al loro posto, lui sarebbe stato ancora più brutale ".
Per un altro storico britannico, Martin Clark la migliore spiegazione politica razionale delle misure antiebraiche consiste nel fatto che " i fascisti come Faraone d'Egitto (Es 1,9 segg.), temevano che gli ebrei non gli sarebbero stati fedeli in caso di guerra . Certamente nella prospettiva di una guerra a fianco della Germania di Hitler, anche fra gli ebrei fascisti il pericolo di "crisi di coscienza" sarebbe stato piuttosto serio. Per cui rientra in campo la questione della politica internazionale dell'Italia "in conseguenza della conquista dell'Impero". Uno dei miti [storicamente infatti si è trattato di una mistificazione rozza] della propaganda hitleriana in Germania contro gli ebrei, sin dalle origini dell'attività del Partito NazionalSocialista, riguardava la cosiddetta "pugnalata alla schiena" che il giudaismo interno, alleato di quello internazionale (e quindi suo tramite delle potenze nemiche), oltre che della sovversione rossa, avrebbe inflitto alla Germania, comportando un repentino rovesciamento delle sorti della Grande Guerra e la difatta dell'Impero Tedesco. Nolte ci ricorda come fosse connaturata all'ideologia nazista l'ossessione " della congiura del giudaismo internazionale per annientare la razza ariana ". Il mito dell'internazionale ebraica, dell'Alta Finanza Ebraica era conosciuto del resto da Mussolini fin dai tempi in cui era un socialista rivoluzionario, come ben gli erano noti gli argomenti sul giudeo-bolscevismo che venivano agitati dall'antisemitismo europeo sin dalla fine degli anni dieci, tanto che in un suo intervento, poi superato e smentito poco dopo, si era appropriato fin da allora di alcuni argomenti polemici di tal fatta.
Scrive George L. Mosse riferendosi al fascismo in senso lato, includente il NazionalSocialismo : " Il Fascismo non deve essere considerato necessariamente razzista: molti fascisti non lo erano, ma il razzismo consisteva parte integrante dell'aggressività, che a sua volta risultava fondamentale per il fascismo stesso. Il razzismo è un'ideologia [...] e deve essere trattato come tale; non è solo una reazione, ma è un atteggiamento globale che fa presa sulla gente e che, basandosi sull'ereditarietà o, in altre parole, sulla superiorità di una razza rispetto all'altra, è in grado di rendere concreti i concetti astratti, rispondendo alle domande implicite delle masse: chi siamo? dove andiamo? E' stato ed è un atteggiamento presente nell'Italia fascista, in Germania e in molte altre nazioni, ieri come oggi, ma ciò che fa la differenza è l'attuazione pratica. Ad esempio in Germania il razzismo si esplicitò, come sappiamo, in forma di genocidio, mentre in Italia ciò non avvenne - almeno non nei termini in cui fu applicato dai tedeschi e non in tutti i territori occupati. [...] La ricostruzione mortale che il fascismo desiderava ottenere tramite l'azione del partito e il ruolo della nazione rispondeva ai desideri e alle speranze di quasi tutti gli italiani e i tedeschi. Tale esigenza era vissuta con maggiore forza in Germania, la cui società aveva già individuato da tempo, emarginato e perseguitato gruppi sociali ben precisi: gli ebrei, i fagabondi, gli zingari, i presunti malati mentali e le persone fisicamente menomate. Nessuno, tuttavia, avrebbe potuto immaginare che in Germania sarebbe stato portato avanti un omicidio di massa che avrebbe coinvolto così drammaticamente queste categorie di persone ". In Italia questa preventiva e assoluta individuazione degli obiettivi mancava, il razzismo non era parte importante dell'ideologia italiana, non di quella delle grandi masse popolari, anche se non mancavano suoi elementi nella cultura italiana, come visto.
Il razzismo riluttante di Mussolini, strumento della sua politica internazionale, della sua accelerazione totalitaria interna, dei suoi miti ideologici di grandezza (e di conseguente rivoluzione antropologica per fare degli italiani dei soggetti dominatori in un nuovo ordine europeo), aveva a propria volta presupposti psicologici, pregiudizi, elementi culturali e ideologici. Questi presupposti, figli di una determinata cultura e di un atteggiamento mentale radicalmente antidemocratico e di forte nazionalismo identitario, contenevano già tutte le materie prime per costruire la svolta razzista del 1938.

Shalom!!!

Bibliografia essenziale :

- Martin Clark : " Storia dell'Italia Contemporanea - 1871 - 1999"
- Antonio Spinosa : "Mussolini razzista riluttante"
- Renzo De Felice : " Storia degli ebrei italiani sotto il Fascismo"
- Michele Sarfatti : "Gli ebrei nell'Italia Fascista"
- Ernst Nolte : "Controversie - Nazionalsocialismo, bolscevismo, questione ebraica nella storia del Novecento"
- George L. Mosse: "Revisionismo, fascismo e nazismo"
- Denis Mack Smith: "Mussolini "
- Alessandro Campi: "Mussolini"
- Angelo Del Boca : " Le leggi razziali nell'Impero di Mussolini"
- Emilio Gentile: "Le origini dell'ideologia fascista"
- Alexander J. De Grande: "L'italia fascista e la Germania Nazista"

Pieffebi
27-08-03, 21:17
Riprendendo i discorsi dei post precedenti possiamo affermare con sicurezza che la minimizzazione del razzismo e dell'antisemitismo fascisti è del tutto priva di fondamento storico, e può essere proposta solo su base ideologica. E ciò senz'altro anche mediante l'utilizzo di elementi di verità indubbi, sulla natura strumentale [gli sciocchi ridano pure] che il razzismo e l'antisemitismo rivestirono per la politica di Mussolini. Elementi, certo, da assumere assieme a tutto il restante insieme di fatti e coi risultati consolidati della ricerca storica seria e che devono comunque essere intesi nel contesto storico complessivo e all'interno del progetto politico del Duce.
La riconduzione della legislazione razziale ad una mera "reazione di difesa" nei confronti dell'ebraismo antifascista, che pur non si può considerare una falsità totale (nei limiti evidenziati nei post precedenti), come invece enunciata da taluni, come anche il marito di Claudia Cardianale.... non solo è una semplificazione schematica che non da conto di una serie enorme di fatti e fenomeni, e non rende neppure giustizia all'intelligenza politica di Mussolini, ma non riesce affatto a negare, come si tenta invece di far credere, la natura razzista e antisemita, per non dire di quella persecutoria dei provvedimenti razziali.
Abbiamo trattato sopra, con Nolte, con Mosse, con Sarfatti e altri storici, del mito del complotto ebraico nella genesi dell'ideologia antisemita politica. Renzo De Felice scrive a proposito, parlando di un'epoca ben precedente a quella della promulgazione delle norme razziste del fascismo: " [i] L'antisemitismo politico si concretizzò nell'esistenza di una congiura internazionale, di cui gli ebrei sarebbero stati l'anima e il motore primo, volta ad asservire in vari forme (il pacifismo wilsoniano e societario, l'accordo di alcune grandi potenze democratiche, plutocratiche, massoniche, il socialismo internazionale *senza patria* e il bolscevismo) il mondo ai propri voleri e specie le nazioni più povere e più dinamiche, in primo luogo l'Italia, *la vera vincitrice della guerra*. [...] La tesi della *congiura ebraica* conteneva in sè tutti questi motivi [ossia le frustrazioni del nazionalismo della *grande proletaria*] e ben si prestava ad essere ideologizzata ed eretta a SISTEMA POLITICO specie in un paese ove la politica era IDEOLOGICAMENTE debolissima e, in genere, permeata di antistorici luoghi comuni e d'altrettante antistoriche messianiche attese .
Quando, come abbiamo visto e commentato, nella dichiarazione della razza del Gran Consiglio si faceva riferimento al fatto che l'ebraismo sarebbe stato l'ispiratore, almeno dal 1924, dell'antifascismo....... si seguiva appunto uno schema ideologico di antisemitismo politico, fondato su ben precisi e diffusi (e piuttosto vecchi) pregiudizi che è del tutto impossibile definire altrimenti che per quello che sono.
La mescolanza fra i temi dell'antisemitismo politico, di quello religioso e di quello "scientifico" fu teorizzata in Italia, negli anni Venti, tramite il foglio catto-tradizionalista "Fede e Ragione" dal sacerdote Umberto Benigni, che si fece promotore della diffusione del "documento" che meglio doveva "dimostrare" l'esistenza del complotto ebraico, divenuto negli anni del Regime, ovviamente "complotto antifascista": "I Protocolli dei Savi Anziani di Sion".
L'antisemitismo politico del tardo-fascismo, con le sue ossessioni da "fortezza assediata" (le 55 nazioni societarie sanzioniste) teso a moltiplicare le "paure" sui "nemici interni" (vedi parallelismo con Stalin....) si sovrapponeva come detto.....all'humus culturale e alla tradizione di cui abbiamo parlato.
Scrive il Ghiretti: " La cultura italiana dell'epoca, come più in generale la cultura europea, era sostanzialmente razzista. Anche in Italia a partire dagli anni sessanta dell'Ottocento, studiosi delle civiltà indiane, di glottologia, di antropologia, avevano elaborato una contrapposizione razziale fra semiti e ariani. *L'arianesimo* per la sua contrapposizione alla tradizione giudeo-cristiana, aveva attratto larghi settori del pensiero laico e anticlericale in funzione anticattolica. *L'ariano* nella pubblicistica culturale dell'epoca, era considerato, per la costituzione anatomica e fisiologica, più intelligente del *semita*. Nel primo dopoguerra il mito ariano era passato da un ambiente essenzialmente culturale a quello ideologico-politico. La concezione che i nazionalisti (confluiti nel partito nazionale fascista nel 1923) era razzista. Al contrario della concezione idealista propugnata dal Gentile, secondo il quale la nazione era una realtà spirituale che si rilevava nella storia, il nazionalista Rocco aveva messo il risalto di organismo naturale, che sovrastava i singoli individui e si identificava con un criterio etnico. Il razzismo ariano italiano fino a quel momento si era di regola impegnato ad illustrare l'inferiorità naturale degli africani e degli slavi, e solo dopo il 1935 divenne progetto politico. Anche l'antisemitismo era presente nella cultura di matrice cattolica e laico conservatrice-nazionalista. Inedito era invece il connubbio antisemitismo e razzismo promosso dallo Stato. Mussolini che come abbiamo visto, negli anni precedenti si era espresso a favore di una politica tesa a migliorare la salute della *razza italiana*, aveva negata la democrazia, ogni libertà individuale e esaltato lo Stato, celebrato la volontà di potenza e la guerra dell'Italia Fascista, nel 1938 ritenne che fosse giunto il momento di spingere al massimo la fusione *mistica* degli italiani con lo Stato Fascista che, già antilibertario e antidemocratico, diventava anche razzista ".
Il giudaismo, erede della massoneria, secondo Mussolini era certamente colpevole di "ispirare" ,a livello globale, la plutocrazia democratica delle potenze "vecchie" e "inesorabilmente destinate al declino", e il bolscevismo eversivo con la sua centrale sovietica. Esso era anche colpevole di avere, nella misura in cui era reale un sentire comune degli ebrei del mondo, ovvi interessi contrastanti coi suoi piani di politica internazionale, determinati dalla situazione concreta in cui si era venuto a trovare dopo "la conquista dell'Impero", che prevedevano rapporti diretti, stretti, crescenti con la Germania NazionalSocialista.
Il sincretismo ideologico mussoliniano del resto, assorbiva come una spugna le suggestioni più diverse prodotte dalla cultura politica europea del suo tempo, filtrandole ed elaborandole a suo modo, sempre a servizio delle sue ambizioni politiche di statista e di uomo di partito. Il suo razzismo "riluttante" [termine dello Spinosa che fa sorridere gli sciocchi], per quanto avverso alle teorizzazioni fanatiche e totalizzanti di un Rosenberg, e all'estremismo radicale dello stesso Hitler, non era alieno per nulla da pregiudizi di carattere razziale e di carattere antigiudaico. Gli stereotipi sull'internazionale ebraica avevano una chiara origine, e sono forse la confessione più chiara del fatto che per quanto politico, persino "moderato", contradittorio e strumentale, il suo antisemitismo divenne concreto, e incontestabile.

Shalom!

Bibliografia essenziale:

- Maurizio Ghiretti : "Storia dell'Antigiudaismo e dell'Antisemitismo"
- Renzo De Felice : "Storia degli ebrei italiani sotto il Fascismo""""
- Bernard Lewis : "Semiti e Antisemiti - indagine su un conflitto e su un pregiudizio"
- Emilio Gentile: "Le origini dell'ideologia fascista"
- Emilio Gentile: " Fascismo - storia e interpretazione"
- Michele Sarfatti: "Gli ebrei nell'Italia Fascista"
- Leon Poliakov : "Il Mito Ariano - Le radici del razzismo e dei nazionalismi"

Pieffebi
01-09-03, 20:31
La politica razzista del Regime Fascista, che ha sicuramente rappresentato un atto che ha contribuito a disonorarel'Italia, non meno del vassallaggio dimostrato, fin dagli inizi della politica dell'Asse, da Benito Mussolini nei confronti della Germania NazionalSocialista (si vedano gli stessi diari del Ministro degli Esteri e genero del Duce riguardo ai mesi precedenti alla dichiarazione di guerra), non può essere sottovaluta certamente soltanto a cagione della sua indubbia e sostanziale diversità di grado e di effetti con quella del nazismo hitleriano.
Ne' valgono in assoluto "a discarico" i pur riconosciuti comportamenti delle forze armate e amministrazioni italiane nell'Europa occupata dalle forze dell'Asse a capovolgere il giudizio. Anche perchè, come abbiamo visto con Michele Sarfatti e con il Mayda, non sempre quei comportamenti furono coerenti e non sempre furono privi di responsabilità e senza macchia.
Come ricorda Davide Rodogno, corroborando le affermazioni del Sarfatti (e attenuando in parte alcune di quelle del De Felice, dell'Hilberg. della Arendt, dello stesso Paxton) se [ quasi ]sempre gli italiani si rifiutarono di consegnare degli ebrei ai nazisti o agli ustascià croati, molto spesso respinsaro profughi che, provenienti dalle zone occupate dai nazisti, cercavano disperatamente rifugio nei territori controllati dagli italiani.
Inoltre va detto che l'occupante italiano, distinse il suo atteggiamento a seconda della "categoria" di ebreo con il quale si venne a trovare di fornte. Il Rodogno ci fornisce la seguente classificazione di massima:
" 1) gli ebrei italiani residenti nei territori annessi e occupati
2) gli ebrei autoctoni dei territori annessi (o *pertinenti*), il cui status non fu mai chiaramente definito
3) gli ebrei rifugiati nei territori annessi
4) gli ebrei aventi nazionalità croata, greca o francese, residenti nei territori militarmente occupati
5)gli ebrei rifugiati nei territori militarmente occupati "
E' evidente che se gli italiani si trovarono a respingere molti ebrei "alla frontiera" è perchè, in ogni caso, altrettanti ebrei cercarono di entrare nel territorio di loro pertinenza. Vi era, evidentemente, la piena consapevolezza, da parte di questi ultimi, che nei territori sottoposti all'occupazione italiana le loro speranze di vita (e anche la qualità della loro vita) si prospettavano sicuramente e incoparabilmente più elevate, rispetto alle zone direttamente sottoposte al duro tallone nazista o a quelle ustascià o del regime di Vichy.
Ciò nonostante ci ricorda il Rodogno : " Per le autorità italiane i profughi rappresentavano un problema economico e logistico, perchè bisognava provvedere al sostentamento degli indigenti e alla sistemazione di migliaia di persone ". Ragione per la quale, come scrive il Sarfatti, le autorità italiane alternavano respingimenti a qualche accoglimento e anche ad espulsioni.
Non mancarono neppure espressioni di zelo antisemita, come quelle del Prefetto di Fiume Temistocle Testa o del suo questore.
Secondo il Voigt, durante il periodo dell'occupazione, nella Provincia di Fiume giunsero almeno 1400 ebrei stranieri. e almeno 800 furono respinti alla frontiera, pur sapendo gli italiani quale destino sarebbe spettato agli ebrei consegnati o lasciati nelle mani dei croati o dei padroni tedeschi.
Ricorda però dal canto suo il Rodogna che " i comandi italiani [in Jugoslavia] garantirono *salva la vita alle popolazioni civili, di tutte le confessioni religiose e di tutte le nazionalità* che avessero collaborato con l'occupante [...] Le autorità militari giudicarono la politica croata nei confronti degli ebrei assolutamente controproducente, perchè drenava forze assai più utili alla repressione del movimento partigiano ".
Gli ebrei erano considerati, in genere, dalle autorità militari italiane, come "sudditi disciplinati" e facilmente controllabili [a smentita delle sciocchezze sulla loro congenità pericolosità o il loro intrinseco antifascismo, contrabbandata da mariti di attrici e altri nostalgici ], tanto è vero che il Console Mammarella, li considerava nelle zone Jugoslave di interesse diretto per l'Italia " massa di manovra per realizzare, nell'eventualità di un plebiscito, la superiorità numerica delle opzioni per l'Italia ".
Tuttavia, in genere, la cosiddetta azione dei "protezione" degli ebrei da parte delle autorità militari italiane, come ricorda il Rodogno : " fu dettata da considerazioni legate al mantenimento dell'ordine e al prestigio, in quanto bisognava mantenere fede alla parola data alle popolazioni civili. ". Inoltre si volle " dar prova ai tedeschi [...] di avere ben salde in mano le redini del potere " . Tuttavia, sostiene giustamente ancora il Rodogno : " La decisione di non consegnare gli ebrei residenti nei territori militarmente occupati non deve essere confusa con la volontà delle autorità italiane di dare asilo ai profughi ebrei. Le autorità italiane non intervennero in nessun caso ad arrestare le deportazioni all'Est, anzi gli allontanamenti e i respingimenti oltre frontiera continuarono per tutto il 1942/43 e contribuirono ad aumentare il numero dei deportati ebrei ", almeno tanto quanto il rifiuto di consegnare gli ebrei residenti possa senz'altro aver contribuito a sottrarne a migliaia alla deportazione nei campi di sterminio ad opera dei tedeschi.
A dimostrazione di tutto ciò vi è un documento paradigmatico: una lettera di Chigi a Pietromarchi in cui la mancata consegna degli ebrei ai camerati tedeschi viene attribuita a " mille ragioni che vanno dalla nostra umanità al nostro prestigio , tenendo conto che le comunità ebraiche erano " tranquille, isolate, facilmente controllabili " e quindi NON costituivano un problema di ordine pubblico. Semmai erano proprio gli ebrei respinti che, ad esempio in territorio jugoslavo, per sfuggire ai fascisti croati e ai nazisti, tentavano di associarsi alle bande partigiane, non avendo altra opzione per tentare di salvarsi.
Rigurado alla Grecia, il Bastianini specificò che si trattava di " spazio vitale dell'Italia Fascista ", e che gli ebrei presenti nella zona amministrata dagli italiani erano di pertinenza esclusiva dell'Italia e rappresentavano, inoltre, interessi economici per l'Italia Fascista che non potevano certo essere ceduti all'alleato. Tanto più che Il Pietromarchi dovette annotare nel suo diario, il 16 marzo 1943 che gli ebrei di Salonicco, erano sopravvissuti per secoli, persino al Turco ma " doveva giungere il Tedesco a compiere il tremendo fato di questa gente ".
Mentre il Lucillo Merci scriveva a propria volta: " per parte nostra cerchiamo di salvare quanti più ebrei italiani con nazionalità greca " giacchè " rappresentano interessi economici e finanziari dello Stato italiano all'estero ".
Da parte sua l'autorità italiana nella zona francese di propria competenza, in linea generale, " riservò la protezione diplomatica agli ebrei italiani, con lo scopo dichiarato di evitare che le loro proprietà espropriate ai cittadani italiani ebrei cadessero nelle mani dei francesi o dei tedeschi ". Il braccio di ferro fra Roma, Berlino e Vichy, che in qualche momento vi fu sulla questione degli ebrei, coinvolse, per ragioni sovrapponibili a quelle citate per la Jugoslavia, anche ebrei rifugiati di altre nazionalità. In questa zona si distinse per una blanda osservanza di disposizione romane apparentemente di compromesso con i nazisti, Guido Lospinoso, ispettore generale di polizia. Mentre molto fu fatto a favore degli ebrei, italiani e non, da tal Angelo Donati, un "ebreo discriminato" che aveva un salavacondotto permanente fra l'Italia e la Francia.
Come Liliana Picciotto Fargion e in parte il Sarfatti, il Rodogno insiste tuttavia nel sottolineare che : " Se è vero che migliaia di ebrei furono internati e non consegnati ai tedeschi, un numero rilevante fu respinto o allontanato oltre frontiera in tutti i territori occupati. Vi fu brava gente che *salvò* perseguitati ebrei e d'altre confessioni religiose e nazionalità, ma non credo che sia possibile affermare che gli ITALIANI furono BRAVA GENTE che non consegnò gli ebrei ai tedeschi per ragioni umanitarie [...] Si è parlato di antisemitismo all'italiana, di generosità del popolo, dimenticandosi delle responsabilità degli italiani ".
Il problema va pertanto affrontato nella sua complessità tenendo conto del contesto storico e dell'evoluzione degli eventi. Una storia lunga che dall'avvio dell'infausto antisemitismo di Stato del 1938, voluto da Benito Mussolini, porterà ( attraverso una guerra "parallela" di sostanziale anche se orgoglioso vassallaggio verso la Germania Razzista e genocida), l'Italia all'armistizio del settembre 1943 e ad una sanguinosa guerra civile, con la nascista di una repubblica fascista sogetta al dominio dello straniero nazista. Repubblichetta a sovranità ultra-limitata durante la breve vita della quale migliaia di ebrei italiani e non, considerati CRIMINOSAMENTE dalla carta di Verona, di *nazionalità nemica* furono comunque deportati nei campi di sterminio nazisti, e quasi tutti vi perirono.

Shalom!!!

Bibliografia essenziale :

Renzo De Felice : " Storia degli Ebrei Italiani sotto Il Fascismo"
Michele Sarfatti : " Gli ebrei nell'Italia Fascista"
Hannah Arendt: " La banalità del Male - Eichmann a Gerusalemme"
Giuseppe Mayda : " Storia della Deportazione dall'Italia 1943 -1945"
Davide Rodogno: "Il Nuovo Ordine Mediterraneo - le politiche di occupazioe dell'Italia Fascista in Europa (1940-1943)"
K. Voigt: "Il rifugio precario. Gli esuli in Italia dal 1933 al 1945"
Raul Hilberg: "La Distruzione degli ebrei d'Europa"
Robert O. Paxton: " Vichy - 1940/1944 - il regime del disonore"

Pieffebi
07-09-03, 16:47
Se non ci fosse stata la Shoà, la politiche antisemite dei regimi delle "destre rivoluzionarie" europee ci apparirebbero forse, oggi, diversamente. E questo è uno dei motivi per cui la negazione e la minimizzazione della shoà è così importante, per la gran parte delle "destre rivoluzionarie" di oggi, e per gli antisemiti, spesso anche per quelli che tali sono su base integralistico-religiosa (islamica o cristiana) o di sinistra.
Allo stesso modo l'affanno di qualcuno per minimizzare la vergogna costituita dal razzismo di Stato del tardo-fascismo italiano, dimostra come dopo tanti decenni la questione sia, nelle sue conseguenze politiche, culturali, e per quanto riguarda l'autocoscienza della nazione, di estrema attualità.
L'evoluzione della destra democratica italiana (parte importante della quale affonda le sue radici fra gli eredi politici del fascismo italiano, che sono cresciuti ad un livello sempre più elevato di consapevolezza e coscienza democratica approdando infine a una repentina svolta politica, che non sempre e non per tutti è stata però abbastanza profonda. Non tanto da risultare anche una crescita culturale e dell'intelligenza politica) , richiede che una volta per tutte si comprenda l'insensatezza di ogni minimizzazione.
Dunque non esistono alibi politici o ideologici che impediscano alla destra democratica , compresa quella "post-fascista", di apprezzare la verità storica in tutta la sua crudezza, in tutta la sua complessità, e accettando di conseguenza di dover essere in prima fila nel sostenere i risultati ormai sempre più ricchi della ricerca storiografica, anche se confliggono con le proprie superstizioni residuali.
La destra democratica post-fascista deve avere (senza alcun falso pudore, in relazione anche alle responsabilità che innanzi alla Nazione si è assunta come parte della nuova destra di governo), la forza spirituale e l'intelligenza di procedere a quell'autoesame ideologico e culturale che ne faccia emergere con chiarezza cristallina la nuova identità, come risultato di una trasformazione profonda e ormai di non breve periodo.
Il presidente Fini ha avuta, da parte sua, questa forza, dimostrando una sempre più alta sensibilità, che non credo possa essere ricondotta ne' ad opportunismo, ne' a rinnegamento delle propria storia personale. Ciò gli va riconosciuto con gratitudine, e da parte di tutti.
La nuova destra democratica, per la parte che ha dei trascorsi fascisti e neo-fascisti, deve prendere consapevolezza della distanza abissale che esiste fra se' e ogni destra radicale e antidemocratica. Destra illiberale come quella che a cavallo fra i secoli XIX e XX si dispiegò in Europa come nuova forza ideologica, culturale, politica e che ebbe nella Francia antidreyfusarda uno dei suoi genitori più importanti. Una destra proto-fascista che ha trasfuso parti importanti di sè nel Nazionalsocialismo, ma anche, seppur sincreticamente con elementi diversi, in parte del Fascismo, della sua cultura, della sua struttura ideologica. Una destra "rivoluzionaria" che, come scrive Zeev Sternhell : " costruita a partire dal darwinismo sociale, che ne fornisce il quadro concettuale " si esprime ideologicamente, in grande parte, come " una sintesi di antirazionalismo, di antipositivismo, di razzismo e nazionalismo. [che] tuttavia condivide il determinismo con il marxismo popolare e volgarizzato (...). Semplicemente, al posto del materialismo storico e della lotta di classe ci sono il determinismo biologico e razziale, il principio della lotta per l'esistenza e la sopravvivenza del più adatto, e dunque del migliore. E' in questo senso che l'ideologia della destra radicale è un'ideologia rivoluzionaria: i suoi principi non auspicano niente di meno che la distruzione del vecchio ordine delle cose. In una società borghese che pratica la democrazia liberale, un'ideologia che si concepisce come l'antitesi del liberalismo e dell'individualismo, che ha il culto della violenza e dell'attivismo delle minoranze, è un'ideologia rivoluzionaria, anche se non intende colpire tutte le vecchie strutture economiche, anche se fa oggetto dei propri attacchi il solo capitalismo e non la proprietà privata o la nozione di profitto. Un'ideologia che auspica una società organica non può che essere refrattaria al pluralismo politico o ideologico, proprio come non può non rifiutare le forme più palesi di ingiustizia sociale ".
Benito Mussolini, ex socialista rivoluzionario, con venature blanquiste e soreliane, influenzato dal Nietzsche, distante però da un Maurras in quanto miscredente mangiapreti, disse apertamente il 28 ottobre 1925, durante un discorso pronunciato durante l'anniversario della rivoluzione, alla Scala di Milano: " Tutti credono che la guerra sia finita da un pezzo. Nossignori non è finita continua....la guerra intesa come competizione dei popoli nell'arengo della civiltà mondiale continua ".
La dottrina sintetica dal Fascismo italiano è già racchiusa in buona parte in queste parole. L'imperialismo nazional-totalitario di Mussolini concepiva la Nazione italiana tale e quale ad un " organismo vivente avente fini, vita, mezzi di azione superiori a quelli degli individui divisi o raggruppati che la compongono. E' un'unità morale, politica ed economica che si ralizza integralmente nello Stato Fascista ".
Lo Statuto politico del Partito Nazionale Fascista del 1938, in cui Mussolini traccia gli elementi della "Dottrina del Fascismo" ribadisce che: " solo la guerra porta al massimo di tensione tutte le energie umane e imprime un sigillo di nobiltà ai popoli che hanno la virtù di affrontarla ", per cui il nuovo stile di vita italiano consiste essenzialmente nella " educazione al combattimento, l'accettazione dei rischi che esso comporta ", che fa del Fascista clui che " comprende la vita come dovere, elevazione, conquista: la vita che deve essere alta e piena; vissuta per sè, ma soprattutto per gli altri vicini e lontani, presenti e futuri . Soprattutto però " Caposaldo della dottrina fascista è la concezione dello Stato, della sua essenza, dei suoi compiti e delle sue finalità. Per il Fascismo lo Stato è un assoluto, davanti al quale individui e gruppi sono il relativo [...] Lo Stato csoì come il Fascismo lo concepisce e attua è un fatto spirituale e morale, poichè concreta l'organizzazione politica, giuridica, economica della Nazione e tale organizzazione è, nel suo sorgere e nel suo sviluppo una manifestazione dello Spirito [....] Lo Stato Fascista è una volontà di potenza e d'Imperio. [...] Per il Fascismo la tendenza all'Impero, cioè all'espansione delle nazioni, è una manifestazione di vitalità... ".
L'assoluta inconciliabilità di questa visione politica e della storia mondiale con la democrazia liberale, e con il pieno dispiegarsi dei principi di libertà e giustizia, di ordine internazionale fondato sulla sicurezza e la cooperazione fra i popoli e gli stati è fin troppo manifesta.
E manifesto è, d'altra parte, che questa filosofia della politica avesse in sè la capacità di produrre e assimilare ogni forma di estremismo sciovinista e nazionalista, e quindi anche il razzismo ideologico, estrema esasperazione del nazionalismo identitario e sovrastruttura di ogni "volontà d'Impero". All'occorrenza la filosofia politica fascista dimostrò d'esser capace di fare proprio anche il più volgare antisemitismo e di far emergere dal proprio seno quegli antisemiti che per tanto tempo furono tenuti ai margini della vita politica e culturale.
Fra le "destre rivoluzionarie" europee il Fascismo italiano, per molto tempo, costituì piuttosto un'eccezione per la marginalità del suo antisemitismo e la delimitazione del proprio razzismo.
Finchè la Volontà di Impero non si concretizzò nella vittoriosa guerra di sterminio per la conquista dell'Etiopia, e finchè le ragioni della "rivoluzione antropologica" delle seconde e terze ondate, congiunte con le necessità e opportunità di politica internazionale dell'Italia sullo scacchiere continentale, il razzismo e l'antisemitismo fascisti non furono parti essenziali ne' dell'ideologia, ne' della politica del Partito, e meno ancora di quella del Regime. Questa anomalia del Fascismo italiano fu però corretta in buona parte dagli eventi e dalle scelte dell'ultimo tratto degli anni trenta. Si virò verso una nuova ondata rivoluzionaria per la "rigenerazione nazionale" e questa correzione rese evidente che, in realtà, non vi era mai stata, tutt'altro, alcuna incompatibilità di fondo fra la sincretica ideologia fascista e quegli elementi, che comunque vi giacevano semi-sepolti nel profondo, in attesa di essere fatti emergere a servizio della "Volontà di Potenza" della Nazione e delle necessità di "lotta e combattimento", come infine avvenne.
" Il Razzismo stesso - scrive Emilio Gentile - veniva concepito come la fase decisiva per la rigenerazione della nazine adottando una intransigenza più rigorosa e inflessibile contro gli stessi italiani che ancora avevano in sè il vecchio uomo, ed erano ancora intrinsecamente o potenzialmente antifascisti, anche se aderivano al Fascismo .
Di questa ideologia, degli elementi fondamentali che hanno dato corpo ad uno Stato illiberale e tendenzialmente totalitario, che hanno trascinato la Patria in una guerra rovinosa, che hanno reso possibili vergogne com le leggi razziali del 1938, una destra democratica moderna non può avere alcuna nostalgia. Certo, l'epoca fascista è parte integrante della storia e della vita di questo Paese, e sicuramente di essa non tutto va respinto aprioristicamente, ne' tutto va valutato negativamente o in modo demonizzante. Sul piano storico la "vulgata antifascista" è stata ormai messa alle corde dalla migliore storiografia scientifica, mentre su quello politico e sociale quella del Fascismo non può certamente essere vista come una parentesi puramente negativa della storia nazionale. Il manicheismo non permette di comprendere e non permette neppure di combattere correttamente le cose malvagie.
Resta intatta l'abissale distanza fra una forza politica pienamente democratica e qualsivoglia ideologia autoritaria e totalitaria. La politica non deve generare "uomini nuovi", ne' attraverso la lotta di classe, ne' attraverso quella delle razze o delle nazioni, ma deve occuparsi semmai con intelligenza della vita degli uomini reali, dei loro bisogni e interessi sia come individui portatori di diritti inalienabili e di doveri sociali precisi, sia come società in divenire.

Bibliografia essenziale:

- Alberto Aquarone : "L'Organizzazione dello Stato Totalitario"
- Emilio Gentile: "Fascismo - storia e interpretazione"
- Zeev Sternhell : "La Destra rivoluzionaria - le origini francesi del fascismo 1885-1914"
- Benito Mussolini: "La Dottrina del Fascismo"
- Renzo De Felice : "Rosso e Nero"
- Gyorgy Lukacs: "La Distruzione della Ragione"
- Piero Ignazi: "L'estrema destra in Europa"
- Roberto Chiarini : "La lunga marcia della destra italiana - l'integrazione passiva di Alleanza Nazionale" in N.S.C. n* 5/1999.

gribisi
11-09-03, 22:54
Sarà pfb, ma intanto le dichiarazioni di Berlusconi sulla "dittatura benigna" non sono certo un buon viatico.

yurj
11-09-03, 23:01
Infatti, mi ricorda gli ebrei che credevano ancora al fascismo e non avevano capito... :rolleyes:

Pieffebi
12-09-03, 13:30
In origine postato da gribisi
Sarà pfb, ma intanto le dichiarazioni di Berlusconi sulla "dittatura benigna" non sono certo un buon viatico.


Nel contesto in cui si inseriscono quelle dichiarazioni sono tutt'altro che scandalose, anche se capisco che possano urtare certe sensibilità e possano dare adito a strumentalizzazioni piuttosto scontate.
Il paragone fra Saddam e Mussolini, tra l'altro a propria volta proposto ironicamente dall'intervistatore, è sul piano concreto ....quello che è.
Sarebbe come paragonare il tiranno comunista Fidel Castro (amico fraterno di alcune componenti, per quanto minoritarie dell'Ulivo) al tiranno comunista (forse buon'anima) Pol Pot.
Riguardo al confino...... SE paragonato alla galera (per non dire al campo di sterminio o al Gulag, dico io) , fu Cesare Pavese (fascista???) a scrivere che somigliava a una villeggiatura.....
Mussolini fu un dittatore con gravissime responsabilità, soprattutto riguardo agli ebrei e alle altre minoranze perseguitate, ma di comunisti italiani, fino al 25 luglio 1943, ne assassinò CERTAMENTE di più Giuseppe Stalin, con il consenso di Palmiro Togliatti (mi limito a dire consenso)....a cui sono tutt'ora intitolate vie, piazze e anche sezioni del maggior partito della sinistra italiana.

Shalom!!!

gribisi
12-09-03, 14:13
In origine postato da Pieffebi
Nel contesto in cui si inseriscono quelle dichiarazioni sono tutt'altro che scandalose, anche se capisco che possano urtare certe sensibilità e possano dare adito a strumentalizzazioni piuttosto scontate.
Il paragone fra Saddam e Mussolini, tra l'altro a propria volta proposto ironicamente dall'intervistatore, è sul piano concreto ....quello che è.
Sarebbe come paragonare il tiranno comunista Fidel Castro (amico fraterno di alcune componenti, per quanto minoritarie dell'Ulivo) al tiranno comunista (forse buon'anima) Pol Pot.
Riguardo al confino...... SE paragonato alla galera (per non dire al campo di sterminio o al Gulag, dico io) , fu Cesare Pavese (fascista???) a scrivere che somigliava a una villeggiatura.....
Mussolini fu un dittatore con gravissime responsabilità, soprattutto riguardo agli ebrei e alle altre minoranze perseguitate, ma di comunisti italiani, fino al 25 luglio 1943, ne assassinò CERTAMENTE di più Giuseppe Stalin, con il consenso di Palmiro Togliatti (mi limito a dire consenso)....a cui sono tutt'ora intitolate vie, piazze e anche sezioni del maggior partito della sinistra italiana.

Shalom!!! A Berlusconi non è stato chiesto un paragone tra Mussolini e Hitler, o tra Mussolini e Stalin.
E' stato chiesto un paragone tra Mussolini e Saddam.
E io tutta questa differenza tra il dittatore nostro e quello di Bagdad non la vedo.
Quello che Saddam fece ad Halabija, Mussolini lo fece in Etiopia e in Libia.
Si può discutere che M. gli oppositori li facesse ammazzare raramente, almeno fino al set 1943, mentre Saddam prediligeva di gran lunga l' esecuzione dei suoi oppositori piuttosto che la galera o l' esilio. Però mi pare che siamo sui dettagli.
Il cavaliere faceva prima ad accettare il paragone, e non a respingerlo per malinteso orgoglio nazionale ("come italiano").
Anche perchè, se tanto mi da tanto, Schroeder "da tedesco" dovrebbe respingere paragoni con Hitler a difesa del suo connazionale.:D

Pieffebi
12-09-03, 19:18
In origine postato da gribisi
A Berlusconi non è stato chiesto un paragone tra Mussolini e Hitler, o tra Mussolini e Stalin.
E' stato chiesto un paragone tra Mussolini e Saddam.
E io tutta questa differenza tra il dittatore nostro e quello di Bagdad non la vedo.
Quello che Saddam fece ad Halabija, Mussolini lo fece in Etiopia e in Libia.
Si può discutere che M. gli oppositori li facesse ammazzare raramente, almeno fino al set 1943, mentre Saddam prediligeva di gran lunga l' esecuzione dei suoi oppositori piuttosto che la galera o l' esilio. Però mi pare che siamo sui dettagli.
Il cavaliere faceva prima ad accettare il paragone, e non a respingerlo per malinteso orgoglio nazionale ("come italiano").
Anche perchè, se tanto mi da tanto, Schroeder "da tedesco" dovrebbe respingere paragoni con Hitler a difesa del suo connazionale.:D

Beh ....sono stato uno dei primi su POL a ricordare le origini fascistoidi (anzi con tratti nazistoidi) del partito di Saddam (e di Hassad), tuttavia le differenze fra i due regimi, sul piano che dici tu eccome se ci sono. Più sopra io stesso ho definito la guerra di conquista dell'Impero.... una sorta di "guerra di sterminio", ma quella era una guerra coloniale, fatta anche da altri, senza troppi complimenti.....anche se in ritardo con la storia. La Francia, poi, quella che da lezioni al mondo da oltre 2 secoli..... in Algeria fino agli anni sessanta......ricordi?.........ed era democratica.......
Gli sloveni e gli altoatesini (o le altre minoranze etniche e linguistiche) il Regime di Mussolini li ha maltrattati, cercato di assimilarli a forza...............ma non li ha gassati a migliaia al colpo.
Il Terrore sistematico di massa non era un elemento ordinario (e neppure straordinario) del Regime Fascista italiano nella Metropoli "Imperiale". Il Regime era certo una dittatura illiberale nata dalla violenza, ma in un periodo storico dove la parola d'ordine della grande maggioranza della sinistra (comunisti e socialisti massimalisti) era ...."fare come in Russia". Quella Russia dove i bolscevichi di Lenin, anche dopo la guerra civile, e prima di Baffone, trattavano gli oppositori sostanzialmente peggio di come li avrebbe trattati l'ex socialista rivoluzionario (ex fino ad un certo punto) Benito Mussolini.


Shalom!!!

yurj
12-09-03, 19:26
a) sei disonesto. Per 20 anni abbiamo portato la situazione curda in Iraq e Turchia, e voi NON avete mai ascoltato. Voi siete i complici morali delle "gasazioni", comprese quelle iraniane.

b) Voi producete e vendete armi, vergogna!

c) che goduria vedere il granitico blocco dei likudini sfaldarsi :D

gribisi
13-09-03, 23:51
In origine postato da yurj
c) che goduria vedere il granitico blocco dei likudini sfaldarsi :D Perchè non c'è mai stato nessun blocco granitico di "likudini", ma solo persone serie, rispettose dei diritti dello Stato di Israele e abituate a discutere con onestà intellettuale.
Altro che voi comunisti, che avete uno spirito di corpo da fare invidia ai marines.:D

yurj
14-09-03, 00:50
:lol :lol :lol

Io non leggo Ferrara, questo la dice lunga su chi sta meglio :D

gribisi
14-09-03, 01:12
In origine postato da yurj
:lol :lol :lol

Io non leggo Ferrara... :D E perchè, io sì?

yurj
14-09-03, 01:39
In origine postato da gribisi
E perchè, io sì?

chi fa la propaganda sionista in Italia?

Pieffebi
21-09-03, 15:40
E chi rappresenta in Italia l'ideologia criminogena che ha generato, iniseme al nazionalsocialismo antisemita, le peggiori dittature del XX secolo?
Ma poi lo sai che cos'è il sionismo o come al solito parli a vanvera?

Ambrogio
29-09-03, 16:30
Certo che io non riesco a capacitarmi per esempio come sia stato possibile che Mussolini ad esempio abbia messo nelle leggi
razziali del 38 che una signora ebrea magari anziana non potesse piu' avere cameriera o badante italiana non ebrea.

Pisano' scrisse e disse sempre a proposito delle leggi razziali.
che esse furono un errore proprio nel senso diabolico dell'errore.

Comunque conosco ebrei che dicono che le leggi razziali del 39 furono fumo negli occhi di Hitler alleato scomodo e incombente
che gli inglesi gli avevano regalato buttandolo nelle braccia del despota tedesco.

E pensare che ancora nel 34 Mussolini a Bari diceva...........
etc.etc.

In pratica aveva dato a Hitler del barbaro ignorante ed ai tedeschi......pure.

Un saluto

Pieffebi
29-09-03, 20:55
Pensa che ci sono degli antesemiti che sostengono, ricalcando con ciò le idiozie propagandistiche naziste, che il conflitto fra "terzo reich" ed ebrei fu provocato deliberatamente da questi ultimi. Il giudaismo internazionale e segnatamente quello americano avrebbe infatti organizzato, nei confronti dell'inerme regime NazionalSocialista (assolutamente privo di brutte intenzioni verso gli ebrei :D) un terribile boicottaggio economico. Chissà perchè Mussolini fin da prima della salita al potere dell'imbianchino sifilitico, attraverso il Renzetti...... consigliava questo ultimo, in sostanza, di farla finita con l'antisemitismo fanatico. Quello degli ebrei, sulla base di articoli di stampa antiebraica non tedesca, è qualificato come un boicottaggio tale da indurre gli ebrei di gran parte del mondo ad agire "come un solo uomo" ( :D ) contro la povera Germania di quel sant'uomo di Hilter :D .
Simili enormità vengono propagandate come storiografia..... sempre con sprezzo del ridicolo.
Qual'è la vera causa della seconda guerra mondiale, secondo tali "ricostruzioni", che in fondo sono finalizzate a questa conclusione..... ? Ovviamente gli ebrei. I nazisti in realtà volevano bene ai giudei, sono loro che li hanno provocati scatenando contro di loro il mondo intero. Fino al 1935, ci dicono, i nazisti non hanno intrapreso misure legislative contro gli ebrei. Che buoni, eh?
Le leggi del 7 aprile 1933 che escludevano gli ebrei dai pubblici uffici e dall'avvocatura (con eccezione, come accadrà poi per il fascismo italiano, per talune categorie, tra cui gli ex combattenti), erano ovviamente filo-semite!
E il boicottaggio contro "il commercio giudaico" organizzato dal gerarca nazista Julius Streicher (che parlava di necessità di sterminare degli ebrei già nei primissimi anni trenta) e dal suo comitato nazionalsocialista "per la giustizia razziale", non è mai stato sentito nominare dagli "storici" antisemiti. Eppure il tutto accadde il 01 aprile 1933.
Il fascita Corrado Pavolini, inviato speciale del quotidiano di Interlandi "il Tevere", in Germania, scriverà nell'ottobre 1930 (millenovecentotrenta) che l'antisemitismo nazista era costituito da " un odio così intenso, quasi raccapricciante se si riflette che anche l'ebreo è in fondo una persona umana " (Il Tevere, 12 maggio 1930, citato da De Felicie in "La storia degli ebrei italiani sotto il fascismo", pag. 119).
Il famoso proclama del Regime NazionalSocialista contro gli ebrei è del marzo 1933 e il ministro Goebbels dichiarava in un intervista al " Sunday Referee" del 30 luglio 1933 : " A morte gli ebrei! Questo è stato per 14 anni il nostro grido di guerra . Crepino una buona volta . Ma tutto questo taluni "storici" antisemiti e gli ignoranti loro ammiratori.........non lo sanno. Proprio le convergenze di interessi tra taluni gruppi sionisti e la Germania di Hitler (di cui ho parlato diffusamente in altre occasioni) fecero sì che la Palestina fosse ricca di merci tedesche....altro che boicottaggio.

Shalom!!!!

Ambrogio
30-09-03, 09:50
Un ruolo enorme in quello che successe agli ebrei in Germania lo giocarono sia la terribile inflazione sia la grande cdepressione arrivata dall'America che porto' la Germania alla fame.Fame:brutta consigliera e tutte le ingiustizie perpetrate ai danni della Gemnia con il trattato di Versailles che sembra fatto apposta per creare i presupposti delle seconda guerra mondiale.

E in tutto questo un grande ruolo gioco' la grande finanza dove la
presenza ebraica era molto forte ( ma non la sola)..Alòla fin fine la Storia moderna e' anche la Storia delle Grande Finanza ed oggi piu' che mai,.

Ma era da ben prima delle Grande Guerra che si poteva intuire il grande disegno di destablizzare l'Europa ed il mondo ai fcini del predominio dei grandi interessi della Grandi Potenze maruttime.

Per questo non mi sento di incolpare dell'accaduto la sola Germania.Pensa alla dichiarazione Ballfour ad esempio.

Un saluto

gribisi
30-09-03, 13:15
La finanza ebraica AIUTO' la Germania, a giudicare dal fatto che a insistere sulle clausole punitive di Versailles furono GB e Francia, paesi dove gli ebrei contavano meno, mentre erano assai più concilianti gli Stati Uniti, dove gli ebrei avevano maggiore influenza.
Ma tant'è, gli antisemiti non hanno bisogno di ragioni per giustificare il loro odio antiebraico, perchè il loro è un dogma di fede che reggerebbe a qualsiasi cosa potessero fare gli ebrei.
E' come la favola del lupo e dell' agnello: "Se non sei stato tu a intorbidare l' acqua del sorgente, allora è stato tuo padre!"

gribisi
30-09-03, 13:20
In origine postato da Ferruccio
Un ruolo enorme in quello che successe agli ebrei in Germania lo giocarono sia la terribile inflazione sia la grande cdepressione arrivata dall'America che porto' la Germania alla fame.Fame:brutta consigliera e tutte le ingiustizie perpetrate ai danni della Gemnia con il trattato di Versailles che sembra fatto apposta per creare i presupposti delle seconda guerra mondiale.

E in tutto questo un grande ruolo gioco' la grande finanza dove la
presenza ebraica era molto forte ( ma non la sola)..Alòla fin fine la Storia moderna e' anche la Storia delle Grande Finanza ed oggi piu' che mai,.

Ma era da ben prima delle Grande Guerra che si poteva intuire il grande disegno di destablizzare l'Europa ed il mondo ai fcini del predominio dei grandi interessi della Grandi Potenze maruttime.

Per questo non mi sento di incolpare dell'accaduto la sola Germania.Pensa alla dichiarazione Ballfour ad esempio.

Un saluto Mi spieghi che male faceva la Dichiarazione Balfour alla Germania?
Casomai di quella potevano lamentarsi gli arabi.

Ambrogio
30-09-03, 14:53
In origine postato da gribisi
Mi spieghi che male faceva la Dichiarazione Balfour alla Germania?
Casomai di quella potevano lamentarsi gli arabi.

Appunto ! La dichiarazione Ballfour testimonia l'alleanza ebraico-grandi potenze marittime. Il mondo ebraico dava il suo appoggio contro la Germania a queste in cambio della promessa di un focolare ebraico in Palestina.Di per se stesso comprensibilissimo da parte ebraica.

Un saluto

Pieffebi
30-09-03, 21:00
In origine postato da gribisi
La finanza ebraica AIUTO' la Germania, a giudicare dal fatto che a insistere sulle clausole punitive di Versailles furono GB e Francia, paesi dove gli ebrei contavano meno, mentre erano assai più concilianti gli Stati Uniti, dove gli ebrei avevano maggiore influenza.
Ma tant'è, gli antisemiti non hanno bisogno di ragioni per giustificare il loro odio antiebraico, perchè il loro è un dogma di fede che reggerebbe a qualsiasi cosa potessero fare gli ebrei.
E' come la favola del lupo e dell' agnello: "Se non sei stato tu a intorbidare l' acqua del sorgente, allora è stato tuo padre!"


Infatti gli antisemiti, nel loro "lucido" delirio, confondono i 14 anni di odio antiebraico del NSDP ( con tanto di parola d'ordine: "morte agli ebrei") orgogliosamente confessati da Goebbels nella primavera 1933, con......... circa14 giorni :D . E si affannano a citare date. Nel 1933 negli Stati Uniti le organizzazioni ebraiche erano fra loro ancora in forte polemica. Si pensi alle dure polemiche fra L'American Jehws Comitteè e le organizzazioni sioniste. Ma tutto questo gli analfabeti storiografici lo ignorano....... anzi no................ dicono che solo nel 1939 gli ebrei diventeranno un gruppo monolitico..........facendo diventare una cosa obbligata la guerra ( :D ) , mentre poco prima avevano dichiarato che già nel 1933 avevano agito "come un sol uomo".
Ma agli antisemiti non si deve chiedere certo troppo, anzi non si deve chiedere loro proprio niente, visto che come al solito trasformano le vittime in colpevoli dei loro mali e invertono con noncuranza le relazioni di causa-effetto.

Shalom!!!

Pieffebi
30-09-03, 21:09
In origine postato da gribisi
Mi spieghi che male faceva la Dichiarazione Balfour alla Germania?
Casomai di quella potevano lamentarsi gli arabi.


Senza contare che quella dichiarazione, a cui seguì un mandato della Società delle Nazioni al Regno Unito............. fu interpretata dagli inglesi in modo sempre più........creativo e lontano dalla lettera originaria. Fino a imporre il blocco delle immigrazioni ebraiche in Palestina e sostenere politiche filo-arabe.

Shalom!!!

Ambrogio
01-10-03, 09:28
In origine postato da Pieffebi
Senza contare che quella dichiarazione, a cui seguì un mandato della Società delle Nazioni al Regno Unito............. fu interpretata dagli inglesi in modo sempre più........creativo e lontano dalla lettera originaria. Fino a imporre il blocco delle immigrazioni ebraiche in Palestina e sostenere politiche filo-arabe.

Shalom!!!

Comunque ormai la miccia l'avevano accesa ed in una zona cosi' critica gia' di suo.Sapevano quello che facevano e gli arabo li avevanpo gia' ben inchiappettati con Lawrence D'Arabia.

Un saluto

Pieffebi
01-10-03, 19:22
Le argomentazioni di certi "storici" antisemiti che insistono nel trasformare gli ebrei.....in persecutori dei nazisti ( :D ) dovrebbero essere usate come esempio di scuola ................ di caso di illogicità manifesta, mancanza di senso del ridicolo, fideismo acritico.

Il Regno Unito fu uno dei paesi che si astenne nel novembre 1947 quando fu deliberata la spartizione della Palestina in due Stati, dando il via libera alla fondazione dello Stato di Israele. Nei confronti della politica del Regno Unito ci fu per anni una lotta (compresi atti di vero e proprio terrorismo) dei movimenti sionisti palestinesi. Proprio in funzione anti-inglese l'Unione Sovietica dell'antisemita Stalin votò a favore della creazione dello stato ebraico e sostenne con l'invio di armi (cecoslovacche) la guerra di indipendenza condotta da Israele contro gli aggressori arabi.

Shalom!!!

03-10-03, 22:41
Quando il giornalismo era antisemita


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Le leggi razziali in Italia non furono un incidente di percorso e nemmeno qualcosa di più blando rispetto a quanto accadeva nella Germania nazista. L’immagine del popolo italiano razzista “per modo di dire” o antisemita “all’acqua di rose” è quanto di più falso e oltraggioso si possa affermare nei confronti della memoria delle vittime dei campi di sterminio nazisti. Il disegno deliberato e pianificato dello sterminio di un popolo, come spiega nel suo libro Raul Hilberg, è stato il frutto di un percorso storico e culturale che si è sviluppato coerentemente nei secoli e che ha trovato il suo tragico sbocco naturale e finale nel nazismo e nel fascismo.
(Foto sopra: articolo comparso il 15 luglio 1938, in prima pagina su "Cronaca prealpina")
Gli italiani fecero, dunque, la loro parte, ben coscienti di farla. Nel 1938 vennero emanate le leggi razziali, approvate dal parlamento e firmate dal re, che discriminavano e perseguitavano i cittadini italiani di origine ebraica.
Le leggi, si sa, per funzionare hanno bisogno di un apparato burocratico che le renda operative, quelle razziali avevano bisogno anche di un apparato propagandistico che diffondesse il verbo antisemita. Molti mezzi di informazione, compresi i quotidiani locali, piccoli o grandi che fossero, non si sottrassero al ludibrio del giudeo e diedero fiato alle trombe del regime.

Lo storico Enzo Laforgia, coordinatore dell’Istituto varesino per la storia dell'Italia contemporanea e del movimento di liberazione, ha condotto una ricerca proprio in questa direzione. Come si comportarono il giornale locale “Cronaca Prealpina” o il cattolico “Luce”? Contrastarono il fenomeno o lo alimentarono? La ricerca di La Forgia propone materiali interessanti, perlopiù articoli che comparvero tra il luglio ed il dicembre del 1938 su «Cronaca Prealpina» e che registrarono l'avvio della veemente campagna razzista. La propaganda trovò appoggio anche sul settimanale (allora bisettimanale) di area cattolica “Luce” e su “La Provincia di Varese”, quindicinale del Consiglio e ufficio provinciale delle corporazioni.
Insieme agli articoli dell’epoca, Enzo Laforgia ha inserito nel suo lavoro (clicca qui per consultare la ricerca) anche una serie di documenti correlati, importanti per capire il fenomeno nella sua completezza: la legislazione razziale, le circolari, il Manifesto degli scienziati razzisti, pubblicato sul "Giornale d'Italia" il 14 luglio 1938, tutti i provvedimenti razziali compresi quelli della R.S.I.

Leggendo gli articoli e gli editoriali di allora colpisce l’aggressività incalzante verso gli ebrei, mai nascosta, e qualche volta addirittura giustificata con ridicole argomentazioni sociopolitiche, come nel caso dell’articolo “Gli Ebrei”, a firma di Don Walter, pubblicato in prima pagina sul “Luce” il 2 agosto del 1938.
All’epoca direttore del quotidiano "Cronaca Prealpina" era Niccolò Giani (vi rimase fino al 1940). Il 18 gennaio del 1939 Giani pubblicò in terza pagina un articolo dal titolo “perché siamo antisemiti”, che riprendeva un discorso da lui stesso pronunciato una settimana prima, per l'apertura dei nuovi corsi della scuola di mistica fascista di Milano. «È da millenni – scriveva Giani - che i giudei covano un sogno di odio e di dominazione e dopo il 1791 essi speravano di realizzarlo: anzi erano fermamente convinti di ricondurre nel porticello del trionfo la sconnessa navicella del loro miraggio di sopraffazione mondiale. Dimenticando che con l'odio - come ha insegnato Cristo e confermato Mussolini - non si costruisce nella vita. Il Fascismo invece li ha svegliati bruscamente e ricondotti alla realtà dell'Anno XVII. E oggi la parentesi, apertasi colla Rivoluzione francese, si sta chiudendo. E si chiude, per fortuna della civiltà e dell'umanità intera. La vittoria del Fascismo sul giudaismo è infatti una vittoria della civiltà e della luce».
Quanto basta per non pronunciare più: «Italiani brava gente».


(articolo comparso il 15 luglio 1938, in prima pagina su "Cronaca prealpina")
http://www2.varesenews.it/immagini/memorie/sangueantico.jpg

gribisi
04-10-03, 16:13
Sconvolgente anche il fatto che molti cattolici, almeno di seconda fila, accettarono il concetto tipicamente materialista e razzista-biologico di "sangue" al quale avrebbero dovuto essere comunque contrari, anche se favorevoli alla teologia del disprezzo verso gli ebrei.
Una vera e propria contaminazione tra cattolicesimo e razzismo, alla faccia dell' universalismo.

Pieffebi
06-10-03, 20:39
tanto per ricordare:

http://shamash.org/holocaust/photos/images/Classrm.jpg
1935: due studenti ebrei sono umiliati davanti ai propri compagni. L'iscrizione alla lavagna dice: 'L'ebreo e' il nostro piu' grande nemico diffida dell'ebreo".


Il ridicolo tentativo di fare degli ebrei dei persecutori dei nazisti e la causa della guerra mondiale, e .....come da battuta di un famoso film, insieme ai corridori ciclisti, la causa di ogni male del mondo.....amalgamata al solito analfabetismo storiografico.... lascia il tempo che trova.
Riguardo agli eccessi dell'antigiudaismo cattolico e alle sue .....convergenze, da parte di più di un esponente di certo cattotradizionalismo dell'epoca fascista, con l'antisemitismo di regime, ne ho trattato marginalmente più sopra.

Shalom!!!

Pieffebi
16-10-03, 21:09
dal CorSera

" Il 16 ottobre ’43 al Ghetto
LA VERGOGNA 60 ANNI DOPO

di PAOLO FALLAI


Se qualcuno pensa che il rastrellamento degli ebrei romani sia un episodio che appartiene a una guerra del passato e merita al massimo una celebrazione di rito, forse non ha compreso quel che accadde a Roma quel 16 ottobre 1943. Qualcosa che va oltre l’orrore per gli oltre mille deportati nei campi di concentramento, vittime di una operazione priva di qualunque pur spietato senso bellico, votata solo allo sterminio di innocenti: solo 16 torneranno a casa. E tra loro neanche uno dei duecento bambini strappati al loro futuro. Quella strage ha superato il senso umano del limite fin nelle premesse: lo spregevole ricatto di Kappler che costrinse le famiglie ebree a raccogliere 50 chili d’oro con la promessa di una salvezza che non fu mai nemmeno una ipotesi. La collaborazione infame dei fascisti romani alla deportazione. Le ignobili delazioni, per cinquemila lire, che portarono i carnefici ad allungare la lista dei condannati. Il silenzio e la viltà di tutti quelli che rimasero a guardare, sapendo fin troppo bene cosa stava succedendo.
Questa è la vergogna che ci portiamo ancora sulla pelle, a sessant’anni di distanza. Fu così raro l’eroismo di uomini come Michele Bolgia, il ferroviere che pagò con la vita il suo aprire quei vagoni chiusi col piombo dai tedeschi. Per questo oggi abbiamo deciso di raccontarne la storia.
Per questo, proprio oggi, appare terribile il destino di Rosetta Stame, figlia di un uomo massacrato alle Fosse Ardeatine, condannata per aver diffamato Erich Priebke, l’ufficiale che guidò i nazisti nell’impresa di sterminare 335 innocenti. Lei lo avrebbe definito un «torturatore», ma per il giudice non c’erano prove di torture sul corpo straziato di suo padre, Ugo Nicola Stame, trovato mesi dopo l’eccidio nell’informe fossa comune dove i nazisti avevano cercato di nascondere quell’orrore. Nel frattempo il signor Priebke - condannato all’ergastolo per la strage delle Ardeatine - ha trovato tempo e microfoni pubblici per chiedere la grazia e la possibilità di tornare in Argentina ad abbracciare la moglie malata. Sentimenti familiari comprensibili: anche i 335 morti delle Fosse Ardeatine avrebbero voluto vivere accanto alle loro famiglie, anche Rosetta Stame avrebbe voluto crescere vicino a suo padre.
Sono stati molti ieri ad esprimere solidarietà a questa donna minuta e schiva. Eppure qualunque parola, proprio in questi giorni, sembra inadeguata. Di fronte all’enormità dell’orrore e alla sconfinata viltà che se ne rese complice, meglio risposte concrete. Nel febbraio scorso il Comune di Roma e il ministero per i Beni culturali firmarono un’intesa per l’acquisto dei 5 appartamenti dell’edificio di via Tasso non occupati dal Museo storico della Liberazione. Che fine ha fatto quell’impegno?
pfallai@corriere.it "

Shalom!!!

Pieffebi
10-11-03, 22:16
Un articolo di un certo interesse, anche se eccessivamente divulgativo e in taluni passaggi semplicistico, che tratta delle infami leggi razziali fasciste è pubblicato in questi giorni su una rivista online di storia a questo indirizzo:

http://www.storiain.net/artic/artic1.asp


Shalom!!!

Pieffebi
24-11-03, 21:09
da www.lastampa.it

" IL VICEPREMIER E LEADER DI AN IN VISITA DAL 23 AL 26 NOVEMBRE
Fini in Israele: sradicare l'antisemitismo
«Mai più l'orrore dell'Olocausto»

24 novembre 2003

ROMA. Fini ha lanciato oggi in Israele un forte appello a «sradicare la malapianta dell'antisemitismo». Il vicepremier ha avuto un'ora di colloquio con Sharon. Fonti diplomatiche israeliane riferiscono che Sharon ha lodato la posizione di estremo equilibrio dell'Italia che «può contribuire all'avanzamento del processo di pace».


«Di fronte all'orrore dell'Olocausto sale fortissimo il bisogno di tramandare la memoria, e di far sì che mai più, in futuro, sia riservato anche a un solo essere umano ciò che il nazismo riservò all'intero popolo ebraico». È questo il messaggio che Gianfranco Fini ha lasciato nel registro dello Yad Vashem, il museo dell'Olocausto di Gerusalemme.

«Alla condanna dei carnefici di ieri va accompagnata la coscienza dell'insegnamento che ci viene dalla storia dei giusti - prosegue Fini -. Essi dimostrano che non può esserci nessuna giustificazione, non soltanto per chi uccise, ma anche per chi poteva salvare un innocente e non lo fece». Sono le parole di ulteriore presa di distacco dal passato che in molti attendevano da Fini, nella sua prima visita in Israele.

«Certo, così come il miracolo dei giusti invocato da Abramo non salvò Sodoma e Gomorra - va avanti Fini - così le azioni e i comportamenti di uomini come Giorgio Perlasca non impedirono la Shoa. Eppure è con il loro esempio che deve confrontarsi la nostra coscienza nazionale di italiani».

«Dobbiamo farlo per conoscere i nostri giusti e per tramandarne l'esempio - dice ancora Fini - dobbiamo farlo per denunciare le pagine vergognose che ci sono nella storia del nostro passato». Qui il passaggio di condanna sulle responsabilità per le leggi razziali sotto il fascismo.
"

Shalom!

Pieffebi
25-11-03, 20:35
dal Corriere della Sera

" Corriere della Sera del 25/11/2003


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Il vicepremier contro «le discriminazioni e le persecuzioni nei confronti degli ebrei»

Fini in Israele condanna il fascismo e Salò
Il leader di An: «Infami le leggi razziali». Poi definisce «vergognosa» la pagina della Repubblica Sociale
Maurizio Caprara
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GERUSALEMME - Presidente Fini, lei poche ore fa ha parlato di «pagine vergognose nella storia del nostro passato». In quelle pagine, a suo avviso, rientra la Repubblica Sociale Italiana? «Rientra dal millenovecento... Rientrano certamente tutte quelle pagine relative alla discriminazione e, ancora di più, alla persecuzione nei confronti degli ebrei e, più in generale, delle minoranze. Certamente, vi rientra anche quella pagina».
Pomeriggio di ieri, hotel King David di Gerusalemme. Questa risposta, testuale, a una domanda del Corriere segna la nuova presa di distanze del fondatore di Alleanza nazionale da una tradizione del Movimento sociale che per decenni individuava in Salò un elemento della propria identità, quantomeno un oggetto di meste nostalgie. I giornalisti al seguito della prima visita di Gianfranco Fini in Israele prendono nota.
Come nella mattina, quando, davanti al museo dell'Olocausto, lo Yad Vashem, l'allievo di Giorgio Almirante ha aggiunto a una condanna delle leggi razziali, già formulata, una parola esplicita sulla loro origine.
Aveva in testa una kippà, copricapo degli ebrei praticanti. La sua esortazione a non dimenticare «l'orrore» della Shoah è stata: «Dobbiamo farlo per capire la ragione per la quale ignavia, indifferenza, complicità fecero sì che tantissimi italiani nel 1938 nulla facessero per reagire alle infami leggi razziali volute dal Fascismo».
Fascismo. Il termine che in altre occasioni era stato più oggetto di allusioni che di condanne. Ma il giudizio è stato «non tanto per chiudere i conti col passato, quanto per preparare il nostro futuro».
Sul momento, il presidente delle Comunità ebraiche italiane Amos Luzzatto ha annuito. Poi, in disparte, commenta che con Fini «ogni volta ci sono piccoli passi in avanti» più tardi, diplomatico: un importante passo avanti». Fuori dall'ufficialità, a Gerusalemme si diffonde un'impressione. Nell'esprimersi sulla morte di sei milioni di persone, dopo aver attraversato il buio della sala nella quale minuscole luci ricordano il milione e mezzo di piccoli ebrei strappati alla vita dai nazisti, non era atteso che Fini si soffermasse di più sulle responsabilità del regime di Benito Mussolini, colpevole di aver avallato le deportazioni? Ariel Sharon, che nel frattempo lo riceve in ufficio per oltre un'ora, fa arrivare ai cronisti apprezzamenti per il governo italiano. Però, a un certo punto, il ministero degli Esteri rinuncia alla conferenza stampa che il suo titolare, Silvan Shalom, aveva in programma per le 14.30 con il fondatore di An. Alcuni giornalisti già sul posto vengono autorizzati ad ascoltare Fini e Shalom prima della loro colazione.
Sembra una cosa più sopportata che organizzata.
È di fronte alle domande delle 15 che Fini specifica la sua esortazione mattutina a far conoscere le azioni dei «giusti» come Giorgio Perlasca e a «denunciare le pagine vergognose». «Occorre trarre insegnamento da chi, nell'epoca del male assoluto... rischiava anche la propria vita per salvare innocenti», sottolinea. Un'inviata: «"Epoca del male assoluto": parliamo del Fascismo?». Fini: «Certo, tutto il periodo delle discriminazioni, tutto quello che abbiamo visto allo Yad Vashem. Quella era l'epoca del male assoluto».
Sono i momenti che non lasciano uguale la giornata cominciata in uno dei posti nei quali, dicono alcuni ebrei, Dio piange. Lo Yad Vashem, concentrato di documenti, immagini, testimonianze che riassumono, ecco la definizione di Fini «l'orrore della Shoah, simbolo perenne dell'abisso di infamia in cui può precipitare l'uomo che disprezza Dio».
Foto di donne pelle e ossa. Di fosse comuni. Barattoli veri di Zyklon B, il gas delle camere a gas. Nella sala più solenne, la guida Angela Polacco si era rivolta all'ospite con la formula protocollare riservata a tutti i politici stranieri in visita: «Invito il presidente Fini a ravvivare la fiamma perpetua delle memoria che ricorda gli ebrei morti per mano dei nazisti e dei loro collaboratori». Il fondatore di An, deposta una corona di fiori, ha tirato una leva. Il fuoco della memoria è salito. Poi la firma sull'albo degli ospiti, il discorso, le integrazioni del pomeriggio. Seguite oggi, è probabile, da un'ulteriore condanna del fascismo da parte di Fini. "


Shalom!!!

Pieffebi
09-12-03, 22:17
da www.storiainrete.com

" LA DESTRA ED EBREI: UNA TORMENTATA
E TORTUOSA STORIA ITALIANA

Un libro contro i luoghi comuni. Una pagina di storia finora mai scritta, che ricostruisce...

http://www.storiainrete.com/primo-piano/ebrei-rossi/cop-rossi.jpg

.....meticolosamente il percorso compiuto dalla destra postfascista italiana per lasciarsi alle spalle l’antisemitismo fascista e approdare al rifiuto netto di ogni razzismo. Il luogo comune smentito da "La destra e gli ebrei", il nuovo libro di Gianni Scipione Rossi (Rubbettino, pp. XXVI + 302, € 16,00) è quello che vede nella svolta compiuta da Alleanza Nazionale a Fiuggi, nel gennaio del 1995, un atto improvviso e superficiale, dovuto più all’urgenza di ottenere patenti di rispettabilità piuttosto che a una riflessione approfondita e condivisa.
Gianni Scipione Rossi, giornalista, vice direttore dei Servizi Parlamentari della RAI, attingendo agli archivi
e alla stampa d’epoca, dimostra invece che Fiuggi è stato il punto di arrivo di un processo lento, talvolta non privo di contraddizioni, ma caratterizzato da una serie di passaggi non meno significativi. Un processo che, almeno fino alla fine degli anni sessanta, si è sviluppato in un clima segnato da un’evidente volontà di rimozione delle leggi razziali del ’38 e dell’Olocausto da parte del mondo culturale e politico, non solo a destra. A lungo gli storici italiani, con l’eccezione di Renzo De Felice, hanno evitato di confrontarsi con il dramma vissuto dagli ebrei a causa delle leggi razziali. E persino i manuali scolastici non dedicavano che poche righe alle stragi perpetrate nei campi di sterminio nazisti.


La soppressione scientifica di milioni di ebrei, il tentativo di sradicare persino il loro nome dalla storia d’Europa, erano stati fenomeni talmente enormi da incutere insieme rispetto e desiderio di oblio. Anche perché, nel caso italiano –


suggerisce Rossi – protagonisti dell’ubriacatura antisemita che aveva sconvolto gli ultimi sette anni del fascismo, cinque dei quali di guerra, furono essenzialmente i giovani intellettuali oltranzisti che avrebbero voluto imporre al regime una svolta antiborghese, e che – di conserva con un antigiudaismo cattolico ancora molto influente – a questo fine individuarono negli ebrei un "nemico". Quei giovani intellettuali solo in minima parte, nel dopoguerra, si collocarono alla destra degli schieramenti politico e culturale. Più spesso scelsero di rifluire nel marxismo o nel mondo cattolico.
A destra, nel mondo dei "nostalgici", dei reduci dalla guerra civile, degli ex fascisti "non pentiti" ma pronti a reimpegnarsi in politica nel rispetto delle regole democratiche, la rimozione riguarda, secondo l’autore, sostanzialmente solo il ruolo di Mussolini. Il "duce", sconfitto e ucciso, non perde il suo fascino e dunque va salvato anche dall’accusa di essere stato complice del genocidio. Per gran parte del neofascismo, le leggi razziali furono dovute essenzialmente alle pressioni di Hitler, furono un cedimento inspiegabile e transitorio, che non avrebbe dovuto avere le tragiche conseguenze ormai note.
Fin dall’agosto del ’46 la stampa postfascista affronta il problema. Comincia il settimanale "Rataplan" con una durissima condanna, condivisa nel corso degli anni, a più riprese, dalla stampa fiancheggiatrice del Msi e dagli intellettuali d’area, a cominciare dagli storici Attilio Tamaro ed Edoardo Susmel e dall’ex ambasciatore a Berlino, Filippo Anfuso. D’altra parte lo stesso Almirante, nel 1948, sottolineò che "sarebbe stato stolto non ammettere gli errori" del fascismo.
Ma proprio Almirante era stato redattore della "Difesa della razza" di Interlandi, in prima linea nella campagna antisemita. Il sospetto di antisemitismo lo accompagnò tutta la vita, anche se toccò a lui, nel 1967, nel corso di una "Tribuna Politica" televisiva, affermare con fermezza il rifiuto di ogni razzismo. "Nella biblioteca di partito – disse – metterei il ‘Diario di Anna Frank’ insieme alla requisitoria del pubblico ministero al processo Eichmann". Pochi mesi dopo il Msi, guidato da Michelini, "occidentale" ormai dal 1951, si schierò apertamente nel campo filo-israeliano durante la guerra dei "sei giorni". Una posizione mai rimessa in discussione. Nel 1974, in "Autobiografia di un ‘fucilatore’", Almirante raccontò come la sua conversione anti-razzista si fosse verificata negli ultimi mesi della Repubblica Sociale, quando nascose un amico ebreo e la sua famiglia in alcuni locali del Minculpop. Dopo Piazzale Loreto, braccato, proprio da quell’amico ebbe aiuto e sostegno.
Il percorso della destra postfascista non fu tuttavia così agevole. Mentre nelle sue fila non mancano militanti di origine ebraica, deve fare i conti – rileva Rossi - con le conseguenze politico-culturali del conflitto perduto a fianco dell’alleato nazista, con una parte dei reduci che resta fedele alla memoria della guerra combattuta "contro Giuda e contro l’oro". Influenzato dal pensatore tradizionalista e criptonazista Julius Evola, teorico di un equivoco "razzismo dello spirito", un settore del postfascismo finisce per ispirarsi più all’hitlerismo che all’esperienza mussoliniana. Questa eredità culturale conduce molti giovani di destra, anche negli anni settanta e ottanta, a sostenere attivamente la causa palestinese, a fianco dell’estrema sinistra.
In un libro documentato e pacato, che in qualche modo rappresenta anche uno spaccato della cultura "plurale" della destra, Gianni Scipione Rossi mette in evidenza contraddizioni e imbarazzi, rimozioni e pentimenti di un mondo politico e umano che, spesso, si è aggrappato all’eroismo di tanti italiani – da Perlasca a Palatucci – per difendere la memoria di un fascismo idealizzato, che nella realtà storica rese gli italiani di religione e di origine israelitica – molti dei quali fascisti convinti – "orfani della nazione".
Approfondimenti:
[link dalla pagina]: http://www.storiainrete.com/primo-piano/ebrei-rossi/ebrei-rossi.php

Un articolo di Giovanni Belardelli sul libro di Rossi
Un articolo di Marina Valensise sul libro di Rossi
Il sito della casa editrice Rubbettino "


Shalom!!!

Pieffebi
11-12-03, 20:33
da www.storiain.net

" IL LIBRO DEL MESE - L'ordinamento giuridico dello stato nazista analizzato da un docente dell'Università Cattolica di Milano

IL CODICE DI HITLER RESE LEGALI
GLI ORRORI DELL'ANTISEMITISMO

di PAOLO DEOTTO


"È vero che l'ebreo è un essere umano, ma anche la pulce è un essere vivente, per nulla gradevole. il nostro dovere verso noi stessi e verso la nostra coscienza sta nel renderla inoffensiva. Lo stesso vale per gli ebrei."
Potrebbe essere una delle mille frasi nate dalla pianta malata dell'antisemitismo, sempre ricca, purtroppo, di frutti velenosi. Identificare dei nemici, scaricare su di loro colpe e problemi è un sistema, vecchio come il mondo, con cui si acquietano le coscienze gli individui meno dotati dal punto di vista culturale e intellettuale . Ma la frase riportata non era stata
Dietro il filo spinato di un lager pronunciata da un uomo qualunque, tantomeno da un uomo non dotato intellettualmente, bensì da Joseph Goebbels, Ministro della propaganda del Terzo Reich, uomo di profonda cultura, scrittore raffinato, uno dei maggiori responsabili della costruzione di quell'unicum della storia umana che fu lo Stato nazionalsocialista di Adolfo Hitler.
La citazione di Goebbels è ripresa dal libro "Dall'inchiostro al sangue", scritto da Andrea Bienati, giovane professore dell'Università Cattolica di Milano. È un ottimo libro e, proprio per questo, un libro durissimo da leggere. Intendiamoci subito: non certo per lo stile o per i contenuti. Lo stile è perfetto e scorrevole, l'argomento è interessantissimo. Ma è un libro, leggetelo e mi darete ragione, che affascina e che nello stesso tempo non si vorrebbe leggere, perché non è certo quel che si possa definire una lettura distensiva o "di evasione".
È un libro che turba profondamente, ma che va letto, che è giusto leggere. Un libro che turba: perché l'autore percorre l'evoluzione di una Società dove il crimine diviene norma, dove la legge stessa, ossia lo strumento che l'uomo si è dato per creare un consorzio civile, diviene contraddizione con quei basilari principi morali che ognuno di noi dà per acquisiti e indiscutibili. L'imperativo della coscienza si assopisce fino ad appiattirsi dietro il rifugio di un sistema giuridico coerente che porta al compimento di scelleratezze quali la Storia mai vide. Come e perché è potuto accadere tutto questo?
Da molti, soprattutto negli anni passati, regnante nella ricerca storica un facile manicheismo, si è liquidato il fenomeno nazista come espressione di "follia sanguinaria". Ma questa sbrigativa spiegazione non soddisfa il bisogno dello studioso, che investiga fino in fondo, analizza per capire, anche perché non è possibile (non foss'altro, diremmo, per motivi matematici) presumere che tutti, ripeto tutti, gli uomini e le donne che furono partecipi, attivi o anche solo tolleranti, del crimine nazista, che tutti i membri delle SA, delle SS, e dei molti altri organismi di Stato o di Partito, non è possibile, dicevamo, che tutti quanti fossero dei folli sanguinari. Avremmo avuto una concentrazione incredibile di milioni di psicopatici, tanto più assurda laddove si consideri che la quasi totalità di questi personaggi alla fine della guerra tornò ad una normalità di vita, visto che il processo di Norimberga e successivamente i procedimenti giudiziari locali colpirono solo poche migliaia di responsabili dei crimini più clamorosi.
Andrea Bienati fa una constatazione che è banale quanto si voglia, ma che apre la porta ad una ricerca tormentosa e tutt'altro che banale: i nazisti, le SS che con indifferenza sterminarono milioni di individui, i militari e i burocrati, i magistrati, i medici, i funzionari pubblici, che tutti concorsero al crimine, erano persone normali. Erano persone come noi: persone perbene. Come e perché furono in grado di commettere atti che di norma definiamo come abietti e criminosi?
La ricerca è tormentosa, perché ci impedisce di rifugiarci dietro il facile paravento della nostra normale e ordinata vita quotidiana. "Noi non faremmo mai certe cose!". Perché, visto che altri, normali e perbene alla pari di noi, le hanno fatte?
" L'onda del crimine nazista travolse la quotidianità, fino a demolire certezze e speranze che si basavano sulla razionalità dell'uomo. Tutto quello che è accaduto era ammantato da spiegazioni e giustificazioni che sono risultate utili ad innalzare una realtà di dolore e soprusi nei confronti dei diversi. Ebrei, zingari, oppositori politici, Testimoni di Geova, religiosi, omosessuali e malati divennero le vittime della ragione del numero asservita al pregiudizio, cosicché dall'inchiostro delle leggi nascesse l'ondata di sangue che per poco più di un decennio condusse alla deriva l'umanità. Come dopo una mareggiata, quando sulla riva resta tutto quello che le onde celavano, così proveremo a rileggere i fatti nati dal trionfo della legge sulla giustizia ".
L'introduzione dell'autore, che abbiamo qui riportata, ci enuncia subito la strada che seguiremo: lo studio di come e perché accadde il trionfo della legge sulla giustizia.
Questa frase potrà lasciare inizialmente perplessi, perché istintivamente siamo portati ad Adolf Hitler associare i due concetti, ossia a considerare "giusto" ciò che è dichiarato tale dalla legge. La lunga consuetudine di vita in una società giuridicamente regolata, con le sue istituzioni e le sue autorità, porta infatti l'uomo ad attribuire alla legge anche un valore morale, a considerare "morale" e quindi "giusto" ciò che è stabilito dalla legge, a far coincidere infine la rettitudine del comportamento con il rispetto della legge. Alla classica domanda: "perché si deve rispettare la legge?" segue infatti spesso la risposta: "Perché proviene dall'autorità", seguita poi dall'ulteriore concetto, ossia che il mancato rispetto della legge comporta delle sanzioni, quindi un "danno" per l'individuo. Ne scaturisce quindi il quesito, riferito al sistema giuridico nazista: era definibile come "giusto" un regime che poneva, con le sue leggi, la discriminazione razziale alle sue basi? La domanda è volutamente provocatoria, ma inevitabile laddove si consideri, come dicevamo sopra, che questo sistema giuridico coinvolse una intera Nazione e portò moltissimi individui normali e perbene a commettere atti immorali.
Andrea Bienati affronta il problema dello studio del crimine nazista sotto un profilo non solo storico, ma anche criminologico, sviluppando il concetto di neutralizzazione del crimine . Con questo termine gli studiosi americani Sykes e Matza vollero chiamare tutte quelle "giustificazioni" che l'uomo trova in sé o nell'ambiente circostante e che lo portano ad accettare di commettere un'azione solitamente ritenuta indegna di essere commessa.
"Applicando tali teorie, non v'è una ricerca di cause atte a scagionare il colpevole, ma, anzi, c'è un'approfondita analisi del momento in cui il soggetto, ricercando l'attimo favorevole, decide di lasciarsi andare alla deriva del crimine (ciò viene detto drifting)".
Il potere delle leggi quali fonte di giustificazione, risulta naturalmente impareggiabile, perché l'individuo non sarà più soggetto né al biasimo sociale, né alla sanzione. Se lo Stato, l'autorità, legalizzasse, addirittura incentivandoli, comportamenti criminali ma vantaggiosi, come reagiremmo?
Nell'aprile 1936, durante un congresso a Milano, il professor Carl Schmitt, massimo giurista tedesco dell'epoca, diede questa definizione del sistema giuridico nazista:
" Questo ordinamento giuridico razzista, posto tutto dal Partito nazionalsocialista, è e vuole essere null'altro che diritto tedesco. Esso non ha tendenze universali, non vuol portare la rivoluzione nel mondo, non è internazionale o aggressivo. Esso difende il sangue tedesco solo in quanto scorre nelle vene di un cittadino tedesco. il diritto tedesco ritiene che la determinazione di ciò che è tedesco e di quanto necessario per la difesa del sangue e del popolo tedesco, in quanto si tratta di cittadini tedeschi, è esclusivamente cosa del popolo tedesco ".
Da queste parole si evince facilmente che l'ordinamento legale del Reich era basato sull'identità tra Popolo, Partito e Stato. "Dall'unione di questi tre soggetti prese vita una visione parziale del diritto, nella quale il nazionalsocialismo al potere riuscì a nascondere dietro l'interesse nazionale una serie di leggi miranti a raggiungerei propri fini: la progressiva stigmatizzazione ed eliminazione dei cittadini non conformi al modello ariano. È questo il cardine della relativizzazione del diritto nello ius quia iussum (è giusto ciò che viene definito come tale dalle leggi - N.d.R.)".
La criminologia poi ci insegna che per spingere un soggetto a compiere atti solitamente ritenuti immorali gli si debbano fornire elementi per ridurre ciò a normalità, si debba cioè creare una subcultura all'interno della quale il crimine non sia reato, anzi sia norma legale e ovvia quotidianità.
È questo il compito delle dottrine politiche che forniranno le basi teoriche e suggestive. Nel caso del nazismo sono individuabili da subito tre caratteristiche: il revanscismo nei confronti delle potenze alleate che avevano umiliato la Germania; l'antisemitismo, basato su una visione degli Ebrei come "sottorazza" predatrice e burattinaia della Storia e infine la volontà di ristabilire un ordine sociale.
Si è parlato spesso dell'antisemitismo come punto di partenza del nazismo; se ben guardiamo fu piuttosto uno strumento di dominio e un fine ultimo (ribadito da Hitler come volontà futura nel suo testamento politico). La figura dell'Ariano fu costruita come identità opposta all'Ebreo; si doveva creare il senso di appartenenza ad una élite basata sulla razza, che doveva ottenere il primato all'interno del proprio Stato. Era questo il concetto di comunità di "Sangue e suolo" , Blut und Boden. Questa élite, cresciuta nella coscienza del proprio ruolo, doveva poi imporsi come modello per le nazioni identificate come facenti parte dello "spazio vitale" da conquistare per la Grande Germania.
Ci siamo soffermati a lungo sul primo capitolo dell'opera di Bienati, intitolato "legge, pane e onore", perché in esso l'autore sviluppa e chiarisce molto bene le chiavi di lettura del fenomeno nazista.
Numerose citazione dal Mein Kampf ci mostrano come Hitler (che dettò questo libro durante la reclusione a cui era stato condannato in seguito al fallito putsch di Monaco dell' 8 - 9 novembre 1923) avesse compreso che il tentativo di colpo di Stato era stato un errore politico e che piuttosto bisognava fornire al cittadino tedesco una immagine rassicurante, di un movimento politico che agisse nella legalità per riportare quell'ordine che comunque era invocato da tutti, agendo anzitutto sui più basilari bisogni, anche materiali, del popolo. Non scordiamoci che uno dei principali motivi di arruolamento nelle "SA" (la prima milizia armata del partito) era rappresentato dal fatto che in questo corpo paramilitare erano garantiti, oltre a una paga irrisoria, due pasti al giorno, il che non era poco in una nazione ridotta alla miseria. Il motivo del successo elettorale che via vi portò Hitler al potere è poi da ricercarsi sia nella soddisfazione al revanscismo, sia nel fornire argomenti di grande fascino (che porteranno alla creazione di una sorta di "religione pagana" di divinizzazione del Partito e del suo Capo ), sia infine nel dare concreti vantaggi, economici, di promozione sociale, di carriera, a quanti aderivano incondizionatamente ai dettami nazisti.
La produzione legislativa nazista, appena conquistato il potere nel 1933, fu frenetica e finalizzata alla conquista totale dello Stato, nello spirito di quanto già espresso chiaramente nel 1928 da Goebbels:
" Noi andiamo al Reichstag (Parlamento) allo scopo di rifornirci di armi nell'arsenale stesso della democrazia. se la democrazia è così stupida da pagarci per danneggiarla ed offenderla sono fatti suoi. Noi veniamo come nemici, come il lupo che salta in mezzo al gregge ". In due anni, dal 30 gennaio 1933 al 30 gennaio 1935, lo Stato tedesco viene stravolto, Hitler assume entrambe le cariche di cancelliere e Capo di stato (e quindi comandante in capo delle Forze Armate), viene tolto il potere ai singoli Lander (Paesi) trasformando i governatori in funzionari nominati da Hitler. Il Partito Nazionale Socialista dei Lavoratori (NSDAP) viene riconosciuto come solo partito politico legittimo e viene punita la costituzione di altri partiti. Lo NSDAP viene elevato a organo di diritto pubblico, come uno Stato nello Stato. Il tutto era teso alla creazione di quel Totalstaat (Stato totale) in cui la legge costituzionale non fosse altro che "la formulazione legale della volontà storica del Führer", come affermato dal capo dell'associazione degli avvocati, Hans Frank.
La duplicazione di ogni funzione, ottenuta affidando medesimi ambiti di competenza a organi dello Stato e organi del Partito, portò a una sorta di gara di efficienza tra le pubbliche amministrazioni, assicurando una più celere, economica e trasparente soluzione dei problemi dei cittadini .
Insomma, c'era di che essere finalmente felici e riscattati dalle umiliazioni di Versailles. purché si vivesse e si difendesse con orgoglio quella appartenenza alla comunità di Sangue e Suolo che raccoglieva la razza eletta, secondo i dettami di un Capo, Hitler, che riassumeva la volontà di un popolo. Il rimando continuo operato dai nazisti al concetto di bene del popolo, di difesa del popolo, ricucì quello strappo tra masse e politici, che aveva caratterizzato la vita travagliata della Repubblica di Weimar.
Quando venne emanato l'insieme di norme passate alla Storia come Editto di Norimberga (luglio 1935), con le quali il regime nazista iniziò ufficialmente la politica razzista, vietando agli ebrei di svolgere attività economiche, punendo i matrimoni misti, espellendo i bambini ebrei dalle scuole pubbliche, vietando i contatti sociali con gli ariani, il processo di nazificazione della Germania era già abbastanza avanzato da far accettare queste leggi discriminanti come "giuste": si era affermato il principio, di cui già si parlava, della "giustizia" che coincide con la "legge". E questa coincidenza è inevitabile, essendo comunque la norma di legge emanata dal Partito, cioè dal depositario della Verità, interpretata dal Führer.
Tutta la successiva legislazione, postulando la superiorità per nascita di una parte della popolazione e prevedendo ampi poteri di arbitrio alle autorità, poneva su un piano di privilegio gli "eletti", ovviamente a detrimento degli "inferiori".
La possibilità di carriera, di assistenza pubblica, di facilitazioni anche nei minuti problemi della vita quotidiana, era patrimonio esclusivo degli appartenenti alla comunità di Sangue e Suolo. Lo stesso stravolgimento della legislazione penale non fu che la logica conseguenza di una costruzione giuridica che poneva la discriminazione come dato di fatto assodato e assoluto e comunque come fatto da accettare se si voleva fruire dei molti vantaggi che le norme prevedevano per gli "eletti". La retroattività delle norme penali, comprese quelle che comportavano la pena di morte, l'equiparazione tra delitto tentato e delitto consumato, la possibilità di essere giudicati due volte per lo stesso reato, il reato di opinione, fino al reato di esistere (imputato a Ebrei e Zingari), non furono che la codifica dell'arbitrio totale dell'autorità, che attraverso un complesso sistema doppio di polizie (di Stato e di Partito) poteva incarcerare chiunque, in base al principio di presunzione di colpevolezza, premiando la delazione, che veniva presentata come lodevole contributo dei buoni cittadini al mantenimento del diritto del Reich. Del resto, compito del sistema giudiziario era contribuire alla salvaguardia del Volk (popolo) , ma naturalmente spettava all'autorità stabilire chi e come attentasse a questa sicurezza. Il Volksgerichtshof (Tribunale del Popolo) venne costituito per giudicare i casi di alto tradimento e gli atti ostili al regime.
Il suo presidente, il giurista Roland Freisler, così espresse, in una lettera indirizzata a Hitler, le finalità di questo tribunale: " Il Tribunale del Popolo si impegna costantemente nel giudicare così come riterrà che lei, mio Führer, giudicherebbe al suo posto. Heil mio Führer!".
Tutto questo complesso di norme si concretizzava poi nel lavoro coatto nei Lager, nuovo strumento di controllo per i dissidenti e i non integrabili, mentre i buoni cittadini toccavano con mano la convenienza del consenso, potendo usufruire di veloci avanzamenti di carriera, prolungamenti di ferie, miglioramento di condizioni igieniche sul lavoro, colonie estive per i bambini, mense e circoli ricreativi.
Il consenso che si creò intorno al regime fu, possiamo dire, sia negativo sia positivo. Negativo, in quanto l'occhiuto controllo di polizia e l'arbitrio legalizzato con cui potevano agire le autorità scoraggiavano la dissidenza; ma fu anche consenso attivo, perché il regime migliorava la vita del cittadino, purché, naturalmente, appartenente al popolo eletto e quindi conscio della necessità di difendere questa comunità da ogni contaminazione. La massa disorganizzata, al tempo stesso tenuta a bada, ma anche gratificata, assumeva sempre più la coscienza di essere Herrenvolk, popolo sovrano. Se torniamo quindi al concetto di neutralizzazione del crimine , che vedevamo all'inizio, possiamo facilmente capire come il sistema nazista avesse creato sia le norme di legge (e quindi, agli occhi del cittadino comune, il "giusto"), sia le ragioni utilitaristiche per aderire a queste norme, anche quando queste eran palesemente criminose.
Contemporaneamente procedeva il lavoro di disumanizzazione del "diverso", del "colpevole per nascita". Ebrei, zingari e in seguito anche i Testimoni di Geova furono sempre più emarginati ed esclusi, con atti di legge, dalla vita quotidiana. Quando si arrivò agli espropri, molti buoni cittadini tedeschi non avevano più alcuno scrupolo morale nel fare ottimi affari, acquistando per pochi soldi immobili o aziende di proprietà di ebrei.
La progressione del crimine nazista, che già si esprimeva nell'emarginazione del diverso nei Lager, dove la mortalità era comunque elevatissima per le condizioni di vita inumane, avrebbe poi visto l'orrore dei campi di sterminio, la soluzione finale del problema ebraico, ossia il progetto di cancellare completamente il popolo ebraico. Non si trattava che di un coerente sviluppo delle premesse, attuabile con una base popolare la cui coscienza era ormai anestetizzata , in cui quella differenziazione tra "giusto" e "morale", tra "crimine" e "reato" era caduta e dominava solo la Parola del Führer, come fonte di Verità e, ancora, anche come fonte di banale convenienza utilitaristica. Da non poche confessioni di ex SS, raccolte dopo la guerra e riportate nel libro di Andrea Bienati, si evince come la partecipazione ai massacri, l'attiva presenza alle fucilazioni o alle altre forme di uccisioni, fossero utili per la progressione di carriera.
È interessante notare una ricorrente: molte ex SS confermavano che un eventuale rifiuto a partecipare alle fucilazioni di massa (il mezzo usato nei primi tempi dello sterminio degli ebrei in Russia) non comportava alcuna sanzione disciplinare. Semplicemente, molti militi partecipavano perché, come da loro stessi dichiarato, temevano, in caso contrario, di essere "mal giudicati" dai superiori, o di bloccare la propria carriera. Quando venne dato l'ordine definitivo di sterminio degli ebrei, assistiamo inoltre a una nuova fase nel processo di neutralizzazione del crimine. Si passa attraverso l'assoluta spersonalizzazione della vittima (l'ebreo, appena internato, viene subito classificato con un numero: perde la propria personalità), l'abbrutimento causato dalla vita disumana del Lager (per quelli che non venivano subito avviati alla morte), la perdita di ogni dignità (obbligo di denudarsi in pubblico, poi di indossare rozzi abiti uguali per tutti). Insomma, la vittima, via via, è sempre meno persona e sempre più "numero". Causare la sua morte non è più "omicidio", bensì solo "eliminazione".
Le uccisioni di massa tramite fucilazioni presentavano però diversi inconvenienti: comportavano molto spreco di munizioni e non consentivano risultati numerici rilevanti. Inoltre troppe fucilazioni, o uccisioni col colpo di pistola alla nuca, divenivano alle volte "intollerabili" anche per le SS.
Il campo di sterminio diventa così il momento massimo della neutralizzazione del crimine: il carnefice perde il contatto diretto con la vittima, che viene avviata alla camera a gas, e lo stesso sgombero dei cadaveri viene affidato ad altri internati, espressamente adibiti a questo compito. L'assassino diviene semplicemente un funzionario il cui compito è dirigere la vita del "campo" secondo le precise regole, dettate come sempre da norme di legge e da ordini superiori di attuazione . La meticolosa abitudine tedesca agli inventari e alla contabilità ha lasciato significative testimonianze di questo lavoro burocratico, che comprendeva l'elencazione di quanto recuperato dalle vittime (non solo abiti, ma anche capelli e protesi dentarie in oro). Rileggendo questi documenti pare di scorrere elenchi compilati da uno scrupoloso magazziniere, che fa l'inventario delle merci da inviare alla casa - madre. Del resto, molti degli imputati al processo di Norimberga dichiararono che loro non facevano altro che assolvere il proprio compito, il quale non comportava uccisioni o atti di violenza. Erano tutti partecipi di una macchina di crimine così mostruosamente "normalizzata", da non apparire neanche più evidente agli occhi degli stessi partecipanti, allenati comunque da anni a non considerare come esseri umani i "carichi di ebrei" portati dai treni.
Perché dunque leggere il libro di Andrea Bienati? Perché, lo dicevamo in apertura, la chiave di lettura adottata dal giovane studioso milanese è assolutamente coinvolgente per ciascuno di noi. Qui non ho potuto dare che un sunto dei principali concetti espressi dall'autore, ma la lettura del libro permetterà di interrogarsi seriamente su quegli angoli nascosti dell'essere umano che hanno reso possibile a tante persone normali e perbene di divenire criminali e poi tornare ad essere persone normali e perbene. Inoltre il lettore, soprattutto il lettore giovane, deve conoscere tanti aspetti della Storia recente e di quell'orribile fenomeno che fu l'Olocausto, che ormai vengono quasi dimenticati quando non, addirittura, negati in toto, con una rimozione che può essere di tipo freudiano, ma può essere anche il preludio a un nuovo sviluppo di quel latente antisemitismo di cui vediamo fin troppi allarmanti segnali.
Viviamo un momento storico sciagurato, in cui nuovamente sembrano sovvertirsi i concetti di giusto e ingiusto, di legittimo e di iniquo. Ricordiamoci che il dottor Henry Jeckyll, dando troppa confidenza al suo alter ego, il signor Hyde, finì per esserne dominato. Fuor di metafora: l'uomo nasconde in sé tesori meravigliosi, ma è anche capace di nefandezze terribili. Queste nefandezze sono state e sempre saranno utili a quanti cinicamente perseguono il proprio disegno di potere ad ogni costo. Il libro di Andrea Bienati ci aiuta a conoscere meglio queste nefandezze: è uno strumento in più per avere, noi e i nostri figli, un avvenire da uomini liberi.

BIBLIOGRAFIA
Dall'inchiostro al sangue - Quando il crimine è legalizzato, di Andrea Bienati - Proedi srl Editore, Milano 2003. Pagg. 208, prezzo euro 14 "


Shalom!!!

Pieffebi
13-12-03, 14:54
www.olokaustos.com

" Massacrate gli ebrei di Roma.

Quello che gli Alleati sapevano.
Il 16 ottobre 1943 rappresenta un giorno di infamia e di lutto. A Roma le SS tedesche comandate dal maggiore Kappler rastrellarono nel Ghetto 1.267 ebrei romani.
Recentemente in base al "Nazi War Crimes Disclosure Act" sono stati declassificati e resi di pubblico dominio più di 400.000 documenti dell'OSS (Office Strategic Services) i servizi segreti statunitensi dal 1942 al 1945 e i successivi documenti del Strategic Services Unit dal 1945 al 1946.
Tra questi documenti due - particolarmente importanti - riguardano la sorte degli ebrei romani. Olokaustos.org li presenta ai suoi lettori italiani con la traduzione di Daniela Millefiorini.



Il primo documento è una informazione proveniente da un agente segreto chiave dell’OSS durante la Seconda Guerra Mondiale: un funzionario del Ministero degli Esteri anti nazista chiamato Fritz Kolpe. Kolpe, nei suoi frequenti viaggi in Svizzera come diplomatico, si incontrava con gli agenti dell'OSS e consegnava loro i documenti segreti nazisti che aveva duplicato. Con il nome in codice di "George Wood", Fritz Kolpe divenne la miglior fonte di Allen Dulles a Berna durante il 1944 ed il 1945. Il documento che pubblichiamo, (classificato in Rapporti dell’Ufficio dei Servizi Strategici, RG 226, Registrazione 210, cassa 440) risale al 6 ottobre 1944 ed è stato reso pubblico nel 1998. In esso vengono rivelati i piani tedeschi per la razzia e deportazione degli 8.000 ebrei di Roma. Dunque con dieci giorni d'anticipo gli Alleati erano venuti a conoscenza delle intenzioni tedesche. Il testo del documento è il seguente:


[Segreto]
Ufficio Servizi Strategici
Washington, D. C.

TRATTAMENTO DEGLI EBREI ITALIANI

Il 6 Ottobre 1943 è stata fatta la seguente raccomandazione ad alte fonti tedesche da un ufficiale tedesco in Italia:
Sono stati ricevuti da Berlino dall’Obersturmbannf¸hrer Kappler (ordini per) catturare e portare al Nord Italia gli 8.000 Ebrei che vivono a Roma. Devono essere liquidati.
Il Generale Stahel, il Comandante della città di Roma, permetterà questa azione solo se sarà in armonia con le politiche Ministero degli Esteri del Reich. Sarebbe affare migliore, secondo la mia opinione, usare gli Ebrei come a Tunisi, per lavorare alle fortificazioni. Insieme a Kappler, presenterò questo punto di vista tramite il Feldmaresciallo Generale Kesselring.



Il 6 ottobre dunque il destino degli ebrei romani era stato deciso a Berlino: trasferirli a nord e eliminarli. Evidentemente Kappler e le SS in Italia ebbero l'idea di utilizzare la forza lavoro ebraica prima di eliminarla. Questa proposta - che avrebbe significato dilazionare l'eliminazione - non venne accolta a Berlino.
L'11 ottobre 1943 Ernst Kaltenbrunner - Capo dell'Ufficio Centrale per la Sicurezza del Reich e successore di Reinhard Heydrich - inviava un messaggio radio criptato a Herbert Kappler.
I servizi segreti britannici intercettarono la trasmissione e la trasmisero ai servizi segreti americani. Il messaggio [Records of the Office of Strategic Services (RG 226), Document # 670 (CIA Box4, Project 907122).] reso noto anch'esso nel 1998 recitava:


7458 GRUPPO XIII/52
Da BERLINO a ROMA
RSS 256/11/10/43
QGL su 6556 kcs 1902/15 GMT
1955/156

A KAPPLER.

E’ esattamente l’immediato e completo sradicamento degli Ebrei in ITALIA che è nello speciale interesse della presente situazione politica interna e della sicurezza generale in ITALIA. Per posporre l’espulsione degli Ebrei fino a che i CARABINIERI e gli ufficiali dell’Esercito Italiano non siano stati rimossi non si può più considerare che la menzionata idea di richiamare in ITALIA per quello che probabilmente è un lavoro del tutto improduttivo sotto la direzione responsabile delle autorità italiane. Più a lungo si dilazionerà, maggiormente gli Ebrei, che stanno senza dubbio facendo assegnamento su misure di evacuazione hanno un’opportunità di andare [a nascondersi] nelle case di Italiani favorevoli agli Ebrei [e] di scomparire completamente. [18 corrotto]. L’Italia [è stata] istruita ad eseguire gli ordini del RFSS per procedere con l’evacuazione degli Ebrei senza alcuna ulteriore dilazione.
KALTENBRUNNER. Obergruppenführer


Kaltenbrunner dunque respingeva l'idea di utilizzare gli ebrei come forza lavoro sotto la responsabilità italiana. Né si poteva aspettare che tutti i Carabinieri e gli ufficiali dell'Esercito (ritenuti inaffidabili) fossero neutralizzati. Occorreva far presto.
Dieci giorni dopo Herbert Kappler rastrellava gli ebrei del Ghetto di Roma: destinazione Auschwitz. "

Shalom!!!

Pieffebi
11-01-04, 16:27
dalla rete

" La legislazione razziale: il Regio Decreto-Legge del 17 Novembre 1938.
di Annamaria Colombo (T.d.L.)

Nel Novembre del 1938 il Consiglio dei Ministri approvò una vera e propria legislazione razziale che Vittorio Emanuele III, Re d’Italia, firmò. La normativa era contenuta nel Regio Decreto n. 1728 ed entrò in vigore il 4 Dicembre dello stesso anno.

Le leggi razziali tendevano a regolare solo i diritti degli ebrei italiani, in quanto a quelli stranieri e a quelli che avevano acquistato la cittadinanza italiana dopo il 1 Gennaio 1919 era fatto divieto, dal 12 Settembre 1938, di soggiornare stabilmente nel Regno44.

La disciplina volgeva alla limitazione della libertà personale, sociale ed economica degli appartenenti alla minoranza ebraica e si suddivideva in tre Capi: nel primo erano contenute le disposizioni regolanti i matrimoni tra cittadini italiani di razza ariana con persone appartenenti ad altra razza; nel secondo venivano dettate numerose norme limitative e discriminanti nei confronti degli appartenenti alla razza ebraica e nel terzo erano prescritte una serie di disposizioni transitorie e finali necessarie per la regolamentazione dei tempi e delle modalità di attuazione di tutta la legislazione.

L’articolo 8, contenuto nel secondo Capo, era deputato all’indicazione dei criteri per la determinazione degli appartenenti alla razza ebraica, e dunque dei soggetti direttamente interessati dalle norme disciplinatrici; esso era lo spartiacque, la linea di confine che individuava i destinatari della legislazione razziale. Nel medesimo Capo si trovava anche l’articolo contenente il cosiddetto provvedimento di discriminazione (art. 14); esso era un’ eccezione che permetteva ad alcuni ebrei, minuziosamente individuati, di essere esclusi dalla soggezione alle norme indicate nel Decreto stesso. Ai fini di questa ricerca, di importanza fondamentale risulta poi essere l’articolo 10, che riguardava esplicitamente le limitazioni alle proprietà immobiliari e alle attività industriali e commerciali per i cittadini italiani appartenenti alla razza ebraica; con esso venne dato il fondamento giuridico e l’avvio a tutta una serie di successive disposizioni che portarono a interdizioni, sequestri e confische.

2.4.a. Gli appartenenti alla razza ebraica.

Obiettivo primario della legislazione razziale fascista fu quello di individuare con la massima precisione tutti gli individui appartenenti alla minoranza israelitica in Italia; i dati ottenuti dal censimento realizzato erano risultati essere incerti e approssimativi, e dunque i legislatori decisero di indicare dettagliatamente quali fossero le condizioni in base alle quali un individuo doveva essere classificato come appartenente alla razza ebraica55, e pertanto soggetto alle leggi razziali.

I punti basilari per tale classificazione risultarono essere:


l’essere nato da genitori entrambi di razza ebraica, anche se appartenenti a religione diversa da quella ebraica,
l’essere nato da genitori di cui uno di razza ebraica e l’altro di nazionalità straniera,
l’essere nati da madre di razza ebraica qualora fosse ignoto il padre,
l’essere discendente da un solo genitore di razza ebraica, se appartenente alla religione ebraica e iscritto a una comunità israelitica o che comunque avesse fatto manifestazioni di ebraismo.

Non veniva considerato appartenente alla razza ebraica chi fosse nato da genitori di nazionalità italiana, di cui uno solo di razza ebraica, che, alla data del 1 Ottobre 1938 appartenesse a religione diversa da quella ebraica.

Da questo sommario esame appare evidente che non venne adottato un criterio «di sangue», ma che furono tenuti in conto anche elementi religiosi e politici; la tendenza che si venne a creare tra i responsabili della politica antisemita fu quella di cercare di ampliare al massimo la casistica delle figure ebraiche.

Questa normativa creò scompiglio e difficoltà nella sua applicazione, al punto tale che in numerosi casi particolari, non previsti e non risolvibili facilmente sulla base delle indicazioni legislative, nacquero controversie e disagi che inficiarono l’unità morale, spirituale e materiale delle numerose famiglie «miste» presenti sul territorio. A complicare ulteriormente la situazione ci fu una circolare riservata della Demografia e Razza66, nella quale si leggeva: «I criteri contenuti in questo articolo [art. 8] per determinare l’appartenenza della razza ebraica hanno carattere fondamentale e, conseguentemente, sono di portata più ampia dell’attuale provvedimento». La realtà ebraica italiana era profondamente assimilata al resto della popolazione italiana, e questo aspetto rendeva estremamente difficile l’applicazione concreta della legislazione; l’obiettivo, proposto dai politici, di riuscire a separare la comunità ebraica da quella nazionale e di ridurre al minimo il numero degli ebrei discriminati, cioè in qualche modo non riammessi alla collettività, risultò di non facile realizzazione.

2.4.b. I provvedimenti di discriminazione.

L’articolo 14 del Regio Decreto-Legge 1728 prevedeva l’emanazione di un provvedimento definito di «discriminazione»; esso era un’eccezione rispetto al trattamento applicabile ai cittadini ebrei in quanto, a seguito della sua emanazione, al soggetto intestatario non potevano essere applicate le disposizioni previste dagli articoli 10, 11 e 13 lettera h del medesimo Decreto.

Il provvedimento in questione fu emanato dal Ministero dell’Interno che, su documentata istanza degli interessati, poteva disapplicare parte delle limitazioni imposte in virtù della presenza di determinate situazioni che venivano considerate come degne di riconoscimento.

Alcune delle interdizioni, previste normalmente per gli ebrei italiani, erano dunque escluse a seguito di questo provvedimento che, in qualche aspetto, riabilitava agli occhi della restante società pochi appartenenti alla minoranza ebraica.

I casi nei quali era possibile presentare istanza riguardavano:


i componenti di famiglie di caduti nelle guerre libica, mondiale, etiopica e spagnola e dei caduti per la causa fascista;
coloro che si trovavano in una delle seguenti condizioni:
mutilati, invalidi, feriti, volontari di guerra o decorati al valore nelle guerre libica, mondiale, etiopica e spagnola;
combattenti nelle guerre libica, mondiale, etiopica e spagnola che abbiano almeno la croce al merito di guerra;
mutilati, invalidi, feriti della causa fascista;
iscritti al partito Nazionale Fascista negli anni 1919-20-21-22 e nel secondo semestre del 1924;
legionari fiumani;
possessori di eccezionali benemerenze.

Nel momento in cui tali situazioni erano concretamente riscontrate, il soggetto ebreo, e in alcuni casi anche i componenti della sua famiglia, vedeva venir meno le limitazioni fissate dalla normativa razziale e dunque poteva:


prestare servizio militare in pace e in guerra;
esercitare l’ufficio di tutore o di curatore di minori o incapaci non appartenenti alla razza ebraica;
essere proprietario o gestore di particolari tipologie di imprese e aziende;
possedere terreni aventi valori superiori ad una cifra determinata;
possedere fabbricati urbani aventi imponibili superiori ad un valore indicato;
non poteva essere privato della patria potestà sui figli appartenenti a religioni diversa ove risultasse l’impartizione di una educazione non corrispondente ai loro principi religiosi o ai fini nazionali;
di essere dipendente di Amministrazioni bancarie di interesse nazionale.

Il provvedimento del Ministro dell’Interno non era soggetto ad alcun gravame, sia in via amministrativa sia in via giurisdizionale, e gli interessati potevano chiederne l’annotazione nei registri dello stato civile e di popolazione.
Questa era, formalmente, la disciplina dettata, ma nella realtà alcune delle concessioni previste vennero annullate da altre disposizioni amministrative o leggi.

In termini concreti, quindi, la discriminazione costituì un beneficio ridotto e decrescente nel tempo; molti perseguitati tuttavia ne richiesero la concessione, per via del suo significato simbolico di attestazione di «benemerenza» per l’Italia o perché ritennero che avrebbe potuto rivelarsi utile in futuro.

2.5. L’articolo 10: il fondamento delle limitazioni alla proprietà immobiliare e all’attività commerciale e industriale.

Tra le diverse disposizioni volte ad incidere sui diritti degli ebrei una tra le più significative, per valore e per conseguenze, fu sicuramente quella dell’articolo 10 del Regio Decreto-Legge 1728; essa infatti risultò essere il fondamento di tutta una lunga serie di norme e provvedimenti riguardanti le limitazioni imposte sui beni immobili e sulle attività commerciali e industriali degli ebrei.

Il Decreto prima citato aveva riportato in vigore molte delle interdizioni in auge prima del 1848 e accanto ad esse si ritrova la limitazione delle proprietà; proprio quest’ultima, leggendo con attenzione il testo di legge, sembrava essere tra le meno radicali. Infatti, proprio e quasi soltanto in campo economico, gli ebrei ritenuti «meritevoli» (i cosiddetti discriminati del paragrafo precedente) avevano diritto ad un trattamento meno pesante di quello inflitto a tutti gli altri77. I motivi di questa apparente moderazione non appaiono chiari, ma l’interpretazione più attendibile risulta essere sicuramente quella che vede, accanto ai benefici effetti tanto auspicati derivanti dall’applicazione della normativa sulla proprietà, il timore delle eventuali ricadute negative delle leggi «razziali» in campo economico. Inoltre, le concessioni economiche ai discriminati previste dalla legge del 17 Novembre, non vanno in alcun modo sopravvalutate visto che esse furono di fatto «l’ultima e limitata esenzione rimasta in un quadro persecutorio drastico e generalizzato»88.

L’articolo 10 in questione così recitava:

“I cittadini italiani di razza ebraica non possono:


prestare servizio militare in pace ed in guerra;
esercitare l’ufficio di tutore o curatore di minori o incapaci non appartenenti alla razza ebraica;
essere proprietari o gestori, a qualsiasi titolo, di aziende dichiarate interessanti la difesa della Nazione, ai sensi e con le norme dell’art. 1 del R. Decreto-Legge 18 Novembre 1929 - VIII, n. 2488, e di aziende di qualunque natura che impieghino cento o più persone, né avere di dette aziende la direzione né assumervi, comunque, l’ufficio di amministratore o di sindaco;
essere proprietari di terreni che, in complesso, abbiano un estimo di valore superiore alle cinquemila lire;
essere proprietari di fabbricati urbani che, in complesso, abbiano un imponibile superiore a lire ventimila. Per i fabbricati per i quali non esiste l’imponibile, esso sarà stabilito sulla base degli accertamenti eseguiti ai fini dell’applicazione dell’imposta straordinaria sulla proprietà immobiliare di cui al R. Decreto-Legge 5 Ottobre 1936 – XVI, n. 1743.


Con Decreto Reale, su proposta del Ministro per le finanze, di concerto coi Ministri per l’Interno, per la grazia e giustizia, per le Corporazioni e per gli Scambi e Valute, saranno emanate le norme per l’attuazione delle disposizioni di cui alle lettere c), d), e).”

Proprio i punti c), d), e) risultarono essere i cardini dell’azione limitatoria attuata su beni immobili e terreni.

Il primo punto in questione, nella parte iniziale, faceva chiaro riferimento ad «aziende dichiarate interessanti la difesa della Nazione, ai sensi e con le norme dell’art. 1 del R. Decreto-Legge 18 Novembre 1929 - VIII, n. 2488»; l’articolo richiamato prevedeva che «il Governo del Re, su proposta del comitato supremo di difesa, ha facoltà di determinare quali industrie debbono essere dichiarate fondamentali per la fabbricazione di prodotti essenziali per la difesa della nazione. La determinazione verrà fatta con decreto reale».

Dopo aver indicato le aziende rilevanti per la difesa della Nazione il punto c) proseguiva sottolineando che, a prescindere dalle indicazioni fornite in precedenza riguardanti la tipologia e le caratteristiche di produzione, i cittadini di razza ebraica non potevano comunque essere proprietari, gestori, direttori, amministratori o sindaci di aziende di qualunque natura (viene dunque meno una caratterizzazione dell’attività svolta) che impiegassero cento o più persone. La limitazione quindi, agiva su due diversi livelli: in primo luogo si operava per salvaguardare dal «pericolo ebraico» la gestione di imprese classificate come collegate alla tutela militare del Regno d’Italia prescindendo dalle dimensioni e rilevando esclusivamente l’attività svolta. In secondo luogo si andava a colpire anche le restanti aziende purché di medie-grosse dimensioni: non rilevando la tipologia della produzione, il criterio dal quale scattava la limitazione risultava essere quello del personale impiegato.

E’ importante sottolineare che il comma non faceva riferimento solo alla limitazione della proprietà ma indicava chiaramente tutte le cariche interdette agli ebrei che, ovviamente, risultarono essere quelle di maggior rilevanza ed importanza all’interno di una organizzazione imprenditoriale.

L’articolo 10 al punto d) specificava il valore massimo dei terreni di cui potevano essere proprietari gli appartenenti alla minoranza ebraica; oltre ad esso era fatto divieto di essere proprietari, in qualsiasi forma, a titolo di proprietà piena e di nuda proprietas o a titolo di concessione enfiteutica di ulteriori appezzamenti di terra.

Nel punto e) si leggeva la limitazione inerente ai fabbricati urbani: anche in questo caso venne fissata la soglia oltre la quale scattava il divieto della proprietà. Venne indicato il valore massimo dell’imponibile (quello su cui vengono commisurate le imposte) nella cifra di ventimila lire.

A seguito della disciplina dettata venne la naturale ed inevitabile conseguenza di dover gestire le proprietà eccedenti i limiti indicati; si trattava di acquisire, amministrare e vendere i beni che, a seguito della normativa, non potevano più restare nella disponibilità degli ebrei. Con l’articolo 10 era stato attivato un complesso ingranaggio, ma affinché tutto funzionasse era necessario dettare e specificare ulteriormente tutta una serie di norme che riuscissero a realizzare in concreto ciò che con questa disposizione si era prefissato come obiettivo. Proprio a tal fine, a distanza di pochi mesi venne emanato il Regio Decreto-Legge del 9 Febbraio 1939 - XVII, n. 126.

2.6. Le norme di attuazione ed integrazione dell’art. 10: la disciplina volta a regolamentare i limiti di proprietà immobiliare e di attività industriale e commerciale per i cittadini di razza ebraica.

Il Regio Decreto-Legge n. 126 può sicuramente essere considerato come il secondo provvedimento essenziale emanato sotto il regime fascista e volto a regolare l’esproprio dei beni degli ebrei.

Esso, composto da 80 articoli, venne suddiviso in tre Titoli:

I Titolo: Limitazioni alle proprietà immobiliari;

II Titolo: Limitazioni alla partecipazione in aziende industriali e commerciali;

III Titolo: Disposizioni generali e finali.

2.6.a. I limiti posti alle proprietà immobiliari.

Il primo titolo risultava composto da 8 Capi, ognuno dei quali destinato a regolamentare un particolare aspetto della disciplina limitativa di beni immobili.

Essendo esplicito il riferimento a tali beni, nell’art. 2 venne effettuata la precisazione di cosa fosse compreso in tale definizione: nel patrimonio immobiliare furono compresi gli immobili posseduti a titolo di proprietà piena e di proprietà nuda (quest’ultimi erano quelli sottoposti ad usufrutto) e quelli posseduti a titolo di concessione enfiteutica. Non vennero computati i diritti del concedente enfiteutico a meno che, a seguito della devoluzione del fondo, si verificasse un aumento del patrimonio. Nell’articolo seguente invece, venne fatto espresso riferimento a ciò che non era compreso nel patrimonio immobiliare: non vi rientravano gli immobili adibiti ad uso industriale e commerciale quando il proprietario o enfiteuta era anche il titolare dell’azienda alla quale gli immobili stessi erano destinati, i fabbricati di imprenditori edili costruiti a scopo di vendita e i beni che, all’entrata in vigore del decreto in questione, erano sottoposti a procedure di esecuzione immobiliare.

Una volta fissate le categorie di beni sui quali imporre le limitazioni si stabilì il destino dei beni eccedenti le soglie fissate; nell’articolo 4 si trovava l’indicazione dell’«Ente» al quale le proprietà dovevano essere trasferite. L’Ente in questione era il cosiddetto EGELI, cioè «Ente di gestione e liquidazione immobiliare», con sede in Roma e «con il compito di provvedere all’acquisto, alla gestione e alla vendita dei beni indicati all’articolo 4»99. Di tale Ente verrà successivamente approvato lo Statuto con il Regio Decreto-legge 27 Marzo 1939, XVII, n. 665.

E’ di facile intuizione che il processo di definizione dei beni eccedenti i limiti imposti e il conseguente trasferimento all’Egeli non fosse un’attività immediata e semplice; per ovviare ad eventuali «manovre» degli ebrei volte a sottrarre beni alle disposizioni, nell’articolo 5 venne stabilito che, fino alla determinazione definitiva di tali beni, «i cittadini di razza ebraica non possono compiere alcun atto di alienazione a titolo gratuito od oneroso o di costituzione ipotetica» anche se, eccezioni a questa disciplina potevano essere fatte qualora ricorressero «esigenze e circostanze particolari», previa autorizzazione del Ministero delle Finanze. Nel caso in cui gli atti di alienazione venissero comunque realizzati al di fuori delle ipotesi consentite, essi erano considerati «improduttivi di effetti».

Più oltre era previsto il caso delle donazioni: in deroga alla disciplina del trasferimento all’EGELI, fu fatta salva la possibilità per i cittadini italiani di razza ebrea di «fare donazione dei beni ai discendenti non considerati di razza ebraica ovvero ad Enti ed Istituti che abbiano fini di educazione od assistenza»1010; tale atto andava realizzato entro il termine perentorio di centottanta giorni dell’entrata in vigore del decreto e perdeva di efficacia se non veniva accettato entro 90 giorni.

Per ciò che riguarda le procedure di accertamento e di valutazione del patrimonio immobiliare, il Decreto-Legge n. 126 prevedeva che, entro 90 giorni dalla entrata in vigore del medesimo, i cittadini di razza ebraica denunciassero all’ufficio distrettuale delle imposte «gli immobili di loro pertinenza alla data stessa, a titolo di proprietà o di concessione enfiteutica»1111; tale denuncia era prevista anche per i residenti all’estero, i quali dovevano presentarla al Regio Consolato che ne avrebbe curato poi l’invio in Italia. Era in tale dichiarazione che chi si era avvalso, o intendeva avvalersi, della facoltà di donazione doveva esplicitarlo.

Come in precedenza ricordato, l’articolo 10 del Regio Decreto-Legge n. 1728 prevedeva che per determinare i terreni di cui gli ebrei potevano rimanere proprietari ci si rifacesse al valore dell’estimo degli stessi; medesimo discorso valeva per i fabbricati urbani per i quali ci si riferiva invece all’imponibile. Oltre il valore di estimo e di imponibile fissato, si entrava nelle sfere considerate «eccedenti» i limiti consentiti.

Nel Decreto attuativo vi era una serie di disposizioni volte a fissare i criteri per determinare tali valori di riferimento: si indicavano «i ruoli delle imposte sui terreni o sui fabbricati per l’anno 1939 e, in difetto, in base agli accertamenti eseguiti ai fini dell’applicazione dell’imposta straordinaria sulla proprietà immobiliare di cui al R. decreto-legge 5 Ottobre 1936-XVII, n. 1743»1212.

Una volta compiuta l’operazione di quantificazione dei beni si era in grado di stabilire quali fossero quelli rientranti nei limiti consentiti e quelli invece considerati eccedenti; per i primi veniva rilasciata una attestazione dall’intendente di finanza che individuava, elencandoli singolarmente, i beni di cui l’avente diritto riacquistava la piena disponibilità; qualora invece il patrimonio dovesse essere ripartito per giungere al rispetto delle disposizioni, l’Ufficio Tecnico Erariale compiva le operazioni di suddivisione tenendo conto, «nei limiti del possibile, delle preferenze manifestate dagli interessati nella denunzia o in altre dichiarazioni successive presentate in tempo utile»1313. Per evitare i casi di un dannoso frazionamento degli immobili era prevista la possibilità, nel caso in cui si dovesse determinare la quota consentita e quella eccedente, di realizzare una differenza pari al 10% in più o in meno rispetto i limiti fissati per legge; qualora poi la divisione necessaria di un immobile non risultasse effettuabile per la natura del bene o a causa del grave pregiudizio economico derivatone, l’intero immobile veniva compreso nella quota eccedente.

La complessa attività di determinazione delle quote venne affidata alla gestione dell’Ufficio tecnico erariale, il quale, terminato il lavoro, dava notizia dei risultati ottenuti all’Ente di gestione e liquidazione immobiliare.

L’EGELI svolse un ruolo complesso e fondamentale nella vicenda di privazione dei beni appartenenti alla minoranza ebraica; esso risultò essere il principale motore della vicenda, operando in modo minuzioso ma non sempre chiaro.

Contro le quantificazioni realizzate dall’Ufficio tecnico erariale e dall’Ente di gestione e liquidazione era prevista, all’articolo 24 del Decreto-legge, la possibilità di ricorrere; tale ricorso doveva essere presentato alla apposita Commissione nominata con decreto del Ministero delle Finanze e composta da due membri.

Divenuta definitiva la determinazione dei beni costituenti la quota eccedente, attraverso un decreto si realizzava il trasferimento dei diritti del cittadino ebraico all’Ente di Gestione e Liquidazione; con tale decreto di attribuzione dei beni all’Ente, l’avente diritto riacquisiva la piena disponibilità di quelli compresi nella quota consentita.

A questo punto della procedura i beni eccedenti erano definitivamente incamerati dallo Stato e si doveva procedere, la competenza era sempre dell’Egeli, alla vendita degli stessi.

I redditi e i ricavi delle vendite, al netto delle passività e delle spese di gestione, erano destinati ad affluire al Tesoro dello Stato.

A seguito del trasferimento degli immobili all’Ente, al cittadino ebreo spettava il pagamento di un corrispettivo: questo era realizzato attraverso speciali certificati triennali, emessi dall’Egeli. Decorsi trenta anni dall’emissione dei certificati questi sarebbero stati ritirati, annullati e sostituiti con titoli nominativi di debito pubblico consolidato.

Il prezzo di esproprio era ottenuto automaticamente applicando il moltiplicatore 80 all’estimo dei terreni e quello 20 all’imponibile dei fabbricati; l’eventuale ricorso dell’ebreo contro i valori così ottenuti era esaminato da una Commissione che procedeva direttamente alla stima degli immobili avendo riguardo alla media dei prezzi dell’ultimo quinquennio, depurata dell’aliquota del 20%.

La procedura fin qui descritta era applicabile a tutti i cittadini italiani appartenenti alla razza ebraica ma, come precedentemente indicato1414, alcuni di essi versanti in particolari condizioni, potevano esserne esonerati. Chi, infatti, aveva ottenuto il provvedimento di discriminazione previsto dall’art. 14 del Regio Decreto-legge n. 1728 aveva il diritto di restituzione sull’immobile trasferito all’EGELI, purché esso non fosse già stato venduto dall’Ente. In quest’ultimo caso il proprietario aveva comunque il diritto ad ottenere in contanti la somma ricavata dalla vendita1515.

Gli ultimi articoli del titolo primo riguardavano il caso in cui si fossero verificati degli aumenti di patrimonio immobiliare successivi all’entrata in vigore del Decreto-legge 126; venne sancito l’obbligo di denunzia, entro 90 giorni da quello dell’aumento, di tutti i beni posteriormente acquistati a qualsiasi titolo. Nel caso in cui, a seguito di tale arricchimento, venivano superati i limiti consentiti, i beni stessi erano trasferibili all’Ente (limitatamente alla parte eccedente) secondo le norme del decreto stesso. I casi in cui venne riconosciuta la situazione di aumento del patrimonio furono i seguenti:


il consolidamento dell’usufrutto con la nuda proprietà,
la devoluzione del fondo enfiteutico,
le nuove costruzioni edilizie,
la cessazione dello stato di fallimento, qualora non fosse stato liquidato nel fallimento stesso tutto il patrimonio immobiliare, e l’abbandono di procedure esecutive immobiliari,
la cessazione di destinazione ad uso industriale o commerciale degli immobili.

L’ultimo articolo del titolo in analisi raccolse, in sintesi, tutto l’apparato delle disposizioni precedenti, in quanto dispose la costituzione, presso ogni ufficio tecnico erariale, di uno speciale elenco descrittivo dei beni appartenenti ai cittadini italiani di razza ebraica. Nell’ottica delle previsioni indicate, infatti, si mirò ad ottenere una classificazione il più dettagliata e precisa possibile delle proprietà rimaste nelle disponibilità di soggetti ebrei.

2.6.b. Le limitazioni alla partecipazione in aziende industriali e commerciali.

Il II Titolo del Decreto-legge in analisi fu volto a regolamentare le partecipazioni detenute da ebrei nelle aziende industriali e commerciali: si trattò, ovviamente, di un secondo percorso, attuato dopo quello delle privazioni della proprietà immobiliare, utile e strategico per continuare l’opera di discriminazione e di emarginazione nei confronti della minoranza ebraica nel contesto sociale ed economico dell’Italia del tempo. Con questo secondo gruppo di norme venne disciplinata la procedura attraverso la quale giungere all’eliminazione della presenza semita nelle diverse attività industriali italiane, prevedendone il trasferimento a società rilevatarie.

Il punto di partenza era la denuncia che doveva essere fatta dai cittadini di razza ebraica: era infatti sancito l’obbligo di indicare le aziende commerciali e industriali, esistenti nel Regno d’Italia, delle quali essi «[fossero] proprietari o gestori a qualunque titolo» e le «società non azionarie, regolari o irregolari, nelle quali essi [fossero] soci a responsabilità illimitata»1616. Venivano escluse da tale denuncia le aziende artigiane rappresentate sindacalmente dalla Federazione nazionale fascista degli artigiani.

Il Consiglio Nazionale delle corporazioni era l’organo incaricato di ricevere le denunce e di provvedere agli utili rilievi d’ufficio e alle necessarie rettifiche; esso era deputato alla compilazione di appositi elenchi, che distinsero in tre categorie tutte le aziende presenti sul territorio nelle quali vi fossero proprietari o gestori appartenenti alla razza ebraica. Vennero così individuate:


le aziende dichiarate di interesse per la difesa nazionale;
le aziende, di qualunque altra natura, che per il numero del personale eccedevano i limiti stabiliti dall’art. 10 lettera c) del R. Decreto-legge 17 Novembre 1938-XVII, n. 1728;
le aziende non rientranti nelle precedenti categorie.

Anche in questa seconda ipotesi, come nel caso di quella riguardante le proprietà, si volle giungere ad ottenere un quadro il più preciso possibile della situazione italiana, per poi intervenire con i provvedimenti di alienazione; venne dunque previsto, anche in questo gruppo di disposizioni, il divieto di alienazione delle aziende stesse o la cessione delle quote sociali durante il periodo di accertamento e classificazione (art. 54), sancendo la nullità di eventuali atti in tal senso. Unica deroga a riguardo fu quella prevista dall’art. 55, che prevedeva la possibilità di effettuare «una donazione dell’intera azienda o della quota sociale ai propri congiunti» indicati nell’art. 6 del medesimo Decreto. Si tratta della stessa previsione indicata per gli eventuali atti a titolo gratuito aventi ad oggetto beni immobiliari e terreni.

A seguito della predetta classificazione, le aziende rientranti nei primi due gruppi vennero gestite e sottoposte all’operato di un commissario di vigilanza per un periodo di sei mesi; egli era nominato con Decreto del Ministro per le finanze, di concerto con il Ministro per le corporazioni. Durante questo arco di tempo il commissario procedeva alla verifica della cassa, dei libri e dei documenti e alla formazione dell’inventario; si occupava inoltre delle operazioni aziendali e della formazione degli elenchi dei creditori.

Durante l’arco di tempo destinato all’operato del Commissario, il titolare dell’azienda o i soci illimitatamente responsabili di una società non azionaria, cittadini italiani di razza ebraica, potevano, con l’autorizzazione del Ministero delle Finanze, «alienare l’azienda o i singoli esercizi o opifici della stessa o la quota sociale a persone non considerate di razza ebraica o a società commerciali regolarmente costituite»1717. Accordate le condizioni per il rilievo, il Commissario notificava al proprietario il corrispettivo proposto e il nome della società rilevataria; era possibile proporre opposizione nei confronti di un’offerta inadeguata e far decidere il ricorso ad un apposito Collegio. Divenuta definitiva la somma da corrispondere, il Commissario di vigilanza trasferiva l’azienda alla società rilevataria.

Il prezzo di tale alienazione era investito in titoli nominativi di debito consolidato non trasferibili per atto tra vivi, se non dietro autorizzazione del Ministro delle Finanze.

Nel caso in cui, nell’arco dei sei mesi di gestione del commissario, le aziende non venivano alienate «volontariamente», il Ministero delle finanze interveniva, stabilendo quali di esse dovevano essere rilevate da società anonime regolarmente costituite o da costituire.

Tornando momentaneamente al punto d’origine della regolamentazione, il già citato art. 10 del Regio Decreto-legge 1728, al punto c) vietava non solo la proprietà delle aziende ma anche la gestione delle stesse da parte di appartenenti alla minoranza ebraica; gli ultimi articoli del II Titolo si occupano proprio di disciplinare queste situazioni.

L’articolo 68 disponeva che i cittadini italiani di razza ebraica, aventi la direzione delle già indicate aziende nelle quali il proprietario non fosse considerato appartenente alla razza ebraica, dovevano lasciare le loro funzioni entro il novantesimo giorno dall’entrata in vigore del decreto stesso. Anche coloro che occupavano altre posizioni di rilievo decadevano comunque di diritto entro tale termine.

Nel caso in cui fossero state conferite concessioni a persone appartenenti alla razza ebraica in amministrazioni civili o militari dello Stato, del Partito Fascista o di organizzazioni da esso controllate o dipendenti, queste potevano essere revocate.

Il Titolo si concludeva con l’obbligo per i proprietari e per i gestori di razza ebraica di aziende di comunicare costantemente le avvenute variazioni di organico o di oggetto dell’attività in modo tale da rendere nuovamente applicabile la disciplina dettata qualora ne ricorressero le condizioni.

2.6.c. Alcune disposizioni generali e finali.

Nel Titolo III furono raccolte una serie di disposizioni volte a specificare e a puntualizzare le modalità di attuazione e di esecuzione delle indicazioni dettate nelle norme precedenti. Tra queste, di particolare importanza risultò essere quella contenuta nell’art. 72, che si occupava di regolamentare le situazioni di coloro che, a seguito del provvedimento di discriminazione, si trovavano in una posizione diversa dai restanti cittadini italiani di razza ebraica. Venne infatti specificato che tali soggetti «[erano] equiparati, ad ogni effetto del presente decreto, ai cittadini italiani non considerati di razza ebraica»1818. Come tali, dunque, non venivano coinvolti nelle limitazioni ed imposizioni previste per gli immobili e le diverse attività.
"

Shalom!!!

Pieffebi
11-01-04, 16:27
dalla rete

" La legislazione razziale: il Regio Decreto-Legge del 17 Novembre 1938.
di Annamaria Colombo (T.d.L.)

Nel Novembre del 1938 il Consiglio dei Ministri approvò una vera e propria legislazione razziale che Vittorio Emanuele III, Re d’Italia, firmò. La normativa era contenuta nel Regio Decreto n. 1728 ed entrò in vigore il 4 Dicembre dello stesso anno.

Le leggi razziali tendevano a regolare solo i diritti degli ebrei italiani, in quanto a quelli stranieri e a quelli che avevano acquistato la cittadinanza italiana dopo il 1 Gennaio 1919 era fatto divieto, dal 12 Settembre 1938, di soggiornare stabilmente nel Regno44.

La disciplina volgeva alla limitazione della libertà personale, sociale ed economica degli appartenenti alla minoranza ebraica e si suddivideva in tre Capi: nel primo erano contenute le disposizioni regolanti i matrimoni tra cittadini italiani di razza ariana con persone appartenenti ad altra razza; nel secondo venivano dettate numerose norme limitative e discriminanti nei confronti degli appartenenti alla razza ebraica e nel terzo erano prescritte una serie di disposizioni transitorie e finali necessarie per la regolamentazione dei tempi e delle modalità di attuazione di tutta la legislazione.

L’articolo 8, contenuto nel secondo Capo, era deputato all’indicazione dei criteri per la determinazione degli appartenenti alla razza ebraica, e dunque dei soggetti direttamente interessati dalle norme disciplinatrici; esso era lo spartiacque, la linea di confine che individuava i destinatari della legislazione razziale. Nel medesimo Capo si trovava anche l’articolo contenente il cosiddetto provvedimento di discriminazione (art. 14); esso era un’ eccezione che permetteva ad alcuni ebrei, minuziosamente individuati, di essere esclusi dalla soggezione alle norme indicate nel Decreto stesso. Ai fini di questa ricerca, di importanza fondamentale risulta poi essere l’articolo 10, che riguardava esplicitamente le limitazioni alle proprietà immobiliari e alle attività industriali e commerciali per i cittadini italiani appartenenti alla razza ebraica; con esso venne dato il fondamento giuridico e l’avvio a tutta una serie di successive disposizioni che portarono a interdizioni, sequestri e confische.

2.4.a. Gli appartenenti alla razza ebraica.

Obiettivo primario della legislazione razziale fascista fu quello di individuare con la massima precisione tutti gli individui appartenenti alla minoranza israelitica in Italia; i dati ottenuti dal censimento realizzato erano risultati essere incerti e approssimativi, e dunque i legislatori decisero di indicare dettagliatamente quali fossero le condizioni in base alle quali un individuo doveva essere classificato come appartenente alla razza ebraica55, e pertanto soggetto alle leggi razziali.

I punti basilari per tale classificazione risultarono essere:


l’essere nato da genitori entrambi di razza ebraica, anche se appartenenti a religione diversa da quella ebraica,
l’essere nato da genitori di cui uno di razza ebraica e l’altro di nazionalità straniera,
l’essere nati da madre di razza ebraica qualora fosse ignoto il padre,
l’essere discendente da un solo genitore di razza ebraica, se appartenente alla religione ebraica e iscritto a una comunità israelitica o che comunque avesse fatto manifestazioni di ebraismo.

Non veniva considerato appartenente alla razza ebraica chi fosse nato da genitori di nazionalità italiana, di cui uno solo di razza ebraica, che, alla data del 1 Ottobre 1938 appartenesse a religione diversa da quella ebraica.

Da questo sommario esame appare evidente che non venne adottato un criterio «di sangue», ma che furono tenuti in conto anche elementi religiosi e politici; la tendenza che si venne a creare tra i responsabili della politica antisemita fu quella di cercare di ampliare al massimo la casistica delle figure ebraiche.

Questa normativa creò scompiglio e difficoltà nella sua applicazione, al punto tale che in numerosi casi particolari, non previsti e non risolvibili facilmente sulla base delle indicazioni legislative, nacquero controversie e disagi che inficiarono l’unità morale, spirituale e materiale delle numerose famiglie «miste» presenti sul territorio. A complicare ulteriormente la situazione ci fu una circolare riservata della Demografia e Razza66, nella quale si leggeva: «I criteri contenuti in questo articolo [art. 8] per determinare l’appartenenza della razza ebraica hanno carattere fondamentale e, conseguentemente, sono di portata più ampia dell’attuale provvedimento». La realtà ebraica italiana era profondamente assimilata al resto della popolazione italiana, e questo aspetto rendeva estremamente difficile l’applicazione concreta della legislazione; l’obiettivo, proposto dai politici, di riuscire a separare la comunità ebraica da quella nazionale e di ridurre al minimo il numero degli ebrei discriminati, cioè in qualche modo non riammessi alla collettività, risultò di non facile realizzazione.

2.4.b. I provvedimenti di discriminazione.

L’articolo 14 del Regio Decreto-Legge 1728 prevedeva l’emanazione di un provvedimento definito di «discriminazione»; esso era un’eccezione rispetto al trattamento applicabile ai cittadini ebrei in quanto, a seguito della sua emanazione, al soggetto intestatario non potevano essere applicate le disposizioni previste dagli articoli 10, 11 e 13 lettera h del medesimo Decreto.

Il provvedimento in questione fu emanato dal Ministero dell’Interno che, su documentata istanza degli interessati, poteva disapplicare parte delle limitazioni imposte in virtù della presenza di determinate situazioni che venivano considerate come degne di riconoscimento.

Alcune delle interdizioni, previste normalmente per gli ebrei italiani, erano dunque escluse a seguito di questo provvedimento che, in qualche aspetto, riabilitava agli occhi della restante società pochi appartenenti alla minoranza ebraica.

I casi nei quali era possibile presentare istanza riguardavano:


i componenti di famiglie di caduti nelle guerre libica, mondiale, etiopica e spagnola e dei caduti per la causa fascista;
coloro che si trovavano in una delle seguenti condizioni:
mutilati, invalidi, feriti, volontari di guerra o decorati al valore nelle guerre libica, mondiale, etiopica e spagnola;
combattenti nelle guerre libica, mondiale, etiopica e spagnola che abbiano almeno la croce al merito di guerra;
mutilati, invalidi, feriti della causa fascista;
iscritti al partito Nazionale Fascista negli anni 1919-20-21-22 e nel secondo semestre del 1924;
legionari fiumani;
possessori di eccezionali benemerenze.

Nel momento in cui tali situazioni erano concretamente riscontrate, il soggetto ebreo, e in alcuni casi anche i componenti della sua famiglia, vedeva venir meno le limitazioni fissate dalla normativa razziale e dunque poteva:


prestare servizio militare in pace e in guerra;
esercitare l’ufficio di tutore o di curatore di minori o incapaci non appartenenti alla razza ebraica;
essere proprietario o gestore di particolari tipologie di imprese e aziende;
possedere terreni aventi valori superiori ad una cifra determinata;
possedere fabbricati urbani aventi imponibili superiori ad un valore indicato;
non poteva essere privato della patria potestà sui figli appartenenti a religioni diversa ove risultasse l’impartizione di una educazione non corrispondente ai loro principi religiosi o ai fini nazionali;
di essere dipendente di Amministrazioni bancarie di interesse nazionale.

Il provvedimento del Ministro dell’Interno non era soggetto ad alcun gravame, sia in via amministrativa sia in via giurisdizionale, e gli interessati potevano chiederne l’annotazione nei registri dello stato civile e di popolazione.
Questa era, formalmente, la disciplina dettata, ma nella realtà alcune delle concessioni previste vennero annullate da altre disposizioni amministrative o leggi.

In termini concreti, quindi, la discriminazione costituì un beneficio ridotto e decrescente nel tempo; molti perseguitati tuttavia ne richiesero la concessione, per via del suo significato simbolico di attestazione di «benemerenza» per l’Italia o perché ritennero che avrebbe potuto rivelarsi utile in futuro.

2.5. L’articolo 10: il fondamento delle limitazioni alla proprietà immobiliare e all’attività commerciale e industriale.

Tra le diverse disposizioni volte ad incidere sui diritti degli ebrei una tra le più significative, per valore e per conseguenze, fu sicuramente quella dell’articolo 10 del Regio Decreto-Legge 1728; essa infatti risultò essere il fondamento di tutta una lunga serie di norme e provvedimenti riguardanti le limitazioni imposte sui beni immobili e sulle attività commerciali e industriali degli ebrei.

Il Decreto prima citato aveva riportato in vigore molte delle interdizioni in auge prima del 1848 e accanto ad esse si ritrova la limitazione delle proprietà; proprio quest’ultima, leggendo con attenzione il testo di legge, sembrava essere tra le meno radicali. Infatti, proprio e quasi soltanto in campo economico, gli ebrei ritenuti «meritevoli» (i cosiddetti discriminati del paragrafo precedente) avevano diritto ad un trattamento meno pesante di quello inflitto a tutti gli altri77. I motivi di questa apparente moderazione non appaiono chiari, ma l’interpretazione più attendibile risulta essere sicuramente quella che vede, accanto ai benefici effetti tanto auspicati derivanti dall’applicazione della normativa sulla proprietà, il timore delle eventuali ricadute negative delle leggi «razziali» in campo economico. Inoltre, le concessioni economiche ai discriminati previste dalla legge del 17 Novembre, non vanno in alcun modo sopravvalutate visto che esse furono di fatto «l’ultima e limitata esenzione rimasta in un quadro persecutorio drastico e generalizzato»88.

L’articolo 10 in questione così recitava:

“I cittadini italiani di razza ebraica non possono:


prestare servizio militare in pace ed in guerra;
esercitare l’ufficio di tutore o curatore di minori o incapaci non appartenenti alla razza ebraica;
essere proprietari o gestori, a qualsiasi titolo, di aziende dichiarate interessanti la difesa della Nazione, ai sensi e con le norme dell’art. 1 del R. Decreto-Legge 18 Novembre 1929 - VIII, n. 2488, e di aziende di qualunque natura che impieghino cento o più persone, né avere di dette aziende la direzione né assumervi, comunque, l’ufficio di amministratore o di sindaco;
essere proprietari di terreni che, in complesso, abbiano un estimo di valore superiore alle cinquemila lire;
essere proprietari di fabbricati urbani che, in complesso, abbiano un imponibile superiore a lire ventimila. Per i fabbricati per i quali non esiste l’imponibile, esso sarà stabilito sulla base degli accertamenti eseguiti ai fini dell’applicazione dell’imposta straordinaria sulla proprietà immobiliare di cui al R. Decreto-Legge 5 Ottobre 1936 – XVI, n. 1743.


Con Decreto Reale, su proposta del Ministro per le finanze, di concerto coi Ministri per l’Interno, per la grazia e giustizia, per le Corporazioni e per gli Scambi e Valute, saranno emanate le norme per l’attuazione delle disposizioni di cui alle lettere c), d), e).”

Proprio i punti c), d), e) risultarono essere i cardini dell’azione limitatoria attuata su beni immobili e terreni.

Il primo punto in questione, nella parte iniziale, faceva chiaro riferimento ad «aziende dichiarate interessanti la difesa della Nazione, ai sensi e con le norme dell’art. 1 del R. Decreto-Legge 18 Novembre 1929 - VIII, n. 2488»; l’articolo richiamato prevedeva che «il Governo del Re, su proposta del comitato supremo di difesa, ha facoltà di determinare quali industrie debbono essere dichiarate fondamentali per la fabbricazione di prodotti essenziali per la difesa della nazione. La determinazione verrà fatta con decreto reale».

Dopo aver indicato le aziende rilevanti per la difesa della Nazione il punto c) proseguiva sottolineando che, a prescindere dalle indicazioni fornite in precedenza riguardanti la tipologia e le caratteristiche di produzione, i cittadini di razza ebraica non potevano comunque essere proprietari, gestori, direttori, amministratori o sindaci di aziende di qualunque natura (viene dunque meno una caratterizzazione dell’attività svolta) che impiegassero cento o più persone. La limitazione quindi, agiva su due diversi livelli: in primo luogo si operava per salvaguardare dal «pericolo ebraico» la gestione di imprese classificate come collegate alla tutela militare del Regno d’Italia prescindendo dalle dimensioni e rilevando esclusivamente l’attività svolta. In secondo luogo si andava a colpire anche le restanti aziende purché di medie-grosse dimensioni: non rilevando la tipologia della produzione, il criterio dal quale scattava la limitazione risultava essere quello del personale impiegato.

E’ importante sottolineare che il comma non faceva riferimento solo alla limitazione della proprietà ma indicava chiaramente tutte le cariche interdette agli ebrei che, ovviamente, risultarono essere quelle di maggior rilevanza ed importanza all’interno di una organizzazione imprenditoriale.

L’articolo 10 al punto d) specificava il valore massimo dei terreni di cui potevano essere proprietari gli appartenenti alla minoranza ebraica; oltre ad esso era fatto divieto di essere proprietari, in qualsiasi forma, a titolo di proprietà piena e di nuda proprietas o a titolo di concessione enfiteutica di ulteriori appezzamenti di terra.

Nel punto e) si leggeva la limitazione inerente ai fabbricati urbani: anche in questo caso venne fissata la soglia oltre la quale scattava il divieto della proprietà. Venne indicato il valore massimo dell’imponibile (quello su cui vengono commisurate le imposte) nella cifra di ventimila lire.

A seguito della disciplina dettata venne la naturale ed inevitabile conseguenza di dover gestire le proprietà eccedenti i limiti indicati; si trattava di acquisire, amministrare e vendere i beni che, a seguito della normativa, non potevano più restare nella disponibilità degli ebrei. Con l’articolo 10 era stato attivato un complesso ingranaggio, ma affinché tutto funzionasse era necessario dettare e specificare ulteriormente tutta una serie di norme che riuscissero a realizzare in concreto ciò che con questa disposizione si era prefissato come obiettivo. Proprio a tal fine, a distanza di pochi mesi venne emanato il Regio Decreto-Legge del 9 Febbraio 1939 - XVII, n. 126.

2.6. Le norme di attuazione ed integrazione dell’art. 10: la disciplina volta a regolamentare i limiti di proprietà immobiliare e di attività industriale e commerciale per i cittadini di razza ebraica.

Il Regio Decreto-Legge n. 126 può sicuramente essere considerato come il secondo provvedimento essenziale emanato sotto il regime fascista e volto a regolare l’esproprio dei beni degli ebrei.

Esso, composto da 80 articoli, venne suddiviso in tre Titoli:

I Titolo: Limitazioni alle proprietà immobiliari;

II Titolo: Limitazioni alla partecipazione in aziende industriali e commerciali;

III Titolo: Disposizioni generali e finali.

2.6.a. I limiti posti alle proprietà immobiliari.

Il primo titolo risultava composto da 8 Capi, ognuno dei quali destinato a regolamentare un particolare aspetto della disciplina limitativa di beni immobili.

Essendo esplicito il riferimento a tali beni, nell’art. 2 venne effettuata la precisazione di cosa fosse compreso in tale definizione: nel patrimonio immobiliare furono compresi gli immobili posseduti a titolo di proprietà piena e di proprietà nuda (quest’ultimi erano quelli sottoposti ad usufrutto) e quelli posseduti a titolo di concessione enfiteutica. Non vennero computati i diritti del concedente enfiteutico a meno che, a seguito della devoluzione del fondo, si verificasse un aumento del patrimonio. Nell’articolo seguente invece, venne fatto espresso riferimento a ciò che non era compreso nel patrimonio immobiliare: non vi rientravano gli immobili adibiti ad uso industriale e commerciale quando il proprietario o enfiteuta era anche il titolare dell’azienda alla quale gli immobili stessi erano destinati, i fabbricati di imprenditori edili costruiti a scopo di vendita e i beni che, all’entrata in vigore del decreto in questione, erano sottoposti a procedure di esecuzione immobiliare.

Una volta fissate le categorie di beni sui quali imporre le limitazioni si stabilì il destino dei beni eccedenti le soglie fissate; nell’articolo 4 si trovava l’indicazione dell’«Ente» al quale le proprietà dovevano essere trasferite. L’Ente in questione era il cosiddetto EGELI, cioè «Ente di gestione e liquidazione immobiliare», con sede in Roma e «con il compito di provvedere all’acquisto, alla gestione e alla vendita dei beni indicati all’articolo 4»99. Di tale Ente verrà successivamente approvato lo Statuto con il Regio Decreto-legge 27 Marzo 1939, XVII, n. 665.

E’ di facile intuizione che il processo di definizione dei beni eccedenti i limiti imposti e il conseguente trasferimento all’Egeli non fosse un’attività immediata e semplice; per ovviare ad eventuali «manovre» degli ebrei volte a sottrarre beni alle disposizioni, nell’articolo 5 venne stabilito che, fino alla determinazione definitiva di tali beni, «i cittadini di razza ebraica non possono compiere alcun atto di alienazione a titolo gratuito od oneroso o di costituzione ipotetica» anche se, eccezioni a questa disciplina potevano essere fatte qualora ricorressero «esigenze e circostanze particolari», previa autorizzazione del Ministero delle Finanze. Nel caso in cui gli atti di alienazione venissero comunque realizzati al di fuori delle ipotesi consentite, essi erano considerati «improduttivi di effetti».

Più oltre era previsto il caso delle donazioni: in deroga alla disciplina del trasferimento all’EGELI, fu fatta salva la possibilità per i cittadini italiani di razza ebrea di «fare donazione dei beni ai discendenti non considerati di razza ebraica ovvero ad Enti ed Istituti che abbiano fini di educazione od assistenza»1010; tale atto andava realizzato entro il termine perentorio di centottanta giorni dell’entrata in vigore del decreto e perdeva di efficacia se non veniva accettato entro 90 giorni.

Per ciò che riguarda le procedure di accertamento e di valutazione del patrimonio immobiliare, il Decreto-Legge n. 126 prevedeva che, entro 90 giorni dalla entrata in vigore del medesimo, i cittadini di razza ebraica denunciassero all’ufficio distrettuale delle imposte «gli immobili di loro pertinenza alla data stessa, a titolo di proprietà o di concessione enfiteutica»1111; tale denuncia era prevista anche per i residenti all’estero, i quali dovevano presentarla al Regio Consolato che ne avrebbe curato poi l’invio in Italia. Era in tale dichiarazione che chi si era avvalso, o intendeva avvalersi, della facoltà di donazione doveva esplicitarlo.

Come in precedenza ricordato, l’articolo 10 del Regio Decreto-Legge n. 1728 prevedeva che per determinare i terreni di cui gli ebrei potevano rimanere proprietari ci si rifacesse al valore dell’estimo degli stessi; medesimo discorso valeva per i fabbricati urbani per i quali ci si riferiva invece all’imponibile. Oltre il valore di estimo e di imponibile fissato, si entrava nelle sfere considerate «eccedenti» i limiti consentiti.

Nel Decreto attuativo vi era una serie di disposizioni volte a fissare i criteri per determinare tali valori di riferimento: si indicavano «i ruoli delle imposte sui terreni o sui fabbricati per l’anno 1939 e, in difetto, in base agli accertamenti eseguiti ai fini dell’applicazione dell’imposta straordinaria sulla proprietà immobiliare di cui al R. decreto-legge 5 Ottobre 1936-XVII, n. 1743»1212.

Una volta compiuta l’operazione di quantificazione dei beni si era in grado di stabilire quali fossero quelli rientranti nei limiti consentiti e quelli invece considerati eccedenti; per i primi veniva rilasciata una attestazione dall’intendente di finanza che individuava, elencandoli singolarmente, i beni di cui l’avente diritto riacquistava la piena disponibilità; qualora invece il patrimonio dovesse essere ripartito per giungere al rispetto delle disposizioni, l’Ufficio Tecnico Erariale compiva le operazioni di suddivisione tenendo conto, «nei limiti del possibile, delle preferenze manifestate dagli interessati nella denunzia o in altre dichiarazioni successive presentate in tempo utile»1313. Per evitare i casi di un dannoso frazionamento degli immobili era prevista la possibilità, nel caso in cui si dovesse determinare la quota consentita e quella eccedente, di realizzare una differenza pari al 10% in più o in meno rispetto i limiti fissati per legge; qualora poi la divisione necessaria di un immobile non risultasse effettuabile per la natura del bene o a causa del grave pregiudizio economico derivatone, l’intero immobile veniva compreso nella quota eccedente.

La complessa attività di determinazione delle quote venne affidata alla gestione dell’Ufficio tecnico erariale, il quale, terminato il lavoro, dava notizia dei risultati ottenuti all’Ente di gestione e liquidazione immobiliare.

L’EGELI svolse un ruolo complesso e fondamentale nella vicenda di privazione dei beni appartenenti alla minoranza ebraica; esso risultò essere il principale motore della vicenda, operando in modo minuzioso ma non sempre chiaro.

Contro le quantificazioni realizzate dall’Ufficio tecnico erariale e dall’Ente di gestione e liquidazione era prevista, all’articolo 24 del Decreto-legge, la possibilità di ricorrere; tale ricorso doveva essere presentato alla apposita Commissione nominata con decreto del Ministero delle Finanze e composta da due membri.

Divenuta definitiva la determinazione dei beni costituenti la quota eccedente, attraverso un decreto si realizzava il trasferimento dei diritti del cittadino ebraico all’Ente di Gestione e Liquidazione; con tale decreto di attribuzione dei beni all’Ente, l’avente diritto riacquisiva la piena disponibilità di quelli compresi nella quota consentita.

A questo punto della procedura i beni eccedenti erano definitivamente incamerati dallo Stato e si doveva procedere, la competenza era sempre dell’Egeli, alla vendita degli stessi.

I redditi e i ricavi delle vendite, al netto delle passività e delle spese di gestione, erano destinati ad affluire al Tesoro dello Stato.

A seguito del trasferimento degli immobili all’Ente, al cittadino ebreo spettava il pagamento di un corrispettivo: questo era realizzato attraverso speciali certificati triennali, emessi dall’Egeli. Decorsi trenta anni dall’emissione dei certificati questi sarebbero stati ritirati, annullati e sostituiti con titoli nominativi di debito pubblico consolidato.

Il prezzo di esproprio era ottenuto automaticamente applicando il moltiplicatore 80 all’estimo dei terreni e quello 20 all’imponibile dei fabbricati; l’eventuale ricorso dell’ebreo contro i valori così ottenuti era esaminato da una Commissione che procedeva direttamente alla stima degli immobili avendo riguardo alla media dei prezzi dell’ultimo quinquennio, depurata dell’aliquota del 20%.

La procedura fin qui descritta era applicabile a tutti i cittadini italiani appartenenti alla razza ebraica ma, come precedentemente indicato1414, alcuni di essi versanti in particolari condizioni, potevano esserne esonerati. Chi, infatti, aveva ottenuto il provvedimento di discriminazione previsto dall’art. 14 del Regio Decreto-legge n. 1728 aveva il diritto di restituzione sull’immobile trasferito all’EGELI, purché esso non fosse già stato venduto dall’Ente. In quest’ultimo caso il proprietario aveva comunque il diritto ad ottenere in contanti la somma ricavata dalla vendita1515.

Gli ultimi articoli del titolo primo riguardavano il caso in cui si fossero verificati degli aumenti di patrimonio immobiliare successivi all’entrata in vigore del Decreto-legge 126; venne sancito l’obbligo di denunzia, entro 90 giorni da quello dell’aumento, di tutti i beni posteriormente acquistati a qualsiasi titolo. Nel caso in cui, a seguito di tale arricchimento, venivano superati i limiti consentiti, i beni stessi erano trasferibili all’Ente (limitatamente alla parte eccedente) secondo le norme del decreto stesso. I casi in cui venne riconosciuta la situazione di aumento del patrimonio furono i seguenti:


il consolidamento dell’usufrutto con la nuda proprietà,
la devoluzione del fondo enfiteutico,
le nuove costruzioni edilizie,
la cessazione dello stato di fallimento, qualora non fosse stato liquidato nel fallimento stesso tutto il patrimonio immobiliare, e l’abbandono di procedure esecutive immobiliari,
la cessazione di destinazione ad uso industriale o commerciale degli immobili.

L’ultimo articolo del titolo in analisi raccolse, in sintesi, tutto l’apparato delle disposizioni precedenti, in quanto dispose la costituzione, presso ogni ufficio tecnico erariale, di uno speciale elenco descrittivo dei beni appartenenti ai cittadini italiani di razza ebraica. Nell’ottica delle previsioni indicate, infatti, si mirò ad ottenere una classificazione il più dettagliata e precisa possibile delle proprietà rimaste nelle disponibilità di soggetti ebrei.

2.6.b. Le limitazioni alla partecipazione in aziende industriali e commerciali.

Il II Titolo del Decreto-legge in analisi fu volto a regolamentare le partecipazioni detenute da ebrei nelle aziende industriali e commerciali: si trattò, ovviamente, di un secondo percorso, attuato dopo quello delle privazioni della proprietà immobiliare, utile e strategico per continuare l’opera di discriminazione e di emarginazione nei confronti della minoranza ebraica nel contesto sociale ed economico dell’Italia del tempo. Con questo secondo gruppo di norme venne disciplinata la procedura attraverso la quale giungere all’eliminazione della presenza semita nelle diverse attività industriali italiane, prevedendone il trasferimento a società rilevatarie.

Il punto di partenza era la denuncia che doveva essere fatta dai cittadini di razza ebraica: era infatti sancito l’obbligo di indicare le aziende commerciali e industriali, esistenti nel Regno d’Italia, delle quali essi «[fossero] proprietari o gestori a qualunque titolo» e le «società non azionarie, regolari o irregolari, nelle quali essi [fossero] soci a responsabilità illimitata»1616. Venivano escluse da tale denuncia le aziende artigiane rappresentate sindacalmente dalla Federazione nazionale fascista degli artigiani.

Il Consiglio Nazionale delle corporazioni era l’organo incaricato di ricevere le denunce e di provvedere agli utili rilievi d’ufficio e alle necessarie rettifiche; esso era deputato alla compilazione di appositi elenchi, che distinsero in tre categorie tutte le aziende presenti sul territorio nelle quali vi fossero proprietari o gestori appartenenti alla razza ebraica. Vennero così individuate:


le aziende dichiarate di interesse per la difesa nazionale;
le aziende, di qualunque altra natura, che per il numero del personale eccedevano i limiti stabiliti dall’art. 10 lettera c) del R. Decreto-legge 17 Novembre 1938-XVII, n. 1728;
le aziende non rientranti nelle precedenti categorie.

Anche in questa seconda ipotesi, come nel caso di quella riguardante le proprietà, si volle giungere ad ottenere un quadro il più preciso possibile della situazione italiana, per poi intervenire con i provvedimenti di alienazione; venne dunque previsto, anche in questo gruppo di disposizioni, il divieto di alienazione delle aziende stesse o la cessione delle quote sociali durante il periodo di accertamento e classificazione (art. 54), sancendo la nullità di eventuali atti in tal senso. Unica deroga a riguardo fu quella prevista dall’art. 55, che prevedeva la possibilità di effettuare «una donazione dell’intera azienda o della quota sociale ai propri congiunti» indicati nell’art. 6 del medesimo Decreto. Si tratta della stessa previsione indicata per gli eventuali atti a titolo gratuito aventi ad oggetto beni immobiliari e terreni.

A seguito della predetta classificazione, le aziende rientranti nei primi due gruppi vennero gestite e sottoposte all’operato di un commissario di vigilanza per un periodo di sei mesi; egli era nominato con Decreto del Ministro per le finanze, di concerto con il Ministro per le corporazioni. Durante questo arco di tempo il commissario procedeva alla verifica della cassa, dei libri e dei documenti e alla formazione dell’inventario; si occupava inoltre delle operazioni aziendali e della formazione degli elenchi dei creditori.

Durante l’arco di tempo destinato all’operato del Commissario, il titolare dell’azienda o i soci illimitatamente responsabili di una società non azionaria, cittadini italiani di razza ebraica, potevano, con l’autorizzazione del Ministero delle Finanze, «alienare l’azienda o i singoli esercizi o opifici della stessa o la quota sociale a persone non considerate di razza ebraica o a società commerciali regolarmente costituite»1717. Accordate le condizioni per il rilievo, il Commissario notificava al proprietario il corrispettivo proposto e il nome della società rilevataria; era possibile proporre opposizione nei confronti di un’offerta inadeguata e far decidere il ricorso ad un apposito Collegio. Divenuta definitiva la somma da corrispondere, il Commissario di vigilanza trasferiva l’azienda alla società rilevataria.

Il prezzo di tale alienazione era investito in titoli nominativi di debito consolidato non trasferibili per atto tra vivi, se non dietro autorizzazione del Ministro delle Finanze.

Nel caso in cui, nell’arco dei sei mesi di gestione del commissario, le aziende non venivano alienate «volontariamente», il Ministero delle finanze interveniva, stabilendo quali di esse dovevano essere rilevate da società anonime regolarmente costituite o da costituire.

Tornando momentaneamente al punto d’origine della regolamentazione, il già citato art. 10 del Regio Decreto-legge 1728, al punto c) vietava non solo la proprietà delle aziende ma anche la gestione delle stesse da parte di appartenenti alla minoranza ebraica; gli ultimi articoli del II Titolo si occupano proprio di disciplinare queste situazioni.

L’articolo 68 disponeva che i cittadini italiani di razza ebraica, aventi la direzione delle già indicate aziende nelle quali il proprietario non fosse considerato appartenente alla razza ebraica, dovevano lasciare le loro funzioni entro il novantesimo giorno dall’entrata in vigore del decreto stesso. Anche coloro che occupavano altre posizioni di rilievo decadevano comunque di diritto entro tale termine.

Nel caso in cui fossero state conferite concessioni a persone appartenenti alla razza ebraica in amministrazioni civili o militari dello Stato, del Partito Fascista o di organizzazioni da esso controllate o dipendenti, queste potevano essere revocate.

Il Titolo si concludeva con l’obbligo per i proprietari e per i gestori di razza ebraica di aziende di comunicare costantemente le avvenute variazioni di organico o di oggetto dell’attività in modo tale da rendere nuovamente applicabile la disciplina dettata qualora ne ricorressero le condizioni.

2.6.c. Alcune disposizioni generali e finali.

Nel Titolo III furono raccolte una serie di disposizioni volte a specificare e a puntualizzare le modalità di attuazione e di esecuzione delle indicazioni dettate nelle norme precedenti. Tra queste, di particolare importanza risultò essere quella contenuta nell’art. 72, che si occupava di regolamentare le situazioni di coloro che, a seguito del provvedimento di discriminazione, si trovavano in una posizione diversa dai restanti cittadini italiani di razza ebraica. Venne infatti specificato che tali soggetti «[erano] equiparati, ad ogni effetto del presente decreto, ai cittadini italiani non considerati di razza ebraica»1818. Come tali, dunque, non venivano coinvolti nelle limitazioni ed imposizioni previste per gli immobili e le diverse attività.
"

Shalom!!!

Pieffebi
11-01-04, 16:28
dalla rete

" La legislazione razziale: il Regio Decreto-Legge del 17 Novembre 1938.
di Annamaria Colombo (T.d.L.)

Nel Novembre del 1938 il Consiglio dei Ministri approvò una vera e propria legislazione razziale che Vittorio Emanuele III, Re d’Italia, firmò. La normativa era contenuta nel Regio Decreto n. 1728 ed entrò in vigore il 4 Dicembre dello stesso anno.

Le leggi razziali tendevano a regolare solo i diritti degli ebrei italiani, in quanto a quelli stranieri e a quelli che avevano acquistato la cittadinanza italiana dopo il 1 Gennaio 1919 era fatto divieto, dal 12 Settembre 1938, di soggiornare stabilmente nel Regno44.

La disciplina volgeva alla limitazione della libertà personale, sociale ed economica degli appartenenti alla minoranza ebraica e si suddivideva in tre Capi: nel primo erano contenute le disposizioni regolanti i matrimoni tra cittadini italiani di razza ariana con persone appartenenti ad altra razza; nel secondo venivano dettate numerose norme limitative e discriminanti nei confronti degli appartenenti alla razza ebraica e nel terzo erano prescritte una serie di disposizioni transitorie e finali necessarie per la regolamentazione dei tempi e delle modalità di attuazione di tutta la legislazione.

L’articolo 8, contenuto nel secondo Capo, era deputato all’indicazione dei criteri per la determinazione degli appartenenti alla razza ebraica, e dunque dei soggetti direttamente interessati dalle norme disciplinatrici; esso era lo spartiacque, la linea di confine che individuava i destinatari della legislazione razziale. Nel medesimo Capo si trovava anche l’articolo contenente il cosiddetto provvedimento di discriminazione (art. 14); esso era un’ eccezione che permetteva ad alcuni ebrei, minuziosamente individuati, di essere esclusi dalla soggezione alle norme indicate nel Decreto stesso. Ai fini di questa ricerca, di importanza fondamentale risulta poi essere l’articolo 10, che riguardava esplicitamente le limitazioni alle proprietà immobiliari e alle attività industriali e commerciali per i cittadini italiani appartenenti alla razza ebraica; con esso venne dato il fondamento giuridico e l’avvio a tutta una serie di successive disposizioni che portarono a interdizioni, sequestri e confische.

2.4.a. Gli appartenenti alla razza ebraica.

Obiettivo primario della legislazione razziale fascista fu quello di individuare con la massima precisione tutti gli individui appartenenti alla minoranza israelitica in Italia; i dati ottenuti dal censimento realizzato erano risultati essere incerti e approssimativi, e dunque i legislatori decisero di indicare dettagliatamente quali fossero le condizioni in base alle quali un individuo doveva essere classificato come appartenente alla razza ebraica55, e pertanto soggetto alle leggi razziali.

I punti basilari per tale classificazione risultarono essere:


l’essere nato da genitori entrambi di razza ebraica, anche se appartenenti a religione diversa da quella ebraica,
l’essere nato da genitori di cui uno di razza ebraica e l’altro di nazionalità straniera,
l’essere nati da madre di razza ebraica qualora fosse ignoto il padre,
l’essere discendente da un solo genitore di razza ebraica, se appartenente alla religione ebraica e iscritto a una comunità israelitica o che comunque avesse fatto manifestazioni di ebraismo.

Non veniva considerato appartenente alla razza ebraica chi fosse nato da genitori di nazionalità italiana, di cui uno solo di razza ebraica, che, alla data del 1 Ottobre 1938 appartenesse a religione diversa da quella ebraica.

Da questo sommario esame appare evidente che non venne adottato un criterio «di sangue», ma che furono tenuti in conto anche elementi religiosi e politici; la tendenza che si venne a creare tra i responsabili della politica antisemita fu quella di cercare di ampliare al massimo la casistica delle figure ebraiche.

Questa normativa creò scompiglio e difficoltà nella sua applicazione, al punto tale che in numerosi casi particolari, non previsti e non risolvibili facilmente sulla base delle indicazioni legislative, nacquero controversie e disagi che inficiarono l’unità morale, spirituale e materiale delle numerose famiglie «miste» presenti sul territorio. A complicare ulteriormente la situazione ci fu una circolare riservata della Demografia e Razza66, nella quale si leggeva: «I criteri contenuti in questo articolo [art. 8] per determinare l’appartenenza della razza ebraica hanno carattere fondamentale e, conseguentemente, sono di portata più ampia dell’attuale provvedimento». La realtà ebraica italiana era profondamente assimilata al resto della popolazione italiana, e questo aspetto rendeva estremamente difficile l’applicazione concreta della legislazione; l’obiettivo, proposto dai politici, di riuscire a separare la comunità ebraica da quella nazionale e di ridurre al minimo il numero degli ebrei discriminati, cioè in qualche modo non riammessi alla collettività, risultò di non facile realizzazione.

2.4.b. I provvedimenti di discriminazione.

L’articolo 14 del Regio Decreto-Legge 1728 prevedeva l’emanazione di un provvedimento definito di «discriminazione»; esso era un’eccezione rispetto al trattamento applicabile ai cittadini ebrei in quanto, a seguito della sua emanazione, al soggetto intestatario non potevano essere applicate le disposizioni previste dagli articoli 10, 11 e 13 lettera h del medesimo Decreto.

Il provvedimento in questione fu emanato dal Ministero dell’Interno che, su documentata istanza degli interessati, poteva disapplicare parte delle limitazioni imposte in virtù della presenza di determinate situazioni che venivano considerate come degne di riconoscimento.

Alcune delle interdizioni, previste normalmente per gli ebrei italiani, erano dunque escluse a seguito di questo provvedimento che, in qualche aspetto, riabilitava agli occhi della restante società pochi appartenenti alla minoranza ebraica.

I casi nei quali era possibile presentare istanza riguardavano:


i componenti di famiglie di caduti nelle guerre libica, mondiale, etiopica e spagnola e dei caduti per la causa fascista;
coloro che si trovavano in una delle seguenti condizioni:
mutilati, invalidi, feriti, volontari di guerra o decorati al valore nelle guerre libica, mondiale, etiopica e spagnola;
combattenti nelle guerre libica, mondiale, etiopica e spagnola che abbiano almeno la croce al merito di guerra;
mutilati, invalidi, feriti della causa fascista;
iscritti al partito Nazionale Fascista negli anni 1919-20-21-22 e nel secondo semestre del 1924;
legionari fiumani;
possessori di eccezionali benemerenze.

Nel momento in cui tali situazioni erano concretamente riscontrate, il soggetto ebreo, e in alcuni casi anche i componenti della sua famiglia, vedeva venir meno le limitazioni fissate dalla normativa razziale e dunque poteva:


prestare servizio militare in pace e in guerra;
esercitare l’ufficio di tutore o di curatore di minori o incapaci non appartenenti alla razza ebraica;
essere proprietario o gestore di particolari tipologie di imprese e aziende;
possedere terreni aventi valori superiori ad una cifra determinata;
possedere fabbricati urbani aventi imponibili superiori ad un valore indicato;
non poteva essere privato della patria potestà sui figli appartenenti a religioni diversa ove risultasse l’impartizione di una educazione non corrispondente ai loro principi religiosi o ai fini nazionali;
di essere dipendente di Amministrazioni bancarie di interesse nazionale.

Il provvedimento del Ministro dell’Interno non era soggetto ad alcun gravame, sia in via amministrativa sia in via giurisdizionale, e gli interessati potevano chiederne l’annotazione nei registri dello stato civile e di popolazione.
Questa era, formalmente, la disciplina dettata, ma nella realtà alcune delle concessioni previste vennero annullate da altre disposizioni amministrative o leggi.

In termini concreti, quindi, la discriminazione costituì un beneficio ridotto e decrescente nel tempo; molti perseguitati tuttavia ne richiesero la concessione, per via del suo significato simbolico di attestazione di «benemerenza» per l’Italia o perché ritennero che avrebbe potuto rivelarsi utile in futuro.

2.5. L’articolo 10: il fondamento delle limitazioni alla proprietà immobiliare e all’attività commerciale e industriale.

Tra le diverse disposizioni volte ad incidere sui diritti degli ebrei una tra le più significative, per valore e per conseguenze, fu sicuramente quella dell’articolo 10 del Regio Decreto-Legge 1728; essa infatti risultò essere il fondamento di tutta una lunga serie di norme e provvedimenti riguardanti le limitazioni imposte sui beni immobili e sulle attività commerciali e industriali degli ebrei.

Il Decreto prima citato aveva riportato in vigore molte delle interdizioni in auge prima del 1848 e accanto ad esse si ritrova la limitazione delle proprietà; proprio quest’ultima, leggendo con attenzione il testo di legge, sembrava essere tra le meno radicali. Infatti, proprio e quasi soltanto in campo economico, gli ebrei ritenuti «meritevoli» (i cosiddetti discriminati del paragrafo precedente) avevano diritto ad un trattamento meno pesante di quello inflitto a tutti gli altri77. I motivi di questa apparente moderazione non appaiono chiari, ma l’interpretazione più attendibile risulta essere sicuramente quella che vede, accanto ai benefici effetti tanto auspicati derivanti dall’applicazione della normativa sulla proprietà, il timore delle eventuali ricadute negative delle leggi «razziali» in campo economico. Inoltre, le concessioni economiche ai discriminati previste dalla legge del 17 Novembre, non vanno in alcun modo sopravvalutate visto che esse furono di fatto «l’ultima e limitata esenzione rimasta in un quadro persecutorio drastico e generalizzato»88.

L’articolo 10 in questione così recitava:

“I cittadini italiani di razza ebraica non possono:


prestare servizio militare in pace ed in guerra;
esercitare l’ufficio di tutore o curatore di minori o incapaci non appartenenti alla razza ebraica;
essere proprietari o gestori, a qualsiasi titolo, di aziende dichiarate interessanti la difesa della Nazione, ai sensi e con le norme dell’art. 1 del R. Decreto-Legge 18 Novembre 1929 - VIII, n. 2488, e di aziende di qualunque natura che impieghino cento o più persone, né avere di dette aziende la direzione né assumervi, comunque, l’ufficio di amministratore o di sindaco;
essere proprietari di terreni che, in complesso, abbiano un estimo di valore superiore alle cinquemila lire;
essere proprietari di fabbricati urbani che, in complesso, abbiano un imponibile superiore a lire ventimila. Per i fabbricati per i quali non esiste l’imponibile, esso sarà stabilito sulla base degli accertamenti eseguiti ai fini dell’applicazione dell’imposta straordinaria sulla proprietà immobiliare di cui al R. Decreto-Legge 5 Ottobre 1936 – XVI, n. 1743.


Con Decreto Reale, su proposta del Ministro per le finanze, di concerto coi Ministri per l’Interno, per la grazia e giustizia, per le Corporazioni e per gli Scambi e Valute, saranno emanate le norme per l’attuazione delle disposizioni di cui alle lettere c), d), e).”

Proprio i punti c), d), e) risultarono essere i cardini dell’azione limitatoria attuata su beni immobili e terreni.

Il primo punto in questione, nella parte iniziale, faceva chiaro riferimento ad «aziende dichiarate interessanti la difesa della Nazione, ai sensi e con le norme dell’art. 1 del R. Decreto-Legge 18 Novembre 1929 - VIII, n. 2488»; l’articolo richiamato prevedeva che «il Governo del Re, su proposta del comitato supremo di difesa, ha facoltà di determinare quali industrie debbono essere dichiarate fondamentali per la fabbricazione di prodotti essenziali per la difesa della nazione. La determinazione verrà fatta con decreto reale».

Dopo aver indicato le aziende rilevanti per la difesa della Nazione il punto c) proseguiva sottolineando che, a prescindere dalle indicazioni fornite in precedenza riguardanti la tipologia e le caratteristiche di produzione, i cittadini di razza ebraica non potevano comunque essere proprietari, gestori, direttori, amministratori o sindaci di aziende di qualunque natura (viene dunque meno una caratterizzazione dell’attività svolta) che impiegassero cento o più persone. La limitazione quindi, agiva su due diversi livelli: in primo luogo si operava per salvaguardare dal «pericolo ebraico» la gestione di imprese classificate come collegate alla tutela militare del Regno d’Italia prescindendo dalle dimensioni e rilevando esclusivamente l’attività svolta. In secondo luogo si andava a colpire anche le restanti aziende purché di medie-grosse dimensioni: non rilevando la tipologia della produzione, il criterio dal quale scattava la limitazione risultava essere quello del personale impiegato.

E’ importante sottolineare che il comma non faceva riferimento solo alla limitazione della proprietà ma indicava chiaramente tutte le cariche interdette agli ebrei che, ovviamente, risultarono essere quelle di maggior rilevanza ed importanza all’interno di una organizzazione imprenditoriale.

L’articolo 10 al punto d) specificava il valore massimo dei terreni di cui potevano essere proprietari gli appartenenti alla minoranza ebraica; oltre ad esso era fatto divieto di essere proprietari, in qualsiasi forma, a titolo di proprietà piena e di nuda proprietas o a titolo di concessione enfiteutica di ulteriori appezzamenti di terra.

Nel punto e) si leggeva la limitazione inerente ai fabbricati urbani: anche in questo caso venne fissata la soglia oltre la quale scattava il divieto della proprietà. Venne indicato il valore massimo dell’imponibile (quello su cui vengono commisurate le imposte) nella cifra di ventimila lire.

A seguito della disciplina dettata venne la naturale ed inevitabile conseguenza di dover gestire le proprietà eccedenti i limiti indicati; si trattava di acquisire, amministrare e vendere i beni che, a seguito della normativa, non potevano più restare nella disponibilità degli ebrei. Con l’articolo 10 era stato attivato un complesso ingranaggio, ma affinché tutto funzionasse era necessario dettare e specificare ulteriormente tutta una serie di norme che riuscissero a realizzare in concreto ciò che con questa disposizione si era prefissato come obiettivo. Proprio a tal fine, a distanza di pochi mesi venne emanato il Regio Decreto-Legge del 9 Febbraio 1939 - XVII, n. 126.

2.6. Le norme di attuazione ed integrazione dell’art. 10: la disciplina volta a regolamentare i limiti di proprietà immobiliare e di attività industriale e commerciale per i cittadini di razza ebraica.

Il Regio Decreto-Legge n. 126 può sicuramente essere considerato come il secondo provvedimento essenziale emanato sotto il regime fascista e volto a regolare l’esproprio dei beni degli ebrei.

Esso, composto da 80 articoli, venne suddiviso in tre Titoli:

I Titolo: Limitazioni alle proprietà immobiliari;

II Titolo: Limitazioni alla partecipazione in aziende industriali e commerciali;

III Titolo: Disposizioni generali e finali.

2.6.a. I limiti posti alle proprietà immobiliari.

Il primo titolo risultava composto da 8 Capi, ognuno dei quali destinato a regolamentare un particolare aspetto della disciplina limitativa di beni immobili.

Essendo esplicito il riferimento a tali beni, nell’art. 2 venne effettuata la precisazione di cosa fosse compreso in tale definizione: nel patrimonio immobiliare furono compresi gli immobili posseduti a titolo di proprietà piena e di proprietà nuda (quest’ultimi erano quelli sottoposti ad usufrutto) e quelli posseduti a titolo di concessione enfiteutica. Non vennero computati i diritti del concedente enfiteutico a meno che, a seguito della devoluzione del fondo, si verificasse un aumento del patrimonio. Nell’articolo seguente invece, venne fatto espresso riferimento a ciò che non era compreso nel patrimonio immobiliare: non vi rientravano gli immobili adibiti ad uso industriale e commerciale quando il proprietario o enfiteuta era anche il titolare dell’azienda alla quale gli immobili stessi erano destinati, i fabbricati di imprenditori edili costruiti a scopo di vendita e i beni che, all’entrata in vigore del decreto in questione, erano sottoposti a procedure di esecuzione immobiliare.

Una volta fissate le categorie di beni sui quali imporre le limitazioni si stabilì il destino dei beni eccedenti le soglie fissate; nell’articolo 4 si trovava l’indicazione dell’«Ente» al quale le proprietà dovevano essere trasferite. L’Ente in questione era il cosiddetto EGELI, cioè «Ente di gestione e liquidazione immobiliare», con sede in Roma e «con il compito di provvedere all’acquisto, alla gestione e alla vendita dei beni indicati all’articolo 4»99. Di tale Ente verrà successivamente approvato lo Statuto con il Regio Decreto-legge 27 Marzo 1939, XVII, n. 665.

E’ di facile intuizione che il processo di definizione dei beni eccedenti i limiti imposti e il conseguente trasferimento all’Egeli non fosse un’attività immediata e semplice; per ovviare ad eventuali «manovre» degli ebrei volte a sottrarre beni alle disposizioni, nell’articolo 5 venne stabilito che, fino alla determinazione definitiva di tali beni, «i cittadini di razza ebraica non possono compiere alcun atto di alienazione a titolo gratuito od oneroso o di costituzione ipotetica» anche se, eccezioni a questa disciplina potevano essere fatte qualora ricorressero «esigenze e circostanze particolari», previa autorizzazione del Ministero delle Finanze. Nel caso in cui gli atti di alienazione venissero comunque realizzati al di fuori delle ipotesi consentite, essi erano considerati «improduttivi di effetti».

Più oltre era previsto il caso delle donazioni: in deroga alla disciplina del trasferimento all’EGELI, fu fatta salva la possibilità per i cittadini italiani di razza ebrea di «fare donazione dei beni ai discendenti non considerati di razza ebraica ovvero ad Enti ed Istituti che abbiano fini di educazione od assistenza»1010; tale atto andava realizzato entro il termine perentorio di centottanta giorni dell’entrata in vigore del decreto e perdeva di efficacia se non veniva accettato entro 90 giorni.

Per ciò che riguarda le procedure di accertamento e di valutazione del patrimonio immobiliare, il Decreto-Legge n. 126 prevedeva che, entro 90 giorni dalla entrata in vigore del medesimo, i cittadini di razza ebraica denunciassero all’ufficio distrettuale delle imposte «gli immobili di loro pertinenza alla data stessa, a titolo di proprietà o di concessione enfiteutica»1111; tale denuncia era prevista anche per i residenti all’estero, i quali dovevano presentarla al Regio Consolato che ne avrebbe curato poi l’invio in Italia. Era in tale dichiarazione che chi si era avvalso, o intendeva avvalersi, della facoltà di donazione doveva esplicitarlo.

Come in precedenza ricordato, l’articolo 10 del Regio Decreto-Legge n. 1728 prevedeva che per determinare i terreni di cui gli ebrei potevano rimanere proprietari ci si rifacesse al valore dell’estimo degli stessi; medesimo discorso valeva per i fabbricati urbani per i quali ci si riferiva invece all’imponibile. Oltre il valore di estimo e di imponibile fissato, si entrava nelle sfere considerate «eccedenti» i limiti consentiti.

Nel Decreto attuativo vi era una serie di disposizioni volte a fissare i criteri per determinare tali valori di riferimento: si indicavano «i ruoli delle imposte sui terreni o sui fabbricati per l’anno 1939 e, in difetto, in base agli accertamenti eseguiti ai fini dell’applicazione dell’imposta straordinaria sulla proprietà immobiliare di cui al R. decreto-legge 5 Ottobre 1936-XVII, n. 1743»1212.

Una volta compiuta l’operazione di quantificazione dei beni si era in grado di stabilire quali fossero quelli rientranti nei limiti consentiti e quelli invece considerati eccedenti; per i primi veniva rilasciata una attestazione dall’intendente di finanza che individuava, elencandoli singolarmente, i beni di cui l’avente diritto riacquistava la piena disponibilità; qualora invece il patrimonio dovesse essere ripartito per giungere al rispetto delle disposizioni, l’Ufficio Tecnico Erariale compiva le operazioni di suddivisione tenendo conto, «nei limiti del possibile, delle preferenze manifestate dagli interessati nella denunzia o in altre dichiarazioni successive presentate in tempo utile»1313. Per evitare i casi di un dannoso frazionamento degli immobili era prevista la possibilità, nel caso in cui si dovesse determinare la quota consentita e quella eccedente, di realizzare una differenza pari al 10% in più o in meno rispetto i limiti fissati per legge; qualora poi la divisione necessaria di un immobile non risultasse effettuabile per la natura del bene o a causa del grave pregiudizio economico derivatone, l’intero immobile veniva compreso nella quota eccedente.

La complessa attività di determinazione delle quote venne affidata alla gestione dell’Ufficio tecnico erariale, il quale, terminato il lavoro, dava notizia dei risultati ottenuti all’Ente di gestione e liquidazione immobiliare.

L’EGELI svolse un ruolo complesso e fondamentale nella vicenda di privazione dei beni appartenenti alla minoranza ebraica; esso risultò essere il principale motore della vicenda, operando in modo minuzioso ma non sempre chiaro.

Contro le quantificazioni realizzate dall’Ufficio tecnico erariale e dall’Ente di gestione e liquidazione era prevista, all’articolo 24 del Decreto-legge, la possibilità di ricorrere; tale ricorso doveva essere presentato alla apposita Commissione nominata con decreto del Ministero delle Finanze e composta da due membri.

Divenuta definitiva la determinazione dei beni costituenti la quota eccedente, attraverso un decreto si realizzava il trasferimento dei diritti del cittadino ebraico all’Ente di Gestione e Liquidazione; con tale decreto di attribuzione dei beni all’Ente, l’avente diritto riacquisiva la piena disponibilità di quelli compresi nella quota consentita.

A questo punto della procedura i beni eccedenti erano definitivamente incamerati dallo Stato e si doveva procedere, la competenza era sempre dell’Egeli, alla vendita degli stessi.

I redditi e i ricavi delle vendite, al netto delle passività e delle spese di gestione, erano destinati ad affluire al Tesoro dello Stato.

A seguito del trasferimento degli immobili all’Ente, al cittadino ebreo spettava il pagamento di un corrispettivo: questo era realizzato attraverso speciali certificati triennali, emessi dall’Egeli. Decorsi trenta anni dall’emissione dei certificati questi sarebbero stati ritirati, annullati e sostituiti con titoli nominativi di debito pubblico consolidato.

Il prezzo di esproprio era ottenuto automaticamente applicando il moltiplicatore 80 all’estimo dei terreni e quello 20 all’imponibile dei fabbricati; l’eventuale ricorso dell’ebreo contro i valori così ottenuti era esaminato da una Commissione che procedeva direttamente alla stima degli immobili avendo riguardo alla media dei prezzi dell’ultimo quinquennio, depurata dell’aliquota del 20%.

La procedura fin qui descritta era applicabile a tutti i cittadini italiani appartenenti alla razza ebraica ma, come precedentemente indicato1414, alcuni di essi versanti in particolari condizioni, potevano esserne esonerati. Chi, infatti, aveva ottenuto il provvedimento di discriminazione previsto dall’art. 14 del Regio Decreto-legge n. 1728 aveva il diritto di restituzione sull’immobile trasferito all’EGELI, purché esso non fosse già stato venduto dall’Ente. In quest’ultimo caso il proprietario aveva comunque il diritto ad ottenere in contanti la somma ricavata dalla vendita1515.

Gli ultimi articoli del titolo primo riguardavano il caso in cui si fossero verificati degli aumenti di patrimonio immobiliare successivi all’entrata in vigore del Decreto-legge 126; venne sancito l’obbligo di denunzia, entro 90 giorni da quello dell’aumento, di tutti i beni posteriormente acquistati a qualsiasi titolo. Nel caso in cui, a seguito di tale arricchimento, venivano superati i limiti consentiti, i beni stessi erano trasferibili all’Ente (limitatamente alla parte eccedente) secondo le norme del decreto stesso. I casi in cui venne riconosciuta la situazione di aumento del patrimonio furono i seguenti:


il consolidamento dell’usufrutto con la nuda proprietà,
la devoluzione del fondo enfiteutico,
le nuove costruzioni edilizie,
la cessazione dello stato di fallimento, qualora non fosse stato liquidato nel fallimento stesso tutto il patrimonio immobiliare, e l’abbandono di procedure esecutive immobiliari,
la cessazione di destinazione ad uso industriale o commerciale degli immobili.

L’ultimo articolo del titolo in analisi raccolse, in sintesi, tutto l’apparato delle disposizioni precedenti, in quanto dispose la costituzione, presso ogni ufficio tecnico erariale, di uno speciale elenco descrittivo dei beni appartenenti ai cittadini italiani di razza ebraica. Nell’ottica delle previsioni indicate, infatti, si mirò ad ottenere una classificazione il più dettagliata e precisa possibile delle proprietà rimaste nelle disponibilità di soggetti ebrei.

2.6.b. Le limitazioni alla partecipazione in aziende industriali e commerciali.

Il II Titolo del Decreto-legge in analisi fu volto a regolamentare le partecipazioni detenute da ebrei nelle aziende industriali e commerciali: si trattò, ovviamente, di un secondo percorso, attuato dopo quello delle privazioni della proprietà immobiliare, utile e strategico per continuare l’opera di discriminazione e di emarginazione nei confronti della minoranza ebraica nel contesto sociale ed economico dell’Italia del tempo. Con questo secondo gruppo di norme venne disciplinata la procedura attraverso la quale giungere all’eliminazione della presenza semita nelle diverse attività industriali italiane, prevedendone il trasferimento a società rilevatarie.

Il punto di partenza era la denuncia che doveva essere fatta dai cittadini di razza ebraica: era infatti sancito l’obbligo di indicare le aziende commerciali e industriali, esistenti nel Regno d’Italia, delle quali essi «[fossero] proprietari o gestori a qualunque titolo» e le «società non azionarie, regolari o irregolari, nelle quali essi [fossero] soci a responsabilità illimitata»1616. Venivano escluse da tale denuncia le aziende artigiane rappresentate sindacalmente dalla Federazione nazionale fascista degli artigiani.

Il Consiglio Nazionale delle corporazioni era l’organo incaricato di ricevere le denunce e di provvedere agli utili rilievi d’ufficio e alle necessarie rettifiche; esso era deputato alla compilazione di appositi elenchi, che distinsero in tre categorie tutte le aziende presenti sul territorio nelle quali vi fossero proprietari o gestori appartenenti alla razza ebraica. Vennero così individuate:


le aziende dichiarate di interesse per la difesa nazionale;
le aziende, di qualunque altra natura, che per il numero del personale eccedevano i limiti stabiliti dall’art. 10 lettera c) del R. Decreto-legge 17 Novembre 1938-XVII, n. 1728;
le aziende non rientranti nelle precedenti categorie.

Anche in questa seconda ipotesi, come nel caso di quella riguardante le proprietà, si volle giungere ad ottenere un quadro il più preciso possibile della situazione italiana, per poi intervenire con i provvedimenti di alienazione; venne dunque previsto, anche in questo gruppo di disposizioni, il divieto di alienazione delle aziende stesse o la cessione delle quote sociali durante il periodo di accertamento e classificazione (art. 54), sancendo la nullità di eventuali atti in tal senso. Unica deroga a riguardo fu quella prevista dall’art. 55, che prevedeva la possibilità di effettuare «una donazione dell’intera azienda o della quota sociale ai propri congiunti» indicati nell’art. 6 del medesimo Decreto. Si tratta della stessa previsione indicata per gli eventuali atti a titolo gratuito aventi ad oggetto beni immobiliari e terreni.

A seguito della predetta classificazione, le aziende rientranti nei primi due gruppi vennero gestite e sottoposte all’operato di un commissario di vigilanza per un periodo di sei mesi; egli era nominato con Decreto del Ministro per le finanze, di concerto con il Ministro per le corporazioni. Durante questo arco di tempo il commissario procedeva alla verifica della cassa, dei libri e dei documenti e alla formazione dell’inventario; si occupava inoltre delle operazioni aziendali e della formazione degli elenchi dei creditori.

Durante l’arco di tempo destinato all’operato del Commissario, il titolare dell’azienda o i soci illimitatamente responsabili di una società non azionaria, cittadini italiani di razza ebraica, potevano, con l’autorizzazione del Ministero delle Finanze, «alienare l’azienda o i singoli esercizi o opifici della stessa o la quota sociale a persone non considerate di razza ebraica o a società commerciali regolarmente costituite»1717. Accordate le condizioni per il rilievo, il Commissario notificava al proprietario il corrispettivo proposto e il nome della società rilevataria; era possibile proporre opposizione nei confronti di un’offerta inadeguata e far decidere il ricorso ad un apposito Collegio. Divenuta definitiva la somma da corrispondere, il Commissario di vigilanza trasferiva l’azienda alla società rilevataria.

Il prezzo di tale alienazione era investito in titoli nominativi di debito consolidato non trasferibili per atto tra vivi, se non dietro autorizzazione del Ministro delle Finanze.

Nel caso in cui, nell’arco dei sei mesi di gestione del commissario, le aziende non venivano alienate «volontariamente», il Ministero delle finanze interveniva, stabilendo quali di esse dovevano essere rilevate da società anonime regolarmente costituite o da costituire.

Tornando momentaneamente al punto d’origine della regolamentazione, il già citato art. 10 del Regio Decreto-legge 1728, al punto c) vietava non solo la proprietà delle aziende ma anche la gestione delle stesse da parte di appartenenti alla minoranza ebraica; gli ultimi articoli del II Titolo si occupano proprio di disciplinare queste situazioni.

L’articolo 68 disponeva che i cittadini italiani di razza ebraica, aventi la direzione delle già indicate aziende nelle quali il proprietario non fosse considerato appartenente alla razza ebraica, dovevano lasciare le loro funzioni entro il novantesimo giorno dall’entrata in vigore del decreto stesso. Anche coloro che occupavano altre posizioni di rilievo decadevano comunque di diritto entro tale termine.

Nel caso in cui fossero state conferite concessioni a persone appartenenti alla razza ebraica in amministrazioni civili o militari dello Stato, del Partito Fascista o di organizzazioni da esso controllate o dipendenti, queste potevano essere revocate.

Il Titolo si concludeva con l’obbligo per i proprietari e per i gestori di razza ebraica di aziende di comunicare costantemente le avvenute variazioni di organico o di oggetto dell’attività in modo tale da rendere nuovamente applicabile la disciplina dettata qualora ne ricorressero le condizioni.

2.6.c. Alcune disposizioni generali e finali.

Nel Titolo III furono raccolte una serie di disposizioni volte a specificare e a puntualizzare le modalità di attuazione e di esecuzione delle indicazioni dettate nelle norme precedenti. Tra queste, di particolare importanza risultò essere quella contenuta nell’art. 72, che si occupava di regolamentare le situazioni di coloro che, a seguito del provvedimento di discriminazione, si trovavano in una posizione diversa dai restanti cittadini italiani di razza ebraica. Venne infatti specificato che tali soggetti «[erano] equiparati, ad ogni effetto del presente decreto, ai cittadini italiani non considerati di razza ebraica»1818. Come tali, dunque, non venivano coinvolti nelle limitazioni ed imposizioni previste per gli immobili e le diverse attività.
"

Shalom!!!

Ambrogio
11-01-04, 17:44
Ci dovrebbe essere anche una disposizione in base alla quale una Signora israelita non poteva tenere a servizio una cameriera o una badante cristiana.

Chi avra' avuto muna simile alzata d'ingegno ?

Benito . tu non puoi essere stato a dettare una simile carognata.Dimmelo chi fu ? Preziosi forse ?

Pieffebi
12-01-04, 15:44
dalla rete...

" 2.7. Dalle leggi razziali del 1938 ai provvedimenti della Repubblica Sociale italiana: la seconda fase della legislazione contro gli ebrei.
di Annamaria Colombo [T.d.L.]


Come già anticipato [...] occorre operare una distinzione tra i provvedimenti legislativi intesi a regolare l’esproprio dei beni ebraici; la normativa va suddivisa tra quella emanata dal 1938 al 3 Settembre 1943, cioè nella prima fase della campagna razziale, e quella successiva, fino al 1944.

La distinzione deriva principalmente da due fattori; anzitutto dalla diversità degli organi che hanno legiferato: il Senato e la Camera dei Fasci con la firma dal Re del Regno d’Italia e d’Albania nel primo periodo, il Duce della Repubblica Sociale Italiana nel secondo periodo. Inoltre, va operata una separazione, decisamente di maggior rilevanza, determinata dalla differente asprezza e dalle diverse motivazioni di fondo che hanno condotto all’emanazione dei due gruppi di norme in questione.

Con le leggi del 1938 venne istituito un sistema antiebraico che, probabilmente, costituì «ciò che di più violento era realizzabile in un paese nel quale non vi erano fino ad allora stati forti movimenti ed agitazioni antisemiti, nel quale vi era la presenza comunque condizionante della chiesa cattolica, nel quale il dittatore non era esattamente l’unico rappresentante dello stato, nel quale il partito al potere non era indipendente dalla tradizione nazionalista, nel quale i perseguitati non erano stati del tutto estranei al regime, nel quale il dittatore non aveva manifestato in precedenza un antisemitismo radicale»1919. La persecuzione era composta da tanti singoli atti, aventi specifiche finalità ma rispondenti ad un disegno di carattere generale: giungere alla totale arianizzazione del paese. Gli ebrei si videro revocati molti diritti civili, subendo un repentino declassamento di fatto. Fino al 1943, l’obiettivo primo del fascismo fu quello di eliminare tutti gli ebrei dal territorio, con rapidità e definitivamente, agendo in maniera tale da stimolare i perseguitati, separati dal resto della popolazione, ad emigrare.

Le cose mutarono qualche tempo dopo l’8 Settembre 1943 e in concomitanza con la legge del Gennaio 1944; l’influenza diretta dei tedeschi, che agirono in proprio e senza controllo, modificò la situazione e si assistette a deportazioni, arresti e appropriazioni di beni che dovevano servire nell’immediato. I provvedimenti adottati contro gli ebrei alla fine del 1943 e nei primi mesi del 1944 non furono però determinati solo dalla necessità di accontentare i tedeschi, ma certamente anche dalle precarie condizioni economiche della neonata Repubblica Sociale Italiana: tutte le confische attuate andavano a riempire le casse, sicuramente non floride, della RSI. La guerra e la fame di risorse contribuirono sin da subito a rafforzare le motivazioni economiche degli espropri, che fino a quel momento si erano mossi non certo a seguito di una necessità così impellente; in questa fase si fecero sentire indubbiamente anche gli appetiti personali di gerarchi, funzionari e militari i quali tentarono più che mai di accaparrarsi facili bottini.

2.8. L’ordinanza di polizia n. 5 e il decreto legislativo del Duce n. 2.

Con un ottimismo forse un po’ esagerato, gli ebrei accolsero con gioia la caduta dal fascismo il 25 luglio 1943; a seguito di tale evento già vedevano venir meno la tirannide fascista e la persecuzione, ma ben presto dovettero rendersi conto che i cambiamenti auspicati erano ancora lontani e che, di fatto, la legislazione razziale continuava ad essere in vigore.

Con l’8 Settembre poi, la reazione nazista all’armistizio firmato dall’Italia con gli alleati scatenò una seconda fase persecutoria ben diversa dalla prima, caratterizzata da asprezze e situazioni al limite che, fino a quel momento, non si erano verificate.

Il territorio italiano posto sotto il controllo e l’amministrazione della Repubblica Sociale Italiana2020 corrispondeva in sostanza alle regioni centrali e settentrionali della penisola; in esso vigeva il controllo militare e di polizia del Terzo Reich e, di fatto, fu proprio quest’ultimo a dettare le linee della politica antisemita. Come noto, la situazione delle regioni dell’Italia meridionale e insulare fu decisamente ben diversa dal momento che queste vennero liberate entro la fine del Settembre 1943 senza che vi fossero state introdotte nuove misure persecutorie.

Il primo punto fermo da citare, per ciò che concerne la politica antiebraica della Repubblica Sociale Italiana, fu l’approvazione di un «manifesto programmatico» nel quale venne stabilito che «gli appartenenti alla razza ebraica sono stranieri. Durante questa guerra appartengono a nazionalità nemica»2121.

Il 30 Novembre 1943 il Ministro dell’Interno diramò l’ordine di polizia n. 5, che risultò essere l’anticipazione delle scelte poi realizzate entro pochi mesi a livello legislativo. In tale documento venne disposto l’arresto e l’internamento di “tutti” gli ebrei, italiani e stranieri, discriminati e non. Inoltre venne sancito il sequestro di tutti i loro beni mobili e immobili, «in attesa della successiva confisca operata nell’interesse della Repubblica Sociale Italiana, la quale li destinerà a beneficio degli indigenti sinistrati dalle incursioni aeree nemiche»2222. La disposizione riguardava solo i beni posseduti da persone fisiche e tralasciava completamente la suddivisione fino ad allora operata, tra beni compresi nelle quote eccedenti e quote consentite; inoltre non erano previste eccezioni sulla base di particolari caratteristiche o rilevanti valori dei beni stessi.

E’ già evidente l’inasprimento della disciplina rispetto a quella precedente, ed è forse altrettanto evidente che «il gesto demagogico di proclamare l’utilizzo dei beni confiscati per indennizzare i soggetti colpiti dalle incursioni nemiche era solamente un espediente per procurare alle casse esauste della RSI un po’ di ossigeno»2323.

In varie province i decreti di sequestro vennero giustificati facendo espresso riferimento alla legge di guerra (r.d. 1415/1938); in altre fu menzionato anche l’ordine del 30 Novembre e in altre ancora venne solo precisato che il proprietario dei beni era ebreo e quindi considerato nemico.

Fu questa una prima fase nel corso della quale i vari capi di provincia (così erano chiamati i prefetti nella RSI) diramarono ordinanze per l’applicazione dell’ordine n. 5 e pressoché in tutte le province vennero istituiti uffici appositi per la raccolta delle denunce, per le procedure d’accertamento di beni, per la preparazione dei decreti di sequestro e per l’organizzazione della gestione dei beni.

Il 4 Gennaio venne varato il Decreto Legislativo n. 2, intitolato «Nuove disposizioni concernenti i beni posseduti dai cittadini di razza ebraica»; esso stabiliva le nuove norme sul possesso di beni mobili ed immobili da parte degli ebrei affermando, in pratica, il completo spoglio di questi. Con tali disposizioni si ordinava la confisca di ciò che con la precedente ordinanza si era sequestrato.

Il d.lgs. 2/1944 venne pubblicato sulla «Gazzetta ufficiale d’Italia» il 10 Gennaio dello stesso anno ed entrò in vigore in tale data.

Anzitutto vennero indicati i destinatari della nuova disciplina; nell’articolo 1 si fece riferimento a tutte le persone fisiche considerate di «razza ebraica» a norma del rdl 1728/1938, sia italiane, anche se discriminate, sia straniere, anche se non residenti nella RSI.

Il decreto andava a colpire tutti i beni dei soggetti in precedenza indicati i quali non potevano possedere, nel territorio della neonata repubblica, «aziende di qualunque natura […] terreni […] fabbricati […] titoli, valori, crediti, e diritti di compartecipazione di alcuna specie [o] altri beni immobiliari di qualsiasi natura».

Con l’articolo 6 vennero dichiarati nulli tutti i trasferimenti di proprietà avvenuti in data posteriore al 30 Novembre 1943 e fu prevista la possibilità di annullare quelli realizzati anteriormente e qualificabili come «fittizi e fatti al solo scopo di sottrarre i beni ai provvedimenti razziali»; con tale norma si volle far riferimento alle donazioni di beni immobili effettuate ai sensi dell’art. 6 e a quelle di aziende non azionarie effettuate ai sensi dell’art. 55 del rdl 126/1939. Da diversi documenti del tempo risulta che la politica realizzata fu quella di rivedere tutte le donazioni al fine di dichiarare valide solo quelle risolte in un reale e definitivo spossessamento dell’ebreo donante2424.

Venne regolamentata anche la situazione di coloro che erano debitori verso persone di razza ebraica (tali debiti potevano afferire anche ad attività commerciali esercitate) o che erano in possesso di beni appartenenti a queste; andava presentata una denuncia scritta al capo della provincia entro 30 giorni dalla data di applicazione della legge e a seguito di essa il funzionario emetteva un decreto attraverso il quale realizzava la confisca dei suddetti a favore dello Stato. Nell’attesa dell’emissione del decreto era vietato alle persone di nazionalità italiana adempiere in qualunque modo alle obbligazioni nei confronti degli ebrei. I beni erano poi trasferiti per la custodia, l’amministrazione e la vendita all’Ente di Gestione e Liquidazione Immobiliare.

L’assetto della situazione è racchiuso in modo a dir poco esemplare nell’articolo 7; in tale punto , con chiarezza ed estrema lucidità è fissato il paletto cardine di tutta la disciplina e se ne trae, senza alcun dubbio, la politica ispiratrice. La disposizione in questione recita: «I beni immobiliari e le loro pertinenze, i beni mobiliari, le aziende industriali e commerciali e ogni altro cespite esistente nel territorio dello Stato di proprietà di cittadini italiani di razza ebraica o considerati tali […] ancorché abbiano ottenuto il provvedimento di discriminazione […] nonché quelli di proprietà di persone straniere di razza ebraica, anche se non residenti in Italia, sono confiscati a favore dello Stato e dati in amministrazione all’Ente di Gestione e Liquidazione»2525. In queste poche righe, si legge la diversità e il distacco tra le disposizioni realizzate prima e dopo l’8 Settembre; vengono meno le differenziazioni tra i beni, scompare la seppur minima eccezione data dal provvedimento di discriminazione e si afferma con forza l’unica possibilità dell’istituto della confisca.

Il decreto 2/1944 stabilì quindi la confisca di tutti i beni e la successiva circolare applicativa del Ministro delle Finanze del 12 Febbraio 1944 dettò una serie di disposizioni riguardanti i beni di minimo valore e gli oggetti personali.

Venne disposto che i beni presenti in piccola quantità o di valore modesto, se non ne era considerata opportuna la conservazione, potevano essere alienati dall’Egeli qualora la custodia o la conservazione fosse risultata una spesa eccessivamente gravosa e non proporzionata al valore. Qualora la vendita fosse risultata difficile, era prevista la consegna all’Ente Comunale di Assistenza.

2.9. L’itinerario della pratiche di confisca previsto dalla legge del 4 Gennaio 1944.

L’iter per giungere alla confisca dei beni ebraici era complesso e articolato in numerosi passaggi: si incominciava da chi doveva denunciare; poi vi era l’intervento della Prefettura la quale decideva i sequestri e le confische; successivamente il controllo e le autorizzazioni erano di competenza del Ministero degli Interni o delle Finanze mentre le registrazioni spettavano alla Conservatoria delle ipoteche; l’Egeli gestiva i beni espropriati ed infine c’era chi subiva tutto l’insieme di misure concepite per annientare i perseguitati.

Come indicato, i soggetti coinvolti erano numerosi e ad ognuno spettava un ruolo preciso. Ai cittadini, agli enti amministrativi dello Stato e alle banche spettava l’atto della denuncia di beni ebraici; motore delle pratiche risultava essere anche l’Intendenza di Finanza alla quale spettava la proposta di annullamento di vendite e donazioni fittizie.

A ricevere il provvedimento era la prefettura, che provvedeva alla emanazione dei vari atti di risposta idonei:


il decreto di confisca, che perveniva alla Gazzetta Ufficiale per la pubblicazione;
il decreto per la registrazione presso la Conservatoria delle Ipoteche;
il decreto per l’esproprio, che giungeva all’Egeli;
la notifica di annullamento di vendite e donazioni fittizie.

Copia dei sopra indicati decreti veniva inviata al Ministero delle Finanze
L’Egeli, ricevuto il decreto per l’esproprio, inviava ai soggetti ebrei proprietari la richiesta di rilascio dei beni, e tale provvedimento era immediatamente esecutivo.

Un ruolo fondamentale veniva svolto dal Ministero degli Interni, che provvedeva alle decisioni sugli eventuali ricorsi proposti da chi si vedeva destinatario di provvedimenti di annullamento delle donazioni o di confisca.
http://www.morasha.it/tesi/clmb/e%20Tesi%20cap.%20II%20correttow.c2.jpg
Come si desume abbastanza chiaramente dalla normativa, di indubbia importanza risultava essere il provvedimento di confisca emesso dalle Prefetture; a seguito di esso veniva perfezionata l’operazione in modo regolare e definitivo. Spesso, però, le prefetture mostrarono di preferire l’emanazione di semplici ordinanze di sequestro, più veloci e comunque immediatamente esecutive, riservandosi poi di perfezionare definitivamente l’operazione in un secondo tempo. I beni sottoposti a tale sequestro vennero gestiti direttamente dagli uffici delle prefetture locali, lasciando ignaro l’Egeli di tali provvedimenti e quindi estraneo alla relativa gestione.

"



Shalom!!!

Ambrogio
12-01-04, 18:12
Sulla facciata della Sinagoga di Ferrare c'e' una lapide che ricorda gli oltre 60 israeliti ferraresi che non facero ritorno dalla Germania.

Il riferimento e' a " al fatale 8 Settembre " !.

Il peggio per gli israeliti dato' proprio da quella data quando
l'Italia del Centro-Nord fu occupata dai tedeschi.

Pieffebi
15-01-04, 21:17
dalla rete....

" La drammaticità delle situazioni derivanti dall’applicazione della confisca alla totalità dei beni ebraici.
[u] di Annamaria Colombo [/u[ [T.d.L.]

Con il d.l. n.2/1944 vennero dunque stabilite le norme sul possesso della totalità dei beni ebraici, sancendo, in pratica, il completo spoglio di essi.

Le nuove disposizioni incisero su un insieme di beni più ampio di quello coinvolto nella legislazione precedente e, a seguito della loro applicazione, si crearono una serie di vicende estremamente drammatiche che coinvolsero intere famiglie toccandole negli aspetti più intimi. L’applicazione della nuova disciplina rivelò la crudeltà e l’accanimento della politica di fondo del regime, e portò a vicende sconvolgenti proprio nelle situazioni più piccole ed apparentemente marginali.

I decreti di confisca, come previsto dall’art. 8, venivano pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale d’Italia ed elencavano tutti i beni posseduti dall’ebreo.

Accanto ad aziende, terreni, fabbricati, crediti vari e valori depositati nelle banche, comparirono mobili di arredamento, soprammobili, stoviglie, lenzuola, vestiario e spazzolini. I decreti pubblicati furono moltissimi e il Ministero dell’Educazione nazionale finì per protestare ufficialmente con il Governo, in quanto gli elenchi pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale offendevano la propaganda e la documentazione storica. Nel documento inviato dal Ministro di leggeva che «Tali liste, che potrebbero avere altro significato e altri riflessi se consistessero in descrizioni di vasti patrimoni, di preziose raccolte ecc. […] si riducono spesso a elencazioni tanto miserevoli, da suscitare soltanto negativi apprezzamenti»2626. In seguito a tale protesta, gli elenchi dei beni confiscati furono pubblicati solo in appositi supplementi speciali della «Gazzetta Ufficiale».

Come si può notare anche dal documento riportato qui di seguito, l’obbligo di autodenuncia dei beni posseduti era un punto importante della disciplina; proprio per chi avesse omesso tale denuncia furono prescritte pene dure come l’arresto fino a tre mesi e un’ammenda pari a £ 30.000. Anche nei confronti di chi compiva «atti di occultamento, di soppressione, di distruzione, di dispersione, di deterioramento o di esportazione dal territorio dello Stato di cose appartenenti a persone di razza ebraica»2727 erano previste sanzioni pesanti come la reclusione fino ad un anno e una multa tra le £ 3.000 e le £ 30.000.

La diatriba inerente alla confisca delle pensioni spettanti a soggetti ebrei.

Un cenno particolare merita la situazione sorta intorno alla confisca delle pensioni.

Il dlg 2/1944 indicava chiaramente all’art. 1 che la confisca riguardava anche i crediti; sulla possibilità di farvi rientrare anche gli assegni pensionistici sorse però un dibattito tra la Direzione Generale del Tesoro e la Ragioneria dello Stato. In realtà le pensioni dello Stato o di altri Enti statali o parastatali rappresentavano assegni a carattere alimentare e non redditi di beni patrimoniali, ma di tale parere non fu il Ministro delle Finanze, che ordinò la sospensione dei pagamenti a persone di razza ebraica. Era l’ennesima decisione che andava a colpire la minoranza ebraica in ambiti strettamente personali, creando in molti casi situazioni critiche e costringendo in situazioni di povertà individui che spesso non avevano altre fonti di reddito o sostentamento oltre alla pensione.

Da molti lati si alzarono critiche verso l’interpretazione del Ministero delle Finanze e fu un intervento dell’Ispettorato generale della Razza e Demografia a consentire ai capi delle province l’autorizzazione della ripresa del pagamento, in tutto o in parte, di pensioni mensili o vitalizi a favore dell’ebreo titolare o dei suoi familiari; il criterio che doveva essere utilizzato per la concessione di tali somme era quello strettamente alimentare ed ogni singolo caso andava analizzato e studiato minuziosamente prima del pagamento.

Il 15 Maggio 1944 una circolare dello stesso Ispettorato generale della Razza e Demografia segnalò l’opportunità che venissero esclusi dalla confisca le somme, i valori e, in genere, le cose mobili indispensabili per la vita comprese le pensioni e le indennità a carattere essenzialmente alimentare e, caso per caso a seguito di prudente apprezzamento, parte dei beni mobili.

...

Dopo aver analizzato i testi legislativi e alcune delle questioni connesse alla relativa applicazione è possibile raccogliere le idee, fissando i punti cardine e compiendo alcune riflessioni.

La diversità tra le discipline emanate prima e dopo l’armistizio dell’8 Settembre 1943 sono rileil capitolo vabili immediatamente dai testi legislativi: la linea politica di fondo è estremamente differente e, nonostante l’obiettivo risulti in certo modo comune, le modalità di attuazione della spoliazione dei beni ebraici e le relative motivazioni sottostanti sono espressione dei cambiamenti storici e politici realizzatisi nel corso di pochi ma significativi anni.

I provvedimenti del 1938 nacquero quasi in sordina: la preoccupazione di turbare le coscienze degli italiani, che nella maggioranza dei casi non avevano pregiudizi antisemiti, fece agire con cautela il legislatore e svariati furono i tentativi di giustificare la legislazione razziale dandole un fondo scientifico e culturale. Fin da subito, però, ci si rese conto che l’Italia, ben diversamente dalla Germania, non poteva contare sul feroce accanimento hitleriano verso il popolo ebreo e così, abbandonata la strada storico-ideologica, si decise di puntare la campagna di persuasione e di giustificazione delle restrizioni su motivi di pura politica.

Ottenere il consenso dell’opinione pubblica era importante; questo fu forse l’obiettivo, insieme alla motivazione di carattere economico (ricordiamo che gli ebrei occupavano una posizione di rilevanza nell’economia del Paese) che portò ad introdurre le eccezioni e le specificazioni analizzate nella prima parte del capitolo. Si tentò dapprima di giustificare le discriminazioni con il voler colpire una minoranza pericolosa per la crescita del fascismo in Italia, e successivamente di applicare limitazioni che fossero comunque tollerabili dal popolo italiano, che aveva mostrato una certa compatibilità con quello ebraico.

Non certo casualmente, in seguito ai fortissimi cambiamenti storici, politici ed economici giunti con l’armistizio Badoglio, sparirono dai testi legislativi adottati successivamente dal Duce le limitazioni e le eccezioni previste in precedenza.

Dopo il 1943 il condizionamento dei tedeschi sulle scelte della Repubblica di Salò fu fortissimo e non arginabile; il tutto fu, ovviamente, aggravato dalle necessità economiche della neonata repubblica e il risultato fu una disciplina volta a trarre dalla situazione il maggior beneficio possibile: confische senza limiti, tempi brevissimi e speculazioni di ogni genere.

Se il diritto è lo specchio attraverso il quale osservare la società, ci troviamo di fronte ad un quadro indubbiamente amaro, dal quale emerge come, attraverso l’uso della legislazione si siano volute strumentalizzare migliaia di vite umane per tentare di salvaguardare il sistema fascista, destinato inesorabilmente alla distruzione.

Dalle vicende concrete, derivate dall’applicazione delle norme, tratterò nel seguente capitolo, descrivendo e analizzando uno degli organi centrali creato per gestire i beni sequestrati e confiscati: l’Ente di Gestione e Liquidazione.
[/i] "


Shalom!!!

Pieffebi
15-01-04, 21:17
dalla rete....

" La drammaticità delle situazioni derivanti dall’applicazione della confisca alla totalità dei beni ebraici.
di Annamaria Colombo [T.d.L.]

Con il d.l. n.2/1944 vennero dunque stabilite le norme sul possesso della totalità dei beni ebraici, sancendo, in pratica, il completo spoglio di essi.

Le nuove disposizioni incisero su un insieme di beni più ampio di quello coinvolto nella legislazione precedente e, a seguito della loro applicazione, si crearono una serie di vicende estremamente drammatiche che coinvolsero intere famiglie toccandole negli aspetti più intimi. L’applicazione della nuova disciplina rivelò la crudeltà e l’accanimento della politica di fondo del regime, e portò a vicende sconvolgenti proprio nelle situazioni più piccole ed apparentemente marginali.

I decreti di confisca, come previsto dall’art. 8, venivano pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale d’Italia ed elencavano tutti i beni posseduti dall’ebreo.

Accanto ad aziende, terreni, fabbricati, crediti vari e valori depositati nelle banche, comparirono mobili di arredamento, soprammobili, stoviglie, lenzuola, vestiario e spazzolini. I decreti pubblicati furono moltissimi e il Ministero dell’Educazione nazionale finì per protestare ufficialmente con il Governo, in quanto gli elenchi pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale offendevano la propaganda e la documentazione storica. Nel documento inviato dal Ministro di leggeva che «Tali liste, che potrebbero avere altro significato e altri riflessi se consistessero in descrizioni di vasti patrimoni, di preziose raccolte ecc. […] si riducono spesso a elencazioni tanto miserevoli, da suscitare soltanto negativi apprezzamenti»2626. In seguito a tale protesta, gli elenchi dei beni confiscati furono pubblicati solo in appositi supplementi speciali della «Gazzetta Ufficiale».

Come si può notare anche dal documento [...riportato qui di seguito...], l’obbligo di autodenuncia dei beni posseduti era un punto importante della disciplina; proprio per chi avesse omesso tale denuncia furono prescritte pene dure come l’arresto fino a tre mesi e un’ammenda pari a £ 30.000. Anche nei confronti di chi compiva «atti di occultamento, di soppressione, di distruzione, di dispersione, di deterioramento o di esportazione dal territorio dello Stato di cose appartenenti a persone di razza ebraica»2727 erano previste sanzioni pesanti come la reclusione fino ad un anno e una multa tra le £ 3.000 e le £ 30.000.

La diatriba inerente alla confisca delle pensioni spettanti a soggetti ebrei.

Un cenno particolare merita la situazione sorta intorno alla confisca delle pensioni.

Il dlg 2/1944 indicava chiaramente all’art. 1 che la confisca riguardava anche i crediti; sulla possibilità di farvi rientrare anche gli assegni pensionistici sorse però un dibattito tra la Direzione Generale del Tesoro e la Ragioneria dello Stato. In realtà le pensioni dello Stato o di altri Enti statali o parastatali rappresentavano assegni a carattere alimentare e non redditi di beni patrimoniali, ma di tale parere non fu il Ministro delle Finanze, che ordinò la sospensione dei pagamenti a persone di razza ebraica. Era l’ennesima decisione che andava a colpire la minoranza ebraica in ambiti strettamente personali, creando in molti casi situazioni critiche e costringendo in situazioni di povertà individui che spesso non avevano altre fonti di reddito o sostentamento oltre alla pensione.

Da molti lati si alzarono critiche verso l’interpretazione del Ministero delle Finanze e fu un intervento dell’Ispettorato generale della Razza e Demografia a consentire ai capi delle province l’autorizzazione della ripresa del pagamento, in tutto o in parte, di pensioni mensili o vitalizi a favore dell’ebreo titolare o dei suoi familiari; il criterio che doveva essere utilizzato per la concessione di tali somme era quello strettamente alimentare ed ogni singolo caso andava analizzato e studiato minuziosamente prima del pagamento.

Il 15 Maggio 1944 una circolare dello stesso Ispettorato generale della Razza e Demografia segnalò l’opportunità che venissero esclusi dalla confisca le somme, i valori e, in genere, le cose mobili indispensabili per la vita comprese le pensioni e le indennità a carattere essenzialmente alimentare e, caso per caso a seguito di prudente apprezzamento, parte dei beni mobili.

...

Dopo aver analizzato i testi legislativi e alcune delle questioni connesse alla relativa applicazione è possibile raccogliere le idee, fissando i punti cardine e compiendo alcune riflessioni.

La diversità tra le discipline emanate prima e dopo l’armistizio dell’8 Settembre 1943 sono rileil capitolo vabili immediatamente dai testi legislativi: la linea politica di fondo è estremamente differente e, nonostante l’obiettivo risulti in certo modo comune, le modalità di attuazione della spoliazione dei beni ebraici e le relative motivazioni sottostanti sono espressione dei cambiamenti storici e politici realizzatisi nel corso di pochi ma significativi anni.

I provvedimenti del 1938 nacquero quasi in sordina: la preoccupazione di turbare le coscienze degli italiani, che nella maggioranza dei casi non avevano pregiudizi antisemiti, fece agire con cautela il legislatore e svariati furono i tentativi di giustificare la legislazione razziale dandole un fondo scientifico e culturale. Fin da subito, però, ci si rese conto che l’Italia, ben diversamente dalla Germania, non poteva contare sul feroce accanimento hitleriano verso il popolo ebreo e così, abbandonata la strada storico-ideologica, si decise di puntare la campagna di persuasione e di giustificazione delle restrizioni su motivi di pura politica.

Ottenere il consenso dell’opinione pubblica era importante; questo fu forse l’obiettivo, insieme alla motivazione di carattere economico (ricordiamo che gli ebrei occupavano una posizione di rilevanza nell’economia del Paese) che portò ad introdurre le eccezioni e le specificazioni analizzate nella prima parte del capitolo. Si tentò dapprima di giustificare le discriminazioni con il voler colpire una minoranza pericolosa per la crescita del fascismo in Italia, e successivamente di applicare limitazioni che fossero comunque tollerabili dal popolo italiano, che aveva mostrato una certa compatibilità con quello ebraico.

Non certo casualmente, in seguito ai fortissimi cambiamenti storici, politici ed economici giunti con l’armistizio Badoglio, sparirono dai testi legislativi adottati successivamente dal Duce le limitazioni e le eccezioni previste in precedenza.

Dopo il 1943 il condizionamento dei tedeschi sulle scelte della Repubblica di Salò fu fortissimo e non arginabile; il tutto fu, ovviamente, aggravato dalle necessità economiche della neonata repubblica e il risultato fu una disciplina volta a trarre dalla situazione il maggior beneficio possibile: confische senza limiti, tempi brevissimi e speculazioni di ogni genere.

Se il diritto è lo specchio attraverso il quale osservare la società, ci troviamo di fronte ad un quadro indubbiamente amaro, dal quale emerge come, attraverso l’uso della legislazione si siano volute strumentalizzare migliaia di vite umane per tentare di salvaguardare il sistema fascista, destinato inesorabilmente alla distruzione.

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Shalom!!!

Pieffebi
30-07-04, 20:22
Segnalazione Bibliografica:

Andrea Villa * Ebrei in fuga - Chiesa e leggi razziali nel basso Piemonte (1938-1945) - Ed. Morcelliana (pp. 294, € 23). Un testo che raccoglie con cura fatti, documenti e testimonianze. Si avverte la mancanza di dati statistici atti a far comprendere la dimensione degli eventi.


Shalom

Pieffebi
09-08-04, 13:05
" [i] Legge 28 settembre 1940-XVIII, n. 1459
Gazzetta ufficiale
del Regno d' Italia
n. 256, 31/10/1940

Vedi anche:
Disposizioni in materia testamentaria nonché sulla disciplina dei cognomi, nei confronti degli appartenenti alla razza ebraica

Integrazioni alla legge 13 luglio 1939-XVII, n.1055, contenente disposizioni in materia testamentaria, nonché sulla disciplina dei cognomi, nei confronti degli appartenenti alla razza ebraica

Vittorio Emanuele III
per Grazia di Dio e per la Volontà della Nazione
Re d'Italia e di Albania
Imperatore d'Etiopia

Il Senato e la Camera dei fasci e delle Corporazioni, a mezzo delle loro Commissioni legislative, hanno approvato;
Noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue:

Articolo unico
Gli articoli 3 e 4 della legge 13 luglio 1939-XVII, n. 1055, recante disposizioni in materia testamentaria, nonché sulla disciplina dei cognomi, nei confronti degli appartenenti alla razza ebraica, sono sostituiti dai seguenti:
Art. 3. I cittadini italiani, nati da padre ebreo e da madre non appartenente alla razza ebraica, che ai termini dell'art. 8, ultimo, comma, del R. decreto-legge 17 novembre 1938-XVII, n. 1728, convertito nella legge 5 gennaio 1939-XVII, n. 274, non sono considerati di razza ebraica, possono ottenere di sostituire, al loro cognome, quello originario della madre, salvo quanto è disposto dall'art. 158, ultimo comma del R. decreto 9 luglio 1939-XVII, n. 1238, sull'ordinamento dello stato civile.
Nel caso che il cognome originario della madre rientri tra le ipotesi indicate nel citato art. 158, ultimo comma, del Regio decreto 9 luglio 1939-XVII, n. 1238, gli interessati possono ottenere di cambiare il proprio cognome con altro non compreso tra dette ipotesi.
Art. 4. I cittadini italiani non appartenenti alla razza ebraica, che abbiano cognomi notoriamente diffusi tra gli appartenenti a detta razza, possono ottenere il cambiamento del loro cognome con altro, osservato il disposto dell'art. 158, ultimo comma, del R. decreto 9 luglio 1939-XVII, n. 1238, sull'ordinamento dello stato civile.

Ordiniamo che la presente, munita del sigillo dello Stato, sia inserta nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

Dato a San Rossore, addì 28 settembre 1940-XVIII
Vittorio Emanuele
Mussolini, Grandi, Di Revel

Visto il Guardasigilli: Grandi


–––––––––––––––––––––––––––
[ N.D.R. L'art. 158, ultimo comma, del Regio decreto 9 luglio 1939-XVII, n. 1238 recita: "In nessun caso possono essere attribuiti, in Via di cambiamento del precedente cognome, ai sensi del comma primo di questo articolo, cognomi di importanza storica od appartenenti a famiglie illustri o comunque note sia nel luogo in cui trovasi l’atto di nascita del richiedente, sia nel luogo di sua residenza, cognomi che sono denominazioni di località‚casati iscritti nell’elenco ufficiale della nobiltà italiana, predicati, appellativi o cognomi preceduti da particelle nobiliari." ] "

Shalom

Pieffebi
10-08-04, 12:46
http://xoomer.virgilio.it/fucina2001/_Images/pubblic.jpg http://xoomer.virgilio.it/fucina2001/_Images/ariana_small.jpg http://xoomer.virgilio.it/fucina2001/_Images/razza_small.jpg

" Le leggi antiebraiche dell'Italia fascista 1938-1943




Michele Sarfatti,
Relazione al corso di aggiornamento insegnanti,
Pesaro, lss Marconi, 15 ottobre 2000

La decisione del fascismo di introdurre una legislazione antiebraica maturò tra la fine del 1935 e il 1936. Secondo alcuni studiosi, i motivi di essa risiederebbero nel desiderio di Benito Mussolini di eliminare una vistosa differenza con la Germania nazista; invece Mussolini decise quella svolta proprio per colpire gli ebrei, ‘colpevoli’ di mantenere una propria diversità rispetto a una nazione sempre più totalitariamente fascista (e cattolica).
Tra la fine del 1936 e l’inizio del 1938, mentre la stampa intensificava la polemica contro gli ebrei, il governo completò il loro allontanamento dalle principali cariche pubbliche nazionali a designazione politica (tranne i deputati, che erano stati scelti nel 1934 da Mussolini stesso, e i senatori, che erano stati nominati dal re). Successivamente, tra febbraio e novembre 1938, Mussolini si impegnò nell’elaborazione della normativa persecutoria concreta: dapprima egli propose di applicare una persecuzione parziale, ossia imperniata sul sistema “proporzionale” o del numerus clausus e sulla esenzione degli ebrei aventi “meriti” bellici o fascisti; in settembre indurì la propria impostazione e abbandonò il sistema “proporzionale”, mantenendo solo quello delle esenzioni per i “benemeriti”; infine, nella seconda metà di ottobre, decise di limitare drasticamente i benefici delle esenzioni, tanto che la persecuzione introdotta può essere definita generalizzata (e non più parziale).
Per sette anni l’Italia fascista fu un paese ufficialmente e concretamente antisemita; più precisamente, dapprima (fino al 25 luglio 1943) si ebbe la “persecuzione dei diritti degli ebrei”, e poi (dall'8 settembre 1943 al 25 aprile 1945) la “persecuzione delle vite degli ebrei”.
Il periodo della persecuzione dei diritti può essere convenzionalmente fatto iniziare il 14-15 febbraio 1938, quando il ministero dell’Interno (retto da Mussolini) dispose il censimento della religione professata dai propri dipendenti. Successivamente, effettuato un censimento generale degli ebrei ad impostazione razzista (22 agosto 1938) ed emanate alcune dichiarazioni politiche (il documento Il fascismo e i problemi della razza del 14 luglio, la Dichiarazione sulla razza del Gran consiglio del fascismo del 6 ottobre), vennero decisi: l’espulsione degli ebrei dalle scuole (2 settembre 1938), il divieto di matrimoni “razzialmente misti”, l’espulsione degli ebrei dagli impieghi pubblici e dal Partito nazionale fascista e la limitazione del loro diritto di proprietà (7-10 novembre 1938), la loro espulsione totale dall’esercito e dal complesso delle attività culturali (fine 1938), la loro progressiva emarginazione dalle altre attività lavorative (dal 1939 in avanti), ecc. La definizione giuridica di “ebreo” poggiava su basi razziste e non religiose o culturali. Vennero assoggettate alla persecuzione circa 51.000 persone, di esse 46.656 erano effettivamente ebrei e circa 4.500 erano non-ebrei-classificati-di-razza-ebraica.
Parallelamente, venne decisa l’espulsione dalla penisola della maggior parte degli ebrei stranieri (1 settembre 1938), e venne comunicato all’Unione delle comunità israelitiche italiane che anche gli ebrei italiani dovevano lasciare il Paese entro pochi anni (9 febbraio 1940). Il regime intendeva “liberare” l’Italia da tutti gli ebrei. La nuova guerra e la sua progressiva estensione mondiale resero tale obiettivo impraticabile. Così, al momento dell’ingresso dell’Italia nel conflitto (10 giugno 1940) venne deciso l’internamento degli ebrei italiani giudicati maggiormente pericolosi e degli ebrei stranieri cittadini di stati alleati all’Italia dotati di una politica antisemita (si trattava di perseguitati che non avevano lasciato la penisola prima dell’inizio della guerra e poi di ebrei non italiani trasferiti nella penisola da altre zone del Mediterraneo sotto controllo italiano); successivamente venne istituito il lavoro obbligatorio per alcune categorie di ebrei italiani (maggio 1942), venne deciso di istituire dei veri e propri campi di internamento e lavoro obbligatorio per tutti gli ebrei italiani abili (maggio-giugno 1943), iniziò un processo di revisione del trattamento degli ebrei stranieri (proprio il 25 luglio 1943 il gabinetto del Ministero dell’interno invitò la Direzione di polizia a trasferire in provincia di Bolzano i 2000 internati -dei quali 1600 ebrei stranieri- del campo calabrese di Ferramonti). Fu lo sbarco degli Alleati in Sicilia con la conseguente (prima) defenestrazione di Mussolini a determinare la mancata concretizzazione delle ultime decisioni.
Durante i “quarantacinque giorni” dell’estate 1943, Badoglio revocò alcune misure persecutorie di carattere minore, e solo dopo l’8 settembre, mentre nell’Italia centrosettentrionale il Terzo Reich e la Repubblica sociale italiana perseguitavano ormai le vite stesse degli ebrei, il Regno d’Italia accolse la richiesta degli Alleati di abrogare il complesso della normativa antiebraica.
I divieti e le esclusioni varati nel corso del quinquennio 1938-1945 contro gli “appartenenti alla razza ebraica” riguardarono tutti gli ambiti della vita sociale. Nell’impossibilità di procedere ad una loro elencazione completa, anche sommaria, qui di seguito vengono riepilogati quelli concernenti il comparto del lavoro e vengono descritti gli effetti di quelli concernenti il comparto della scuola.
L’espulsione degli ebrei dal lavoro ebbe inizio prima ancora del varo della legislazione antiebraica; già il 9 agosto 1938 il ministro dell’Educazione nazionale Giuseppe Bottai aveva disposto il divieto di conferimento di supplenze e incarichi di insegnamento a “docenti di razza ebraica” ; e in data precedente al 17 agosto 1938 il ministro degli Affari esteri Galeazzo Ciano aveva disposto il licenziamento di “tutti gli impiegati locali all’estero ed avventizi all’interno che risultassero non appartenere alla razza italiana” .
A partire dal settembre 1938, le norme legislative si intrecciarono a quelle amministrative, componendo un quadro di divieti ed esclusioni che può essere sintetizzato nel modo seguente.
La revoca del permesso di residenza (ossia l’espulsione) disposta nel settembre 1938 per gli ebrei stranieri giunti in Italia, in Libia o nel Dodecanneso dopo il 1° gennaio 1919 , comportò la revoca del permesso di lavoro, fosse esso dipendente (non presso lo Stato) o autonomo.
Nel novembre 1938 fu disposto il licenziamento entro il 4 marzo 1939 (e il blocco definitivo di nuove assunzioni) di tutti i dipendenti pubblici “di razza ebraica”, ossia degli impiegati dello Stato, delle province, dei comuni, delle aziende municipalizzate, ecc. . Per gli insegnanti e gli altri dipendenti scolastici la data di cessazione dell’impiego fu il 14 dicembre 1938; per i militari in servizio permanente fu il 1° gennaio 1939. In vari casi il licenziamento era stato preceduto dalla misura provvisoria della “sospensione dal servizio” (per gli insegnanti dal 16 ottobre 1938).
Nel novembre 1938 fu inoltre disposto il licenziamento entro il 4 marzo 1939 (e il blocco definitivo di nuove assunzioni) di tutti i dipendenti “di razza ebraica” impiegati in enti e imprese parastatali o privati ma controllati o sostenuti dallo Stato (Partito nazionale fascista, associazioni sindacali, enti o istituti di diritto pubblico vigilati dallo Stato o destinatari di contributi continuativi da parte di esso, enti dipendenti dai precedenti, società industriali o commerciali con partecipazione azionaria dello Stato pari ad almeno la metà del capitale, ecc. compresi alcuni istituti bancari), nonché di quelli impiegati in scuole private, in banche “di interesse nazionale” e (ad esclusione degli ebrei “discriminati”, ossia degli ebrei con benemerenze belliche o fasciste) in imprese private di assicurazione . Perlomeno dal 1942 il divieto di insegnamento privato venne ampliato alle lezioni private in genere .
Nel novembre 1938 fu stabilito che i cittadini italiani “di razza ebraica” (ad esclusione di quelli “discriminati”) non potevano essere dirigenti, amministratori o sindaci di aziende dichiarate “interessanti la difesa della Nazione” o con almeno 100 dipendenti; nel febbraio 1939 fu precisato che la cessazione doveva avvenire entro l’11 maggio 1939 .
Nel dicembre 1939 alle persone “di razza ebraica” fu vietato l’impiego di fattorino d’albergo, nel settembre 1940 quello negli uffici di propaganda alberghiera, successivamente qualsiasi impiego negli alberghi .
Nel maggio 1940 alle persone “di razza ebraica” fu vietato l’impiego di lavorante di oggetti preziosi e nel novembre 1941 quello di commesso di oreficeria , nel gennaio 1941 quello di autista di noleggi pubblici , nel febbraio 1941 quello di portiere, tranne che per gli immobili abitati solo da ebrei .
Tra il febbraio e il settembre 1942 fu vietato qualsiasi impiego di persone “di razza ebraica” nelle aziende ausiliarie alla produzione bellica, ossia in imprese quali la Fiat, la Compagnia generale di elettricità, la Montedison ecc., nonché nei cantieri navali .
Nel febbraio 1942 aziende e uffici pubblici di collocamento vennero invitati a “dare la preferenza” ai lavoratori di “razza ariana” in caso di “riduzione del lavoro” o di “avviamento al lavoro” . Precedentemente al febbraio 1940 le persone “di razza ebraica” erano state escluse dalle facilitazioni al collocamento previste per i minorati di guerra .
Nel giugno 1940 alle persone “di razza ebraica” fu vietata “qualsiasi attività nel settore dello spettacolo”, da quella di librettista a quella di pulizia e custodia ; nel maggio 1942 questa disposizione fu formalizzata da una legge e ampliata ai dischi fonografici e ai film di importazione.
Nell’ottobre-novembre 1938 dovettero dimettersi gli agenti di cambio ebrei presso le borse . Nel giugno 1939 venne deciso di “impedire in modo assoluto agli ebrei” l’attività di commissionario di borsa .
Nell’agosto 1939 ai cittadini italiani “di razza ebraica” fu vietato l’esercizio della professione di notaio, l’iscrizione nei ruoli dei revisori dei conti, dei periti e degli esperti e (ad esclusione degli ebrei “discriminati”) la professione di giornalista .
Nell’agosto 1939 fu disposto che entro il 1° marzo 1940 i cittadini italiani “di razza ebraica” esercenti la professione di medico-chirurgo, farmacista, veterinario, ostetrica, avvocato, procuratore, patrocinatore legale, esercente in economia e commercio, ragioniere, ingegnere, architetto, chimico, agronomo, geometra, perito agrario, perito industriale (nonché, dal marzo 1942, attuario) dovevano essere: se non “discriminati”, iscritti in elenchi “speciali” e abilitati a esercitare la professione “esclusivamente a favore di persone appartenenti alla razza ebraica”, tranne “i casi di comprovata necessità ed urgenza”; se “discriminati”, iscritti in elenchi “aggiunti” ed esclusi (come i precedenti) dalla possibilità di esercitare per conto di enti pubblici e associazioni o di svolgere comunque funzioni di pubblico ufficiale . In sostanza, l’attività dei primi dipendeva dalle necessità e dalle possibilità economiche della loro clientela, e quella dei secondi dalla disponibilità dei “non appartenenti alla razza ebraica” ad affidare loro la propria casa o la propria causa.
Ai divieti disposti centralmente si aggiunsero quelle emanati da autorità locali: nel maggio 1943 venne vietato agli “operai appartenenti alla razza ebraica […] il permesso di accedere nel porto di Livorno per motivi di lavoro” .
Le attività lavorative autonome e della piccola imprenditoria furono colpite dalle seguenti ulteriori disposizioni.
La già menzionata revoca dei permessi di residenza alla grande maggioranza degli stranieri “di razza ebraica” comportò per essi l’urgenza di liquidare le proprie attività imprenditoriali.
Nel dicembre 1938 il ministero dell’Interno specificò che le amministrazioni pubbliche e assimilate “non dovranno d’ora in poi affidare incarichi, appalti ecc. di alcuna specie a persone di tale razza: restano, pertanto, vietati […] gli appalti di pubblici servizi o di singole opere o forniture a persone di tale razza” . Nel febbraio seguente dette amministrazioni furono autorizzate a “revocare le concessioni [… e] risolvere d’autorità i contratti di appalto per lavori o forniture” conferite o stipulati con persone “di razza ebraica” o con ditte da esse possedute .
L’11 ottobre 1938 il ministro delle Corporazioni dispose il divieto di concessione di licenze di apertura di negozi ad ebrei e la sospensione delle cessioni di licenze da titolari “di razza diversa” ad ebrei . Il 17 febbraio 1940 lo stesso ministero comunicò che la Direzione generale per la demografia e la razza del ministero dell’Interno era competente in merito a ogni questione di “rilascio et voltura licenze esercizio commercio at cittadini italiani razza ebraica” . Il 15 aprile 1941 il ministero dell’Interno decise la sospensione del rilascio di “nuove licenze di polizia” per esercizi commerciali a persone “di razza ebraica” .
I divieti oggi noti adottati dal ministero delle Corporazioni su indicazione della Direzione generale per la demografia e la razza sono quelli di raccolta di rottami metallici (pre-25 luglio 1940) ; di vendita libri scolastici (pre-27 ottobre 1940) ; di nuove iscrizioni di rappresentante (28 febbraio 1942) .
Tra il 1939 e il 1943 il ministero dell’Interno (Direzione generale della pubblica sicurezza, previo parere della Direzione generale per la demografia e la razza) vietò alle persone “di razza ebraica” la licenza di guida turistica, interprete ; di collocatore di pubblicazioni (solo agli ebrei non “discriminati”) ; di agenzia viaggi e turismo ; di affittacamere (divieto poi esteso ai coniugi “di razza ariana” e agli appartamenti ammobiliati, revocato per le camere riservate ad ebrei) ; di confezionare e vendere uniformi militari (divieto poi esteso ai coniugi “di razza ariana” subentranti) ; di esercizio di pensione (anche per i coniugi “di razza ariana”, escluse le pensioni riservate ad ebrei) ; di agenzia di brevetti ; di agenzia di affari (divieto poi esteso ai coniugi “di razza ariana” subentranti) ; di raccolta e vendita indumenti militari fuori uso (divieto poi esteso ai congiunti “di razza ariana” subentranti) ; di commercio di preziosi (divieto poi esteso ai coniugi “di razza ariana” subentranti) ; di esercizio bar e spacci di alcolici (divieto poi esteso ai coniugi “di razza ariana” subentranti) ; di commercio ambulante (divieto poi esteso ai coniugi “di razza ariana” subentranti) ; di commercio oggetti antichi e d’arte ; di esercizio arte fotografica (anche per i coniugi “di razza ariana”) ; di commercio di articoli odontoiatrici montati in metalli preziosi ; di mediatorato ; di scuole di ballo ; di esercente servizi automobilistici pubblico da piazza o di noleggio da rimessa ; di commercio libri usati (anche per i coniugi “di razza ariana” subentranti) ; di amministratore di case e condomini (escluse case e condomini di soli ebrei) ; di vendita apparecchi radio ; di vendita pelletterie in alberghi (anche per i coniugi “di razza ariana”) ; di commercio stracci di lana e lana usata ; di attività tipografica ; di copisteria in negozi ; di commercio oggetti usati (anche per i coniugi “di razza ariana” subentranti) ; di commercio stracci non di lana ; di commercio di libri, articoli per bambini, carte da gioco, articoli ottici, oggetti sacri, cartoleria, raccolta di rifiuti, scuola di cucito . Relativamente ai coniugi “di razza ariana”, nel novembre-dicembre 1942 fu infine deciso che in nessun caso essi potevano subentrare al coniuge “di razza ebraica” e che il coniuge “ariano” di un matrimonio misto poteva conservare o ottenere licenze solo se questi era il maschio della coppia .
Nell’aprile 1939 alle persone “di razza ebraica” fu inoltre vietato di svolgere l’attività di produttori autonomi d’assicurazione .
Ai divieti disposti centralmente si aggiunsero quelli emanati da autorità locali: nel luglio 1940 il prefetto del Carnaro fece comunicare ai commercianti ebrei di Abbazia l’ordine di liquidare entro pochi giorni le ditte e il 6 ottobre decretò la loro chiusura “a tempo indeterminato” .
Altri licenziamenti o cessazioni di attività avvennero infine in conseguenza dell’internamento istituito nel 1940 e specialmente del lavoro obbligatorio istituito nel 1942. La documentazione relativa ai campi di internamento e lavoro obbligatorio del 1943 sembra attestare che tale misura avrebbe separato pressoché definitivamente gli ebrei dal mondo lavorativo ‘ordinario’.
A completamento di quanto sopra, va tenuto presente che nel febbraio 1940 la Direzione generale per la demografia e la razza precisò al ministero della Cultura popolare che le persone “di razza ebraica” dovevano indirizzare le richieste di sussidio “alla Comunità israelitica, cui per legge è devoluta l’assistenza agli ebrei bisognosi” e che nel dicembre 1940 il Gabinetto del ministero dell’Interno comunicò alla Direzione generale per la demografia e la razza che , “giusta istruzioni avute, […] gli ebrei non possono essere iscritti nell’elenco dei poveri”, cioè usufruire dell’assistenza pubblica .
A fronte di questa situazione, già alla fine del 1938 un dirigente dell’Unione delle comunità israelitiche italiane parlava di “impellenti dolorose necessità di tanti correligionari stranieri divenuti improvvisamente indigenti, mentre comincia ad avanzarsi lo spettro della indigenza di correligionari connazionali colpiti dai recenti provvedimenti” ; mentre nel 1942 il presidente dell’ente di assistenza della Comunità israelitica di Roma affermava: “Le sofferenze dei nostri poveri non si leniscono con le dieci, quindici o venti lire che ora siamo costretti a dare. A parte le difficoltà dei contingentamenti, essi hanno bisogno di tutto: dalle vesti o altri indumenti, alle lenzuola, ai materassi, all’aiuto finanziario (spesso richiesto) più importante per pagare fitti arretrati e per evitare dolorosi sfratti. Spesso vengono da noi correligionari di altre Comunità che desiderano i mezzi per far ritorno a casa, senza parlare dell’assistenza ai confinati politici, e ancora e ancora” .
Nella scuola e nelle università vennero adottate le seguenti principali misure contro le persone o le presenze “di razza ebraica”: a) esclusione (ossia, espulsione dei già presenti e divieto di nuovi accessi) degli studenti dalle scuole elementari e medie frequentate da alunni “di razza ariana” (gli esclusi potevano frequentare le scuole di enti cattolici, se battezzati, o -laddove fossero state istituite- le “speciali sezioni” di scuola elementare statale o le scuole delle comunità israelitiche; queste concessioni furono determinate dalla volontà governativa di non corrodere il principio della scolarità obbligatoria); b) esclusione degli studenti dalle università (con la temporanea eccezione, originata da considerazioni relative agli accordi internazionali di reciprocità, di coloro che -italiani o stranieri, ma non tedeschi- erano già iscritti nell’anno accademico 1937-38 e non erano fuori corso); c) esclusione degli insegnanti dalle scuole pubbliche e private di ogni ordine e grado (a eccezione delle eventuali scuole ebraiche o “speciali”); d) esclusione degli impiegati dalle scuole, dagli uffici ministeriali ecc.; e) divieto di adozione nelle scuole medie dei libri di testo redatti, commentati o riveduti da autori “di razza ebraica”, anche se in collaborazione con autori “di razza ariana” e di quelli contenenti riferimenti al pensiero di ebrei morti dopo il 1850 .
In concreto vennero espulsi oltre 100 direttori e maestri di scuola elementare ; 279 presidi e professori di scuola media (173 in quelle di istruzione classica, scientifica e magistrale, e 106 in quelle di istruzione tecnica) ; 96 professori universitari ordinari e straordinari, oltre 133 aiuti e assistenti e numerose decine di incaricati e lettori universitari ; vennero revocate oltre 200 libere docenze e vennero messi al bando 114 autori di libri di testo per le medie e un numero tuttora ignoto di autori di manuali universitari; vennero estromesse alcune migliaia di studenti e varie decine di impiegati.
Riguardo ai libri va aggiunto che tra la fine del 1938 e gli inizi del 1939 le case editrici cessarono pressoché del tutto di pubblicare nuove opere di autori ebrei; mentre il ritiro dalla circolazione di quelle già in commercio si sviluppò confusamente -e segretamente- tra i primi mesi del 1938 (quando vennero sequestrati alcuni libri di ebrei tedeschi), l’agosto 1939 (quando venne presa la decisione di ritirare tutta la produzione ‘ebraica’) e il febbraio 1940 (quando venne ufficialmente comunicato agli editori il divieto pressoché totale di stampa, circolazione e inclusione nei cataloghi) . Vennero anche sequestrati i libri non razzisti, come un dizionario da tempo in commercio contenente la definizione “antisemiti, gente poco civile che osteggia e combatte gli ebrei” .
Contemporaneamente –per limitarsi anche in questo caso ad un solo esempio- tutti gli alunni della quinta elementare appresero dal proprio libro di lettura che:
“Ma fra i nuovi conquistatori [degli imperi coloniali] si era mescolata la razza giudaica, disseminata lungo le rive del Golfo Persico e sulle coste dell’Arabia, dispersa poi lontano dalla patria d’origine, quasi per maledizione di Dio, e astutamente infiltratasi nelle patrie degli Ariani. Essa aveva inoculato nei popoli nordici uno spirito nuovo fatto di mercantilismo e di sete di guadagno, uno spirito che mirava unicamente ad accaparrarsi le maggiori ricchezze della terra. L’Italia di Mussolini, erede della gloriosa civiltà romana, non poteva rimanere inerte davanti a questa associazione di interessi affaristici, seminatrice di discordie, nemica di ogni idealità. Roma reagì con prontezza e provvide a preservare la nobile stirpe italiana da ogni pericolo di contaminazione ebraica e di altre razze inferiori. Dopo la conquista dell’Impero venne bandita, ad esempio, una severa crociata contro il pericolo della mescolanza fra la nostra razza e quella africana (meticciato). I popoli superiori non debbono avere vincoli di sangue con i popoli assoggettati, per non venir meno a un’alta missione di civiltà, per non subire menomazioni di prestigio e per non porre in pericolo la purezza della propria razza” .
Quanti italiani hanno ricevuto e ritrasmesso questa educazione poco civile? "

Shalom

Pieffebi
19-10-04, 22:21
http://www.storiain.net/artic/artic5.asp

Pieffebi
30-10-04, 13:53
Segnalazione bibliografica (dalla rete MAIL) di un vecchio libro, quasi un reperto archologico:

Roberto Mazzetti :
"L'Antiebraismo nella cultura italiana dal 1700 al 1900"
Antologia storica

Società Tipografica Modenese - Editrice in Modena - 1939-XVII
pagg. 270 Lire 15

Indice:

dedica
premessa
L'antiebraismo nella cultura italiana dal 1700 al 1900
- Immoralità della vita economica ebraica. Sessa - D'Arco.
- Di alcune nefaste influenze del ghetto nella vita agricola. - D'Arco.
- I nefasti dell'usura ebraica sulla vita agricola. - D'Arco.
- Osservazioni sulle rimostranze degli ebrei. - F. Gambini.
- Verità della Chiesa ed errore della Sinagoga. - F.M. Ferretti d'Ancona.
- Realtà ed empietà del Talmud. - P.Medici.
- Come si confutano gli ebrei. - G. De Rossi.
- L'antica Sinagoga e la rivelazione cristiana. - G. De Rossi.
- La condanna d'Israele e la promessa del suo ritorno. - A. Martini.
- La scienza rabbinica e le folli chimere giudaiche. - L.Chiarini.
- Il volto e l'anima dell'ebraismo. - Giacomo Leopardi.
- Gli ebrei nella vita e nella cultura europea all'alba del secolo XIX. - F.Jabalot.
- Antisocialità e vita religiosa ebraica . - D.Pergola.
- Anticristianesimo dell'ebraismo moderno. - R.Mariano.
- Il problema ebraico in Germania visto da un italiano nel 1879. - R.Mariano.
- Accusa all'ebraismo in Italia. - G. De Stampa .- L.Gherini.- "La Civiltà Cattolica".
- Della questione giudaica in Europa. - "La Civiltà Cattolica".
- I Deicidi. - Alfredo Oriani.
- La nuova coscienza romana d'Italia e l'ebraismo. - Enrico Corradini.
- Ragioni storiche e politiche della resistenza civile contro gli ebrei. - P.Ellero.

Finito di stampare il 9 febbraio 1939-XVII.


Un libro che si inserisce pienamente nel contesto razzista e antisemita del tardo fascismo, alle soglie della seconda guerra mondiale.


Shalom

Pieffebi
30-11-04, 21:56
Dalla Voce Ebrei, persecuzione degli
in Il fascismo. Dizionario di storia, personaggi, cultura, economia, fonti e dibattito storiografico
Bruno Mondadori, Milano, 1998.

di Michele Sarfatti

Per sette anni, dal 1938 al 1945, l’Italia fascista fu un paese ufficialmente e concretamente antisemita; più precisamente, dapprima (fino al 25 luglio 1943) si ebbe la persecuzione dei diritti degli ebrei, e poi (dall’8 settembre 1943 al 25 aprile 1945) la persecuzione delle vite degli ebrei.
Il periodo della persecuzione dei diritti può essere convenzionalmente fatto iniziare il 14-15 febbraio 1938, quando il ministero dell’Interno dispose il censimento della religione professata dai suoi dipendenti. Il 22 agosto 1938 venne effettuato un censimento generale degli ebrei ad impostazione razzista. Nel frattempo in luglio era stato diffuso il documento teorico Il fascismo e i problemi della razza e in ottobre il Gran consiglio del razzismo approvò una Dichiarazione sulla razza. La persecuzione dei diritti (introdotta dalle leggi “per la difesa della razza” e da numerosi provvedimenti amministrativi) colpì in particolare i settori del lavoro e della cultura: gli ebrei vennero completamente espulsi dalla scuola (2 settembre 1938) e da tutti gli impieghi pubblici (10 novembre 1938), compreso l’esercito, e vennero sostanzialmente emarginati dalle libere professioni ed eliminati dalle attività culturali; inoltre vennero loro progressivamente limitati gli impieghi presso ditte private, la gestione di attività commerciali, le iscrizioni nelle liste di collocamento al lavoro. Vennero posti limiti al possesso di case, terreni ed aziende. La persecuzione fu di tipo razzista e non religioso (il nato da due genitori “ariani” era classificato “ariano”, anche se professante la religione ebraica, e viceversa). Vennero assoggettate alla persecuzione circa 51.000 persone, cioè poco più dell’1 per mille della popolazione della penisola; i perseguitati erano in parte (circa 46.500) ebrei effettivi e in parte (circa 4500) non-ebrei classificati "di razza ebraica". Vennero vietati nuovi matrimoni “razzialmente misti” di “ariani” con “semiti” (10 novembre 1938; il divieto riguardava anche i matrimoni con “camiti”, oggetto peraltro questi ultimi di una normativa persecutoria autonoma, varata a partire dal 1936). L’antisemitismo permeò la vita del paese in tutti i suoi comparti, a iniziare da quello scolastico. Gli episodi di violenza fisica furono contenuti (probabilmente perché scoraggiati dall’alto). Circa l’1 per mille dei perseguitati si suicidò.
La persecuzione doveva concludersi con l’allontanamento di tutti gli ebrei dalla penisola. Mussolini decise nel settembre 1938 l’espulsione della maggioranza degli ebrei stranieri e nel febbraio 1940 l’espulsione entro dieci anni degli ebrei italiani. L’ingresso dell’Italia in guerra il 10 giugno 1940 bloccò l’attuazione di queste decisioni, e gli ebrei rimasero bloccati in un paese che non li voleva. Il fascismo aggravò la persecuzione dei diritti, istituendo nel giugno 1940 l’internamento degli ebrei italiani giudicati maggiormente pericolosi (per il regime) e degli ebrei stranieri i cui paesi avevano una politica antiebraica, nel maggio 1942 il lavoro obbligatorio per alcune categorie di ebrei italiani e nel maggio-giugno 1943 dei veri e propri campi di internamento e lavoro forzato per gli ebrei italiani.
Durante il periodo dei quarantacinque giorni, il nuovo governo Badoglio annullò quest’ultima decisione, revocò alcune norme persecutorie minori, lasciò in vigore tutte le leggi antiebraiche.
Il periodo della persecuzione delle vite degli ebrei ebbe inizio l’8 settembre e non riguardò gli ebrei dell’Italia meridionale e insulare, liberata dalle truppe anglo-americane entro la fine di quel mese. Tuttavia la grande maggioranza dei perseguitati (circa 43.000 persone) abitava nell’Italia centrosettentrionale, assoggettata all’occupazione tedesca e al nuovo Stato fascista poi denominato Repubblica sociale italiana. In queste regioni, la persecuzione fu gestita da tedeschi e da italiani, tranne che nelle “zone di operazione” Alpenvorland e Adriatisches Kuestenland, ove fu gestita solo da tedeschi.
I nazisti intrapresero subito la loro politica di arresto-concentramento-deportazione-eliminazione e di rapina dei beni. Già il 15-16 settembre 1943 arrestarono e deportarono 22 ebrei di Merano, e negli stessi giorni rapinarono e uccisero quasi 50 ebrei sulla sponda piemontese del lago Maggiore. La prima retata attuata da un reparto specializzato di polizia fu quella del 16 ottobre 1943 a Roma: quel sabato vennero rastrellati 1259 ebrei; due giorni dopo 1023 di essi vennero deportati ad Auschwitz (tra di essi vi era anche un bambino nato dopo l’arresto della madre); di questi deportati, solo 17 erano ancora vivi alla fine della guerra.
I fascisti impiegarono varie settimane per elaborare la loro nuova politica antiebraica. Il “manifesto programmatico” approvato a Verona il 14 novembre 1943 stabilì “Gli appartenenti alla razza ebraica sono stranieri. Durante questa guerra appartengono a nazionalità nemica”. Il 30 novembre 1943 un ordine di polizia decretò l’arresto degli ebrei, il loro internamento dapprima in campi provinciali e poi in campi nazionali, il sequestro dei loro beni. Una legge del 4 gennaio 1944 trasformò i sequestri in confische. Già il 1° dicembre le autorità italiane cominciarono ad arrestare gli ebrei e a internarli in campi provinciali; alla fine di quel mese iniziarono a trasferirli nel campo nazionale di Fossoli, nel comune di Carpi, in provincia di Modena.
Nella prima metà del dicembre 1943 le autorità di Berlino esaminarono la politica intrapresa dalla Repubblica sociale italiana e decisero di lasciarle il ruolo principale nell’organizzazione degli arresti e nella gestione dei campi provinciali. Nelle settimane seguenti i due governi conclusero un accordo terribile e segreto (oggi non attestato da alcuna documentazione, ma comprovato logicamente da fatti noti) per l’assegnazione ai tedeschi degli ebrei che venivano trasferiti dagli italiani nel campo di Fossoli (nel marzo 1944 anche la gestione del campo di Fossoli fu consegnata ai tedeschi, i quali, a fine luglio-inizio agosto 1944 lo spostarono a Gries, nel comune di Bolzano). Così, i convogli di deportazione allestiti dai tedeschi dopo il gennaio 1944 trasportarono anche le vittime arrestate da italiani e consegnate consapevolmente ai tedeschi.
Nell'Adriatisches Kuenstenland gli ebrei arrestati furono raccolti dapprima nel carcere di Trieste e poi nel campo allestito nella Risiera di San Sabba, e vennero deportati con convogli autonomi.
Senza contare i circa 200 ebrei arrestati nell’isola jugoslava di Arbe e poi trasferiti a Trieste, dalla penisola vennero deportate circa 6700 persone identificate (di esse circa 5900 furono uccise e circa 800 sopravvissero) e 700-900 persone non identificate. La grande maggioranza dei deportati fu inviata ad Auschwitz; di questi, pochissimi fecero ritorno. Inoltre circa 300 ebrei furono uccisi nella penisola (i dati aggiornati definitivi sono in: Liliana Picciotto Fargion, Il Libro della memoria. Gli Ebrei deportati dall’Italia (1943-1945). Ricerca del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea, Milano, Mursia, nuova edizione). In complesso, venne deportato o ucciso circa il 18 per cento dei perseguitati; questo dato però costituisce una media aritmetica tra situazioni molto diverse: gli stranieri furono colpiti proporzionalmente più degli italiani, gli ebrei effettivi più delle persone classificate “di razza ebraica” ma battezzate e coniugate con un cattolico, ecc. La categoria maggiormente colpita fu quella dei 21 rabbini-capo delle comunità ebraiche: tra essi i deportati furono 9 (tutti ad Auschwitz, e nessuno sopravvisse).
I perseguitati che non vennero deportati o uccisi in Italia furono quindi circa 35.000. Circa 500 di essi riuscirono a rifugiarsi nell’Italia meridionale; 5500-6000 riuscirono a rifugiarsi in Svizzera (ma per lo meno altri 250-300 furono arrestati prima di raggiungerla o dopo esserne stati respinti); gli altri 29.000 vissero in clandestinità nelle campagne e nelle città. Circa 1000 ebrei, tra i quali Emilio Sereni, Umberto Terracini e Leo Valiani, parteciparono attivamente alla Resistenza; circa 100 di essi caddero in combattimento o, arrestati, furono uccisi nella penisola o in deportazione. "

Shalom

Pieffebi
26-01-05, 21:38
da www.ansa.it

" SHOAH: FINI, SI VERGOGNI CHI MINIMIZZA LE LEGGI RAZZIALI

ROMA - Che lo facciano ''per ignoranza o per malafede'', coloro che minimizzano il ruolo delle leggi razziali del '38 sullo sterminio degli ebrei se ne devono ''solo vergognare''. Lo ha detto il vicepremier e ministro degli esteri Gianfranco Fini , nel corso di un'intervista al direttore del Tg2 Mauro Mazza alla vigilia della Giornata della memoria.

''Lo dico con dolore - ha affermato Fini - sia pure in ristrettissima schiera, c'e' ancora qualcuno in Italia che, per ignoranza o malafede, tende a minimizzare, dicendo che le leggi del '39 non ebbero, come al contrario e' stato, un ruolo importante, tragico per la persecuzione e poi lo sterminio degli ebrei''.

GIORNATA MEMORIA: BERLUSCONI, RAPPRESENTO ITALIA CON ORGOGLIO
''E' per me motivo di grande orgoglio rappresentare domani l'Italia ad Auschwitz e rendere onore a tutti coloro che vi hanno perso la vita e a tutti coloro che hanno conosciuto l'orrore ed hanno avuto la fortuna e la forza di raccontarlo''. Cosi' esordisce il premier Silvio Berlusconi in una dichiarazione alla vigilia del sessantesimo anniversario della liberazione del campo di Auschwitz. ''Fu un giorno importante quel 27 gennaio 1945 - afferma tra l'altro Berlusconi - il giorno in cui si mise fine all'ignominia per la quale oltre un milione di uomini, donne e bambini ebrei di tutta Europa vennero sterminati tra le piu' inaudite sofferenze fisiche e morali''. "


Shalom

Pieffebi
12-08-05, 20:47
" L'APPLICAZIONE DELLE LEGGI CONTRO LE PROPRIETÀ DEGLI EBREI (1938-1946)

Fabio Levi


1. Premessa. La ricerca di cui intendo descrivere qui i primi risultati d'insieme è il proseguimento di un lavoro sull'applicazione delle leggi antiebraiche a Torino già pubblicato da tempo1. In quella prima indagine, preoccupato di sottrarre la questione ad astratte contrapposizioni ideologiche, avevo insistito sulla necessità di verificare come e quando, nei diversi ambiti, l'amministrazione pubblica italiana avesse effettivamente dato corso ai provvedimenti emanati contro gli israeliti a partire dall'estate del 1938. D'altro canto avevo puntato l'attenzione prioritariamente sul periodo compreso fra il '38 e il '43, al fine di restituire il giusto rilievo a una fase della persecuzione di razza per troppo tempo trascurata dagli storici e invece cosí importante per spiegare sia il dramma delle successive deportazioni sia alcuni tratti essenziali del regime fascista.

La ricerca d'archivio aveva confermato ampiamente la validità di quei propositi iniziali portando alla luce un intenso susseguirsi di iniziative discriminatorie non certo lineari, ma ben piú diffuse ed efficaci di quanto non si fosse pensato in un primo tempo. A quei risultati, confermati oltre tutto da studi analoghi condotti per altre parti d'Italia, è poi venuto ad aggiungersi il lavoro di Michele Sarfatti su Mussolini2 che ha sottolineato il ruolo specifico e largamente autonomo del duce nella preparazione e nella realizzazione della campagna antiebraica, nonché, insieme, il carattere tutt'altro che blando e graduale della normativa antisemita imposta al nostro paese in sintonia con quanto avveniva negli stessi mesi in vari Stati europei.

In un quadro d'insieme oramai chiaramente delineato nei suoi tratti principali, l'approfondimento, deciso poi, di un aspetto molto specifico della concreta applicazione delle leggi antiebraiche - quello relativo agli espropri dei beni immobiliari tra il '38 e il '45 -, reso possibile dalla disponibilità delle carte Egeli per il Piemonte e la Liguria conservate presso l'Archivio storico dell'Istituto San Paolo3, offriva a quel punto la possibilità di analizzare altri risvolti importanti della vicenda persecutoria e del suo contesto storico; questo a partire da alcune motivazioni che è senz'altro utile esplicitare prima di descrivere i risultati della ricerca:

- in linea di principio, nei confronti delle proprietà ebraiche, era plausibile attendersi, da parte di un'amministrazione pubblica tutt'altro che aliena dal proteggere la proprietà privata, un comportamento particolarmente cauto: lo studio di quel problema costituiva pertanto un'ottima occasione per mettere alla prova l'impressione prevalente, ricavata dalle ricerche precedenti, di un apparato statale non certo indulgente nei confronti degli ebrei;

- d'altro canto, se è vero che la presunta ricchezza degli israeliti rappresentava uno degli argomenti sui quali la campagna razzista procedeva piú baldanzosa e sicura di sé, poteva essere utile affrontare esplicitamente la questione e chiedersi quanto e come le forme di integrazione economica e sociale - presumibilmente a livelli medi e alti - degli ebrei nella Torino degli anni Trenta avessero pesato sulle vicende della persecuzione;

- e, ancora, un'indagine che tenesse conto dei risvolti economici delle iniziative di regime avrebbe potuto illuminare alcuni aspetti inediti della profonda lacerazione inferta al paese con la campagna «razziale», contribuendo a mettere in evidenza non solo le azioni unilaterali dello Stato e dei suoi apparati, ma anche eventualmente le reazioni manifestatesi nella società, e in primo luogo le risposte degli stessi ebrei;

- infine, tutto questo avrebbe consentito non solo di chiarire meglio il comportamento del regime o quello delle sue vittime, ma piú in generale l'insieme dei rapporti fra la società italiana e le sue istituzioni in un momento cruciale della storia recente.

Se tali erano dunque le intenzioni e le aspettative di partenza, vediamo, ora che la ricerca è vicina alla conclusione, quali passi avanti si sono effettivamente fatti nelle direzioni appena indicate.

2. La normativa contro le proprietà ebraiche. I provvedimenti essenziali intesi a regolare l'esproprio degli ebrei - oltre alle numerose circolari, ai regolamenti, ecc. - furono essenzialmente tre4. Esaminiamoli brevemente in ordine cronologico.

Cominciamo dalla legge del 17 novembre 19385: essa situava le limitazioni alla proprietà nell'ambito di un elaborato sistema di divieti che richiamava direttamente le antiche interdizioni precedenti il 1848; in estrema sintesi: no al matrimonio con ariani, per evitare «contaminazioni» di razza; no all'impiego pubblico e parapubblico - accanto all'esclusione già decretata in settembre dalla scuola6 -, per impedire presenze «corruttrici» all'interno dell'apparato statale; no a qualsiasi potere legale o di fatto su individui ariani (sui minori, sugli incapaci, sui domestici, ecc.), al fine di evitare «innaturali» condizioni di subalternità per chi era e doveva rimanere a tutti gli effetti cittadino di prima categoria; e infine appunto no a qualsiasi influenza determinante degli ebrei sulla vita economica, allo scopo di togliere loro uno dei mezzi essenziali che si pretendeva avessero sempre usato per far valere il proprio potere. Va notato tuttavia che, fra le innumerevoli limitazioni imposte, quelle di carattere economico risultavano essere, a leggere con attenzione il testo di legge, le meno radicali; non a caso infatti era proprio e quasi soltanto in campo economico che gli ebrei ritenuti meritevoli agli occhi della patria e del regime - i cosiddetti discriminati - avevano diritto a un trattamento meno pesante di quello riconosciuto a tutti gli altri.

Perché una simile moderazione? Forse che, fra gli effetti negativi attribuiti alla presenza degli ebrei nella società, quelli prodotti dalla loro influenza economica erano percepiti dal regime come i meno pericolosi? O era piuttosto - e pare questa l'interpretazione piú attendibile - che, al di là dei benefici effetti tanto auspicati, fra le eventuali ricadute negative delle leggi «razziali» sulla vita del paese quelle economiche erano ritenute le piú rischiose? Bisogna ricordare infatti che la conoscenza di chi fossero gli ebrei d'Italia e dove fossero inseriti faceva allora largamente difetto, in primo luogo proprio ai vertici fascisti, tanto che, anche per chi ne era promotore, la propaganda antisemita finiva per fare premio sulla realtà, ingigantendo il peso effettivo dei minacciosi «giudei» nella vita del paese e, di conseguenza, i possibili danni economici e finanziari di un eventuale loro drastico allontanamento dalle posizioni di responsabilità sin lí occupate. C'è da dire inoltre che le concessioni economiche ai discriminati previste dalla legge del 17 novembre, come ha dimostrato Sarfatti7, non vanno in alcun modo sopravvalutate, visto che esse furono di fatto l'ultima e limitata esenzione rimasta nel quadro di una pratica persecutoria che nelle intenzioni iniziali del duce avrebbe dovuto essere meno drastica e generalizzata di quanto non fu poi deciso alla fine.

Passiamo ora al secondo provvedimento: il rdl 9 febbraio 19398 contenente le norme applicative dei principi affermati nella legge precedente. Non intendo parlare qui della parte relativa alle aziende e ai beni mobili; mi limito esclusivamente a richiamare il meccanismo essenziale previsto per i beni immobili proprietà di ebrei: quello cioè che prevedeva l'incameramento da parte dello Stato della cosiddetta «quota eccedente», di quanto cioè superava una soglia minima calcolata moltiplicando per un coefficiente fisso le rendite catastali. Dopo l'autodenuncia del proprietario, l'ufficio tecnico erariale avrebbe dovuto compiere una valutazione dei patrimoni, distinguendo appunto fra «quota eccedente» e «quota consentita» e lasciando poi all'Intendenza di finanza il compito di decretare il trasferimento dei beni all'Ente gestione e liquidazione immobiliare (Egeli), appositamente costituito da quella stessa legge per acquisire, gestire e rivendere quanto si sarebbe sottratto di lí in avanti agli ebrei.

Pur senza voler qui approfondire troppo la questione, vale però la pena rilevare che la forma di esproprio adottata era stata probabilmente ricalcata su un altro istituto già allora previsto dai codici, quello del trasferimento coattivo per fini di pubblica utilità: era infatti previsto, come in quell'altro caso, un indennizzo - peraltro rigidamente vincolato e assai poco vantaggioso -; però i beni trasferiti all'Egeli o i capitali eventualmente ricavati poi dalle vendite non sarebbero stati immediatamente utilizzabili dallo Stato, visto che essi sarebbero unicamente serviti a garantire i titoli emessi come indennizzo. A quel punto risultavano quindi assai poco chiari i fini di pubblica utilità o interesse; a meno che non fossero ritenuti tali, calpestando la lettera e lo spirito di innumerevoli norme dell'Italia prefascista pur rimaste pienamente in vigore anche dopo, i generici vantaggi attesi per la società in conseguenza delle limitazioni imposte agli ebrei.

Si trattava insomma di un vero e proprio mostro giuridico in aperta contraddizione con la normativa che regolava il diritto di proprietà sulla base dei principi contenuti nell'articolo 29 dello Statuto albertino via via riconfermati e precisati successivamente; un mostro giuridico con pochissimi precedenti anche in epoca fascista, visto che gli unici provvedimenti in qualche modo paragonabili erano stati le leggi del '26 per l'esproprio dei beni appartenenti ai cittadini contumaci che avessero agito all'estero contro lo Stato9 e un provvedimento adottato nel '31 in occasione del piano regolatore di Roma che concedeva facoltà di esproprio eccezionalmente ampie10.

Ed eccoci al terzo provvedimento, datato questa volta 4 gennaio 194411 e preceduto da diverse circolari emanate nelle primissime settimane di vita della Repubblica sociale12. L'articolo 1 sanciva che oramai gli ebrei non potevano essere proprietari né di aziende, né di terreni e fabbricati, né di titoli, valori, crediti, beni mobiliari di qualsiasi natura. Era anche abolita qualsiasi distinzione per i discriminati.

Per non sbagliare si ricorreva questa volta a istituti giuridici consolidati, la confisca e, in prima istanza, il sequestro. Presupposto indiretto di tale ricorso era l'attribuzione agli ebrei della qualifica di «stranieri», come era detto nella Carta di Verona. Tuttavia la normativa specifica prevedeva che i beni degli stranieri fossero solo sequestrati temporaneamente in conseguenza della guerra, non confiscati13. Perché allora, nel caso degli ebrei, il diritto di proprietà poteva essere tranquillamente calpestato? In termini giuridici - citiamo le parole di un esperto dell'epoca14 - la confisca poteva essere intesa o come un atto volto a «togliere dalla circolazione le cose che [fossero servite] a compiere un delitto, o che ne [fossero state] il prodotto»; oppure nei termini di una pena «cadente sull'intero patrimonio del colpevole», come previsto non già nel Codice Rocco e neppure in quello Zanardelli o nel diritto romano, che non prevedevano un simile istituto, ma nel diritto metropolitano applicato in Eritrea e in Somalia. In realtà entrambe quelle motivazioni sembrano nel nostro caso assai fuori luogo. Invece può forse essere meno peregrina l'idea che si intendesse escludere gli ebrei dal diritto di proprietà per una sorta di «causa illecita», inerente alla loro stessa natura e destinata a viziare il possesso di quanto pure avevano legalmente avuto a disposizione fino a quel momento.

Ma, come sappiamo bene, non era certo il fondamento giuridico dei propri atti a preoccupare in quei mesi gli organi della Repubblica sociale italiana, quanto piuttosto la necessità di mettere ordine nei comportamenti degli uffici pubblici e degli organi di repressione, nonché di dare una vaga parvenza di legittimità a una pratica predatoria già decisa a priori. Cosí, sempre dal testo di legge del gennaio '44 risulta (all'art. 15)15 che il ricavato della vendita dei beni ebraici avrebbe dovuto finanziare le spese di assistenza alle popolazioni colpite dai bombardamenti: questo perché proprio gli ebrei erano stati da sempre indicati nella propaganda fascista come i primi responsabili della guerra: in quanto tali era quindi giusto che fossero privati delle loro sostanze.


3. Leggi italiane e leggi tedesche. Come per l'insieme della legislazione antiebraica, anche per le norme relative alle proprietà, sarebbe molto utile confrontare la situazione italiana con quella di tutti gli altri paesi investiti dall'ondata antisemita16, per approfondire l'analisi comparativa, valorizzare le specificità nazionali e superare definitivamente l'idea che la Germania costituisse per tutti l'unico e fondamentale modello da imitare. Ma già il breve confronto che mi appresto ad accennare proprio con la situazione tedesca è sufficiente a dimostrare il peso inevitabile dei fattori locali sulle decisioni dei vertici fascisti e sulle modalità concrete di applicazione della legislazione antisemita nel nostro paese.

In Germania17 l'attacco alla presenza degli ebrei nell'economia - peraltro assai piú consistente e concentrata che da noi - giunse con un certo ritardo rispetto alle misure intese a limitare i diritti in altri ambiti della società (apparati dello Stato, scuola, professioni, ecc.), ma, una volta deciso, esso venne condotto con feroce sistematicità, tanto a partire dal 1938, attraverso i censimenti, le vendite coatte, le numerose forme di prelievo, ecc., quanto poi, negli anni delle deportazioni di massa verso i campi di sterminio, attraverso le confische e le spoliazioni sistematiche. Quel ritardo dipese probabilmente - anche se non solo - dalla tendenza del nazismo ad espandere il proprio potere dallo Stato alla società: cosí anche la pratica antisemita, connaturata sin dall'inizio alla politica di Hitler, finí per seguire quello stesso percorso investendo solo in un secondo tempo le attività che connettevano piú in profondità gli ebrei al tessuto socio-economico del paese.

Vanno poi rilevati il forte peso e la complessa articolazione della componente ideologica nel razzismo nazista, un razzismo rivolto d'altronde contro un ventaglio molto ampio di soggetti giudicati inferiori e non solo contro gli ebrei. La pressione dell'ideologia investí i diversi aspetti della vita sociale e della cultura, compresi quelli piú propriamente giuridici: quanto al diritto di proprietà degli ebrei - per rimanere nell'ambito che ci interessa qui in modo particolare - esso venne negato sulla base di pulsioni giustificative - si pensi ad esempio alla connessione inscindibile nella prospettiva nazista fra possesso della terra e attaccamento alla patria - assai piú radicali e radicate di quanto non accadesse in Italia. Altrettanto virulente e diffuse furono le spinte che condussero al progressivo esproprio dei beni ebraici, i quali, anche in ragione della loro maggior consistenza, facevano gola tanto allo Stato quanto a significativi settori della popolazione, sollecitati con insistenza dal potere a partecipare attivamente alle azioni di boicottaggio e di indebita appropriazione.

Già sulla base dei pochi cenni appena proposti si possono notare alcune importanti differenze con la situazione italiana. Come abbiamo visto, Mussolini nel '38 non procedette in modo graduale, ma disegnò una politica persecutoria che colpiva contemporaneamente in tutte le direzioni principali18. Se da parte sua vi fu qualche cautela, essa riguardò quasi soltanto il campo dell'economia, sia perché - come già si è detto - egli era portato a sopravvalutare gli effetti destabilizzanti di un eventuale blocco improvviso delle attività controllate dagli ebrei, sia anche perché probabilmente intuiva che in ogni caso dalla spoliazione del gruppo ebraico non si sarebbero ricavate risorse in quantità risolutive: come dire che le motivazioni piú propriamente economiche della campagna «razziale» non furono mai al primo posto; non a caso in Germania l'esproprio degli ebrei venne gestito direttamente dal ministero dell'Economia e invece in Italia dal ministero dell'Interno e solo in subordine da un ente, l'Egeli, dipendente dal ministero delle Finanze.

Da notare ancora, oltre alla significativa smagliatura rappresentata dalle contropartite materiali offerte ai «meriti» dei «discriminati», il peso assai piú ridotto dell'ideologia nel sostenere e nel giustificare la campagna antisemita. Non che sin dall'inizio mancasse una pressione propagandistica contro gli ebrei, tutt'altro; ma fu quasi del tutto assente nella pubblicistica di regime il tentativo di comporre, attraverso uno sforzo concettuale, contraddizioni evidenti quali quella fra la costante difesa della proprietà privata operata in genere dal regime da un lato e l'attacco diretto contro le proprietà degli israeliti dall'altro. Né infine il fascismo poteva contare a priori su una sensibile spinta antisemita dal basso, tanto che le operazioni di esproprio dovettero ruotare in gran parte intorno a un'istituzione centralizzata e sotto il diretto controllo dello Stato come l'Egeli; i profittatori singoli non mancarono di certo ma raramente essi assunsero in prima persona la responsabilità esclusiva di spogliare gli ebrei.

Le cose mutarono poi non poco dopo l'8 settembre e in concomitanza con la legge del gennaio '44. I tedeschi occupanti esercitarono a quel punto una pressione diretta. Ogni distinzione fra discriminati e non venne abolita. La guerra e la fame di risorse della Rsi contribuirono a rafforzare le motivazioni economiche agli espropri, che fino a quel momento non erano certo state preminenti, e gli appetiti personali di questo o quel gerarca, di questo o quel funzionario. Emerse d'altra parte la tendenza a mobilitare anche gli interessi di delatori o profittatori di piccolo e grande cabotaggio per coagulare aree di attiva connivenza. E per concludere acquistò maggior rilevanza, quanto meno nelle intenzioni di alcuni, lo sforzo di fornire una giustificazione ideologica - parallela ai discorsi sulla «socializzazione» - alla cancellazione anche economica della presenza ebraica.


4. Le proprietà immobiliari degli ebrei. Ma qual era il peso effettivo di quella presenza prima delle leggi «razziali»? Rispondere a una simile domanda è tutt'altro che facile: e questo non solo perché è assai arduo reperire dati precisi sulle attività degli ebrei nei diversi ambiti dell'economia nazionale, ma anche perché è chiaramente errato supporre, tanto piú a quel momento della storia italiana e del rapporto fra ebrei e non ebrei, relazioni di organico coordinamento in campo economico fra chi apparteneva alla minoranza israelita. Anche i fascisti, pur non rinunciando a generiche intemperanze propagandistiche sulla pretesa «potenza» degli ebrei nel mondo degli affari, non seppero mai proporre al riguardo discorsi circostanziati. D'altronde, se pure si può ipotizzare l'esistenza allora di circuiti economici privilegiati in ambito ebraico ben oltre quanto non siano portati ad affermare i sostenitori di un'assimilazione a quel punto quasi definitivamente compiuta, va in ogni caso rilevata la natura frammentata dell'ebraismo italiano fino agli anni Trenta, diviso in una pluralità di gruppi locali a loro volta caratterizzati ognuno da una composizione sociale diversa e da livelli disomogenei di integrazione nei singoli contesti urbani e regionali e, quindi, da interessi molto differenziati.

Ed è in realtà proprio su tale versante - quello cioè di una piú precisa definizione delle differenze fra le varie articolazioni geografiche del mondo ebraico - che possono risultare utili i dati generali elaborati dal ministero delle Finanze sulla base delle autodenunce imposte agli israeliti dalla già citata legge del febbraio '3919. Essi si riferiscono esclusivamente alla proprietà di case e terreni e quindi offrono un indice solo largamente indiretto della dimensione effettiva dei patrimoni complessivi posseduti dai denuncianti; cosí pure va senz'altro messa in conto una percentuale anche rilevante di immobili non dichiarati20 - soprattutto dai maggiori proprietari, meno sensibili al rischio di multe per omessa denuncia -, tale da ridurre ulteriormente l'attendibilità dei valori assoluti riportati sulle varie tabelle. Ciononostante quegli stessi dati consentono di svolgere osservazioni di un certo interesse, utili oltre tutto per chiarire meglio le modalità e la portata delle iniziative persecutorie condotte dal regime fascista.

Qui mi limiterò a qualche breve nota sul caso torinese, in relazione agli obiettivi specifici della ricerca, rinviando un discorso piú analitico ad altra sede. Fra i gruppi di ebrei censiti nelle diverse città italiane, quello torinese era al quarto posto quanto a consistenza numerica nel 1938. Era invece al secondo - dopo Roma - per quanto riguardava il valore totale dei beni immobili denunciati e sempre al secondo - questa volta dopo Bologna - per quel che concerneva il valore medio per ogni denuncia e la dimensione media del patrimonio per individuo. Risultava ad esempio che gli ebrei censiti a Torino - in tutto poco piú dell'8% degli ebrei censiti in tutta Italia - possedevano il 14% circa sul totale dei terreni eccedenti la quota il cui possesso era consentito agli israeliti e quasi il 20% sul totale dei fabbricati. Le cifre insomma mostravano chiaramente l'importanza che l'investimento immobiliare aveva per gli ebrei torinesi degli anni Trenta: indice questo di un loro profondo radicamento nel tessuto urbano, consolidatosi in numerosi decenni di relativa stabilità sul territorio e reso ancor piú evidente dalla distribuzione dei beni immobili fra un numero assai consistente di patrimoni di media dimensione.

Tali dati - come vedremo fra breve - contribuiscono probabilmente a spiegare la relativa capacità di resistenza, per lo meno in un primo periodo, dimostrata dagli ebrei subalpini contro le leggi di esproprio. D'altra parte, quegli stessi dati attribuiscono una particolare rilevanza allo studio del caso torinese nel quadro di un discorso generale sull'applicazione della legislazione riguardo alle proprietà e alle attività economiche ebraiche nell'Italia fascista.


5. L'impatto iniziale delle leggi di esproprio. Passiamo ora a considerare gli effetti concreti della normativa contro i beni ebraici. Per far questo è opportuno individuare una prima fase, che copre gli ultimi mesi del 1938 - sin da prima del decreto di novembre - e i primi mesi del '39, analizzando la quale è possibile descrivere l'impatto iniziale della svolta antiebraica sin da quando essa si venne delineando nella forma di una minaccia ancora oscura e indeterminata.

Dai dati a disposizione21 risulta che nell'imminenza dei provvedimenti sulla razza un certo numero di ebrei cercò di vendere una parte dei beni immobiliari posseduti, a testimonianza di una preoccupazione crescente, tanto piú diffusa - a quanto sembra - fra coloro i quali gestivano attività in proprio ed erano quindi piú sensibili alle variazioni del clima politico e sociale: il numero delle piccole imprese cedute, cessate o comunque scomparse risulta infatti piuttosto alto anche prima - e non solo subito prima - dell'emanazione delle leggi22.

In particolare verso la metà e la fine di novembre vi fu una rapida successione di vendite, di donazioni e di divisioni; l'intenzione ricorrente era per quanto possibile di non superare la data del 17 novembre - quella del decreto appunto - per evitare di essere in qualche modo toccati dalla nuova legge. A dicembre invece, a parte qualche caso, le operazioni si bloccarono: si temeva probabilmente che i passaggi di proprietà avvenuti in quel periodo potessero essere annullati in futuro. Le donazioni ripresero poi subito dopo la legge del febbraio '39 secondo le modalità previste dal provvedimento, anche se in un numero relativamente limitato.

Cosí una parte dei patrimoni immobiliari degli ebrei torinesi venne messa in salvo preventivamente. In tutto si può parlare di un'ottantina di operazioni: un dato non certo irrilevante, ma in ogni caso piuttosto limitato se confrontato con le diverse centinaia di immobili passibili di un eventuale esproprio: a ridurre la portata delle prime misure di autodifesa contribuirono fra l'altro il carattere per molti relativamente improvviso della campagna antiebraica, le inevitabili difficoltà a trovare degli acquirenti con sufficiente tempestività, l'impossibilità di valutare adeguatamente i rischi reali della nuova situazione.

Di fronte agli evidenti tentativi degli ebrei di sottrarre sé e i propri beni alle conseguenze negative dei vari provvedimenti persecutori in via di approvazione, si assistette da un lato a una decisa campagna di stampa intesa a denunciare i pretesi «inganni» e «sotterfugi» messi in atto per eludere i rigori della legge; dall'altro, con una circolare apposita, la Direzione tasse e imposte dirette sugli affari del ministero delle Finanze avviò un'indagine capillare presso gli uffici del registro e le conservatorie dei beni immobiliari, esplicitamente orientata a registrare tutti i passaggi di proprietà in cui fossero implicati ebrei23.

Non si può dunque parlare di inerzia da parte delle autorità. Semmai, visto che nell'immediato non venne preso alcun provvedimento operativo, ci si può chiedere che cosa avesse trattenuto i vertici fascisti dal decidere interventi piú diretti ed efficaci. E qui le spiegazioni possono essere diverse: la consapevolezza appunto delle limitate dimensioni dei tentativi di elusione, la certezza di poter comunque tenere ogni cosa sotto controllo grazie a indagini amministrative come quella appena citata con in piú la certezza di poter intervenire se necessario in un secondo tempo; e poi la chiara coscienza che le vendite precipitose dell'ultimo momento - cosí come le donazioni concesse dalla legge del febbraio '39 - non erano certo state vantaggiose per gli ebrei e avevano invece finito per favorire solo e soltanto i proprietari «ariani».


6. L'Egeli e l'Istituto San Paolo di Torino. A quel punto entrò in scena l'Ente gestione e liquidazione immobiliare istituito con la legge del '39 e posto alle dipendenze del ministero delle Finanze. Il suo carattere di istituzione centralizzata, destinata ad acquisire, gestire e rivendere i beni ebraici ne fece uno strumento - come si è visto - pienamente adeguato, quanto meno nelle intenzioni, alle peculiarità della politica «razziale» italiana. Esso nacque prima della guerra prioritariamente in funzione di quella politica; e se poi gli vennero attribuiti altri compiti - relativi alla gestione dei beni di proprietà dei «sudditi nemici» e dei cosiddetti «beni esattoriali» -, questo accadde solo in un secondo tempo e per lo piú in conseguenza del conflitto.

Nelle disposizioni di legge cosí come nella pratica quotidiana dell'Egeli il trattamento riservato alle proprietà di provenienza ebraica fu e rimase in ogni momento specifico. I beni sequestrati ai «sudditi nemici» non dovevano in linea di principio essere alienati; quelli degli ebrei sí e il ricavato doveva essere versato nelle casse del Tesoro. E per realizzare concretamente quell'obiettivo, nel rispetto delle disposizioni minuziosamente previste dalla normativa in vigore, l'Egeli si avvalse di un certo numero di grandi Crediti fondiari presenti nelle diverse parti d'Italia: per il Piemonte e la Liguria esso stipulò una serie di convenzioni con l'Istituto bancario San Paolo di Torino, chiamato per l'occasione a prestare un'attività «di interesse pubblico», scarsamente remunerata e in ogni momento assoggettata al controllo degli uffici romani dell'Egeli24.


7. L'applicazione delle leggi fra il '39 e il '43. L'impianto del nuovo istituto e gli accordi con i vari Crediti fondiari richiesero parecchi mesi. Nel frattempo si mise in moto la procedura della denuncia dei propri beni da parte degli ebrei e della valutazione e suddivisione degli immobili in quota consentita e quota eccedente da parte degli uffici tecnici erariali. Di tutto questo c'è traccia negli archivi: una traccia inequivocabile, ma assai tenue. Come dire che un gran numero di pratiche vennero sí avviate, senza tuttavia che, nel periodo fino all'8 settembre '43, la gran parte di esse potesse giungere a compimento. E infatti risulta una piena corrispondenza fra i dati nazionali25 che rendono conto della scarsissima capacità dell'Egeli nel suo insieme di impadronirsi effettivamente dei beni ebraici in applicazione della legge del '39 e quelli relativi alla provincia di Torino, per la quale gli espropri realizzati si possono letteralmente contare sulle dita di una mano.

Il problema a questo punto è di capire le ragioni di un tale sviluppo. Una volta ricostruito l'itinerario burocratico che avrebbe dovuto condurre alla presa di possesso da parte dell'Egeli delle proprietà sottratte agli ebrei, ne abbiamo analizzato i singoli passaggi al fine di individuare eventuali intoppi o arresti nel meccanismo di esproprio. Sulla base di tale lavoro sono emerse alla fine le ipotesi seguenti:

- alcuni ambiti dell'amministrazione pubblica (ufficio delle imposte, Ute, ecc.) sembrano aver svolto con solerzia e precisione il loro compito, senza frapporre alcun ostacolo di rilievo, in questo non discostandosi dalla generalità dei numerosi uffici implicati a partire dal '38 nelle varie operazioni di schedatura e di primo avvio dell'azione discriminatoria: non ultimo l'Egeli, che dovette però scontrarsi con una propria specifica fragilità istituzionale; esso infatti era concepito essenzialmente come un organo tecnico, sprovvisto di un effettivo potere che gli consentisse di trattare da posizioni di forza con altri soggetti piú solidi. Per quella fase anche il San Paolo risulta essersi mosso con normale efficienza.

- Diversa era invece la situazione per altri apparati coinvolti. Mi riferisco in particolare all'Intendenza di finanza che avrebbe dovuto emettere il decreto di sequestro della cosiddetta quota «eccedente» e che invece si limitò a perfezionare quell'atto solo in pochissimi casi.

- Quanto agli ebrei interessati dalle procedure di esproprio, sulla base delle carte disponibili è possibile ipotizzare indirettamente una loro indubbia capacità di resistenza; questo però non già rivolgendosi a interlocutori istituzionali come la magistratura o le apposite commissioni chiamate a giudicare gli eventuali ricorsi previsti per legge26. Quegli strumenti di garanzia erano molto probabilmente giudicati inutilizzabili perché troppo condizionati da una pregiudiziale disponibilità a schierarsi dalla parte delle autorità di regime. Rimaneva quindi soltanto la possibilità di esercitare pressioni informali, su questo o quel funzionario pubblico, su questo o quell'ufficio - ad esempio sull'Intendenza di finanza -, tanto piú efficaci quanto piú forte era la posizione acquisita nell'ambito della élite locale dal proprietario in procinto di essere colpito. In questo diversi decenni di progressiva integrazione degli israeliti nell'economia e nella società torinese, peraltro - come abbiamo visto - chiaramente dimostrata dal loro forte radicamento sul territorio, non potevano non aver lasciato una notevole traccia.

In tutti quei casi si trattava comunque di azioni difensive. Il residuo potere dei singoli ebrei, colpiti dalla legge in quanto tali e limitati nelle loro possibilità in forma indipendente dal livello sociale e dalle risorse di cui potevano disporre, divenne piú che altro un potere di interdizione. Se anche era dato ai piú facoltosi mettere al riparo fra numerose difficoltà i beni mobili, non denunciare una parte delle proprietà immobiliari o ritardare le procedure di esproprio, di fatto le case e i terreni risultavano comunque bloccati perché invendibili e il diritto di proprietà messo quindi sostanzialmente in discussione; per non dire poi del crescente grado di soggezione di chi doveva affidarsi ai «buoni uffici» di questo o quel funzionario, in un contesto nel quale le relazioni preesistenti continuavano sí a valere, ma dovevano essere riconvertite sulla base di una consistente redistribuzione dei rapporti di forza.

Cosí, anche se ci si limita a considerare i risvolti piú propriamente economici della normativa «razziale», ci si rende facilmente conto di quanto i costi pagati dagli ebrei dal '38 in avanti non possono in alcun modo essere misurati esclusivamente in termini monetari o materiali.


8. Sequestri e confische (1943-45). Dopo l'8 settembre e ancor prima della legge del gennaio '44, grazie ad apposite circolari emanate dai prefetti27, gli espropri giunsero oramai a colpire indiscriminatamente tutti gli ebrei e tutti i loro beni: infatti non erano piú previste distinzioni fra discriminati e non e fra quota consentita e quota eccedente. E l'avvio delle procedure - relative a quel punto, per Torino, a ben 500 pratiche circa - si rivelò tanto piú agevole e immediato in quanto i vari uffici, grazie ai censimenti, alle autodenunce e alle varie indagini condotte in precedenza, disponevano di tutti i dati necessari. A tal proposito può essere interessante notare che gran parte del potere di interdizione esercitato dagli ebrei nel periodo precedente venne improvvisamente a cadere: cosí, si rimisero prontamente in moto anche le pratiche che fino a quel momento erano rimaste bloccate.

Ad occuparsi degli espropri in prima persona e con evidente sollecitudine fu la prefettura. Anzi, proprio per accelerare i tempi, il prefetto di Torino preferí ricorrere in prima istanza all'istituto del sequestro - di natura provvisoria, ma piú facile da decretare - che non a quello della confisca - definitiva, ma burocraticamente piú lenta -, che sarebbe però venuta in un secondo momento; nel frattempo il capo della provincia garantiva al proprio ufficio una residua possibilità di controllo sui beni ebraici. Né un tale atteggiamento rimase isolato: addirittura, in altre parti d'Italia varie prefetture preferirono gestire sino all'ultimo quanto era stato sottratto agli ebrei respingendo qualsiasi pressione volta ad affidare all'ente istituzionalmente preposto a quello scopo - l'Egeli appunto - la gestione di un patrimonio di cui, molto probabilmente, non si voleva approfittasse qualcun altro28. A Torino comunque alle confische, seppur con una certa lentezza, si cominciò ad arrivare; ma soprattutto, va notato che l'Egeli, attraverso il Credito fondiario del San Paolo, fu investito della gestione da subito, sin dal momento del sequestro, evitando cosí le incontrollabili razzie verificatesi altrove.

D'altra parte il drammatico precipitare degli avvenimenti nell'ultimo anno e mezzo di guerra consigliò ai tedeschi occupanti e alle autorità della Rsi di guardare piú all'immediato che non ad una sempre piú improbabile prospettiva di medio periodo: cosí venne messa esplicitamente da parte l'idea di vendere le proprietà degli ebrei - nel frattempo fuggiti o rastrellati dalle forze nazifasciste - per ricavarne chissà quando un beneficio economico; invece, si preferí utilizzarle da subito come sedi di comandi militari o di organizzazioni varie, per dare casa a questo o quel funzionario fedele, per soddisfare insomma bisogni o appetiti del momento presente.

Il fatto che - soprattutto in una situazione come quella torinese - tutto questo avvenisse in gran parte attraverso l'Egeli, e non come altrove per il tramite di singoli sequestratari scelti sulla base di pressioni politiche e affaristiche o di uffici prefettizi desiderosi di finanziare attività varie a spese degli ebrei29, garantí una maggior resistenza contro la diffusa - anche se non certo unanime - tendenza a profittare della forzata assenza dei legittimi proprietari. Non a caso i dirigenti dell'Egeli, subito dopo la Liberazione, forse non solo per difendere il proprio operato negli anni di guerra, rivendicarono il merito di aver arginato i tentativi dei tedeschi di impadronirsi del patrimonio da loro amministrato - in particolare le aziende e i relativi macchinari - e le velleità di Preziosi di attribuire all'Egeli appunto non solo funzioni amministrative, ma anche compiti di polizia nell'intento di scoprire eventuali altri beni ebraici non ancora incamerati30.

Dall'altra parte, quella degli espropriati, si compiva intanto il processo di progressivo distacco dai propri beni, peraltro gravemente colpiti anche dagli effetti dei bombardamenti. La fuga e in molti casi l'arresto ruppero temporaneamente o definitivamente il legame con le case e le cose che avevano improntato di sé intere storie di vita o addirittura il succedersi di piú generazioni solidamente radicate nel tessuto torinese. Oltre tutto la rottura di quel legame rese concretamente palpabile il progressivo venir meno della relativa protezione che il possesso di risorse materiali piú o meno consistenti aveva potuto sino ad un certo punto assicurare ai perseguitati.

Scorrere, pur a distanza di tanti anni, i lunghi verbali con gli elenchi degli oggetti di uso quotidiano sequestrati negli appartamenti abbandonati di gran corsa dalle famiglie ebraiche subito dopo l'8 settembre produce nel lettore un complesso intreccio di sentimenti: il senso appunto dell'inutilità delle cose di fronte a una volontà distruttrice intesa ad annientare prima di tutto gli individui; la lacerante consapevolezza della contraddizione fra il significato che quegli oggetti avevano per chi li considerava parti vive della propria esistenza e viceversa per chi li trattava alla stregua di un mero bottino di guerra; la nostalgia per un mondo borghese d'altri tempi, tranquillo e sin troppo rassicurante, spezzato d'un tratto da una bufera in gran parte imprevista.


9. Le restituzioni. Anche alla luce di tali sensazioni, il modo attraverso il quale, dopo il '45, gli ebrei rientrarono in possesso dei loro beni dice molto sulle ferite e sugli equivoci che le persecuzioni e la guerra lasciarono dietro di sé.

Oltre al senso di vuoto per i beni che dovettero passare di mano perché i loro proprietari non tornarono dalla deportazione, vanno segnalati i sentimenti di amarezza e in molti casi di aperto risentimento con i quali i legittimi proprietari reagirono alle lentezze burocratiche o addirittura alle richieste finanziarie avanzate dall'Egeli a compenso dell'avvenuta gestione «conservativa» dei beni sequestrati e confiscati a suo tempo31.

Oramai l'amministrazione pubblica rinunciava, certo, alle odiose pretese imposte sin dal 1938, ma sembrava fare tutto questo di malavoglia o, piú esattamente, lasciava trasparire in modo evidente i rapporti di continuità fra le funzioni dell'oggi e le prerogative di una stagione ancora troppo vicina. Lo scontro, non importa se quasi sempre senza conseguenze di carattere giudiziario, fra i proprietari di un tempo che, tornando, riprendevano direttamente possesso dei loro beni senza volersi assoggettare ad alcuna formalità e gli uffici dell'Egeli che, oltre a pretendere un compenso, si sentivano investiti, in quanto possessori pur sempre legittimi, del compito di «restituire» ufficialmente le proprietà di cui disponevano, esemplificava assai bene i termini di un intrico complesso di problemi, che in seguito nessuno si sarebbe preoccupato di dipanare e di chiarire: problemi di responsabilità, di legittimità, di identità tanto delle istituzioni quanto dei loro interlocutori, di riparazione.

10. Conclusione. Sulla base di quel che si è detto sin qui e alla luce degli interrogativi posti all'inizio vediamo ora di formulare brevemente qualche proposizione conclusiva. Si può in primo luogo avanzare l'ipotesi che la vischiosità nel comportamento degli apparati pubblici implicati nell'azione persecutoria contro le proprietà ebraiche fosse il risultato di diversi fattori: del peso non preminente delle motivazioni economiche all'origine della svolta antisemita, dell'ignoranza su quale fosse effettivamente la forza economica degli ebrei e della paura che un attacco diretto e frontale alle attività da loro gestite creasse una situazione di pericoloso disordine, nonché delle reazioni difensive dei soggetti colpiti, sia in sede locale sia, forse, ai livelli piú alti della gerarchia del regime; tali fattori sembrano nel loro insieme assai piú rilevanti di quanto non fosse invece un ipotetico attaccamento delle istituzioni ai principi della tradizione liberale nella forma di una solerte difesa del diritto di proprietà per tutti.

Trova inoltre conferma l'idea che a Torino gli ebrei appartenessero per lo piú agli strati medio-alti della popolazione. Ma il fatto che lo stereotipo dell'ebreo «ricco» - cui però si legavano nella propaganda fascista una sequela innumerevole di altri attributi insultanti - trovasse un parziale riscontro nella realtà non contribuí granché a valorizzare le motivazioni economiche alla persecuzione. La minaccia che il fascismo diceva di voler combattere negli ebrei atteneva a una presunta diversità costitutiva destinata a produrre una forma di pericolosa irriducibilità; in quella chiave la eventuale disponibilità di mezzi materiali diveniva piú che altro una colpa aggiuntiva, in quanto pareva dare agli israeliti la possibilità di meglio infiltrarsi e camuffarsi nella società di tutti. Il fatto di partecipare come uguali e da parecchi decenni alla vita dello Stato e delle élites dirigenti finiva a quel punto per tradursi, invece che in un'attenuante, in una pericolosa aggravante32.

L'indagine svolta ci porta a dire in terzo luogo che non si può guardare alla campagna antiebraica esclusivamente come al risultato di un insieme di iniziative piú o meno aggressive dello Stato nei confronti di una società fondamentalmente passiva. Cosí come le misure antiebraiche decise dall'alto miravano a portare alla luce germi preesistenti di antisemitismo, a sollecitarne di nuovi e a far crescere tutto questo in forma diffusa, allo stesso modo non si possono trascurare le reazioni degli ebrei, certo sempre piú deboli e impedite con il passare del tempo, ma parte esse stesse del quadro complessivo33.

A questo punto, volendo valutare i guasti prodotti nel tempo dalla svolta antisemita di Mussolini non è sufficiente oscillare, come troppo si è fatto sinora, fra la denuncia delle deportazioni e la reiterata proposizione di una pretesa inerzia degli apparati dello Stato cui avrebbe corrisposto un primo lungo periodo di relativa tranquillità per gli ebrei. In realtà la politica «razziale» del fascismo non può essere ridotta a una vicenda legislativa sostanzialmente sterile prima e a una mera azione di polizia poi. Va anche presa in seria considerazione la pratica quotidiana dei vari organi amministrativi, per quanto essa interagí momento per momento con la vita degli individui, facendo di ogni singolo atto un fatto quasi sempre irrevocabile e irreparabile e contribuendo in tal modo a strutturare precisi comportamenti sociali.

Se poi - come abbiamo potuto chiaramente constatare a conclusione del nostro percorso di indagine - non fu certo sufficiente la semplice revoca di una legge persecutoria e degli atti amministrativi che ne erano conseguiti per avviare un effettivo processo di riparazione e se, ancora, il nuovo Stato democratico si dimostrò quanto meno esitante a riannodare i fili che lo Stato fascista aveva spezzato con violenza, rimane da porre un'ultima questione importante: quanto quelle incapacità e quelle esitazioni furono dovute alla debolezza o all'assenza di una specifica iniziativa delle forze politiche che allora gestirono la transizione e quanto invece alle permanenze di un rapporto gravemente squilibrato e autoritario fra Stato e cittadini troppo radicato nel passato della storia d'Italia per poter essere sensibilmente modificato?

1 F. Levi, a cura di, L'ebreo in oggetto. L'applicazione della normativa antiebraica a Torino (1938-1943), Torino, Zamorani, 1991. Fra gli altri, il libro comprende un saggio di Giuseppe Genovese dedicato a un Profilo quantitativo del gruppo ebraico torinese nel 1938 e uno di Daniela Adorni su Modi e luoghi della persecuzione (1938-1943). Gli stessi Genovese e Adorni hanno partecipato al nuovo lavoro di cui si dà conto qui realizzando una complessa e ricca indagine di taglio quantitativo i cui risultati verranno pubblicati quando la ricerca, promossa dal Consiglio regionale Piemonte e dalla Comunità ebraica di Torino, sarà definitivamente conclusa.

2 M. Sarfatti, Mussolini contro gli ebrei. Cronaca dell'elaborazione delle leggi del 1938, Torino, Zamorani, 1994.

3 Il fondo consente di analizzare l'attività complessiva dell'Egeli - e quindi non solo quella relativa ai sequestri e alle confische delle proprietà ebraiche - in Piemonte, Liguria e nella Francia occupata. Per la gentile e fattiva collaborazione offerta nella consultazione del materiale presso l'Archivio storico San Paolo ringrazio in particolare Anna Cantaluppi e Rosa Anna Grassi.

4 Si veda in proposito la raccolta delle leggi contro gli ebrei contenuta nel fascicolo de «La Rassegna mensile di Israel», 1988, n. 1-2, 1938. Le leggi contro gli ebrei, curato da Michele Sarfatti.

5 Rdl 17 novembre 1938, n. 1728, Provvedimenti per la difesa della razza italiana.

6 Rdl 5 settembre 1938, n. 1390, Provvedimenti per la difesa della razza nella scuola fascista.

7 M. Sarfatti, Mussolini contro gli ebrei, cit. Si veda in particolare il capitolo L'impostazione della persecuzione.

8 Rdl 9 febbraio 1939, n. 126, Norme di attuazione e di integrazione delle disposizioni di cui all'art. 10 del R. decreto-legge 17 novembre 1938-XVII n. 1728, relative ai limiti di proprietà immobiliare e di attività industriale e commerciale per i cittadini italiani di razza ebraica.

9 Mi riferisco qui alla legge del 31 gennaio 1926, n. 28 e a quella del 25 novembre 1926, n. 2008. Si vedano anche le norme attuative della legge 2008 emanate con rd 12 dicembre 1926, n. 2062 e le modifiche contenute nel rd 1° marzo 1928, n. 380.

10 Rdl 6 luglio 1931, n. 981. In proposito si veda in particolare l'opuscolo di S. Pugliatti, Sulla onerosità dei trasferimenti coattivi, Messina, Industrie grafiche meridionali, 1932. Piú in generale può essere utile considerare fra l'altro, sempre di S. Pugliatti, Teoria dei trasferimenti coattivi, Messina, Casa tipografica Ettore Silva, 1932; F. Bartolomei, L'espropriazione nel diritto pubblico, Milano, Giuffré, 1965; e, dello stesso autore, L'espropriazione nel diritto pubblico II, Milano, Giuffré, 1968.

11 Decreto legislativo del duce 4 gennaio 1944, n. 2, Nuove disposizioni concernenti i beni posseduti dai cittadini di razza ebraica.

12 Quella del 30 novembre 1943, a firma «Ministro Interno Buffarini», disponeva tra l'altro: «Tutti gli ebrei, anche se discriminati, a qualunque nazionalità appartengano, e comunque residenti nel territorio nazionale debbono essere inviati in appositi campi di concentramento. Tutti i loro beni, mobili ed immobili, debbono essere sottoposti ad immediato sequestro, in attesa di essere confiscati nell'interesse della Repubblica Sociale Italiana, la quale li destinerà a beneficio degli indigenti sinistrati dalle incursioni aeree nemiche».

13 Si vedano fra l'altro la legge 19 dicembre 1940, n. 1994 sul trattamento dei beni nemici, il bando di Mussolini del 31 agosto 1941 relativo alle denunzie e al sequestro dei beni nemici in territorio francese e il dl 4 gennaio 1944, n. 1 relativo alle aziende presenti sul territorio nazionale e appartenenti a sudditi nemici.

14 S. Pugliatti, Teoria dei trasferimenti coattivi, cit., pp. 32-39.

15 «Art. 15. Le somme riscosse ai sensi del precedente articolo 14 sono versate allo Stato a parziale recupero delle spese assunte per assistenza, sussidi e risarcimento di danni di guerra ai sinistrati dalle incursioni aeree nemiche».

16 Un primo tentativo di comparazione era stato avviato in occasione del convegno organizzato dalla Camera dei deputati nel 1988, i cui atti sono stati pubblicati nel volume La legislazione antiebraica in Italia e in Europa, Roma, Camera dei deputati, 1989; si veda anche A. Cohen, La politique antijuive en Europe (Allemagne exclue) de 1938 à 1941, in «Guerres mondiales et conflicts contemporains», XXXVIII, n. 150, avril 1988.

17 Per una prima valutazione d'insieme si vedano: Le leggi razziali tedesche, note e trad. di G. Ballarati, n. 2 dei «Quaderni» della Scuola di mistica fascista Sandro Italico Mussolini, editi a cura della rivista «Dottrina fascista» sotto la direzione di N. Giani, anno XVIII (1940); W. Scheffler, La legislazione antiebraica nazista, in La legislazione antiebraica in Italia e in Europa, cit.; R. Hilberg, The Destruction of the European Jews, New York, Holmes & Meier, 1985.

18 Il primo a mettere in luce in forma convincente questo aspetto è stato M. Sarfatti, in Mussolini contro gli ebrei, cit.

19 ACS, Ministero delle Finanze, servizio beni ebraici, Elenco 3, Comm. prov. pos. gen., Commissioni.

20 In proposito è interessante notare che, se la quasi totalità degli ebrei italiani si denunciò alle autorità in ottemperanza alle disposizioni della legge del 17 novembre 1938, assai diverso fu il comportamento degli ebrei proprietari di immobili, i quali si dimostrarono assai meno disponibili ad obbedire tempestivamente e in forma rigorosa all'obbligo di dichiarare i propri beni come disposto dalle norme emanate il 9 febbraio del '39.

21 ACS, Ministero delle Finanze, Servizio beni ebraici, Elenco 3, Comm. prov. pos. gen. e quesiti tributari.

22 Si veda in proposito anche Ministero delle Corporazioni, Elenchi C delle aziende industriali e commerciali appartenenti a cittadini italiani di razza ebraica. Consiglio provinciale delle corporazioni di Torino, in «Gazzetta ufficiale del Regno d'Italia», 20-12-1939, n. 294.

23 Circolare 24 novembre 1938, n. 36370, della Direzione delle tasse e delle imposte indirette sugli affari, in ACS, Ministero delle Finanze, Servizio beni ebraici, Elenco 3, Comm. prov. pos. gen.

24 Le considerazioni sulle vicende dell'Egeli a Torino sono frutto dell'elaborazione del materiale contenuto nel Fondo Egeli conservato presso l'Archivio storico dell'Istituto San Paolo di Torino, confrontato con le carte del ministero delle Finanze citate piú sopra. In questa sede eviterò per quanto possibile riferimenti piú puntuali alle fonti, rinviandoli a quando pubblicherò i risultati definitivi della ricerca.

25 Si veda in particolare: Ente di gestione e liquidazione immobiliare, L'Egeli e la sua attività, maggio 1945, relazione dattiloscritta conservata presso l'Archivio del Centro di documentazione ebraica contemporanea, e A. Scalpelli, L'Ente di Gestione e Liquidazione Immobiliare: note sulle conseguenze economiche della persecuzione razziale, in G. Valabrega, a cura di, Gli ebrei in Italia durante il fascismo, «Quaderni» del Centro di documentazione ebraica contemporanea, 1962, n. 2.

26 ACS, Ministero delle Finanze, Servizio beni ebraici, Elenco 6, Torino, e Fondo Egeli, Ebrei '39.

27 In esecuzione delle disposizioni contenute nella già citata circolare di Buffarini del 30 novembre 1943.

28 Ente di gestione e liquidazione immobiliare, L'Egeli e la sua attività, cit.

29 Ibidem.

30 Ibidem.

31 Le numerose pratiche contenute nel Fondo Egeli si concludono spesso con una risentita lettera di rifiuto, rivolta dai legittimi proprietari al Credito fondiario del San Paolo, in risposta alla richiesta di pagare le spese di gestione dei beni dal momento del sequestro all'atto della restituzione.

32 Su questo hanno offerto interessanti indicazioni alcuni lavori di tesi svolti presso la Facoltà di lettere dell'Università di Torino e mirati a descrivere i tratti essenziali della campagna antiebraica condotta dai giornali a partire dal 1938: mi riferisco in particolare alla ricerca di Nicolas Javier Puglia su «La Stampa» di Torino (relatore N. Tranfaglia, a.a. 1990-91) e di Anna Triberti su «Il Popolo d'Italia» (relatore F. Levi, a.a. 1994-95).

33 Allo stesso modo la ricerca che Eleonora Bisotti sta conducendo a Torino sugli aiuti ricevuti dagli ebrei negli anni delle persecuzioni sembra dimostrare l'importanza della risposta attiva dei perseguitati come condizione essenziale in grado di favorire la creazione e il consolidamento di rapporti informali con il resto della popolazione. "
STUDI STORICI - luglio/settembre 1995


Shalom