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Visualizza Versione Completa : 16 agosto - S. Rocco



Augustinus
16-08-04, 17:45
Dal sito SANTI E BEATI (http://www.santiebeati.it/search/jump.cgi?ID=34150):

San Rocco, Pellegrino e Taumaturgo

16 agosto - Comune

Montpellier (Francia), secolo XIV - 16 agosto di anno imprecisato (1327?)

Le fonti su di lui sono poco precise e rese più oscure dalla leggenda. In pellegrinaggio diretto a Roma dopo aver donato tutti sui beni ai poveri, si sarebbe fermato a ad Acquapendente, dedicandosi all'assistenza degli ammalati di peste e facendo guarigioni miracolose che diffusero la sua fama. Peregrinando per l'Italia centrale si dedicò ad opere di carità e di assistenza promuovendo continue conversione. Sarebbe morto in prigione, dopo essere stato arrestato presso Angera da alcuni soldati perché sospettato di spionaggio. Invocato nelle campagne contro le malattie del bestiame e le catastrofi naturali, il suo culto si diffuse straordinariamente nell'Italia del Nord, legato in particolare al suo ruolo di protettore contro la peste.

Patronato: Malati infettivi, Invalidi, Prigionieri

Etimologia: Rocco = grande e forte, o di alta statura, dal tedesco

Emblema: Cane, Croce sul lato del cuore, Angelo, Simboli del pellegrino

Martirologio Romano: In Lombardia, san Rocco, che, originario di Montpellier in Francia, acquistò fama di santità con il suo pio peregrinare per l’Italia curando gli appestati.

Martirologio tradizionale (16 agosto): A Montpellier, in Francia, la deposizione del beato Rocco Confessore, il quale col segno della Croce liberò dalla peste molte città d'Italia. Il suo corpo fu trasportato a Venezia, e riposto con sommo onore nella chiesa a lui dedicata.

Maestro di volontariato al suo tempo e nel nostro, popolarissimo per secoli in Europa; ma sfortunato con vari suoi biografi immaginosi e discordi, perfino sui dati capitali come nascita e morte. Concordemente lo si dice nato a Montpellier, in Francia, forse da famiglia agiata. Tuttavia, perduti i genitori in giovane età, distribuisce ai poveri quello che ha e poi s’incammina pellegrino verso Roma. Ecco due dati certi: l’Italia e la peste. Rocco arriva in luoghi attaccati dal contagio, che a metà Trecento col nome di Peste Nera devasta l’intera Europa, ma che già prima e anche dopo continua a manifestarsi qua e là. Rocco lo trova ad Acquapendente, presso Viterbo: e si stabilisce nel lazzaretto, per curare i malati. Ma poi, prima di proseguire per Roma, si ferma a Cesena e a Rimini per altre epidemie, occupandosi di malati che a volte neppure i parenti vogliono assistere.
Quest’uomo che ha distribuito ai poveri i beni di famiglia, non si considera padrone neppure del suo tempo: i suoi giorni, mesi e anni sono anch’essi un bene sul quale i sofferenti hanno un diritto di prelazione. Prima loro, poi tutto il resto, incluso il pellegrinaggio. Giunto infine a Roma, vi rimane tre anni, passando da un ospedale all’altro. E qui, si racconta, cura e guarisce un cardinale, che lo presenta al papa (per qualche biografo il cardinale sarebbe Anglico de Grimoard, anche lui della zona di Montpellier e fratello del papa avignonese Urbano V, che è tornato a Roma nel 1367, riandando via tre anni dopo. Se è così, cade l’ipotesi di un Rocco nato a fine Duecento e in piena gioventù durante il soggiorno a Roma. Anglico de Grimoard, infatti, cardinale nel 1366, visse a Roma tra il 1368 e il 1371).
Anche il ritorno da Roma a Montpellier è interrotto da un’epidemia di peste, scoppiata a Piacenza. Rocco vi si ferma e viene contagiato. Allora si trascina a una capanna lungo il fiume Trebbia per morirvi in solitudine. Ed ecco entrare in scena il cane famoso, che tanti artisti dipingeranno al suo fianco. Qui però non sembra il caso di ricorrere ai miracoli: secondo la sua natura, il cane attira l’attenzione del padrone del terreno, il nobile Gottardo Pollastrelli, sullo sconosciuto giacente nella capanna. Così Rocco, soccorso e curato dal signore, si ritroverà guarito. Tornato a Montpellier, però, nessuno lo riconosce: scambiato per un malfattore, finisce in carcere senza ribellarsi, per cinque anni, fino a morire trentaduenne, il 16 agosto di un anno imprecisato (un’altra tesi, secondo cui sarebbe morto in carcere ad Angera, sul Lago Maggiore, è meno attendibile). Nel secolo successivo, attraverso vicende controverse, i suoi resti (o gran parte di essi) saranno portati a Venezia, trovando definitiva collocazione nella chiesa a lui intitolata. Nel 1584 papa Gregorio XIII iscriverà il suo nome tra quello dei santi.

Autore: Domenico Agasso

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Sempre dallo STESSO SITO altro profilo biografico:

Fino a qualche tempo le fonti che parlavano di San Rocco sono state poche e molte volte arricchite di affascinanti leggende popolari. E’ grazie ai molti studi fatti che sono venuti alla luce molti punti oscuri del nostro Santo, come il luogo della morte ormai certo e documentato, non Montpellier ma fu arrestato ad Angera e poi condotto nelle prigioni a Voghera dove dopo cinque anni di dura prigione vi morì nelle prime ore del 16 agosto dell’anno 1327. Da questa data il culto si diffuse con molta immediatezza irradiando la sua luce di santità in Italia, nell’Europa e in tutto il mondo cristiano.
San Rocco nasce a Montpellier intorno al 1295, unico figlio del governatore della città Giovanni Rog e da Libera che tanto pregarono Dio e la Vergine Maria per avere questo figlio che già dalla nascita portò impresso un segno indelebile: una croce sul petto di colore vermiglio, un sigillo che il buon Dio aveva dato a San Rocco. Rocco rimane orfano a 20 anni e San Rocco sul letto di morte promette ai suoi genitori, ferventi cristiani e grandi benefattori, di continuare ad aiutare i poveri ed i più bisognosi ed essere caritatevole. Rocco vivendo nella nobiltà, nel lusso e nell’agiatezza capisce il vuoto della ricchezza e comprende il grande dono della carità, e con gesto puro, seguendo il Vangelo vende tutti i suoi averi e li dona ai poveri, agli ospedali e inizia il suo peregrinare in cerca di Cristo che trova dei derelitti, nei malati e nei disperati. La sua prima meta è Roma, il centro della cristianità, per rendere omaggio alle tombe degli apostoli Pietro e Paolo. Prima di partire per l’Italia si consacra alla Vergine Maria delle Tavole, ricevendo la benedizione del Vescovo di Montpellier. Bastone, mantello, cappello, borraccia e conchiglia sono i suoi ornamenti; la preghiera e la carità la sua forza; Gesù Cristo il suo gaudio e la sua santità. Percorre la Francia, arriva in Italia tra le città spopolate e piene di terrore per morbo crudele della peste, a queste scene di strazio e di dolore il santo pellegrino non resta indifferente, ma implorando Dio si prodiga nel curare i malati. Il primo luogo certo dove il Santo è stato ed ha curato i malati è Acquapendente, per poi giungere a Roma e restarci nella preghiera e nella meditazione. La tradizione vuole che il suo primo miracolo San Rocco lo compì guarendo un cardinale. Anche Roma è invasa dalla peste e il Santo si dà con fervore alla cura degli appestati senza temere il pericolo del contagio. Quando poi seppe che anche a Rimini e Cesena infuriava la peste, lasciò Roma e si diresse in queste città a testimoniare la carità senza limiti. Il morbo si diffondeva spaventosamente, da Cesena la peste passò a Novara e Piacenza. A piedi San Rocco si spostava di città in città per confortare gli ammalati. Digiuni prolungati, fatiche continue, notti insonni passati in preghiera e a vegliare i malati indebolirono il suo giovane corpo finché sulle rive del Trebbia, San Rocco scoprì che la peste non lo aveva risparmiato, il bubbone della peste gli aprì una piaga provocandogli continue emorragie e dolori atroci. Il giovane pellegrino allora si ritirò in solitudine nei pressi di Sarmato per morire in pace, trovando riparo in una piccola grotta e lì come un povero eremita prega e soffre. Ma il Signore non abbandona il suo servo fedele e manda un angelo a sanargli la ferita e un cane pietoso che ogni giorno gli porta un pezzo di pane che sottrae dal castello del suo padrone, il nobile Gottardo Pallastrelli. Il Dio potente e misericordioso non permette che il giovane pellegrino morisse di peste perché doveva curare e lenire le sofferenze del suo popolo. Intanto in tutti i posti dove Rocco era passato e aveva guarito col segno di croce, il suo nome diventava famoso. Tutti raccontano del giovane pellegrino che porta la carità di Cristo e la potenza miracolosa di Dio.
Rocco dopo otto lunghi anni riprende la via del ritorno in Patria. Arrivato ad Angera, sul lago Maggiore, le guardie del visconte del posto, vedendolo malconcio, con barba lunga, capelli incolti, faccia scarna e segnata dalla sofferenza, lo arrestano credendolo una spia. Interrogato, per adempiere al voto non volle rivelare il proprio nome, dicendo solo di essere “ un umile servitore di Gesù Cristo”. Gettato in uno squallido carcere, San Rocco vi trascorse ben cinque anni, vivendo questa nuova dura prova come un “purgatorio” per l’espiazione dei peccati.
Quando la morte era ormai vicina, chiese al carceriere di condurgli un sacerdote; si verificarono allora alcuni eventi prodigiosi, che indussero i presenti ad avvisare il Governatore. Le voci si sparsero in fretta, ma quando la porta della cella venne riaperta, San Rocco era già morto. Prima di spirare, il Santo aveva ottenuto da Dio il dono di diventare l’intercessore di tutti i malati di peste che avessero invocato il suo nome, nome che venne scoperto dall’anziana madre del Governatore, che dal particolare della croce vermiglia sul petto, riconobbe in lui un parente.
Il Governatore, in definitiva era lo zio di San Rocco; in quanto fratello di suo padre o, secondo altre fonti, della madre (che era di origine lombarda); pentito ed amareggiato, organizzò una sontuosa cerimonia funebre e fece seppellire il nipote con tutti gli onori.
Sulla sua tomba a Voghera cominciò subito a fiorire il culto al giovane Rocco, pellegrino di Montpellier, amico degli ultimi, degli appestati e dei poveri.
Il Concilio di Costanza nel 1414 lo proclamò Santo.
Dal 1999 è attiva presso la Chiesa di San Rocco in Roma, dove è custodita una Insigne Reliquia del Braccio di San Rocco per volontà di Papa Clemente VIII, l’Associazione Europea “Amici di San Rocco” con lo scopo di diffondere il culto e la devozione verso il Santo della carità attraverso l’esempio concreto di amore verso i malati e i bisognosi.

Autore: Antonio Viccione

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Ed ancora un altro:

Nonostante la grande popolarità di San Rocco, le notizie sulla sua vita sono molto frammentarie per poter comporre una biografia in piena regola, comunque è possibile, grazie ai molti studi fatti, tracciare a grandi linee un profilo del nostro Santo, elaborando una serie di notizie essenziali sulla sua breve esistenza terrena. Tra le varie “correzioni” che sono state proposte alle date tradizionali (1295-1327), si è gradatamente imposta quella che oggi sembra la più consolidata: il Santo è nato a Montpellier fra il 1345 e il 1350 ed è morto a Voghera fra il 1376 ed il 1379 molto giovane a non più di trentadue anni di età. Secondo tutte le biografie i genitori Jean e Libère De La Croix erano una coppia di esemplari virtù cristiane, ricchi e benestanti ma dediti ad opere di carità. Rattristati dalla mancanza di un figlio rivolsero continue preghiere alla Vergine Maria dell’antica Chiesa di Notre-Dame des Tables fino ad ottenere la grazia richiesta. Secondo la pia devozione il neonato, a cui fu dato il nome di Rocco (da Rog o Rotch), nacque con una croce vermiglia impressa sul petto. Intorno ai vent’anni di età perse entrambi i genitori e decise di seguire Cristo fino in fondo: vendette tutti i suoi beni, si affiliò al Terz’ordine francescano e, indossato l’abito del pellegrino, fece voto di recarsi a Roma a pregare sulla tomba degli apostoli Pietro e Paolo. Bastone, mantello, cappello, borraccia e conchiglia sono i suoi ornamenti; la preghiera e la carità la sua forza; Gesù Cristo il suo gaudio e la sua santità. Non è possibile ricostruire il percorso prescelto per arrivare dalla Francia nel nostro Paese: forse attraverso le Alpi per poi dirigersi verso l’Emilia e l’Umbria, o lungo la Costa Azzurra per scendere dalla Liguria il litorale tirrenico. Certo è che nel luglio 1367 era ad Acquapendente, una cittadina in provincia di Viterbo, dove ignorando i consigli della gente in fuga per la peste, il nostro Santo chiese di prestare servizio nel locale ospedale mettendosi al servizio di tutti. Tracciando il segno di croce sui malati, invocando la Trinità di Dio per la guarigione degli appestati, San Rocco diventò lo strumento di Dio per operare miracolose guarigioni. Ad Acquapendente San Rocco si fermò per circa tre mesi fino al diradarsi dell’epidemia, per poi dirigersi verso l’Emilia Romagna dove il morbo infuriava con maggiore violenza, al fine di poter prestare il proprio soccorso alle sventurate vittime della peste.
L’arrivo a Roma è databile fra il 1367 e l’inizio del 1368, quando Papa Urbano V è da poco ritornato da Avignone. E’ del tutto probabile che il nostro Santo si sia recato all’ospedale del Santo Spirito, ed è qui che sarebbe avvenuto il più famoso miracolo di San Rocco: la guarigione di un cardinale, liberato dalla peste dopo aver tracciato sulla sua fronte il segno di Croce. Fu proprio questo cardinale a presentare San Rocco al pontefice: l’incontro con il Papa fu il momento culminante del soggiorno romano di San Rocco. La partenza da Roma avvenne tra il 1370 ed il 1371. Varie tradizioni segnalano la presenza del Santo a Rimini, Forlì, Cesena, Parma, Bologna. Certo è che nel luglio 1371 è a Piacenza presso l’ospedale di Nostra Signora di Betlemme. Qui proseguì la sua opera di conforto e di assistenza ai malati, finché scoprì di essere stato colpito dalla peste. Di sua iniziativa o forse scacciato dalla gente si allontana dalla città e si rifugia in un bosco vicino Sarmato, in una capanna vicino al fiume Trebbia. Qui un cane lo trova e lo salva dalla morte per fame portandogli ogni giorno un tozzo di pane, finché il suo ricco padrone seguendolo scopre il rifugio del Santo. Il Dio potente e misericordioso non permette che il giovane pellegrino morisse di peste perché doveva curare e lenire le sofferenze del suo popolo. Intanto in tutti i posti dove Rocco era passato e aveva guarito col segno di croce, il suo nome diventava famoso. Tutti raccontano del giovane pellegrino che porta la carità di Cristo e la potenza miracolosa di Dio. Dopo la guarigione San Rocco riprende il viaggio per tornare in patria. Le antiche ipotesi che riguardano gli ultimi anni della vita del Santo non sono verificabili. La leggenda ritiene che San Rocco sia morto a Montpellier, dove era ritornato o ad Angera sul Lago Maggiore. E’ invece certo che si sia trovato, sulla via del ritorno a casa, implicato nelle complicate vicende politiche del tempo: San Rocco è arrestato come persona sospetta e condotto a Voghera davanti al governatore. Interrogato, per adempiere il voto non volle rivelare il suo nome dicendo solo di essere “un umile servitore di Gesù Cristo”. Gettato in prigione, vi trascorse cinque anni, vivendo questa nuova dura prova come un “purgatorio” per l’espiazione dei peccati. Quando la morte era ormai vicina, chiese al carceriere di condurgli un sacerdote; si verificarono allora alcuni eventi prodigiosi, che indussero i presenti ad avvisare il Governatore. Le voci si sparsero in fretta, ma quando la porta della cella venne riaperta, San Rocco era già morto: era il 16 agosto di un anno compreso tra il 1376 ed il 1379.
Prima di spirare, il Santo aveva ottenuto da Dio il dono di diventare l’intercessore di tutti i malati di peste che avessero invocato il suo nome, nome che venne scoperto dall’anziana madre del Governatore o dalla sua nutrice, che dal particolare della croce vermiglia sul petto, riconobbe in lui il Rocco di Montpellier. San Rocco fu sepolto con tutti gli onori.
Sulla sua tomba a Voghera cominciò subito a fiorire il culto al giovane Rocco, pellegrino di Montpellier, amico degli ultimi, degli appestati e dei poveri.
Il Concilio di Costanza nel 1414 lo invocò santo per la liberazione dall'epidemia di peste ivi propagatasi durante i lavori conciliari.
Dal 1999 è attiva presso la Chiesa di San Rocco in Roma, dove per volontà di Papa Clemente VIII dal 1575 è custodita una Insigne Reliquia del Braccio destro di San Rocco, l’Associazione Europea Amici di San Rocco, con lo scopo di diffondere il culto e la devozione verso il Santo della carità attraverso l’esempio concreto di amore verso i malati ed i bisognosi.
Oltre a quello romano, altri centri rocchiani sono:
- l'Arciconfraternita Scuola Grande di Venezia, che ne custodisce il corpo
- il santuario di San Rocco della sua città natale di Montpellier
- l'Association Internationale che ha sede sempre in Montpellier e che aggrega e collega le diverse associazioni nazionali
- l'Associazione Nazionale San Rocco Italia che ha sede a Sarmato (PC), dove avvenne l'incontro col cane
- il Comitato Internazionale Studi Rocchiani che ha sede in Voghera (PV), località da cui prese avvio il culto.

Autore: Mons. Filippo Tucci, primicerio Chiesa San Rocco - Roma

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Augustinus
16-08-04, 18:07
http://www.cattolicesimo.com/immsacre/roc1.jpg http://www.insecula.com/PhotosNew/00/00/09/47/ME0000094716_3.jpg Giambattista Tiepolo, S. Rocco, 1730-1735, Courtauld Institute of Art Gallery, Londra

http://img521.imageshack.us/img521/1353/l640tiepolorochyt0.jpg Giambattista Tiepolo, S. Rocco, 1730 circa, The Philadelphia Museum of Art, Philadelphia

http://www.insecula.com/PhotosNew/00/00/09/47/ME0000094710_3.jpg Giambattista Tiepolo, S. Rocco, 1730-35, J. Paul Getty Museum, Malibu

http://www.cult.gva.es/mbav/data/0563.jpg Miguel March, S. Rocco soccorre gli appestati, 1660, Valencia

http://www.wga.hu/art/b/bassano/jacopo/st_roche.jpg Jacopo da Bassano, S. Rocco tra le vittime della peste e la Vergine in gloria, 1575 circa, Pinacoteca di Brera, Milano

http://www.wga.hu/art/a/andrea/murano/polyptyc.jpg Andrea da Murano, Polittico con i SS. Sebastiano, Vincenzo Ferrer, Rocco e Pietro martire, 1475 circa, Galleria dell'Accademia, Venezia

Augustinus
16-08-04, 18:28
http://www.wga.hu/art/c/cariani/sebastia.jpg Giovanni Cariani detto De Busi, S. Sebastiano tra i SS. Rocco e Margherita, Musée des Beaux-Arts, Marsiglia

http://www.wga.hu/art/g/giorgion/religion/02mad_ch.jpg http://img377.imageshack.us/img377/1217/madchilsi0.jpg http://www.museodelprado.es/uploads/tx_gbobras/p00288a01nf2005.jpg Giorgione (o Tiziano?), Vergine Maria con Bambino tra i SS. Antonio di Padova e Rocco, Museo del Prado, Madrid

http://www.wga.hu/art/r/rubens/13religi/54religi.jpg Pieter Pauwel Rubens, Altare di S. Rocco, 1623-26, St Maartenskerk, Aalst

Augustinus
17-08-04, 08:22
Da dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 991-992

16 AGOSTO

SAN ROCCO, CONFESSORE

La peste nera.

Tre anni di carestia, tre mesi di sconfitta, tre giorni di peste. La scelta concessa a Davide colpevole è per una di queste misure di espiazione (1Cr 21,12), che per la giustizia di Dio sono equivalenti. Lo spaventoso flagello, il quale fa più rovine in tre giorni che non ne facciano mesi di guerra e anni di fame, rivelò la sua lugubre preminenza nel secolo XIV e la peste nera coprì il mondo di un mantello di lutto, togliendogli un terzo degli abitanti. Certo però la terra non aveva mai meritato di più il terribile avvertimento, perché le grazie di santità, versate a profusione nel secolo precedente, non avevano frenato il tradimento dei popoli che momentaneamente e, rotta ogni diga, gonfiava il flutto dello scisma, della riforma, della rivoluzione, delle quali il mondo dovrà perire. Dio, percuotendo gli uomini peccatori, in quella vita dura e tuttavia misericordiosa, presentava il predestinato, che poteva scongiurare la sua vendetta e meritare di essere, fino ai tempi nostri il soccorso, che si invoca nelle grandi epidemie.

VITA - La vita storicamente esatta di san Rocco non è ancora stata scritta e sarà molto difficile, ancora per molto tempo, distinguere quello che è storico e quello che è leggendario nella Legenda Sancti Rochi, scritta da Francesco Diedo nel 1478, molto tempo dopo la morte del santo.
Nato a Montpellier verso il 1300, avendo, prima dei 20 anni, perduti i genitori, partì, per andare pellegrino al sepolcro degli Apostoli. Passato ad Acquapendente, dove infieriva la peste, vi si fermò per dedicarsi alla assistenza dei moribondi e poi, spostatosi a Roma, fu al servizio di un Cardinale. Nel ritorno si ammalò e, non volendo essere a carico di alcuno, si nascose in un bosco dove ricevette il necessario nutrimento da un cane. Rientrato a Montpellier, fu scambiato per un malfattore e gettato in prigione e ivi dimenticato. Morì in prigione, cinque anni dopo, e Dio manifestò allora la sua santità con miracoli, fino a farlo diventare uno dei santi più popolari e più onorati.

Orazione.

Nella tua bontà, ti supplichiamo, o Signore, difendi sempre il tuo popolo per i meriti di san Rocco, da tutti i contagi dell'anima e del corpo.

Augustinus
16-08-06, 14:09
SAN ROCCO

P. ANDREA D'ASCANIO o.f.m. capp.

PREFAZIONE

Pubblichiamo questa breve biografia di san Rocco perché crediamo nella attualità di questo santo la cui straordinaria potenza taumaturgica lo ha reso noto al mondo e lo ha fatto invocare - mai invano - nei secoli.

La mentalità ipercritica tanto in voga resta scettica quando si legge che san Rocco, entrando ad Acquapendente, iniziò la sua "vita pubblica" guarendo tutti dalla peste, e si scandalizza quando sente che tale prodigio si ripeté a Cesena, a Novara, a Roma, a Piacenza...

Oggi, con stile garbato ed equilibrato, si descrive Rocco come colui che "prodigò agli appestati la sua carità senza limiti, perché continuamente confinante nel miracolo" (Bargellini): espressioni che si perdono nel vago e nulla dicono.

Tutto quanto parla della Potenza di Dio - dall'apertura delle acque del Mar Rosso al parto verginale di Maria - è oggi "confinante" con la leggénda.

Lo scetticismo, l'ambiguità verbale, il razionalismo sono il segno di questi tempi in cui impera il materialismo e, come naturale conseguenza, regna la disperazione.

Ci sia concesso di credere, nonostante i tempi, nella continua azione di Dio nel mondo e nella veridicità della Parola: "Guarite gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi.... " (Mt. 10,80); "Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome imporranno le mani ai malati e questi guariranno... allora essi partirono mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l'accompagnavano "(Mc. 16,17 ss.).

L'obiezione è già nell'aria: "Guarire qualche malato va bene, ma intere città... e poi queste cose accadevano allora, in tempi particolari, quando la scienza era rudimentale... " e via di questo passo.

Nel Vangelo leggiamo più volte che Gesù, quando gli presentavano dei malati, "li guariva tutti': Che c'è di strano se continua a guarire "tutti" quando "opera insieme" con i suoi? C'è forse un limite all'azione di Dio? Che differenza, per l'Onnipotente, guarire dieci lebbrosi o guarirne diecimila?

La fede ci insegna che Dio è Amore onnipotente e non vuole il male. Siamo noi che facciamo scaturire il male, anche quello fisico, dal nostro egoismo e dalle nostre azioni insane. Dio è Padre e non manda il male per castigarci, ma piuttosto interviene con vigile tenerezza quando si accorge che il male da noi generato assume proporzioni catastrofiche. .

Il Suo intervento, normalmente, si realizza per mezzo delle "cause seconde", soprattutto di quei figli che Gli sono rimasti fedeli. E quando Dio interviene la nostra logica deve arrendersi, perché se Lui sceglie una creatura che Gli dice "si", questa scompare ed emerge solo la Potenza che in essa si manifesta: Sansone, Giuditta, David, ... Rocco sono solo dei "testimoni "di Dio e perciò Suoi strumenti efficaci per distruggere il male. E quando Dio agisce contro il male lo fa in pienezza, sia che esso si chiami Golia, o che si chiami Oloferne o peste nera.

Ciò chiarito, spieghiamo perché abbiamo parlato della attualità di San Rocco: oggi siamo schiacciati da mali gravi di vario genere, che la scienza medica non riesce ancora a debellare: ad esempio l'AIDS, che Montanelli ha ben definito "la peste del XX secolo':

Se i colpiti di AIDS, viste vane le cure ufficiali, si rivolgessero con umiltà fiduciosa a san Rocco, siamo certi che il nostro Santo sarebbe lieto di dimostrare che la Potenza dell'Amore del Padre in lui non si è esaurita.

Proviamo. In appendice riportiamo un'antica Novena al Santo, cioè nove preghiere da recitarsi, una al giorno, per nove giorni...

NASCITA E INFANZIA

Montpellier, nella Gallia Narbonense, è una delle città più antiche e caratteristiche della Francia meridionale. Notevole centro già al tempo dei Romani - e il colossale acquedotto ad archi sovrapposti ne è testimonianza - era famosa nel Medio Evo per la Scuola di Diritto Civile, per l'Accademia delle Scienze e per la Facoltà di Medicina, che rivaleggiava con quella famosissima di Salerno.

La tradizione di una fede viva e profonda era radicata nel popolo e ancor più nella nobiltà. Tra le famiglie più in vista per titolo nobiliare, per ricchezza e per integrità di costumi è a Montpellier la famiglia de La Croix. L'ultimo discendente di essa, Giovanni, non avendo eredi, vive nell'amarezza di veder finire ormai tutto quel suo mondo. Il suo dolore è condiviso dalla consorte Liberia che, ormai perduta ogni speranza umana, rafforza la sua preghiera al Cielo: entrambi sono giunti al termine degli anni, e la fede, pungolata dalla sofferenza e dall'umiliazione, li spinge ad una preghiera via via più umile e fiduciosa.

Come nel caso di Zaccaria e di Elisabetta, il Signore purifica lo spirito di questi giusti, affinché essi possano essere degni del gran dono che Egli sta per fare loro: nel 1295 un bimbo - Rocco - viene a rallegrare la vita dei due anziani coniugi, premio del Padre celeste per la loro rettitudine e per la loro fiduciosa richiesta. Che egli sia veramente un dono straordinario di Dio lo conferma una splendida croce di color rosso impressa sul lato sinistro del suo petto, croce che col tempo si ingrandirà ed accentuerà.

Il bambino viene educato ed istruito dai migliori insegnanti del tempo, come si conviene ad un giovane del suo rango; il babbo e la mamma curano la crescita del suo spirito, nella consapevolezza che il figlio che hanno avuto è "segnato" da Dio del Quale essi devono assecondare i disegni con tutte le loro forze.

La grazia di Dio, unita alla collaborazione dell'uomo, fa sì che Rocco "cresca in età, in sapienza e in grazia" (Lc. 2,52).

In quel figlio tanto desiderato i due santi genitori profondono tutte le loro ricchezze morali e spirituali; poi, quando hanno compiuto la loro missione, Dio li richiama a Sé.

Rocco ha appena vent'anni.

LA SCELTA: ROCCO COME FRANCESCO

Ben presto, sia per decoro di famiglia che per doti personali, Rocco potrebbe accedere ai primi posti nell'amministrazione della sua città, sino a raggiungere i più alti gradi del potere. Egli ha tutto: gioventù, cultura, ricchezza, nobiltà. Per un uomo del Medio Evo, e di ogni tempo, non può esserci nulla di più desiderabile.

Ma per chi anela alla Luce infinita dei cieli tutti gli splendori umani sono tenebra. Rocco ha una sete di infinito, di assoluto che nulla riesce ad appagare se non Dio. Per realizzare tale esigenza di spirito si fa terziario francescano, abbraccia cioè - pur restando nel mondo - l'ideale di vita evangelica di Francesco d'Assisi, impegnandosi a vivere i voti di povertà, castità e obbedienza.

Ci sono molti punti in comune tra i due giovani, ambedue ricchi, colti, interiormente alla ricerca di grandi ideali. Ma Rocco, sul piano umano, ha molto più di Francesco: oltre che ricco, egli è anche nobile.

L'aspirazione massima di Francesco, prima della conversione, era proprio quella di andare a combattere per guadagnarsi sul campo un titolo nobiliare che, unito alla ingente ricchezza di cui disponeva, gli aprisse la via al potere. La Luce di Dio lo folgorò, con una grave malattia, proprio durante il viaggio che, secondo i calcoli umani, avrebbe dovuto condurlo alla guerra, alla gloria, e quindi al sospirato blasone.

Cresciuto nella disciplina di Dio, Rocco non ha bisogno di scossoni traumatici - come avvenne per san Paolo, san Francesco, sant'Ignazio - per imboccare la via giusta. Più che ai grandi convertiti, egli è simile al giovane ricco del Vangelo che lealmente può dire di sé: "Ho osservato tutti i comandamenti fin dalla mia giovinezza" (Mt. 19,20) e merita così l'invito di Gesù: "Se vuoi essere perfetto, va', vendi ciò che possiedi e donalo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo, poi vieni e seguimi" (Mt. 19,21).

Ma, a differenza del giovane del Vangelo che "se ne andò molto triste..." per non aver avuto il coraggio di obbedire, Rocco non esita: va e distribuisce tutte le sue sostanze ai poveri. Lascia ad uno zio paterno i beni che non può alienare subito, le dignità, i privilegi e le cariche connesse al suo casato nobiliare.

Ora Rocco è finalmente libero.

Questo è facile a dirsi e a scriversi, ma solo in Cielo sarà dato di capire quante lotte il giovane deve aver sostenuto con i parenti, gli amici, i concittadini; quante accuse di tradire le speranze dei genitori, il prestigio del casato, gli interessi della città...

IL "SI" DI ROCCO

Rocco ha accettato in pienezza l'invito dello spirito; ora "non gli manca più nulla" per tendere alla perfezione. Si è fatto povero materialmente, ma nel "cielo", cioè nel suo spirito, ha accumulato un tesoro di Grazia che nessuno potrà mai rubargli e che fruttificherà sempre più.

Come Maria, Rocco ha detto il suo "si" all'Amore e l'Amore si è incarnato in lui. Ora inizia il suo lungo andare per portare l'Amore ai fratelli, come Maria fece con Elisabetta, con i pastori, con i Magi...

Povero e sconosciuto, diviene pellegrino di Dio.

I PELLEGRINI O "ROMEI" NEL MEDIO EVO

Le vie d'Europa erano allora percorse da moltissimi pellegrini che - o per adempiere un voto, o per lucrare indulgenze, o per un semplice proposito di santificazione - si mettevano in viaggio, fidando nell'aiuto di Dio e nella carità dei fratelli. Avevano un abito caratteristico: un mantello, una bisaccia per le elemosine, un cappello a larghe falde, un lungo bastone alla cui impugnatura era legata la zucca per l'acqua.

Le mete più frequenti erano Gerusalemme, San Giacomo di Compostella in Spagna, e soprattutto Roma.

Roma è la nuova Gerusalemme, la culla della fede cattolica, fecondata dal sangue di milioni di martiri, la città che Dio ha scelto per porvi il seggio del Suo Vicario. Ed anche se momentaneamente il Papato si è trasferito ad Avignone, Roma resta la meta obbligata di tutti i pellegrini che si approssimano ad essa cantando inni suggestivi e solenni. Riportiamo la traduzione di uno di questi inni, per avere un'idea della spiritualità dei pellegrini del tempo:

"O formidabile Roma, superba capitale del mondo, la più antica e la più insigne delle città; rossa del sangue dei martiri, bianca del candore immacolato delle vergini, noi ti salutiamo; ti benediciamo attraverso i secoli, sempre!

I pellegrini mendicavano il pane di porta in porta, riposando negli ospizi attrezzati per loro, ove ce n'erano. Questi ospizi si trovavano in quel tempo anche nei piccoli centri, ed il pellegrino vi veniva accolto in qualsiasi ora, perché potesse rifocillarsi e riposare prima di riprendere il cammino. Gli ospizi erano una delle tante realtà positive, scaturite dalla fede e dall'amore, che illuminano l'ingiustamente bistrattato Medio Evo.

Rocco è uno di quei romei, segni della fede e della spiritualità semplice e profonda del tempo. Inizia la sua avventura spirituale indossando una lunga tunica di color rosso ed un mantello insolitamente molto corto - forse per spirito di umiltà e di povertà, forse per spirito di penitenza - certamente non immaginando di lanciare la moda di una nuova foggia di mantello che, proprio da lui, prenderà il nome di "sanrocchino".

LA "PESTE NERA": FLAGELLO DEL MONDO

Rocco entra in Italia e si dirige verso Roma. Man mano che avanza attraverso la Liguria e la Toscana, entra in contatto con la più spaventosa realtà del tempo: la peste nera. Prima ancora di imbattersi nei malati viene a conoscere gli orribili effetti delle malattia dalle descrizioni di quanti fuggono dai luoghi già infetti, nella speranza di salvarsi dal contagio.

La peste nera era nata, per cause non precisate, in Asia; devastata la Cina, si era diffusa in India, in Persia, in Egitto, per bussare poi alle porte dell'Europa dopo aver fatto strage nell'arcipelago greco.

In Italia venne portata dai pellegrini reduci dalla Terra Santa, ma ancor più dalle navi delle repubbliche marinare che avevano scambi commerciali con l'Oriente. Pisa e Genova furono le prime città ad essere colpite; di lì il flagello passò in Toscana, in Umbria, in Romagna; dal Piemonte si diffuse nella Savoia e poi all'Alta Francia; da Marsiglia in Catalogna e in Spagna. Due anni dopo la sua apparizione la peste aveva invaso la Germania, l'Ungheria, la Polonia, la Danimarca, il Portogallo, l'Inghilterra e persino l'Islanda.

Secondo storici accreditati perì di peste un terzo della popolazione europea. Soltanto a Siena e dintorni i morti furono 70.000, a Parma 40.000, a Firenze oltre 100.000.

LA "PESTE NERA": SINTOMI ED EFFETTI

Il morbo si sviluppava in modo veloce e inarrestabile. Si manifestava con un bubbone nerastro o paonazzo sulle anche o sotto le ascelle.

Sintetizziamo da uno studio del Papon la descrizione degli effetti della malattia: "Tutto il corpo brucia in una febbre altissima ed è riarso da una sete divorante ed insaziabile. L'occhio si intorbidisce, la voce si fa rauca e il respiro diventa difficoltoso. Un continuo vomito scuote il malato in spasimi atroci. La pelle si annerisce e diventa viscida, emettendo da tutti i pori unfetore insopportabile. L’appestato muore tra strane e indescrivibili convulsioni":

Dallo studio del Causin, grande astrologo e medico del '300, riportiamo altri particolari: "...l 'ammalato non può sopportare tale flagello che per pochi giorni. Il volto impallidisce e questa tinta pallida preannunzia la morte che si appresta: prima del giorno fatale sembra che la morte si assida sul volto. Quando il male assale una casa qualche abitante solo gli sfugge appena... i malaticci e i mal nutriti cadono colpiti al primo soffio del male. Non vi è nulla che metta al sicuro dal flagello, né caldo né freddo, né salubrità del paese..."

Abbiamo descritto la terribile peste nera per far comprender quanto grande sarà l'opera di Rocco a favore degli appestati e quale atroce sofferenza

egli dovrà a lungo sopportare, quando sarà colpito dal morbo, senza morirne e senza guarirne.

ROCCO INFERMIERE

Attraversando la Toscana Rocco era venuto a sapere che la peste aveva invaso Acquapendente, la prima città che si incontrava andando da Siena a Roma lungo la via Cassia.

Volutamente vi si reca per prestare il suo servizio a coloro che ne erano stati colpiti, spinto da un grande sentimento di compassione per tanti fratelli sventurati. Presentatosi al sovrintendente dell'ospedale cittadino, chiede di essere ammesso al servizio degli appestati. Rocco sa che molto probabilmente non ne uscirà vivo; ma questa eventualità anziché atterrirlo lo sprona ancor di più: essere testimoni dell'Amore fino al martirio è sempre stata un'aspirazione degli uomini di Dio. Dare la vita per avere la Vita è la logica lineare dei santi; se a noi sembra strana è perché non siamo coerenti con la fede che diciamo di professare.

L’ospedale non aveva allora ambienti lindi, sale operatorie sterilizzate, stanze ariose e luminose in cui l'igiene e il lisoformio imperavano. Gli "ospedali" consistevano in genere in grandi ambienti in cui i malati venivano depositati e affidati alla pietà dei confratelli delle varie congreghe di carità, diffuse nel Medio Evo, che si prendevano cura di loro in nome di Dio. In caso di peste erano veri eroi che si immolavano consapevolmente: basti ricordare ad esempio che, nella peste di Siena del '500, dei dodici giovani che seguirono Bernardino da Siena nel servizio all'ospedale, rimase in vita solo il futuro santo.

Se si riflette sul fatto che "la pelle dell’appestato anneriva e sifaceva viscida ed emetteva da tutti i pori un fetore intollerabile "e che il dolore atroce spesso si manifestava "in urla disperate"; possiamo farci un'idea di quale fosse il clima degli "ospedali" nei quali venivano ammucchiati gli appestati.

In molti luoghi si usava bruciare erba e legna aromatiche nel mezzo delle camerate, nel tentativo di mitigarne il fetore, con l'unico risultato che i malati - come se il resto non bastasse - venivano anche affumicati.

Non c'è da meravigliarsi quindi se molti medici il più delle volte si rifiutavano di lavorare in tali luoghi, specie quando avevano coscienza dell'impotenza dei loro mezzi.

Chi aveva il soprannaturale coraggio di buttarsi nella bolgia degli "ospedali" in tempo di peste, veniva accolto a braccia aperte: Rocco inizia così la sua nuova attività di infermiere, anche se non ne ha il patentino ufficiale.

IL CAMPIONE DI DIO

Rocco, da campione di Dio, non va a combattere il male con mezzi umani, ma con la potenza della fede e dell'amore.

E' un testimone di Dio Amore dinanzi agli uomini che ha detto il suo "si" totale. Gesù, fedele alle sue promesse, lo testimonia dinanzi al Padre (Mt. 10,33), ottenendogli il dono di guarire ogni ammalato che egli segnerà sulla fronte benedicendolo con una particolare formula dettatagli da un Angelo e che si rifà al salmo 51. Secondo la tradizione la preghiera - fondamentalmente esorcistica - che Rocco scagliava contro il male considerato quasi un'entità fisica, sarebbe stata la seguente:

"Deus destruet te in finem; + evellet te, + et emigrabit te + de tabernaculo tuo, + et radicem tuam de terra viventium. In nomine Patris +, et Filii + et Spiritus Sancti + Amen":

La traduzione in italiano rende poco bene la potenza di questa preghiera, che suona più o meno così:

"Dio ti demolirà + ti strapperà + e ti farà uscire dalla tenda (in cui ti sei insediato: l'uomo, il corpo umano) + e ti sradicherà dalla terra dei viventi. Nel nome del Padre + del Figlio + e dello Spirito Santo + Amen".

Rocco, novello David, va incontro al male non con la forza della scienza umana - d'altronde tanto poca e tanto povera - ma nel nome del Signore, e il pestifero Golia deve fuggire dinanzi a lui. Il miracolo si ripete continuamente, e dall'ospedale in cui opera non vengon fuori cadaveri già semiputrefatti, ma creature vive e sane.

Rocco esce dall'ospedale e va per i fondaci, per le strade, per le case già segnate dalla morte. Tutti avvicina, e tutti coloro che son toccati da lui col segno della croce guariscono.

Quando la popolazione di Acquapendente si rende conto di quanto è accaduto e si convince che la peste è stata veramente debellata dal giovane pellegrino, va in cerca di lui, ma Rocco è scomparso. Consapevole di essere solo uno strumento di Dio fugge appena compiuta la sua missione: si è messo sulla scia di Gesù per conseguire la santità, e sa che essa poco si concilia con gli applausi.

Ma più Rocco si fa piccolo, più Dio lo esalta. Quel Dio che "rovescia i potenti dai troni e innalza gli umili" (Lc. 1,52) rinnova i prodigi in questo suo servo.

Il più "potente" del '300 è certamente la peste: .. al suo passaggio si inchinano fino a terra - anzi fino a sotto terra - re e condottieri, scienziati e mercanti, nobili e prelati. II più piccolo, il più "umile" è certamente Rocco: in lui il Padre dispiega "la potenza del suo braccio" (Lc 1,51) rendendolo espressione del Suo amore misericordioso. Rocco è ben conscio di avere ottenuto tale potere sulla peste e corre ovunque essa si manifesti. I prodigi di Acquapendente si ripetono a Cesena, a Rimini e in altre zone della Romagna, nel Lazio, a Roma.

La peste insegue gli uomini e li colpisce; Rocco va incontro alla peste e la distrugge togliendole le prede.

La sua fama si diffonde dappertutto, e ovunque scoppia la pestilenza si prega affinché giunga l'angelo francese. Ed egli giunge, guarisce e, a peste debellata, improvvisamente sparisce.

A Cesena viene dipinta su una tela la sua effigie e; partito lui dalla città, viene esposta alla pubblica venerazione nella chiesa dei Monaci Celestini. Dopo la sua morte, nella medesima città, verrà edificato un tempio in suo onore affidato in seguito al Terz'ordine di S. Francesco.

Saranno soprattutto i francescani, in particolare i Cappuccini, a diffondere il culto di San Rocco legato a Francesco come terziario e ancor più come vero seguace in spirito.

A ROMA

Roma, come già accennato, era la meta di Rocco e di tutti i pellegrini che - come lui - vedevano in essa la Città Santa che succedeva alla Roma imperiale sostituendo il potere spirituale a quello civile.

Ma Roma non aveva ormai più nulla di grande né sul piano civile né su quello religioso: trasferitosi il papato ad Avignone essa era caduta in un abbandono totale, devastata da lotte fratricide, con le chiese in degrado e senza alcuno che vi curasse l'ordine pubblico.

E’ stato scritto sulla Roma di quel tempo che “in S. Pietro ed al Laterano i greggi pascevano fino all'altare...”; Petrarca, contemplando la Città dalle Terme di Diocleziano, la descrive come “un vasto campo di macerie”; Cola di Rienzo la definisce "più un covo di ladroni che una sede di uomini civili".

Ora, dulcis in fundo, c'è anche la peste. Ma, per un misericordioso disegno della Provvidenza, c'è anche Rocco, e con la sconfitta della peste ha inizio il lento, sofferto cammino di rinascita di Roma.

S. Caterina, con diverso carisma ma con lo stesso amore, curerà l'altra grande piaga di spirito che l'esilio avignonese ha recato alla città.

I Santi sono sempre stati i grandi taumaturghi della Chiesa, e Rocco giunge dalla sorella Francia quale ambasciatore di Pace e di Amore quasi a riparare lo sconquasso che la Francia ha provocato a Roma ed alla Chiesa con il trasferimento del Papato ad Avignone.

Debellata la peste, Rocco resta a Roma per tre anni, pellegrino d'amore nelle catacombe e nelle chiese le cui vibrazioni di spirito sono sempre vive nonostante l'abbandono esterno.

Giuntagli notizia che nel nord d'Italia dilaga nuovamente l'epidemia, si incammina per la via Flaminia verso il Piemonte: tracce vistose del suo passaggio restano in particolare a Novara, la città più colpita. In seguito si sposta verso la Lombardia, sempre incalzando il suo avversario.

A PIACENZA

La Provvidenza lo porta a Piacenza, città tormentata prima che dalla peste da una continua discordia che la tirannide di Galeazzo Visconti esaspera sempre di più: odi, empietà, vizi sono piaga ormai incancrenita negli spiriti. Non c'è più neanche il Vescovo, inseguito all'interdetto pontificio che la città si era attirato per le tante violenze al clero.

Rocco vi si avvicina liberando via via dalla peste Caorso e tutti i paesini e i luoghi che incontra nel suo cammino. Il giovane taumaturgo sente che il "male" si sta concentrando a Piacenza, di cui conosce la spaventosa situazione spirituale, e si prepara in preghiera al grande impatto.

Si ritira nell'antica chiesina di S. Maria di Betlem - oggi Sant'Anna - e chiede l'aiuto del Cielo dinanzi all'immagine della Madonna del Parto. Maria gli appare in una grande Luce: "Rocco, servo di Dio, la tua preghiera sarà esaudita':

Rinfrancato dalla visione il giovane entra in città e comincia ad imporre il suo segno di croce sulla fronte degli ammalati, recitando la formula di benedizione. La grazia che da lui si sprigiona ha qui una potenza tutta particolare: il male fisico scompare e gli odi si attenuano; il nome del Signore viene di nuovo benedetto nel suo servo Rocco; la città, prima abbandonata ai lupi rapaci, ha di nuovo il suo Vescovo e pastore.

Ma il prezzo che Rocco dovrà pagare sarà pesante.

L'ORA DELLE TENEBRE

"Satana rispose al Signore: pelle per pelle; tutto quanto ha, l'uomo è pronto a darlo per la sua vita. Ma stendi un poco la mano e toccalo nell'osso e nella carne e vedrai come ti benedirà in faccia! Il Signore disse a satana: “Eccolo nelle tue mani! Soltanto risparmia la sua vita”. (Gb 2,4-6)

"Pelle per pelle" è la prova di Rocco. Egli non può più essere colpito nei beni esterni, perché di tutto si è spogliato; né può essere colpito nei suoi sentimenti più profondi, perché di tutto si è svuotato ed è pieno solo di umiltà. La sua prova sarà nella sofferenza fisica e nella capacità di perdono.

Mentre presta servizio presso gli ammalati nel pubblico ospedale di Betlem, accanto all'omonima chiesa in cui gli era apparsa Maria, in sogno gli si mostra un Angelo, che in nome di Dio gli dice: "Rocco, per amor mio hai patito tanti disagi... ora dovrai soffrire i tormenti e gli strazi del corpo"

E' l'annuncio della grande passione. Rocco si sveglia divorato dalla febbre e con un dolore lancinante all'inguine: è appestato!

Rocco dice il suo "fiat" e, ricoverato in ospedale, attende la morte ormai vicina ed inevitabile.

Sa che solo un miracolo lo ha preservato sino ad ora dal contagio, e nel più profondo del cuore desidera - come tutti coloro che hanno fatto esperienza di Dio - "sciogliere le vele" ed "essere liberato da questo corpo di morte" (Rm. 7,24).

Ma i giorni passano, la morte non sopraggiunge - anche questo è un miracolo - e le sofferenze aumentano in modo spasmodico. Il malato non riesce a trattenere i lamenti; il fetore classico che si sprigiona da lui è più ripugnante che mai. E' un'agonia atroce, esasperata ed esasperante, e gli altri malati - non appestati, perché quelli li ha guariti tutti lui - non sopportano più la sua presenza. Rocco viene costretto ad abbandonare l'ospedale.

Si trascina fuori, lungo le vie della città che ormai lo rifiuta: tutti i cittadini, al vederlo segnato dalle palesi manifestazioni della peste, temono che il contagio possa colpirli di nuovo per colpa sua e lo spingono fuori dalla città. Tra gli insulti di un popolo che poco tempo prima egli aveva guarito completamente e che ora lo rigetta senza pietà, Rocco si incammina verso la campagna. Il "benedetto colui che viene nel nome del Signore" (Gv. 12,13) con cui Piacenza lo aveva accolto al suo ingresso si tramuta ora in una maledizione e in un rigetto totale.

"Lo hanno fatto a me.. lo faranno anche a voi": Gesù si ripete nei suoi santi.

LE STIGMATE DELLA SANTITA'

“...e dopo dite: siamo servi inutili” (Lc. 17,10)

Rocco sa che la sua santità non si fonda sui miracoli che egli compie per mandato e carisma divino, ma sulla sua capacità di soffrire. Questa è per lui l'ora della sofferenza, come prima c'era stata l'ora dei miracoli.

Aggrappato al suo bordone da pellegrino si trascina sino ai boschi del castello di Sàrmato, a 18 km. da Piacenza, e si sistema alle men peggio in una casupola semidistrutta nascosta nel verde. Finalmente in pace, lontano dalle meschinità umane, si rifugia nel Padre Celeste in un abbandono totale alla Sua Volontà. Ritempra il suo spirito nella preghiera e pronunzia il suo incondizionato "Fiat".

Il Padre non disillude la fiducia di questo figlio sempre più eroico nell'Amore, e va incontro anche ai suoi bisogni materiali facendo scaturire vicino alla capanna una sorgente di acqua limpida per smorzare la sua tremenda arsura. Per il cibo provvederà in modo ancor più singolare.

IL CANE DI S. ROCCO

Gli uomini trattano Rocco "come un cane", ed è proprio un cane che riscatta la categoria trattando Rocco "come un uomo".

Il cane in questione fa parte della numerosa muta che Gottardo Pallastrelli - patrizio lombardo, uomo di profonda fede, signore del castello di Sàrmato - alleva per i suoi giochi di caccia. E' un cane di razza, tra i preferiti, e per questo ha libero accesso alla mensa del padrone.

Un giorno Gottardo vede il suo cane prendere un pane dalla tavola e scappar via. La scena si ripete per più giorni ed il Pallastrelli, incuriosito, decide di seguire la bestia per vedere che fine facciano quei pani; scopre così il rifugio di Rocco al quale, malato e sofferente, il cane passa il pane rubato.

Il Pallastrelli, nobile di nome e di fatto, capisce la lezione e si avvicina al malato per soccorrerlo, ma questi gli intima di fermarsi: "Sono appestato. Allontanati, se non vuoi contrarre il male".

LA LUCE SI COMUNICA: GOTTARDO ENTRA IN CRISI

Gottardo entra in crisi. Proprio per paura della peste era uscito da Piacenza e si era rifugiato in Sàrmato. Ma ha anche paura di perdere la Luce dello spirito che ha visto balenare in quello strano appestato che invita chi vuole aiutarlo ad allontanarsi per non essere contagiato.

Intuisce che sotto le spoglie di quel malato abbandonato c'è un campione di Dio: il miracolo del cane glielo conferma. Ma la paura della peste è grande.

Passa la notte insonne, combattuto da diversi sentimenti. Come S. Francesco alla vista del lebbroso, vorrebbe fuggire; ma sa che se non supera quella prova perde una grande battaglia nello spirito. Sente con chiarezza che quella è la "sua" prova, e che non può rifiutare quel calice che il Padre gli porge senza tradire la sua fede e la sua coscienza di uomo.

E' una battaglia dura, ma Gottardo la combatte da vero nobile e la vince. Il mattino seguente torna da Rocco e instaura con lui un rapporto di amicizia che con il tempo diventa venerazione; si convince sempre più che quell'appestato tanto male in arnese è veramente un santo, e lo elegge a padre e guida del suo spirito.

LA SCUOLA DELLA SANTITA'

La santità è una scuola nella quale non è possibile fare progressi senza un maestro. Gesù è il Maestro per eccellenza, e in Lui diventano maestri coloro che hanno superato tutte le prove che l'egoismo, la carne, il mondo, l'orgoglio e 1’”avversario” frappogono.

E' una scuola difficile: "Chi vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda ogni giorno la sua croce e mi segua" (M c. 8,34).

E' una scuola che capovolge tutti i valori umani: "Beati i poveri in spirito, beati i miti, beati i perseguitati..." (Mt. 5,3 ss.).

Da questa scuola - se si superano tutti gli esami - si esce trasformati dopo un processo di morte e di resurrezione: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal. 2,20).

E' una scuola dura. Ad un giovane che diceva al Padre Pio da Pietrelcina: "Padre, voglio farmi santo!" il frate, con l'arguzia che gli era propria, rispose: “Vagliò, hai scelto nu brutto mestiere”.

Che sia un "brutto mestiere "se ne accorge ora Gottardo che chiede a Rocco di guidarlo alla santità, senza sapere bene cosa lo aspetti.

Rocco conosce la strada della santità, l'ha percorsa e la sta ancora percorrendo. Con la chiarezza essenziale che è propria degli uomini di Dio ripete al giovane Gottardo l'invito del Vangelo già a suo tempo rivolto a lui: "Se vuoi essere perfetto, va, vendi ciò che possiedi e donalo ai poveri... ".

Il giovane ricco “va”. vende quanto possiede, abdica ogni suo diritto e torna dal maestro per comunicargli questa sua prima vittoria. Ma non fa in tempo a rallegrarsi del risultato conseguito che sente rivolgersi un ulteriore invito: "Vestiti da povero pellegrino; come me, e va nella tua Piacenza a mendicare il pane di porta in porta":

Il giovane non più ricco di denaro, ma ancora pieno di sé, stringe i denti e si prepara a questa ulteriore spoliazione, molto più bruciante della prima. Ma in lui c'è la tempra del combattente che non fugge dinanzi al nemico, anche se questi è ora dentro di lui.

Obbedisce ancora, e torna in città da povero pellegrino, elemosinando qualcosa da mangiare. Più che elemosine raccoglie insulti. Bussa allora alla porta di un nobile suo intimo amico - forse sperando da questi comprensione e conforto - ma l’"amico" lo aggredisce in modo grossolano, lo taccia di pazzia e lo fa cacciare dai servi.

E' il colpo di grazia per la povera vecchia umanità di Gottardo che torna dal suo maestro e gli narra quanto è accaduto. Ha obbedito in tutto; ma ora è distrutto: che altro deve fare?

Rocco sorride: il discepolo ha superato brillantemente tutte le prove di questa fase iniziale della converione. Ora Gottardo è veramente suo figlio nello spirito; in lui, interiormente morto, comincia a vivere Gesù, l'Amore umile e totale.

Rocco abbraccia e conforta questo figlio eroico in cui ritrova se stesso e al tempo stesso, con la potenza dello Spirito che vive nei santi, emette un verdetto pesante per la città che disprezza e scaccia l'Amore: "La peste tornerà in Piacenza... colui che ti ha più offeso sarà colpito tra i primi":

Il cane, unica espressione di amore in tanto squallore, d'ora in avanti porterà non uno ma due pani.

"GUAI A TE, PIACENZA..."

"Guai a te Corazin! Guai a te Betsaida. Perché, se a Tiro e a Sidone fossero stati compiuti i miracoli che sono stati fatti in mezzo a voi..." (Mt. 11,21).

Piacenza è nuovamente devastata dalla peste. Tra le prime vittime che il morbo miete c'è l'amico di Gottardo, colui che più di ogni altro lo aveva disprezzato.

Questa epidemia è assai più grave della precedente perché trova gli abitanti già prostrati, ed in breve la città è tutta un lazzaretto.

Rocco sa ciò che sta accadendo. Sa anche che è ancora vivo in lui il carisma di debellare la peste, e che solo lui può salvare Piacenza.

La nostra umanità che si pasce di odio e si nutre di vendetta, ci farebbe gridare: "Ben gli stà! Se lo sono meritato! Così impareranno un'altra volta!", e citeremmo magari qualche brano della Scrittura per avvalorare la nostra durezza "pedagogica". Ma la pedagogia di Dio non è la nostra, come le sue vie non sono le nostre vie. Dio è Amore, Dio è Padre, Dio è perdono, Dio è misericordia, e "tanto più noi ci ostiniamo a peccare, tanto più Lui si ostina a perdonarci".

Rocco ormai non c'è più, in lui c'è Gesù - la Misercordia del Padre - ed egli, trascinandosi aggrappato al bastone da pellegrino, rientra a Piacenza.

LA "VENDETTA" DI ROCCO

"Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno... ". Le folle, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornavano percuotendosi il petto. (Lc. 23,34 ss.)

Rocco si aggira a fatica tra i malati dell'ospedale; sorride a tutti e ad ognuno pone il sigillo di Dio. Alla sua benedizione i malati si alzano e la peste rallenta il suo cammino di morte. L'uomo di Dio si rende conto che non ce la fa ad avvicinare uno ad uno tutti gli infermi, ed allora segna e benedice con la croce le mura dei lazzaretti, delle case, degli edifici pubblici. La potenza di miracolo che da lui scaturisce scioglie il male. Con potenza nuova il Padre del cielo testimonia questo figlio generoso che manifesta l'Amore e che con l'Amore sconfigge il male fisico e scioglie il gelo dei cuori.

La peste è vinta, ma soprattutto sono vinti i cuori dei Piacentini che finalmente riconoscono il torto commesso e decretano il trionfo per il loro salvatore.

Ma a Rocco non piacciono i battimani, non gli sono mai piaciuti. Ha obbedito all'Amore, ha testimoniato l'Amore, ha portato a tutti l'Amore. La sua missione è compiuta, il resto è cronaca che non lo sfiora.

Ritorna nella sua capannuccia, con la consapevolezza di aver vinto la sua battaglia; la pace del cuore e la gioia profonda che il Padre dà ai suoi testimoni sono l'unica ricompensa che egli cerca.

LA PESTE NEL BOSCO

Rocco torna nel suo eremo, lontano dal frastuono degli uomini, lieto ma estenuato dalla lunga lotta col suo pestifero nemico. Spera di potersi riposare un po', dopo averlo debellato ancora una volta; ma con sorpresa se lo ritrova dinanzi in veste nuova: vede venirgli incontro ogni specie di animali del bosco che faticosamente gli si avvicinano e gli si accucciano ai piedi guardandolo con gli occhi quasi spenti, come a chiedere aiuto. Capisce subito che anche le bestie sono state colpite dal contagio: la epizoozia - peste degli animali - che si manifesta con sintomi un po' diversi ma egualmente catastrofici. Egli sorride e benedice queste creature che, liberate dal male, gli fanno festa ringraziandolo a modo loro e poi rientrano nel fitto del bosco.

Viene alla mente Francesco che parla con gli uccelli, che toglie i vermicelli di mezzo la strada perché non vengano calpestati; che va in giro seguito passo passo dalla pecorella che gli è stata donata; che libera le tortorelle esortandole a non farsi più catturare.

L'episodio degli animali guariti conferma ancora di più che lo spirito di Francesco vive in pienezza in Rocco e questo ci rende la sua figura più cara e vicina.

LA LUCE SI ESPANDE: I DISCEPOLI

I Piacentini, dopo la seconda ondata di peste ed il nuovo, generoso intervento di Rocco, hanno finalmente aperto gli occhi dello spirito: cominciano a vedere nella giusta dimensione il povero pellegrino francese e con lui il nobile loro concittadino che tanto hanno disprezzato.

La santità è contagiosa non meno della peste, perché la santità è Amore e l'Amore è più forte di tutto: la capannuccia del bosco diviene meta di visitatori sempre più numerosi.

La morte vista da vicino e miracolosamente allontanata ha fatto riflettere tutti; la vita comincia ad acquistare per loro il giusto significato, e sulle orme di Gottardo molti vanno a scuola dal maestro che, pur nella sua umiltà, non può negare la parola di Grazia a quanti vanno a lui con animo retto.

Intorno a Rocco ed a Gottardo si crea un vero cenobio che ci riporta al primo monachesimo della Tebaide: la selva si riempie di piccole capanne. Rocco accoglie quanti a lui vanno e trasmette loro, come ha fatto con Gottardo, il fuoco di Dio. Piacenza, che era stata colpita dall'interdetto pontificio per le azioni empie e sacrileghe di Galeazzo Visconti e dei suoi fautori, torna a respirare un'aria di pace e di fede.

Ma Rocco sa che il suo compito non è di fondare ordini religiosi né di fare il maestro di spirito a vita; la sua vocazione è di andare per le vie di Dio, pellegrino d'Amore umile e solo: vuole essere maestro solo di umiltà e di adesione alla volontà dell'Altissimo.

Egli è stato il seme che in quel bosco ha vissuto una lunga e allucinante agonia, perché la vita e l'Amore tornassero nella disastrata Piacenza; il seme è morto e si è moltiplicato portando molti frutti in Gottardo e negli altri che lo hanno seguito. La sua missione è finita.

Come Francesco non permetteva che ci fossero poveri più poveri di lui e scambiava il proprio abito con chiunque lo avesse più malandato del suo, Rocco vuole l'ultimo posto. Ha ben capito che la santità ha uno dei suoi cardini principali nella "piccolezza" e incarna la massima aurea dell’”Imitazione dei Cristo”: "ama essere ignorato e reputato un nulla"

TERMINA L'ORA DELLE TENEBRE

La passione di Rocco è stata amara e lunga: l'angoscia dello spirito nella costatazione di essere appestato, il rinnegamento dei beneficati, l'apparente abbandono di Dio, l'orribile agonia del corpo durante i lunghi mesi in cui è rimasto vittima della peste senza morirne ma con tutte le manifestazioni e le atroci sofferenze che il morbo comporta....

La grande "ora delle tenebre" viene sciolta dall'Amore mediante le parole "Padre, perdona loro" che Rocco pronunzia nel suo ritorno in città, durante la seconda pestilenza. L'Amore ha vinto, e gli uomini tornano alla casa del Padre battendosi il petto: "Veramente quest'uomo è un servo di Dio!':

Gesù risorto vince la morte che ha affrontato in un "prodigioso duello" ; Rocco, guarito, è il trionfatore della peste che ha affrontato e vinto, nel nome di Gesù, in un duello durato sette anni.

Gesù, risorto, sale al Padre. Rocco, guarito, torna nella sua terra ove altre prove ed altre agonie lo attendono. Non è ancora giunta l'ora del suo "Tutto è compiuto":

A Piacenza resta di lui l'effigie che Gottardo, esperto nella pittura, ha raffigurato sulle mura della chiesina di S. Maria di Betlem, a lui tanto cara. E' l'immagine più verosimile del pellegrino francese: di statura media, occhi grandi, barba rossa e rada, proporzionato nella persona.

IL COMMIATO

ROCCO CONTINUA IN GOTTARDO

Come Gesù, dopo la resurrezione, prima di tornare al Padre resta ancora un poco con i suoi per esortarli e confermarli, così fa Rocco con quanti gli si sono riuniti attorno. Particolare premura usa con Gottardo, il discepolo prediletto, colui che lo ha seguito più da presso ricalcando senza titubanze le sue orme sanguinanti, colui che dovrà continuarlo in pienezza.

Gottardo è la "lettera" (2 Cor, 3,2) che Rocco scrive al mondo e che al mondo invia dopo aver profuso in lui il suo spirito, come Elia con Eliseo (2 Re 2,9).

Gottardo non tradisce la fiducia e l'amore riposti in lui: resta come guida ai fratelli eremiti fino a quando non andrà anch'egli per le vie del mondo, pellegrino di Dio. Si fermerà sulle Alpi e santificherà quei monti con la sua presenza.

In Cielo conosceremo i particolari della sua vita di pellegrino e di eremita; qui sulla terra la splendida cima del San Gottardo - alla quale egli ha dato il nome - attesta a tutti che il giovane patrizio piacentino ha portato splendidamente a termine la sua scalata alla Grande Montagna di Dio.

Nel discepolo è glorificato il maestro, nel figlio il padre nello spirito. San Gottardo è la testimonianza più viva della santità di Rocco.

LA RESURREZIONE

A Sàrmato ormai è troppo ricercato, troppo onorato, sente che deve ricominciare ad andare; ma come fare se è ancora attanagliato dalla peste?

Il suo fisico è stremato, il bubbone all'inguine gli rende tormentoso ogni passo, i sintomi del male sono evidenti sul suo volto e sulla sua pelle.

Rocco prega il Padre del Cielo: se è Sua volontà che egli riprenda il cammino, lo liberi dal male. Durante la notte, mentre riposa, il fedele Gottardo ode una voce dolce e chiara che dice: “Rocco, la tua preghiera è stata esaudita; sei libero da ogni male, torna al tuo paese”.

Quando Rocco era stato colpito dalla peste, un angelo gli aveva preannunciato in sogno la sofferenza. Un angelo ora, sempre nel sonno, gli predice la fine della grande prova.

Così come si era svegliato divorato dalla peste, ora si sveglia totalmente guarito: "Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore!" ripete il novello Giobbe e si prepara alla partenza, in obbedienza alla voce dello Spirito che lo chiama a nuove battaglie, per testimoniare ancora l'Amore.

Non dobbiamo meravigliarci né sorridere degli interventi degli Angeli e dei loro messaggi durante il sonno. La Scrittura ce ne dà numerosi esempi: "Ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore egli disse: Giuseppe..." (Mt. 1„20); "Un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: Alzati, prendi con te il bambino e sua madre..." (Mt. 2,13).

Dobbiamo tornare ad una Fede meno freudiana e più semplice, ed allora ci sarà facile capire che, anche quando il corpo riposa, lo spirito veglia: "Il cuore (spirito) vegli con Cristo, il corpo riposi nella pace" leggiamo nell'antifona di Compieta. Il nostro spirito durante la notte è vigile, e nel sonno entra più facilmente in contatto con il mondo del soprannaturale perché le interferenze del corpo sono limitate.

A MONTPELLIER: IN CARCERE

Rocco rientra in Francia e si dirige verso la sua città natale.

Quando era venuto in Italia si era subito imbattutto nella peste che devastava città e paesi; era vissuto sette anni a contatto con quel terribile morbo portandone le stigmate nel proprio corpo e riuscendo infine a debellarlo.

Al suo ritorno in patria entra in contatto con la peste dell'odio che sta dilaniando tutte le contrade della sua terra. Sono in ballo troppi interessi, anche di altre nazioni, ed è tutto un susseguirsi di guerre e di guerriglie; si respira un clima di tensione, di diffidenza, di rappresaglia continua. Per combattere questo morbo, peggiore della peste, Rocco in seguito accetterà ed offrirà - in atto di amore puro - una assurda condanna al carcere a vita, che avrà termine con la sua morte dopo cinque anni di prigionia.

E'giunto a Montpellier più povero di quando ne era uscito; lacero e macilento, porta il segno della sua malattia, delle tante sofferenze, del lungo peregrinare. Nessuno può pensare che in quel povero si nasconda il nobile de La Croix che appena sette anni prima era partito da lì, pellegrino dignitoso, non compreso dai più ma ammirato da tutti.

Fermatosi a riposare su un banco di pietra, al centro della città, sospettato da alcune guardie di dal governatore, che è lo zio in favore del quale egli aveva rinunciato a tutti i diritti di famiglia.

egli aveva rinunciato a tutti i diritti di famiglia. Lo zio non riconosce il nipote e questi non svela la sua identità: forse anche per questa sua reticenza a parlare di sé viene ancora più sospettato di spionaggio e condannato al carcere a vita. Rocco comprende che la Provvidenza lo ha condotto in patria per purificare con la sofferenza la sua terra inquinata dall'odio, come aveva fatto nell'Italia devastata dalla peste. Perciò, come Gesù non si difese dinanzi a Pilato e non fece nulla per evitare la sua passione, anche egli tace dinanzi all'inquisitore.

Condotto in carcere è relegato nella cella più malsana e buia. Il disagio materiale è nulla al confronto di quello morale: per i carcerieri e per gli altri detenuti egli è la "spia", il nemico della patria. Questa è certamente la sofferenza più atroce che Rocco abbia mai provato; egli è un nobile e un francese, e se per un vero nobile l'onore è tutto, per un vero francese la patria è più che tutto.

Questo è l'ultimo colpo di cesoia con cui il Padre - il "potatore" degli spiriti (Gv. 15, 1), stronca la sua residua parte di umanità, la più nascosta, quella che era incarnata nel più profondo del suo essere: l'onorabilità e l'amore per la patria.

Ora Rocco è veramente come Gesù, l'uomo del dolore in assoluto; è il "figlio dell'uomo" in dimensione universale, senza limitazione alcuna di razza e di patria.

LA MORTE

Il Padre del cielo lo ha donato ai fratelli quale suo messaggero di vita e di perdono. Ora lo vuole per Sé, e trova il modo di allontanarlo dal mondo: permette che lo segreghino nella cella più interna del carcere, ove nessuno può entrare in contatto con lui.

Rocco dice il suo "si" senza reagire, senza cercare di difendersi. Gli sarebbe facile dimostrare chi egli è, ed avere liberazione ed onore in luogo del carcere con l'accusa infamante di spia e di nemico della patria. Ma egli è alla sequela di quel Gesù che dinanzi ai giudici non si scusò né sfuggì la passione che lo attendeva: " Jesus autem tacebat "(Mt. 26,63) ed anche Rocco tace, timoroso di guastare i disegni del Padre. Egli vuole solo essere simile a Gesù ed a Gesù crocifisso.

I cinque anni di prigionia che lo attendono sono i più proficui per il suo spirito che finalmente può spaziare nei cieli di Dio, in una unione totale che da sempre egli ha cercato.

Certo, l'umiliazione è pesante, la cella è umida, il cibo tutt'altro che raffinato; ma egli è rotto ormai ad ogni sofferenza e nulla gli pesa se non il distacco dal suo Dio, al Quale anela con tutte le sue forze.

E giunge la sua ora, l'ora tanto desiderata della vera liberazione. Il suo spirito è nella pace più profonda, perché in esso riecheggia ormai il "Tutto è compiuto" (Gv. 19,30) del Maestro.

Chiede ed ottiene di confessarsi e di comunicarsi, e trascorre gli ultimi tre giorni in una profonda quiete. Una luce sfolgorante fuoriesce a sprazzi dalla cella richiamando l'attenzione del carceriere e di altri.

Ci si comincia a chiedere chi sia in realtà quel prigioniero tanto silenzioso e umile attorno al quale si verificano questi strani fenomeni. La notizia esce dal carcere e dilaga in città; si decide di rivedere il processo del pellegrino che da molti comincia ad essere definito "santo".

Ma, quando l'apparato burocratico sta per prendere in considerazione la "vox populi", è troppo tardi: in uno sfolgorio di luce più vistoso dei precedenti Rocco entra nella libertà dei figli di Dio, la sola cui aspirava in pienezza.

Tutte le campane della città iniziano da sole a squillare a distesa, e quest'ultimo prodigio fa esplodere la cittadinanza che si assiepa dinanzi al carcere. Finalmente le autorità, con in testa lo zio di Rocco, si affrettano ad andare nelle carceri per esaminare il caso. Trovano solo il corpo disteso nella quiete della morte: la croce rossa stampata sul petto, più splendente e marcata che mai, svela finalmente il mistero.

I funerali, fastosissimi, richiamano folle e folle di fedeli che rendono omaggio per più giorni alla salma del "santo", come viene ora chiamato da tutti.

Il pellegrino di Dio diviene meta di un pellegrinaggio che proseguirà ininterrotto nei secoli.

DOPO LA MORTE: LA DIFFUSIONE DEL CULTO

Il boom di san Rocco si è verificato dopo la morte, in occasione del Concilio di Costanza (1414). In quella città della Germania si erano riuniti tutti i vescovi e i "grandi" del tempo: l'imperatore, i principi cattolici, i più rinomati teologi, le personalità più in vista d'Europa.

Un'epidemia di peste, scoppiata con improvvisa ed eccezionale virulenza, gettò tutti in una profonda angoscia. Si era già deciso di sospendere il Concilio per dare a ciascuno la possibilità di salvarsi nella fuga, quando qualcuno suggerì di ricorrere all'intercessione di Rocco, ricordando i prodigi da lui compiuti in Italia.

Il terrore della morte è sempre stato un ottimo incentivo per la Fede, e di fatto si comincia ad invocare il pellegrino francese - ancora non proclamato santo dalla Chiesa - organizzando una processione can la sua immagine. Al termine della processione - a detta degli annalisti - "la peste scomparve come per incanto".

E' naturale che tutti i partecipanti al Concilio, al termine dello stesso (1418), tornando in patria, abbiano propagandato in modo entusiastico la devozione a San Rocco del quale avevano sperimentato la potenza di intercessione: il culto al santo acquista allora una dimensione ecclesiale, cioè universale.

LE RELIQUIE

Le reliquie hanno risentito della popolarità del Santo: ogni città, ogni chiesa desiderava almeno un pezzetto delle sue ossa, nella fiduciosa convinzione che ciò sarebbe stato garanzia maggiore contro il male. Di conseguenza, le sue reliquie sono state sezionate, donate, vendute, rubate, forse... moltiplicate, e tracciarne la storia è problematico.

Secondo la tradizione antica sarebbero state divise tra Montpellier ed Arles. Quelle rimaste a Montpellier sarebbero poi state rubate con un blitz rocambolesco effetuato da dodici veneziani travestiti da pellegrini e trasportate via mare a Venezia, dove venne edificato in onore del santo uno splendido tempio.

Da Arles parte delle reliquie avrebbero poi raggiunto Granata in Spagna, Parigi, Douai, Torino, Anversa, Cesena, Roma, Versailles. Da Venezia, nel sec. XIX, la "tibia della gamba destra" fu donata - forse per uno scrupolo postumo - a Montpellier che, dopo il "sacro furto", era rimasta senza alcun resto mortale del santo.

Abbiamo accennato alla travagliata storia delle reliquie non tanto per tentare di ricostruire la mappa della loro dislocazione, quanto per confermare la diffusione del culto di san Rocco che è rimasto vivo e fattivamente attivo fino al XIX secolo.

Basti pensare che san Rocco condivide con san Gennaro il patronato di Napoli, con decreto pontificio del 24 luglio 1856 firmato da Pio IX dietro richiesta del sindaco, del cardinale arcivescovo Riario-Sforza e del re Ferdinando II Re delle due Sicilie, dopo che la città venne liberata dal colera che l'aveva dilaniata nel 1854-55.

Il colera regredì rapidamente sino a scomparire dopo una processione fatta in onore del santo, e a cui parteciparono tutte le autorità.

I perché di tanta devozione sono due e facilmente intuibili: - peste, colera e affini facevano paura; - la devozione a san Rocco era realmente efficace contro questi mali umanamente senza rimedio.

Ora la peste sembra scomparsa assieme alla fede, ma in realtà, come accennavamo, ha solo cambiato nome e travaglia ancora l'umanità. In attesa che la scienza trovi i rimedi idonei per i mali attuali, rinnoviamo l'invito ad una confidente, umile devozione a san Rocco, con la profonda convinzione che non resterebbe senza risposta.

SAN ROCCO E LA CRITICA ODIERNA

Gli autori moderni hanno messo in dubbio vari aspetti delle vicende storiche riguardanti la vita di san Rocco, in modo particolare il nome della famiglia, il tempo della nascita, il luogo della detenzione e morte, la ubicazione delle reliquie. Fortunatamente nessun "critico" ha messo in dubbio la sua esistenza reale, ed è già molto. Secondo alcuni la vita terrena di Rocco va collocata non nella prima metà del sec. XIV, ma nella seconda, durante la quale si hanno notizie "storiche" della famiglia La Roche, che sarebbe il cognome vero del santo, e non La Croix.

Altri ritengono che il luogo della detenzione e della morte non sia stato Montpellier, ma Angera, sul lago Maggiore. I veneziani avrebbero acquistato le reliquie dagli abitanti di Angera.

Inoltre il concilio durante il quale avvenne il miracolo non sarebbe stato quello di Costanza (1414), ma, quello di Ferrara tenutosi nel 1439.

Anziché perderci in ricerche e dispute che non potrebbero comunque mai portarci alla verità storica in assoluto ma che invece, a lungo andare, potrebbero dissacrare la Verità dello Spirito, ci siamo attenuti alla linea tradizionale.

Che importa a noi se Rocco è nato qualche anno prima o dopo; se apparteneva alla famiglia La Croix o La Roche; se è morto ad Angera o a Montpellier?

Rocco è santo, il suo nome è scritto in cielo, la sua realtà non appartiene più al tempo umano ma all'eterno presente di Dio, nel quale vive ed opera.

Invece che negli archivi - che nulla ci danno di certo al riguardo - preferiamo leggere la storia di Rocco nelle oltre 3.000 chiese a lui dedicate, negli innumerevoli altari a lui consacrati, nelle tante congreghe a lui intestate, nelle statue che lo raffigurano, negli innumerevoli miracoli che ha compiuto e che continua a compiere a gloria del Padre che nel Suo servo fedele vuole continuare a testimoniarsi.

EDIZIONI «NIDI DI PREGHIERA» Casella Postale 135 - L'Aquila

FONTE (http://www.preghiereagesuemaria.it/santiebeati/san%20rocco.htm)

Augustinus
16-08-06, 17:05
S. Benedetto Giuseppe Labre (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=144774): altro santo pellegrino

S. Giacomo il Maggiore (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=112247): santo protettore, per antonomasia, dei pellegrini

S. Sebastiano (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=81626): altro santo protettore contro la peste

Augustinus
19-08-07, 13:22
St. Roch

Born at Montpellier towards 1295; died 1327. His father was governor of that city. At his birth St. Roch is said to have been found miraculously marked on the breast with a red cross. Deprived of his parents when about twenty years old, he distributed his fortune among the poor, handed over to his uncle the government of Montpellier, and in the disguise of a mendicant pilgrim, set out for Italy, but stopped at Aquapendente, which was stricken by the plague, and devoted himself to the plague-stricken, curing them with the sign of the cross. He next visited Cesena and other neighbouring cities and then Rome. Everywhere the terrible scourge disappeared before his miraculous power. He visited Mantua, Modena, Parma, and other cities with the same results. At Piacenza, he himself was stricken with the plague. He withdrew to a hut in the neighbouring forest, where his wants were supplied by a gentleman named Gothard, who by a miracle learned the place of his retreat. After his recovery Roch returned to France. Arriving at Montpellier and refusing to disclose his identity, he was taken for a spy in the disguise of a pilgrim, and cast into prison by order of the governor, -- his own uncle, some writers say, -- where five years later he died. The miraculous cross on his breast as well as a document found in his possession now served for his identification. He was accordingly given a public funeral, and numerous miracles attested his sanctity.

In 1414, during the Council of Constance, the plague having broken out in that city, the Fathers of the Council ordered public prayers and processions in honour of the saint, and immediately the plague ceased. His relics, according to Wadding, were carried furtively to Venice in 1485, where they are still venerated. It is commonly held that he belonged to the Third Order of St. Francis; but it cannot be proved. Wadding leaves it an open question. Urban VIII approved the ecclesiastical office to be recited on his feast (16 August). Paul III instituted a confraternity, under the invocation of the saint, to have charge of the church and hospital erected during the pontificate of Alexander VI. The confraternity increased so rapidly that Paul IV raised it to an archconfraternity, with powers to aggregate similar confraternities of St. Roch. It was given a cardinal-protector, and a prelate of high rank was to be its immediate superior (see Reg. et Const. Societatis S. Rochi). Various favours have been bestowed on it by Pius IV (C. Regimini, 7 March, 1561), by Gregory XIII (C. dated 5 January, 1577), by Gregory XIV (C. Paternar. pont., 7 March, 1591), and by other pontiffs. It still flourishes.

Bibliography

WADDING, Annales Min. (Rome, 1731), VII, 70; IX, 251; Acta SS. (Venice, 1752), 16 August; Gallia Christiana, VI ad an. 1328; ANDRE, Hist. de S. Roch (Carpentras, 1854); CHAVANNE, S. Roch Hist. complete, etc. (Lyons, 1876); COFFINIERES, S. Roch, etudes histor. sur Montpellier au XIVe siecle (Montpellier, 1855); BEVIGNANI, Vita del Taumaturgo S. Rocco (Rome, 1878); Vita del glorioso S. Rocco, figlio di Giovanni principe di Agatopoli, ora detta Montpellieri, con la storica relazione del suo corpo (Venice, 1751); BUTLER, Lives of the Saints, 16 August; LEON, Lives of the Saints of the Three Orders of S. Francis (Taunton, England, 1886); PIAZZA, Opere pie di Roma (Rome, 1679).

Fonte: The Catholic Encyclopedia, vol. XIII, New York, 1912 (http://www.newadvent.org/cathen/13100c.htm)

Augustinus
16-08-08, 11:15
http://www.wga.hu/art/b/bordone/madonna.jpg Paris Bordone, Madonna in trono con Bambino e Santi (SS. Rocco, Caterina d'Alessandria, Fabiano papa e Sebastiano), 1535 circa, Staatliche Museen, Berlino

http://img293.imageshack.us/img293/4903/chsmartinopozzoserratoey3.jpg Ludovico Toeput (detto il Pozzoserrato), Pala di San Sebastiano, Santa Barbara e San Rocco, 1593, Chiesa dei SS. Martino e Rosa, Anaconegliano

http://www.wga.hu/art/c/crivelli/carlo/st_roch.jpg Carlo Crivelli, S. Rocco, 1593 circa, Wallace Collection, Londra

http://img521.imageshack.us/img521/1610/parmigiannga86c06106180wu6.jpg Parmigianino, S. Rocco con donatore, 1527, Cattedrale di S. Petronio, Bologna

http://www.galleriaestense.beniculturali.it/img/varie/071%20Reni%20Guido%20San%20Rocco%20in%20carcere.gi f Guido Reni, S. Rocco in carcere, XVII sec., Galleria estense, Modena

http://www.bestpriceart.com/vault/cgfa_ortolano1.jpg http://img392.imageshack.us/img392/4525/me00001029043yn2.jpg http://www.insecula.com/PhotosNew/00/00/09/70/ME0000097014_3.JPG Giovanni Battista Ortolano detto il Ferrarese, S. Sebastiano tra i SS. Rocco e Demetrio di Tessalonica, 1520 circa, National Gallery, Londra

Augustinus
16-08-08, 11:26
http://collectionsonline.lacma.org/MWEBimages/eps_mm/full/M90_155.jpg http://www.insecula.com/PhotosNew/00/00/10/34/ME0000103474_3.jpg http://img392.imageshack.us/img392/6248/me00001029043vd8.jpg Sebastiano Ricci, Gloria della Vergine con i SS. Gabriele arcangelo, Eusebio di Vercelli, Rocco e Sebastiano, 1724-25, Los Angeles County Museum of Art, Los Angeles

http://www.oldmasterdrawings.it/pics/DellaRovere-santi.jpg Giovanni Mauro Della Rovere (Milano 1575 - 1640), S. Rocco e Santo diacono

http://img58.imageshack.us/img58/3481/rocco1ih3.jpg Jusepe de Ribera, S. Rocco, XVII sec., Museo del Prado, Madrid

http://img58.imageshack.us/img58/3015/rocco2fu3.jpg Jusepe de Ribera, S. Rocco, XVII sec., Museo del Prado, Madrid

http://www.insecula.com/PhotosNew/00/00/09/96/ME0000099664_3.jpg Cima da Conegliano, Tre Santi (SS. Rocco, Antonio abate e Lucia), 1513, Metropolitan Museum of Art, New York

Augustinus
16-08-08, 11:56
http://www.lombardiabeniculturali.it/img_db/bcoa/D0090/0/l/DI01978.jpg Vincenzo Civerchio, S. Rocco, 1490-99, Musei Civici di Arte e Storia, Brescia

http://www.lombardiabeniculturali.it/img_db/bcoa/U0100/0/l/00000479.jpg http://img169.imageshack.us/img169/6214/me00001029043dl4.jpg Zenale Bernardino (attrib.), S. Rocco nel deserto curato da un angelo, 1500-09, Museo Civico di Crema e del Cremasco, Crema

http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/c/c7/Julius_Schnorr_von_Carolsfeld_-_Hl._Rochus.jpg http://www.catholictradition.org/Saints/saints8-10.jpg Julius Schnorr von Carolsfeld, S. Rocco distribuisce l'elemosina, 1817, Museum der bildenden Künste, Lipsia

http://www.cult.gva.es/mbav/data/15-90.jpg Francisco de Ribalta, S. Rocco, 1600-10, Valencia

Augustinus
16-08-08, 11:57
http://mek.oszk.hu/01900/01902/html/cd6/kepek/c2041vel6813.jpg Giovanni Battista Pittoni, S. Rocco, 1727, Szépmûvészeti Múzeum, Budapest

http://www.anonimatalentisrl.it/depliant_pics/80_864.jpg Giambattista Pittoni, S. Rocco, Palazzo Roverella, Rovigo

http://www.anonimatalentisrl.it/depliant_pics/80_852.jpg Angelo Barbier Trevisani, S. Sebastiano tra i SS.i Rocco, Lucia, Bovo e Antonio abate, Palazzo Roverella, Rovigo

http://www.anonimatalentisrl.it/depliant_pics/75_782.jpg Carlo Bononi, Madonna col Bambino in gloria con i SS. Sebastiano e Rocco, Palazzo Roverella, Rovigo

http://www.anonimatalentisrl.it/depliant_pics/75_788.jpg Muto di Ficarolo, Madonna della Peste (con i SS. Rocco e Sebastiano), XVI sec., Palazzo Roverella, Rovigo

http://www.anonimatalentisrl.it/depliant_pics/75_792.jpg Benedetto Zalone, S. Rocco e l'angelo, XVI sec., Palazzo Roverella, Rovigo

http://digilander.libero.it/artisticopiazza/callisto/piazza/Immagini/San%20Rocco.jpg Callisto Piazza, Storie di S. Rocco e Ambrogio de Bretis guarito dalla peste, 1524, Oratorio di San Rocco, Dovera

http://digilander.libero.it/artisticopiazza/callisto/piazza/Immagini/Vergine%20in%20trono.jpg Callisto Piazza, Madonna in trono con Bambino e Santi (SS. Rocco, Antonio di Padova, Giovanni Battista e santo vescovo), 1527-29, Oratorio di Sant'Antonio, Borno

Augustinus
16-08-08, 12:07
http://www.cattolicesimo.com/immsacre/roc2.jpg http://www.wga.hu/art/d/david_j/1/108david.jpg http://img516.imageshack.us/img516/2914/davrochpn1.jpg http://www.photo.rmn.fr/LowRes2/TR1/BQVUYL/90-001569-02.jpg Jacques-Louis David, S. Rocco intercede presso la Vergine per la fine della peste, 1780, Musée des Beaux-Arts, Marsiglia

http://www.photo.rmn.fr/LowRes2/TR1/TG2NR9/96-015151.jpg Jacques-Louis David, S. Rocco intercede presso la Vergine per gli appestati, bozzetto, 1780, musée Magnin, Digione

http://www.photo.rmn.fr/LowRes2/TR1/PHAD3S/01-024212.jpg Alexandre-Denis Abel de Pujol, S. Rocco sul letto di morte, XIX sec., Palais des Beaux-Arts, Lille

http://www.photo.rmn.fr/LowRes2/TR1/OEMOSV/06-531918.jpg Polidoro Lanzani (attrib.), Madonna con Bambino tra i SS. Giovannio Battista, Caterina d'Alessandria e Rocco, musée du Louvre, Parigi

Augustinus
16-08-08, 12:15
http://www.wga.hu/art/t/tintoret/3b/1albergo/1/01ceilin.jpg Tintoretto, Apoteosi di S. Rocco, 1564, Scuola di San Rocco, Venezia

http://www.wga.hu/art/t/tintoret/3b/2upper/2/33stroch.jpg Tintoretto, S. Rocco, 1579-81, Scuola di San Rocco, Venezia

http://www.wga.hu/art/t/tintoret/3c/1roch.jpg http://www.wga.hu/art/t/tintoret/3c/1roch2.jpg Tintoretto, S. Rocco nell'ospedale o lazzaretto, 1549, Chiesa di San Rocco, Venezia

http://www.wga.hu/art/t/tintoret/3c/2roch.jpg Tintoretto, S. Rocco in prigione visitato dall'angelo, 1567, Chiesa di San Rocco, Venezia