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Visualizza Versione Completa : 30 agosto (23 agosto) - S. Rosa da Lima, vergine



Augustinus
22-08-04, 23:02
Dal sito SANTI E BEATI (http://www.santiebeati.it/search/jump.cgi?ID=28950) con alcune integrazioni:

Santa Rosa da Lima, Vergine

23 agosto - Memoria Facoltativa

Lima, Perù, 1586 - 24 agosto 1617

Nacque a Lima il 20 aprile 1586, decima di tredici figli. Il suo nome di battesimo era Isabella. Era figlia di una nobile famiglia, di origine spagnola. Quando la sua famiglia subì un tracollo finanziario. Rosa si rimboccò le maniche e aiutò in casa anche nei lavori materiali. Sin da piccola aspirò a consacrarsi a Dio nella vita claustrale, ma rimase «vergine nel mondo». Il suo modello di vita fu santa Caterina da Siena. Come lei, vestì l'abito del Terz'ordine domenicano, a vent'anni. Allestì nella casa materna una sorta di ricovero per i bisognosi, dove prestava assistenza ai bambini ed agli anziani abbandonati, soprattutto a quelli di origine india. Dal 1609 si richiuse in una cella di appena due metri quadrati, costruita nel giardino della casa materna, dalla quale usciva solo per la funzione religiosa, dove trascorreva gran parte delle sue giornate a pregare ed in stretta unione con il Signore. Ebbe visioni mistiche. Nel 1614 fu obbligata a trasferirsi nell'abitazione della nobile Maria de Ezategui, dove morì, straziata dalle privazioni, tre anni dopo. Era il 24 agosto 1617, festa di S. Bartolomeo. (Avvenire)

Isabella, soprannominata Rosa per la bellezza del volto, è la prima santa del continente americano. Fu modello di vita penitente e di preghiera continua nella semplicità della vita laicale. Iscritta al Terz'Ordine domenicano, mantenne sempre una straordinaria serenità in mezzo alle prove dolorose che accompagnarono la sua vita, imitando Cristo povero e crocifisso. Particolarmente devota della Vergine, operò e pregò per la dilatazione della Chiesa specie fra gli Indios d'America. (Mess. Rom.)

Patronato: Americhe, Filippine, Giardinieri, Fioristi, contro eruzioni vulcaniche, litigi in famiglia

Etimologia: Rosa = dal nome del fiore

Emblema: Giglio, Rosa (corone di rose)

Martirologio Romano: Santa Rosa, vergine, che, insigne fin da fanciulla per la sua austera sobrietà di vita, vestì a Lima in Perù l’abito delle Suore del Terz’Ordine regolare dei Predicatori. Dedita alla penitenza e alla preghiera e ardente di zelo per la salvezza dei peccatori e delle popolazioni indigene, aspirava a donare la vita per loro, giungendo a imporsi grandi sacrifici, pur di ottenere loro la salvezza della fede in Cristo. La sua morte avvenne il giorno seguente a questo.
(24 agosto: A Lima in Perù, anniversario della morte di santa Rosa, la cui memoria si celebra il giorno precedente a questo).

Martirologio tradizionale (30 agosto): Santa Rosa di santa Maria, del Terz'Ordine di san Domenico, Vergine, il cui giorno natalizio è ricordato il ventiquattro di questo mese.

(24 agosto): A Lima, nel Perù, il natale di santa Rosa di santa Maria, Vergine, del Terz'Ordine di san Domenico. La sua festa si celebra il trenta di questo mese.

Nacque a Lima, capitale dell'allora ricco Perù, il 20 aprile 1586, decima di tredici figli. Il suo nome di battesimo era Isabella, così chiamata in onore di una zia, Isabel de Herrara, sua madrina al fonte battesimale. Era figlia di una nobile famiglia, di origine spagnola. Il padre si chiamava Gaspare Flores, gentiluomo della Compagnia degli Archibugi, la madre donna Maria de Oliva. Per cui, il nome della Santa era Isabella Flores de Oliva. Ma questo sarà dimenticato in favore del nome che le diede, per la prima volta, la serva affezionata, di origine india, Mariana, che le faceva da balia, la quale, colpita dalla bellezza della bambina, secondo il costume indios, le diede il nome di un fiore. “Sei bella - le disse - sei rosa”.
Fu cresimata, nel 1597, per le mani dell'arcivescovo di Lima ed anche lui Santo, Toribio de Mogrovejo, che le confermò, tra l'altro, in onore alle sue straordinarie doti fisiche e morali, quell’appellativo datole dalla serva india. Rosa ad esso aggiunse, per ispirazione della Madonna, “di Santa Maria” ad esprimere il tenerissimo amore che sempre la legò alla Vergine Madre del cielo soprattutto sotto il titolo di Regina del Rosario, la quale non mancò di comunicarle il dono dell'infanzia spirituale fino a farle condividere la gioia e l'onore di stringere spesso tra le braccia il Bambino Gesù.
Visse un'infanzia serena ed economicamente agiata.
Altri dieci figli avevano già preceduto la nascita di Rosa ed in casa si trovavano anche la serva india ed una schiava negra proveniente dalla Libia. Non era facile perciò ai genitori mantenere un tenore di vita quale il loro orgoglio e la loro ambizione avrebbero voluto, tuttavia, soprattutto la madre, non rinunciava a feste e ricevimenti, a balli e viaggi in carrozza non appena le circostanze glielo consentivano. Rosa fu, sin dai primi anni, una vera contraddizione in questo clima familiare, decisa com'era a seguire solo il divino Maestro sofferente, mite ed umile di cuore. La madre, donna Maria, di carattere impulsivo e di umore variabile, alternava premure e durezze, carezze e percosse, moine ed aspri rimproveri verso quella bimba che sapeva essere obbediente e gentile, ma altrettanto ostinata nel mantenersi fedele ai propositi che riteneva giusti e graditi a Dio; che sapeva sopportare in silenzio sofferenze fisiche atroci per la sua tenera età ed era imprevedibile e rapida nelle decisioni che riusciva a realizzare con furbizia e abilità.
Perché, intorno ai tre anni, non pianse e non disse nulla alla madre che le aveva involontariamente schiacciato il pollice chiudendo il coperchio di un forziere, costringendo più tardi il chirurgo a strapparle l'unghia e tagliarle le carni tumefatte? Perché non le confidò il terribile dolore provocato dalla polvere di arsenico cosparsa sul suo capo, credendo di guarirle in tal modo le pustole del cuoio capelluto? Per quarantadue giorni il medico dovette curare le piaghe che si erano formate e mai dalla bimba uscì un lamento! La risposta a quei perché fu una sola: "Per amor di Dio", e Rosa indicava l'immagine di Gesù flagellato e coronato di spine. Il divino Amante Crocifisso aveva già posto in quel tenero cuore il desiderio di conformarsi a Lui. Ella lo imitava flagellandosi con piccole funicelle o con le ortiche. A cinque anni si faceva caricare sulle spalle dalla serva Mariana un grosso ramo secco per far la «Via Crucis», pensando a Gesù sotto il peso della Croce. Le piaceva stare nel giardino di casa per immergersi nella solitudine della natura, pensando a Dio e conversando con Lui. Dal fratello Ferdinando si era fatta costruire in un angolo del giardino una celletta tutta verde piegando opportunamente i rami di vari alberi: qui spesso si rifugiava, anche per sfuggire all'ammirazione delle amiche della mamma che si incantavano davanti alla bellezza del suo viso e non parlavano che di cose futili e vane. Per contrastare la vanità, pensava ancora di più a mortificare il suo corpo con nuove penitenze.
A sei anni la madre si preoccupò che imparasse a leggere e a scrivere, in casa naturalmente, sotto il suo controllo, ma Rosa non riusciva a concentrarsi a sufficienza perché la sua mente era attratta dai colloqui con Dio; così la madre la castigava e la sgridava. La bambina allora chiese aiuto al Signore e in breve fu in grado di soddisfare pienamente la mamma e di accontentare se stessa leggendo buoni libri.
Anche donna Maria, come Monna Lapa, avrebbe voluto la figlia più dedita alla cura della sua bellezza: desiderava che Rosa danzasse, si coronasse il capo di rose quando andava ai ricevimenti, partecipasse alle gite e alle feste. E la figliola si ingegnava a trovare degli impedimenti: si faceva cadere su un piede una grossa pietra ..., si strofinava gli occhi col pepe rischiando quasi di accecarsi ..., immergeva le mani nella calce viva per deturparne la grazia ..., avvicinava i piedi alla bocca del forno rovente ... Poiché come letto aveva predisposto delle dure tavole e un mattone per cuscino, la madre la costrinse a dormire nel suo letto, ma per lungo tempo non s'accorse che appena lei si addormentava, la figlia si spostava sulla sponda e in quella scomodissima posizione restava tutta la notte; quando scoprì ... l'inganno, si arrabbiò moltissimo, poi si decise a lasciarla libera di fare a modo suo. Si resta stupiti dalle estenuanti e molteplici penitenze a cui la Santa di Lima si sottopose volontariamente per tutta la vita, nonostante sopraggiungessero, col passare degli anni, frequenti febbri, violenti spasmi muscolari, asma, artrite, dolori fisici d'ogni genere. Dalle testimonianze dei suoi confessori sappiamo che il suo intento era di imitare il più totalmente possibile la passione del Cristo e che quando la Santa stessa, per loro ordine, accettava di mitigare lievemente le sue pene, Gesù sofferente le appariva per chiederle di continuare generosamente il suo olocausto nascosto, mezzo efficace di predicazione e di benedizione per il Nuovo Mondo.
Verso i dodici anni Rosa aveva già compiuto un lungo ed aspro cammino ascetico e viveva i primi gradini di unione mistica con Dio. Tuttavia non era una ragazzina chiusa ed asociale, bensì serena, disponibile ed utile in casa per tante faccende. Si occupava del giardino, coltivando non solo i fiori coi quali componeva mazzi assai ammirati e richiesti, ma anche erbe medicinali ed aromatiche da vendere in città. Proprio a causa di una pianta di basilico, da lei particolarmente curata, ricevette un rimprovero da Gesù, geloso di un cuore che voleva tutto suo: "Non voglio che la mia amata dedichi il suo tempo a un altro fiore oltre che a Me". In compenso però, lo Sposo divino esaudiva i suoi desideri facendo sbocciare i fiori anche fuori stagione per farla contenta!
Rosa abitava vicino al convento dei Frati Predicatori e nella loro chiesa si recava a pregare. Il luogo preferito era la cappella della Regina del S. Rosario, molto venerata da tutti i Limani con solenni processioni e recite quotidiane del Rosario, a maggio ed ottobre anche per le vie. Fin dall'età di quattordici anni ebbe l'incombenza, che assolverà con entusiasmo per il resto della sua vita, di occuparsi della statua della Vergine cambiandole l'abito nelle solennità secondo l'usanza dell'epoca, preparando corone di fiori e tenendo pulita la cappella. Nel volto della Madre Celeste e del Bambino Gesù ella « leggeva» la risposta ad ogni sua richiesta, capiva se la sua preghiera sarebbe stata esaudita perché conforme ai divini voleri o no. Quando i loro visi assumevano un aspetto severo non si scoraggiava, ma continuava le sue suppliche anche per ore, finché non otteneva un grazioso sorriso dal piccolo Gesù per intercessione di sua Madre.
Ben presto, la famiglia della Santa subì un tracollo finanziario.
Rosa, che aveva studiato con impegno, aveva una discreta cultura ed aveva appreso l'arte del ricamo. Si rimboccò, quindi, le maniche, aiutando la famiglia in ogni genere di attività, dai lavori casalinghi alla coltivazione dell'orto ed al ricamo, onde potersi guadagnare da vivere.
Sin da piccola aspirò a consacrarsi a Dio nella vita claustrale, ma il Signore le fece conoscere la sua volontà che rimanesse vergine nel mondo. Ebbe modo di leggere qualcosa di S. Caterina da Siena. Subito la elesse a propria madre e sorella, facendola suo modello di vita, apprendendo da lei l'amore per Cristo, per la sua Chiesa e per i fratelli indios. Rosa amava Cristo anche nei poveri e nei malati che accoglieva, accudiva, confortava, usando tutti i mezzi a lei possibili. Condivise la sofferenza degli indios, che si sentivano avviliti, emarginati, vilipesi, maltrattati soltanto a motivo della loro diversità di razza e di condizione sociale.
Allestì nella casa materna, in una stanza, una sorta di ricovero per i bisognosi, dove prestava assistenza ai bambini ed agli anziani abbandonati, in special modo a quelli di origine india. Qui le persone bisognose ricorrevano a lei e per molte invocò la guarigione con la sua preghiera a Gesù Bambino, il "doctorcito".
In quei medesimi anni nel convento di S. Domenico aveva fatto la professione come fratello cooperatore fra Martin de Porres, anche lui santo, e se anche non esistono documenti testimonianti i loro rapporti, non possiamo non constatare la loro affinità spirituale, sia per vocazione, sia per stile di vita: ambedue apostoli e missionari con la preghiera, il sacrificio nel dono di sé agli altri e la penitenza. Sarà proprio fra Martino a mettere sul capo della salma di Rosa esposta in chiesa, la corona di spine tolta alla statua di S. Caterina, perché non erano riusciti a trovare dei fiori per cingerle il capo.
Come la santa senese vestì l'abito del Terz'ordine domenicano. Aveva vent'anni. Fu proprio la Madonna del Rosario, infatti, ad indicarle chiaramente che doveva essere, come S. Caterina, una Sorella della penitenza del Terz'Ordine laicale domenicano. Si racconta che, quando la famiglia si rassegnò al suo rifiuto di matrimonio (non senza averla punita con vere e proprie cinghiate), entrò nel monastero di S. Chiara, dove era badessa una nipote dell'Arcivescovo la quale si senti onorata di accettarla tra le monache. Rosa non era del tutto certa che quella fosse la scelta giusta e quando, accompagnata dal fratello Ferdinando, lasciò la sua casa per il monastero, volle passare a dare l'ultimo saluto alla "sua" Madonna per riceverne il consenso.
Pregò a lungo con fervore, poi s'accorse di essere diventata pesante come il piombo. Nemmeno il fratello e il sacrestano chiamato in aiuto riuscirono ad alzarla. Solo quando Rosa promise alla Madonna di tornare a casa, ricevette il sorriso affermativo della Vergine e poté alzarsi. Guidata spiritualmente dal Padre Juan de Lorenzana e da altri Padri del convento di S. Domenico, si preparò con più aspre penitenze alla sua professione nella Confraternita del Terz'Ordine, che la accolse tra i suoi membri il 10 agosto 1606, donandole la tonaca bianca con lo scapolare, e il manto e il velo neri.
A questo atto ufficiale di donazione allo Sposo seguì il sigillo lo straordinario dono delle nozze mistiche, che ancora una volta ebbe il suo punto culminante nella cappella del Rosario, dove Rosa udì il Bimbo in braccio alla Mamma celeste sorridente dirle con soavità e tenerezza: "Rosa del mio cuore, tu sarai la mia sposa!" (Rosa cordis mei, tu mihi sponsa esto) e la Madonna aggiungere: "En, Rosa, quali te dignatur honore meus hic Filius!". Il suo cuore fu così acceso d'amor divino che credette di morire dalla gioia. Sempre come Caterina, fu resa degna di soffrire la passione del Suo divino Sposo, ma provò pure la sofferenza della “notte oscura”, che durò ben 15 anni, partecipando all'angoscia terribile dell'agonia nell'Orto degli Ulivi, avendo l'anima avvolta dalle tenebre più fitte, sentendosi immersa nel peccato e rifiutata da Dio, come una «dannata dell'inferno». I confessori, ai quali chiedeva aiuto e conforto, non riuscivano a capirla. La madre, che la vedeva ogni giorno agonizzare anche fisicamente per un'ora e a volte anche di più, la sgridava perché pensava che le nascondesse qualche male, e faceva intervenire i medici che non potevano trovare rimedi adatti. Passata l'ora tempestosa dell'agonia, Rosa riprendeva la sua vita di sempre: ricamava, rimanendo in continua preghiera e spesso era visitata dal Bambino Gesù col quale intratteneva dolci colloqui, compiva le faccende domestiche, ma soprattutto intensificava le sue eroiche penitenze per ottenere la salvezza delle anime.
Fu arricchita dal suo Celeste Sposo altresì di vari carismi come quello di compiere miracoli, della profezia e della bilocazione.
Dal 1609 si richiuse in una cella di appena due metri quadrati, costruita nel giardino della casa materna, dalla quale usciva solo per la funzione religiosa e di sera per tornare in casa. Qui trascorreva gran parte delle sue giornate in ginocchio, a pregare ed in stretta unione con il Signore e delle sue visioni mistiche, che iniziarono a prodursi con impressionante regolarità, tutte le settimane, dal giovedì al sabato. Si trattava di un romitorio tutto per sè, dove poteva meglio custodire l'intimità divina nel suo cuore; uno spazio esiguo freddissimo d'inverno e afoso d'estate, circondato da nugoli di zanzare che non disturbavano lei, ma scoraggiavano chiunque dall'avvicinarsi: qui ella trascorreva ogni giorno ben dodici ore in preghiera. La celletta e il giardino furono spettatori di molti fatti straordinari, come quando il Salvatore le apparve e le offrì di bere misticamente al suo costato la bevanda inebriante del suo amore. Innamorata com'era dell'Eucarestia, ottenne dai confessori di poter comunicarsi quasi quotidianamente, cosa rara a quei tempi, e nel suo eremitaggio intensificava la preparazione e prolungava il ringraziamento. Grande, già in vita, fu la sua fama di santità. L'episodio più eclatante della sua esistenza terrena ce la presenta abbracciata al tabernacolo per difenderlo dai calvinisti olandesi guidati all'assalto della città di Lima dalla flotta dello Spitberg. L’inattesa liberazione della città, dovuta all’improvvisa morte dell’ammiraglio olandese, fu attribuita alla sua intercessione.
Nel 1614, obbligata a viva forza dai familiari, si trasferì nell'abitazione dei nobili Gonzalo de Massa e Maria de Ezategui, che ne avevano a lungo desiderato la presenza affinché fosse maestra di vita alle loro tre figlie. Qui morì, straziata dalle privazioni, tre anni dopo. Soffriva, in effetti, già di acuti dolori in tutto il corpo e l'unico vantaggio che ne ricavò fu di avere più tempo per pregare, ma le fu penoso, nel suo nuovo ricovero, il distacco dai luoghi a lei cari e dalle abitudini di vita penitente ormai consolidate. Non avendo più il suo romitorio, si fece costruire dalla famiglia che l'ospitava una celletta con tavole di legno nel granaio della casa dei suoi ospiti e vi passava intere giornate senza uscirne. In quel periodo subì un massiccio assalto da parte del demonio, che in tutti i modi voleva impedirle di portare a termine la conquista di tante anime. Mancava poco più di un anno alla sua morte quando, per ordine del Padre de Lorenzana, Rosa venne sottoposta ad un rigoroso esame teologico sulla sua vita ascetica e mistica, sulle grazie e sulle visioni ricevute, sulle prove e sugli assalti del demonio, e da esso ne uscì accresciuta la sua fama di santità.
Il 1617, ultimo anno della sua vita terrena, fu ancora colmo di grazie sublimi e di sofferenze inaudite, perché il suo "passaggio al Padre" segnasse il culmine del suo dolore e del suo amore per Dio, della sua vittoria sul male e del riscatto d'infinite schiere di anime. Sentendosi avvicinare la morte, confidò “Questo è il giorno delle mie nozze eterne”. Nella notte del ventitré agosto, infatti, una voce le aveva sussurato: "Preparati, s'appressano le nozze!".
Fin da bambina sapeva che sarebbe morta nel giorno della festa di S. Bartolomeo, il 24 agosto, perciò nei giorni precedenti chiese il Viatico e l'Unzione degli infermi e volle che le stendessero sulle coperte lo scapolare domenicano; da suo padre e sua madre che le erano accanto, implorò la benedizione. Però quel distacco dalla terra non lo viveva con tristezza, ma con allegrezza in Dio, poichè, spiegava "Es que en una fiesta de San Bartolomé iré para siempre a estar cerca de mi redentor Jesucristo".
Le ultime sue parole furono: "Gesù, Gesù, Gesù sia sempre con me".
Era il 24 agosto 1617, festa di S. Bartolomeo. Aveva 31 anni. Morta pareva una rosa fresca al mattino, perché fu vista ricoprirsi di rugiada. Il suo corpo si venera a Lima, nella basilica domenicana del S. Rosario ove sono sepolti anche S. Martin de Porres e S. Juan Macias.
Fu beatificata in Roma nella Basilica domenicana di S. Sabina il 12 marzo1668 da Clemente IX Rospigliosi e proclamata patrona del Perù. Quello stesso pontefice incaricò poi Melchiorre Caffà, della scuola del Bernini, di realizzare una statua di S. Rosa, che fu donata ai domenicani di Lima e che si conserva attualmente nella Basilica di S. Domenico, nel centro storico della capitale del Perù.
Due anni dopo (l'11 agosto 1670) fu insolitamente proclamata patrona principale delle Americhe, delle Filippine e delle Indie occidentali: si trattava di un riconoscimento singolare dal momento che un decreto di Papa Barberini (Urbano VIII) del 1630 stabiliva che non potessero darsi quali protettori di regni e città persone che non fossero state canonizzate. Fu canonizzata il 12 aprile 1671 da papa Clemente X, insieme al grande apostolo delle Americhe Luigi Bertran. È anche patrona dei giardinieri e dei fioristi. È invocata in caso di ferite, contro le eruzioni vulcaniche ed in caso di litigi in famiglia. Pio XII, il 9 settembre 1958, proclamò con proprio decreto S. Rosa come Patrona Celeste degli Infermieri Peruviani, accogliendo così la richiesta Asociación Peruana de Enfermeras.

Autore: Francesco Patruno

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Augustinus
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http://www.wga.hu/art/a/antoline/st_rose.jpg José Antolinez, S. Rosa da Lima dinanzi alla Madonna col Bambino, Museum of Fine Arts, Budapest

http://img487.imageshack.us/img487/5691/roslima27wu.jpg Lazzaro Baldi, S. Rosa patrona del Nuovo Mondo, Altare, Basílica Santa Maria Sopra Minerva, Roma

http://www.wga.hu/art/m/murillo/1/113muril.jpg Bartolomé Esteban Murillo, S. Rosa da Lima, Museo Lázaro Galdiano, Madrid

http://www.colarte.arts.co/graficas/museos/SantaClara/Santas/MCla13219.jpg Anonimo, S. Rosa da Lima, sec. XVII, Museo Iglesia de Santa Clara, Bogota

http://www.cattolicesimo.com/immsacre/lit.jpg Carlo Dolci, S. Rosa da Lima, sec. XVII

http://www.wga.hu/art/t/tiepolo/gianbatt/3_1740s/08gesuat.jpg Giovan Battista Tiepolo, La Vergine appare a tre sante domenicane (SS. Caterina da Siena, Agnese di Montepulciano, Rosa da Lima), 1747-48, Chiesa di Santa Maria del Rosario (Gesuati), Venezia

http://img70.imageshack.us/img70/3931/cak2jtwkbs1.jpg http://img355.imageshack.us/img355/7028/nino5mi.jpg Claudio Coello, S. Rosa con il Bambino Gesù, Museo del Prado, Madrid

Augustinus
22-08-05, 16:46
http://img237.imageshack.us/img237/4471/7093dj1.jpg

http://www.bridgebuilding.com/images/mi422x.jpg

Augustinus
22-08-05, 17:17
http://img350.imageshack.us/img350/8464/cambionome9tl.jpg Cambio del nome da Isabella a Rosa

http://img350.imageshack.us/img350/1222/pretendenti1oz.jpg S. Rosa respinge i pretendenti

http://img350.imageshack.us/img350/8246/dados4jp.jpg Gioco dei dadi di S. Rosa

http://img350.imageshack.us/img350/7979/bambino3pj.jpg Il Bambino Gesù appare a S. Rosa mentre ricama

http://img350.imageshack.us/img350/9320/milagro9dh.jpg Miracolo delle rose

http://img350.imageshack.us/img350/9581/miracolo20tl.jpg Miracolo delle clveles

http://img355.imageshack.us/img355/7613/eucaristia4pz.jpg S. Rosa difende l'Eucarestia dinanzi agli ugonotti

http://img355.imageshack.us/img355/6485/muerte1hq.jpg Morte di S. Rosa

Augustinus
22-08-05, 17:18
http://img355.imageshack.us/img355/2488/retracto7lh.jpg Angelino Medoro, Ritratto postumo di S. Rosa, 1617, Basílica Santuario de Santa Rosa, Lima

http://img355.imageshack.us/img355/9111/traslazione7oh.jpg http://img355.imageshack.us/img355/8287/traslazione29fc.jpg Traslazione dei resti di S. Rosa

http://img355.imageshack.us/img355/3476/glorificazione4ku.jpg Glorificazione di S. Rosa, Basílica S. Maria Sopra Minerva, Roma

http://www.wga.hu/art/c/caffa/st_rose.jpg http://img355.imageshack.us/img355/6665/caff3hi.jpg http://www.arzobispadodelima.org/starosa/galeria/images/3008j.jpg Melchiorre Caffà, S. Rosa giacente, 1665-69 circa, Basilica di S. Domenico, Lima

Augustinus
22-08-05, 17:19
http://img355.imageshack.us/img355/4152/aparicion8np.jpg Apparizione della Vergine e del Bambino a S. Rosa

http://img355.imageshack.us/img355/6408/consenti4wg.jpg Antonio Consetti, Apparizione della Vergine e del Bambino a S. Rosa, XVIII, Museo Cívico, Modena

http://img24.imageshack.us/img24/9269/santa1jm.jpg Francisco Lazo (1823-69), Apparizione della del Bambino a S. Rosa, Perù

http://www.arzobispadodelima.org/starosa/galeria/images/3008k.jpg Anonimo, S. Rosa ed il suo Angelo custode, Monastero Santa Rosa di Lima, Lima

http://www.arzobispadodelima.org/starosa/galeria/images/3008e.jpg http://img487.imageshack.us/img487/4389/rosalima32ae.jpg Angelino Medoro, Ritratto autentico di S. Rosa, Monastero Santa Rosa di Lima, Lima. Il pittore conobbe e vide la Santa in vita. Per questo ha potuto lasciarci un suo ritratto che ci dà un'idea della sua bellezza

http://www.dominicos.org/hagiografia/imagenes/Rosa-de-Lima.jpg

http://img355.imageshack.us/img355/4513/corona4hs.jpg Corona penitenziale di S. Rosa

Augustinus
22-08-05, 17:30
Jesucristo sea glorificado.
Madre de mi alma y señora mía: la divina Majestad sea servida de comunicarme su divino espíritu, para que yo acierte a hacer lo que Vuesa Merced, manda, que yo, de mi parte, haré todo lo que en mi fuere; pida Vuesa Merced, madre mía a Dios, oiga mis pobres oraciones, y en las de Vuesa Merced y en las de mi señor padre me encomiendo, cuyas manos juntas, con los de esos angelitos, mi madre y yo, millares de veces besamos, y todas las personas de esta casa pedimos a Nuestro Señor pague a Vuesa Merced con premio de gloria la limosna de anoche, con las demás que cierto llegó a tiempo de muy apretada necesidad.
Nuestro Señor me guarde a Vuesa Merced, como yo deseo.
Esclava de la Virgen María y sierva de Cristo,
Rosa de Santa María.
A mi madre y señora doña María de Uzátegui guarde Nuestro Señor

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Augustinus
22-08-05, 18:03
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BIOGRAFÍA

Rosa de Santa María, conocida en la Iglesia Universal como Santa Rosa de Lima, nace en la capital de Perú, denominada "Ciudad de los Reyes", el 30 de Abril de 1586 y fallece en la misma el 24 de junio de 1617.

“Es la primera santa que antes de ser canonizada - sólo 54 años después de su muerte, en 167l- sería proclamada - cosa excepcional- patrona del Perú (1669), del Nuevo Mundo y de Filipinas (1670)”1.

Ella es pues, la primera rosa que el continente americano ofrecía al Altísimo, el primer fruto de nuestra Iglesia que, nacida en Oriente, y extendida hacia Europa, recién llegaba a un territorio que le había permanecido oculto, pero que ya encerraba una riquísima historia y cultura que hasta hoy asombra al mundo entero.

En Lima se vivía la denominada “época dorada de la santidad”. Una constelación de santos en el denominado entonces “Nuevo Mundo” tuvieron como escenario de vida esta ciudad: Rosa conoció a san Martín de Porres, y san Juan Masías, dominicos, fue confirmada en 1597 en Quives, Canta, por el segundo arzobispo de Lima, Santo Toribio de Mogrovejo y oyó las predicaciones de san Francisco Solano y san Juan Masías. En Lima se vivía en un ambiente propicio a la vivencia espiritual siendo que el continente americano hacía poco que había sido evangelizado.

¿Cómo era externamente?

Ya el poético nombre de Rosa nos habla de su singular belleza. Nuestra santa era hermosa espiritualmente y físicamente también. Era de rostro ovalado, cabello rubio, tez blanca y sonrosada como una rosa, estatura mas bien alta. Su carácter fue apacible, desde niña fue mansísima, y mantenía como prioritario todo aquello que concernía a la fe católica.

Debido a su belleza fue pretendida por varios mozos de la aristocracia española y limeña, pero ella rechazaba la idea del matrimonio pues sabía que Dios la llamaba toda para sí.

Fervorosa familia

Nuestra santa fue hija de Gaspar Flores, natural de San Juan de Puerto Rico, arcabucero e hidalgo de segundo rango, y de la limeña María de Oliva.

Sabemos que este matrimonio tuvo 13 hijos, de los cuales conocemos los nombres de: Hernando (1584), quien declaró abundantemente en el proceso de canonización de su hermana, Bernardina (1581), otra que muere a los 14 años, Francisco (1590), Juana (1592), Andrés, Gaspar, Antonio y Matías.
Rosa nació a las 4 de la tarde aproximadamente y testifica su madre que su parto fue bueno y sin trabajo.

A los pocos años de la muerte de su bienaventurada hija, María de Oliva ingresaría al monasterio que Rosas había predicho. Tuvo el cargo de portera y murió santamente.

Su nombre ¿Rosa o Isabel?

Nuestra santa fue bautizada con el nombre de Isabel Herrera, como su abuela (así consta en el registro de bautizos de la parroquia de San Sebastián, realizado por don Antonio Polanco: "En Domingo día de Pascua del Espíritu Santo, 25 de Mayo de 1586, bauticé a Isabel, hija de Gaspar Flores y María de Oliva, fueron padrinos Hernández de Valdez y María Orosco".

Pero un hecho singular provoca que su madre la empiece a llamar Rosa.

“A los tres meses- dice su madre en el testimonio de beatificación - estándola meciendo una india criada en la cuna, teniendo cubierto el rostro, la dicha india se le descubrió por ver si había tomado sueño y lo vio tan hermoso, que llamó a unas niñas que estaban labrando para que la viesen.
Y haciendo todas admiración; esta testigo desde el aposento donde estaba la vio hacer extremos y sin decirlas cosa alguna se fue derecha donde estaba la niña; y como la vio tan linda y hermosa y que le parecía que todo su rostro estaba hecha una rosa muy linda y en medio de ella veía las facciones de sus ojos, boca , nariz y orejas como si hubiese puesto su cabecita en una rosa grande de un color muy encendido... aquello fue en un repente sin pensar, y luego se desapareció aquella rosa, quedando el rostro muy hermoso y más lindo de lo que otras veces le había visto ... quedó admirada de ver aquel prodigioso suceso; la tomó en las manos y empezó a hacer con ella mil alegrías y mostrar sumo gozo y contento diciendo con estas demostraciones: "Yo te prometo, hija y alma mía, que mientras viviré, de mi boca no has de oír otro nombre sino Rosa"... 2

Pero, según atestigua uno de sus confesores y prior de Santo Domingo en Lima, Fray Alonso Velásquez, Rosa “entristecíase de ver que la llamasen Rosa, por ser nombre célebre y de mucha hermosura y belleza”3, ya que “en esa época no era usual ese nombre”4.
El cambio definitivo a “Rosa de Santa María".
La santa tenía 25 años y vistiendo ya el hábito de terciaria dominica, aún seguía prefiriendo el nombre de bautizo.
Pero un día, cuenta su madre, llegó a casa Rosa radiante y le decía:

“Madre mía, de aquí en adelante no hay sino llamarme Rosa de Santa María”

Esto le extrañó a su madre conociendo su repugnancia anterior a dicho nombre y quiso saber el motivo del cambio.

Resultaba que Fray Alonso Velásquez le había señalado

“que no se desconsolase (entristeciese) de eso, sino que entendiese que su alma era una Rosa de Nuestra Señora, que la había depositado y puesto en su cuerpo como en un vaso o maceta, para que la guardase, y que así la procurase guardar y conservar con la frescura y hermosura de la gracia”5.

Y entonces, puesta de rodillas delante de la imagen de Nuestra Señora del Rosario en la Basílica de Santo domingo le ofreció el nombre de Rosa y se consagró a ella, determinándose a llamar así en adelante, siendo este el nombre que usó y con el que Dios había dispuesto desde la eternidad que sea elevada a los altares y reconocida en el mundo entero.

Con lo que concluimos que fue la intervención divina la que guió las circunstancias históricas para dar a conocer cuál era su voluntad respecto al nombre de su hija predilecta.

“Pasados algunos años, el contador Gonzalo de la Maza halló en el convento de San Francisco la vida de Santa Rosa de Viterbo, y se la dio a leer a la sierva de Dios; la cual “mostró alegría en confirmación de que había santa de su nombre”6.

¿Laica o monja?

Santa Rosa fue laica (no fue monja de clausura como a veces se cree). Vivió en casa de sus padres como terciaria dominica (usando el hábito dominico). Dedicaba la mitad de las horas del día al trabajo manual, tejiendo, bordando y cultivando flores en su jardín para aliviar en algo los gastos de su familia. Además auxiliaba a los pobres y más necesitados de Lima, acondicionando para ello una habitación de su hogar como enfermería. Vivió pues su anhelo de ser toda de Dios en la vida ordinaria. Ya en vida tuvo fama de santidad debido a esta incansable labor para con los menesterosos y olvidados de Lima y a la limpieza de su alma que irradiaba en todo el que le conocía. Esto explica que a su muerte fuese aclamada y llorada por toda la ciudad como ”nuestra santa, la Madre de los pobres de Lima”.

Su santidad en medio del mundo fue fruto de su intensa Vida espiritual

Si Rosa llegó a la perfección en la caridad hacia el prójimo fue porque su vida espiritual fue muy intensa: la otra mitad de su jornada estaba destinaba a la vida de piedad, llegando por gracia de Dios a las cumbres de la contemplación y unión con Dios (matrimonio espiritual) dejándonos un legado de vida espiritual de la altura de los grandes doctores de nuestra Iglesia. Su escala espiritual la podemos apreciar en sus escritos. Su trato con la Iglesia celeste fue continuo, como veremos más adelante. Pero todo esto vino precedido de un período de 15 años de aridez espiritual (conocida en teología mística como la “noche oscura del alma”).
Sus penitencias, ayunos y mortificaciones continuadas aún hoy siguen asombrando al mundo pues nos preguntamos cómo una doncella tan frágil pudo tomar para si tales ofrecimientos, y nos respondemos que ella fue llevada por el encendido amor a Dios que le impulsaba a pedir perdón por sus hermanos.

Muchísimas anécdotas hacen ver que, cuando los medios materiales o humanos no eran suficientes, Dios intervenía en la vida ordinaria de su rosa para confirmarle su amor y ayuda.

Su amor a la Eucaristía

EL Atlas del Perú nos refiere con maestría un ejemplo del profundo amor de Rosa a la presencia de Cristo en el Santísimo Sacramento.

Su amor a la Virgen

Rosa fue favorecida con repetidas visitas de la Reina de los ángeles. Tan familiar fue su trato con ella que como buena madre la despertaba en la mañana para ir a la oración.
Los imágenes ante las cuales Rosa oraba fueron: Nuestra Señora de la Evangelización (Basílica Catedral de Lima), Nuestra Señora del Rosario (Basílica del Rosario o de los dominicos) y Nuestra Señora de los Remedios (Iglesia de San Pedro, centro histórico de Lima).
Deseaba adornar a nuestra madre ofreciéndole preciosas prendas pero realizó un regalo mayor al componer a la Madre de Dios unos “vestidos espirituales” consistentes en un ofrecimiento de decenas de rosarios, oraciones y visitas al Santísimo Sacramento y otras prácticas de piedad. El amor de Rosa bien puede decirse era originalmente delicado.

Comunión con los santos

No es de maravillar en los amigos de Dios tener amistad y confianza. Rosa la tuvo con Santo Domingo de Guzmán y Santa Catalina de Sena, con su ángel custodio e incluso los ángeles de otras personas.

Conocimiento espiritual

Dios también la favoreció al concederle el don de leer en el interior de las personas. Muchas veces ponía en aviso de quien se confiaba a sus oraciones que conocía lo que pedía.
Predijo la fundación del Monasterio de Santa Catalina de Sena, llegando a vaticinar incluso el día de su fundación, las medidas del terreno, el número de monjas que lo conformarían y hasta el sacerdote que oficiaría la primera misa en el santo lugar (fray Luis de Bilbao, uno de sus confesores)

Santidad reconocida en Vida

“... Como le sucedería a Santa Teresa de Jesús (m. 1582) en España, Santa Rosa de Lima también fue interrogada por la Inquisición. Dos de sus inquisidores, el padre Juan de Lorenzana y fray Luis de Bilbao -ambos catedráticos de Prima en la Universidad de San Marcos- quedaron pasmados ante la solidez doctrinal y la madurez espiritual de Santa Rosa. Se trataba de un ingenio que por medio de la oración había alcanzado mayores conocimientos de la Divina Esencia que el más docto y pulido de los teólogos... Sea como fuere, la Lima del siglo XVI vio en Santa Rosa un emblema acabado de todas las virtudes de la perfección cristiana.7”

Su gloriosa muerte

Al saberse la noticia de su muerte, toda Lima se conmocionó y quería ver a la que ya aclamaban como "su santa". Transcurrieron días sin poder sepultar el sagrado cuerpo como consecuencia de las interminables visitas de toda la población, y su cuerpo, lejos de manifestar señales de corrupción permanecía lozano y sereno como en el mismo instante de su partida al cielo.
Desde el Virrey, la Real Audiencia, el arzobispo, el clero, el cabildo, todas las familias religiosas y autoridades hasta el último de los limeños se hicieron presentes en las pompas fúnebres.

Entonces según consta en los archivos de su proceso de canonización, se sucedieron incontables curaciones milagrosas al sólo contacto con su bendito cuerpo o con sólo invocar su nombre. Milagros de todo tipo se sucedieron. Era la canonización anticipada.

Testifica fray Antonio Rodríguez:

“Si el sumo Pontífice se hallara en la muerte de la dicha sierva de Dios... y viera el innumerable concurso de gente que iba a ver el cuerpo y venerarle por santa, sin más averiguación la canonizara, y que en esta opinión de santa está hoy y ha estado siempre”8.

Recién el día 4 de setiembre se pudieron realizar las honras. Al coincidir este día con el de santa rosa de Viterbo, la gente se admiró y tomó este gesto como señal divina y anticipada de su elevación a los altares.

“Concluidos en 1632 los procesos ordinarios y apostólicos para la beatificación y canonización de la sierva de Dios ... [y] con dispensa del tiempo que aún faltaba, concedida por Alejandro VII el 24 de setiembre de 1664, corrieron los despachos. Como que llegó el decreto de virtudes heroicas firmado por la Sagrada Congregación de Ritos el 03 de marzo de 1665;
Clemente IX suscribió el de beatificación en Santa Sabina de Roma el 12 de marzo de 1668; y dos años después, el 11 de agosto de 1670, Clemente X la declaró patrona de América, Indias y Filipinas, al paso que le otorgaba los honores de la canonización el 12 de Abril de 1671” 9.

Muy pronto la fama de su santidad sería mundial y su testimonio de vida impulsaría a la santos como san Antonio María Claret, la beata ecuatoriana Narcisa y la santa Marianita de Quito. Aunque su figura tuvo una gran influencia para la identidad americana, desvirtuaríamos su portentosa huella y mensaje si intentamos poner hincapié en cuestiones sociales o políticas.

NOTAS

1. Por Ramón Mujica Pinilla, del catálogo "Santa Rosa de Lima y su tiempo". Edición Banco de Crédito del Perú. Fondo Pro Recuperación del Patrimonio Cultural de la Nación. Set. -Oct. 1995.
2. Proceso de beatificación, folio 254.
3. Proceso de beatificación, folio 143.
4. Ibid. Folio 321v.
5. Ibid, folio 143.
6. Rosa de Santa María. Cayetano Bruno. p.16.
7. Del catálogo "Santa Rosa de Lima y su tiempo". Edición Banco de Crédito del Perú. Fondo Pro Recuperación del Patrimonio Cultural de la Nación. Set. -Oct. 1995. ibidem.
8. Rosa de Santa María. La sin igual historia de Santa Rosa de Lima, narrada por los testigos oculares del proceso de beatificación y canonización. Cayetano Bruno SDB. p.174.
9. Ibid. p. 186.

FONTE (http://www.arzobispadodelima.org/starosa/biografia.htm#n5)

Augustinus
22-08-05, 18:05
Que fuera analfabeta. Se conservan varios de sus escritos de puño y letra.

Que supiera tocar el arpa. Sólo tañía algunas cuerdas de la guitarra con la cual elevaba su canto a Dios.

Decir que usó una corona de espinas: lo que usó fue una vincha de plata con 3 hileras de 33 puntas de clavos a modo de silicio llevó perpetuamente y que sólo se quitó cuando tuvo que guardar reposo por la enfermedad que le llevaría al paraíso.

Que haya vestido traje de color pardo. Vestía el hábito propio de la familia dominica: capa y velo negro y túnica blanca. Algunas representaciones pictóricas o esculturas la representan con hábito franciscano, de color pardo, o con velo blanco, esto sólo lo uso un tiempo antes de que Dios le hiciese ver su voluntad.

Que haya hecho profecías apocalípticas o políticas. Su único gran vaticinio fue la fundación del Monasterio de Santa Catalina de Sena.

En fin, varios autores, llevados por el significado poético de su nombre o por su cariño hacia Rosa le han creado relatos fantasiosos y muy hermosos, pero que no son ciertos. Por ello, es necesario informarse debidamente y darse cuenta que esta santa virgen vivió con la mirada en el cielo, pero con los pies en la tierra...

FONTE (http://www.arzobispadodelima.org/starosa/noescierto.htm)

Augustinus
22-08-05, 18:15
Historia (Santiago), Vol. 36, 2003, 255-273

Instituto de Historia
Pontificia Universidad Católica de Chile

RENÉ MILLAR CARVACHO*

ROSA DE SANTA MARÍA (1586-1617).
GÉNESIS DE SU SANTIDAD Y PRIMERA HAGIOGRAFÍA

La santidad depende de numerosos factores y condiciones entre los que se encuentra, sin duda, como factor clave, una vida en la que se han practicado las virtudes cristianas en grado heroico1. En el caso de Rosa de Santa María eso fue así, como lo demuestran los más variados y concordantes testimonios que hacen referencia a hechos y comportamientos relacionados con su existencia. Con todo, estimamos que el proceso que culminó en su santificación tuvo su punto de partida, no tanto en su vida, como en la circunstancias que rodearon su muerte y entierro. Por lo demás, este es un fenómeno bastante común en el ámbito de la santidad de la Edad Moderna. Como señala Jean-Michel Salmann, todo no se detiene con la muerte, sino que todo comienza con ella. Tal acontecimiento no haría más que confirmar una opinión de santidad ya bien establecida2. Este planteamiento es válido para el caso de Rosa, pero solo parcialmente porque en su muerte confluyen una serie de circunstancias que le otorgan a ese hecho una significación especial.

En la historia de la virgen limeña se da una situación curiosa, que será importante en el proceso de canonización, y que hasta ahora no ha contado con una explicación mayor3. Rosa tuvo una existencia bastante retraída, rehuyó el contacto con la gente y vivió su religiosidad de manera muy privada4. Solo en los últimos cinco años de vida, cuando se vinculó al hogar del contador Gonzalo de la Maza, su persona comenzó a adquirir una cierta notoriedad, pero siempre muy limitada a pequeños grupos en el contexto de la sociedad de Lima. Ella no fue una mujer que gozara de gran popularidad, como aconteció con muchos otros personajes que tuvieron fama de santidad5. Casi no estuvo asociada a hechos milagrosos que beneficiaran a otros sujetos. Pocas personas recurrían a ella buscando conocer el futuro mediante visiones o la cura de enfermedades. En vida no desempeñó un especial papel taumatúrgico, que era una de las actividades que hacía de alguien un personaje popular y valorado como hombre santo6.

No obstante lo anterior, Rosa tuvo un entierro multitudinario y la sociedad limeña se precipitó a sus exequias, en la que participaron incluso las más altas autoridades civiles y eclesiásticas del virreinato. Personas que nunca la conocieron se abalanzaron sobre el féretro para tratar de tocarla u obtener alguna reliquia ¿A qué se debió ese fenómeno? En gran medida dicha situación está vinculada a los confesores de la joven, que se encargaron de difundir sus virtudes y de comprometer a las órdenes religiosas en una participación activa e institucional en las exequias. Esto es especialmente clave en lo que respecta a la orden de Santo Domingo. Un miembro de ella tomó nota puntual de las revelaciones de Luisa de Melgarejo, durante el velatorio, y otro escribió a los pocos días una breve relación de su vida. Los dominicos asumieron a la difunta como un miembro de la orden y el procurador general de ella, a la semana de la muerte, solicitará al arzobispo que se reciba información de testigos acerca de "su santa vida".

EL INGRESO A LA GLORIA

La noticia de su muerte se extendió como un reguero por la ciudad debido a esa relativa fama que tenía. Pero sin duda que también influyó de manera muy decisiva la visión que a las pocas horas de su muerte y delante del féretro tuvo Luisa de Melgarejo. Esta, arrobada, ante quienes allí estaban, fue narrando durante horas la entrada al cielo de Rosa de Santa María y la recepción que la divinidad hizo de ella. Luisa era la esposa del doctor Juan de Soto, abogado, relator de la Audiencia de Lima y ex rector de la Universidad de San Marcos7. Dicha señora, desde hacía algún tiempo, gozaba de gran fama como mujer de acendrada espiritualidad. Los padres jesuitas le tenían especial consideración y miembros de la orden fueron sus confesores y guías espirituales. Incluso más, algunos de estos fueron profundos admiradores de ella por estimar que llevaba una vida virtuosa ejemplar y que gozaba de ciertos dones especiales, indicadores del favor divino que le agraciaba. El ex provincial de la Compañía y místico de renombre, Diego Álvarez de Paz, fue su confesor y la estimuló para que pusiera por escrito sus experiencias místicas8. Varios otros miembros de la orden, entre los que estaba Juan de Villalobos, rector del colegio de San Pablo, Joseph de Arriagada, Diego Martínez y Juan Sebastián Parra, la tenían en gran estima sobre todo por sus condiciones como visionaria9. Pero si la apreciaban numerosos religiosos, con mayor razón era admirada por el común de los fieles. Así, Isabel de Soto declaraba en 1623 que hacía unos 9 años estuvo viviendo en casa del Dr. Soto "y como era recién venida de España y vide tanta santidad en su mujer doña Luisa, andaba yo envidiosa por saber su vida, veíala tomar muchas disciplinas y mucha oración"10. Por su parte, Ana María Pérez, por la misma época reconocía que tenía una gran admiración por doña Luisa, a la que trataba de imitar en sus prácticas piadosas11. Como lo constata el vecino limeño Francisco de la Carrera, por ahí todos andaban diciendo que doña Luisa de Soto "es grandísima santa"12.

Dicha mujer se relacionó con varias de las personas que en la época tenían fama de virtuosas, como el médico Juan del Castillo13, el contador Lorenzo de la Maza y su mujer María de Uzátegui, y Rosa de Santa María, entre otras. A esta la conoció cuando se fue a vivir a la casa del contador, unos cinco años antes de su muerte14, y llegó a tener con ella un trato relativamente frecuente15. Luisa de Melgarejo tenía gran admiración por ella y siempre que se encontraban le hacía ostentosas manifestaciones de respeto. Leonardo Hansen dice al respecto que "la saluda de rodillas… y si la veía pasar no se podía contener sin fijarse en las huellas de sus pies, y besar el sitio en donde los había puesto en señal de reverencia"16.

Rosa falleció poco después de las doce de la noche, al empezar el 24 de agosto, día de San Bartolomé. Su cuerpo, después de vestido con el hábito de Santo Domingo, fue llevado de la habitación en que murió a una cuadra o sala más amplia en la que se juntaron alrededor de 20 personas17. Allí, Luisa de Melgarejo se arrobó y estuvo en "éxtasis desde la una y un cuarto poco más o menos, hasta cerca de las cinco de la mañana…, y estando en él prorrumpió en habla"18. De lo que dijo en esa oportunidad tomaron nota puntual los testigos Juan Costilla Benavides, oficial mayor del contador de la Maza, y el fraile dominico Francisco Nieto. El texto íntegro de esas visiones, sacadas en limpio, las incluyó Gonzalo de la Maza en su respuesta a la pregunta 24 del cuestionario a los testigos que declararían sobre la vida de Rosa de Santa María con motivo de las informaciones ordenadas por el arzobispo Bartolomé Lobo Guerrero.

Lo expresado por Luisa es bastante inconexo y confuso, no obstante lo cual hay ciertas ideas que quedan más o menos claras. Lo fundamental tiene que ver con la recepción que Rosa había tenido en el cielo. Al respecto refiere el recibimiento que le hizo la Virgen en "la morada eterna, allá donde no hay hastío, allá donde la hartura no empalaga, allá donde mientras más se goza más se desea gozar". A continuación mencionaba los cánticos celestiales con que la recibieron los ángeles. Más adelante enfatizaba que esas maravillas que Rosa estaba experimentando, como el vivir eternamente, el gozar del banquete celestial donde Dios equivalía al manjar, eran consecuencia de la vida de santidad que había llevado, del amor al Señor que había cultivado. Terminaba describiendo lo que implicaba la gloria eterna para Rosa, que, al tener a la vista a su esposo, experimentaba fruición en el alma, paz y un gozo eterno19.

Lo más significativo de esas visiones que Luisa refirió en voz alta para que las escucharan todos los que estaban en el velatorio, tuvo que ver con el alcance y derivaciones de ese acontecimiento. Luisa, al describir la recepción de Rosa en el cielo, lo que hizo fue santificarla, certificar de manera pública que ya se encontraba en el jardín eterno junto a su divino esposo20. Para valorar la trascendencia de esa certificación no se puede dejar de lado la imagen que Luisa de Melgarejo tenía en la sociedad limeña. En esos momentos nadie discutía su vida virtuosa y, desde clérigos a laicos, todos le reconocían sus virtudes místicas y la capacidad para entrar en trance y tener visiones sobrenaturales21. Como es sabido, en 1622, Luisa fue procesada por la Inquisición, junto a otras mujeres visionarias, por ilusa y falsa santidad. De las declaraciones de los testigos, tanto laicos como eclesiásticos, quedó en evidencia el fingimiento de los arrobos y visiones de dicha mujer. Con todo, el proceso no llegó a concluirse, en parte, debido a la significación social del marido y a la intervención de algunos padres de la Compañía de Jesús, confesores de la acusada, que metieron pluma y adulteraron los escritos en que refería sus visiones22. El prestigio de Luisa era tan grande que ese tropiezo con la Inquisición no le afectó en su fama, al punto que gozó de reconocimiento hasta el final de sus días y a su entierro asistieron las más altas autoridades del virreinato23.

Pero como si el impacto de las visiones de Luisa entre los asistentes fuera poco, resulta que antes de que concluyeran también entró en éxtasis María Antonia, mujer de Juan Carrillo, analfabeta, la que, en medio de contorsiones, comenzó luego un discurso en el que invocaba al Señor. Entre otras cosas decía que Él, como amoroso y benigno padre, engendró a Rosa, la cual había sembrado "el amor divino en aquel fértil campo"; era "el grano divino que llevó aquella fértil espiga". Tomó nota de los dichos de María Antonia el hermano mayor de Rosa, Hernando Flores24.

MUERTE, VELATORIO, ENTIERRO Y HONRAS, FUNDAMENTOS DE SANTIDAD

A raíz de la Contrarreforma, el pensamiento en torno a la muerte experimentó un cambio significativo. Se enfatizó y generalizó la idea de que el cristiano debía prepararse para la muerte, porque esta podía llegar en cualquier momento, sin aviso previo. Por ello, la preparación debía ser un asunto de toda la vida y de cada día. Se escribieron numerosas obras sobre el tema, las que en general mostraban a los fieles lo que debían hacer para "bien morir" o para tener una "buena muerte"25. En ese contexto, la vida y muerte de los santos pasó a ser un buen ejemplo o modelo a seguir, pues implicaban una nueva manera de acercarse a la pasión y muerte de Cristo. La muerte de un santo era la forma más depurada de la buena muerte26. Pero, por otra parte, la forma como moría una persona virtuosa, las circunstancias que rodeaban el deceso, pasaban a ser un factor de santificación del sujeto.

Las revelaciones de Luisa Melgarejo contribuyeron a darle a la muerte de Rosa una proyección social multitudinaria. Así queda de manifiesto en las declaraciones de Gonzalo de la Maza 22 días después del deceso cuando señala que "por haber concurrido tanta gente a los arrobamientos y hablas y sido Nuestro Señor servido que fuesen con tanta publicidad ha dicho este testigo y declarado los nombres de las personas que los tuvieron y por haberse publicado en esta ciudad"27. El suceso descrito por aquella mujer de reconocida vida virtuosa dejaba en evidencia que no había muerto solo una buena católica, sino que había muerto una santa y, por lo tanto, era de esperar que los fieles efectuaran los rituales que en las situaciones de ese tipo se acostumbraba.

En el caso de Rosa de Santa María se cumplen todos los signos y ritos que rodean la muerte de un santo. Desde la larga agonía, la propia anunciación de su muerte, pasando por su ocurrencia un día particular a ser interpretado de elección divina, hasta la forma edificante en que se producía, unido al clima de exaltación que se generaba, propicio a las reacciones imprevisibles y a los actos emotivos. A todo eso se agregaban las actitudes de los fieles, entre las que cabe destacar la gran concurrencia para ver el cadáver, su larga exposición, a requerimiento de la muchedumbre, y la demanda incontrolada por reliquias que obliga a un entierro casi secreto. Salmann analiza con detalle estos hechos y situaciones para el caso de los santos de Nápoles en la Edad Moderna28, que igualmente han sido puestos en evidencia en relación con los santos franceses 29, y que también podemos verlos que están presentes, y de una manera casi idéntica, en la muerte de la virgen limeña. Como lo enfatizan André Vauchez y Éric Suire la santidad de una vida se probaba con la forma en que se moría 30.

Según lo consignan las hagiografías, Rosa profetizó su muerte, primero a tres años de que ocurriera y ante su confesor Fr. Luis de Bilbao. Luego, lo volvió a reiterar a un año de ella y después a cuatro meses; en ambos casos se lo dijo a María de Uzátegui, dueña de la casa en que residía. Los biógrafos también asociaron el día de su muerte con la especial devoción que Rosa tenía a San Bartolomé31, de tal modo que vieron una relación entre ambas situaciones. Hansen escribe al respecto: "Sabía con luces soberanas que en este día había de pasar del destierro de este mundo a la patria celestial"32. De esa manera se enfatizaba el don de la profecía con que Dios la había adornado y que los biógrafos y testigos del proceso de beatificación destacarán con variados ejemplos33. El significado de la intervención divina se hacía más patente al enfatizarse la prolongación de la agonía el tiempo necesario para que Rosa expirara nada más iniciado el día de San Bartolomé34. Salmann plantea, en relación con los santos de Nápoles, que el anuncio de la muerte se conoce más bien tarde en el desarrollo del proceso de canonización, cuando los testigos establecen coincidencias entre ciertas palabras o hechos insólitos35. Lo interesante en el caso de Rosa es que el anuncio profético de su muerte fue registrado cuando su cadáver acababa de ser enterrado y sin que aún existiera el proceso de beatificación de por medio36.

El catolicismo postridentino había enseñado a los fieles a morir en paz, esperando confiados el juicio final. Si lo que se consideraba una "bella muerte" debía ser la aspiración de todo buen católico, en el caso de los santos el tránsito a la vida eterna debía revestir características especiales. Ella no podía sorprender de improviso al hombre virtuoso; una larga preparación era lo que correspondía. Pero, además, la muerte debía ser edificante y observada con expectación y recogimiento por numerosas personas37. Según las hagiografías, Rosa se preparó para la muerte con bastante antelación e incluso pocos días antes, no obstante su enfermedad, visitó la casa de sus padres para despedirse de la pequeña celda que tenía en el jardín. Fr. Francisco Nieto, testigo presencial de las últimas horas de Rosa, habla de su "feliz muerte". Esto puede parecer contradictorio con el sufrimiento físico que experimentó, pero lo cierto es que la calificación del padre Nieto responde al comportamiento que guardó en la agonía. Mantuvo una lucidez total hasta los últimos instantes y tomó diversas medidas y efectuó varios acciones, como pedir el viático y la extremaunción; además de caer en éxtasis luego de recibir la eucaristía; firmar un poder para solicitar su entierro en el convento de Santo Domingo; confesar que moría como "hija legítima de su Gran Patriarca Santo Domingo"; solicitar que estuviera a la vista y extendido en la cama el escapulario de la orden; pedir que un sacerdote le leyera un formulario en que solicitaba perdón por los agravios cometidos, mientras sostenía un crucifijo en sus manos; convocar a todos los de la casa del contador de la Maza y solicitarles perdón por las posibles ofensas; demandar de sus padres que le dieran la bendición y rogar que le pasaran la vela bendita de los agonizantes. En sus últimos instantes pidió que le quitaran la almohada para poder apoyar su cabeza en el madero de la cama y hacer de ese modo un símil con la muerte en la cruz. Expiró diciendo: "Jesús, Jesús, sea conmigo". El padre Nieto y otros que la velaban quedaron convencidos que a medida que se acercaba la hora e iba desfalleciendo físicamente, se reforzaba su espíritu y recobraba bríos y alegrías, al punto que experimentaba gozo a raudales38.

De acuerdo a las prácticas de la época, los cadáveres de los difuntos no eran enterrados de inmediato, sino que se dejaban expuestos por dos o tres días. Razones médicas (asegurar la muerte biológica), religiosas (hacer coincidir con el tiempo de la Resurrección) y sociales (dar tiempo a la realización de los ritos) explican esas prácticas39. Durante esta etapa los fieles desempeñaban un papel determinante. Es la sociedad en su conjunto la que se identifica con quien consideran muerto en santidad. En la mayoría de las situaciones que involucraban a los beatos de la Edad Moderna, los fieles se enteraban pronto de la muerte y concurrían masivamente al velatorio. Rosa no fue una excepción en ese sentido, y ya vimos que Luisa de Melgarejo desempeñó un papel significativo en informar a los limeños de la muerte de una santa. La multitud pronto llenó el patio de la casa del contador, "los zaguanes, las salas; y así se vio obligado D. Gonzalo a abrir la puerta falsa de su casa, para que saliendo los que habían visto a la virgen diesen lugar a los que venían de nuevo"40.

Los testimonios más cercanos a esos sucesos no nos permiten saber si los deudos pensaron velar los restos de Rosa durante 48 horas o sepultarlos de inmediato. Pareciera que la duración de las exequias estuvo condicionada por el comportamiento de los fieles, que presas de una reacción psicológica incontrolable obligaron a las autoridades civiles y eclesiásticas a tomar medidas extremas para evitar tumultos y el desmembramiento del cadáver. La multitud se volcó primero a la casa del contador, donde tuvieron que cerrar las puertas y, para prevenir males mayores, se decidió llevar el féretro al convento de Santo Domingo. El cabildo eclesiástico y religiosos de diferentes órdenes, comenzando por los dominicos, llevaron en hombros los restos de Rosa, con muchas dificultades a causa del gentío que se juntó en el trayecto y que se disputaba por acercarse a tocar el cadáver41. Hasta el cabildo de la ciudad pugnó por llevar el cuerpo en la última etapa del trayecto. Una vez en la iglesia, la presión popular por coger pétalos de la corona de rosas y trozos del hábito y de la palma que le habían puesto adquirió tal intensidad que fue necesario trasladar el féretro a la casa de novicios42. En la iglesia se había dispuesto un túmulo de gran tamaño y altura que dejaba a aquel cerca de la bóveda y lo suficientemente aislado para impedir el acceso de la multitud. Para mayor seguridad se instalaron religiosos y una guardia de alabarderos que solo permitían el paso de los enfermos que buscaban sanar sus males tocando el cadáver. Todas esas precauciones resultaron insuficientes y por eso, a instancias del arzobispo, debió velarse el cadáver en el noviciado y solo por algunos religiosos. Finalmente, en la mañana del viernes 25 de agosto se pudieron realizar las ceremonias fúnebres, que contaron con la participación del obispo de Guatemala y cientos de fieles que volvieron a dificultar los actos, al punto que el entierro debió efectuarse horas después y a escondidas43.

Como lo hemos señalado, los acontecimientos que rodearon la muerte de Rosa respondían a unas prácticas que se daban en casi todos los casos de personas que morían en fama de santidad. La reacción multitudinaria y tumultuosa de los fieles, la necesidad de recurrir a la fuerza pública para salvar el cadáver del acoso popular que buscaba reliquias o el remedio de sus enfermedades, eran la demostración evidente de una santidad. Otra prueba de esto, por considerársele una propiedad sobrenatural, lo constituía el estado de conservación del cadáver. El que fuese capaz de mantener la flexibilidad de sus miembros y no despedir mal olor y por el contrario exhalar un perfumado aroma a pesar del paso de las horas, reafirmaba a los ojos de los fieles la certeza de la santidad44. El morir en "olor de santidad" era una de las razones que se esgrimía con más fuerza a la hora de solicitar la beatificación de una persona. El primer hagiógrafo de Rosa, testigo directo de los sucesos, escribe a los pocos días sobre el particular: "El Señor Arzobispo en compañía de los demás señores de esta audiencia, hincados de rodillas ante el bendito cuerpo de esta hermosa rosa, le besaron las manos, las cuales tenía con los dedos de ellas tan tratables que causaba admiración. Así se jugaban los brazos, dedos y manos como sí fueran de gonces o cosa viva llevándolos cada uno hasta la parte que quería. Exhalaba de sí este santo cuerpo después de 36 horas que le había dejado el alma según el dicho de todos una fragancia y olor como de Rosa de Santa María"45.

El último elemento de carácter prodigioso asociado a la muerte y entierro de un santo era la materialización de diversos milagros que el contacto con los restos del difunto y con la tierra de la sepultura producía. En medio del tumulto y del estado de excitación generalizado por acercarse al cadáver, aparecían tullidos caminando, ciegos que veían, mudos que hablaban. Lo que en ese aspecto ocurrió con Rosa de Santa María lo relatan algunos testigos del proceso46 y también hagiógrafos. Uno de ellos señala que la mujer de Jacome Carlos, que era impedida del brazo derecho, sanó luego de tocarlo con una mano del cadáver que estaba en el túmulo. Un sacerdote con problemas en un brazo, un "moreno", varios tullidos y otras personas enfermas sanaron después de refregarse con tierra de la sepultura en que hacía pocas horas la habían enterrado47.

EL COMPROMISO DOMINICO Y LA PRIMERA "VIDA" DE ROSA

Las biografías de personas virtuosas que se escribían en la Edad Moderna perseguían diversos objetivos, uno de los cuales era el de impulsar un proceso de canonización futuro o en desarrollo; otro, era el desempeñar una función edificante, que sirviera de modelo de vida; también, a veces se buscaba con ellas destacar la labor de una determinada orden religiosa en virtud de su vinculación con el biografiado48. En el caso americano podría agregarse el interés por destacar los logros del cristianismo en estas tierras49. Por todo ello, abundaban las denominadas "Vidas", que en muchos casos permanecían manuscritas, dadas las restricciones impuestas por las autoridades eclesiásticas, Inquisición incluida, para evitar el desarrollo de las supersticiones y la proliferación de la falsa santidad.

Las biografías desempeñaban un papel significativo en relación con los procesos de canonización no solo porque se constituían en una prueba más a ser esgrimida ante la Sagrada Congregación de Ritos, sino porque permitían difundir y mantener en el tiempo la fama de santidad de un candidato. En relación con Santa Rosa, la "Vida" más antigua que se conoce es la que en 1619 escribió su confesor Fr. Pedro de Loyza, que de hecho solo se vino a difundir en el siglo XX50. Su objetivo, al igual que la de Hansen que salió en 166451, era el estimular el proceso de beatificación, al punto que se incorporó al expediente formado con las informaciones recogidas por orden del Arzobispo Bartolomé Lobo Guerrero52. La de Hansen, por su parte, dada la descripción pormenorizada de la vida y milagros de la venerable y la difusión que tuvo en todo el mundo católico, se transformó en una de las fuentes básicas de las hagiografías que se escribieron con posterioridad53. La del padre Loayza en cambio, en la medida que se conoció tardíamente, no ha sido una fuente significativa para la historiografía de la virgen limeña.

Pero, además de las mencionadas, existe otra, breve y al parecer desconocida, hagiografía de Rosa, escrita no solo con anterioridad a aquellas sino que lo fue a la semana, poco más o menos, de su muerte. Se trata de un documento inédito muy valioso, porque su autor, religioso dominico, anónimo, fue testigo directo del entierro de Rosa y lo escribió días antes que se celebraran las solemnes honras fúnebres presididas por el arzobispo y el virrey el 4 de septiembre de 1617. El documento en cuestión se encuentra en la sección Manuscritos de América de la Biblioteca Nacional de Madrid junto a una copia incompleta de las visiones que tuvo Luisa Melgarejo a la muerte de Rosa54. Por cierto que ambos documentos son manuscritos, en letra del siglo XVII, aunque los copistas son distintos. Se desconoce por qué vía llegaron esos papeles al actual repositorio, pues lo único cierto es que dicha sección está constituida por documentación proveniente del antiguo fondo de la Real Biblioteca, por papeles que pertenecían al archivo del duque de Osuna y por compras efectuadas por Pascual Gayangos. Figura bajo el título "Noticia de la vida mística de sor Rosa de Santa María de Lima y de las curaciones obradas por su interseción" y tiene siete folios.

El hecho de que esté junto con el texto de las visiones de Luisa Melgarejo no puede ser casual. Estas refieren la santificación de Rosa por Dios Padre, que la recibió en el cielo como esposa de Jesucristo. Por su parte, la relación anónima, en el fondo, refiere la santificación que el pueblo hizo de Rosa durante las honras fúnebres y entierro en respuesta a una vida de virtud. Esta hagiografía se divide en dos partes, en la primera se mencionan aquellos hechos de la vida de Rosa que muestran de manera patente que gozaba de dones sobrenaturales y que practicaba en grado heroico las virtudes cardinales y teologales. En la segunda se describen con cierto detalle las incidencias que se generaron en su entierro y los milagros que por su intercesión se realizaron.

No deja de resultar interesante que el autor anónimo destaque una serie de hechos de la vida de Rosa, que también serán resaltados por las biografías posteriores. Para valorar esa situación debe considerarse que esta relación se escribió antes que se iniciara el proceso ordinario de beatificación, es decir, sin que se dispusiera de las testificaciones a las que, entre otros, tuvo acceso Hansen. Por el tipo de información que contiene esta "Vida" pareciera que las fuentes principales de que se nutrió el autor fueron los decires de algunos confesores. En la hagiografía queda en claro que Rosa fue poco conocida debido a su gran humildad; también se menciona que a los cinco años hizo voto de castidad, el que mantuvo hasta su muerte; se resalta el tiempo que le dedicaba a la oración, que llegaba a las 12 horas y que no iba a más porque muchas veces la vencía el sueño, que era uno de sus peores enemigos; en este tema recoge la historia de que para no ser vencida por él se ataba el cabello a un clavo que puso en la pared de su oratorio. De hecho, las mortificaciones que realizaba ocupan un espacio importante en el texto, pues a la práctica anterior añade la mención a la aspereza de la cama en que dormía; al uso de una corona con puntas metálicas, siguiendo en ello a Santa Catalina de Siena; también alude a las disciplinas y ayunos que acostumbraba practicar y que tenían un significado similar al que le asignaban las santas medievales, que veían en el sufrimiento y en la abstinencia un medio para el encuentro con Dios al imitar la pasión de Cristo55. Por último, destaca la oración contemplativa que practicaba en el jardín de su casa o en el convento de Santo Domingo, que la llevaba a tener visiones sobrenaturales y al encuentro con Cristo, con quien se desposó, teniendo a la Virgen como madrina.

En cuanto a la otra parte del texto, el autor describe el impacto que provocó en los vecinos de Lima la muerte y entierro de Rosa de Santa María. Menciona con cierto detalle la aglomeración que se produjo en la casa de Gonzalo de la Maza cuando los fieles se enteraron del fallecimiento; luego se refiere al traslado de los restos al convento de Santo Domingo y a las incidencias que allí se vivieron hasta que pudo ser enterrada. Sobre el particular describe los tumultos que se produjeron a raíz de los intentos de los fieles por acercarse al féretro y obtener alguna reliquia de la difunta. También menciona la comprobación de la flexibilidad y fragancia de su cuerpo que realizó el arzobispo y oidores de la audiencia. Por último, se detiene en la enumeración de los milagros que realizó el Señor por la mediación de Rosa. El contacto con el cuerpo de la difunta hizo posible que varios tullidos y mancos sanaran, lo que también les aconteció a otros que se frotaron con tierra de la sepultura en que recién la habían enterrado.

¿A quién estaba destinado este texto? ¿Con qué objetivo fue escrito? Como lo hemos indicado, el autor es un miembro de la orden de Santo Domingo y lo escribió para sus compañeros de religión. Pretendía que aquellos que no la conocían supieran de su admirable vida. Pero además le interesaba mostrar a Rosa como un miembro de la orden con todo lo que eso significaba para el engrandecimiento de la misma56. Ellos debían alabar a Dios por haberles dado esta "santa" en "tan calamitosos tiempos". Tenían que estar agradecidos con Él por lo que significaba Rosa para la Iglesia, para la orden de Santo Domingo y para la patria, es decir, para la tierra que la vio nacer. Esta última idea, que tendía a identificar a la "santa" con el terruño, la reitera57. El autor trata de resaltar que Dios había hecho posible que en ese medio naciera y viviera una santa: "Niña entre nosotros, nacida en nuestra propia tierra y patria, de nuestra misma masa, con quien conversamos y tratamos". También destaca el aporte de la orden de Santo Domingo en cuanto contribuyó a hacer realidad esa maravilla. Sobre el particular señala que fue alimentada con "la leche de nuestra doctrina (y) sustentada con el buen ejemplo de los religiosos de esta casa". Pero además de todo aquello, el autor buscaba comprometer a la orden en torno a la "devoción de la virgen sóror Rosa de Santa María, nuestra hermana"; e incluso iba más allá en su objetivo como puede desprenderse del siguiente texto: "Nosotros padres pues, con nuestro ejemplo, con nuestra exhortación y palabras, hacemos santos, debiendo siempre, según el estado, aventajarnos, no nos quedemos atrás". Esa impresión, en cuanto a que buscaba promover el proceso de beatificación de Rosa, también parece confirmarla la frase con que termina el escrito: "Yo tendré cuidado, con ánimo de que Dios sea engrandecido, de enviar a Vs. Rs. un traslado de la certificación de la vida y milagros de esta santa, que a su cargo ha tomado el cabildo de esta ciudad".

Tal como se desarrollaron los acontecimientos pareciera que ese objetivo se cumplió con plenitud. Por los mismos días, específicamente el 1 de septiembre de 1617, el procurador general de la orden de Santo Domingo, Fr. Francisco de Balcázar, presentaba al arzobispo una solicitud para que se recibiera "información ad perpetuam rey memoriam de la prodigiosa vida e insignes milagros de Sor Rosa de Santa María, religiosa beata de mi sagrado hábito"58. Simultáneamente, el cabildo de la ciudad hacía una petición similar al arzobispo con el objeto de que la vida y prodigios de aquella fueran conocidos en España y en estos reinos "y en los unos y los otros se haga estimación de vida a tal santa y a la tierra que ha producido tal fruto". Por otra parte, las preguntas del cuestionario que debían responder los testigos de la causa, presentadas por el procurador general de la orden, abordaban con bastante detalle la vida, muerte y milagros de Rosa y, como era lógico, resultaban muy coincidentes con muchos de los puntos contenidos en la relación. El 5 de septiembre, el arzobispo Bartolomé Lobo Guerrero autorizó la apertura de las informaciones solicitadas.

En consecuencia, la génesis de la "santificación" de Rosa de Santa María está asociada a Luisa de Melgarejo, que informó a la sociedad limeña del ingreso glorioso de aquella al cielo, pero también desempeñó un papel determinante el entierro y las honras fúnebres que se le dispensaron al cadáver. Las circunstancias que rodearon esos acontecimientos fueron, a los ojos de los fieles, la demostración más palpable de la acogida que Dios le había dispensado a Rosa. Los frailes dominicos, conscientes de la trascendencia de la reacción popular, de inmediato buscaron la manera de encauzar institucionalmente ese fervor popular, por lo que ello podía representar para el engrandecimiento de la Iglesia, de la patria y de la propia orden.

ANEXO

Relación de la vida y milagros de Rosa de Santa María*

"Alabemos al Señor. Padres engrandezcamos su nombre y démosle gracias por los beneficios que de su mano recibimos, en especial por el cual al presente, en tan calamitosos tiempos recibimos de su mano.

Fue su Magestad servida para gloria suya y honra de nuestra sagrada orden, darnos a nuestra buena hermana y beata Soror Rosa de Santa María. Bien merecido este nombre por la hermosura de su alma y por el suavísimo olor con que entre tantas espinas y asperezas recreaba al cielo y alentaba a los que en la tierra sabían sus virtudes y aunque por su grande humildad, no conocida de todos, tengo por cierto los más de Vsa. Rs., por la comunicación que siempre tuvo con este convento, la conocerán.

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Nació en esta dichosa ciudad de Lima. Fueron sus padres Isabel de Oliva y Gaspar Flores. De cinco años esta tierna doncella tuvo uso de razón y amó tanto a su regalado esposo Cristo que el primer acto que con ella hizo fue consagrarle con voto su virginidad y limpieza, la cual guardó hasta la muerte y así su vida fue un prodigio de la gracia y un real portento de santidad. Su penitencia tan rigurosa, que más parece admirable que imitable; doce horas de 24 que tiene el día natural se ocupaba en oración y porque la apretaba el sueño, que este fue el mayor enemigo que tuvo. Para no dormir se fijó un clavo en la pared de su oratorio y atando los cabellos suyos con una cuerda asiéndolos fuertemente del clavo se dejaba colgar de ellos y en esta forma hacía su oración, en las cuales siendo vencida del sueño, la misma Virgen madre de Dios, llegando a ella, le decía: hija Rosa despierta no duermas, vela, haz oración a tu esposo. Su cama era una barbacoa de unos maderos muy juntos, entre los cuales tenía puestas unas tejas de botijas quebradas con unas puntas hechas de las mismas tejas que salían de entre los maderos de la parte alta, porque acostándose sobre la cama la atormentasen y no dejasen dormir. Tan áspera y rigurosa era la cama que solía decir la tierna doncella a sus confesores que le daban sudores de muerte cuando consideraba solo se había de recostar en tal cama; pero no por eso lo dejaba de hacer, antes con mayor ánimo se arrojaba en ella.

Traía una corona de espinas. Las puntas hechas de plata de tres órdenes. Cada orden tenía 33 puntas, que por todas vienen a ser 99. Imitó a nuestra madre Santa Catalina de Sena y así lo dijo a su confesor. No comió carne sino en la ocasión de enfermedad solo y cuando fuese grave y esto por mandado del médico y padre de confesión, a quien siempre estuvo muy sujeta por su grande humildad. Su ordinario sustento eran yerbas y tenía cuidado para que fuesen las que apetecía enviar por unas que hay en la sierra, amarguísimas y entre ellas la traían la flor de la granadilla. Ayunaba las cuaresmas enteras y advientos, a pan y agua; y el demás tiempo, los lunes, miércoles y viernes y sábados de las semanas, aunque estos últimos años los ayunó todos, sin comer otra cosa más que pan y agua solo. Los domingos, cuando mucho, demasiándose en comer era un huevo o un pedacito de pescado y esto a la noche, porque era día de comunión, que en tales días acostumbraba esta tierna niña no comer hasta la noche, aunque muchos de ellos, lo uno ni lo otro comía.

Hacía sus oraciones, disciplinas; vistió siempre lana y a raíz de sus tiernas carnes vistió un riguroso y áspero silicio con tales rigores y asperezas no fue posible sino que perdiese el color hermoso de su rostro, que dicen era grande causa de que sus padres la afligiesen. Y porque veía la quitaban el regalo de sus abstinencias pidió a Dios en sus oraciones la diese un rostro y color en él, tal, que no se pudiesen conocer las penitencias, los ayunos que pensaba hacer con su divino favor. Pidiole más que de ninguna suerte (si merecía algo con su divina magestad) conociese el mundo la hacía tal favor. Oyola Dios y así a los 13 años de su edad le dio una enfermedad de postemas que le duró tres. Levantose de la cama al fin de ellos. Quedole un color blanquizco con el cual siempre vivió y un rostro tan lleno y tan hermoso que parecía un ángel, figura y color que jamas perdió aunque se le pasaban las semanas y los días sin comer como dicho es más que pan y agua. Maravilla grande después de haber estado esta dichosa virgen dos días naturales en este santo convento de rodillas orando en la presencia del Santísimo Sacramento, que fueron jueves y viernes santo. Saliendo con su madre para su casa por la puerta de la iglesia unos hombres que en ella estaban pusieron los ojos en nuestra Soror Rosa de Santa María y pareciéndoles que su rostro iba hermosísimo dijeron a la madre: muy gordita tiene Vm. a la beata, muy linda va, dévenla de haber regalado mucho los padres.

También le concedió el Señor no fuesen conocidos ni aun de sus propios padres estos portentos y maravillas y para disimularse y tener sus votos de oración y disciplina en un lugar apartado del bullicio de su casa plantó unos claveles diciendo que del fruto de ellos pensaba remediar alguna de las necesidades de sus padres, que fueron muchas. Y así fue que a su tiempo vendiera las clavelinas; y con el ordinaria labor de sus manos los remedió muchas veces; y como los padres veían ser ocupación de la doncella, dejábanla. Y tomando ocasión nuestra hermosa Rosa del aderezo de su jardín, gozaba a todas las horas, o las más que podía, a sus solas, recreándose con Dios. Desde los once años de su edad hasta los 30, que fueron los últimos de su vida, gozó de la presencia de Cristo y de su Santísima Madre y de Santa Catalina de Sena a la cual tuvo por maestra. A todos tres veía, oía, hablaba innumerables veces en forma visible. Y desde el tabernáculo que este convento tiene de Nuestra Señora del Rosario háblanle la Virgen y su hijo a esta dichosa Rosa. Conocía en el rostro de la imagen de Nuestra Señora del Rosario los trabajos del reino y las necesidades de él.

Alcanzó que el mismo hijo de Dios se desposó con ella diciéndola Rosa sed mi esposa. Y la Virgen Santa María, en tal desposorio, fue la madrina; porque en aquesta ocasión tenía al niño Jesús en sus manos, mirando a Soror Rosa, la dijo: gran favor es el que te ha hecho mi hijo Rosa. Padres, querer decir los portentos, los prodigios, maravillas y gracias que Dios comunicó a Soror Rosa de Santa María agradecido del amor con que esta sierva suya la servía y amaba, es nunca acabar.

Buena ocasión es esta y bastante motivo para que amemos a Dios, para que de todo corazón le sirvamos. Ver una sierva desde sus tiernos años abrasarse con tan rigurosas penitencias. Niña entre nosotros, nacida en nuestra propia tierra y patria de nuestra misma masa con quien conversamos y tratamos. Paladeada con la leche de nuestra doctrina. Sustentada con el buen ejemplo de los religiosos de esta casa, tan adelante en la virtud y tan honrada de Dios. Así como cosa suya se la llevó para sí en 24 días del mes de agosto año de 1617, día de San Bartolomé a las doce y media de la noche. Dijo antes que muriese el día de su muerte sin errar un punto en ella.

No es poca ponderación de su virtud y de que la estimaba Dios Nuestro Señor, el concurso de la gente que a la mañana y tarde concurrió a la casa donde estaba el cuerpo difunto, teniéndose por dichosos los que alcanzaban poderla besar las manos y tocar en ellas sus rosarios. Moción no solo en el cuerpo, pero ha sido también en las almas y corazones de muchos que con voces y lágrimas, manifestando sus culpas a Dios, han determinado mudar su vida y mejorar las costumbres. Y aunque esto más en particular ha sido en algunos seglares de que me consta, la voz del pueblo la misma ha sido y todos vienen a llorar sus pecados sintiéndose mucho de no haberla conocido. Fue tanto el golpe de gente y la fuerza de devoción con que la reverenciaban que fue bien menester la diligencia que se hizo de cerrar las puertas de su casa y que sacasen el cuerpo muchos religiosos de la orden para que no quedase desnuda. Antes de sacarla de su casa fue el cabildo eclesiástico a su entierro de gracia; y movidos de su particular hermosura sacaron el cuerpo santo en sus hombros hasta la primera posa; los cuales no pudieron sino fue haciendo que los sacerdotes que la llevasen, parados, sustentasen el cuerpo sobre sus hombros, acudiendo a esto religiosos de otras órdenes sin haberlos convidado, con una devota competencia y loable porfía sobre quien había de gozar de tan felice suerte, cual había de poner sobre sus hombros a la que traían en sus almas la gente que acompañó su cuerpo.

El concurso que había en nuestra iglesia y en las calles fue tan extraordinario que jamás se ha visto otro igual. A la última calle antes de entrar en el convento, el cabildo seglar llegó a quererse llevar el cuerpo y fue tanta la gente que fueron sobre el ataúd a coger de la corona de rosas y de la palma que llevaba, que fue necesario, para que no hiciesen el cuerpo pedazos y el hábito para reliquias, sacar el cuerpo de la iglesia y entrarlo en la casa de novicios, que ni aun allí no estaba seguro. El Señor Arzobispo, en compañía de los demás señores de esta audiencia, hincados de rodillas ante el bendito cuerpo de esta hermosa rosa, la besaron las manos, las cuales tenía con los dedos de ellas tan tratables que causaba admiración. Así se jugaban los brazos, dedos y manos como si fueran de gonces o cosa viva, llevándolos cada uno hasta la parte que quería. Exhalaba de sí este santo cuerpo, después de 36 horas que le había dejado el alma, según el dicho de todos, una fragancia y olor como de Rosa de Santa María; y con ser de ordinario asqueroso un cuerpo difunto, en especial en ojos y boca, en esta dichosa virgen Rosa no solo no lo fue. Pero parecía que los ojos los tenía dormidos, la boca, que tenía algo abierta tan hermosa, y toda ella de si tan linda que por particular alegría y devoción llegaba el pueblo a verla, teniendo a infelice su suerte no poder llegar a este cuerpo santo sus rosarios, cruces e imágenes; niños que de todas enfermedades padecían dolor.

Fue una cosa de espanto que con no poderse enterrar el día de San Luis, que fue el siguiente de su muerte; a la mañana viernes, con poner el cuerpo en un túmulo alto y dos sacerdotes arriba y otros muchos religiosos y guarda de alabarderos para que no pudiesen llegar seglares al cuerpo no fue posible; y así fue necesario, por las muchas voces y ruido que en la iglesia había al oficiar de la misa porque no se oía en el coro aunque se hacía señal con campanillas, viniesen algunos religiosos al mismo altar mayor y allí respondían; y como el pueblo sintiera acabado el oficio que la querían enterrar fueron tantos los alaridos, las voces y muchedumbre de gente que por entre las alabardas procuraron subir al túmulo, como de hecho subieron algunos, entre los cuales fue una la mujer de Jacome Carlos, manca y impedida de un brazo, la cual, con la devoción que pudo, hizo que una mano desta dichosa virgen la tocase el brazo enfermo y luego al punto sanó. Aquí fue donde todos se abalanzaron al cuerpo y viendo que le hacían pedazos los hábitos, procuraron hacer que la enterrasen dentro de el convento; y entre la una y las dos, con el mayor secreto que pudo, la enterraron. Está dentro de una caja de cedro, cubierta la sepultura de ladrillos; y porque sabiendo el pueblo que la habían enterrado llegaron con tan grande extremo a llevar tierra de la sepultura que temimos la desenterrasen; pero el Señor, que se honra de sus santos, ha obrado mil maravillas en esta santa, con cojos, mancos, tullidos y otras mil enfermedades y achaques. A dos mancos impedidos de todo punto, que oraron encima de su sepultura refregando el brazo dolorido encima de él, les concedió Dios salud. El uno es un sacerdote, hermano del padre fray Joan de Aranda, que apenas podía decir misa y ya manda el brazo como si no hubiera tenido enfermedad. El otro es un moreno conocido de todo el reino. El mismo día de su entierro en la tarde dio salud a un tullido que estaba sobre su sepultura llamado Alonso Díaz Durán, que por esta ciudad andaba arrastrando pies y manos pidiendo limosna. A un mulatillo, que ni aun con muletas podía andar sin arrimarse a las paredes, le dio esta virgen manos y pies tan ágiles que podía dar carreras y saltar sin ayuda de muletas. Aquella noche siguiente, a las diez de la noche, cobró salud en su sepultura un hombre llamado don Diego de Zúñiga, que había mucho que andaba notablemente contrecho de una pierna y padecía gravísimos dolores. Una india cacica de Chincha estaba hacía cuatro años tullida habiéndose tocado con una reliquia de la bendita Rosa pidió vestir y se levantó buena y sana. A un hombre que tenía una pierna disformemente hinchada, una reliquia de esta virgen le dio salud. A otro hombre tullido, que en una silla le trajeron al sepulcro, que de otra suerte no podía menearse, le sanó de todo punto. En el Callao, la tierra de su sepulcro y sus reliquias han hecho muchos milagros que por abreviar la relación no los refiero.

El sábado 26 de agosto se mostró la imagen de nuestra Señora del Rosario, que está en este convento, con los colores del rostro tan encendidos y bañados de tan hermosos resplandores de luz que a todo el pueblo, que había concurrido a un milagro, le pareció que la imagen sudaba levantando el grito con un clamor grandísimo de devoción y con muy grandes lágrimas decían ser así. Averiguose que no sudaba sino que era un resplandor y alegría que mostraba la imagen en significación del excesivo y nuevo gozo que la emperatriz soberana tenía con las maravillas de su linda Rosa. Justo es pues Dios, nos ha hecho favores. Padres, que los conozcamos; que si los de fuera agradecidos de los referidos bienes que Dios a su Iglesia, a nuestra religión y a su tierra dichosa hace muestra tan gran de alegría; y exteriormente la ternura de su alma y corazón protestando mejorar la vida doliéndose de sus pecados. Nosotros padres pues, con nuestro ejemplo, con nuestra exhortación y palabras, hacemos santos, debiendo siempre según el estado aventajarnos, no nos quedemos atrás. Conozcamos las maravillas de Dios, engrandezcamos su nombre en sus santos y pues también hemos saber honrar a los suyos lleguémonos a él. Amémosle y con dolor de nuestra vida pasada pidámosle favor en por venir, acordándonos de la devoción de la virgen soror Rosa de Santa María nuestra hermana. El domingo que viene celebran en este convento sus honras por haberlo pedido así el Señor Virrey y Audiencia, el señor Arzobispo y cabildo. Pidiéndole juntamente para aquel día el altar y coro, vendrá el Señor Arzobispo vestido de pontifical, los señores del cabildo con sus capas de tel… y los demás señores clérigos en forma de comunidad con sus sobrepellices y el padre maestro Velázquez predicará por haber sido su confesor. Yo tendré cuidado con ánimo de que Dios sea engrandecido de enviar a Vs. Rs un traslado de la certificación de la vida y milagros de esta santa que a su cargo ha tomado el cabildo de esta ciudad.
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* Profesor del Instituto de Historia de la Pontificia Universidad Católica de Chile.

1 Peter Burke, por ejemplo, sostiene que las cualidades del individuo no explican por sí sola a la santidad y que tampoco lo hacen las declaraciones de los testigos. A su juicio sería resultado de un proceso de "negociación" entre el centro y la periferia, entre el culto no oficial y el culto oficial, ver "How To Be a Counter-Reformation Saint", en Religion and Society in Early Modern Europe 1500-1800, edited by Kaspar von Greyerz, London, 1984, 45-55

2 Jean-Michel Salmann, Naples et ses saints à l'âge baroque (1540-1750). Presses Universitaires de France, Paris, 1994, 284.

3 Teodoro Hampe Martínez, Santidad e identidad criolla. Estudio del proceso de canonización de Santa Rosa, Centro Bartolomé de las Casas, Cuzco, 1998, se refiere a las diferentes etapas que culminan en la santificación de la virgen limeña, pero inicia su analísis a partir de 1618, con la intervención del Príncipe de Esquilache, y no se plantea la cuestión que a nosotros nos preocupa.

4 Leonardo Hansen, Vida admirable de Santa Rosa de Lima. Patrona del Nuevo Mundo. Segunda edición, Vergara, España, 1929, 394, señala: "Tanto como todo esto montaba en el concepto de todos presenciar el entierro de una pobrecita hija de un soldado apenas conocida en Lima". El doctor Castillo, como testigo en el proceso ordinario de beatificación dice: "Y lo que admiró a esta general moción, fue que hasta entonces no se habían manifestado sus revelaciones y favores que Nuestro Señor le hacía y sus milagros, y con todo eso, fue y concurrió a su entierro, muy grande concurso de toda la gente de la ciudad, teniéndola por santa y respetándola por tal y que estaba gozando de Dios", en Primer proceso ordinario para la canonización de Santa Rosa de Lima, Transcripción, Introducción y Notas R.P. Dr. Hernán Jiménez Salas. Lima, 2002, 42.

5 En lo que toca a Chile se puede mencionar el caso de Fr. Pedro de Bardeci, lego franciscano de fines del siglo XVII, en proceso de beatificación y que en vida gozó de gran popularidad. Cfr. René Millar C., "Fr. Pedro de Bardeci. El difícil camino a la santidad", Actas del I Congreso Internacional Arantzazu y los Franciscos Vascos en América, Oñate, 2001, en prensa. Para el Perú podemos mencionar al jesuita Francisco del Castillo, muy conocido y apreciado por la sociedad limeña de su tiempo, al punto que fue confesor del virrey Conde de Lemos y padrino de tres de sus hijos. Ver Armando Nieto, Francisco del Castillo. El apóstol de Lima. Pontificia Universidad Católica del Perú, Lima, 1992, caps. XVII-XVIII y XXI.

6 Sobre la significación de los milagros en la santidad, ver Salmann, op. cit., p. 277 y ss. También, Éric Suire, La sainteté francaise de la Reforme catholique (XVIe-XVIIIe siècles). Presses universitaires de Bordeaux, France, 2001, 191 y ss. En todo caso ambos autores hacen presente que dentro de la actividad milagrosa de los santos, el papel taumatúrgico es desempeñado de manera preferente por los hombres y que las mujeres aparecen sobre todo asociadas a las actividades proféticas.

7 Referencias biográficas sobre doña Luisa pueden verse en Fernando Iwasaki Cauti, "Luisa Melgarejo de Soto y la alegría de ser tu testigo, Señor", Histórica, Vol. XIX N° 2, diciembre de 1995. Del mismo autor, "Mujeres al borde de la perfección: Rosa de Santa María y las alumbradas de Lima", Hispanic American Historical Review, 73:4, 1993. Ramón Mujica Pinilla, "El ancla de Rosa de Lima: Mística y Política en torno a la Patrona de América", en Santa Rosa de Lima y su Tiempo, Ed. Banco de Crédito del Perú, Lima, 1995, 60-64. También, de este autor, Rosa limensis. Mística, política e iconografía en torno a la patrona de América, FCE y Banco Central de Reserva del Perú, Lima, 2001, 73-80. René Millar Carvacho "Falsa santidad e Inquisición. Los procesos a las visionarias limeñas", Boletín de la Academia Chilena de la Historia, N° 108-109, Santiago, 2000. Luis Miguel Glave, "Santa Rosa de Lima y sus espinas", en De Rosa y espinas. Economía, sociedad y mentalidades andinas, siglo XVII, Instituto de Estudios Peruanos y Banco Central de Reserva del Perú, Lima, 1998, 207-215.

8 Ramón Mujica, Rosa limensis, op. cit., 76. También, Fernando Iwasaki, "Luisa Melgarejo de Soto", op. cit., 227-228.

9 Fernando Iwasaki, "Luisa Melgarejo.., op. cit.", 227.

10 Ibid. Archivo Histórico Nacional, Madrid (AHN), sección Inquisición, leg. 1647/5, N°1.

11 René Millar Carvacho, "Falsa santidad…, op. cit.", 295.

12 AHN, Inquisición, leg. 1647-1, N° 5.

13 Sobre la figura del místico doctor Juan del Castillo ver Ramón Mujica, Rosa limensis, op. cit., 129 y ss.

14 Declaración de Luisa de Melgarejo en Primer proceso ordinario para la canonización de Santa Rosa de Lima, op. cit, 155.

15 Decimos relativamente porque en sus respuestas al cuestionario a los testigos del proceso ordinario queda en evidencia su conocimiento de oídas de la mayoría de los hechos sobre los que se le interroga. Cfr. Primer proceso ordinario, op. cit., 155-160.

16 Fray Leonardo Hansen, op. cit., 177. Fr. Juan Meléndez, Tesoros verdaderos de las Indias en la historia de la gran Provincia de San Juan Bautista del Perú de el Orden de Predicadores, Roma, 1681-1682, vol. II, 311, sobre el punto dice de Luisa: "una señora de singular espíritu y perfección, como conocía el fondo de su mucha santidad, no quería hablarla, ni recibirla en su casa sino de rodillas, besando el suelo que pisaba y si había de escribirle algún papel, consultándole materias de su espíritu siempre lo escribía de rodillas".

17 Declaración de Gonzalo de la Maza en Primer proceso ordinario…, op. cit., 81. Luis Millones, Una partecita del cielo, Lima, 1993, incluye también, en apéndice, las declaraciones del contador en el proceso ordinario de beatificación.

18 Ibid.

19 Ibid., 81-87.

20 Luis Miguel Glave, op. cit., p. 212, expresa que Luisa "a voz en cuello narró `su divino tránsito' para la sociedad limeña que se arremolinó esa noche de 1617 para velar y crear a su santa".

21 El jesuita Antonio de Vega Loayza declaró en diciembre de 1617, en calidad de testigo en el proceso ordinario de Rosa, que Luisa de Melgarejo se había arrobado "como suele por muchas horas, veces y tiempo, así en su casa como todos los días por muchas horas…, en este dicho templo de San Pablo, a vista de toda la ciudad y de sus vecinos y moradores, que han sido casi todos hombres y mujeres, los que han venido a ver dichas maravillas, que Dios Nuestro Señor por ella o con ella obra, con diferentes fines y afectos". Cfr. Primer proceso…, op. cit., p. 269.

22 AHN, Inquisición, leg. 1647-1, N° 5, carta del inquisidor Lima Andrés Gaytán al Consejo de la Suprema de 1° de mayo de 1624. También, Fernando Iwasaki, "Luisa Melgarejo…, op. cit.", 227-229. Luis Miguel Glave, op.cit., 213-214.

23 El místico jesuita Francisco del Castillo, en su autobiografía, en que relata acontecimientos hasta 1672, se refiere a Luisa Melgarejo como "señora bien conocida en Lima por su gran santidad y ejemplarísima vida", la cual había visto al padre Gonzalo Suárez "en el cielo con otros muchos de la Compañía muy adelantado en gloria". Un místico del siglo XVII. Autobiografía del venerable padre Francisco del Castillo de la Compañía de Jesús. Introducción y notas Rubén Vargas Ugarte, Lima, 1960, 103. Otro gran místico de la Compañía, el padre Antonio Ruiz de Montoya, dice hacia 1650 haber utilizado como fuente en su obra Silex del Divino Amor, Pontificia Universidad Católica del Perú, Lima, 1991, 250 los éxtasis y revelaciones con que el Señor había adornado a Luisa de Melgarejo.

24 Declaración de Gonzalo de la Maza, en Primer proceso…, op. cit., 86-87.

25 Michel Vovelle, La morte et l'occident, Gallimard, France, 1983, 290 y ss.

26 Ibid., 325. Sobre el tema de la muerte en la América colonial, ver Isabel Cruz, La muerte. Transfiguración de la vida, Ediciones de la Universidad Católica de Chile, Santiago, 1989.

27 Ibid., 88. André Vauchez, La sainteté en occident aux derniers siècles du moyen age. Roma, 1994, 598-600.

28 Jean-Michel Salmann, op. cit., 285-301.

29 Éric Suire, op. cit., 267-283.

30 Ibid.

31 En uno de los pocos escritos autógrafos de la Santa que se conservan queda explícita dicha devoción. Se trata de un breve texto sobre espiritualidad que lo encabeza con las siguientes palabras: "bispera (sic) de mi Padre y Apostol S. Bartolome ise (sic) las dos obras que remito". Ver P. Luis Getino, O.P., La patrona de América ante los nuevos documentos. Publicaciones de la Revista de las Españas N° 1, Madrid, s/f, 29. Ibid. También André Vauchez, La sainteté en occident aux derniers siècles du moyen age. Roma, 1994, 598.

32 Leonardo Hansen: Vida admirable de Santa Rosa de Lima. Patrona del Nuevo Mundo. Segunda edición, Vergara, 1929, 360. Los biógrafos posteriores siguen en este punto a lo indicado por Hansen en 1664, a modo de ejemplo podemos citar a José Manuel Bermúdez, Vida de la gloriosa virgen dominicana Santa Rosa de Santa María, Lima, 1869, 323-326. María Wiesse, Santa Rosa de Lima, Lima, 1922, 109. Rubén Vargas Ugarte, Vida de Santa Rosa de Lima (1944), tercera edición, Buenos Aires, 1961, 141-142.

33 Hansen, op. cit., cap. XXVIII. Fr. Pedro de Loayza, Vida de Santa Rosa de Lima, reedición, Santuario de Santa Rosa, Lima, 1996, 106-110. También, testificaciones del padre Juan de Villalobos y del padre Fr. Luis de Bilbao. Primer proceso, op. cit., 180 y 369.

34 Hansen, op. cit., 383.

35 Jean-Michel Salmann, op. cit., 287.

36 Ver anexo.

37 Jean-Michel Salman, op. cit., 289-290.

38 Hansen, op. cit., cap. XXX.

39 Salmann, op. cit., 296-297.

40 Hansen, op. cit., 391.

41 Ver anexo. También Hansen, op. cit., 393 y ss. Y Fr. Pedro de Loayza, op. cit., 120-123.

42 Ibid.

43 Hansen, op. cit., 396 y ss. También Loayza, op. cit., 122-123.

44 En el caso de Toribio de Mogrovejo también se destaca ese fenómeno como muestra de santidad, ver Victoria Cummins, "Blessed Connections: Sociological Aspects of Sainthood in Colonial Mexico and Peru", en Colonial Latin American Historical Review, vol. 3, N° 1, 1994, 11.

45 Ver anexo.

46 Testificaciones del doctor Castillo, de María Eufemia de Pareja, y del padre Nieto, entre otros, en Primer proceso ordinario, op. cit., 43, 153 y 321.

47 Ver anexo.

48 Éric Suire, op. cit., 38-45.

49 Fernando Iwasaki, "Vida de santos y santas vidas: hagiografías reales e imaginarias en Lima colonial", Anuario de Estudios Americanos, T. LI, Sevilla 1994, 48-49.

50 En 1937 Ángel Menéndez Rúa hizo una edición. Luego, en 1965, el P. Carlos Aníbal Álvarez lo reeditó y, por último, en 1985 Joaquín Barriales lo publicó a través del Santuario de Santa Rosa, que lo volvió a imprimir en 1996.

51 Teodoro Hampe Martínez, op. cit., 63.

52 Ramón Mujica, El ancla…, op. cit., 346.

53 Es lo que acontece con las de Jacinto de la Parra y Antonio González Acuña, por mencionar otras del siglo XVII. La obra de Fr. Juan Meléndez, Tesoros verdaderos, op.cit., que dedica 340 páginas, a la vida de Santa Rosa también sirvió de base a biografías posteriores, como la de José Antonio Catá de Calella, Vida portentosa de la esclarecida Virgen Santa Rosa de Santa María, vulgo Santa Rosa de Lima, Barcelona, 1886.

54 Biblioteca Nacional, Madrid. Manuscritos de América, N° 18671 28.

55 Es también a través del modelo que representa santa Catalina de Siena como Rosa de Santa María recepciona el significado religioso que las mujeres virtuosas de la Edad Media le dieron al alimento. Sobre este último tema ver Caroline Walker Bynum, Holy Feast and Holy Fast. The reli-gious significance of food to medieval women. University of California Press. USA, 1987.

56 Frank Graziano, "Santa Rosa de Lima y la política de la canonización", Revista Andina, N° 34, destaca el papel que desempeñó la orden de Santo Domingo en activar el proceso de canonización en Roma.

57 Es muy posible que el énfasis que se pone en destacar el origen criollo de Rosa, sea, por una parte, manifestación de la nacionalidad del autor y, por otra, constituya un reflejo de los conflictos entre criollos y peninsulares que por esas fechas afectaban a la orden. Sobre este punto ver, Bernard Lavallé, "Los dominicos en Lima (1565-1625. Paradojas y prefiguraciones del primer criollismo peruano", en Las promesas ambiguas. Criollismo colonial en los Andes, Pontificia Universidad Católica del Perú. Instituto Riva-Agüero, Lima, 1993, 182-185. Sobre la identificación de Santa Rosa con el criollismo colonial, ver Ramón Mujica, "El ancla de Rosa de Lima, op. cit.", 175 y ss. Del mismo autor, Rosa limensis, op. cit., 295 y ss. Teodoro Hampe, Santidad e identidad criolla, op. cit., 109 y ss. Francesca Cantú, "Rosa da Lima e il "místico giardino" del Nuevo Mondo: identità e trasfigurazione di una santa nell'immaginario sociale peruviano", en Ordini religiosi, santità e culti: prospettive di ricerca tra Europa e America Latina, a cura di Gabriella Zarri, Università degli Studi di Lecce, Congedo Editore, 2003, 98-102.

58 Primer proceso ordinario, op. cit., 15.

ABSTRACT

How did a young girl, almost unknows to the great majority of the inhabitants of Lima, who lived as a semi recluse, become a saint just after her death, venerated by hundreds who came to play homage and approach her body to obtain relics and the cure of disease? To answer these questions, this paper analyzes the role played by Luisa de Melgarejo, the circumstances surrounding the death of the girl, and the infleunce of the Dominican Order in generating a climate of opinion which made possible the start of the beatification process. An important element in this last, is the life of Rosa written by a member of that order a few days after her death, and which can which can be considered her first hagiography.

FONTE (http://www.scielo.cl/scielo.php?pid=S0717-71942003003600010&script=sci_arttext&tlng=es#3)

Augustinus
22-08-05, 18:35
Al medico Castillo, in (a cura di) L. Getino, La Patrona de América, Madrid 1928, pp. 54-55

Il Salvatore levò la voce e disse: Tutti sappiamo che la grazia segue alla tribolazione, intendano che senza il peso della afflizioni non si giunge al vertice della grazia, comprendano che quanto cresce l'intensità dei dolori, tanto aumenta la misura dei carismi. Nessuno erri né si inganni; questa é l'unica vera scala del paradiso, e al di fuori della croce non c'é altra via per cui salire al cielo. Udite queste parole, mi sentii spinta a scendere in piazza per gridare a tutti, qualunque fosse la loro età, il sesso e la condizione: Ascolta, popolo; ascoltiamo, genti tutte. Da parte di Cristo e con parole della sua stessa bocca vi avveerto che non si riceve grazia senza soffrire afflizioni. E' necessario che dolori si aggiungano a dolori per conseguire l'intima partecipazione alla natura divina, la gloria dei figli di Dio e la perfetta bellezza dell'anima.
Questo stesso stimolo mi spingeva fortemente a predicare la bellezza della grazia divina, mi tormentava e mi faceva sudare ed anelare. Mi pareve che l'anima non potesse più trattenersi nel carcere del corpo, ma che la prigione dovesse rompersi, ed essa, libera e sola, con più agilità, se ne andasse per il mondo gridando: Oh se i mortali conoscessero che gran cosa é la grazia, quanto é bella, quanto nobile e preziosa, quante ricchezze nasconde in sé, quanti tesori, quanta felicità e delizie! Senza dubbio andrebbero essi stessi alla ricerca di fastidi e pene; andrebbero questuando molestie, infermità e tormenti invece che fortune, e ciò per conseguire l'inestimabile tesoro della grazia. Questo é l'acquisto e l'ultimo guadagno della sofferenza ben accettata. Nessuno si lamenterebbe della croce e dei dolori, che gli toccano in sorte, se conoscesse con quali bilance vengono pesati nella distribuzione fra gli uomini.

Augustinus
23-08-05, 00:00
S. Domenico (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=106462) di cui fu degna figlia spirituale.

S. Martino de Porres (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=203414) di cui fu contemporanea e conterranea.

S. Caterina da Siena (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=163923) di cui fu fedele imitatrice.

S. Turibio de Mogrovejo (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=418264), che fu il suo santo vescovo.

Link esterni:

S. Rosa del Perù (http://www.santarosadelperu.com/rdsm.html).

Augustinus
23-08-06, 08:36
http://img139.imageshack.us/img139/5596/d9226jr6.jpg

http://img510.imageshack.us/img510/3489/rosa1vr4km3.jpg Juan de Valdés Leal, Immacolata Concezione con le Sante Rosa da Lima e Rosalia, 1671-75, Collezione privata, Siviglia

http://img218.imageshack.us/img218/7573/rosa2mi2.jpg Juan de Valdés Leal, S. Rosa da Lima, 1671-75, Collezione privata, Barcellona

Augustinus
23-08-06, 08:43
Rosa de Lima

Isabel Flores de Oliva (Lima, 20 de abril de 1586 - 24 de agosto de 1617), más conocida como Santa Rosa de Lima, es una santa peruana. Mística terciaria dominica canonizada por el papa Clemente X en 1671. Es la primera Santa de América, excelsa Patrona de Lima y el Perú (desde 1669) y del Nuevo Mundo y Filipinas (desde 1670).

Es además Patrona de institutos Armados: Policía Nacional de la República del Perú y de las Fuerzas Armadas de Argentina.

Su nombre

Aunque fue bautizada como Isabel en honor de su abuela materna, desde muy pequeña fue llamada Rosa. Según sus biógrafos, a los tres meses de nacida, la india Mariana acudió a velar el sueño de la niña, al verla pudo comprobar que su rostro se había convertido en una rosa, considerado el primer milagro de la limeña.

Así también, el día de su confirmación en el pueblo de Quives, el Arzobispo santo Toribio de Mogrovejo, la llamó Rosa sin que alguien pudiese darle noticia al arzobispo de este nombre tan particular e íntimo. Aunque le mortificaba que la llamasen así, a los 25 años aceptó y quiso que la llamaran Rosa de Santa María, a razón de que, según lo relató su madre, fue a conversar con un sacerdote a la iglesia de Santo Domingo manifestándole la molestia que le causaba que la llamen "Rosa", pero el sacerdote la tranquilizó diciendole: "¿Pues hija, no es vuestra alma como una rosa en que se recrea Jesucristo?". Con esto quedó tranquila y segura del nombre que le habían dado; siendo confirmado más adelante, según sus biógrafos, en episodios de tipo místico, por la Santísima Virgen del Rosario y posteriormente en el desposorio místico por el Niño Jesús.

Biografía

Isabel Flores de Oliva conocida como Santa Rosa de Lima,es una santa peruana,hija de Gaspar Flores, natural de Puerto Rico y María de Oliva. Nace el 20 de abril de 1586, fecha más probable y casi segura (otros mencionan el 30 de abril) ya que es la fecha mencionada por el primero de los biógrafos de Rosa, Fray Pedro de Loaiza (su confesor también) y por sus padres como consta en el Proceso Ordinario, interrogatorio que realizaron las autoridades religiosas sobre la vida de Rosa. Fue bautizada el 25 de mayo de 1586 en la Parroquia de San Sebastián, en Lima por el sacerdote Antonio Polanco, sus padrinos fueron Hernando de Valdés y María Orosco.

Su infancia fue común y nada llamativa, su compañero de juego fue su hermano Hernando el cual siempre la apoyó y ayudó. A los doce años se mudó con su familia hacia Quives, un pueblo a 60 kilómetros de Lima ubicado en el Valle Chillón. Es aquí donde ella recibirá la confirmación de manos de otro santo católico, Santo Toribio de Mogrovejo, su padrino fue el sacerdote del pueblo Francisco Gonzáles. Es en Quives donde al parecer empezó con sus mortificaciones contrayendo un reuma muy fuerte con consecuencias dolorosas para su recuperación que ella ocultaba a su madre.

Regresó a Lima con su familia ya siendo una joven. Debido a problemas económicos de la familia, trabajaba el día entero en el huerto y solía bordar con gran esmero para diferentes familias de la Ciudad y así ayudar al sostenimiento de su hogar.

A pesar de todo, se encontraba conforme con su forma de vida y no hubiera tratado de cambiarla si no hubiera sido por la insistencia de sus padres a casarla. Rosa resistió por más de diez años y finalmente hizo voto de virginidad ante la imagen del "doctorcito" para confirmar su resolución.

Al cabo de unos años ingresó a la orden de santo Domingo de Guzmán a imitación de Catalina de Siena.

A partir de entonces, se recluyó prácticamente en la Ermita que ella misma construyó, con ayuda de su hermano Hernando, en un extremo del huerto de su casa. Sólo salía para visitar al Templo de Nuestra Señora del Rosario y atender las necesidades espirituales de los indígenas y los negros de la ciudad. También atendía a muchos enfermos que se acercaban a su casa buscando ayuda y atención, creando una especie de enfermería en su casa.

Rosa y la Defensa de Lima

En 1615 los Piratas Holandeses al mando de Jorge Spilbergen deciden tomar la Ciudad de Lima, aproximándose al Puerto del Callao en días previos a la fiesta de La Magdalena. La noticia corre pronto hasta Lima y con ello la proximidad y desembarco en el Callao, lo que altera los ánimos de los ciudadanos. Ante esto, Rosa reúne a las mujeres de Lima en la Iglesia de Ntra. Sra. del Rosario para orar ante el Santísimo por la salvación de Lima.

Apenas llegada la noticia del desembarco, la terciaria subió al Altar, y cortándose los vestidos y remangados los hábitos puso su cuerpo para defender a Cristo en el Sagrario. Los ánimos del vecindario eran alarmantes, llegando a huir muchos de Lima hacia lugares distantes.

Misteriosamente el Capitán falleció en su barco, y ello supuso la retirada de los enemigos. En Lima todos atribuyeron el milagro a Rosa y por ello en sus imágenes se le representa portando a la Ciudad sostenida por el ancla.

En Argentina y Uruguay por el mes de agosto ocurre la "Tormenta de Santa Rosa". La tradición atribuye a Rosa el origen de este fenómeno natural que logró la huida de los enemigos de tierras peruanas.

Desposorio Místico

Uno de los momentos importantes de su vida es el "Desposorio Místico", ocurrido el Domingo de Ramos de 1617 en la Capilla del Rosario. Rosa, orando ante la Santísima Virgen, sintió el llamado del Niño Jesús de la imagen, y le dijo "Rosa de Mi Corazón, yo te quiero por Esposa", a lo que ella en arrobamiento respondió "Aquí tienes Señor a tu humilde esclava. Tuya soy y Tuya seré". A su efecto mandó elaborar un anillo a su hermano Hernando y le fue colocado por un religioso dominico el Domingo de Resurrección.

Ultimos días y tránsito

Ya cerca del final de su vida, cayó gravemente enferma. Pasó los últimos tres meses de su vida en la casa de Gonzalo de la Maza, un contador notable del gobierno virreinal, cuya familia le tenía particular cariño. En este lugar se levanta el Monasterio de Santa Rosa de Santa María de Lima.

Murió a los treinta y un años de edad en las primeras horas del 24 de agosto de 1617, fiesta de San Bartolomé, como ella misma lo profetizó y cuenta el padre Leonardo Hansen. El día de sus exequias y entierro, los devotos se abalanzaban sobre su cuerpo para arrancarle la vestimenta en busca de un recuerdo, aclamándola como santa.

Hoy sus restos se veneran en la Basílica de Nuestra Señora del Rosario de Lima (Santo Domingo) con notable devoción del pueblo peruano (y de América) que visita la Capilla dedicada a su culto en el Crucero del Templo dominicano.

Post Mortem

Su entierro fue uno de los más notables que vivió la ciudad de Lima. En la casa de la familia de la Maza se formaron grandes multitudes para contemplar a Rosa. El gentío hubo de esperar a su traslado hacia la Iglesia del Rosario. Al traslado acudieron el virrey, el Cabildo Secular y Eclesiástico, las órdenes religiosas presididas por la orden de Santo Domingo de Guzmán, los oidores y personas notables.

Hubo de requerirse la fuerza de la guardia del virrey para impedir que Rosa fuera desvestida por los devotos que deseaban llevar alguna reliquia. A pesar de ello, tuvieron que cambiarle tres veces los hábitos e incluso en el traslado algún irreverente seccionó uno de sus dedos del pie.

En el lecho de muerte, Gonzalo de la Maza hizo retratar el rostro de Rosa. A su efecto llamó al pintor italiano Angelino Medoro, quien realizó el primer testimonio de su apariencia física.

La devoción del pueblo se excedió a tal punto, que en pocos años tuvieron que retirarla de la Cripta y colocarla en la Iglesia del Rosario.

Devoción

Su casa (El Santuario) ubicada en el centro de Lima conserva los lineamientos que tuvieron en el siglo XVI época en que vivió Rosa. Anualmente es visitado por miles de devotos, peregrinos y turistas quienes recorren los ambientes que estuvieron directamente ligados a su vida y caridad para el prójimo.

Se conservan como reliquias una ermita donde ella rezaba. Cerca de la ermita hay un pozo de veinte metros de profundidad donde sus devotos depositan sus deseos escritos, también se conserva la habitación donde dormía, la Habitación (El Corazón del Santuario) en la cual nació y la enfermería donde atendía a sus hermanos necesitados.

La Basílica-Santuario, fue empezada luego de su canonización, con posteriores restauraciones durante los siglos XVII - XX hubo de ser remodelada e inaugurada finalmente el 24 de agosto de 1992, Este lugar es principal punto de peregrinación de todo el Perú y su arraigo popular es comparable a la Virgen de Guadalupe en México.

La figura de Rosa de Santa María en el corazón del pueblo peruano representa un símbolo de integración nacional, en Ella convergen todas las clases sociales.

Formó parte de la familia dominicana, de la provincia de San Juan Bautista del Perú. Se destacó por la perseverancia, firmeza, paciencia, su vida ascética y por su dedicación a los pobres y enfermos, a quienes atendía en una de las habitaciones de su casa. Sus flores preferidas fueron las margaritas, los claveles y las rosas.

Se han escrito cerca de 400 biografías sobre ella.

Más de mil rostros en lienzos, estampas y esculturas, hechos entre otros, por renombrados artistas como Francisco de Zurbarán, Claudio Coello, Angelino Medoro, Daniel Hernández, Teófilo Castillo, Francisco González y Sérvulo Gutiérrez.

El día 30 de agosto de cada año se celebra su solemnidad como día feriado en toda la República del Perú y países latinoamericanos, este día, su imagen (descubierta el día de la canonización en 1671 en la Catedral) recorre las calles de Lima acompañada de las banderas de todos los países de América y grandes multitudes de fieles que venidos de distantes lugares comparten el mar humano que honra a su compatriota.

Glorificación

A pocos días de su muerte, se reunieron numerosos testimonios sobre su vida y virtudes. En 1634 se presentó a Roma la causa de Beatificación. La beatificación se realizó en el Convento Dominico de Santa Sabina en Roma, en 1668. Fue canonizada por Clemente X en 1671, proclamándola por "Principal Patrona del Nuevo Mundo". En Lima, Roma, España y todos los países de América y Europa, se celebraron fiestas suntuosas en honor de la primera Santa natural de América.

Los Pontífices en sus respectivas Bulas la proclamaron santa con el nombre de "Rosa de Santa María", y que posteriormente hubo de convertirse en Rosa de Lima, nombre toponímico común a muchos santos en el orbe cristiano.

Patronazgos

Patrona principal del Nuevo Mundo (América), Filipinas e Indias Occidentales, Proclamada en la Basílica de San Pedro en Roma por el Papa Clemente IX en 1670.
Patronazgo sobre diversas regiones, ciudades, pueblos, instituciones educativas, Asociaciones, instituciones privadas, asociaciones, Cofradías y otros que depositan las oraciones que la Santa Limeña elevará a Dios.

Perú

Patrona de la ciudad de Lima
Patrona de la República del Perú
Patrona titular de la Sede Episcopal de la Arquidiócesis Primada de Lima
Patrona del Venerable Cabildo Metropolitano de la Ciudad de Lima
Patrona de la Tercera Orden Dominicana de la Provincia de San Juan Bautista del Perú
Patrona de las Enfermeras del Perú
Patrona de la Policía Nacional del Perú (el 30 de agosto de 1957 un Decreto Supremo la nombró Patrona de las fuerzas de la Policía del Perú; renovado posteriormente en la década de los años 1990).
Patrona de la Pontificia Universidad Católica del Perú.
Patrona de la minería del Perú, proclamada en 1996.
Patrona de la Real y Pontificia Universidad de San Marcos (Hoy Universidad Nacional Mayor de San Marcos)

Otros

Patrona de las Fuerzas Armadas de la República Argentina.
Patrona de las Fuerzas Armadas del Paraguay.
Patrona de Venta de Baños, (Palencia), (España).
Patrona de Guamasa, localidad de San Cristóbal de La Laguna, municipio de Tenerife (Santa Cruz de Tenerife/España)
Es tenida popularmente como Patrona de la Mujer, las costureras y floristas.
Santa Patrona de la ciudad de Sittard [1], provincia de Limburg, Países Bajos (en holandés).
Patrona de la Provincia Dominicana de Flandes (Bélgica) de la Orden de los Hermanos Predicadores.
Patrona de Pelequén, comuna de Malloa, VI Región. Chile.
Patrona de la Villa de Yotala, Capital de la provincia Oropeza del Depto. de Chuquisaca de la Republica de Bolivia - Sud America

Himno a Santa Rosa de Lima

¡Gloria a Ti, Rosa Bendita
del Perú radiante estrella!
flor de los cielos más bella
que la flor del Jericó.

Hollando con fe robusta
los placeres de este suelo,
desde joven en el cielo
tu corazón se fijó.

Virgen te aclaman los cielos,
Virgen pura del Nuevo Mundo.
Angel de Dios sin segundo,
del Perú que te crió.

Referencias

Mujica, Ramón; La Rosa Astrea, Lima.
Del Busto, José Antonio:Santa Rosa de Lima

FONTE (http://es.wikipedia.org/wiki/Rosa_de_Lima)

Diaconus
22-08-07, 18:27
Da dom Prosper Guéranger, L’Année Liturgique - Le Temps après la Pentecôte, Paris-Poitiers, 1901, IV ediz., t. V, p. 130-137

LE XXX AOUT.

SAINTE ROSE DE SAINTE-MARIE, VIERGE.

Quel parfum d'au delà de l'Océan nous apporte aujourd'hui la brise! L'ancien monde renouvelle sa jeunesse à ces senteurs du ciel; le nouveau se concilie par elles la terre et les cieux.

Cent ans ont passé depuis les jours où l'Europe étonnée apprit qu'un continent nouveau se révélait par delà les flots de la mer Ténébreuse, effroi des navigateurs. L'Espagne venait d'expulser le Croissant de ses propres terres; comme récompense, elle reçut la mission de planter la Croix sur ces plages immenses. Ni héros, ni apôtres, ne firent défaut dans cette œuvre au royaume Catholique; ni non plus, pour son malheur, les aventuriers dont la soif de l'or fit le fléau des Indiens qu'il s'agissait d'amener au vrai Dieu. La décadence si prompte de l'illustre nation qui avait triomphé du Maure, montrera bientôt jusqu'à quel point les peuples prévenus des plus hautes bénédictions restent pourtant solidaires des crimes commis, sous le couvert de leur nom, par quiconque porte le drapeau du pays. On sait comment finit au Pérou l'empire des Incas: malgré les protestations indignées des missionnaires, malgré les ordres venus de la mère patrie, quelques années suffirent aux compagnons de Pizarre pour exterminer le tiers des habitants de ces florissantes contrées; un autre tiers achevait de périr dans la misère d'une servitude pire que la mort immédiate; le reste fuyait vers les montagnes, emportant au fond des forêts la haine de l'envahisseur, et trop souvent, hélas! de l'Evangile, responsable à ses yeux des atrocités accomplies par les baptisés. La cupidité des vainqueurs donnait entrée à tous les vices dans ces âmes en lesquelles cependant la foi restait vive: Lima, fondée au pied des Cordillères comme métropole des provinces conquises, semblait bâtie sur la triple concupiscence; avant la fin du siècle, Jonas nouveau d'une nouvelle Ninive, saint François Solano la menaçait du courroux de Dieu.

Mais déjà la miséricorde avait pris les devants; la justice et la paix s'étaient rencontrées (1) dans l'âme d'une enfant prête à toutes les expiations, insatiable d'amour. Combien nous voudrions nous arrêter à contempler la vierge péruvienne dans son héroïsme qui s'ignora toujours, dans sa grâce si candide et si pure! Rose qui n'eut pour ceux qui l'approchaient que des suavités embaumées, et garda pour elle le secret des épines sans lesquelles ne vont point les roses ici-bas! Eclose du sourire de Marie, elle ravit l'Enfant-Dieu qui la veut sur son cœur. Les fleurs la reconnaissent pour reine, et toute saison les voit répondre à son désir; à son invitation, les plantes s'agitent joyeuses, les arbres inclinent leurs rameaux, toute la nature tressaille, eux-mêmes les insectes organisent des chœurs, les oiseaux rivalisent avec elle d'harmonies pour célébrer leur auteur commun. Et elle chante, au souvenir des noms de son père et de sa mère, Gaspard des Fleurs et Marie d'Olive: «O mon Jésus, que vous êtes beau entre les olives et les fleurs; et vous ne dédaignez pas votre Rose!».

Cependant l'éternelle Sagesse se révélait dans les jeux de l'Enfant divin et de sa bien-aimée (2). C'est Clément X qui, dans la bulle de canonisation, nous rappelle qu'un jour où elle était plus souffrante, le tout aimable fils de la Vierge bénie l'invita pour une partie mystérieuse où l'enjeu serait laissé au libre choix du vainqueur. Rose gagne, et réclame sa guérison, aussitôt accordée. Mais Jésus demande la revanche, et l'emportant au second tour, il rend son mal, accompagné du don de patience, à la perdante toute joyeuse; car elle avait compris qu'elle gagnait plus à la seconde partie qu'à la première.

Réservons à l'Eglise de raconter, en la Légende, jusqu'où notre Sainte fut amenée par l'efficacité de ces divines leçons touchant la souffrance. Dans les tortures surhumaines de sa dernière maladie, elle répondait à qui l'exhortait au courage: «Ce que je demande à mon Epoux, c'est qu'il ne cesse point de me brûler des ardeurs les plus cuisantes, jusqu'à ce que je sois pour lui le fruit mûr qu'il daigne recevoir de cette terre à sa table des deux». Et comme on s'étonnait alors de sa sécurité, de sa certitude d'aller directement au paradis, elle dit avec feu cette autre parole qui montre aussi tout un aspect de son âme: «Moi, j'ai un Epoux qui peut ce qu'il y a de plus grand, qui possède ce qu'il y a de plus rare; et je ne me vois pas n'espérant de lui que de petites choses».

Confiance bien justifiée par l'infinie bonté, les assurances et les prévenances du Seigneur à l'égard de Rose. Elle n'avait que trente et un ans, lorsque, au milieu de la nuit qui ouvrait la fête de saint Barthélémy de l'année 1617, elle entendit le cri: Voici l'Epoux (3)! Dans Lima, dans tout le Pérou, dans l'Amérique entière, des prodiges de conversion et de grâce signalèrent le trépas de l'humble vierge, inconnue jusque-là du grand nombre. «Il fut attesté juridiquement, dit le Pontife suprême (4), que, depuis la découverte du Pérou, aucun missionnaire ne s'était rencontré qui eût produit pareil ébranlement d'universelle pénitence». Cinq ans plus tard, était dédié ce monastère de Sainte-Catherine-de-Sienne qui devait continuer au milieu de Lima l'œuvre de sanctification, d'assainissement, de défense sociale, et qu'on appelait le monastère de Rose, parce qu'elle en était en effet devant Dieu la fondatrice et la mère. Ses prières en avaient obtenu l'érection qu'elle avait prédite pour après sa mort, désignant d'avance le plan, les religieuses futures, la première supérieure, qu'elle investit un jour prophétiquement de son esprit dans un embrassement plein de mystère.

Lisons le beau récit liturgique qui la concerne.

La première fleur de sainteté que l'Amérique méridionale ait donnée au monde, la vierge Rose naquit à Lima de parents chrétiens. Dès le berceau brillèrent en elle les marques de sa sainteté future. Un jour le visage de l'enfant apparut merveilleusement transfiguré comme une rose; ce fut l'occasion du nom qu'on lui donna ensuite, et auquel depuis la Vierge Mère de Dieu ajouta le sien comme surnom, voulant qu'elle s'appelât désormais Rose de Sainte-Marie. Elle fit à cinq ans vœu de virginité perpétuelle. Plus grande, pour éviter d'être contrainte au mariage par ses parents, elle coupa en secret sa magnifique chevelure. Ses jeûnes dépassaient la limite humaine; elle passa sans pain des Carêmes entiers, ne vivant que de cinq pépins de citron par jour.

Ayant reçu l'habit du tiers Ordre de saint Dominique, elle redoubla ses austérités, usant d'un long et dur cilice garni de pointes acérées, portant jour et nuit sous son voile une couronne armée au dedans d'un grand nombre de clous aiguisés. Elle s'était proposé sainte Catherine de Sienne pour modèle et pour guide dans les sentiers de la pénitence. Une chaîne de fer ceignait ses reins à triple tour. Elle s'était fait un lit de troncs d'arbres noueux, dont elle avait rempli les vides de tessons. Une cellule étroite qu'elle se construisit à l'extrémité du jardin, pour y vaquer à la contemplation des choses du ciel, la vit mater son faible corps par des disciplines fréquentes, par la faim et les veilles; mais son esprit y puisait la vigueur, et, victorieuse des démons en de nombreux combats, elle se riait de leurs efforts et réduisait à néant leurs illusions.

En butte à des maladies cruelles, aux mauvaises langues, aux affronts des siens, elle se plaignait de n'être point encore traitée selon son mérite. Livrée pendant quinze ans plusieurs heures par jour à une effroyable désolation spirituelle, desséchée, consumée par l'épreuve, elle supporta courageusement ces agonies plus amères que toute mort. Mais c'étaient à la suite les délices d'en haut, les visions, les séraphiques ardeurs. Son ange gardien, sainte Catherine de Sienne, la Vierge Mère de Dieu lui apparaissaient dans une admirable familiarité. Elle méritait d'entendre ces mots du Christ Jésus: Rose de mon cœur, sois mon épouse. Enfin arriva le jour fortuné où s'ouvrit pour elle le paradis de cet Epoux. Nombreux furent ses miracles après comme avant son trépas; et le Souverain Pontife Clément X l'inscrivit solennellement au catalogue des saintes Vierges.

Patronne de votre patrie de ce monde, veillez sur elle toujours. Justifiez sa confiance, dans l’ordre même de la vie présente, en la défendant des tremblements de terre dont les secousses promènent l'effroi sur ses rivages, des commotions politiques dont sa récente indépendance s'est vue si cruellement éprouvée. Etendez votre action tutélaire aux jeunes républiques qui l'avoisinent, et qui elles aussi vous honorent; ainsi que votre terre natale, protégez-les contre le mirage des utopies venues de notre vieux monde, contre les entraînements, les illusions de leur propre jeunesse, contre les sectes condamnées qui finiraient par ébranler jusqu'à leur foi toujours vive. Enfin, Rose aimée du Seigneur, souriez à l'Eglise entière que ravissent aujourd'hui vos charmes célestes. Comme elle, nous voulons tous courir à l'odeur de vos parfums (5).

Apprenez-nous à nous laisser prévenir comme vous par la céleste rosée. Montrez-nous à répondre aux avances du sculpteur divin qui vous apparut un jour, remettant aux soins de ceux qu'il aime les marbres de choix des vertus, pour les polir et les tailler en s'aidant de leurs larmes et du ciseau de la pénitence. Plus que tout le reste, enseignez-nous la confiance et l'amour. Tout ce qu'opère, disiez-vous, le soleil dans l'immensité de l'univers, faisant éclore les fleurs et mûrissant les fruits, créant les perles au sein des océans, les pierres précieuses dans les plis des montagnes: l'Epoux l'accomplissait dans les espaces sans fin de votre âme, y produisant toute richesse, toute beauté, toute joie, toute chaleur et toute vie. Puissions-nous, ainsi que vous-même, profiter de la descente du Soleil de justice eh nos poitrines au Sacrement d'union, ne vivre plus que de sa lumière bénie, porter la bonne odeur du Christ en tous lieux (6).

Les saints Martyrs Félix et Adauctus conquirent la palme au temps de Dioclétien. Ils méritèrent que le saint Pape Damase honorât d'une de ses glorieuses épitaphes leur sépulture, voisine du tombeau de l'Apôtre des nations. Adressons à Dieu la prière où l'Eglise implore aujourd'hui leur protection puissante.

ORAISON.

Daigne votre Majesté, Seigneur, exaucer nos supplications; le souvenir de vos Saints nous est une allégresse toujours renouvelée: que toujours aussi leur intercession soit notre défense. Par Jésus-Christ.
-----------------------------------------------------------------------
NOTE

1. Psalm. LXXXIV, 11.

2. Prov. VIII, 30-31.

3. Matth. XXV, 6.

4. Bulle de canonisation.

5. Collecte de la fête, ex Cant. I, 3.

6. Collecte de la fête, ex II Cor. II, 15.

Diaconus
22-08-07, 18:28
CITATIONS DE SAINTE ROSE DE LIMA

· A part la Croix, il n'y a pas d'autre échelle pour atteindre le Paradis

· Le Seigneur a dit d'une voix forte : que tous les hommes sachent que la grâce arrive après la peine, qu'ils sachent que sans avoir porté le fardeaux des afflictions, ils ne peuvent atteindre les hauteurs de la Grâce, qu'ils apprennent que les dons de la Grâce augmentent au fur et à mesure que le fardeau s'alourdit, que les hommes ne se trompent pas, il n'y a qu'une voie pour rejoindre le Paradis, et la Croix est la seule route pour y accéder.

· Nous n'obtiendrons pas la Grâce si nous ne souffrons pas. Nous devons supporter peine après peine pour rejoindre la nature divine, la gloire promise aux enfants de Dieu, et le parfait bonheur de l'âme.

· Si l'homme savait combien est suave la possession de la Grâce divine, combien précieuse elle est, combien de joies et d'exaltation elle procure, personne ne pourrait se plaindre de la croix qu'il faut porter.

Diaconus
22-08-07, 18:33
SAINT ROSE OF LIMA

Saint Rose of Lima, (April 20, 1586 – August 24, 1617)[1], the first Catholic saint of the Americas, was born in Lima, Peru.

Biography

Rose was born April 20, 1586, in Lima, the capital of the Viceroyalty of Peru. She received the baptismal name "Isabel Flores de Oliva." She was from a large family. Her father, Gaspar Flores, was born on the island of Puerto Rico and her mother, Maria de Oliva, was born in Lima. She was personally confirmed by the Archbishop of Lima Turibius de Mongrovejo. Her nickname "Rosa" was a testament to her holy ties. When she was a baby, a servant claimed to have seen her face transform into a rose, hence her name, "Rosa".

In emulation of Saint Catherine of Siena, she fasted three times a week with secret severe penances. When she was admired, Rose cut off her hair against the objections of her friends and her family. Upon the censure of her parents, Rose disfigured her face with pepper and lye. She was very upset that she was so beautiful, and hurt herself to help others.

Rose began to tell of visions, revelations, visitations and voices as her parents deplored her penitential practices more than ever.

She spent many hours contemplating the Blessed Sacrament, which she received daily. She determined to take a vow of virginity in opposition to her parents, who wished her to marry.

Daily fasting turned to perpetual abstinence from meat. Her days were filled with acts of charity and industry. Rose helped the sick and hungry around her community. She would bring them to her home and take care of them. Rose sold her fine needlework, grew beautiful flowers, and would take them to market to help her family. Her exquisite lace and embroidery helped to support her home, while her nights were devoted to prayer and penance in a little grotto which she had built. She became a recluse leaving the grotto only for her visits to the Blessed Sacrament.

She took the name of Rose at her confirmation in 1597. In her twentieth year she had so attracted the attention of the Dominican Order that she was permitted to enter a Dominican convent in 1602 without payment of the usual dowry. She donned the habit and took a vow of perpetual virginity.

For eleven years this self-martyrdom continued without relaxation, with intervals of ecstasy, until she died on August 24, 1617, at the age of 31. Her funeral was attended by all the public authorities of Lima, and the archbishop pronounced her eulogy in the cathedral.

Veneration

Rose was beatified by Pope Clement IX on April 15, 1667, and canonized on April 2, 1671 by Pope Clement X, as the first Catholic in the western hemisphere to be canonized. Her shrine, alongside those of her friends St. Martin de Porres and Alonso Abad, is located inside the convent of St. Dominic in Lima. The Roman Catholic Church says that many miracles followed her death. All the places named Santa Rosa in the New World pay homage to this saint. Pope Benedict XVI has a special devotion for this saint.

Her liturgical feast was inserted into the Roman Catholic Calendar of Saints in 1727 for celebration initially on August 30, because August 24, the day of her death, is the feast of Saint Bartholomew the Apostle and August 30 was the closest date not already occupied by a well-known saint. Pope Paul VI's 1969 reform of the Roman Catholic Calendar of Saints, made August 23 available. Her optional memorial is now celebrated on August 23. However, in Peru and other Latin American countries where August 30 is a public holiday in her honor, the liturgical feast is celebrated on the same day. In addition, Traditional Roman Catholics continue to celebrate her feast day on August 30 [2][3].

She is the patroness of Lima, Peru, the Americas, the Philippines, Santa Rosa, California, and Sittard in the Netherlands.

Early Lives of Santa Rosa were written by the Dominican Father Hansen, "Vita Sanctae Rosae" (2 vols., Rome, 1664–1668), and Vicente Orsini, afterward. Pope Benedict XIII wrote "Concentus Dominicano, Bononiensis ecclesia, in album Sanctorum Ludovici Bertrandi et Rosae de Sancta Maria, ordinero praedicatorum," Venice, 1674).

There is a park named after her in downtown Sacramento. [4] A plot of land at 7th and K streets was given to the Roman Catholic Church by Peter Burnett, first governor of the State of California. Father Peter Anderson would build one of the first of two churches in the diocese to be consecrated in honour of Rose.[5]

The emblems associated with her are an anchor, a crown of roses, and a city.

Early Lives of Santa Rosa were written by the Dominican Father Hansen, Vita Sanctae Rosae (2 vols., Rome, 1664–1668), and Vicente Orsini, afterward Pope Benedict XIII wrote Concentus Dominicano, Bononiensis ecclesia, in album Sanctorum Ludovici Bertrandi et Rosae de Sancta Maria, ordinero praedicatorum, Venice, 1674).

BIBLIOGRAPHY

Butler's Lives of the Saints; Complete Edition, edited by Herbert Thurston, S.J. and Donald Attwater, Christian Classics, Inc., Westminster, Maryland, 1956.
The Catholic Encyclopedia, The Catholic University of America, Washington, D.C., 1967.
Butler's Lives of Patron Saints, edited and with additional material by Michael Walsh, Harper & Row, San Francisco, 1987.

References

Patron Saints Index: Saint Rose of Lima Retrieved on 2008-08-23.
Catholic Encyclopedia: Saint Rose of Lima] Retrieved on 2008-08-23.
see the General Roman Calendar as in 1954 and the General Roman Calendar of 1962
http://www.downtownsac.org/?mvcTask=merchants&id=581 (See Downtown Sacramento Partnership site.)
History of the Sacramento Diocese, second paragraph

Fonte: wikipedia (http://en.wikipedia.org/wiki/Rose_of_Lima)

Augustinus
23-08-07, 13:24
St. Rose of Lima

Saint Rose of Lima died on August 30, 1617. All the reference books that I have (Magnificat; Saints of the Roman Calendar; Butler's Lives of the Saints) state that she died August 24.

Virgin, patroness of America, born at Lima, Peru 20 April, 1586; died there 30 August, 1617.

At her confirmation in 1597, she took the name of Rose, because, when an infant, her face had been seen transformed by a mystical rose. As a child she was remarkable for a great reverence, and pronounced love, for all things relating to God. This so took possession of her that thenceforth her life was given up to prayer and mortification. She had an intense devotion to the Infant Jesus and His Blessed Mother, before whose altar she spent hours. She was scrupulously obedient and of untiring industry, making rapid progress by earnest attention to her parents' instruction, to her studies, and to her domestic work, especially with her needle.

After reading of St. Catherine she determined to take that saint as her model. She began by fasting three times a week, adding secret severe penances, and when her vanity was assailed, cutting off her beautiful hair, wearing coarse clothing, and roughening her hands with toil. All this time she had to struggle against the objections of her friends, the ridicule of her family, and the censure of her parents. Many hours were spent before the Blessed Sacrament, which she received daily.

Finally she determined to take a vow of virginity, and inspired by supernatural love, adopted extraordinary means to fulfill it. At the outset she had to combat the opposition of her parents, who wished her to marry. For ten years the struggle continued before she won, by patience and prayer, their consent to continue her mission.

At the same time great temptations assailed her purity, faith, and constance, causing her excruciating agony of mind and desolation of spirit, urging her to more frequent mortifications; but daily, also, Our Lord manifested Himself, fortifying her with the knowledge of His presence and consoling her mind with evidence of His Divine love. Fasting daily was soon followed by perpetual abstinence from meat, and that, in turn, by use of only the coarsest food and just sufficient to support life.

Her days were filled with acts of charity and industry, her exquisite lace and embroidery helping to support her home, while her nights were devoted to prayer and penance. When her work permitted, she retired to a little grotto which she had built, with her brother's aid, in their small garden, and there passed her nights in solitude and prayer. Overcoming the opposition of her parents, and with the consent of her confessor, she was allowed later to become practically a recluse in this cell, save for her visits to the Blessed Sacrament.

In her twentieth year she received the habit of St. Dominic. Thereafter she redoubled the severity and variety of her penances to a heroic degree, wearing constantly a metal spiked crown, concealed by roses, and an iron chain about her waist. Days passed without food, save a draught of gall mixed with bitter herbs. When she could no longer stand, she sought repose on a bed constructed by herself, of broken glass, stone, potsherds, and thorns. She admitted that the thought of lying down on it made her tremble with dread. Fourteen years this martyrdom of her body continued without relaxation, but not without consolation. Our Lord revealed Himself to her frequently, flooding her soul with such inexpressible peace and joy as to leave her in ecstasy for hours. At these times she offered to Him all her mortifications and penances in expiation for offences against His Divine Majesty, for the idolatry of her country, for the conversion of sinners, and for the souls in Purgatory.

Many miracles followed her death. She was beatified by Clement IX, in 1667, and canonized in 1671 by Clement X, the first American to be so honoured. Her feast is celebrated 30 August. She is represented wearing a crown of roses.

Bibliography

Hansen, Vita Mirabilis (1664), Spanish tr. by PARRA.

Fonte: The Catholic Encyclopedia, vol. XIII, New York, 1912 (http://www.newadvent.org/cathen/13192c.htm)

Augustinus
30-08-08, 08:23
http://www.ibc.regione.emilia-romagna.it/I/museil20/Forli/FC040/FC040_01/016.JPG Carlo Cignani, Incoronazione di S. Rosa (La Madonna seduta fra le nubi e posante il piede destro sulla spalla di un angelo, incorona S. Rosa), 1685-99, Pinacoteca Civica "Melozzo degli Ambrogi", Forlì

http://www.ibc.regione.emilia-romagna.it/I/museil20/Ravenna/RA009/RA009_10/252.JPG Carlo Cignani, Sacra Famiglia con S. Rosa da Lima e angelo, 1700-49, Museo Civico delle Cappuccine, Bagnacavallo

Augustinus
30-08-08, 10:47
http://www.parrocchiasantamarianuova.net/Chiese/SantaMariaNuova/FotoCappelle/Tela_SantaRosa.jpg Giovanni Pock, S. Rosa da Lima, 1829, Chiesa di Santa Maria Nuova, Abbiategrasso

http://img181.imageshack.us/img181/7767/bentcoelhrosalimajpegvf9.jpg Bento Coelho, Matrimonio mistico di S. Rosa da Lima, 1670 circa, Chiesa di S. Nicolau, Santrém

http://www.monasterosantanna.org/pop_up2/images/images/image-5.jpg Angelo Solimena, Incoronazione di S. Anna con i SS. Giovacchino e la Vergine Maria ed i SS. Pio V, Domenico, Tommaso, Agnese di Montepulciano, Caterina da Siena, Rosa di Lima Caterina de' Ricci, 1689, Monastero Domenicano di Sant'Anna, Nocera Inferiore

http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/b/b7/Musée_Châlons-Ste_Rose_de_Lima.jpg Noël II Laudin, S. Rosa da Lima col Bambino Gesù, XVII sec., Musée de Châlons en Champagne, Reims

Augustinus
30-08-08, 11:09
http://www.photo.rmn.fr/LowRes2/TR1/P3HBJ0/73-004560.jpg Onorio Marinari, La Vergine Maria consegna il rosario a S. Domenico in presenza di S. Rosa, XVII sec., musée des Beaux-Arts, Brest

Augustinus
30-08-08, 11:19
DIE 30 AUGUSTI

Stæ ROSÆ A SANCTA MARIA
VIRGINIS LIMANÆ

Missa Dilexísti, de Communi Virginum 3° loco infra, præter Orationem sequentem:

Oratio

BONÓRUM ómnium largítor, omnípotens Deus, qui beátam Rosam, cæléstis grátiæ rore prævéntam, virginitátis et patiéntiæ decóre Indis floréscere voluísti: da nobis fámulis tuis; ut, in odórem suavitátis ejus curréntes, Christi bonus odor éffici mereámur: Qui tecum.

Secreta*

ACCÉPTA tibi sit, Dómine, sacrátæ plebis oblátio pro tuórum honóre Sanctórum: quorum se méritis de tribulatióne percepísse cognóscit auxílium. Per Dóminum.

Postcommunio*

SATIÁSTI, Dómine, famíliam tuam munéribus sacris: ejus, quaésumus, semper interventióne nos réfove, cujus sollémnia celebrámus. Per Dóminum.

FONTE (http://www.unavoce-ve.it/mr-30aug=lat.htm)