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Nirvana
03-10-04, 13:15
ROMA, 30 SET - L'appellativo di mortadella deriva da mortaio che evoca immediatamente l'immagine di carne sminuzzata e pestata. Si tratta di un salume a grana fine di carne suina di spalla e lombodi prima qualita', molto magro, con lardello centrale al taglio, forma tondeggiante e sapore sapido per il condimento con sale e pepe e retrogusto tendente al dolce per la presenza di lardo. Il bastone quadrato di lardo inserito al centro rende inconfondibile una fetta di mortadellina amatriciana affumicata che si presenta di colore rosa-violaceo con un nucleo centrale di lardo appunto. Viene prodotto nei comuni di Amatrice, Accumoli e Leonessa, in provincia di Rieti, e nei comuni abruzzesi di Campotosto e Poggio Cancelli, in provincia dell'Aquila, da oltre tre secoli. Il prezzo di vendita al minuto oscilla tra i 15 euro al chilogrammo ai 15 euro la coppia, modalita' in cui e' solitamente venduta in salumeria la mortadellina di Amatrice. Il salume, che mediamente pesa 1,3 chilogrammi, e' infatti insaccato e legato a doppia briglia con spaghi tenuti in tensione da speciali chiavi di legno realizzate artigianalmente. Il prezzo piuttosto elevato si giustifica con la lavorazione interamente manuale. ''Occorre tempo per la macinatura e per la lavorazione - precisa il produttore Giacomo Agabiti - perche' vanno cuciti a mo' di fazzoletto quadrato i budelli di maiale sostenuti da una stecchetta di legno. L'intestino di suino e' precedentemente lavato con acqua, aceto e sale e fatto asciugare. Si macina non troppo finemente carne scelta di maiale, lombo e spalla, si sala e si pepa con pepe macinato ed in grani. Si aggiunge lardo tagliato a pezzetti. Si lascia riposare l'impasto per circa 6-8 ore poi si lavora l'impasto cercando di imprimergli una forma ovale ponendo particolare cura nel far fuoriuscire l'aria che altrimenti determinerebbe l'irrancidimento del prodotto. La fase successiva e' quella della cucitura del quadrato d'intestino (si puo' usare anche il cosidetto budello cieco o marotta) intorno all'impasto e il posizionamento di due stecche di legno di nocciolo che serviranno a tenere schiacciata la forma. Successivamente le mortadelline vengono poste sotto peso per 24 ore e bucate con piccoli spilli per favorire la fuoriuscita dell'aria. Una volta preparate, le mortadelline vengono poste ad asciugare per qualche giorno in un locale dove c'è un camino acceso, vengono poi messe in cantina asciutta e ventilata per ulteriori tre-quattro mesi. Mano a mano che si procede con la stagionatura le mortadelline si restringono e quindi le due stecche vengono tirate a mano tramite lo spago''. La fase finale di essiccamento viene facilitata dai rigori del freddo dovuto all'altitudine dei comuni del reatino'. Il ciclo minimo di lavorazione dalla macinatura e' pertanto di almeno tre mesi. La produzione affumicata, piu' tipica di Campotosto, richiede ulteriore lavorazione ma le nuove norme sanitarie, di fonte comunitaria, non permettono la stagionatura in cantina come prevede la tradizione secolare. E' difficile stimare una produzione complessiva nel territorio dell'Alta valle del Velino perche' rimane forte e consolidata la produzione casalinga o al massimo in piccoli laboratori artigianali. Si puo' infatti affermare che in tutte le case di Leonessa tradizionalmente venga prodotta la mortadellina, soprattutto per il consumo legato alla festivita' pasquale e per accompagnare la sagra della patata, in cartellone nella seconda settimana di ottobre. Per commercializzare la mortadellina di Amatrice occorre il bollo Cee. Secondo il produttore Agabiti al momento ''e' poco opportuna la richiesta di marchi di tutela dell'Unione Europea perche' i quantitativi prodotti con lavorazioni rispondenti alla rigida normativa sanitaria sono in percentuale molto limitati. ''In particolare, afferma Agabiti, il marchio di tutela escluderebbe dalla valorizzazione tutta la produzione di Campotosto che subisce l'affumicatura in ambienti tradizionali''. Forte e' infatti la polemica tra i poli produttivi laziali e abruzzesi che pure distano appena venti chilometri e che un tempo facevano parte dell'Abruzzo, terra tradizionalmente di pastori dove il guanciale amatriciano era il tipico cibo della transumanza. ''E' una lavorazione che si sta perdendo - aggiunge Agabiti - e poiche' non ci sono dubbi sul fatto che la tradizione di produzione superi i 25 anni la richiesta di un riconoscimento di un marchio di tutela potrebbe tutelare una specialita' alimentare che rischia altrimenti di essere dimenticata''. La peculiarità di questo insaccato e' quella di conservarsi piu' a lungo degli altri e di poter essere consumato fino alla produzione dell'anno successivo. (ANSA).