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Otto Rahn
13-11-04, 06:28
tratto da www.thule-italia.com


Jung parla
A cura di William McGuire e R.F.C. Hull
tratto da: INTERVISTE E INCONTRI
(gli Adelphi, II edizione, Milano marzo 2002)

Nel 1959 Miguel Serrano ritornò in India, dove portò a termine i racconti della regina di Saba, li fece tradurre in inglese e ne inviò una copia dattiloscritta a Jung, che rispose con una lettera il 14 gennaio 1960. Con la sua autorizzazione, la lettera fu pubblicata come prefazione all'edizione inglese del libro di Serrano, The visits of the Queen of Sheba (Bombay e London, 1960; 2a ediz., London, 1972).
Di nuovo a Zurigo nel 1960 (Jung era malato e non poté riceverlo), Serrano consultò l'I Ching per sapere se fosse tempo per lui di lasciare l'India e interpretò in senso affermativo il responso dell'oracolo. (Fu poi assegnato a Belgrado). Il 23 gennaio 1961 tornò a trovare Jung a Küsnacht.



Me ne andrò dall'India. Ho consultato l'I Ching e mi ha dato questo consiglio

Deve fare quello che dice, perché quel libro non sbaglia mai. Esiste senz'altro un nesso preciso tra la psiche individuale e l'universo. Quando mi riesce difficile classificare un paziente, lo mando a farsi fare l'oroscopo; l'oroscopo corrisponde sempre al carattere del paziente e io poi lo interpreto psicologicamente. Talmente forte è la corrispondenza tra l'universo e la psiche, che potrebbe perfino darsi che le invenzioni e le idee di un tempo a tre dimensioni siano semplicemente il riflesso della nostra struttura mentale. Per esempio, io ho potuto prevedere l'ultima guerra semplicemente dall'analisi dei sogni dei miei pazienti; infatti in quei sogni appariva sempre Wotan. La prima guerra mondiale invece non l'avevo potuta prevedere, benché personalmente avessi delle premonizioni, perché allora non praticavo l'analisi dei sogni. In totale ho analizzato quarantun sogni che preannunciavano una grave malattia o la morte.

Sono venuto anche per incontrarmi con Hermann Hesse. Hesse dice che la strada giusta è quella che è in armonia con la natura.

Questo è anche il mio principio di condotta. L'uomo dovrebbe vivere secondo la propria natura; dovrebbe prima di tutto sforzarsi di conoscere se stesso, per poi vivere in armonia con la propria verità. Che cosa penseremmo di una tigre che fosse vegetariana? Che è una cattiva tigre. Allo stesso modo, ciascuno deve vivere secondo la propria natura, sia individualmente sia collettivamente. L'esempio migliore di questo metodo si trova in India, il peggiore, credo, in Russia: la Russa è un paese con una stupenda organizzazione, che però non funziona, come è evidente dai suoi insuccessi in agricoltura. I russi non si sono dati la pena di capire come è veramente fatto l'uomo; si sono limitati a trattarlo come un essere totalmente meccanico e razionale. E' chiaro che per loro è necessario ideare non tanto una teoria sull'agricoltura, quanto una teoria sull'uomo, e poi importare quella teoria o concezione. Conoscevo una vecchia signora, molto aristocratica e nobile, che viveva secondo le più squisite idee di raffinatezza; di notte però sognava sempre ubriaconi e lei stessa in quei sogni finiva alcolizzata.

Dunque è importante essere quello che siamo; scoprire la nostra individualità, quel centro della personalità che è equidistante sia dalla coscienza sia dall'inconscio; dobbiamo proporci come meta quel punto ideale verso il quale sembra volerci dirigere la natura. Solo a partire da quel punto è possibile soddisfare i nostri bisogni.

Gli indiani sembrano affermare la stessa cosa quando dicono che è meglio realizzarsi imperfettamente dentro il proprio karma che perfettamente entro un karma che non ci appartiene.

Precisamente.

Professor Jung, lei crede che il suo sistema potrebbe funzionare al di fuori dell'Occidente, vale a dire in culture dove la psiche non è così divisa? In India, per esempio, non ci sono nevrotici, e nemmeno, a quanto mi risulta, in Birmania, in Indonesia, in Thailandia o in Cina. E secondo me il motivo è che gli abitanti di quei paesi non sono « persone » in senso occidentale cristiano. Come ha detto lei quando ci siamo incontrati a Locarno, la Persona è il prodotto della repentina imposizione della spiritualità cristiana sopra una popolazione nordica ancora barbara, con tutte le conseguenti inibizioni incontrollabili.

Sì, e credo che questa mancanza di personalità individuale sia ciò che consente all'Oriente di accogliere con tanta facilità sistemi collettivistici come il comunismo e sistemi religiosi come il buddhismo, che mirano anzitutto ad annullare l'idea di personalità individuale.

Qualche tempo fa, a pranzo con Hesse, gli dissi che consideravo una grande fortuna per me trovarmi seduto alla sua tavola; lui rispose che non era affatto un caso, perché da lui andavano solo gli ospiti giusti. E accennò al Circolo ermetico.

E' vero; la psiche viene attratta dalla psiche. Solo quelle giuste rispondono, e a guidarci è l'inconscio, perché l'inconscio sa. Una volta, in treno, venne a sedersi accanto a me un generale. Ci mettemmo a parlare e di lì a poco, benché non sapesse chi ero, il generale mi disse tutto dei suoi sogni, una cosa certamente insolita da parte di un uomo della sua condizione. Sosteneva che i suoi sogni erano assurdi, ma io, dopo averlo ascoltato, gli dissi che uno di essi gli aveva completamente cambiato la vita e che, senza quel sogno, sarebbe diventato un intellettuale. Il generale rimase molto colpito e mi guardò come se fossi un mago, o quanto meno una persona con il dono della seconda vista. Ma in realtà era l'inconscio a sapere e a dirigere. Quell'uomo era venuto a sedersi vicino a me perché inconsciamente era alla ricerca di una risposta. Anche sulla sua vita, sa, potrei dirle cose che la stupirebbero...

(Jung si chinò in avanti e mi scrutò fisso negli occhi. Nella penombra del pomeriggio avanzato il suo corpo parve dilatarsi e io ebbi l'impressione di trovarmi di fronte un'incarnazione di Abraxas. Improvvisamente ebbi un brivido, poi mi parve di udire voci lontane che provenivano da questo essere potente e mulinavano intorno a entrambi, come echi di voci passate).

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Serrano tornò per l'ultima volta a trovare Jung il 10 maggio 1961, meno di un mese prima della sua morte. La conversazione ebbe luogo nello studio, a Küsnacht.



(Jung sedeva accanto alla finestra; indossava una veste cerimoniale giapponese, sicché nella luce del tardo pomeriggio sembrava un mago o il sacerdote di un antico culto. Gli porsi un piccolo regalo che gli avevo portato dall'Oriente: una scatola di turchese del Kashmir, simile a quella che avevo dato a Hermann Hesse a Montagnola. La prese in mano, osservandola e tastandola).

Un turchese del Kashmir. Non ci sono mai stato; ho visitato solo il Bengala, l'India nordorientale e, nel sud, Madura. Grazie per il bellissimo regalo.

Sono appena stato a trovare Hermann Hesse; abbiamo parlato della morte. Gli ho chiesto se era importante sapere se c'è qualcosa dopo la morte. Mi ha risposto che pensava di no, e che probabilmente morire è come entrare nell'inconscio collettivo, precipitarvi, forse.

La sua domanda era mal posta. Sarebbe stato meglio formularla così: c'è qualche motivo per credere che ci sia una vita dopo la morte?

E c'è un motivo?

Se fosse possibile per la mente funzionare al margine del cervello, sarebbe incorruttibile.

E' possibile una cosa del genere?

I fenomeni parapsicologici indicano che lo è. Io stesso ho fatto certe esperienze che lo confermano. Una volta ero gravemente ammalato, quasi in coma. Tutti pensavano che stessi soffrendo terribilmente, ma in realtà la mia esperienza era di uno stato di estremamente piacevole. Mi sembrava di fluttuare al di sopra del mio corpo, molto al di sopra. Inoltre, dopo la morte di mio padre, lo vidi parecchie volte. Naturalmente questo non dimostra che egli fosse apparso davvero: le sue apparizioni potrebbero essere state fenomeni assolutamente soggettivi da parte mia.

Ma non sarebbe possibile che tutte queste cose siano davvero esterne e oggettive e non soltanto fenomeni che avvengono nella nostra mente? Hesse parla dell'inconscio collettivo come se esistesse fuori di noi e pensa che la morte possa essere semplicemente un "precipitare dentro" quello stato.

Durante la guerra ebbi modo di vedere uomini che avevano subìto lesioni cerebrali che avevano paralizzato le funzioni della corteccia, impedendogli così di avere alcuna percezione del tempo e dello spazio. Ciò nonostante, quegli uomini, continuavano a sognare, e alcuni anzi ebbero importanti visioni. Ora, se il cervello è completamente paralizzato, l'interrogativo è: quale organo produce il sogno? Con quale parte del corpo sogna un uomo? E' qualcosa di fisico? O non è forse un'indicazione che in realtà la mente agisce indipendentemente dal cervello? Io non conosco la risposta, ma è un'ipotesi interessante. Ci sono anche altri fenomeni a sostegno di questa ipotesi. Come lei sa, il bambino piccolo non ha il senso dell'Io nettamente differenziato. L'Io infantile è diffuso e disperso in tutto il corpo. Ciò nonostante, è stato dimostrato che bambini piccolissimi fanno sogni in cui l'Io è chiaramente differenziato, esattamente come nell'uomo maturo. In quei sogni il bambino ha una chiara percezione della Persona. Ora, se, da un punto di vista fisiologico, il bambino non ha un Io, che cosa produce quei sogni, sogni che, posso aggiungere, lo influenzeranno per tutta la vita? E, altro interrogativo: se l'Io fisico scompare con la morte, scompare anche quell'altro Io, quello che gli aveva mandato quei sogni quand'era bambino?

(Mentre parlava, mi colpì ancora una volta il grandioso rigore della sua mente. Ancora, alle soglie della morte, non smetteva di cercare e di sperare di credere; ma la sua obiettività di scienziato gli impediva di pronunciare anche una sola parola che non corrispondesse a esperienze dimostrabili).

Oggi nessuno presta attenzione a ciò che sta dietro le parole, alle idee di fondo che stanno dietro. Eppure l'idea è l'unica cosa che abbia una presenza reale. Nel mio lavoro io non ho fatto altro che dare nuovi nomi a quelle idee, a quelle realtà. Prendiamo, per esempio, la parola "inconscio": ho appena finito di leggere il libro di un buddhista zen cinese. E mi è sembrato che tutti e due parlassimo della stessa cosa e che l'unica differenza tra noi fosse che ciascuno dava un nome diverso alla medesima realtà. Perciò l'uso della parola inconscio non ha importanza; ciò che conta è l'idea che sta dietro a quella parola.

(Sul tavolino di fianco alla sua sedia c'era un libro di Teilhard de Chardin, Le phénomène Humaine. Gli chiesi se l'avesse letto).


E' un grande libro.

(Notai l'anello gnostico che aveva al dito e gli chiesi il significato di quei simboli).

E' egiziano. C'è scolpito il serpente, che simboleggia Cristo. Sopra il serpente c'è la faccia di una donna; sotto, il numero otto, un simbolo dell'infinito, del labirinto e della strada verso l'inconscio. Ho fatto modificare un paio di cose in modo da renderlo un simbolo cristiano. Tutti questi simboli sono vivi dentro di me e ciascuno di essi suscita una reazione nella mia anima.

Io penso che nel suo essere profondo lei rappresenti un collegamento con i segreti del passato. Lei ha trovato il ponte di congiunzione, il sentiero che è stato smarrito in Europa con l'avvento dell'Illuminismo, se non da prima. Come il Rinascimento ha trovato un legame con l'antichità classica nelle sue estrinsecazioni, così lei, per la nostra epoca, ha stabilito il collegamento con il suo lato interiore. Così, grazie a lei, le qualità essenziali dell'uomo possono sopravvivere. Meister Eckhart svolse la stessa funzione per la sua epoca.

Ciò che ho cercato di fare è mostrare ai cristiani che cosa è in realtà il Redentore e che cosa significa la resurrezione. Oggi nessuno più sembra saperlo o ricordarlo, ma l'idea vive ancora nei sogni.

Ma secondo lei ha poi senso fare questi discorsi? Le cose che interessano e appassionano noi non saranno fuori dal tempo, in quest'epoca di supertecnologia e di viaggi interplanetari? Ho chiesto a Hesse che ne sarà secondo lui in futuro delle persone introspettive e lui sembrava molto pessimista.

I voli spaziali verso altri mondi sono ancora di là da venire. Prima o poi l'uomo dovrà ritornare alla terra, e alla patria da cui viene: cioè a dire, l'uomo dovrà tornare a se stesso. I voli spaziali sono solo un'evasione, una fuga da noi stessi, perché è più facile andare su Marte o sulla Luna che non penetrare il proprio essere. Ma l'aspetto allarmante di questo frenetico interesse per la conquista dello spazio è il fatto che simboleggia uno stato di angoscia totale dell'uomo, causata, sembrerebbe, dalla paura dell'esplosione demografica. In un certo senso, i voli spaziali sembrano essere una reazione istintiva a questo problema.

(Mi resi conto che mi ero fermato troppo a lungo... Gli strinsi forte le mani, mi inchinai e, molto lentamente, mi diressi verso la porta. Sulla soglia, mi voltai a guardarlo. Mi stava fissando molto intensamente, avvolto nella luce del crepuscolo che giocava sulla sua veste orientale. Jung sollevò la mano in un gesto di addio).


C.G. Jung morì nella sua casa di Küsnacht il 6 giugno 1961.