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PaoloGambi
08-12-04, 14:03
E LA VOCE DI ROMAGNA?

Non è online, ma in tutte le edicole e nei bar...

lsu
11-01-05, 19:30
Originally posted by PaoloGambi
E LA VOCE DI ROMAGNA?

Non è online, ma in tutte le edicole e nei bar...

E che ne pensa di una Romagna staccata dall'Emilia e con capoluogo... Bologna? :D

PaoloGambi
11-01-05, 22:25
Sulla questione romagnola credo che la regione Romagna e la trasformazione dei centri romagnoli in un unico sistema sia uno sbocco necessario per lo sviluppo di questa terra.
Sul capoluogo Bologna ho proprio in questi giorni un botta e risposta in corso con Italo Cucci. Incollo di seguito il mio editoriale di oggi proprio su questo argomento:

BOLOGNA CAPITALE? NO, NO, NO E ANCORA NO
di Paolo Gambi
(da La Voce di Romagna, 11 gennaio 2005)

Bologna capitale della Romagna? Si alzi dalla Romagna un roboante "no" che assordi tutti la pianura padana! Perché non pensiamo piuttosto a fare della Romagna un’unica grande città? L'idea di Bologna capitale l'ha lanciata Italo Cucci. Che ha il merito - e non da poco - di aver sollevato una discussione sul tema, che è stato poi seguito da quel quotidiano bolognese che esce anche in Romagna. Ma questo sonante "no" non c'entra niente con inutili rivalità fra tortellini e cappelletti o fra insulse antipatie campanilistiche fra bolognesi e romagnoli. Il "no" dipende dal fatto che si vuol fare la regione Romagna proprio per affrancarsi da Bologna, che non è capitale. Che senso avrebbe fare la regione Romagna per tenersi il potere bolognese che continua ad espandersi? Si chiarisca però subito che quando i parla di potere bolognese e di bolognacentrismo non ci si riferisce tanto all'atteggiamento della città di Bologna e dei suoi cittadini, con i quali i romagnoli hanno e continueranno ad avere ottimi rapporti. Il bolognacentrismo è il centralismo del potere regionale. Quello incontrollato e lontano dagli occhi dei cittadini. Quello asserragliato sulle Torri di viale Aldo Moro. Quello che ha fatto lo Statuto senza riconoscere l'esistenza di Emilia e Romagna come realtà distinte. Quello che si è sempre rifiutato di delimitare i confini di Emilia e Romagna. Quello che sta cercando da 30 anni di abbattere le identità locali per costruirne una dall'alto, quella emilianoromagnola.
Comunque la provocazione di Italo Cucci ha messo il dito nel cuore pulsante del romagnolismo e nel punto dolente delle sfide che la Romagna ha davanti. Ossia il suo rapporto con Bologna. Bologna è una città che negli ultimi decenni è cresciuta molto, divenendo una piccola metropoli. É riuscita a fare sistema con i tanti Comuni che la circondavano fino ad inglobarli e a diventare una grande città. La Romagna tutto questo non è riuscita a farlo, ed è perciò rimasta indietro. I suoi piccoli centri non sono stati capaci di coordinarsi fra loro e di creare un sistema romagnolo, in balia del campanilismo e del provincialismo più gretto. E intanto il potere regionale, compatto, determinato e gongolante l'ha governata dall'alto.
E pensare che la Romagna potrebbe tranquillamente essere considerata una bellissima grande città con quartieri separati da colline e campi coltivati. Il tempo di percorrenza dei due quartieri più distanti, Ravenna e Rimini, è circa 40 minuti. Quello che serve per andare da San Lazzaro a porta Sant’Isaia, forse. E teniamo in considerazione le obsolete ed inadeguate infrastrutture che abbiamo. Eppure non c'è stata sino ad ora la lungimiranza politica e la capacità gestionale per rendere la Romagna un sistema, un'unica grande città. La classe dirigente romagnola ha preferito lasciare che piano piano Bologna iniziasse a governare anche la Romagna con un potere regionale piombato lì dall'alto. E di punto in bianco, dagli anni "70 in poi, tutto quello che riguardava la Romagna è stato deciso a Bologna. E la colpa è tutta dei romagnoli.
In questo contesto delineare Bologna come capitale della Romagna significa far perdere di senso a tutto il progetto regionalista. La Romagna ha bisogno di uno strumento amministrativo autonomo proprio per trovare un giusto equilibrio di potere con Bologna. Anche perchè la crescita bolognese, come è sua giusta e legittima aspirazione, non può fermarsi lì dove è arrivata. Una metropoli ha bisogno di una grande provincia. E piano piano continuando su questi binari la Romagna si troverà ad un punto in cui tutti i centri decisionali e le opportunità saranno accentrate a Bologna. La Romagna diventerà la grande provincia di un potere che è a Bologna.
Insomma, alcune frange del sistema-Bologna potranno voler governare sempre più la Romagna, e diventare la capitale romagnola. Ma la Romagna si deve svegliare. Deve iniziare a coltivare una mentalità meno campanilistica. Ravenna e Forlì devono iniziare a parlarsi, a fare sistema su tutto. Così deve fare Rimini, e Cervia, e Cattolica, specie per quanto riguarda il turismo. Anche perchè non basta una nuova regione per risolvere tutti i problemi. Bisogna fare sistema. E fare sistema è innanzitutto un insieme di atti di volontà.
In fatto di simboli poi Bologna capitale proprio non ci sta. In questa doppia regione di capitali ce ne sono fin troppe: erano capitali Parma, Piacenza, Modena, Ferrara, Ravenna. Forlì era sede di legazione. Bologna non ha storicamente - e quindi simbolicamente - nessuna chanche di essere capitale della Romagna, nè dell'Emilia. Almeno perchè ai romagnoli, e agli emiliani, non l'ha mai chiesto nessuno.
Si discuterà dunque su quale sarà il capoluogo romagnolo. I cesenati vorranno Cesena, i ravennati Ravenna, i riminesi Rimini, i forlivesi forse Bertinoro. Quello che però unisce cesenati e ravennati, forlivesi e riminesi è la certezza che l'unica città che proprio non deve essere capitale della Romagna è proprio Bologna.
Paolo Gambi
www.paologambi.it
paologambi@lavocediromagna.com

lsu
12-01-05, 17:21
Un bell'articolo. Anche nello stile: chiaro e diretto.
E l'analisi è condivisibile.
Ma mi rimane un dubbio: una Romagna... senza Emilia deve avere un suo apparato regionale autonomo. Che comporta dei costi e implica che si faccia proprio "sistema": bisogna scegliere un nuovo capoluogo di regione e stabilire equilibri politici, economici fra le città, in relazione al nuovo potere che si potrà gestire.
Ciò comporta una forte profusione di "energie" e l'impegno di molte intelligenze.
Veramente il risultato varrà gli sforzi che necessita? Il cittadino avvertirà nel quotidiano, dopo alcuni mesi o qualche anno dalla nascita del nuovo soggetto statuale i miglioramenti tanto desiderati?

:) Metto in rilievo il thread.

PaoloGambi
12-01-05, 20:01
Grazie del complimento, che fa sempre piacere, e per aver messo il thread in evidenza.
Per rispondere alle tue due questioni, quella dei costi è in realtà una falsa questione. Non è che facendo una regione in più si spenda di più e facendone una in meno si spenda meno. Basta vedere il supersperpero di danaro che fa l'attuale assetto regionale emilianoromagnolo. Alla Romagna potrebbe bastare quello che già spende per mandare avanti quel carrozzone a Bologna. Che però sarebbe speso (o sperperato) perlomeno per i cittadini che lo finanziano, e non per potentati economico-politici che stanno a Bologna.
Circa invece la profusione di energie e intelligenze, trovo sia la vera sfida del regionalismo romagnolo. Svegliare una terra che si è addormentata perchè tanto a comandare sono altri. Risvegliarne il senso civico assonnato dalla lontananza delle istituzioni. Scuotere quelle intelligenze che per dare frutto sono costrette a lasciare la propria terra e magari andare proprio a Bologna. La regione Romagna non è la panacea e non risolverà tutti i mali. Ma se solo sarà andata in direzione di ridare nerbo a una terra che l'ha perso, avrà già ottenuto un ottimo risultato.
Paolo Gambi
www.paologambi.it

Genyo
22-01-05, 05:05
[i]Originally
che stanno a Bologna.
Circa invece la profusione di energie e intelligenze, trovo sia la vera sfida del regionalismo romagnolo. Svegliare una terra che si è addormentata perchè tanto a comandare sono altri. Risvegliarne il senso civico assonnato dalla lontananza delle istituzioni. Scuotere quelle intelligenze che per dare frutto sono costrette a lasciare la propria terra e magari andare proprio a Bologna. La regione Romagna non è la panacea e non risolverà tutti i mali. Ma se solo sarà andata in direzione di ridare nerbo a una terra che l'ha perso, avrà già ottenuto un ottimo risultato.
Paolo Gambi
www.paologambi.it [/B]

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Per battere la macchina organizzativa dei DS ( una vera setta che non molla l'osso ), nell'eventuale futuro referendum per la costituzione della Regione Romagna, è necessaria una costante attività di formazione dell'identità, cui corrisponde tutto il resto, strada per strada, piazza per piazza, e sarà dura lo stesso.
Comunque, chi la dura la vince.
Perchè nei comuni ed istituzioni romagnole non si espone la bandiera della Romagna?
Qui in Veneto, il Leone è pressoche ovunque, incluse moltissime abitazioni private.
Viva la Regione Romagna.
Spero di vedere, la prossima estate una spiaggia piena di bandiere giallorosse con la caveja ed il gallo.
Saluti romagnoli.

lsu
24-01-05, 21:32
Originally posted by GENYO
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...
Qui in Veneto, il Leone è pressoche ovunque, incluse moltissime abitazioni private.
...

Te lo credo. La Dominante ha retto fino a Napoleone. Secoli di storia lasciano tracce profonde.
Ad ogni modo, Venezia e Romagna hanno storie diverse.

PaoloGambi
25-01-05, 02:18
Storie diverse, ma fino ad un certo punto. Intanto perchè basta farsi un giro per Ravenna per vedere che Venezia in 80 anni di governo ha lasciato. La Rocca Brancaleone, il quartiere veneziano, la Loggetta Lombardesca, il palazzo del Comune... Forse gli anni più gloriosi di Ravenna dopo quelli in cui fu capitale del mondo.
Ma ciò in cui i veneziani anche oggi sn più bravi di noi è la questione identitaria. Noi l'abbiamo persa, avendo paura fosse una cosa "di destra". Rimanendo indietro nell'era della globalizzazione, dove le identità locali sono la principale ancora di salvezza contro il nulla mercantile. E chechè ne dicano "storici" come Balzani, la Romagna esiste eccome...

Maria Vittoria
03-03-05, 20:53
Originally posted by PaoloGambi
Storie diverse, ma fino ad un certo punto. Intanto perchè basta farsi un giro per Ravenna per vedere che Venezia in 80 anni di governo ha lasciato. La Rocca Brancaleone, il quartiere veneziano, la Loggetta Lombardesca, il palazzo del Comune... Forse gli anni più gloriosi di Ravenna dopo quelli in cui fu capitale del mondo.
Ma ciò in cui i veneziani anche oggi sn più bravi di noi è la questione identitaria. Noi l'abbiamo persa, avendo paura fosse una cosa "di destra". Rimanendo indietro nell'era della globalizzazione, dove le identità locali sono la principale ancora di salvezza contro il nulla mercantile. E chechè ne dicano "storici" come Balzani, la Romagna esiste eccome...

Venezia è una città morta: è come una mummia in una tomba aperta ai turisti.
La vera sfida culturale è far dialogare identità e integrazione: raccontare le storie locali servirà a capire che le genti si mescolano generazione dopo generazione. Visconti, Sforza, Malatesta, Pio, Bentivoglio, Este, Gonzaga, Riario, etc..: sono tutte persone che hanno viaggiato, combattuto, fatto politica senza essere burocrati.
Le Università nate come filiazioni di Bologna, adesso sarebbero così ingrate da dimenticare chi le ha volute?
Non auguro tanta ingratitudine, a loro per prime.
Quando capiremo che è meglio smettere le polemiche, e studiare insieme come migliorare la viabilità lungo la costa, il porto di Ravenna, ed i collegamenti ferroviari in tutta la Regione?
Quando apprezzeremo il lavoro enorme che alcuni stanno facendo, per mettere in rete le realtà locali?
Quando ci confronteremo su problemi veri, come la difesa delle produzioni agricole, da mantenere libere da sementi geneticamente modificate?
Bologna sta morendo: non è più la vecchia nave oneraria, placida e sorniona. Non è ancora la metropoli del grande piano di sviluppo per poli.
Certo, Bologna non è più e non è ancora: attenzione però, perchè senza il suo cuore sarà difficile pensare di fare innovazione conservando una identità antica quanto la Via Emilia.

PaoloGambi
03-03-05, 22:21
>Venezia è una città morta: è come >una mummia in una tomba aperta ai >turisti.

Oggi sì. Non così era fino all'arrivo del fetentone Bonaparte.

>La vera sfida culturale è far dialogare >identità e integrazione

Perfettamente in sintonia con quanto sostengo io. Dunque come essere romagnoli nel 2005?

>(...)Visconti, Sforza, Malatesta, Pio, >Bentivoglio, Este, Gonzaga, Riario, >etc..: sono tutte persone che hanno >viaggiato, combattuto, fatto politica >senza essere burocrati.

Bene, allora dateci Visconti, Sforza, Malatesta, Pio, Bentivoglio, Este, Gonzaga, Riario, e rimandate a casa Errani, Bersani, Prodi, e tutto il resto dei burocrati.

>Le Università nate come filiazioni di >Bologna, adesso sarebbero così >ingrate da dimenticare chi le ha volute?

Sei fai riferimento al polo romagnolo, non stanno proprio così le cose...

(...)
Quando capiremo che è meglio smettere le polemiche, e studiare insieme come migliorare la viabilità lungo la costa, il porto di Ravenna, ed i collegamenti ferroviari in tutta la Regione?

Credo mai, perchè il sistema emilianoromagnolo così com'è non funzionerà mai. Perlomeno per la sproporzione di forze fra Emilia e Romagna.

>Quando apprezzeremo il lavoro >enorme che alcuni stanno facendo, >per mettere in rete le realtà locali?

Fammi tre nomi di tre persone che stiano facendo questo in buona fede e rispettando le identità locali, e iniziamo a dialogare.

>Quando ci confronteremo su problemi >veri, come la difesa delle produzioni >agricole, da mantenere libere da >sementi geneticamente modificate?

E chi lo ha stabilito? E che c'entra con l'autonomismo?

>(...)attenzione però, perchè senza il >suo cuore sarà difficile pensare di fare >innovazione conservando una identità >antica quanto la Via Emilia.

E quale sarebbe? L'Emilia trattino Romagna nasce di fatto nel 1970. Prima le identità erano quella romagnola, separata da quella bolognese, separate dalle varie identità emiliane. Tutte messe insieme per un papocchio ottocentesco che si è strascicato oltre la Costituente.
Paolo

Maria Vittoria
04-03-05, 09:37
Dunque come essere romagnoli nel 2005?

I nomi che abbiamo scritto, entrambi, sono in parte romagnoli. Anch'io sono in parte romagnola, ed anche mio marito. La famiglia di mio padre viene da Brisighella-Faenza; quella di mio marito da Ravenna. Il problema è come essere intelligenti e concreti, perchè la politica è un'arte di ciò che è possibile fare.
Quelli a disposizione sono solo strumenti: in democrazia, per fare qualcosa, bisogna proporre soluzioni a problemi sentiti, e cercare consenso. Io credo che ogni livello di governo possa essere utile, per offrire servizi ai residenti.
Non posso dare consigli, perchè anch'io sto cercando di capire come va il mondo. Posso confidarti che a Bologna la lista civica è riuscita a lasciare i fondi pubblici agli avversari, spillando soldi ai residenti per iniziative fasulle, che sono servite solo a rafforzare i rapporti tra i vertici ( a livello nazionale). Le persone che hanno creduto alla famosa-famigerata La Tua Bologna sanno solo quanto hanno speso. Il problema è che la cittadinanza può conoscere, forse, chi vota per il quartiere: già in Comune è possibile solo nei piccoli centri. Dalla Provincia in su è impossibile.
Forse bisognerebbe riuscire ad eliminare i clientelismi tra politici e votanti...certo, alla prova dei fatti, chi ci prova arriva al massimo ad uno 0,6%: un esercizio di stile.
Allora si potrebbe fare quello che qualcuno sembra auspicare: un grande salto dal Comune allo Stato, all'Europa. E smantellare Provincie e Regioni? Per ora, questo progetto ha portato solo l'innominato ad ottimi accordi con chi ha ancora la struttura politica per mettersi in rete, ed occupare gli spazi lasciati liberi.
Non a caso, l'avversario di Errani è Monaco, un altro comunista.