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Visualizza Versione Completa : 9 maggio (2 gennaio) - S. Gregorio Nazianzeno



Augustinus
02-01-05, 00:27
Eravamo ad Atene, partiti dalla stessa patria, divisi, come il corso di un fiume, in diverse regioni per brama d’imparare, e di nuovo insieme, come per on accordo, ma in realtà per disposizione divina.

Allora non solo io mi sentivo preso da venerazione verso il mio grande Basilio per la serietà dei suoi costumi e per la maturità e saggezza dei suoi discorsi inducevo a fare altrettanto anche altri che ancora non lo conoscevano.

Molti però già lo stimavano grandemente, avendolo ben conosciuto e ascoltato in precedenza. Che cosa ne seguiva? Che quasi lui solo, fra tutti coloro che per studio arrivavano ad Atene, era considerato fuori dell’ordine comune, avendo raggiunto una stima che lo metteva ben al di sopra dei semplici discepoli. Questo l’inizio della nostra amicizia; di qui l’incentivo al nostro stretto rapporto; così ci sentimmo presi da mutuo affetto.

Quando, con il passare del tempo, ci manifestammo vicendevolmente le nostre intenzioni e capimmo che l’amore della sapienza era ciò che ambedue cercavamo, allora diventammo tutti e due l’uno per l’altro: compagni, commensali, fratelli. Aspiravamo a un medesimo bene e coltivavamo ogni giorno più fervidamente e intimamente il nostro comune ideale.

Ci guidava la stessa ansia di sapere, cosa fra tutte eccitatrice d’invidia; eppure fra noi nessuna invidia, si apprezzava invece l’emulazione. Questa era la nostra gara: non chi fosse il primo, ma chi permettesse all’altro di esserlo.

Sembrava che avessimo un’unica anima in due corpi. Se non si deve assolutamente prestar fede a coloro che affermano che tutto è in tutti, a noi si deve credere senza esitazione, perché realmente l’uno era nell’altro e con l’altro.

L’occupazione e la brama unica per ambedue era la virtù, e vivere tesi alle future speranze e comportarci come se fossimo esuli da questo mondo, prima ancora d’essere usciti dalla presente vita. Tale era il nostro sogno. Ecco perché indirizzavamo la nostra vita e la nostra condotta sulla via dei comandamenti divini e ci animavamo a vicenda all’amore della virtù. E non ci si addebiti a presunzione se dico che eravamo l’uno all’altro norma e regola per distinguere il bene dal male. E mentre altri ricevono i loro titoli dai genitori, o se li procurano essi stessi dalle attività e imprese della loro vita, per noi invece era grande realtà e grande onore essere e chiamarci cristiani.

Augustinus
02-01-05, 00:31
Sermo XXVIII, 17, in PG 36, 47.

Che cosa sia Dio nella sua natura e nella sua sostanza, nessuno l’ha mai scoperto né mai lo scoprirà. Se dovrà capitare che sia scoperto un giorno, lascio investigare e discutere questo a coloro che ne hanno voglia.
A mio parere, l'uomo lo potrà scoprire allorché questa nostra sostanza di aspetto e di natura divina (intendo dire la nostra mente e la nostra ragione) si sarà unita all'essere che a lei è imparentato; quando cioè l'immagine sarà risalita al suo modello, del quale ora essa ha brama.
Questo mi sembra il punto su cui si sta indagando con tanto impegno, cioè che noi conosceremo un giorno tanto quanto siamo stati conosciuti. Per ora, invece, è soltanto un esiguo rivolo quello che giunge fino a noi; è una specie di piccolo lampo che proviene da una gran luce.
Anche se uno ha conosciuto Dio, come affermano certi passi della Scrittura, lo ha conosciuto tanto da apparire più luminoso di un altro che non ha ricevuto un'uguale illuminazione. E chi è stato più grande di un altro, è stato creduto perfetto, perché commisurato non alla realtà ma solo in confronto di ciò che i suoi simili hanno raggiunto.

Augustinus
02-01-05, 00:33
Oratio 38, 9-11, in PG 36, 311.

Alla bontà di Dio non bastava affatto muoversi unicamente nel seno della contemplazione di sé, perché la sua natura esige di espandersi e di comunicarsi per condividere i suoi benefici. Così Dio prima concepì le potenze angeliche e celesti. Questa concezione fu attuata dal Verbo e completata dallo Spirito. In tal modo vennero creati questi esseri di luce, riflessi e ministri dello splendore primordiale.
Sono essi pura intelligenza, fuoco immateriale e incorporeo? Posseggono anche un'altra natura? Bisognerebbe esserne più vicini per poter giudicare. Comunque sono spiriti alieni dal male e attratti solo dal bene, com'è naturale per chi sta attorno a Dio. Essi godono per primi del fulgore divino, mentre gli esseri inferiori ne hanno solo una luce velata.
Sono però incline a pensare che questi spiriti non siano veramente incorruttibili, ma soltanto difficili a corrompersi. Penso a Lucifero, il portatore di luce; l'orgoglio lo ha mutato in tenebra, da cui ha preso la natura e il nome, e con lui tutte le potenze ribelli a Dio. Queste creature fuggendo il bene produssero il vizio e lo propagarono a noi.

Dopo aver creato il mondo degli spiriti celesti, di cui si è balbettato qualcosa, Dio vide che la sua prima opera era bella. Egli concepì allora un mondo visibile e materiale; formò e plasmò il cielo, la terra e tutto ciò che vi è contenuto. Ogni parte è lodevole per la sua eleganza, ma più stupenda è l'armonia, l'ordine sereno che regna sul tutto. Ciascuna realtà concorda meravigliosamente con l'altra, e tutte con l'insieme globale, così da costituire la ricca e varia decorazione di un unico mondo.
Con la creazione del mondo materiale, Dio ci mostra la sua capacità di creare non soltanto una realtà simile alla propria, ma anche un'altra, assolutamente diversa. Le essenze prossime alla Deità, infatti, sono dotate di spirito e possono partecipare dell'unico spirito. Ma quale affinità ci può essere tra creature sensibili o inanimate e Dio stesso?
Vi odo dire: "Che ci importano questi discorsi? Entra in argomento! Siamo impazienti di udir parlare della festa che oggi ci raduna!". Non temete, vi arrivo. Ma l'oggetto della mia riflessione, che mi infervora, mi obbligava a rifarmi un poco più a monte.

In principio, la realtà spirituale e quella sensibile erano ancora indipendenti, restavano racchiuse nei loro confini; come tacite lodatrici, e araldi veementi manifestavano la grandezza del Verbo artefice. Nessuna connessione, nessun rapporto vi era tra quei due mondi. La bontà divina non aveva ancora svelato tutti i tesori del suo ricco talento e della sua infinita sapienza.
Ma quando il Verbo si degnò di mostrare in un solo vivente la dimensione visibile e quella invisibile, creò l'uomo. Modellò il suo corpo con la terra creata in precedenza e vi soffiò il proprio spirito, che la Scrittura chiama anima intellettuale e immagine di Dio.
Iddio collocò l'uomo sulla terra, il microcosmo nel grembo del macrocosmo: un angelo nuovo, un adoratore composito, che sperimenta la natura visibile ed è iniziato a quella intelligibile. Re delle realtà terrene, ma suddito di quelle celesti, essere effimero e immortale, sensibile e intelligente, posto tra la grandezza e l'umiltà, spirito e carne ad un tempo. Spirito, per la grazia; carne, per la superbia. Spirito, perché egli sussista e proclami la gloria del benefattore; carne, perché soffra e il dolore freni la superbia infatuata della propria grandezza. Un vivente immerso quaggiù e contemporaneamente chiamato lassù, già divinizzato per la sua tensione verso Dio, in un sommo mistero.
Lo splendore di questa verità ci appare ancora velata, ma ci guida a comprendere e patire la luce di Dio, per essere degni di lui che ci ha plasmato e ci dissolverà, per ricrearci più sublimi.

Augustinus
02-01-05, 00:53
Posto un'altra biografia di S. Gregorio di Nazianzio dal sito del Vaticano (http://www.vatican.va/news_services/liturgy/2004/documents/ns_lit_doc_20041127_gregorio-nazianzeno_it.html), in occasione della recente riconsegna delle sue reliquie, assieme a quelle di S. Giovanni Crisostomo, al Patriarcato di Costantinopoli:


San Gregorio di Nazianzo

http://www.vatican.va/news_services/liturgy/2004/img/20041127_nazianzeno.jpg

Gregorio (330-389/390) fu un uomo di grandi amicizie. L'amico per eccellenza fu Basilio, conosciuto prima durante l'adolescenza a Cesarea di Cappadocia, e poi ad Atene, dove i due si erano recati a perfezionare i loro studi. “Sembrava che fossimo un'anima sola in due corpi” (Discorsi 43, 20), scriverà più tardi rievocando quegli anni. L'affetto tra i due non venne mai meno, anche se conobbe, come sovente accade nell'amicizia, momenti di grande tensione. La personalità forte ed energica di Basilio si scontrava con quella di Gregorio, dotato di un animo poetico, emotivo, propenso alla solitudine e alla contemplazione.

Basilio diede vita a una comunità monastica ad Annisoi, nel Ponto, ma Gregorio, che pur aveva aderito al progetto di vita concepito insieme negli anni ateniesi, lo abbandonò e preferì tornarsene nella casa paterna sognando di poter condurre una vita più solitaria e ritirata. Verso la fine del 361, o l'inizio del 362, venne, suo malgrado, ordinato presbitero dal padre, Vescovo di Nazianzo. “Mi piegò con la forza” (Autobiografia 348), scrive ricordando quell'evento. Reagì a quella violenza nel modo che gli era più usuale: con la fuga. Poi, dopo alcuni mesi, assunse in piena obbedienza il suo ministero, accettando, come più volte gli accadrà nel corso della vita, di essere condotto là dove non voleva andare (cf. Gv 21, 18).

A distanza di una decina d'anni, sarà lo stesso Basilio, che pure conosceva così bene i suoi sentimenti, a imporgli la consacrazione episcopale. Basilio, eletto Vescovo di Cesarea nel 370, si era visto costretto dalla politica ariana dell'imperatore Valente a moltiplicare il numero delle diocesi dipendenti da Cesarea, in modo da assicurare un certo numero di Vescovi fedeli a Nicea, che fossero in grado di fronteggiare l'avanzata dell'arianesimo. Gregorio, contro ogni suo desiderio, fu ordinato Vescovo di Sasima, un paesino di frontiera tra la Cappadocia prima e la Cappadocia seconda, nel quale, a dire il vero, non entrerà mai. Avrebbe dovuto entrarci con le armi in pugno, poiché Sasima, insignificante sotto l'aspetto pastorale, si trovava in una posizione strategica da un punto di vista economico e politico ed era contesa da un altro Vescovo ariano.

Ma Gregorio continua a sostenere l'amico Basilio con la sua amicizia; come era intervenuto, anni prima, a mettere pace tra lui, ancora presbitero e il Vescovo Eusebio, così, durante gli anni dell'episcopato, lo difende da chi lo accusa di essere troppo prudente nel proclamare la divinità dello Spirito Santo, e lo consola con le sue numerose lettere. Nel 379 Basilio muore e Gregorio, malato, non può essere accanto all'amico.

Nel 380, l'imperatore Teodosio chiamò Gregorio a Costantinopoli a guidare la piccola comunità cristiana fedele a Nicea e in questa città, Gregorio pronunciò i cinque discorsi che gli meritarono l'appellativo di “Teologo”. Ma Gregorio stesso precisa nei suoi scritti che la teologia non è “tecnologia”, non è un'argomentazione umana, ma nasce da una vita di preghiera, da un dialogo assiduo con il Signore. In qualità di Vescovo di Costantinopoli, Gregorio partecipò al concilio del 381 e, dopo la morte di Melezio che ne aveva guidato la prima parte, fu chiamato alla presidenza. Le sessioni conciliari furono quanto mai tribolate: i sostenitori dei due candidati alla presidenza della Chiesa di Antiochia non trovavano una via d'intesa; e lo stesso Gregorio fu accusato di occupare illegittimamente la sede di Costantinopoli, poiché era già stato nominato Vescovo di Sasima. Si ripeteva, ancora una volta, quello che già un tempo Gregorio aveva proclamato con parole accorate: “Abbiamo diviso Cristo, noi che tanto amavamo Dio e Cristo! Abbiamo mentito gli uni agli altri a motivo della Verità, abbiamo nutrito sentimenti di odio a causa dell'Amore, ci siamo divisi l'uno dall'altro!” (Discorsi 6, 3). Gregorio, confessandosi incapace di fare opera di comunione, lascia il concilio. “Lasciatemi riposare dalle mie lunghe fatiche, abbiate rispetto dei miei capelli bianchi ... Sono stanco di sentirmi rimproverare la mia condiscendenza, sono stanco di lottare contro i pettegolezzi e contro l'invidia, contro i nemici e contro i nostri. Gli uni mi colpiscono al petto, e fanno un danno minore, perché è facile guardarsi da un nemico che sta di fronte. Gli altri mi spiano alle spalle e arrecano una sofferenza maggiore, perché il colpo inatteso procura una ferita più grave ... Come potrò sopportare questa guerra santa? Bisogna parlare di guerra santa così come si parla di guerra barbara. Come potrei riunire e conciliare questa gente? Levano gli uni contro gli altri le loro sedi e la loro autorità pastorale e il popolo è diviso in due partiti opposti ... Ma non è tutto: anche i continenti li hanno raggiunti nel loro dissenso, e così Oriente e Occidente si sono separati in campi avversi” (Discorsi 42, 20-21). È il mese di giugno del 381. Nell'autunno del 382 accetta la guida della comunità di Nazianzo: vi resta un anno e poi si ritira in solitudine ad Arianzo, dove proprio lui, uomo della Parola, trascorre un'intera Quaresima in assoluto silenzio, quale segno e monito che la parola era stata svilita, ridotta a chiacchiera vana e ad arma da usare contro l'altro. Negli anni compose il poema Sulla sua vita, una rilettura in versi del suo cammino umano e spirituale, e numerose poesie. Nulla sappiamo degli ultimi anni di solitudine e di preparazione all'incontro con il Signore, che avvenne verso il 390; forse in questi versi sono racchiusi i suoi sentimenti: “Fu soltanto tirannia? Sono venuto al mondo. Perché sono sconvolto dai flutti tempestosi della vita? Dirò una parola audace; sì, audace, ma la dirò. Se non fossi tuo, o mio Cristo, quale ingiustizia!” (Poemi II, 1, 74).

Gregorio è un uomo mite, un uomo di pace, che ha lottato lungo tutta la sua vita per fare opera di pace nella Chiesa del suo tempo, tribolata e divisa dalla controversia ariana, dalle rivalità e gelosie tra i pastori; ma è anche un uomo che con audacia evangelica sa vincere la sua timidezza, il suo carattere incline al silenzio per proclamare la verità senza paura. Scrittore fecondo, ha composto numerosi Discorsi: i 45 giunti fino a noi sono stati pronunciati per la massima parte a Costantinopoli, negli anni 379-381 e comprendono i 5 discorsi teologici, le invettive contro Giuliano, alcune omelie liturgiche, alcuni panegirici, i discorsi di circostanza in cui difende il suo operato, l'addio a Costantinopoli e i discorsi sulla povertà. Oltre alle numerose lettere, da lui stesso pubblicate, Gregorio compose 17.533 versi in 185 opere poetiche, un'attività che ha qualcosa di prodigioso a prescindere dai risultati artistici che può aver conseguito. Molte di queste poesie sono autobiografiche. Il poema più lungo (1949 versi) è quello dedicato alla narrazione della propria vita dalla nascita alla partenza da Costantinopoli. Aveva scritto: “Servo della Parola io aderisco al ministero della Parola; che io non consenta mai di esserne privato. Questa vocazione io l'apprezzo e la gradisco, ne traggo più gioia che da tutte le altre cose messe insieme” (Discorsi 6, 5). E ancora: “Ho lasciato tutto il resto a chi lo vuole, la ricchezza, la nobiltà, la gloria, la potenza ... abbraccio solo la Parola” (Discorsi 4, 10).

Il numero dei panegirici pronunciati in onore di Gregorio testimonia eloquentemente il culto di cui godette nella tradizione bizantina. I sinassari celebrano la sua festa il 30 gennaio nel gruppo dei tre “gerarchi”, insieme con Basilio e Giovanni Crisostomo, ma lo commemorano più solennemente, e da solo, il 25 dello stesso mese. L'introduzione del culto di Gregorio in Occidente è meno documentata. Nel calendario latino è festeggiato il 2 gennaio insieme a san Basilio.

Augustinus
02-01-05, 00:57
Sempre dal sito del Vaticano (http://www.vatican.va/news_services/liturgy/2004/documents/ns_lit_doc_20041127_reliquie_it.html):

Le reliquie di S. Gregorio di Nazianzo nella Basilica Vaticana

San Gregorio, Arcivescovo di Costantinopoli, Dottore della Chiesa per i latini e chiamato "il Teologo" dagli orientali, morì intorno all'anno 390 e fu deposto nel suo villaggio natale vicino a Nazianzo in Cappadocia (nell'odierna Turchia), dove si era ritirato per la vita contemplativa. In epoca successiva le sue spoglie mortali furono traslate e venerate a Costantinopoli.

La traslazione delle reliquie a Roma è strettamente legata alla storia del monastero delle benedettine di Santa Maria in Campo Marzio e del contiguo oratorio di San Gregorio "di Nazianzo". La tradizione vuole che alcune monache bizantine di Santa Anastasia a Costantinopoli, per sfuggire alle persecuzioni iconoclaste degli imperatori Leone III (717-741) e Costantino V (741-775), si rifugiarono a Roma, portando con sé le venerate reliquie di San Gregorio.

Dalla chiesa di Santa Maria in Campo Marzio le reliquie vennero trasferite, molto probabilmente all'epoca del papa Leone III (795-816), nel vicino oratorio, che fu quindi denominato “San Gregorio”. Un documento del giugno 986 riporta il nome dell’abbadessa Anna del monastero di Santa Maria e di San Gregorio Nazianzeno, "qui ponitur in Campo Martio". Per tutto il medioevo le reliquie del Santo Dottore ebbero una continua venerazione presso questo monastero.

Il papa Gregorio XIII (1572-1585), portando a compimento la prima cappella aperta al culto nella nuova Basilica Vaticana, la inaugurò il 12 febbraio 1578, I domenica di Quaresima, collocandovi l'immagine della "Madonna del Soccorso", già venerata nell'antica Basilica. Desiderando, inoltre, il medesimo pontefice arricchire il massimo tempio della cristianità con reliquie di santi insigni della Chiesa, richiese alle monache di Santa Maria in Campo Marzio di poter trasportare nell’erigenda Basilica Vaticana le preziose ossa di San Gregorio di Nazianzo, verso cui nutriva una profonda devozione e ammirazione. Al fine di favorire la non facile cessione da parte delle monache, il papa lasciò ad esse una reliquia appartenente al braccio del Santo.

http://www.vatican.va/news_services/liturgy/2004/img/20041127_cappella-nazianzeno.jpg

La solenne traslazione avvenne l’11 giugno del 1580 e il maestro dei cerimonieri pontifici Francesco Mucanzio tramandò una dettagliata descrizione di quella memorabile cerimonia. Gregorio di Nazianzo fu così il primo Santo a essere deposto e venerato ufficialmente nella nuova Basilica Vaticana, vicino all’Apostolo Pietro.

Le venerate reliquie, poste all’interno di un antico scrigno di rame, richiuso con i sigilli del papa Gregorio XIII e collocato, a sua volta, entro una cassa di legno rivestita di un prezioso tessuto, furono allora celate in fondo alla muratura dell’altare della cappella Gregoriana, dove ancora oggi sono custodite.

http://www.vatican.va/news_services/liturgy/2004/img/20041127_reliquie-nazianzeno.jpg

Il 19 agosto 2004, per volontà del Santo Padre Giovanni Paolo II, l’altare venne aperto e fu prelevata dallo scrigno di rame una cospicua parte delle reliquie di San Gregorio di Nazianzo per farne dono al Patriarca Ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I.

Augustinus
02-01-05, 01:03
Per le valutazioni circa la riconsegna delle reliquie, avvenuta lo scorso 27 novembre 2004, rinvio QUI (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=129948) e QUI (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=132876&perpage=20&pagenumber=1).

Augustinus
02-01-05, 09:23
Disc. 14 sull'amore verso i poveri, 23-25; PG 35, 887-890

Riconosci l'origine della tua esistenza, del respiro, dell'intelligenza, della sapienza e, ciò che più conta, della conoscenza di Dio, della speranza del Regno dei cieli, dell'onore che condividi con gli angeli, della contemplazione della gloria, ora certo come in uno specchio e in maniera confusa, ma a suo tempo in modo più pieno e più puro. Riconosci, inoltre, che sei divenuto figlio di Dio, coerede di Cristo e, per usare un'immagine ardita, sei lo stesso Dio!

Donde e da chi vengono a te tante e tali prerogative? Se poi vogliamo parlare di doni più umili e comuni, chi ti permette di vedere la bellezza del cielo, il corso del sole, i cicli della luce, le miriadi di stelle e quell'armonia ed ordine che sempre si rinnovano meravigliosamente nel cosmo, rendendo festoso il creato come il suono di una cetra?.

Chi ti concede la pioggia, la fertilità dei campi, il cibo, la gioia dell'arte, il luogo della tua dimora, le leggi, lo stato e, aggiungiamo, la vita di ogni giorno, l'amicizia e il piacere della tua parentela?

Come mai alcuni animali sono addomesticati e a te sottoposti, altri dati a te come cibo?

Chi ti ha posto signore e re di tutto ciò che è sulla terra?

E, per soffermarci solo sulle cose più importanti, chiedo ancora: Chi ti fece dono di quelle caratteristiche tutte tue che ti assicurano la piena sovranità su qualsiasi essere vivente? Fu Dio. Ebbene, egli in cambio di tutto ciò che cosa ti chiede? L'amore. Richiede da te continuamente innanzitutto e soprattutto l'amore a lui e al prossimo.

L'amore verso gli altri egli lo esige al pari del primo. Saremo restii a offrire a Dio questo dono dopo i numerosi benefici da lui elargiti e quelli da lui promessi? Oseremo essere così impudenti? Egli, che è Dio e Signore; si fa chiamare nostro Padre, e noi vorremmo rinnegare i nostri fratelli?

Guardiamoci, cari amici, dal diventare cattivi amministratori di quanto ci è stato dato in dono. Meriteremmo allora l'ammonizione di Pietro: Vergognatevi, voi che trattenete le cose altrui, imitate piuttosto la bontà divina e così nessuno sarà povero.

Non affatichiamoci ad accumulare e a conservare ricchezze, mentre altri soffrono la fame, per non meritare i rimproveri duri e taglienti già altra volta fatti dal profeta Amos, quando disse: Voi dite: Quando sarà passato il novilunio e il sabato, perché si possa vendere il grano e smerciare il frumento, diminuendo le misure e usando bilance false? (cfr. Am 8, 5).

Operiamo secondo quella suprema e prima legge di Dio che fa scendere la pioggia tanto sui giusti che sui peccatori; fa sorgere il sole ugualmente per tutti, offre a tutti gli animali della terra l'aperta campagna, le fontane, i fiumi, le foreste; dona aria agli uccelli e acqua agli animali acquatici; a tutti dà con grande liberalità i beni della vita, senza restrizioni, senza condizioni, senza delimitazioni di sorta;

a tutti elargisce abbondantemente i mezzi di sussistenza e piena libertà di movimento. Egli non fece discriminazioni, non si mostrò avaro con nessuno. Proporzionò sapientemente il suo dono al fabbisogno di ciascun essere e manifestò a tutti il suo amore.

Augustinus
02-01-05, 09:25
La nascita di Cristo, 7.

Dio è sempre stato, è e sarà. Ovvero, per dir meglio, sempre è. Infatti «era» e «sarà» sono particelle del nostro tempo e dell’effimera natura. Egli, al contrario, è colui che sempre è. D’altronde, lui stesso si presenta così quando pronuncia l’oracolo a Mosè sul monte (cf. Es 3,14).

Egli racchiude infatti in se stesso tutto ciò che esiste, senza essere limitato, da parte sua, da nessun principio e da nessuna fine: uno sconfinato e interminabile mare di essere, al di là d’ogni concetto di tempo e di spazio. Il pensiero umano può soltanto abbozzarne una vaga immagine, certamente inadeguata e imprecisa, percependo non già quanto in lui si trova, ma quanto lo circonda. Raccogliendo così, una dopo l’altra, le impressioni che se ne ricavano, si perviene a un simulacro di verità che sfugge e sparisce ancor prima di essere posseduto e compreso, illuminando e purificando la nostra parte più nobile con la rapidità di un fulmine balenante davanti agli occhi.

Secondo la mia opinione, egli ci attrae a sé nella misura in cui noi siamo in grado di comprenderlo (infatti, ciò che non può essere assolutamente compreso, nessuno lo desidera né cerca di raggiungerlo). Nella misura in cui si mostra incomprensibile alle nostre facoltà, egli suscita la nostra ammirazione verso di lui. L’ammirazione, a sua volta, fa nascere un desiderio più intenso e, se lo ricerchiamo, egli ci purifica e, purificandoci, ci dà un aspetto divino: una volta che siamo divenuti tali, egli si intrattiene con noi, come con i suoi intimi.

Augustinus
02-01-05, 09:26
Discorsi teologici, 1, 1-3

Celebrare le lodi della divinità o le vie del Dio immenso, governatore dell’universo, è, per l’uomo spinto dall’impulso dello spirito, come attraversare un mare sconfinato a bordo di una zattera o slanciarsi verso il cielo trapunto di stelle con delle piccole ali. Neppure gli spiriti celesti hanno la forza di adorarlo in modo adeguato. Tuttavia, spesso Dio preferisce al dono di una mano troppo ricca l’offerta di una più povera, ma amica. Per questo farò sgorgare il mio canto con piena fiducia...

C’è un solo Dio, senza principio, senza causa. Un solo Dio che non è limitato da nessun altro essere che lo preceda o lo segua. Egli è cinto di eternità, infinito; immenso padre di un Figlio unigenito immenso e buono, non subisce nella generazione del Figlio alcuna limitazione come la subiscono gli esseri umani, perché egli è spirito. Dio unico, ma «altro» - non però per la divinità - è il Verbo di Dio, che è del Padre sigillo vivente. Egli è il solo Figlio di Colui che non ha principio, l’assolutamente unico dell’unico. Egli è identico a colui che è il bene sopra ogni bene; anche se il Padre resta totalmente colui che genera, il Figlio nondimeno è l’autore e il padrone del mondo, forza e intelligenza del Padre...

Il tempo esisteva ben prima di me, ma non vi è tempo prima del Verbo, il cui Padre è al di là del tempo. Fin da quando era il Padre, che è senza principio e che raccoglie in sé tutto il divino, fin da allora è anche il Figlio che ha nel Padre il suo principio atemporale, come il fulgore del sole ha per origine il suo globo di risplendente bellezza. Tutte le immagini sono tuttavia inadeguate alla grandezza di Dio... In quanto Dio, in quanto Padre, Dio è Padre immenso. La massima gloria viene a lui dal fatto che la sua adorabile divinità non ha principio. Non è però inferiore la grandezza del Figlio che riceve da un Padre così grande la sua origine ... .

Tremiamo davanti alla grandezza dello Spirito Santo. Anch’egli è ugualmente Dio e per mezzo suo conosciamo Dio. Lo Spirito è Dio che si manifesta, colui che fa nascere Dio quaggiù. Onnipotente, egli effonde molti doni. Ispiratore del coro dei santi, è colui che dà vita agli abitanti del cielo e della terra, colui che siede sull’alto trono. Procede dal Padre, è forza di Dio e agisce di proprio impulso. Lo Spirito non è Figlio - unico infatti è il dolce Figlio di colui che solo è l’altissimo - tuttavia non è al di fuori della divinità invisibile, ma gode della stessa gloria.

Augustinus
02-01-05, 09:28
Discorso 31, 25-27

Nel corso dei secoli, due grandi rivoluzioni hanno sconvolto la terra, le chiamiamo i due Testamenti. L’una ha fatto passare gli uomini dall’idolatria alla Legge; l’altra dalla Legge al Vangelo. Un terzo sconvolgimento è predetto: quello che dalla terra ci trasporterà in cielo, dove non c’è né movimento né agitazione.

Questi due Testamenti hanno presentato lo stesso carattere. E quale? Quello di non aver trasformato tutto immediatamente dal primo inizio del loro apparire. E perché? Per non costringerci con la forza, ma per persuaderci. Perché ciò che è imposto non è duraturo, come accade quando si vuole fermare forzatamente il corso dei fiumi o la crescita delle piante. Invece quello che è spontaneo è più durevole e più sicuro. L’uno è subìto per forza, l’altro è voluto da noi. L’uno manifesta una potenza tirannica, l’altro ci mostra la bontà divina...

L’Antico Testamento ha manifestato chiaramente il Padre, oscuramente il Figlio. Il Nuovo Testamento ha rivelato il Figlio e lasciato trapelare la divinità dello Spirito. Oggi lo Spirito vive in mezzo a noi e si fa conoscere più chiaramente.

Sarebbe stato pericoloso predicare apertamente il Figlio quando la divinità del Padre non era riconosciuta; e, quando la divinità del Figlio non era ammessa, imporre - oso dire - come in soprappiù, lo Spirito Santo. In questa maniera i credenti, come persone appesantite da troppi cibi, o come coloro che fissano il sole con occhi ancora deboli, avrebbero rischiato di perdere ciò che invece avrebbero avuto la forza di portare. Lo splendore della Trinità doveva dunque brillare attraverso successivi sviluppi, o come dice Davide, «per gradi» (Sal 83,6) e con una progressione di gloria in gloria ...

Vedi come la luce ci viene a poco a poco. A nostra volta dobbiamo rispettare l’ordine in cui Dio si è rivelato a noi, non svelando tutto immediatamente e senza discernimento, senza tuttavia tenere nulla nascosto fino alla fine. Perché Il primo modo sarebbe imprudente, l’altro empio. L’uno rischierebbe di ferire i lontani e l’altro di allontanarci dai nostri fratelli.

Voglio aggiungere ancora questa considerazione che forse è venuta in mente a molti, ma che mi sembra un frutto della mia riflessione. Il Salvatore conosceva certe realtà, ma riteneva i discepoli incapaci di portarle, nonostante l’insegnamento che avevano ricevuto; perciò le teneva nascoste. E ripeteva che lo Spirito, quando sarebbe venuto, avrebbe spiegato ogni cosa. Penso che tra queste verità ci fosse pure la divinità dello Spirito Santo: si sarebbe manifestata chiaramente in seguito, quando, dopo la risurrezione del Salvatore, gli animi sarebbero stati maturi per comprenderla.

Augustinus
01-01-06, 21:31
Dal sito SANTI E BEATI (http://www.santiebeati.it/search/jump.cgi?ID=22250) (con aggiunte mie):

San Gregorio Nazianzeno, Vescovo e dottore della Chiesa

2 gennaio (e 25 gennaio)

Nazianzo, attuale Nemisi in Turchia, 330 – 25 gennaio 389/390

Condivise con l’amico Basilio la formazione culturale e il fervore mistico. Fu eletto patriarca di Costantinopoli nel 381. Temperamento di teologo e uomo di governo, rivelò nelle sue opere oratorie e poetiche l’intelligenza e l’esperienza del Cristo vivente e operante nei santi misteri. (Mess. Rom.)

Patronato: Poeti

Etimologia: Gregorio = colui che risveglia, dal greco

Emblema: Bastone pastorale

Martirologio Romano: Memoria dei santi Basilio Magno e Gregorio Nazianzeno, vescovi e dottori della Chiesa. Basilio, vescovo di Cesarea in Cappadocia, detto Magno per dottrina e sapienza, insegnò ai suoi monaci la meditazione delle Scritture e il lavoro nell’obbedienza e nella carità fraterna e ne disciplinò la vita con regole da lui stesso composte; istruì i fedeli con insigni scritti e rifulse per la cura pastorale dei poveri e dei malati; morì il primo di gennaio. Gregorio, suo amico, vescovo di Sásima, quindi di Costantinopoli e infine di Nazianzo, difese con grande ardore la divinità del Verbo e per questo motivo fu chiamato anche il Teologo. Si rallegra la Chiesa nella comune memoria di così grandi dottori.
(25 gennaio: A Nazianzo in Cappadocia, nell’odierna Turchia, anniversario della morte di san Gregorio, vescovo, la cui memoria si celebra il 2 gennaio).

Martirologio tradizionale (9 maggio): A Nazianzo, in Cappadocia, il natale del beato Gregorio Vescovo, Confessore e Dottore della Chiesa, per la singolare scienza delle cose divine soprannominato il Teologo, il quale, essendo Vescovo di Costantinopoli, vi ristabilì la fede cattolica quasi estinta, e represse le insorgenti eresie.

(11 giugno): A Roma la Traslazione di san Gregorio Nazianzeno, Vescovo, Confessore e Dottore della Chiesa, il cui sacro corpo, trasportato già da Costantinopoli a Roma, e conservato lungamente nella chiesa della santa Madre di Dio in Campo Marzio, dal Sommo Pontefice Gregorio decimoterzo con grande solennità fu trasferito nella Cappella, fatta da lui adornare con grandissima magnificenza nella Basilica di san Pietro, e nel giorno seguente fu con degno onore riposto sotto l'altare.

Nato come S. Basilio - che gli è unito nel ricordo liturgico - nel 330, S. Gregorio Nazianzeno sopravvisse una decina d'anni all'amico, morto nel 379. Uomo di studio e poeta, per la sua eccellente dottrina ed eloquenza ricevette l'appellativo di "teologo". Celebre è il suo appassionato "Discorso d'addio", pronunciato quando dovette abbandonare Costantinopoli per le mene dei suoi avversari. "Tutto è instabile", egli scrisse nei suoi Poemi morali, "affinché portiamo amore alle cose stabili".

Autore: Piero Bargellini

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Sempre dallo stesso SITO altro profilo biografico:

Il calendario liturgico latino fa oggi memoria di due Padri e Dottori della Chiesa, San Basilio Magno e San Gregorio Nazianzeno, intimi amici, che parteciparono alla medesima ansia di santità, ebbero un'analoga formazione culturale e nutrirono entrambi l'aspirazione alla vita monastica.
La presente scheda agiografica vuole soffermarsi in particolar modo sul secondo, San Gregorio. Questi fa parte del celebre manipolo dei “luminari di Cappadocia” insieme con Sant'Anfìlochio d'Iconio, suo cugino, San Basilio Magno e San Gregorio di Nissa, fratello di quest'ultimo. Gregorio “Nazianzeno” nacque verso il 330 ad Arianzo, borgata nei pressi di Nazianzo, dal cui nome deriva il celebre appellativo del santo. Fu consacrato a Dio sin dalla più tenera infanzia dalla sua piissima madre, Santa Nonna, ed entrambi i genitori gli impartirono un'ottima educazione. Fu inviato a scuola presso Cesarea di Palestina, poi ad Alessandria d'Egitto ed infine ad Atene, dove legò un'intima amicizia con il suo conterraneo San Basilio Magno.
Gregorio rimase per dieci anni nella capitale ellenica, allora centro della cultura pagana, dove pare diede anche lezioni di eloquenza. Fece ritorno verso il 359 in Cappadocia e ricevette il battesimo, come consuetudine a quel tempo, all'età di trent'anni. Da quel giorno divise i suoi giorni tra l'ascesi e lo studio in compagnia dell'amico Basilio nella solitudine della valle dell'Iris, presso Neocesarea. Ben presto però, in seguito alle numerose richieste dei fedeli, fu suo malgrado richiamato per ricevere l'ordinazione presbiterale direttamente dalle mani di suo padre, San Gregorio di Nazianzo il Vecchio, che nel frattempo si era convertito dalla setta giudeo-pagana degli adoratori di Zeus Hypsistos al cristianesimo ed era stato insediato sulla sede episcopale di Nazianzo. Turbato per la pressione subita ed innamorato sempre più della vita solitaria, il giovane sacerdote tornò con San Basilio nella regione del Ponto. Dovette tuttavia accorrere nuovamente a Nazianzo per aiutare suo padre nel governo della diocesi e domarvi uno scisma imperversante. Il vecchio pastore aveva sottoscritto, per debolezza o per inavvertenza, la formula semiariana coniata dal concilio di Rimini, e parte dei fedeli si era ribellata. San Gregorio seppe sapientemente persuadere allora suo padre a fare una solenne professione di fede cattolica, facendo così rifiorire la calma e la concordia.
Nel 371, in seguito alla divisione della Cappadocia in due province ecclesiastiche, San Basilio, volendo creare un nuovo vescovado a Sàsima per opporsi alle intrusioni di Antimo, arcivescovo di Tiana, capitale della Seconda Cappadocia, fece appello al suo amico nominandolo a tale sede. Questo triste borgo, polveroso e chiassoso, edificato attorno ad una stazione postale sulla via di Cilicia, non poteva certo essere l'ambiente adatto per una vita da filosofo e da teologo. San Gregorio, dopo essersi lasciato imporre le mani di malavoglia, anziché prendere possesso della sua diocesi, fuggì segretamente nella solitudine. Fece poi ritorno a Nazianzo soltanto in seguito alle suppliche del vecchio padre, che in età avanzata non riusciva più a portare tutto il peso della sua carica. Quando nel 374 morì, col cuore affranto e la salute malferma il figlio si rifugiò non appena possibile nel monastero di Santa Teda, a Seleucia, nell'Isauria.
Era però volontà divina che non potesse nuovamente godere del sospirato riposo. All'inizio del 379, infatti, i cattolici di Costantinopoli, ai quali l'imperatore Valente aveva sottratto tutte le chiese, approfittarono dell'avvento al trono di San Teodosio I il Grande per convincerlo a ristabilire la fede nicena nella capitale dell'oriente, nominando Gregorio quale nuovo patriarca, con il naturale appoggio dell'amico San Basilio. A Gregorio non restò che accettare di trasferirsi nella metropoli constantinopolitana, ove aprì nella casa di un suo parente una cappella che denominò “Anàstasis” (cioè Risurrezione) e con la sua eloquenza riuscì a raccogliere attorno a sé i pochi ortodossi superstiti e senza pastore. Ebbe così occasione di pronunciare le sue più celebri omelie, i cinque Discorsi sulla Trinità che gli valsero la fama di teologo. Accorse dalla Siria ad ascoltare le sue parole perfino San Girolamo, che divenne suo discepolo.
Il compito del nuovo pastore si rivelò presto assai difficoltoso, non solo a causa degli ariani, ma ancor di più quando un certo Massimo, figura equivoca di filosofo cinico e di asceta, forte dell'appoggio di Pietro, vescovo di Alessandria, tentò di farsi proclamare vescovo di Costantinopoli. Tra cotante insidie e violenze, tra cui il rischio di lapidazione, San Gregorio avrebbe preferito ancora una volta tornare a vita solitaria, se non fosse stato tormentato dal bizzarro pensiero che “insieme con lui sarebbe partita da Costantinopoli anche la Trinità”. Nel mese di novembre del 380, con l'ingresso dell'imperatore Teodosio nella capitale, le chiese furono finalmente sottratte agli ariani e riconsegnate ai legittimi detentori.
San Gregorio, dietro all'imperatore e scortato dall'esercito, fu condotto in processione nella celeberrima cattedrale di Santa Sofia ed acclamato dal clero e dal popolo vescovo della città. Il saggio pastore non si accontentò però di quella intronizzazione e preferì farsi anche riconoscere nel maggio 381 dal V concilio ecumenico aperto a Costantinopoli sotto la presidenza di Melezio, vescovo di Antiochia. Questi però morì e Gregorio fu chiamato a presiedere l'assemblea al suo posto. Propose allora di nominare a successore del defunto nella sede antiochiena Paolino, che era stato vescovo di quella città durante lo scisma, ma i meleziani, che formavano la maggioranza, gli contrapposero Flaviano. Quando poi al concilio giunsero i vescovi egiziani e macedoni, presero a contestare l'elezione di Gregorio, perché in qualità di vescovo di Sàsima, in forza del canone di Antiochia, non avrebbe potuto essere trasferito ad altra sede. Il santo patriarca, che in realtà non aveva mai preso possesso della diocesi suddetta, amareggiato da tante ambizioni e intrighi, con pronta decisione rinunciò alla chiesa di Costantinopoli che governava da appena un biennio, stanco dei “più giovani che cinguettavano come uno stormo di gazze e si accanivano come uno sciame di vespe”, mentre “i vecchi si guardavano bene dal moderare gli altri”. Si ritirò allora nuovamente nella nativa Nazianzo, che nel frattempo era rimasta priva di pastore, ed amministro tale Chiesa locale per altri due anni, quando riuscì a far eleggere in sua sostituzione a vescovo della diocesi suo cugino Eulalio. Fatto ciò, si ritirò nella sua proprietà di Arianzo, dove morì il 25 gennaio del 389 o del 390, dopo sei anni dedicati alla contemplazione ed a studi ininterrotti.
San Gregorio, di costituzione debole e di delicata sensibilità, nella sua vita non fu mai un uomo d'azione, quanto piuttosto di meditazione, e neppure un teologo speculativo, semmai un mistico. E' unanimemente considerato un buon testimone della tradizione della Chiesa nelle questioni trinitarie e cristologiche. Durante la sua vita si sentì talvolta condannato piuttosto che chiamato all'attività apostolica. Tuttavia, quando non poté fuggire dall'azione, si dedicò sempre al bene delle anime affidate alla sua cura con grandissimo senso di responsabilità. Oratore perfetto, fu a buon ragione soprannominato il “Demostene cristiano”. Ci sono pervenuti ben 45 suoi discorsi, 244 lettere e molte poesie teologiche e storiche, scritte in una lingua ricca, armoniosa e pura.
San Gregorio Nazianzeno è commemorato dal Martyrologium Romanum al 25 gennaio, anniversario della sua nascita al cielo, mentre il giorno seguente si celebre la sua memoria liturgica comunemente con il suo amico San Basilio Magno.
Le sue reliquie traslate da Costantinopoli a Roma nella chiesa della santa Madre di Dio in Campo Marzio, furono traslate l'11 giugno 1580 in S. Pietro in Vaticano da cui Giovanni Paolo II, con un gesto sacrilego, le rimosse offrendole agli scismatici ortodossi nel 2004.

Autore: Fabio Arduino

Augustinus
01-01-07, 22:46
In rilievo

Aug. :) :) :)

Augustinus
01-01-08, 18:54
St. Gregory of Nazianzus

Doctor of the Church, born at Arianzus, in Asia Minor, c. 325; died at the same place, 389. He was son -- one of three children -- of Gregory, Bishop of Nazianzus (329-374), in the south-west of Cappadocia, and of Nonna, a daughter of Christian parents. The saint's father was originally a member of the heretical sect of the Hypsistarii, or Hypsistiani, and was converted to Catholicity by the influence of his pious wife. His two sons, who seem to have been born between the dates of their father's priestly ordination and episcopal consecration, were sent to a famous school at Caesarea, capital of Cappadocia, and educated by Carterius, probably the same one who was afterwards tutor of St. John Chrysostom. Here commenced the friendship between Basil and Gregory which intimately affected both their lives, as well as the development of the theology of their age. From Caesarea in Cappadocia Gregory proceeded to Caesarea in Palestine, where he studied rhetoric under Thespesius; and thence to Alexandria, of which Athanasius was then bishop, through at the time in exile. Setting out by sea from Alexandria to Athens, Gregory was all but lost in a great storm, and some of his biographers infer -- though the fact is not certain -- that when in danger of death he and his companions received the rite of baptism. He had certainly not been baptized in infancy, though dedicated to God by his pious mother; but there is some authority for believing that he received the sacrament, not on his voyage to Athens, but on his return to Nazianzus some years later. At Athens Gregory and Basil, who had parted at Caesarea, met again, renewed their youthful friendship, and studied rhetoric together under the famous teachers Himerius and Proaeresius. Among their fellow students was Julian, afterwards known as the Apostate, whose real character Gregory asserts that he had even then discerned and thoroughly distrusted him. The saint's studies at Athens (which Basil left before his friend) extended over some ten years; and when he departed in 356 for his native province, visiting Constantinople on his way home, he was about thirty years of age.

Arrived at Nazianzus, where his parents were now advanced in age, Gregory, who had by this time firmly resolved to devote his life and talents to God, anxiously considered the plan of his future career. To a young man of his high attainments a distinguished secular career was open, either that of a lawyer or of a professor of rhetoric; but his yearnings were for the monastic or ascetic life, though this did not seem compatible either with the Scripture studies in which he was deeply interested, or with his filial duties at home. As was natural, he consulted his beloved friend Basil in his perplexity as to his future; and he has left us in his own writings an extremely interesting narrative of their intercourse at this time, and of their common resolve (based on somewhat different motives, according to the decided differences in their characters) to quit the world for the service of God alone. Basil retired to Pontus to lead the life of a hermit; but finding that Gregory could not join him there, came and settled first at Tiberina (near Gregory's own home), then at Neocæsarea, in Pontus, where he lived in holy seclusion for some years, and gathered round him a brotherhood of cenobites, among whom his friend Gregory was for a time included. After a sojourn here for two or three years, during which Gregory edited, with Basil some of the exegetical works of Origen, and also helped his friend in the compilation of his famous rules, Gregory returned to Nazianzus, leaving with regret the peaceful hermitage where he and Basil (as he recalled in their subsequent correspondence) had spent such a pleasant time in the labour both of hands and of heads. On his return home Gregory was instrumental in bringing back to orthodoxy his father who, perhaps partly in ignorance, had subscribed the heretical creed of Rimini; and the aged bishop, desiring his son's presence and support, overruled his scrupulous shrinking from the priesthood, and forced him to accept ordination (probably at Christmas, 361). Wounded and grieved at the pressure put upon him, Gregory fled back to his solitude, and to the company of St. Basil; but after some weeks' reflection returned to Nazianzus, where he preached his first sermon on Easter Sunday, and afterward wrote the remarkable apologetic oration, which is really a treatise on the priestly office, the foundation of Chrysostom's "De Sacerdotio", of Gregory the Great's "Cura Pastoris", and of countless subsequent writings on the same subject.

During the next few years Gregory's life at Nazianzus was saddened by the deaths of his brother Caesarius and his sister Gorgonia, at whose funerals he preached two of his most eloquent orations, which are still extant. About this time Basil was made bishop of Caesarea and Metropolitan of Cappadocia, and soon afterwards the Emperor Valens, who was jealous of Basil's influence, divided Cappadocia into two provinces. Basil continued to claim ecclesiastical jurisdiction, as before, over the whole province, but this was disputed by Anthimus, Bishop of Tyana, the chief city of New Cappadocia. To strengthen his position Basil founded a new see at Sasima, resolved to have Gregory as its first bishop, and accordingly had him consecrated, though greatly against his will. Gregory, however, was set against Sasima from the first; he thought himself utterly unsuited to the place, and the place to him; and it was not long before he abandoned his diocese and returned to Nazianzus as coadjutor to his father. This episode in Gregory's life was unhappily the cause of an estrangement between Basil and himself which was never altogether removed; and there is no extant record of any correspondence between them subsequent to Gregory's leaving Sasima. Meanwhile he occupied himself sedulously with his duties as coadjutor to his aged father, who died early in 374, his wife Nonna soon following him to the grave. Gregory, who was now left without family ties, devoted to the poor the large fortune which he had inherited, keeping for himself only a small piece of land at Arianzus. He continued to administer the diocese for about two years, refusing, however, to become the bishop, and continually urging the appointment of a successor to his father. At the end of 375 he withdrew to a monastery at Seleuci, living there in solitude for some three years, and preparing (though he knew it not) for what was to be the crowning work of his life. About the end of this period Basil died. Gregory's own state of health prevented his being present either at the deathbed or funeral; but he wrote a letter of condolence to Basil's brother, Gregory of Nyssa, and composed twelve beautiful memorial poems or epitaphs to his departed friend.

Three weeks after Basil's death, Theodosius was advanced by the Emperor Gratian to the dignity of Emperor of the East. Constantinople, the seat of his empire, had been for the space of about thirty years (since the death of the saintly and martyred Bishop Paul) practically given over too Arianism, with an Arian prelate, Demophilus, enthroned at St. Sophia's. The remnant of persecuted Catholics, without either church or pastor, applied to Gregory to come and place himself at their head and organize their scattered forces; and many bishops supported the demand. After much hesitation he gave his consent, proceeded to Constantinople early in the year 379, and began his mission in a private house which he describes as "the new Shiloh where the Ark was fixed", and as "an Anastasia, the scene of the resurrection of the faith". Not only the faithful Catholics, but many heretics gathered in the humble chapel of the Anastasia, attracted by Gregory's sanctity, learning and eloquence; and it was in this chapel that he delivered the five wonderful discourses on the faith of Nicaea -- unfolding the doctrine of the Trinity while safeguarding the Unity of the Godhead -- which gained for him, alone of all Christian teachers except the Apostle St. John, the special title of Theologus or the Divine. He also delivered at this time the eloquent panegyrics on St. Cyprian, St. Athanasius, and the Machabees, which are among his finest oratorical works. Meanwhile he found himself exposed to persecution of every kind from without, and was actually attacked in his own chapel, whilst baptizing his Easter neophytes, by a hostile mob of Arians from St. Sophia's, among them being Arian monks and infuriated women. He was saddened, too, by dissensions among his own little flock, some of whom openly charged him with holding Tritheistic errors. St. Jerome became about this time his pupil and disciple, and tells us in glowing language how much he owed to his erudite and eloquent teacher. Gregory was consoled by the approval of Peter, Patriarch of Constantinople (Duchesne's opinion, that the patriarch was from the first jealous or suspicious of the Cappadocian bishop's influence in Constantinople, does not seem sufficiently supported by evidence), and Peter appears to have been desirous to see him appointed to the bishopric of the capital of the East. Gregory, however, unfortunately allowed himself to be imposed upon by a plausible adventurer called Hero, or Maximus, who came to Constantinople from Alexandria in the guise (long hair, white robe, and staff) of a Cynic, and professed to be a convert to Christianity, and an ardent admirer of Gregory's sermons. Gregory entertained him hospitably, gave him his complete confidence, and pronounced a public panegyric on him in his presence. Maximus's intrigues to obtain the bishopric for himself found support in various quarters, including Alexandria, which the patriarch Peter, for what reason precisely it is not known, had turned against Gregory; and certain Egyptian bishops deputed by Peter, suddenly, and at night, consecrated and enthroned Maximus as Catholic Bishop of Constantinople, while Gregory was confined to bed by illness. Gregory's friends, however, rallied round him, and Maximus had to fly from Constantinople. The Emperor Theodosius, to whom he had recourse, refused to recognize any bishop other than Gregory, and Maximus retired in disgrace to Alexandria.

Theodosius received Christian baptism early in 380, at Thessalonica, and immediately addressed an edict to his subjects at Constantinople, commanding them to adhere to the faith taught by St. Peter, and professed by the Roman pontiff, which alone deserved to be called Catholic. In November, the emperor entered the city and called on Demophilus, the Arian bishop, to subscribe to the Nicene creed: but he refused to do so, and was banished from Constantinople. Theodosius determined that Gregory should be bishop of the new Catholic see, and himself accompanied him to St. Sophia's, where he was enthroned in presence of an immense crowd, who manifested their feelings by hand-clappings and other signs of joy. Constantinople was now restored to Catholic unity; the emperor, by a new edict, gave back all the churches to Catholic use; Arians and other heretics were forbidden to hold public assemblies; and the name of Catholic was restricted to adherents of the orthodox and Catholic faith.

Gregory had hardly settled down to the work of administration of the Diocese of Constantinople, when Theodosius carried out his long-cherished purpose of summoning thither a general council of the Eastern Church. One hundred and fifty bishops met in council, in May, 381, the object of the assembly being, as Socrates plainly states, to confirm the faith of Nicaea, and to appoint a bishop for Constantinople (see CONSTANTINOPLE, THE FIRST COUNCIL OF). Among the bishops present were thirty-six holding semi-Arian or Macedonian opinions; and neither the arguments of the orthodox prelates nor the eloquence of Gregory, who preached at Pentecost, in St. Sophia's, on the subject of the Holy Spirit, availed to persuade them to sign the orthodox creed. As to the appointment of the bishopric, the confirmation of Gregory to the see could only be a matter of form. The orthodox bishops were all in favor, and the objection (urged by the Egyptian and Macedonian prelates who joined the council later) that his translation from one see to another was in opposition to a canon of the Nicene council was obviously unfounded. The fact was well known that Gregory had never, after his forced consecration at the instance of Basil, entered into possession of the See of Sasima, and that he had later exercised his episcopal functions at Nazianzus, not as bishop of that diocese, but merely as coadjutor of his father. Gregory succeeded Meletius as president of the council, which found itself at once called on to deal with the difficult question of appointing a successor to the deceased bishop. There had been an understanding between the two orthodox parties at Antioch, of which Meletius and Paulinus had been respectively bishops that the survivor of either should succeed as sole bishop. Paulinus, however, was a prelate of Western origin and creation, and the Eastern bishops assembled at Constantinople declined to recognize him. In vain did Gregory urge, for the sake of peace, the retention of Paulinus in the see for the remainder of his life, already fare advanced; the Fathers of the council refused to listen to his advice, and resolved that Meletius should be succeeded by an Oriental priest. "It was in the East that Christ was born", was one of the arguments they put forward; and Gregory's retort, "Yes, and it was in the East that he was put to death", did not shake their decision. Flavian, a priest of Antioch, was elected to the vacant see; and Gregory, who relates that the only result of his appeal was "a cry like that of a flock of jackdaws" while the younger members of the council "attacked him like a swarm of wasps", quitted the council, and left also his official residence, close to the church of the Holy Apostles.

Gregory had now come to the conclusion that not only the opposition and disappointment which he had met with in the council, but also his continued state of ill-health, justified, and indeed necessitated, his resignation of the See of Constantinople, which he had held for only a few months. He appeared again before the council, intimated that he was ready to be another Jonas to pacify the troubled waves, and that all he desired was rest from his labours, and leisure to prepare for death. The Fathers made no protest against this announcement, which some among them doubtless heard with secret satisfaction; and Gregory at once sought and obtained from the emperor permission to resign his see. In June, 381, he preached a farewell sermon before the council and in presence of an overflowing congregation. The peroration of this discourse is of singular and touching beauty, and unsurpassed even among his many eloquent orations. Very soon after its delivery he left Constantinople (Nectarius, a native of Cilicia, being chosen to succeed him in the bishopric), and retired to his old home at Nazianzus. His two extant letters addressed to Nectarius at his time are noteworthy as affording evidence, by their spirit and tone, that he was actuated by no other feelings than those of interested goodwill towards the diocese of which he was resigning the care, and towards his successor in the episcopal charge. On his return to Nazianzus, Gregory found the Church there in a miserable condition, being overrun with the erroneous teaching of Apollinaris the Younger, who had seceded from the Catholic communion a few years previously, and died shortly after Gregory himself. Gregory's anxiety was now to find a learned and zealous bishop who would be able to stem the flood of heresy which was threatening to overwhelm the Christian Church in that place. All his efforts were at first unsuccessful, and he consented at length with much reluctance to take over the administration of the diocese himself. He combated for a time, with his usual eloquence and as much energy as remained to him, the false teaching of the adversaries of the Church; but he felt himself too broken in health to continue the active work of the episcopate, and wrote to the Archbishop of Tyana urgently appealing to him to provide for the appointment of another bishop. His request was granted, and his cousin Eulalius, a priest of holy life to whom he was much attached, was duly appointed to the See of Nazianzus. This was toward the end of the year 383, and Gregory, happy in seeing the care of the diocese entrusted to a man after his own heart, immediately withdrew to Arianzus, the scene of his birth and his childhood, where he spent the remaining years of his life in retirement, and in the literary labours, which were so much more congenial to his character than the harassing work of ecclesiastical administration in those stormy and troubled times.

Looking back on Gregory's career, it is difficult not to feel that from the day when he was compelled to accept priestly orders, until that which saw him return from Constantinople to Nazianzus to end his life in retirement and obscurity, he seemed constantly to be placed, through no initiative of his own, in positions apparently unsuited to his disposition and temperament, and not really calculated to call for the exercise of the most remarkable and attractive qualities of his mind and heart. Affectionate and tender by nature, of highly sensitive temperament, simple and humble, lively and cheerful by disposition, yet liable to despondency and irritability, constitutionally timid, and somewhat deficient, as it seemed, both in decision of character and in self-control, he was very human, very lovable, very gifted -- yet not, one might be inclined to think, naturally adapted to play the remarkable part which he did during the period preceding and following the opening of the Council of Constantinople. He entered on his difficult and arduous work in that city within a few months of the death of Basil, the beloved friend of his youth; and Newman, in his appreciation of Gregory's character and career, suggests the striking thought that it was his friend's lofty and heroic spirit which had entered into him, and inspired him to take the active and important part which fell to his lot in the work of re-establishing the orthodox and Catholic faith in the eastern capital of the empire. It did, in truth, seem to be rather with the firmness and intrepidity, the high resolve and unflinching perseverance, characteristic of Basil, than in his own proper character, that of a gentle, fastidious, retiring, timorous, peace-loving saint and scholar, that he sounded the war-trumpet during those anxious and turbulent months, in the very stronghold and headquarters of militant heresy, utterly regardless to the actual and pressing danger to his safety, and even his life which never ceased to menace him. "May we together receive", he said at the conclusion of the wonderful discourse which he pronounced on his departed friend, on his return to Asia from Constantinople, "the reward of the warfare which we have waged, which we have endured." It is impossible to doubt, reading the intimate details which he has himself given us of his long friendship with, and deep admiration of, Basil, that the spirit of his early and well-loved friend had to a great extent moulded and informed his own sensitive and impressionable personality and that it was this, under God, which nerved and inspired him, after a life of what seemed, externally, one almost of failure, to co-operate in the mighty task of overthrowing the monstrous heresy which had so long devastated the greater part of Christendom, and bringing about at length the pacification of the Eastern Church.

During the six years of life which remained to him after his final retirement to his birth-place, Gregory composed, in all probability, the greater part of the copious poetical works which have come down to us. These include a valuable autobiographical poem of nearly 2000 lines, which forms, of course, one of the most important sources of information for the facts of his life; about a hundred other shorter poems relating to his past career; and a large number of epitaphs, epigrams, and epistles to well-known people of the day. Many of his later personal poems refer to the continuous illness and severe sufferings, both physical and spiritual, which assailed him during his last years, and doubtless assisted to perfect him in those saintly qualities which had never been wanting to him, rudely shaken though he had been by the trails and buffetings of his life. In the tiny plot of ground at Arianzus, all (as has already been said) that remained to him of his rich inheritance, he wrote and meditated, as he tells, by a fountain near which there was a shady walk, his favourite resort. Here, too, he received occasional visits from intimate friends, as well as sometimes from strangers attracted to his retreat by his reputation for sanctity and learning; and here he peacefully breathed his last. The exact date of his death is unknown, but from a passage in Jerome (De Script. Eccl.) it may be assigned, with tolerable certainty, to the year 389 or 390.

Some account must now be given of Gregory's voluminous writings, and of his reputation as an orator and a theologian, on which, more than on anything else, rests his fame as one of the greatest lights of the Eastern Church. His works naturally fall under three heads, namely his poems, his epistles, and his orations. Much, though by no means all, of what he wrote has been preserved, and has been frequently published, the editio princeps of the poems being the Aldine (1504), while the first edition of his collected works appeared in Paris in 1609-11. The Bodleian catalogue contains more than thirty folio pages enumerating various editions of Gregory's works, of which the best and most complete are the Benedictine edition (two folio volumes, begun in 1778, finished in 1840), and the edition of Migne (four volumes XXXV - XXXVIII, in P.G., Paris, 1857 - 1862).

Poetical Compositions

These, as already stated, comprise autobiographical verses, epigrams, epitaphs and epistles. The epigrams have been translated by Thomas Drant (London, 1568), the epitaphs by Boyd (London, 1826), while other poems have been gracefully and charmingly paraphrased by Newman in his "Church of the Fathers". Jerome and Suidas say that Gregory wrote more than 30,000 verses; if this is not an exaggeration, fully two-thirds of them have been lost. Very different estimates have been formed of the value of his poetry, the greater part of which was written in advanced years, and perhaps rather as a relaxation from the cares and troubles of life than as a serious pursuit. Delicate, graphic, and flowing as are many of his verses, and giving ample evidence of the cultured and gifted intellect which produced them, they cannot be held to parallel (the comparison would be an unfair one, had not many of them been written expressly to supersede and take the place of the work of heathen writers) the great creations of the classic Greek poets. Yet Villemain, no mean critic, places the poems in the front rank of Gregory's compositions, and thinks so highly of them that he maintains that the writer ought to be called, pre-eminently, not so much the theologian of the East as "the poet of Eastern Christendom".

Prose Epistles

These, by common consent, belong to the finest literary productions of Gregory's age. All that are extant are finished compositions; and that the writer excelled in this kind of composition is shown from one of them (Ep. ccix, to Nicobulus) in which he enlarges with admirable good sense on the rules by which all letter-writers should be guided. It was at the request of Nicobulus, who believed, and rightly, that these letters contained much of permanent interest and value, that Gregory prepared and edited the collection containing the greater number of them which has come down to us. Many of them are perfect models of epistolary style -- short, clear, couched in admirably chosen language, and in turn witty and profound, playful, affectionate and acute.

Orations

Both in his own time, and by the general verdict of posterity, Gregory was recognized as one of the very foremost orators who have ever adorned the Christian Church. Trained in the finest rhetorical schools of his age, he did more than justice to his distinguished teachers; and while boasting or vainglory was foreign to his nature, he frankly acknowledged his consciousness of his remarkable oratorical gifts, and his satisfaction at having been enabled to cultivate them fully in his youth. Basil and Gregory, it has been said, were the pioneers of Christian eloquence, modeled on, and inspired by, the noble and sustained oratory of Demosthenes and Cicero, and calculated to move and impress the most cultured and critical audiences of the age. Only comparatively few of the numerous orations delivered by Gregory have been preserved to us, consisting of discourses spoken by him on widely different occasions, but all marked by the same lofty qualities. Faults they have, of course: lengthy digressions, excessive ornament, strained antithesis, laboured metaphors, and occasional over-violence of invective. But their merits are far greater than their defects, and no one can read them without being struck by the noble phraseology, perfect command of the purest Greek, high imaginative powers, lucidity and incisiveness of thought, fiery zeal and transparent sincerity of intention, by which they are distinguished. Hardly any of Gregory's extant sermons are direct expositions of Scripture, and they have for this reason been adversely criticized. Bossuet, however, points out with perfect truth that many of these discourses are really nothing but skillful interweaving of Scriptural texts, a profound knowledge of which is evident from every line of them.

Gregory's claims to rank as one of the greatest theologians of the early Church are based, apart from his reputation among his contemporaries, and the verdict of history in his regard, chiefly on the five great "Theological Discourses" which he delivered at Constantinople in the course of the year 380. In estimating the scope and value of these famous utterances, it is necessary to remember what was the religious condition of Constantinople when Gregory, at the urgent instance of Basil, of many other bishops, and of the sorely-tried Catholics of the Eastern capital, went thither to undertake the spiritual charge of the faithful. It was less as an administrator, or an organizer, than as a man of saintly life and of oratorical gifts famous throughout the Eastern Church, that Gregory was asked, and consented, to undertake his difficult mission; and he had to exercise those gifts in combating not one but numerous heresies which had been dividing and desolating Constantinople for many years. Arianism in every form and degree, incipient, moderate, and extreme, was of course the great enemy, but Gregory had also to wage war against the Apollinarian teaching, which denied the humanity of Christ, as well as against the contrary tendency -- later developed into Nestorianism -- which distinguished between the Son of Mary and the Son of God as two distinct and separate personalities.

A saint first, and a theologian afterwards, Gregory in one of his early sermons at the Anastasia insisted on the principle of reverence in treating of the mysteries of faith (a principle entirely ignored by his Arian opponents), and also on the purity of life and example which all who dealt with these high matters must show forth if their teaching was to be effectual. In the first and second of the five discourses he develops these two principles at some length, urging in language of wonderful beauty and force the necessity for all who would know God aright to lead a supernatural life, and to approach so sublime a study with a mind pure and free from sin. The third discourse (on the Son) is devoted to a defence of the Catholic doctrine of the Trinity, and a demonstration of its consonance with the primitive doctrine of the Unity of God. The eternal existence of the Son and Spirit are insisted on, together with their dependence on the Father as origin or principle; and the Divinity of the Son is argued from Scripture against the Arians, whose misunderstanding of various Scripture texts is exposed and confuted. In the fourth discourse, on the same subject, the union of the Godhead and Manhood in Christ Incarnate is set forth and luminously proved from Scripture and reason. The fifth and final discourse (on the Holy Spirit) is directed partly against the Macedonian heresy, which denied altogether the Divinity of the Holy Ghost, and also against those who reduced the Third Person of the Trinity to a mere impersonal energy of the Father. Gregory, in reply to the contention that the Divinity of the Spirit is not expressed in Scripture, quotes and comments on several passages which teach the doctrine by implication, adding that the full manifestation of this great truth was intended to be gradual, following on the revelation of the Divinity of the Son. It is to be noted that Gregory nowhere formulates the doctrine of the Double Procession, although in his luminous exposition of the Trinitarian doctrine there are many passages which seem to anticipate the fuller teaching of the Quicumque vult. No summary, not even a faithful verbal translation, can give any adequate idea of the combined subtlety and lucidity of thought, and rare beauty of expression, of these wonderful discourses, in which, as one of his French critics truly observes, Gregory "has summed up and closed the controversy of a whole century". The best evidence of their value and power lies in the fact that for fourteen centuries they have been a mine whence the greatest theologians of Christendom have drawn treasures of wisdom to illustrate and support their own teaching on the deepest mysteries of the Catholic Faith.

Bibliography

Acta SS.; Lives prefixed to MIGNE, P.G. (1857) XXXV, 147-303; Lives of the Saints collected from Authentick Records (1729), II; BARONIUS, De Vita Greg. Nazianz. (Rome, 1760); DUCHESNE, Hist. Eccl., ed. BRIGHT (Oxford, 1893), 195, 201, etc.; ULLMAN, Gregorius v. Nazianz der Theologe (Gotha, 1867), tr. COX (Londone, 1851); BENOIT, Saint Greg. de Nazianze (Paris, 1876); BAUDUER, Vie de S. Greg. de Nazianze (Lyons, 1827); WATKINS in Dict. Christ. Biog., s. v. Gregorius Nazianzenus; FLEURY, Hist. Ecclesiastique (Paris, 1840), II, Bk. XVIII; DE BROGLIE, L'eglise et l'Empire Romain au IV siecle (Paris, 1866), V; NEWMAN, The arians of the Fourth Century (London, 1854), 214-227; IDEM, Church of the Fathers in Historical Sketches; BRIGHT, The Age of the Fathers (London, 1903), I, 408-461; PUSEY, The Councils of the Church A.D. 31 - A.D. 381 (Oxford, 1857), 276-323; HORE, Eighteen Centuries of the Orthodox Greek Church (London, 1899), 162, 164, 168, etc; TILLEMONT, Mem. Hist. Eccles., IX; MASON, Five Theolog. Discourses of Greg. of Nazianz. (Cambridge, 1899).

Fonte: The Catholic Encyclopedia, vol. VII, New York, 1910 (http://www.newadvent.org/cathen/07010b.htm)

Augustinus
01-01-08, 19:06
BENEDETTO XVI

UDIENZA GENERALE

Aula Paolo VI
Mercoledì, 8 agosto 2007

Gregorio di Nazianzo (1)

Cari fratelli e sorelle!

Mercoledì scorso ho parlato di un grande maestro della fede, il Padre della Chiesa San Basilio. Oggi vorrei parlare del suo amico Gregorio di Nazianzo, anche lui, come Basilio, originario della Cappadocia. Illustre teologo, oratore e difensore della fede cristiana nel IV secolo, fu celebre per la sua eloquenza, ed ebbe anche, come poeta, un'anima raffinata e sensibile.

Gregorio nacque da una nobile famiglia. La madre lo consacrò a Dio fin dalla nascita, avvenuta intorno al 330. Dopo la prima educazione familiare, frequentò le più celebri scuole della sua epoca: fu dapprima a Cesarea di Cappadocia, dove strinse amicizia con Basilio, futuro Vescovo di quella città, e sostò poi in altre metropoli del mondo antico, come Alessandria d'Egitto e soprattutto Atene, dove incontrò di nuovo Basilio (cfr Oratio 43,14-24: SC 384,146-180). Rievocandone l'amicizia, Gregorio scriverà più tardi: «Allora non solo io mi sentivo preso da venerazione verso il mio grande Basilio per la serietà dei suoi costumi e per la maturità e saggezza dei suoi discorsi, ma inducevo a fare altrettanto anche altri, che ancora non lo conoscevano... Ci guidava la stessa ansia di sapere... Questa era la nostra gara: non chi fosse il primo, ma chi permettesse all'altro di esserlo. Sembrava che avessimo un'unica anima in due corpi» (Oratio 43,16.20: SC 384154-156.164). Sono parole che rappresentano un po' l'autoritratto di quest’anima nobile. Ma si può anche immaginare che quest'uomo, che era fortemente proiettato oltre i valori terreni, abbia sofferto molto per le cose di questo mondo.

Tornato a casa, Gregorio ricevette il Battesimo e si orientò verso la vita monastica: la solitudine, la meditazione filosofica e spirituale lo affascinavano. Egli stesso scriverà: «Nulla mi sembra più grande di questo: far tacere i propri sensi, uscire dalla carne del mondo, raccogliersi in se stesso, non occuparsi più delle cose umane, se non di quelle strettamente necessarie; parlare con se stesso e con Dio, condurre una vita che trascende le cose visibili; portare nell'anima immagini divine sempre pure, senza mescolanza di forme terrene ed erronee; essere veramente uno specchio immacolato di Dio e delle cose divine, e divenirlo sempre più, prendendo luce da luce...; godere, nella speranza presente, il bene futuro, e conversare con gli angeli; avere già lasciato la terra, pur stando in terra, trasportati in alto con lo spirito» (Oratio 2,7: SC 247,96).

Come confida nella sua autobiografia (cfr Carmina [historica] 2,1,11 de vita sua 340-349: PG 37,1053), ricevette l’ordinazione presbiterale con una certa riluttanza, perché sapeva che poi avrebbe dovuto fare il Pastore, occuparsi degli altri, delle loro cose, quindi non più così raccolto nella pura meditazione: Tuttavia egli poi accettò questa vocazione e assunse il ministero pastorale in piena obbedienza, accettando, come spesso gli accadde nella vita, di essere portato dalla Provvidenza là dove non voleva andare (cfr Gv 21,18). Nel 371 il suo amico Basilio, Vescovo di Cesarea, contro il desiderio dello stesso Gregorio, lo volle consacrare Vescovo di Sasima, un paese strategicamente importante della Cappadocia. Egli però, per varie difficoltà, non ne prese mai possesso, e rimase invece nella città di Nazianzo.

Verso il 379, Gregorio fu chiamato a Costantinopoli, la capitale, per guidare la piccola comunità cattolica fedele al Concilio di Nicea e alla fede trinitaria. La maggioranza aderiva invece all'arianesimo, che era “politicamente corretto” e considerato politicamente utile dagli imperatori. Così egli si trovò in condizioni di minoranza, circondato da ostilità. Nella chiesetta dell'Anastasis pronunciò cinque Discorsi teologici (Orationes 27-31: SC 250,70-343) proprio per difendere e rendere anche intelligibile la fede trinitaria. Sono discorsi rimasti celebri per la sicurezza della dottrina, l'abilità del ragionamento, che fa realmente capire che questa è la logica divina. E anche lo splendore della forma li rende oggi affascinanti. Gregorio ricevette, a motivo di questi discorsi, l'appellativo di “teologo”. Così viene chiamato nella Chiesa ortodossa: il “teologo”. E questo perché la teologia per lui non è una riflessione puramente umana, o ancor meno frutto soltanto di complicate speculazioni, ma deriva da una vita di preghiera e di santità, da un dialogo assiduo con Dio. E proprio così fa apparire alla nostra ragione la realtà di Dio, il mistero trinitario. Nel silenzio contemplativo, intriso di stupore davanti alle meraviglie del mistero rivelato, l'anima accoglie la bellezza e la gloria divina.

Mentre partecipava al secondo Concilio Ecumenico del 381, Gregorio fu eletto Vescovo di Costantinopoli, e assunse la presidenza del Concilio. Ma subito si scatenò contro di lui una forte opposizione, finché la situazione divenne insostenibile. Per un'anima così sensibile queste inimicizie erano insopportabili. Si ripeteva quello che Gregorio aveva già lamentato precedentemente con parole accorate: «Abbiamo diviso Cristo, noi che tanto amavamo Dio e Cristo! Abbiamo mentito gli uni agli altri a motivo della Verità, abbiamo nutrito sentimenti di odio a causa dell'Amore, ci siamo divisi l'uno dall'altro!» (Oratio 6,3: SC 405,128). Si giunse così, in un clima di tensione, alle sue dimissioni. Nella cattedrale affollatissima Gregorio pronunciò un discorso di addio di grande effetto e dignità (cfr Oratio 42: SC 384,48-114). Concludeva il suo accorato intervento con queste parole: «Addio, grande città, amata da Cristo... Figli miei, vi supplico, custodite il deposito [della fede] che vi è stato affidato (cfr 1 Tm 6,20), ricordatevi delle mie sofferenze (cfr Col 4,18). Che la grazia del nostro Signore Gesù Cristo sia con tutti voi» (cfr Oratio 42,27: SC 384,112-114).

Ritornò a Nazianzo, e per circa due anni si dedicò alla cura pastorale di quella comunità cristiana. Poi si ritirò definitivamente in solitudine nella vicina Arianzo, la sua terra natale, dedicandosi allo studio e alla vita ascetica. In questo periodo compose la maggior parte della sua opera poetica, soprattutto autobiografica: il De vita sua, una rilettura in versi del proprio cammino umano e spirituale, un cammino esemplare di un cristiano sofferente, di un uomo di grande interiorità in un mondo pieno di conflitti. È un uomo che ci fa sentire il primato di Dio e perciò parla anche a noi, a questo nostro mondo: senza Dio l'uomo perde la sua grandezza, senza Dio non c'è vero umanesimo. Ascoltiamo perciò questa voce e cerchiamo di conoscere anche noi il volto di Dio. In una delle sue poesie aveva scritto, rivolgendosi a Dio: «Sii benigno, Tu, l'Aldilà di tutto» (Carmina [dogmatica] 1,1,29: PG 37,508). E nel 390 Dio accoglieva tra le sue braccia questo servo fedele, che con acuta intelligenza l’aveva difeso negli scritti, e che con tanto amore l’aveva cantato nelle sue poesie.

Augustinus
01-01-08, 19:08
BENEDETTO XVI

UDIENZA GENERALE

Aula Paolo VI
Mercoledì, 22 agosto 2007

Gregorio di Nazianzo (2)

Cari fratelli e sorelle,

nel corso dei ritratti di grandi Padri e Dottori della Chiesa che cerco di offrire in queste catechesi, l’ultima volta ho parlato di san Gregorio Nazianzeno, Vescovo del IV secolo e vorrei oggi ancora completare questo ritratto di un grande maestro. Cercheremo oggi di raccogliere alcuni suoi insegnamenti. Riflettendo sulla missione che Dio gli aveva affidato, san Gregorio Nazianzeno concludeva: «Sono stato creato per ascendere fino a Dio con le mie azioni» (Oratio 14,6 de pauperum amore: PG 35,865). Di fatto, egli mise al servizio di Dio e della Chiesa il suo talento di scrittore e di oratore. Compose numerosi discorsi, varie omelie e panegirici, molte lettere e opere poetiche (quasi 18.000 versi!): un'attività veramente prodigiosa. Aveva compreso che questa era la missione che Dio gli aveva affidato: «Servo della Parola, io aderisco al ministero della Parola; che io non acconsenta mai di trascurare questo bene. Questa vocazione io l'apprezzo e la gradisco, ne traggo più gioia che da tutte le altre cose messe insieme» (Oratio 6,5: SC 405,134; cfr anche Oratio 4,10).

Il Nazianzeno era un uomo mite, e nella sua vita cercò sempre di fare opera di pace nella Chiesa del suo tempo, lacerata da discordie e da eresie. Con audacia evangelica si sforzò di superare la propria timidezza per proclamare la verità della fede. Sentiva profondamente l'anelito di avvicinarsi a Dio, di unirsi a Lui. È quanto esprime egli stesso in una sua poesia, dove scrive: tra i «grandi flutti del mare della vita, / di qua e di là da impetuosi venti agitato, / ... / una cosa sola m'era cara, sola mia ricchezza, / conforto e oblio delle fatiche, / la luce della Santa Trinità» (Carmina [historica] 2,1,15: PG 37,1250ss.).

Gregorio fece risplendere la luce della Trinità, difendendo la fede proclamata nel Concilio di Nicea: un solo Dio in tre Persone uguali e distinte – Padre, Figlio e Spirito Santo –, «tri*plice luce che in unico / splendor s'aduna» (Inno vespertino: Carmina [historica] 2,1,32: PG 37,512). Quindi, afferma sempre Gregorio sulla scorta di san Paolo (1 Cor 8,6), «per noi vi è un Dio, il Padre, da cui è tutto; un Signore, Gesù Cristo, per mezzo di cui è tutto; e uno Spirito Santo, in cui è tutto» (Oratio 39,12: SC 358,172).

Gregorio ha messo in grande rilievo la piena umanità di Cristo: per redimere l'uomo nella sua totalità di corpo, anima e spirito, Cristo assunse tutte le componenti della natura umana, altrimenti l'uomo non sarebbe stato salvato. Contro l'eresia di Apollinare, il quale sosteneva che Gesù Cristo non aveva assunto un’anima razionale, Gregorio affronta il problema alla luce del mistero della salvezza: «Ciò che non è stato assunto, non è stato guarito» (Ep. 101,32: SC 208,50), e se Cristo non fosse stato «dotato di intelletto razionale, come avrebbe potuto essere uomo?» (Ep. 101,34: SC 208,50). Era proprio il nostro intelletto, la nostra ragione che aveva e ha bisogno della relazione, dell’incontro con Dio in Cristo. Diventando uomo, Cristo ci ha dato la possibilità di diventare a nostra volta come Lui. Il Nazianzeno esorta: «Cerchiamo di essere come Cristo, poiché anche Cristo è divenuto come noi: di diventare dèi per mezzo di Lui, dal mo*mento che Lui stesso, per il nostro tramite, è divenuto uomo. Prese il peggio su di sé, per farci dono del meglio» (Oratio 1,5: SC 247,78).

Maria, che ha dato la natura umana a Cristo, è vera Madre di Dio (Theotókos: cfr Ep. 101,16: SC 208,42), e in vista della sua altissima missione è stata "pre-purificata" (Oratio 38,13: SC 358,132, quasi un lontano preludio del dogma dell’Immacolata Concezione). Maria è proposta come modello ai cristiani, soprattutto alle vergini, e come soccorritrice da invocare nelle necessità (cfr Oratio 24,11: SC 282,60-64).

Gregorio ci ricorda che, come persone umane, dobbiamo essere solidali gli uni verso gli altri. Scrive: «"Noi siamo tutti una sola cosa nel Signore" (cfr Rm 12,5), ricchi e poveri, schiavi e liberi, sani e malati; e unico è il capo da cui tutto deriva: Gesù Cristo. E come fanno le membra di un solo corpo, ciascuno si occupi di ciascuno, e tutti di tutti». Poi, riferendosi ai malati e alle persone in difficoltà, conclude: «Questa è l'unica salvezza per la nostra carne e la nostra anima: la carità verso di loro» (Oratio 14,8 de pauperum amore: PG 35,868ab). Gregorio sottolinea che l'uomo deve imitare la bontà e l'amore di Dio, e quindi raccomanda: «Se sei sano e ricco, allevia il bisogno di chi è malato e povero; se non sei caduto, soccorri chi è caduto e vive nella sofferenza; se sei lieto, consola chi è triste; se sei fortunato, aiuta chi è morso dalla sventura. Da’ a Dio una prova di riconoscenza, perché sei uno di quelli che possono beneficare, e non di quelli che hanno bisogno di essere beneficati... Sii ricco non solo di beni, ma anche di pietà; non solo di oro, ma di virtù, o meglio, di questa sola. Supera la fama del tuo prossimo mostrandoti più buono di tutti; renditi Dio per lo sventurato, imitando la misericordia di Dio» (Oratio 14,26 de pauperum amore: PG 35,892bc).

Gregorio ci insegna anzitutto l'importanza e la necessità della preghiera. Egli afferma che «è necessario ricordarsi di Dio più spesso di quanto si respiri» (Oratio 27,4: PG 250,78), perché la preghiera è l'incontro della sete di Dio con la nostra sete. Dio ha sete che noi abbiamo sete di Lui (cfr Oratio 40, 27: SC 358,260). Nella preghiera noi dobbiamo rivolgere il nostro cuore a Dio, per consegnarci a Lui come offerta da purificare e trasformare. Nella preghiera noi vediamo tutto alla luce di Cristo, lasciamo cadere le nostre maschere e ci immergiamo nella verità e nell'ascolto di Dio, alimentando il fuoco dell'amore.

In una poesia, che è allo stesso tempo medita*zione sullo scopo della vita e implicita invocazione a Dio, Gregorio scrive: «Hai un compito, anima mia, / un grande compito, se vuoi. / Scruta seriamente te stessa, / il tuo essere, il tuo destino; / donde vieni e dove dovrai posarti; / cerca di conoscere se è vita quella che vivi / o se c'è qualcosa di più. / Hai un compito, anima mia, / purifica, perciò, la tua vita: / considera, per favore, Dio e i suoi misteri, / indaga cosa c'era prima di questo universo / e che cosa esso è per te, / da dove è venuto, e quale sarà il suo destino. / Ecco il tuo compito, / anima mia, / purifica, perciò, la tua vita» (Carmina [historica] 2,1,78: PG 37,1425-1426). Continuamente il santo Vescovo chiede aiuto a Cristo, per essere rialzato e riprendere il cammino: «Sono stato deluso, o mio Cristo, / per il mio troppo presumere: / dalle altezze sono caduto molto in basso. / Ma rialzami di nuovo ora, poiché vedo / che da me stesso mi sono ingannato; / se troppo ancora confiderò in me stesso, / subito cadrò, e la caduta sarà fatale» (Carmina [historica] 2,1,67: PG 37,1408).

Gregorio, dunque, ha sentito il bisogno di avvicinarsi a Dio per superare la stanchezza del proprio io. Ha sperimentato lo slancio dell'anima, la vivacità di uno spirito sensibile e l'instabilità della felicità effimera. Per lui, nel dramma di una vita su cui pesava la coscienza della propria debolezza e della propria miseria, l’esperienza dell’amore di Dio ha sempre avuto il sopravvento. Hai un compito anima, – dice san Gregorio anche noi –, il compito di trovare la vera luce, di trovare la vera altezza della tua vita. E la tua vita è incontrarti con Dio, che ha sete della nostra sete.

Augustinus
14-05-08, 21:15
I cristiani? Estromessi dalla cultura!

di Marta Sordi

in Il Timone, luglio 2004, fasc. n. 33

L’epurazione della cultura dal cristiani ha un precedente significativo con Giuliano l’Apostata, che tentò di restaurare il paganesimo a Roma. La risposta dl Gregorio di Nazianzio: la cultura è un bene di tutti.

Gli autori cristiani, sia quelli di lingua latina (Aug., De Civ. Dei, XVIII, 52,2; Rufin., H.E. X, 33), sia quelli di lingua greca (Philost., H.E. VII, 4; Socr., H.E., III, 12, 7; Sozomeno, IV, 18, 2/3; Theod., HE., VII, 8, 1/2), ricordano come manifestazione della persecuzione anticristiana di Giuliano (l’imperatore che, dopo Costantino, cercô di restaurare il paganesimo a Roma) il suo divieto al cristiani di partecipare alla cultura classica, sia come docenti, che come discenti, e la sua volontà di emarginarli in questo modo dalla vita della polis: «An ipse non est Ecciesiam persecutus, — si domanda Agostino – qui Christianos liberales litteras docere ac discere vetuit?» («Forse non ha perseguitato la Chiesa colui che ha vietato ai cristiani di insegnare e di imparare le arti liberali?»).

I moderni sono divisi tra quelli che accettano l’impostazione anticristiana del divieto di Giuliano e lo valutano positivamente in nome della convinzione di Giuliano dell’unità tra fede e cultura; quelli che, pure convinti dell’impostazione anticristiana, lo ritengono una manifestazione della tendenze teocratiche di Giuliano; quelli che negano addirittura che il divieto avesse un’intenzione anticristiana e ritengono che mirasse solo ad una riorganizzazione della burocrazia.

Sull’intenzione anticristiana del divieto credo decisiva la testimonianza dell’ultimo grande storico pagano di lingua latina, Ammiano Marcellino, ben noto per la sua ammirazione per Giuliano, che in due riprese nella sua Storia XXII (10, 7 e in XXV, 4, 20) ricorda come inclemens il divieto ai Cristiani di docere (insegnare): nel primo passo, sotto il 363 d.C., dopo aver ricordato favorevolmente le disposizioni legislative di Giuliano, osserva: «Illud autem erat inclemens — e da coprire con un perenne silenzio — quod arcebat docere magistros, rhetoricos et grammaticos, ritus Christiani cultores» («Egli tuttavia era inclemente poiché vietava di insegnare ai maestri, retorici e grammatici cristiani»); nel secondo, relativo alla visione conclusiva delle virtù e del vizi di Giuliano, dopo aver parlato delle sue innovazioni legislative, dice che esse furono non molesta (non fastidiose) salvo poche, fra cui annovera appunto il divieto di docere ai cristiani “se non fossero passati al culto dei numi”.

Sull’intenzione persecutoria del suo imperatore Amrniano non ha dubbi e questo dovrebbe bastare; le incertezze del moderni derivano invece dal testo della legge, a noi conservata dal Codice Teodosiano del 17 giugno 362 (Cod. Th. XIII, 3,5), nella quale i cristiani non sono esplicitamente nominati. Nel testo si afferma infatti che i maestri devono essere valutati non solo per la loro facundia ma anche per a loro moralità (moribus) e devono avere la probatio in sede locale da un decretum Curialium (una specie di concorso pubblico): il silenzio della legge sui Cristiani (che ricorda l’editto di Decio, che non nominava i Cristiani, ma intendeva colpire solo quelli, imponendo a tutti i cittadini dell’impero il sacrificio agli dei, come risulta dai libelli a noi giunti) è chiarito perô dalla lettera 61 che Giuliano stesso inviò poco dopo per spiegare le sue intenzioni: «Omero, Esiodo, Demostene — dice Giuliano — Erodoto, Tucidide, Isocrate e Lisia, non ebbero gli del maestri di ogni cultura? […] Io credo che sia strano che chi spiega le opere di questi autori neghi onore a gli dei che essi hanno onorati […] E poiché essi dalle opere di questi autori traggono lo stipendio e il sostentamento, confessano di essere avidi di guadagni immorali vadano dunque nelle comunità dei Galilei a spiegare Matteo e Luca» (trad. Caltabiano).

La spiegazione più ovvia del silenzio del testo legislativo, ampiamente illuminato per favorirne l’esecuzione dal testo esplicativo, va cercata (se non nella reticenza un po’ ipocrita che abbiamo notato nel testo di Decio) nell’epurazione del testo stesso ad opera degli editori del Codice Teodosiano: e questa è un’opinione oggi largamente diffusa.

Non c’è dubbio dunque che, almeno per i docenti, l’accusa che gli autori cristiani fanno a Giuliano sia ben fondata: essi parlano però anche di un divieto ai cristiani di discere (di istruirsi) a di questo non parlano né il testo legislativo né Ia lettera.

In effetti, che il divieto di Giuliano avesse un’estensione più ampia sembra risultare dalle invectivae scritte da Gregorio di Nazianzio (Or. IV e V) poco dopo la sua morte, che insiste sulla volontà dell’imperatore di vietare ai Cristiani la cultura classica e contesta che la letteratura e la lingua degli Elleni si identifichino con il paganesimo, sostenendo al contrario che esse sono un bene comune di tutti gli uomini.

Un’ulteriore conferma viene dalla Passio Artemii, già governatore d’Egitto: nella Passio, Giuliano stesso si duole delle accuse che Artemio, partendo dagli insegnamenti greci, ha lanciato contro la religione pagana e dice che non tollererà più che «l’empia stirpe dei Cristiani sia istruita nelle discipline greche». Un concetto analogo Giuliano esprime nell’Ep. 90, accusando un prete cristiano di avere armato, con gli studi filosofici e retorici appresi ad Atene, la sua «odiosa lingua» contro gli dei celesti.

È probabile pertanto che il divieto riguardasse veramente non solo il docere, ma anche il discere: esso nasceva dall’ideologia di Giuliano, per il quale il termine stesso di ellenismo aveva assunto un significato in prevalenza religioso (anche nel greco degli ebrei e del Nuovo Testamento Ellenes indica i pagani, ciò che mai avvenne per il concetto di Romani); neoplatonismo e oracoli caldaici avevano contribuito a far crescere in lui la certezza che la cultura greca fosse frutto di ispirazione divina e, per questo, sacra. Ma quando, nell’Ep. 61, egli accomuna sotto il segno della religione scrittori come Tucidide, come Lisia, Demostene, autori di chiara impronta «laica», Giuliano mostra di non aver capito niente, nel suo misticismo orientalizzante, della lucida razionalità della vera cultura greca, che certo fu aperta all’esigenza religiosa come ad una esigenza umana fondamentale, ma non diede origine ad una letteratura sacra. Rivendicando a tutti gli uomini, compresi i cristiani, il patrimonio comune della lingua della letteratura greca, Gregorio di Nazianzio si rivela, assai più di Giuliano, consapevole dei valori della cultura classica e predecessore di quei cristiani che, in Oriente e in Occidente, avrebbero salvato dalla distruzione quella stessa cultura.

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«Ogni verità, da chiunque sia pronunciata, viene dallo Spirito Santo». (S. Tommaso d’Aquino, Somma teologica, I-II, q. 109, a. 1 ad 1).

Bibliografia

Stefania Saracino, La politica culturale dell’imperatore Giuliano, “Aevum”, LXXVI (2002), pp. 123-141 (con ampia bibliografia).

Fonte: Contro la leggenda nera (http://www.kattoliko.it/leggendanera/modules.php?name=News&file=article&sid=97)

Holuxar
09-05-18, 19:50
9 MAGGIO 2018: nono giorno di Maggio Mese Mariano, sesto giorno della Novena di preparazione al 13 Maggio, Solennità della Beata Vergine Maria di Fatima, DA RECITARSI DAL 4 AL 12 MAGGIO; MERCOLEDÌ DELLE ROGAZIONI - VIGILIA DELL'ASCENSIONE, SAN GREGORIO NAZIANZENO, VESCOVO, CONFESSORE E DOTTORE…



«9 MAGGIO SAN GREGORIO NAZIANZENO, VESCOVO E DOTTORE.»
Guéranger, L'anno liturgico - 9 maggio. San Gregorio Nazianzeno, Vescovo e Dottore (http://www.unavoce-ve.it/pg-9mag.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-9mag.htm


"Lunedì delle Rogazioni."
Guéranger, L'anno liturgico - Lunedì delle Rogazioni (http://www.unavoce-ve.it/pg-rogazioni-lun.htm)
"Martedì delle Rogazioni."
Guéranger, L'anno liturgico - Martedì delle Rogazioni (http://www.unavoce-ve.it/pg-rogazioni-mar.htm)
"Vigilia dell’Ascensione."
Guéranger, L'anno liturgico - Vigilia dell'Ascensione (http://www.unavoce-ve.it/pg-ascensione-vig.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-ascensione-vig.htm
«VIGILIA DELL'ASCENSIONE.»
Ascensione di Nostro Signore
Guéranger, L'anno liturgico - Ascensione di Nostro Signore (http://www.unavoce-ve.it/pg-ascensione.htm)
«ASCENSIONE DI NOSTRO SIGNORE.»
http://www.unavoce-ve.it/pg-ascensione.htm


Calendario Romano (http://www.unavox.it/calenroma.htm#maggio)
http://www.unavox.it/calenroma.htm#maggio




Maggio mese di Maria: 9° giorno - La vita di grazia (http://www.stellamatutina.eu/maggio-mese-di-maria-9-giorno/)
http://www.stellamatutina.eu/maggio-mese-di-maria-9-giorno/
“Maggio mese di Maria: 9° giorno
LA VITA DI GRAZIA.”



https://www.radiospada.org/wp-content/uploads/2017/05/Novena-alla-Madonna-di-Fatima.pdf
"13 Maggio Beata Vergine Maria di Fatima.
Novena di preparazione DA RECITARSI DAL 4 AL 12 MAGGIO.
Ogni giorno si termina con un’Ave Maria e l’invocazione Madonna del Rosario di Fatima, prega per noi.”





Sardinia Tridentina: San Gregorio Nazianzeno, vescovo, confessore e dottore (http://sardiniatridentina.blogspot.it/2018/05/san-gregorio-nazianzeno-vescovo.html?m=1)
“San Gregorio, nacque a Nazianzio, in Cappadocia, tra il 325 ed il 330. Studiò ad Atene con san Basilio e divenne ottimo conoscitore delle Scritture. Fu monaco, poi Vescovo: prima di Sasimo, poi di Nazianzo, infine di Costantinopoli. Qui, saldo difensore della consustanzialità del Verbo, presiedé il Concilio Costantinopolitano I del 381,dimostrandosi nemico acerrimo delle insorgenti eresie e araldo dell’integrità della fede cattolica. Rinunziato all’episcopato, dopo alcuni anni di raccoglimento e di studio, si addormentò nella pace del Signore, nella natia Nazianzo verso l'anno 390. Dal X secolo il suo corpo si venerava in Roma. San Pio V, nel 1568, lo proclamò Dottore della Chiesa universale.”
Tradidi quod et accepi: Metodi del Santo Rosario secondo san Luigi Maria Grignion de Montfort (http://tradidiaccepi.blogspot.it/2018/04/metodi-del-santo-rosario-secondo-san.html?m=1)
“Metodi del Santo Rosario secondo san Luigi Maria Grignion de Montfort.”




https://www.facebook.com/catholictradition2016/
«VIGILIA DELL'ASCENSIONE, 9 MAGGIO 2018.
Sancti et Sanctae Dei, orate pro nobis.»

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https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/32222337_1370175139750471_3659233010009505792_n.jp g?_nc_cat=0&oh=1c8a175d97bac2c2f6c69504369fb8bb&oe=5B56369D


«TEMPO PASQUALE - MERCOLEDÌ DELLE ROGAZIONI
VIGILIA DELL'ASCENSIONE.»

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San Gregorio di Nazianzo - Sodalitium (http://www.sodalitium.biz/san-gregorio-nazianzo/)
http://www.sodalitium.biz/san-gregorio-nazianzo/
«9 maggio, San Gregorio di Nazianzo, Vescovo, Confessore e Dottore (329 – 390 circa).
“A Nazianzo, in Cappadocia, il natale del beato Gregorio Vescovo, Confessore e Dottore della Chiesa, per la singolare scienza delle cose divine soprannominato il Teologo, il quale, essendo Vescovo di Costantinopoli, vi ristabilì la fede cattolica quasi estinta, e represse le insorgenti eresie”.»
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Della festa dell'Ascensione - Sodalitium (http://www.sodalitium.biz/della-festa-dellascensione/)
http://www.sodalitium.biz/della-festa-dellascensione/
«Catechismo Maggiore di San Pio X – Dell’Ascensione del Signore.
84 D. Che cosa si celebra nella festa dell’Ascensione?
R. Nella festa dell’Ascensione si celebra il giorno glorioso, in cui Gesù Cristo, in presenza dei suoi discepoli, sali per virtù propria al cielo, quaranta giorni dopo la stia risurrezione.
85 D. Per quali motivi Gesù Cristo è salito al cielo?
R. Gesù Cristo è salito al cielo,
1. per prendere possesso dell’eterno regno conquistato colla sua morte;
2. per prepararci il nostro luogo, e servirci di mediatore ed avvocato presso il Padre;
3. per mandare lo Spirito Santo a’ suoi Apostoli.
86 D. Nel giorno dell’Ascensione, entrò in cielo il solo Gesù Cristo?
R. Nel giorno dell’Ascensione non entrò in cielo Gesù Cristo solo, ma vi entrarono seco le anime degli antichi Padri, che aveva liberate dal limbo.
87 D. Come si trova Gesù Cristo in cielo?
R. Gesù Cristo in cielo siede alla destra di Dio Padre; cioè come Dio è uguale al Padre nella gloria, e come uomo è innalzato sopra tutti gli Angeli e tutti i Santi, e fatto Signore di tutte le cose.
88 D. Che cosa dobbiamo noi fare per celebrare degnamente la festa dell’Ascensione?
R. Per celebrare degnamente la festa dell’Ascensione dobbiamo fare tre cose:
1. adorare Gesù Cristo nel cielo come nostro mediatore e avvocato;
2. distaccare intieramente il nostro cuore da questo mondo, come da un luogo d’esilio, e aspirare unicamente al Paradiso, come alla nostra vera patria;
3. risolvere d’imitare Gesù Cristo nell’umiltà, nella mortificazione e ne’ patimenti, per aver parte alla sua gloria.
89 D. Che cosa devono fare i fedeli nel tempo che corre dalla festa dell’Ascensione sino alla Pentecoste?
R. Dalla festa dell’Ascensione sino alla Pentecoste i fedeli devono, ad esempio degli Apostoli, prepararsi a ricevere lo Spirito Santo col ritiro, col raccoglimento interno, e con perseverante e fervorosa orazione.
90 D. Perché nella festa dell’Ascensione, letto il vangelo della Messa solenne, si estingue e poscia si leva il cero pasquale?
R. Nella festa dell’Ascensione, letto il vangelo della Messa solenne, si estingue e poscia si leva il cero pasquale per rappresentare la dipartita di Cristo dagli Apostoli.»
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Ligue Saint Amédée (http://www.SaintAmedee.ch)
http://www.SaintAmedee.ch
https://www.facebook.com/SaintAmedee/?fref=nf
«Intransigeants sur la doctrine ; charitables dans l'évangélisation [Non Una Cum].»
9 mai : Saint Grégoire de Nazianze, Évêque, Docteur de l'Église (312-389) :: Ligue Saint Amédée (http://liguesaintamedee.ch/saint-du-jour/9-mai-saint-gregoire)
“9 mai : Saint Grégoire de Nazianze, Évêque, Docteur de l'Église (312-389).”
http://liguesaintamedee.ch/application/files/1315/2546/7029/05_09_saint_gregoire_nazianze.jpg


http://liguesaintamedee.ch/application/files/1315/2546/7029/05_09_saint_gregoire_nazianze.jpg




www.sursumcorda.cloud
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Lezioni di Catechismo, Omelie e Sante Messe celebrata da Don Floriano Abrahamowicz:


https://www.youtube.com/user/florianoabrahamowicz/
SANTA MESSA - domusmarcellefebvre110815 (http://www.domusmarcellefebvre.it/santa-messa-1.php)
http://www.domusmarcellefebvre.it/santa-messa-1.php




Rassegna stampa - Centro Studi Giuseppe Federici (http://www.centrostudifederici.org/rassegna-stampa/)
http://www.centrostudifederici.org/rassegna-stampa/
“Centro studi Giuseppe Federici - Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 44/18 del 9 maggio 2018, San Gregorio Nazianzeno.”





https://forum.termometropolitico.it/329142-9-maggio-2-gennaio-s-gregorio-nazianzeno.html
“La Chiesa festeggia s. Gregorio Nazianzeno, vescovo, dottore e confessore in Cappadocia, patrono dei poeti, il 9 maggio.”
Dal sito SANTI E BEATI (con aggiunte mie):
«San Gregorio Nazianzeno, Vescovo e dottore della Chiesa
2 gennaio (e 25 gennaio)
Nazianzo, attuale Nemisi in Turchia, 330 – 25 gennaio 389/390
Condivise con l’amico Basilio la formazione culturale e il fervore mistico. Fu eletto patriarca di Costantinopoli nel 381. Temperamento di teologo e uomo di governo, rivelò nelle sue opere oratorie e poetiche l’intelligenza e l’esperienza del Cristo vivente e operante nei santi misteri. (Mess. Rom.)
Patronato: Poeti
Etimologia: Gregorio = colui che risveglia, dal greco
Emblema: Bastone pastorale
Martirologio Romano: Memoria dei santi Basilio Magno e Gregorio Nazianzeno, vescovi e dottori della Chiesa. Basilio, vescovo di Cesarea in Cappadocia, detto Magno per dottrina e sapienza, insegnò ai suoi monaci la meditazione delle Scritture e il lavoro nell’obbedienza e nella carità fraterna e ne disciplinò la vita con regole da lui stesso composte; istruì i fedeli con insigni scritti e rifulse per la cura pastorale dei poveri e dei malati; morì il primo di gennaio. Gregorio, suo amico, vescovo di Sásima, quindi di Costantinopoli e infine di Nazianzo, difese con grande ardore la divinità del Verbo e per questo motivo fu chiamato anche il Teologo. Si rallegra la Chiesa nella comune memoria di così grandi dottori.
(25 gennaio: A Nazianzo in Cappadocia, nell’odierna Turchia, anniversario della morte di san Gregorio, vescovo, la cui memoria si celebra il 2 gennaio).
Martirologio tradizionale (9 maggio): A Nazianzo, in Cappadocia, il natale del beato Gregorio Vescovo, Confessore e Dottore della Chiesa, per la singolare scienza delle cose divine soprannominato il Teologo, il quale, essendo Vescovo di Costantinopoli, vi ristabilì la fede cattolica quasi estinta, e represse le insorgenti eresie.
(11 giugno): A Roma la Traslazione di san Gregorio Nazianzeno, Vescovo, Confessore e Dottore della Chiesa, il cui sacro corpo, trasportato già da Costantinopoli a Roma, e conservato lungamente nella chiesa della santa Madre di Dio in Campo Marzio, dal Sommo Pontefice Gregorio decimoterzo con grande solennità fu trasferito nella Cappella, fatta da lui adornare con grandissima magnificenza nella Basilica di san Pietro, e nel giorno seguente fu con degno onore riposto sotto l'altare.
Nato come S. Basilio - che gli è unito nel ricordo liturgico - nel 330, S. Gregorio Nazianzeno sopravvisse una decina d'anni all'amico, morto nel 379. Uomo di studio e poeta, per la sua eccellente dottrina ed eloquenza ricevette l'appellativo di "teologo". Celebre è il suo appassionato "Discorso d'addio", pronunciato quando dovette abbandonare Costantinopoli per le mene dei suoi avversari. "Tutto è instabile", egli scrisse nei suoi Poemi morali, "affinché portiamo amore alle cose stabili". (…)
Il calendario liturgico latino fa oggi memoria di due Padri e Dottori della Chiesa, San Basilio Magno e San Gregorio Nazianzeno, intimi amici, che parteciparono alla medesima ansia di santità, ebbero un'analoga formazione culturale e nutrirono entrambi l'aspirazione alla vita monastica.
La presente scheda agiografica vuole soffermarsi in particolar modo sul secondo, San Gregorio. Questi fa parte del celebre manipolo dei “luminari di Cappadocia” insieme con Sant'Anfìlochio d'Iconio, suo cugino, San Basilio Magno e San Gregorio di Nissa, fratello di quest'ultimo.»






Radio Spada | Radio Spada ? Tagliente ma puntuale (http://www.radiospada.org)
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“9 MAGGIO 2018: SAN GREGORIO NAZIANZENO, VESCOVO, CONFESSORE E DOTTORE.
A fianco di Atanasio, si presenta un nuovo Dottore della Chiesa per rendere omaggio del suo genio e della sua eloquenza a Gesù risorto. È Gregorio Nazianzeno, amico ed emulo di Basilio; l'oratore insigne, il poeta che, con la più sorprendente fecondità, ha saputo unire l'energia all'eleganza; colui che, tra tutti gli altri Gregorio, ha meritato ed ottenuto il nome di Teologo per la sicurezza della sua dottrina, l'elevatezza del suo pensiero, lo splendore del suo stile. La santa Chiesa è felice di festeggiarlo in questi giorni, poiché nessuno ha parlato, con maggior magnificenza di lui, del mistero della Pasqua. Possiamo riconoscerlo anche dal principio del suo secondo discorso per questa augusta solennità.”
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“[VITA EST MILITIA] Duca Alberto di Wallenstein
https://www.radiospada.org/2018/05/vita-est-militia-duca-alberto-di-wallenstein/
Nota di Radio Spada; continua oggi, nel mercoledì delle Rogazioni (San Gregorio Nazianzeno), questa rubrica radiospadista che durerà sino al compimento dell’Ottava di Pentecoste, dedicata all’esercizio del cattolicesimo militare e ai grandi condottieri cattolici.”
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https://i0.wp.com/www.radiospada.org/wp-content/uploads/2018/05/Albrecht_Wallenstein.jpeg?w=888&ssl=1


“9 maggio 2018: Mercoledì delle Rogazioni.
Il terzo mattino delle Rogazioni è passato; si ode ormai l'ora del mezzogiorno che viene ad aprire l'ultima giornata che il Figlio di Dio passerà insieme agli uomini sulla terra. Potrebbe sembrarci di aver perduto di vista, durante questi tre giorni, il momento così vicino della separazione; ma i sentimenti della perdita che ci minaccia vivevano in fondo al nostro cuore, e le suppliche che presentavamo al ciclo, in unione con la santa Chiesa, ci preparavano a celebrare l'ultimo dei misteri dell'Emmanuele.
I discepoli al Cenacolo.
Ora i discepoli sono tutti uniti a Gerusalemme, stretti intorno a Maria nel Cenacolo e aspettano l'ora in cui il Maestro si manifesterà per l'ultima volta. Raccolti e silenziosi rivivono nei loro cuori tutte le prove di bontà e di condiscendenza che egli ha loro prodigato in questi quaranta giorni, e gli insegnamenti che hanno ricevuto dalla sua bocca. Adesso lo conoscono, sanno che è venuto da Dio; da lui hanno appreso quale sia la missione, alla quale li ha destinati: saranno loro, uomini ignoranti, che istruiranno tutti i popoli della terra. Ma ormai, Egli si prepara a lasciarli: "ancora un poco e più non mi vedrete" (Gv 16,16).
Preghiera.
O Gesù, nostro Creatore e fratello nostro, noi ti abbiamo seguito fin dalla tua nascita con gli occhi e con il cuore; nella Liturgia abbiamo celebrato ciascuno dei tuoi passi da "gigante" (Sal 18,6) con speciali solennità; ma osservando la tua continua elevazione, nell'opera redentrice, dovevamo prevedere il momento nel quale saresti andato a prendere possesso del solo posto che ti conviene, del trono sublime dove starai eternamente assiso alla destra del Padre. Lo Splendore che ti circondava dopo la resurrezione, non era di questo mondo; e tu non puoi più restare con noi. In questi quaranta giorni, ti sei trattenuto con noi soltanto per consolidare la tua opera; e domani, la terra, che ti possedeva da trentatré anni, sarà priva di te. Noi ci rallegriamo del trionfo che ti aspetta insieme con Maria tua Madre, ai discepoli che ti sono sottomessi, alla Maddalena ed alle sue compagne; ma alla vigilia di perderti, permetti anche ai nostri cuori di provare un sentimento di tristezza, poiché tu eri l'Emmanuele, il "Dio con noi", e d'ora in avanti sarai l'astro divino che aleggerà su noi e non potremo più né vederti, né toccarti con le nostre mani, o Verbo di Vita! (1Gv 1,1). Tuttavia diciamo ugualmente: a te sia gloria e amore! poiché ci hai trattati con una misericordia infinita. Tu non ci dovevi niente, noi eravamo indegni di attirare i tuoi sguardi, e sei sceso su questa terra macchiata dal peccato, hai abitato tra noi, hai pagato il nostro riscatto con il sangue, ristabilendo la pace tra Dio e gli uomini. Sì, adesso è giusto che tu ritorni a colui che ti ha mandato (Gv 16,5). Noi sentiamo la voce della Chiesa che accetta il tuo esilio, e che non pensa che alla tua gloria: "Fuggi diletto mio, ed imita la gazzella o il cerbiatto sul monte degli aromi" (Ct 8,14). Potremmo noi, peccatori come siamo, non imitare la rassegnazione di colei che è, allo stesso tempo, tua Sposa e nostra Madre?
da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 211-212.”
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https://www.radiospada.org/2018/05/buon-compleanno-piccolo-alfie/
“Buon compleanno, piccolo Alfie di Cristiano Lugli il 9 maggio 2018.”


“La fonte della Grazia.”
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http://www.unavoce-ve.it/pg-9mag.htm





SAN GREGORIO NAZIANZENO PREGA PER NOI!!!
AVE MARIA!!!
Luca, Sursum Corda!

Holuxar
12-05-19, 22:50
9 MAGGIO 2019: nono giorno di Maggio Mese Mariano, sesto giorno della Novena di preparazione al 13 Maggio, Solennità della Beata Vergine Maria di Fatima, da recitarsi dal 4 al 12 Maggio; SAN GREGORIO DI NAZIANZO, VESCOVO, CONFESSORE E DOTTORE DELLA CHIESA…



«9 MAGGIO SAN GREGORIO DI NAZIANZO, VESCOVO, CONFESSORE E DOTTORE DELLA CHIESA.»
Guéranger, L'anno liturgico - 9 maggio. San Gregorio Nazianzeno, Vescovo e Dottore (http://www.unavoce-ve.it/pg-9mag.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-9mag.htm


"Calendario Romano."
Calendario Romano (http://www.unavox.it/calenroma.htm#maggio)
http://www.unavox.it/calenroma.htm#maggio





“Maggio mese di Maria: 9° giorno. LA VITA DI GRAZIA.”
Maggio mese di Maria: 9° giorno ? Stellamatutina.eu ? Sito di cultura cattolica in piena e totale obbedienza al Magistero Petrino. (http://www.stellamatutina.eu/maggio-mese-di-maria-9-giorno/)
http://www.stellamatutina.eu/maggio-mese-di-maria-9-giorno/





“9 maggio (2 gennaio) - S. Gregorio Nazianzeno.”
https://forum.termometropolitico.it/329142-9-maggio-2-gennaio-s-gregorio-nazianzeno-2.html





San Gregorio di Nazianzo - Sodalitium (http://www.sodalitium.biz/san-gregorio-nazianzo/)
http://www.sodalitium.biz/san-gregorio-nazianzo/
«9 maggio, San Gregorio di Nazianzo, Vescovo, Confessore e Dottore (329 – 390 circa).
“A Nazianzo, in Cappadocia, il natale del beato Gregorio Vescovo, Confessore e Dottore della Chiesa, per la singolare scienza delle cose divine soprannominato il Teologo, il quale, essendo Vescovo di Costantinopoli, vi ristabilì la fede cattolica quasi estinta, e represse le insorgenti eresie”.»
http://www.sodalitium.biz/wp-content/uploads/gregorio-nazianzeno-1-241x300.jpg


http://www.sodalitium.biz/wp-content/uploads/gregorio-nazianzeno-1-241x300.jpg



SANTE MESSE "NON UNA CUM" CELEBRATE DAI SACERDOTI DELL' I.M.B.C. ("ISTITUTO MATER BONI CONSILII") E DA DON FLORIANO IN TUTTA ITALIA:



"Sante Messe - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/

"Torino - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/torino/

"Modena - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/modena/

"Rimini - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/rimini/

"Pescara - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/pescara/

"Potenza - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/potenza/

"Roma - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/roma/

"S. Messa in provincia di Verona - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/s-messa-provincia-verona/

“Sodalitium - IMBC.”
https://www.youtube.com/user/sodalitium

“Omelie dell'I.M.B.C. a Ferrara.”
https://www.facebook.com/OmelieIMBCFerrara/

http://www.oratoriosantambrogiombc.it/
“Oratorio Sant'Ambrogio, Milano - Offertur Oblatio Munda (Malachia 1, 11).”




Lezioni di Catechismo, Omelie e Sante Messe celebrata da Don Floriano Abrahamowicz:


«Don Floriano Abrahamowicz - Domus Marcel Lefebvre.
http://www.domusmarcellefebvre.it/
II Domenica dopo Pasqua (Santa Messa)
https://www.youtube.com/watch?v=71aZwW6lBYU
II Domenica dopo Pasqua - (Omelia)
https://www.youtube.com/watch?v=BuGlDuSs0LQ
Domenica in Albis (Santa Messa e Omelia)
https://www.youtube.com/watch?v=UG870mk5GHo
Lunedì Pasqua - dell' Angelo (Santa Messa)
https://www.youtube.com/watch?v=wPkpeDbQdo8
Santa Pasqua (Santa Messa)
https://www.youtube.com/watch?v=G-lviMz3pWY
Santa Pasqua 2019 - (Omelia)
https://www.youtube.com/watch?v=lwCe33a3TUo
Sabato Santo (Veglia Pasquale)
https://www.youtube.com/watch?v=jphVO0FHUMw
Venerdì Santo
https://www.youtube.com/watch?v=6v8gLX5hNW0
Giovedi Santo
https://www.youtube.com/watch?v=80W3peGsC9I
https://www.youtube.com/user/florianoabrahamowicz
http://www.domusmarcellefebvre.it/santa-messa-1.php
La Santa Messa tutte le domeniche alle ore 10.30 a Paese, Treviso.».





Rassegna stampa - Centro Studi Giuseppe Federici (http://www.centrostudifederici.org/rassegna-stampa/)
“Centro studi Giuseppe Federici - Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 44/18 del 9 maggio 2018, San Gregorio Nazianzeno.”




“Disponibile il numero 159 di Sursum Corda – 5×1000
https://www.agerecontra.it/2019/05/disponibile-il-numero-159-di-sursum-corda-5x1000/






https://www.sursumcorda.cloud/
https://www.facebook.com/CdpSursumCorda/
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https://www.sursumcorda.cloud/settimanale/indici-sursum-corda.html

«Carlo Di Pietro - Sursum Corda.
Preghiera al Santo del giorno.»

https://www.sursumcorda.cloud/sostienici/libri.html
“Per affrontare, con dati oggettivi e senza compromessi, il problema del Vaticano Secondo e dei modernisti che occupano la maggior parte delle nostre chiese --> La questione del cosiddetto "papa eretico" ed il problema dell'autorità nella Chiesa -->
Appunti sulla questione del cosiddetto «papa eretico»”
https://www.sursumcorda.cloud/massime-e-meditazioni/la-questione-del-papa-eretico.html

“Raccolta di preghiere non contaminate dall'eresia dell'ecumenismo. Diceva Sant'Alfonso: "Chi prega si salva, chi non prega si danna" ->”
https://www.sursumcorda.cloud/preghiere.html

"La vera umiltà---> https://youtu.be/n9mF_GM9unc "

https://www.sursumcorda.cloud/sostienici/libri/chi-%C3%A8-maria-catechismo-mariano-detail.html
“Padre Gabriele Maria Roschini, Chi è Maria? Catechismo mariano, Sursum Corda, Potenza 2017.
Catechismo mariano composto da 235 articoli, semplici ma eruditi. Un’esposizione chiara, ordinata e sintetica di tutto ciò che riguarda la storia, il dogma ed il culto mariano, secondo la forma classica di domande e risposte.”
https://www.sursumcorda.cloud/images/stories/virtuemart/product/virtuemart-catechismo-roschini-fronte.jpg
https://www.sursumcorda.cloud/images/stories/virtuemart/product/virtuemart-catechismo-roschini-retro.jpg
https://www.sursumcorda.cloud/articoli/catechismo-san-pio-x-commentato/2164-che-cosa-significa-santificare-la-festa-cosa-deve-fare-il-fedele.html
«Preghiera di San Pio X per i Sacerdoti.»
https://www.sursumcorda.cloud/preghiere/





https://www.facebook.com/MisaTridentinaenRosario/







https://www.facebook.com/catholictradition2016/
«MARTIROLOGIO ROMANO, 1955. Sancti et Sanctae Dei, orate pro nobis.»
https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/59849233_1840504699384177_6016478217886498816_n.jp g?_nc_cat=101&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&oh=6d0daadf2cfcc687a3d040c137efb0f6&oe=5D635679


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Tradidi quod et accepi (http://tradidiaccepi.blogspot.com/)


«Sardinia Tridentina: San Gregorio Nazianzeno, vescovo, confessore e dottore
Sardinia Tridentina: San Gregorio Nazianzeno, vescovo, confessore e dottore (http://sardiniatridentina.blogspot.it/2018/05/san-gregorio-nazianzeno-vescovo.html?m=1)
San Gregorio, nacque a Nazianzio, in Cappadocia, tra il 325 ed il 330. Studiò ad Atene con san Basilio e divenne ottimo conoscitore delle Scritture. Fu monaco, poi Vescovo: prima di Sasimo, poi di Nazianzo, infine di Costantinopoli. Qui, saldo difensore della consustanzialità del Verbo, presiedé il Concilio Costantinopolitano I del 381,dimostrandosi nemico acerrimo delle insorgenti eresie e araldo dell’integrità della fede cattolica. Rinunziato all’episcopato, dopo alcuni anni di raccoglimento e di studio, si addormentò nella pace del Signore, nella natia Nazianzo verso l'anno 390. Dal X secolo il suo corpo si venerava in Roma. San Pio V, nel 1568, lo proclamò Dottore della Chiesa universale.»
https://2.bp.blogspot.com/-WpHH5XOyT1I/WvLunoRcmPI/AAAAAAAABu8/kxZMxhQxBd4g_vR4_L2PT6jQEd0Ts4p6ACLcBGAs/s1600/11204976_1583349515286217_6495613603122230843_n.jp g


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"Tradidi quod et accepi: Metodi del Santo Rosario secondo san Luigi Maria Grignion de Montfort.
Metodi del Santo Rosario secondo san Luigi Maria Grignion de Montfort.”







Radio Spada | Radio Spada ? Tagliente ma puntuale (http://www.radiospada.org)
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“9 maggio 2019: infra l'Ottava del patrocinio universale di San Giuseppe.”
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“9 MAGGIO 2019: SAN GREGORIO NAZIANZENO, VESCOVO, CONFESSORE E DOTTORE DELLA CHIESA.”
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https://www.radiospada.org/2019/05/nostra-signora-delle-grazie-salvatrice-di-sassari/
«Il 9 maggio e l’ultima domenica di Maggio la Chiesa di Sassari celebra la solennità che il Proprium isolano denomina “Beatae Mariae Virginis Matris gratiarum”, Nostra Signora delle Grazie, il cui simulacro si trova nel convento minorita di san Pietro di Silki. Esso fu rivenuto nel settembre del 1472 in occasione della predicazione che colà vi tenne il beato Bernardino da Feltre (1439-1494). Per l’insufficiente capienza della chiesa, fu eretto un pulpito posticcio. Una delle sue colonne – poi detta colonna del Miracolo – cadde su una madre col suo figliolo. Il beato ordinò di scavare nel basamento della colonna crollata e fu rinvenuta una Madonna col Bambino detta fin da subito “della Grazia”. Oggetto di una fortissima devozione diffusa in tutta la Provincia, sempre viva lungo i secoli a motivo delle copiosissime grazie ricevute, il 9 maggio 1909 la venerata Effigie, fu solennemente incoronata da Monsignor Pietro Balestra dei Minori Conventuali, Arcivescovo di Cagliari, delegato del Capitolo Vaticano, che officiò pure le altre cerimonie a causa della malattia che impediva Monsignor Emilio Parodi, Arcivescovo di Sassari. Nel maggio del 1943 Monsignor Arcangelo Mazzotti, dei Minori Conventuali, Arcivescovo Turritano, [a cui padre Agostino Gemelli dovette la conversione] a seguito di una bomba che cadde rovinosamente nei pressi della stazione ferroviaria, chiese alla Vergine che alla città di Sassari fossero risparmiati i bombardamenti, che martoriarono invece Cagliari, pronunziando il celebre Voto. “Non essendo possibile riportare in processione la Madonna alla sua dimora abituale, ho disposto che il Simulacro venga trasportato in spalla dai vostri parroci che rappresentano i fedeli di tutta la città, senza corteo. Vuol dire che se la Madonna salverà la città a Lei dedicata e devota dai bombardamenti, ogni anno per sempre ogni sabato precedente l’ultima domenica di maggio, Nostra Signora verrà al Duomo ove confluiranno i pellegrini da tutte le parrocchie e la sera della domenica, con l’accompagnamento del Vescovo Turritano e di tutto il clero, oltre al popolo, il Simulacro sarà accompagnato al Santuario di San Pietro in una solenne processione, quella che oggi non possiamo fare”. Nostra Signora fece il miracolo – per tre volte, come risulta dalle testimonianze, il progettato bombardamento fu vanificato ora da una tempesta ora da un contrordine – e allora l’Arcivescovo nel 1944 decretò il Voto perpetuo e la festa connessa, che ancora oggi devotamente si celebrano: “La Madonna ha mantenuto la parola, adesso manteniamo la nostra”.
FONTE : [SARDEGNA MARIANA] Nostra Signora delle Grazie, Salvatrice di Sassari (Sardinia Tridentina, 27 maggio 2018).»
https://i2.wp.com/www.radiospada.org/wp-content/uploads/2019/05/Jan_van_Eyck_-_Kardinal_Niccol%C3%B2_Albergati_-_Google_Art_Project-1.jpg?w=705&ssl=1


https://i2.wp.com/www.radiospada.org/wp-content/uploads/2019/05/Jan_van_Eyck_-_Kardinal_Niccol%C3%B2_Albergati_-_Google_Art_Project-1.jpg?w=705&ssl=1


https://www.radiospada.org/wp-content/uploads/2017/05/Novena-alla-Madonna-di-Fatima.pdf
“13 Maggio Beata Vergine Maria di Fatima. Novena di preparazione DA RECITARSI DAL 4 AL 12 MAGGIO. Ogni giorno si termina con un’Ave Maria e l’invocazione Madonna del Rosario di Fatima, prega per noi.”









www.agerecontra.it | Sito del Circolo Cattolico "Christus Rex"
http://www.agerecontra.it/

"Centro Studi Giuseppe Federici - sito ufficiale"
http://www.centrostudifederici.org/

"sito dedicato alla crisi dottrinale nella Chiesa cattolica"
http://www.crisinellachiesa.it/

"Sito ufficiale del Centro Culturale San Giorgio"
http://www.centrosangiorgio.com/


C.M.R.I. - "Congregatio Mariae Reginae Immacolata" ("Congregation of Mary Immaculate Queen" "Congregazione di Maria Regina Immacolata"):
http://www.cmri.org/ital-index.html





https://www.truerestoration.org/


https://novusordowatch.org/


": Quidlibet : ? A Traditionalist Miscellany — By the Rev. Anthony Cekada"
http://www.fathercekada.com/

"Home | Traditional Latin Mass Resources"
http://www.traditionalmass.org/





"Como ovejas sin Pastor"
http://sicutoves.blogspot.com/


https://moimunanblog.com/





“Pro Fide Catholica | Le site de Laurent Glauzy”
https://profidecatholica.com/


https://johanlivernette.wordpress.com/


https://lacontrerevolution.wordpress.com/


https://sedevacantisme.wordpress.com/


"Sede Vacante -"
http://www.catholique-sedevacantiste.fr/


http://wordpress.catholicapedia.net/


https://fidecatholica.wordpress.com/


https://militesvirginismariae.wordpress.com/




https://www.SaintAmedee.ch
https://www.facebook.com/SaintAmedee/
«Intransigeants sur la doctrine ; charitables dans l'évangélisation [Non Una Cum].»
“Mieux vaut une petite œuvre dans la Vérité, qu’une grande dans l’erreur.”

Messes :: Ligue Saint Amédée (http://liguesaintamedee.ch/messes)
http://liguesaintamedee.ch/messes

9 mai : Saint Grégoire de Nazianze, Évêque, Docteur de l'Église (312-389) :: Ligue Saint Amédée (http://liguesaintamedee.ch/saint-du-jour/9-mai-saint-gregoire)
“9 mai : Saint Grégoire de Nazianze, Évêque, Docteur de l'Église (312-389).”
http://liguesaintamedee.ch/application/files/1315/2546/7029/05_09_saint_gregoire_nazianze.jpg


http://liguesaintamedee.ch/application/files/1315/2546/7029/05_09_saint_gregoire_nazianze.jpg


«Mois de mai : mois de Marie.
Nous conseillons cette page qui explique bien comment prier le Rosaire.»
https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/57317231_859179997748015_1327450331063255040_n.jpg ?_nc_cat=105&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&oh=69a2eab481e8bc5d4bd1e6cbb2c0cc60&oe=5D733A16
Notre-Dame de Fatima : Prieres (http://www.fatima.be/fr/sanctus/prieres/rosaire.php)




SAN GREGORIO NAZIANZENO PREGA PER NOI!!!
COR JESU SACRATISSIMUM, MISERERE NOBIS!!!
AVE MARIA!!! REGINA COELI, LAETARE, ALLELUIA!!!
CHRISTUS VINCIT, CHRISTUS REGNAT, CHRISTUS IMPERAT!!!
Luca, SURSUM CORDA – HABEMUS AD DOMINUM!!!