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Visualizza Versione Completa : 2 luglio (31 maggio) - Visitazione della Beata Vergine Maria a S. Elisabetta



Augustinus
30-05-04, 23:52
Il mese di luglio si apre con la Festa della Visitazione della B. V. Maria a S. Elisabetta. E' la festa del magnificat di Maria.
Per questo apro questi posts.

Augustinus

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dal sito SANTI E BEATI (http://www.santiebeati.it/search/jump.cgi?ID=21100):

Visitazione della Beata Vergine Maria

31 maggio - Festa

Festa del 'Magnificat', la Visitazione prolunga ed espande la gioia messianica della salvezza. Maria, arca della nuova alleanza, è 'teofora' e viene salutata da Elisabetta come Madre del Signore. La Visitazione è l'incontro fra la giovane madre, Maria, l'ancella del Signore, e l'anziana Elisabetta simbolo degli aspettanti di Israele. La premura affettuosa di Maria, con il suo cammino frettoloso, esprime insieme al gesto di carità anche l'annunzio che i tempi si sono compiuti. Giovanni che sussulta nel grembo materno inizia già la sua missione di Precursore. Il calendario liturgico tiene conto della narrazione evangelica che colloca la Visitazione entro i tre mesi fra l'Annunciazione e al nascita del Battista. (Mess. Rom.)

Martirologio Romano: Festa della Visitazione della Beata Vergine Maria, quando venne da Elisabetta sua parente, che nella vecchiaia aveva concepito un figlio, e la salutò. Nel gioioso incontro tra le due future madri, il Redentore che veniva santificò il suo precursore già nel grembo e Maria, rispondendo al saluto di Elisabetta ed esultando nello Spirito, magnificò il Signore con il cantico di lode.

Martirologio tradizionale (2 luglio): Visitazione della beata Vergine Maria ad Elisabetta.

Dopo l'annuncio dell'Angelo, Maria si mette in viaggio frettolosamente" dice S. Luca) per far visita alla cugina Elisabetta e prestarle servizio. Aggregandosi probabilmente ad una carovana di pellegrini che si recano a Gerusalemme, attraversa la Samaria e raggiunge Ain-Karim, in Giudea, dove abita la famiglia di Zaccaria. E’ facile immaginare quali sentimenti pervadano il suo animo alla meditazione del mistero annunciatole dall'angelo. Sono sentimenti di umile riconoscenza verso la grandezza e la bontà di Dio, che Maria esprimerà alla presenza della cugina con l'inno del Magnificat, l'espressione "dell'amore gioioso che canta e loda l'amato" (S. Bernardino da Siena): "La mia anima esalta il Signore, e trasale di gioia il mio spirito...".
La presenza del Verbo incarnato in Maria è causa di grazia per Elisabetta che, ispirata, avverte i grandi misteri operanti nella giovane cugina, la sua dignità di Madre di Dio, la sua fede nella parola divina e la santificazione del precursore, che esulta di gioia nel seno della madre. Maria rimane presso Elisabetta fino alla nascita di Giovanni Battista, attendendo probabilmente altri otto giorni per il rito dell'imposizione del nome. Accettando questo computo del periodo trascorso presso la cugina Elisabetta, la festa della Visitazione, di origine francescana (i frati minori la celebravano già nel 1263), veniva celebrata il 2 luglio, cioè al termine della visita di Maria. Sarebbe stato più logico collocarne la memoria dopo il 25 marzo, festa dell'Annunciazione, ma si volle evitare che cadesse nel periodo quaresimale.
La festa venne poi estesa a,tutta la Chiesa latina da papa Urbano VI per propiziare con la intercessione di Maria la pace e l'unità dei cristiani divisi dal grande scisma di Occidente. Il sinodo di Basilea, nella sessione del 10 luglio 1441, confermò la festività della Visitazione, dapprima non accettata dagli Stati che parteggiavano per l'antipapa.
L'attuale calendario liturgico, non tenendo conto della cronologia suggerita dall'episodio evangelico, ha abbandonato la data tradizionale del 2 luglio (anticamente la Visitazione veniva commemorata anche in altre date) per fissarne la memoria all'ultimo giorno di maggio, quale coronamento del mese che la devozione popolare consacra al culto particolare della Vergine.
"Nell'Incarnazione - commentava S. Francesco di Sales - Maria si umilia confessando di essere la serva del Signore... Ma Maria non si indugia ad umiliarsi davanti a Dio perchè sa che carità e umiltà non sono perfette se non passano da Dio al prossimo. Non è possibile amare Dio che non vediamo, se non amiamo gli uomini che vediamo. Questa parte si compie nella Visitazione".

Autore: Piero Bargellini

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http://img76.exs.cx/img76/6876/visitation8ta.jpg

http://www.latribunedelart.com/images/Chazal_Charles-Camille_-_Visitation_-_Beauvais_-_p.JPG Charles-Camille Chazal (1825-1875), La Visitazione, Museo dipartimentale, Beauvais

http://img244.imageshack.us/img244/1661/visitazionewg3.jpg Adolphe-William Bouguereau, La Visitazione, 1885, Chiesa di Saint-Vincent-de-Paul, Ville de París

http://www.rembrandtpainting.net/complete_catalogue/storia_b/images/visitation.jpg Harmensz Rembrandt van Rijn, La Visitazione, 1640, Detroit Intitue of Arts, Detroit

http://content.answers.com/main/content/wp/en/7/72/DARET_Jacques_Visitation.jpg Jacques Daret, La Visitazione, 1434-35, Staatliche Museen, Berlino

http://campus.udayton.edu/mary//images/MerciMagnificat.jpg Juan Correa De Vivar, La Visitazione, XVI sec., Museo del Prado, Madrid

Augustinus
30-05-04, 23:57
Homilia 43. Mediolani 1747, t. 1, 322‑327.330‑332.

Oggi la Vergine Maria valica i monti e arriva da Elisabetta per esserle di aiuto durante la gravidanza di lei. Infatti, appena la Vergine santissima fu piena di Dio, si dedicò con impegno totale alle opere di carità in esultante e fervida premura.

Talvolta anche noi siamo riempiti dallo Spirito Santo, quando egli ci ispira santi desideri che ci fanno concepire progetti di bene. Bisogna però correre subito a eseguirli, giacché sono tanti coloro che avvertono le mozioni dello Spirito Santo, ma per negligenza le lasciano illanguidire, sicché esse svaniscono del tutto.

Figli miei, veniamo subito ai fatti concreti finché il nostro cuore è infiammato e lo spirito ci arde di quel fuoco sacro, per tema che le preoccupazioni e i pensieri profani non spengano il fervore che lo Spirito di Dio ha suscitato nel nostro intimo.

Noi siamo a noi stessi il nostro peggior nemico, quando ci abbassiamo al punto da preferire di abitare nei bassifondi con bestie e serpenti, piuttosto che dimorare con Dio e gli angeli e salire sui monti con la santissima Vergine Madre di Dio. Perché sostiamo in questo infelice esilio terreno?

Perché indugiamo per via quando non abbiamo quaggiù una città stabile, ma andiamo in cerca di quella futura (Eb 13,14). A che scopo Cristo è morto e ha istituito i santissimi sacramenti? Essi non sono forse i gradini che ci permettono di salire sulla montagna spirituale?

Contemplate, figlie. figlie carissimi, le profondità della chiamata divina e con ogni cura vigilate sul cuore (Pro 4, 23).

Non posso far a meno di ammirare, fratelli, la somma umiltà di Maria. La grandezza inconcepibile dell'onore che è fatto alla Vergine non la esalta minimamente, ma al contrario la sua nuova dignità la rende ancora più umile.

Ed è normale, perché Maria deve alla sua umiltà di essere quello che è: Dio ha guardato l'umiltà della sua serva. D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata (Lc 1,48).

Maria era vergine, divenne Madre di Dio, signora del cielo e regina degli angeli, eppure non sdegna di andare da Elisabetta per servirla, benché lei stessa sia incinta. Addirittura saluta la cugina per prima e rimane con lei circa tre mesi.

Pensate, fratelli, a tutti gli atti di umiltà che la Vergine dovette fare durante quel soggiorno! Benché il vangelo non scenda in particolari a questo proposito, senz'altro Maria fece tutto quello che ci si poteva aspettare dalla più umile delle vergini.

Maria si mette rapidamente in viaggio per recarsi da Elisabetta, non soltanto perché vuole essere di aiuto alla cugina, ma perché nel suo grembo Dio la spinge ad affrettarsi.

Il Figlio di Dio scende in terra per debellare il peccato, per estirparlo fin dalla radice nell'intento di riscattare gli uomini. Spinge Maria a recarsi da Elisabetta, perché ancora prima di nascere gli preme di redimere l'anima di Giovanni, vuole purificarla dal peccato originale e investirla di una grazia tale che nessun peccato grave possa sfigurarla finché vivrà.

Il profeta Isaia aveva predetto quel viaggio affrettato. Infatti, dopo aver parlato della nascita del Cristo Signore, dicendo: Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio (Is 7,14), soggiunge: In fretta il bottino! Rapida la preda! Poiché.. prima che il bambino sappia dire babbo e mamma, le ricchezze di Damasco e le spoglie di Samaria saranno portate davanti al re di Assiria (Is 8, 3). Questo fare un buon bottino simboleggia la vittoria di Cristo che strappa la preda dalle fauci del demonio.

La salvezza degli uomini è ardentemente bramata da colui che viene a salvarli. Perché stupirsi allora che la Vergine Maria si metta in cammino alla svelta sotto l'impulso del Figlio che porta in seno? Egli aspira a santificare il figlio di Elisabetta la sterile, a lavarlo dal peccato originale e a riempirlo dì Spirito Santo.

Questo episodio ci spinge a considerare l'immenso amore che Dio ci porta; non dobbiamo, infatti, mai perdere un'occasione per farne memoria, figli carissimi.

Il Signore, ancora racchiuso nel grembo della Vergine, si affretta per poter mostrare la sua misericordia a Giovanni.

In questo modo, che non deve stupirci, ci fa capire come Dio si connota per una misericordia sempre pronta a perdona re. Somma bontà per essenza, egli ha sommo desiderio di comunicarsi e diffondersi in ciascuno di noi.

Ancora nel grembo materno, Giovanni riconosce il Figlio di Dio che viene e lo santifica. Cristo comincia con l'illuminare la mente di lui, poi ne infiamma il volere con l'ardore della carità. Giovanni esulta allora di gioia in seno a Elisabetta.

Va sottolineato che il bambino manifesta il suo sentimento alla presenza della maestà divina non soltanto con la gioia del cuore, ma anche con un movimento del corpo. Infatti, l'amore con cui lo Spirito Santo lo infuoca, si estende pure alle potenze inferiori dell'anima e si comunica nella forma di una gioia fisica, tanto che Giovanni avrebbe potuto ripetere con il profeta: Il mio cuore e la mia carne esultano nel Dio vivente (Sal 83, 3).

L'esempio di Giovanni ci insegna a onorare Dio con una bontà ardente, che non sia soltanto interiore ma esteriore, giacché l'amore per Dio non può rimanere inoperoso. Il trasalimento del Precursore ci rammenta l'immensità dei beni che abbiamo ricevuto da Dio.

Giovanni è santificato prima di nascere nel seno materno, e il demonio non possederà mai la sua anima, perché il Battista non offenderà mai Dio con una colpa grave. Questo non è certo il nostro caso. Beati, tuttavia, quelli che si consacrano al culto di Dio fin dall'infanzia e cosi gli offrono, come sacrificio quanto mai gradito, il fiore della vita, primizia dei frutti che porteranno.

Elisabetta fu piena di Spirito Santo ed esclamo a gran voce: "Benedetta tu fra le donne,, e benedetto il frutto del tuo grembo!" (Lc 1, 42).

Tu sei benedetta fra tutte le donne, perché benedetto è colui che tu porti. Solitamente, la nobiltà del frutto proviene dalla nobiltà dell'albero, ma tu, o Maria, sei nobilitata dal frutto delle tue viscere. Eva aveva avvelenato l'universo a.causa di un frutto mortifero; tu invece arrechi la salvezza al mondo intero.

A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? (Lc 1,43). E' mai possibile che la regina degli angeli e la Madre di Dio voglia visitare la sua serva meschina, questa donnetta?

Fate vostre a doppio titolo queste parole di Elisabetta, figli carissimi, e rivolgetele non alla Madre di Dio ma a Dio stesso, perché egli viene doppiamente a noi: viene per noi e viene grazie a noi, che siamo i suoi ministri e i suoi inviati.

Il Figlio glorioso di Dio, Cristo stesso, viene a noi nel santissimo sacramento dell'Eucaristia. Se sapessimo entrare in estasi davanti a tale mistero!

Quando Gesù si avvicinò a Pietro, questi gridò: Signore, allontanati da me che sono un peccatore (Lc 5, 8). Anche il centurione esclamò: Signore, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto (Mt 8, 8). Ciò nonostante, Cristo salì sulla barca dell'Apostolo ed entrò nella casa dell'ufficiale.

Che vi rimane da dire, figli miei, quando il Signore viene nella vostra anima e nel vostro corpo e si fa per voi banchetto spirituale? Senza dubbio esclamerete: A che debbo che venga a me? Quale è il mio merito, dato che seppi soltanto fare il male e nulla di buono? Com'è possibile che tu venga a nutrire me povero peccatore, per unirmi a te? Perché tu vieni verso di me non soltanto per tramite dei tuoi ministri, non soltanto con la tua grazia, ma con il dono di tutto te stesso.

Com'è possibile che tu, Dio, Re del cielo e della terra, possa volerti unire a me, che sono cenere, polvere e indegno peccatore? lo, che ti offendo ogni giorno e ti provoco di continuo?

L'unica spiegazione sta nel tuo amore infinito. Fu l'amore a guidarti dal cielo in terra e ti spinse a soffrire e a morire per me.

http://img164.imageshack.us/img164/264/visitationwm8.jpg Edward Von Steinle, La Visitazione, XIX sec.

http://www.cts.edu/ImageLibrary/Images/newwed/blocmary.jpg http://img161.imageshack.us/img161/8398/elisafr2.jpg http://img107.imageshack.us/img107/2875/svisittoelizabethny1.jpg Carl Bloch, Maria visita S. Elisabetta, XIX sec., Det Nationalhistoriske Museum, Frederiksborg

Augustinus
31-05-04, 00:00
In Lucam Evangelii Expositio, I, 1. PL 92, 320‑321.

Appena Maria ha dato il suo consenso all'angelo dell'annunciazione, questi si volge verso il cielo e Maria verso la montagna. Ella si mette subito in viaggio per andare a trovare Elisabetta, mossa non da dubbio o da incredulità, ma per compiere il suo dovere con gioia e dedizione.

Il racconto si connota anche per una dimensione simbolica: quando l'anima concepisce in sé stessa il Verbo di Dio, si mette immediatamente in viaggio verso la montagna spirituale mediante l'amore, allo scopo di raggiungere la città della Giudea, vale a dire la rocca dell'adorazione della lode.

Entrata nella casa di Zaccaria salutò Elisabetta. Chi è vergine ha qui da imparare l'umiltà di Maria, per essere casto e puro di cuore. Vedete che la più giovane visita la più anziana e la vergine saluta la donna sposata.

Occorre infatti che la vergine sia tanto più umile quanto più è casta. Dimostrando il proprio rispetto a chi è più anziano di età, essa inghirlanda il suo stato verginale con la lode resa alla sua umiltà.

Maria viene da Elisabetta e il Signore viene da Giovanni, affinché l'una sia colmata di Spirito Santo e l'altro sia consacrato dal battesimo. L'umiltà dei primi procura l'elevazione degli altri.

Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria.. il bambino le sussulto nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo.

Fate attenzione all'ordine e al significato delle parole: Elisabetta è la prima a udire le parole di Maria, ma Giovanni è il primo ad avvertire la grazia di Cristo.

Elisabetta ascolta in modo naturale, ma Giovanni trasalisse a causa del mistero.

Elisabetta percepisce l'arrivo di Maria, ma Giovanni presente quello del Signore.

Le due donne proclamano la grazia, i due bambini la operano.

I bambini sono confrontati con il mistero divino grazie all'azione delle madri, mentre queste profetizzano con un duplice miracolo grazie allo spirito dei due bambini.

Giovanni trasalisse, poi Elisabetta è piena di Spirito Santo. Il figlio riceve lo Spirito per primo in modo che lo possa comunicare alla madre.

Elisabetta esclamò a gran voce: "Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo grembo!".

Notiamo qui che l'antica profezia in ordine a Cristo si attua non soltanto nella realtà dei miracoli, ma anche nella loro espressione letterale. Infatti era stato promesso con giuramento al patriarca i Davide: Il frutto delle tue viscere io metterò sul mio trono (Sal 131, 11).

A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?

Elisabetta non pone la domanda per ignoranza, giacché sa benissimo che è salutata dalla madre del suo Signore in vista della santificazione di suo figlio. Parla cosi, dato che è stupefatta per la novità di quel miracolo, e proclama che esso non dipende dal proprio merito, ma dal dono di Dio.

Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi. il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo.

Elisabetta aveva taciuto sulla sua maternità incipiente, finché ne ignorò il mistero; ma dopo cinque mesi di silenzio sul concepimento del figlio, comincia a parlarne rallegrandosi di aver concepito un profeta.

Prima Elisabetta stava nascosta, ora si mette a proclamare benedizioni. Era rimasta dubbiosa, ma adesso è rassicurata. Alla venuta del Signore ella si esprime a gran voce, si cura com'è che il frutto del suo ventre è voluto da Dio. Non ha più nessun motivo per sottrarsi agli sguardi, dato che la nascita di un profeta attesta un concepimento integro e retto.

E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore.

Maria non ha dubitato, ma ha creduto e ha ottenuto il frutto della sua fede. Ella è veramente beata, molto più di Zaccaria. Questi aveva opposto un dubbio e Maria lo cancella con la sua fede.

Non c'è da stupirsi che il Signore abbia voluto riscattare il mondo, cominciando quest'opera da sua madre. Egli prepara in lei la salvezza di tutti gli uomini e le fa gustare per prima le primizie del frutto salutifero.

Notiamo pure che la grazia di cui è colmata Elisabetta, all'arrivo di Maria, la illumina di uno spirito profetico che abbraccia simultaneamente il passato (colei che ha creduto), il presente (madre del mio Signore), e il futuro (nell'adempimento delle parole del Signore).

Allora Maria disse: "L'anima mia magnifica il Signore". Iddio mi ha innalzata con un dono cosi grande e inaudito che nessun linguaggio mi offre le parole adeguate ad esprimerlo; riesce a coglierlo soltanto il sentimento del cuore profondo.

Consacro, perciò, tutte le mie energie spirituali all'azione di grazie e alla lode e consegno quanto in me vive, sente e capisce alla contemplazione della grandezza di Colui che non ha limiti. Il mio spirito infatti esulta per la divinità eterna di Gesù Salvatore che da me ha preso l'esistenza nel tempo.

Augustinus
31-05-04, 00:03
(Lib. 1, 4; CCL 122, 25-26, 30)

«L'anima mia magnifica il Signore ed il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore» (Lc 1, 46). Con queste parole Maria per prima cosa proclama i doni speciali a lei concessi, poi enumera i benefici universali con i quali Dio non cessò di provvedere al genere umano per l'eternità.
Magnifica il Signore l'anima di colui che volge a lode e gloria del Signore tutto ciò che passa nel suo mondo interiore, di colui che, osservando i precetti di Dio, dimostra di pensare sempre alla potenza della sua maestà.
Esulta in Dio suo salvatore, lo spirito di colui che solo si diletta nel ricordo del suo creatore dal quale spera la salvezza eterna.
Queste parole, che stanno bene sulle labbra di tutte le anime perfette, erano adatte soprattutto alla beata Madre di Dio. Per un privilegio unico essa ardeva d'amore spirituale per colui della cui concezione corporale ella si rallegrava. A buon diritto ella poté esultare più di tutti gli altri santi di gioia straordinaria in Gesù suo salvatore. Sapeva infatti che l'autore eterno della salvezza, sarebbe nato dalla sua carne, con una nascita temporale e in quanto unica e medesima persona, sarebbe stato nello stesso tempo suo figlio e suo Signore.
«Cose grandi ha fatto a me l'onnipotente e santo è il suo nome».
Niente dunque viene dai suoi meriti, dal momento che ella riferisce tutta la sua grandezza al dono di lui, il quale essendo essenzialmente potente e grande, è solito rendere forti e grandi i suoi fedeli da piccoli e deboli quali sono. Bene poi aggiunse: «E Santo è il suo nome», per avvertire gli ascoltatori, anzi per insegnare a tutti coloro ai quali sarebbero arrivate le sue parole ad aver fiducia nel suo nome e a invocarlo. Così essi pure avrebbero potuto godere della santità eterna e della vera salvezza, secondo il detto profetico: «Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato» (Gl 3, 5).
Infatti è questo stesso il nome di cui sopra si dice: «Ed esultò il mio spirito in Dio, mio salvatore».
Perciò nella santa Chiesa è invalsa la consuetudine bellissima ed utilissima di cantare l'inno di Maria ogni giorno nella salmodia vespertina. Così la memoria abituale dell'incarnazione del Signore accende di amore i fedeli, e la meditazione frequente degli esempi di sua Madre, li conferma saldamente nella virtù. Ed è parso bene che ciò avvenisse di sera, perché la nostra mente stanca e distratta in tante cose, con il sopraggiungere del tempo del riposo si concentrasse tutta in se medesima.

Augustinus
31-05-04, 15:14
http://www.wga.hu/art/b/bouts/dirk_e/altar/1tripti2.jpg Dieric Bouts il Vecchio, La Visitazione, 1445 circa, Museo del Prado, Madrid

http://www.wga.hu/art/g/gandolfi/ubaldo/visitati.jpg Ubaldo Gandolfi, La Visitazione, 1767 circa, collezione privata

http://www.wga.hu/art/g/giotto/padova/2virgin/mary10.jpg Giotto di Bondone, La Visitazione, 1306, Cappella Scrovegni (cappella Arena), Padova

http://www.wga.hu/art/g/giotto/assisi/lower/ceiling/01christ.jpg Giotto di Bondone, La Visitazione, 1310 circa, Transetto nord, Basilica inferiore di S. Francesco, Assisi

http://img167.imageshack.us/img167/9906/03oballehp4.jpg http://www.wga.hu/art/g/greco_el/20/2007grec.jpg El Greco, La Visitazione, 1610-14, Dumbarton Oaks, Washington

http://www.wga.hu/art/m/masip/visitati.jpg Vicente Masip, La Visitazione, Museo del Prado, Madrid

http://www.wga.hu/art/m/master/ab/panel2.jpg Maestro del monogramma AB, La Visitazione, 1530 circa, Gemäldegalerie, Dresda

Augustinus
31-05-04, 15:15
http://img66.imageshack.us/img66/7755/01visitdq7.jpg http://www.wga.hu/art/p/pontormo/1/01visit.jpg Jacopo Pontormo, La Visitazione, 1514-16, Chiesa della SS. Annunziata, Firenze

http://www.wga.hu/art/p/pontormo/3/05visita.jpg Jacopo Pontormo, La Visitazione, 1528-29, Chiesa San Michele, Carmignano (Firenze)

http://www.wga.hu/art/p/puget/painting/03visita.jpg Pierre Puget, La Visitazione, 1659, Musée Granet, Aix-en-Provence

http://www.wga.hu/art/s/salviati/visitati.jpg Cecchino del Salviati, La Visitazione, 1538, Oratorio di S. Giovanni Decollato, Roma

http://digilander.libero.it/debibliotheca/Arte/ghirlandaio/ghirlandaio_visitation.jpg http://www.artunframed.com/images/artmis43/ghirlandaio88.jpg http://www.wga.hu/art/g/ghirland/domenico/7panel/09visita.jpg Domenico Ghirlandaio, La Visitazione, 1491, Musée du Louvre, Parigi

Augustinus
31-05-04, 15:15
http://www.wga.hu/art/g/ghirland/domenico/6tornab/62tornab/2visita.jpg Domenico Ghirlandaio, La Visitazione, 1486-90, Cappella Tornabuoni, Santa Maria Novella, Firenze

http://img106.imageshack.us/img106/220/visitatid2.jpg http://www.wga.hu/art/a/albertin/visitat.jpg Mariotto Albertinelli, La Visitazione, 1503, Galleria degli Uffizi, Firenze

http://faculty.stonehill.edu/geverett/rb/images/FraAng.jpg http://www.wga.hu/art/a/angelico/04/3predel2.jpg Beato Angelico, La Visitazione, 1433-34, Museo diocesano, Cortona

http://www.cattolicesimo.com/immsacre/rob.jpg Luca Della Robbia, La Visitazione, 1445, Chiesa di S. Giovanni fuor Civitas, Pistoia

http://www.exibart.com/arte_eventi/BaroccoNellaBassa/Images/Ar_Bassa_Fiammenghino_Visitazione.jpg Giovanni Mauro della Rovere detto il Fiammenghino (1575-1640), La Visitazione, Cingia de' Botti, Santi Pietro e Giovanni, Casalmaggiore

http://img265.echo.cx/img265/8899/canovisit17tt.jpg Alonso Cano, La Visitazione, 1660

Augustinus
31-05-05, 07:37
http://www.wga.hu/art/w/weyden/rogier/17other/3visitat.jpg Rogier van der Weyden, La Visitazione, 1445 circa, Museum der Bildenden Künste, Leipzig

http://www.wga.hu/art/m/maulbert/08vac.jpg http://www.wga.hu/art/m/maulbert/08vac1.jpg Franz Anton Maulbertsch, La Visitazione, 1771-77, Cattedrale, Vác

http://www.wga.hu/art/h/herp/visitati.jpg Willem van Herp il Vecchio, La Visitazione, 1659, collezione privata

http://www.wga.hu/art/p/piero/cosimo/z_other/visitat.jpg Piero Di Cosimo, La Visitazione, 1489-90, National Gallery of Art, Washington. In basso si vedono i SS. Girolamo (o Nicola) ed Antonio Abate.

http://www.wga.hu/art/u/unterber/visitati.jpg Michelangelo Unterberger, La Visitazione, Museum of Fine Arts, Budapest

http://www.wga.hu/art/m/master/zunk_sp/zunk_sp2/08visita.jpg Maestro spagnolo anonimo, La Visitazione, 1480-1500, Museo del Prado, Madrid

Augustinus
31-05-05, 07:52
Libro III, Cap. 15, §§ 190-199

CAPITOLO 15

Maria santissima conosce che è volontà del Signore che vada a visitare santa Elisabetta; chiede licenza a san Giuseppe, senza manifestargli altro.

190. Dalle parole del messaggero celeste san Gabriele, Maria santissima conobbe come la sua parente Elisabetta, che era ritenuta sterile, aveva concepito un figlio e già si trovava al sesto mese della sua gravidanza. In seguito l'Altissimo, in una delle visioni intellettuali che ella ebbe, le rivelò che il figlio che santa Elisabetta doveva partorire sarebbe stato grande davanti al Signore e sarebbe stato profeta e precursore del Verbo incarnato che ella portava nel suo grembo verginale. Le rivelò pure altri grandi segreti circa la santità ed i misteri di san Giovanni. In questa visione ed in altre, la purissima Regina comprese che era gradito al Signore che ella andasse a visitare la sua parente Elisabetta, affinché tanto lei quanto il figlio che portava in grembo fossero santificati dalla presenza del loro Redentore; sua divina Maestà, infatti, voleva applicare gli effetti della propria venuta nel mondo ed i propri meriti al suo stesso precursore, comunicandogli la sua divina grazia, cosicché egli fosse una primizia della redenzione.

191. Conoscendo questo nuovo mistero, la prudentissima Vergine ne rese grazie al Signore con ammirabile giubilo, poiché egli si degnava di fare quel favore all'anima di colui che doveva essere suo profeta e precursore, nonché a sua madre Elisabetta. Offrendosi prontamente a compiere la volontà divina, parlò con sua Maestà e gli disse: «Altissimo Signore, principio e causa di ogni bene, il vostro nome sia eternamente glorificato e sia conosciuto e lodato da tutte le nazioni. Io, la più piccola delle creature, con umiltà vi ringrazio per la misericordia che tanto generosamente volete mostrare con la vostra serva Elisabetta e con suo figlio. Se vorrete degnarvi di indicarmi in che cosa io debba servirvi in quest'opera, sono pronta, Signore mio, ad ubbidire sollecitamente ai vostri divini comandi». L'Altissimo le rispose: «Colomba ed amica mia, eletta fra le creature, in verità ti dico che per la tua intercessione e per amore tuo avrò cura, come Padre e Dio liberalissimo, di tua cugina Elisabetta e del figlio che deve nascere da lei, scegliendolo come mio profeta e precursore del Verbo in te fatto uomo. Io li guardo entrambi come cose tue proprie e congiunte a te. Così, voglio che il mio e tuo Unigenito vada a visitare la madre ed a riscattare il figlio dalla schiavitù della prima colpa, affinché, prima degli altri uomini, risuoni al mio orecchio la voce delle sue parole e delle sue lodi e alla sua anima santificata siano rivelati i misteri dell'incarnazione e redenzione. Per questo, sposa mia, voglio che tu vada a visitare Elisabetta, perché noi, Persone divine, abbiamo eletto suo figlio per opere grandi di nostro beneplacito».

192. A questo comando del Signore l'ubbidientissima Madre rispose: «Sapete bene, padrone e Signore mio, che tutto il mio cuore ed i miei desideri sono rivolti al vostro divino beneplacito e voglio con diligenza adempiere ciò che ordinate alla vostra umile serva. Consentitemi, mio Bene, di domandare anche l'assenso del mio sposo Giuseppe e di fare questo viaggio con la sua approvazione. Frattanto, affinché io non mi allontani dalla vostra volontà, guidate durante questo viaggio tutte le mie azioni e dirigete i miei passi alla maggiore gloria del vostro santo nome. Ricevete a tal fine il mio sacrificio di uscire in pubblico, lasciando la solitudine del mio ritiro. Anzi, re e Dio della mia anima, vorrei in questo offrirvi ben più che i soli miei desideri, trovando da patire per amore vostro tutto ciò in cui possa servirvi e compiacervi, affinché l'anelito dell'anima mia non rimanga inoperoso».

193. Quando la nostra grande Regina uscì da questa visione, chiamò i mille angeli della sua custodia, i quali subito le si manifestarono sotto forma corporea; dichiarò loro l'ordine dell'Altissimo, pregandoli di assisterla in quel viaggio con molta diligenza e sollecitudine, insegnandole ad obbedirgli nel modo a lui più gradito, e di difenderla e preservarla dai pericoli, affinché ella operasse perfettamente in tutto quanto le sarebbe accaduto in quel cammino. I santi principi si offrirono con ammirabile sottomissione per ubbidirle e servifla. La Maestra di ogni prudenza ed umiltà soleva fare la stessa cosa in altre occasioni; infatti, anche se nell'operare ella era più saggia e più perfetta che gli stessi angeli, considerato lo stato di viatrice e la condizione della sua natura inferiore, per dare alle sue opere tutta la pienezza della perfezione, consultava e chiamava in aiuto i suoi santi angeli, i quali, benché a lei inferiori in santità, la custodivano ed assistevano. Così, con la loro direzione disponeva le sue azioni, le quali peraltro erano già tutte guidate dall'ispirazione dello Spirito Santo. Gli spiriti divini le ubbidivano con la prontezza e la puntualità proprie della loro natura e dovute alla loro Regina e signora. Parlavano con lei, tenendo colloqui dolcissimi, che alternavano con cantici a lode dell'Altissimo. Altre volte parlava dei misteri del Verbo incarnato, dell'unione ipostatica, della redenzione, dei trionfi che egli avrebbe conseguito ed anche dei frutti e benefici che gli uomini avrebbero ricevuto dalle sue opere. Mi dilungherei, però, troppo se dovessi scrivere tutto ciò che in questa parte mi è stato manifestato.

194. L'umile sposa determinò subito di chiedere il consenso di san Giuseppe, per mettere in opera ciò che l'Altissimo le aveva comandato. Per questo, senza palesargli l'ordine ricevuto, essendo in tutto prudentissima, un giorno gli disse queste parole: «Signore e sposo mio, per divina luce ho conosciuto come la benignità dell'Altissimo ha favorito Elisabetta mia cugina, moglie di Zaccaria, esaudendo la sua preghiera di concepire un figlio. Spero nella sua bontà infinita che, essendo mia cugina sterile ed avendole egli concesso questo singolare beneficio, tutto riuscirà di grande compiacimento e gloria del Signore. Io giudico che in una circostanza come questa ragionevolmente abbia l'obbligo di andare a visitarla ed a parlare con lei di alcune cose convenienti alla sua consolazione ed al suo bene spirituale. Se questa opera, signore, è di vostro gradimento, la farò con vostra licenza, stando però in tutto soggetta alla vostra disposizione e volontà. Considerate voi ciò che è meglio e comandatemi ciò che devo fare».

195. Al Signore furono molto graditi questa discrezione e questo silenzio di Maria santissima, tanto piena di umiltà nel sottomettersi quanto capace e degna che fossero deposti nel suo cuore i grandi segreti del re. Per questo e per la fiducia nella fedeltà con cui questa grande Signora operava, sua divina Maestà dispose il cuore purissimo del santo Giuseppe, infondendogli la sua luce divina quanto a ciò che doveva fare, conformemente alla volontà del Signore. È questo il premio dell'umile il quale domanda consiglio: trovarlo sicuro e con felice riuscita. Ed anche il darlo con prudenza quando viene richiesto è cosa voluta da uno zelo santo e giudizioso. Così illuminato e diretto, il santo sposo rispose: «Già sapete, signora e sposa mia, che tutti i miei desideri sono rivolti a servirvi con ogni mia attenzione e diligenza, perché per la vostra grande virtù ho fiducia, come devo, che la vostra rettissima volontà non si volgerà a cosa alcuna che non sia di maggiore compiacimento e gloria dell'Altissimo. Credo che questo viaggio sarà tale; ma, affinché non sembri strano che lo facciate senza il vostro sposo, io vi accompagnerò con molto piacere per servirvi durante il cammino. Stabilite dunque il giorno, affinché andiamo insieme».

196. Maria santissima gradì la premura del suo prudente sposo Giuseppe e l'attenzione con cui cooperava alla volontà di Dio, servendolo in ciò che sapeva essere a sua gloria. Così, decisero entrambi di partire immediatamente per la casa di Elisabetta, preparando senza indugio il necessario per il viaggio. Tutto si ridusse a poca frutta, a un po' di pane, ad alcuni piccoli pesci e ad un asino che san Giuseppe cercò in prestito per portare tutto il bagaglio e la sua santissima sposa, Regina dell'intero creato. Dopo aver fatto questi preparativi, partirono da Nazaret per la Giudea. Riferirò nel capitolo seguente i particolari del viaggio. Per ora, dico solo che, uscendo dalla sua povera casa, la grande Signora del mondo s'inginocchiò ai piedi del suo sposo san Giuseppe e gli domandò che la benedicesse, per iniziare il viaggio in nome del Signore. Al santo si strinse il cuore al vedere la rara umiltà della sua sposa, di cui aveva già molte volte fatto esperienza; per questo si tratteneva dal benedirla. La mansuetudine e le dolci insistenze di Maria santissima, però, lo vinsero, cosicché il santo la benedisse in nome dell'Altissimo. Ai primi passi, poi, l'umilissima Signora alzò gli occhi al cielo ed il cuore a Dio, disponendosi a compiere la volontà divina, portando in sé l'Unigenito del Padre e suo, per santificare Giovanni nel grembo di Elisabetta.

Insegnamento che mi diede la Regina del cielo

197. Figlia mia carissima, ti confido e paleso molte volte l'amore del mio cuore, perché desidero grandemente che si accenda nel tuo e che tu approfitti dell'insegnamento che ti do. Felice è l'anima a cui l'Altissimo manifesta la sua volontà santa e perfetta; ma ben più felice e beata è quella che, conoscendola, la mette in pratica. In molti modi Dio insegna ai mortali i sentieri della vita eterna: per mezzo dei Vangeli e delle sante Scritture, per mezzo dei sacramenti e delle leggi della santa Chiesa, per mezzo di altri libri e degli esempi dei santi e specialmente per mezzo dell'ubbidienza ai suoi ministri, dei quali sua Maestà disse: Chi ascolta voi, ascolta me, cioè che ubbidire a loro è ubbidire al medesimo Signore. Quando, dunque, per qualcuna di queste strade giungerai a conoscere la volontà divina, voglio da te che con leggerissimo volo, servendoti come ali dell'umiltà e dell'ubbidienza, e come un raggio velocissimo tu sia pronta ad eseguirla, adempiendo il beneplacito divino.

198. Oltre a questi modi di insegnamento, l'Altissimo ne usa altri per orientare le anime, facendo conoscere in modo soprannaturale la sua volontà perfetta e rivelando così loro molti sacri arcani. Questa conoscenza ha i suoi gradi, e molto differenti; non tutti sono ordinari né comuni alle anime, perché l'Altissimo dispensa la sua luce con misura e peso. Alcune volte parla al cuore e alle facoltà con forza, altre corregge, ammonisce ed insegna; altre volte muove il cuore perché esso lo cerchi, altre ancora indica chiaramente ciò che desidera ed altre infine mostra come un chiaro specchio misteri grandi che l'intelletto veda e la volontà ami. Sempre, però, questo grande Dio e sommo bene è dolcissimo nel comandare, potente nel dare forza per eseguire il suo volere, giusto nei suoi ordini, sollecito nel disporre le cose per essere ubbidito ed efficace nel vincere gli impedimenti, perché si compia la sua santissima volontà.

199. Ti voglio, figlia mia, molto attenta nel ricevere questa luce divina e molto sollecita e diligente nell'attuare ciò che ti mostra. Per ascoltare il Signore e percepire questa voce tanto delicata e spirituale, è necessario che le facoltà dell'anima siano purificate dalla grossolanità terrena e che tutta la creatura viva secondo lo Spirito, perché l'uomo naturale non comprende le cose alte e divine'0. Attendi, dunque, al tuo intimo e dimentica tutto quello che è al di fuori; ascolta, figlia mia, porgi l'orecchio distaccata da tutto ciò che è visibile. Se vuoi essere diligente, ama, perché l'amore è fuoco e non sa differire i suoi effetti dove trova disposta la materia; voglio che il tuo cuore sia sempre pronto. Quando, poi, l'Altissimo ti ordinerà o insegnerà qualcosa a beneficio delle anime, principalmente per la loro salvezza eterna, offriti con sottomissione, perché esse sono il prezzo assai stimabile del sangue dell'Agnello e dell'amore divino. Non creare ostacoli a te stessa con la tua viltà e timidezza, ma supera il timore che ti abbatte. Se, infatti, tu vali poco e sei inutile per ogni cosa, l'Altissimo è ricco, potente, grande e da solo fece tutte le cose. La tua prontezza ed il tuo affetto non saranno privi di premio, benché io voglia che tu ti muova soltanto per compiacere il tuo Signore.

Augustinus
31-05-05, 07:56
Libro III, Cap. 16, §§ 200-214

CAPITOLO 16

Viaggio di Maria santissima per visitare santa Elisabetta ed ingresso nella casa di Zaccaria.

200. In quei giorni - dice il sacro testo - Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda. Questo alzarsi della nostra santissima Regina e signora non fu solo il suo disporsi esteriormente e partire da Nazaret, ma indica anche il movimento del suo spirito e della sua volontà, con cui, per l'impulso e l'ordine divino, si alzò interiormente da quell'umile posto che occupava per la bassa stima di se stessa. Da qui si alzò come dai piedi dell'Altissimo, dove aveva aspettato di conoscere il suo beneplacito per adempieflo, come la più vile serva - secondo quanto disse Davide - tiene gli occhi rivolti alle mani della sua padrona, attendendo che le comandi. Alzandosi alla voce del Signore, indirizzò il suo affetto dolcissimo a compiere la sua santissima volontà, per affrettare senza dilazione la santificazione del precursore, che stava nel grembo di Elisabetta come incarcerato nella cattività del primo peccato. Tale era il fine di questo felice viaggio. Per esso si alzò la Principessa dei cieli e camminò con la fretta e la diligenza che dice l'evangelista san Luca.

201. Lasciando, dunque, la casa dei loro padri e dimenticando il loro popolo, i castissimi sposi Maria e Giuseppe si posero in cammino, avviandosi verso la casa di Zaccaria sulle montagne di Giuda, che distavano ventisette leghe da Nazaret; e gran parte della strada era dura e difficile per una così delicata e giovane donna. Tutta la comodità per una fatica così grande consisteva in un umile giumento, sul quale cominciò e proseguì il suo viaggio. Sebbene fosse destinato al sollievo e servizio di lei, la più umile e modesta tra le creature ne smontava molte volte e pregava il suo sposo Giuseppe di voler dividere con lei la fatica e l'agio e di prendersi un po' di riposo servendosi a tale scopo dell'animale. Il prudente sposo non lo permise mai; solo per accondiscendere un po' alle preghiere dell'umilissima Signora, consentiva che per qualche tratto di strada ella andasse con lui a piedi, quanto gli pareva potesse sopportare senza affaticarsi troppo. Quindi, subito con grande decoro e riverenza le chiedeva che non ricusasse quel piccolo sollievo; e la Regina celeste ubbidiva, proseguendo in sella.

202. Queste umili discussioni tra Maria santissima e Giuseppe si presentavano più volte nel corso delle loro giornate, che trascorrevano senza sciupare un solo istante. Camminavano soli senza compagnia di creature umane; ma li assistevano i mille angeli che custodivano la lettiga di Salomone, Maria santissima. Sebbene servissero in forma visibile la loro Regina e il Figlio santissimo che portava in grembo, ella sola li vedeva. Con uguale attenzione agli angeli e a san Giuseppe suo sposo, la Madre della grazia camminava riempiendo le campagne ed i monti di fragranza soavissima con la sua presenza e con le lodi di Dio in cui senza interruzione stava assorta. Alcune volte discorreva con i suoi angeli e si alternava con loro nei cantici divini, con motivi differenti, sui misteri della Divinità e sulle opere della creazione e dell'incarnazione; in questo di nuovo quel candido cuore della purissima Signora si infiammava di amore per Dio. A tutto ciò si prestava san Giuseppe, suo sposo, con il moderato silenzio che osservava, concentrando il suo spirito in se stesso con alta contemplazione e permettendo che - a suo credere - facesse lo stesso la sua devota sposa.

203. Altre volte Maria e Giuseppe parlavano fra sé di molte cose riguardanti la salvezza delle loro anime e le misericordie del Signore, nonché la venuta del Messia, le promesse che di lui erano state fatte agli antichi Padri ed altri misteri dell'Altissimo. Durante questo viaggio, accadde una cosa ammirabile per il santo sposo Giuseppe. Egli amava teneramente la propria sposa con amore santo e castissimo, infusogli con grazia speciale dall'amore divino; per un altro privilegio non minore, poi, il santo era di indole nobilissima, cortese, piacevole ed affabile. Tutto questo produceva in lui una sollecitudine prudentissima ed amorevole, alla quale lo muoveva fin dal principio la stessa santità e grandezza che conosceva nella sua prudentissima sposa, come oggetto prossimo a quei doni del cielo. Perciò, il santo andava prendendosi cura sollecita di Maria santissima, domandandole molte volte se si sentisse affaticata e stanca ed in che cosa potesse darle sollievo e servirla. Siccome, però, la Regina del cielo portava già nel suo talamo verginale il fuoco divino del Verbo incarnato, il santo Giuseppe, senza saperne la causa, per le parole e la conversazione della sua amata sposa sentiva nella sua anima nuovi effetti, in forza dei quali si riconosceva più infiammato nell'amore per Dio e pieno di altissima conoscenza dei misteri dei quali parlavano, con una fiamma interiore ed una nuova luce che lo spiritualizzavano e lo rinnovavano tutto. Quanto più, poi, proseguivano nel cammino e nei discorsi celesti, tanto più crescevano questi favori, dei quali erano strumento le parole della sua sposa, che penetravano il suo cuore ed infiammavano la sua volontà nell'amore per Dio.

204. Era così grande questa novità che il giudizioso sposo Giuseppe non poté evitare di riflettervi molto. Anche se conosceva che tutto procedeva da Maria santissima e nella sua meraviglia si sarebbe consolato se ne avesse saputo la causa senza ricercarla con curiosità, per la sua grande modestia non ardi farle alcuna domanda, disponendo così il Signore, perché non era ancora tempo che egli conoscesse il segreto del re, che stava nascosto nel grembo verginale. La prudentissima Principessa guardava il suo sposo, vedendo tutto quanto passava nel suo intimo; mentre, poi, rifletteva fra sé nella sua prudenza, le venne in mente che naturalmente era necessario che si venisse a manifestare la sua gravidanza, senza che la potesse nascondere al suo carissimo e castissimo sposo. La grande Signora non sapeva allora in che modo Dio avrebbe regolato questo mistero; però, sebbene non avesse ricevuto ordine di tenerlo celato, la sua divina discrezione le insegnò quanto fosse bene nasconderlo, come mistero grande, ed il maggiore tra tutti. Così, lo tenne segreto, senza farne parola alcuna con il suo sposo, né in questa occasione, né prima al tempo dell'annuncio dell'angelo, né in seguito in mezzo ai timori dei quali diremo, cioè quando arrivò il tempo in cui il santo Giuseppe conobbe la gravidanza.

205. Oh, discrezione ammirabile e prudenza più che umana! La grande Regina si abbandonò tutta alla Provvidenza divina, aspettando ciò che avrebbe disposto. Tuttavia, provò pena, prevedendo quella che il suo santo sposo avrebbe ricevuto e considerando che non poteva anticipatamente liberarlo da essa o rimuoverla. Questa preoccupazione cresceva ancora più al vedere la grande attenzione che il santo usava nel servirla e nel prendersi cura di lei con amore; ciò meritava uguale corrispondenza in tutto quello che prudentemente fosse possibile. Pregò, perciò, in modo speciale il Signore, presentandogli il suo ansioso affetto, la sua brama di agire con sicurezza e ciò di cui aveva bisogno san Giuseppe nella circostanza che lo sovrastava, chiedendo per tutto l'assistenza e la direzione divina. In questa sospensione sua l'Altezza eseguì ed esercitò grandi ed eroici atti di fede, speranza, carità, prudenza, umiltà, pazienza e fortezza, dando pienezza di santità a tutto quello che le capitava, perché in ogni cosa operava sempre ciò che era più perfetto.

206. Questo viaggio fu il primo pellegrinaggio che il Verbo incarnato fece nel mondo, quattro giorni dopo essere entrato in esso; infatti, il suo ardentissimo amore non poté sopportare ulteriore dilazione per cominciare ad accendere il fuoco che veniva a diffondere sulla terra, dando così principio alla giustificazione dei mortali nel suo divino precursore. Comunicò questa prontezza alla sua Madre santissima, affinché in fretta si alzasse ed andasse a visitare Elisabetta. In questa circostanza l'umile Signora servì da baldacchino al vero Salomone, ma più ricco, ornato e leggero del primo. Così, questo viaggio fu più glorioso ed avvenne con maggiore giubilo e magnificenza dell'Unigenito del Padre, perché egli camminava riposando dolcemente nel talamo verginale di sua Madre e traendo diletto dall'amore con cui ella lo adorava, lo benediceva, lo contemplava, si rivolgeva a lui, lo ascoltava e gli rispondeva. Ella sola, insomma, divenuta allora l'archivio reale e la depositaria di un così magnifico mistero, lo venerava e gli si mostrava riconoscente per sé e per tutto il genere umano, molto più che tutti gli uomini e gli angeli insieme.

207. Nel corso del cammino, che durò quattro giorni, i pellegrini Maria santissima e Giuseppe esercitarono non solo le virtù che hanno Dio come oggetto ed altre interion, ma anche molti atti di carità verso il prossimo, perché questa non poteva rimanere inoperosa dinanzi a quanti erano bisognosi di soccorso. Non trovavano in tutti gli alloggi uguale accoglienza, perché alcuni, da rozzi, immersi nella loro naturale inavvertenza, rifiutavano di ospitarli, mentre altri, mossi dalla grazia divina, li accoglievano con amore. A nessuno, però, la Madre della misericordia negava la pietà che poteva esercitare, per cui stava sempre attenta se potesse visitare o incontrare poveri, infermi ed afflitti, e tutti soccorreva e consolava o risanava dai loro mali. Non mi trattengo a riferire tutti i casi che quanto a ciò le capitarono. Dirò solo la buona sorte di una povera donna inferma, che la nostra grande Regina incontrò in un luogo attraverso il quale passava nel primo giorno del viaggio. Sua Maestà la vide e si mosse a tenerezza e compassione della sua infermità, che era gravissima; per questo, usando il potere che aveva come signora delle creature, ordinò alla febbre di lasciare quella donna e al suo organismo di riprendere il suo regolare funzionamento. In forza di questo comando e della dolce presenza di Maria purissima, l'inferma si trovò all'istante libera, del tutto sana dalla malattia del corpo e migliorata nello spirito. Anzi, in seguito avanzò tanto nel bene che giunse ad essere perfetta e santa, perché le rimase impressa nella memoria l'immagine dell'autrice del suo bene e nel cuore le restò un intimo amore verso di lei, anche se non vide mai più la grande Signora né il miracolo si divulgò.

208. Continuando il loro viaggio, Maria santissima e san Giuseppe suo sposo giunsero il quarto giorno alla città di Giuda, dove abitavano Elisabetta e Zaccaria. Come specifica l'evangelista san Luca, questo nome era proprio della città, anche se i predicatori del Vangelo comunemente hanno creduto che fosse nome comune della provincia che si chiamava Giuda o Giudea, dalla quale prendevano il nome anche le montagne della Giudea, che sì estendono a 'sud di Gerusalemme. A me, però, è stato manifestato che era la città stessa che si chiamava Giuda e che l'Evangelista la nominò con il suo nome proprio, sebbene i dottori e i predicatori abbiano inteso con il nome di Giuda la provincia a cui apparteneva. Ciò è avvenuto perché quella città andò in rovina alcuni anni dopo la morte di Cristo Signore nostro e gli studiosi, non avendo trovato memoria di essa, hanno ritenuto che san Luca con il nome di Giuda avesse voluto significare la provincia, non il luogo. Da questo ha avuto origine la diversità delle opinioni su quale fosse la città dove avvenne la visitazione di Maria santissima a santa Elisabetta.

209. Poiché l'ubbidienza mi ha ordinato di spiegare più esattamente questo punto per la sorpresa che può causare, dico inoltre che la casa di Zaccaria ed Elisabetta, dove avvenne la visitazione, si trovava nel medesimo luogo dove adesso questi divini misteri sono venerati dai fedeli e dai pellegrini che accorrono o vivono nei santi luoghi della Palestina. Anche se la città di Giuda andò in rovina, il Signore non permise che si cancellasse del tutto la memoria di luoghi così venerabili, dove erano stati compiuti tanti misteri e che erano stati consacrati dai piedi di Maria santissima, di Cristo Signore nostro, del Battista e dei suoi santi genitori. Così, gli antichi fedeli, che edificarono quelle chiese e ripararono i luoghi santi, ricevettero luce divina per conoscere con essa e mediante qualche tradizione la verità su tutto e rinnovare la memoria di così ammirabili misteri, affinché godessimo del beneficio di venerarli ed adorarli noi fedeli che viviamo adesso, professando e confessando la fede cattolica nei sacri luoghi della nostra redenzione.

210. Per maggiore conoscenza di questo si sappia che il demonio, dopo che alla morte di Cristo Signore nostro l'ebbe conosciuto come vero Dio e redentore degli uomini, pretese con incredibile furore di cancellare, come dice Geremia, la sua memoria dalla terra dei viventi, e così pure quella della sua Madre santissima. Quindi, una volta procurò che la santissima croce fosse nascosta e sotterrata ed un'altra volta che fosse trafugata in Persia; con questo medesimo intento fece in modo che andassero in rovina e fossero dimenticati molti luoghi santi. Fu per questo che gli angeli santi trasportarono tante volte la venerabile e santa casa di Loreto, perché lo stesso drago, che perseguitava questa santissima Signora aveva già disposto gli animi degli abitanti di quella terra affinché abbattessero quel sacro oratorio, che era stato il luogo in cui si era compiuto l'altissimo mistero dell'incarnazione. Fu per tale astuzia del nemico che venne distrutta l'antica città di Giuda, in parte per negligenza degli abitanti che andarono diminuendo e in parte per disgrazie ed infortuni avvenuti, anche se il Signore non permise che andasse completamente in rovina la casa di Zaccaria, per i misteri che vi si erano celebrati.

211. Come ho detto, questa città era distante ventisei leghe da Nazaret e circa due da Gerusalemme. Era situata dove ha la sua sorgente il torrente Sorec, sulle montagne della Giudea. Dopo la nascita di san Giovanni e la partenza di Maria santissima e di san Giuseppe per ritornare a Nazaret, santa Elisabetta seppe per illuminazione divina che era imminente una grande rovina e calamità per i bambini di Betlemme e dei suoi dintorni. Sebbene tale rivelazione fosse generale e senza altra specificazione, mosse la madre di san Giovanni a ritirarsi con Zaccaria suo marito a Ebron, distante circa otto leghe da Gerusalemme; e così fecero, perché erano ricchi e nobili e possedevano case e beni non solo in Giuda ed in Ebron, ma anche in altri luoghi. Per questo, quando Maria santissima e Giuseppe, fuggendo da Erode, andarono esuli in Egitto alcuni mesi dopo la nascita del Verbo e più mesi dopo quella del Battista, santa Elisabetta e Zaccaria si trovavano a Ebron. Zaccaria mori quattro mesi dopo la nascita di Cristo Signore nostro, cioè dieci dopo la nascita di suo figlio san Giovanni. Ciò mi pare sufficiente per chiarire questo dubbio circa la casa della visitazione, che non fu in Gerusalemme, né in Betlemme, né in Ebron, ma nella città che si chiamava Giuda. Ho conosciuto questo innanzitutto con la luce del Signore, con cui ho appreso gli altri misteri di questa divina Storia; poi, di nuovo me lo ha dichiarato l'angelo santo, quando per ubbidienza l'ho interrogato un'altra volta.

212. Maria santissima e san Giuseppe giunsero alla casa di Zaccaria. Per annunciare il loro arrivo, il santo sposo andò alcuni passi avanti e salutò dicendo: «Il Signore sia con voi e riempia le vostre anime della sua grazia divina». Santa Elisabetta era già preparata, perché il Signore stesso le aveva rivelato che Maria di Nazaret sua parente partiva per visitarla. Da questa visione, però, aveva conosciuto solo che la divina Signora era molto gradita agli occhi dell'Altissimo, perché il mistero della sua dignità di Madre di Dio non le fu rivelato se non quando si salutarono in disparte. Elisabetta uscì subito con alcuni della sua famiglia per ricevere Maria santissima, la quale però, più umile e più giovane, prevenne sua cugina nel saluto e le disse: «Il Signore sia con voi, mia carissima cugina». «Lo stesso Signore - rispose Elisabetta - vi ricompensi di essere venuta a darmi questa consolazione». Dopo questo saluto, salirono alla casa di Zaccaria e, quando le due cugine si furono ritirate in disparte, avvenne ciò che racconterò nel capitolo seguente.

Insegnamento che mi diede la Regina del cielo

213. Figlia mia, quando la creatura stima adeguatamente le opere buone e l'ubbidienza al Signore che gliele comanda per sua gloria, seguono per lei una grande facilità nell'operarle, una soavissima dolcezza nell'intraprenderle ed una diligente prontezza nel continuarle e proseguirle. Questi effetti sono un'evidente prova della verità ed utilità che è in esse. L'anima, però, non può sperimentare questo effetto se non sta molto sottomessa al Signore, sollevando a lui gli occhi per ascoltare con gioia il suo divino beneplacito ed eseguirlo con sollecitudine, dimenticandosi della propria inclinazione e comodità, appunto come il servo fedele, che vuole fare solamente la volontà del suo Signore e non la sua. Questo è il modo di ubbidire fruttuoso che tutte le creature devono a Dio, e molto più le religiose che così hanno promesso. Tu, o carissima, per conseguiilo perfettamente, considera la stima con cui Davide parla spesso dei precetti del Signore, delle sue parole e della sua salvezza, nonché gli effetti che causarono in lui e producono ora nelle anime. Egli, infatti, confessa che rendono saggio il semplice, fanno gioire il cuore, danno luce agli occhi dell'anima, sono lampada per i suoi passi , sono più dolci del miele e più stimabili dell'oro e delle pietre preziose. Questa prontezza e questo abbandono alla volontà divina ed alla sua legge resero Davide conforme al cuore di Dio, perché sua Maestà vuole tali i suoi servi ed amici.

214. Attendi dunque, figlia mia, con grande stima alle opere di virtù e di perfezione che sai gràdite al tuo Signore; non volere disprezzarne alcuna, né resistere, né cessare di intraprenderle per quanta violenza tu possa sentire nella tua inclinazione e debolezza. Confida nel Signore ed impegnati a metterle in pratica; subito il suo potere vincerà tutte le difficoltà e ben presto conoscerai con felice esperienza quanto dolce è il giogo e quanto leggero il carico del Signore e che sua divina Maestà non volle ingannarci nell'affermarlo, come suppongono i tiepidi e negligenti, che con la loro infingardaggine e diffidenza contraddicono tacitamente questa verità. Voglio similmente che per imitarmi in questa perfezione consideri il beneficio che mi fece la benignità divina, dandomi pietà ed affetto soavissimo verso le creature, come opere di Dio, partecipi della sua bontà e del suo essere. Con questo affetto io desideravo consolare, sollevare ed incoraggiare tutte le anime e con una compassione naturale procuravo loro ogni bene spirituale e corporale. Per nessuno, per peccatore grande che fosse, desideravo male alcuno; anzi, verso questi mi volgevo con grande forza del mio cuore compassionevole per procurargli la salvezza eterna. Da ciò derivò la mia ansietà per la pena che il mio sposo Giuseppe avrebbe ricevuto venendo a conoscere la mia gravidanza, perché a lui io dovevo più che a tutti gli altri. Sentivo questa soave compassione in particolare verso gli afflitti e gli infermi e mi adoperavo per ottenere a tutti qualche sollievo. In questa virtù voglio che tu mi imiti secondo la conoscenza che ne hai, usando di essa prudentemente.

Augustinus
31-05-05, 07:59
Libro III, Cap. 17, §§ 215-230

CAPITOLO 17

Il saluto della Regina del cielo a santa Elisabetta e la santificazione di Giovanni.

215. Compiuto il sesto mese della gravidanza di santa Elisabetta, il futuro precursore di Cristo nostro bene se ne stava nel suo grembo, quando la madre santissima Maria arrivò alla casa di Zaccaria. Il corpo del bambino Giovanni era più perfetto di quello degli altri, sia per il miracolo intervenuto nel suo concepimento da madre sterile, sia perché veniva destinato a ricevere la santità più grande tra i figli di donna, che Dio gli teneva preparata. Tuttavia, la sua anima era ancora immersa nelle tenebre del peccato che aveva contratto in Adamo, come gli altri figli di questo primo e comune padre del genere umano. E non potendo i mortali, per legge comune a tutti, ricevere la luce della grazia prima di uscire a quella materiale del sole, dopo il primo peccato che si contrae con la natura, il grembo materno viene a servire come da carcere di tutti noi che fummo rei nel nostro padre e capo Adamo. Cristo Signore nostro volle graziare il suo grande profeta e precursore con il grande beneficio di anticipargli la luce della grazia e la giustificazione sei mesi dopo che santa Elisabetta l'ebbe concepito, affinché la sua santità fosse privilegiata come doveva esserlo la missione di precursore e di battista.

216. Dopo il primo saluto di Maria a santa Elisabetta, le due cugine si ritirarono insieme in disparte, come ho già detto. Subito la Madre della grazia salutò di nuovo la sua parente e le disse: «Dio ti salvi, mia carissima cugina; la sua divina luce ti comunichi grazia e vita». A queste parole di Maria santissima, santa Elisabetta fu piena di Spirito Santo e tanto illuminata nel suo intimo che in un momento conobbe altissimi misteri. Quésti effetti, come anche quelli che nel medesimo tempo sentì il bambino Giovanni nel grembo di sua madre, derivarono dalla presenza del Verbo incarnato nel talamo di Maria. Da qui, servendosi della voce di lei come strumento, cominciò a fare uso della potestà che il Padre eterno gli aveva dato per salvare e giustificare le anime come loro redentore. Siccome, poi, se ne serviva come uomo, stando nel grembo verginale quel corpicino concepito da otto giorni si mise - cosa mirabile! - in posizione umile per pregare il Padre. Chiese la giustificazione del suo futuro precursore e la ottenne dalla santissima Trinità.

217. San Giovanni nel grembo materno fu la terza persona per cui il nostro Redentore pregò in particolare, stando in Maria santissima. Sua madre fu la prima per la quale egli ringraziò, supplicò e pregò il Padre; come sposo di lei, san Giuseppe fu il secondo nelle preghiere del Verbo incarnato; il precursore Giovanni, poi, fu il terzo ad entrare nelle domande particolari per persone determinate, nominate dal Signore. Tanta fu la felicità e tali i privilegi di san Giovanni! Cristo Signore nostro presentò all'eterno Padre i meriti e la passione e morte che veniva a patire per gli uomini ed in virtù di questo domandò la santificazione di quell'anima; scelse il bambino, il quale doveva nascere santo, come suo precursore, perché rendesse testimonianza della sua venuta nel mondo e preparasse i cuori del suo popolo a conoscerlo e riceverlo. Chiese, quindi, che per un compito così sublime si concedessero a tale persona eletta le grazie, i doni ed i favori adeguati; il Padre concesse tutto ciò che il suo Unigenito incarnato domandò.

218. Questo avvenne prima del saluto di Maria santissima. Quando l'umile Signora pronunciò le parole riferite, Dio guardò con benevolenza il bambino nel grembo di santa Elisabetta e gli concesse il perfetto uso della ragione, illuminandolo con aiuti speciali della luce divina, affinché con quelli si preparasse conoscendo il bene che gli veniva fatto. Giovanni fu purificato dal peccato originale, costituito figlio adottivo del Signore e riempito dallo Spirito Santo con abbondantissima grazia e con pienezza di doni e virtù; inoltre, le sue facoltà furono santificate e rese soggette alla ragione. Si adempiva così ciò che l'angelo san Gabriele aveva detto a Zaccaria, cioè che suo figlio sarebbe stato pieno di Spirito Santo fin dal seno di sua madre. Il fortunato bambino vide il Verbo incarnato, servendogli quasi da vetrata le pareti dell'utero e da cristallo purissimo il talamo del grembo verginale di Maria santissima; qui adorò, in ginocchio, il suo redentore e creatore. Questo fu il movimento ed il giubilo che sua madre santa Elisabetta riconobbe e senti nel suo bambino e nel suo grembo. Giovanni fece molti altri atti nel ricevere questo beneficio, esercitando le virtù di fede, speranza, carità, culto divino, gratitudine, umiltà, devozione e tutte le altre che lì poteva operare. Da quell'istante cominciò ad acquistare meriti e a crescere nella santità, senza mai perderla né cessare di operare con tutto il vigore della grazia.

219. Santa Elisabetta conobbe nel medesimo tempo il mistero dell'incarnazione, la sanrificazione di suo figlio ed il fine e i misteri di questa nuova meraviglia, nonché la purezza verginale e la dignità di Maria santissima. In questa occasione la santissima Regina, stando tutta assorta nella visione di questi misteri e di Dio che li operava nel suo Figlio santissimo, restò tutta divinizzatà e piena della luce e dello splendore delle doti di cui partecipava. Santa Elisabetta la vide con questa maestà e come attraverso un vetro purissimo contemplò il Verbo incarnato nel talamo verginale, come in una lettiga di cristallo infiammato. Di tutti questi ammirabili effetti fu strumento efficace la voce di Maria santissima, tanto forte e potente quanto dolce all'udito dell'Altissimo. Tutta questa virtù era come partecipata da quella che ebbero le onnipotenti parole Avvenga di me quello che hai detto, con le quali attirò il Verbo eterno dal seno del Padre alla sua mente ed al suo grembo.

220. Meravigliata di quello che sentiva e scopriva in misteri così divini, santa Elisabetta fu mossa tutta da giubilo dello Spirito Santo e, guardando la Regina del mondo e ciò che in lei scorgeva, ad alta voce proruppe in quelle parole che riferisce san Luca: Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? Ecco, appena la voce del tuo saluto ègiunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore. In queste parole profetiche santa Elisabetta riassunse la grandezza di Maria santissima, conoscendo con la divina luce quanto in lei il potere divino aveva operato ed attualmente operava e anche ciò che doveva succedere in futuro. Intese tutto ciò anche il bambino Giovanni nel grembo di lei, da dove sentiva le parole di sua madre, la quale, illuminata in occasione della santificazione di lui, magnificò Maria santissima come strumento della loro felicità in nome suo e del figlio, che ancora non poteva lodarla e benediila con la propria bocca.

221. Alle parole con cui santa Elisabetta magnificò la nostra grande Regina, la maestra della sapienza e dell'umiltà rispose riferendole tutte al loro Autore e con voce molto dolce intonò il cantico del Magnificat, che san Luca riferisce. Disse: «L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio salvatore, perché ha guardato l'umiltà della sua serva. D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente e Santo è il suo nome: di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili: ha ncolmato di beni gli affamati, ha rimandato a mani vuote i ricchi. Ha soccorso Israele suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre ».

222. Come santa Elisabetta fu la prima che udì questo dolce cantico dalla bocca di Maria santissima, così pure fu la prima che lo comprese e lo commentò. Vi intese grandi misteri tra quelli racchiusi in così poche parole. Con esse lo spirito di Maria santissima magnificò il Signore per l'eccellenza del suo essere infinito, riferi e diede a lui tutta la gloria e la lode, come a principio e fine di tutte le sue opere, conoscendo e proclamando che solo in Dio si deve gloriare e rallegrare ogni creatura, poiché egli solo è tutto il suo bene e la sua salvezza. Celebrò anche l'equità e la magnificenza dell'Altissimo nel guardare agli umili e porre in essi con abbondanza il suo divino amore ed il suo spirito. Confessò, inoltre, quanto sia cosa degna che i mortali vedano, conoscano e ponderino come, per mezzo di questa umiltà, ella conseguì che tutte le nàzioni la chiamassero beata e come con essa meriteranno la medesima fortuna anche tutti gli altri umili, ciascuno nel suo grado. Lodò ancora il nome santo e ammirabile dell'Onnipotente e tutte le misericordie e grazie che le aveva concesso, chiamandole cose grandi, perché nessuna fu piccola in una capacità e disposizione tanto immensa quanto quella di questa grande Regina e signora.

223. Siccome le miseric6rdie dell'Altissimo dalla pienezza di Maria santissima ridondarono a tutto il genere umano ed ella fu la porta del cielo attraverso la quale tutti salirono e salgono e attraverso la quale noi tutti dobbiamo accedere alla partecipazione della Divinità, ella confessò che la misericordia del Signore con lei si sarebbe estesa a tutte le generazioni, comunicandosi a quelli che lo temono. Come le misericordie infinite di Dio innalzano gli uomini e cercano quelli che lo temono, così al contrario il potente braccio della sua giustizia disperde i superbi nei pensieri del loro cuore e li rovescia dai loro troni per collocare su di essi i poveri e gli umili. Questa giustizia del Signore diede le prime prove di se stessa con meraviglia e gloria in Lucifero, capo dei superbi, e nei suoi seguaci, quando il braccio onnipotente dell'Altissimo li allontanò e gettò fuori, perché essi stessi si precipitarono, da quel sublime posto nella natura e nella grazia che avevano nella volontà originaria della mente divina e del suo amore, con il quale vuole che tutti siano salvi. In verità, ciò che li fece precipitare fu il vaneggiamento con il quale pretesero di salire dove non potevano né dovevano; con questa arroganza urtarono contro i giusti ed imperscrutabili giudizi del Signore, che così allontanarono e fecero cadere il superbo angelo e tutti quelli del suo seguito. Al loro posto furono collocati gli umili per mezzo di Maria santissima, madre ed archivio delle antiche misericordie.

224. Per questa medesima ragione, la clementissima Signora afferma anche che Dio arricchì i poveri ricolmandoli dell'abbondanza dei suoi tesori di grazia e gloria. Quanto a coloro che sono ricchi di stima di sé, di presunzione e di arroganza e quanto a quelli che riempiono il loro cuore dei falsi beni che il mondo ritiene ricchezza e felicità, invece, l'Altissimo cacciò e caccia tutti costoro lontano da sé, lasciandoli privi della verità, la quale non può entrare in cuori tanto occupati e pieni di menzogna e falsità. Accolse il suo servo e figlio Israele, ricordandosi della sua misericordia, per insegnargli dov'è la prudenza, dov'è la forza, dov'è l'intelligenza, dov'è la longevità e la vita, dov'è la luce degli occhi e la pace. A lui insegnò il cammino della prudenza e gli occulti sentieri della sapienza e della disciplina, che si nascose ai capi delle nazioni e non fu conosciuta dai potenti che dominano le belve che sono sulla terra, si divertono e giocano con gli uccelli del cielo ed ammassano tesori d'argento e d'oro. E non giunsero a trovarla i figli di Agar e gli abitanti di Teman, che sono i superbi sapienti e prudenti di questo mondo. Ma l'Altissimo l'affida a quelli che sono figli della luce e di Abramo per mezzo della fede, della speranza e dell'ubbidienza, perché così promise a lui ed alla sua posterità e generazione spirituale, per il benedetto e fortunato frutto del grembo verginale di Maria santissima.

225. Santa Elisabetta all'udire la Regina' delle creature penetrò questi arcani misteri e ne intese anche molti altri maggiori ai quali non arriva il mio intelletto; non solo questi che io posso manifestare. Non mi voglio dilungare su tutto quello che mi è stato rivelato, perché estenderei troppo questo discorso. Le dolci conversazioni divine di queste due signore sante e prudenti, Maria santissima e sua cugina Elisabetta, mi rammentano i due serafini che Isaia vide davanti al trono dell'Altissimo, i quali proclamavano l'uno all'altro quel cantico divino e sempre nuovo Santo, santo, santo..., mentre con due ali si coprivano il capo, con due i piedi e con le altre due volavano. È chiaro che l'ardente amore di queste donne superava tutti i serafini; e Maria purissima da sola amava più di tutti loro. Bruciavano in questo incendio divino, stendendo le ali dei loro cuori per manifestarli l'una all'altra e per volare alla più sublime penetrazione dei misteri dell'Altissimo. Con altre due ali di rara sapienza coprivano il proprio capo, perché tutte e due proposero e concertarono di mantenere il segreto del re, custodendolo per tutta la vita, ed anche perché sottomisero e ridussero in servitù la propria ragione, credendo con docilità, senza alterigia né curiosità. Coprirono similmente i piedi del Signore ed i propri con ali di serafini, stando umiliate ed annientate nella bassa stima di se stesse alla vista di tanta maestà. E se Maria santissima racchiudeva nel suo grembo verginale il Dio della maestà, con ragione e con tutta verità diremo che copriva il trono dove il Signore aveva la sua sede.

226. Quando fu ora che le due signore uscissero dal loro ritiro, santa Elisabetta offrì alla Regina del cielo la sua persona come schiava e tutta la sua famiglia e la sua casa per il suo servizio; chiese, poi, che per sua quiete e per potersi raccogliere accettasse una cameretta che usava ella stessa per l'orazione, come più appartata ed adatta a tale scopo. La divina Principessa con umile riconoscenza accettò quella stanza e la scelse per suo ritiro e per dormirvi; così, nessuno vi entrava tranne le due cugine. Nel resto del tempo si offrì per assistere santa Elisabetta come serva; per questo, infatti, come le disse, era venuta a visitarla e consolarla. Oh, che dolce amicizia fu mai quella e quanto sincera ed inseparabile, essendo unita con il più grande vincolo dell'amore divino! Vedo che il Signore fu ammirabile nel manifestare questo grande mistero della sua incarnazione a tre donne prima che ad alcun altro del genere umano: la prima fu sant'Anna, come ho detto a suo luogo; la seconda fu sua figlia, cioè la madre del Verbo, Maria santissima; la terza fu santa Elisabetta e suo figlio con lei, però nel grembo di sua madre, per cui egli non si reputa come un'altra persona a cui sia stato manifestato. La ragione di questo fu che la stoltezza di Dio è più saggia degli uomini, come disse san Paolo.

227. Maria santissima ed Elisabetta uscirono dal loro ritiro quando già era cominciata la notte, essendovisi trattenute a lungo. La Regina vide Zaccaria che se ne stava nel suo mutismo, gli domandò la sua benedizione ed il santo gliela diede. Sebbene lo guardasse con compassione e tenerezza vedendolo muto e conoscesse il mistero che era racchiuso in quella sofferenza, per il momento non si mosse a porvi rimedio; ma pregò per lui. Santa Elisabetta, la quale già conosceva la buona sorte del castissimo sposo Giuseppe - benché egli ne fosse ancora ignaro - lo onorò e festeggiò con grande stima e riverenza. Egli, però, dopo che ebbe dimorato per tre giorni nella casa di Zaccaria, chiese alla sua umilissima sposa licenza di fare ritorno a Nazaret, lasciandola in compagnia di santa Elisabetta perché l'assistesse nella sua gravidanza. Il santo sposo prese congedo rimanendo d'accordo che sarebbe ritornato a prendere la nostra Regina quando ella gliene avesse mandato avviso. Santa Elisabetta gli offrì alcuni doni da portare a casa sua. Egli di tutto accettò molto poco, e questo poco per l'insistenza di lei, essendo uomo di Dio e non solo amante della povertà, ma anche di cuore magnanimo e generoso. Tornò, quindi, a Nazaret con l'animale che aveva portato con sé. Li lo servi, in assenza della sua sposa, una vicina, sua parente, la quale, anche quando si trovava in casa Maria santissima signora nostra, soleva prestare la sua opera portando ciò che le veniva chiesto.

Insegnamento che mi diede la Regina del cielo

228. Figlia mia, affinché nel tuo cuore si accenda maggiormente la fiamma del tuo costante desiderio di conseguire la grazia e l'amicizia di Dio, voglio che tu conosca la dignità, l'eccellenza e la felicità grande di un'anima, quando giunge a ricevere questa bellezza. È, però, tanto ammirabile e preziosa che non la potrai comprendere, sebbene io te la manifesti; molto meno, poi, è possibile che tu la spieghi con le tue parole. Fissa lo sguardo nel Signore e contemplalo con la luce divina che ricevi; in essa conoscerai come è più gloriosa opera per il Signore giustificare un'anima sola che avere creato il cielo e la terra, con tutta la loro perfezione naturale. Se le creature, per mezzo di queste meraviglie che percepiscono in molta parte per mezzo dei sensi, conoscono che Dio è grande ed on nipotente, che cosa direbbero mai e che cosa penserebbero se vedessero con gli occhi dell'anima quanto vale e quanto conta la bellezza della grazia in tante creature capaci di riceverla?

229. Non ci sono parole adeguate per quello che è in se stessa quella partecipazione del Signore e delle sue perfezioni, che la grazia santificante contiene; è poco chiamarla più pura e bianca della neve, più risplendente del sole, più preziosa dell'oro e delle gemme, più cara, amabile e piacevole di tutti i regali e le carezze più dilettevoli, perché è più bella di tutto quanto può immaginare il desiderio delle creature. Considera similmente la bruttezza del peccato, per giungere ad una maggiore conoscenza della grazia alla vista del suo contrario, poiché né le tenebre, né la corruzione, né ciò che c'è di più orribile, spaventoso e ripugnante arriva a potersi comparare con il peccato e con il suo cattivo odore. Molto conobbero di questo i martiri ed i santi, i quali, per conseguire questa bellezza e non cascare in quella infelice rovina, non temettero il fuoco, né le fiere, i rasoi, i tormenti, le carceri, le ignominie, le pene, i dolori, né la medesima morte, né il prolungato e continuo patire; infatti, tutto questo è meno, pesa meno e vale meno che un solo grado di grazia, per conseguire il quale non si deve tenere conto di tutto il resto. Un'anima può avere questo e molti altri gradi, benché sia la più abbandonata del mondo. Non conoscono ciò gli uomini che stimano e bramano solamente la fuggitiva ed apparente bellezza delle creature e ritengono vile e spregevole colui che non ne ha.

230. Da questo conoscerai alquanto il grande beneficio che il Verbo incarnato fece al suo precursore Giovanni nel grembo di sua madre; egli lo conobbe e questo lo fece esultare di gioia. Conoscerai similmente quanto devi fare e patire per ottenere questa felicità, per non perdere né macchiare una così stimabile bellezza con colpa alcuna, per leggera che sia, e per non ritardarla con nessuna imperfezione. Voglio, inoltre, che tu, ad imitazione di quello che io feci con Elisabetta mia cugina, non accetti né stringa amicizia con creature umane e tratti solamente con coloro con i quali puoi e devi parlare delle opere dell'Altissimo e dei suoi misteri e con chi ti può insegnare il cammino vero del suo divino beneplacito. Anche se avessi grandi impegni e preoccupazioni, non devi dimenticare né lasciare le tue devozioni e l'ordine della vita perfetta; infatti, questo non si deve conservare ed osservare solo quando ci è comodo, ma anche nelle maggiori contraddizioni, difficoltà ed occupazioni, perché alla natura imperfetta basta poco per rilassarsi.

Augustinus
31-05-05, 08:03
Libro III, Cap. 18, §§ 231-242

CAPITOLO 18

Lo stile di vita di Maria santissima nella casa di sua cugina.

231. Già santificato il precursore Giovanni e rinnovata sua madre santa Elisabetta con maggiori doni e benefici, scopo principale della visitazione, la grande regina Maria santissima determinò di ordinare le occupazioni cui doveva attendere a casa di Zaccaria, perché non in tutto potevano essere uguali a quelle di casa sua. Per questo, per orientare il suo desiderio con la direzione dello spirito divino, si raccolse e prostrò alla presenza dell'Altissimo e gli domandò, come soleva, di guidarla e di farle conoscere quello che doveva fare nel tempo in cui avrebbe abitato nella casa dei suoi servi Elisabetta e Zaccaria, perché tutto gli fosse accetto e si adempisse interamente il maggiore beneplacito della sua altissima maestà. Il Signore ascoltò la sua domanda e le rispose: «Sposa e colomba mia, io guiderò tutte le tue azioni, dirigerò i tuoi passi al mio maggiore servizio e compiacimento e ti indicherò il giorno in cui voglio che tu ritorni alla tua casa. Finché dimorerai presso la mia serva Elisabetta, fa' in modo di intrattenerti con lei; nel resto del tempo continua i tuoi esercizi e le tue preghiere, specialmente per la salvezza degli uomini e perché io non usi contro di loro la mia giustizia per le incessanti offese che moltiplicano contro la mia bontà. In questa preghiera mi offrirai per loro l'Agnello senza macchia' che porti in grembo, che toglie il peccato del mondo. Queste saranno per adesso le tue occupazioni».

232. Con questo insegnamento e nuovo precetto dell'Altissimo, la Principessa dei cieli ordinò tutte le sue attività a casa di sua cugina Elisabetta. Si alzava a mezzanotte, continuando sempre questo esercizio; in esso attendeva all'incessante contemplazione dei misteri divini, dando alla veglia ed al sonno ciò che corrispondeva perfettamente e nella giusta misura alle esigenze del corpo. In ciascuno di questi tempi riceveva nuovi favori, regali, illuminazioni ed elevazioni dall'Altissimo. Ebbe in quei tre mesi molte visioni di Dio in modo astrattivo, che era il più frequente; più ancora lo era la visione dell'umanità santissima del Verbo con l'unione ipostatica, perché il suo talamo verginale, dove lo portava, era il suo perpetuo altare ed oratorio. Lo guardava, vedendolo crescere ogni giorno; a tale vista ed a quella dei misteri che quotidianamente le venivano manifestati nel campo interminabile della Divinità e del potere divino, cresceva anche lo spirito di questa grande Signora, che molte volte per l'incendio del suo amore e dei suoi ardenti affetti sarebbe giunta a languirne sino a morire, se non fosse stata confortata dalla virtù del Signore. Attendeva, tra queste occupazi6ni nascoste, anche a tutte quelle necessarie per servire e consolare sua cugina santa Elisabetta, senza però spendervi un momento più di quello che la carità richiedeva. Subito, poi, tornava al suo ritiro ed alla solitudine, dove con maggiore libertà espandeva il suo spirito alla presenza del Signore.

233. Non rimaneva per questo oziosa all'esterno, perché nel medesimo tempo lavorava a lungo in alcune opere manuali. Fu in tutto fortunato il precursore Giovanni, perché questa grande Regina con le proprie mani gli fece e lavorò le fasce ed i pannicelli in cui fu avvolto. Gli ottennero questa felice sorte la devozione e l'attenzione di sua madre santa Elisabetta, la quale, con l'umiltà di serva che le dimostrava, supplicò di ciò l'umilissima Signora. Maria santissima lo fece con incredibile amore, per esercitarsi nell'ubbidienza verso colei che desiderava servire come l'ultima delle sue serve, perché sempre nell'umiltà e nell'ubbidienza superava tutti. Anche se santa Elisabetta cercava di affrettarsi in molte cose per servirla, ella, con la sua rara prudenza e la sua sapienza incomparabile, la preveniva in tutto, per guadagnare sempre il trionfo della virtù.

234. Le due cugine gareggiavano in questo con sommo compiacimento dell'Altissimo e con ammirazione da parte degli angeli. Santa Elisabetta era molto sollecita e premurosa nel servire la nostra Signora e grande regina e procurava che così facessero tutti quelli della sua famiglia; ma colei che era maestra delle virtù, Maria santissima, più attenta e diligente, preveniva ed ostacolava le sollecitudini della cugina. Le diceva: «Amica e cugina mia, io trovo la mia consolazione nel ricevere comandi e nell'ubbidire in tutta la mia vita; non è bene che il vostro amore mi privi del piacere che provo in questo, tanto più che, essendo io la più giovane, la ragione stessa vuole che io serva non solo voi come madre mia, ma tutti quelli della vostra casa. Trattatemi, dunque, come serva, finché starò in vostra compagnia». Santa Elisabetta rispose: «Signora e diletta mia, tocca piuttosto a me l'ubbidirvi ed a voi il comandarmi e dirigermi in tutto. Io chiedo questo con più giustizia, perché se voi, Signora, volete esercitare l'umiltà, io devo culto e ossequio al mio Dio e Signore che portate nel vostro grembo verginale e conosco bene la vostra dignità meritevole di ogni onore e riverenza». Replicava la prudentissima Vergine: «Il mio figlio e Signore non mi scelse come madre perché in questa vita mi venerassero come signora, perché il suo regno non è di questo mondo, né viene per essere servito, ma per servire, patire ed insegnare ai mortali ad ubbidire e ad umiliarsi, condannando la superbia ed il fasto. Ora, se sua Maestà altissima m'insegna questo e si definisce infamia degli uomini, come io, che sono sua schiava e non merito la compagnia delle creature, consentirò che mi servano esse, che sono formate a sua immagine e somiglianza?»

235. Santa Elisabetta, tuttavia, insisteva: «Signora e rifugio mio, questo sarà per chi ignora il mistero che si racchiude in voi; ma io, che senza meritarlo ho ricevuto dal Signore questa conoscenza, sarei molto riprensibile alla sua presenza se non gli dessi in voi quella venerazione che gli devo come Dio e se non dessi a voi quello che vi devo come sua madre, perché è giusto che io serva entrambi come la schiava i suoi padroni». Rispose a questo Maria santissima: «Diletta e sorella mia, la riverenza che desiderate usare è dovuta al Signore che porto nel mio grembo, che è vero e sommo bene e salvatore nostro; ma quanto a me, che sono semplice creatura e fra le creature un povero vermiciattolo, reputatemi per quello che io sono da me stessa, benché adoriate il Creatore che mi ha eletta come povera per sua abitazione. Così con la medesima luce della verità darete a Dio quello che gli si deve ed a me ciò che mi spetta, cioè servire ed essere inferiore a tutti; vi domando questo per mia consolazione e per il medesimo Signore che porto nel mio grembo».

236. In queste felicissime gare, Maria santissima e la sua parente santa Elisabetta trascorrevano parte del loro tempo. La sapienza celeste della nostra Regina, però, la rendeva tanto accorta ed ingegnosa in materia di umiltà e di ubbidienza che sempre risultava vittoriosa, trovando modi e vie per ubbidire ed essere comandata. Così fece con santa Elisabetta per tutto il tempo in cui dimorarono insieme, ma in maniera tale che entrambe rispettivamente trattavano con magnificenza il mistero del Signore che stava nascosto nei loro cuori, depositato in Maria santissima come madre e signora delle virtù e della grazia, ed in sua cugina come in donna prudentissima e piena della luce divina dello Spirito Santo. Con tale luce santa Elisabetta dispose come doveva comportarsi con la Madre di Dio, compiacendola ed ubbidendole in ciò che poteva ed insieme venerando la sua dignità, ed in lei il suo Creatore. Propose nel suo cuore che, se avesse dovuto comandare qualcosa alla Madre di Dio, lo avrebbe fatto per ubbidirla e per soddisfare alla sua volontà; quando lo faceva, chiedeva licenza e perdono al Signore ed inoltre non le ordinava con imperio, ma pregandola. Solamente in ciò che stimava essere di sollievo alla celeste Regina, come nell'ordinarle che mangiasse e dormisse, lo faceva con maggiore forza. Ancora le chiese di eseguire per lei alcuni lavori manuali e Maria li fece; mai, però, la santa li usò, custodendoli con venerazione.

237. In questo modo, Maria santissima già praticava ciò che il Verbo incarnato veniva ad insegnare, umiliandosi, egli che era irradiazione della gloria del Padre eterno, impronta della sua sostanza e Dio vero da Dio vero, per prendere la forma e la condizione di servo. Questa Signora era madre di Dio, regina dell'intero creato, superiore in eccellenza e dignità a tutte le creature; tuttavia, fu sempre serva umile della più piccola di esse, mai accettò ossequio né servizio alcuno come se le fosse dovuto, mai si vantò né cessò di avere di sé un bassissimo concetto. Che dirà qui la nostra esecrabile presunzione e superbia? Quasi tutti noi, infatti, pur essendo pieni di abominevoli eccessi, siamo tanto insensati che con orribile follia giudichiamo che ci sia dovuta la venerazione di tutto il mondo. E se per caso ci è negata, perdiamo in un momento quel poco giudizio che le nostre passioni ci hanno lasciato. Tutta questa divina Storia è un ritratto dell'umiltà ed una sentenza contro la nostra superbia. Poiché, però, a me non spetta l'insegnare né il correggere, ma piuttosto l'essere istruita e guidata, prego e supplico tutti i fedeli, figli della luce: poniamo questo esempio dinanzi ai nostri occhi, per apprendere alla sua vista ad umiliarci!

238. Non sarebbe stato difficile al Signore allontanare la sua Madre santissima da tanti estremi di umiltà e da molte azioni con cui la esercitava; avrebbe, inoltre, potuto renderla giande presso le creature, disponendo che fosse acclamata, onorata e rispettata da tutte, con le dimostrazioni che sa fare il mondo verso quelli che vuole onorare e celebrare, come fece Assuero con Mardocheo. Se avesse dovuto regolare ciò il giudizio umano, avrebbe senza dubbio disposto che una donna, più santa di tutti gli ordini del cielo e che portava nel suo grembo il Creatore dei medesimi angeli e dei cieli, fosse sempre custodita, vivesse appartata e venisse venerata da tutti. Sarebbe parso loro indegno che ella si dedicasse ad attività umili e servili, piuttosto che comandare tutto e accettare ogni riverenza ed autorità. Sin qui arriva l'umana sapienza, se si può chiamare così quella che tanto poco conosce. Questo inganno, però, non può aver luogo nella conoscenza vera dei santi, partecipata dalla sapienza infinita del Creatore, che dà il nome ed il valore giusto agli onori e non scambia le sorti delle creature. Molto avrebbe tolto e poco avrebbe dato l'Altissimo alla sua diletta Madre in questa vita, se l'avesse privata delle opere di profondissima umiltà allontanandola da esse e l'avesse innalzata con il plauso esteriore degli uomini. E molto sarebbe mancato al mondo se non avesse avuto questo insegnamento, questa scuola in cui apprendere e questo esempio con cui umiliare e confondere la propria superbia.

239. Santa Elisabetta fu molto favorita dal Signore dal giorno in cui lo ebbe per ospite in casa sua nel grembo della sua Madre vergine. Come per i continui dialoghi ed il tratto familiare di questa divina Principessa andava conoscendo i misteri dell'incarnazione, così ancora andava crescendo in ogni genere di santità che beveva alla sua fonte. Talora meritava di vedere Maria santissima in orazione assorta e sollevata da terra e tutta così piena di divini splendori e di bellezza che non poteva guardarla in faccia, né avrebbe potuto resistere alla sua presenza se non le avesse dato forza la virtù divina. In queste occasioni ed in altre, quando poteva guardarla senza che Maria santissima se ne accorgesse, si prostrava e, genuflessa alla sua presenza, adorava il Verbo incarnato nel tempio del grembo verginale della beatissima madre. Custodì nel suo cuore tutti i misteri che conobbe per mezzo della luce divina e della conversazione con la grande Regina, come depositaria fedelissima e custode assai prudente di ciò che le era stato confidato. Solamente con suo figlio Giovanni e con Zaccaria, per quel tempo che visse dopo la nascita del figlio, santa Elisabetta poté parlare un po' di tali misteri, dei quali tutti loro erano già a conoscenza; in tutto fu donna forte, saggia e molto santa.

Insegnamento che mi diede la Regina del cielo

240. Figlia mia, i benefici dell'Altissimo e la conoscenza dei suoi divini misteri inclinano le anime attente ad esercitare e stimare l'umiltà, che con forza soave ed efficace le conduce verso il loro luogo legittimo e naturale, come la leggerezza muove il fuoco e la gravità la pietra. Questo fa la vera luce, che colloca e stabilisce la creatura nella cognizione chiara di se stessa e riconduce le opere della grazia alla loro origine, da cui procede ogni dono perfetto, stabilendo così ciascuno nel suo centro. Questo è l'ordine rettissimo della buona ragione, che viene turbato e come violentato dalla presunzione dei mortali. Perciò la superbia, ed il cuore in cui essa vive, non sa desiderare il disprezzo né accettarlo, non sopporta superiori, anche degli uguali si offende e fa violenza a tutto per essere sola e sopra tutti. Il cuore umile, invece, ricevendo benefici maggiori, si annienta ancor più. Questi gli fanno nascere un'avidità ed un'ansia grande, sebbene tranquilla, di abbassarsi e cercare l'ultimo posto, cosicché soffre quando non lo occupa inferiore a tutti e quando gli manca l'umiliazione.

241. In me conoscerai, carissima, la vera pratica di questo insegnamento, poiché nessuno dei favori che la divina destra operò in me fu piccolo, eppure mai il mio cuore si innalzò sopra se stesso con presunzione, ne seppe bramare altro più che l'abbassamento e l'ultimo posto fra tutte le creature. Con speciale desiderio voglio da te questa imitazione e voglio che la tua sollecitudine consista nell'essere la minore fra tutte, nell'essere comandata, umiliata e reputata inutile; alla presenza del Signore e degli uomini, poi, ti devi stimare meno che la medesima polvere della terra. Non puoi negare che nessun'altra fu più beneficata di te e che nessuna l'ha meritato meno. Come pagherai questo grande debito se non ti umilii con tutti e più di tutti i figli di Adamo e se non ti formi concetti sublimi e sentimenti pieni di amore per l'umiltà? Buona cosa è ubbidire ai tuoi superiori e maestri e così devi fare sempre. Io, però, voglio che tu avanzi di più e che ubbidisca anche al più piccolo in tutto ciò che non sarà colpa, come ubbidiresti al maggiore dei superiore; in questo è mia volontà che tu sia molto diligente, come lo ero io.

242. Solamente con le tue suddite farai attenzione nel dispensarti da questa sottomissione con più cura, affinché non avvenga che esse, conoscendo il tuo desiderio di ubbidire, vogliano a volte che tu lo faccia in quello che non conviene. Anche senza che perdano la dovuta sottomissione puoi guadagnare molto dando loro esempio assoggettandoti sempre nel giusto, senza derogare all'autorità di superiora. Accetta con grande stima tutti i dispiaceri e le ingiurie, se toccano la tua persona solamente, senza dire niente per difenderti o lamentarti; rimprovera, però, le offese contro Dio, senza mischiare la tua causa con quella di sua Maestà, perché mai devi trovare motivo per difendere te stessa, ma per l'onore di Dio lo devi trovare sempre. In nessuno dei due casi, però, devi muoverti con ira o sdegno disordinato. Ancora, voglio che tu abbia 'grande prudenza nel dissimulare e nascondere i favori del Signore, perché il segreto del re non si deve manifestare con leggerezza e l'uomo naturale non è capace né degno dei misteri dello Spirito Santo. Imitami e seguimi in tutto, dal momento che desideri essere mia figlia carissima; ubbidendomi otterrai ciò e spingerai l'Onnipotente a fortificarti e ad indirizzare i tuoi passi verso ciò che egli vuole operare in te. Non gli resistere, ma disponi il tuo cuore in modo che sia docile e pronto ad ubbidire alla sua luce e grazia. Non permettere che questa stia oziosa in te, ma opera con diligenza, cosicché le tue azioni procedano piene di perfezione.

Augustinus
31-05-05, 08:05
Libro III, Cap. 19, §§ 243-253

CAPITOLO 19

Alcune conversazioni di Maria santissima con i suoi angeli e con santa Elisabetta, a casa di lei.

243. Maria santissima era così piena di sapienza e di grazia ed aveva una capacità tale che non poteva lasciare inutilizzato alcun tempo, luogo od occasione, senza valersene per praticare il bene con la maggiore perfezione; agiva in ogni momento ed in ogni stagione come poteva e come era conveniente, operando sempre ciò che vi è di più santo e di più eccellente nella virtù. Siccome, poi, in terra era dovunque pellegrina avendo posto la sua abitazione in cielo, ed anzi ella stessa era il cielo glorioso ed il tempio vivo dove abitava Dio stesso, portava sempre con sé l'oratorio ed il sacrario e non faceva differenza in questo tra la propria casa e quella di Elisabetta sua cugina, né alcun altro luogo, tempo o impegno le dava impedimento. A tutto era superiore e non smetteva di essere intenta all'amore che vedeva e sentiva in sé; in mezzo a tutto questo, la prudentissima Signora nei momenti opportuni conversava con le creature di ciò che richiedeva l'occasione, accordando ad ogni cosa il tempo conveniente. Ora, poiché la sua conversazione più continua in questi tre mesi in cui si trattenne a casa di Zaccaria fu con santa Elisabetta e con gli angeli santi della sua custodia, dirò in questo capitolo qualcosa su ciò di cui parlava con loro ed altre cose che le capitarono con la medesima santa.

244. Quando si trovava libera e sola, la nostra umilissima Principessa passava molto tempo assorta ed elevata nelle contemplazioni e visioni divine. Alcune volte in esse ed altre fuori di esse, conversava con i suoi angeli santi circa i misteri del suo cuore ardente di amore. Un giorno, dopo l'arrivo a casa di Zaccaria, parlò loro dicendo: «Spiriti celesti e compagni miei, messaggeri dell'Altissimo e portatori della sua luce divina, venite e confortate il mio cuore incatenato e ferito dal suo divino amore, perché si affligge per la propria limitatezza, vedendo che non può corrispondere con le opere a ciò di cui si riconosce in dovere ed a ciò cui si estendono i suoi desideri. Venite, principi sovrani, lodate con me l'ammirabile nome del Signore ed esaltiamolo insieme per i suoi santissimi pensieri e per le sue opere. Aiutate questo povero vermiciattolo a benedire il suo Creatore, che pietoso si è degnato di guardare a questa piccolezza. Parliamo delle meraviglie del mio sposo, della bellezza del mio Signore, del mio figlio amantissimo. Si sfoghi questo cuore, trovando in voi con chi manifestare i suoi intimi sospiri, con voi dico, amici e compagni miei, che conoscete il mio segreto ed il tesoro che l'Altissimo ha depositato nello spazio angusto di questo vaso fragile e limitato. Grandi ed ammirabili sono questi misteri divini; sebbene li contempli con dolci sentimenti, la loro sovrana grandezza mi annienta, la loro profondità mi sommerge e la stessa efficacia del mio amore mi fa svenire ed allo stesso tempo mi rinnova. Mai il mio ardente cuore è pago, né trova completo riposo, perché il mio desiderio eccede le mie opere e ciò che devo eccede il mio desiderio. Mi lamento di me stessa, perché non opero ciò che desidero né desidero quanto devo e sempre mi vedo superata e scarsa nel contraccambio. Serafini celesti, ascoltate le mie ansie amorose: io sono malata d'amore. Scopritemi i vostri cuori, dove riverbera la bellezza del mio Signore, affinché gli splendori della sua luce e i segni della sua bellezza mi sostengano in vita, poiché vengo meno per suo amore».

245. «Madre del nostro Creatore e signora nostra - risposero gli angeli santi - voi godete con possesso vero l'onnipotente e sommo Bene; poiché lo tenete con laccio così stretto che siete sua vera sposa e madre, lo possedete e lo godete eternamente. Siete sposa e madre del Dio d'amore; se in voi si trova la causa unica e la fonte della vita, nessuno potrà vivere con essa come voi, Regina e signora nostra. Ma non vogliate nel vostro amore tanto infiammato trovare riposo, poiché la condizione e lo stato di viatrice non permette ora che i vostri sentimenti giungano al loro fine, né che essi cessino di acquistare nuovi aumenti di grazia e di meriti. I vostri obblighi eccedono senza comparazione quelli di tutte le nazioni, ma devono sempre divenire maggiori. Mai il vostro amore, per quanto infiammato, potrà essere adeguato all'oggetto, perché questo è eterno ed infinito nelle perfezioni, cosicché resterete sempre felicemente vinta dalla sua grandezza, poiché nessuno lo può comprendere e solo egli stesso si comprende e si ama quanto deve essere amato. Voi, o Signora, troverete sempre in lui da desiderare di più e più amare; questo appartiene alla sua grandezza ed alla nostra gloria».

246. Con tali colloqui si accendeva sempre più il fuoco dell'amore divino nel cuore di Maria santissima, perché in lei si adempì legittimamente il precetto del Signore che nel suo santuario sull'altare ardesse continuamente il fuoco dell'olocausto e che il sacerdote lo ravvivasse affinché fosse sempre acceso. In Maria santissima stavano insieme il santuario, l'altare ed il sommo e nuovo sacerdote Cristo nostro Signore, che confermava questo divino incendio e l'accresceva ogni giorno offrendo nuova materia di favori, benefici ed influssi della sua divinità. L'eccelsa Signora offriva da parte sua le proprie continue azioni, sul cui incomparabile valore cadevano i nuovi doni del Signore, che aumentavano la sua santità e grazia. Dopo che ella fu entrata nel mondo, si accese il fuoco del suo amore per Dio, per non estinguersi più su quell'altare. Tanto perpetuo fu e sarà il fuoco di questo vivo santuario!

247. Altre volte parlava con gli angeli santi, i quali le si manifestavano in forma umana, come in diversi luoghi ho detto; la conversazione più continua riguardava i misteri del Verbo incarnato. In questo era tanto profonda, parlando delle Scritture e dei Profeti, che apportava meraviglia agli stessi angeli. Una volta, parlando con loro di questi venerabili misteri, disse: «Signori miei, servi ed amici dell'Altissimo, il mio cuore è contristato e penetrato da dardi dolorosi, considerando ciò che del mio Figlio santissimo dicono le sante Scritture, ciò che ne hanno scritto Isaia e Geremia e gli acerbissimi dolori e tormenti che lo attendono. Salomone dice che lo condanneranno ad un bruttissimo genere di morte ed i Profeti parlano sempre con espressioni molto forti e dure della sua passione e morte. Purtroppo, tutto questo dovrà avverarsi in lui! Oh, se fosse volontà di sua Altezza che vivessi allora per offrirmi io stessa per morire per l'autore della mia vita! Quanto si affligge il mio spirito, se medito queste verità infallibili e penso che dal mio grembo il mio bene e mio Signore deve uscire per patire! Oh, se si potesse trovare chi lo custodisca e lo difenda dai suoi nemici! Ditemi, principi sovrani, con quali opere o con quali mezzi potrò ottenere dall'eterno Padre che si rivolga contro di me il rigore della sua giustizia e resti libero l'innocente mio Figlio che non ha colpa? Conosco bene che per soddisfare Dio infinito, offeso dagli uomini, ci vogliono le opere di un Dio incarnato; ma è pur vero che, con la prima opera che ha fatto, il mio Figlio santissimo ha già meritato più di quello che il genere umano poté perdere con i suoi peccati. Se questo è sufficiente, ditemi: sarà possibile che muoia io stessa per evitare la morte ed i tormenti di lui? Egli non si offenderà dei miei umili desideri, né si sdegnerà per le mie angosce. Ma che dico? Dove mi portano la pena e l'affetto, mentre in tutto voglio che si adempia la volontà divina, alla quale vivo abbandonata?».

248. Maria santissima teneva questi ed altri simili colloqui con i suoi angeli santi, specialmente durante la sua gravidanza. Quei divini spiriti rispondevano a tutte le sue ansietà con grande rispetto; la confortavano e la consolavano, rinnovandole la memoria dei misteri che ella già conosceva e mostrandole le ragioni per cui era opportuno che Cristo nostro Signore morisse per il riscatto del genere umano, per vincere il demonio e privarlo della sua tirannia, come anche per la gloria dell'eterno Padre e per la propria esaltazione. Furono tanti e così profondi i misteri di cui questa grande Regina parlava con i suoi angeli santi che il linguaggio umano non li può riférire, né la nostra capacità in questa vita può concepire cose così alte. Nel Signore vedremo quello che adesso non penetriamo. Frattanto, dal poco che io ne ho detto la nostra pietà può passare alla considerazione di altre cose maggiori.

249. Anche santa Elisabetta era molto capace ed illuminata nell'intendere le divine Scritture e lo divenne molto più dopo la visitazione. Così, la nostra Regina conversava con lei circa quei misteri divini che la santa conosceva e comprendeva, venendo sempre più informata ed ammaestrata dall'insegnamento di Maria santissima, per la cui intercessione ricevette grandi benefici e doni del cielo. Molte volte si stupiva nel vedere ed ascoltare la profonda sapienza della Madre di Dio e di nuovo tornava a benedirla dicendole: «Signora mia e madre del mio Signore, siate benedetta fra tutte le donne e tutte le nazioni magnifichino la vostra dignità e la conoscano. Siete più che fortunata per il tesoro ricchissimo che portate nel vostro grembo verginale e già vi faccio umili ed affettuose congratulazioni per il gaudio che proverà il vostro spirito quando stringerete il sole di giustizia tra le vostre braccia e lo alimenterete al vostro seno verginale. Ricordatevi allora della vostra serva, Signora mia, ed offritemi al vostro Figlio santissimo e mio vero Dio incarnato, affinché accetti il mio cuore in sacrificio. Oh, se potessi allora meritare di servirvi ed assistervi! Se, però, non merito di conseguire questa sorte, abbia almeno quella che voi portiate sempre il mio cuore nel vostro petto, perché non senza motivo io temo che mi si dovrà spezzare, quando mi separerò da voi». Santa Elisabetta, stando in compagnia di Maria santissima, prorompeva in altre dolcissime manifestazioni di tenero amore; la prudentissima Signora la consolava, rinnovava e vivificava con i suoi divini ed efficaci discorsi. Intercalava questi atti elevati con umili mansioni, servendo non solo sua cugina Elisabetta, ma anche le serve della sua casa. Quando si presentava l'occasione scopava la casa della sua parente, e sempre l'oratorio dove ordinariamente dimorava; insieme alle serve lavava i piatti ed operava altre cose di profonda umiltà. Non deve parere strano che io descriva nei particolari queste azioni così piccole, perché la grandezza della nostra Regina le ingrandisce per nostro insegnamento, affinché alla loro vista si abbassi la nostra superbia e venga meno la nostra scortesia. Quando, però, santa Elisabetta veniva a conoscere gli umili servizi di Maria santissima, se ne affliggeva e cercava di impedirli, per cui l'umilissima Signora si nascondeva quanto era possibile dalla cugina.

250. O Regina e signora dei cieli e della terra, rifugio ed avvocata nostra, benché siate maestra di ogni santità e perfezione, meravigliandomi della vostra umiltà, Madre mia, ardisco chiedervi: come, sapendo che portavate nel vostro grembo verginale l'Unigenito del Padre e volendo comportarvi in tutto come conveniva alla Madre di lui, la vostra grandezza si umiliava ad opere tanto basse, quali spazzare ed altre simili? A parere nostro, per la riverenza dovuta al vostro Figlio santissimo, potevate tralasciarle senza mancare al vostro desiderio. Bramerei sapere, Signora, come si regolava in questo la vostra Maestà.

Risposta ed insegnamento della Regina del cielo

251. Figlia mia, per rispondere alla tua domanda, oltre a quello che hai scritto nel capitolo precedente, devi considerare attentamente che nessuna occupazione esteriore in materia di virtù, per umile che sia, può impedire, se si ordina bene, il dare culto, riverenza e lode al Creatore di tutte le cose. Queste virtù, infatti, non si escludono a vicenda; anzi, sono tutte compatibili nella creatura, e ancor più lo furono in me che ebbi sempre presente il sommo Bene, senza perderlo di vista in un modo o in un altro. Così, io lo adoravo e rispettavo in tutte le azioni, indirizzandole sempre alla sua maggiore gloria. Il Signore, che fece ed ordinò tutte le cose, non ne disprezza alcuna, né lo offende ciò che è infimo. L'anima che realmente lo ama non rifiuta nessuna di queste umili occupazioni alla sua divina presenza, perché in esse lo cerca e lo trova come principio e fine di tutto. Poiché, inoltre, la creatura terrena non può vivere senza queste azioni umili e senza altre che sono inseparabili dalla debolezza della condizione umana e dalla conservazione della natura, è necessario intendere bene questo insegnamento per sapersi regolare in esse. Se la natura, infatti, impegnata in queste azioni ed in questi bisogni, non attendesse insieme al suo Creatore, lascerebbe molti e lunghi intervalli ilei meriti e nell'esercizio delle virtù interiori; tutto ciò è mancanza e difetto biasimevole e poco considerato dagli uomini.

252. Su tale insegnamento devi regolare le tue azioni, di qualunque genere siano, per non perdere il tempo, che mai si riacquista; così, mangiando, lavorando, riposando, dormendo e vegliando, insomma in qualsiasi momento, luogo ed occupazione, adora, riverisci e contempla il tuo Signore grande ed onnipotente, che tutto riempie e fa sussistere. Voglio anche che tu intenda bene come ciò che maggiormente mi muoveva e spingeva a tutti gli atti di umiltà era la considerazione che il mio Figlio santissimo veniva umile per insegnare con le parole e con l'esempio questa virtù al mondo e per scacciare da esso la vanità e la superbia degli uomini, sradicando questo cattivo seme che Lucifero aveva seminato tra i mortali con il primo peccato. Sua divina Maestà mi diede così eminente conoscenza del compiacimento che egli ha di questa virtù che, per fare solamente un atto di quelli che hai riferito, come scopare o baciare i piedi ad un poverello, avrei sofferto i maggiori tormenti del mondo. Non potresti trovare parole per descrivere questo mio desiderio, né per dimostrare quanta sia l'eccellenza e la nobiltà dell'umiltà. Nel Signore intenderai ciò che non puoi manifestare con le parole.

253. Perciò, scrivi questo insegnamento nel tuo cuore ed osservalo come regola della tua vita. Esercitati sempre in tutto ciò che la vanità umana disprezza e disdegnala come esecrabile agli occhi dell'Altissimo. Il tuo contegno deve essere umile; intimamente, però, i tuoi pensieri siano sempre nobilissimi e la tua vita sia nei cieli e con gli spiriti angelici14. Intrattieniti e conversa con loro, che ti daranno nuova luce sulla Divinità e sui misteri di Cristo mio figlio santissimo. Con le creature, poi, le tue conversazioni siano tali che da esse tu esca sempre più infervorata; e tu, a tua volta, risveglia e muovi gli altri all'umiltà ed all'amore per Dio. Nel tuo intimo prendi l'ultimo posto fra tutte le creature e, quando giunga l'occasione ed il tempo di esercitare qualche atto di umiltà, fa' di trovarti pronta. Sappi che non giungerai ad essere signora delle tue passioni, se prima non ti sarai riconosciuta come la più piccola, debole ed inutile tra le creature.

Augustinus
31-05-05, 08:08
Libro III, Cap. 20, §§ 254-260

CAPITOLO 20

Alcuni benefici che Maria santissima frce a casa di Zaccana a persone particolari.

254. È proprietà ben nota dell’amore l'essere ardente ed attivo come il fuoco, se trova materia su cui operare; il fuoco spirituale lo è anche maggiormente, tanto che, se non ha materia, la cerca. Questo maestro ha trasmesso tanti consigli e tante arti virtuose a coloro che amano Cristo che non li lascia affatto stare oziosi. Poiché non è cieco né insano, ma conosce bene la natura del suo nobilissimo oggetto e la sua unica gelosia è quella che non sia amato da tutti, procura di comunicarlo senza invidia. Ora, l'amore che tutti portano a Dio, per quanto fervoroso e santo, è certamente limitato rispetto a quello di Maria santissima, eppure nei santi ha dato luogo ad un ammirabile e potente zelo delle anime, come appare da ciò che hanno compiuto per la loro salvezza; che mai sarà stato, allora, quello che operò in beneficio del prossimo questa grande Regina che era madre dell'amore divino e portava con sé il fuoco vivo e vero che veniva ad incendiare il mondo? In tutto il corso di quest'Opera i mortali conosceranno quanto devono a questa Signora. Anche se sarebbe impossibile riferire i casi particolari ed i benefici che fece a molte anime, tuttavia, affinché da alcuni si argomentino gli altri, in questo capitolo narrerò qualcosa di quanto successe riguardo a ciò mentre la Regina stava in casa di sua cugina santa Elisabetta.

255. Vi era una donna di servizio di sinistre inclinazioni, inquieta, iraconda e che era solita giurare e maledire. Con questi vizi ed altri disordini, mentre avrebbe voluto sopraffare i suoi padroni, stava tanto soggetta al demonio che questo tiranno con estrema facilità la muoveva a qualunque miseria e sregolatezza. Per questo, per lo spazio di quattordici anni fu assistita ed accompagnata da molti demoni, senza che la lasciassero un istante, per assicurarsi il possesso della sua anima. Solamente quando si trovava alla presenza della signora del cielo Maria santissima, i nemici si ritiravano, perché, come altre volte ho detto, la virtù della nostra regina li tormentava, e tanto più ora che racchiudeva nel suo reliquiario verginale il Signore onnipotente e Dio delle virtù; così, la serva non sentiva i cattivi effetti della loro compagnia. D'altra parte, la dolce vista e la conversazione della Regina andavano operando in lei un rinnòvamento tale che cominciò ad affezionarsi molto alla sua riparatrice. Per questo, procurava di assisterla con molto affetto e di offrirsi per servirla, guadagnando tutto il tempo che poteva per andare a starsene con sua Altezza, che guardava con riverenza, poiché tra le sue sregolate inclinazioni ne aveva una buona, cioè una certa naturale pietà e compassione per i bisognosi e gli umili, verso i quali si chinava volentieri facendo loro del bene.

256. La santissima Principessa, che conosceva profondamente le inclinazioni di quella donna, lo stato della sua coscienza, il pericolo della sua anima e la malizia dei demoni nei suoi confronti, rivolse a lei gli occhi della sua misericordia e la guardò con pietoso affetto di madre. Anche se sua Maestà sapeva che quell'assedio e dominio dei demoni era giusta pena dei suoi peccati, pregò per lei e le ottenne il perdono, il rimedio e la salvezza. Con la potestà che aveva su di loro, comandò ben presto ai demoni che lasciassero libera quella creatura e non tornassero più a turbarla e molestarla. Allora essi, non potendo resistere al comando della nostra grande Regina, si sottomisero e sbigottiti fuggirono, senza conoscere la causa di quel suo potere. Parlavano tra sé con meraviglia e sdegno, dicendo: «Chi è mai questa donna che ha su di noi una così straordinaria autorità? Da dove mai le viene un così irresistibile potere che opera tutto ciò che vuole?». Per questo, i nemici concepirono nuovo sdegno e nuova rabbia contro colei che con tanta forza schiacciava loro la testa. Intanto, però, quella felice peccatrice restò libera dalle loro grinfie; Maria santissima la ammonì, la corresse, le insegnò il cammino della salvezza e la mutò in tutt'altra donna, mansueta di cuore e senza alterigia. Ella perseverò, poi, in tale rinnovamento per tutta la sua vita, confessando che tutto il suo bene le era venuto dalla mano della nostra Regina, anche se non conobbe né penetrò il segreto della sua dignità. Tuttavia, continuò ad essere umile e riconoscente e finì la sua vita santamente.

257. Non era di qualità migliori un'altra donna vicina di casa a Zaccaria, la quale, come tale, soleva entrare e conversare con quelli della famiglia di santa Elisabetta. Viveva licenziosamente e, quando intese l'arrivo della nostra Regina a quella città e la modestia e serietà di lei, disse con leggerezza e curiosità: «Chi è questa forestiera tanto santa e ritirata che ci è capitata come ospite e vicina?». Per il desiderio vano e curioso di novità, come sogliono fare simili persone, procurò di vedere la santissima Signora per osservare il garbo e l'aspetto che aveva. Impertinente ed ozioso era questo fine, ma tale non fu il suo effetto, perché, avendo conseguito il suo intento, questa donna restò talmente ferita nel cuore alla vista di Maria santissima e per la sua presenza che si cambiò in tutt'altra e si trasformò in un nuovo essere. Mutò le proprie inclinazioni e, senza conoscere la virtù di quell'efficace strumento, la sentì così viva che le fece versare torrenti di lacrime per intimo dolore dei suoi peccati. Così, solo per avere posto gli occhi con attenzione curiosa sulla Madre della purezza verginale, questa felice donna ottenne in cambio la virtù della castità, restando libera dai vizi e dalle inclinazioni sensuali. Si ritirò per piangere la sua vita dissipata, ma poi fece in modo di vedere nuovamente la Madre della grazia e di parlare con lei. Sua Altezza acconsentì per confermarla, come colei che ben conosceva l'accaduto, portando nel suo seno l'Autore della grazia che fa santi e giustifica, poiché era in virtù di lui che l'avvocata dei peccatori operava. Perciò, la accolse con un materno sentimento di pietà, la ammonì e la istruì nelle virtù, lasciandola migliore e forte per perseverare.

258. In questo modo la nostra grande Signora operò conversioni ammirabili di un grande numero di anime, benché sempre in silenzio e nel segreto. Tutta la famiglia di santa Elisabetta e di san Zaccaria venne santificata dal suo comportamento e dalla sua conversazione. Migliorò ed arricchì di nuovi doni e favori i giusti, rese tali ed illuminò mediante la sua intercessione quelli che non lo erano. Con il suo riverenziale amore soggiogò tutti con tanta forza che ciascuno a gara le ubbidiva e la riconosceva come Madre, rifugio e conforto in tutte le necessità. Causavano questi effetti il solo vederla o poche parole, sebbene non negasse mai quelle necessarie per tali opere. Siccome, poi, di tutti penetrava l'intimo del cuore e conosceva lo stato della coscienza, applicava a ciascuno la medicina più opportuna. Alcune volte, benché non sempre, il Signore le manifestava se quelli che vedeva erano del numero degli eletti o dei reprobi, dei predestinati o dei dannati. Sia l'una che l'altra cosa produceva nel suo cuore ammirabili effetti di virtù perfettissima. A quelli che conosceva giusti e predestinati, infatti, dava molte benedizioni, come fa ancora dal cielo, ed il Signore se ne congratulava con lei; ella, intanto, intercedeva perché li conservasse nella sua grazia ed amicizia, intento per il quale faceva incomparabili sforzi e richieste. Quando vedeva qualcuno nel peccato, supplicava con intimo affetto per la sua giustificazione e di solito la otteneva. Se poi era reprobo, piangeva con amarezza e si umiliava alla presenza dell'Altissimo per la perdita di quella immagine ed opera della Divinità; faceva 'profonde orazioni, offerte ed umiliazioni perché altri non si dannassero, essendo ella in tutto una fiamma di amore divino, che non riposava né si quietava nell'operare cose grandi.

Insegnamento che mi diede la Regina del cielo

259. Figlia mia carissima, su due punti, come su due poli, si deve muovere tutta l'armonia delle tue facoltà e delle tue attenzioni: questi devono essere il conservarti nell'amicizia e nella grazia dell'Altissimo ed il procurarle ad altre anime. In questo si risolvano tutta la tua vita e tutte le tue occupazioni. Per conseguire fini così alti, quando occorra, non voglio che tu ti risparmi alcuna fatica, supplicando il Signore, offrendoti di patire persino la morte e sopportando realmente tutte le tribolazioni che ti saranno date ed a cui arriveranno le tue forze. Anche se per ottenere il bene delle anime non devi fare dispute con le creature, perché al tuo sesso non sono convenienti, devi cercare ed applicare con prudenza tutti i mezzi nascosti e più efficaci che conoscerai adatti allo scopo. Se tu sei figlia mia e sposa del mio Figlio santissimo, considera che le ricchezze della nostra casa sono le creature razionali, le quali, come ricchi gioielli, egli acquistò a prezzo della sua vita, della sua morte e di tutto il suo sangue, essendogli state tolte per la loro disubbidienza, mentre le aveva create da sé e per sé.

260. Perciò, quando il Signore ti manderà qualche anima bisognosa e ti farà conoscere il suo stato, affaticati con fedeltà per la sua redenzione; piangi e grida con affetto intimo e fervoroso per conseguire da Dio la riparazione di tanto danno e pericolo, non trascurando alcun mezzo né divino né umano, nel modo che ti è proprio, per ottenere la salvezza e la vita dell'anima che ti sarà consegnata. Con quella prudenza e misura che ti ho insegnato, non tralasciare di ammonirla e di pregare per tutto ciò che comprenderai esserle utile e con ogni segretezza affaticati per beneficarla. Similmente voglio che, quando sarà necessario, comandi ai demoni con tutto l'imperio, in nome dell'onnipotente Dio e mio, di allontanarsi e separarsi dalle anime che saprai da loro oppresse; poiché ciò succede in segreto, puoi spiegare tutta la franchezza e l'ardire per eseguirlo. Considera che il Signore ti ha posta e ti porrà in occasioni in cui tu possa praticare questo insegnamento; non dimenticarlo e non farlo rimanere sterile, poiché sei tenuta, come figlia di sua Maestà, a prenderti cura dei beni della casa di tuo padre. Non devi trovare riposo, quando non lo fai con ogni diligenza. Non temere, perché tutto potrai in colui che ti dà la forza; il suo potere divino corroborerà il tuo braccio per opere grandi.

Augustinus
31-05-05, 14:34
Da "La Vita della Madonna" secondo le contemplazioni della Beata Anna Caterina Emmerick

Parte Seconda

L’AVVENTO

“Beato il ventre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte!” (Lc 11,27)

Capitolo III
LE NOZZE DELLA SANTA VERGINE MARIA
La vita di Maria, dalle sue nozze fino alla nascita del bambino Gesù.

44 - La Santa Vergine viene promessa a Giuseppe. 45 - Visioni sulle nozze e sulle vesti nuziali di Giuseppe e Maria Santissima. 46 - Visioni sull'anello nuziale di Maria Santissima. 47 - L'Annunciazione dell'arcangelo Gabriele. 48 - Maria e Giuseppe si mettono in viaggio per recarsi da Elisabetta. 49 - La Visitazione: Giuseppe e Maria arrivano alla casa di Zaccaria e di Elisabetta. Le due maternità più eccelse della storia cristiana si incontrano. 50 - La nascita di Giovanni - Maria ritorna a Nazareth e Giuseppe è consolato dall'Angelo.

44 - La Santa Vergine viene promessa a Giuseppe

Le vergini lavoravano occupandosi di ricami, adornando e lavando i tappeti, le vesti sacerdotali e gli arredi sacri. All'età di quattordici anni prendevano marito e lasciavano il tempio. I santi genitori, presentando al tempio Maria, l'avevano dedicata al Signore come prescriveva la tradizione delle pie famiglie. I sacerdoti israeliti più elevati spiritualmente attendevano da tale sacrificio l'atteso Messia. Secondo il regolamento del tempio anche per Maria e altre sette compagne giunse il momento di prendere marito. Allora vidi Anna recarsi a Gerusalemme; Gioacchino frattanto non viveva più e lei aveva preso un altro marito su invito di Dio. Vidi la Vergine tristemente commossa quando seppe che doveva lasciare il tempio, la sentii dire ai sacerdoti che era suo desiderio non andar via dal luogo sacro perché voleva dedicarsi interamente al Signore. Ma le fu risposto che era obbligata a sposarsi. Allora Maria si ritirò nella cella e pregò ardentemente. Spossata dall'emozione e dall'orazione, prese un vaso e andò ad attingere acqua da un pozzo; improvvisamente, sebbene non vedesse alcuna apparizione o forma umana, senti una voce che la ammoni e la confortò, esortandola ad abbracciare la volontà di Dio e ad acconsentire all'unione che le sarebbe stata proposta. Non fu ancora la vera Annunciazione perché questa avvenne a Nazareth. Eppure quand'ero giovinetta scambiavo spesso quest'avvenimento con quello dell'Annunciazione. Vidi il sommo sacerdote che, siccome era assai vecchio e non poteva reggersi da sé, veniva portato su una sedia fino al santuario. Mentre il fuoco del sacrificio ardeva, lo vidi leggere in lunghe pergamene appoggiate su un leggio. Improvvisamente cadde in estasi, vidi che l'indice della mano gli era caduto sul passo in cui il profeta Isaia dice: “Ed uscirà un ramo dalla radice di Jesse, ed un fiore spunterà dalla sua radice”. Quando il sacerdote ritornò in sé lesse quel passo e fu illuminato sul suo significato. Allora fece rivolgere un appello a tutti gli scapoli della tribù di Davide affinché si radunassero al tempio per prendere moglie. All'appello del tempio risposero numerosi uomini di devota fama e di buon nome. Il giorno in cui Maria Santissima doveva essere presentata ai devoti astanti, pianse nella sua cella perché voleva restare vergine. Il sommo sacerdote, seguendo la sua locuzione interiore, porse a ciascuno dei convenuti un ramo, e ordinò loro di segnarci sopra il proprio nome e tenerlo in mano durante la preghiera ed il sacrificio. Poi i rami vennero raccolti e posti sull'altare dinanzi al Santissimo, il religioso allora disse ai giovani pretendenti che la Vergine Maria di Nazareth avrebbe sposato colui il cui ramo avesse sviluppato un germoglio. Mentre il fuoco ardeva e si faceva il sacrificio, tutti erano assorti in preghiera, i ramoscelli giacevano dinanzi al Santo dei Santi. Infine il sacerdote verificò i ramoscelli e, siccome nessuno dei medesimi era fiorito, li restituì a tutti gli scapoli rinviandoli a casa. Fu allora che vidi un giovinetto bellissimo pregare con fervore in uno degli atri del tempio con le braccia rivolte verso l'alto. Rividi questo giovinetto sul Carmelo, presso i figli solitari dei profeti; qui visse nel sacrificio della continua preghiera affinché Dio concedesse all'umanità la salvezza e il compimento della Promessa. Vidi i sacerdoti cercare nei registri per verificare se avessero trascurato qualcuno dei discendenti di Davide, dopo approfondite ricerche trovarono quindi segnati sei fratelli di Betlemme, tra i quali uno si era assentato dal paese da lungo tempo. I prelati videro in questo fratello disperso una chiara indicazione simbolica, e ne ebbero pure un antico ricordo. Lo fecero quindi cercare e lo trovarono in un paesino attraversato da un fiume non lontano da Samaria; Giuseppe lavorava vicino all'acqua. Ossequioso all'esortazione del sommo sacerdote, il pio uomo si pulì e, indossata una nuova veste, si recò al tempio di Gerusalemme. Egli aveva pregato fervorosamente per fare la volontà dell'Angelo, che significava l'adempimento delle antiche promesse messianiche. Sottoposto anch'egli alla prova degli scapoli, quando depose il ramoscello sull'ara questo fiorì. In tal modo Giuseppe fu riconosciuto come lo sposo destinato dal Signore alla Santa Vergine. Il sant'uomo fu così presentato a Maria al cospetto di Anna. La figlia della grazia lo accettò umilmente quale suo sposo, sottomessa al volere divino, liberata nella volontà di Colui al quale si era dedicata con tutta l'anima e il corpo.

45 - Visioni sulle nozze e sulle vesti nuziali di Giuseppe e Maria Santissima

Il matrimonio di Maria e Giuseppe si celebrò a Gerusalemme in una casa sita sul monte Sion, che spesso veniva presa in affitto per tali solennità. La festa delle nozze durò quasi otto giorni. Oltre alle maestre e alle condiscepole di Maria, vi assistettero molti parenti di Anna e Gioacchino ed una famiglia proveniente da Gophna, alla quale appartenevano due vergini. Le nozze furono solenni e molti agnelli furono immolati come sublime offerta al Signore. Ciò che attirò l'ammirazione generale fu l'abito nuziale della Vergine che era magnifico e divenne oggetto di attenzione da parte delle ospiti della festa. Ho visto distintamente Maria abbigliata con la pomposa veste nuziale. Era una veste larghissima azzurra senza maniche, le braccia erano coperte con le bende di lana bianca della camicia; allora le camicie non avevano le maniche ma solo bende penzolanti. Poi la Vergine si era posta subito sotto il collo una collana tempestata di gioielli e ricamata con perle ed altri ornamenti. Notai che questa collana era formata dagli stessi disegni che si mostravano sull'orlo inferiore della veste dell'esseno Arcos. Grandissime rose rosse, bianche e gialle, miste alle foglie verdi, erano tessute sull'abito o vi erano ricamate ad imitazione degli antichi abbigliamenti sacerdotali. Il lembo inferiore era adorno di fiocchi e frange, il superiore si univa col panno che ricopriva la testa. Al di sopra della veste si mostrava uno scapolare come quello di alcuni ordini monastici, per esempio dei Carmelitani: era di seta bianca, ricamato a fiorami d'oro e largo mezzo braccio, la parte esterna era adorna di pietre preziose. La Beata Vergine indossava sulla veste un ampio manto color azzurro che le ricadeva sulle spalle e terminava in uno strascico adorno di fiorami d'oro. I capelli erano stati acconciati in un modo veramente artistico: in tante ciocche riunite fra loro da fili di seta bianca e da perle, di cui le estremità erano rivolte all'indietro. Si veniva a formare così come un'ampia rete, che ricadendo all'indietro, lungo il dorso, lo ricopriva fino alla metà del mantello. Questa capigliatura era coperta da un ornamento che consisteva in frange e perle intrecciate tra loro. Sul capo portava una corona adorna di gioielli alta circa un palmo e, nel mezzo sopra la fronte, aveva incastrate tre perle, così tre altre ornavano ciascun lato. Le vergini del tempio si erano impegnate con abilità ad acconciare con destrezza la capigliatura di Maria. Nella mano sinistra la Santa Vergine portava una piccola ghirlanda di rose di seta di color bianco e rosso, e nella destra, come uno scettro, manteneva un candelabro dorato senza piedistallo, sopra vi ardeva una fiammella. Ai piedi portava sandali di stoffa verde dalle suole alte circa due dita tenute unite al piede da due nastri di color bianco e dorato. Inoltre le dita dei piedi erano ricoperte da un pezzo di stoffa unito alla suola, come portavano le donne di condizioni agiate. Quando Anna le portò trepidante i begli abiti, la Santa Vergine era così umile che non voleva indossarli. Dopo le nozze i capelli le furono rivolti sul capo, le fu tolta la corona e le si poggiò sulle spalle un velo candido come il latte. La Vergine aveva un'abbondante chioma color biondo-rossiccio, le ciglia nere e ben formate, la fronte alta, l'occhio grande, lo sguardo basso, dignitoso e modesto allo stesso tempo, sopracciglia nere e vivaci; il naso ben profilato, la bocca piccola e graziosa, il mento acuto. Maria era di media statura e il portamento, nel suo magnifico abbigliamento, era solenne e pieno di dignità. Dopo le nozze indossò una veste a righe, molto modesta, io ne posseggo gelosamente un lembo tra le mie reliquie. A Cana e in altri luoghi la vidi portare questa stessa veste, mentre indossava l'altra, quella della cerimonia, solo nelle occasioni solenni. Durante le nozze gli ospiti di posizione agiata usavano cambiare più volte gli abiti. Quando Maria indossava i suoi abiti solenni assomigliava ad alcune donne famose nella storia dei tempi posteriori, per esempio all'imperatrice Elena e perfino alla regina Cunegonda, mentre la veste ordinaria delle Ebree la faceva somigliare piuttosto alle donne romane. Le stoffe erano opera di molti tessitori che abitavano a Sion nelle vicinanze del Cenacolo. La bellezza di Maria Santissima è indescrivibile. Giuseppe invece indossava una veste lunga e larga di color celeste, come quella dei mugnai, chiusa fino all'orlo inferiore mediante dei fermagli. Le ampie maniche si allacciavano ad uncinetto, avevano larghi risvolti e delle tasche interne. Intorno al collo aveva avviluppata una stola larghissima.

46 - Visioni sull'anello nuziale di Maria Santissima

Il 29 luglio del 1821, la Veggente ebbe una visione inerente alla Sindone in cui venne avvolto Gesù e dove si impresse la sua immagine corporea, in particolare il volto. Poi ella vide i luoghi dove si trovavano le sante reliquie dimenticate dall'uomo ma venerate dagli Angeli e dalle anime devote. Tra queste, Suor Caterina Emmerick vide anche l'anello nuziale della Santa Vergine che così descrisse:

"Vidi l'anello nuziale di Maria Santissima: non è né d'oro e neppure d'argento, né di alcun altro metallo, ma di materia bruna luccicante e largo più di un dito. La superficie liscia, dove si vedono intarsiati dei piccoli triangoli con delle lettere e una lastrina dorata. Vidi questa preziosa reliquia conservata in un piccolo e bel reliquiario in una chiesa o un santuario; tutti gli sposi toccavano il reliquiario con i loro anelli".

Visioni del 3 agosto 1821.

Oggi ho avuto alcune visioni relative all'anello nuziale della Santa Vergine: ricordo bene una festa in una chiesa italiana in cui la preziosa reliquia veniva esposta sull'altare, in un ostensorio adornato magnificamente. Durante la festa vidi comparire San Giuseppe e la Beata Vergine Maria, abbigliati con le vesti nuziali; quando Giuseppe infilò l'anello al dito della Santa Sposa vidi contemporaneamente scintillare e muoversi l'anello nell'ostensorio. Sull'altare di questa chiesa italiana vidi un quadro dell'Ecce Homo, il quale era giunto miracolosamente nelle mani di un governatore romano. Quest'uomo politico era assai devoto e amico di San Pietro. Alla sinistra, nel quadro, vedevo la Sindone in cui era stato avvolto nostro Signore. Ebbi poi la visione di un banchetto nella casa di Anna. Intorno alla tavola, su cui vedevo alcuni calici, sedevano Anna col suo secondo marito, Maria, Giuseppe e tutti i parenti con alcuni fanciulli e sei ospiti stranieri. La Vergine indossava un mantello variopinto rosso, celeste e bianco lavorato a fiorami, come gli antichi paramenti per il sacrificio della Messa. Aveva un velo trasparente ed al disopra di questo un altro nero. Mi parve che fosse una festa in occasione delle nozze. Quando la festa fini, Anna ritornò a Nazareth insieme agli altri parenti, seguita da Maria e dalle altre fanciulle congedate dal tempio. Abbigliate pomposamente uscirono tutte insieme dalla città, ma non so dire quando le vergini si accomiatarono dal gruppo per proseguire verso le proprie dimore. Vidi però che pernottarono nella scuola levitica di Bethoron. Maria fece tutto il viaggio a piedi. Giuseppe invece, si era recato a Betlemme per espletare alcune commissioni.

47 - L'Annunciazione dell'arcangelo Gabriele

Anna aveva disposto per la Sacra Famiglia la piccola casetta di Nazareth di sua proprietà; quando Giuseppe si assentava la Vergine dimorava con sua madre. Stanotte, durante la meditazione, cercai la Santa Vergine, allora il mio spirito fu subito trasportato dall'Angelo custode in casa di sua madre Anna. Ne riconobbi ogni angolo, ma non vidi alcuno: né Maria e nemmeno Giuseppe. Vidi però Anna attraversare un bosco per recarsi a casa di Maria. La casa di Giuseppe era più piccola di quella di Anna, davanti c'era un piccolo cortile quadrato. Anna salutò la figlia e le diede un fagotto; forse era la prima volta che incontrava sua figlia dopo le nozze. Dopo aver conversato per molto tempo di faccende domestiche, vidi Anna accomiatarsi da Maria. La Vergine accompagnò sua madre per un lungo tratto di cammino. In un'altra visione vidi Giuseppe in viaggio, mentre nella casa erano rimaste con la Santa Vergine due fanciulle, la madre Anna e una sua parente vedova. Credo che le due ragazze fossero consorelle del tempio. Le vidi mettere in ordine la casa, quindi si riunirono nel cortile e conversarono amichevolmente. Verso l'imbrunire si sedettero intorno ad un tavolo rotondo, pregarono e mangiarono delle erbe. Dopo la cena ognuna si ritirò nella propria stanza, solo Anna fece prima un giro per la casa per controllare se tutto era a posto. La stanzetta di Maria si trovava accanto al focolare e vi si entrava dalla cucina. La Vergine vi entrò ed indossò una lunga veste di lana, poi si preparò alla preghiera coprendosi il capo con un lungo velo color giallo pallido. Si era tolta il velo nero che si abbassava sul volto quando parlava agli uomini. La fantesca entrò con un lumicino e accese un candeliere che pendeva dal soffitto; poi si ritirò. Allora vidi Maria prendere un basso tavolino a tre gambe coperto da un tappeto azzurro e rosso, sul quale si trovava un rotolo di pergamena. La Vergine collocò il tavolino fra il letto e la porta, a sinistra della stanza, dove al suolo era steso un tappeto con un cuscinetto di forma rotonda, sul quale si genuflesse. La Madonna, dopo essersi calata il velo sul candido viso e congiunte le mani sul petto, senza incrociare le dita, pregò per lungo tempo e con fervore con lo sguardo rivolto al Cielo. Ella chiese a Dio che la sua preghiera potesse accelerare il tempo della venuta del Redentore. Allora penetrò dall'alto una luce fortissima che andò diritta al suo fianco destro, in linea obliqua. Ne fui io stessa abbagliata, tanto che caddi sul pavimento vicino all'ingresso. In mezzo a quei raggi di luce intensa, vidi librare la figura dell'arcangelo Gabriele dinanzi alla Santissima Vergine. Di fronte a tanta luce magnifica, Maria era rimasta impietrita. Il Santo Gabriele era un giovinetto lucente dalla lunga chioma. Lievemente parlò alla Vergine muovendo le braccia ed emettendo le parole dalle labbra come lettere infuocate. Maria aveva rivolto timidamente a destra il capo velato e non osava guardare l'Angelo. Gabriele continuava a parlare, ed allora la Vergine Beata, quasi come se ubbidisse ad un comando, alzò il viso e gli rispose. L'Angelo parlò di nuovo, e questa volta Maria alzò interamente il velo, e fissandolo in volto ripetè le sante parole: "Ecco l'ancella del Signore; sia fatto di me secondo la tua parola". Dopo aver pronunciato queste parole ben chiare, la Vergine Santa rimase assorta in profonda estasi. Non vedeva più la luce della lampada, né il soffitto della camera, poiché la stanza era inondata da un torrente di luce. In quell'occasione sembrò che il Cielo si fosse aperto, e quando Maria levò lo sguardo in alto vide una striscia luminosa popolata da Angeli, all'estremità di quell'oceano di luce si mostrava la Santa ed adorabile Trinità nella forma di una fiamma triangolare le cui irradiazioni si compenetravano reciprocamente. Quando la Vergine pronunciò le parole: "Avvenga di me secondo la tua parola!" vidi scendere un alato messaggero, era lo Spirito Santo, non in forma di colomba, come viene ordinariamente dipinto, ma la sua testa aveva tratti umani aureolati da una luce soprannaturale. Due ali rilucenti gli si spiegavano a destra e a sinistra, dalle mani e dal petto gli uscivano tre torrenti di luce diretti al petto e al fianco destro dell'Annunziata, dove tornavano a riunirsi. La Vergine, trasfusa di luce, era divenuta quasi trasparente; sembrava che la sua carne si dileguasse a quella luce potente come la notte all'approssimarsi del sole. Lo splendore tanto e talmente la compenetrava, che nulla più in lei era oscuro e velato, la sua figura splendeva adesso in ogni sua forma. Appena l'Arcangelo si ritirò anche la luce scomparve, quasi che il Cielo l'avesse riassorbita. In questo momento vidi cadere sulla Vergine un'infinità di rose bianche, ciascuna accompagnata da una foglia verde. Mentre contemplavo questa visione meravigliosa, provai contemporaneamente una sensazione orrenda e di agitazione, come se qualcuno mi stesse per tendere un'insidia. Vidi un orribile serpente strisciare sui gradini di accesso e giungere vicino alla porta della stanza della Santa Vergine. Era avanzato fino al terzo gradino quando la luce riempì la Santa Vergine. Il serpente era un vero mostro alto all'incirca come un fanciullo; il corpo era piatto e largo sul petto, aveva due corte zanne. I colori più orribili concorrevano a sfigurano, mi ricordava il serpente del Paradiso terrestre. Allora, quando l'Angelo uscì dalla camera della Vergine, dinanzi alla porta calpestò il serpente che mandò sibili spaventosi. Rabbrividii dall'orrore. Poi vidi comparire tre spiriti che, calpestandolo e battendolo, lo spinsero fuori dall'abitazione. Vidi Maria, rimasta in tranquilla solitudine, rapita in estasi profonda che nelle sue preghiere adorava la presenza del promesso Salvatore. A Gerusalemme le donne dovevano rimanere nell'atrio e non potevano entrare nel tempio, nel santuario solo i sacerdoti potevano accedere; ma a Nazareth la Vergine Santissima stessa era divenuta il tempio che ospitava il Santo dei Santi, in lei cresceva il Sacerdote supremo del mondo. Tutto mi apparve pieno d'amore e di grandezza, tutto così semplice e naturale! In quel momento vidi glorificare le parole di Davide nel suo quarantacinquesimo salmo: "Il Signore ha santificato la sua capanna: Dio è nel suo interno né alcuno potrà turbarla". Era mezzanotte quando Anna, svegliata da uno strano movimento della natura, vide una nube luminosa sulla sua casa. Così turbata si alzò, e svegliate le altre donne, si recò nella stanza di Maria. Appena videro la Vergine inginocchiata e assorta in devota preghiera, le donne si ritirarono rispettosamente. Maria Santissima si avvicinò all'altare accostato alla parete e calò il rotolo dove vi era raffigurata un'immagine maschile velata, simile a quella che avevo veduto nella casa di Anna. Accèsa la torcia assicurata alla parete, la Beata Vergine pregò con fervore dinanzi a questo simbolo. All'alba si coricò. Su un alto leggio vidi delle pergamene. Fu grande il mio spavento quando vidi di nuovo l'orribile serpente strisciare verso di me, quasi cercasse un rifugio fra le pieghe del mio abito. il mio Angelo custode mi sottrasse subito al pericolo e mi allontanò dalla bestia. Vidi i tre spiriti che comparvero e batterono un'altra volta il mostro che emetteva tremendi sibili. Rabbrividisco ancora al solo pensiero. La Santa Vergine adesso sapeva che avrebbe partorito il futuro Messia. Non aveva compreso però ancora a fondo il simbolismo del trono di David e che questo Figlio non era di questo mondo. Come non aveva capito le parole di Gabriele, secondo le quali la casa di Giacobbe su cui suo Figlio avrebbe regnato nell'eternità simbolizzava la Chiesa e la comunione dell'umanità rigenerata. Maria era il puro Vaso della grazia promesso da Dio ai suoi progenitori, destinata a partorire il Messia. Tutti i suoi devoti antenati, quei santi figli di Dio, avevano contribuito ad accelerare la sua venuta e quindi quella di Cristo, Redentore dell'umanità peccatrice. Lei sola in quest'epoca costituiva il puro oro di tutta la terra, il sangue immacolato dell'umanità intera. La venuta della Madre dell'Eterno piena di grazia era stata prevista fin dall'inizio dei tempi. Nelle solennità dedicate a Maria Santissima, la Chiesa fa parlare la Santa Vergine per bocca della divina Sapienza, nei proverbi di Salomone (Pr 8,22-36):

La Sapienza creatrice dell'Universo "Il Signore mi ha creato all'inizio della sua attività, prima di ogni sua opera, fin d'allora. Dall'eternità sono stata costituita, fin dal principio, dagli inizi della terra. Quando non esistevano gli abissi, io fui generata; quando ancora non vi erano le sorgenti cariche d'acqua; prima che fossero fissate le basi dei monti, prima delle colline, io sono stata generata. Quando ancora non aveva fatto la terra e i campi, né le prime zolle del mondo; quando egli fissava i cieli, io ero là; quando tracciava un cerchio sull'abisso; quando condensava le nubi in alto, quando fissava le sorgenti dell'abisso; quando stabiliva al mare i suoi limiti, sicché le acque non ne oltrepassassero la spiaggia; quando disponeva le fondamenta della terra, allora io ero con lui come architetto ed ero la sua delizia ogni giorno, dilettandomi davanti a lui in ogni istante; dilettandomi sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell'uomo. Ora, figli, ascoltatemi: beati quelli che seguono le mie vie! Ascoltate l'esortazione e siate saggi, non trascuratela! Beato l'uomo che mi ascolta, vegliando ogni giorno alle mie porte, per custodire attentamente la soglia. Infatti, chi trova me trova la vita, e ottiene favore dal Signore; ma chi pecca contro di me, danneggia se stesso; quanti mi odiano amano la morte". In principio, prima che Dio creasse cosa alcuna io ero presso di Lui. Io esisto fino all'eternità e dall'origine dei tempi e fui prima che fosse la terra. Non esistevano ancora gli abissi ed io ero già, le sorgenti non scaturivano ancora, né i monti ancor si appoggiavano con la loro mole grave sulla terra, e neppure erano sorte le colline, ed io già esistevo. Non era ancor creata la terra, né i fiumi, e neppure i poli del circolo terrestre. Io ero presente quando Iddio creava i cieli, quando con leggi geometriche segnava le orbite dello spazio, quando assicurava il firmamento, determinava il livello delle fonti, poneva confini al mare e dettava leggi alle acque in modo che le onde non oltrepassassero i limiti assegnati. Ed io ero presente quando Lui poneva le fondamenta della terra; con Lui io dis ponevo tutte le cose. Mia gioia era stare sempre alla sua presenza; mi dilettavo con l'Universo: la mia allegrezza è abitare con i figli degli uomini. Uditemi dunque, figli miei! Felici sono coloro che osservano le mie vie. Ascoltate ai miei insegnamenti, e siate saggi: non rigetta te le mie ammonizioni! Felice chi mi ascolta e veglia ogni giorno alle mie porte, vigilando alla soglia di casa mia; perché chi trova me trova la vita, e ottiene il favore del Signore; chi invece mi perde danneggia se stesso, e chi mi odia, ha scelto la morte".

Quando Gesù Cristo assunse le sembianza umane, la Santa Vergine contava poco più di quattordici anni.

48 - Maria e Giuseppe si mettono in viaggio per recarsi da Elisabetta

Alcuni giorni dopo l'Annunciazione dell'Angelo a Maria, Giuseppe ritornò a Nazareth per sistemare alcune faccende e vi dimorò solo alcuni giorni. Egli non sapeva ancora nulla dell'incarnazione che si era compiuta nella sua sposa. Maria Santissima, divenuta la madre di Dio e la serva del Signore, conservava il segreto per umiltà. Quando la Vergine si accorse che il Verbo si era incarnato nel suo corpo, senti un'ardente necessità di recarsi a visitare la cugina Elisabetta in Juta, presso Hebron, poiché l'Angelo le aveva detto che il corpo di Elisabetta era stato benedetto come il suo, sei mesi prima. Giuseppe accompagnò Maria ed intraprese il viaggio verso Juta perché voleva recarsi a Gerusalemme per celebrarvi la Pasqua. Si diressero, quindi, verso il sud e portarono con loro un asino sul quale saliva Maria quando era stanca di camminare a piedi. L'asino portava il carico di una bisaccia con i viveri e vari arnesi. La santa Coppia aveva portato con sé, ben conservata, una veste marrone di Maria con una specie di cappuccio; questa si chiudeva con dei nastri e la Vergine l'indossava quando andava al tempio. Maria indossava per il viaggio una camicia scura di lana, sopra aveva un abito grigio con una cintura e in testa portava una specie di cuffia gialla. Non restarono molto in viaggio. Li vidi attraversare la pianura di Esdrelon e, dirigendosi verso il sud, entrarono in Dothan, città posta sopra un'altura; presero alloggio nella casa di un amico del padre di Giuseppe. Il padrone di casa si chiamava Eldoa ed era considerato quasi un fratello da Giacobbe, il padre di Giuseppe. Ela, Eldoa o Eldad era un uomo agiato e discendeva da un re della tribù di Davide. Una volta li vidi pernottare in un tugurio, ed un'altra volta li ho veduti prendere alloggio in una capanna di vimini per i viaggiatori. La capanna si trovava a circa dodici ore di cammino dalla dimora di Zaccaria; il verde dei rami coperti di candidi fiori ne rendeva l'aspetto graditissimo. In quella regione si vedono numerosi pergolati di questo tipo o anche massicci edifici che, eretti lungo le strade maestre, servono ai pernottamenti o alle soste dei pellegrini. Qualche famiglia delle vicinanze si prendeva cura della capanna e forniva ai viaggiatori quanto occorreva loro di più essenziale, ricevendone un lieve compenso. Dopo aver assistito alle celebrazioni della Pasqua, la santa Coppia si diresse verso Juta, prendendo la via più lunga ma confortevole. Passarono vicino ad una piccola città nei pressi di Emanus. Queste strade saranno battute più tardi da Gesù nei suoi pellegrinaggi. Vidi San Giuseppe e Maria seduti in una valle per riposare. Tra i dintorni montuosi, mangiarono e si dissetarono con acqua mista ad un balsamo da loro molto usato. Ripresero il cammino passando tra enormi rupi ed arbusti secchi, dappertutto c'erano spaziose caverne dove si vedevano pietre stranissime di svariati tipi. Le valli erano assai fertili. Il loro percorso attraversava boschi, campi e immensi prati; giunti in vista della casa di Zaccaria vidi un albero adorno di bellissime foglie di un bel colore verde e mazzetti di fiori. Ogni fiore era composto di nove campanelle di color rosso pallido. Compresi il simbolismo mistico di questo fiore bellissimo.

49 - La Visitazione: Giuseppe e Maria arrivano alla casa di Zaccaria e di Elisabetta. Le due maternità più eccelse della storia cristiana si incontrano

La casa di Zaccaria era posta sopra una collina isolata, attorniata da gruppi di case sparse nella zona. Un torrente scorreva da un monte non molto lontano. Dopo aver celebrato la Pasqua al tempio, Zaccaria ritornò a casa. Vidi Elisabetta agitata andargli incontro. Era una donna attempata, d'alta statura e di viso gentile, aveva la testa coperta da un velo. La vidi percorrere emozionata la strada verso Gerusalemme. Zaccaria si preoccupò non poco nel vederla così lontana da casa in quelle delicate condizioni. Appena lei lo vide, gli narrò di aver sognato che la cugina, Maria di Nazareth, era in cammino per visitarla. Il pio uomo, servendosi di gesti e segni, cercò di dissuaderla dimostrandole con diverse argomentazioni l'inconcretezza del sogno. Egli era convinto che una donna sposata da poco tempo non avrebbe potuto intraprendere un viaggio così lungo. Malgrado tutte le premure di Zaccaria per convincere la consorte a desistere da quell'attesa, la santa Donna non sapeva rinunciarvi. Aveva visto in sogno che una sua parente sarebbe divenuta madre del promesso Messia. Il pensiero correva alla Santissima Maria e nel suo spirito la vedeva arrivare. Alla destra del vestibolo dell'abitazione di Zaccaria c'era una stanza con delle sedie, là sedutasi, il giorno seguente, Elisabetta stette per molto tempo ad osservare l'orizzonte. Improvvisamente scorse due figure lontane, allora si alzò e corse loro incontro. Maria, lasciando indietro Giuseppe, affrettò il passo. Le due donne si porsero calorosamente ma con timidezza la mano; ammirai allora un fascio di luce trasmettersi dalla Vergine a Elisabetta. Giuseppe era rimasto indietro, rispettoso. La meravigliosa figura carismatica della Vergine, aureolata di luce soprannaturale, aveva attratto la timida curiosità della gente del vicinato che, pur mantenendosi rispettosamente ad una certa distanza, fu inconsapevolmente testimone del santo incontro. Le vedo, l'una al braccio dell'altra, attraversare il cortile interno ed entrare in casa. Giunte alla porta, Elisabetta diede nuovamente a Maria Santissima il benvenuto, ed entrarono. Giuseppe, frattanto, tirava il somaro conducendolo all'interno del cortile della dimora di Zaccaria, e consegnatolo ad un servo, entrò in una sala della casa dove vide l'anziano sacerdote. Al cospetto del venerabile saggio, Giuseppe s'inchinò umilmente e si mostrò stupito di trovarlo muto. Zaccaria, abbracciandolo con effusione, gli scrisse su una tavoletta il motivo per cui era rimasto muto dall'apparizione dell'Angelo, che Maria già sapeva. Le due donne, oltrepassata la soglia, entrarono in una sala che mi pareva servisse anche da cucina. Qui si abbracciarono per la felicità di essersi trovate. Vidi di nuovo il raggio che, più luminoso di prima, da Maria Santissima penetrò nel cuore di Elisabetta. Questa, allora, inondata di Spirito Santo e di ardore celeste, alzò le palme al cielo ed esclamò: "Tu sei la benedetta tra le donne, e benedetto è il frutto delle tue viscere. Come posso spiegarmi il turbamento che tutta mi commuove? Perché è venuta a me la madre del mio Signore? Quando mi hai salutata il mio bambino è balzato di gioia vicino al mio cuore! Oh! tu sei la fortunata fra le donne! Tu hai creduto, e ciò che credesti si avverò e si verificherà quello che ti fu promesso dal Signore". Mentre Elisabetta parlava in questo modo, condusse Maria nella stanzetta che aveva già disposto per lei affinché potesse riposarsi dal lungo cammino. La Santa Vergine allora incrociò le mani sul petto e nella sua estasi intonò il canto di lode: "L'anima mia onora il Signore e il mio spirito si vivifica in Lui, mio Salvatore, perché Egli si è degnato di contemplare la nullità della sua ancella; ed ecco che da quest'istante tutte le genti mi chiameranno beata, perché in me il Potente fece grandi cose, Egli che è grande, il cui nome è santo, la cui misericordia si spande di generazione in generazione su tutti quelli che lo temono. Egli ftce opere di potenza col suo braccio ed ha distrutto le vane speranze dei superbi; ha deposto dal loro seggio i potenti ed ha esaltato gli umili; ha colmato di doni i poveri e rimandato senza conforto i ricchi. Egli ha accolto Israele, suo servo, memore della sua misericordia, come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo ed ai suoi figli per l'Eternità" (cfr. Lc 1,47-55). Vidi Elisabetta assorta in estasi che cantava il Magnificat, poi le due sante donne si avvicinarono ad un piccolo tavolo su cui si trovavano dei bicchieri. Oh! come sono stata felice di poterle accompagnare con la mia preghiera!

Suor Emmerick al pomeriggio dello stesso giorno così continuò in uno stato estatico:

"Giuseppe e Zaccaria sono assieme e discorrono della prossima venuta del Messia e del compimento dell'antica profezia. Zaccaria è un bell'uomo anziano, vestito da sacerdote. Egli risponde sempre con segni, oppure scrivendo su una tavoletta. La stanza dove essi si trovano ha una porta sul giardino, il sole splende e tutto richiama all'armonia del cuore. Vedo adesso i due nel giardino, all'ombra di un grande albero; sono seduti al suolo su un tappeto. Dietro l'albero vi è un pozzo da cui si attinge l'acqua aprendo un rubinetto. Ammiro meglio questo giardino: è coperto di erba molto verde, ci sono fiori ed alberi carichi di piccole susine giallognole. Mentre discorrono lentamente, mangiano un po' di frutta che prendono dal sacco portato da Giuseppe. Zaccaria prosegue la conversazione sempre scrivendo sulla tavoletta. Com'è commovente la loro semplicità! I due servi e le due ancelle addette alla casa si affaccendano nei servizi domestici, preparano la tavola sotto un altro albero, dove sopraggiungono Zaccaria e Giuseppe per mangiare qualcosa. Giuseppe rimane otto giorni a casa di Zaccaria. Fino a questo momento egli ignora ancora le condizioni in cui si trova il corpo della Santa Vergine. Maria ed Elisabetta, che si comprendono per i moti interiori dell'animo, tacciono. Alcune volte, specialmente poco prima del pranzo, le sante donne intonano una litania e poi pregano tutti insieme. Vedo apparire in mezzo a loro una croce.

3 luglio

Ieri sera si trattennero fino a mezzanotte sotto l'albero del giardino. Una torcia li rischiarava. Poi Giuseppe e Zaccaria si ritirarono per la preghiera, anche Maria ed Elisabetta, rapite in estasi, cantarono e contemplarono il Magnificat, come ogni sera. Vidi Zaccaria condurre San Giuseppe in un orticello che apparteneva pure alla casa, e siccome era un uomo ordinato e precisissimo, così pure quest'orto mostrava una coltura diligente: era ricco di belle piante e di alberi da frutta. Vidi nell'orto una casetta quasi nascosta tra il fogliame in cui scorsi due figure; penso che rappresentassero Zaccaria ed Elisabetta quand'erano più giovani. Di più non saprei dire, perché la visione di quelle figure fu assai breve e indistinta. Frattanto, Elisabetta e Maria erano rimaste, a casa assai affaccendate. La Vergine prendeva parte a tutte le vicende domestiche e preparava tutto quanto occorreva per l'imminente parto della cugina. Lavoravano insieme a tessere un gran tappeto che doveva servire da letto ad Elisabetta. Le ebree si servivano di tappeti nel cui centro era assicurato un largo mantello di lana, in modo tale che la partoriente vi si potesse avvolgere dentro interamente col nascituro. L'orlo del tappeto era ricamato a fiori e vi erano incisi dei proverbi. Le due donne prepararono pure molte cose da regalare ai poveri in occasione del parto. Zaccaria e Giuseppe, dopo aver pregato sotto le stelle, si ritirarono a dormire nella capanna dell'orto. Allo spuntar dell'alba tornarono a casa dove si ritrovarono con le rispettive consorti. Stanotte ho visto le sante donne assorte in preghiera. Improvvisamente in questa visione ho compreso molte allusioni contenute nel Magnificat, fra le quali una relativa all'istituzione del Santo Sacramento. Al passo: "Tu hai fortificato il tuo braccio..." mi sono comparsi moltissimi simboli relativi al Santo Sacramento dell'altare contenuti nell'Antico Testamento, fra questi Abramo mentre stava per sacrificare Isacco, e Isaia che predicava la verità ad un re cattivo, il quale lo scherniva. Ho visto numerose cose da Abramo fino ad Isaia e da questi fino ai tempi della Santa Vergine. Ho visto che i giorni del Santo Sacramento e della Chiesa di Gesù Cristo erano veramente prossimi. Il saluto dell'Angelo aveva consacrato la Santa Vergine alla Chiesa, e quand'Ella pronunciò le parole dell'accoglimento: "Ecco l'Ancella del Signore, avvenga di me come tu hai detto" il Verbo di Dio che dimorava nel tempio Celeste andò a germogliare nel suo seno. La Vergine in quel momento si trasformava nel tempio terreno e nell'Arca della Nuova Alleanza di Dio. Il saluto di Elisabetta e la vivificazione di Giovanni nell'utero della madre erano stati i primi omaggi tributati dall'umanità all'Eletta del sacro Santuano.

Prima di addormentarsi Suor Emmerick recitò le litanie dello Spirito Santo, particolarmente il Veni Sancte Spiritus. La sera seguente, come una fanciulla innocente, Suor Emmerick levò in alto le mani segnate dai santi sigilli e continuò la narrazione.

Oggi non ho conversato quasi con alcuno, molte visioni che avevo dimenticato mi sono tornate alla mente come il mistero del Santo Sacramento dell'Antica Alleanza. Ho vissuto un momento di quiete profonda; com'è stato bello! Ho visto di nuovo la Terra Promessa dove abitava Maria. Faceva molto caldo. Vedevo quelle sante persone entrare nel giardino, prima Zaccaria e Giuseppe, poi Elisabetta e Maria. Erano sotto una specie di capanna vicino ad un albero gigantesco, sedevano su piccole sedie, mangiavano e discorrevano, ogni tanto passeggiavano, poi si fermavano per meditare e pregare. Hanno trascorso così la notte intera in quel giardino sotto la volta celeste. Mentre la bellezza della natura illuminata dalla volta stellata li circondava, Maria ha annunciato a Zaccaria che egli presto avrebbe ricevuto la grazia della parola. Il mio Angelo custode mi ha illuminato il cuore con un simbolo, il quale mostrava che solo un'ingenua e viva fede in Dio può operare e realizzare ogni cosa. Più tardi Giuseppe si è preparato per il viaggio di ritorno a Nazareth, che avrebbe fatto da solo; Zaccaria gli sarebbe stato compagno per un tratto di strada.

7 luglio.

Nella casa di Elisabetta ho visto la Vergine dormire nella sua stanza, era distesa su un fianco ed appoggiava la testa sul braccio. Maria era avvolta in un lenzuolo bianco dalla testa fino ai piedi. Sotto il suo cuore ho visto una gloria luminosa a forma di pera circondata da un cerchio di luce chiarissima. Avevo visto anche in Elisabetta manifestarsi una simile aureola che, sebbene fosse più ampia nella forma, presentava però minor pienezza di luce di quella di Maria.

Sabato 8 luglio.

Ieri sera, venerdì, ebbero inizio le solennità del sabato nella casa di Zaccaria. Alcune torce illuminavano il volto di Giuseppe e Zaccaria che, con altre sei persone dei dintorni, pregavano genuflessi intorno ad una cassa sulla quale stavano aperte le pergamene delle preghiere. Le teste degli oranti erano avvolte in panni. Mi sembrò che pregassero come gli Ebrei moderni. Un tramezzo di vimini divideva l'oratorio maschile da quello femminile, dove pregavano Maria, Elisabetta ed altre due donne. Vidi Zaccaria con una veste bianca con maniche non molto larghe, portava una larghissima cintura ornata di lettere e nastri pendenti. Un cappuccio era cucito alla parte posteriore della veste ed era ripiegato all'indietro. Anche Giuseppe indossava una veste sacerdotale assai bella. Consisteva in un mantello pesantissimo tessuto di stoffa bianca e color porpora; non aveva maniche, era agganciato sul petto per mezzo di tre fermagli ornati di gioielli. Dopo aver celebrato il banchetto del sabato, la Santa Vergine ed Elisabetta si ritirarono a pregare. Le vidi una di fronte all'altra, con le braccia congiunte sul petto e il velo nero sul volto. Durante la seconda parte del cantico un fascio di luce celeste scese su Maria. Era appena calata la notte quando Giuseppe, accompagnato da Zaccaria, si preparò ad intraprendere il cammino sotto le stelle. Prima di partire si genuflessero ancora una volta in preghiera. Giuseppe si appoggiava al suo bastone ritorto alla sommità e portava con sé un sacchetto con dei pani ed un piccolo fiasco. Anche Zaccaria si era munito di un lungo bastone. Prima della partenza strinsero le proprie consorti al petto in segno di fraterno amore; non vidi che si baciassero. Le pie donne li accompagnarono per un tratto, poi si separarono per rientrare in casa. Zaccaria e Giuseppe proseguirono da soli il cammino, confortati dalla limpida notte serena.

Martedì 11 luglio.

I due santi uomini passarono la notte in una capanna. Avevano preso la strada più lunga per far visita ad alcuni parenti. Credo che avessero calcolato per quel viaggio tre giorni complessivi di cammino.

13 luglio.

Ieri ho visto Giuseppe solo nella casa di Nazareth. L'ancella di Anna aveva ogni cura di provvederlo del necessario. Anche Zaccaria, dopo essere stato a Gerusalemme, era ritornato alla sua dimora. La Santa Vergine ed Elisabetta, intanto, lavoravano e pregavano. Dopo cena passeggiavano nell'orto, godevano la brezza serale e parlavano di Dio. Di solito le sante donne si coricavano alle ventuno per alzarsi prima dello spuntare dell'alba. Maria rimase presso Elisabetta per tre mesi, fin dopo la nascita di Giovanni; non assistè alla circoncisione del nascituro.

Tutto questo fu quanto Suor Emmerick vide sulla Visitazione della Vergine ad Elisabetta. Ella raccontò le visioni del santo incontro nel mese di luglio, ma in realtà la visita di Maria ebbe luogo in marzo.

Abbiamo pensato di completare questo racconto della Veggente con i seguenti passi dal Vangelo di Luca: "I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva esaltato in lei (Elisabetta) la sua misericordia e si rallegravano con lei" (Lc 1,58). "All'ottavo giorno vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo col nome di suo padre, Zaccaria" (Lc 1,59). La circoncisione costituiva il segno dell'alleanza tra Dio e Israele (Gen 17,11) e si praticava l'ottavo giorno (Lv 12,3). Questa poteva farla chiunque, ma comunemente la faceva il padre. "Ma sua madre intervenne: "No, si chiamerà Giovanni". Le dissero: "Non c'è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome!". Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta, e scrisse: "Giovanni è il suo nome!". Tutti furono meravigliati. In quel medesimo istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio. Tutti i vicini furono presi da timore e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Coloro che le udivano, le serbavano in cuor loro: "Che sarà mai questo bambino?" si dicevano. Davvero la mano del Signore stava con lui. Zaccaria, suo padre, fu pieno di Spirito Santo e profttò dicendo: "Benedetto il Signore Dio d'Israele, perché ha visitato e redento il suo popolo, e ha suscitato per noi una salvezza potente nella casa di Davide, suo servo, come aveva promesso per bocca dei suoi santi profeti d'un tempo: salvezza dai nostri nemici, e dalle mani di quanti ci odiano. Così egli ha concesso misericordia ai e si è ricordato della sua santa alleanza, del giuramento fatto ad Abramo, nostro padre, di concederci, liberati dalle mani dei nemici, di servirlo senza timore in santità e giustizia al suo cospetto, per tutti i nostri giorni. E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell'Altissimo, perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade, per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza nella remissione dei suoi peccati, grazie alla bontà misericordiosa del nostro Dio, per cui verrà a visitarci dall'alto un sole che sorge per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell'ombra di morte, e dirigere i nostri passi sulla via della pace". Il fanciullo cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele". (Lc 1,60-80).

50 - La nascita di Giovanni - Maria ritorna a Nazareth e Giuseppe è consolato dall'Angelo

La Vergine dunque ritornò a Nazareth e Giuseppe fece la metà del cammino per incontrarla. Durante la strada che portava da Juta a Nazareth, San Giuseppe notò per la prima volta che Maria era gravida. Egli fu turbato da molti sospetti, poiché nulla sapeva dell'Annunciazione fatta dall'Angelo alla Santa Vergine. Piena di umiltà, Maria aveva conservato in sé il segreto di Dio. Molto inquieto, Giuseppe combattè dentro se stesso l'angoscia del sospetto che lo pervadeva. La Vergine, che aveva previsto il turbamento di Giuseppe, divenne pensierosa e sempre più severa nel suo contegno; questo aumentò l'inquietudine del pover'uomo. Arrivati a Nazareth, si fermarono per due giorni presso alcuni parenti, che genereranno Parmena, il quale nacque all'epoca di Gesù e fu uno dei sette diaconi nella prima comunità cristiana riunita a Gerusalemme. Mentre alloggiavano presso questa famiglia, l'inquietudine di Giuseppe era giunta a tal punto che pensò di lasciare Maria e fuggirsene segretamente per non condannarla in pubblico. Stava appunto meditando quest'idea quando gli apparve un Angelo che lo consolò.

Augustinus
30-05-06, 22:13
Annunciazione della Beata Vergine Maria (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=144748)

S. Giuseppe, Sposo della Beata Vergine Maria e padre putativo di Gesù (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=144749)

SS. Gioacchino ed Anna, genitori della B. V. Maria (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=144753)

SS. Elisabetta e Zaccaria genitori del Precursore (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=204138)

Natività di S. Giovanni Battista (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=265735)

Martirio di S. Giovanni Battista (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=116965)

S. Francesco di Sales, Vescovo e Dottore della Chiesa (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=40522)

S. Giovanna Francesca de Chantal (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=185188)

Maggio mese tradizionalmente mariano (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=164141)

Meditare il Rosario (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=201066)

Diaconus
29-05-07, 01:39
http://thais.it/scultura/image/sch00563.jpg La Visitazione, particolare di una formella che orna il parapetto del pulpito del 1265–68, Duomo, Siena.

http://www.wga.hu/art/q/quellin/artus2/visitati.jpg Artus II Quellinus, La Visitazione, 1678, O.-L. Vrouwekathedraal, Antwerp

Augustinus
30-05-07, 16:13
http://img166.imageshack.us/img166/5671/mm37ea4.jpg Francisco Goya y Lucientes, La Visitazione, 1772, Colección López Quesada, Madrid

http://www.wga.hu/art/zgothic/stained/16c/05f_1500.jpg Maestro vetraio rinascimentale, La Visitazione, 1545, Saint-Gervais-Saint-Protais, Gisors

http://www.wga.hu/art/r/rubens/11religi/07desce.jpg http://www.wga.hu/art/r/rubens/11religi/07desce2.jpg http://www.wga.hu/art/r/rubens/11religi/07desce7.jpg Pieter Pauwel Rubens, Discesa dalla Croce, con scene della Visitazione e Presentazione al Tempio di Gesù, 1612-14, O.-L. Vrouwekathedraal, Antwerp

http://www.wga.hu/art/m/master/zunk_fl/16_paint/2/04wings.jpg Maestro fiammingo sconosciuto, Annunciazione e Visitazione, 1525 circa, Groeninge Museum, Bruges

http://www.wga.hu/art/m/master/zunk_fl/16_paint/1/05tript1.jpg http://www.wga.hu/art/m/master/zunk_fl/16_paint/1/05tript2.jpg Maestro fiammingo sconosciuto, Trittico con scene della vita di Cristo, 1500-05, collezione privata, Milano

Augustinus
31-05-07, 17:54
Visitation of the Blessed Virgin Mary

I. THE EVENT

Assuming that the Annunciation and the Incarnation took place about the vernal equinox, Mary left Nazareth at the end of March and went over the mountains to Hebron, south of Jerusalem, to wait upon her cousin Elizabeth, because her presence and much more the presence of the Divine Child in her womb, according to the will of God, was to be the source of very great graces to the Blessed John, Christ's Forerunner.

The event is related in Luke 1:39-57. Feeling the presence of his Divine Saviour, John, upon the arrival of Mary, leaped in the womb of his mother; he was then cleansed from original sin and filled with the grace of God. Our Lady now for the first time exercised the office which belonged to the Mother of God made man, that He might by her mediation sanctify and glorify us. St. Joseph probably accompanied Mary, returned to Nazareth, and when, after three months, he came again to Hebron to take his wife home, the apparition of the angel, mentioned in Matthew 1:19-25, may have taken place to end the tormenting doubts of Joseph regarding Mary's maternity. (Cf. also MAGNIFICAT).

II. THE FEAST

The earliest evidence of the existence of the feast is its adoption by the Franciscan Chapter in 1263, upon the advice of St. Bonaventure. The list of feasts in the "Statuta Synodalia eccl. Cenomanensis" (1237, revised 1247; Mansi, supplem., II, 1041), according to which this feast was kept 2 July at Le Mans in 1247, may not be genuine.

With the Franciscan Breviary this feast spread to many churches, but was celebrated at various dates — at Prague and Ratisbon, 28 April; in Paris, 27 June, at Reims and Geneva, 8 July (cf. Grotefend, "Zeitrechnung", II, 2, 137). It was extended to the entire Church by Urban VI, 6 April, 1389 (Decree published by Boniface IX, 9 Nov., 1389), with the hope that Christ and His Mother would visit the Church and put an end to the Great Schism which rent the seamless garment of Christ.

The feast, with a vigil and an octave, was assigned to 2 July, the day after the octave of St. John, about the time when Mary returned to Nazareth. The Office was drawn up by an Englishman, Adam Cardinal Easton, Benedictine monk and Bishop of Lincoln (Bridgett, "Our Lady's Dowry", 235). Dreves (Analecta Hymnica, xxiv, 89) has published this rhythmical office with nine other offices for the same feast, found in the Breviaries of the fourteenth and fifteenth centuries. Since, during the Schism, many bishops of the opposing obedience would not adopt the new feast, it was confirmed by the Council of Basle, in 1441.

Pius V abolished the rhythmical office, the vigil, and the octave. The present office was compiled by order of Clement VIII by the Minorite Ruiz. Pius IX, on 13 May, 1850, raised the feast to the rank of a double of the second class. Many religious orders -- the Carmelites, Dominicans, Cistercians, Mercedarians, Servites, and others -- as well as Siena, Pisa, Loreto, Vercelli, Cologne, and other dioceses have retained the octave. In Bohemia the feast is kept on the first Sunday of July as a double of the first class with an octave.

Bibliography

HOLWECK, Fasti Mariani (Freiburg, 1892); GROTEFEND, Zeitrechnung (Leipzig, 1892). On the iconography of the event, see GUENEBRAULT, Dictionnaire iconographique (Paris, 1850), 645; COLERIDGE, The Mother of the King (London, 1890).

Fonte: The Catholic Encyclopedia, vol. XV, New York, 1915 (http://www.newadvent.org/cathen/15480a.htm)

Augustinus
31-05-07, 17:59
http://santiebeati.it/immagini/Original/21100/21100.JPG http://img57.imageshack.us/img57/4153/nt008gz3.jpg

Augustinus
02-07-08, 07:31
http://www.wga.hu/art/t/tintoret/5_1580s/1visitat.jpg http://img66.imageshack.us/img66/1984/visitati3go1.jpg Tintoretto, La Visitazione, 1588, Scuola di San Rocco, Venezia

http://www.wga.hu/art/t/tintoret/1_1540s/6visitat.jpg Tintoretto, La Visitazione, 1549 circa, Pinacoteca Nazionale, Bologna

http://www.wga.hu/art/s/salviati/visitati.jpg Cecchino del Salviati, La visitazione, 1538, Oratorio di San Giovanni Decollato, Roma

http://img501.imageshack.us/img501/1431/4dpictae0.jpg Luca Giordano, Visitazione, XVII sec., Kunsthistorisches Museum, Vienna

http://ns3033.ovh.net/~palais/IMG/jpg/70-Visitation-Villeneuveles.jpg Philippe de Champaigne, La Visitazione, 1644-46, Palais de Beaux Arts. Lille

Augustinus
02-07-08, 07:52
Magnificat

The title commonly given to the Latin text and vernacular translation of the Canticle (or Song) of Mary. It is the opening word of the Vulgate text (Luke 1:46-55): "Magnificat anima mea, Dominum", etc. (My soul doth magnify the Lord, etc.). In ancient antiphonaries it was often styled Evangelium Mariæ, the "Gospel of Mary". In the Roman Breviary it is entitled (Vespers for Sunday) Canticum B.M.V. (Canticle of the Blessed Virgin Mary). The "Magnificat", "Benedictus" (Canticle of Zachary — Luke 1:68-79), and "Nunc Dimittis" (Canticle of Simeon — Luke 2:29-32) are also styled "evangelical canticles", as they are found in the Gospel (Evangelium) of St. Luke.

Form and content

Commentators divide it into three or four stanzas, of which easily accessible illustrations may be found in McEvilly, "Exposition of the Gospel of St. Luke" (triple-division: verses 46-49, 50-53, 54-55); in Maas, "Life of Jesus Christ" (also triple, but slightly different: vv. 46-50, 51-43, 54-55); and in Schaff and Riddle, "Popular Commentary on the New Testament" (division into four stanzas: vv. 46-48, 49-50, 51-52, 53-55). The Magnificat is in many places very similar in thought and phrase to the Canticle of Anna (1 Samuel 2:1-10), and to various psalms (xxxiii, 3-5; xxxiv, 9; cxxxvii, 6; lxx, 19; cxxv, 2-3; cx, 9; xcvii, 1; cxvii, 16; xxxii, 10; cxii, 7; xxxii, 11; xcvii, 3; cxxxi, 11). Similarities are found with Hab., iii, 18; Mal., iii, 12; Job, v, 11; Is., xii, 8, and xlix, 3; Genesis 17:19. Steeped thus in Scriptural thought and phraseology, summing up in its inspired ecstasy the economy of God with His Chosen People, indicating the fulfillment of the olden prophecy and prophesying anew until the end of time, the Magnificat is the crown of the Old Testament singing, the last canticle of the Old and the first of the New Testament. It was uttered (or, not improbably, chanted) by the Blessed Virgin, when she visited her cousin Elizabeth under the circumstances narrated by St. Luke in the first chapter of his Gospel. It is an ecstasy of praise for the inestimable favour bestowed by God on the Virgin, for the mercies shown to Israel, and for the fulfillment of the promises made to Abraham and to the patriarchs. Only four points of exegesis will be noted here. Some commentators distinguish the meaning of "soul" (or "intellect") and "spirit" (or "will") in the first two verses; but, in view of Hebrew usage, probably both words mean the same thing, "the soul with all its faculties". In v. 48, "humility" probably means the "low estate", or "lowliness", rather than the virtue of humility. The second half of v. 48 utters a prophecy which has been fulfilled ever since, and which adds to the overwhelming reasons for rejecting the Elizabethan authorship of the canticle. Finally the first half of v. 55 (As he spoke to our fathers) is probably parenthetical.

Marian authorship

The past decade has witnessed a discussion of the authorship of the Magnificat, based on the fact that three ancient codices (Vercellensis, Veronensis, Rhedigerianus) have: "Et ait Elisabeth: Magnificat anima mea", etc. (And Elizabeth said: My soul doth magnify, etc.); and also on some very slight patristic use of the variant reading. Harnack in "Berliner Sitzungsberichte" (17 May, 1900), 538-56, announced his view of the Elizabethan authorship, contending that the original reading is neither "Mary" nor "Elizabeth", but merely "she" (said). About two years previously, Durand had criticized, in the "Revue Biblique", the argument of Jacobé for a probable ascription to Elizabeth. Dom Morin had called attention ("Revue Biblique", 1897) to the words of Nicetas (Niceta) of Remesiana, in a Vatican manuscript of his "De psalmodiæ bono": "Cum Helisabeth Dominum anima nostra magnificat" (With Elizabeth our soul doth magnify the Lord). The works of Nicetas have been edited recently by Burn, and give (De psalmodiæ bono, ix, xi) evidence of Nicetas's view (see note 4, p. 79, ibid.). In the introduction to Burn's volume, Burkit rejects the reading "Et ait Elisabeth" as wholly untenable in view of the contradictory testimony of Tertullian and of all the Greek and Syriac texts, but contends for the original reading "she" (said) and for the Elizabethan authorship. He is answered by the Anglican Bishop of Salisbury, who supports the probability of an original reading "she", but rejects the ascription to Elizabeth (pp. clv-clviii). The witness of the codices and of the Fathers is practically unanimous for the Vulgate reading: "Et ait Maria"; but, apart from this, the attribution of the Magnificat to Elizabeth would, in St. Luke's context, be highly abnormal. Long before the recent discussion, Westcott and Hort, in the appendix (52) to their "Introduction to the New Testament in the Original Greek" (New York, 1882), had briefly discussed and rejected the reading "Elisabeth"; and this rejection is summarily confirmed in their revised text of the "N. T. in the Original Greek" (London, 1895), 523.

Liturgical use

While the canticles taken by the Roman Breviary from the Old Testament are located with the psalms, and are so distributed as to be sung only once a week, the Magnificat shares with the other two "evangelical canticles" the honour of a daily recitation and of a singularly prominent location immediately before the Oratio, or Prayer of the daily Office (or, if there be preces, immediately before these). The "Magnificat" is assigned to Vespers, the "Benedictus" to Lauds, and the "Nunc Dimittis" to Compline. Six reasons are given by Durandus for the assignment of the Magnificat to Vespers, the first being that the world was saved in its eventide by the assent of Mary to the Divine plan of Redemption. Another reason is found by Colvenarius in the probability that it was towards evening when Our Lady arrived at the house of St. Elizabeth. However this may be, in the Rule (written before 502) of St. Cæsarius of Arles, the earliest extant account of its liturgical use, it is assigned to Lauds, as it is in the Greek Churches of to-day. The ceremonies attending its singing in the choir at solemn Vespers are notably impressive. At the intonation "Magnificat", all who are in the sanctuary arise, and the celebrant (having first removed his birretta "in honour of the canticles") goes with his assistants to the altar, where, with the customary reverences, etc., he blesses the incense and incenses the altar as at the beginning of solemn Mass. In order to permit the elaborate ceremony of incensing, the Magnificat is sung much more slowly than the psalms. A similar ceremony attends the singing of the Benedictus at solemn Lauds, but not of the Nunc Dimittis at Compline.

At the first word of the Magnificat and of the Benedictus (but not of the Nunc Dimittis, save where custom has made it lawful) the Sign of the Cross is made. In some churches the Magnificat is sung at devotions outside of Vespers. Answering a question from Canada, the "Ecclesiastical Review" (XXIII, 74) declares that the rubrics allow such a separation, but forbids the incensing of the altar in such a case. The same review (XXIII, 173) remarks that "the practice of making the Sign of the Cross at the opening of the Magnificat, the Benedictus, and the Nunc Dimittis in the Office is of very ancient usage, and is sanctioned by the very best authority", and refers to the Congregation of Sacred Rites, 20 December, 1861.

Musical settings

Like the canticles and psalms, the Magnificat is preceeded and followed by an antiphon varying for the feast or ferial Office, and is sung to the eight modes of plain song. The first verse has, however, no mediation, because of the brevity (the one word Magnificat) of the first half. The Canticles of Mary and of Zachary share (even in the Office of the Dead) the peculiar honour of commencing every verse with an initium or intonation. This intonation varies for the varying modes; and the Magnificat has a special solemn intonation for the second, seventh, and eighth modes, although in this case the usual festive intonation applies, in the second and eighth modes, to all the verses except the first. The "musical", as distinguished from the "plainsong", treating of the canticle has been very varied. Sometimes the chanted verses alternated with harmonized plainsong, sometimes with falso bordone having original melodies in the same mode as the plain song. But there are innumerable settings which are entirely original, and which run through the whole range of musical expression, from the simplest harmony up to the most elaborate dramatic treatment, with orchestral accompaniment of the text. Almost every great church composer has worked often and zealously on this theme. Palestrina published two settings in each of the eight modes, and left in manuscript almost as many more. Fifty settings by Orlando di Lasso are in the Royal Library at Munich, and tradition credits him with twice as many more. In our own days, César Franck (1822-90) is said to have completed sixty-three out of the hundred he had planned. In addition to such names as Palestrina, di Lasso, Josquin des Prés, Morales, Goudimal, Animuccia, Vittoria, Anerio, Gabrieli, Suriano, who with their contemporaries contributed innumerable settings, the modern Cecilian School has done much work on the Magnificat both as a separate canticle, and as one of the numbers in a "Complete Vespers" of many feasts. In Anglican services the Magnificat receives a musical treatment not different from that accorded to the other canticles, and therefore quite dissimilar to that for Catholic Vespers, in which the length of time consumed in incensing the altar allows much greater musical elaboration. A glance through the pages of Novello's catalogue of "Services" leads to the estimate of upwards of one thousand settings of the Magnificat for Anglican services by a single publishing house. Altogether, the estimate of Krebbiel that this canticle "has probably been set to music oftener than any hymn in the liturgy" seems well within the truth.

Bibliography

VIVES, Expositiones SS. Patrum et Doctorum super Canticum "Magnificat", etc. (Rome, 1904), a royal 8vo of 827 double-column pages, containing homilies and commentaries on the Magnificat distributed through every day of the year, prefaced by the Latin paraphrase of URBAN VIII, in thirty-two iambic dimeters; COLERIDGE, The Nine Months (The Life of Our Lord in the Womb) (London, 1885), 161-234, an extended commentary under the title, The Canticle of Mary; NICOLAS, La Vierge Marie d'apres l'Evangile (Paris, 1880), 243-57, argues that the Magnificat alone "proves the divinity of Christianity and even the existence of God"; DEIDIER, L'Extase de Marie, ou le Magnificat (Paris, 1892); M’SWEENY, Translations of the Psalms and Canticles with Commentary (St. Louis, 1901), gives bi columnar trans. from the Vulgate and Peshito, with commentary; A LAPIDE, St. Luke's Gospel, tr. MOSSMAN (London, 1892), 41- 57; MCEVILLY, Exposition of the Gospel of St. Luke (New York, 1888), 27-33; BREEN, A Harmonized Exposition of the Four Gospels, I (Rochester, New York, 1899), 135-45; ARMINIO in Ecclesiastical Review, VIII (321-27), a devotional essay; SHEEHAN, Canticle of the Magnificat (Notre Dame, Ind., 1909), a poetic meditation in one hundred six-lined stanzas; BAGSHAWE, The Psalms and Canticles in English Verse (St. Louis, 1903), gives (353) a metrical version of the canticle, and in the preface proposes metrical versions for use by Catholics; ALLAN in SHIPLEY, Carmina Mariana, 2nd series (London, 1902), 260-63, a poetical commentary on each verse of the Magnificat&#mdash;this volume gives other poems in English dealing either with the canticles or with the Visitation (17, 321, 490); cf. also Carmina, 1st series (London, 1893), 78, 360. For non-Catholic metrical versions in English, see JULIAN, Dict. of Hymnology, 2nd ed. (London, 1907), 711 (Magnificat); 801, col. 1 (New Version); 1034, col. 1 (Scottish Translations); 1541, col. 1 (Old Version); MARBACH, Carmina Scripturarum, etc. (Strasburg, 1907), 430-33, gives in great detail the antiphons derived from the Magnificat, the feasts to which assigned, etc. For discussion of the Marian authorship and references, see LUKE, GOSPEL OF SAINT, sub- title Who spoke the Magnificat? See also JOHNER, A New School of Gregorian Chant (New York, 1906), 60-69, the various intonations of the Magnificat in the eight modes; ROCESTRO in GROVE, Dict. of Music and Musicians, s. v. Magnificat; SINGENBERGER, Guide to Catholic Church Music (St. Francis, Wis.), gives (148-150) a list of one hundred approved settings; KREHBIEL in New Music Review (Feb., 1910), 147; PIERO, L'Esthétique de Jean*Sébastien Bach (Paris, 1907), gives various references (519) to author's views of Bach's Magnificat.

Fonte: The Catholic Encyclopedia, vol. IX, New York, 1910 (http://www.newadvent.org/cathen/09534a.htm)

Augustinus
02-07-08, 08:30
Da dom Prosper Guéranger, L’Année Liturgique - Le Temps après la Pentecoste, Paris-Poitiers, 1903, IX ediz., t. III, p. 499-530

LE II JUILLET.

LA VISITATION DE LA TRÈS SAINTE VIERGE.

Déjà, dans les jours qui précédèrent la naissance du Sauveur, la visite de Marie à sa cousine Elisabeth a fait l'objet de nos méditations. Mais il convenait de revenir sur une circonstance aussi importante de la vie de Notre-Dame; la simple mémoire de ce mystère, au Vendredi des Quatre-Temps de l'Avent, ne suffisait point à faire ressortir ce qu'il renferme par lui-même d'enseignement profond et de sainte allégresse. En se complétant dans le cours des âges, la sainte Liturgie devait exploiter cette mine précieuse, à l'honneur de la Vierge-mère. L'Ordre de saint François et quelques églises particulières, comme celles du Mans, de Reims et de Paris, avaient déjà pris les devants, lorsqu'Urbain VI, en l'année 1389, institua la solennité du présent jour. Le Pape conseillait le jeûne en la vigile de la fête, et ordonnait qu'elle fût suivie d'une Octave; il accordait à sa célébration les mêmes indulgences qu'Urbain IV avait, dans le siècle précédent, attachées à la fête du Corps du Seigneur. La bulle de promulgation, arrêtée par la mort du Pontife, fut reprise et publiée par Boniface IX qui lui succéda sur le Siège de saint Pierre.

Nous apprenons des Leçons de l'Office primitivement composé pour cette fête, que le but de son institution avait été, dans la pensée d'Urbain, d'obtenir la cessation du schisme qui désolait alors l'Eglise. Exilée de Rome durant soixante-dix ans, la papauté venait d'y rentier à peine; l'enfer, furieux d'un retour qui contrariait ses plans opposés là comme partout à ceux du Seigneur, s'en était vengé en parvenant à ranger sous deux chefs le troupeau de l'unique bercail. Telle était l'obscurité dont de misérables intrigues avaient su couvrir l'autorité du légitime pasteur, qu'on vit nombre d'églises hésiter de bonne foi et, finalement, préférer la houlette trompeuse du mercenaire. Les ténèbres devaient même s'épaissir encore, et la nuit devenir un moment si profonde, que les ordres de trois papes en présence allaient se croiser sur le monde, sans que le peuple fidèle, frappé de stupeur, parvînt à discerner sûrement la voix du Vicaire du Christ. Jamais situation plus douloureuse n'avait été faite à l'Epouse du Fils de Dieu. Mais Notre-Dame, vers qui s'était tourné le vrai Pontife au début de l'orage, ne fit point défaut à la confiance de l'Eglise. Durant les années que l'insondable justice du Très-Haut avait décrété de laisser aux puissances de l'abîme, elle se tint en défense, maintenant si bien la tête de l'ancien serpent sous son pied vainqueur, qu'en dépit de l'effroyable confusion qu'il avait soulevée, sa bave immonde ne put souiller la foi des peuples; leur attachement restait immuable à l'unité de la Chaire romaine, quel qu'en fût dans cette incertitude l'occupant véritable. Aussi l'Occident, disjoint en fait, mais toujours un quant au principe, se rejoignit comme de lui-même au temps marqué par Dieu pour ramener la lumière. Cependant, l'heure venue pour la Reine des saints de prendre l'offensive, elle ne se contenta pas de rétablir dans ses anciennes positions l'armée des élus; l'enfer dut expier son audace, en rendant à l'Eglise les conquêtes mêmes qui lui semblaient depuis des siècles assurées pour jamais. La queue du dragon n'avait point encore fini de s'agiter à Baie, que Florence voyait les chefs du schisme grec, les Arméniens, les Ethiopiens, les dissidents de Jérusalem, de Syrie et de Mésopotamie, compenser par leur adhésion inespérée au Pontife romain les angoisses que l'Occident venait de traverser.

Il restait à montrer qu'un pareil rapprochement des peuples au sein même de la tempête, était bien l'œuvre de celle que le pilote avait, un demi-siècle auparavant, appelée au secours de la barque de Pierre. On vit les factieux de l'assemblée de Bàle en donner la preuve, trop négligée par des historiens qui ne soupçonnent plus l'importance des grands faits liturgiques dans l'histoire de la chrétienté; sur le point de se séparer, les derniers tenants du schisme consacrèrent la quarante-troisième session de leur prétendu concile à promulguer, pour ses adhérents, cette même fête de la Visitation en l'établissement de laquelle Urbain VI avait dès l'abord mis son espoir. Malgré la résistance de quelques obstinés, le schisme était vraiment fini dès lors; l'orage se dissipait: le nom de Marie, invoqué des deux parts, resplendissait comme le signe de la paix sur les nuées (1). Ainsi l'arc-en-ciel unit dans sa douce lumière les extrémités opposées de l'horizon. Contemplez-le, dit l'Esprit-Saint, et bénissez celui qui l'a fait; car il est beau dans sa splendeur! Il embrasse les cieux dans le circuit de sa gloire (2).

Si l'on se demande pourquoi Dieu voulut que le mystère de la Visitation, et non un autre, devînt, par cette solennité qui lui fut consacrée, le monument de la paix reconquise: il est facile d'en trouver la raison dans la nature même de ce mystère et les circonstances où il s'accomplit.

C'est là surtout que Marie apparaît, en effet, comme la véritable arche d'alliance: portant en elle, non plus les titres périmés du pacte de servitude conclu au bruit du tonnerre entre Jéhovah et les Juifs; mais l'Emmanuel, témoignage vivant d'une réconciliation plus vraie, d'une alliance plus sublime entre la terre et les cieux. Par elle, mieux qu'en Adam, tous les hommes seront frères; car celui qu'elle cache en son sein sera le premier-né de la grande famille des fils de Dieu. A peine conçu, voici que pour lui commence l'œuvre d'universelle propitiation. Levez-vous, ô Seigneur, vous et l'arche d'où votre sainteté découlera sur le monde (3). De Nazareth aux montagnes de Judée, dans sa marche rapide, elle sera protégée par l'aile des chérubins jaloux de contempler sa gloire. Au milieu des guerriers les plus illustres et des chœurs d'Israël, David conduisit l'arche figurative de la maison d'Abinadab à celle d'Obedédom (4); mieux que lui, Dieu votre Père saura entourer l'arche sacrée du Testament nouveau, lui composant une escorte de l'élite des célestes phalanges.

Heureuse fut la demeure du lévite devenu, pour trois mois, l'hôte du Très-Haut résidant sur le propitiatoire d'or; plus fortunée sera celle du prêtre Zacharie, qui, durant un même espace de temps, abritera l'éternelle Sagesse nouvellement descendue au sein très pur où vient de se consommer mer l'union qu'ambitionnait son amour! Par le péché d'origine, l'ennemi de Dieu et des hommes tenait captif, en cette maison bénie, celui qui devait en être l'ornement dans les siècles sans fin; l'ambassade de l'ange annonçant la naissance de Jean, sa conception miraculeuse, n'avaient point exempté le fils de la stérile du tribut honteux que tous les fils d'Adam doivent solder au prince de la mort, à leur entrée dans la vie. Mais, les habitants d'Azot en firent autrefois l'expérience, Dagon ne saurait tenir debout devant l'arche (5): Marie paraît, et Satan renversé subit dans l'âme de Jean sa plus belle défaite, qui toutefois ne sera point la dernière; car l'arche de l'alliance n'arrêtera ses triomphes qu'avec la réconciliation du dernier des élus.

Célébrons cette journée par nos chants d'allégresse; car toute victoire, pour l'Eglise et ses fils, est en germe dans ce mystère: désormais l'arche sainte préside aux combats du nouvel Israël. Plus de division entre l'homme et Dieu, le chrétien et ses frères; si l'arche ancienne fut impuissante à empêcher la scission des tribus, le schisme et l'hérésie n'auront licence de tenir tête à Marie durant plus ou moins d'années ou de siècles, que pour mieux enfin faire éclater sa gloire. D'elle sans cesse, comme en ce jour béni, s'échapperont, sous les yeux de l'ennemi confondu, et la joie des petits, et la bénédiction de tous, et la perfection des pontifes (6). Au tressaillement de Jean, à la subite exclamation d'Elisabeth, au chant de Zacharie, joignons le tribut de nos voix; que toute la terre en retentisse. Ainsi jadis était saluée la venue de l'arche au camp des Hébreux; les Philistins, l'entendant, savaient par là que le secours du Seigneur était descendu; et, saisis de crainte, ils gémissaient, disant: «Malheur à nous: il n'y avait pas si grande joie hier; malheur à nous!» (7). Oui certes, aujourd'hui avec Jean, le genre humain tressaille et il chante; oui certes, aujourd'hui à bon droit l'ennemi se lamente: le premier coup du talon de la femme (8) frappe aujourd'hui sa tête altière, et Jean délivré est en cela le précurseur de nous tous. Plus heureux que l'ancien, le nouvel Israël est assuré que jamais sa gloire ne lui sera ôtée; jamais ne sera prise l'arche sainte qui lui fait traverser les flots (9) et abat devant lui les forteresses (10). Combien donc n'est-il pas juste que ce jour, où prend fin la série de défaites commencée en Eden, soit aussi le jour des cantiques nouveaux du nouveau peuple! Mais à qui d'entonner l'hymne du triomphe, sinon à qui remportela victoire? Levez-vous donc, levez-vous, Debbora; levez-vous et chantez le Cantique (11). Les forts avaient disparu, jusqu'à ce que s'élevât Marie, la vraie Debbora, jusqu'à ce que parût la Mère en Israël (12). «C'est moi, c'est moi, dit-elle en effet, qui chanterai au Seigneur, qui célébrerai le Dieu d'Israël (13). Selon la parole de mon aïeul David, magnifiez avec moi le Seigneur, et tous ensemble exaltons son saint nom (14). Mon cœur, comme celui d'Anne, a tressailli en Dieu son Sauveur (15). Car, de même qu'en Judith sa servante, il a accompli en moi sa miséricorde (16) et fait que ma louange sera dans toutes les bouches jusqu'à l'éternité (17). Il est puissant celui qui a fait en moi de grandes choses (18); il n'est point de sainteté pareille à la sienne (19). Ainsi que par Esther, il a pour toutes les générations sauvé ceux qui le craignent (20); dans la force de son bras (21), il a retourné contre l'impie les projets de son cœur, renversant l'orgueilleux Aman de son siège et relevant les humbles; il a fait passer des riches aux affamés l'abondance (22); il s'est ressouvenu de son peuple et a eu pitié de son héritage (23). Telle était bien la promesse que reçut Abraham, et que nos pères nous ont transmise: il a fait comme il avait dit» (24).

Filles de Sion, et vous tous qui gémissiez dans les fers de Satan, l'hymne de la délivrance a donc retenti sur notre terre. A la suite de celle qui porte en son sein le gage de l'alliance, formons des chœurs; mieux que Marie sœur d'Aaron, et à plus juste titre, elle préside au concert d'Israël (25). Ainsi elle chante en ce jour de triomphe, rappelant tous les chants de victoire qui préludèrent dans les siècles de l'attente à son divin Cantique. Mais les victoires passées du peuple élu n'étaient que la figure de celle que remporte, en cette fête de sa manifestation, la glorieuse souveraine qui, mieux que Debbora, Judith ou Esther, a commencé de délivrer son peuple; en sa bouche, les accents de ses illustres devancières ont passé de l'aspiration enflammée des temps de la prophétie à l'extase sereine qui marque la possession du Dieu longtemps attendu. Une ère nouvelle commence pour les chants sacrés: la louange divine reçoit de-Marie le caractère qu'elle ne perdra plus ici-bas, qu'elle gardera jusque dans l'éternité.

Les considérations qui précèdent nous ont été inspirées par le motif spécial qui porta l'Eglise, au XIV° siècle, à instituer cette fête. En rendant Rome à Pie IX exilé, au 2 juillet de l'année 1849 (26), Marie a montré de nouveau dans nos temps que cette date était bien pour elle une journée de victoire. Mais le mystère de la glorieuse Visitation est si vaste, que nous ne saurions, eu égard aux limites qui nous sont imposées, songer à épuiser ici tous les enseignements qu'il renferme. Quelques-uns d'eux, au reste, nous ont été donnés dans les jours de l'Avent; d'autres plus récemment, à l'occasion de la fête de saint Jean-Baptiste et de son Octave; d'autres enfin seront mis en lumière par l'Epître et l'Evangile de la Messe qui va suivre.

AUX PREMIERES VEPRES.

Les Antiennes de l'Office sont toutes tirées de l'Evangile, et reproduisent historiquement le mystère du jour.

1. Ant MARIE se levant grande hâte par les montagnes en une ville de Juda.

Psaume CIX Dixit Dominus, page 43.

2. Ant. Marie entra dans la maison de Zacharie, et elle salua Elisabeth.

Psaume CXII. Laudate pueri, page 46.

3. Ant. Sitôt qu'Elisabeth entendit la salutation de Marie, l'enfant tressaillit dans son sein, et elle fut remplie du Saint-Esprit.Alléluia.

PSAUME CXXI

Je me suis réjoui quand on m'a dit: Nous irons vers Marie, la maison du Seigneur.

Nos pieds se sont fixés dans tes parvis, ô Jérusalem! nos cœurs dans votre amour, ô Marie!

Marie, semblable à Jérusalem, est bâtie comme une Cité: tous ceux qui habitent dans son amour sont unis et liés ensemble.

C'est en elle que se sont donné rendez-vous les tribus du Seigneur, selon l'ordre qu'il en a donné à Israël, poury louer le Nom du Seigneur.

Là, sont dressés les sièges de la justice, les trônes de la maison de David; et Marie est la fille des Rois.

Demandez à Dieu, par Marie, la paix pour Jérusalem: que tous les biens soient pour ceux qui t'aiment, ô Eglise!

Voix de Marie: Que la paix règne sur tes remparts, ô nouvelle Sion! et l'abondance dans tes forteresses.

Moi, la fille d'Israël, je prononce sur toi des paroles de paix, à cause de mes frères et de mes amis qui sont au milieu de toi.

Parce que tu es la maison du Seigneur notre Dieu, j'ai appelé sur toi tous les biens.

4. Ant. Vous êtes bénie entre toutes les femmes, et Jésus, le fruit de vos entrailles, est béni.

PSAUME CXXV

Si le Seigneur ne bâtit la maison, en vain travaillent ceux qui la bâtissent.

Si le Seigneur ne garde la cité, inutilement veilleront ses gardiens.

En vain vous vous lèverez avant le jour: levez-vous après le repos, vous qui mangez le pain de la douleur.

Le Seigneur aura donné un sommeil tranquille à ceux qu'il aime: des fils, voilà l'héritage que le Seigneur leur destine; le fruit des entrailles, voilà leur récompense.

Comme des flèches dans une main puissante, ainsi seront les fils de ceux que l'on opprime.

Heureux l'homme qui en a rempli son désir! il ne sera pas confondu, quand il parlera à ses ennemis aux portes de la ville.

5. Ant. Au moment même où votre voix a frappé mes oreilles, lorsque vous m'avez saluée, mon enfant a tressailli dans mon sein. Alléluia.

PSAUME CXLVII

Marie, vraie Jérusalem, chantez le Seigneur; Marie, sainte Sion, chantez votre Dieu.

C'est lui qui fortifie contre le péché les serrures de vos portes; il bénit les fils nés en votre sein.

Il a placé la paix sur vos frontières; il vous nourrit de la fleur du froment, Jésus, le Pain de vie.

Il envoie par vous son Verbe à la terre; sa parole parcourt le monde avec rapidité.

Il donne la neige comme des flocons de laine; il répand les frimas comme la poussière.

Il envoie le cristal de la glace semblable à un pain léger: qui pourrait résister devant le froid que son souffle répand?

Mais bientôt il envoie son Verbe en Marie, et cette glace si dure se fond à sa chaleur: l'Esprit de Dieu souffle, et les eaux reprennent leur cours.

Il a donné son Verbe à Jacob, sa loi et ses jugements à Israël.

Jusqu'aux jours où nous sommes, il n'avait point traité de la sorte toutes les nations, et ne leur avait pas manifesté ses décrets.

Les Psaumes ont chanté la grandeur de Celui que l'humilité de Marie vient d'attirer en elle, et qui la manifeste pour la première fois au monde comme la Cité de Dieu, bâtie par lui avec amour, ainsi qu'elle-même le proclame aujourd'hui en louant le Seigneur son Dieu. Le Capitule est emprunté, comme les Psaumes et l'Hymne, à l'Office commun de Notre-Dame; il rappelle l'auguste prédestination qui, dès avant tous les âges, unit inséparablement l'éternelle Sagesse et la femme bénie plus que toutes en qui elle devait prendre chair.

CAPITULE (Eccli. XXIV)

J’ai été créée dès le commencement et avant les siècles, et jusque dans le siècle futur je ne cesserai point d'être; j'ai rempli mon office devant lui dans son temple.

HYMNE.

Salut, astre des mers.
Mère de Dieu féconde!
Salut, ô toujours Vierge,
Porte heureuse du ciel!

Vous qui de Gabriel
Ayez reçu l’Ave,
Fondez-nous dans la paix,
Changeant le nom d’Eva.

Délivrez les captifs,
Eclairez les aveugles,
Chassez loin tous nos maux,
Demandez tous les biens.

Montrez en vous la Mère;
Vous-même offrez nos vœux
Au Dieu qui, né pour nous,
Voulut naître de vous.

O Vierge incomparable,
Vierge douce entre toutes!
Affranchis du péché,
Rendez-nous doux et chastes.

Donnez vie innocente
Et sûr pèlerinage,
Pour qu'un jour soit Jésus
Notre liesse à tous.

Louange à Dieu le Père,
Gloire au Christ souverain;
Louange au Saint-Esprit;
Aux trois un seul hommage. Amen.

V/. Vous êtes bénie entre toutes les femmes.
R/. Et le fruit de vos entrailles est béni.

Chaque jour, le solennel Office du soir emprunte au Cantique de Marie son parfum le plus suave. Il n'est pas jusqu'au soir du grand Vendredi où Notre-Dame ne soit invitée par l'Eglise de la terre à le redire, près de la croix sur laquelle vient de se consommer le terrible drame. C'est qu'en effet, l'incomparable Cantique a pour objet la rédemption tout entière; au pied de la croix, non moins que dans les journées si douces où nous ramène la solennité présente, ce qui domine en Marie et l'emporte sur tous les déchirements comme sur toutes les joies, c'est la pensée de la gloire de Dieu enfin satisfaite, du salut de l'homme enfin assuré. Aujourd'hui que les mystères du Cycle ont achevé récemment de passer sous nos yeux, le Magnificat résonne, pour ainsi dire, dans son ampleur, en même temps qu'il reçoit de cette fête toute la fraîcheur du premier jour où il fut donné au monde de l'entendre.

ANTIENNE de Magnificat.

Bienheureuse êtes-vous d'avoir cru, ô Marie! Les choses qui vous ont été dites par le Seigneur s'accompliront en vous. Alléluia.

Le Cantique Magnificat, page 51.

L'Oraison est la Collecte de la Messe, ci-après, page 515.

On fait ensuite mémoire de l'Octave de saint Jean, page 323.

En ce jour où Satan voit pour la première fois reculer son infernale milice devant l'arche sainte, deux combattants de l'armée des élus font cortège à leur Reine. Députés vers Marie par Pierre lui-même en son Octave glorieuse, ils ont dû cet honneur à la foi qui leur fit reconnaître dans le condamné de Néron le chef du peuple de Dieu.

Le prince des Apôtres attendait son martyre au fond de la prison Mamertine, lorsque la miséricorde divine amena près de lui deux soldats romains, ceux-là mêmes dont les noms sont devenus inséparables du sien dans la mémoire de l'Eglise. L'un se nommait Processus, et l'autre Martinien. Ils furent frappés de la dignité de ce vieillard confié à leur garde pour quelques heures, et qui ne devait remonter à la lumière que pour périr sur un gibet. Pierre leur parla de la vie éternelle et du Fils de Dieu qui a aimé les hommes jusqu'à donner son sang pour leur rachat. Processus et Martinien reçurent d'un cœur docile cet enseignement inattendu, ils l'acceptèrent avec une foi simple, et demandèrent la grâce de la régénération. Mais l'eau manquait dans le cachot, et Pierre dut faire appel au pouvoir de commander à la nature que le Rédempteur avait confié à ses Apôtres, en les envoyant dans le monde. A la parole du vieillard, une fontaine jaillit du sol, et les deux soldats furent baptisés dans l'eau miraculeuse. La piété chrétienne vénère encore aujourd'hui cette fontaine, qui ne diminue ni ne déborde jamais. Processus et Martinien ne tardèrent pas à payer de leur vie l'honneur qu'ils avaient reçu d'être initiés à la foi chrétienne par le prince des Apôtres, et ils sont honorés entre les martyrs (27).

Leur culte remonte aussi haut que celui de Pierre même. A l'âge de la paix, une basilique s'éleva sur leur tombe. Saint Grégoire y prononça, en la solennité anniversaire de leurs combats, la trente-deuxième de ses Homélies sur l'Evangile; le grand Pape rend témoignage aux miracles qui s'opéraient dans ce lieu sacré, et il célèbre en particulier le pouvoir que les deux saints martyrs ont de protéger leurs dévots clients au jour des justices du Seigneur (28). Plus tard, saint Paschal Ier enrichit de leurs corps la basilique du prince des Apôtres. Ils occupent aujourd'hui la place d'honneur dans le bras gauche de la croix latine formée par l'immense édifice, et donnent leur nom à tout ce côté du transept où le concile du Vatican a tenu ses sessions immortelles; il convenait que l'auguste assemblée poursuivît ses travaux sous le patronage des deux vaillants soldats, gardiens de Pierre et sa conquête aux jours de sa glorieuse confession. N'oublions point ces illustres protecteurs de l'Eglise. La fête de la Visitation, d'institution plus récente que la leur, ne l'a cependant point amoindrie; si maintenant leur gloire se perd, pour ainsi dire, en celle de Notre-Dame, leur puissance n'a pu que s'accroître à ce rapprochement avec la douce souveraine de la terre et des deux.

A LA MESSE.

L'Introït est celui des Messes votives de Notre-Dame à cette époque de l'année. Il est tiré de Sédulius (29), le poète chrétien du ve siècle, auquel la sainte Liturgie a fait d'autres emprunts si gracieux dans les jours de Noël et de l'Epiphanie. La parole excellente célébrée dans le Verset, l'œuvre que dédie au Roi la Vierge-mère, il n'est personne qui ne la reconnaisse aujourd'hui dans le sublime Magnificat,richesse et gloire de cette journée.

Salut, Mère sainte, o vous dont l'enfantement a mis au monde le Roi qui gouverne le ciel et la terre dans les siècles. Sa puissance est à jamais, comme son empire embrassant tout dans un cercle éternel. Pour vous s'unissent, en un sein fortune, les joies de la mère et l'honneur de la vierge; avant vous, ni après, on ne vit rien de semblable; seule entre toutes et sans exemple vous avez plu au Christ!

INTROÏT.

Salut, Mère sainte, ôvous dont l'enfantement a mis au monde le Roi qui gouverne le ciel et la terre dans les siècles des siècles!

Ps. Mon cœur a proféré une parole excellente; c'est au Roi que je dédie mes chants. Gloire au Père. Salut.

La paix est le don précieux que la terre implorait sans fin depuis le péché d'origine. Réjouissons-nous donc; car le Prince de la paix se révèle par Marie en ce jour. La solennelle mémoire du mystère que nous célébrons, va développer en nous l'œuvre de salut commencée dans celui de Noël, aux premiers jours du Cycle. Implorons cette grâce par la Collecte, avec la sainte Eglise.

COLLECTE.

Seigneur, nous vous prions d'accorder à vos serviteurs le don de la grâce céleste: afin que ceux pour qui l'enfantement de la bienheureuse Vierge a marqué le commencement du salut, trouvent dans la solennelle mémoire de sa Visitation l'accroissement de la paix. Par Jésus-Christ notre Seigneur.

Dans les Messes privées, à la suite des Collecte, Secrète et Postcommunion de la fête, on fait mémoire des saints martyrs Processus et Martinien.

ORAISON.

O Dieu qui, par la glorieuse confession de vos saints martyrs Processus et Martinien, nous entourez comme d'un rempart; donnez-nous de profiter de leurs exemples et d'éprouver dans la joie l'effet de leurs prières. Par Jésus-Christ.

ÉPÎTRE

Lecture du livre de la Sagesse. Cant. II.

Le voici qui vient, bondissant sur les montagnes, franchissant les collines. Mon bien-aimé est semblable au chevreuil et au faon de la biche. Le voilà debout derrière notre muraille; il regarde par la fenêtre, il observe à travers le treillis. Voilà mon bien-aimé qui me parle: Lève-toi, ma bien-aimée, ma colombe, ma belle; hâte-toi, et viens. L'hiver est passé, les pluies ont cessé, elles ont fui. Les fleurs paraissent sur nos terres, le temps détailler la vigne est arrivé, la voix de la tourterelle s'est fait entendre dans nos campagnes, le figuier pousse ses bourgeons, la vigne en fleur envoie son parfum; lève-toi, ma bien-aimée, ma belle, et viens. O ma colombe, tu semblés retirée dans le creux du rocher, dans les fentes d'un mur en ruines; montre-moi donc enfin ton visage; que ta voix se fasse entendre à mes oreilles; car ta voix est douce, et ton visage est éclatant de beauté.

L'Eglise nous introduit dans la profondeur du mystère. La lecture qui précède n'est que l'explication de cette parole d'Elisabeth où toute la fête est résumée: Au son de votre voix, mon enfant a tressailli dans mon sein. Voix de Marie, voix de la tourterelle, qui met l'hiver en fuite et annonce le printemps, les parfums et les fleurs! A ce signal si doux, captive dans la nuit du péché, l'âme de Jean s'est dépouillée des livrées de l'esclave, et, développant soudain les germes des vertus les plus hautes, elle est apparue belle comme l'épouse en tout l'éclat du jour des noces. Aussi, quelle hâte de Jésus vers cette âme bien-aimée! Entre Jean et l'Epoux, que d'épanchements ineffables! quel dialogue sublime du sein d'Elisabeth à celui de Marie! Admirables mères, plus admirables enfants! Dans la rencontre fortunée, l'ouïe, les yeux, la voix des mères, sont moins à elles qu'aux fruits bénis de leurs seins; leurs sens sont le treillis par lequel l'Epoux et l'Ami de l'Epoux se voient, se comprennent et se parlent.

L'homme animal, il est vrai, ne comprend pointée langage (30). Père, dira l'Homme-Dieu plus tard, je vous rends grâces de ce que vous avez caché ces choses aux prudents et aux sages, pour les révéler aux petits (31). Que celui-là donc qui a des oreilles pour entendre, entende (32); mais en vérité, je vous le dis, si vous ne devenez comme des petits enfants, vous n'entrerez point dans le royaume des cieux (33), ni ne connaîtrez ses mystères (34). La Sagesse n'en sera pas moins justifiée par ses fils, comme le dit l'Evangile (35). Dans la droiture de leur humilité, les simples de cœur, en quête de lumière, dépassent les ombres vaines qui se jouent au-dessus des marais de ce monde; ils savent que le premier rayon du soleil de l'éternité dissipera ces fantômes, ne laissant que le vide à ceux qui s'y seront arrêtés. Pour eux, dès maintenant ils se nourrissent de ce que l'œil n'a point vu, ni l'oreille entendu, préludant ici-bas aux délices éternelles (36).

Jean-Baptiste en fait à cette heure l'ineffable expérience. Prévenue par le divin ami qui l'a recherchée, son âme s'éveille en pleine extase. Pour Jésus, d'autre part, c'est la première conquête; c'est à l'adresse de Jean que, pour la première fois en dehors de Marie, les accents de l'épithalame sacré se formulent dans l'âme du Verbe fait chair et font battre son cœur. Aujourd'hui donc, et c'est l'enseignement de notre Epître, à côté du Magnificat s'inaugure aussi le divin Cantique dans la pleine acception que l'Esprit-Saint voulut lui donner. Jamais les ravissements de l'Epoux ne seront plus justifiés qu'en ce jour béni; jamais ils ne trouveront écho plus fidèle. Echauffons-nous à ces ardeurs du ciel; joignons notre enthousiasme à celui de l'éternelle Sagesse, dont cette journée marque le premier pas vers l'humanité tout entière. Avec Jésus, sollicitons le Précurseur de se montrer enfin. N'était l'ordre d'en haut, l'ivresse de l'amour lui ferait soudain, en effet, forcer la muraille qui l'empêche de paraître et d'annoncer l'Epoux. Car il sait que la vue de son visage, précédant la face même du Seigneur, excitera, elle aussi, les transports de la terre; il sait que sa voix sera douce, quand elle sera l'organe du Verbe appelant à lui l'Epouse.

Avec Elisabeth, exaltons au Graduel la Vierge bénie qui nous vaut toutes ces joies, et en qui l'amour tient enfermé celui que le monde ne pouvait contenir. Le distique que l'on chante au Verset, était cher à la piété du moyen âge; on le retrouve en diverses liturgies, soit comme début d'Hymne (37), soit sous forme d'Antienne dans la composition des Messes ou de l'Office.

GRADUEL

Vous êtes bénie et digne de toute vénération,

La foi en votre Fils a purifié les crimes du monde; et la virginité vous demeure inviolée.

L'univers vous salue comme la mère de l'amour; l'univers vous proclame sa puissance: à vos serviteurs, ô bénie, soyez secourable.

Gloire immense soit au Père; à vous, ô Fils, gloire égale; à l'Esprit-Saint, également Dieu, gloire immense!

Amen.

Vierge Marie, qui, sans la moindre souillure, êtes devenue mère du Sauveur.

V/. Vierge mère de Dieu, celui que le monde entier ne saurait contenir s'est enferme dans votre sein, s'y faisant homme.

Alléluia, alléluia.

V/. Heureuse êtes-vous et digne de toute louange, sainte Vierge Marie! de vous s'est levé le Soleil de justice, le Christ notre Dieu. Alléluia.

Hymnus Completorii in festis B. Mariae (antiphonar. Senon. 1552).

ÉVANGILE

La suite du saint Evangile selon saint Luc. Chap. I.

En ce temps-là, Marie se levant s'en alla en grande hâte par les montagnes en une ville de Juda. Et entrant dans la maison de Zacharie, elle salua Elisabeth. Or il arriva que dès qu'Elisabeth eut entendu le salut de Marie, son enfant tressaillit dans son sein; et, remplie au même moment du Saint-Esprit, Elisabeth s'écria à haute voix: Vous êtes bénie entre les femmes, et le fruit de vos entrailles est béni. Et d'où me vient ce bonheur que la mère de mon Seigneur vienne à moi? Voici, en effet, qu'à l'instant même où votre voix me saluant a frappé mes oreilles, mon enfant a tressailli de joie dans mon sein. Bienheureuse, vous qui avez cru! Les choses qui vous ont été dites par le Seigneur, s'accompliront. Et Marie dit: Mon âme glorifie le Seigneur, et mon esprit tressaille en Dieu mon Sauveur.

Marie avait appris de l'archange qu'Elisabeth allait bientôt devenir mère. La pensée des services que réclament sa vénérable cousine et l'enfant qui va naître, lui fait prendre aussitôt la route des montagnes où est située l'habitation de Zacharie. Ainsi va, ainsi presse, quand elle est vraie, la charité du Christ (38). Il n'est point d'état d'âme où, sous le prétexte d'une perfection plus relevée, le chrétien puisse oublier ses frères. Marie venait de contracter avec Dieu l'union la plus haute; et volontiers notre imagination se la représenterait impuissante à tout, perdue dans l'extase, durant ces jours où le Verbe, prenant chair de sa chair, l'inonde en retour de tous les flots de sa divinité. L'Evangile est formel cependant: c'est en ces jours mêmes (39) que l'humble vierge, assise jusque-là dans le secret de la face du Seigneur (40), se lève pour se dévouer à tous les besoins du prochain dans le corps et dans l'âme. Serait-ce à dire que les œuvres l'emportent sur la prière, et que la contemplation n'est plus la meilleure part? Non, sans doute; et Notre-Dame n'avait jamais si directement ni si pleinement qu'en ces mêmes jours, adhéré à Dieu par tout son être. Mais la créature parvenue sur les sommets de la vie unitive, est d'autant plus apte aux œuvres du dehors qu'aucune dépense de soi ne peut la distraire du centre immuable où elle reste fixée.

Insigne privilège, résultat de cette division de l'esprit et de l’âme (41) à laquelle tous n'arrivent point, et qui marque l'un des pas les plus décisifs dans les voies spirituelles; car elle suppose la purification tellement parfaite de l'être humain, qu'il ne forme plus en toute vérité qu'un même esprit avec le Seigneur (42); elle entraîne une soumission si absolue des puissances, que, sans se heurter, elles obéissent simultanément, dans leurs sphères diverses, au souffle divin.

Tant que le chrétien n'a point franchi ce dernier défilé défendu avec acharnement par la nature, tant qu'il n'a pas conquis cette liberté sainte des enfants de Dieu (43), il ne peut, en effet, aller à l'homme sans quitter Dieu en quelque chose. Non qu'il doive négliger pour cela ses devoirs envers le prochain, dans qui Dieu a voulu que nous le voyions lui-même; heureux toutefois qui, comme Marie, ne perd rien de la meilleure part, en vaquant aux obligations de ce monde! Mais combien petit est le nombre de ces privilégiés, et quelle illusion serait de se persuader le contraire!

Nous retrouverons ces pensées au jour de la triomphante Assomption; mais l'Evangile qu'on vient d'entendre, nous faisait un devoir d'attirer dès maintenant sur elles l'attention du lecteur. C'est spécialement en cette fête, que Notre-Dame a mérité d'être invoquée comme le modèle de tous ceux qui s'adonnent aux œuvres de miséricorde; s'il n'est point donné à tous de tenir comme elle, dans le même temps, leur esprit plus que jamais abîmé en Dieu: tous néanmoins doivent s'efforcer d'approcher sans fin, par la pratique du recueillement et de la divine louange, des lumineux sommets où leur Reine se montre aujourd'hui dans la plénitude de ses perfections ineffables.

L'Offertoire chante le glorieux privilège de Marie, mère et vierge, enfantant celui qui l'a faite.

OFFERTOIRE.

BIENHEUREUSE êtes-vous, Vierge Marie, qui avez porté le Créateur de toutes choses! vous avez engendré celui qui vous a faite, et restez vierge éternellement.

Le Fils de Dieu, naissant de Marie, a consacré son intégrité virginale. Obtenons, dans la Secrète de ce jour, qu'il veuille en souvenir de sa Mère nous purifier de nos souillures, et rendre ainsi notre offrande acceptable au Dieu très-haut.

SECRETE.

Permettez, Seigneur, que vienne à notre aide l'humanité de votre Fils unique; né d'une vierge, loin de léser l'intégrité de sa mère, il l'a consacrée: qu'il nous délivre de nos fautes et vous rende ainsi notre offrande acceptable en cette fête de la Visitation, Jésus-Christ notre Seigneur qui, étant Dieu, vit et règne avec vous.

Recevez, Seigneur, nos prières et nos dons; pour qu'ils soient dignes de votre regard, puissions-nous être aidés des prières de vos saints. Par Jésus-Christ.

PREFACE.

C'est une chose digne et juste, équitable et salutaire, Seigneur saint, Père tout-puissant, Dieu éternel, de vous rendre grâces en tout temps et en tous lieux; spécialement de vous louer, de vous bénir, de vous célébrer en la Visitation de la bienheureuse Marie toujours vierge. C'est elle qui a conçu votre Fils unique par l'opération du Saint-Esprit, et qui, sans rien perdre de la gloire de sa virginité, a donné au monde la Lumière éternelle, Jésus-Christ notre Seigneur: par qui les Anges louent votre majesté, les Dominations l'adorent, les Puissances la révèrent en tremblant, les Cieux et les Vertus des Cieux, et les heureux Séraphins la célèbrent avec transport. Daignez permettre à nos voix de s'unir à leurs voix, afin que nous puissions dire dans une humble confession: Saint! Saint! Saint!

L'Eglise possède en elle, dans les Mystères, le même Fils du Père éternel que portèrent durant neuf mois les entrailles de Marie. C'est en son sein bienheureux que, pour venir à nous tous, il a pris un corps. Chantons, dans l'Antienne de la Communion, et le Fils et la Mère.

COMMUNION.

Bienheureuses les entrailles de la Vierge Marie, qui ont porté le Fils du Père éternel!

La célébration de chacun des mystères du salut par la participation au divin Sacrement qui les contient tous, est un moyen d'obtenir l'éloignement du mal pour ce monde et pour l'éternité. C'est ce qu'exprime la Postcommunion en ce qui touche le mystère de ce jour.

POSTCOMMUNION

Nous avons, Seigneur, participé aux Mystères qui consacrent cette fête annuelle; faites, nous vous en supplions, qu'ils nous soient un remède pour la vie du temps et pour l’éternelle. Par Jésus-Christ.

Remplis de l'aliment du Corps sacré et du Sang précieux, nous vous prions, ô Seigneur notre Dieu, de faire que l'acte pieux de notre dévotion obtienne sûrement son effet rédempteur. Par le même Jésus-Christ notre Seigneur.

AUX SECONDES VÊPRES.

Les Antiennes, les Psaumes, le Capitule, l'Hymne et le Verset, sont les mêmes qu'aux premières Vêpres, pages 506-511.

ANTIENNE de Magnificat.

Toutes les générations m'appelleront bienheureuse, parce que Dieu a regardé son humble servante. Alléluia.

Les XIVe et XV° siècles ont chanté en de gracieuses compositions le mystère de ce jour. Celle qui suit eut le don d'exciter la colère des prétendus Réformés par les expressions de sa piété si touchante envers la Mère de Dieu. On y remarquera l'appel à l'unité pour ceux qui s'égarent. Selon ce que nous avons dit du motif qui porta l'Eglise à établir la fête de la Visitation, Marie est de même invoquée, en d'autres formules du même temps propres à cette fête, comme la lumière qui dissipe tous les nuages (44), qui dissout tous les schismes (45).

SÉQUENCE.

Venez, glorieuse souveraine; Marie, vous-même visitez-nous: illuminez nos âmes malades, donnez-nous de vivre saintement.

Venez, vous qui sauvâtes le monde, enlevez la souillure de nos crimes; dans cette visite à votre peuple, écartez tout péril de peine.

Venez, reine des nations, éteignez les flammes du péché; quiconque s'égare, redressez-le, donnez à tous vie innocente.

Venez, visitez les malades; Marie, fortifiez les courages par la vertu de votre impulsion sainte, bannissez les hésitations.

Venez, étoile, lumière des mers, faites briller le rayon de la paix; que Jean tressaille devant son Seigneur.

Venez, sceptre des rois, ramenez les foules errantes à l'unité de foi qui est le salut des citoyens des cieux.

Venez, implorez pour nous ardemment les dons de l'Esprit-Saint, afin que nous suivions une ligne plus droite dans les actes de cette vie.

Venez, louons le Fils, louons l'Esprit-Saint, louons le Père, unique Dieu: qu'il nous donne secours.

Amen.

Quelle est celle-ci, qui s'avance belle comme l'aurore à son lever, terrible comme une armée rangée en bataille (46)? O Marie, c'est aujourd'hui que, pour la première fois, votre douce clarté réjouit la terre. Vous portez en vous le Soleil de justice; et sa lumière naissante frappant le sommet des monts, tandis que la plaine est encore dans la nuit, atteint d'abord le Précurseur illustre dont il est dit qu'entre les fils des femmes il n'est point de plus grand. Bientôt l'astre divin, montant toujours, inondera de ses feux les plus humbles vallées. Mais que de grâce en ces premiers rayons qui s'échappent de la nuée sous laquelle il se cache encore! Car vous êtes, ô Marie, la nuée légère, espoir du monde, terreur de l'enfer (47); en sa céleste transparence, contemplant de loin les mystères de ce jour, Elie le père des prophètes et Isaïe leur prince découvrirent tous deux le Seigneur. Ils vous voyaient hâtant votre course au-dessus des montagnes, et ils bénissaient Dieu; car, dit l'Esprit-Saint, lorsque l'hiver a enchaîné les neuves, desséché les vallées, brûlé les montagnes, le remède à tout est dans la hâte de la nuée (48).

Hâtez-vous donc, ô Marie! Venez à nous tous, et que ce ne soient plus seulement les montagnes qui ressentent les bienfaits de votre sereine influence: abaissez-vous jusqu'aux régions sans gloire où la plus grande partie du genre humain végète, impuissante à s'élever sur les hauteurs; que jusque dans les abîmes de perversité les plus voisins du gouffre infernal, votre visite fasse pénétrer la lumière du salut. Oh! puissions-nous, des prisons du péché, de la plaine où s'agite le vulgaire, être entraînés à votre suite! Ils sont s beaux vos pas dans nos humbles sentiers (49), ils sont si suaves les parfums dont vous enivrez aujourd'hui la terre (50)! Vous n'étiez point connue, vous-même vous ignoriez, ô la plus belle des filles d'Adam, jusqu'à cette première sortie qui vous amène vers nos pauvres demeures (51) et manifeste votre puissance. Le désert, embaumé soudain des senteurs du ciel, acclame au passage, non plus l'arche des figures, mais la litière du vrai Salomon, en ces jours mêmes qui sont les jours des noces sublimes qu'a voulu contracter son amour (52). Quoi d'étonnant si d'une course rapide elle franchit les montagnes, portant l'Epoux qui s'élance comme un géant de sommets en sommets (53)?

Vous n'êtes pas, ô Marie, celle qui nous est montrée dans le divin Cantique hésitante à l'action malgré le céleste appel, inconsidérément éprise du mystique repos au point de le placer ailleurs que dans le bon plaisir absolu du Bien-Aimé. Ce n'est point vous qui, à la voix de l'Epoux, ferez difficulté de reprendre pour lui les vêtements du travail, d'exposer tant qu'il le voudra vos pieds sans tache à la poussière des chemins de ce monde (54). Bien plutôt: à peine s'est-il donné à vous dans une mesure qui ne sera connue d'aucune autre, que, vous gardant de rester absorbée dans la jouissance égoïste de son amour, vous-même l'invitez à commencer aussitôt le grand œuvre qui l'a fait descendre du ciel en terre: «Venez, mon bien-aimé, sortons aux champs, levons-nous dès le matin pour voir si la vigne a fleuri, pour hâter l'éclosion des fruits du salut dans les âmes; c'est là que je veux être à vous» (55). Et, appuyée sur lui, non moins que lui sur vous-même, sans rien perdre pour cela des délices du ciel, vous traversez notre désert (56); et la Trinité sainte perçoit, entre cette mère et son fils, des accords inconnus jusque-là pour elle-même; et les amis de l'Epoux, entendant votre voix si douce (57), ont, eux aussi, compris son amour et partagé vos joies. Avec lui, avec vous, de siècle en siècle, elles seront nombreuses les âmes qui, douées de l'agilité de la biche et du faon mystérieux, fuiront les vallées et gagneront les montagnes où brûle sans fin le pur parfum des cieux (58).

Bénissez, ô Marie, ceux que séduit ainsi la meilleure part. Protégez le saint Ordre qui se fait gloire d'honorer spécialement le mystère de votre Visitation; fidèle à l'esprit de ses illustres fondateurs, il ne cesse point de justifier son titre, en embaumant l'Eglise de la terre de ces mêmes parfums d'humilité, de douceur, de prière cachée, qui furent pour les anges le principal attrait de ce grand jour, il y a dix-huit siècles. Enfin, ô Notre-Dame, n'oubliez point les rangs pressés de ceux que la grâce suscite, plus nombreux que jamais en nos temps, pour marcher sur vos traces à la recherche miséricordieuse de toutes les misères; apprenez-leur comment on peut, sans quitter Dieu, se donner au prochain: pour le plus grand honneur de ce Dieu très-haut et le bonheur de l'homme, multipliez ici-bas vos fidèles copies. Que tous enfin, vous ayant suivie en la mesure et la manière voulues par Celui qui divise ses dons à chacun comme il veut (59), nous nous retrouvions dans la patrie pour chanter d'une seule voix avec vous le Magnificat éternel!

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NOTE

1. Gen. IX, 12-17.

2. Eccli. XLIII, 12-13.

3. Psalm. CXXXI, 8.

4. II Reg. VI.

5. I Reg. V.

6. Psalm. CXXXI, 8-9, 14-18.

7. I Reg. IV, 5-8.

8. Gen. III, 11.

9. Josué, III, IV.

10. Ibid. VI.

11. Judic. V, 12.

12. Ibid. 7.

13. Ibid. 3.

14. Psalm. XXXIII, 4.

15. I Reg. II, 1.

16. Judith, XIII, 18.

17. Ibid. 23, 31; XV, 11.

18. Exod. XV, 2-3, 11.

19. I Reg. II, 2.

20. Esther, IX, 28.

21. Judith, IX, 11.

22. I Reg. II, 4-3.

23. Esther, X, 12.

24. Ibid. XIII, 15; XIV, 5.

25. Exod. XV, 20-21.

26. Voir plus haut, en la fête du Précieux Sang, page 469.

27. Sainte Cécile et la société romaine aux deux premiers siècles.

28. In Ev. Hom. XXXII, 7-9.

29. Sedulius, Carmen paschale, lib. II, v. 63-69.

30. I Cor. II, 14.

31. Matth. XI, 23.

32. Ibid. 15; XIII, 9.

33. Matth. XVIII, 3.

34. Ibid. XIII, 11.

35. Ibid. XI, 19.

36. I Cor. II, 9.

37. Vierge mère de Dieu, celui que le monde entier ne saurait contenir s'est enfermé dans votre sein, s'y faisant homme.

38. II Cor. V, 14

39. Luc. I, 39.

40. Psalm. XXX, 21.

41. Heb. IV, 12.

42. I Cor. VI, 17.

43. Rom. VIII, 21; II Cor. III, 1 7.

44. Hymn. O Christi mater fulgida. Dan. IV, 276.

45. Hymn. O Christi mater cœlica. Dan. IV, 236.

46. Cant. VI, 9.

47. III Reg. XVIII, 44; Isai. XIX, 1.

48. Eccli. XLIII, 21-24.

49. Cant. VII, 1.

50. Ibid. I, 5.

51. Ibid, 7.

52. Ibid. III, 6-11.

53. Psalm. XVIII, 6-7.

54. Cant. V, 20.

55. Ibid. VII, 10-13.

56. Ibid. VIII, 5.

57. Ibid. 13.

58. Ibid. 14.

59. I Cor. XII, 11.