PDA

Visualizza Versione Completa : 8 maggio (7 ottobre) - Beata V. Maria del Rosario



Augustinus
08-05-04, 07:57
Dal sito SANTI E BEATI (http://www.santiebeati.it/search/jump.cgi?ID=52350):

Madonna del Rosario di Pompei

8 maggio (7 ottobre)

La Madonna del Rosario ha un culto molto antico, risale all’epoca dell’istituzione dei domenicani (XII secolo), i quali ne furono i maggiori propagatori. La devozione della recita del rosario, chiamato anche salterio, ebbe larga diffusione per la facilità con cui si poteva pregare; fu chiamato il vangelo dei poveri, che in massima parte non sapevano leggere, perché faceva in modo di poter pregare e nello stesso tempo meditare i misteri cristiani senza la necessità di leggere su un testo.
I misteri contemplati nella recita del rosario sono quindici, cinque gaudiosi, cinque dolorosi, cinque gloriosi.
Alla protezione della Vergine del S. Rosario, fu attribuita la vittoria della flotta cristiana sui turchi musulmani, avvenuta a Lepanto nel 1571. A seguito di ciò il papa s. Pio V (1504-1572), istituì dal 1572 la festa del S. Rosario, alla prima domenica di ottobre, che poi dal 1913 è stata spostata al 7 ottobre.
Il culto per il s. Rosario ebbe un’ulteriore diffusione dopo le apparizioni di Lourdes del 1858, dove la Vergine raccomandò la pratica di questa devozione. La Madonna del Rosario, ebbe nei secoli una vasta gamma di raffigurazioni artistiche, quadri, affreschi, statue, di solito seduta in trono con il Bambino in braccio, in atto di mostrare o dare la corona del rosario; la più conosciuta è quella in cui la corona viene data a s. Caterina da Siena e a s. Domenico Guzman, inginocchiati ai lati del trono.
Ed è uno di questi quadri che ha dato vita alla devozione tutta mariana di Pompei; a questo punto bisogna parlare dell’iniziatore di questo culto, il beato Bartolo Longo.
L’avvocato Bartolo Longo nacque a Latiano (Brindisi) il 10 febbraio 1841, di temperamento esuberante, da giovane si dedicò al ballo, alla scherma e alla musica; intraprese gli studi superiori in forma privata a Lecce; dopo l’Unità d’Italia, nel 1863, si iscrisse alla Facoltà di Giurisprudenza nell’Università di Napoli.
Fu conquistato dallo spirito anticlericale che in quegli anni dominava nell’Ateneo napoletano, al punto da partecipare a manifestazioni contro il clero e il papa. Dubbioso sulla religione, si lasciò attrarre dallo spiritismo, allora molto praticato a Napoli, fino a diventarne un celebrante dei riti.
In seguito, ebbe contatti con il dotto domenicano padre Radente, che con i suoi consigli e la sua dottrina, lo ricondusse alla fede cattolica e alle pratiche religiose.
Intanto il 12 dicembre 1864 si era laureato in Diritto, ritornò al paese natío e prese a dedicarsi ad una vita piena di carità e opere assistenziali; rinunziò al matrimonio, ricordando le parole del venerabile Emanuele Ribera redentorista: “Il Signore vuole da te grandi cose, sei destinato a compiere un’alta missione”.
Superati gli indugi, abbandonò la professione di avvocato, facendo voto di castità e ritornò a Napoli per dedicarsi in un campo più vasto alle opere di beneficenza; qui incontrò il beato padre Ludovico da Casoria e la beata Caterina Volpicelli, due figure eminenti della santità cattolica dell’800 napoletano, i quali lo consigliarono e indirizzarono ad una santa amicizia con la contessa Marianna De Fusco.
Da qui, il beato Bartolo Longo ebbe una svolta decisiva per la sua vita; divenne compagno inseparabile nelle opere caritatevoli, della contessa che era vedova, inoltre divenne istitutore dei suoi figli e amministratore dei beni. La loro convivenza diede adito a parecchi pettegolezzi, pur avendo il beneplacito dell’arcivescovo di Napoli cardinale Sanfelice; alla fine decisero di sposarsi nell’aprile 1885, con il proposito però di vivere come buoni amici, in amore fraterno, come avevano fatto fino allora.
La contessa De Fusco era proprietaria di terreni ed abitazioni nel territorio di Pompei e Bartolo Longo come amministratore si recava spesso nella Valle; vedendo l’ignoranza religiosa in cui vivevano i contadini sparsi nelle campagne, prese ad insegnare loro il catechismo, a pregare e specialmente a recitare il rosario.
Una pia suora Maria Concetta de Litala, gli donò una vecchia tela raffigurante la Madonna del Rosario, molto rovinata; restauratala alla meglio, Bartolo Longo decise di portarla nella Valle di Pompei e lui stesso racconta, che nel tratto finale, poggiò il quadro per trasportarlo, su un carro, che faceva la spola dalla periferia della città alla campagna, trasportando letame, che allora veniva usato come concime nei campi.
Il 13 febbraio 1876, il quadro venne esposto nella piccola chiesetta parrocchiale, da quel giorno la Madonna elargì con abbondanza grazie e miracoli; la folla di pellegrini e devoti aumentò a tal punto che si rendeva necessario costruire una chiesa più grande.
Bartolo Longo su consiglio anche del vescovo di Nola, Formisano che era l’Ordinario del luogo, iniziò il 9 maggio 1876 la costruzione del tempio che terminò nel 1887. Il quadro della Madonna, dopo essere stato opportunamente restaurato, venne sistemato su un trono splendido; l’immagine poi verrà anche incoronata con un diadema d’oro, ornato da più di 700 pietre preziose, benedetto da papa Leone XIII.
La costruzione venne finanziata da innumerevoli offerte di denaro, proveniente dalle tante Associazioni del Rosario, sparse in tutta Italia, in breve divenne centro di grande spiritualità come lo è tuttora, fu elevata al grado di Santuario, centro del sacramento della confessione di milioni di fedeli, che si accostano alla Santa Comunione tutto l’anno.
Il beato Bartolo Longo istituì per le opere sociali, un orfanotrofio femminile, affidandone la cura alle suore Domenicane Figlie del Rosario di Pompei, da lui fondate; ancora fondò l’Istituto dei Figli dei Carcerati in controtendenza alle teorie di Lombroso, secondo cui i figli dei criminali sono per istinto destinati a delinquere; chiamò a dirigerli i Fratelli delle Scuole Cristiane.
Fondò nel 1884 il periodico “Il Rosario e la Nuova Pompei” che ancora oggi si stampa in centinaia di migliaia di copie, diffuse in tutto il mondo; la stampa era affidata alla tipografia da lui fondata per dare un’avvenire ai suoi orfanelli; altre opere annesse sono asili, scuole, ospizi per anziani, ospedale, laboratori, casa del pellegrino.
Il santuario fu ampliato nel 1933-39, con la costruzione di un massiccio campanile alto 80 metri, un poco isolato dal tempio, Nel 1893 Bartolo Longo offrì a papa Leone XIII la proprietà del santuario con tutte le opere pompeiane, qualche anno più tardi rinunziò anche all’amministrazione che il papa gli aveva rimasto; l’interno è a croce latina, tutta lavorata in marmo, ori, mosaici dorati, quadri ottocenteschi, con immensa cripta, il trono circondato da colonne, sulla crociera vi è l’enorme cupola di 57 metri tutta affrescata.
Il fondatore, morì il 5 ottobre del 1926 e come da suo desiderio fu sepolto nella cripta, in cui riposa anche la contessa De Fusco.
Aveva trovato una zona paludosa e malsana, a causa dello straripamento del vicino fiume Sarno, abbandonata praticamente dal 1659. Alla sua morte lasciò una città ripopolata, salubre, tutta ruotante attorno al Santuario e alle sue numerose opere, a cui poi si affiancò il turismo per i ritrovati scavi della città sepolta dall’eruzione del Vesuvio.
È sua l’iniziativa della supplica, da lui compilata, alla Madonna del Rosario di Pompei che si recita solennemente e con gran concorso di fedeli, l’8 maggio e la prima domenica di ottobre.
Bartolo Longo è stato beatificato il 26 ottobre 1980 da papa Giovanni Paolo II. Il santuario è basilica pontificia e come Loreto è sede di un vescovo (prelatura) con giurisdizione su Pompei.

Autore: Antonio Borrelli

http://santiebeati.it/immagini/Original/52350/52350E.JPG

http://santiebeati.it/immagini/Original/52350/52350G.JPG

Augustinus
08-05-04, 08:55
QUINDICI SABATI DEL ROSARIO

Il Santuario della Madonna del Rosario di Pompei, per merito del fondatore, il beato Bartolo Longo (+ 1922), è il centro che contribuì alla diffusiòne della pratica dei Quindici sabati del Rosario. Fu il Beato stesso a ricordarne la storia. Viene dalla Francia e risale al 1627.
Il re Luigi XIII era impegnato in una lotta contro gli eretici Calvinisti e Ugonotti; questi ultimi, asserragliati nella fortezza di la Rochelle, dopo un lungo assedio, furono costretti alla resa. Il re aveva però invitato alla recita del Rosario. La prima recita pubblica, alla presenza di principi e cardinali, ebbe luogo il 27 maggio 1627 nella chiesa dei PP. Domenicani in S. Onorato, a Parigi. Si continuò poi in tutti i sabati.
Il successo militare e la devozione dei fedeli ispirarono la devozione detta: «Voto dei quindici sabati», propagandata ovunque dai PP. Domenicani.
Devozione accreditata da grazie straordinarie ed indulgenze.
Consiste nell'impegno di accostarsi alla S. Comunione per 15 sabati consecutivi, di recitare almeno una terza parte del Rosario, di meditare un certo spazio di tempo i misteri, a cui conformarsi nella vita pratica, di santificare quella giornata. E questo allo scopo di ottenere dalla Vergine qualche grazia speciale.
Nel Meridione e a Napoli veniva praticata nelle chiese domenicane.
Una devota marchesa, Filiasi di Somma, per meglio diffondere la pratica aveva tradotto dal francese un libriccino, esauritosi in breve tempo. Bartolo Longo (terziario domenicano) la incontrò quando le chiese una offerta per il costruendo santuario di
Pompei. Il discorso cadde sui Quindici sabati e la marchesa lo invitò a ristampare il librettino. Il santo notò trattarsi di un testo devozionale ben misero: un breve pensiero su ogni mistero accompagnava la preparazione ed il ringraziamento alla S. Comunione.
Devoto del Rosario, di S. Domenico e dei Domenicani (alla sua
conversione aveva contribuito il P. Alberto Radente, suo confessore), pensò a qualcosa di più consistente. Stese così: «La devozione dei quindici sabati in onore del SS.mo Rosario» (Napoli, 1877); comprendente tre parti: «Le glorie del Rosario contro i protestanti», «Ammaestramenti per infervorare alla pratica dei quindici sabati», «Metodo pratico per ben fare i quindici sabati».
Il libro ebbe una singolarissima fortuna in tutta l'Italia per l'erudizione e lo spirito di pietà di cui era pervaso. Le edizioni si susseguono quasi annualmente, ampliate ed elaborate. Nel 1884 era giunto alla 4° edizione in 2 i volumi; nel 1887 alla 7°, in 15.000 copie. Nell'8° iniziò la pubblicazione, separata delle meditazioni e apparecchio alla S. Comunione. Il 1900 vide la 16° edizione. Vivente l'autore (1926), se ne diffusero centinaia di migliaia di copie, tradotte in parecchie lingue. Il Italia se ne stamparono in media 10.000 all'anno. Nel 1941 uscì la 54° edizione e nel 1981 la 75°.
Il Beato Bartolo Longo dà maggior contenuto alla pratica.
- Suggerisce di iniziarla 15 sabati (o domenica, per gli impediti) prima della festa del Rosario, anche se la pratica non è legata a date.
- Propone per ogni sabato la meditazione di un mistero del Rosario suddivisa in tre punti e comprendente tutti gli episodi evangelici connessi col mistero; inserendovi, per quelli dolorosi, qualche particolare attinto dalla tradizione e da rivelazioni private.
- Ogni meditazione è accompagnata da affetti utili per la preparazione e il ringraziamento alla S. Comunione.
- Propone virtù da imitare o mortificazione da compiere.
- Espone più esempi di Santi, tutti appartenenti all'ordine dei Domenicano
- Suggerisce di continuare per tutta la settimana la meditazione del mistero e le risoluzioni pratiche prese nella S. Comunione.
Le meditazioni sono essenzialmente cristologìche, anche se costantemente è evocata la presenza di Maria e la sua unione a Cristo, ed è richiesto il suo aiuto per una più intima unione a nostro Signore. Devozione quindi quanto mai seria teologicamente ed efficace nella sua impostazione.
I vantaggi li richiama lo stesso Beato:
- rendere impressa la vita di Gesù e di Maria, cioè il Vangelo in compendio
- acquistare l'abitudine di meditare la Passione di Gesù ed i dolori di Maria, i più atti ad accendere l'amore per essi;
- nominare 150 (o 50) volte il nome di Gesù; giusta riparazione alle innumerevoli bestemmie contro il Santo nome di Dio;
- arricchire la Comunione riparatrice con il Rosario;
- conformarsi a Gesù e Maria praticando le loro virtù;
- mortificare le passioni;
- conversare familiarmente con Gesù e Maria;
- essere sollecitati dai numerosi esempi all'amore a Cristo, alla Vergine all'esercizio delle virtù cristiane.
Fa specie notare come, in ordine al Rosario, il Beato richiami e dia
significato a tutti i particolari, diciamoli così materiali.
- I tre ordini di misteri dell'unico Rosario richiama l'unità e Trinità di Dio e la triplice verginità di Maria.
- Le 50 Ave, (un terzo del Rosario) le riferisce ai 50 anni del Giubileo significa la remissione dei peccati.
- I 5 Padre nostro onorano le cinque piaghe del Signore.
- Le 10 Ave ricordano i 10 Comandamenti.
- Le 150 Ave si ricollegano ai 150 Salmi ed alle 150 foglie della rosa di Gerico (Maria, rosa mistica).
- I 15 misteri evocano i 15 salmi graduali, i gradini del Tempio
Gerusalemme, le 15 caratteristiche della virtù della carità enumerate S.Paolo.
Si noterà l'affinità dei Quindici sabati con le devozioni dei Primi nove venerdì e dei Primi cinque sabati; come pure con il mese di maggio per la meditazione, l'esercizio pratico e l'esempio.
La pratica non è legata a rivelazioni, ad associazioni, tempi e
determinati. Ciascuno la compie singolarmente e la ripete per la grazia che di volta in volta desidera ottenere.
Devozione solida, degna di un santo.
Per i fedeli che compiono la pratica privatamente, l'edizione integrale dello scritto del Beato meriterebbe forse una rielaborazione, conservandone lo spirito ed il metodo.

http://www.cattolicesimo.com/immsacre/g.jpg http://www.wga.hu/art/c/champaig/louis13v.jpg Philippe de Champaigne, Il voto di Luigi XIII, 1637-38, Musée des Beaux-Arts, Caen

http://www.cattolicesimo.com/immsacre/kip.jpg Orest Kiprensky, Madonna col Bambino, 1807, Museo Russo, San Pietroburgo

http://www.homolaicus.com/arte/cesena/storia/Chiese/S.%20Domenico/foto/Madonna%20del%20Rosario.jpg Giuseppe Cesari, detto Cavalier D’Arpino (Arpino 1568- Roma 1640), Madonna del Rosario, S. Domenico, angeli e devoti, Chiesa di S. Domenico, Cesena

http://www.cattolicesimo.com/immsacre/pom3.jpg

http://www.cattolicesimo.com/immsacre/pom1.jpg

Augustinus
08-05-04, 23:34
La supplica alla Madonna di Pompei

di Nicola Gori

Nella versione originale la famosa Supplica alla Regina del santo rosario di Pompei presenta una certa tonalità solenne negli appellativi rivolti alla Vergine: “Regina del Santo Rosario”. “Augusta Regina delle Vittorie”, “Vergine sovrana del Paradiso”, “Regina gloriosa del Santissimo Rosario”, “Regina”, “Regina”, “Regina delle Vittorie”, “Regina del Rosario della Valle di Pompei”, come ad accentuare l’elemento trionfale d’una indubbia regalità riconosciuta ed ammirata – in un’epoca in cui ancora vigevano ben fiorenti monarchie in varie parti d’Europa – e per sottolinearne la potenza effettuale e protettiva per i fedeli sudditi. Così, codesta potenza si esplica come segno gioioso e rassicurante degli spazi celestiali: “al cui nome potente si rallegrano i cieli”. E qui, si comprende bene, allora, l’insistenza sulla regalità, proprio come nominalità miracolosa e dominatrice (“al cui nome”); e anche come segno tremendo ed inquietante per gli spazi del male - “e tremano per terrore gli abissi”- a individuarne, sia pure genericamente, l’oscura minaccia e la distanza dal trono santo.

Sembra proprio che una forza particolare della Supplica sia riposta dal suo Autore, precisamente, nel delineare una rappresentazione particolarmente suggestiva e confortante dei due mondi contrapposti, appunto, del bene e del male: “Voi sedete coronata Regina alla destra del vostro Figliuolo redimita di gloria immortale su tutti i cori degli Angeli” – e qui si scorge l’esaltante prospettiva della corte celeste, maestosamente sostenuta dalla presenza suprema di Cristo – ma qui, come poi vedremo, già riconosciuto affettuosamente e familiarmente come “Figliuolo” a coronamento dell’aspetto prevalente nella Supplica delle ragioni intime e tenerissime della maternità della Madonna. “Gloria immortale” è il segno ancora trionfale della vittoria sulla morte, come sul male; “cori degli Angeli” proietta sullo spazio regale del cielo l’armonia corale che lo circonda e che si apre come linea prospettica anche per i poveri umani. Ancora: “Voi distendete il vostro dominio per quanto son distesi i Cieli ed a Voi la terra e le creature tutte che in essa abitano sono soggette. Il vostro dominio si stende sino all’inferno”: la potenza di Maria abbraccia, dunque, naturalmente, ogni spazio, cielo, terra e anche il perturbante “inferno”, certamente per sistemare, in modo completo, e organizzare una totalità spaziale ove ogni essere – umano, angelico o infernale – debba rispondere soltanto alla Madonna gloriosamente regnante alla destra di Cristo. Come dire, una struttura portante che conforta (o esclude) tutti – alla luce, all’ombra o nelle fiamme infernali – in modo che, ovunque, tutto e tutti debbano, in qualche modo, essere sottomessi all’unica regina vittoriosa e dominatrice.

Diciamo che si tratta d’una visione apertissima e, insieme, ben partita nelle sue giuste zone, e dilatata a coprire ogni manifestazione od ogni entità presente in cielo, in terra e negli abissi infernali. Ad ognuno, poi, sembra esser suggerito, la propria collocazione rispetto al “trono di clemenza”.

In realtà, l’aspetto principale della Supplica e, certamente, non dei meno interessanti, approfondisce e qualifica i soggetti sulla terra nel segno ben più comprensivo e fiducioso nell’appello e riconoscimento della maternità della Madonna: “avventurati figli vostri”, “con la confidenza di figli”, “benché vostri figliuoli”, “Madre nostra”, “Madre dei peccatori”, “nostra Madre”, “Madre buona”, “figli ingrati e immeritevoli”, “il vostro cuore di Madre”, “vostri figli”, “come deboli figli tra le braccia della più tenera delle madri”, “la materna benedizione”, “o Madre”, “o Madre nostra cara”: confidenza dell’invocazione, riconoscimento delle colpe e ingratitudine, appello al “cuore” e alla “benedizione”, insistenza sulla maternità, sono questi i modi confidenziali con cui gli uomini si presentano, dunque, alla Madre, non solo alla Regina, proclamando la loro ventura per tale maternità (“avventurati”).

Ancora, si evidenzia la “bontà” propria di Maria, la “clemenza” (“vincete con la clemenza”), si cerca lo “sguardo pietoso”, la “compassione degli affanni” e dei “travagli che amareggiano la vita”, si chiede l’intercessione (“trattenete il braccio della giustizia del vostro Figliuolo sdegnato”) fino, soprattutto, a proclamare una ben più chiara e protettrice regalità (“Oggi mostratevi a tutti, qual siete, regina di pace e perdono”), nella certezza invocata della “misericordia”, con la quale Maria si abbassa, persino – come già nella “compassione”, del condividere il dolore e la sofferenza – alla cordiale vicinanza alla miseria della povera umanità. Ed è, del resto, la “pietà” soprattutto ad essere richiamata: “Pietà vi prenda, o Madre buona”, una pietà corale e universale (“Pietà, deh!, pietà oggi imploriamo”) e misericordia totale (“Misericordia per tutti o Madre di misericordia”. Siamo ben vicini, evidentemente, alle figure e ai concetti espressi nella grande preghiera della “Salve Regina”.

Nello svolgimento della Supplica scorgiamo, dunque, un preciso filo conduttore, che lega l’accorata richiesta dei fedeli in lacrime ma pieni di fiducia nella risposta da parte della Vergine: ”noi tutti avventurati figli vostri, che la bontà vostra ha prescelti in questo secolo [...] effondiamo con lagrime gli affetti del nostro cuore e con la confidenza di figli vi esponiamo le nostre miserie”.

Questa premessa permette di comprendere bene qual è il legame che intercorre tra la Regina e i suoi figli; ed è quel legame materno, che la bontà della Vergine ha esteso a tutti gli uomini indistintamente - siano essi presenti o assenti, consapevoli o indifferenti, lontani o vicini. La sollecitudine per la nostra sorte arriva a tal punto che già subito la Madonna sembra aver compiuto il primo miracolo: il trovarsi tutti quanti ai piedi di questa Madre, insieme, a rappresentare l’umanità intera, è già un evento straordinario, perché in questa supplica tutti siamo compresi e, appunto, rappresentati, anche quelli che “costano sangue al dolce Gesù”, perché rimangono per sempre “nostri fratelli e figli vostri”. Questo senso universale di comunione è sottolineato ampiamente in tutto il testo: prima di tutto da tutti i verbi che sono alla prima persona plurale; poi, dalla presenza del “noi” come entità collettive che ci riuniscono e ci fanno condividere e rivolgere appelli o gridi di pianto, nel bene e nel male, nella gioia e nella colpa e nella responsabilità, vivi e morti, volenti e nolenti, amici o nemici, tutti noi: “noi tutti avventurati figli”, “nostro cuore”, “nostre miserie”, “verso di noi”, “nostre famiglie”, “nostri fratelli e figli vostri”, “noi pei primi, benché vostri figliuoli”, “in cuor nostro”, “Madre nostra”, “nostra Madre”, “nostra Avvocata”, “nostra Speranza”, “noi gementi”, “pietà di noi”, “nostre famiglie”, “anime nostre”, “nostri parenti”, “nostri amici”, “nostri fratelli estinti”, “nostri nemici”, “esaudirci”, “salvarci”, “ci strappate dalle mani di Satana”, “potete salvarci”, “volerci aiutare”, “diteci almeno”, “noi, vostri figli”, “ci ispirano fiducia”, “noi saremo esauditi”, “noi confidiamo pienamente in voi”, “ci gettiamo ai vostri piedi”, “ci abbandoniamo”, “non ci leveremo dai vostri piedi”, “non ci staccheremo dalle vostre ginocchia”, “finché non ci avrete benedetti”, “ci rannodi a Dio”, “ci unisci agli angeli”, “noi non ti lasceremo mai più”, “tu ci sarai conforto nell’ora d’agonia”, “o Madre nostra cara”. Abbiamo dato tutte le testimonianze, in modo completo, per mostrare tutto il percorso centrale della Supplica attorno a questa figura del “noi” come grandioso avvenimento che unisce ed unifica in Maria l’intera umanità.

Il concetto è fondamentale: noi, pur peccatori, non perdiamo mai la dignità di figli di Maria, nonostante tutto. E non solo: vediamo che è questa certezza di confidenza che può aprire il cuore della Regina e ci dà il coraggio di rivolgerci a Lei. E si rivela così agli occhi di tutti il vero volto di questa Regina; il suo è un vero “regno di pace e di perdono”, il regno della conciliazione, dell’amore, dell’unità totale in Lei e in Cristo.

Troviamo nel testo un crescendo di tensione drammatica, perché nonostante la fiducia e la speranza, gli uomini non possono tacere a se stessi che sono loro che infliggono alla loro Madre e Regina i più atroci dolori (“trafiggiamo novellamente il vostro cuore”), perché “coi peccati torniamo a crocifiggere in cuor nostro Gesù”.

Gesù, uomo-Dio, ci ha lasciato sul Golgota in eredità sua Madre, e questo vincolo lo ha suggellato col suo sangue: “e quel testamento di un Dio, suggellato col sangue di un Uomo - Dio, vi dichiarava Madre nostra, Madre dei peccatori”.

La Regina è madre per volere del Dio fatto uomo, che ci ha lasciato in eredità la persona a Lui più preziosa sulla terra. E la “Madre nostra” è anche “avvocata” (unica vera avvocata, che fa solo il nostro interesse e ci difende gratuitamente!), colei che è preposta ad intercedere a nostro favore, e di conseguenza è anche la nostra “Speranza”, perché la sua missione affidatale da Dio stesso è quella di prendersi sempre e comunque cura di noi.

Per questo, il B. Bartolo si appella alla Madre, affinché la pietà prenda campo nel suo cuore, perché tutti tornino pentiti a Lei, “Madre di Misericordia”, ed è sicuro che non resterà inascoltato né deluso.

Sembra che la nostra Madre non abbia possibilità di scelta, infatti, non ha forse “Gesù ha riposto nelle sue mani tutti i tesori delle sue grazie e delle sue misericordie?”

La Vergine, non solo può aiutarci, ma vuole farlo, e neppure i nostri dubbi né i nostri peccati potranno arrestare la sua forza d’intercessione e di misericordia presso Dio. Lei che è due volte madre, innanzitutto di suo Figlio e, in secondo luogo, nostra per adozione, è l’unica che “onnipotente per grazia […] può aiutarci”.

Niente si sottrae al suo dominio, neppure le realtà più atroci, e neppure l’inferno! Nonostante la nostra ingratitudine sia immensa non arriverà mai a superare l’amore che Lei porta per tutti noi.

La fiducia “che noi saremo esauditi” è sostenuta anche dal “Bambino che vediamo sulle nostre ginocchia, e la mistica corona che miriamo nella vostra mano”. Questa corona, che, come un filo, unisce ogni uomo intorno alla Madre per mezzo della preghiera, è il Rosario. Immaginiamo l’umanità raccolta misticamente intorno alla Vergine per mezzo della recita del rosario, che affratella in un attimo ogni creatura, ed un potere immenso è stato donato a questa preghiera! il Bambino è lo stesso Gesù che ha versato sul Golgota “le ultime stille di quel sangue divino”, ed è Lui stesso il garante di questa fedeltà materna della Vergine nei nostri confronti. Anzi, anche noi, per dono divino, entriamo a far parte di questa famiglia, anche noi diveniamo suoi bambini, che, pieni di fiducia, non aspettano altro che di gettarsi e abbandonarsi “tra le braccia della più tenera delle madri”.

Questa piena confidenza apre le porte alle “sospirate grazie”, che “oggi stesso, sì oggi” arriveranno, senza nessun ritardo né dilazione di tempo.

Ed è talmente forte la fiducia del Beato in Maria, che addirittura sappiamo che immediatamente verremo esauditi; a noi, solo il compito di riconoscerla come madre e di lasciarci condurre da Lei. Con lo stesso amore, però!

*********

[1] La Supplica alla Regina del Santo Rosario di Pompei fu scritta con il titolo “Atto d’amore alla Vergine” nei primi mesi dell’anno 1883; poi, nell’ottobre dello stesso anno, il titolo fu cambiato in “Supplica alla potente Regina del SS.mo Rosario di Pompei”: l’autore ne fu il B. Bartolo Longo (1841-1926), terziario domenicano, beatificato da Papa Giovanni Paolo II il 26.10.1980. Papa Leone XIII l’arricchì d’indulgenze con rescritto 16.6.1887; essa viene recitata due volte l’anno, alle ore 12 del giorno 8 maggio e della prima Domenica d’ottobre.

FONTE (http://www.domenicani.net/Rivista%20Famiglia%20Domenicana/fam_dom_11.htm)

http://img444.imageshack.us/img444/7210/foto17vi.jpg

http://www.santaliberata.org/arte/images/19-Madonna%201000.jpg Ambito di Michele di Ridolfo del Ghirlandaio (Michele Tosini), Madonna del Rosario e Santi, 1577, Cerreto Guidi (FI)

http://img68.imageshack.us/img68/3988/elmuseo45hcur7.jpg http://img204.imageshack.us/img204/7056/rosariumlk4.jpg Bartolomé Esteban Murillo, Madonna del Rosario e S. Domenico, 1638-40, Palacio Arzobispal, Siviglia

Augustinus
09-05-04, 10:51
IL SEGRETO AMMIRABILE DEL SANTO ROSARIO PER CONVERTIRSI E SALVARSI

INTRODUZIONE

ROSA BIANCA
AI SACERDOTI

[1] Ministri dell'Altissimo, predicatori della verità, araldi del Vangelo, permettete che vi presenti la rosa bianca di questo piccolo libro per mettervi nel cuore e sulle labbra le verità in esso esposte con semplicità e senza pretese. Nel cuore, affinché voi stessi intraprendiate la pia pratica del Rosario e ne gustiate i frutti. Sulle labbra, perché comunichiate agli altri la sua eccellenza e con tale mezzo li possiate convertire.
Guardatevi, ve ne prego, dal considerare questa santa pratica piccola e di poca importanza, come sogliono fare gli ignoranti e molti dotti orgogliosi; essa è veramente grande, sublime, divina. Il cielo stesso ce l'ha data, e l'ha data proprio per convertire i peccatori più induriti e gli eretici più ostinati. Dio le ha annesso la grazia in questa vita e la gloria nell'altra. I santi l'hanno messa in atto ed i sommi Pontefici l'hanno autorizzata.
Felice il sacerdote e direttore d'anime al quale lo Spirito Santo ha rivelato questo segreto che la maggior parte degli uomini non conosce o conosce molto superficialmente! Se egli ne avrà una concreta conoscenza lo reciterà ogni giorno e lo farà recitare agli altri. Dio e la sua santa Madre gli verseranno nell'anima grazie in abbondanza per far di lui strumento della loro gloria; con la sua parola, sia pure disadorna, otterrà più frutto in un mese che gli altri predicando in parecchi anni.

[2] Cari confratelli, non contentiamoci dunque di consigliarlo agli altri; dobbiamo recitarlo noi stessi. Se, pur convinti in teoria dell'eccellenza del santo Rosario, non lo recitiamo noi per primi, gli altri daranno ben poca importanza a quanto consiglieremo perché nessuno può dare ciò che non ha. Gesù fece ed insegnò (At 1 1): imitiamo Cristo Gesù che prima fece e poi insegnò. Imitiamo l'Apostolo che conosceva e predicava soltanto Gesù, il Cristo Crocifisso. Noi lo faremo predicando il santo Rosario che, come vedrete in seguito, non è una serie di Pater e di Ave ma un compendio divino dei misteri della vita, della passione, della morte e della gloria di Gesù e di Maria.
Se sapessi che l'esperienza personale concessami dal Signore circa l'efficacia della predicazione del Rosario per convertire le anime, potesse persuadervi a divenirne apostoli, nonostante la tendenza contraria dei predicatori, vi racconterei le conversioni meravigliose che ho ottenuto predicando il Rosario; ma mi limito a riferirvi, in questo compendio, qualche fatto antico e ben provato. Solo ho inserito, per vostra utilità, parecchi testi latini, presi da buoni autori, che comprovano ciò che spiego al popolo in lingua Volgare.

ROSA ROSSA
AI PECCATORI

[3] A voi, peccatori e peccatrici, uno più peccatore di voi offre questa, rosa, arrossata dal Sangue di Gesù Cristo per ornarvene e salvarvi.
Empi e peccatori impenitenti gridano continua-mente: Coroniamoci di rose (Sap 2,8). Anche noi cantiamo: coroniamoci con le rose del santo Rosario.
Ma quanto sono diverse le loro rose dalle nostre, Le loro sono i piaceri carnali, i vani onori, le ricchezze caduche che presto saranno appassite è corrotte; le nostre, invece, sono i Pater e Ave recitati bene e accompagnati da buone opere di penitenza, e non appassiranno né mai s'infradiceranno. Tra cento, mille anni la loro bellezza splenderà come oggi.
Le loro tanto decantate rose hanno solo l'apparenza di rose: in realtà sono spine che pungono con il rimorso durante la vita, che trafiggono col pentimento all'ora della morte, che bruciano per tutta l'eternità nell'ira e nella disperazione. Se le nostre rose hanno spine, queste sono spine di Gesù che egli tramuta in rose. Se le nostre rose pungono, esse pungono solo per qualche istante, unicamente per guarirci dal peccato e per salvarci.

[4] Facciamo a gara per coronarci con queste rose del paradiso, recitando ogni giorno un Rosario, cioè tre corone di cinque decine ciascuna: 1) per onorare le tre corone di Gesù e di Maria: la corona di grazia di Gesù nell'incarnazione, la sua corona di spine nella passione, la sua corona di gloria in cielo, e la triplice corona che Maria ha ricevuto in cielo dalla SS. Trinità; 2) per ricevere da Gesù e da Maria tre corone: la corona di meriti in questa vita, la corona di pace in morte, la corona di gloria in paradiso.
Se sarete fedeli a recitarlo devotamente fino alla morte, nonostante l'enormità delle vostre colpe, credetemi: riceverete la corona di gloria che non appassisce (1 Pt 5,4). Anche se vi trovate sull'orlo dell'abisso, o con un piede nell'inferno, se avete perfino venduto l'anima al diavolo come uno stregone, o siete un eretico indurito e ostinato come un demonio, presto o tardi vi convertirete e vi salverete purché - lo ripeto e notate bene i termini del mio consiglio - diciate devotamente ogni giorno fino alla morte il santo Rosario, per conoscere la verità ed ottenere la contrizione ed il perdono dei vostri peccati. Troverete in questo libro parecchi esempi di grandi peccatori convertiti per virtù del santo Rosario. Leggeteli e meditateli.
Dio solo.

ROSAIO MISTICO
ALLE ANIME PIE

[5] Anime devote ed illuminate dallo Spirito Santo, non vi dispiaccia ch'io vi offra un piccolo rosaio mistico, venuto dal cielo, perché lo trapiantiate nel giardino della vostra anima; esso non nuocerà ai fiori odorosi delle vostre contemplazioni. E', molto profumato e tutto divino: non guasterà affatto l'ordine delle vostre aiuole: purissimo e ben ordinato esso porta tutto all'ordine e alla purezza. Se ogni giorno lo si innaffia e lo si coltiva a dovere, cresce ad altezza prodigiosa e si estende tanto che non solo non ostacola tutte le altre devozioni, ma le conserva e le perfeziona. Voi che siete spirituali mi capite! Questo rosaio è Gesù e Maria nella vita, nella morte, nell'eternità.

[6] Le verdi foglie di questo rosaio esprimono i misteri gaudiosi di Gesù e di Maria; le spine, i dolorosi; e i fiori, quelli gloriosi. Le rose in bocciolo ricordano l'infanzia di Gesù e di Maria, le rose sbocciate rappresentano Gesù e Maria nella sofferenza, le rose completamente schiuse mostrano Gesù e Maria nella gloria e nel loro trionfo. La rosa rallegra con la sua bellezza: ecco Gesù e Maria nei misteri gaudiosi; punge con le sue spine: eccoli nei misteri dolorosi; dà gioia con la soavità del profumo: eccoli infine nei misteri gloriosi.
Non disprezzate, dunque, la mia pianticella rigogliosa e divina; piantatela voi stessi nella vostra anima prendendo la risoluzione di recitare il Rosario; coltivatela ed innaffiatela recitandolo fedelmente ogni giorno, accompagnandolo con opere buone. Vi accorgerete che questo seme, ora all'apparenza tanto piccolo, diventerà col tempo un grande albero, dove gli uccelli del cielo, cioè le anime predestinate e di alta contemplazione, faranno il loro nido e la loro dimora. Sotto la sua ombra saranno protette dagli ardori del sole, sulle sue cime troveranno difesa dalle bestie feroci della terra e scopriranno un delicato nutrimento nel suo frutto, l'adorabile Gesù al quale sia ogni onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen. Così sia.
Dio solo.

BOCCIOLO DI ROSA
AI BAMBINI

[7] A voi bambini, offro un bel bocciolo di rosa. E', uno dei piccoli grani della vostra corona che a voi sembra una cosa da poco. E invece quant'è prezioso questo grano! quanto è ammirabile questo bocciolo! e come si aprirà interamente se recitate con devozione l'Ave Maria! Consigliarvi di recitare un rosario tutti i giorni sarebbe domandarvi l'impossibile; ma almeno dite con molta attenzione e ogni giorno la corona di cinque decine che e come una ghirlanda di rose che ponete in capo a Gesù e a Maria. Datemi retta. Ed ora ascoltate questa bella storia e non dimenticatela.

[8] Due sorelline stavano sull'uscio di casa a recitare devotamente il rosario, quando apparve una bella Signora che avvicinatasi alla più piccola, di circa sette anni, la prese per mano e la condusse con sé. La sorella maggiore, meravigliata, ne va alla ricerca, non la trova e rientra piangente in casa per avvertire che hanno rapito la sorella. Il papà e la mamma la cercano inutilmente per tre giorni, fin che alla sera del terzo giorno la trovano sulla soglia di casa. Era lieta in volto e festosa. Le chiedono da dove venga ed ella risponde che la Signora, alla quale diceva il suo Rosario, l'aveva condotta in un bel luogo, le aveva dato cose buone da mangiare e le aveva deposto sulle braccia un grazioso bambino, al quale lei aveva dato tanti baci. I genitori, da poco convertiti alla fede, chiamano il padre gesuita che li aveva istruiti nella fede e nella devozione al Rosario e gli raccontano l'accaduto. Da lui stesso abbiamo appreso questo fatto avvenuto nel Paraguay (ANTOINE BOISSIEU, S.J., Le chrétien prédestiné par la dévotion à la Ste Vierge, p. 752; QN, pp. 189-190).
Bambini, imitate le due sorelline; come loro recitate ogni giorno il Rosario e meriterete di andare in paradiso, di vedere Gesù e Maria, se non proprio in questa vita, certo dopo la morte per tutta l'eternità. Così sia.

Che i sapienti e gli ignoranti, i giusti e i peccatori, i grandi e i piccoli lodino, dunque, e salutino giorno e notte Gesù e Maria col santo Rosario. “Salutate Maria che ha faticato molto per voi”(Cf Rm 16,6).

Augustinus
09-05-04, 10:52
ECCELLENZA DEL ROSARIO
NELLE PREGHIERE CHE LO COMPONGONO

ROSA UNDECIMA

[34] Il Credo o Simbolo degli Apostoli, recitato sul Crocifisso della corona, essendo il compendio delle verità cristiane, è preghiera molto meritoria perché la fede è base, fondamento e principio di tutte le virtù cristiane, di tutte le verità eterne e di tutte le preghiere gradite a Dio.
Chi s'accosta a Dio deve credere (Eb 11,6): chi si accosta a Dio con la preghiera deve incominciare con un atto di fede; più avrà fede e più la sua preghiera sarà efficace e meritoria per lui e gloriosa per Dio.
Non mi dilungherò in spiegazioni sulle formule del Simbolo Apostolico; non posso, tuttavia, far a meno di affermare che le prime tre parole: Credo in Dio - le quali contengono gli atti di tre virtù teologali, fede, speranza e carità - hanno una meravigliosa efficacia per santificare le anime e vincere il demonio. Quanti Santi con questa professione di fede hanno vinto le tentazioni, specialmente quelle contro quelle virtù, sia in vita sia nell'ora della morte! Esse sono le ultime parole che san Pietro martire tracciò come meglio poteva col dito sulla sabbia quando, colpito al capo dalla sciabola di un eretico, stava per spirare.

[35] Le fede è l'unica chiave che ci apre la comprensione dei misteri di Gesù e di Maria espressi dal santo Rosario; perciò all'inizio occorre recitare il Credo con grande attenzione e devozione, poiché - lo ripeto - più viva e forte è la nostra fede e più il Rosario sarà valido. E questa fede deve essere ardita ed animata dalla carità: in altre parole, per ben recitare il Rosario bisogna essere in grazia di Dio o per lo meno decisi di riacquistarla; deve essere una fede robusta e costante e cioè: nel Rosario non dobbiamo ricercare il nostro gusto sensibile, la nostra spirituale consolazione, disposti ad abbandonarlo quando fossimo molestati da tante. distrazioni involontarie o da uno strano disgusto nell'anima o da opprimente noia o torpore prolungato nel corpo. Nella recita del Rosario non c'è alcuna necessità, di gusti o di consolazioni, di slanci o sospiri, di lacrime; neppure si richiede una continua applicazione dell'immaginazione: bastano la fede pura e la retta intenzione. E' sufficiente la sola fede! (Inno Pange lingua).

ROSA DODICESIMA

[36] Il Pater o orazione domenicale trae tutta la sua eccellenza dall'autore che non è un qualunque uomo non è un angelo, ma è il Re degli Angeli e degli uomini, Cristo Gesù. “Era necessario - dice san Cipriano - che chi veniva come Salvatore a darci la vita della grazia, ci insegnasse anche come celeste Maestro il modo di pregare” (S. CIPRIANO, De oratione dominica, n. 1-2, PL 4, 537). La sapienza del divino Maestro appare luminosa nell'ordine, nella forza e nella chiarezza di questa divina preghiera, che è breve, ma ricca di insegnamenti, è accessibile ai semplici mentre è colma di mistero per i dotti.
Il Pater contiene tutti i nostri doveri verso Dio, gli atti di tutte le virtù e la richiesta per ogni nostro bisogno spirituale e materiale. “E' 'il compendio dei
Vangeli”, dice Tertulliano (TERTULLIANO, Liber de Oratione “Evangelii Breviarium”, c. 1, PL 1, 1255). “Supera tutti i de-sideri dei santi” - dice Tommaso da Kempis (TOMMASO DA KEMPIS, Enchiridion Monachorum, e. 3) - contiene in breve tutte le soavi aspirazioni dei Salmi
e dei cantici; chiede tutto ciò che è necessario a noi, loda Dio in modo eccellente ed eleva l'anima dalla terra al cielo e l'unisce strettamente a Dio.

[37] San Giovanni Crisostomo (S. GIOVANNI CRISOSTOMO, Homilia XIX in Mattb_ e. 6, PG 57, 278) dice che chi non prega come ha pregato ed insegnato il Maestro, non è suo discepolo. Dio Padre gradisce di essere invocato più che con preghiere formulate dalla sapienza umana, con quella insegnataci da suo Figlio.
Dobbiamo recitare l'orazione domenicale con la certezza che l'eterno Padre la esaudirà perché è la preghiera del Figlio che sempre Egli esaudisce e del quale noi siamo membra. Potrebbe, infatti, un Padre buono rifiutare una richiesta bene concepita e appoggiata sui meriti e sulla presentazione di un così degno Figlio? Sant'Agostino (S. AGOSTINO, Sermo 182 De tempore; o meglio: De Civitate Dei, L. 21, e. 27, PL 41, 748) assicura che il Pater recitato bene cancella le colpe veniali. Il giusto cade sette volte al giorno, ma con le sette domande contenute nell'Orazione domenicale egli può rialzarsi dalle sue cadute e fortificarsi contro i suoi nemici.
Questa preghiera è anche breve e facile affinché, fragili e soggetti come siamo a tanti guai, ci sia possibile recitarla più spesso e con più devozione e quindi ricevere più presto l'aiuto desiderato.

[38] Disingannatevi, dunque, anime devote che trascurate l'orazione composta dal Figlio di Dio e da Lui ordinata a tutti i fedeli; voi che stimate solo le preghiere composte dagli uomini, come se l'uomo, anche il più illuminato, sapesse meglio di Gesù come dobbiamo pregare; che cercate nei libri degli uomini il modo di lodare e di pregare Dio quasi vi vergognaste di usare il metodo prescrittoci dallo stesso suo Figlio voi che siete persuasi che le preghiere contenute nei libri sono per i sapienti mentre il Rosario è buono soltanto per le donne, i bambini e la gente del popolo, come se le preghiere che leggete fossero più belle e più gradite a Dio di quelle contenute nell'orazione domenicale! Lasciar da parte la preghiera raccomandata da Cristo Gesù per servirsi di preghiere composte dagli uomini è pericolosa tentazione!
Non disapproviamo le preghiere composte dai Santi per eccitarci a lodare Dio, ma non possiamo ammettere che siano preferite a quella uscita dalla bocca della Sapienza incarnata, che si lasci la sorgente per mettersi in cerca di ruscelli, che si sdegni l'acqua limpida per bere quella torbida. Sì, perché insomma il Rosario, che si compone della preghiera domenicale e del saluto angelico, è quest'acqua limpida e perenne che sgorga dalla sorgente della Grazia, mentre le altre preghiere cercate qua e là nei libri, sono i rivoli che da essa scaturiscono.

[39] Felice chi recita la preghiera insegnata dal Signore; meditando attentamente ogni parola, vi troverà tutto ciò di cui ha bisogno e tutto quanto può desiderare. Con quest'ammirabile preghiera prima di tutto ci cattiviamo il cuore di Dio invocandolo col dolce nome di Padre.
Padre nostro: il più tenero dei padri, onnipotente nella creazione, ammirabile nel conservarla, sommamente amabile nella sua Provvidenza e infinitamente buono nell'opera della Redenzione. Dio è nostro Padre! ma allora noi siamo tutti fratelli, il cielo è nostra patria e nostra eredità. Non basta, forse, questo per ispirarci l'amore di Dio, l'amore per il prossimo, il distacco da tutte le cose della terra?
Amiamo, dunque, un tale padre e ripetiamogli mille volte: Padre nostro che sei nei cieli: tu che riempi la terra e il cielo con l'immensità della tua essenza e dappertutto sei presente; tu che sei nei Santi con la tua gloria, nei dannati con la tua giustizia, nei giusti con la tua grazia, nei peccatori con la tua pazienza sopportatrice, fa' che ci ricordiamo sempre della nostra celeste origine, che viviamo come veri tuoi figli e che tendiamo sempre verso Te solo con tutto l'ardore dei nostri desideri.
Sia santificato il tuo nome! Il nome del Signore è santo e terribile - dice il re-profeta - ed il cielo risuona delle lodi incessanti dei serafini alla santità del Signore Dio degli eserciti - esclama Isaia. Con queste parole chiediamo che tutta la terra conosca e adori gli attributi di Dio tanto grande e santo; che Egli sia conosciuto, amato, adorato dai pagani, dai turchi, dagli ebrei, dai barbari e da tutti gli infedeli; che tutti gli uomini lo servano e lo glorifichino con fede viva. con ferma speranza, con ardente carità, rinunciando ad ogni errore: in una parola, che tutti gli uomini siano santi perché Santo è Egli medesimo.
Venga il tuo regno. Regna, cioè, o Signore, nelle nostre anime con la tua grazia in questa vita affinché meritiamo di regnare con Te dopo la morte, nel tuo regno che è la suprema felicità che noi crediamo, speriamo ed attendiamo, felicità che la bontà del Padre ci ha promesso, che i meriti del Figlio ci hanno acquistato e che i lumi dello Spirito Santo ci rivelano.
La tua volontà sia fatta sulla terra come in cielo. Nulla certamente sfugge alle disposizioni della divina Provvidenza che ha tutto previsto e tutto disposto ancor prima che qualcosa accada. Nessun ostacolo può deviarla dal fine che si è prefisso; e perciò, quando chiediamo a Dio che si compia la sua volontà non temiamo - dice Tertulliano - che qualcuno possa efficacemente opporsi all'attuazione dei suoi disegni, ma acconsentiamo umilmente a tutto quanto gli è piaciuto di ordinare a nostro riguardo e ci dichiariamo disposti a compiere sempre e in ogni cosa la sua santissima volontà, a noi nota nei comandamenti, con la stessa prontezza, amore e costanza con cui gli Angeli e i Santi obbediscono in cielo.

[40] Dacci oggi il nostro pane quotidiano. Il Signore Gesù ci insegna a chiedere a Dio il necessario alla vita del corpo e dell'anima; con queste parole confessiamo umilmente la nostra miseria e rendiamo omaggio alla Provvidenza dichiarando che aspettiamo dalla sua bontà tutti i beni temporali. Con la parola “pane” chiediamo a Dio lo stretto necessario per la vita; il superfluo ne è escluso. Questo pane lo chiediamo per oggi, cioè limitiamo al giorno presente ogni nostra sollecitudine fiduciosi nella Provvidenza per l'indomani. Ancora: chiedendo il pane di ogni giorno ammettiamo che i nostri bisogni rinascono continuamente e proclamiamo il nostro incessante bisogno della protezione e del soccorso di Dio.
Perdona a noi le offese come noi le perdoniamo a chi ci ha offesi. I nostri peccati - dicono sant'Agostino e Tertulliano - sono debiti contratti con Dio, debiti dei quali la sua giustizia esige il saldo sino all'ultimo centesimo. E noi tutti abbiamo di questi tristi debiti! Però, nonostante le numerose nostre colpe, accostiamoci a lui con fiducia e diciamogli con sincero pentimento: Padre nostro che sei nei cieli, perdona i peccati del nostro cuore e della nostra bocca, i peccati di azione e di omissione che ci rendono assai colpevoli agli occhi della tua giustizia; sì, perdonali perché anche noi, figli di un Padre clemente e misericordioso, perdoniamo per obbedienza e per carità a coloro che ci hanno offeso.
E non permettere che per la nostra infedeltà alle tue grazie noi soccombiamo alle tentazioni del mondo e della carne, ma liberaci dal male che è il peccato, dal male della pena temporale e della pena eterna da noi meritata.
Amen! Espressione molto consolante - dice san Girolamo -; è come il sigillo posto da Dio alla conclusione delle nostre domande per assicurarci che ci ha esauditi; sì, l'avete ottenuto. E' il senso della parola Amen.

ROSA TREDICESIMA

[41] Ogni parola dell'orazione domenicale onora le perfezioni di Dio. Onoriamo la sua fecondità chiamandolo Padre: Padre che generi da tutta l'eternità un Figlio che è Dio come te, eterno, consustanziale, che è una stessa essenza, una stessa potenza, una stessa bontà, una stessa sapienza con te: Padre e Figlio che amandovi producete lo Spirito Santo che è Dio come voi, tre adorabili Persone che siete un solo Dio.
Padre nostro! cioè Padre degli uomini per mezzo della creazione, della conservazione, della redenzione, Padre misericordioso dei peccatori, Padre amico dei giusti, Padre magnifico dei beati.
Che sei. Con queste parole ammiriamo l'infinità, la grandezza e la pienezza dell'essenza di Dio che con tutta verità si chiama Colui che è, cioè colui che esiste essenzialmente, necessariamente ed eternamente; che è l'Essere degli esseri, la causa di tutti gli esseri, che contiene in modo eminente in se stesso le perfezioni di tutti gli altri esseri; che è in tutti con la sua essenza, con la sua presenza, con la sua potenza senza esservi racchiuso. Onoriamo la sua sublimità, la sua gloria e la sua maestà con le parole: che sei nei cieli, cioè come assiso sul trono intento a esercitare la tua giustizia su tutti gli uomini.
Desiderando che il suo nome sia santificato, adoriamo la sua santità; ne riconosciamo la sovranità e la giustizia delle sue leggi auspicando che il suo regno arrivi e desiderando che gli uomini gli obbediscano qui in terra come gli angeli gli obbediscono in cielo. Pregandolo di darci il pane di ogni giorno, crediamo alla sua Provvidenza; chiedendogli la remissione dei nostri peccati, invochiamo la sua clemenza; scongiurandolo di non lasciarci soccombere alla tentazione, ricorriamo alla sua potenza e sperando che ci libererà dal male ci affidiamo alla sua bontà.
Il Figlio di Dio ha sempre glorificato il Padre con le opere; è venuto nel mondo per farlo glorificare dagli uomini; ha insegnato loro il modo di onorarlo con questa preghiera che si compiacque Egli stesso di dettare. Dobbiamo perciò recitarla spesso, con at-tenzione e nel medesimo spirito con cui Egli la com-pose.

ROSA QUATTORDICESIMA

[42] Recitando devotamente questa divina preghiera noi compiamo tanti atti delle più nobili virtù cristiane quante sono le parole che pronunciamo.
Alle parole: Padre nostro che sei nei cieli, facciamo atti di fede, di adorazione, di umiltà. Desiderando che il suo nome sia santificato e glorificato, manifestiamo zelo ardente per la sua gloria. Chiedendogli il possesso del suo regno, facciamo un atto di speranza. Desiderando che il suo volere si compia sulla terra come in cielo, riveliamo uno spirito di perfetta obbedienza. Chiedendogli il pane di ogni giorno, pratichiamo la povertà di spirito ed il distacco dai beni della terra. Pregandolo di perdonare i nostri peccati, facciamo un atto di contrizione. Perdonando a coloro che ci hanno offeso, esercitiamo la misericordia nella più alta perfezione. Implorando l'aiuto nelle tenta-zioni, facciamo atti di umiltà, di prudenza e di for-tezza. Aspettando che ci liberi dal male, pratichiamo la pazienza. Finalmente domandando tutte queste co-se non soltanto per noi ma anche per il prossimo e per tutti i membri della Chiesa ci comportiamo da veri figli di Dio, lo imitiamo nella sua carità che abbraccia tutti gli uomini ed adempiamo al comanda-mento di amare il prossimo.

[43] Detestiamo, poi, tutti i peccati e obbediamo a tutti i comandamenti di Dio, quando, nel recitare questa preghiera il cuore e la lingua sono concordi, e le nostre intenzioni rispondono al senso delle parole che andiamo ripetendo. Quando riflettiamo che Dio è in cielo, cioè infinitamente al di sopra di noi per la grandezza della sua maestà, proviamo sentimenti di profondo rispetto per la divina presenza e, presi da giusto timore, respingiamo l'orgoglio e ci abbassiamo fino al nulla.
Quando pronunciamo il nome del Padre, ci ricordiamo d'aver ricevuto da Dio la nostra esistenza per mezzo dei genitori e l'istruzione per mezzo dei maestri i quali tutti - genitori e maestri - quaggiù fanno le veci di Dio e di Lui sono immagini viventi; allora sentiamo anche l'obbligo di onorarli, o per meglio dire, di onorare Dio nelle loro persone e ci guardiamo bene dal disprezzarli e dal contristarli.
Ancora: quando desideriamo che il nome santo di Dio sia glorificato, siamo ben lontani dal profanarlo; quando consideriamo il Regno di Dio come nostra eredità, rinunciamo ad ogni attacco ai beni di questo mondo; quando chiediamo sinceramente per il prossimo gli stessi beni che desideriamo per noi stessi, rinunciamo all'odio, alle discordie e all'invidia. E quando domandiamo a Dio il pane quotidiano, detestiamo la golosità, la voluttà che si nutrono di abbondanza; quando imploriamo con sincerità il perdono di Dio così come noi perdoniamo a chi ci ha offesi, reprimiamo la nostra collera. le nostre vendette, rendiamo bene per male ed amiamo i nostri nemici; quando supplichiamo Dio di non lasciarci cadere nel peccato al momento della tentazione, diamo prova di fuggire la pigrizia, di cercare i mezzi per combattere i vizi e per salvarci. Infine, quando preghiamo Dio di liberarci dal male, temiamo la sua giustizia e siamo beati perché il timore di Dio è il principio della sapienza: il timore di Dio fa evitare il peccato.

ROSA QUINDICESIMA

[44] Il saluto angelico è tanto sublime e nobile che il beato Alano della Rupe giudicò che nessuna creatura può capirlo: “Solo Gesù Cristo - asseriva - nato dalla Vergine Maria, é in grado di spiegarlo”.
Esso trae la sua eccellenza principalmente dalla Vergine santa alla quale fu rivolto, dallo scopo dell'Incarnazione del Verbo in vista della quale fu portato dal Cielo e dall'arcangelo Gabriele che primo lo pronunciò.
Il saluto angelico riassume nel modo più conciso tutta la teologia cristiana sulla Vergine santa. Ci sono una lode ed un'invocazione. La lode racchiude tutto ciò che costituisce la vera grandezza di Maria e l'invocazione tutto ciò che le dobbiamo chiedere e possiamo attendere dalla sua bontà a nostro riguardo.
La SS. Trinità ne rivelò la prima parte; santa Elisabetta, illuminata dallo Spirito Santo, vi aggiunse la seconda, e la Chiesa, nel primo Concilio di Efeso (a. 431) ne suggerì la conclusione dopo aver condannato l'errore di Nestorio e definito che la Vergine è vera Madre di Dio. Il Concilio stabilì che la Madonna venisse invocata sotto quel glorioso titolo con le parole: “Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori, adesso e nell'ora della nostra morte”.

[45] La Vergine Maria è l'avventurata persona alla quale fu rivolto questo divino saluto per concludere l'affare più importante e più grande del mondo: l'Incarnazione del Verbo eterno, la pace fra Dio e gli uomini e la redenzione del genere umano. Ambasciatore di questo annuncio fu l'angelo Gabriele, uno dei più alti principi della corte celeste.
Il saluto angelico contiene la fede e la speranza dei patriarchi, dei profeti e degli apostoli. E' la costanza e la forza dei martiri, la scienza dei dottori, la perseveranza dei confessori e la vita dei religiosi (Beato Alano). E' il cantico nuovo della legge di grazia, la gioia degli angeli e degli uomini, il terrore e la confusione dei demoni.
Grazie al saluto angelico, Dio si fece uomo, una vergine divenne Madre di Dio, le anime dei giusti furono liberate dal limbo, le rovine del cielo vennero riparate ed i troni vuoti riempiti; il peccato fu perdonato, la grazia ci fu data, i malati sono guariti, i morti risuscitati, gli esiliati richiamati, la Trinità Santa fu placata e gli uomini ottennero la vita eterna. Insomma, il saluto angelico è l'arcobaleno, il segno della clemenza e della grazia da Dio concesse al mondo (B. Alano).

ROSA SEDICESIMA

[46] Quantunque nulla vi sia di più grande della Maestà di Dio, nulla di più abietto dell'uomo se considerato come peccatore, questa Suprema Maestà non disdegna i nostri omaggi e si tiene onorata quando noi cantiamo le sue lodi. E il saluto dell'Angelo è uno dei cantici più belli con cui noi possiamo glorificare l'Altissimo: “Ti canterò un canto nuovo”.
Questo canto nuovo che Davide predisse sarebbe stato cantato alla venuta del Messia, è appunto il saluto angelico.
C'è un cantico antico e c'è un cantico nuovo.
Il cantico antico è quello che gli Israeliti cantavano in riconoscenza per la creazione, per la conservazione, per la liberazione dalla schiavitù, per il passaggio del Mar Rosso, per la manna e per tutti gli altri favori del cielo.
Il cantico nuovo è quello che i cristiani cantano in ringraziamento per l'Incarnazione e per la Redenzione. Ora questi prodigi si compirono per mezzo del Saluto angelico; perciò noi ripetiamo questo medesimo saluto per ringraziare la SS. Trinità dei tanti e inestimabili suoi benefici. Lodiamo Dio Padre perché amò talmente il mondo da dargli il suo unico Figlio per salvarlo. Benediciamo Dio Figlio perché discese dal cielo sulla terra, si fece uomo e ci redense. Glorifichiamo Dio Spirito Santo perché formò nel seno della Vergine SS. quel corpo purissimo che fu la vittima dei nostri peccati. E' con tali sentimenti di riconoscenza che dobbiamo recitare il saluto angelico, facendo, cioè, atti di fede, di speranza, di amore, di ringraziamento per il beneficio della nostra salvezza.

[47] E' vero che questo nuovo cantico si rivolge direttamente alla Madre di Dio e contiene elogi per lei, tuttavia esso è molto glorioso per la SS. Trinità, perché tutto l'onore che rendiamo alla Vergine ritorna a, Dio, causa di tutte le perfezioni e virtù di Lei. Dio Padre è glorificato perché onoriamo la più perfetta delle sue creature; Dio Figlio è glorificato perché lodiamo la purissima sua Madre; Dio Spirito Santo è glorificato perché ammiriamo le grazie di cui ha colmato la sua Sposa. Come un giorno la Santa Vergine, col suo bel cantico, il Magnificat, rimandò a Dio le lodi e le benedizioni datele dalla cugina Elisabetta per la sua eminente dignità di Madre del Signore, così oggi, ella rimanda prontamente al Signore gli elogi e le benedizioni che noi le diamo con il saluto angelico.

[48] Se il saluto angelico dà gloria alla SS. Trinità, esso è anche la lode più perfetta che noi possiamo rivolgere a Maria. Santa Matilde desiderava conoscere il modo migliore per testimoniare la tenerezza della sua devozione alla Madre di Dio. Un giorno, rapita in estasi vide la Vergine santissima che portava sul petto a caratteri d'oro le parole del saluto angelico. E le disse: “Sappi, figlia mia, che nessuno può onorarmi con un saluto più gradito di quello che l'adorabile Trinità mi rivolse per mezzo dell'Angelo e col quale mi elevò alla dignità di Madre di Dio. Con la parola Ave, che è il nome di Eva, appresi come Dio con la sua onnipotenza mi avesse preservata da ogni macchia di peccato e dalle miserie alle quali andò soggetta la prima donna. Il nome Maria, che significa Signora della luce, fa capire che Dio mi riempì di sapienza e di luce perché illuminassi, come astro lucente, il cielo e la terra. Le parole piena di grazia mi ricordano che lo Spirito Santo mi ricolmò talmente di grazie da poter renderne partecipi in abbondanza quanti le domandano per mia intercessione. Dicendomi: Il Signore è con te, si rinnova nel mio cuore l'ineffabile gioia che provai quando il Verbo eterno si incarnò nel mio seno. Quando odo le parole: tu sei benedetta fra tutte le donne, lodo la misericordia di Dio che mi elevò a così alto grado di felicità. Infine, alle parole: e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù, tutto il cielo si rallegra con me di vedere mio figlio Gesù adorato e glorificato per aver salvato A mondo”.

ROSA DICIASETTESIMA

[49] Fra le mirabili cose rivelate dalla Vergine Santa al beato Alano della Rupe - e noi sappiamo che questo grande devoto di Maria confermò sotto giuramento le rivelazioni avute - tre sono di maggior rilievo: la prima, che è segno probabile e prossimo di riprovazione eterna la negligenza, la tiepidezza e l'avversione per il saluto angelico che ha restaurato il mondo; la seconda, che i devoti di tale saluto divino dispongono di un grandissimo pegno di predestinazione; la terza che quanti hanno ricevuto da Dio la grazia di amare la Vergine Santa e di servirla con affetto, devono essere estremamente solleciti a continuare ad amarla e servirla finché suo Figlio per mezzo di Lei non li abbia fatti cittadini del cielo, nel grado di gloria proporzionato ai loro meriti.

[50] Gli eretici, figli tutti del demonio che portano segni evidenti della loro riprovazione, hanno in orrore l'Ave Maria. Imparano, magari, il Pater, ma l'Ave Maria no: preferirebbero portare sopra di sé un serpe piuttosto che la corona o un rosario. Anche fra i cattolici coloro che purtroppo recano il marchio della riprovazione non si curano della corona e del Rosario, ne trascurano la recita oppure lo dicono con tiepidezza e in fretta.
Quand'anche non prestassi fede alcuna alle rivelazioni fatte al beato Alano, basterebbe la mia personale esperienza per convincermi di questa terribile e pur consolante verità. lo non so, e nemmeno vedo chiaramente come avvenga, che una devozione di così poco valore in apparenza, possa essere segno infallibile di eterna salvezza e il non averla sia segno di riprovazione. Tuttavia, nulla di più vero: vediamo, invero, i seguaci delle nuove dottrine condannate nel nostri tempi dalla Chiesa, trascurare assai, nonostante l'apparente loro grande pietà, la devozione al Rosario e adoperarsi con i più speciosi pretesti a levarla dalla mente e dal cuore delle persone che li avvicinano. Certo, essi si guardano bene dal condannare apertamente, come usano i Calvinisti, la corona, il Rosario, lo scapolare, ma il loro modo di procedere per riuscire nell'intento è tanto più dannoso quanto è più scaltro. Ne parleremo in seguito.

[51] La mia Ave Maria, il mio Rosario o la mia corona è la mia preghiera preferita, è la mia pietra di paragone sicura per distinguere quelli che sono condotti dallo spirito di Dio da quelli che sono nell'illusione dello spirito maligno. Ho conosciuto anime che sembrava volassero come aquile fino alle nubi con la loro sublime contemplazione, ed erano, invece, disgraziatamente ingannate dal demonio; ed ho potuto scoprire la loro illusione soltanto con l'Ave Maria ed il Rosario ch'essi rigettavano come non meritevoli della loro stima.
L'Ave Maria è una rugiada celeste e divina che cadendo nell'anima di un predestinato, le comunica una fecondità meravigliosa per produrre ogni sorta di virtù. E più l'anima è irrigata da questa preghiera, più diviene illuminata nello spirito, infiammata nel cuore e fortificata contro ogni suo nemico.
L'Ave Maria è una freccia penetrante ed infocata: se un predicatore la fa precedere alla parola di Dio che annuncia, acquista la forza di trafiggere, commuovere e convertire i cuori più induriti, anche se egli non sia dotato di molti talenti naturali per la predicazione. Fu questa la saetta segreta che la Vergine santa - come ho già detto - suggerì a san Domenico e al beato Alano come la più efficace per convertire gli eretici e i peccatori. Da qui è nata l'abitudine di chi predica - l'afferma sant'Antonio - di recitare un'Ave Maria all'inizio del discorso.

ROSA DICIOTTESIMA

[52] Questo divino saluto attira su di noi una copiosa benedizione di Gesù e di Maria: è infallibilmente certo, infatti, che Gesù e Maria ricompensano in modo magnifico chi li glorifica; essi ricambiano al centuplo le benedizioni ricevute. “Io amo coloro che mi amano... per dotare di beni quanti mi amano e riempire i loro forzieri”. E' quanto ci dicono apertamente Gesù e Maria: “Amiamo quelli che ci amano, li arricchiamo e colmiamo i loro scrigni”. “Chi Semina con larghezza, con larghezza raccoglierà”
Orbene, recitare devotamente il Saluto angelico non è forse amare, benedire e glorificare Gesù e Maria?
In ogni Ave Maria rivolgiamo una benedizione a Gesù e una a Maria: “Tu sei benedetta fra tutte le donne e benedetto è il frutto del tuo seno, Gesù!” Inoltre con ogni Ave Maria rendiamo a Maria lo stesso onore che Dio le rese salutandola per bocca dell'Arcangelo. Ora, chi potrebbe pensare che Gesù e Maria, i quali tante volte fanno del bene a chi li maledice, rispondano con maledizioni a quelli e quelle che li benedicono ed onorano con l'Ave Maria? Sarebbe, forse, la Regina del cielo - si chiedono san Bernardo e san Bonaventura - meno riconoscente, meno giusta delle persone autorevoli ed educate di questo mondo? Tutt'altro: ella le supera anzi in questa virtù come in tutte le altre perfezioni; perciò non consentirà mai che noi l'onoriamo con rispetto e che ella non ci renda in centuplo. “Maria - soggiunge san Bonaventura - ci saluta con la grazia se noi la salutiamo con l'Ave Maria” (Psalterium, Lect. 4).
Ed allora, chi mai potrà farsi un'idea delle gra-zie e benedizioni che il saluto e lo sguardo benigno di Maria attirano su di noi?
Nel momento stesso in cui intese il saluto rivoltole dalla Madre di Dio, santa Elisabetta fu ripiena di Spirito Santo ed il bambino che portava in seno trasalì di gioia. Se ci rendiamo degni del saluto e delle benedizioni scambievoli della Vergine Santa, noi pure, senza dubbio saremo riempiti di grazia e un torrente di consolazioni spirituali si riverserà nell'anima nostra.

ROSA DICIANNOVESIMA

[53] Sta scritto: “Date e vi sarà dato” (L, 6,38). Prendiamo il paragone del beato Alano: “Se io ti dessi ogni giorno centocinquanta diamanti, quand'anche tu fossi un mio nemico non mi perdoneresti? e come amico non mi faresti ogni favore possibile? Se vuoi arricchirti dei beni della grazia e della gloria, saluta la Vergine Santa, onora la tua buona Madre!” Chi riverisce la madre è come chi accumula tesori.
Presentale ogni giorno almeno cinquanta Ave Maria; ciascuna contiene quindici pietre preziose, a Lei più gradite di tutte le ricchezze della terra. Che cosa non potrai allora aspettarti dalla sua liberalità? Ella è nostra madre, nostra amica; è l'imperatrice dell'universo e ci ama più di quanto tutte insieme le madri e le regine abbiano mai amato un uomo mortale, poiché - dice sant'Agostino - la carità della Vergine SS. sorpassa tutto l'amore naturale di tutti gli uomini e di tutti gli angeli.

[54] Un giorno Nostro Signore apparve a santa Geltrude. Vedendolo contare monete d'oro, la santa osò chiedergli che stesse conteggiando: “Conto - rispose Gesù - le tue Ave Maria; è questa la moneta con cui si acquista il mio paradiso”.
Il pio e dotto Suarez, della Compagnia di Gesù, stimava talmente il saluto angelico che soleva dire: “Darci volentieri tutta la mia scienza per il valore di un'Ave Maria ben detta”

[55] Il beato Alano così si rivolge alla Vergine: “Colui che ti ama, o divina Maria, ascolti e si rallegri: il cielo è nell'esultanza, la terra nell'ammirazione ogni volta che io dico: Ave Maria; ho in orrore il mondo, l'amore di Dio regna nel mio cuore quando io dico: Ave Maria; i miei timori svaniscono, le mie passioni si spengono quando dico: Ave Maria; cresco nella devozione, trovo la compunzione quando dico: Ave Maria; si conferma la mia speranza, la mia consolazione aumenta quando dico: Ave Maria; si allieta il mio spirito, scompare la mia tristezza quando dico: Ave Maria. E' tanto grande la dolcezza di questo amabile saluto, che parola d'uomo non riesce ad esprimerla, e dopo averne detto meraviglie, essa rimane così nascosta e impenetrabile che sfugge ad ogni indagine. E' breve nelle parole ma grande nei misteri! E', più dolce del miele, più preziosa dell'oro. Bisogna averla di continuo nel cuore per meditarla, in bocca per dirla e ripeterla devotamente”.
Lo stesso beato Alano della Rupe riferisce, nel capitolo 690 del suo Salterio, che una religiosa devotissima del Rosario apparve dopo morte a una consorella e le disse: “Se potessi tornare in vita per dire una sola Ave Maria, anche senza molto fervore, soffrirei volentieri di nuovo tutti i violenti dolori sofferti prima di morire, pur di avere il merito di questa preghiera!”. Si noti ch'ella aveva sofferto atrocemente per anni e anni.

[56] Michele de Lisle, vescovo di Saluzzo, discepolo e collega del beato Alano della Rupe nel ripristinare la pratica del santo Rosario, afferma che il Saluto angelico, devotamente recitato in onore della Vergine Santa, è il rimedio di ogni male che ci potrebbe affliggere.

ROSA VENTESIMA

Breve spiegazione dell'Ave Maria

[57] Ti trovi nell'infelice condizione di chi è in peccato? Invoca la divina Maria; dille: Ave, che vuol dire: io ti saluto con profondissimo rispetto, o tu che sei senza peccato e senza miserie! Ella ti libererà dalla disgrazia dei tuoi peccati.
Sei nelle tenebre dell'ignoranza o dell'errore? Rivolgiti a Maria e dille: Ave Maria, che vuol dire: illuminata dai raggi del sole di giustizia. Ella ti farà partecipe dei suoi lumi.
Sei smarrito? fuori della via del cielo? Ricorri a Maria che vuol dire: Stella del mare, stella polare, guida della nostra navigazione in questo mondo ed Ella ti condurrà al porto dell'eterna salvezza.
Sei nell'afflizione? Supplica Maria. Maria vuol dire: mare amaro, colmo di amarezza quand'era in questo mondo e che attualmente, in cielo, è diventato mare di pura dolcezza. Ella convertirà la tua tristezza in gioia e le tue afflizioni in consolazioni.
Hai forse perduto la grazia? Onora l'abbondanza delle grazie di cui Dio riempì la Vergine Santa e di' a Maria: Piena di grazia! e dei doni tutti dello Spirito Santo. Ed Ella te ne farà parte.
Ti senti solo, come abbandonato da Dio? Rivolgiti a Maria e dille: Il Signore è con Te più degnamente e più intimamente che nei giusti e nei santi, poiché tu sei quasi una cosa sola con Lui. Egli, infatti, è tuo Figlio, la sua carne è carne tua. E poiché gli sei Madre, tu hai una perfetta rassomiglianza col Signore ed un reciproco amore. Dille ancora: La SS. Trinità è tutta con te, essendone Tu il tempio prezioso. Ella ti rimetterà sotto la protezione e la custodia del Signore.
Sei forse diventato l'oggetto delle divine maledizioni? Di' a Maria: Benedetta sei tu più di tutte le donne e da tutte le nazioni a causa della tua purezza e fecondità: grazie a Te la maledizione divina fu cambiata in benedizione. Ed Ella ti benedirà.
Hai, forse, fame del pane di grazia, del pane della vita? Avvicinati a Lei che portò il pane vivo disceso dal Cielo; e dille: Benedetto il frutto del tuo seno, Gesù, che tu concepisti restando Vergine, portasti senza fatica e desti alla luce senza alcun dolore. Benedetto Gesù che riscattò il mondo schiavo, guarì il mondo ammalato, risuscitò l'uomo morto, ricondusse in patria l'uomo esiliato, giustificò l'uomo colpevole, salvò l'uomo perduto. Senza dubbio l'anima tua sarà saziata del pane della grazia in questa vita e della gloria eterna nell'altra. Amen.

[58] Concludi la tua preghiera con la Chiesa dicendo: Santa Maria, santa nel corpo e nell'anima, santa per la tua singolare ed eterna dedizione al servizio di Dio, santa perché Madre di Dio che ti dotò di una santità eminente quale conviene a tale infinita dignità.
Madre di Dio, che sei anche Madre nostra e nostra Avvocata e Mediatrice, Tesoriera e Dispensatrice delle grazie di Dio, procuraci prontamente il perdono dei nostri peccati e la riconciliazione con la Divina Maestà.
Prega per noi, peccatori, tu che hai tanta compassione per i miseri, tu che non disprezzi né respingi i peccatori, senza dei quali tu non saresti la Madre del Salvatore! Prega per noi, ora, durante questa breve, caduca e misera vita; adesso, perché di sicuro abbiamo solo il momento presente; adesso, perché giorno e notte siamo attorniati e assaliti da nemici potenti e crudeli.
E nell'ora della nostra morte, così terribile e pericolosa, quando le nostre forze saranno esaurite, quando il nostro spirito e il corpo saranno affranti dal dolore e dal timore; nell'ora della nostra morte, quando Satana raddoppierà gli sforzi a fine di rovinarci per sempre; l'ora in cui si deciderà la nostra sorte per tutta l'eternità, felice o infelice. Oh, vieni allora in aiuto ai tuoi poveri figli, Madre pietosa, avvocata e rifugio dei peccatori. Allontana da noi, in quell'ora, i demoni, nostri accusatori e nostri nemici, il cui aspetto terribile ci incuterà spavento; vieni ad illuminarci nelle tenebre della morte. Guidaci al tribunale del nostro Giudice che è anche tuo Figlio, e intercedi per noi affinché ci perdoni e ci accolga fra i suoi eletti nel soggiorno della gloria eterna. Amen. Così sia.

[59] Chi non ammirerà l'eccellenza del Rosario composto di queste due parti: l'Orazione domenicale ed il Saluto angelico? Esiste, forse, preghiera più gradita a Dio e alla Vergine santa? più facile, più soave, più salutare per gli uomini? Teniamo continuamente nel cuore e sulle labbra quelle preghiere per onorare la SS. Trinità, Cristo Gesù nostro Salvatore e la santissima sua Madre.

Al termine di ogni posta sarà bene aggiungere il Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo, come era nel principio, e ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen.

Augustinus
09-05-04, 10:53
L'ECCELLENZA DEL SANTO ROSARIO NELLA MEDITAZIONE DELLA VITA E DELLA, PASSIONE DI N.S. GESÙ CRISTO

ROSA VENTUNESIMA

I quindici misteri del Rosario

[60] Cosa sacra che difficilmente si può comprendere è un mistero. Le opere di Cristo Gesù sono tutte sacre e divine, perché Egli è uomo e Dio insieme; quelle della Vergine sono santissime, perché ella è la più perfetta fra tutte le pure creature. Ben a ragione le opere di Gesù e della sua santa Madre sono dette “misteri” perché sono ricolme delle innumerevoli meraviglie, perfezioni, delle sublimi e profonde istruzioni che lo Spirito Santo rivela agli umili ed ai semplici che le apprezzano.
Queste opere di Gesù e di Maria possono essere chiamate fiori stupendi, il profumo e la bellezza dei quali sono noti soltanto a coloro che si avvicinano ad essi, ne aspirano la fragranza e ne aprono la corolla con una attenta e seria meditazione.

[61] San Domenico distribuì la vita di Nostro Signore e della Vergine santa in quindici misteri che ci presentano le loro virtù e le principali azioni; sono quindici quadri, le cui scene ci devono servire di regola e di guida nel nostro modo di vivere; quindici fiaccole per far luce ai nostri passi in questo mondo; quindici specchi luminosi adatti per conoscere Gesù e Maria, per conoscere noi stessi e per accendere nel nostro cuore il fuoco del loro amore; quindici fornaci per consumarci totalmente nelle loro celesti fiamme.
Fu la Madonna ad insegnare a san Domenico questo eccellente modo di pregare quando gli ordinò di predicarlo per risvegliare la pietà dei cristiani e per far rivivere nei cuori l'amore per Gesù Cristo. L'insegnò anche al beato Alano della Rupe: “La recita di centocinquanta Ave Maria è una preghiera molto utile - gli aveva detto - ed è un omaggio che gradisco immensamente. E questa recita del saluto angelico mi piace ancor di più se coloro che la praticano vi uniranno la meditazione della vita, della passione e della gloria di Gesù Cristo, poiché tale meditazione è l'anima di questa preghiera”. Infatti, senza la meditazione dei sacri misteri della nostra redenzione, il Rosario sarebbe quasi come un corpo senz'anima, una materia eccellente priva di forma, poiché è proprio la meditazione che distingue il Rosario dalle altre devozioni.

[62] La prima parte del Rosario contiene cinque misteri: il primo è l'Annunciazione dell'Arcangelo Gabriele alla Vergine, il secondo è la Visitazione di Maria a santa Elisabetta, il terzo è la Nascita di Gesù Cristo, il quarto è la Presentazione del bambino Gesù al tempio e la Purificazione della santa Vergine, il quinto, il Ritrovamento di Gesù nel tempio fra i dottori. Si chiamano gaudiosi questi misteri a causa della gioia che recarono all'universo intero: la Vergine santa e gli Angeli furono inondati di gioia nel felice istante in cui il Figlio di Dio si incarnò; santa Elisabetta e san Giovanni Battista furono ripieni di gioia per la visita di Gesù e di Maria; il cielo e la terra si rallegrarono alla nascita del Salvatore; Simeone fu consolato e ripieno di letizia quando ricevette Gesù fra le braccia; i dottori erano rapiti di ammirazione nell'ascoltare le risposte di Gesù. E chi saprà esprimere la gioia di Maria e di Giuseppe nel ritrovare Gesù dopo tre giorni di assenza?

[63] La seconda parte del Rosario si compone anch'essa di cinque misteri, detti Misteri dolorosi perché ci presentano Gesù oppresso dalla tristezza, coperto di piaghe, carico di obbrobri, di dolori e di tormenti. Il primo di tali misteri è la preghiera di Gesù e la sua Agonia nel giardino degli Ulivi; il secondo, la sua Flagellazione; il terzo, la sua Incoronazione dì spine; lì quarto, la salita di Gesù al Calvario, carico della croce; il quinto, la sua crocifissione e morte sul Calvario.

[64] La terza parte del Rosario contiene cinque altri misteri detti gloriosi perché in essi contempliamo Gesù e Maria nel trionfo e nella gloria. Il primo è la Risurrezione di Cristo Gesù il secondo, la sua Ascensione al cielo; il terzo, la Discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli; il quarto, l'Assunzione della gloriosa Vergine Maria; il quinto, la sua Incoronazione.
Sono questi i quindici fiori profumati del Roseto mistico sui quali le anime pie amano soffermarsi come api sagge per coglierne il succo mirabile e come porre il miele di una solida devozione.

ROSA VENTIDUESIMA

La meditazione dei misteri ci rende conformi a Gesù

[65] Precipua cura dell'anima cristiana è di tendere alla perfeziono: Fatevi, dunque, imitatori di Dio quali figli carissimi (Ef 5,1), ci dice il grande Apostolo.
E' un obbligo, questo, contenuto nell'eterno decreto della nostra predestinazione, essendo l'unico mezzo ordinato per giungere alla gloria eterna.
San Gregorio Nisseno dice graziosamente che noi siamo dei pittori: l'anima nostra è la tela preparata su cui passano i pennelli; le virtù sono i colori che servono per dar risalto alla bellezza dell'originale da riprodurre: Gesù Cristo, immagine viva e rappresentazione perfetta dell'eterno Padre. Come, dunque, un pittore per eseguire il ritratto dal vero si pone davanti all'originale e ad ogni pennellata lo osserva, così il cristiano deve sempre tenere presente la vita e le virtù di Gesù Cristo per dire, pensare e fare soltanto ciò che è conforme ad esse.

[66] Per aiutarci nell'importante opera della nostra predestinazione, la Vergine santa ordinò a san Domenico di esporre ai devoti del Rosario i sacri misteri della vita di Gesù Cristo non soltanto perché adorino e glorifichino Nostro Signore, ma soprattutto perché regolino la loro vita sulle opere e virtù di Lui. Come i bambini, infatti, imitano i loro genitori osservandoli e conversando con loro e ne imparano il modo di esprimersi ascoltandoli parlare; come un apprendista impara l'arte guardando lavorare il maestro, così i fedeli confratelli del Rosario, meditando devotamente le virtù di Gesù Cristo nei quindici misteri della sua vita, diventano somiglianti al divino Maestro con l'aiuto della sua grazia e per l'intercessione della Vergine santa.

[67] Se Mosè ordinò al popolo ebreo da parte di Dio stesso di non dimenticare mai i benefici di cui l'aveva colmato, con maggior ragione il Figlio di Dio può comandarci di imprimere nel nostro cuore e di avere costantemente davanti agli occhi i misteri della sua vita, passione e gloria, poiché questi sono altrettanti benefici dei quali ci favorì e con i quali ci mostrò l'eccesso del suo amore per la nostra salvezza.
“Voi tutti che passate per la via - ci dice - considerate e osservate se ci sono dolori simili ai dolori ch'io ho sofferto per amor vostro. Ricordatevi della mia povertà e del mio annientamento, pensate all'assenzio e al fiele che presi per voi nella mia passione” (Cfr. Lam 1,12; 3,19). Queste parole e molte altre che si potrebbero ricordare, convincono abbastanza dell'obbligo che abbiamo di non contentarci di recitare vocalmente il Rosario in onore di Cristo Gesù e della Vergine santa, ma di recitarlo meditandone i sacri misteri.

ROSA VENTITREESIMA

Il Rosario, memoriale della vita e della morte di Gesù

[68] Gesù, il divino sposo dell'anima nostra, l'amico dolcissimo, desidera che ricordiamo i suoi benefici e li stimiamo sopra ogni cosa. Egli prova una gioia sovrabbondante, come la Vergine e tutti i Santi del Paradiso, quando noi meditiamo devotamente e con affetto i misteri del Rosario che sono gli effetti più evidenti del suo amore per noi e i doni più ricchi ch'egli potesse farei, poiché è proprio per tali doni che la Vergine stessa e tutti i Santi godono della gloria eterna.

La beata Angela da Foligno un giorno pregò Nostro Signore che le insegnasse con quale esercizio avrebbe potuto onorarlo meglio. E Gesù le apparve appeso alla croce e le disse: “Figlia mia, osserva le mie piaghe”. E così ella apprese dall'amabilissimo Salvatore che nulla gli era più gradito quanto la meditazione sulle sue sofferenze. Poi Gesù le mostrò le ferite del capo, le rivelò parecchi particolari dei tormenti patiti, e soggiunse: “Tutto questo ho sofferto per la tua salvezza; che cosa puoi fare tu che uguagli il mio amore per te?”.

[69] Il santo Sacrificio della Messa onora infinitamente la Santissima Trinità perché è rappresentazione della Passione di Gesù Cristo ed è offerta da parte nostra dei meriti della sua obbedienza, delle sofferenze e del sangue suo. L'intera Corte celeste ne riceve, anch'essa, sovrabbondanza di gloria; parecchi autori, con san Tommaso, ci parlano, per lo stesso motivo, della gioia degli Angeli nel vedere i fedeli accostarsi alla comunione sia perché il SS. Sacramento è il memoriale della Passione e della Morte di Cristo Gesù, sia perché con tale mezzo gli uomini partecipano ai frutti della redenzione e assicurano la propria salvezza.
Ora, il santo Rosario, recitato con la meditazione dei misteri, è un sacrificio di lode a Dio per il beneficio della nostra Redenzione; è un devoto ricordo della sofferenza, della morte e della gloria di Gesù Cristo. E' vero, perciò, che il Rosario dà gloria e gioia di sovrabbondanza a Gesù Cristo, alla Vergine santa e a tutti i beati poiché essi nulla desiderano di più importante, per la nostra felicità eterna, che vederci impegnati in un esercizio tanto glorioso per il nostro Salvatore e tanto salutare per noi.

[70] Il Vangelo ci assicura che un peccatore che si converte e fa penitenza procura gioia a tutti gli Angeli. Se per rallegrare gli Angeli basta che un peccatore lasci le vie del peccato e ne faccia penitenza, quale gioia, quale giubilo sarà per l'intera Corte celeste, quale gloria per Gesù stesso vederci qui in terra meditare devotamente e con amore le sue umiliazioni, i suoi tormenti, la sua morte crudele e ignominiosa? Vi può essere, forse, qualcosa di più efficace per commuoverci e indurci a sincera penitenza?
Il cristiano che non medita sui misteri del Rosario dà prova di molta ingratitudine verso Cristo Gesù e rivela d'avere poca stima per quanto il divino Salvatore ha sofferto per la salvezza del mondo. Il suo contegno sembra dire ch'egli ignora la vita di Gesù, che si preoccupa ben poco di sapere ciò che Gesù fece e sofferse per redimerci. Un tale cristiano deve temere assai che, non avendo conosciuto Gesù Cristo o avendolo dimenticato, Egli lo respinga nel giorno del giudizio con quel rimprovero: “In verità ti dico, non ti conosco” (Mt 25,12).
Meditiamo, dunque, la vita e le sofferenze del Salvatore nel santo Rosario, impariamo a conoscerlo bene, a riconoscere i suoi benefici affinché Egli ci riconosca per suoi figli e amici nel giorno del giudizio.

ROSA VENTIQUATTRESIMA

La meditazione dei misteri del Rosario, grande mezzo di perfezione

[71] I santi facevano oggetto principale di studio la vita di Gesù Cristo e ne meditavano le virtù e patimenti: è così che giunsero alla perfezione cristiana.
San Bernardo incominciò da tale esercizio e vi perseverò sempre e fedelmente: “Dall'inizio della mia conversione - egli dice - io feci un mazzetto di mirra, composto dei dolori del mio Salvatore e me lo posi sul cuore pensando ai flagelli, alle spine e ai chiodi della passione e impegnandomi con tutto l'animo a meditare ogni giorno su questi misteri”.
Questo era anche l'esercizio dei Martiri: noi ammiriamo il modo con cui seppero trionfare dei più crudeli tormenti. Ma “donde poteva venire - osserva san Bernardo - la mirabile costanza dei martiri se non dalle piaghe di Gesù Cristo, sulle quali essi frequentemente meditavano? Dov'era l'anima di questi generosi atleti, quando il loro sangue colava e i loro corpi erano straziati dai supplizi, se non nelle piaghe di Gesù Cristo? E quelle piaghe li rese invincibili”.

[72] Anche la santissima Madre del Salvatore meditò durante tutta la sua vita, sulle virtù e le sofferenze del Figlio. Quando, alla nascita di Lui, udì gli Angeli cantare l'inno di gioia, quando vide i pastori adorarlo nella stalla, la sua anima, rapita di ammirazione, meditava su tutte quelle meraviglie: ella paragonava le grandezze del Verbo incarnato al suo profondo abbassamento; la paglia e la mangiatoia col trono e il seno del Padre; la potenza di Dio con la debolezza di un bambino, la sapienza di lui con la semplicità.
La Vergine disse un giorno a santa Brigida: “Quando contemplavo la bellezza, la modestia e la sapienza di mio Figlio, l'anima mia era fuori di sé per la gioia, e quando consideravo che le sue mani e i suoi piedi sarebbero stati trafitti dai chiodi, versavo copiose lacrime e il cuore mi si spezzava per la tristezza e il dolore”.

[73] Dopo l'Ascensione di Gesù, la Madonna trascorse il resto della vita nel visitare i luoghi santificati dal Salvatore con la sua presenza e i suoi tormenti. E ivi meditava sull'eccesso della sua carità e sui rigori della passione. Lo stesso esercizio fece santa Maria Maddalena nei trent'anni che visse solitaria nella grotta della “Sainte-Baume”. San Girolamo dice che questa era anche la devozione dei primi fedeli: “da tutti i paesi del mondo - egli scrive - venivano in Terra santa per imprimersi più profondamente nel cuore l'amore e il ricordo del Salvatore degli uomini, alla vista degli oggetti e dei luoghi consacrati dalla nascita, dalle fatiche, dalle sofferenze e dalla morte di Lui”.

[74] Tutti i cristiani hanno una sola fede, adorano un solo Dio, sperano la stessa felicità nel cielo; tutti conoscono un solo Mediatore, Gesù Cristo; tutti, dunque, devono imitare questo divino modello e perciò considerare i misteri della sua vita, delle virtù e della sua gloria.
E' un errore credere che la meditazione delle verità della fede e dei misteri della vita di Gesù sia solo per i sacerdoti, i religiosi e per coloro che si sono ritirati dai fastidi del mondo. Se i religiosi e gli ecclesiastici hanno l'obbligo di meditare sulle grandi verità della nostra santa religione perché rispondano degnamente alla loro vocazione, i secolari vi sono altrettanto obbligati a causa dei pericoli di perdersi nei quali si trovano ogni giorno. Devono, perciò, armarsi del ricordo assiduo della vita, delle virtù e delle sofferenze del Salvatore che i quindici misteri dei Rosario presentano.

ROSA VENTICINQUESIMA

Tesori di santificazione racchiusi nelle preghiere e nelle meditazioni del Rosario

[75] Nessuno mai potrà comprendere i tesori mirabili di santificazione contenuti nelle preghiere e nei misteri del Rosario. La meditazione dei misteri della vita e della morte di Nostro Signore Gesù Cristo è sorgente dei più meravigliosi frutti per chi vi si applica. Oggi si vogliono cose che colpiscano, che com-muovano, che producano nell'animo impressioni profonde. Ma esiste mai al mondo una storia più commovente di quella stupenda del Redentore che si dispiega al nostro sguardo in quindici quadri che ricordano le grandi scene della vita, morte, gloria del Salvatore del mondo? Quali preghiere sono più eccellenti e più sublimi dell'orazione domenicale e dell'Ave dell'Angelo? In esse sono racchiusi tutti i nostri desideri, tutti i nostri bisogni.

[76] La meditazione dei misteri e delle preghiere del Rosario è la più facile fra tutte le orazioni poiché la varietà delle virtù e degli stati di Gesù su cui a mano a mano si riflette, ricrea e fortifica in modo ineffabile lo spirito e impedisce le distrazioni. I sapienti trovano in queste formule la dottrina più elevata, i semplici le istruzioni più familiari.
Prima di elevarsi al grado più sublime della contemplazione bisogna passare per questa facile meditazione. Tale è il pensiero di san Tommaso d'Aquino (S. Th, IIa IIae p. 182, art. 3); è il consiglio ch'egli suggerisce quando dice che bisogna prima allenarsi come in -un campo di battaglia con l'acquisto di tutte le virtù di cui abbiamo il modello perfetto nei misteri del santo Rosario. E', infatti, proprio in quella meditazione - dice il dotto Cajetano -che otterremo l'intima unione con Dio, senza la quale la contemplazione è soltanto un'illusione capace di sedurre le anime.

[77] Se i falsi illuminati dei nostri giorni, i quietisti, avessero seguito questo consiglio, non avrebbero subìto tante vergognose cadute né causato tanti scandali. E' singolare illusione del demonio credere che esistano preghiere più sublimi del Pater e dell'Ave, e abbandonare queste preghiere divine che sono sostegno, forza e custodia dell'anima.
Convengo che non, sempre è necessario recitarle vocalmente e che la preghiera interiore è, in certo senso, più perfetta della vocale: ma vi assicuro che è molto pericoloso, per non dire dannoso, abbandonare di propria iniziativa la recita del Rosario col pretesto di una più perfetta unione con Dio. L'anima sottilmente orgogliosa, ingannata dal demonio meridiano, si sforza quanto le è possibile per elevarsi interiormente al grado sublime dell'orazione dei Santi, disprezza e trascura, perciò, i tradizionali metodi di preghiera che giudica buoni solo per le anime ordinarie; chiude da sé medesima l'orecchio al saluto di un Angelo e perfino alla preghiera composta da Dio e da Lui praticata e comandata: Voi pregherete così: Padre nostro (Mt 6,9. 53 Il Montfort pone in nota il testo seguente di S. CATERINA DA SIENA, Rivelazioni: “ Chiunque, giusto o peccatore, ricorre a Lei con devoto rispetto non sarà mai né deluso né divorato dal demonio dell'inferno”). E in tal modo cade da illusione in illusione, da precipizio in precipizio.

[78] Credimi, caro confratello del Rosario, vuoi tu arrivare ad un alto grado di orazione, senza affettazioni e senza i pericoli di cadere nelle illusioni del demonio, tanto comuni nelle persone pie, recita tutti i giorni, se puoi, il Rosario intero o almeno una parte. Può darsi che, per grazia di Dio, ci sei già arrivato: allora, se vuoi restarci e progredire nell'umiltà, conserva la pratica del santo Rosario; una anima fedele alla recita quotidiana del Rosario, infatti, non sarà mai formalmente eretica né potrà essere ingannata dal demonio: è, questa, un'affermazione che sottoscriverei con il mio sangue.
Se, poi, Dio, per sua misericordia, ti attira a sé mentre dici il Rosario, tanto potentemente come fece con alcuni Santi, lasciati pure attirare, abbandonati a
Lui, lascia che Egli operi e preghi in te, e a modo suo reciti in te il Rosario; e questo ti sarà sufficien-te e per la giornata. Se invece sei solamente nella con-templazione attiva o orazione ordinaria di quiete, di presenza di Dio e di affetto, allora hai ancor meno motivo di tralasciare il Rosario poiché, ben lontano dal farti retrocedere nell'orazione e nella virtù, esso ti sarà di meraviglioso aiuto, vera scala di Giacobbe dai quindici gradini per i quali salirai di virtù in vir-tù, di chiarezza in chiarezza e giungerai facilmente, senza illusioni, fino alla pienezza dell'età di Gesù Cristo.

[79] Guardati bene dall'imitare l'ostinazione di quella pia persona di Roma di cui si parla in Le Meraviglie del Rosario. Era costei tanto devota e tanto fervorosa da confondere con la sua santa vita i religiosi più austeri della Chiesa di Dio. Un giorno, volle consultare san Domenico ed essendosi, perciò, confessata da lui, questi le impose come penitenza la recita di un solo Rosario e la consigliò anche di recitarlo ogni giorno. Immediatamente lei prese a scusarsi: aveva i suoi esercizi, tutti ben regolati, acquistava ogni giorno l'indulgenza delle Stazioni di Roma, portava sempre il cilicio, si dava la disciplina più volte nella settimana, faceva tanti digiuni ed altre penitenze. San Domenico la esortò con insistenza a seguire il suo consiglio, ma lei non ne volle sapere; uscì dal confessionale quasi scandalizzata dal modo di procedere di quel nuovo direttore che la voleva persuadere ad accettare una devozione contraria al suo gusto.
Qualche tempo dopo, stando in preghiera e rapita in estasi, ella vede la sua anima obbligata a comparire davanti al Supremo Giudice. San Michele mette su un piatto della bilancia tutte le sue penitenze e preghiere e sull'altro i suoi peccati e le sue imperfezioni, poi alza la bilancia ed ecco: il piatto delle buone opere sale, sale, e non può fare da contrappeso al piatto dei peccati e delle imperfezioni. Angosciata, ella implora misericordia e si rivolge alla Vergine Santa, sua Avvocata, la quale lascia cadere sul piatto delle buone opere l'unico Rosario che aveva recitato per penitenza. Questo è tanto pesante da stabilire l'equilibrio tra i peccati e le buone opere. In pari tempo la Vergine la rimprovera per essersi rifiutata di seguire il consiglio del suo servo Domenico di recitare ogni giorno il santo Rosario. Ritornata in sé la pia donna andò a gettarsi ai piedi di san Domenico e, raccontato quanto le era accaduto, gli chiese perdono per l'incredulità e promise di recitare il Rosario tutti i giorni. Giunse, così, alla perfezione cristiana ed alla gloria eterna.
O anime d'orazione, imparate da questo fatto quanto sia efficace, preziosa e importante la pratica del santo Rosario con la meditazione dei misteri.

[80] Chi fu più elevata nell'orazione di santa Maddalena che sette volte al giorno era trasportata dagli Angeli al di sopra del Saint-Pillon e che era stata alla scuola di Gesù e della santa sua Madre? Eppure un giorno ella chiese a Dio un mezzo efficace per avanzare nell'amore per Lui e giungere alla più alta perfezione. L'arcangelo san Michele le disse da parte di Dio di non conoscerne altro che quello di considerare i misteri dolorosi ch'ella aveva già visto svolgersi sotto i propri occhi, ai piedi della croce ch'egli Aveva piantato davanti alla grotta dove lei era rifugiata.
L'esempio di san Francesco di Sales, il grande direttore di anime spirituali del suo tempo, possa risolvervi a far parte della confraternita così santa del Rosario! Santo come era, egli si obbligò con voto a recitarlo per intero ogni giorno della sua vita. Anche san Carlo Borromeo lo recitava tutti i giorni e lo raccomandava con insistenza ai suoi sacerdoti, ai chierici del seminario e a tutto il popolo.
Il beato Pio V, uno dei più grandi Pontefici che governarono la Chiesa, recitava ogni giorno il Rosario. San Tommaso da Villanova, arcivescovo di Valenza, sant'Ignazio, san Francesco Saverio, san Francesco Borgia, santa Teresa, san Filippo Neri e molti altri illustri personaggi che non nomino, si distinsero in questa devozione. Seguitene l'esempio: i vostri direttori spirituali saranno soddisfatti e se li informerete dei frutti che ne avrete ricavato, saranno essi stessi i primi a consigliarvelo.

ROSA VENTISETTESIMA

[81] Per invogliarti ancor più ad abbracciare questa devozione delle anime grandi, aggiungo che il Rosario recitato con la meditazione dei misteri:
1) ci eleva insensibilmente alla perfetta conoscenza di Gesù Cristo;
2) purifica le anime nostre dal peccato;
3) ci rende vittoriosi su tutti i nostri nemici;
4) ci facilita la pratica delle virtù;
5) ci infiamma d'amore per Gesù;
6) ci arricchisce di grazie e di meriti;
7) ci fornisce i mezzi per pagare a Dio e agli uomini tutti i nostri debiti e infine ci ottiene ogni sorta di grazie.

[82] La conoscenza di Gesù Cristo è la scienza dei cristiani, la scienza della salvezza; supera in eccellenza e in pregio -dice san Paolo - tutte le scienze umane: 1) per la dignità dell'oggetto, un Dio-uomo, al cospetto del Quale l'universo intero non è che una stilla di rugiada o un granello di sabbia; 2) per l'utilità poiché le scienze umane ci riempiono solo di vanità e del fumo d'orgoglio; 3) per la sua necessità poiché non è possibile salvarsi senza la conoscenza di Gesù Cristo, mentre chi ignora tutte le altre scienze ma è istruito nella scienza di Cristo Gesù, sarà salvo.
Benedetto Rosario, che ci dai questa scienza e conoscenza di Gesù facendocene meditare la vita, la morte, la passione e la gloria! La regina di Saba, ammirata per la saggezza di Salomone, esclamò: Beati i tuoi uomini, beati questi tuoi ministri che stanno sempre davanti a te e ascoltano la tua saggezza! (1 Re 10,8. Cfr. Gv 17,3). Ma più felici sono i fedeli che meditano attentamente la vita, le virtù, le sofferenze e la gloria del Salvatore, perché acquistano con tale mezzo, la perfetta conoscenza di Lui nella quale consiste la vita eterna.

[83] La Vergine santa rivelò al beato Alano che non appena san Domenico prese a predicare il Rosario, i peccatori più induriti si commossero e piansero amaramente le loro colpe. Perfino i giovanetti fecero delle incredibili penitenze; ovunque predicava il Rosario il fervore era tanto grande che i peccatori cambiarono vita, edificando tutti con le penitenze e l'emendamento della loro vita.
Se quindi ti senti la coscienza gravata di colpe, prendi la corona e recita una parte del Rosario in onore di qualche mistero della vita, della passione o della gloria di Gesù. E sii convinto che mentre mediterai ed onorerai quei misteri Egli mostrerà al Padre celeste le sue sacre Piaghe, intercederà per te e ti otterrà la contrizione ed il perdono dei peccati.
Disse un giorno Nostro Signore al beato Alano: “Se questi poveri peccatori recitassero spesso il mio Rosario parteciperebbero ai meriti della mia passione, ed io come loro avvocato, placherei la divina giustizia”.

[84] La vita dell'uomo è una guerra ed una tentazione continua; noi dobbiamo lottare non con nemici di carne e di sangue ma contro le potenze stesse dell'inferno (Cfr. Ef 6, 12. Ef 6,1 1). Quali armi migliori impugneremo noi allora se non la preghiera insegnataci dal nostro grande Capitano e il saluto angelico che scacciò i demoni, distrusse il peccato e rinnovò il mondo? Se non la meditazione della vita, della passione di Cristo Gesù, del pensiero della quale ci dobbiamo armare come ordina san Pietro - per difenderci dagli stessi nemici che Egli vinse e che ci assalgono ogni giorno?
“Da quando il demonio fu vinto dall'umiltà e dalla passione di Gesù Cristo - scrive il card. Hugues - non può quasi più attaccare un'anima che sia armata della meditazione di questi misteri. E se l'attacca, ne è ignominiosamente vinto”. Rivestitevi, dunque, dell'armatura di Dio.

[85] Impugnate quest'arma di Dio, il santo Rosario, e schiaccerete il capo al demonio, resisterete a tutte le tentazioni. Certamente è per questo motivo che anche la semplice corona materiale fa tanta paura al diavolo e i Santi se ne sono spesso serviti per incatenarlo e scacciarlo dal corpo degli ossessi, come attestano molti fatti.

[86] Un tale - narra il beato Alano - avendo tentato inutilmente ogni pratica devota per essere liberato dallo spirito maligno che lo possedeva, pensò di mettersi al collo la corona del Rosario; ne ebbe sollievo. Constatando poi, che quando se la toglieva il demonio riprendeva a tormentarlo crudelmente, decise di portarla al collo giorno e notte: in tal modo gli riuscì di scacciare per sempre il diavolo che non poteva sopportare quella orribile catena. Il beato Alano assicura inoltre, di aver egli stesso liberato molti ossessi ponendo loro al collo la corona.

[87] Il Padre Giovanni Amát, domenicano, predicava il quaresimale in una contrada del regno d'Aragona. Un giorno gli fu presentata una giovanetta posseduta dal demonio. Egli tentò più volte di esorcizzarla, ma non ottenendo alcun risultato le pose al collo la propria corona del Rosario. Immediatamente la fanciulla dette in smanie e in urla spaventose: “Via, via questi grani - gridava - che mi tormentano; toglietemeli”. Per compassione verso la povera figliola il Padre gliela tolse. La notte seguente mentre questi riposava, gli stessi demoni che possedevano la giovane s'avventarono rabbiosamente su di lui per impadronirsi della sua persona; egli, però, con la corona che teneva stretta in mano, nonostante gli sforzi che quelli facevano per strappargliela, li flagellò con energia e li mise in fuga con la ripetuta invocazione: “Santa Maria, nostra Signora del Rosario, aiutami”.
L'indomani, mentre si recava in chiesa, s'imbatté con l'infelice giovanetta tuttora posseduta dai demoni; uno di questi gli disse burlandosi di lui: Frate, se tu non avessi avuto la corona ti avremmo conciato per le feste. Il Padre allora gettò di nuovo la corona al collo della giovanetta dicendo: “Per i sacratissimi nomi di Gesù e di Maria sua Madre e per la virtù del Santo Rosario, io vi comando, o maligni spiriti, di uscire subito da questo corpo”. I diavoli furono costretti ad obbedire all'istante e la ragazza fu liberata.
Questi fatti dimostrano quanta sia la forza del santo Rosario per vincere ogni tentazione del demonio ed ogni pericolo di peccato perché i grani benedetti della corona lo mettono in fuga.

ROSA VENTOTTESIMA

[88] Sant'Agostino assicura che non vi è esercizio tanto fruttuoso e utile per la salvezza quanto il pensare di frequente alle sofferenze di Nostro Signore (S. Agostino, Sermo 23 ad fratres in eremo PL 40, 1273-1274). Il beato Alberto Magno, maestro di san Tommaso, seppe per rivelazione che il semplice ricordo ossia la meditazione della passione di Gesù è più meritoria per il cristiano che digiunare a pane ed acqua ogni venerdì per un intero anno o disciplinarsi a sangue ogni settimana o recitare ogni giorno il Salterio. Quale sarà, dunque, il merito del Rosario che ci ricorda tutta la vita e la passione di Nostro Signore?
La Madonna rivelò un giorno al beato Alano de la Rupe che dopo il santo sacrificio della Messa, la prima e più viva commemorazione della Passione di Nostro Signore, non vi è devozione più eccellente e più meritoria del Rosario il quale è come un secondo memoriale e una rappresentazione della vita e della passione di Gesù.

[89] Il padre Dorland riferisce che la Vergine santa disse un giorno al venerabile Domenico, certosino, devotissimo del Rosario, residente a Treviri nel 1481. “ogni volta che un fedele recita in stato di grazia il Rosario meditando i misteri della vita e della passione di Gesù, ottiene piena e totale remissione dei suoi peccati”. Anche al beato Alano Ella disse: “Sappi che sebbene siano già numerose le indulgenze concesse al mio Rosario, io ne aggiungerò molte altre per ogni cinquanta Ave Maria in favore di quanti le reciteranno in stato di grazia e devotamente in ginocchio. A chi avrà perseverato nella recita del Rosario in quelle condizioni e meditandone i quindici misteri, otterrò al termine della sua vita, come ricompensa del buon servizio, che gli siano pienamente rimesse e la colpa e la pena di tutte le sue manchevolezze. Tutto ciò non ti sembri incredibile poiché è facile per me che sono la madre del Re dei cieli, di Colui che mi chiama la Piena di grazia; se, infatti, ne sono ricolma, posso distribuirne con abbondanza ai miei cari figli”.

[90] San Domenico era tanto convinto dell'efficacia e del merito del Rosario che non imponeva quasi mai altra penitenza a chi si confessava da lui se non quella di recitarlo, come abbiamo visto più sopra quando riferimmo di quella donna romana alla quale diede per penitenza un solo Rosario.
I confessori, anch'essi, se vogliono seguire l'esempio del grande Santo, dovrebbero imporre ai loro penitenti il Rosario con la meditazione dei misteri, invece di altre penitenze che non sono così meritorie né così gradite a Dio e neppure tanto profittevoli alle anime per farle avanzare in virtù o tanto efficaci per impedire loro di ricadere nel peccato. Senza dire, poi, che recitando il Rosario si lucrano numerose indulgenze non annesse a molte altre devozioni.

[91] Dice l'abate Blosio: “Sicuramente il Rosario con la meditazione della vita e della passione di Nostro Signore è graditissimo a Gesù e alla Vergine ed è molto efficace per ottenere ogni grazia; perciò lo possiamo, recitare per noi stessi o per coloro che a noi si raccomandano o anche per tutta la Chiesa. Ricorriamo, dunque, alla devozione del Rosario in ogni nostra necessità ed otterremo senza dubbio quanto avremo chiesto a Dio in ordine alla nostra salvezza”.

ROSA VENTINOVESIMA

[92] Secondo san Dionigi nulla di più divino, di più nobile, di più gradito a Dio quanto il cooperare alla salvezza delle anime e rovesciare i perfidi piani del demonio che tutto mette in opera per perderle. Questo fu il motivo per cui il Figlio di Dio scese sulla terra: Egli, fondando la Chiesa, aveva distrutto il dominio di Satana. Purtroppo questo tiranno aveva ripreso forza esercitando crudele violenza sulle anime, come si vide per esempio nel secolo XI quando sorse l'eresia degli Albigesi, con tutti gli odi, le contese, i vizi più abominevoli che, gli riuscì di far regnare nel mondo.
Quale il rimedio a questi grandi disordini? come abbattere la forza di Satana? La Madonna, protettrice della Chiesa, per calmare la collera del Figlio, per estirpare l'eresia e riformare i costumi dei cristiani, offerse come il mezzo più efficace la confraternita del Rosario e i fatti lo provarono: la carità si ravvivò, la frequenza ai sacramenti ritornò come nei primi secoli d'oro della Chiesa ed i costumi dei cristiani si riformarono.

[93] Dice papa Leone X nella sua Bolla (4 ottobre 1520), che questa confraternita fu fondata ad onore di Dio e di Maria come un baluardo per stornare le sciagure che stavano per abbattersi sulla Chiesa. E Gregorio XIII afferma che il Rosario fu dato dal Cielo come un mezzo per calmare la collera divina ed implorare l'intercessione della Vergine santa. Giulio III aggiunge che il Rosario fu ispirato per aprirci più facilmente il cielo, grazie alla intercessione della Madonna. Paolo III e il beato Pio V dichiarano che il Rosario fu stabilito e dato ai fedeli perché potessero procurarsi in modo più efficiente il riposo, e la consolazione spirituale. Chi, dunque, potrà trascurare di iscriversi ad una confraternita istituita per così nobili intenti?

[94] Un giorno Padre Domenico, certosino, molto devoto del Rosario, vide il cielo aperto e tutta la corte celeste disposta in mirabile ordine; e udì cantare con dolcissima melodia il Rosario mentre si onorava ad ogni decina un mistero della vita, della passione e della gloria di Gesù e della Madonna. Egli notò che al santo nome di Maria tutti i beati inchinavano il capo e a quello di Gesù genuflettevano e ringraziavano Dio per i grandi benefici elargiti in cielo e in terra in virtù del Rosario. Vide pure la Vergine e i Santi presentare a Dio i Rosari che i confratelli recitavano sulla terra e pregavano per tutti quelli che praticano questa devozione; vide ancora innumerevoli corone di splendidi e profumati fiori preparate per chi recita con devozione il Rosario, le corone che essi medesimi stanno intessendo per esserne adorni in cielo.
La visione del pio certosino ricorda la visione del Discepolo prediletto che vide una moltitudine stragrande di angeli e di santi intenti a lodare e a benedire Nostro Signore per quanto aveva fatto e sofferto per la nostra salvezza. Ebbene, non è questo che fanno anche i confratelli del Rosario?

[95] Non è da credere che il Rosario sia buono soltanto per le donne, per i piccoli e gli ignoranti; esso è buono altresì per gli uomini e tra essi per i più ragguardevoli. Non appena san Domenico ebbe riferito a Papa Innocenzo III l'ordine ricevuto dal cielo di istituire questa Confraternita, il Pontefice approvò ed esortò il Santo a predicarla; anzi volle farne parte egli stesso, e con lui diedero il proprio nome entusiasticamente gli stessi cardinali, tanto che Lopez non esitò a dire: “Nessun sesso, nessuna età, nessuna condizione sociale si è potuta sottrarre alla devozione del Rosario”.
Sono, infatti, iscritti in questa Confraternita persone di ogni categoria: duchi, principi, re, prelati, cardinali, sommi Pontefici. Troppo lungo sarebbe enumerarli. Perciò, caro lettore, se entrerai in questa confraternita parteciperai alla loro devozione, alle loro grazie qui in terra e alla loro gloria in cielo: associato con loro nella devozione, avrai in comune anche la dignità.

ROSA TRENTESIMA

[96] Se i privilegi, i favori e le indulgenze rendono raccomandabile una Confraternita, si deve dire che quella del Rosario è la più raccomandabile nella Chiesa perché è la meglio dotata di indulgenze. Dalla sua istituzione in poi quasi tutti i Papi hanno fatto prelievi dal tesoro della Chiesa per arricchirla. E poiché l'esempio persuade più delle parole e degli stessi favori, essi testimoniarono la stima in cui tenevano la Confraternita, dando ad essa il proprio nome.
Ecco un breve compendio delle indulgenze accordate dai Sommi Pontefici alla Confraternita; indulgenze confermate nuovamente dal Santo Padre Innocenzo XI il 31 luglio 1679 e comunicate, col permesso di pubblicarle, all'arcivescovo di Parigi il 25 settembre dello stesso anno:
1) indulgenza plenaria nel giorno dell'iscrizione; 2) indulgenza plenaria in punto di morte; 3) indulgenza parziale di 10 anni e 10 quarantene per ciascuna delle tre corone; 4) indulgenza parziale di 7 giorni ogni volta che gli associati pronunceranno devotamente il nome di Gesù e di Maria; 5) indulgenza parziale di 7 anni e 7 quarantene a coloro che assisteranno con pietà alla processione del Rosario; 6) indulgenza plenaria nella prima domenica del mese e nelle feste di Nostro Signore e della Madonna a quanti veramente pentiti e confessati visiteranno la cappella del Rosario nella chiesa sede della confraternita; 7) indulgenza parziale di 100 giorni ai presenti al canto della Salve Regina; 8) indulgenza parziale di 100 giorni a coloro che con devozione e allo scopo di darne l'esempio, portano visibilmente la corona; 9) indulgenza plenaria nei giorni indicati per lucrarla ai confratelli ammalati o impediti di recarsi in chiesa, che confessati e comunicati reciteranno in giornata il Rosario o almeno una parte. 10) Per un insigne e speciale favore verso i confratelli del Rosario, i Sommi Pontefici danno loro possibilità di lucrare le indulgenze delle chiese stazionali di Roma, con la semplice visita a cinque altari recitando davanti a ciascuno di essi cinque Pater e cinque Ave per il bene della Chiesa. Qualora nella chiesa sede della Confraternita vi fossero solo uno o due altari, potranno recitare i 25 Pater e Ave davanti a quelli.

[97] Gran favore, quest'ultimo, per i confratelli poiché nelle chiese stazionali di Roma si lucrano indulgenze plenarie in suffragio delle anime del purgatorio e si ottengono tante remissioni che essi possono acquistare senza fatica, senza spese e senza neppure uscire dal proprio paese! Che se la Confraternita non esistesse là dove essi dimorano, potrebbero egualmente acquistare le predette indulgenze, stando alla concessione di Leone X, con la visita a cinque altari in qualsiasi chiesa.
I giorni stabiliti e determinati per coloro che risiedono fuori Roma nei quali i confratelli possono lucrare queste indulgenze - secondo il decreto della Sacra Congregazione per le indulgenze, approvato dal santo Padre il 7 marzo 1678, purché le condizioni siano esattamente osservate - sono: tutte le domeniche di Avvento; i tre giorni delle Quattro Tempora di Avvento; la vigilia di Natale, alla Messa della notte, dell'aurora e del giorno di Natale; la festività di santo Stefano, di san Giovanni evangelista, dei santi Innocenti, della Circoncisione e dell'Epifania; le tre domeniche prima della Quaresima; dal giorno delle Ceneri alla domenica in Albis inclusa; i tre giorni delle Rogazioni; il giorno del]'Ascensione; la vigilia di Pentecoste e tutti i giorni dell'ottava; i tre giorni delle Quattro Tempora di settembre.
Caro confratello del Rosario, vi sono altre innumerevoli indulgenze; se le vuoi conoscere leggi il Sommario delle indulgenze accordate ai confratelli, dove troverai pure i nomi dei Papi che le elargirono, l'anno della concessione e diversi particolari che non è possibile qui riferire in compendio.

Augustinus
09-05-04, 10:54
L'ECCELLENZA DEL ROSARIO NELLE MERAVIGLIE DA DIO OPERATE IN SUO FAVORE

ROSA TRENTUNESIMA

[98] In una visita a Bianca, regina di Francia, che dopo dodici anni di matrimonio non aveva ancora figli ed era perciò molto afflitta, san Domenico le consigliò di recitare ogni giorno il Rosario per ottenere dal cielo tale grazia. Ella così fece e nel 1213 diede alla luce il primogenito che chiamò Filippo. Ma la morte glielo rapì ch'era ancora in fasce e allora la pia regina ricorse più che mai a Maria, facendo anche distribuire gran numero di corone del Rosario a tutta la corte e in parecchie città del regno perché Dio le concedesse intero il sospirato favore. E fu esaudita poiché nel 1215 le nacque Luigi, la gloria di Francia ed il modello dei re cristiani.

[99] Alfonso VIII re d'Aragona e di Castiglia, punito da Dio in diversi modi per i suoi peccati, fu costretto a ritirarsi nella città di un suo alleato. Avvenne che in quella città il giorno di Natale san Domenico predicasse come sempre sul Rosario e sulle grazie che con esso si ottengono da Dio. Tra l'altro disse che coloro che lo recitano devotamente riportano vittoria sui nemici e ritrovano ogni cosa perduta. Colpito da tali parole il re fece ricercare san Domenico e gli chiese se fosse vero quanto aveva detto circa il Rosario. Il Santo rispose che non doveva dubitarne e l'assicurò che ne avrebbe sperimentato gli effetti se avesse praticato la devozione al Rosario e si fosse iscritto nella Confraternita. Il re, allora, decise di recitare ogni giorno il Rosario e fu fedele. Dopo un anno, esattamente nel medesimo giorno di Natale, dopo ch'egli terminò di dire il Rosario, la Madonna gli apparve e gli disse: “Alfonso, da un anno in qua tu mi onori recitando devotamente il mio Rosario; ebbene, vengo per darti la ricompensa: sappi che ti ho ottenuto da mio Figlio il perdono di tutti i peccati. Eccoti, ora, una corona del Rosario; portala indosso e nessuno dei tuoi nemici potrà ucciderti”.
La Madonna disparve lasciando il re grandemente consolato e fiducioso. Egli tornò a casa con la corona in mano e, pieno di gioia, raccontò alla regina del favore ricevuto dalla Vergine, indi con la preziosa corona toccò gli occhi della regina da gran tempo cieca, ed ella riacquistò immediatamente la vista perduta.
Qualche tempo dopo re Alfonso raccolse un esercito, strinse accordi con gli alleati e attaccò arditamente i suoi nemici; li sconfisse e li obbligò a restituirgli le terre e a risarcire ogni danno. Inoltre divenne tanto abile in guerra che da ogni parte i soldati mercenari venivano ad arruolarsi sotto le sue insegne, fatti sicuri che la vittoria arrideva sempre alle sue armi. E di ciò nessuna meraviglia: egli non attaccava mai battaglia senza prima aver recitato in ginocchio il Rosario; anzi, aveva fatto iscrivere nella confraternita tutta la sua corte ed esortava gli ufficiali e i familiari ad esserne membri esemplari. La regina stessa vi si era iscritta e ambedue perseveravano nel servizio a Maria con edificante pietà.

ROSA TRENTADUESIMA

[100] San Domenico aveva un cugino di nome don Perez o Pedro, che conduceva una vita molto dissoluta. Costui un giorno, avendo sentito dire che il santo stava predicando sulle meraviglie del Rosario e che per tale mezzo molti si convertivano e cambiavano condotta, si disse: “Avevo perduto ogni speranza di salvarmi, ma ora riprendo fiducia; bisogna che anch'io vada ad ascoltare questo uomo di Dio”. E andò alla predica di san Domenico. Questi, non appena lo vide, pregò in cuor suo il Signore perché aprisse gli occhi al cugino, e si rendesse conto dello stato miserando della propria anima; raddoppiò di energia nel tuonare contro i vizi. Don Perez ne fu alquanto scosso ma non tanto da risolversi a cambiare vita. Tornò, tuttavia, alla predica seguente.
Allorché il Santo lo vide, convinto che quel cuore indurito si sarebbe ravveduto solo per un colpo straordinario della grazia, esclamò a voce alta: “Signore Gesù, fate vedere a quanti sono qui radunati in quale stato si trova colui che è entrato or ora nella tua casa!”. E tutta l'assemblea poté vedere don Perez circondato da un'orda di demoni in forma di bestie orribili che lo tenevano legato con catene di ferro: presi dallo spavento fuggirono chi qua chi là, con immensa confusione di don Perez, egli pure spaventato e vergognoso d'essere oggetto di orrore a tutti. San Domenico, però, fece fermare la gente e rivolto al cugino disse: “Riconosci, infelice, lo stato deplorevole della tua anima e gettati ai piedi della Madonna! Su, prendi questa corona del Rosario, recitalo con devozione, pentiti dei tuoi peccati e risolvi di cambiar vita!”. Don Perez obbedì e in ginocchio recitò il Rosario; subito dopo si sentì ispirato a confessarsi e lo fece con estrema contrizione. Il Santo gli ordinò allora di recitare ogni giorno il Rosario ed egli non solo promise, ma scrisse egli stesso il proprio nome nel registro della confraternita. Quando uscì dalla chiesa il suo volto che poco prima aveva fatto inorridire gli astanti, appariva splendente come il volto di un angelo. Si seppe in seguito che perseverando nella recita del Rosario, egli aveva condotto vita molto regolata ed era morto serenamente.

ROSA TRENTATREESIMA

[101] Mentre predicava il Rosario nelle vicinanze di Carcassona, a san Domenico, fu presentato un eretico albigese posseduto dal demonio. Il Santo, davanti a una folla che si ritiene composta di oltre dodicimila persone, lo esorcizzò, e i demoni che tenevano in dominio quel miserabile, furono costretti, loro malgrado, a rispondere alle domande dell'esorcista. E confessarono 1) che nel corpo di costui erano in quindicimila perché egli aveva osato combattere i quindici misteri del Rosario; 2) che san Domenico col suo Rosario terrorizzava tutto l'inferno e che essi stessi odiavano lui più di qualsiasi altra persona perché con questa devozione del Rosario strappava loro le anime; 3) rivelarono inoltre parecchi altri particolari.
San Domenico allora gettò la sua corona al collo dell'ossesso e chiese ai demoni chi mai fra tutti i Santi del cielo essi temessero di più e chi, a parere loro, meritasse più amore e onore da parte degli uomini. A tale domanda gli spiriti infernali levarono alte grida sì che la maggior parte dei presenti stramazzarono a terra per lo spavento. Poi quei maligni, per non rispondere direttamente alla domanda, cominciarono a piangere e a lamentarsi in modo così pietoso e commovente che parecchi fra gli astanti furono presi da una naturale pietà. Per bocca dell'ossesso e con voce piagnucolosa così dicevano: “Domenico, Domenico, abbi pietà di noi e promettiamo di non nuocerti mai. Tu che tanta compassione hai per i peccatori e per i miserabili, abbi pietà di noi meschini. Ahinoi!, soffriamo già tanto: perché ti compiaci di aumentare le nostre pene? Contentati di quelle che ci tormentano! Misericordia, misericordia misericordia!”.

[102] Impassibile davanti ai piagnistei di quegli spiriti, il Santo rispose che non avrebbe desistito dal tormentarli se prima non avessero essi stessi risposto alla sua domanda. Ed essi replicarono che avrebbero dato, la risposta, ma in segreto, all'orecchio e non di fronte a tutti. Domenico tenne duro e comandò che parlassero ad alta voce; ma ogni sua insistenza fu inutile e i demoni si chiusero nel silenzio. Allora il Santo si pose in ginocchio e pregò la Madonna: “Vergine potentissima, Maria, in virtù del tuo Rosario comanda, a questi nemici del genere umano di rispondere alla mia domanda”. Immediatamente dopo questa invocazione, una fiamma ardente uscì dalle orecchie, dalle narici e dalla bocca dell'ossesso; i presenti tremarono dalla paura ma nessuno ne subì danno. E si udirono le grida di quegli spiriti: “Domenico, noi ti preghiamo per la passione di Cristo e per i meriti della sua santa Madre e dei Santi: permettici di uscire da questo corpo senza dir nulla. Gli Angeli, quando tu vorrai, te lo riveleranno. Del resto, perché vuoi tu credere a noi? non siamo forse dei bugiardi? Non tormentarci oltre, abbi pietà di noi ”.
“Disgraziati, siete indegni di pietà!” riprese san Domenico, e sempre in ginocchio pregò di nuovo la Vergine Santa: “O degnissima Madre della Sapienza, ti supplico per il popolo qui presente che ha già appreso a recitare come si deve il Saluto angelico, obbliga questi tuoi nemici a proclamare in pubblico la verità piena e chiara sul Rosario”.
Finita la preghiera vide accanto a sé la Vergine Maria, circondata da una moltitudine di angeli, che con una verga d'oro colpiva l'ossesso e gli diceva: “Rispondi al mio servo Domenico conforme alla sua richiesta”. Da notare che nessuno udiva né vedeva la Madonna all'infuori di san Domenico.

[103] A tale comando i demoni presero a urlare:
“O inimica nostra, o nostra damnatrix, o nostra inimica, o nostra damnatrix, o confusio nostra, quare de coelo descendisti ut nos hic ita torqueres? Per te quae infernum evacuas et pro peccatoribus tanquam potens advocata exoras; o Via coeli certissima et securissima, cogimur sine mora et intermissione ulla, nobis quamvis invitis, et contra nitentibus, totam rei prolerre veritatem. Nunc declarandum nobis est simulque publicandum ipsum medium et modus quo ipsimet conjundamur, unde vae et maledíctio in aeternum nostris tenebrarum principibus.
Audite igitur vos, christiani. Haec Christi Mater potentissima est in praeservandis suis servis quonimus praecipites ruant in baratrum nostrum inferni. Illa est quae dissipat et enervat, ut sol, tenebras omnium machinarum et astutiarum nostrarum, detegit omnes fallacias nostras et ad nihilum redigit omnes nostras tentationes. Coactique fatemur neminem nobiscum damnari qui ejus sancto cultui et pio obsequio devotus perseverat. Unicum ipsius suspirium, ab ipsa et per ipsam sanctissimae
Trinitati oblatum, superat et excedit omnium sanctoruin preces, atque pium et sanctum eorum votum et desiderium, Magisque eum formidamus quam omnes paradisi sancios; nec contra fideles ejus famulos quidquam praevalere possumus.
Notum sit etiam vobis plurimos christianos in hora mortis ipsam invocantes contra nostra jura salvari, et nisi Marietta illa obstitisset nostrosque conatus repressisset, a longo iam tempore totam Ecclesiam exterminassemus, nam saepissime universos Ecclesiae status et ordines a fide deficere fecissemus. Imo planius et plenius vi et necessitate compulsi, adhuc vobis dicimus, nullum in exercitio Rosarii sive psalterii eius perseverantem aeternos inferni subire cruciatus. Ipsa enim devotis servis suis veram impetrat contritionem qua fit ut peccata sua confiteantur, et eorum indulgentiam a Deo consequantur”.

[104] “O nostra nemica, nostra rovina e nostra confusione! perché sei tu scesa dal cielo apposta per farci tanto soffrire? O avvocata dei peccatori che ritrai dall'inferno, o via sicurissima del Paradiso, siamo noi proprio obbligati, a nostro dispetto, a dire tutta la verità? Dobbiamo proprio confessare davanti a tutti ciò che ci coprirà di vergogna e sarà causa della nostra rovina? Guai a noi! e maledizione eterna ai nostri principi delle tenebre! Ebbene, udite voi cristiani: questa Madre di Cristo è onnipotente e può impedire che i suoi servi cadano nell'inferno. E' lei che, come un sole, dissipa le tenebre dei nostri intrighi e astuzie; è lei che sventa le nostre mene, disfa i nostri tranelli e rende vani e inefficaci tutte le nostre tentazioni.
Siamo costretti a confessarvi che nessuno di quanti perseverano nel suo servizio è dannato con noi. Uno solo dei sospiri ch'ella offra alla SS. Trinità vale più di tutte le preghiere, i voti, i desideri dei Santi.
Noi la temiamo più di tutti i beati insieme e nulla possiamo contro i suoi fedeli servitori. Anzi, avviene che molti cristiani i quali secondo le leggi ordinarie andrebbero dannati, invocandola in punto di morte riescono a salvarsi per l'intercessione di lei. Ah, se questa Marietta - così la chiamavano per rabbia - non si fosse opposta ai nostri progetti e ai nostri sforzi, già da molto tempo noi avremmo rovesciato e distrutto la Chiesa e fatto cadere nell'errore e nell'infedeltà tutte le sue gerarchie! Proclamiamo, inoltre, costretti dalla violenza che ci viene usata, che nessuno di quanti perseverano nella recita del Rosario, va dannato perché ella ottiene ai suo fedeli servi una sincera contrizione dei loro peccati e ricevono perdono e indulgenza”.
Ottenuta questa confessione san Domenico fece recitare il Rosario dagli astanti, adagio e con devozione. Ed ecco la cosa sorprendente: ad ogni Ave Maria recitata dal Santo e dal popolo usciva dal corpo di quell'ossesso una moltitudine di demoni in forma di carboni ardenti. Quando l'infelice ne fu completamente libero, la Vergine Santa, sempre non vista, benedisse il popolo e tutti avvertirono una sensibile e vivissima gioia. Questo miracolo fu causa di conversione per molti eretici che entrarono perfino nella confraternita del Rosario.

ROSA TRENTAQUATTRESIMA

[105] Come si potrà degnamente narrare le vittorie riportate da Simone, conte di Montfort, sugli Albigesi, con l'aiuto e la protezione della Madonna del Rosario? Furono talmente famose che il mondo non ne conobbe mai di simili.
Una volta con 500 uomini egli sfidò diecimila eretici e vinse; un'altra volta con trenta ne abbatté tremila; un'altra volta ancora con ottocento cavalieri e mille fanti sbaragliò l'armata del re d'Aragona, forte di centomila uomini, perdendo egli solo un cavaliere e otto soldati.

[106] E da quali pericoli la Vergine non liberò Alano de l'Anvallay, cavaliere bretone intrepido combattente per la fede contro gli Albigesi! Un giorno, mentre i nemici l'avevano circondato da ogni parte, la Madonna scagliò contro essi centocinquanta pietre e lo liberò dalle loro mani. In altra circostanza, mentre il suo vascello che faceva acqua stava per affondare, la divina Madre fece emergere dalle acque centocinquanta scogli, valicando i quali egli poté salvarsi e rientrare in Bretagna. A perpetuo ricordo di questi miracoli ottenuti dalla Vergine grazie al Rosario che recitava ogni giorno egli fece edificare un convento in Dinan per i religiosi del nuovo Ordine di san Domenico; in seguito si fece religioso e morì santamente ad Orléans.

[107] Otero, anch'egli soldato bretone di Vaucouleurs, mise più volte in fuga intere compagnie di eretici e di ladri semplicemente col tenere appesa al braccio o all'elsa della spada il rosario. I suoi stessi nemici, dopo le sconfitte subite, gli confessavano d'aver visto la sua spada splendere di viva luce; anzi una volta videro lo stesso Otero ben protetto da uno scudo sul quale risaltavano le immagini di Gesù, della Madonna e di Santi e che lo rendeva invisibile e gli dava forza nel combattimento. Un giorno, con dieci compagnie fece fronte a ventimila eretici senza che alcuno dei suoi soldati andasse perso. E tale fatto impressionò assai il comandante dell'armata eretica tanto che si recò a far visita a Otero, abiurò l'eresia e dichiarò che nella mischia l'aveva visto coperto d'armatura di fuoco.

ROSA TRENTACINQUESIMA

[108] Il beato Alano riferisce che un cardinale di nome Pietro, del titolo di santa Maria in Trastevere, iniziato alla pratica del Rosario da san Domenico, suo intimo amico, coltivò questa devozione e ne divenne acceso apostolo. Inviato come delegato in Terra Santa presso i crociati allora in guerra contro i Saraceni, egli parlò loro dell'efficacia, del Rosario e tutti ne furono convinti. Lo recitarono per implorare l'aiuto del cielo in un imminente combattimento; trionfarono sui nemici pur essendo tremila contro centomila.
Abbiamo già visto come i demoni temono in modo incredibile il Rosario. San Bernardo afferma che il saluto angelico dà loro la caccia e per esso tutto l'inferno freme. Il beato Alano assicura d'aver incontrato parecchie persone che, essendosi date al demonio corpo e anima, rinunciando al battesimo e a Gesù Cristo, furono poi liberate dalla infernale tirannia dopo aver accettato la pratica del santo Rosario.

ROSA TRENTASEIESIMA

[109] Nel 1578 una donna di Anversa si era venduta al demonio con regolare contratto firmato col proprio sangue. Qualche tempo dopo ne sentì acuto rimorso e, desiderando riparare al male commesso, cercò un confessore prudente e caritatevole per sapere in qual modo avrebbe potuto affrancarsi dalla schiavitù di satana; trovò un sacerdote saggio e pio che le consigliò di recarsi da un certo padre Enrico, del Convento di san Domenico, direttore della confraternita del Rosario.
Ella vi andò ma, purtroppo, invece del padre Enrico trovò il demonio travestito da frate, il quale naturalmente la rimbrottò acerbamente e le significò che per lei non c'era più alcuna speranza di ottenere grazia da Dio né possibilità di revocare l'atto di vendita firmato. Desolata ma sempre fiduciosa nella misericordia divina, la povera donna ritornò dal padre ma vi trovò nuovamente il diavolo che la respinse come la prima volta. Persistendo nei buoni propositi, ella si presentò al Convento una terza volta e finalmente, per volere di Dio, poté incontrarsi col vero padre Enrico che l'accolse con carità, la esortò a confidare nella bontà del Signore e la invitò a fare una buone confessione. Le ordinò poi di recitare con molta frequenza il santo Rosario e la iscrisse nella confraternita. Ella fece quanto le era stato prescritto, ed ecco che una mattina, mentre il padre Enrico celebrava la Messa per lei, la Vergine obbligò il demonio a restituire alla donna la famigerata carta e d'un tratto essa si trovò libera dal maligno per l'autorità di Maria e grazie alla pratica del Rosario.

ROSA TRENTASETTESIMA

[110] Un nobiluomo, padre di numerosa famiglia, aveva collocato una sua figlia in un monastero totalmente rilassato: le religiose aspiravano solo a vanità e a piaceri. Il confessore della Casa religiosa, uomo di Dio e fervente devoto del Rosario, desiderando guidare sulla via della perfezione almeno questa giovane religiosa, le consigliò di recitare ogni giorno il Rosario in onore della Madonna, meditando la vita, la passione e la gloria di Cristo Gesù. La religiosa gradì assai il consiglio e l'accettò; a poco a poco si nauseò della vita disordinata delle consorelle, prese ad amare il silenzio e la preghiera, senza curarsi delle canzonature e del disprezzo di chi la circondava, né si curava d'essere tacciata di bigotta.
In quel tempo un venerabile abate si recò in visita al monastero e mentre pregava ebbe una singolare visione: gli parve di vedere una religiosa in preghiera nella propria cella davanti ad una Signora di sorprendente bellezza, accompagnata da uno stuolo di angeli i quali con frecce infuocate tenevano a bada una moltitudine di demoni che tentavano di entrare nella cella. Gli parve, inoltre, di vedere questi maligni spiriti sotto forma di immondi animali rifugiarsi nelle celle delle altre religiose ed eccitarle al peccato, al quale parecchie infelici acconsentivano.
Per tale visione l'abate comprese la deplorevole condizione del monastero e credette morirne di tristezza. Fece venire a sé la giovane religiosa e l'incoraggiò a perseverare; riflettendo, poi, sull'eccellenza del Rosario decise di riformare il monastero con questa devozione. Acquistò un buon numero di corone, le distribuì a tutte le religiose consigliandole a recitare il Rosario ogni giorno promettendo loro, se avessero accettato il consiglio, di non costringerle a riformarsi. Gradirono le corone del Rosario e promisero, a quella condizione, di recitarlo. Ebbene!, cosa ammirabile: a poco a poco tutte le religiose rinunciarono alle vanità, rientrarono nel silenzio e nel raccoglimento e dopo nemmeno un anno esse stesse chiesero la riforma. Il Rosario aveva operato sui loro cuori più di quanto avrebbe potuto ottenere l'abate con le esortazioni e l'autorità.

ROSA TRENTOTTESIMA

[111] Una contessa di Spagna, istruita da san Domenico sulla pratica del Rosario, lo diceva ogni giorno e faceva progressi mirabili nella virtù. Nulla più desiderava se non vivere per la perfezione; chiese, perciò, ad un alto prelato, celebre predicatore, in qual modo avrebbe potuto raggiungerla. Costui le disse che era necessario prima fargli conoscere lo stato della sua anima e quali fossero i suoi esercizi di pietà. Ella rispose che il principale tra questi era il Rosario che soleva recitare tutti i giorni meditandone i misteri con grande profitto spirituale. Il vescovo, lietissimo d'udire quanto fossero preziosi gli insegnamenti racchiusi nei misteri, le rispose: “Da vent'anni sono dottore in teologia, ho avuto modo di conoscere tante e tante pratiche di devozione, ma non ne vedo una che sia più fruttuosa e più conforme al cristianesimo di questa. Voglio imitarvi, non solo, ma predicherò il Rosario”.
Lo fece difatti con tanto successo da notare in poco tempo un grande cambiamento di costumi nella sua diocesi: conversioni, restituzioni, riconciliazioni, cessazioni delle dissolutezze, del gioco, del lusso e rifiorimento nelle famiglie della pace, del rispetto, della carità. Un cambiamento che parve tanto più mirabile quanto più quel presule aveva lavorato in precedenza per riformare la sua diocesi e sempre con scarsissimo risultato. Per invogliare maggiormente i suoi fedeli alla devozione del Rosario egli portava al fianco una corona di buona fattura che mostrava agli uditori dicendo: “Sappiate, fratelli, che il Rosario della Vergine è di tale eccellenza che io, vostro vescovo, dottore in teologia, dottore in diritto civile e canonico, mi glorio di portarlo sempre su di me come il distintivo più onorifico del mio episcopato e dottorato”.

ROSA TRENTANOVESIMA

[112] Il rettore di una parrocchia in Danimarca raccontava spesso, alla maggior gloria di Dio e per la gioia della sua anima, d'aver sperimentato nella propria parrocchia gli stessi frutti della devozione del Rosario ottenuti da quel vescovo nella sua diocesi.
“Avevo - diceva - predicato su tutti i temi più urgenti e più utili, ma senza alcun profitto. Non vedevo nessun miglioramento nella mia parrocchia e allora mi risolsi di predicare il Rosario: ne spiegavo l'eccellenza e la pratica. Eb-bene: posso dichiarare che dopo aver fatto gustare questa devozione ai miei parrocchiani, in sei mesi ho visto un visibilissimo cambiamento. Veramente, questa preghiera è efficace e di unzione divina per toccare i cuori e per ispirare l'orrore al peccato e l'amore alla virtù”.
Disse un giorno la Madonna al beato Alano: “Come Dio scelse il saluto angelico per operare l'Incarnazione del suo Verbo e la Redenzione degli uomini, così coloro che desiderano riformare i costumi e rigenerare i popoli in Cristo Gesù mi devono onorare ed ossequiare con lo stesso saluto. Sono io la via scelta da Dio per venire agli uomini; perciò, dopo che a Gesù, a me devono essi ricorrere per avere la grazia e le virtù”.

[113] Quanto a me che scrivo, ho constatato personalmente l'efficacia di questa preghiera per convertire i cuori più induriti. Ho trovato persone che, per nulla scosse dalla predicazione delle più tremende verità, durante una missione, avevano accolto il mio consiglio di recitare il Rosario tutti i giorni e si convertirono dandosi interamente a Dio. Ed ho anche costatato una enorme diversità di costumi fra le popo-lazioni delle parrocchie dove avevo predicato la missione: le une, avendo abbandonato la pratica del Rosario, erano ricadute nel peccato; le altre, per averla conservata, si sono mantenute in grazia di Dio e crescono ogni giorno nella virtù.

ROSA QUARANTESIMA

[114] Il beato Alano de la Rupe, i Padri Giovanni Dumont e Thomas, le Cronache di san Domenico e altri autori che spesso furono testimoni oculari, riportano gran numero di conversioni eccezionali ottenute per mezzo di questa mirabile devozione del Rosario: conversioni di peccatori e peccatrici ritornati sulla via del bene dopo venti, trenta e anche quarant'anni di vita disordinata, nulla mai d'altro essendo valso a farli ravvedere. Non le riferisco per non dilungarmi troppo così come non posso rivelare quelle che io ho visto con i miei occhi; taccio per motivi facilmente intuibili.
Caro lettore, per tua esperienza personale, se tu pratichi e predichi questa devozione ne saprai più che dalla lettura di qualsiasi libro che tratta dell'argomento, e costaterai felicemente tu stesso l'effetto delle promesse che la Madonna fece a san Domenico, al beato Alano e a quanti si adoperarono per far fiorire questa devozione a Lei tanto gradita poiché istruisce i cristiani sulle virtù di suo Figlio e sulle sue, dispone all'orazione mentale, all'imitazione di Cristo, alla frequenza dei sacramenti, alla soda pratica delle virtù e delle opere buone, ed inoltre fa acquistare tante preziose indulgenze che la gente ignora solo perché i predicatori non ne parlano quasi mai, limitandosi tutt'al più ad un discorsetto alla moda sul Rosario. Discorsi che suscitano alle volte ammirazione, ma non istruiscono affatto.

[115] Per farla breve mi accontento di dirti, col beato Alano, che il Rosario è una sorgente e uno scrigno d'ogni sorta di beni. Grazie al Rosario:
1) i peccatori ottengono il perdono; 2) gli assetati di perfezione crescono in grazia; 3) i prigionieri vedono infrante le loro catene; 4) coloro che piangono trovano sollievo; 5) coloro che sono tentati trovano pace; 6) i bisognosi ricevono aiuto; 7) i religiosi si riformano; 8) gli ignoranti si istruiscono; 9) i vivi trionfano sulle vanità; 10) ai defunti giunge sotto forma di suffragio l'attesa misericordia.
“Voglio - disse un giorno la Vergine al beato Alano - che i devoti del mio Rosario ottengano grazia e siano benedetti da mio Figlio in vita, in morte e dopo la morte. Voglio che, liberati da ogni sorta di schiavitù, siano dei veri re, con la corona in capo e lo scettro in mano, nella gloria eterna. Amen”.

Augustinus
09-05-04, 10:58
MODO DI RECITARE IL ROSARIO

ROSA QUARANTUNESIMA

[116] Non proprio la lunghezza ma il fervore della preghiera: ecco ciò che piace a Dio e ne attira la benevolenza. Una sola Ave Maria detta bene è più meritoria di centocinquanta dette male. Quasi tutti i cattolici recitano il Rosario o una parte o almeno qualche decina di Ave; perché allora sono tanto pochi quelli che si correggono dei loro difetti e avanzano nella virtù, se non perché non recitano queste preghiere come si deve?

[117] Vediamo dunque, in qual modo occorra recitarle per piacere a Dio e farci più santi.
Anzitutto chi recita il Rosario deve essere in grazia di Dio o almeno risoluto ad uscire dallo stato di colpa poiché la teologia insegna che le buone opere e le preghiere fatte in peccato mortale, sono opere morte, non gradite a Dio e senza alcun merito per la vita eterna. Così deve intendersi quel che sta scritto: “La sua lode non s'addice alla bocca del peccatore” (Sir 15,9. 67 Mc 7,6). La lode e il saluto angelico e la stessa orazione domenicale non possono piacere a Dio quando sono pronunciate da un peccatore impenitente: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me”. Le persone che si iscrivono nelle mie confraternite - dice Gesù - e recitano ogni giorno il Rosario intero o una parte senza nessuna contrizione dei propri peccati “mi onorano, sì, con le labbra, ma il loro cuore è molto lontano da me”.

2) Ho detto “... o almeno risoluto ad uscire dallo stato di colpa”:
I: perché se fosse assolutamente necessario essere in grazia di Dio per fare delle preghiere che Gli siano gradite, ne seguirebbe che quanti sono in peccato mortale non dovrebbero mai pregare, mentre proprio loro hanno più bisogno di pregare che non i giusti. Questo è un errore condannato dalla Chiesa e se ne comprende il motivo: se così fosse non si dovrebbe mai consigliare ad un peccatore di recitare il Rosario poiché gli sarebbe inutile! II: Se con la volontà di restare in peccato e senza alcuna intenzione di uscirne, ci si iscrivesse in una confraternita della Madonna o si recitasse il Rosario o altra preghiera, saremmo del numero dei falsi devoti di Maria, di quei devoti presuntuosi ed impenitenti, che sotto il manto di Lei, con lo scapolare sul petto o la corona in mano vanno gridando: “Vergine santa, o Vergine buona, io ti saluto, o Maria” e intanto crocifiggono e feriscono crudelmente Gesù con i loro peccati, e precipitano così dalla sede delle più sante confraternite di Maria nelle fiamme dell'inferno.

[118] Consigliamo il Rosario a tutti: ai giusti perché perseverino e crescano in grazia di Dio; ai peccatori perché lascino le vie del peccato. Ma non sia mai che noi esortiamo un peccatore a farsi del manto di protezione di Maria, un manto di dannazione, nascondendo sotto di esso le proprie colpe, e a convertire il Rosario, che è rimedio ad ogni male, in un veleno funesto e mortale. Non c'è peggiore corruzione di quella in cui cade chi prima era eccellente.
Il dotto cardinal Hugues dice: “bisogna essere angeli di purezza per accostarsi alla Vergine santa e rivolgerle il saluto angelico”. La Madonna stessa un giorno fece vedere ad un impudico che recitava quotidianamente il Rosario, bellissimi frutti su un lurido vassoio. Egli ne ebbe ribrezzo e la Vergine gli disse: “Ecco come mi servi; tu mi presenti, sì, delle belle rose ma in un vassoio sporco e contaminato: giudica tu stesso se io lo posso gradire!”.

ROSA QUARANTADUESIMA

Recita attenta

[119] Per pregare bene non basta esporre le nostre domande con la più bella fra le preghiere quale è il Rosario; occorre anche una grande attenzione perché Dio ascolta la voce del cuore più che la voce orale. Pregare Dio con distrazioni volontarie è una grande irriverenza che rende infruttuosi i nostri Rosari e ci riempie di peccati. Possiamo noi pretendere che Dio ci ascolti se noi stessi non ci ascoltiamo? se mentre preghiamo la Maestà tremenda di Dio, che guarda la terra e la fa trepidare, ci divertiamo volontariamente a rincorrere una farfalla? Ciò significherebbe voler allontanare da noi la benedizione di quel gran Signore e rischiare di riceverne piuttosto le maledizioni che Egli lancia contro chi adempie con negligenza l'opera di Dio: “Maledetto chi compie fiaccamente l'opera del Signore” (Ger 48,10).

[120] Certo, non ti è possibile recitare il Rosario senza qualche distrazione involontaria; anzi è difficile assai dire anche solo un Ave Maria senza che la fantasia, sempre irrequieta, non ti tolga un pizzico della tua attenzione; ma puoi recitarla senza distrazioni volontarie e devi, quindi, prendere ogni precauzione per tenere ferma l'attenzione e diminuire le distrazioni involontarie. A tal fine mettiti alla presenza di Dio: pensa che Dio e la sua santa Madre ti guardano, che l'Angelo custode posto alla tua destra coglie le tue Ave Maria se dette bene, come altrettante rose per farne una corona a Gesù e a Maria; pensa che, invece, alla sinistra il demonio ti gira attorno per divorare le tue Ave Maria e segnarle sul libro della morte se dette senza attenzione, devozione e modestia. Soprattutto, poi, non dimenticare di offrire le varie decine in onore dei misteri e di rappresentarti nella contemplazione Nostro Signore e la sua santa Madre nel mistero che vuoi onorare.

[121] Si legge nella vita del beato Ermanno dei Premostratensi che quando egli recitava il Rosario con devota attenzione, meditandone i misteri, la Madonna gli appariva splendente di luce e di maestosa quanto incantevole bellezza. In seguito la sua devozione s'era intepidita, il Rosario era detto frettolosamente e senza attenzione; allora la Vergine gli si presentò col volto rugoso, triste, corrucciato. Ermanno si meravigliò per tale mutamento, ma la Madre di Dio gli disse: “Mi faccio vedere così come sono attualmente nella tua anima, perché da tempo tu mi tratti da persona vile e spregevole. Dov'è il tempo in cui mi salutavi con rispettoso riguardo nella considerazione dei misteri e delle mie grandezze?”.

ROSA QUARANTATREESIMA

Combattere con energia le distrazioni

[122] Nessuna preghiera è più meritoria per l'anima e più gloriosa per Gesù e Maria quanto il Rosario ben recitato; ma è pure difficile il recitarlo come si deve e costa molta fatica il perseverarvi a causa delle distrazioni particolari che sorgono quasi naturalmente dalla continua ripetizione della medesima preghiera. Quando si recita l'Ufficio della Madonna o i sette Salmi o altre preghiere la varietà dei termini e la diversità delle parole frenano l'immaginazione e ricreano la mente: aiutano, perciò, l'anima a ben recitarle. Ma nel Rosario, composto essenzialmente dalla monotona ripetizione di Pater e Ave Maria e di un metodo sempre uguale, è assai difficile non annoiarsi o addirittura addormentarsi; motivo, questo, che induce nella tentazione di abbandonarlo per scegliere preci più dilettevoli e meno noiose. Occorre, pertanto, per recitare il Rosario con perseveranza, una devozione incomparabilmente più profonda di quella richiesta da qualsiasi altra preghiera, fosse pure il Salterio davidico.

[123] Ad aumentare le difficoltà contribuiscono sia la nostra fantasia tanto volubile da non stare un attimo, quasi, tranquilla, sia la malizia del demonio instancabile nel distrarci e impedirci di pregare. Che cosa non fa il maligno contro di noi vedendoci intenti a recitare il Rosario proprio per sventare le sue insidie? Accresce il nostro naturale languore e la nostra negligenza prima ancora che iniziamo la preghiera; aumenta la nostra noia e le distrazioni, la nostra stanchezza nel corso della preghiera: insomma, ci assale da ogni parte per potere. poi, quando con molti sforzi e distrazioni l'abbiamo recitato, burlarsi di noi e dirci: “Tu non hai detto nulla che valga: il tuo Rosario non ha alcun valore; avresti fatto meglio lavorare, attendere ai tuoi affari; non ti accorgi che perdi il tuo tempo a biascicare tante preghiere vocali senza attenzione, mentre una mezz'ora di meditazione o una buona lettura ti sarebbe di maggior vantaggio? Domani, quando sarai meno assonnato, pregherai con più attenzione: rimanda a domani il resto del tuo Rosario!”.
In tal modo il demonio riesce con le sue astuzie a fartelo spesso tralasciare in tutto o in parte, o almeno a farti differirne la recita.

[124] Non dargli ascolto, caro confratello del Rosario, e non perderti d'animo quand'anche, durante il Rosario, la tua fantasia fosse stata piena di distrazioni e di pensieri stravaganti che tu hai cercato di scacciare come ti era possibile non appena te ne accorgevi; il tuo Rosario è tanto migliore quanto più è meritorio, è tanto più meritorio quanto più è difficile, e tanto più difficile quanto meno naturalmente piacevole all'anima e più disturbato da noiosi moscerini e formiche, che vagando qua e là, tuo malgrado, nell'immaginazione, non lasciano il tempo allo spirito di gustare ciò che dici e di ristorarsi nella pace.

[125] Anche se tu dovessi combattere durante l'intero Rosario contro le distrazioni, combatti pure coraggiosamente con le armi in pugno cioè continua a recitarlo, quantunque senza alcun gusto e consolazione sensibile. Sarà una lotta terribile ma tanto salutare all'anima fedele. Diversamente, se deponi le armi, cioè se tralasci il Rosario, sarai un vinto, e allora il demonio, che ha trionfato sulla tua volontà, ti lascerà in pace ma nel giorno del giudizio non mancherà di rinfacciarti la tua pusillanimità e infedeltà: “Chi è fedele nel poco, è anche fedele nel molto”(Lc 16,10): chi è fedele nel respingere le piccole distrazioni durante una brevissima preghiera, sarà fedele anche nell'allontanare le più grandi. Nulla di più certo: sono parole dello Spirito Santo!
Coraggio, dunque, servi buoni e fedeli serve di Gesù e della sua Santa Madre, che avete preso la decisione di dire ogni giorno il Rosario! Le molte mosche - chiamo così le distrazioni che vi molestano quando pregate - non riescano mai a farvi lasciare vilmente la compagnia di Gesù e di Maria, in cui siete mentre dite il Rosario. Più oltre vi suggerirò alcuni mezzi per diminuire le distrazioni.

ROSA QUARANTAQUATTRESIMA

Come recitare il Rosario

[126] Dopo aver invocato lo Spirito Santo, se vuoi recitare bene il Rosario, raccogliti un istante alla presenza di Dio ed offri le varie decine così come ti insegnerò più avanti.
Prima, però, di iniziare la decina fermati qualche attimo, più o meno a seconda del tempo disponibile, a configurare il mistero che stai per considerare e chiedi sempre, per tale mistero e per l'intercessione della Vergine Santa, una delle virtù che più risaltano nel mistero e della quale hai maggior bisogno.
Vigila soprattutto su due difetti, comuni a quasi tutti coloro che recitano il Rosario: il primo è di non formulare nessuna intenzione prima di iniziarlo; se tu Chiedi loro perché lo recitano, non sanno che rispondere. Perciò abbi sempre di mira qualche grazia da chiedere, una virtù da imitare o una colpa da evitare.
Il secondo difetto, ancor più frequente, è di pensare, all'inizio della preghiera, solo a terminarla al più presto. Ciò avviene perché si considera il Rosario come una pratica onerosa che grava enormemente finché non si è recitato, soprattutto se ce ne siamo fatti un obbligo di coscienza o ci è stato imposto come penitenza, nostro malgrado.

[127] Fa pietà vedere come dai più si recita il Rosario. Lo dicono con una precipitazione incredibile, perfino ne mangiano le parole!,.. E dire che non si vorrebbe fare un complimento in modo tanto ridicolo all'ultimo degli uomini! e intanto si pensa che Gesù e Maria ne sono onorati!... Ed allora, perché meravigliarsi se le preghiere più sante della religione cristiana restano quasi senza frutto e se, dopo aver recitato mille o diecimila Rosari non si è più santi di prima?
Frena, ti prego, caro confratello, la tua abituale precipitazione nel dire il Rosario; fai qualche pausa a metà del Pater e dell'Ave e fanne una più breve dopo le parole che qui sotto contrassegno con una crocetta:
Padre nostro che sei nei cieli + sia santificato il tuo nome + venga il tuo regno + sia fatta la tua volontà + come in cielo così in terra +. Dacci oggi + il nostro pane quotidiano + rimetti a noi i nostri debiti + come noi li rimettiamo ai nostri debitori + e non ci indurre in tentazione + ma liberaci dal male. Amen +.
Ave Maria, piena di grazia + il Signore è con te + tu sei benedetta fra tutte le donne + e benedetto è il frutto del tuo seno, Gesù + Santa Maria, Madre di Dio + prega per noi peccatori adesso + e nell'ora della nostra morte. Amen +.
A causa della cattiva abitudine di pregare in fretta, da principio forse proverai difficoltà a seguire queste pause, ma una decina recitata così, con calma, ti sarà più fruttuosa di mille Rosari detti in fretta senza riflessione e senza pause.

[128] Il beato Alano de la Rupe ed altri autori, fra i quali il Bellarmino, riferiscono la storia di quel buon sacerdote che aveva consigliato a tre sorelle, sue penitenti, di recitare devotamente il Rosario tutti i giorni per un anno intero, al fine di confezionare un bel vestito di gloria alla Vergine Maria: si tratta - egli diceva - di un segreto ricevuto dal cielo. Docili, le tre sorelle eseguirono puntualmente per un anno il consiglio. Ed ecco che la sera del giorno della Purificazione, quando esse erano già a letto, la Madonna, accompagnata dalle sante Caterina e Agnese, entrò nella loro camera. Era rivestita di un abito splendente di luce; in lettere d'oro vi erano scritte le parole del saluto: Ave, Maria, piena di grazia. La celeste Regina si avvicinò al letto della sorella maggiore e le disse: “Ti saluto, figlia mia!; tu mi hai salutato tanto spesso e così bene: ora vengo per ringraziarti del magnifico abito che mi hai confezionato”. Anche le due Sante accompagnatrici ringraziarono la giovane, poi tutte e tre scomparvero.
Un'ora dopo, la Vergine santissima ritornò, sempre accompagnata dalle due Sante; vestiva, questa volta, un abito verde, senza ricami in oro e senza alcuno splendore. Si avvicinò al letto della seconda sorella e la ringraziò per l'abito che le aveva fatto con la recita del Rosario. Nella prima apparizione costei aveva notato che l'abito della Madonna era molto più ricco, e chiese il motivo della differenza. “Perché - rispose Maria - la tua sorella maggiore mi ha fatto un abito assai più bello, recitando meglio di te il Rosario”. E scomparve.
Circa un'ora dopo, la Madonna riapparve, vestita di cenci laceri e sporchi; s'accostò alla sorella minore e le disse: “Figlia mia, così tu mi hai vestita; ti ringrazio!”. Piena di confusione, la giovinetta esclamò: “Possibile, Signora mia? io vi ho vestita così male? Perdonatemi e concedetemi un altro po' di tempo perché possa farvi un abito più bello recitando meglio il Rosario!”.
Cessata la visione, la povera giovane afflittissima andò dal confessore per raccontargli quanto le era accaduto. L'esimio sacerdote esortò lei e le altre sorelle a recitare il Rosario per un altro anno, con più impegno e devozione; così fecero. Trascorso l'anno, sempre nel medesimo giorno della Purificazione, sull'imbrunire, la Madonna riapparve alle tre sorelle. Era accompagnata come la prima volta, dalle sante Caterina e Agnese e vestiva un abito veramente magnifico. Disse loro: “Siate certe, figlie mie: verrete in Paradiso; domani stesso vi entrerete e grande sarà la vostra gioia”. Unanimi le sorelle risposero: “Il nostro cuore è pronto, nostra amata Signora; altro non desideriamo”.
Quella stessa sera le sorelle, colte da malore, mandarono a chiamare il loro confessore, ricevettero da lui gli ultimi sacramenti e lo ringraziarono di aver insegnato loro quella santa pratica. La dolce attesa si protrasse fino all'ora della Compieta quando la Madonna ricomparve, preceduta da un folto stuolo di vergini che rivestirono di candide tuniche le sorelle. Così agghindate le tre fortunate si avviarono verso la celeste patria, mentre un coro d'Angeli cantava: “Venite, spose di Cristo, ricevete la corona che vi siete preparata voi stesse per l'eternità”.
Da questa leggenda cogli parecchi insegnamenti: 1) quanto è importante avere buoni direttori che consigliano sante pratiche di pietà e specialmente il Rosario; 2) quanto è utile recitare il Rosario con attenzione e devozione; 3) quanto è benigna e misericordiosa la Madonna con chi si pente e propone di far meglio nell'avvenire; 4) quanto Ella è generosa nel ricompensare in vita, in morte e nell'eternità, i piccoli servizi che a, lei rendiamo fedelmente.

ROSA QUARANTACINQUESIMA

Recitare il Rosario con modestia

[129] Aggiungo che bisogna recitare il Rosario con modestia, cioè, per quanto è possibile, in ginocchio, con le mani giunte e la corona fra le dita. Tuttavia chi fosse malato lo dica stando a letto, chi è in viaggio lo reciti camminando, chi per infermità non può mettersi in ginocchio, lo dica seduto o in piedi. E' bene recitarlo anche attendendo alle proprie occupazioni quando non sia possibile interromperle perché così esigono gli obblighi del proprio impiego; il lavoro manuale non impedisce la preghiera vocale. E' vero che l'anima nostra, essendo limitata nell'esercizio delle proprie facoltà, quando è tutta presa dal lavoro manuale è meno attenta alle operazioni dello spirito, qual è per esempio la preghiera; in caso di necessità, tuttavia, questa preghiera ha il suo valore agli occhi della Madonna che ricompensa più la buona volontà che l'azione esteriore.

[130] Ti consiglio di dividere la recita dell'intero Rosario in tre parti o in tre tempi della giornata; è meglio che recitarlo tutto di seguito con le sue quindici poste. Se non trovi tempo sufficiente per dirne una terza parte tutta insieme, recita ora una posta e ora un'altra; ti riuscirà in tal modo a recitare l'intero Rosario prima di andare al riposo, nonostante le tue occupazioni.
Imita in questo la fedeltà di san Francesco di Sales. Una volta, essendo egli molto stanco per le visite della giornata, verso mezzanotte si ricordò che gli rimanevano ancora alcune decine di Rosario da recitare: si inginocchiò e le disse prima di mettersi a letto, sebbene il suo confessore che lo vedeva affaticato, cercasse di convincerlo a rimandare la recita all'indomani. Imita anche la fedeltà, la modestia e la devozione di quel santo religioso citato dalle cronache di san Francesco, il quale prima di pranzo soleva recitare un Rosario in tali disposizioni. Ne ho parlato più sopra.

ROSA QUARANTASEIESIMA

Il Rosario in comune e a due cori

[131] Fra tanti metodi di recitare il Rosario il più glorioso per Dio, il più salutare per l'anima ed il più temuto dal demonio è quello di salmodiarlo, ossia di recitarlo in pubblico a due cori.
Dio ama le assemblee. In cielo, riuniti insieme, gli angeli e i beati cantano incessantemente le sue lodi; in terra, insieme uniti nelle loro comunità, i giusti pregano notte e giorno in comune. Nostro Signore consigliò espressamente agli Apostoli ed ai discepoli la preghiera comunitaria quando promise che tutte le volte due o tre persone si trovassero riunite nel suo Nome per fare la stessa preghiera Egli sarebbe stato in mezzo a loro. Quale gioia avere Gesù in nostra compagnia! Per conseguirla basta unirsi a recitare il Rosario. Così facevano spesso i cristiani dei primi tempi, nonostante le proibizioni persecutorie degli imperatori: le assemblee preferivano esporsi alla morte piuttosto che rinunciare a trovarsi insieme e a godere della compagnia di Cristo Gesù.

[132] La preghiera in comune è più salutare per l'anima:
1) perché d'ordinario la mente è più attenta nella preghiera pubblica che in quella privata;
2) perché quando sono in comune le preghiere dei singoli diventano preghiera collettiva dell'intera assemblea, cioè formano tutte insieme una medesima preghiera. Perciò se uno non prega abbastanza bene, un altro della comunità che prega meglio, supplisce alla sua manchevolezza. Il forte sostiene il debole, il fervoroso infiamma il tiepido, il ricco dona al povero, il cattivo rientra fra i buoni. Come si vende una misura di loglio? Basta mescolarlo con quattro o cinque staia di buon grano e tutto è venduto!;
3) chi recita il Rosario da solo ha il merito di un Rosario, ma se lo dice con trenta persone, avrà il merito di trenta rosari. tali sono le leggi della preghiera in comune. Grande vantaggio! e che guadagno!;
4) Urbano VIII, soddisfatto della devozione del Rosario recitato a due cori in molti luoghi di Roma, specialmente nel Convento della Minerva accordò cento giorni di indulgenza ogni volta che si dice il Rosario in coro, toties quoties (Breve Ad perpetuam rei memoriam del 1626);
5) la preghiera pubblica è più efficace di quella individuale per placare la collera di Dio e attirare la sua misericordia; la Chiesa, guidata dallo Spirito Santo, l'ha sempre promossa nei tempi di calamità e di generale disagio. Papa Gregorio XIII in una Bolla dichiara doversi piamente ritenere che le preghiere pubbliche e le processioni dei confratelli del Rosario contribuirono assai ad ottenere da Dio la grande vittoria riportata dai cristiani nel golfo di Lepanto sulla flotta turca, la prima domenica di ottobre 1571.

[133] Luigi il Buono, di felice memoria, nell'assedio di La Rochelle, dove gli eretici rivoltosi avevano la propria roccaforte, scrisse alla regina-madre di ordinare preghiere pubbliche per conseguire la vittoria La regina dispose che fosse recitato il Rosario da tutto il popolo nella chiesa dei Domenicani del sobborgo di Sant'Onorato a Parigi: l'arcivescovo sollecitò tale disposizione e la pia pratica ebbe inizio il 20 maggio 1628. Vi parteciparono la regina-madre e la regina regnante, il duca d'Orleans, i cardinali di La Rochefoucault e De Berulle, parecchi prelati, tutta la corte ed una folla imponente di popolo.
L'Arcivescovo leggeva ad alta voce le meditazioni sui misteri del Rosario; seguiva la recita del Pater e dell'Ave di ogni posta, alternata fra il presule stesso e i religiosi con tutti i presenti; al termine della preghiera mariana si portava processionalmente l'immagine della Madonna al canto delle litanie. La cerimonia si ripeté ogni sabato con fervore mirabile e la benedizione del cielo fu visibilissima: il re trionfò sugli inglesi nell'isola di Re ed entrò più tardi vittorioso in La Rochelle il giorno di Ognissanti di quel medesimo anno. Ciò dimostra con evidenza la forza della preghiera pubblica.

[134] Infine, il Rosario detto in comune è molto più temibile dal demonio perché con tale mezzo si costituisce un'armata per combatterlo. Talvolta egli trionfa con facilità sulla preghiera del singolo, ma vi riesce assai difficilmente quando la preghiera è fatta con altri. E' facile spezzare una verga sola, ma se unita a parecchie altre in un fascio, non si rompe più: l'unione fa la forza. I soldati si riuniscono in corpo d'armata per battere il nemico; i malvagi si uniscono spesso per le loro dissolutezze e danze; i demoni stessi si uniscono per rovinarci: e non si riunirebbero i cristiani per godere della presenza di Gesù, per calmare la collera di Dio, per attirare la sua grazia e la misericordia, ed infine, per vincere ed abbattere con più forza i demoni?
Caro confratello del Rosario, sia che tu abiti in città o in campagna, sia vicino alla parrocchia o ad una chiesina, recati là almeno ogni sera e col permesso del rettore della chiesa, in compagnia di quanti vorranno venire, recita il Rosario in comune; se, invece, non hai la comodità di andare in chiesa, fai, altrettanto in casa tua o in quella di altra persona del paese.

[135] Dio, per sua misericordia, ha sempre benedetto questa pratica nei luoghi dove io l'ho stabilita per conservare i frutti della missione da me predicata e per impedire il peccato. In certi borghi e paesi, prima che stabilissi la pratica del Rosario, si vedevano solo balli, immodestie, stravizi, litigi e divisioni; si udivano giuramenti falsi, canzoni immorali e oscenità. Ora vi si odono solo cantici e salmodie spirituali, vi sono persino edificanti gruppi di venti, trenta, cento e più persone che, a un'ora convenuta si incontrano per cantare le lodi al Signore, come fanno i religiosi. In alcune parti si usa recitare il Rosario in comune ogni giorno, in tre distinti momenti della giornata.
Purtroppo, come dappertutto, vi sono i riprovati anche là dove abitate. Siatene certi: anche da voi non mancheranno i perversi che trascureranno di venire al Rosario, che fors'anche ne rideranno e faranno il possibile, con maligne insinuazioni e cattivo esempio, per impedirvi di perseverare nella pia pratica. Ma non cedete; e non meravigliatevi del loro modo di agire: un giorno questi infelici saranno per sempre separati da Dio e esclusi dal paradiso come quaggiù essi si separano dalla compagnia di Gesù e dei suoi fedeli servi e serve.

ROSA QUARANTASETTESIMA

Recitare il Rosario con fede, umiltà...

[136] O anime fedeli, membri del Corpo di Cristo, popolo di Dio, separatevi dai malvagi, sottraetevi da coloro che rischiano di dannarsi a causa della loro empietà, mancanza di devozione e accidia; non perdete tempo a decidervi di recitare il Rosario con fede, con umiltà, fiducia e perseveranza. Chi pensa seriamente al comando di Gesù di pregare sempre, e considera l'esempio ch'Egli stesso ce ne diede e il bisogno estremo che abbiamo della preghiera a motivo delle nostre tenebre, ignoranze e debolezze, a causa dei nostri nemici spirituali, costui, certo, non si accontenterà di recitare il Rosario una volta all'anno, come esige la confraternita del Rosario perpetuo, o una volta alla settimana come prescrive quella del Rosario ordinario, ma lo reciterà ogni giorno, puntualmente, come prescrive la confraternita del Rosario quotidiano, la quale ricorda l'esigenza di provvedere alla propria salvezza.

[137] E' necessario pregare sempre, senza stancarsi (Lc 18,1): sono parole eterne di Gesù che bisogna credere e mettere in pratica se non si vuol essere dannati. Spiegatele come volete, purché non interpretiate alla moda, con l'intenzione di viverle solo “alla moda”. La vera spiegazione, del resto, è quella data da Nostro Signore stesso con i suoi luminosi esempi: “Vi ho dato l'esempio affinché anche voi facciate come ho fatto io a voi" (Gv 13,15). “Si recò sul monte a pregare e trascorse tutta la notte in orazione” (Lc 6,12). Come se il giorno non gli bastasse, egli impiegava anche la notte a pregare.
Gesù soleva ripetere agli apostoli anche queste altre: “Vegliate e pregate” (Mt 26,41). L'animo è debole, la tentazione è sempre insidiosa e continua; senza la preghiera costante la caduta è inevitabile. Gli apostoli pensarono che l'invito del Salvatore fosse soltanto un consiglio, interpretarono erroneamente la sua parola e caddero nella tentazione e perfino nel peccato, pur essendo della compagnia di Cristo Gesù.

[138] Caro confratello, se tu credi bene vivere secondo l'andazzo dei tempi - “alla moda”, come ho detto poco prima - cioè indulgere di quando in quando a qualche peccato mortale, pronto poi a confessartene quanto prima, oppure evitare solo le colpe più grossolane e scandalose, preoccupato di salvare le apparenze dell'onestà, non è, certo, necessario far tante preghiere o dire tanti Rosari: ti basterebbe una preghierina affrettata al mattino e alla sera, qualche Rosario imposto per penitenza, alcune dozzine di Ave Maria biascicate sbadatamente quando ti prendesse l'estro. Ce n'hai d'avanzo per vivere da cristiano formalista; facendo di meno ti avvieresti al libertinaggio, facendo di più cadresti nella singolarità, nel bigottismo,

[139] Se tu, invece, da vero buon cristiano, sinceramente risoluto a salvare l'anima e a camminare sulle orme dei Santi, vuoi evitare il peccato, rompere ogni laccio del demonio e spegnere il fuoco delle passioni, allora prega, prega sempre come insegnò e ordinò Nostro Signore. Ti occorre, dunque, per lo meno recitare ogni giorno il Rosario o altra preghiera equivalente. Ho detto: “per lo meno”, poiché col Rosario quotidiano otterrai quanto è necessario per tenerti lontano dal peccato mortale, per vincere ogni tentazione in mezzo alle iniquità del mondo che travolgono spesso anche i più forti, in mezzo alle fitte tenebre che possono oscurare anche i più illuminati e in mezzo agli spiriti maligni più che mai sperimentati, i quali, sapendo; d'aver poco tempo per indurre al male, usano ogni astuzia e, purtroppo, ottengono successo. Non ti sembra già una grazia insigne quella che ti offre il Rosario se riesci a sfuggire da tutte le insidie e a salvarti?

[140] Se non vuoi credere a quanto ti dico io, credi almeno alla tua personale esperienza! Io ti domando: quando tu facevi quel poco di preghiera e nel modo che usa il cristiano mediocre, forse che eri capace di evitare certe gravi colpe che allora alla tua tiepidezza parevano leggere? Apri, dunque, gli occhi e se vuoi vivere e morire da santo, senza peccati almeno mortali, prega sempre: recita ogni giorno il Rosario come già facevano i confratelli agli inizi della Confraternita (vedi più sotto la prova di quanto dico). Quando la Madonna lo consegnò a san Domenico, gli ordinò di recitarlo e farlo recitare ogni giorno; perciò il Santo non riceveva nella Confraternita alcuno che non fosse deciso alla recita quotidiana.
Attualmente nella Confraternita del Rosario ordinario si domanda solo la recita settimanale, ma ciò è da attribuire al rallentare del fervore ed al raffreddamento della carità. Non si può pretendere di più da chi prega quasi controvoglia: ma all'inizio non era così (Mi 19,8).

[141] Altre tre cose da notare:
1) se vuoi entrare nella Confraternita del Rosario quotidiano e partecipare alle preghiere ed ai meriti degli associati non basta essere già iscritti nell'altra Confraternita, detta ordinaria, o fare unicamente la promessa di recitare il Rosario ogni giorno, ma devi dare il tuo nome a chi ha la facoltà di accettare l'iscrizione in quella Confraternita (e sarà bene che ti confessi e comunichi in tale circostanza), perché il Rosario ordinario non contiene quello quotidiano, come, viceversa, il quotidiano contiene quello ordinario;
2) rigorosamente parlando non v'è alcuna mancanza, neppure veniale, se si omette la recita del Rosario quotidiano, settimanale o annuale;
3) quando una malattia, una legittima obbedienza o necessità o dimenticanza involontaria causano l'omissione del Rosario, allora non solo ne hai egualmente il merito ma pure partecipi al merito dei Rosari che recitano gli altri confratelli; non è, quindi, assolutamente necessario che l'indomani tu dica due Rosari per supplire a quello non recitato senza tua colpa. Se la malattia ti permette di recitare anche solo una parte del Rosario, tu lo devi fare.
Signore Gesù, beati i confratelli del Rosario quotidiano che ogni giorno ti sono accanto, nella casetta di Nazareth o sul Calvario presso la tua croce o vicini al tuo trono in cielo, intenti a contemplare i tuoi misteri gaudiosi, dolorosi e gloriosi. Quanto sono felici qui in terra per le grazie particolari che prodighi loro e quanto saranno felici in cielo dove ti loderanno più particolarmente nei secoli eterni (1Re, 10,8; Sal 84,5).

[142] Bisogna recitare il Rosario con fede, ricordando le parole di Gesù: “Tutto quello che domandate, abbiate fede di averlo ottenuto e vi sarà accordato” (Mc 11,24). Egli ti dirà: “Va, e sia fatto secondo la tua fede” (Mt 8,13). “ Se qualcuno di voi manca di sapienza la domandi a Dio... La domandi però con fede, senza esitare” (Gc 1,6), recitando il Rosario, e gli sarà concessa.

[143] Occorre, inoltre, pregare con umiltà come il pubblicano. Egli stava genuflesso, a terra e non con un ginocchio levato, non sul banco come fanno più o meno gli orgogliosi. Se ne stava in fondo al tempio, non nel santuario come il fariseo; teneva gli occhi verso terra, non osando neppure guardare verso il cielo; non teneva la testa alta né osservava qua e là come il fariseo. Si batteva il petto, confessandosi peccatore e chiedendo perdono: O Dio, abbi pietà di me peccatore (Mc 18,13); e non come il fariseo che vantava le sue buone opere e disprezzava gli altri.
Guardati, dunque, dall'imitare l'insolente preghiera del fariseo che lo rese ancor più indurito e maledetto; imita invece l'umile contegno del pubblicano che gli ottenne il perdono dei peccati.
Ancora: rifuggi da quanto sa di straordinario e non desiderare né chiedere di avere singolari rivela-zioni o grazie eccezionali che Dio talvolta comunica ad alcuni Santi, fedeli al Rosario; ti basti la fede, ora che il Vangelo e tutte le devozioni sono stabilite a sufficienza.
Nei periodi di aridità, di disgusto o di afflizione interiore non omettere mai una sia pure minima parte del Rosario: daresti prova di orgoglio e di infedeltà. Invece, da bravo campione di Gesù e di Maria, recita il Pater e l'Ave anche se ti senti povero di cuore e di mente, cioè anche se non vedi né gusti nulla di confortevole, sforzandoti di riflettere come puoi sui misteri. Non desiderare il pane quotidiano accompagnato dal dolce o dal confetto come pretende il bambino; ad imitazione più perfetta di Gesù agonizzante, proprio quando avverti le maggiori difficoltà nel recitare il Rosario, prolungane la recita; si dovrà dire di te ciò che è detto di Gesù: “In preda all'agonia, pregava più intensamente" (Lc 22,43).

[144 ] Da ultimo: prega con ogni fiducia, fondata sulla bontà e la liberalità infinita, di Dio e sulle promesse di Gesù. Dio è, la sorgente di acqua viva che si riversa incessantemente nel cuore di chi prega; Gesù è il depositario della grazia e della verità divina. Ora il desiderio più ardente del Padre nei nostri riguardi è di comunicarci queste acque salutari di grazia e misericordia; ci dice Egli infatti: “Ascoltatemi, voi che siete in cerca di giustizia, voi che cercate il Signore, venite all'acqua” (Is 51,1) nella preghiera. E se non lo preghiamo, dolcemente Egli si lamenta di essere lasciato da parte: “Essi hanno abbandonato me, sorgente di acqua viva” (Ger 2,13).
Chiedere grazie a Nostro Signore è fargli piacere, più gradito a Lui del piacere che prova la mamma quando il bambino si nutre del suo latte. La preghiera è il canale della grazia di Dio: attingiamola, quindi, da Gesù che ne è il fiduciario. Se a Lui non si ricorre con la preghiera, come è doveroso per tutti i figli di Dio, Egli se ne lamenta amorevolmente: “Finora non avete chiesto nulla: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto” (Mt 7,7). E per ispirarci la massima fiducia nella preghiera si è impegnato Egli stesso assicurandoci che il Padre ci largirà quanto chiederemo nel suo Nome.

ROSA QUARANTOTTESIMA

Perseveranza nella devozione al Rosario

[145] Alla fiducia dobbiamo unire la perseveranza: soltanto chi persevera nella domanda riceverà, nella ricerca troverà, nel bussare gli sarà aperto. Non basta pregare per un mese, un anno, dieci o vent'anni per chiedere al Signore una grazia: occorre tenere duro, chiedere sino alla morte - se è il caso - decisi ad ottenere quel che gli si chiede per la propria salvezza o a morire. Sì, anche a morire: questa disposizione d'animo deve anzi accompagnare la nostra perseveranza nella preghiera e la nostra confidenza in Dio, fino a ripetere con Giobbe: “Mi uccida pure, non me ne dolgo” (Gb 13,15), e da lui aspetterò quanto gli domando.

[146] La liberalità dei grandi e dei ricchi del mondo si manifesta nel prevenire con favori le persone bisognose prima ancora che chiedano; Dio, invece, mostra la sua munificenza nel lasciar chiedere e cercare per molto tempo le grazie che vuole concedere; anzi, quanto più la grazia da accordare è preziosa, tanto più a lungo la fa attendere. Il motivo? 1) perché la grazia sia più abbondante; 2) perché chi la riceve ne abbia maggiore stima e 3) perché si badi a non perderla dopo averla ricevuta: non si apprezza molto ciò che si ottiene troppo presto e con facilità.
Caro confratello del Rosario, sii dunque perseverante nel chiedere a Dio col Rosario le grazie spirituali e materiali che ti abbisognano, in particolare la grazia della divina Sapienza che è un tesoro inesauribile (Sap 7,14), e non dubitare: presto o tardi l'otterrai purché non tralasci il Rosario e non ti scoraggi a mezzo cammino: “Lunga è la strada che ti resta ancora da percorrere” (1Re 19,7), molte le avversità da affrontare, le difficoltà da superare, i nemici da vincere prima d'aver accumulato abbastanza tesori per l'eternità; molti i Pater e Ave che ti occorrono per guadagnarti il Paradiso e la bella corona che attende ogni fedele confratello del Rosario.
“Tieni saldo quello che hai perché nessuno ti tolga la corona” (Ap 3,11). Stai attento a che un altro più fedele di te a dire il Rosario non porti via la tua corona. La tua corona: essa era tua, Dio te l'aveva preparata, te l'eri già meritata à metà con i tuoi Rosari ben recitati; ma poi ti sei fermato per strada, la buona strada in cui correvi tanto bene (Cfr. Gal 5,7), e così un altro ti è passato innanzi, è arrivato prima; più diligente e più fedele di te egli con i Rosari e le sue opere buone ha acquistato e pagato l'occorrente per avere quella tua corona. “Chi mai li ha tagliato la strada” (Gal 5,7) per conquistarla tu la corona? Ahimè, i nemici del Rosario che sono numerosi!

[147] Credimi, solo “i violenti se ne impadroniscono” (Mt 11,12). Tali corone non sono per i timidi che paventano i motteggi e le minacce del mondo; non sono neppure per quei pigri e accidiosi che recitano il Rosario con negligenza o in fretta o per abitudine, o solo di quando in quando, secondo il capriccio; non sono neppure per quegli indolenti che si scoraggiano e disarmano non appena vedono l'inferno scatenarsi contro il loro Rosario. Se tu, caro confratello, pensi di metterti al servizio di Gesù e Maria col dire ogni giorno il Rosario, preparati alla tentazione: “Figlio, se ti presenti per servire il Signore, preparati alla tentazione” (Sir 2,1). Non illuderti: gli eretici, i libertini, i frivoli, i mezzo-devoti, i falsi profeti, tutti d'accordo con la tua natura contaminata e con le potenze infernali, ti muoveranno nefanda crociata per farti abbandonare questa pratica.

[148] Per premunirti contro gli attacchi, non dico degli eretici e dei dissoluti, ma dei così detti onesti del mondo e perfino delle persone devote alle quali il Rosario non garba, eccoti alcuni saggi del loro modo di pensare e di parlarne:
- “Che cosa vorrà mai insegnare questo ciarlatano?” (At 17,18).
- “Venite, tendiamo insidie al giusto perché ci è di imbarazzo ed è contrario alle nostre azioni” (Sap 2,12).
- Che mai va biascicando questo cicalone di corone e di Rosari? che cosa va borbottando di continuo?
- Che fannullone! altro non fa che recitare Rosari... farebbe assai meglio a lavorare invece di perdersi in simili beghinerie!
- Eh sì, basta dire il Rosario e le allodole cadranno belle arrostite dal cielo; il Rosario ci procurerà il pranzo!...
- Dice il Signore: aiutati che io ti aiuterò... perché, allora, impastoiarsi con preghiere?... Una preghiera breve penetra in cielo, un Pater ed un'Ave recitati bene sono più che sufficienti; Dio non ha comandato il Rosario, cosa buona anzi ottima se c'è tempo per recitarlo, ma non è per tale devozione che saremo più sicuri di salvarci. Quanti Santi non l'hanno mai recitato!
- C'è gente che giudica tutto secondo la propria misura; indiscreti che spingono ogni cosa all'esagerazione, scrupolosi che vedono il peccato dove non c'è e dicono che andranno all'inferno quanti non recitano il Rosario.
- Dire il Rosario va bene per le donnette ignoranti che non sanno leggere. Perché dire il Rosario? non è forse meglio l'Ufficio della Madonna o i Sette Salmi? Esiste forse una preghiera più efficace dei Salmi dettati dallo Spirito Santo?
- Tu proponi di dire il Rosario ogni giorno? la tua risoluzione è un fuoco di paglia e non durerà a lungo. Ed allora, non è meglio impegnarsi in meno pratiche ed essere fedeli solo ad alcune?
- Andiamo, amico, credi a me: recita bene la preghiera del mattino e della sera e lavora per il Signore nel corso della giornata; Dio non ti chiede di più. Se tu non dovessi - come devi! - guadagnarti di che vivere, allora potresti anche impegnarti a recitare il Rosario. Recitalo, dunque, la domenica e nei giorni festivi, a tuo agio, ma non nei giorni feriali quando è tempo di lavorare.
- Come? vuoi tenere in mano una corona così lunga, proprio da donnetta? Macché, io ne ho viste di una sola decina che valgono quanto quelle di quindici decine.
- Vuoi portare la corona alla cintura? Ma è una affettazione di santità; mettitela al collo piuttosto, come usano gli spagnoli, memorandi ruminatori di Rosari che incontri con una grande corona in mano, pronti a colpire a tradimento con il pugnale che stringono nell'altra mano. Lascia, lascia da parte queste devozioni esteriori; vera devozione è quella del cuore, ecc.

[149] Persone di talento, grandi dottori ma poveri di spirito ed orgogliosi non ti consiglieranno mai il Rosario; tenteranno piuttosto di convincerti a recitare i Sette Salmi penitenziali o qualche altra preghiera. E così, se un buon confessore ti ha imposto per penitenza di dire un Rosario per quindici giorni o per un mese, basterà che tu vada a confessarti da uno di questi signori perché tale penitenza ti venga commutata in altre preghiere o in digiuni o messe o elemosine.
Ti accadrà pure di consultare qualche pio contemplativo - e ve ne sono nel mondo - il quale non conoscendo per diretta esperienza l'importanza del Rosario, invece di consigliartelo te ne allontanerà per avviarti piuttosto alla contemplazione, come se Rosario e contemplazione fossero incompatibili fra loro, come se i tanti Santi devoti del Rosario non siano stati grandi contemplativi! Né mancheranno perfino i tuoi nemici... di casa che ti attaccheranno e tanto più crudelmente per il fatto che sei a loro intimamente unito. Intendo parlare delle potenze dell'anima e dei sensi del corpo, delle distrazioni della mente, le aridità del cuore, gli abbattimenti morali e le malattie. Tutti questi avversari, in combutta con gli spiriti maligni che si immischieranno, ti strilleranno: ma lascia il Rosario! è il Rosario che ti dà il mal di capo; lascialo, dunque; tanto, non è d'obbligo in coscienza. Tutt'al più recitane solo una parte; i tuoi disturbi sono una prova che Dio non vuole che tu lo dica; meglio ancora, rimandalo a domani, quando starai in salute, ecc.

[150] Insomma, caro confratello, il Rosario quotidiano ha tanti nemici che io considero come uno dei più segnalati favori del cielo la grazia di perseverarvi fino alla morte. Sii perseverante, quindi, e non dubitare che in cielo avrai una splendida corona, preparata in premio alla tua fedeltà: “Sii fedele fino alla morte e ti darò la corona della vita” (Ap 2,10).

ROSA QUARANTANOVESIMA

A proposito delle indulgenze

[151] Perché possiate lucrare le indulgenze concesse ai confratelli del Rosario, sono opportune alcune osservazioni.
L'indulgenza, in generale, è la remissione piena o in parte della pena temporale dovuta per i peccati attuali già perdonati: remissione possibile grazie al-l'applicazione, delle soddisfazioni sovrabbondanti di Cristo Gesù, della Madonna e dei Santi, contenute nel tesoro della Chiesa.
L'indulgenza plenaria è la remissione totale della pena dovuta al peccato; la parziale, invece, (per esem-pio di cento o mille anni) è la remissione di quella pena che nei primi tempi della Chiesa sarebbe stata condonata dopo una, penitenza sostenuta per un tanto di tempo e imposta dagli antichi canoni della Chiesa, secondo la qualità delle colpe. Faccio un esempio: se quei canoni prescrivevano per un solo peccato mortale sette anni di penitenza (talvolta anche dieci o quindici anni!) il reo di venti peccati mortali avrebbe dovuto fare per lo meno sette volte vent'anni di penitenza. Questo in teoria; in concreto erano previste altre disposizioni.

[ 152] Le condizioni per l'acquisto delle indulgenze annesse al Rosario sono tre: 1) essere veramente pentiti, confessati e comunicati, come è prescritto dalle Bolle delle Indulgenze; 2) non conservare il minimo affetto a nessun peccato veniale, se si tratta di indulgenze plenarie; persistendo, infatti, un tale affetto rimane la colpa, rimanendo la colpa non è rimessa la pena dovuta; 3) recitare preghiere e compiere le buone opere prescritte dalle Bolle.
Secondo la mente dei Pontefici, si possono acquistare le indulgenze parziali, pur non lucrando la plenaria; in tal caso non sarà sempre necessario essere confessati e comunicati. E questo vale per le indulgenze annesse alla recita del Rosario, alle processioni, alle corone benedette, ecc. Tutte occasioni da non trascurare.

[153] Il Flammin e numerosi autori riferiscono che una donzella di distinta famiglia, una certa Alessandra, miracolosamente convertita e iscritta nella Confraternita del Rosario da san Domenico, dopo la morte apparve al Santo per dirgli che era condannata a rimanere settecento anni in purgatorio a causa di colpe commesse e fatte commettere ad altri con le sue vanità mondane, e lo pregò di venirle in aiuto chiedendo ai confratelli del Rosario di suffragare la sua anima: ciò che san Domenico, fece.
Quindici giorni dopo ella riapparve splendente più del sole, ringraziò il Santo di essere tanto sollecitamente liberata dal Purgatorio per le preghiere dei confratelli ed informò il Santo d'essere venuta anche per supplicarlo, da parte delle anime in stato di purificazione, di continuare a predicare il Rosario e a sollecitare i loro parenti a renderle partecipi del merito dei propri Rosari. Esse, poi, li avrebbero ricompensati largamente non appena fossero giunte in paradiso.

[154] Per agevolarvi l'esercizio del Rosario ecco alcuni metodi di recitarlo santamente con la meditazione dei misteri gaudiosi, dolorosi e gloriosi di Gesù e di Maria. Adottate quello che sarà più di vostro gusto; anzi, voi stessi potrete comporne un altro, come già fecero non pochi Santi.

Il manoscritto non porta la 50a Rosa, che forse nell'intenzione dell'autore è costituita dai metodi per recitare il S. Rosario. Questi sono pubblicati a parte (n. 1-6) insieme ad altri che non figurano nel manoscritto del SAR.

http://img444.imageshack.us/img444/1289/tc062cs.jpg

http://catholique-angouleme.cef.fr/images/Louis-Marie%20Grignon%20de%20Montfort.jpg

Augustinus
03-10-04, 13:01
Recitata nel Santuario di Pompei e in altre chiese
i giorni 8 maggio e prima domenica di ottobre.

O augusta Regina delle Vittorie, o Sovrana del cielo e della terra, al cui nome si rallegrano i cieli e tremano gli abissi, o Regina gloriosa del Rosario, noi devoti figli tuoi, raccolti nel tuo tempio di Pompei (in questo giorno solenne), effondiamo gli affetti del nostro cuore e con confidenza di figli ti esprimiamo le nostre miserie.
Dal trono di clemenza, dove siedi Regina, volgi, o Maria, il tuo sguardo pietoso su di noi, sulle nostre famiglie, sull'Italia, sull'Europa, sul mondo. Ti prenda compassione degli affanni e dei travagli che amareggiano la nostra vita. Vedi, o Madre, quanti pericoli nell'anima e nel corpo, quante calamità ed afflizioni ci costringono.
O Madre, implora per noi misericordia dal tuo Figlio divino e vinci con la clemenza il cuore dei peccatori. Sono nostri fratelli e figli tuoi che costano sangue al dolce Gesù e contristano il tuo sensibilissimo Cuore. Mostrati a tutti quale sei, Regina di pace e di perdono.

Ave Maria

È vero che noi, per primi, benché tuoi figli, con i peccati torniamo a crocifiggere in cuor nostro Gesù e trafiggiamo nuovamente il tuo cuore.
Lo confessiamo: siamo meritevoli dei più aspri castighi, ma tu ricordati che, sul Golgota, raccogliesti, col Sangue divino, il testamento del Redentore moribondo, che ti dichiarava Madre nostra, Madre dei peccatori.
Tu dunque, come Madre nostra, sei la nostra avvocata, la nostra speranza. E noi, gementi, stendiamo a te le mani supplichevoli, gridando: misericordia!
O Madre buona, abbi pietà di noi, delle anime nostre, delle nostre famiglie, dei nostri parenti, dei nostri amici, dei nostri defunti, soprattutto dei nostri nemici e di tanti che si dicono cristiani, eppur offendono il cuore amabile del tuo Figliuolo. Pietà oggi imploriamo per le nazioni traviate, per tutta l'Europa, per tutto il mondo, perché pentito ritorni al tuo cuore.
Misericordia per tutti, o Madre di misericordia.

Ave Maria

Degnati benevolmente, o Maria, di esaudirci! Gesù ha riposto nelle tue mani tutti i tesori delle sue grazie e delle sue misericordie.
Tu siedi, coronata Regina, alla destra del tuo Figlio, splendente di gloria immortale su tutti i cori degli angeli. Tu distendi il tuo dominio per quanto sono distesi i cieli, a te la terra e le creature tutte sono soggette. Tu sei l'onnipotente per grazia, tu dunque puoi aiutarci. Se tu non volessi aiutarci, perché figli ingrati ed immeritevoli della tua protezione, non sapremmo a chi rivolgerci. Il tuo cuore di Madre non permetterà di vedere noi, tuoi figli, perduti. Il bambino che vediamo sulle tue ginocchia e la mistica corona che miriamo nella tua mano, ci ispirano fiducia che saremo esauditi. E noi confidiamo pienamente in te, ci abbandoniamo come deboli figli tra le braccia della più tenera fra le madri, e, oggi stesso, da te aspettiamo le sospirate grazie.

Ave Maria

Un'ultima grazia noi ora ti chiediamo, o Regina, che non puoi negarci (in questo giorno solennissimo). Concedi a tutti noi l'amore tuo costante e in modo speciale la materna benedizione.
Non ci staccheremo da te finché non ci avrai benedetti. Benedici, o Maria, in questo momento il Sommo Pontefice. Agli antichi splendori della tua corona, ai trionfi del tuo Rosario, onde sei chiamata Regina delle Vittorie, aggiungi ancor questo, o Madre: concedi il trionfo alla religione e la pace all'umana società. Benedici i nostri vescovi, i sacerdoti e particolarmente tutti coloro che zelano l'onore del tuo Santuario. Benedici infine tutti gli associati al tuo tempio di Pompei e quanti coltivano e promuovono la devozione al santo Rosario.
O Rosario benedetto di Maria, catena dolce che ci rannodi a Dio, vincolo di amore che ci unisci agli angeli, torre di salvezza, negli assalti dell'inferno, porto sicuro nel comune naufragio, noi non ti lasceremo mai più.
Tu ci sarai conforto nell'ora dell'agonia, a te l'ultimo bacio della vita che si spegne.
E l'ultimo accento delle nostre labbra sarà il nome tuo soave, o Regina del Rosario di Pompei, o Madre nostra cara, o Rifugio dei peccatori, o Sovrana consolatrice dei mesti.
Sii ovunque, benedetta, oggi e sempre, in terra e in cielo. Amen.

Salve Regina

Augustinus
07-10-04, 13:13
Dal sito SANTI E BEATI (http://www.santiebeati.it/search/jump.cgi?ID=24800) (con aggiunte dal precedente Martirologio romano):

Beata Vergine Maria del Rosario

7 ottobre - Memoria

Questa memoria Mariana di origine devozionale si collega con la vittoria di Lepanto (1571), che arrestò la grande espansione dell'impero ottomano. San Pio V attribuì quello storico evento alla perghiera che il popolo cristiano aveva indirizzato alla Vergine nella forma del Rosario. (Mess. Rom.)

Etimologia: Maria = amata da Dio, dall'egiziano; signora, dall'ebraico

Martirologio Romano: Memoria della beata Maria Vergine del Rosario: in questo giorno con la preghiera del Rosario o corona mariana si invoca la protezione della santa Madre di Dio per meditare sui misteri di Cristo, sotto la guida di lei, che fu associata in modo tutto speciale all’incarnazione, passione e risurrezione del Figlio di Dio.

Martirologio tradizionale (7 ottobre): Festa della beata Vergine Maria del Rosario; e così pure la commemorazione di santa Maria della Vittoria, la quale, per decreto del Sommo Pontefice san Pio quinto, ogni anno si fa, per la insigne vittoria riportata in questo stesso giorno dai Cristiani nel combattimento navale contro i Turchi, mediante l'aiuto della medesima santissima Madre di Dio.

Festa della beata Vergine Maria del Rosario; e così pure la commemorazione di santa Maria della Vittoria, la quale, per decreto del Sommo Pontefice san Pio quinto, ogni anno si fa, per la insigne vittoria riportata in questo stesso giorno dai Cristiani nel combattimento navale contro i Turchi, mediante l'aiuto della medesima santissima Madre di Dio.

Il Rosario è, nato dall'amore dei cristiani per Maria in epoca medioevale, forse al tempo delle crociate in Terrasanta. L'oggetto che serve alla recita di questa preghiera, cioè la corona, è di origine molto antica. Gli anacoreti orientali usavano pietruzze per contare il numero delle preghiere vocali. Nei conventi medioevali i fratelli laici, dispensati dalla recita del salterio per la scarsa familiarità col latino, integravano le loro pratiche di pietà con la recita dei "Paternostri", per il cui conteggio S. Beda il Venerabile aveva suggerito l'adozione di una collana di grani infilati a uno spago. Poi, narra una leggenda, la Madonna stessa, apparendo a S. Domenico, gli indicò nella recita del Rosario un'arma efficace per debellare l'eresia albigese.
Nacque così la devozione alla corona del rosario, che ha il significato di una ghirlanda di rose offerta alla Madonna. Promotori di questa devozione sono stati infatti i domenicani, ai quali va anche la paternità delle confraternita del Rosario. Fu un papa domenicano, S. Pio V, il primo a incoraggiare e a raccomandare ufficialmente la recita del Rosario, che in breve tempo divenne la preghiera popolare per eccellenza, una specie di "breviario del popolo", da recitarsi la sera, in famiglia, poiché si presta benissimo a dare un orientamento spirituale alla liturgia familiare.
Quelle "Ave Maria" recitate in famiglia sono animate da un autentico spirito di preghiera: "E mentre si propaga la dolce e monotona cadenza delle "Ave Maria", il padre o la madre di famiglia pensano alle preoccupazioni familiari, al bambino che attendono o ai problemi che già pongono i figli più grandi. Questo insieme di aspetti della vita familiare subisce allora l'illuminazione del mistero salvifico del Cristo, e viene spontaneo affidarlo con semplicità alla madre del miracolo di Cana e di tutta quanta la redenzione" (Schillebeeckx).
La celebrazione della festività odierna, istituita da S. Pio V per commemorare la vittoria riportata nel 1571 a Lepanto contro la flotta turca (inizialmente si diceva "S. Maria della Vittoria"), il giorno 7 ottobre, che in quell'anno cadeva di domenica, venne estesa nel 1716 alla Chiesa universale, e fissata definitivamente al 7 ottobre da S. Pio X nel 1913. La "festa del santissimo Rosario", com'era chiamata prima della riforma del calendario del 1960, compendia in certo senso tutte le feste della Madonna e insieme i misteri di Gesù, ai quali Maria fu associata, con la meditazione di quindici momenti della vita di Maria e di Gesù.

Autore: Piero Bargellini

http://santiebeati.it/immagini/Original/24800/24800O.JPG

http://santiebeati.it/immagini/Original/24800/24800P.JPG

http://santiebeati.it/immagini/Original/24800/24800Q.JPG

http://sandomenicodifiesole.op.org/graphics/santi/Madonna-e-misteri-Rosario_VASARI.jpg Giorgio Vasari, Madonna e Misteri del Rosario, 1570
http://sandomenicodifiesole.op.org/graphics/santi/S.Pio-V_G.COSSALI.jpg Grazio Cossali, S. Pio V attribuisce alla Madonna del Rosario il merito della vittoria di Lepanto, 1597, Chiesa di Santa Croce di Bosco Marengo

Augustinus
07-10-04, 13:22
Nostra Signora delle Vittorie

7 ottobre

La Chiesa, da tempo immemorabile, si è rivolta a Maria, vincitrice di tutte le eresie ed aiuto dei cristiani, allorché i suoi figli erano gravemente minacciati da pericoli incombenti, ed in special modo dall’incombente pericolo islamico e da quello degli eretici.
Ed è così che Dio ha concesso, per intercessione della Vergine, sempre il suo aiuto, salvando i suoi figli, dimostrando che le splendide e gloriose vittorie riportate sull’errore e sugli avversari non erano frutto dell’ingegno e della bravura umana, ma esclusivamente opera Sua. Era Dio, su intercessione di Maria, che interveniva, sovvertendo le sorti e realizzando quel passo del Magnificat “ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili, ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote …”.
Innumerevoli sono i prodigi compiuti, che fregiano il capo dell’Augusta Regina del Cielo, che onoriamo col titolo di Nostra Signora delle Vittorie. Nella famosa Supplica alla Madonna del Rosario, composta dal Beato Bartolo Longo, la Vergine è chiamata esplicitamente “Augusta Regina delle Vittorie”, che, agli “antichi splendori” della sua corona ed ai trionfi suo Rosario, si degni concedere “il trionfo alla Religione (cattolica)” e la “pace all’umana società”.
Senza pretesa di esaustività, si riportano alcuni di questi episodi gloriosi.
Nel 1211, nei pressi di Tolosa, un gruppo di pellegrini inglesi tentavano di raggiungere il santuario di Santiago de Compostella. Ma l’imbarcazione sulla quale viaggiavano, troppo piccola per contenerli, si rovesciò in mare. S. Domenico di Guzman, che si trovava nei pressi, invocò Dio e la Vergine Maria, chiedendo il loro soccorso. Contro ogni previsione, nessun naufrago perì e furono tutti tratti a riva sani e salvi.
Il 3 settembre 1213, le armate cristiane composte da circa 1.500 uomini, al comando di Simon de Montfort (o Monfort), affrontarono e sconfissero a Muret, in Francia, le armate eretiche (catare ed albigesi) di quasi 40.000 uomini, capitanate da Raimondo di Tolosa e Pietro II d’Aragona. S. Domenico, che aveva invocato la Regina del Cielo, col titolo di Nostra Signora del Rosario, rimase egli stesso stupito, giacché le forze cattoliche ebbero solo 9 perdite, laddove quelle avversarie ammontavano a 18.000!
Anche a Lepanto, nel 1571, si ripeté un prodigio analogo. Le forze cristiane, di gran lunga inferiori a quelle ottomane, riuscirono ad avere la meglio. La mezzaluna minacciava seriamente l’Europa cristiana, e non lesinava la commissione di crimini orrendi, ieri come oggi. Venerdì 17 agosto 1571 Marcantonio Bragadin, il senatore veneziano comandante la fortezza di Famagosta, venne scorticato vivo di fronte ad una folla di musulmani esultanti. La sua pelle venne riempita di paglia. Il manichino fu innalzato sulla galea del comandante turco della battaglia di Famagosta, Mustafà Lala Pascià, insieme alle teste di Alvise Martinengo e Gianantonio Querini. I macabri trofei furono poi inviati a Costantinopoli, esposti nelle strade della capitale ottomana ed infine portati nella prigione degli schiavi. L'urna contenente la pelle impagliata di Bragadin si trova a Venezia, nella Chiesa dei Santi Giovanni e Paolo, il Pantheon delle glorie della Serenissima, dove giunse nel 1596 dopo essere stata avventurosamente trafugata dall'arsenale di Costantinopoli.
A giugno il sultano Selim II, detto “L'ubriacone”, ordinò che la flotta si fermasse a Lepanto (odierna Naupaktos; bizantina Epachthos) in una piccola baia tra il golfo di Corinto e quello di Patrasso. Arrivarono i rinforzi da Negroponte (odierna isola Eubea): 2.000 spahis e 10.000 giannizzeri.
La flotta divenne una minaccia permanente. Da Lepanto la flotta turca avrebbe potuto attaccare la costa italiana in qualsiasi momento.
Nel frattempo, già dal 20 maggio 1571 venne firmata la Lega Santa contro i Turchi. Vi aderirono il regno di Spagna, la repubblica di Venezia, lo Stato Pontificio, le repubbliche di Genova e di Lucca, i Cavalieri di Malta, i Farnese di Parma, i Gonzaga di Mantova, gli Estensi di Ferrara, i Della Rovere di Urbino, il duca di Savoia, il granduca di Toscana.
Le spese erano divise in sei parti: tre erano a carico della Spagna, due di Venezia e una del Papa, il grande S. Pio V, quello stesso Pontefice di cui S. Carlo Borromeo aveva tessuto l’elogio che, “da lungo tempo, la Chiesa non aveva avuto un capo migliore e più santo”.
Domenica 7 ottobre Giovanni d'Austria, figlio naturale di Carlo V e fratellastro del re di Spagna Filippo II, fece schierare le proprie navi in formazione serrata. Venne costituita una formazione a croce.
I Turchi si disposero a mezzaluna, schierando 274 navi da guerra, di cui 215 galee e 750 cannoni.
Il centro turco, al comando diretto di Mehmet Alì Pascià, era costituito da 96 galee. Di fronte ai veneziani era Muhammad Saulak, detto anche Maometto Scirocco, governatore dell'Egitto, con 56 galee.
Uluj Alì, il rinnegato Occhiali, con 63 galee e galeotte, era di fronte a Gian Andrea Doria, che a Tripoli era dovuto fuggire di fronte al corsaro. Una forte riserva, comandata da Amurat Dragut, era dietro la linea delle galee turche. Mehmet Alì Pascià era a bordo della Sultana, su cui sventolava il vessillo verde su cui era stato scritto 28.900 volte a caratteri d'oro il nome del dio “Allah”.
La flotta cristiana bloccò l'ingresso del golfo di Lepanto. I musulmani, obbedendo all'ordine impartito dal sultano Selim II, accettarono la battaglia. Con un rumore assordante iniziarono l'avvicinamento suonando timpani, tamburi, flauti. Il vento era a loro favore. La flotta cristiana era nel più assoluto silenzio.
Quando le flotte giunsero a tiro di cannone i cristiani ammainarono tutte le loro bandiere e Giovanni innalzò lo stendardo con l'immagine del Redentore crocifisso con in alto il motto “In hoc signo vinces”. Una croce venne levata su ogni galea e i combattenti ricevettero l'assoluzione secondo l'indulgenza concessa da Pio V per la santa crociata.
Il vento improvvisamente, per miracolo, cambiò direzione. Le vele dei Turchi si afflosciarono e quelle dei cristiani si gonfiarono. Giovanni d'Austria puntò diritto contro la Sultana. Il reggimento di Sardegna diede l'arrembaggio alla nave turca che divenne il campo di battaglia. I musulmani a poppa e i cristiani a prua. Al terzo assalto i sardi arrivarono a poppa. Giovanni venne ferito ad una gamba. Mehmet Alì Pascià venne ucciso da un colpo di archibugio. La Sultana si arrese. Alle due del pomeriggio Giovanni poté riprendere il controllo della flotta. Ancora due ore di battaglia, durante le quali lo scrittore Miguel Cervantes fu ferito due volte, al petto e alla mano.
Per poco sembrò che potessero rovesciarsi le sorti, giacché i Turchi riuscirono ad aggredire ed a conquistare la nave dei Cavalieri di Malta, la Capitana, al cui comando era Pietro Giustiniani, priore dell'Ordine. La Capitana venne circondata da sette galee. Fu sottratto il vessillo dei Cavalieri di Malta e fu fatto prigioniero Giustiniani, che era stato ferito sette volte. Alla fine, però, le navi cattoliche riuscirono a riconquistare l’ammiraglia dei Cavalieri di Malta ed a mettere in fuga le ultime galee e galeotte turche. Alle 4 del pomeriggio i Turchi erano stati completamente sconfitti. I pochi superstiti si ritirarono verso l'interno del golfo.
I Turchi persero 30.000 uomini tra morti e feriti. Altri 8.000 furono fatti prigionieri. Vennero liberati 15.000 cristiani che erano stati ridotti in schiavitù e incatenati ai banchi delle galee. Questi, tornati liberi, per ringraziare la Vergine, si recarono in pellegrinaggio a Loreto, dove lasciarono i loro ceppi in segno di riconoscenza, con i quali furono realizzati i cancelli della Santa Casa. I cristiani, nella battaglia di Lepanto, persero 15 galee, ebbero 7.650 morti e 7.780 feriti.
S. Pio V, che aveva trascorso le ore della battaglia in preghiera dinanzi all'effigie della Madonna della Salute, nella Chiesa di S. Maria Maddalena, avvertito prodigiosamente dieci giorni prima che la notizia giungesse a Roma, fece suonare a stuolo le campane delle chiese di Roma. Tale miracolosa vittoria fu all’origine della festa di S. Maria delle Vittorie, fissata dal Santo Pontefice al 7 ottobre. Il Papa Gregorio XIII nel 1573 trasferì la festa alla prima domenica del mese di ottobre con il nome di “Madonna del Rosario”. Clemente XI la estese a tutta la Cristianità e fu definitivamente fissata al 7 ottobre da Leone XIII. Il Senato di Venezia, pur ammettendo la bravura dei suoi comandanti ed in special modo di Sebastiano Venier, fece incidere una medaglia in bronzo, che diceva “Non i capitani, non i soldati, non le armi, ma la Vergine del Rosario ci ha dato la vittoria”.
Un altro prodigio simile risale al 1627. Il re di Francia, Luigi XIII, si decise a snidare gli ugonotti protestanti dalla loro fortezza, La Rochelle. Per l’impresa, volle mettersi sotto la protezione della Regina delle Vittorie. A Parigi, nella chiesa di S. Onorato dei Domenicani, sabato 20 maggio 1627 convennero i celebri cardinali de La Rochefoucauld e de Berulle. L’Arcivescovo di Parigi, attorniato da un’ingente massa di fedeli e dalla corte reale al completo, recitò ad alta voce il Rosario per il re e per il felice esito dell’impresa. Così fece pure nei sabati a seguire. Il sovrano stesso, durante l’assedio, volle che i Domenicani predicassero ai soldati il Rosario. Finalmente, il 29 ottobre 1628 cadde la fortezza dei protestanti ed il buon successo si attribuì alla Regina del Rosario. Il re fece erigere nel 1629 la chiesa di “Nostra Signora delle Vittorie”, che oggi, con la sua bella statua, è sede dell’Arciconfraternita del purissimo Cuore di Maria. Da quell’episodio, i Domenicani diffusero la pia pratica dei 15 sabati, cominciando dalla loro prima chiesa di Toulouse, con l’approvazione di Alessandro VIII, e di là tale devozione, rinvigorita dal Beato Bartolo Longo, si diffuse in tutto l’orbe cattolico.
E come non ricordare la battaglia di Vienna, nel 1683, dove le forze cristiane, che contavano circa 65.000 uomini, comandati da pio re polacco Jan (Giovanni) III Sobieski, affrontarono e vinsero il 12 settembre le armate turche, che assediavano Vienna, forti di circa 200.000 uomini?
O ancora si pensi alla strepitosa vittoria dei piemontesi, guidati dal valoroso Vittorio Amedeo II di Savoia, il quale, il 7 settembre 1706, sconfisse i francesi che assediavano la città di Torino, che non aveva forze sufficienti per fronteggiare gli avversari. In onore della Vergine, alla quale l’intera città si rivolse, erigendo un altare in piazza S. Carlo, Vittorio Amedeo, sciogliendo il suo voto, fece erigere sul colle della Superga, su progetto dell’abate Filippo Juvarra, una stupenda Basilica dedicata alla Natività della Beata Vergine Maria.
Altro prodigio, poco ricordato, è quello relativo alla battaglia della Marna nel settembre 1914. Edoarde de Castelnau, generale francese vittorioso a Nancy e Verdun, era in gravi difficoltà. I tedeschi minacciavano Parigi, dopo aver debellato qualsiasi resistenza francese. Il generalissimo Joffre portò la notizia al generale, facendo notare che era tutto perduto. De Castelnau interruppe il suo sottoposto, invitandolo a pregare la Vergine ed a confidare in Dio. Anzi, iniziò lui stesso a pregare. In quello stesso momento, i tedeschi si sbandavano e si ritiravano precipitosamente, spaventati da una grandiosa visione: una donna vestita di bianco, con una cintura azzurra, impediva loro di avanzare verso Parigi. La città era salva. Più di 100.000 soldati videro la Vergine.
Sembrano racconti di epoche lontane, quando la Cristianità non confondeva ancora la Carità, una virtù Teologale, con un generico buonismo, che ne è oggi una stortura: rifugio sentimentale di chi è disposto a sacrificare la propria civiltà ed il proprio credo religioso per un egoistico bisogno di apparire buoni a sé stessi. Un'epoca nella quale gli intrighi politici, per quanto spietati e interessati come lo sono oggi, trovavano un limite in un sistema di valori superiori, di fronte ai quali ogni sacrificio veniva accettato con entusiasmo. L'Europa difendeva il suo modello di civiltà. Sì, ma difendeva anche il suo sangue, le sue chiese, le sue monarchie e repubbliche. Che la Santa Vergine, venerata col titolo di Regina delle Vittorie, sempre vindice dell’errore e del male, possa intercedere per i suoi figli che hanno smarrito il senso profondo della fede e di appartenenza ad una storia ed una cultura, che è, per sua essenza, cristiana.

http://sandomenicodifiesole.op.org/graphics/santi/S.Pio-V_L.BALDI.jpg Lazzaro Baldi, S. Pio V ha la visione della vittoria di Lepanto, 1673, Collegio Ghislieri, Pavia, nel quale S.Pio aveva insegnato teologia

http://sandomenicodifiesole.op.org/graphics/santi/S.Pio-V_ANON.LOMBARDO.jpg Anonimo Lombardo del XVII secolo, S. Pio

http://sandomenicodifiesole.op.org/graphics/santi/battaglia-Lepanto-VERONESE.jpg http://www.wga.hu/art/v/veronese/11/2lepanto.jpg http://img205.imageshack.us/img205/5530/lepantofk2.jpg Paolo veronese, La Battaglia di Lepanto con i SS. Pietro, Rocco, Giustina e Marco che implorano la Vergine perchè conceda la vittoria alla flotta cristiana, 1581-82, Palazzo Ducale, Sala del Collegio, Venezia

http://www.amiciziacristiana.it/vittorie8.gif http://www.amiciziacristiana.it/vittorie9.jpg

http://img44.imageshack.us/img44/9830/stpiev7kx2ks.jpg S. Pio V, Altare della Basilica di S. Maria Ausiliatrice, Torino

Augustinus
07-10-04, 13:38
La battaglia di Lepanto

di Marco Tangheroni

Dall'episodio relativo alla battaglia di Lepanto un esempio, sempre valido anche per i nostri giorni, di solidarietà internazionale e cristiana di fronte al comune pericolo, allora rappresentato dalla minaccia turca. L'eroica resistenza dei cavalieri di S. Giovanni di Gerusalemme in Malta assediato dai turchi. La Lega Santa tra gli Stati cattolici nella Cristianità della Contro-Riforma, modello di unità del mondo cattolico, raggiunta superando interessi temporali divergenti grazie soprattutto alla decisa mediazione dell'allora regnante Pontefice, san Pio V. La gioia della Cristianità alla notizia della vittoria di Lepanto, che preservò intere nazioni europee dalla dominazione musulmana.

All'alba del 7 ottobre 1571, esattamente quattrocentodieci anni fa, aveva inizio, nelle acque di Lepanto, porto della costa ionica, situato di fronte al Peloponneso e non distante da Corfù, una delle più grandi battaglie navali della storia, frutto glorioso degli sforzi della Cristianità controriformistica. Non pare affatto fuori luogo ricordarne l'anniversario, e ricordarlo nel modo più serio, cioè riassumendone la storia e inquadrando l'evento nella situazione del Mediterraneo negli anni immediatamente precedenti e seguenti, così da comprenderlo meglio e da poterlo valutare nella sua portata e nel suo significato.

La Cristianità e il Mediterraneo intorno alla metà del Cinquecento

Intorno alla metà del secolo XVI la situazione della Cristianità era delle più difficili. Il secolo si era aperto, è vero, all'insegna delle promettenti conquiste di nuove terre in Africa, in Asia, in America (1). Ma, già nel secondo decennio, l'incendio acceso dall'ex monaco Martin Lutero era divampato in tutta Europa, approfittando del fertile terreno costituito e preparato da molte tendenze affermatesi nel secolo precedente: dalla diffusione di un movimento culturale umanistico sostanzialmente acristiano, quando non anticristiano (2), alla decadenza della scolastica, con prevalenza in campo filosofico di un neoplatonismo paganeggiante e magico-esoterico o di un aristotelismo averroista; dalla decadenza delle élite aristocratiche e guerriere alla diffusione, nei vari ceti sociali, di una ricerca del lusso e dei piaceri, dal ricorrere di gravi crisi nella Chiesa, come l'esilio del papato ad Avignone e il successivo lungo scisma, alle difficoltà dei Papi rinascimentali di portare a termine una riforma della Chiesa, a parte qualche intervento pur significativo (3).
Mentre Carlo V tentava, attraverso una serie continua di guerre, di salvare l'unità dell'Impero, la Chiesa avviava, col grande Concilio di Trento, insieme uno sforzo di rinnovamento e di riaffermazione solenne delle verità dogmatiche minacciate dall'errore protestante. Come spesso è accaduto nella sua bimillenaria storia, essa trovava al suo interno una straordinaria capacità di reazione, documentata dal fiorire di santi e di nuovi ordini religiosi, dei quali il più importante fu certamente la Compagnia di Gesù, fondata da sant'Ignazio di Loyola, destinata a rappresentare l'arma di punta della riconquista cattolica di una parte dell'Europa.
Questa, d'altra parte, era tormentata dalle contrapposizioni politiche fra Stati cristiani. Così, la Francia - del resto tormentata da decennali e sanguinose guerre di religione - non esitava, talora ad appoggiarsi, nella sua politica antiasburgica, a principati protestanti, e giungeva a vedere con qualche sollievo la forza minacciosa dei turchi nel Mediterraneo.
In questo mare, poi, al pericolo turco si aggiungevano i divergenti interessi, anche comprensibili, degli altri Stati cristiani. Così, mentre Venezia era preoccupata soprattutto delle minacce e degli attacchi che i sultani e le loro forze portavano alle posizioni che essa conservava nello Ionio e nell'Egeo, la Spagna si preoccupava in particolare della presenza musulmana nel bacino occidentale del Mediterraneo, cercando di combatterla nelle sue basi nordafricane (4). Quando la generale situazione europea consentì a Carlo V di tentare di assumere una contro-iniziativa nel Mediterraneo, essa si articolò in due grandi spedizioni contro Tunisi e contro Algeri, delle quali solo una poté considerarsi riuscita (5).
E' questo un primo elemento da tenere presente: la vittoria di Lepanto e, prima ancora, la costituzione di una flotta congiunta, non fu il risultato di interessi politici convergenti. Essi, semmai, divergevano, come si vide negli anni precedenti e seguenti la battaglia stessa. Essa fu piuttosto il frutto di scelte coraggiose e responsabili di alcuni principi e uomini politici e militari cristiani, nonché della persistenza, ancora notevole, anche a livello popolare, dello spirito di crociata (6).
Comunque, dalla fine del Trecento, l'espansione turca si era fatta sempre più minacciosa e, pur avendo conosciuto qualche battuta di arresto - sia per vittorie cristiane che per alcune crisi interne -, nel complesso essa appariva quasi inarrestabile, mentre, negli intervalli tra le vere e proprie guerre, un continuo stillicidio di incursioni, attacchi corsari, saccheggi, catture di schiavi, massacri, manteneva, sui mari e lungo le coste, il terrore nei confronti degli aggressivi infedeli. Ed è questo un secondo elemento da tenere presente per valutare Lepanto: il senso di liberazione provato non solo e non tanto per la scomparsa di un pericolo - che fu, come vedremo, temporaneo -, ma anche per la prova raggiunta che fermare i turchi, volendo, era possibile.

L'assedio di Malta nel 1565

Nella impossibilità di rievocare in questa occasione il lungo elenco di vittorie e sconfitte, di piccoli e grandi episodi, di tentativi di sforzi comuni e di prevalenze di interessi particolari, mi pare utile prendere il 1565 come anno di avvio del racconto degli eventi che culminarono nella giornata di Lepanto. Ciò soprattutto per l'importanza che ebbe il fallimento del tentativo turco di conquistare Malta, tentativo che ebbe luogo proprio in quell'anno. Si può ben dire che esso segnò la fine di un periodo di netta prevalenza turca e l'avvio di un'azione cristiana di controffensiva, ancorché marcata da quei ritmi lenti e da quelle diffidenze reciproche di cui ho sopra fatto cenno (7).
L'importanza di Malta non era legata soltanto alla perdita eventuale di una posizione geograficamente e strategicamente del massimo rilievo, ma anche al fatto che l'isola era la base di quell'ordine militare dei cavalieri di S. Giovanni di Gerusalemme il quale, adattandosi alle nuove circostanze, non aveva perso il suo antico spirito e il senso della sua tradizione, legati alle Crociate e alla Terrasanta. Le sue non numerose galee agivano con decisione sul mare, impegnate regolarmente in una spesso vittoriosa, sempre fastidiosa contro-guerriglia navale, mentre le sue basi costituivano un punto d'appoggio vitale per tutte le navi cristiane (8).
L'attacco a Malta, con tutte le forze turche disponibili, fu deciso in persona dal vecchio Solimano, detto il Magnifico, per vendicare i danni patiti per opera dei Cavalieri di Malta e per dare prova che, dopo vari anni di regno, era ancora capace di sferrare offensive in grande stile contro il mondo cristiano; ciò benché, tra i suoi consiglieri, ve ne fossero alcuni contrari, timorosi delle grandi capacità militari dei Cavalieri - dimostrate anche durante il lungo assedio turco di Rodi - e favorevoli, semmai, ad attaccare le posizioni spagnole di Tunisi e di La Goletta, magari con una manovra diversiva contro Otranto. Comunque, il sovrano turco non era un avventato e si preoccupò di garantirsi la neutralità della Francia e di Venezia (9).
La flotta turca si mosse con grande velocità e rapidità mentre in Occidente ci si interrogava sui possibili obiettivi che essa avrebbe potuto perseguire; a Malta, allorché 18 maggio 1565 la immensa flotta turca si presentò o all'isola, non erano stati fatti quei preparativi militari - perfezionamento delle opere difensive già esistenti, ammasso di viveri e munizioni - che sarebbero stati dettati dalla consapevolezza di dovere affrontare un così terribile assedio.
In altra occasione, semmai, racconterò in dettaglio vicende della resistenza dei Cavalieri e dei molti episodi degni di essere conosciuti (10). Qui basterà dire che essa fu eroica, talora ai limiti dell'incredibile. Uno storico, certo non accusabile di facili entusiasmi o di intenti apologetici, Fernand Braudel, dopo aver esposto come la situazione si presentasse favorevole ai turchi, non esita a scrivere: "Ma il gran maestro, Jean Parisot de la Vallette, e i suoi cavalieri si difesero meravigliosamente. Il loro coraggio salvò tutto" (11).
In effetti, quasi tutta l'isola fu occupata, tranne alcune fortificazioni che resistettero a oltranza, nonostante lenti bombardamenti e i ripetuti assalti. I difensori del piccolo forte di Sant'Elmo morirono tutti, ma ai turchi fu necessario più di un mese per conquistarlo. Il forte di San Michele resistette ancora più a lungo anche grazie alle coraggiose sortite del gran maestro e di un pugno di cavalieri che gettavano il panico nelle fila del grande esercito turco e alleggerivano la pressione degli assedianti.
Malta ebbe così il necessario respiro. Poterono arrivare i primi rinforzi inviati dal viceré di Napoli, don Garcia de Toledo. I turchi decisero di rinunciare all'impresa, abbandonando l'isola il 12 settembre.
E' stato scritto che "la vittoria delle armi cristiane - vittoria piena e decisiva - aveva richiesto dolorosi sacrifici: duecentodieci i cavalieri caduti, sessantanove i serventi d'arme morti e, diciassette i dispersi, cinque cappellani caduti, cui devono essere aggiunti i soldati morti in combattimento dei quali settemila maltesi e duemilacinquecento di altre nazioni " (12). Ma Solimano il Magnifico, il conquistatore di Rodi e di Belgrado, di Buda e di Tabriz, era stato sconfitto e il mito della invincibilità delle sue armate era stato scosso.

La Lega Santa

Tuttavia, gli avvenimenti del 1565, pur favorevoli, nelle loro conclusioni, alle armi cristiane, avevano confermato i pericoli che derivavano dalla disunione politica e militare della Cristianità. La vittoriosa resistenza di Malta fu un motivo di incoraggiamento per la riscossa cristiana, ma anche un campanello di allarme. Ma altri fattori resero possibile la grande giornata di Lepanto, fra i quali, a parere di quasi tutti gli storici, anche non cattolici, decisiva fu l'azione di san Pio V, salito al pontificato all'inizio del 1566.
Il nuovo Papa era nato presso Alessandria nel 1504. Entrato giovane nell'ordine domenicano, si era distinto per l'austerità della vita e l'impegno nella difesa del cattolicesimo. Lo notò il cardinale Carafa, il quale, nel 1551, lo fece nominare commissario generale dell'Inquisizione; divenuto questi Papa con il nome di Paolo IV (1555-1559), nominò lo stimato padre Michele prima cardinale e, poi, grande inquisitore. Fu, invece, messo da parte dal successivo Papa, Pio IV, il quale, se pure ebbe il merito di chiudere il Concilio di Trento e di avviarne l'applicazione, seguiva una linea più moderata del suo predecessore. L'elezione del cardinale Ghislieri all'inizio del 1566 costituì, perciò, una sorpresa. Essa, dovuta in buona parte alla influenza in conclave san Carlo Borromeo, segnò la definitiva affermazione, in seno alla Chiesa cattolica, di quelle forze che perseguivano lucidamente ed energicamente una strategia di contro-riforma basata sul rinnovamento della Chiesa stessa; sulla integrale applicazione delle decisioni di Trento; su un'azione, improntata a severità e decisione, di difesa della Cristianità sia sul piano esterno che sul piano interno, a tutti i livelli, da quello politico a quello culturale (13).
Fedele allo spirito di crociata e perfettamente consapevole della minaccia turca - rinnovata, dopo la morte di Solimano, dal nuovo giovane sultano, Selim, salito al trono nel 1566 -, san Pio V si adoperò in ogni modo per appianare i contrasti tra le potenze cristiane mediterranee e per spingerle a uno sforzo comune. Di lui Fernand Braudel ha giustamente scritto: "Certo, non un papa del Rinascimento: un'età ormai finita" (14). Meno giustamente, mi sembra, aggiunge che egli fu "intransigente e visionario" (15); intransigente certamente, ma visionario è termine equivoco, nella misura in cui sembra alludere non soltanto alla sua santità e alla sua tensione spirituale, ma anche a una astrattezza che la sua azione non ebbe. E' spesso, purtroppo, con accuse simili che vengono liquidati i progetti la cui magnanimità spaventa; e si fanno valere le ragioni di una pseudo-prudenza politica, le quali sono, sovente, ben più irreali e astratte, anche se molto più comode.
Intanto, mentre le guerre di religione infuriavano in Francia e nei Paesi Bassi, l'espansione turca riprendeva minacciosa, non solo sul mare, ma anche alle frontiere ungheresi dell'impero. Inoltre, non senza sospetti di manovre turche, una rivolta dei musulmani di Granada, scoppiata nel 1569, si estendeva a gran parte dell'Andalusia, protraendosi a lungo.
Mentre le forze spagnole erano impegnate in questa difficile guerra, alla fine vinta sotto la guida di don Giovanni d'Austria - venticinquenne fratellastro del re di Spagna Filippo II -, Tunisi cadeva in mano musulmana e i turchi si apprestavano ad attaccare Cipro, approfittando delle difficoltà di Venezia, della quale, tra l'altro, era bruciato quasi completamente il famoso Arsenale, per un incendio dì cui non si può escludere l'origine dolosa (16). Nel luglio, in effetti, i turchi sbarcavano a Cipro e nel settembre conquistavano la capitale, Nicosia. La resistenza cristiana continuò nella più fortificata Famagosta, sotto la guida dell'eroico Marco Antonio Bragadin, poi destinato a orrendo supplizio quando, nell'anno successivo, la città dovrà cadere, nonostante le promesse e i patti.
San Pio V colse l'occasione dell'attacco a Cipro per superare la politica, ormai insufficiente, dei piccoli e occasionali aiuti. Fin dall'inizio perseguì la costituzione di una vera e propria lega. Le trattative furono lente; bisognava superare interessi divergenti. Alla fine la Sacra Lega fu firmata il 20 maggio 1571, nonostante gli sforzi della Francia, che cercava di dissuadere Venezia; nonostante la riluttanza di Filippo Il a impegnarsi nel Mediterraneo orientale; nonostante lo scetticismo dei veneziani, rafforzato da una deludente campagna fiaccamente condotta nell'autunno del 1570; nonostante i contrasti tra il granduca di Toscana Cosimo I e il sovrano spagnolo. Ed essa ebbe anche rapida attuazione, nonostante le obbiettive difficoltà di radunare e concentrare una forza ingente, come previsto dall'accordo e come necessario per la situazione, costruendo e armando navi, arruolando marinai e soldati, provvedendo ai rifornimenti resi tanto più difficili, in quanto il raccolto del 1570 era stato cattivo nei paesi spagnoli.

http://img399.imageshack.us/img399/8066/08dreampz1.jpg http://www.wga.hu/art/g/greco_el/04/0404grec.jpg El Greco, Adorazione del nome di Gesù o sogno di Filippo II o Allegoria della Lega Santa, 1578-79, Sala Capitolare, Monasterio de San Lorenzo, El Escorial. I tre membri della Lega Santa, Spagna, Venezia e Stato della Chiesa, sono rappresentati attraverso le figure di Filippo II di Spagna, il Doge Mocenigo ed il Papa, S. Pio V

La battaglia di Lepanto

La flotta cristiana riuscì a concentrarsi a Messina alla fine di agosto del 1571. Presto, se si considera la difficoltà che dovettero superarsi; troppo tardi, secondo i più prudenti tra i condottieri cristiani: Requesens, inviato personale di Filippo II, e Gian Andrea Doria consigliavano di limitarsi a un atteggiamento difensivo; nello stesso senso scriveva da Pisa don Garcia de Toledo. "Ma don Giovanni prestò ascolto soltanto ai capi veneziani e a quei capitani spagnuoli della sua cerchia che insistevano per l'azione; e, presa la decisione, si dedicò al compito con l'ardore esclusivo del suo temperamento" (17). In effetti, fu la sua energia, sostenuta dal fascino della sua personalità e dalla naturale attitudine al comando, a soffocare sul nascere riaffioranti contrasti tra capitani e tra equipaggi. Fu la sua volontà a perseguire lo scontro, andando a cercare l'armata nemica. Furono, poi, il suo coraggio e il suo valore militare a giocare un ruolo molto importante nella battaglia stessa.
Così, la flotta cristiana andò a cercare quella turca, la quale, dopo essersi spinta fino a metà Adriatico, era rientrata a Lepanto, per imbarcare nuovi equipaggi e nuovi viveri. La flotta cristiana era composta da duecentootto galee, quella turca da duecentotrenta. Centodieci galee avevano comandanti veneziani, anche se, per la scarsezza di uomini, gli equipaggi erano stati rinforzati con truppe provenienti dagli Stati spagnoli, in specie per il settore degli archibugieri. Trentasei provenivano da Napoli e dalla Sicilia; ventidue da Genova, al comando del Doria; ventitré dagli Stati pontifici e da altri Stati italiani (18); quattordici dalla Spagna in senso stretto e tre da Malta (19).
La superiorità numerica, gli ordini avuti dal sultano e il suo temperamento personale indussero il comandante in capo della flotta turca, Alì, a non sottrarsi al combattimento, pur se nell'ambito dei comandanti turchi non poche voci si erano espresse in senso contrario.
Mentre le flotte si avvicinavano fu inalberato sulla galea del comandante in capo dell'armata cristiana (20) lo stendardo della Lega, offerto da san Pio V, che recava in campo cremisi il Crocifisso con, ai piedi, le armi del Pontefice, di Venezia e della Spagna. Don Giovanni e il comandante pontificio, Marcantonio Colonna, imbarcatisi su due piccoli e veloci legni, percorsero tutto lo schieramento, ricordando la natura divina della causa per cui combattevano e che il Crocifisso era il loro vero comandante. A bordo, i cappellani confessavano e i capitani incitavano; gli equipaggi lanciavano grida di guerra (21).
Un contemporaneo ricorda che nelle galee cristiane "tuttavia si toccavano assiduamente gli tamburi e ogni altra sorte di istrumenti", aggiungendo che esse "vogavano in bellissima ordinanza", cioè stando molto vicine, in modo da impedire la penetrazione di gruppi di navi nemiche (22). Il mare si calmò improvvisamente, e ciò parve miracoloso agli esperti di mare. La battaglia si accese, dopo che dalle imbarcazioni ammiraglie erano partiti i primi colpi di artiglieria.
Mentre Gian Andrea Doria, a capo dell'ala destra dello schieramento cristiano, era costretto ad allargarsi per evitare la manovra di aggiramento tentata dal corno sinistro dello schieramento turco, comandato da Euldj-Ali (27) la battaglia si decise nel centro. Le artiglierie giocarono un ruolo tutto sommato secondario, anche se la superiorità di fuoco delle sei galeazze veneziane, pesantemente armate, rimorchiate in prima fila, ebbe un peso rilevante nel gettare un sanguinoso disordine nel cuore dello schieramento nemico. Decisiva fu la superiorità delle fanterie cristiane nella serie dei combattimenti ravvicinati tra singoli gruppi di galee, guidate da capi che "non mancavano di mostrare animo gagliardo e grande" (24). Intanto, "gran parte degli schiavi cristiani che si trovavano sopra l'armata nemica [...] facevano ogni sforzo per procacciare il loro scampo e la vittoria dei nostri" (25).
Molti furono gli episodi di eroismo: l'equipaggio della galera Fiorenza dell'Ordine di Santo Stefano, tutto ucciso salvo il suo comandante Tommaso de' Medici e quindici, uomini. Il generale Giustiniani, dell'Ordine di Malta, e il comandante della galera capitana dell'Ordine, fra' Rinaldo Naro, furono feriti tre volte; quaranta cavalieri di Malta caddero nel combattimento (21). Morì, tre giorni dopo la battaglia, anche il comandante in seconda veneziano, Agostino Barbarigo, il quale, accorgendosi che ì suoi ordini non erano uditi bene, si scoprì il viso mentre "i nemici più fieramente saettavano; essendogli detto si coprisse [...] rispose che minor offesa egli sentirebbe di essere ferito che di non essere udito", e fu così ferito mortalmente (27). Del valore di don Giovanni si è detto; va anche ricordato il grande apporto di Marcantonio Colonna e del settantacinquenne comandante veneziano Sebastiano Venier.
Le proporzioni della sanguinosa battaglia possono essere riassunte in poche cifre. Se i caduti cristiani furono circa 9 mila, quelli turchi furono 30 mila, e varie altre migliaia quelli catturati. Soltanto trenta navi turche riuscirono a fuggire; delle altre, centodiciassette catturate e divise tra gli Stati membri della Lega e le rimanenti andarono distrutte (28).

Una vittoria senza conseguenze?

E' la domanda che si pone Fernand Braudel, ricordando che una serie di storici, e primo - si potrebbe dire: naturalmente - Voltaire, hanno insistito sul fatto che negli anni successivi la vittoria non fu sfruttata a fondo (29).
In effetti riemersero antichi contrasti, mentre molti altri scacchieri impegnavano la Spagna. Nel 1575 Venezia fu fiaccata da una terribile epidemia (30). Nel 1578 don Giovanni d'Austria, che era nei Paesi Bassi a combattere contro i protestanti, morì improvvisamente. Ma si tratta di osservazioni storicamente non corrette, come già ho accennato in qualche osservazione precedente.
In realtà bisognerebbe domandarsi, per capire la portata dell'avvenimento, cosa sarebbe successo se la vittoria non ci fosse stata o, peggio, se ci fosse stata una sconfitta. Non solo tutte le posizioni veneziane nei mari Egeo, Ionio e Adriatico sarebbero cadute, ma la stessa intera Italia, forse anche la Spagna, sarebbero state alla mercé dei turchi (31).
Allora comprenderemo la gioia dei popoli cristiani (32) l'entusiasmo dei veneziani all'arrivo della notizia, i festeggiamenti fatti un pò dappertutto. Il Papa, quando ricevette dal nunzio veneziano la notizia della vittoria, proruppe in lacrime e ripeté le parole della Scrittura: "fuit homo missus a Deo cui nomen erat Johannes" (33). Il re Filippo II stava assistendo ai vespri nella cappella del suo palazzo quando entrò l'ambasciatore veneziano, proprio mentre veniva intonato il Magnificat, gridando Vittoria! Vittoria!. Ma il re non volle che si interrompesse la sacra funzione. Solo al termine fece leggere il dispaccio e intonare il Te Deum (34). Segno che si manteneva il senso della esatta gerarchia della storia in una buona prospettiva cattolica.
Certamente, la vittoria era stata ottenuta grazie a "la intelligentissima prudentia de i nostri generali, la bravura e destrezza de i capitani in mandare ad effetto, il valore de' gentiluomini e soldati nell'essequire", (35). Ma, più ancora, a ben altre forze, secondo la bella espressione del senato veneto: "Non virtus, non arma, non duces, sed Maria Rosarii victores nos fecit", "non il valore, non le armi, non i condottieri ma la Madonna del Rosario ci ha fatto vincitori" (36). Del resto, la vittoria di Lepanto era avvenuta nel giorno in cui le confraternite del Rosario facevano tradizionalmente particolari devozioni (37).

NOTE

(1) Di tali conquiste non bisogna dimenticare, accanto alle altre, le motivazioni di carattere religioso; Cfr. PIERRE CHAUNU, La conquista e l'esplorazione dei nuovi mondi (XVI secolo), trad. it., Mursia, Milano 1977.

(2) Non è questa la sede per approfondire il discorso sui limiti e sui caratteri dell'umanesimo cristiano, che certamente esistette, ma, a mio parere, senza possibilità di caratterizzare nella sostanza il periodo e le tendenze e non senza illusioni ed errori di prospettiva.

(3) PLINIO CORRÊA DE OLIVEIRA, in Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, 3a ed. it. accresciuta, Cristianità, Piacenza 1977, pp. 71-73, coglie l'importanza di questo periodo nell'avvio del processo rivoluzionario. Per le tendenze - sulle quali insiste giustamente il pensatore cattolico brasiliano - è sempre affascinante e ricca di stimoli la lettura di JOHAN HUIZINGA, L'autunno del Medioevo, trad. it., Sansoni, Firenze 1966. Interessante anche - proprio per l'orientamento marxista e progressista degli autori - RUGGERO ROMANO e ALBERTO TENENTI, Alle origini del mondo moderno, Feltrinelli, Milano 1967. Per l'aspetto filosofico RUDOLF STADELMANN, Il declino del Medioevo. Una crisi di valori, trad. it., Il Mulino, Bologna 1978 (l'originale edizione tedesca è del 1929).

(4) Fondamentale è FERNAND BRAUDEL, Civiltà e imperi del Mediterraneo nell'età di Filippo II, n. ed. it., Einaudi, Torino 1976, in particolare pp. 887-1326.

(5) Cfr. GIANCARLO SORGIA, La politica nord-africana di Carlo V, Cedain, Padova 1963.

(6) A proposito di questo argomento si può vedere FRANCO CARDINI, Le crociate tra il mito e la storia, Istituto di Cultura Nova Civitas, Roma 1971, pp. 292-332.

(7) F. BRAUDEL, op. cit., considera il 1565 l'ultimo anno della supremazia turca.

(8) Cfr. UBALDINO MORI UBALDINI, La marina dei sovrano militare ordine di San Giovanni di Gerusalemme di Rodi e di Malta, Regionale Editrice, Roma 1971. Per una visione d'insieme è tuttora fondamentale, sul piano degli avvenimenti militari, CAMILLO MANFRONI, Storia della marina italiana dalla caduta di Costantinopoli alla battaglia di Lepanto (1453-1571), Roma 1897. Ricordo anche il congresso tenutosi a Venezia in occasione del quarto centenario, Il mediterraneo nella seconda metà del '500 alla luce di Lepanto, Olfchki, Firenze 1974; cfr. anche FILIPE RUIZ MARTIN, The battle of Lepanto and the Mediterranean, in The Journal of European Economic History, 1, 1 (1972), pp. 166-169.

(9) Cfr. U. MORI UBALDINI, op. cit., p. 220.

(10) Cfr. FRANCESCO BALBI DA CORREGGIO, Diario dell'assedio di Malta, Palombi, Roma 1965; questo testo mi sembra il più interessante per avvicinarsi in modo diretto agli avvenimenti di quei mesi nell'isola.

(11) F. BRAUDEL, op. cit., p. 1088.

(12) U. MORI UBALDINI, op. cit., p. 243.

(13) Cfr. LUDWIG VON PASTOR, Storia dei papi dalla fine del Medio Evo, trad. it., Roma 1944.

(14) F. BRAUDEL, op. cit., p. 1100.

(15) Ibid., p. 1101.

(16) Ibid., p. 1137.

(17) Ibid., p. 1176.

(18) A causa della tensione tra Cosimo e Filippo II le dodici galee toscane parteciparono come noleggiate dal Papa, le cui insegne - e non quelle stefaniane o medicee - innalzavano: cfr. CESARE CIANO, I primi Medici e il mare, Pacini, Pisa 1980, pp. 59-66.

(19) Cfr. FREDERIC C. LANE, Storia di Venezia, trad. it., 2a ed., Einaudi, Torino 1978, pp. 428-432.

(20) Una ricostruzione della galea reale di don Giovanni d'Austria si può vedere nel Museo Navale di Barcellona, in scala l/1. Nella cattedrale della stessa città si conserva - ed è oggetto di gran devozione - un bel Crocifisso in legno, che si dice fosse a bordo della nave di don Giovanni.

(21) Cfr. GIOVANNI PIETRO CONTARINI, Historia delle cose successe dal principio della guerra mossa da Selim ottomano ai Venetiani fino al dì della gran giornata vittoriosa contra i Turchi, Francesco Ramparetto, Venezia 1572, foglio 48 r.

(22) U. MORI UBALDINI, op. cit. p. 274.

(23) Si tratta dell'Uccialì o Uccialli delle fonti cristiane. Il comportamento del Doria fu molto criticato, sia da alcuni contemporanei che da alcuni storici moderni. Ma la storiografia contemporanea tende a riconoscere l'opportunità del suo comportamento.

(24) G. P. CONTARINI, op. cit., f. 50 v.

(25) GEROLAMO DIEDO, La battaglia di Lepanto, Daelli, Milano 1863, p. 35. Diedo era un veneziano abitante a Corfù, contemporaneo degli avvenimenti.

(26) Cfr. U. MORI UBALDINI, op, cit., p. 277.

(27) G. DIEDO, op. cit., pp. 29-30.

(28) Cfr. F. LANE, op. cit., p. 431.

(29) Cfr. F. BRAUDEL, op. cit., p. 1181.

(30) Cfr. PAOLO PRETO, Peste e società a Venezia nel 1576, Neri Pozza, Vicenza 1978.

(31) Così conclude anche F. BRAUDEL, Op. cit., p. 1182 "anziché badare soltanto a ciò che seguì a Lepanto, si pensasse alla situazione precedente, la vittoria apparirebbe come la fine di una miseria, la fine di un reale complesso d'inferiorità della Cristianità, la fine d'un altrettanto reale supremazia della flotta turca [...] Prima di far dell'ironia su Lepanto, seguendo le orme di Voltaire, è forse ragionevole considerare il significato immediato della vittoria. Esso fu enorme". Il contemporaneo Contarini (op. cit., f. 34), scrive che prima di Lepanto "già era da tutte le parti il Christianesimo pieno di terrore".

(32) Interessante documentazione in GUIDO ANTONIO QUARTI, La battaglia di Lepanto nei canti popolari dell'epoca, Milano 1930.

(33) ANDREA DRAGONETTI DE TORRES, La Lega di Lepanto nel carteggio diplomatico di don Luis de Torres nunzio straordinario di S. Pio V a Filippo II, Bocca, Torino 1931, p. 64. Peraltro, S. Pio V aveva già ricevuto la notizia per mezzo di una rivelazione divina: cfr. card. GIORGIO GRENTE, Il pontefice delle grandi battaglie San Pio V, Edizioni Paoline, Roma 1957, pp. 166-168.

(34) Ibid., pp. 62-63.

(35) G. P. CONTARINI, op. cit., f.54 r.

(36) Citato, non a caso, da GIOVANNI CANTONI, in conclusione del suo saggio introduttivo a P. CORRÊA DE OLIVEIRA, op. cit., p. 50.

(37) Cfr. PIO PASCHINI, voce Lepanto, in Enciclopedia Cattolica.

FONTE: Cristianità, dicembre 1981, fasc. n. 80 (http://members.tripod.com/~davidbotti/Lepanto.html)

Augustinus
07-10-04, 13:43
La battaglia di Lepanto del 1571

Le ragioni storiche dello scontro

Dopo che il 31 maggio 1453 Maometto II aveva conquistato la città di Costantinopoli e con essa il millenario Impero cristiano d'Oriente, i turchi ottomani ritenevano imminente il giorno del loro dominio universale. Nel 1521 si erano impadroniti di Belgrado; nel 1526 avevano conquistato l'Ungheria ed erano arrivati fino alle porte di Vienna.
In Italia avevano invaso e saccheggiato tutte le coste del meridione. Tripoli era già stata tolta agli spagnoli, l'isola di Chio ai genovesi, Rodi ai cavalieri che la possedevano e la stessa isola di Malta, nuova sede dei cavalieri,sarebbe caduta nelle mani turche se Jean de La Valette, Gran Maestro dell'Ordine non l'avesse difesa e salvata con eroico valore.
Nel febbraio 1570 era giunto a Venezia un ambasciatore turco con un ultimatum della Sublime Porta: o la cessione al sultano dell'isola di Cipro o la guerra. Venezia aveva rifiutato con sdegno. Ma dopo undici mesi di assedio il 1 agosto 1571, nell'isola di Cipro era caduta la città di Famagosta. Il patto di resa garantiva la vita ai difensori superstiti, ma quando il comandante turco era penetrato a Famagosta aveva fatto scorticare vivo il comandante della piazza cristiana Marcantonio Bragadin. Il corpo era stato squartato, la pelle di Bragadin era stata quindi riempita di paglia, rivestita con la sua uniforme e trascinata per la città.

Il terrore regnava nel Mediterraneo, l'antico Mare nostrum. La sorte dei cristiani di Cipro era quella che l'Islam sembrava preparare ai cristiani di tutta Europa. Sulla cattedra di Pietro sedeva un teologo domenicano, Michele Ghislieri, salito al pontificato all'inizio del 1566 con il nome di Pio V. Egli valutò la gravità del pericolo e comprese che solo una guerra preventiva avrebbe salvato l'Occidente. Con parole gravi e commosse esortò le potenze cristiane ad unirsi contro gli aggressori e di questa difesa della cristianià fece l'asse del suo breve pontificato.

Non tutti, però, risposero all'appello. L'espansione dei turchi si sviluppava anche grazie alla complicità decisiva di paesi cristiani, come la Francia, che in nome della realpolitik, oggi diremmo dei suoi interessi geopolitici, incoraggiava e finanziava i turchi per indebolire il suo tradizionale nemico: la casa imperiale d'Austria. Tuttavia grazie alle preghiere e alle insistenze del pontefice, il 25 luglio del 1570, la Spagna, Venezia e il Papa conclusero l'alleanza contro i turchi. Subito dopo aderirono il duca di Savoia, la Repubblica di Genova e quella di Lucca, il granduca di Toscana, i duchi di Mantova, Parma, Urbino, Ferrara, l'Ordine sovrano di Malta. Si trattava di una prefigurazione dell'unità italiana su basi cristiane, la prima coalizione politica e militare italiana nella storia.

Alla testa della Lega Cristiana fu posto un giovane di 25 anni: don Giovanni d'Austria, figlio naturale di Carlo V e dunque fratellastro del re di Spagna Filippo II. La flotta pontificia, costituita grazie all'aiuto decisivo dei cavalieri di Santo Stefano, era comandata da Marcantonio Colonna, duca di Paliano, a cui il Papa affidò la bandiera della Chiesa. La Santa Lega fu ufficialmente proclamata a Roma nella basilica di San Pietro. Lasciata Messina, dove si era concentrata alla fine di agosto, dopo venti giorni di navigazione con rotta verso levante, la flotta cristiana attaccò il nemico alle undici di mattina di quella domenica 7 ottobre dell'anno 1571.

Lo svolgimento della battaglia

All'alba del 7 ottobre 1571 una gigantesca flotta ottomana, la più numerosa mai schierata nel Mediterraneo, avanzava lentamente, con il vento di scirocco in poppa. Circa 270 galee e una quantità indescrivibile di legni minori formavano un semicerchio, una enorme e minacciosa mezzaluna che occupava tutte le acque che dalle coste montagnose dell'Albania, a nord, arrivano alle secche della Morea, a sud. Al centro della mezzaluna che avanzava, sulla nave ammiraglia, chiamata la Sultana, sventolava uno stendardo verde, venuto dalla Mecca, che recava ricamato in oro per 28.900 volte il nome di Allah.

Di fronte, in formazione a croce, era schierata la flotta cristiana, sulla cui ammiraglia, comandata da don Giovanni d'Austria, garriva un enorme stendardo blu con la raffigurazione del Cristo in Croce. La battaglia durò cinque ore e si decise al centro dello schieramento, dove le navi ammiraglie si speronarono l'un l'altra formando un campo di battaglia galleggiante in cui si susseguirono attacchi e contrattacchi finchè il reggimento scelto degli archibugieri di Sardegna riuscì a sferrare l'attacco decisivo. Alì Pascià fu colpito a morte e sulla Sultana fu ammainata la Mezzaluna e issato il vessillo cristiano.

Si coprirono di valore tra gli altri i Colonna e gli Orsini, sette della stessa famiglia, il conte Francesco di Savoia che cadde in battaglia, il ventitreenne Alessandro Farnese, destinato a divenire uno dei maggiori condottieri del secolo, Giulio Carafa che, preso prigioniero si liberò e si impadronì del brigantino nemico, ed i veneziani tutti che pagarono il maggior tributo di sangue.
Il provveditore veneziano Agostino Barbarigo che comandava l'ala sinistra dello schieramento cristiano, si batté, fino a che non gli mancarono le forze, con una freccia infitta nell'occhio sinistro.Sulla sua ammiraglia, Sebastiano Venier, combatté a capo scoperto e in pantofole perché, risponde a chi gliene chiede il motivo, fanno migliore presa sulla coperta. Ha settantacinque anni e imbraccia la balestra, aiutato da un marinaio per il caricamento dell'arma, un'operazione che era ormai superiore alle sue forze. Sopraffatto dal numero viene soccorso dalle galee di Giovanni Loredan e Caterino Malipiero, che trovano la morte nella lotta.
Al termine della battaglia la Lega aveva perso più di 7.000 uomini, di cui 4.800 veneziani, 2.000 spagnoli, 800 pontifici, e circa 20.000 feriti; i turchi, contarono più di 25.000 perdite e 3.000 prigionieri. Il nome di Lepanto era entrato nella storia. Per la prima volta dopo un secolo il Mediterraneo tornò libero. A partire da questo giorno iniziò il declino dell'impero ottomano.

Nel pomeriggio del 7 ottobre, Pio V che aveva moltiplicato le preghiere a Colei che sempre aveva soccorso i cristiani nelle ore drammatiche della cristianità, stava esaminando i conti con alcuni prelati. D'improvviso fu visto levarsi, avvicinarsi alla finestra fissando lo sguardo come estatico e poi, ritornando verso i prelati esclamare: "Non occupiamoci più di affari, ma andiamo a ringraziare Iddio. La flotta cristiana ha ottenuto vittoria".
Il Pontefice attribuì il trionfo di Lepanto all'intercessione della Vergine e volle che nelle Litanie lauretane si aggiungesse l'invocazione Auxilium christianorum. Anche il Senato Veneziano che non era composto da donnicciole, ma da uomini fieri e rotti a sfidare i più gravi pericoli in mare e in terra, volle attribuire alla Santissima Vergine il merito principale della vittoria e sul quadro fatto dipingere nella sala delle sue adunanze fece scrivere queste parole: Non virtus, non arma, non duces, sed Maria Rosarii, victores nos fecit (non il valore, non le armi, non i condottieri, ma la Madonna del Rosario ci ha fatto vincitori).

FONTE: LEPANTO (http://www.lepanto.org/batta.php3)

Augustinus
07-10-04, 13:49
L'ASSEDIO DI FAMAGOSTA E IL MARTIRIO DI MARKANTONI BRAGADIN

(L'epilogo, 1-15 agosto 1571)

Da La repubblica del leone di Alvise Zorsi, Rusconi ed. 1988

Mentre la Santa Lega si prepara per combattere la Battaglia di Lepanto che più tardi verrà definita da quel illustre genio letterario, qual era Miguel Cervantes, autore del Don Chisciotte, come "Il più grande evento che videro i secoli", a Cipro le cose erano precipitate. Impastoiato dai preparativi della Lega, ma impegnato da una violenta offensiva turca tra Adriatico e Ionio (che aveva suscitato una gran paura a Venezia dove ci si era affrettati a fortificare i lidi come nell’imminenza di un’invasione), Sebastiano Venier non aveva potuto coprire Cipro. I grossi rinforzi erano arrivati, invece, a Lala Mustafà, che assediava Famagosta, dove si trovavano, a comandare la difesa, il provveditore Marcantonio Bragadin, coadiuvato da Lorenzo Tiepolo, capitano di Pafo, e il generale Astorre Baglioni.

Sia il Bragadin, sia il Tiepolo, sia il Baglioni erano comandanti capaci e decisi. Le fortificazioni erano formidabili, come si può vedere assai bene ancora oggi. Ma le speranze, se non arrivavano nuovi soccorsi da Venezia, erano limitate. Da Venezia, invece, venivano soltanto buone parole; la flotta, ormai, faceva rotta su Messina, punto di concentramento delle forze della Lega. E lo stillicidio delle perdite assottigliava ogni giorno di piu il presidio, troppo modesto per Identità della fortezza.

I Turchi devastano i bastioni con le mine, continuano ad attaccare in forze, senza dar tregua ai difensori, ridotti a non più di cinquecento uomini. La popolazione chiede apertamente la resa. Dopo essersi consultato con gli altri comandanti, Bragadin decide di trattare. Ma non personalmente: quando Mustafà manda un parlamentare con una proposta di tregua, risponde orgogliosamente: "Io non voglio neanche vardar ’sta domanda del turco ". Orgoglio, o consapevolezza? I fatti gli daranno ragione. Sarebbe stato meglio per lui e per tutti morire sotto le macerie della città che affrontare un destino molto più atroce.

Il primo agosto 1571 la tregua fa tacere il cannoneggiamento. Il plenipotenziario di Lala Mustafà presenta il documento della capitolazione, un gran foglio di carta bianca con appesa una bolla d’oro fino sulla quale è scolpita l’effigie del Sultano, promettendo e giurando per Dio et sopra la testa del Gran Signore di mantenere quanto nei capitoli si conteneva. I "capitoli" concordati prevedono:

a) passaggio salvo e sicuro dei superstiti fino a Sitìa, nell’isola di Creta;
b) imbarco garantito e indisturbato delle truppe italiane a tocco di tamburo, con le insegne spiegate, artiglieria, arme et bagaglio, moglie et jigli,
c) libera partenza per i Ciprioti che vogliono seguire i Veneziani e nessuna molestia agli Italiani che desiderano rimanere a Famagosta;
d) infine, i Ciprioti rimangano liberi patroni delle sue facoltà e non vengano offesi né in honore né in la robba, con due anni di tempo per optare se rimanere sottomessi al Turco o trasferirsi altrove a cura e spese delle autorità ottomane.

Sono condizioni più che onorevoli, e Mustafà le approva esplicitamente, salvo per quanto riguarda le artiglierie. Assieme al documento firmato, egli si dà premura di far avere a Bragadin anche i salvacondotti per Creta. Il 2 agosto incominciano le operazioni d’imbarco. Il 5 tutto e già sistemato; Marcantonio Bragadin manda a chiedere a Mustafà quando desideri ricevere le chiavi della città. Sono le norme del galateo militare del tempo, e Mustafà mostra tutte le intenzioni di volervisi uniformare: risponde che è a sua disposizione, che lo vedrà con piacere atto il gran valore et previdenza che aveva mostrato, e che sarebbe lietissimo di conoscere, in quell’occasione, li capitani che nella fortezza hanno mostrato tanta bravura".

Ecco dunque Marcantonio Bragadin, accompagnato da Astorre Baglioni e dagli altri comandanti veneziani, presentarsi alla tenda di Lala Mustafà. L’accoglienza e cordiale. Il pascià si mostra allegro, fa sedere tutti di fronte a lui, la conversazione è cortese. Ma quando il provveditore veneziano gli consegna le chiavi dicendo: " Vi do queste chiavi non per mia viltà ma per necessità ", muta improvvisamente registro. "Che hai tu fatto delli miei schiavi che havevi nella fortezza? So io che tu gli hai ammazzati " grida, e rivolgendosi ad uno degli schiavi liberati: " Dove sono i tuoi compagni? ". Lo schiavo accusa Bragadin di averli fatti decapitare; il provveditore risponde che non e vero, che Mustafà può controllarne l’esistenza di persona, uomo per uomo, nella città che ormai è sua. Ma è evidente che Mustafà cerca argomenti di litigio, incalza il provveditore di domande, gli chiede dove sono le munizioni, dove sono le vettovaglie, e quando Bragadin gli dice che non c’è più nulla, che di ogni cosa, nella piazzaforte, si era venuto al fine, imbestialisce. " Ah cane, perché dunque tenermi la città se non havevi con che mantenerla? perché non ti sei reso un meso prima et non farmi perdere tanti huomini? " I visitatori sono afferrati, legati, il pascià da di piglio al coltello e mozza un orecchio al Bragadin, gli fa mozzar l’altro da un soldato, ordina l’eccidio di tutti coloro che sono venuti con lui, afferra la testa mozza di Astorre Baglioni e la mostra alle truppe gridando: " Ecco la testa del gran campione di Famagosta ". Poi fa legare Bragadin, gli fa stringere due o tre volte il cappio al collo come per impiccarlo, lo copre di insulti.

Intanto le truppe hanno rotto i cordoni, si sono avventate in città, ammazzano tutti gli Italiani che trovano, violentano le donne dei Ciprioti; la mattina dopo assaltano le navi in attesa di partire per Creta, fanno sbarcare prima le donne e i bambini che vengono rinchiusi in attesa di essere venduti schiavi, poi gli uomini, che vengono subito spediti a vogare, schiavi da remo, nelle galee. Davanti alla tenda di Lala Mustafà si ammucchiano le teste, se ne contano trecentocinquanta, tra le quali quelle dei principali funzionari veneziani. Lorenzo Tiepolo e il capitano greco Manoli Spilioti vengono trascinati a pugni e a calci per le vie prima di essere impiccati e squartati; le loro carni vengono date ai cani.

E Bragadin? Bragadin è ancora vivo; per lui il peggio deve ancora venire. Otto giorni dopo Mustafà si reca a vederlo assieme ad un santone, gli propone di farsi musulmano in cambio della vita. Il Veneziano risponde rinfacciandogli il tradimento della parola data, gli getta in faccia ingiurie sanguinose. Il 15 agosto viene celebrato il suo martirio. È sofferente, la testa gli si è tutta infettata per le orecchie tagliate; per divertire la truppa, viene fatto passare avanti e indietro di batteria in batteria, carico di grosse gerle di terra e di sassi, i soldati si divertono a farlo inciampare e cadere. Poi, strassinandolo più morto che vivo, lo attaccano a un’antenna di galea, alzata in verticale cosi che tutti gli schiavi cristiani ammucchiati nelle navi lo possano vedere. Dopo un’ora di supplizio (i Turchi gli gridano: " Guarda se vedi la tua armata, guarda il gran Cristo, et se tu vedi il soccorso di Famagosta... ") viene calato giù e, nudo, legato a una colonna, viene scorticato alla presenza di Lala Mustafà. Le sue membra squartate vengono distribuite tra i vari reparti dell’esercito, la pelle, riempita di paglia e ricucita, viene rivestita delle sue vesti, con in testa un cappello di pelliccia, in guisa che pareva vivo. Quei poveri resti, issati a cavallo di un bue, vengono fatti passeggiare per tutta Famagosta per dare più terore al sbigotito popolo. La pelle, con le teste di Astorre Baglioni, del generale Martinengo e del castellano Andrea Bragadin, viene poi portata in giro e mostrata dovunque sul litorale asiatico, prima di finire a Costantinopoli, da dove, trafugata, giungerà a Venezia anni dopo. E là troverà finalmente sepoltura’, dapprima nella chiesa di San Gregorio, poi ai Santi Giovanni e Paolo, dove ancora oggi si trova.

Sui motivi dell’atroce comportamento del comandante ottomano si incominciò a discutere allora, e si può ancora discutere. Lala Mustafà, in una lettera al suo superiore, Pertev Pascià, si discolpa ripetendo l’accusa al Bragadin di aver fatto uccidere i prigionieri turchi e affermando di aver temuto che il personale turco delle navi che dovevano trasportare i profughi a Creta potesse venir catturato dai Veneziani e tratto in schiavitù. Dal racconto tradizionale si direbbe però che il suo furore derivasse dall’orgoglio militare ferito nell’apprendere che i suoi duecentocinquantamila uomini (perché tanti erano! ) si erano lasciati tenere in scacco da poche centinaia di soldati male equipaggiati, senza vettovaglie e senza polvere da sparo. Comunque sia, il racconto degli orrori di Famagosta divenne un prezioso materiale propagandistico per la Lega [che si appresta a salpare per le acque di Lepanto].

******
Famagosta (greco Ammóchostos), città sulla costa orientale dell'isola di Cipro, capoluogo dell'omonimo distretto, a circa 60 km da Nicosia, la capitale del paese. Importante centro portuale e mercato agricolo, Famagosta è sede di industrie alimentari e chimiche. Altre rilevanti attività economiche sono la filatura del cotone, la distillazione di alcolici e la pesca. Monumento di grande valore artistico è la cattedrale di San Nicola (trasformata in moschea nel XVI secolo); notevoli anche gli imponenti bastioni veneziani.

FONTE: W SAN MARKO (http://digilander.libero.it/Venethia/StoriaDOC/Documenti/famagosta.htm)

Augustinus
09-10-04, 20:04
Disc. «De aquaéductu»; Opera omnia, edit. Cisterc. 5 [1968] 282-283

Il Santo che nascerà da te, sarà chiamato Figlio di Dio (cfr. Lc 1, 35), fonte della sapienza, Verbo del Padre nei cieli altissimi.
Il Verbo, o Vergine santa, si farà carne per mezzo tuo, e colui che dice: «Io sono nel Padre e il Padre è in me» (Gv 10, 38) dirà anche: «Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo» (Gv 16, 28).
Dunque «In principio era il Verbo», cioè già scaturiva la fonte, ma ancora unicamente in se stessa, perché al principio «Il Verbo era presso di Dio» (Gv 1, 1), abitava la sua luce inaccessibile. Poi il Signore cominciò a formulare un piano: Io nutro progetti di pace e non di sventura (cfr. Ger 29, 11). Ma il progetto di Dio rimaneva presso di lui e noi non eravamo in grado di conoscerlo. Infatti: Chi conosce il pensiero del Signore e chi gli può essere consigliere? (cfr. Rm 11, 24). E allora il pensiero di pace si calò nell'opera di pace: «Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1, 14); venne ad abitare particolarmente nei nostri cuori per mezzo della fede. Divenne oggetto del nostro ricordo, del nostro pensiero e della nostra stessa immaginazione.
Se egli non fosse venuto in mezzo a noi, che idea si sarebbe potuto fare di Dio l'uomo, se non quella di un idolo, frutto di fantasia?
Sarebbe rimasto incomprensibile e inaccessibile, invisibile e del tutto inimmaginabile. Invece ha voluto essere compreso, ha voluto essere veduto, ha voluto essere immaginato. Dirai: Dove e quando si rende a noi visibile? Appunto nel presepio, in grembo alla Vergine, mentre predica sulla montagna, mentre passa la notte in preghiera, mentre pende sulla croce e illividisce nella morte, oppure mentre, libero tra i morti, comanda sull'inferno, o anche quando risorge il terzo giorno e mostra agli apostoli le trafitture dei chiodi, quali segni di vittoria, e, finalmente, mentre sale al cielo sotto i loro sguardi.
Non è forse cosa giusta, pia e santa meditare tutti questi misteri? Quando la mia mente li pensa, vi trova Dio, vi sente colui che in tutto e per tutto è il mio Dio. E' dunque vera sapienza fermarsi su di essi in contemplazione. E' da spiriti illuminati riandarvi per colmare il proprio cuore del dolce ricordo del Cristo.

http://www.cattolicesimo.com/immsacre/mar5.jpg Giovan Battista Salvi detto Il Sassoferrato, Vergine in preghiera con gli occhi rivolti al cielo, XVII sec.

Augustinus
08-05-05, 17:58
S. Domenico di Guzman, fondatore dell'Ordine domenicano (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=106462)

S. Caterina da Siena, vergine e Patrona d'Italia (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=163923)

S. Pio V Papa, eminentissimo pontefice della battaglia di Lepanto (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=96755)

Maria, Ausilio dei cristiani (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=144776)

SS. Nome di Maria Vergine - ricorrenza della gloriosa battaglia di Vienna (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=144771)

Beato Marco D'Aviano, cappuccino, sostenitore della battaglia di Vienna (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=42433)

S. Lorenzo da Brindisi, dottore della Chiesa, sostenitore della battaglia di Albareale (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=273325)

Trasfigurazione del Signore, ricorrenza della gloriosa battaglia di Belgrado (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=144847)

S. Giovanni da Capestrano, sostenitore della battaglia di Belgrado (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=200430)

S. Bernardo di Chiaravalle abate, dottore della Chiesa e promotore della lotta crociata (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=144759)

S. Giacomo il Maggiore, simbolo della riscossa cristiana contro l'avanzata islamica ed il pericolo di islamizzazione delle terre cristiane (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=112247)

Beato Bartolo Longo (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=187084)

Beato Pio IX (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=321757)

Maria SS. Madre di Dio (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=144740)

Nostra Signora di Fatima (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=144757)

Beata Vergine Maria della Mercede (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=287852)

Maggio mese tradizionalmente mariano (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=164141)

Litanie lauretane (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=227158)

TheDruid (POL)
08-05-05, 20:22
O Maria,
aurora del mondo nuovo,
Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato
di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere,
di uomini e donne vittime di disumana violenza,
di anziani e malati uccisi dall'indifferenza
o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio
sappiano annunciare con franchezza e amore
agli uomini del nostro tempo
il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo
come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine
in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo
con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà,
la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.

+ Giovanni Paolo II

Augustinus
02-10-05, 08:33
Da dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 1150-1156

7 OTTOBRE

FESTA DEL SANTO ROSARIO

Devozione della Chiesa per Maria.

La Liturgia nel corso dell'anno ci ha mostrato più volte che Gesù e Maria sono così uniti nel piano divino della Redenzione che si incontrano sempre insieme ed è impossibile separarli sia nel culto pubblico che nella devozione privata. La Chiesa, che proclama Maria Mediatrice di tutte le grazie, la invoca continuamente per ottenere i frutti della Redenzione che con il Figlio ha acquistati. Comincia sempre l'anno liturgico col tempo di Avvento, che è un vero mese di Maria, invita i fedeli a consacrarle il mese di maggio, ha disposto che il mese di ottobre sia il mese del Rosario e le feste di Maria nel Calendario Liturgico sono così numerose che non passa un giorno solo dell'anno, senza che Maria in qualche luogo della terra sia festeggiata sotto un titolo o sotto un altro, dalla Chiesa universale, da una diocesi o da un Ordine religioso.

La festa del Rosario.

La Chiesa riassume nella festa di oggi tutte le solennità dell'anno e, con i misteri di Gesù e della Madre sua, compone come un'immensa ghirlanda per unirci a questi misteri e farceli vivere e una triplice corona, che posa sulla testa di Colei, che il Cristo Re ha incoronata Regina e Signora dell'Universo, nel giorno del suo ingresso in cielo.

Misteri di gioia che ci riparlano dell'Annunciazione, della Visitazione, della Natività, della Purificazione di Maria, di Gesù ritrovato nel tempio; Misteri di dolore, dell'agonia, della flagellazione, della coronazione di spine, della croce sulle spalle piagate e della crocifissione; Misteri di gloria, cioè della Risurrezione, dell'Ascensione del Salvatore, della Pentecoste, dell'Assunzione e dell'incoronazione della Madre di Dio. Ecco il Rosario di Maria.

Storia della festa.

La festa del Rosario fu istituita da san Pio V, in ricordo della vittoria riportata a Lepanto sui Turchi. È, cosa nota come nel secolo XVI dopo avere occupato Costantinopoli, Belgrado e Rodi, i Maomettani minacciassero l'intera cristianità. Il Papa san Pio V, alleato con il re di Spagna Filippo II e la Repubblica di Venezia, dichiarò la guerra e Don Giovanni d'Austria, comandante della flotta, ebbe l'ordine di dar battaglia il più presto possibile. Saputo che la flotta turca era nel golfo di Lepanto, l'attaccò il 7 ottobre dei 1571 presso le isole Echinadi. Nel mondo intero le confraternite del Rosario pregavano intanto con fiducia. I soldati di Don Giovanni d'Austria implorarono il soccorso del cielo in ginocchio e poi, sebbene inferiori per numero, cominciarono la lotta. Dopo 4 ore di battaglia spaventosa, di 300 vascelli nemici solo 40 poterono fuggire e gli altri erano colati a picco mentre 40.000 turchi erano morti. L'Europa era salva.

Nell'istante stesso in cui seguivano gli avvenimenti, san Pio V aveva la visione della vittoria, si inginocchiava per ringraziare il cielo e ordinava per il 7 ottobre di ogni anno una festa in onore della Vergine delle Vittorie, titolo cambiato poi da Gregorio XIII in quello di Madonna del Rosario.

Il Rosario.

L'uso di recitare Pater e Ave Maria risale a tempi remotissimi, ma la preghiera meditata del Rosario come noi l'abbiamo oggi è attribuita a san Domenico. È per lo meno certo che egli molto lavorò con i suoi religiosi per la propagazione del Rosario e che ne fece l'arma principale nella lotta contro gli eretici Albigesi, che nel secolo XIII infestavano il sud della Francia.

La pia pratica tende a far rivivere nell'anima nostra i misteri della nostra salvezza, mentre con la loro meditazione si accompagna la recita di decine di Ave Maria, precedute dal Pater e seguite dal Gloria Patri. A prima vista la recita di molte Ave Maria può parere cosa monotona, ma con un poco di attenzione e di abitudine, la meditazione, sempre nuova e più approfondita, dei misteri della nostra salvezza, porta grandiosità e varietà. D'altra parte si può dire che nel Rosario si trova tutta la religione e come la somma di tutto il cristianesimo.

Il Rosario è una somma di fede: riassunto cioè delle verità che noi dobbiamo credere, che ci presenta sotto forma sensibile e vivente. Le espone unendovi la preghiera, che ottiene la grazia per meglio comprenderle e gustarle.

Il Rosario è una somma di morale: Tutta la morale si riassume nel seguire e imitare Colui, che è " la Via, la Verità, la Vita " e con la preghiera dei Rosario noi otteniamo da Maria la grazia e la forza di imitare il suo divino Figliolo.

Il Rosario è una somma di culto: Unendoci a Cristo nei misteri meditati, diamo al Padre l'adorazione in spirito e verità, che Egli da noi attende e ci uniamo a Gesù e Maria per chiedere, con loro e per mezzo loro, le grazie delle quali abbiamo bisogno.

Il Rosario sviluppa le virtù teologali e ci offre il mezzo di irrobustire la nostra carità, fortificando le virtù della speranza e della fede, perché "con la meditazione frequente di questi misteri l'anima si infiamma di amore e di riconoscenza di fronte alle prove di amore che Dio ci ha date e desidera con ardore le ricompense celesti, che Cristo ha conquistate per quelli che saranno uniti a Lui, imitando i suoi esempi e partecipando ai suoi dolori. In questa forma di orazione la preghiera si esprime con parole, che vengono da Dio stesso, dall'Arcangelo Gabriele e dalla Chiesa ed è piena di lodi e di domande salutari, mentre si rinnova e si prolunga in ordine, determinato e vario nello stesso tempo, e produce frutti di pietà sempre dolci e sempre nuovi" (Enciclica Octobri mense del 22 settembre 1891).

Il Rosario unisce le nostre preghiere a quelle di Maria nostra Madre. "Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi poveri peccatori". Ripetiamo con rispetto il saluto dell'Angelo e umilmente aggiungiamo la supplica della confidenza filiale. Se la divinità, anche se incarnata e fatta uomo, resta capace di incutere timore, quale timore potremmo avere di questa donna della stessa nostra natura, che ha in eterno il compito di comunicare alle creature le ricchezze e le misericordie dell'Altissimo? Confidenza filiale. Sì, perché l'onnipotenza di Maria viene dal fatto di essere Madre di Gesù, l'Onnipotente, e ha diritto alla nostra confidenza, perché è nello stesso tempo nostra Madre, non solo in virtù del testamento dettato da Gesù sulla Croce, quando disse a Giovanni: "Ecco tua Madre", e a Maria: "Ecco tuo figlio", ma ancora perché nell'istante dell'Incarnazione, la Vergine concepì, insieme con Gesù, tutta l'umanità, che egli incorporava a sé.

Membri del Corpo mistico di cui Cristo è il capo, siamo stati formati con Gesù nel seno materno della Vergine Maria e vi restiamo fino al giorno della nostra nascita alla vita eterna.

Maternità spirituale, ma vera, che ci mette con la Madre in rapporti di dipendenza e di intimità profondi, rapporti di bambino nel seno della Madre.

Qui è il segreto della nostra devozione per Maria: è nostra Madre e come tale sappiamo di poter tutto chiedere al suo amore, perché siamo suoi figli!

Ma, se la madre, appunto perché madre, pensa necessariamente ai suoi figli, i figli, per l'età, sono facili a distrarsi e il Rosario è lo strumento benedetto che conserva la nostra intimità con Maria e ci fa penetrare sempre più profondamente nel suo cuore.

Strumento divino il Rosario che la Vergine porta in tutte le sue apparizioni da un secolo in qua e che non cessa di raccomandare. Strumento della devozione cattolica per eccellenza, in cui l'umile donna senza istruzione e il sapiente teologo sono a loro agio, perché vi trovano il cammino luminoso e splendido, la via mariana, che conduce a Cristo e, per Cristo, al Padre.

Così considerato il Rosario realizza tutte le condizioni di una preghiera efficace, ci fa vivere nell'intimità di Maria e, essendo essa Mediatrice, suo compito è di condurci a Dio, di portare le nostre preghiere fino al cuore di Dio. Per Maria diciamo i Pater, che inquadrano le decine di Ave Maria, e, siccome quella è la preghiera di Cristo e contiene tutto ciò che Dio volle che noi gli chiedessimo, noi siamo sicuri di essere esauditi.

MESSA

EPISTOLA (Prov. 8, 22-25; 32-35). - Il Signore mi possedette all'inizio delle sue opere, fin dal principio, avanti la creazione. Ab aeterno fui stabilita, al principio, avanti che fosse fatta la terra. Non erano ancora gli abissi, ed io ero già concepita. Or dunque, o figli, ascoltatemi: Beati quelli che battono le mie vie. Ascoltate i miei avvisi per diventare saggi: non li ricusate. Beato l'uomo che mi ascolta e veglia ogni giorno alla mia porta, e aspetta all'ingresso della mia casa. Chi troverà me, avrà trovato la vita, e riceverà dal Signore la salute.

Maria nel compito di educatrice.

Non si può eludere il carattere mariano di questa pagina dei Proverbi, obiettando che si applica al Verbo Incarnato e solo per accomodamento la Chiesa la riferisce alla Santa Vergine. La Chiesa non fa giochi di parole e la Liturgia non si diverte a far bisticci. Trattandosi di vite, che nel pensiero di Dio e nella realtà sono unite insieme, come le vite del Signore e della Madre sua unite nello stesso decreto di predestinazione, il senso accomodatizio è in sé e deve esserlo per noi uno degli aspetti multipli del senso letterale.

"Giova a noi, per onorare Maria, considerarla agente della nostra educazione soprannaturale. Noi non siamo mai grandi per Dio, né per la nostra madre, né per la Madre di Dio. Come non vi è cristianesimo senza la Santa Vergine così se l'amore di Dio non è accompagnato da un tenero amore per la Santa Vergine qualsiasi vita soprannaturale è in qualche modo mancante.

Maria è tutto quello che Essa insegnerà a chi l'ascolta e l'ama: l'esempio, la carità, l'influenza persuasiva...

Maria ha educato il Figlio ed educherà noi. Non si resiste ad una Madre" (Dom Delatte, Omelie sulla Santa Vergine, Plon, 1951).

Parole benedette.

Il Vangelo è quello del Santo nome di Maria del 12 settembre.

Il Vangelo dell'Incarnazione dei quale rileggiamo volentieri le parole. Parole benedette perché vengono da Dio: L'Angelo infatti ne è soltanto il messaggero, parole e messaggio gli sono stati affidati da Dio. Parole benedette perché vengono da Maria, che, sola, poté riferire con ferma precisione di dettagli, che rivelano un testimonio e una esperienza immediata.

Messaggio di gioia.

Questo messaggio è un messaggio di gioia. La gioia mancava nel mondo da molto tempo: era sparita dopo il primo peccato. Tutta l'economia dell'Antico Testamento e tutta la storia dell'umanità portavano un velo di tristezza, perché era continuamente presente all'uomo la coscienza di una inimicizia nei suoi rapporti con Dio, che doveva ancora essere espiata. Il messaggio è preceduto da un saluto pieno di gioia e da una parola pacifica, carezzevole: Ave. Questo Ave, primo elemento del messaggio, detto una volta verrà poi ripetuto per l'eternità.

La fede di Maria.

La fede di Maria fu perfetta e non dubitò della verità divina neppure nel momento in cui chiedeva all'Angelo come si poteva compiere il messaggio. Gabriele rivelò il modo verginale della concezione promessa, sollecitando il consenso della Vergine per l'unione ipostatica, perché, per l'onore della Vergine e per l'onore della natura umana, Dio voleva avere da Maria il posto che avrebbe occupato nella sua creazione. E allora fu pronunziata con libertà e con consapevolezza la parola, che farà eco fino all'eternità: "Io sono l'umile ancella dei Signore: sia fatto secondo la sua volontà" (Dom Delatte: Opere citate).

Preghiera alla Vergine del Rosario.

Ti saluto, o Maria, nella dolcezza del tuo gioioso mistero e all'inizio della beata Incarnazione, che fece di te la Madre dei Salvatore e la madre dell'anima mia. Ti benedico per la luce dolcissima che hai portato sulla terra.

O Signora di ogni gioia, insegnaci le virtù che danno la pace ai cuori e, su questa terra, dove il dolore abbonda, fa che i figli camminino nella luce di Dio affinché, la loro mano nella tua mano materna, possano raggiungere e possedere pienamente la meta cui il tuo cuore li chiama, il Figlio del tuo amore, il Signore Gesù.

Ti saluto, o Maria, Madre del dolore, nel mistero dell'amore più grande, nella Passione e nella morte del mio Signore Gesù Cristo e, unendo le mie lacrime alle tue, vorrei amarti in modo che il mio cuore, ferito come il tuo dai chiodi che hanno straziato il mio Salvatore, sanguinasse come sanguinano quelli del Figlio e della Madre. Ti benedico, o Madre del Redentore e Corredentrice, nel purpureo splendore dell'Amore crocifisso, ti benedico per il sacrificio, accettato al tempio ed ora consumato con l'offerta alla giustizia di Dio del Figlio della tua tenerezza e della tua verginità, in olocausto perfetto.

Ti benedico, perché il sangue prezioso che ora cola per lavare i peccati degli uomini, ebbe la sua sorgente nel tuo Cuore purissimo. Ti supplico, o Madre mia, di condurmi alle vette dall'amore che solo l'unione più intima alla Passione e alla morte dell'amato Signore può far raggiungere.

Ti saluto, Maria, nella gloria della tua Regalità. Il dolore della terra ha ceduto il posto a delizie infinite e la porpora sanguinante ti ha tessuto il manto meraviglioso, che si addice alla Madre dei Re dei re e alla Regina degli Angeli. Permetti che levi i miei occhi verso di te durante lo splendore dei tuoi trionfi, o mia amabile Sovrana, e diranno i miei occhi, meglio di qualsiasi parola, l'amore del figlio il desiderio di contemplarti con Gesù nell'eternità, perché tu se!, Bella, perché sei Buona, o Clemente, o Pia, o Dolce Vergine Maria!

Caterina63
06-10-05, 15:06
Maria e i primi cristiani

di Roberto Lanzilli

Il Rosario è la principale devozione mariana oggi in uso tra i cattolici. Ma fin dai tempi della Chiesa primitiva, i seguaci di Cristo praticavano il culto a Maria, che in seguito viene ad arricchirsi di nuove pratiche, contestate dai protestanti, ma in sintonia con quanto i veri cristiani hanno sempre creduto, Già nel Vangelo di san Giovanni viene messo in risalto il ruolo di mediatrice tra Gesù e gli uomini, svolto da Maria. Ci riferiamo al primo miracolo di Gesù, compiuto a Cana di Galilea. Nell’occasione, è proprio l’intercessione di Maria che fa sì che Gesù trasformi l’acqua in vino, Dal Vangelo all’archeologia, le tracce del culto mariano sono numerose.

Consideriamo l’epitaffio di un tale di nome Vericundus nelle catacombe di Priscilla, a Roma, databile secondo la compianta studiosa Margherita Guarducci alla fine del II secolo. Ebbene, all’interno del nome si trova inserita una "M", che sta ad indicare Maria, con lo scopo di augurare al defunto la sua protezione nell’al di là, Ciò dimostra come fin dall’antichità il nome di Maria fosse invocato a protezione delle anime dei defunti.

La più antica preghiera rivolta a Maria, Sub tuum praesidium, è stata trovata in un papiro egiziano, copto, databile, secondo diversi studiosi, al III secolo. Ecco il testo: "Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio santa Madre di Dio. Non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, ma liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta".

Del medesimo periodo troviamo, ancora nelle catacombe di Priscilla, a Roma, una rappresentazione dove si vede bene la figura di un vescovo che, nell’atto di imporre il sacro velo ad una vergine cristiana, le addita come modello Maria Santissima, dipinta col bambino Gesù in braccio.

Un’altra preziosa testimonianza la rintracciamo nel famoso "muro G", in Vaticano, In quel luogo, dove sono state identificate dalla Guarducci le ossa di Pietro, vi è un graffito, del IV secolo, in cui il nome di Maria appare per intero.

Si ricordi, infine, che lo stesso concilio di Efeso dell’anno 431, nel quale Maria fu proclamata Madre di Dio, fu celebrato in un edificio a Lei dedicato segno di una devozione mariana preesistente concilio stesso. Ma possiamo dire di più. Esistono bellissime preghiere rivolte a Maria da Atanasio, san Giovanni Crisostomo, sant’Ambrogio, san Gerolamo e sant’Agostino. Inoltre, è certo che prima del concilio di Efeso Maria fosse festeggiata anche liturgicamente a Betlemme, a Gerusalemme e a Nazareth. Alla luce di questi riferimenti, possiamo concludere che ciò che i cattolici continuano a fare nel tempo e a credere ancora oggi riguardo a Maria, corrisponde a ciò che i cristiani, fin dai primi tempi, hanno sempre fatto e creduto. È quanto basta per confermarci nella verità cattolica riguardo al culto mariano.

E non c’è da stupirsi. In fondo, Maria lo aveva già detto chiaramente: D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata" (Lc 1,48).

Fonte: Il Timone, 2003, fasc. n. 25 Maggio/Giugno

Augustinus
06-10-05, 21:00
http://www.wga.hu/art/m/murillo/1/109muril.jpg Bartolomé Esteban Murillo, Madonna e Bambino col Rosario, 1650-55, Museo del Prado, Madrid

http://img341.imageshack.us/img341/8820/elmuseo3b8uf.jpg Bartolomé Esteban Murillo, Madonna e Bambino col Rosario, 1650 circa

http://www.wga.hu/art/c/caravagg/09/58rosar.jpg http://img521.imageshack.us/img521/8388/madonnadelrosario3627dk9.jpg Caravaggio, Madonna del Rosario, 1607, Kunsthistorisches Museum, Vienna

http://www.wga.hu/art/t/tiepolo/gianbatt/2_1730s/10gesuat.jpg Giambattista Tiepolo, Istituzione del Rosario, 1737-39, Chiesa di Santa Maria del Rosario (Gesuati), Venezia

http://www.wga.hu/art/l/lotto/1531-/04rosary.jpg Lorenzo Lotto, Madonna del Rosario, 1539, Chiesa di San Nicolo, Cingoli

http://img456.imageshack.us/img456/8994/reniexh88cat05063004wy6.jpg Guido Reni, La Vergine col Bambino appare a S. Domenico con i Misteri del Rosario, 1590 circa, Santuario della Madonna di San Luca, Bologna

http://img82.imageshack.us/img82/599/slika27ss5.jpg Janez Mihael Lichtenreit, Madonna del Rosario e SS. Domenico e Caterina, XVIII sec., Chiesa di S. Pietro, Nova Gorica

Augustinus
07-05-06, 17:50
Servo di Dio p. Tomas Tyn

OMELIA MARIA SS. DEL ROSARIO

Cari fratelli, è con grande gioia del cuore che l’ordine domenicano e la Chiesa tutta celebra i trionfi della benedetta e gloriosa Vergine Maria onorandola con il titolo particolare della Regina sacratissimi rosarii, regina del santissimo rosario.

Perché questa denominazione, cari fratelli, perché questo "santissimo", al superlativo? Non è forse santissimo solo Iddio, la Trinità delle persone divine, Iddio increato, l’unico vero buono? Ebbene, cari fratelli, il santo rosario è una preghiera eminentemente teocentrica, è la preghiera per eccellenza. Gli antichi giustamente definivano la preghiera un elevarsi, un’ascensione veramente dell’uomo, di tutta l’anima spirituale a Dio. Ecco, cari fratelli, a che cosa noi siamo chiamati, a congiungere le anime nostre, le nostre menti a Dio; questa è la destinazione dell’uomo, questa è la vita eterna. Che sfida eterna, che conoscano te, unico vero Dio e il figlio tuo Gesù!

Vedete, cari fratelli, la beatitudine nostra, la gioia nostra, l’amicizia che abbiamo con Dio ben al di sopra dei nostri poveri meriti, quell’amicizia che Dio stringe con noi in Gesù suo Figlio unigenito, nato per noi, morto per noi, risorto ed asceso al cielo per noi, ebbene questa amicizia è fondata nella rivelazione del mistero del Dio uno e trino, di Dio buono e salvatore dell’uomo. Ecco, miei cari fratelli, come è importante notare questa esortazione del libro della Sapienza, applicabile misticamente alla persona della beata Vergine Maria. Maria ci dice: estote sapientes! Ecco, figlioli miei, siate sapienti, parliamo, dice Paolo, della sapienza dei perfetti, non di una sapienza di questo mondo secondo gli elementi materiali che si distruggono, ma una sapienza perfetta, spirituale, una sapienza divina. Ecco, cari fratelli, dice S. Tommaso: sapienthia est scienthia per altissima […], la sapienza è una scienza che illumina intellettivamente ciò che si ricerca alla luce dei primi e più alti principi.

Così, miei cari fratelli, come la filosofia è tutta pervasa dalla luce sapienziale della metafisica e considera tutte le sfumature dell’ente alla luce unica dell’ente in quanto ente, così la teologia, la sapienza teologica, considera tutte le cose alla luce di quella pienezza di essere, di quell’essere increato, di quell’essere impartecipato, di quell’atto essente che si identifica con l’essenza e che è Dio uno e trino, Dio nel mistero della sua trinità, Dio in quel mistero che dai secoli eterni è nascosto nella sua essenza divina.

Ecco allora, cari fratelli, quanto è importante la preghiera del santo Rosario. L’ordine domenicano — scusate questo, quando ci si glori della gloria dei fondatori, le famiglie religiose sono ben consapevoli e della grandezza del fondatore e della grandezza di Dio soprattutto che diede un così elevato carisma al fondatore; si è anche consapevoli delle proprie mancanze ed inadempienze ma si è soprattutto consapevoli del dovere di carità. Ogni famiglia religiosa ha beni spirituali, scusate se mi scaldo un pochino spiritualmente ed anche in quanto alla voce elevata, perché cari fratelli, si tratta di cose talmente preziose, si tratta di cose che dovrebbero stare a cuore ad ogni buon cristiano, di cose che se si perdono non si possono più recuperare, vedete, cari fratelli, è così facile distruggere, esiste la gloria di certi signori che distruggono tutto, ma è la gloria di quell’uomo che incendiò il tempio di Efeso proprio per farsi la gloria del più grande distruttore, c’è anche la gloria dei devastatori, ma è una gloria molto effimera, cari fratelli, ma soprattutto è una gloria che sarà esecrata dalle generazioni future. La nostra carità non deve limitarsi né allo spazio ristretto della nostra città, della nostra nazione, ma neppure temporalmente deve restringersi al nostro tempo. Noi abbiamo un’eredità immensa, cerchiamo di tramandarla alle venerazioni future viva, non depauperata, non sperperata. Ci sarebbe molto da parlare di questo, è meglio evitare l’argomento per restare gli eccessi dell’irascibilità. Comunque la cosa più importante è questa — vedete, l’ordine domenicano si gloria non per una gloria sua, perché siamo dei poveri uomini, diceva anche Dante che in questa famiglia ben si impingua se non si vaneggia, qui non si tratta di vaneggiare ma di lodare il Signore, di chinare la testa davanti a Lui in umiltà e riconoscenza per queste due armi potentissime che l’ordine domenicano possiede, che ahimè sono così poco tenute in considerazione, persino in questo grande ordine chiamato ad operare la gloria più grande di Dio, salus animarum, la salvezza delle anime tramite la predicazione dottrinale.

Ecco, cari fratelli, per ottenere questo scopo, questo fine di eminente carità di condurre a Dio le anime lavate dal Sangue prezioso del Crocifisso, condurre a Dio le anime, in questo compito così bello, così stupendo, così perfettamente caritatevole S. Domenico ricevette dalla gloriosa Vergine, nostra madre fondatrice, due grandi armi: l’arma della sacra teologia per sconfiggere le eresie e l’arma della preghiera così stupenda e così teologale, così che le due armi non sono che un tutt’uno, ovvero la preghiera del S. Rosario. Si dice appunto di san Domenico che non era l’inventore del S. Rosario a quanto pare, c’erano già dei fermenti della pietà mariana rosariana già prima di san Domenico, ma era il propagatore per eccellenza del rosario. Proprio là nella difficile ed ardua predicazione contro l’eresia degli albigesi e dei valdesi san Domenico ebbe la netta percezione ispirategli dall’alto, dallo Spirito Santo del Signore, che potrà riuscire in questo suo compito solo se si appellerà alla beata Vergine Maria, solo se avrà in bocca continuamente quel saluto angelico che è la gioia del Paradiso perché gli angeli e i beati in cielo, cari fratelli, applaudono la Vergine per tutta l’eternità con le parole dell’arcangelo Gabriele "Ave, o Maria piena di grazia, il Signore è con te, benedetta sei tu fra tutte le donne".

Vedete, cari fratelli, gli Angeli hanno più pazienza degli uomini perché hanno un’anima, la loro essenza intellettuale, tutta aperta a Dio, tutta pervasa dalla luce beatifica di Dio, vedete, cari fratelli, quello che noi dobbiamo cercare di ottenere nella preghiera ed è lì che la Madonna ci conduce per le vie del suo rosario, ci conduce ad amare Dio, a godere di Dio, a gustare la soavità e la dolcezza del nostro Redentore. Noi vediamo quelli che si annoiano, che sono stufi di questo cibo spirituale come i prevaricatori nel deserto, che dicevano: noi ne abbiamo abbastanza della manna, noi vogliamo mangiare cibi succulenti, cibi più grassi ed il Signore si adirò contro il popolo e ne sterminò una moltitudine.

Vedete, miei cari fratelli, come Dio ce lo dona per il nostro bene, per il nostro progresso spirituale, per la nostra santificazione. Ecco come è santa la scuola del santo rosario, come con il santo rosario le anime vengono elevate a Dio, vengono purificate dagli errori e soprattutto in questa preghiera che assieme a Maria contempla i misteri di Cristo della nostra redenzione, è soprattutto in questa preghiera che Maria Santissima appare per quello che è, cioè la liberatrice da tutte le eresie. Beata est Virgo Maria quae sola interemisti cunctas haereses in universo mundo.

Come è grande la gloria dell’ordine domenicano che davvero non vaneggia bensì impingua in quei pascoli ai quali il Signore manda le anime nostre. Ebbene, cari fratelli, l’ordine domenicano ha il compito di opporsi alla gravità dell’eresia. L’amore è ciò che ci salva, ma l’amore di Dio ci dà per sua ultima permissione la conoscenza di Dio, la verità di Dio e solo la verità ci potrà liberare. Perciò non c’è vero amore per il Signore senza la verità della fede e così il primo e fondamentale dovere della carità è quello anzitutto di condurre le anime alla fede. Ma non alla fede umana, all’opinione degli uomini, no, alla fede vera, alla fede rivelata, alla fede che non nasce su questa terra da una rivoluzione più o meno dogmatica come la sognano i modernisti, ma una fede che discende dal Cielo perché è parola del Dio vivente, quella parola che con la sua forza intensa sostiene l’universo.

Miei cari fratelli, vorrei proprio meditare su un’omelia bellissima, che mi piacque tanto, di san Bernardo abate, quel grande devoto di Maria. Proprio la liturgia ci presenta questa omelia che è presentata nel breviario nel giorno festoso del rosario di Maria. Ebbene, san Bernardo parte anzitutto da queste parole che abbiamo sentito nel S. Vangelo e cioè: ciò che nascerà da Te Santo, sarà chiamato Figlio dell’altissimo. Ebbene, dice S. Bernardo, il Verbo dell’Eterno Padre, il fonte della sapienza, che è eternamente presso il Padre e che è eternamente Dio consustanziale al Padre, ebbene il Verbo, quel SS. Verbo del Padre per mezzo di Maria e solo per Maria è destinato ad assumere la carne umana. Ecco vedete perché si dice non sanctus, ma sanctum quod accepit, perché la persona divina è la persona del Verbo ma la cosa santa che non è persona, ma solo natura anche se individua è l’umanità verace del Salvatore. Vedete come anche solo nel modo di parlare l’Angelo allude già al mistero dell’incarnazione. Due nature, divina ed umana nell’unità dell’unica persona nell’unità dell’ipostasi del Verbo. Però vedete, cari fratelli, che cosa vuole sottolineare san Bernardo e che cosa ci interessa soprattutto per vedere il senso profondo della pietà mariana e del S. rosario, san Bernardo vuole dire questo: solo tramite Maria noi abbiamo in mezzo a noi il vero Dio e il vero Uomo, Gesù Cristo nostro Salvatore. Iddio che salva, cari fratelli, è il Dio che si riveste della carne umana e quella carne umana per opera dello Spirito Santo di Dio egli l’assunse nel grembo verginale di Maria. Ecco vedete, cari fratelli, non si può fare a meno della mediazione di Maria.

Scusate se sono proprio ripetitivo su questo argomento, però non mi stancherò mai di dirvelo abbastanza: non si può non si può fare a meno della mediazione di Maria, la pietà mariana non è un’opzione facoltativa, oggi si vuole che tutto sia democratico pluralistico e facoltativo, persino Iddio, cari fratelli, notate la stoltezza umana, nel nostro democraticissimo parlamento diventa un’opzione facoltativa per i ragazzi, diventa facoltativo andare in Paradiso, se ne accorgeranno questi assassini delle anime quando si presenteranno davanti a Dio, allora vedranno se è facoltativa l’opzione per Dio o contro Dio, se salva la democrazia o la Chiesa teocratica istituita dal Re dei re, Cristo Signore e Salvatore.

Notate bene questo, non è facoltativa l’opzione, poi dà più o meno fastidio nei dialoghi ecumenici, non è facoltativa l’opzione per Maria, non si può ricevere Gesù se non dalle mani materne, dalle mani benedette e benedicenti di Maria. Guardate al centro della cupola di S. Domenico c’è la beata Vergine, e chi porta in braccio? Il figlio suo, suo, imprescindibilmente suo, Gesù Cristo. Nessuno può ricevere il Figlio se non dalla madre, perché solo la madre ha il diritto sul Figlio dell’Altissimo.

Ecco, miei cari fratelli, come noi dobbiamo pensare sempre a questo Figlio che abita nei cieli, come dice S. Bernardo, però ha voluto assumere la carne umana tramite la Vergine, per te, o beata Virgo, tramite te, o beata Vergine il Verbo si è fatto carne.

Seconda considerazione di S. Bernardo è questa. Quindi la prima cosa è la mediazione di Maria, nel s. rosario la mediazione è triplice: nel s. rosario Maria prega con noi, assieme a noi, Maria prega per noi, Maria aiuta la nostra preghiera insegnandoci a pregare. Questo è estremamente importante. Maria prega con noi perché si associa anche lei alla nostra preghiera, presenta la nostra preghiera a Dio, prega per noi perché con la sua intercessione ci aiuta ed infine illumina la nostra mente perché possiamo pregare come Dio vuole, lei che è la sposa dello Spirito Santo, noi non sappiamo chiedere, ma è lo Spirito Santo che si esprime dentro di noi con gemiti ineffabili.

Ecco allora che il s. rosario esprime la nostra volontà di pregare meglio, con la nostra orazione la sublime preghiera così gradita a Dio della beata Vergine. Si dice che la sua intercessione sia onnipotente presso Dio, pensate, lei è onnipotente non come Dio è onnipotente, ma è onnipotente tramite la sua intercessione. Nulla rifiuta Dio alla gloriosa Vergine. Seconda cosa, il Verbo di Dio che abita in excelsis, come dice S. Bernardo, è la fonte della sapienza e dall’eternità. Il Verbo era presso Dio ed il Verbo era Dio, dall’eternità, dice S. Bernardo; il fonte dell’eterna sapienza già zampillava, vedete come è bella questa idea del Verbo eternamente procedente, questo fonte dell’eterna sapienza che da tutta l’eternità scaturisce da Dio. Però questo fonte, dice S. Bernardo, zampillava da tutta l’eternità, ma zampillava per sé stesso, non per l’uomo e per la sua salvezza, abitava nella luce inaccessibile di Dio perché era il Verbo presso Dio non era ancora il Dio come uomo, l’Emmanuele, il Dio in mezzo a noi, e invece proprio colui che dice "il Padre è in me ed io sono nel Padre" doveva dire: "io sono stato mandato dal Padre e sono in mezzo a voi".

Ecco, cari fratelli, quanto è importante che si raggiunga da questa miseria della valle di lagrime questa vera destinazione dell’uomo, che s’invola da questa terra di lontananza, da questa terra di esilio, che la nostra mente abbia questo bagliore di luce, questa speranza, che abbia questa capacità di intravedere la meta, cioè che abbia la possibilità di innalzarsi a Dio, al suo Creatore, al suo Salvatore e Redentore.

Ecco allora, cari fratelli, quanto è importante pregare. La gente talora dice che pregare è semplicemente pensare a Dio, come se fosse un pensiero come gli altri. Invece la preghiera, la meditazione, non è un pensiero come gli altri, il pensiero umano soprattutto nella preghiera meditata deve scomparire.

S. Giovanni della Croce, un grande mistico, dice che il suo gran dolore è che purtroppo il pensiero umano non si può eliminare in questa vita. L’ideale sarebbe eliminare il pensiero umano, così che l’uomo riuscisse a pensare… a quale pensiero? Il pensiero di Dio, il fonte della sapienza che zampilla già nella vita eterna. Questo sarebbe l’ideale. Vedete come pregare significa rinunciare ai nostri pensieri e rivestirsi del pensiero dell’Eterno Padre, che è il pensiero di Cristo, non è il pensiero che fa Cristo, ma il pensiero è Cristo, sostanzialmente: il Verbo. Allora pregare significa sostanzialmente immergersi in quell’oceano di beatitudine, di pace, di gioia che è la preghiera.

Ecco perché è un segno estremamente preoccupante questa ricerca delle novità. Voi sapete come è pericoloso, pernicioso per le anime la ricerca della novità nella santa liturgia. Adesso è divenuta di moda la creatività, ci si deve divertire nella liturgia. Sono stati distrutti tanti tesori di arte, tanti tesori della preghiera cresciuta tramite la tradizione di intere generazioni. Anche la liturgia — dirò così, ma non si può dire altrimenti — è deturpata perché abbandonata al giudizio del singolo, bisogna che si sia creativi, quindi ad ogni circostanza, ed inopportuna, sempre ci sono delle interferenze, "Noi siamo persone adulte", si dice, "noi abbiamo della inventiva". Badate bene che questa creatività, questa inventività nella preghiera non è secondo Dio: è la superbia ancora che fa capolino, la superbia che dice: "Tu sei una creatura perbene, non devi lasciarti prescrivere quello che Dio vuole da te, sii tu stesso ad inventarti le tue vie per andare verso il Signore". Ma cari fratelli il Signore non si raggiunge che per una sola via ed è quella che non l’uomo, ma Dio ha tracciato, solo la via di Dio. Allora chi è quell’anima che dice: "io sono annoiato della ripetizione". Oggi si ha quasi paura a dire ai giovani: "prega il rosario, prendi la corona benedetta e dì cento volte, centocinquanta volte: Ave o Maria, piena di grazia e medita il mistero di Cristo". No, non si può proporre questo ai giovani, perché i giovani sono creativi, hanno inventiva, sono autonomi… Come è perniciosa l’autonomia, noi conosciamo diverse di quelle autonomie ed alcune sono demenziali.

Ebbene questi giovani sono autonomi, sono inventivi, sono pluralisti, quindi cercano le loro vie, quindi è lecito che si annoino di Dio! No, cari fratelli, un’anima che si annoia di Dio, non è questione di metodo di preghiera, ma l’anima non pregherà mai, non è questione di dire "lascia stare, prendi qualcos’altro, leggi la scrittura", no, non riuscirà nemmeno a godere della Scrittura, nient’altro, perché Iddio nella pienezza dell’essere non vuole essere fatto a pezzettini. Questo è il mistero della sapienza. Non è complicata, è semplice la sapienza, la sapienza ha un solo oggetto, ma quell’oggetto racchiude in sé tutte le cose e guai a chi non riesce a concepire la ricchezza spirituale se non come un susseguirsi di eventi e non già come una pienezza che virtualmente tutto racchiude.

Dice S. Bernardo che il bastone sacerdotale, si riferisce appunto alla monade, produce tutti i nuclei del mistero. S. Bernardo aveva già presente l’oggetto principale del rosario, cioè i misteri di Cristo, quel bastone sacerdotale, non solo quello di Aronne, ma anche quello della radice di Jesse, che ci diede Maria, la quale ex supernis, dalle sfere celesti superiori fortunosamente attinse alle ricchezze di Dio e ci diede il Salvatore ben visibile, Lui che all’inizio era nascosto nella luce inaccessibile, voleva poi farsi vedere dall’uomo, divenire palpabile, comprensibile, visibile. Quando lo vedi? Quando lo afferri? Lo vedo, è celato nel grembo verginale, lo vedo quando è deposto nella mangiatoia, lo vedo quando predica alla folla, lo vedo quando rimane in preghiera tutta la notte, lo vedo quando impallidisce nella morte, lo vedo appeso, lo vedo ancora dominare sugli inferi, lo vedo mostrare le sue piaghe agli apostoli nel trionfo della sua resurrezione e nella sua ascensione.

Vedete come S. Bernardo attinge a quei nuclei del mistero dal bastone fiorito di Aronne, dal virgulto di Jesse ai misteri della nascita, della morte, della resurrezione e della redenzione compiuta per mezzo del nostro Signore e Salvatore nostro. Posso dire che questa non è solo una preghiera cristocentrica, ma è anche una preghiera teocentrica. Come vi dissi, in fondo la teologia dell’ordine è una sola, la teologia di S. Tommaso, che la Chiesa fece sua. La teologia teocentrica, che l’ordine domenicano fece sua, è tipica dell’ordine domenicano, d’altra parte una teologia non teocentrica è una depravazione della teologia. Dice appunto S. Bernardo che la teologia del S. rosario è teocentrica: nulla dei misteri della nostra salvezza si può pensare senza pietà e senza santità e in tutte queste cose contemplo Dio. Vedete come tramite Maria si accede a Cristo, ma tramite l’umanità di Cristo si accede al Verbo e tramite il Verbo al Padre. Ecco come c’è Cristo in questa stupenda preghiera che solo anime privilegiate sanno apprezzare nella sua meravigliosa dolcezza e sapienza.

Cari fratelli, cerchiamo di far conto di questa preghiera, cerchiamo di pregare anche per coloro, e sono tanti, che non la sanno apprezzare, ma cerchiamo soprattutto con amore apostolico, con amore per le anime redente da Cristo, cerchiamo di diffondere questa preghiera facciamoci in questo anno mariano in particolare, ma in tutta la nostra vita facciamoci apostoli del S. Rosario e Maria ci benedirà nel momento della nostra morte, come giustamente disse quel suo grande apostolo S. Luigi Maria Grignion di Monfort, pregate ogni giorno la preghiera del S. Rosario e nel momento della vostra morte mi benedirete per quel consiglio che vi ho dato.

FONTE (http://www.totustuus.biz/users/tyn/omelia2.htm)

Augustinus
07-05-06, 17:52
Servo di Dio p. Tomas Tyn

OMELIA SUL SS. ROSARIO

7.10.1989

Fratelli carissimi, per una coincidenza davvero provvidenziale questo sabato del 7 di Ottobre coincide con una stupenda festa mariana, particolarmente cara all’ordine di S. Domenico, perché l’ordine di S. Domenico venera la beata e gloriosa madre del Signore soprattutto sotto il titolo di Regina Sacratissimi Rosarii, la Regina del Santo Rosario.

Cari fratelli, già altre volte ho cercato di attirare la vostra attenzione sulla centralità di Maria. Vedete Maria con in braccio Gesù Bambino è al centro dell’arca del nostro patriarca San Domenico, Maria l’ispiratrice, anzi la cofondatrice dell’Ordine dei Domenicani, però questo tesoro particolare che è il Rosario di Maria non si deve tenere solo per sé, si deve invece comunicarlo con tanta riconoscenza, tanto amore, tanta assiduità; l’Ordine deve anzi tutto predicare Maria la Virgo praedicanda, la Vergine da predicare, Maria e Gesù, Gesù nei suoi misteri, misteri meditati assieme a Maria nella corona del S. Rosario.

Ecco, cari fratelli, pensate un po’ a questo, la bellezza della vocazione domenicana, non lo dico solo per voi, non lo dico perché è un mio dovere, ma è un grande piacere poter dire che l’Ordine domenicano ha ricevuto dal Signore proprio questa santa vocazione, come dice S. Tommaso in riferimento all’idea di S. Domenico, di contemplare e contemplata aliis tradere. Non voglio peccare di immodestia, fratelli cari, ma penso che questa vocazione domenicana in qualche modo generi la stessa vocazione umana e cristiana, anzitutto dunque approfondire la propria vita spirituale, che è il fondamento di tutto, la dimensione contemplativa della vita cristiana, contemplare e poi contemplata aliis tradere, cioè in qualche modo far sì che ciò che si è contemplato diventi anche il bene per altre anime che il Signore affida al nostro amore, alla nostra attenzione.

S. Domenico ci ha lasciato questa consegna: amate le anime, non c’è onore più grande dato da Dio che questo: salvare le anime. Per le anime il Verbo si fece carne, per le anime il Verbo incarnato ha versato il suo Sangue sul legno della Croce, Iddio ha tanto amato gli uomini da dare il suo Figlio unigenito. Vedete cari fratelli, allora questo amore alle anime proprio ci porta a comunicare la via della salvezza, cioè la via della fede cattolica a tutti, perché non ci si salva se non in unione con la Santa Chiesa cattolica nostra madre.

Praedicatio fidei, predicazione della fede, perché dicono le costituzioni domenicane che bisogna appunto che bisogna dedicarsi alla salus animarum, salvezza delle anime per doctrinam et praedicationem. Allora voi capite cari fratelli che se questo è il compito dell’ordine domenicano, cioè quello di amare le anime e contemplare la Trinità di Dio e tramandare la gioia a tutte le anime di tutti i fratelli, se questo è il compito dell’ordine domenicano, cari fratelli, voi non vi stupirete del perché Iddio ha voluto affidare per l’intercessione e per la mediazione di Maria la corona del Rosario all’Ordine di S. Domenico, perché questa preghiera, la preghiera del Rosario, contiene in sé proprio questa duplice, stupenda, meravigliosa dimensione della sua unità nelle due realtà in una perfetta unità, non confuse una con l’altra.

Da una parte il rosario è una preghiera eminentemente contemplativa, fratelli cari permettetemi questo accenno pratico perché molto spesso ci sono dei buoni credenti che si trovano a disagio nella preghiera del S. Rosario, ci si stanca nella preghiera del S. Rosario. Perché? Spesso avviene la stanchezza nella preghiera, noi lo sappiamo bene, può succedere a tutti, tuttavia bisogna perseverare, tuttavia ciò accade perché non si ha mente che il Rosario è anzitutto contemplazione, quindi la mente umana deve essere concentrata sul mistero che contempliamo. Voi mi direte non si può far attenzione nel contempo all’Ave Maria da recitare con devozione, con serenità e nel contempo meditare il mistero. Si può fare l’uno e l’altro, vedete in qualche modo bisogna risuonare quella splendida preghiera, ricordate come dice il salmo, è la preghiera riecheggia nel grembo del giusto, come se la preghiera venisse da noi, che risuona una stupenda musica dentro all’anima nostra. Ebbene l’intimità con Maria ha questa funzione, creare una musica nell’anima nostra, a gloria e lode del Signore e nel contempo però la mente deve concentrarsi volta per volta sul mistero meditato assieme a Maria, che fra tutte le creature è la creatura più vicina a Gesù, la creatura che nel suo Cuore Immacolato, materno ha meditato tutti i misteri del Figlio suo.

Vedete il fondamento del S. Rosario c’è nel vangelo di S. Luca: pensate all’umiltà di Maria, cari fratelli, magari anche noi avessimo questa umiltà, questa semplicità dinanzi alla corona del S. Rosario! Maria Santissima non comprendeva i misteri, Gesù che insegna nel tempio e Maria che cerca Gesù, poi dice: "Figlio, perché ci hai fatto questo? Noi, io e tuo padre con ansia ti cercavamo". E Gesù dice: "Non sapevate forse che io devo seguire gli ordini del Padre mio?". Ma Maria conservava tutte queste cose meditandole nel suo Cuore. E noi invece abbiamo la pretesa di capire tutto, se non capiamo, non crediamo, se non capiamo, non meditiamo. Se uno ha la pretesa di capire e di comprendere allora non mediterà mai, perché per comprendere bisogna avere innanzi tutto la saggezza socratica, che si comprende di sapere che non si comprende, allora si è completamente scemi del mistero, cioè più il mistero lo si avvicina come mistero, più il mistero appare nella sua luce. Questo però è bello perché ci educa a meditare.

Pensate, cari fratelli, alla meraviglia del S. Rosario che nel contempo è la preghiera dei semplici e dei sapienti. Tra i tanti divorzi che la società moderna mette in atto, c’è anche lo sgradevole divorzio tra la semplicità e l’intellettualità. Vedete abbiamo tanti intellettuali che non sono semplici e tanti semplici che accantonano l’intellettualità alla sapienza. Invece la S. Chiesa proprio tramite la Madre Santissima del Signore, tramite la corona del S. Rosario ci insegna che semplicità e sapienza si appartengono a vicenda, che essere umili non vuol dire essere insipienti e che essere sapienti non vuol dire essere orgogliosi. Perché? Perché capite, quella corona del S. Rosario è un gesto semplice, ci vuole tanta umiltà, vedete cari fratelli è il salterio direi quasi dire degli illetterati, degli analfabeti. Voi sapete il perché delle 150 Ave Marie: perché 150 sono i salmi, voi sapete che nel deserto i santi Padri, chi sapeva leggere, pregava i salmi, dalla mattina fino alla sera, tutti i 150 uno dopo l’altro, chi non li sapeva leggere pregava le orazioni vocali 150 volte, il salterio dei semplici, il salterio degli illetterati, ma nel contempo il salterio dei sapienti, perché in quel salterio miei cari meditiamo il mistero, perché uno solo è il mistero, è Dio.

Oggi la Costituzione del Concilio ecumenico Vaticano primo non dobbiamo dimenticare. Comunque c’è una duplice conoscenza, una naturale dove avviciniamo Dio come l’autore e il creatore di tutte le cose, l’altra soprannaturale, che possiamo avvicinare solo nella fede e l’oggetto di questa intelligenza della fede. Quale è? È Dio ed il mistero della sua bontà. Mi piace tanto questa espressione di S. Paolo nella quale appunto parla riguardo a Gesù Salvatore, Redentore, riguardo alla umanità di Gesù e l’umanità di Gesù è una creatura, e S. Paolo dice: "Nel mistero della salvezza che si compie in Gesù vero uomo è un mistero nascosto da secoli eterni in Dio". Vedete cari fratelli come l’umanità di Gesù prima ancora che fosse posta nell’essere nel campo della creazione era già da sempre pensata dalla mente di Dio. E in Dio, i pensieri di Dio, che cosa sono? Sono qualcosa di distinto da Dio? No, cari fratelli, in Dio c’è una sola reale distinzione, la distinzione delle persone divine Padre, Figlio e Spirito Santo, altrimenti tutto è identità, quindi tutti i misteri dell’umana salvezza non formano che un solo mistero dell’essenza divina, della Deità Trinitaria.

Quindi vedete che cosa si contempla nel S. Rosario, che meravigliosa preghiera. Solo, abbiamo poco tempo, ma solo alcuni altri aspetti che mi sembrano molto importanti da meditare, soprattutto sulle sue proprietà, il movimento modernista non fa bene la spesa con le anime, vero cari fratelli, è una obiezione molto preoccupante, ma noi non ce lo possiamo permettere perché chi ragiona così, sragiona. Ebbene, quale è questa obiezione, soprattutto purtroppo fra i nostri giovani, che sono stati abbandonati a sé stessi, soprattutto nelle scuole. Ebbene il ragionamento è questo: ma il Rosario, che fatica, è una preghiera ripetitiva, non ne possiamo più di ripetere sempre le stesse cose.

Cari fratelli, con questa carrellata al buio, perché me la prendo, perché chi ragiona così non ha capito che cosa è la vita, perché la preghiera, cari fratelli è la sua essenza stessa, la meditazione sapienziale dei misteri, non è una ricerca delle novità, vedete gli sbandamenti del moderno, il modernismo non è soltanto una insorgenza, una ribellione contro le belle tradizioni, è anche quello, già questo sarebbe grave, è una ribellione contro Dio stesso, è la sintesi di tutte le eresie capite, è dire come il popolo di Israele che rimpiange le cipolle di Egitto, capite cari fratelli, questo cibo è nauseante, noi ne abbiamo abbastanza, vogliamo che ci si nutra con cibo nuovo, così ragionano i progressisti, bisogna che loro preghino avendo sempre qualche delectatio coelestis, un diletto celeste, no, è un diletto mondano delle più assurde e delle più superficiali dottrine, capite miei cari.

La preghiera la capisce veramente solo chi ama la tradizione. Anche i liturgisti più aggiornati devono ammettere che è un’anamnesi, un ricordo, vedete le cose antiche non solo hanno il tempo, ma alla luce di Dio e della sua eredità sono sempre nuove, ecco come chi predica il S. Rosario sente quasi il bisogno, la necessità di ripetere infinitamente: "ave o Maria, piena di grazia". Il mistero stesso, uno solo che è Dio stesso nella sua essenza, il mistero ci invita ad affrontarlo sempre per un’una unica via che Iddio stesso ha posto, che Dio stesso ha abbracciato. E fra queste due cose: "Ave, Maria piena di grazia" e "Santa Maria, madre di Dio" e la meditazione del mistero non c’è nessuna eterogeneità, e sapete perché cari fratelli? Perché la radice di tutti i misteri, la radice della nascita, della vita, della passione, della morte, della resurrezione, dell’ascensione del Signore al Padre per la missione dello Spirito Santo e la radice di tutti i misteri sta in quelle parole dell’Angelo, anzi di Dio per bocca dell’Arcangelo Gabriele: "salve, rallegrati, rallegrati o tu che sola fra tutti gli uomini hai trovato la grazia agli occhi del Signore, rallegrati".

Vedete, il S. Vangelo è la gioia del Paradiso, i Santi non si saziano mai di ripetere: "Ave Maria, piena di grazia"! Cari fratelli, l’acclamazione a Maria risuona al cenno di Dio. La nostra Chiesa ha un potere risanante, vedete cari fratelli la Chiesa nella terra è una cosa giusta, checché ne dicano i nostri liturgisti più aggiornati, mi pare che la Chiesa terrena, la Chiesa militante dovrebbe imitare secondo le sue possibilità la gioia, lo splendore della Chiesa trionfante nei cieli. Allora se l’Ave Maria è la gioia dei Santi è preoccupante se diventa tedio per le anime cristiane.

Chi dice volentieri il Rosario, l’Ave Maria, il Magnificat che è il cantico della Beata Vergine, ebbene si può pensare alla sua predestinazione, si vede che la sua anima è già esercitata nelle cose del Cielo, invece chi prova la ripulsa alla grazia del Rosario c’è da avere paura. Allora coraggio ad incoraggiare le anime appunto ad accedere al S. Rosario con semplicità, con pietà e con delizia.

Una ultimissima cosa fratelli cari perché questo è molto importante. Vedete si dice sempre: Rosario, preghiera a Maria o preghiera cristocentrica? Falso, o fratelli, è l’uno e l’altro, è una preghiera a Maria è perciò stesso cristocentrica. Ricordatevi sempre di quello che diceva appunto ancora S. Luigi Maria Grignion de Monfort. Diceva: Maria è tutta relativa a Dio. Essendo relativa a Dio tramite il suo privilegio di essere la teotokos la deipara Virgo, Maria è tutta relativa al Cristo. Allora, cari fratelli Maria è la via a Cristo, quando ci si avvicina a Maria, tramite Maria non ci si può che avvicinare a Dio.

Ebbene quando anime buone, con buone intenzioni, dicono "Ave Maria, piena di grazie" e omettono la seconda parte, già in questo c’è pericolo di protestantizzazione; dico sempre che il dualismo è una muta protestantizzazione della Chiesa cattolica, ebbene dicono "l’aggiunta della Chiesa, Santa Maria, Madre di Dio, ne faremo a meno". Quando si recita l’Ave Maria in modo integro, aggiungendo anche Santa Maria, Madre di Dio prega per noi peccatori, voi vi accorgete che la parola Santa, il nome più santo, il nome dinanzi al quale si piega ogni ginocchio in cielo, sulla terra e sotto terra, il nome benedetto di Gesù, si nomina al centro dell’Ave Maria. Vedete cari fratelli, si ascende a Gesù per discendere cercando l’intercessione di Maria, santa Maria, Madre di Dio prega per noi peccatori ora e nell’ora della nostra morte.

Ecco fratelli cari, noi recitiamo il Rosario così come l’abbiamo imparato dalla santa tradizione della Chiesa nella sua pienezza e ci affidiamo proprio ad Essa per attingere con abbondanza a quelle acque di salvezza che scaturiscono dal fonte della santità.

FONTE (http://www.totustuus.biz/users/tyn/omelia14.htm)

Caterina63
24-05-06, 18:20
http://santiebeati.it/immagini/Original/23950/23950BB.JPG

Il Rosario e i Domenicani

(testo tratto da A. D'Amato, La devozione a Maria e la Vocazione Domenicana,

Quaderni di Famiglia Domenicana, 1)

ROSARIO - SCUOLA DI VITA DOMENICANA

La storia della devozione al rosario, la sua origine, la sua diffusione, lo sviluppo della forma della preghiera, sono intimamente legati all'Ordine domenicano. Questa devozione nasce nell'Ordine di san Domenico ed è sempre stata promossa con grande zelo dai suoi figli, perché è particolarmente congeniale alla vocazione domenicana.

Il rosario si può considerare ormai elemento essenziale della vita e della missione del frate predicatore. Per il domenicano che lo pratica con la mente e col cuore è una delle migliori sorgenti di vita spirituale e uno dei mezzi più efficaci di santificazione e di evangelizzazione. E' infatti scuola di contemplazione e di vita apostolica.

I Domenicani usavano i Misteri del Rosario per combattere l'eresia alibgese. In un epoca in cui l'analfabetismo non permetteva letture durante le predicazioni e dove dunque la gente era invitata ad ascoltare, ecco che la contemplazione dei Misteri del Rosario diventavano vere predicazioni di piazza, la gente si riuniva ed ascoltava poi pregava insieme al predicatore. Era una catechesi pubblica che immediatamente riscosse larghi consensi.

Anche con l'avvento del Protestantesimo che minava la devozione mariana con le continue predicazioni contro la dottrina della Chiesa, il Rosario prodigiosamente trovò invece qui, in questi anni, la sua massima fioritura. Al grande Beato Alano de la Roche, frate domenicano, si deve la fondazione delle PRIME CONFRATERNITE DEL ROSARIO, per le quali tutti i Papi da quel momento tenevano in grande considerazione da arricchirle di INDULGENZE E DI FAVORI.

Il rosario - dicono i suoi detrattori - è una preghiera eccessivamente ripetitiva e perciò non spontanea e noiosa. Ma, se esiste una preghiera noiosa, questa non è certamente il rosario. Il rosario di Maria non è una recita meccanica di Ave Maria; non è cioè una recita, dove la riflessione è assente e la meditazione è ignorata, dove l'anima non comunica con Dio e con la beata Vergine. Il rosario è principalmente contemplazione dei misteri della vita di Gesù e di Maria, accompagnata dalla recita delle preghiere più belle del cristianesimo: il Pater, l'Ave Maria e il Gloria Patri.

Il rosario come preghiera mentale e vocale, come contemplazione e orazione è preghiera perfetta. La preghiera senza meditazione può divenire meccanica e può anche divenire noiosa; se invece è accompagnata dalla meditazione ottiene la grazia della contemplazione.

« Camminiamo sui due piedi della contemplazione e della preghiera - scrive san Bernardo -. La meditazione insegna ciò che ci manca, la preghiera ci ottiene che non ci manchi. La prima ci indica la strada, l'altra ci guida. Con la meditazione conosciamo i pericoli che incombono su di noi; per mezzo della preghiera li evitiamo con l'aiuto del Signore » (Ed. Migne P.L. 183; col. 509).

« La contemplazione - scrive Paolo VI - è elemento essenziale del rosario. Senza di essa il rosario è corpo senza anima e la sua recita rischia di divenire meccanica ripetizione di formule e di contraddire all'ammonimento di Gesù: 'Quando pregate non siate ciarlieri come i pagani, che credono di essere esauditi in ragione della loro loquacità' (Matteo 6, 7).

Per sua natura la recita del rosario esige un ritmo tranquillo e quasi un indugio pensoso, che favoriscano nell'orante la meditazione dei misteri della vita del Signore, visti attraverso il cuore di Colei che al Signore fu più vicina e ne dischiuda no le insondabili ricchezze » (Paolo VI, Marialis Cultus, n. 47).

Certamente anche il rosario, come qualsiasi altra forma di preghiera, è esposta al pericolo dell'abitudine e della ripetizione meccanica. Ma il rosario per sé lo è meno di ogni altra preghiera, perché sollecita continuamente l'attenzione e l'interesse dell'animo, offrendo a ogni mistero nuova materia di riflessione. Il rosario, inteso rettamente, è la preghiera più contemplativa di tutte.

La meditazione dei misteri è la vera anima del rosario. E' necessario passare da questa meditazione molto facile, prima di elevarsi alla vera contemplazione. Per questo il rosario è scuola di contemplazione; innalza a poco a poco al di sopra della preghiera vocale e della meditazione ragionata. Dalla meditazione dei misteri si acquista quell'unione intima con Dio, che porta alla contemplazione. « Per i quindici gradini di questa scuola - scrive S. Luigi Grignion da Montfort (TERZIARIO Domenicano) ti riuscirà di salire di virtù in virtù, di chiarezza in chiarezza e giungerai facilmente, senza illusioni, fino alla pienezza dell'età di Cristo » (Segreto ammirabile del S. Rosario, Roma 1960, p. 78).

Il rosario così ripassa continuamente i misteri della fede in un clima di preghiera; è perciò una chiara professione di fede divenuta preghiera.

Oltre i misteri anche le preghiere proprie del rosario si prestano moltissimo alla contemplazione. Se ogni preghiera è via alla contemplazione, a maggior ragione lo sono il Pater, la preghiera fiorita dal cuore di Gesù; l'Ave Maria, la preghiera che rievoca i misteri della natività del Salvatore e il Gloria Patri, che ci immerge nel mistero della Trinità.

In quanto scuola di contemplazione il rosario è pure la migliore preparazione all'attività apostolica.

Questa infatti deve sgorgare dalla pienezza della contemplazione. La preparazione teologica e culturale non è sufficiente a formare un buon frate predicatore. La formazione teologica deve essere completata dalla contemplazione affettiva, che sostiene e vivifica la preparazione intellettuale e dà calore di vita alla parola dell'apostolo.

Per questo il rosario, quando è realmente scuola di contemplazione, è anche la migliore preparazione all'attività apostolica e dà efficacia alla parola dell'apostolo.

Nessuna preghiera è più adatta, proprio per il suo carattere di preghiera orale e di meditazione dei misteri della vita di Gesù e di Maria, a introdurre l'apostolo nell'ordine della carità, che lo rende idoneo a parlare in nome di Dio.

Offrendo alla meditazione le principali verità della fede e gli avvenimenti più salienti della vita del Redentore e della Vergine Maria, rivolgendo continuamente il pensiero alla Vergine santa e a Cristo, « il frutto benedetto » del suo seno; rievocando i misteri dell'incarnazione del Verbo eterno, della nascita, della vita, della passione, della risurrezione e della glorificazione di Maria, il rosario offre alla meditazione un ricco nutrimento spirituale e permette di rivivere i misteri della salvezza; diventa così un continuo alimento di fede e perciò la migliore preparazione all'attività apostolica.

L'apostolo che recita il rosario e vive nell'assidua meditazione della carità di Cristo e di Maria non può non sentire il dovere di regolare con la carità tutta la propria vita. E la crescita della carità è sempre la migliore preparazione all'attività apostolica.

I misteri del rosario, dall'annunciazione alla glorificazione di Maria e dei santi, indicano l'ascesa progressiva dell'apostolo nel suo incarnare la parola di Dio per viverla nella carità (misteri gaudiosi); nel suo purificarsi in unione alle sofferenze di Cristo e in comunione con Maria (misteri dolorosi) e nella speranza del premio per la sua fedeltà e la sua cooperazione al mistero della salvezza (misteri gloriosi).

Augustinus
30-09-06, 18:43
http://img176.imageshack.us/img176/6120/piolabastiarosairezs3.jpg Domenico Piola, Madonna del Rosario con i SS. Domenico e Francesco d'Assisi, Chiesa di S. Giovanni Battista, Bastia

http://img396.imageshack.us/img396/5384/mub011liy5.jpg Bartolomé Esteban Murillo, Madonna del Rosario, 1675-80 circa

http://img176.imageshack.us/img176/6757/rosario1dh0.jpg Luca Giordano, Madonna del Rosario, XVII sec., Museo di Capodimonte, Napoli

http://img176.imageshack.us/img176/4053/rosario2py9.jpg Luca Giordano, Madonna del Rosario, XVII sec., Museo di Capodimonte, Napoli

http://img396.imageshack.us/img396/731/rosario3pq0.jpg Vicente López, Vergine del Rosario in gloria con i SS. Domenico e Caterina da Siena, 1800, Collezione privata

http://img528.imageshack.us/img528/2572/rosario4zt6.jpg Jerónimo Jacinto de Espinosa, Vergine del Rosario e Santi (SS. Paolo, Filippo Neri, Tommaso apostolo e Giuseppe), Chiesa di S. Tommaso, Valencia

http://img528.imageshack.us/img528/438/rosario5gy1.jpg Jerónimo Jacinto de Espinosa, Vergine del Rosario, XVII sec., Collezione privata

http://www.ng-slo.si/imagelib/source/umetnine/ZDS2002048.jpg Nicola Grassi, Madonna del Rosario con i SS. Francesco d'Assisi e Domenico, XVII-XVIII sec., Narodni galeriji, Lubiana

Augustinus
07-10-06, 11:15
http://www.reproarte.com/files/images/V/vasari_giorgio/0101-0404_die_gegnerischen_flotten_bei_lepanto.jpg http://www.layline.de/geschichte/lepanto.jpg Giorgio Vasari, Le flotte si fronteggiano nella battaglia di Lepanto, XVI sec.

http://www.pinakoteka.zascianek.pl/Dolabella/Images/Lepanto_f3.jpg http://artyzm.com/obrazy/dolabella_procesja.jpg http://www.pinakoteka.zascianek.pl/Dolabella/Images/Lepanto_f2.jpg http://www.pinakoteka.zascianek.pl/Dolabella/Images/Lepanto_f1.jpg Tommaso Dolabella, Battaglia di Lepanto (con processione polacca), 1632, Palazzo reale di Wawel, Cracovia

Augustinus
07-10-06, 11:24
http://img517.imageshack.us/img517/7567/crusadesbattleoflepantopy4.jpg Gustave Doré, La battaglia di Lepanto, in (a cura di) J-F. Michaud, Bibliotheque des Croisades, 1877

Augustinus
08-05-07, 14:06
http://www.radiofamilyrosary.com/files/rosary-madonna6.jpg

Augustinus
08-05-07, 14:11
http://img205.imageshack.us/img205/9823/ss126jpgqy8.jpg Giovan Battista Salvi detto il Sassoferrato, Madonna del Rosario, 1643, Chiesa di S. Sabina, Roma

http://img55.imageshack.us/img55/8518/madonnadelrosario2391jb3.jpg Federico Barocci, Madonna del Rosario, 1593, Palazzo Vescovile, Pinacoteca Diocesana, Senigallia

Augustinus
06-10-07, 17:54
Lepanto

Italian name for Naupactos (Naupactus) a titular metropolitan see of ancient Epirus. The name Naupactus (dockyard) is said to have originated in the traditional building of a fleet there by Heraclidae (Strabo, IX, ix, 7). The site must have been chosen because of the strong position of the hill, the fertile plains of the neighbourhood, and the many streams. Situated on the coast of Loeris, it originally belonged to the Locri Ozolae but was subsequently taken by the Athenians, who in 455 B.C., after the Third Messenian War, established there the Messenian helots, the bitter enemies of Sparta (Pausanias, IV, xxv, 7; X, xxxviii, 10). After the battle of Ægospotami (404 B.C.), the Spartans captured Naupactus, drove out the Messenians, and restored the town to the Locri Ozolae. Subsequently, it passed in turn to the Achaeans, the Thesbians, and to Philip Macedon, who gave it to the Ætolians; hence it was sometimes called the "city of the Ætolians" (Strabo, IX, iv, 7). For two months Naupactus fiercely resisted the Romans, who under M. Acilius Glabrio finally (191 B.C.) captured the town. Pausanias (X, xxxviii, 12-13) saw there near the sea a temple of Poseidon, another of Artemis, a cave dedicated to Aphrodite, and ruins of a temple of Aesculapius. During Justinian's reign Naupactus was almost entirely destroyed by an earthquake (Procopius, "Bell. Goth.", IV, xxv).

Le Quien (Oriens Christianus, II, 197-200) mentions only ten of its Greek bishops, the first of whom took part in the council of Ephesus (431), but our manuscript lists contain ninety-eight names. The metropolitan See of Naupactus depended on the pope, as Western Patriarch, until 733, when Leo III the Isaurian annexed it to the Patriarchate of Constantinople. In the early years of the tenth century it had eight suffragan sees (Gelzer, "Ungedruckte . . . Texte der Notitiae episcopatuum", Munich, 1900, p. 557); nine about 1175 under Emporor Manuel Comnenus (Parthey, "Hieroclis Synecdemus", Berlin, 1866, p. 121),but only four at the close of the fifteenth century (Gelzer, op. Cit.,635). Annexed to the Greek Orthodox Church in 1827, the see was suppressed in 1900, and replaced by the See of Acarnania and Naupactia, whose seat is at Missolonghi; the limits of this diocese are identical to those of the name Ætolia and Acarnania. As to the Latin archbishops of Naupactus during the Frankish occupation, La Quien (Oriens Christ., III, 995) and Eubel (Hierarchia catholica medii aevi, I, 379; II, 222) mention about twenty in the fourteenth and fifteenth centuries.

Occupied by the Turks in 1498, Lepanto is chiefly celebrated for the victory which the combined papal, Spanish, Venetian, and Genoese fleets, under Don John of Austria, gained over the Turkish fleet on 7 Oct., 1571. The latter had 208 galleys and 66 small ships; the Christian fleet about the same number. The crusaders lost 17 ships and 7500 men; 15 Turkish ships were sunk and 177 taken, from 20,000 to 30,000 men disabled, and from 12,000 to 15,000 Christian rowers, slaves on the Turkish galleys, were delivered. Though this victory did not accomplish all that was hoped for, since the Turks appeared the very next year with a fleet of 250 ships before Modon and Cape Matapan, and in vain offered battle to the Christians, it was of great importance as being the first great defeat of the infidels on the sea. Held by the Venetians from 1687 to 1689, and thence by the Turks until 1827, it became in the latter year part of the new Greek realm. Today Naupactus, chief town of the district in the province of Arcarnania and Ætolia, has 4,500 inhabitants, all Orthodox Greeks. The roadstead is rather small and silted up; the strait connects the Bay of Patras with the Gulf of Corinth.

Fonte: The Catholic Encyclopedia, vol. IX, New York, 1910 (http://www.newadvent.org/cathen/09181b.htm)

Augustinus
06-10-07, 17:59
The Rosary

I. IN THE WESTERN CHURCH

"The Rosary", says the Roman Breviary, "is a certain form of prayer wherein we say fifteen decades or tens of Hail Marys with an Our Father between each ten, while at each of these fifteen decades we recall successively in pious meditation one of the mysteries of our Redemption." The same lesson for the Feast of the Holy Rosary informs us that when the Albigensian heresy was devastating the country of Toulouse, St. Dominic earnestly besought the help of Our Lady and was instructed by her, so tradition asserts, to preach the Rosary among the people as an antidote to heresy and sin. From that time forward this manner of prayer was "most wonderfully published abroad and developed [promulgari augerique coepit] by St. Dominic whom different Supreme Pontiffs have in various past ages of their apostolic letters declared to be the institutor and author of the same devotion." That many popes have so spoken is undoubtedly true, and amongst the rest we have a series of encyclicals, beginning in 1883, issued by Pope Leo XIII, which, while commending this devotion to the faithful in the most earnest terms, assumes the institution of the Rosary by St. Dominic to be a fact historically established. Of the remarkable fruits of this devotion and of the extraordinary favours which have been granted to the world, as is piously believed, through this means, something will be said under the headings FEAST OF THE ROSARY and CONFRATERNITIES OF THE ROSARY. We will confine ourselves here to the controverted question of its history, a matter which both in the middle of the eighteenth century and again in recent years has attracted much attention.

Let us begin with certain facts which will not be contested. It is tolerably obvious that whenever any prayer has to be repeated a large number of times recourse is likely to be had to some mechanical apparatus less troublesome than counting upon the fingers. In almost all countries, then, we meet with something in the nature of prayer-counters or rosary beads. Even in ancient Nineveh a sculpture has been found thus described by Lavard in his "Monuments" (I, plate 7): "Two winged females standing before the sacred tree in the attitude of prayer; they lift the extended right hand and hold in the left a garland or rosary." However this may be, it is certain that among the Mohammedans the Tasbih or bead-string, consisting of 33, 66, or 99 beads, and used for counting devotionally the names of Allah, has been in use for many centuries. Marco Polo, visiting the King of Malabar in the thirteenth century, found to his surprise that that monarch employed a rosary of 104 (? 108) precious stones to count his prayers. St. Francis Xavier and his companions were equally astonished to see that rosaries were universally familiar to the Buddhists of Japan. Among the monks of the Greek Church we hear of the kombologion, or komboschoinion, a cord with a hundred knots used to count genuflexions and signs of the cross. Similarly, beside the mummy of a Christian ascetic, Thaias, of the fourth century, recently disinterred at Antinöe in Egypt, was found a sort of cribbage-board with holes, which has generally been thought to be an apparatus for counting prayers, of which Palladius and other ancient authorities have left us an account. A certain Paul the Hermit, in the fourth century, had imposed upon himself the task of repeating three hundred prayers, according to a set form, every day. To do this, he gathered up three hundred pebbles and threw one away as each prayer was finished (Palladius, Hist. Laus., xx; Butler, II, 63). It is probable that other ascetics who also numbered their prayers by hundreds adopted some similar expedient. (Cf. "Vita S. Godrici", cviii.) Indeed when we find a papal privilege addressed to the monks of St. Apollinaris in Classe requiring them, in gratitude for the pope's benefactions, to say Kyrie eleison three hundred times twice a day (see the privilege of Hadrian I, A.D. 782, in Jaffe-Löwenfeld, n. 2437), one would infer that some counting apparatus must almost necessarily have been used for the purpose.

But there were other prayers to be counted more nearly connected with the Rosary than Kyrie eleisons. At an early date among the monastic orders the practice had established itself not only of offering Masses, but of saying vocal prayers as a suffrage for their deceased brethren. For this purpose the private recitation of the 150 psalms, or of 50 psalms, the third part, was constantly enjoined. Already in A. D. 800 we learn from the compact between St. Gall and Reichenau ("Mon. Germ. Hist.: Confrat.", Piper, 140) that for each deceased brother all the priests should say one Mass and also fifty psalms. A charter in Kemble (Cod. Dipl., I, 290) prescribes that each monk is to sing two fifties (twa fiftig) for the souls of certain benefactors, while each priest is to sing two Masses and each deacon to read two Passions. But as time went on, and the conversi, or lay brothers, most of them quite illiterate, became distinct from the choir monks, it was felt that they also should be required to substitute some simple form of prayer in place of the psalms to which their more educated brethren were bound by rule. Thus we read in the "Ancient Customs of Cluny", collected by Udalrio in 1096, that when the death of any brother at a distance was announced, every priest was to offer Mass, and every non-priest was either to say fifty psalms or to repeat fifty times the Paternoster ("quicunque sacerdos est cantet missam pro eo, et qui non est sacerdos quinquaginta psalmos aut toties orationem dominicam", P. L., CXLIX, 776). Similarly among the Knights Templar, whose rule dates from about 1128, the knights who could not attend choir were required to say the Lord's Prayer 57 times in all and on the death of any of the brethren they had to say the Pater Noster a hundred times a day for a week.

To count these accurately there is every reason to believe that already in the eleventh and twelfth centuries a practice had come in of using pebbles, berries, or discs of bone threaded on a string. It is in any case certain that the Countess Godiva of Coventry (c. 1075) left by will to the statue of Our Lady in a certain monastery "the circlet of precious stones which she had threaded on a cord in order that by fingering them one after another she might count her prayers exactly" (Malmesbury, "Gesta Pont.", Rolls Series 311). Another example seems to occur in the case of St. Rosalia (A. D. 1160), in whose tomb similar strings of beads were discovered. Even more important is the fact that such strings of beads were known throughout the Middle Ages -- and in some Continental tongues are known to this day -- as "Paternosters". The evidence for this is overwhelming and comes from every part of Europe. Already in the thirteenth century the manufacturers of these articles, who were known as "paternosterers", almost everywhere formed a recognized craft guild of considerable importance. The "Livre des métiers" of Stephen Boyleau, for example, supplies full information regarding the four guilds of patenôtriers in Paris in the year 1268, while Paternoster Row in London still preserves the memory of the street in which their English craft-fellows congregated. Now the obvious inference is that an appliance which was persistently called a "Paternoster", or in Latin fila de paternoster, numeralia de paternoster, and so on, had, at least originally, been designed for counting Our Fathers. This inference, drawn out and illustrated with much learning by Father T. Esser, O.P., in 1897, becomes a practical certainty when we remember that it was only in the middle of the twelfth century that the Hail Mary came at all generally into use as a formula of devotion. It is morally impossible that Lady Godiva's circlet of jewels could have been intended to count Ave Marias. Hence there can be no doubt that the strings of prayerbeads were called "paternosters" because for a long time they were principally employed to number repetitions of the Lord's Prayer.

When, however, the Hail Mary came into use, it appears that from the first the consciousness that it was in its own nature a salutation rather than a prayer induced a fashion of repeating it many times in succession, accompanied by genuflexions or some other external act of reverence. Just as happens nowadays in the firing of salutes, or in the applause given to a public performer, or in the rounds of cheers evoked among school-boys by an arrival or departure, so also then the honour paid by such salutations was measured by numbers and continuance. Further, since the recitation of the Psalms divided into fifties was, as innumerable documents attest, the favourite form of devotion for religious and learned persons, so those who were simple or much occupied loved, by the repetition of fifty, a hundred, or a hundred and fifty were salutations of Our Lady, to feel that they were imitating the practice of God's more exalted servants. In any case it is certain that in the course of the twelfth century and before the birth of St. Dominic, the practice of reciting 50 or 150 Ave Marias had become generally familiar. The most conclusive evidence of this is furnished by the "Mary-legends", or stories of Our Lady, which obtained wide circulation at this epoch. The story of Eulalia, in particular, according to which a client of the Blessed Virgin who had been wont to say a hundred and fifty Aves was bidden by her to say only fifty, but more slowly, has been shown by Mussafia (Marien-legenden, Pts I, ii) to be unquestionably of early date. Not less conclusive is the account given of St. Albert (d. 1140) by his contemporary biographer, who tells us: "A hundred times a day he bent his knees, and fifty times he prostrated himself raising his body again by his fingers and toes, while he repeated at every genuflexion: 'Hail Mary, full of grace, the Lord is with thee, blessed art thou amongst women and blessed is the fruit of thy womb'." This was the whole of the Hail Mary as then said, and the fact of all the words being set down rather implies that the formula had not yet become universally familiar. Not less remarkable is the account of a similar devotional exercise occurring in the Corpus Christi manuscripts of the Ancren Riwle. This text, declared by Kölbing to have been written in the middle of the twelfth century (Englische Studien, 1885, P. 116), can in any case be hardly later than 1200. The passage in question gives directions how fifty Aves are to be said divided into sets of ten, with prostrations and other marks of reverence. (See The Month, July, 1903.) When we find such an exercise recommended to a little group of anchorites in a corner of England, twenty years before any Dominican foundation was made in this country, it seems difficult to resist the conclusion that the custom of reciting fifty or a hundred and fifty Aves had grown familiar, independently of, and earlier than, the preaching of St. Dominic. On the other hand, the practice of meditating on certain definite mysteries, which has been rightly described as the very essence of the Rosary devotion, seems to have only arisen long after the date of St. Dominic's death. It is difficult to prove a negative, but Father T. Esser, O.P., has shown (in the periodical "Der Katholik", of Mainz, Oct., Nov., Dec., 1897) that the introduction of this meditation during the recitation of the Aves was rightly attributed to a certain Carthusian, Dominic the Prussian. It is in any case certain that at the close of the fifteenth century the utmost possible variety of methods of meditating prevailed, and that the fifteen mysteries now generally accepted were not uniformly adhered to even by the Dominicans themselves. (See Schmitz, "Rosenkranzgebet", p. 74; Esser in "Der Katholik for 1904-6.) To sum up, we have positive evidence that both the invention of the beads as a counting apparatus and also the practice of repeating a hundred and fifty Aves cannot be due to St. Dominic, because they are both notably older than his time. Further, we are assured that the meditating upon the mysteries was not introduced until two hundred years after his death. What then, we are compelled to ask, is there left of which St. Dominic may be called the author?

These positive reasons for distrusting the current tradition might in a measure be ignored as archaeological refinements, if there were any satisfactory evidence to show that St. Dominic had identified himself with the pre-existing Rosary and become its apostle. But here we are met with absolute silence. Of the eight or nine early Lives of the saint, not one makes the faintest allusion to the Rosary. The witnesses who gave evidence in the cause of his canonization are equally reticent. In the great collection of documents accumulated by Fathers Balme and Lelaidier, O.P., in their "Cartulaire de St. Dominique" the question is studiously ignored. The early constitutions of the different provinces of the order have been examined, and many of them printed, but no one has found any reference to this devotion. We possess hundreds, even thousands, of manuscripts containing devotional treatises, sermons, chronicles, Saints' lives, etc., written by the Friars Preachers between 1220 and 1450; but no single verifiable passage has yet been produced which speaks of the Rosary as instituted by St. Dominic or which even makes much of the devotion as one specially dear to his children. The charters and other deeds of the Dominican convents for men and women, as M. Jean Guiraud points out with emphasis in his edition of the Cartulaire of La Prouille (I, cccxxviii), are equally silent. Neither do we find any suggestion of a connection between St. Dominic and the Rosary in the paintings and sculptures of these two and a half centuries. Even the tomb of St. Dominic at Bologna and the numberless frescoes by Fra Angelico representing the brethren of his order ignore the Rosary completely.

Impressed by this conspiracy of silence, the Bollandists, on trying to trace to its source the origin of the current tradition, found that all the clues converged upon one point, the preaching of the Dominican Alan de Rupe about the years 1470-75. He it undoubtedly was who first suggested the idea that the devotion of "Our Lady's Psalter" (a hundred and fifty Hail Marys) was instituted or revived by St. Dominic. Alan was a very earnest and devout man, but, as the highest authorities admit, he was full of delusions, and based his revelations on the imaginary testimony of writers that never existed (see Quétif and Echard, "Scriptores O.P.", 1, 849). His preaching, however, was attended with much success. The Rosary Confraternities, organized by him and his colleagues at Douai, Cologne, and elsewhere had great vogue, and led to the printing of many books, all more or less impregnated with the ideas of Alan. Indulgences were granted for the good work that was thus being done and the documents conceding these indulgences accepted and repeated, as was natural in that uncritical age, the historical data which had been inspired by Alan's writings and which were submitted according to the usual practice by the promoters of the confraternities themselves. It was in this way that the tradition of Dominican authorship grew up. The first Bulls speak of this authorship with some reserve: "Prout in historiis legitur" says Leo X in the earliest of all. "Pastoris aeterni" 1520; but many of the later popes were less guarded.

Two considerations strongly support the view of the Rosary tradition just expounded. The first is the gradual surrender of almost every notable piece that has at one time or another been relied upon to vindicate the supposed claims of St. Dominic. Touron and Alban Butler appealed to the Memoirs of a certain Luminosi de Aposa who professed to have heard St. Dominic preach at Bologna, but these Memoirs have long ago been proved to a forgery. Danzas, Von Löe and others attached much importance to a fresco at Muret; but the fresco is not now in existence, and there is good reason for believing that the rosary once seen in that fresco was painted in at a later date ("The Month" Feb. 1901, p. 179). Mamachi, Esser, Walsh, and Von Löe and others quote some alleged contemporary verses about Dominic in connection with a crown of roses; the original manuscript has disappeared, and it is certain that the writers named have printed Dominicus where Benoist, the only person who has seen the manuscript, read Dominus. The famous will of Anthony Sers, which professed to leave a bequest to the Confraternity of the Rosary at Palencia in 1221, was put forward as a conclusive piece of testimony by Mamachi; but it is now admitted by Dominican authorities to be a forgery ("The Irish Rosary, Jan., 1901, p. 92). Similarly, a supposed reference to the subject by Thomas à Kempis in the "Chronicle of Mount St. Agnes" is a pure blunder ("The Month", Feb., 1901, p. 187). With this may be noted the change in tone observable of late in authoritative works of reference. In the "Kirchliches Handlexikon" of Munich and in the last edition of Herder's "Konversationslexikon" no attempt is made to defend the tradition which connects St. Dominic personally with the origin of the Rosary. Another consideration which cannot be developed is the multitude of conflicting legends concerning the origin of this devotion of "Our Lady's Psalter" which prevailed down to the end of the fifteenth century, as well as the early diversity of practice in the manner of its recitation. These facts agree ill with the supposition that it took its rise in a definite revelation and was jealously watched over from the beginning by one of the most learned and influential of the religious orders. No doubt can exist that the immense diffusion of the Rosary and its confraternities in modern times and the vast influence it has exercised for good are mainly due to the labours and the prayers of the sons of St. Dominic, but the historical evidence serves plainly to show that their interest in the subject was only awakened in the last years of the fifteenth century.

That the Rosary is pre-eminently the prayer of the people adapted alike for the use of simple and learned is proved not only by the long series of papal utterances by which it has been commended to the faithful but by the daily experience of all who are familiar with it. The objection so often made against its "vain repetitions" is felt by none but those who have failed to realize how entirely the spirit of the exercise lies in the meditation upon the fundamental mysteries of our faith. To the initiated the words of the angelical salutation form only a sort of half-conscious accompaniment, a bourdon which we may liken to the "Holy, Holy, Holy" of the heavenly choirs and surely not in itself meaningless. Neither can it be necessary to urge that the freest criticism of the historical origin of the devotion, which involves no point of doctrine, is compatible with a full appreciation of the devotional treasures which this pious exercise brings within the reach of all.

As regards the origin of the name, the word rosarius means a garland or bouquet of roses, and it was not unfrequently used in a figurative sense -- e.g. as the title of a book, to denote an anthology or collection of extracts. An early legend which after travelling all over Europe penetrated even to Abyssinia connected this name with a story of Our Lady, who was seen to take rosebuds from the lips of a young monk when he was reciting Hail Marys and to weave them into a garland which she placed upon her head. A German metrical version of this story is still extant dating from the thirteenth century. The name "Our Lady's Psalter" can also be traced back to the same period. Corona or chaplet suggests the same idea as rosarium. The old English name found in Chaucer and elsewhere was a "pair of beads", in which the word bead originally meant prayers.

II. IN THE GREEK CHURCH, CATHOLIC AND SCHISMATIC

The custom of reciting prayers upon a string with knots or beads thereon at regular intervals has come down from the early days of Christianity, and is still practised in the Eastern as well as in the Western Church. It seems to have originated among the early monks and hermits who used a piece of heavy cord with knots tied at intervals upon which they recited their shorter prayers. This form of rosary is still used among the monks in the various Greek Churches, although archimandrites and bishops use a very ornamental form of rosary with costly beads. The rosary is conferred upon the Greek monk as a part of his investiture with the mandyas or full monastic habit, as the second step in the monastic life, and is called his "spiritual sword". This Oriental form of rosary is known in the Hellenic Greek Church as kombologion (chaplet), or komboschoinion (string of knots or beads), in the Russian Church as vervitza (string), chotki (chaplet), or liestovka (ladder), and in the Rumanian Church as matanie (reverence). The first use of the rosary in any general way was among the monks of the Orient. Our everyday name of "beads" for it is simply the Old Saxon word bede (a prayer) which has been transferred to the instrument used in reciting the prayer, while the word rosary is an equally modern term. The intercourse of the Western peoples of the Latin Rite with those of the Eastern Rite at the beginning of the Crusades caused the practice of saying prayers upon knots or beads to become widely diffused among the monastic houses of the Latin Church, although the practice had been observed in some instances before that date. On the other hand, the recitation of the Rosary, as practised in the West, has not become general in the Eastern Churches; there it has still retained its original form as a monastic exercise of devotion, and is but little known or used among the laity, while even the secular clergy seldom use it in their devotions. Bishops, however, retain the rosary, as indicating that they have risen from the monastic state, even though they are in the world governing their dioceses.

The rosary used in the present Greek Orthodox Church -- whether in Russia or in the East -- is quite different in form from that used in the Latin Church. The use of the prayer-knots or prayer-beads originated from the fact that monks, according to the rule of St. Basil, the only monastic rule known to the Greek Rite, were enjoined by their founder to pray without ceasing" (1 Thessalonians 5:17; Luke 1), and as most of the early monks were laymen, engaged often in various forms of work and in many cases without sufficient education to read the prescribed lessons, psalms, and prayers of the daily office, the rosary was used by them as a means of continually reciting their prayers. At the beginning and at the end of each prayer said by the monk upon each knot or bead he makes the "great reverence" (he megale metanoia), bending down to the ground, so that the recitation of the rosary is often known as a metania. The rosary used among the Greeks of Greece, Turkey, and the East usually consists of one hundred beads without any distinction of great or little ones, while the Old Slavic, or Russian, rosary, generally consists of 103 beads, separated in irregular sections by four large beads, so that the first large bead is followed by 17 small ones, the second large bead by 33 small ones, the third by 40 small ones, and the fourth by 12 small ones, with an additional one added at the end. The two ends of a Russian rosary are often bound together for a short distance, so that the lines of beads run parallel (hence the name ladder used for the rosary), and they finish with a three-cornered ornament often adorned with a tassel or other finial, corresponding to the cross or medal used in a Latin rosary.

The use of the Greek rosary is prescribed in Rule 87 of the "Nomocanon", which reads: "The rosary should have one hundred [the Russian rule says 103] beads; and upon each bead the prescribed prayer should be recited." The usual form of this prayer prescribed for the rosary runs as follows: "O Lord Jesus Christ, Son and Word of the living God, through the intercessions of thy immaculate Mother [tes panachrantou sou Metros] and of all thy Saints, have mercy and save us. If, however, the rosary be said as a penitential exercise, the prayer then is: O Lord Jesus Christ, Son of God, have mercy on me a sinner. The Russian rosary is divided by the four large beads so as to represent the different parts of the canonical Office which the recitation of the rosary replaces, while the four large beads themselves represent the four Evangelists. In the monasteries of Mount Athos, where the severest rule is observed, from eighty to a hundred rosaries are said daily by each monk. In Russian monasteries the rosary is usually said five times a day, while in the recitation of it the "great reverences" are reduced to ten, the remainder being simply sixty "little reverences" (bowing of the head no further than the waist) and sixty recitations of the penitential form of the prescribed prayer.

Among the Greek Uniats rosary is but little used by the laity. The Basilian monks make use of it in the Eastern style just described and in many cases use it in the Roman fashion in some monasteries. The more active life prescribed for them in following the example of Latin monks leaves less time for the recitation of the rosary according to the Eastern form, whilst the reading and recitation of the Office during the canonical Hours fulfils the original monastic obligation and so does not require the rosary. Latterly the Melchites and the Italo-Greeks have in many places adopted among their laity a form of to the one used among the laity of the Roman Rite, but its use is far from general. The Ruthenian and Rumanian Greek Catholics do not use it among the laity, but reserve it chiefly for the monastic clergy, although lately in some parts of Galicia its lay use has been occasionally introduced and is regarded as a latinizing practice. It may be said that among the Greeks in general the use of the rosary is regarded as a religious exercise peculiar to the monastic life; and wherever among Greek Uniats its lay use has been introduced, it is an imitation of the Roman practice. On this account it has never been popularized among the laity of the peoples, who remain strongly attached to their venerable Eastern Rite.

Fonte: The Catholic Encyclopedia, vol. XIII, New York, 1912 (http://www.newadvent.org/cathen/13184b.htm)

Augustinus
06-10-07, 18:00
Feast of the Holy Rosary

Apart from the signal defeat of the Albigensian heretics at the battle of Muret in 1213 which legend has attributed to the recitation of the Rosary by St. Dominic, it is believed that Heaven has on many occasions rewarded the faith of those who had recourse to this devotion in times of special danger. More particularly, the naval victory of Lepanto gained by Don John of Austria over the Turkish fleet on the first Sunday of October in 1571 responded wonderfully to the processions made at Rome on that same day by the members of the Rosary confraternity. St. Pius V thereupon ordered that a commemoration of the Rosary should be made upon that day, and at the request of the Dominican Order Gregory XIII in 1573 allowed this feast to be kept in all churches which possessed an altar dedicated to the Holy Rosary. In 1671 the observance of this festival was extended by Clement X to the whole of Spain, and somewhat later Clement XI after the important victory over the Turks gained by Prince Eugene on 6 August, 1716 (the feast of our Lady of the Snows), at Peterwardein in Hungary, commanded the feast of the Rosary to be celebrated by the universal Church. A set of "proper" lessons in the second nocturn were conceded by Benedict XIII. Leo XIII has since raised the feast to the rank of a double of the second class and has added to the Litany of Loreto the invocation "Queen of the Most Holy Rosary". On this feast, in every church in which the Rosary confraternity has been duly erected, a plenary indulgence toties quoties is granted upon certain conditions to all who visit therein the Rosary chapel or statue of Our Lady. This has been called the "Portiuncula" of the Rosary.

Fonte: The Catholic Encyclopedia, vol. XIII, New York, 1912 (http://www.newadvent.org/cathen/13189a.htm)

Augustinus
06-10-07, 18:01
Confraternity of the Holy Rosary

In accordance with the conclusion of the article ROSARY no sufficient evidence is forthcoming to establish the existence of any Rosary Confraternity before the last quarter of the fifteenth century. Dominican guilds or fraternities there were, but we cannot assume without proof that they were connected with the Rosary. We know, however, that through the preaching of Alan de Rupe such associations began to be erected shortly before 1475; that established at Cologne in 1474 by Father James Sprenger is especially famous. People from all parts of the world desired to be enrolled in it. A casual English example occurs in the Plumpton Correspondence (Camden Society, p. 50), where a priest in London writes in 1486 to his patron in Yorkshire: "I send a paper of the Rosary of our Ladye of Coleyn and I have registered your name with both my Ladis names, as the paper expresses, and ye be acopled as brether and sisters." Even at that time the entry of the name of each associate on the register was an indispensable condition of membership, and so it remains to this day. It was undoubtedly to this and similar confraternities, which by degrees began to be erected in many other places under Dominican supervision, that the great vogue of the Rosary as well as the acceptance of a more uniform system in its recitation of the Rosary was mainly due. The recitation of the Rosary is alone prescribed for the members -- at present they undertake to recite the fifteen mysteries at least once in each week -- but even this does not in any way bind under sin. The organization of these confraternities is entirely in the hands of the Dominican and no new confraternity can be anywhere given without the sanction of the general. It is to the members of the Rosary confraternities that the principal indulgences have been granted, and there can be no need to lay stress upon the special advantages which the confraternity offers by the union of prayer and devotional exercises as well as the participation of merits in this which is probably the largest organization of the kind within the Catholic church. Moreover, in the "patent of erection", which is issued for each new confraternity by the General of the Dominicans, a clause is added granting to all members enrolled therein "a participation in all the good works which by the grace of God are performed throughout the world by the brethren and sisters of the said [Dominican] Order." An important Apostolic Constitution on the Rosary Confraternity, which may be regarded as a sort of new charter, was issued by Leo XIII on 2 October, 1898.

The Perpetual Rosary is an organization for securing the continuous recitation of the Rosary by day and night among a number of associates who perform their allotted share at stated times. This is a development of the Rosary Confraternity, and dates from the seventeenth century.

The "Living Rosary" was began in 1826, an is independent of the confraternity; it consists in a number of circles of fifteen members who each agree to recite a single decade every day and who thus complete the whole Rosary between them.

Fonte: The Catholic Encyclopedia, vol. XIII, New York, 1912 (http://www.newadvent.org/cathen/13188b.htm)

Augustinus
06-10-07, 18:35
http://cvc.cervantes.es/actcult/museoprado/citas_claroscuro/imagenes2/tiziano/600/tiziano_lepanto-31052005-600.jpg http://img208.imageshack.us/img208/2031/lepantoiy8.jpg http://www.wga.hu/art/t/tiziano/07_1570s/05philip.jpg http://www.museodelprado.es/typo3temp/pics/a6750d74dd.jpg Tiziano Vecellio, Allegoria della Battaglia di Lepanto (Filippo II di Spagna, disputata la battaglia di Lepanto, offre al Cielo il principe Don Fernando), 1572-75, Museo del Prado, Madrid

http://www.wga.hu/art/t/tiziano/07_1570s/06spain.jpg http://cgfa.sunsite.dk/titian/titian33.jpg http://www.museodelprado.es/typo3temp/pics/2830661ebe.jpg Tiziano Vecellio, La Spagna soccorre la Religione, 1575 circa, Museo del Prado, Madrid

Augustinus
06-10-07, 18:41
I giorni che hanno cambiato la storia

Fu l'ultima battaglia che venne combattuta esclusivamente tra navi a remi, e fu una delle più sanguinose della Storia: i Turchi persero oltre 20mila uomini, quasi ottomila furono i morti nello schieramento della Lega Santa. In molti Paesi europei l'esito di quello scontro fu celebrato come una vittoria religiosa: il Cattolicesimo contro l'Islam. In realtà, in quello specchio di mare nel Golfo di Patrasso, erano in ballo le sorti politiche dell'Europa, fino ad allora incapace di opporsi alle conquiste dell'Impero ottomano. Soltanto la paziente opera diplomatica del papa Pio V ottenne il miracolo di convincere la Spagna, Venezia ed altri alleati minori a superare gli egoismi e ad unirsi per riuscire a respingere un nemico che si era fatto troppo pericoloso

La battaglia di Lepanto

Nel Cinquecento Lepanto fu vissuta come una guerra di religione. I Cristiani contro l'Islam. Era l'interpretazione più comoda, in quel particolare momento storico. Il Cristianesimo aveva attraversato un periodo di grande sofferenza, con lo scisma luterano e quello anglicano. Poi c'era stato il Concilio di Trento, voluto da Carlo V nella speranza di ricomporre la frattura della Riforma, che si era concluso invece con un irrigidimento delle rispettive posizioni. Per assurdo, la Chiesa non era uscita indebolita da quella prova, ma si era rafforzata. La Controriforma - con tutte le sue esasperazioni (e i suoi errori) - rappresentò un atto di orgoglio, che permise al papato di riconquistare una indiscutibile autorità nei Paesi europei che non erano stati lambiti dal protestantesimo. Da cento anni ormai l'Europa non riusciva a contenere l'espansione di un nuovo impero: gli ottomani, di religione islamica. Il Mediterraneo (il Mare Nostrum dell'antichità) era interamente controllato dagli invasori, che minacciavano di conquistare, un pezzo alla volta, tutto il Vecchio Continente. I singoli Paesi europei non riuscivano a trovare un accordo per una difesa comune contro il nemico. Il papa - dall'alto della sua riconquistata autorità morale (e politica) - ci riuscì. E questo spiega - in modo apparentemente semplicistico (ma sostanzialmente veritiero) perché quella campagna militare si presentò con l'aspetto di una impresa religiosa. La croce era l'unico vessillo sotto il quale le Nazioni in pericolo potevano trovarsi unite.

7 ottobre 1571

Era domenica il 7 ottobre 1571. Forse un caso, ma per una flotta di navi con le insegne cristiane la coincidenza assumeva significati particolari. Da oltre cento anni - dal 1453, quando Maometto II aveva conquistato Costantinopoli - l'Impero ottomano si era affacciato ad occidente, insidiando l'Europa via terra (i Turchi avevano già conquistato l'intera penisola balcanica), mentre il Mediterraneo (dove soltanto Malta si era rivelata inespugnabile) era sotto il loro stabile dominio da molti decenni. Le divisioni politiche, i contrasti dinastici, le gelosie culturali, i dissidi religiosi, avevano impedito all'Europa di respingere il nemico comune che avanzava, in modo apparentemente inarrestabile. Fino a quando il papa Pio V non riuscì - con un paziente lavoro diplomatico - a mettere in piedi un'alleanza difensiva. La Lega Santa nacque ufficialmente il 25 maggio 1571, nella Sala del Concistoro, presente il pontefice e l'intero collegio cardinalizio. Le clausole dell'alleanza (che era pomposamente definita "perpetua") stabilivano, nei minimi particolari, diritti e doveri di ciascuno dei contraenti. Gli alleati si impegnavano ad armare una flotta di 200 galee e 100 navi appoggio (per i trasporti), con 85mila uomini, quasi duemila cannoni e novemila cavalli. I costi della spedizione militare sarebbero stati divisi in proporzione di metà a carico della Spagna, un terzo a carico di Venezia e un sesto a carico del papa. Era stata prevista anche l'eventualità che lo Stato della Chiesa non ce la facesse a rispettare il proprio impegno finanziario: la Spagna e Venezia avrebbero supplito rispettando le percentuali fissate. Pio V risolse personalmente l'ultimo problema rimasto aperto: a chi affidare il comando supremo. Propose il fratellastro di Filippo II, don Giovanni d'Austria che - per rango e grado - non poteva suscitare invidie e gelosie. E gli alleati accolsero di buon grado quella soluzione.

Si doveva fare presto, perché i Turchi (e i vascelli corsari loro alleati), che avevano fissato la loro base operativa a Lepanto, si erano già affacciati nell'Adriatico. Un corsaro, Uluch Alì, aveva occupato le Bocche di Cattaro, nell'alto Adriatico. Spie turche furono segnalate a Roma e a Venezia. Oggi si parlerebbe di "codice rosso": stato di massima allerta. Il pericolo era imminente, e di livello altissimo.

Era domenica. Su tutte le navi della flotta fu celebrata la santa messa. Gli uomini si confessarono e comunicarono. Il cielo era sereno. Il mare calmo. Alle otto del mattino furono avvistate all'orizzonte le vele della flotta nemica. I galeotti si misero ai remi: il vento era contrario, e occorreva remare. È curioso ricordare che a bordo c'erano galeotti cristiani e musulmani: ai primi furono tolte le catene, in vista della libertà che sarebbe stata loro concessa in caso di vittoria; ai secondi non furono tolti i ceppi: sarebbero annegati in caso di affondamento delle navi sulle quali erano imbarcati, e questo li costringeva a collaborare.

Don Giovanni convocò sull'ammiraglia il consiglio di guerra. Qualcuno azzardò l'ipotesi di rinunciare allo scontro. «Senores, ya no es hora de deliberar, sino de combatir!», rispose Sua Eccellenza («Signori, non è il momento di discutere, ma di combattere»). «Frattanto», racconta Arrigo Petacco nel volume La Croce e la Mezzaluna, interamente dedicato alla storica battaglia, «la flotta nemica si era avvicinata e distava appena un paio di miglia, tanto che già si udivano anche gli strepiti e le grida dei Turchi che si preparavano allo scontro. A questo punto, il vento invertì improvvisamente la sua direzione e le vele triangolari dei Turchi si afflosciarono, mentre si gonfiavano quelli delle galee cristiane. L'evento fu salutato con altre manifestazioni di esultanza: tutti lo avevano interpretato come un segno della protezione divina».

Come s'usava a quei tempi (quando la guerra conservava alcuni aspetti cavallereschi) il segnale di inizio delle ostilità fu dato da un colpo di cannone sparato dall'ammiraglia turca (la Sultana), al quale rispose un colpo di cannone di quella cristiana (la Real). Gli storici sono divisi nel valutare alcuni aspetti strategici dello scontro, e sulle conseguenze che produssero. I Veneziani avevano schierato sei galeazze, tozze e ingombranti, ma armate "fino ai denti": quasi duecento cannoni di vario calibro aprirono simultaneamente il fuoco contro la flotta nemica, e fu un autentico inferno. Le galeazze costituirono l'"arma segreta", che sconquassò lo schieramento turco: una sorpresa devastante. Fu una circostanza determinante, come determinante fu l'eccessiva sicurezza del comandante della flotta turca, Alì Pascià, che non accettò i suggerimenti a una maggiore prudenza che gli venivano da alcuni luogotenenti. Alì era un marinaio molto esperto, un uomo maturo (aveva cinquant'anni) con alle spalle molte vittorie e nessuna sconfitta. Era talmente convinto che la battaglia non avrebbe avuto storia da portarsi appresso due figli ancora adolescenti: voleva che assistessero all'ennesimo trionfo del padre. Quella di Alì non era presunzione, perché tutto il passato legittimava l'ottimismo con cui l'ammiraglio dell'Impero ottomano affrontava lo scontro. E fu proprio questo stato d'animo a portarlo a sottovalutare il nemico. Rifiutò il consiglio di ritirarsi di qualche miglio, per costringere la flotta cristiana a inseguirlo in un braccio di mare più stretto (che avrebbe impedito a don Giovanni d'Austria di schierare a ventaglio le sue navi). Ebbe, dunque, precise responsabilità nella sconfitta, che pagò con la vita: la sua testa fu issata sul pennone della sua nave insieme con una croce. Non gli portò fortuna neppure un amuleto che portava sempre con sé: un dente canino del Profeta. Né gli fu sufficiente l'aiuto dei pirati barbareschi, suoi alleati, che da molto tempo spazzavano le coste del Mediterraneo, assalivano le navi commerciali, con manovre audacissime. Molti di loro provenivano proprio dalle nazioni cristiane, ed erano ex galeotti senza scrupoli, evasi dalle carceri europee. Il più potente era Uluch Alì, detto "Occhialì" (secondo alcuni storici era in realtà un popolano calabrese convertitosi all'Islam dopo essere stato fatto prigioniero dai Turchi; secondo altri era addirittura un ex frate, certo Luca Galeni): lo descrivevano come un uomo colto quanto spietato. Il più temerario era Khara Khodja (conosciuto come "Caracosa"), utilizzato spesso da Alì Pascià per imprese spericolate: alla vigilia della battaglia di Lepanto era riuscito a introdursi nottetempo nel porto di Messina - dove era ormeggiata la flotta cristiana - per raccogliere informazioni sul nemico. Il più esperto pare fosse Mehemet Soraq (detto "Scirocco"), al quale il sultano Solimano il Magnifico aveva concesso la signoria di Alessandria d'Egitto.

L'alleanza con i corsari era stata una delle chiavi dell'espansionismo turco nel Mediterraneo. E avrebbe potuto essere decisiva per la conquista definitiva dell'Europa, se la battaglia di Lepanto avesse avuto un esito diverso. La Storia può cambiare - in un giorno solo - anche quando gli eventi successivi non rivelano grandi differenze rispetto a quelli immediatamente precedenti. Dopo Lepanto, gli equilibri politici non mutarono in modo apprezzabile. Pochi mesi più tardi i Veneziani furono bloccati di nuovo in mare dai Turchi, e si videro costretti a firmare una pace separata. La Lega - che avrebbe dovuto essere perpetua - si rivelò effimera. Le grandi potenze europee si divisero di nuovo e non furono dunque in grado di sfruttare il vantaggio acquisito con la vittoria di Lepanto. Ma la minaccia dell'invasione fu sventata. Per capire quanto in realtà cambiò il corso degli eventi occorrerebbe porsi un'altra domanda (che può apparire oziosa, anche se gli storici se la pongono di frequente): che cosa sarebbe accaduto se a Lepanto avessero vinto i Turchi. E la risposta degli studiosi è, più o meno, univoca. L'Impero ottomano, forte della sua organizzazione e della sua compattezza, avrebbe finito per dominare l'Occidente. L'Italia in particolare sarebbe stata piegata a una nuova dominazione. Anche la potenza spagnola ne sarebbe risultata fortemente ridimensionata, con inevitabili conseguenze anche nel processo di colonizzazione avviato nell'America Latina. Mutamenti profondi, dunque, e forse anche duraturi. Fu proprio la consapevolezza del gravissimo rischio corso che giustificò i festeggiamenti e le celebrazioni che si tennero, dopo la vittoria, nei Paesi alleati: le campane delle chiese suonarono a stormo, molti Te Deum furono officiati dovunque. Il successore di Pio V, Gregorio XIII, commissionò a Giorgio Vasari un grande affresco per la Sala Regia del Vaticano. E molti altri artisti dipinsero quadri (o affrescarono palazzi nobili) per ricordare la battaglia. Prevalse - come era naturale in quei tempi - la lettura "religiosa" di quella vittoria. Che è rimasta predominante fino ai giorni nostri, ma in una interpretazione di chiaro stampo "politico". Ne sono esempio pochi brani tratti dalla Storia dell'età moderna, scritta da uno studioso autorevole come Giorgio Spini: «L'incubo della superiorità militare turca si è dileguato e le acclamazioni che salutano il trionfo di Lepanto, nella Cristianità fino ad allora sgomenta e intimorita, dimostrano bene la validità della nuova formula della politica europea: lo sforzo crociato di tutte le nazioni cattoliche, coalizzate sotto la guida universale del papato»; «Che Lepanto sia in effetti vittoria della controriforma e del papato, più ancora che di Venezia o di Spagna, lo rivela chiaramente quello che avviene successivamente. Dopo la vittoria si parla di un imminente attacco contro Costantinopoli stessa; don Giovanni sogna addirittura una corona di imperatore latino in Oriente. Ma basta che Pio V si spenga, perché i sogni svaniscano e gli egoismi degli Stati prendano il sopravvento. Filippo II ritorna ai suoi sospetti contro tutto e contro tutti: diffida dei Veneziani, diffida del piano di attacco contro Costantinopoli, diffida del suo stesso fratello, e perciò lascia capire di non avere più voglia di guerreggiare in Levante per i begli occhi dei Veneziani, immobilizza don Giovanni a Messina. Venezia, a sua volta, non vuole né essere lasciata sola a lottare contro i Turchi, né spendere forze per aiutare gli Spagnoli nel Nord-Africa. La Francia interviene con la sua mediazione e il 7 marzo 1573 si arriva alla firma di una pace fra la Serenissima e la Porta, che lascia solo Filippo II contro i Turchi».

L'alleanza aveva dunque un collante politico, e non religioso: la morte di Pio V, altrimenti, non avrebbe fatto cadere i presupposti per la strategia comune. Si sfaldò tutto, semplicemente perché era stata la diplomazia di Pio V a mettere tutto insieme, e a convincere gli Stati sui quali poteva maggiormente fare breccia (perché cristiani) a fare muro comune.

Un altro storico molto autorevole, Frederic Lane, che ha dedicato i suoi studi soprattutto alla Repubblica di Venezia, descrive la Lega Santa come «il culmine di decenni di sforzi di diplomatici e ammiragli veneziani, e di amministratori dell'Arsenale e della Marina. La possibilità di raddoppiare quasi le loro forze agendo di conserva con le squadre inviate dal papa e dal re di Spagna dava ai comandanti veneziani motivo di non operare da soli contro i Turchi». Lane sottolinea che «pur essendo stata vinta sotto la bandiera crociata e non sotto quella del Leone alato di San Marco, la battaglia di Lepanto meritò le celebrazioni entusiastiche che scoppiarono a Venezia», perché «una vittoria ottomana, o una ignominiosa ritirata cristiana avrebbero messo alla mercé dei Turchi ogni Veneziano che si avventurasse sul mare». Conclusione: «Le umiliazioni subite per mano dei Turchi nei decenni precedenti non furono interamente cancellate da Lepanto, ma questa vittoria servì non poco a ristabilire il prestigio navale di Venezia». A Madrid, infine, che era la capitale del terzo (e più importante) Stato coinvolto nella guerra, l'annuncio della vittoria giunse tre settimane più tardi e dette luogo a sincere manifestazioni di giubilo "soprattutto" perché il comandante della flotta era don Giovanni d'Austria (fratellastro del re Filippo II), che divenne l'idolo popolare, più o meno come potrebbe capitare oggi al protagonista di un reality show o di un film di successo. «I giovani», racconta lo storico David Loth in una biografia di Filippo II, «cominciarono a portare i capelli gettati all'indietro, scoprendo la fronte e le tempie, perché così don Giovanni portava i suoi riccioli biondi». E lo stesso sovrano (che soffriva di gelosia nei confronti di don Giovanni, che era molto più popolare e più amato di lui) si affrettò a inviargli una lettera, nella quale esaltava soprattutto il coraggio e la saggezza tattica dimostrata dal comandante della flotta. Il trionfo, per Filippo, era un trionfo spagnolo.

Tutte queste citazioni valgono a sottolineare come i nazionalismi fossero tornati a prevalere all'indomani stesso della vittoria. Come accade in politica. Come non accade quando a prevalere sono i grandi ideali, e in primo luogo quelli di carattere religioso. Dopo la morte di Pio V, sottolinea Arrigo Petacco, «il riaccendersi degli esasperati nazionalismi non consentirà all'Occidente di raccogliere i frutti di una vittoria il cui valore simbolico trascendeva quello militare e strategico. D'altra parte, lo sviluppo dei traffici atlantici stava trasferendo altrove il baricentro del mondo e di conseguenza il Mediterraneo, come scrive il grande storico Fernand Braudel, usciva gradualmente dalla grande storia».

Lepanto fu l'ultima battaglia combattuta esclusivamente fra navi a remi. I Cristiani avevano il vantaggio di essere armati di archibugi e balestre, mentre i Musulmani disponevano soltanto di archi e frecce e non erano neppure protetti da scudi. Questa superiorità nell'armamento influenzò l'esito dello scontro, che fu uno dei più sanguinosi della storia. I Musulmani persero praticamente tutte le navi (100 distrutte e 100 catturate) e oltre 20mila uomini; i Cristiani ebbero 7.500 caduti e altrettanti feriti (fra gli altri, lo scrittore Miguel de Cervantes, autore del Don Chisciotte); quasi tutte le loro galee rimasero danneggiate.

Benedetto Testa

Fonte: Il Carabiniere, 2006, gennaio (http://www.carabinieri.it/Internet/Editoria/Carabiniere/2006/01-Gennaio/Storia/101-00.htm)

Augustinus
07-10-07, 07:28
Amate la Madonna e fatela amare. Recitate sempre il suo Rosario e recitatelo bene. Satana mira a distruggere questa preghiera ma non ci riuscirà mai (Padre Pio)

Augustinus
07-10-07, 11:19
http://www.joyceimages.com/images/HC%20Regina%20Sacratissima%20Rosari.JPG

Augustinus
07-10-07, 12:45
Il rosario secondo Ratzinger

Tutta la mariologia di Benedetto XVI confluisce in certo modo nel rosario: ne è come l’espressione riepilogativa. Presentiamo, oltre ad alcuni discorsi, squarci intimi di come il Papa vive questa preghiera.

Nel mese del rosario, proponiamo ancora una riflessione sull’importanza che Benedetto XVI riserva a questa devozione mariana, sempre vivamente raccomandata dai Papi, ricordando intanto la risposta che dava, ancora cardinale, nel 2000 al giornalista Peter Seewald che gli chiedeva: «Eminenza, quale pensa sia il segreto misterioso del rosario?». Ratzinger rispondeva puntualmente tracciando una specie di excursus storico-psicologico della pratica del rosario ed evidenziandone tutta la potenzialità: «L’origine storica del rosario risale al Medioevo. Era quello un tempo in cui i salmi rappresentavano il punto di riferimento principale per chi pregava. Ma i salmi biblici rappresentavano un ostacolo insuperabile per tutti coloro che all’epoca non sapevano leggere, che erano i più. Si è così cercato un salterio adeguato alle loro esigenze e lo si è trovato nella preghiera mariana cui si aggiungevano i misteri della vita di Gesù Cristo, allineati, uno dopo l’altro, come grani di una collana.

«Queste preghiere toccano la corda della meditazione; la reiterazione delle parole, il ritmo ripetitivo cullano l’anima e le trasmettono serenità, mentre il concentrarsi sulla parola e in particolare sulla figura di Maria e sulle immagini di Cristo, che si sgranano davanti ai nostri occhi, calmano l’anima e la liberano da preoccupazioni e le consentono di sollevare lo sguardo verso Dio.

«In effetti», continua, «il rosario ci restituisce quella sapienza originaria che sa bene come la reiterazione sia una componente importante della preghiera e della meditazione, sia un modo per cullarsi in un ritmo sempre uguale che ci trasmette la serenità [...].

«Coloro che allora recitavano il rosario, avevano duramente lavorato tutto il giorno. Non erano in grado, pregando, di compiere grandi percorsi intellettuali. Al contrario, avevano bisogno di una preghiera che restituisse loro la serenità, che li distraesse anche, che li liberasse dalle preoccupazioni e offrisse loro consolazione e ristoro. Penso che questa arcaica esperienza della storia delle religioni della reiterazione, del ritmo, della parola collettiva, della coralità che mi trascina e mi culla e riempie di sé lo spazio, che non mi tormenta, ma mi trasmette la calma, mi consola e mi libera, è stata pienamente assunta dal cristianesimo e ispira la preghiera e l’interiorizzazione della preghiera nel contesto mariano e nella riproposizione della figura di Cristo agli uomini, scavalcando l’intellettualismo a favore di una valorizzazione dell’effetto rasserenante che produce il cullarsi dell’anima nelle parole della preghiera» (Dio e il mondo, San Paolo 2001, pp. 289-290).

http://www.sanpaolo.org/madre/0710md/images/0710md16.jpg Papa Benedetto XVI recita il rosario (visita al santuario del Divino Amore del 1° maggio 2006).

Da una riflessione di carattere più generale, il discorso dell’intervistatore si spostava su note più personali circa il modo di recitare il rosario dell’intervistato. Chiedeva Peter Seewald: «Lei ha una maniera particolare di recitare il rosario?». E il cardinale rispondeva con disarmante semplicità: «Lo faccio in modo molto semplice, proprio come i miei genitori mi hanno insegnato. Entrambi hanno amato molto il rosario. E più sono invecchiati più l’hanno amato. Invecchiando, si è sempre meno in grado di fare grossi sforzi spirituali e tanto più forte si sente l’esigenza di individuare un rifugio interiore e di farsi cullare dalle preghiere della Chiesa. Anch’io prego nel modo in cui l’hanno fatto loro».

Insisteva il giornalista: «Ma come si fa? Recita una sola parte del rosario o tutte e tre di seguito?». E Ratzinger, con umiltà e sincerità: «No, tre per me sono troppe; sono uno spirito irrequieto, non conserverei la concentrazione tanto a lungo. Ne scelgo una, e spesso mi limito alla proclamazione di due o tre dei cinque misteri, perché corrispondono alla pausa che io riesco a ritagliarmi dal lavoro e di cui ho bisogno per sgombrare la mente, per ritrovare serenità, in attesa di immergermi di nuovo nel lavoro, con più lena. In questa situazione un rosario intero sarebbe troppo» (pp. 290-291).

In realtà, si può dire che tutta la mariologia di Papa Ratzinger confluisce nel rosario, che per lui ne è come l’espressione riepilogativa.

Esortazioni di papa Benedetto alla pratica del rosario

A puro titolo esemplificativo (perché in tante altre occasioni anche papa Ratzinger – come gli altri Pontefici – ha invitato a ricorrere alla preghiera del rosario), citiamo alcune esortazioni di Benedetto XVI a questa pia pratica:

1 Nel Messaggio ai giovani d’Olanda, in occasione della 1ª Giornata nazionale dei giovani cattolici, scriveva (21 novembre 2005): «Vi invito a cercare ogni giorno il Signore, che non desidera altro se non che siate realmente felici. Intrattenete con Lui una relazione intensa e costante nella preghiera e, per quanto vi è possibile, trovate momenti propizi nella vostra giornata per restare esclusivamente in sua compagnia. Se non sapete come pregare, chiedete che sia Lui stesso ad insegnarvelo e domandate alla sua celeste Madre di pregare con voi e per voi. La recita del rosario può aiutarvi ad imparare l’arte della preghiera con la semplicità e la profondità di Maria».

2 In visita al santuario del Divino Amore a Roma, il Papa ha aperto nel 2006 il mese di maggio con la recita dei misteri gaudiosi del santo rosario, che ha poi sapientemente illustrato: « È per me motivo di conforto essere oggi con voi per recitare il santo rosario, in questo santuario della Madonna del Divino Amore, in cui si esprime il devoto affetto per la Vergine Maria, radicato nell’animo e nella storia del popolo di Roma. Una gioia particolare nasce dal pensiero di rinnovare così l’esperienza del mio amato predecessore Giovanni Paolo II che, esattamente ventisette anni or sono, primo giorno del mese di maggio 1979, compì la sua prima visita da Pontefice a questo santuario [...].

«Abbiamo recitato il santo rosario percorrendo i cinque misteri gaudiosi, che fanno passare davanti agli occhi del nostro cuore gli inizi della nostra salvezza, dal concepimento di Gesù per opera dello Spirito Santo nel grembo della Vergine Maria fino al ritrovamento di Lui, ormai dodicenne, nel tempio di Gerusalemme, mentre ascoltava e interrogava i dottori. Abbiamo ripetuto e fatto nostre le parole dell’angelo: "Rallègrati Maria, piena di grazia, il Signore è con te", e anche le espressioni con cui santa Elisabetta accolse la Vergine, che si era prontamente recata da lei per aiutarla e servirla: "Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo". Abbiamo contemplato la fede docile di Maria, che si fida senza riserve di Dio e si mette totalmente nelle sue mani. Ci siamo sentiti anche noi, con i pastori, vicini al bambino Gesù che giace nella mangiatoia e abbiamo riconosciuto e adorato in Lui il Figlio eterno di Dio diventato, per amore, nostro fratello e così anche nostro unico Salvatore. Siamo entrati anche noi, con Maria e Giuseppe, nel tempio per offrire a Dio il bambino e compiere il rito della purificazione: e qui ci siamo sentiti anticipare, nelle parole del vecchio Simeone, insieme alla salvezza la contraddizione e la croce, e quella spada che, sotto la croce del Figlio, trafiggerà l’anima della Madre e proprio così la renderà non soltanto Madre di Dio ma anche nostra comune madre».

3 Nell’omelia a commento della recita del rosario nel santuario dell’Aparecida (12 maggio 2007), nel recente viaggio apostolico in Brasile, il Papa ha detto: «Come gli apostoli, insieme a Maria, "salirono alla stanza superiore" e lì, "uniti dallo stesso sentimento, si dedicavano assiduamente alla preghiera" (cf At 1,13-14), così anche noi quest’oggi ci siamo radunati qui nel santuario di Nostra Signora della Concezione Aparecida, che in questa ora è per noi "la stanza superiore" dove Maria, Madre del Signore, si trova in mezzo a noi. Oggi è Lei che guida la nostra meditazione; è Lei che ci insegna a pregare. È Lei che ci addita il modo di aprire le nostre menti ed i nostri cuori alla potenza dello Spirito Santo, che viene per essere trasmesso al mondo intero.

«Abbiamo appena recitato il rosario. Attraverso i suoi cicli meditativi, il divino Consolatore vuole introdurci nella conoscenza del Cristo che sgorga dalla fonte limpida del testo evangelico. Dal canto suo, la Chiesa del terzo millennio si propone di offrire ai cristiani la capacità di "conoscere – secondo le parole di San Paolo – il mistero di Dio, cioè Cristo, nel quale sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza" (Col 2,2-3).

«Maria santissima, la Vergine pura e senza macchia, è per noi scuola di fede destinata a guidarci e a darci forza sul sentiero che porta incontro al Creatore del cielo e della terra.

«Il Papa è venuto ad Aparecida con viva gioia per dirvi innanzitutto: "Rimanete alla scuola di Maria!". Ispiratevi ai suoi insegnamenti, cercate di accogliere e di conservare nel cuore le luci che Lei, per mandato divino, vi invia dall’alto.

«Com’è bello stare qui riuniti nel nome di Cristo, nella fede, nella fraternità, nella gioia, nella pace e "nella preghiera con Maria, la Madre di Gesù" (At 1,14).

«Com’è bello, carissimi presbiteri, diaconi, consacrati e consacrate, seminaristi e famiglie cristiane, essere qui nel santuario di Nostra Signora della Concezione Aparecida, che è dimora di Dio, casa di Maria e casa dei fratelli, e che in questi giorni si trasforma anche in sede della V Conferenza episcopale latino-americana e dei Caraibi.

«Com’è bello essere qui in questa basilica mariana verso la quale, in questo tempo, convergono gli sguardi e le speranze del mondo cristiano, in modo speciale dell’America Latina e dei Caraibi!

«È con grande speranza che mi rivolgo a voi tutti che vi trovate all’interno di questa maestosa basilica, o che hanno partecipato al santo rosario stando all’esterno, per invitarvi a diventare profondamente missionari e a portare la buona novella del Vangelo a tutti i punti cardinali dell’America Latina e del mondo. Chiediamo alla Madre di Dio, Nostra Signora della Concezione Aparecida, che protegga la vita di tutti i cristiani. Lei, che è la Stella dell’Evangelizzazione, guidi i nostri passi sul cammino verso il Regno celeste».

Bruno Simonetto

Fonte: Madre di Dio, 2007, fasc. n. 10 (http://www.sanpaolo.org/madre/0710md/0710md16.htm)

Augustinus
07-10-07, 17:55
http://www.insecula.com/Photosnew/00/00/10/00/ME0000100006_3.jpg Francisco de Zurbarán, La battaglia tra cristiani, assistiti dalla Vergine, e mori a El Sotillo, 1637-39, Metropolitan Museum of Art, New York

Augustinus
29-10-07, 23:09
Qualcuno ogni giorno prega il Rosario anche per te

Intervista a padre Mauro Persici del Movimento Domenicano del Rosario

ROMA, lunedì, 29 ottobre 2007 (ZENIT.org).- Milioni di persone in tutto il mondo pregano il rosario in maniera permanente, cioè si passano il testimone per 24 ore al giorno. In Italia è il Movimento Domenicano del Rosario (http://www.sulrosario.org/), che raccoglie una famiglia di altre organizzazioni, ad occuparsene.

Si tratta di un "movimento di comunione spirituale di preghiere" che eleva la sua contemplazione per estendere la benedizione mariana sull’umanità e a vantaggio di un rinnovamento della fede. Una scuola del rosario nella meditazione del “vangelo secondo Maria”.

Grazie anche a questa iniziativa la pratica del rosario, che era entrata in crisi durante gli anni Settanta fino agli anni Novanta, sta scoprendo un sorta di rinascita. Per comprendere scopi e finalità del Movimento Domenicano del Rosario e constatarne la crescita, ZENIT ha intervistato padre Mauro Persici, O.P., promotore del movimento nell'Italia Settentrionale.

Che cos'è il Movimento Domenicano del Rosario e quali sono gli scopi che intende raggiungere?

Padre Mauro: Parlando del rosario la “Marialis Cultus” ricorda come «i figli di san Domenico, per tradizione, sono custodi e propagatori di così salutare devozione». Per essere fedeli a questa preziosa eredità di “famiglia” i Domenicani di tutti i tempi si sono sempre impegnati a tutti i livelli coinvolgendo numerosissimi fedeli nella scoperta del “segreto” del rosario. Normalmente costoro formano la “famiglia del rosario”. Infatti la comunione spirituale permette di condividere il grande tesoro accumulato dalle preghiere di tutti coloro che nel mondo la compongono.

Per poter “legalizzare” questa comunione spirituale nei secoli i Domenicani hanno ottenuto dalla Chiesa il privilegio di poter istituire delle Associazioni con le quali unire i fedeli secondo un cammino che pedagogicamente accoglie la loro disponibilità: ecco allora l’associazione del “rosario vivente” fondata da una laica domenicana francese, Paolina Jaricot, nel 1826 ed approvata da Papa Gregorio XVI il 27 gennaio 1832, in cui si uniscono tutti coloro che s’impegnano a meditare quotidianamente un mistero del rosario;

La “fraternita del rosario” fondata da un padre domenicano, il beato Alano de la Roche o.p., nel 1470 ed approvata dal Papa Sisto IV il 12 maggio 1479, in cui si uniscono tutti coloro che si impegnano a meditare un rosario intero nell’arco della settimana (o i 5 misteri tutti i giorni);

L’associazione del “rosario perpetuo” fondata dal padre domenicano Timoteo Ricci o.p. nel 1630 ed approvata dal Papa Alessandro VII nel 1656, in cui si uniscono coloro che, appartenendo già alla “fraternita del rosario”, vogliono vegliare un’ora in preghiera con Maria in un giorno ed in un orario prefissato del mese.

Assieme a tantissime altre persone, che pur non facendone parte ne condividono lo spirito, queste associazioni formano la cosiddetta “famiglia del rosario” o Movimento Domenicano del Rosario.

Cercando di delineare cosa sia il Movimento Domenicano del Rosario penso di aver evidenziato anche cosa si proponga. Infatti i fedeli spesso manifestano il desiderio di essere accompagnati per crescere alla “scuola del rosario”.

Ecco allora che il Movimento assicura la loro assistenza materiale e spirituale con visite, predicazioni, momenti di meditazione e preghiera, sussidi, formazione, raduni e convegni. “Scuola del rosario”, in cui crescere per: contemplare Cristo con Maria, ricordare Cristo con Maria, imparare Cristo da Maria, conformarsi a Cristo con Maria, supplicare Cristo con Maria, annunciare Cristo con Maria.

In un mondo che appare sempre più secolarizzato, in che modo cresce e si sviluppa la rete delle persone che pregano il rosario? Come mai, secondo lei, dopo quasi otto secoli questa pratica non è mai scomparsa fra i fedeli nella Chiesa? E qual è il significato della preghiera del rosario oggi?

Padre Mauro: E’ vero che a seconda dei tempi cambiano situazioni, mezzi ed occasioni ma quello che non cambia è il modo di trasmissione della fede e quindi anche della devozione mariana e del rosario.

Che sia per una frequentazione di un sito internet o il “clima” familiare, che sia per la lettura di un libro o la testimonianza di un amico, che sia a causa di un momento “forte” nella vita o la visita di un luogo ecco che qualcosa colpisce, fa breccia e... contagia!

Che parta da un’abitudine o da una curiosità, dall’ascolto o dalla lettura, da un interesse o da un bisogno ecco che si delinea una presenza mai notata o si scopre la dolcezza di un compagno di viaggio a cui ricorrere... prendendo la corona e facendola scorrere fra le mani, pensando.

Se poi si ha l’occasione di non fermarsi, inevitabilmente si compiono passi che portano ad incontrare altre persone che stanno facendo la stessa esperienza. Quanti gruppi del rosario sorgono naturalmente dalla sola buona volontà. E’ a questi gruppi allo stato “brado” che preferiamo volgere la nostra attenzione per aiutarli ad uscire dalla dimensione puramente devozionale proponendo loro di frequentare la perenne scuola del rosario nella meditazione del “vangelo secondo Maria”.

Mi chiede il perché il rosario non sia scomparso, cos’è che lo rende così solido? Beh, ho accennato prima al “segreto” del rosario. Sì, perché di un segreto possiamo parlare: infatti, come ha ben evidenziato la “Rosarium Virginis Mariae”, per la Chiesa, anche all’alba del III millennio, meditare il rosario non si riduce solamente a mettere insieme dei “Padre nostro” e delle “Ave Maria”.

Anzi, svela ed introduce in un mondo: quello di una viva fede che di fronte al mistero, si interroga e si affida gioiosa fra le braccia della Beata Vergine affinché, gustando la gioia di un vero incontro con Gesù, si concretizzi in un serio impegno.

In altre parole il rosario esemplifica, rende intellegibile e “incarna”, compendiandolo mirabilmente, l’atteggiamento del fedele che di fronte al fatto evengelico si lascia interpellare affinché, chiedendo liberamente, ne riceva la potenza trasformatrice.

Tutto ciò viene ben espresso quando diciamo che il rosario è come il “cordone ombelicale” che, in seno alla Chiesa, ci “collega” alla Beata Vergine permettendoci, quasi inconsapevolmente, di rinascere autentici cristiani.

Detto questo, per comprendere il significato odierno, credo sia più che esaustivo leggere quanto, con la lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae, il Magistero ci ha detto all’alba del Terzo millennio.

Anche all'interno del mondo cattolico, la devozione mariana viene considerata da alcuni come una forma primitiva e popolare di fede. Come risponderebbe a queste critiche?

Padre Mauro: Credo che nel mondo cattolico una certa “sfiducia” nei confronti della devozione mariana sia dovuta a comportamenti “devozionistici” che hanno ben poco a che fare con la vera devozione mariana.

Comportamenti che meriterebbero un grande discernimento anche solo per essere purificati: salvando ciò che di prezioso evidenziano diventa più che necessaria una seria formazione affinché possa maturare una vera spiritualità mariana che sola potrebbe riconciliare tutti senza alcun timore.

E’ proprio questo il compito che spesso anima il nostro sforzo anche se spesso i risultati lasciano alquanto a desiderare. E’ più comodo limitarsi a manifestazioni devozionali che impegnarsi in un serio cammino volto a maturare una spiritualità che rimane pur sempre esigente. Per comprendere tutto ciò sarebbe sufficiente meditare il “Trattato della vera devozione a Maria” nonchè i documenti del Magistero al riguardo, prima fra tutti gli ultimi la Marialis cultus.

Per cui, se da una parte potrei concordare con alcune obiezioni rivolte al modo con cui spesso si vive la devozione mariana, dall’altra però non mi accontento di criticare soltanto ma mi impegno maggiormente affinchè i fedeli scoprano e si pongano in ascolto della Tradizione e del Magistero.

Quali sono le iniziative che il movimento da lei diretto ha attualmente in atto o ha voluto sviluppare durante il mese mariano di Ottobre?

Padre Mauro: Le iniziative che normalmente propongo per il mese di ottobre si concretizzano prima. Infatti nelle varie zone in cui opero già nel mese di settembre vengono celebrate giornate in cui sono convocati i “raduni del rosario”. Momenti in cui con la meditazione, la condivisione e la preghiera invito tutti i fedeli, ma in modo più stringente gli appartenenti al Movimento, affinché nel successivo mese di ottobre ognuno possa essere nella sua realtà una presenza significativa.

Ai “raduni” normalmente seguono poi nel mese di ottobre tutta una serie di incontri locali che, già celebrati altre volte nel corso dell’anno, in questo caso cercano di trasmette in loco ciò che si è maturato comunitariamente nei raduni.

Vorrei invece sottolineare l’iniziativa proposta per il Giubileo e che non si è ancora esaurita: la Peregrinatio Mariae. In preparazione del Giubileo in tante Diocesi e parrocchie vennero proposte delle Peregrinatio che però notai si concludevano sempre nelle chiese, dove naturalmente erano invitati i fedeli. Notai però come, al di là di qualche caso sporadico, e per tempi molto limitati, tutto si concludeva lì.

Cioè mai venivano toccate le abitazioni dove invece, mancando generalmente il clima di preghiera, maggiore era il bisogno. Ecco allora che proposi alle parrocchie una “Peregrinatio Mariae” in cui, dopo una preparazione più o meno articolata in chiesa, l’immagine della Vergine del rosario passasse poi per una settimana nelle famiglie che desideravano accoglierla.

Concretamente, la domenica al termine di una delle messe il parroco consegna pubblicamente l’immagine ad una famiglia che, custodendola in casa per una settimana, si impegna a trovare giornalmente un momento in cui riunirsi in preghiera.

In questi momenti di preghiera si invita a privilegiare la meditazione del santo rosario. Ancor oggi riceviamo le testimonianze delle famiglie che riscoprono quanto di più prezioso avevano smarrito: la comunione, la gioia e la confidenza che scaturisce da una preghiera condivisa.

Fra le altre cose, ora, siamo anche impegnati con il nostro sito internet http://www.sulrosario.org/, visitato in questi anni da migliaia di persone. Il trascorrere degli anni ha reso necessario un serio rinnovamento per poter rendere un buon servizio agevole ed esaustivo.

Fonte: Zenit, 29.10.2007 (http://www.zenit.org/article-12362?l=italian)

Augustinus
07-10-08, 07:17
http://collection.aucklandartgallery.govt.nz/collection/images/display/M1982/M1982_1_2_594.jpg Jacques Callot, Nostra Signora delle Vittorie, 1630-36, Auckland Art Gallery, Auckland, Nuova Zelanda

Augustinus
07-10-08, 08:00
http://www.museodelprado.es/typo3temp/pics/63c0187be8.jpg Corrado Giaquinto, La Spagna paga il suo omaggio alla Religione ed alla Chiesa, 1759, Museo del Prado, Madrid

Augustinus
07-10-08, 08:17
http://www.wga.hu/art/t/tintoret/8/24venier.jpg Tintoretto, Il Doge Sebastiano Venier con un paggio e sullo sfondo la battaglia di Lepanto, 1580 circa, collezione privata

http://images.bridgeman.co.uk/cgi-bin/bridgemanImage.cgi/600.XAM.368170.7055475/68684.JPG Tintoretto, Il Doge Sebastiano Venier con sullo sfondo la battaglia di Lepanto, Kunsthistorisches Museum, Vienna

Augustinus
07-10-08, 08:20
http://images.bridgeman.co.uk/cgi-bin/bridgemanImage.cgi/600.IND.0416310.7055475/132961.JPG Antonio de Brugada, Battaglia navale di Lepanto tra la Lega Santa ed i Turchi nel 1571, Museu Maritim Atarazanas, Barcellona

http://images.bridgeman.co.uk/cgi-bin/bridgemanImage.cgi/600.XIR.4649910.7055475/196285.JPG Antonio Vassilacch, Battaglia di Lepanto del 1571, 1600, Villa Barbarigo, Noventa Vicentina

Augustinus
07-10-08, 08:21
Il 7 ottobre, ricorrenza della vittoria cristiana di Lepanto (http://www.cattolicesimo.eu/forum/viewtopic.php?t=1490) (v. anche QUI (http://www.cattolicesimo.eu/forum/viewtopic.php?t=221)), nel lontano 1571, si celebra la memoria della Madonna del Rosario.

Augustinus
07-10-08, 21:19
DIE 7 OCTOBRIS

SACRATISSIMI ROSARII BEATAE MARIAE VIRGINIS

Duplex II classis

Introitus

GAUDEÁMUS omnes in Dómino, diem festum celebrántes sub honóre beátae Maríae Vírginis: de cujus solemnitáte gaudent Angeli, et colláudant Fílium Dei. Ps. 44, 2. Eructávit cor meum verbum bonum: dico ego ópera mea Regi. V/. Glória Patri. Gaudeámus.

Oratio

DEUS, cujus Unigénitus per vitam, mortem et resurrectiónem suam nobis salútis aetérnae praémia comparávit: concéde, quaésumus; ut, haec mystéria sacratíssimo beátae Maríae Vírginis Rosário recoléntes, et imitémur quod cóntinent, et quod promíttunt, assequámur. Per eúmdem Dóminum.

Léctio libri Sapiéntiæ

Prov. 8, 22-24 et 32-35

DÓMINUS possédit me in inítio viárum suárum, ántequam quidquam fáceret a princípio. Ab aetérno ordináta sum, et ex antíquis, ántequam terra fíeret. Nondum erant abýssi, et ego jam concépta eram. Nunc ergo, fílii, audíte me: Beáti, qui custódiunt vias meas. Audíte disciplínam, et estóte sapiéntes, et nolíte abjícere eam. Beátus homo, qui audit me, et qui vígilat ad fores meas quotídie, et obsérvat ad postes óstii mei. Qui me invénerit, invéniet vitam, et háuriet salútem a Dómino.

Graduale. Ps. 44, 5, 11 et 12. Propter veritátem, et mansuetúdinem, et justítiam: et dedúcet te mirabíliter déxtera tua. V/. Audi, fília, et vide, et inclína aurem tuam: quia concupívit Rex spéciem tuam.

Allelúja, allelúja. V/. Solémnitas gloriósae Vírginis Maríae ex sémine Abrahae, ortae de tribu Juda, clara ex stirpe David. Allelúja.

http://www.unavoce-ve.it/crux.gif Sequéntia sancti Evangélii secúndum Lucam

Luc. 1, 26-38

IN ILLO témpore: Missus est Angelus Gábriel a Deo in civitátem Galilaéae, cui nomen Názareth, ad Vírginem desponsátam viro, cui nomen erat Joseph, de domo David, et nomen Vírginis María. Et ingréssus Angelus ad eam, dixit: Ave, grátia plena: Dóminus tecum: benedícta tu in muliéribus. Quae cum audísset, turbáta est in sermóne ejus, et cogitábat, qualis esset ista salutátio. Et ait Angelus ei: Ne tímeas, María, invenísti enim grátiam apud Deum: ecce concípies in útero, et páries fílium, et vocábis nomen ejus Jesum. Hic erit magnus, et Fílius Altíssimi vocábitur, et dabit illi Dóminus Deus sedem David patris ejus: et regnábit in domo Jacob in aetérnum, et regni ejus non erit finis. Dixit autem María ad Angelum: Quómodo fiet istud, quóniam virum non cognósco? Et respóndens Angelus, dixit ei: Spíritus Sanctus supervéniet in te, et virtus Altíssimi obumbrábit tibi. Ideóque et quod nascétur ex te Sanctum, vocábitur Fílius Dei. Et ecce Elísabeth cognáta tua, et ipsa concépit fílium in senectúte sua: et hic mensis sextus est illi, quae vocátur stérilis: quia non erit impossíbile apud Deum omne verbum. Dixit autem María: Ecce ancílla Dómini, fiat mihi secúndum verbum tuum.

Offertorium. Eccli. 24, 25; 39, 17. In me grátia omnis viae et veritátis, in me omnis spes vitae et virtútis: ego quasi rosa plantáta super rivos aquárum fructificávi.

Secreta

FAC nos, quaésumus, Dómine, his munéribus offeréndis conveniénter aptári: et per sacratíssimi Rosárii mystéria sic vitam, passiónem et glóriam Unigéniti tui recólere; ut ejus digni promissiónibus efficiámur: Qui tecum.

Præfatio de B. Maria Virg. Et te in Festivitáte.

Communio. Eccli. 39, 19. Floréte, flores, quasi lílium, et date odórem, et frondéte in grátiam, collaudáte cánticum, et benedícite Dóminum in opéribus suis.

Postcommunio

SANCTÍSSIMAE Genitrícis tuae, cujus Rosárium celebrámus, quaésumus, Dómine, précibus adjuvémur: ut et mysteriórum, quae cólimus, virtus percipiátur; et sacramentórum, quae súmpsimus, obtineátur efféctus: Qui vivis.

FONTE (http://www.clerus.org/bibliaclerusonline/pt/ob.htm#b3t)

Augustinus
12-10-08, 11:34
http://i285.photobucket.com/albums/ll79/kking8888/VaticanMuseumRosaryLepanto.jpg

Holuxar
08-05-17, 20:53
8 MAGGIO 2017: APPARIZIONE DI SAN MICHELE ARCANGELO (SUL MONTE GARGANO)…


"8 maggio. Apparizione di san Michele Arcangelo."
Guéranger, L'anno liturgico - 8 maggio. Apparizione di san Michele Arcangelo (http://www.unavoce-ve.it/pg-8mag.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-8mag.htm



Supplica alla Madonna di Pompei dell’8 MAGGIO:


SUPPLICA ALLA MADONNA DI POMPEI (http://www.unavoce-ve.it/supplica-pompei.htm)
http://www.unavoce-ve.it/supplica-pompei.htm
https://www.radiospada.org/2013/05/8-maggio-supplica-alla-madonna-di-pompei/
“Supplica alla Madonna di Pompei
(da recitarsi l’8 maggio e la prima domenica di ottobre a mezzogiorno).
I.– O Augusta Regina delle vittorie, o Vergine sovrana del Paradiso, al cui nome potente si rallegrano i cieli e tremano per terrore gli abissi, o Regina gloriosa del Santissimo Rosario, noi tutti, avventurati figli vostri, che la bontà vostra ha prescelti in questo secolo ad innalzarvi un Tempio in Pompei, qui prostrati ai vostri piedi, in questo giorno solennissimo della festa dei novelli vostri trionfi sulla terra degl’idoli e dei demoni, effondiamo con lacrime gli affetti del nostro cuore, e con la confidenza di figli vi esponiamo le nostre miserie.
Deh! da quel trono di clemenza ove sedete Regina, volgete, o Maria, lo sguardo vostro pietoso verso di noi, su tutte le nostre famiglie, sull’Italia, sull’Europa, su tutta la Chiesa; e vi prenda compassione degli affanni in cui volgiamo e dei travagli che ne amareggiano la vita. Vedete, o Madre, quanti pericoli nell’anima e nel corpo ne circondano: quante calamità e afflizioni ne costringono! O Madre, trattenete il braccio della giustizia del vostro Figliuolo sdegnato e vincete colla clemenza il cuore dei peccatori: sono pur nostri fratelli e figli vostri, che costarono sangue al dolce Gesù, e trafitture di coltello al vostro sensibilissimo Cuore. Oggi mostratevi a tutti, qual siete, Regina di pace e di perdono.
Salve Regina.
II. – È vero, è vero che noi per primi, benché vostri figliuoli, coi peccati torniamo a crocifiggere in cuor nostro Gesù, e trafiggiamo novellamente il vostro Cuore. Sì, lo confessiamo, siamo meritevoli dei più aspri flagelli. Ma Voi ricordatevi che sulla vetta del Golgota raccoglieste le ultime stille di quel sangue divino e l’ultimo testamento del Redentore moribondo. E quel testamento di un Dio, suggellato col sangue di un Uomo-Dio, vi dichiarava Madre nostra, Madre dei peccatori. Voi, dunque, come nostraMadre, siete la nostra Avvocata, la nostra Speranza. E noi gementi stendiamo a Voi le mani supplichevoli, gridando: Misericordia!
Pietà vi prenda, o Madre buona, pietà di noi, delle anime nostre, delle nostre famiglie, dei nostri parenti, dei nostri amici, dei nostri fratelli estinti, e soprattutto dei nostri nemici, e di tanti che si dicono cristiani, e pur dilacerano il Cuore amabile del vostro Figliuolo. Pietà, deh! pietà oggi imploriamo per le nazioni traviate, per tutta l’Europa, per tutto il mondo, che torni pentito al cuor vostro. Misericordia per tutti, o Madre di Misericordia.
Salve Regina.
III. – Che vi costa, o Maria, l’esaudirci? Che vi costa il salvarci? Non ha Gesù riposto nelle vostre mani tutti i tesori delle sue grazie e delle sue misericordie? Voi sedete coronata Regina alla destra del vostro Figliuolo, circondata di gloria immortale su tutti i cori degli Angeli. Voi distendete il vostro dominio per quanto son distesi i cieli, e a Voi la terra e le creature tutte che in essa abitano sono soggette. Il vostro dominio si estende fino all’inferno, e Voi sola ci strappate dalle mani di Satana, o Maria.
Voi siete l’Onnipotente per grazia. Voi dunque potete salvarci. Che se dite di non volerci aiutare, perché figli ingrati ed immeritevoli della vostra protezione, diteci almeno a chi altri mai dobbiamo ricorrere per essere liberati da tanti flagelli.
Ah, no! Il vostro Cuore di Madre non patirà di veder noi, vostri figli, perduti. Il Bambino che noi vediamo sulle vostre ginocchia, e la mistica corona che miriamo nella vostra mano, c’ispirano fiducia che noi saremo esauditi. E noi confidiamo pienamente in Voi, ci gettiamo ai vostri piedi, ci abbandoniamo come deboli figli tra le braccia della più tenera fra le madri, ed oggi stesso, sì, oggi da Voi aspettiamo le sospirate grazie.
Salve Regina.

Chiediamo la benedizione a Maria.
Un’ultima grazia noi ora vi chiediamo, o Regina, che non potete negarci in questo giorno solennissimo. Concedete a tutti noi l’amore vostro costante, e in modo speciale la vostra materna benedizione. No, non ci leveremo dai vostri piedi, non ci staccheremo dalle vostre ginocchia, finché non ci avrete benedetti.
Benedite, o Maria, in questo momento, il Sommo Pontefice. Ai prischi allori della vostra Corona, agli antichi trionfi del vostro Rosario, onde siete chiamata Regina delle vittorie, deh! aggiungete ancor questo, o Madre: concedete il trionfo alla Religione e la pace alla umana società. Benedite il nostro Vescovo, i Sacerdoti e particolarmente tutti coloro che zelano l’onore del vostro Santuario.
Benedite infine tutti gli Associati al vostro novello Tempio di Pompei, e quanti coltivano e promuovono la divozione al vostro Santo Rosario.
O Rosario benedetto di Maria; Catena dolce che ci rannodi a Dio; Vincolo di amore che ci unisci agli Angeli; Torre di salvezza negli assalti d’inferno; Porto sicuro nel comune naufragio, noi non ti lasceremo mai più. Tu ci sarai conforto nell’ora di agonia; a te l’ultimo bacio della vita che si spegne. E l’ultimo accento delle smorte labbra sarà il nome vostro soave, Regina del Rosario della Valle di Pompei, o Madre nostra cara, o unico Rifugio dei peccatori, o sovrana Consolatrice dei mesti. Siate ovunque benedetta, oggi e sempre, in terra e in cielo. Così sia.
Salve Regina.
(vero testo della Supplica scritta dal beato Bartolo Longo).”



Quinto giorno della novena di preparazione al 13 Maggio, Solennità della Beata Vergine Maria di Fatima, DA RECITARSI DAL 4 AL 12 MAGGIO...



https://www.radiospada.org/wp-content/uploads/2017/05/Novena-alla-Madonna-di-Fatima.pdf
"13 Maggio Beata Vergine Maria di Fatima.
Novena di preparazione DA RECITARSI DAL 4 AL 12 MAGGIO.
Ogni giorno si termina con un’Ave Maria e l’invocazione Madonna del Rosario di Fatima, prega per noi.”



Ottavo giorno di Maggio Mese Mariano…


Maggio mese di Maria: 8° giorno - Il Paradiso (http://www.stellamatutina.eu/maggio-mese-di-maria-8-giorno/)
http://www.stellamatutina.eu/maggio-mese-di-maria-8-giorno/
“Maggio mese di Maria: 8° giorno.
IL PARADISO.
«Quel che occhio mai vide, né orecchio mai udì, né mai cuore d’uomo ha potuto gustare, questo Dio ha preparato a coloro che lo amano» (1Cor 2,9).
Il Paradiso è una realtà inimmaginabile, è la pienezza di tutti i beni desiderabili, è l’estasi eterna nella visione beatifica di Dio. Perciò «il Cielo è il fine ultimo dell’uomo – insegna il Catechismo – e la realizzazione delle sue aspirazioni più profonde, lo stato di felicità suprema e definitiva» (n. 1024).
Santa Caterina da Siena racconta di essere stata una volta rapita nella gloria dei cieli. Quando, terminata l’estasi, tentò di parlare, non riuscì a fare altro che a piangere. A chi si meravigliava, la Santa disse: «Non vi meravigliate di questo; piuttosto, meravigliatevi che sto ancora sulla terra, dopo aver goduto ineffabili delizie… ». Ugualmente, san Roberto Bellarmino, pensando alla felicità suprema del Paradiso, mentre un giorno guardava un quadro che raffigurava i Beati gesuiti, esclamò: «Voglio andar presto con loro! Via, via da questa vita; bisogna volar lassù con questi…».
«Venite, benedetti…»
«Credetemi – diceva san Filippo Neri –, il Paradiso non è fatto per i poltroni». In Paradiso ci vanno gli eroi dell’amore a Dio e ai fratelli. «Il Regno dei Cieli esige violenza e solo i violenti lo conquistano» (Mt 11,12).
Soltanto il cristiano che è un eroe di bontà, di fede, di umiltà, di purezza, di obbedienza, di pazienza, di mortificazione può sperare di sentirsi dire al termine dell’esilio terreno: «Vieni, servo buono e fedele, entra nel gaudio del tuo Signore» (Mt 25,21).
Negli «Atti dei Martiri» è descritto il martirio di san Timoteo. Il Santo martire, piagato e torturato nella calce viva, udì gli Angeli che lo confortavano: «Alza il capo, e pensa al Cielo che ti attende!».
Purtroppo, a noi è così facile lasciarci attrarre e dominare dai beni terreni, lasciarci sedurre dalle creature e dai piaceri carnali. Perciò dobbiamo ricordare con maggiore insistenza il richiamo di san Paolo: «Cercate le cose di lassù, gustate le cose di lassù, non quelle della terra» (Col 3,1). Se facciamo come ci dice san Paolo, sperimenteremo anche noi la verità di questa frase di sant’Ignazio: «Oh, quanto mi pare piccola e vile la terra, quando contemplo il cielo!». E ci preoccuperemo di spingere anche altri fratelli a distogliere un po’ lo sguardo dalle creature per rivolgerlo al Creatore. Sarebbe follia imperdonabile perdere i beni celesti ed eterni per i vili piaceri terreni e momentanei. Questo mondo per noi è solo una terra d’esilio, da cui dobbiamo raggiungere la nostra vera patria.
Basta riflettere un poco su questa verità per comprendere meglio anche un’altra triste realtà di questa terra: l’aborto. Con questo «abominevole delitto» come l’ha definito il Concilio Vaticano II, non solo viene soppressa la vita di un bimbo, ma gli viene negata anche l’entrata in Paradiso: quel bimbo andrà al Limbo eterno, come ha sempre insegnato la Chiesa, perché privo del Battesimo, senza il quale non ci può essere Paradiso: «Chi sarà battezzato sarà salvo» (Mc 16,16), «chi non rinasce dall’acqua e dallo Spirito Santo, non può entrare nel Regno di Dio» (Gv 3,5).
Al ciel, al ciel… con Lei.
La canzoncina popolare “Andrò a vederla un dì” spinge con forza a desiderare il Paradiso per vedere la Madonna e stare sempre con Lei.
Santa Bernadetta confidò che la Madonna è talmente bella da desiderare mille volte la morte per poterla rivedere.
Una volta san Massimiliano M. Kolbe ricevette gli auguri di una rapida morte per raggiungere presto l’Immacolata in Cielo. E il Santo rispose, ringraziando sentitamente.
San Leonardo da Porto Maurizio, apostolo ardente, arrivava a predicare dal pulpito e a chiedere preghiere ai fedeli per poter morire presto e andare a stare con l’Immacolata. Una volta su dal pulpito disse ai fedeli: «Io bramo morire per vivere con Maria. E voi recitate un’Ave Maria per me. Ottenetemi la grazia di morire adesso su questo pulpito… Voglio andare a vedere Maria».
Quando si ama veramente la Madonna, il pensiero e l’aspirazione al Paradiso non danno tregua, perché è lì che la Madonna ci attende, e ci attende, diceva il santo Curato d’Ars, proprio come una Mamma che aspetta l’arrivo dei figlioli per averli tutti attorno a sé nel gaudio eterno.
Paradiso e penitenza
Ma in Paradiso non si arriva se non «per la porta stretta e per la via aspra» (Mt 7,14), ossia attraverso la penitenza.
Quando si chiedeva a san Massimiliano di moderare un po’ il suo eroico e spossante apostolato per l’Immacolata, egli rispondeva: «Non è necessario risparmiarsi, mi riposerò in Paradiso!…».
Ugualmente, quando si esortava san Giuseppe Calasanzio a risparmiarsi qualcuna delle molte penitenze, il Santo rispondeva: «O Paradiso! Paradiso! Quale fortezza e alacrità tu comunichi a chi vuol entrare in te!». Si voleva che prendesse qualche sollievo. Ma egli rispondeva: «Si può andare in Paradiso, anche senza passeggio. Il nostro riposo sarà in Paradiso…».
Si scoprì che portava indosso il cilizio e gli si chiese se faceva male. Rispose: «Sicuro che fa un po’ male; ma per andare in Paradiso bisogna fare penitenza…».
Ci vuole la Madonna
Una cosa però ci deve consolare. Se è vero che in Paradiso non si va senza penitenza, è anche vero che per andarci attraverso una via più sicura e più facile bisogna andarci con Maria.
Un piccolo episodio. Una volta un Vescovo si recò da san Pio da Pietrelcina e gli portò un amico che non era uno stinco di santo. Lo presentò a padre Pio dicendogli: «Padre, questo amico vorrebbe assicurarsi un biglietto d’ingresso in Paradiso, la cosa non è facile, che cosa gli consiglierebbe, padre?». Abbassando e scuotendo un po’ la testa, con accento dolcissimo padre Pio rispose: «Eh, ci vuole la Madonna, ci vuole la Madonna ».
Anche a san Bernardo avvenne una volta che andò a confessarsi da lui un grande peccatore, già sull’orlo della disperazione perché sconvolto da terribili peccati. San Bernardo gli parlò della divina misericordia e gli aprì il Vangelo al passo dell’Annunciazione, là dove l’Angelo dice: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio» (Lc 1,30). E san Bernardo commentò dicendo che Maria, «piena di grazia», ha trovato grazia per noi peccatori. Quel povero peccatore si rianimò. Dopo la confessione andò subito all’altare della Madonna, e ritrovò la perfetta pace.
Se noi ameremo molto la Madonna, Ella ci donerà di giorno in giorno le grazie necessarie per vivere in maniera degna del cristiano, disponendoci via via a prepararci al Paradiso nel distacco progressivo da questa terra, fino a farci esclamare con san Giuseppe Cottolengo: «Brutta terra, bel Paradiso!».
È necessario, però, che noi amiamo la Madonna impegnandoci a far bene i nostri doveri quotidiani. Santa Bernadetta aveva avuto dall’Immacolata l’assicurazione del Paradiso. Eppure, si comportava in tutto con la massima perfezione, perché non presumeva di andare in cielo senza comportarsi bene. Una volta, infatti, ci fu chi le ricordò che ella era al sicuro, perché la Madonna le aveva già garantito il Paradiso. «Sì – rispose la Santa –, ma a condizione che io faccia quanto è necessario per meritarlo».
Sforziamoci perciò di vivere con gli occhi sempre fissi al Paradiso, con le mani in azione per fare sempre tutti i nostri doveri, con il cuore pieno di amore e di fiducia nella nostra dolce Mamma che ci vuole tutti in Paradiso.
Fioretti
*Fare qualche sacrificio per il Paradiso.
*Recitare i misteri gloriosi del Rosario.
*Fare un’elemosina a un povero.
FONTE: Maggio mese di Maria, P. Stefano M. Manelli, © 2010 Casa Mariana Editrice, 2010.”





Apparizione di san Michele Arcangelo - Sodalitium (http://www.sodalitium.biz/apparizione-san-michele-arcangelo/)
http://www.sodalitium.biz/apparizione-san-michele-arcangelo/
“8 maggio, Apparizione di san Michele Arcangelo sul monte Gargano.
Sancte Michael Archangele, defende nos in proelio; contra nequitiam et insidias diaboli esto praesidium. Imperet illi Deus, supplices deprecamur: tuque, Princeps militiae caelestis, Satanam aliosque spiritus malignos, qui ad perditionem animarum pervagantur in mundo, divina virtute, in infernum detrude. Amen.”



www.sursumcorda.cloud
https://www.facebook.com/CdpSursumCorda/?fref=nf
“Carlo Di Pietro - Sursum Corda
Preghiera al Santo del giorno.
In nómine Patris
et Fílii
et Spíritus Sancti.
Amen.
Eterno Padre, intendo onorare san Benedétto secondo, Papa e Confessore, e Vi rendo grazie per tutte le grazie che Voi gli avete elargito. Vi prego di accrescere la grazia nella mia anima, per i meriti di questo santo, ed a lui affido la fine della mia vita tramite questa speciale preghiera, così che per virtù della Vostra bontà e promessa, san Benedétto secondo, Papa e Confessore possa essere mio avvocato e provvedere tutto ciò che è necessario in quell'ora. Così sia.
#sdgcdpr”


Ligue Saint Amédée (http://www.SaintAmedee.ch)
https://www.facebook.com/SaintAmedee/?fref=nf
“Intransigeants sur la doctrine ; charitables dans l'évangélisation [Non Una Cum].”
“8 Mai : L'Apparition de saint Michel au Mont-Gargan (en 492).”


Radio Spada | Radio Spada ? Tagliente ma puntuale (http://www.radiospada.org)
http://www.radiospada.org
Edizioni Radio Spada - Home (http://www.edizioniradiospada.com)
http://www.edizioniradiospada.com
https://www.facebook.com/radiospadasocial/?fref=nf
“8 maggio 2017: infra l'ottava del patrocinio universale di San Giuseppe.”
“Supplica alla Madonna di Pompei (da recitarsi l’8 maggio e la prima domenica di ottobre a mezzogiorno).”
“8 MAGGIO 2017: APPARIZIONE DI SAN MICHELE ARCANGELO (SUL MONTE GARGANO).”




Milizia di San Michele Arcangelo (M.S.M.A.) - San Michele sul Monte Gargano - Apparizione dell'8 Maggio (http://www.miliziadisanmichelearcangelo.org/content/view/1713/98/lang,it/)
http://www.miliziadisanmichelearcangelo.org/content/view/1713/98/lang,it/
“San Michele sul Monte Gargano - Apparizione dell'8 Maggio.
I primi cristiani fecero certamente ricorso, nelle loro preghiere, all’intercessione degli spiriti celesti, come attestano le più antiche liturgie ed i Padri della Chiesa. “Gesù Cristo ed i santi Angeli ci assistono in tutte le nostre azioni”, scriveva il martire Nemesio a San Cipriano. “Prego i buoni Angeli di ricevere l’anima mia nell’ora della mia morte”, diceva San Gregorio di Nazianzio. Ma non vi fu nessuna festa in onore degli spiriti beati, durante i primi quattro secoli dell’era cristiana, ossia fino a che il Cielo diede esso stesso il segnale di un culto pubblico e solenne, con un’apparizione dell’Arcangelo San Michele. Questa apparizione ebbe luogo l’8 maggio 492, sotto il pontificato di Gelasio I, sul monte Gargano, oggi Monte Sant’Angelo,nelle Puglie, in Italia. Un ricco abitante di Siponto aveva le sue mandrie a pascolare sui fianchi del monte Gargano. Un giorno, nascondendosi all’occhio dei bovari, un toro scomparve. Dopo molte ricerche, lo si ritrovò infine sulla cima più scoscesa della montagna, all’entrata ...... di una grotta, con le corna impigliate in forti liane. Furioso contro gli ostacoli che lo trattenevano sul posto, l’animale si dibatteva così violentemente che nessuno potette accostarlo. Allora si lanciò verso di lui una freccia; ma, cosa strana, quella freccia svoltò a metà della sua corsa, ed andò a colpire quello che l’aveva lanciata. Questo fatto straordinario riempì d’una tale paura i bovari, che si allontanarono immediatamente dalla grotta.
Questo evento impressionò la città di Siponto ed il vescovo Lorenzo Maiorano ordinò delle pubbliche preghiere. Tre giorni dopo, San Michele apparve al prelato e gli disse: “Io sono l’arcangelo Michele, uno di quelli che stanno costantemente davanti al Signore. Ho scelto questo luogo per essere venerato sulla terra; io ne sarò il protettore per sempre”.
Il vescovo e gli abitanti si recarono processionalmente fino alla grotta del monte Gargano, e pregarono in onore dell’Arcangelo.
Qualche tempo dopo, Siponto vide i suoi nemici devastare le sue campagne e minacciare la città. La battaglia scoppiò, e Siponto pareva vinta, quando, improvvisamente, una formidabile scossa squarciò il monte Gargano; dalla sua vetta, coperta da un nero vapore, sgorgarono dei fulmini e dei lampi che portarono il terrore e la morte nel campo nemico.
Trionfante per il soccorso miracoloso di San Michele, la città di Siponto si mostrò riconoscente al suo potente protettore. Eseguì subito dei lavori giganteschi, al fine di poter accedere più facilmente sul monte Gargano, e sulla grotta naturale che fece rivestire interiormente con marmi preziosi, essa costruì una bella chiesa la cui dedicazione solenne ebbe luogo il 29 settembre 522, da parte del papa San Bonifacio. Questa chiesa è da allora il luogo di incontro di numerosi pellegrinaggi, e grandi miracoli, specie di conversione interiore vi sono operati per la potente intercessione di San Michele.
Da questo promontorio, , come da una fortezza da cui protegge la Chiesa, il Principe delle milizie angeliche sembra dire all’universo intero: il Salvatore Gesù, mio maestro, è il Re dei re e Signore dei signori; solo la sua Chiesa ha il potere di illuminare le intelligenze, di governare le volontà e di salvare le anime. Là ancora, come sul monte San Michele, elevandosi al di sopra della terra e del mare, egli ripete quella parola che folgorò Lucifero: Quis ut Deus! Chi è simile a Dio!
di don Marcello Stanzione.”



PRIMA APPARIZIONE DI S (http://www.preghiereagesuemaria.it/libri/appaarizioni%20di%20san%20michele%20arcangelo.htm)
“LE APPARIZIONI DI SAN MICHELE ARCANGELO.
PRIMA APPARIZIONE DI S. MICHELE SUL GARGANO.
Era l'anno 490 quando il giorno 8 maggio si verificò la prima apparizione di S. Michele sul Gargano. Il fatto avvenne così. Un capitano delle armi Sipontine, ricco di poderi e di greggi, ed altrettanto pio e caritatevole, possedeva un monte distante circa sei miglia da Siponto, ora detto Manfredonia che era il pascolo dei suoi armenti. Tra questi si trovava un toro feroce, smisurato e torvo, il quale una volta di primavera si segregò dagli altri. Venuto il capitano a riveder gli armenti mentre accompagnato da servi faceva ricerca del toro, lo rinvenne in una profonda spelonca in un luogo erto e difficile; e siccome non era possibile trarlo fuori vivo di là, pensò riaverlo morto, e scaricò verso di esso il suo arco; ma la freccia invece di ferire il toro, rivolta a mezz'aria la punta, tornò indietro e ferì nel petto il capitano.
L'avvenimento del tutto nuovo riempì di stupore gli spettatori, e si diffuse la notizia di esso non solo nelle vicinanze della selva donde molti corsero a vedere il ferito, ma pervenne anche fino al Vescovo di Siponto, S. Lorenzo Maloriano, di nazionalità greca, cittadino di Costantinopoli, e stretto congiunto dell'Imperatore Zenone. Il santo Prelato, pensando che non senza mistero si era verificato quello strano avvenimento, ricorse a Dio per lume ed intelligenza. Ordinò per tutta la città un triduo di preghiere e di digiuni per impetrar da Dio la grazia di conoscere il mistero di così strano fatto. Ascoltò Dio l'umile ricorso del Vescovo e del popolo, cosicchè mentre verso l'aurora il piissimo Vescovo stava pregando nella cattedrale di Siponto, gli apparve S. Michele e gli disse «Tu hai agito molto saggiamente chiedendo all'altissimo Iddio la rivelazione e la ragione per cui la freccia scoccata contro il giovenco si sia invece rivolta contro l'arciere. Sappi dunque che ciò è avvenuto appunto per opera mia. Io sono l'Arcangelo Michele, che sto davanti al Trono di Dio, ed io ho stabilito di abitar qui, e parimenti di aver preso in custodia questo luogo. Questi segni ho voluto io dare, affinchè ciascuno sappia, come d'ora innanzi il Gargano sarà in mia tutela ».
Così disse S. Michele a S. Lorenzo Vescovo, e disparve.
Grande ed indicibile fu la consolazione e la gioia di S. Lorenzo Vescovo per così singolare favore di S. Michele. Pieno di gaudio, levatosi dal suolo, convocò il popolo ed ordinò una solenne processione verso il luogo, ov'era accaduto il fatto meraviglioso. Quivi giunto processionalmente, fu visto il toro inginocchiato in ossequio del celeste Liberatore, e fu trovata un'ampia e spaziosa caverna a forma di tempio scavata nella viva pietra dalla natura stessa con volta assai comodamente elevata e con un comodo ingresso. Una tale vista ricolmò tutti di gran tenerezza insieme e di terrore, poichè volendo il popolo colà dentro inoltrarsi, fu preso di sacro spavento all'udire un canto angelico con queste parole «Qui si adora Dio, qui si onora il Signore, qui si glorifica l'Altissimo». Tanto fu il sacro spavento, che il popolo non osò più spingersi oltre, e stabilì il luogo per il sacrificio della S. Messa e per le preghiere davanti all'ingresso del luogo sacro. Questo fatto suscitò devozione in tutta l'Europa. Ogni giorno si videro pellegrini a squadre salire sul Gargano. Pontefici, Vescovi, Imperatori e Principi da ogni parte d'Europa corsero a visitare la celeste grotta. Il Gargano divenne una sorgente di grazie strepitose per i cristiani del Gargano, come scrive il Baronio. Fortunato chi si affida a sì potente benefattore del popolo cristiano; fortunato chi si rende propizio l'amorosissimo Principe degli Angeli S. Michele Arcangelo.”



Guéranger, L'anno liturgico - 8 maggio. Apparizione di san Michele Arcangelo (http://www.unavoce-ve.it/pg-8mag.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-8mag.htm
“8 MAGGIO: APPARIZIONE DI SAN MICHELE ARCANGELO.
Gli Angeli nel Vangelo.
Il Salmista aveva predetto che l'arrivo dell'Emmanuele in questo mondo sarebbe stato salutato dai santi Angeli, che l'avrebbero umilmente adorato nel momento in cui avrebbe manifestato la sua presenza in mezzo agli uomini (Sal 96,8; Ebr 1,6).
Noi vedemmo compiersi quest'oracolo nella notte di Natale. Il concento angelico attirò i pastori alla grotta, ove li accompagnammo per offrire i nostri omaggi al Dio Bambino. Nel trionfo della risurrezione, l'Emmanuele non poteva mancare di essere circondato da questi spiriti beati che l'avevano seguito con rispetto nelle umiliazioni ed i dolori della sua passione. Appena superata la barriera che lo tiene prigioniero nel sepolcro, un Angelo, il cui volto sfavilla e le cui vesti sono risplendenti come la neve, viene a rovesciare la pietra che chiude l'ingresso della tomba e ad annunciare alle pie donne che, colui che cercano, è risuscitato. Quando esse penetrano nell'antro del sepolcro, due Angeli, vestiti di bianco, si presentano ai loro sguardi e confermano la buona novella. Rendiamo omaggio a questi augusti messaggeri della nostra liberazione, e contempliamoli con rispetto mentre circondano Gesù durante il suo soggiorno sulla terra. Essi adorano questa umanità glorificata, che vedranno presto ascendere al più alto dei cieli e prendere posto alla destra del Padre. Si rallegrano con noi in questa festa di Pasqua, per mezzo della quale, nel nostro Salvatore risorto, ci è resa l'immortalità; come san Gregorio c'insegna [1]: "Questa Pasqua diviene anche la festa degli Angeli; poiché, allo stesso tempo che ci riapre il cielo, annuncia loro che le perdite che hanno subito nelle loro schiere, saranno colmate". È dunque giusto che il Tempo pasquale consacri una solennità al culto degli Spiriti Angelici. Poco prima dell'Annunciazione di Maria, festeggiammo Gabriele; oggi riceve i nostri omaggi l'Arcangelo Michele, il principe della milizia celeste. Egli stesso ne fissò questo giorno, apparendo agli uomini, e lasciando un pegno della sua presenza e della sua protezione.
Il nome e la missione dell'Arcangelo.
Anche il solo nome di Michele lo designa alla nostra ammirazione: è un grido di entusiasmo e di fedeltà. "Chi è simile a Dio?" così si chiama l'Arcangelo. Satana, dal fondo dell'inferno, freme ancora a tale nome, che gli ricorda la protesta con la quale questo Spirito accolse il tentativo di rivolta degli Angeli infedeli. Michele ebbe le sue prove nell'armata del Signore, e per questa ragione gli fu affidata la guardia e la difesa del popolo di Dio, fino al giorno in cui l'eredità della sinagoga ripudiata passò alla Chiesa cristiana. Adesso è il custode e il protettore della Sposa del suo Maestro, la nostra madre comune. Il suo braccio veglia su di essa; la sostiene, la risolleva nelle sue prove, ne condivide tutti i trionfi.
Ma non crediamo che il santo Arcangelo, incaricato dei più vasti e più elevati interessi per la conservazione dell'opera di Cristo, ne sia talmente sovraccaricato da non poter mantenere un orecchio aperto alla preghiera di ognuno dei membri della santa Chiesa. Dio gli ha dato verso di noi un cuore che compatisce e non una delle anime nostre sfugge alla sua azione. Egli possiede la spada per la difesa della Sposa di Cristo; si oppone al dragone sempre pronto a lanciarsi contro la Donna ed il suo frutto (Ap 12,13); ma, nello stesso tempo, si degna di prestarci attenzione quando ognuno di noi, dopo di avere confessati i propri peccati al Dio onnipotente, alla Beata Vergine Maria, li accusa anche davanti a lui, Michele Arcangelo, e gli domanda il favore della sua intercessione presso il Signore.
Il suo occhio vigila, su tutta la terra, presso il letto dei moribondi; poiché è suo incarico particolare di raccogliere le anime elette quando escono dal loro corpo.
Con tenera sollecitudine ed incomparabile maestà, egli le presenta alla luce eterna e le introduce nel soggiorno di gloria. È la santa Chiesa stessa che, nei testi della Liturgia, ci istruisce su queste prerogative del grande Arcangelo. Ci insegna che è stato preposto al Paradiso, e che Dio gli ha affidato le anime sante per condurle nella regione della felicità senza fine. Nell'ultimo giorno del mondo, quando Cristo comparirà sulle nubi del cielo per giudicare il genere umano, Michele dovrà compiere un ministero formidabile, eseguendo con gli altri Angeli, la separazione degli eletti e dei reprobi, che avranno ripreso i loro corpi nella Risurrezione generale. Nel medio evo i nostri padri amavano raffigurare l'opera del santo Arcangelo in quel momento terribile, presentandolo ai piedi del trono del giudice supremo, nell'atto di tenere una bilancia sulla quale pesa le anime con le loro opere.
Il culto dell'Arcangelo.
Il culto di un così potente ministro di Dio, di un così vigile protettore degli uomini doveva propagarsi nella cristianità, soprattutto dopo la disfatta dei falsi dèi, quando non si ebbe più a temere che gli uomini fossero tentati di rendergli onori divini. Costantino elevò in suo nome un celebre santuario che si chiamò Michaélion e che sorse nei pressi della sua nuova capitale. All'epoca in cui Costantinopoli cadde nel potere dei Turchi, non vi si contavano meno di quindici Chiese consacrate al nome di san Michele, sia entro le mura della città, sia nei sobborghi. Nel resto della cristianità questa devozione si accrebbe grado a grado; e fu per mezzo delle stesse manifestazioni del Beato Arcangelo, che i fedeli vennero invitati a ricorrete a Lui. Queste manifestazioni erano locali; ma Dio, che fa scaturire grandi effetti da cose piccole, se ne servì per svegliare nei Cristiani, a poco a poco, il sentimento della fiducia verso il loro celeste protettore.
Le Apparizioni.
I Greci celebrano l'apparizione che ebbe luogo nella Frigia, a Chone, nome che ha rimpiazzato quello di Colossi. Esisteva in questa Città una Chiesa eretta in onore di san Michele, ed essa era frequentata da una pia persona che si chiamava Arcipe, e che i Pagani perseguitavano furiosamente. Nell'intento di disfarsi di lui, allentarono la chiusa di un corso d'acqua che venne ad unirsi al Lico, minacciando di far crollare la Chiesa di san Michele, dove Arcipe stava in preghiera. Ma, improvvisamente, il Beato Arcangelo apparve, tenendo in mano una verga; di fronte alla sua presenza l'inondazione arretrò, e le acque, ingrossate dall'affluente che la malizia dei pagani aveva scatenato, andarono a perdersi nell'abisso in cui il Lico sprofonda e sparisce presso Colossi. La data di questo prodigio non è sicura; si sa solamente che ebbe luogo in un'epoca in cui i pagani erano ancora abbastanza numerosi a Colossi, per dare preoccupazione ai Cristiani. Un'altra apparizione fu destinata ad accrescere la devozione a san Michele tra il popolo italiano, ed ebbe luogo sul monte Gargano, nelle Puglie: è quella che noi festeggiamo oggi. Una terza ebbe luogo in Francia, sulle coste della Normandia, sul monte Tomba. Si celebra il sedici Ottobre. La festa odierna non è quella più solenne delle due che ogni anno la Chiesa consacra a san Michele; quella del ventinove settembre è di grado superiore, ma meno personale per il Beato Arcangelo, poiché vi si onorano nel medesimo tempo tutti i cori della gerarchia angelica.
L'apparizione sul monte Gargano.
Questa apparizione si crede abbia avuto luogo sotto il pontificato di Gelasio I, in Puglia, sulla cima del Gargano, ai piedi del quale è situata la città di Siponte.
Secondo la tradizione, un toro si era impigliato nella boscaglia, all'ingresso di una caverna. Un uomo che lo inseguiva, scoccò una freccia su di esso; ma questa si girò, tornò sopra di lui e lo ferì. Un religioso terrore s'impossessò allora delle persone che erano andate all'inseguimento dell'animale, di modo che nessuno osava più avvicinarlo. Consultato il Vescovo di Siponte, rispose che si doveva interrogare Iddio per mezzo della preghiera e di un digiuno di tre giorni, alla fine del quale l'Arcangelo san Michele lo avvertì che il luogo dove si trovava quell'animale era sotto la sua protezione, e che voleva che esso si consacrasse al culto divino, in suo onore e degli Angeli. Una processione si recò alla caverna. Videro allora che essa era disposta in forma di Chiesa, vi si celebrò il santo Sacrificio, ed il luogo divenne celebre per i miracoli che vi si produssero.
Lode.
Come sei bello, Arcangelo san Michele, mentre rendi gloria al Signore, di cui hai umiliato il nemico! Il tuo sguardo si volge verso il trono di Dio, del quale hai sostenuto i diritti e che ti ha dato la vittoria. Il tuo grido: "Chi è simile a Dio?", ha elettrizzato le legioni fedeli, ed è divenuto il nome tuo e la tua corona. Esso ci ricorderà per sempre, nell'eternità, la tua fedeltà ed il tuo trionfo sul drago. Ma nell'attesa noi riposiamo sotto la tua custodia, siamo i tuoi fortunati protetti.
Protettore della Chiesa.
Angelo custode della santa Chiesa, è venuto il momento di spiegare tutto il vigore del tuo braccio. Satana, nel suo furore, minaccia la Sposa del Maestro: fa brillare il lampo della tua spada, e piomba addosso a questo implacabile nemico ed alla sua orribile corte. Il regno di Cristo è scosso fino alle sue fondamenta. Ma se la terra deve vivere ancora, se i destini della Chiesa non sono ancora compiuti, non è il momento, o potente Arcangelo, che tu faccia sentire al demonio che non si oltraggia impunemente su questa stessa terra colui che l'ha creata, che l'ha riscattata, e che ha il nome di Re dei re, di Signore dei signori? Il torrente degli errori e del male non cessa di trascinare verso l'abisso questa generazione sedotta: salvala, dissipando gli oscuri complotti di cui essa è vittima.
...e della buona morte.
Tu, o Michele, sei il protettore delle anime nostre al momento del passaggio dal tempo all'eternità. Durante la nostra vita, il tuo occhio ci segue, il tuo orecchio ci ascolta. Noi ti amiamo, Principe immortale, e viviamo felici e fiduciosi all'ombra delle tue ali. Ben presto verrà il giorno in cui, in presenza dei nostri resti inanimati, la santa Chiesa, madre nostra, domanderà per noi, al Signore, che veniamo strappati dalle fauci del leone infernale e che le tue mani potenti ci ricevano e ci presentino alla luce eterna. Aspettando quel momento solenne, veglia sui tuoi protetti, o Arcangelo! Il dragone ci minaccia, vorrebbe divorarci. Insegnaci a ripetere con te: "Chi è simile a Dio?". L'onore suo, il sentimento dei suoi diritti, l'obbligo di restargli fedeli e di servirlo, di confessarlo in ogni tempo e in ogni luogo formano lo scudo della nostra debolezza, l'armatura sotto la quale noi pure vinceremo, come tu vincesti.
Ma ci occorre qualcosa di questo coraggio che tu attingesti all'amore di cui eri ricolmo. Fa', dunque, che amiamo il tuo e nostro Signore, poiché solamente allora saremo invincibili come te.
Satana non sa resistere alla creatura che è affascinata dall'amor di Dio e fugge vergognosamente. Il Signore ti aveva creato, o Michele, e tu hai amato in lui il tuo Creatore; noi, non ci ha solamente creati, ma ci ha riscattati nel suo sangue; quale deve essere dunque il nostro amore per lui? Fortificalo nel nostro cuore e poiché combattiamo nella tua milizia, dirigici, infiammaci, sostienici col tuo sguardo, e para i colpi del nemico. Tu sarai presente, lo speriamo, alla nostra ultima ora, vessillifero della salvezza! In cambio della nostra devozione per te, degnati di montar la guardia presso il nostro giaciglio e ricoprirlo del tuo scudo. Non abbandonare l'anima nostra, beato Arcangelo, quando essa si serrerà presso di te; conducila ai piedi del tribunale di Dio, ricoprila con le tue ali, rassicurala nei suoi terrori. Si degni il Signore, tuo padrone, di ordinarti di trasportarla prontamente nella regione delle gioie eterne!
[1] Mattutino di Pasqua, 2ª lezione dell'omelia.
da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 621-626.”





Luca, Sursum Corda!

Holuxar
09-05-18, 00:01
8 MAGGIO 2018: Ottavo giorno di Maggio Mese Mariano, Supplica alla Madonna di Pompei; MARTEDÌ DELLE ROGAZIONI, APPARIZIONE DI SAN MICHELE ARCANGELO (SUL MONTE GARGANO)…



«8 maggio. Apparizione di san Michele Arcangelo.»
"Guéranger, L'anno liturgico - 8 maggio. Apparizione di san Michele Arcangelo"
Guéranger, L'anno liturgico - 8 maggio. Apparizione di san Michele Arcangelo (http://www.unavoce-ve.it/pg-8mag.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-8mag.htm

«MARTEDÌ DELLE ROGAZIONI.»
Guéranger, L'anno liturgico - Martedì delle Rogazioni (http://www.unavoce-ve.it/pg-rogazioni-mar.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-rogazioni-mar.htm

«SUPPLICA ALLA MADONNA DI POMPEI.»
SUPPLICA ALLA MADONNA DI POMPEI (http://www.unavoce-ve.it/supplica-pompei.htm)
http://www.unavoce-ve.it/supplica-pompei.htm




https://www.radiospada.org/2013/05/8-maggio-supplica-alla-madonna-di-pompei/
«Supplica alla Madonna di Pompei (da recitarsi l’8 maggio e la prima domenica di ottobre a mezzogiorno).
I. – O Augusta Regina delle vittorie, o Vergine sovrana del Paradiso, al cui nome potente si rallegrano i cieli e tremano per terrore gli abissi, o Regina gloriosa del Santissimo Rosario, noi tutti, avventurati figli vostri, che la bontà vostra ha prescelti in questo secolo ad innalzarvi un Tempio in Pompei, qui prostrati ai vostri piedi, in questo giorno solennissimo della festa dei novelli vostri trionfi sulla terra degl’idoli e dei demoni, effondiamo con lacrime gli affetti del nostro cuore, e con la confidenza di figli vi esponiamo le nostre miserie.
Deh! da quel trono di clemenza ove sedete Regina, volgete, o Maria, lo sguardo vostro pietoso verso di noi, su tutte le nostre famiglie, sull’Italia, sull’Europa, su tutta la Chiesa; e vi prenda compassione degli affanni in cui volgiamo e dei travagli che ne amareggiano la vita. Vedete, o Madre, quanti pericoli nell’anima e nel corpo ne circondano: quante calamità e afflizioni ne costringono! O Madre, trattenete il braccio della giustizia del vostro Figliuolo sdegnato e vincete colla clemenza il cuore dei peccatori: sono pur nostri fratelli e figli vostri, che costarono sangue al dolce Gesù, e trafitture di coltello al vostro sensibilissimo Cuore. Oggi mostratevi a tutti, qual siete, Regina di pace e di perdono.
Salve Regina.

II. – È vero, è vero che noi per primi, benché vostri figliuoli, coi peccati torniamo a crocifiggere in cuor nostro Gesù, e trafiggiamo novellamente il vostro Cuore. Sì, lo confessiamo, siamo meritevoli dei più aspri flagelli. Ma Voi ricordatevi che sulla vetta del Golgota raccoglieste le ultime stille di quel sangue divino e l’ultimo testamento del Redentore moribondo. E quel testamento di un Dio, suggellato col sangue di un Uomo-Dio, vi dichiarava Madre nostra, Madre dei peccatori. Voi, dunque, come nostra Madre, siete la nostra Avvocata, la nostra Speranza. E noi gementi stendiamo a Voi le mani supplichevoli, gridando: Misericordia!
Pietà vi prenda, o Madre buona, pietà di noi, delle anime nostre, delle nostre famiglie, dei nostri parenti, dei nostri amici, dei nostri fratelli estinti, e soprattutto dei nostri nemici, e di tanti che si dicono cristiani, e pur dilacerano il Cuore amabile del vostro Figliuolo. Pietà, deh! pietà oggi imploriamo per le nazioni traviate, per tutta l’Europa, per tutto il mondo, che torni pentito al cuor vostro. Misericordia per tutti, o Madre di Misericordia.
Salve Regina.

III. – Che vi costa, o Maria, l’esaudirci? Che vi costa il salvarci? Non ha Gesù riposto nelle vostre mani tutti i tesori delle sue grazie e delle sue misericordie? Voi sedete coronata Regina alla destra del vostro Figliuolo, circondata di gloria immortale su tutti i cori degli Angeli. Voi distendete il vostro dominio per quanto son distesi i cieli, e a Voi la terra e le creature tutte che in essa abitano sono soggette. Il vostro dominio si estende fino all’inferno, e Voi sola ci strappate dalle mani di Satana, o Maria.
Voi siete l’Onnipotente per grazia. Voi dunque potete salvarci. Che se dite di non volerci aiutare, perché figli ingrati ed immeritevoli della vostra protezione, diteci almeno a chi altri mai dobbiamo ricorrere per essere liberati da tanti flagelli.
Ah, no! Il vostro Cuore di Madre non patirà di veder noi, vostri figli, perduti. Il Bambino che noi vediamo sulle vostre ginocchia, e la mistica corona che miriamo nella vostra mano, c’ispirano fiducia che noi saremo esauditi. E noi confidiamo pienamente in Voi, ci gettiamo ai vostri piedi, ci abbandoniamo come deboli figli tra le braccia della più tenera fra le madri, ed oggi stesso, sì, oggi da Voi aspettiamo le sospirate grazie.
Salve Regina.

Chiediamo la benedizione a Maria.
Un’ultima grazia noi ora vi chiediamo, o Regina, che non potete negarci in questo giorno solennissimo. Concedete a tutti noi l’amore vostro costante, e in modo speciale la vostra materna benedizione. No, non ci leveremo dai vostri piedi, non ci staccheremo dalle vostre ginocchia, finché non ci avrete benedetti.
Benedite, o Maria, in questo momento, il Sommo Pontefice. Ai prischi allori della vostra Corona, agli antichi trionfi del vostro Rosario, onde siete chiamata Regina delle vittorie, deh! aggiungete ancor questo, o Madre: concedete il trionfo alla Religione e la pace alla umana società. Benedite il nostro Vescovo, i Sacerdoti e particolarmente tutti coloro che zelano l’onore del vostro Santuario.
Benedite infine tutti gli Associati al vostro novello Tempio di Pompei, e quanti coltivano e promuovono la divozione al vostro Santo Rosario.
O Rosario benedetto di Maria; Catena dolce che ci rannodi a Dio; Vincolo di amore che ci unisci agli Angeli; Torre di salvezza negli assalti d’inferno; Porto sicuro nel comune naufragio, noi non ti lasceremo mai più. Tu ci sarai conforto nell’ora di agonia; a te l’ultimo bacio della vita che si spegne. E l’ultimo accento delle smorte labbra sarà il nome vostro soave, Regina del Rosario della Valle di Pompei, o Madre nostra cara, o unico Rifugio dei peccatori, o sovrana Consolatrice dei mesti. Siate ovunque benedetta, oggi e sempre, in terra e in cielo. Così sia.
Salve Regina.
(vero testo della Supplica scritta dal beato Bartolo Longo)»


https://i2.wp.com/radiospada.org/wp-content/uploads/2013/05/lorenzo-lotto-madonna-del-rosario.jpg





Maggio mese di Maria: 8° giorno - Il Paradiso (http://www.stellamatutina.eu/maggio-mese-di-maria-8-giorno/)
http://www.stellamatutina.eu/maggio-mese-di-maria-8-giorno/
“Maggio mese di Maria: 8° giorno. IL PARADISO.
FONTE: Maggio mese di Maria, P. Stefano M. Manelli, © 2010 Casa Mariana Editrice, 2010.”






https://www.facebook.com/catholictradition2016/
"MARTEDÌ DELLE ROGAZIONI, 8 MAGGIO 2018.
Sancti et Sanctae Dei, orate pro nobis."

https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/32130801_1368941989873786_6845283812251795456_n.jp g?_nc_cat=0&oh=b9e058c9d1c1c8c3ebb2100b49b8474a&oe=5B883A6A


https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/32130801_1368941989873786_6845283812251795456_n.jp g?_nc_cat=0&oh=b9e058c9d1c1c8c3ebb2100b49b8474a&oe=5B883A6A



https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/31957114_1368668483234470_5860978699301552128_n.jp g?_nc_cat=0&oh=d817568131ad3ee113b8f7f5cc230839&oe=5B96CD5F


https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/31957114_1368668483234470_5860978699301552128_n.jp g?_nc_cat=0&oh=d817568131ad3ee113b8f7f5cc230839&oe=5B96CD5F


"APPARIZIONE DI SAN MICHELE ARCANGELO"







Apparizione di san Michele Arcangelo - Sodalitium (http://www.sodalitium.biz/apparizione-san-michele-arcangelo/)
http://www.sodalitium.biz/apparizione-san-michele-arcangelo/
«8 maggio: Apparizione di San Michele Arcangelo sul monte Gargano.
Principe nobilissimo delle Gerarchie Angeliche, valoroso guerriero dell’Altissimo, amatore zelante della gloria del Signore, terrore degli Angeli ribelli, amore e delizia di tutti gli Angeli giusti, mio dilettissimo San Michele, desiderando io di essere nel numero dei vostri devoti e dei vostri servi, a voi oggi per tale mi offro, mi dono e mi consacro; pongo me stesso, la mia famiglia e quanto a me appartiene sotto la vostra potentissima protezione. è piccola l’offerta della mia servitù, essendo io un miserabile peccatore, ma voi gradite l’affetto del mio cuore, e ricordatevi che, se da oggi in avanti sono sotto il vostro Patrocinio, voi dovete in tutta la mia vita assistermi e procurarmi il perdono dei miei molti e gravi peccati, la grazia di amare di cuore il mio Dio, il mio caro Salvatore Gesù e la mia dolce Madre Maria, ed impetrarmi quegli aiuti che mi sono necessari per arrivare alla corona della gloria. Difendetemi sempre dai nemici dell’anima mia, specialmente nel punto estremo della mia vita. Venite allora, Principe gloriosissimo, ed assistetemi nell’ultimo combattimento; e con la vostra arma potente respingerete da me, negli abissi d’inferno, quell’Angelo prevaricatore e superbo che prostraste un dì nel combattimento in Cielo. Così sia.»
«Sancte Michael Archangele, defende nos in proelio; contra nequitiam et insidias diaboli esto praesidium. Imperet illi Deus, supplices deprecamur: tuque, Princeps militiae caelestis, Satanam aliosque spiritus malignos, qui ad perditionem animarum pervagantur in mundo, divina virtute, in infernum detrude. Amen.»
http://www.sodalitium.biz/wp-content/uploads/app-michele-300x235.jpg


http://www.sodalitium.biz/wp-content/uploads/app-michele-300x235.jpg





Ligue Saint Amédée (http://www.SaintAmedee.ch)
http://www.SaintAmedee.ch
https://www.facebook.com/SaintAmedee/?fref=nf
«Intransigeants sur la doctrine ; charitables dans l'évangélisation [Non Una Cum].»
8 mai : L'Apparition de saint Michel au Mont-Gargan (en 492) :: Ligue Saint Amédée (http://liguesaintamedee.ch/saint-du-jour/8-mai-lapparition-de-saint-michel-au-mont-gargan)
“8 Mai : L'Apparition de saint Michel au Mont-Gargan (en 492).”
http://liguesaintamedee.ch/application/files/2815/2546/6784/05_08_saint_michel_mont_gargan.jpg


http://liguesaintamedee.ch/application/files/2815/2546/6784/05_08_saint_michel_mont_gargan.jpg






www.sursumcorda.cloud
https://www.facebook.com/CdpSursumCorda/?fref=nf
"Carlo Di Pietro - Sursum Corda
8 maggio, Apparizione di san Michele Arcangelo sul monte Gargano."
https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/31960282_1697594076943661_7850225152137625600_n.jp g?_nc_cat=0&oh=a3d405a51539d9cc8b274faad91e46ca&oe=5B95ECBB


https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/31960282_1697594076943661_7850225152137625600_n.jp g?_nc_cat=0&oh=a3d405a51539d9cc8b274faad91e46ca&oe=5B95ECBB






Radio Spada | Radio Spada ? Tagliente ma puntuale (http://www.radiospada.org)
Edizioni Radio Spada - Home (http://www.edizioniradiospada.com)
https://www.facebook.com/radiospadasocial/?fref=nf
“8 MAGGIO 2018: APPARIZIONE DI SAN MICHELE ARCANGELO (SUL MONTE GARGANO).”
https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/31964278_2108770239152634_8512276510931943424_n.jp g?_nc_cat=0&oh=e0a615bd3a6fc2cfa6dd38550e840a35&oe=5B954594


https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/31964278_2108770239152634_8512276510931943424_n.jp g?_nc_cat=0&oh=e0a615bd3a6fc2cfa6dd38550e840a35&oe=5B954594



“8 maggio 2018: Supplica alla Madonna di Pompei (da recitarsi l’8 maggio e la prima domenica di ottobre a mezzogiorno).”



"8 maggio 2018: MARTEDÌ DELLE ROGAZIONI."


https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/32169011_2108792189150439_5495257574007635968_n.jp g?_nc_cat=0&oh=d831dff4d1bd9d455b96e7e6b8662f99&oe=5B877B11


https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/32169011_2108792189150439_5495257574007635968_n.jp g?_nc_cat=0&oh=d831dff4d1bd9d455b96e7e6b8662f99&oe=5B877B11


https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/31960858_2108504572512534_214347322228736000_n.jpg ?_nc_cat=0&oh=89ab0ae8313858b9ac1dce381d55ab5a&oe=5B9D652B

https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/31960858_2108504572512534_214347322228736000_n.jpg ?_nc_cat=0&oh=89ab0ae8313858b9ac1dce381d55ab5a&oe=5B9D652B


“L’8 maggio 589, nel giorno dell’apertura del Concilio Toledano III, Recaredo I, re dei Visigoti, ripudia l’eresia ariana e abbraccia l’ortodossia Cattolica assieme a tutto il suo popolo.”
https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/31961492_2109033169126341_7698525507083567104_n.jp g?_nc_cat=0&oh=0f8ff0516e717e8fb05f758631a8fb91&oe=5B59D719


https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/31961492_2109033169126341_7698525507083567104_n.jp g?_nc_cat=0&oh=0f8ff0516e717e8fb05f758631a8fb91&oe=5B59D719



“L'8 maggio 1721 Papa Innocenzo XIII Conti viene esaltato al Sommo Pontificato.”



"#sacricuori"
https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/32087394_2108504559179202_5208988602045825024_n.jp g?_nc_cat=0&oh=cbf77eb1a6b2a1accf060f931433830c&oe=5B5645DD


https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/32087394_2108504559179202_5208988602045825024_n.jp g?_nc_cat=0&oh=cbf77eb1a6b2a1accf060f931433830c&oe=5B5645DD


https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/31957892_2108346622528329_2158628022981230592_n.jp g?_nc_cat=0&oh=5347f6a1ab63320586eb2c8bb15f3306&oe=5B5B7346

https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/31957892_2108346622528329_2158628022981230592_n.jp g?_nc_cat=0&oh=5347f6a1ab63320586eb2c8bb15f3306&oe=5B5B7346







Guéranger, L'anno liturgico - Martedì delle Rogazioni (http://www.unavoce-ve.it/pg-rogazioni-mar.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-rogazioni-mar.htm
"MARTEDÌ DELLE ROGAZIONI
Preghiera per i peccatori.
Oggi continuano ancora le suppliche della Chiesa, e le schiere del Signore percorrono, per la seconda volta, le vie della città ed i sentieri delle campagne. Uniamoci ad essi, e facciamo sentire anche noi quel grido che penetra fino al cielo: Kyrie, eléison! Signore, abbiate pietà! Riflettiamo al numero immenso dei peccati che si commettono ogni giorno e ogni notte, ed imploriamo misericordia. All'epoca del diluvio, "ogni mortale aveva depravato la sua via" (Gen 6,12); ma gli uomini non si preoccupavano di domandare grazia al cielo. Dice il Signore: "Venne il diluvio e spense tutti" (Lc 17,27). Se avessero pregato, se avessero fatto ammenda onorevole alla divina giustizia, la mano di Dio si sarebbe arrestata; non avrebbe rovesciato sulla terra "le cataratte del grande abisso" (Gen 8,2). Un giorno dovrà pur venire, nel quale non più le acque, ma un fuoco acceso dalla collera celeste, divamperà su questa terra che noi calpestiamo; un fuoco che brucerà fino alle radici delle montagne (Dt 32,22), e come accadde al tempo di Noè, divorerà i peccatori sorpresi nella loro effimera sicurezza.
Ma in anticipo, la santa Chiesa, oppressa dai suoi nemici, decimata dal martirio dei suoi figli, ridotta agli estremi dalle defezioni degli altri, sprovvista di qualunque appoggio terrestre, sentirà che quel giorno è vicino; poiché rara sarà la preghiera, come la fede. Vegliamo, dunque, e preghiamo, affinché questi giorni della consumazione vengano ritardati; affinché la vita cristiana, così dissanguata, riprenda un po' di vigore; e che il mondo, invecchiato, non si abbatta durante i tempi nostri. I cristiani sono ancora presenti dappertutto, ma il loro numero è visibilmente diminuito. L'eresia occupa vaste regioni, dove prima fioriva il cattolicesimo; nei paesi da essi risparmiati, l'incredulità e l'indifferenza hanno condotto la maggior parte degli uomini a non essere più cristiani che di nome, ed a trasgredire senza rimorsi anche i doveri religiosi più essenziali; in un gran numero di quelli che compiono i loro obblighi di cattolici, le verità sono diminuite (Sal 11,2), la forza della fede ha lasciato il posto alla mollezza delle convinzioni; conciliazioni impossibili sono tentate e seguite; i sentimenti e le azioni dei santi, che lo Spirito di Dio animava, gli atti e gli insegnamenti della Chiesa, sono tacciati di esagerazione e d'incompatibilità con un sedicente progresso; la ricerca degli agi è divenuto uno studio assiduo; la conquista dei beni terrestri, una nobile passione; l'indipendenza un idolo, al quale tutto si sacrifica; la sottomissione, una vergogna che bisogna fuggire o dissimulare; e, finalmente, il sensualismo, quale impura atmosfera, impregna da ogni parte una società che si direbbe abbia deciso di abolire anche il ricordo della Croce.
Sorgono da qui tanti pericoli per questa umanità che sogna condizioni diverse da quelle che Dio ha voluto imporle. Se il Vangelo è divino, come gli uomini potrebbero fare il contrario, senza provocare il cielo a lanciare sopra di essi quei flagelli che schiacciano, quando non salvano? Siamo giusti, e sappiamo riconoscere le nostre miserie di fronte alla santità suprema: i peccati della terra si moltiplicano, per numero e per intensità, in una maniera impressionante; e pertanto, nel quadro che abbiamo tracciato, non parliamo né dell'empietà forsennata, né degli insegnamenti perversi, il cui veleno circola un po' dappertutto, né dei patti con Satana che minaccia di far discendere il nostro secolo al livello di quelli pagani; né della cospirazione tenebrosa organizzata contro ogni ordine, ogni giustizia, ogni verità. Ancora una volta, uniamoci alla santa Chiesa, ed esclamiamo con lei in questi giorni: "Dalla tua collera, liberaci, o Signore!".
Preghiera per i beni della terra.
Un altro dei fini che si propongono le Rogazioni è quello di attirare la benedizione di Dio sui raccolti ed i frutti della terra; è la domanda del pane quotidiano che si tratta di presentare solennemente alla Maestà divina. "Gli occhi di tutti da te attendono e tu dai loro a suo tempo il loro cibo, allarghi la mano e colmi di favori ogni vivente" (Sal 144,15-16). Ferma su queste parole, la santa Chiesa supplica il Signore di dare anche quest'anno agli abitanti della terra il nutrimento di cui hanno bisogno. Confessa che ne sono indegni per le loro offese: riconosciamo con lei i diritti della divina giustizia sopra di noi, e scongiuriamola di lasciarsi vincere dalla misericordia. I flagelli che potrebbero arrestare improvvisamente le speranze orgogliose dell'uomo, sono nelle mani di Dio; nessuno sforzo sarebbe per lui di annientare tante belle ricerche: un turbamento dell'atmosfera sarebbe sufficiente per ridurre i popoli agli estremi. Ha un bel fare la scienza economica! bene o male deve fare i conti con Dio! Essa parla di lui raramente, ed egli sembra consentire a vedersi dimenticato; ma "non dorme affatto il custode d'Israele" (Sal 120,4). Che egli trattenga la sua mano benefica, ed i nostri lavori agricoli di cui siamo così fieri, le nostre coltivazioni, per mezzo delle quali ci vantiamo di aver reso ormai impossibile la carestia, saranno immediatamente colpite di sterilità. Una malattia, la cui origine resterà sconosciuta, si potrebbe improvvisamente abbattere sui prodotti della terra - quante volte l'abbiamo costatato - e sarebbe sufficiente per affamare i popoli, sufficiente per attirare le più terribili perturbazioni in un ordine sociale che ha voluto liberarsi dalla legge cristiana, e non ha più altra ragione di sussistere che la compassione divina.
Tuttavia, se il Signore si degnerà anche quest'anno di concedere fecondità e protezione ai raccolti che le nostre mani hanno seminato, dovremo dire, per amore della verità, che egli avrà dato il nutrimento a coloro che lo dimenticano, a coloro che lo bestemmiano, come a quelli che pensano a lui e gli rendono onore. I ciechi ed i perversi, abusando di questa longanimità, ne approfitteranno per proclamare sempre più forte l'inviolabilità delle leggi della natura; Dio tacerà ancora, e li nutrirà. Perché trattiene la sua indignazione? perché la sua Chiesa ha pregato, perché sulla terra ha riconosciuto i dieci giusti (Gen 18,32), ossia quel ristretto numero di cui si contenta nella sua adorabile bontà. Egli lascerà, dunque, parlare e scrivere i sapienti economisti che gli sarebbe così facile confondere; e, grazie a questa pazienza, avverrà che molti di essi si stancheranno di seguitare a correre così le vie dell'assurdo: una circostanza inattesa schiuderà i loro occhi, un giorno essi crederanno e pregheranno insieme a noi. Altri sprofonderanno sempre più in basso nelle loro tenebre; sfideranno la giustizia divina sino alla fine, e meriteranno che su di essi si compia il terribile oracolo: "Dio ha fatto ogni cosa per se stesso, anche l'empio per il giorno infausto" (Pr 16,4).
Per noi che ci gloriarne della semplicità della nostra fede, che attendiamo tutto da Dio e niente da noi stessi, che ci riconosciamo peccatori e indegni dei suoi doni, imploreremo, durante questi tre giorni, il pane della sua misericordia, e diremo insieme alla santa Chiesa: "Che ti degni dare e conservare i frutti della terra, ti preghiamo, ascoltaci, o Signore!". Che egli si degni ancora questa volta esaudire il grido del nostro affanno! e, tra un anno, torneremo ad indirizzargli la medesima domanda. Marciando, sotto il vessillo della croce, noi verremo di nuovo a percorrere le medesime strade, facendo risuonare nell'aria le medesime Litanie; e la nostra fiducia si fortificherà sempre più al pensiero che la santa Chiesa, in tutto il mondo cristiano, conduce i suoi figli in questo supplichevole cammino. Da quindici secoli il Signore riceve i voti dei suoi fedeli, in quest'epoca dell'anno; non vorremo essere noi, adesso, ad attenuare l'omaggio che gli è dovuto: faremo ogni sforzo per supplire, con l'ardore delle nostre preghiere, all'indifferenza ed alla mollezza che troppo spesso vi si uniscono, facendo così sparire dai nostri usi molti di quei segni di cattolicità che furono così cari ai nostri padri.
da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 208-211."


http://www.unavoce-ve.it/pg-8mag.htm






PRIMA APPARIZIONE DI S (http://www.preghiereagesuemaria.it/libri/appaarizioni%20di%20san%20michele%20arcangelo.htm)



Milizia di San Michele Arcangelo (M.S.M.A.) - San Michele sul Monte Gargano - Apparizione dell'8 Maggio (http://www.miliziadisanmichelearcangelo.org/content/view/1713/98/lang,it/)
http://www.miliziadisanmichelearcangelo.org/content/view/1713/98/lang,it/






AVE MARIA!!!
SAN MICHELE ARCANGELO PREGA PER NOI!!!
Luca, Sursum Corda!

Holuxar
12-05-19, 22:08
8 MAGGIO 2019: Ottavo giorno di Maggio Mese Mariano, Quinto giorno della novena di preparazione al 13 Maggio, Solennità della Beata Vergine Maria di Fatima, da recitarsi dal 4 al 12 Maggio; SOLENNITÀ DI SAN GIUSEPPE, SPOSO DELLA BEATA VERGINE MARIA, SUPPLICA ALLA MADONNA DI POMPEI, ANNIVERSARIO DELL'APPARIZIONE DI SAN MICHELE ARCANGELO SUL MONTE GARGANO…



«8 MAGGIO APPARIZIONE DI SAN MICHELE ARCANGELO.»
Guéranger, L'anno liturgico - 8 maggio. Apparizione di san Michele Arcangelo (http://www.unavoce-ve.it/pg-8mag.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-8mag.htm


«SUPPLICA ALLA MADONNA DI POMPEI.»
SUPPLICA ALLA MADONNA DI POMPEI (http://www.unavoce-ve.it/supplica-pompei.htm)
http://www.unavoce-ve.it/supplica-pompei.htm





«8 maggio - APPARIZIONE DI SAN MICHELE ARCANGELO.»
https://www.arcsanmichele.com/index.php/santi/113-san-michele-arcangelo/5366-8-maggio-apparizione-di-san-michele-arcangelo
https://www.arcsanmichele.com/

Milizia di San Michele Arcangelo (M.S.M.A.) (http://www.miliziadisanmichelearcangelo.org/)
http://www.miliziadisanmichelearcangelo.org/

Le apparizioni dell?Arcangelo | Monte Sant'Angelo nel Gargano in Puglia (http://www.montesantangelo.com/le-apparizioni/)
http://www.montesantangelo.com/le-apparizioni/





«8 Maggio: Apparizione di San Michele Arcangelo.»
https://forum.termometropolitico.it/5790-8-maggio-apparizione-di-san-michele-arcangelo.html
https://forum.termometropolitico.it/5790-8-maggio-apparizione-di-san-michele-arcangelo-2.html





«Madonna di Pompei piccola ma potente supplica alla Vergine del Rosario
https://www.agerecontra.it/2019/05/madonna-di-pompei-piccola-ma-potente-supplica-alla-vergine-del-rosario/
L’8 maggio del 1876 iniziò l’edificazione del Santuario di Pompei luogo dedicato alla Beata Vergine del Rosario o più semplicemente Madonna di Pompei. Milioni di fedeli, 4 secondo i calcoli, si riversano ogni anno da tutto il mondo per richiedere l’intercessione di Maria in questo luogo ed ottenere dunque una sua grazia offrendo preghiere e denaro.
Il quadro
Il fulcro di questo pellegrinaggio è il quadro che raffigura la Madonna. La celebre supplica alla Vergine del Rosario fu redatta dal Beato Bartolo Longo nel 1883 e viene recitata in due giorni all’anno: l’8 Maggio nel quale si ricorda la prima pietra posta del Santuario a Pompei, e quindi nella prima domenica del mese di Ottobre, giorno in cui si celebra la festività della Madonna del Rosario. Oggi vi proponiamo una Supplica breve ma altrettanto potente da poter recitare insieme.
Piccola supplica alla Madonna di Pompei Beata Maria Vergine del Rosario
Vergine del Santo Rosario, Madre del Redentore, donna della nostra terra innalzata al di sopra dei cieli, umile serva del Signore proclamata Regina del mondo, dal profondo delle nostre miserie noi ricorriamo a Te.
Con fiducia di figli guardiamo il tuo viso dolcissimo. Coronata di dodici stelle, tu ci porti al mistero del Padre, tu risplendi di Spirito Santo, tu ci doni il tuo Bimbo divino, Gesù, nostra speranza, unica salvezza del mondo.
Porgendoci il tuo Rosario tu ci inviti a fissare il Suo volto. tu ci apri il Suo cuore, abisso di gioia e di dolore, di luce e di gloria, mistero del figlio di Dio, fatto uomo per noi. Ai tuoi piedi sulle orme dei Santi ci sentiamo famiglia di Dio.Madre e modello della Chiesa, tu sei guida e sostegno sicuro. Rendici un cuor solo e un’anima sola, popolo forte in cammino verso la patria del cielo.
Ti consegniamo le nostre miserie, le tante strade dell’odio e del sangue, le mille antiche e nuove povertà e soprattutto il nostro peccato. A te ci affidiamo, Madre di Misericordia: ottienici il perdono di Dio, aiutaci a costruire un mondo secondo il tuo cuore. O Rosario benedetto di Maria, catena dolce che ci annoda a Dio, catena d’amore che ci fa fratelli, noi non ti lasceremo mai più. Nelle nostre mani sarai arma di pace e di perdono, stella del nostro cammino.
E il bacio a te con l’ultimo respiro ci immergerà in un’onda di luce,
nella visione della Madre amata e del Figlio divino, anelito e gioia del nostro cuore con il Padre e lo Spirito Santo. Amen.
VIDEO fonte – https://www.lalucedimaria.it/madonna-pompei/ »
https://www.lalucedimaria.it/wp-content/uploads/2018/05/Madonna-di-Pompei-Beata-Vergine-del-Rosario-quadro-449x600.jpg


https://www.lalucedimaria.it/wp-content/uploads/2018/05/Madonna-di-Pompei-Beata-Vergine-del-Rosario-quadro-449x600.jpg


https://www.agerecontra.it/tag/orazioni/
https://www.agerecontra.it/tag/sursum-corda/


https://www.agerecontra.it/tag/centro-studi-federici/
https://www.agerecontra.it/2019/05/siria-testimoni-non-imbavagliati/
«Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 37/19 dell’8 maggio 2019, Apparizioni di San Michele
“Dio li benedica tutti, li protegga e porti loro la vittoria contro la peste terrorista che è stata portata loro dai mostri in Occidente e dai tiranni loro alleati che sono la Turchia, gli Stati del Golfo e Israele”.
Articolo di di Vanessa Beeley (figlia di un diplomatico britannico), traduzione Gb. P. OraproSiria.»
https://oraprosiria.blogspot.com/2019/05/sulla-linea-del-fronte-di-idlib-le.html
fonte – Siria: testimoni non imbavagliati - Centro Studi Giuseppe Federici (http://www.centrostudifederici.org/siria-testimoni-non-imbavagliati/)







Solennità di san Giuseppe - Sodalitium (http://www.sodalitium.biz/solennita-san-giuseppe/)
http://www.sodalitium.biz/solennita-san-giuseppe/
«8 maggio, Solennità di San Giuseppe.
O San Giuseppe, la cui protezione è così grande, così forte, così sollecita davanti al trono di Dio, ti affido tutti i miei interessi e i miei desideri.
O San Giuseppe, assistimi con la tua potente intercessione, e ottieni per me dal tuo Figlio divino tutte le benedizioni spirituali attraverso Gesù Cristo, nostro Signore, di modo che essendomi affidato al tuo potere celeste possa offrire il mio ringraziamento e il mio omaggio al più amorevole dei padri.
O San Giuseppe, non mi stanco mai di contemplare te e Gesù addormentato tra le tue braccia; non oso avvicinarmi mentre Egli riposa accanto al tuo cuore. Stringilo in nome mio e bacia il Suo capo per me, e chiedigli di restituire il bacio quando sarò sul letto di morte. San Giuseppe, patrono delle anime che stanno per morire, prega per me. Così sia.»
http://www.sodalitium.biz/wp-content/uploads/bfb49aa41d95600bb29328eada31551b.jpg


http://www.sodalitium.biz/wp-content/uploads/bfb49aa41d95600bb29328eada31551b.jpg



«Apparizione di san Michele Arcangelo - Sodalitium
http://www.sodalitium.biz/apparizione-san-michele-arcangelo/
8 maggio: Apparizione di San Michele Arcangelo sul monte Gargano.
Principe nobilissimo delle Gerarchie Angeliche, valoroso guerriero dell’Altissimo, amatore zelante della gloria del Signore, terrore degli Angeli ribelli, amore e delizia di tutti gli Angeli giusti, mio dilettissimo San Michele, desiderando io di essere nel numero dei vostri devoti e dei vostri servi, a voi oggi per tale mi offro, mi dono e mi consacro; pongo me stesso, la mia famiglia e quanto a me appartiene sotto la vostra potentissima protezione. è piccola l’offerta della mia servitù, essendo io un miserabile peccatore, ma voi gradite l’affetto del mio cuore, e ricordatevi che, se da oggi in avanti sono sotto il vostro Patrocinio, voi dovete in tutta la mia vita assistermi e procurarmi il perdono dei miei molti e gravi peccati, la grazia di amare di cuore il mio Dio, il mio caro Salvatore Gesù e la mia dolce Madre Maria, ed impetrarmi quegli aiuti che mi sono necessari per arrivare alla corona della gloria. Difendetemi sempre dai nemici dell’anima mia, specialmente nel punto estremo della mia vita. Venite allora, Principe gloriosissimo, ed assistetemi nell’ultimo combattimento; e con la vostra arma potente respingerete da me, negli abissi d’inferno, quell’Angelo prevaricatore e superbo che prostraste un dì nel combattimento in Cielo. Così sia.»
«Sancte Michael Archangele, defende nos in proelio; contra nequitiam et insidias diaboli esto praesidium. Imperet illi Deus, supplices deprecamur: tuque, Princeps militiae caelestis, Satanam aliosque spiritus malignos, qui ad perditionem animarum pervagantur in mundo, divina virtute, in infernum detrude. Amen.»
http://www.sodalitium.biz/wp-content/uploads/app-michele-300x235.jpg


http://www.sodalitium.biz/wp-content/uploads/app-michele-300x235.jpg



SANTE MESSE "NON UNA CUM" CELEBRATE DAI SACERDOTI DELL' I.M.B.C. ("ISTITUTO MATER BONI CONSILII") E DA DON FLORIANO IN TUTTA ITALIA:



"Sante Messe - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/

"Torino - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/torino/

"Modena - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/modena/

"Rimini - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/rimini/

"Pescara - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/pescara/

"Potenza - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/potenza/

"Roma - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/roma/

"S. Messa in provincia di Verona - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/s-messa-provincia-verona/

“Sodalitium - IMBC.”
https://www.youtube.com/user/sodalitium

“Omelie dell'I.M.B.C. a Ferrara.”
https://www.facebook.com/OmelieIMBCFerrara/

http://www.oratoriosantambrogiombc.it/
“Oratorio Sant'Ambrogio, Milano - Offertur Oblatio Munda (Malachia 1, 11).”




«Don Floriano Abrahamowicz - Domus Marcel Lefebvre.
http://www.domusmarcellefebvre.it/
II Domenica dopo Pasqua (Santa Messa)
https://www.youtube.com/watch?v=71aZwW6lBYU
II Domenica dopo Pasqua - (Omelia)
https://www.youtube.com/watch?v=BuGlDuSs0LQ
Domenica in Albis (Santa Messa e Omelia)
https://www.youtube.com/watch?v=UG870mk5GHo
Lunedì Pasqua - dell' Angelo (Santa Messa)
https://www.youtube.com/watch?v=wPkpeDbQdo8
Santa Pasqua (Santa Messa)
https://www.youtube.com/watch?v=G-lviMz3pWY
Santa Pasqua 2019 - (Omelia)
https://www.youtube.com/watch?v=lwCe33a3TUo
Sabato Santo (Veglia Pasquale)
https://www.youtube.com/watch?v=jphVO0FHUMw
Venerdì Santo
https://www.youtube.com/watch?v=6v8gLX5hNW0
Giovedi Santo
https://www.youtube.com/watch?v=80W3peGsC9I
https://www.youtube.com/user/florianoabrahamowicz
http://www.domusmarcellefebvre.it/santa-messa-1.php
La Santa Messa tutte le domeniche alle ore 10.30 a Paese, Treviso.».





“Disponibile il numero 159 di Sursum Corda – 5×1000
https://www.agerecontra.it/2019/05/disponibile-il-numero-159-di-sursum-corda-5x1000/





https://www.sursumcorda.cloud/
https://www.facebook.com/CdpSursumCorda/
https://www.sursumcorda.cloud/tags/numero-159.html
https://www.sursumcorda.cloud/settimanale/indici-sursum-corda.html
«Carlo Di Pietro - Sursum Corda.
Preghiera al Santo del giorno.
8 maggio, Apparizione di san Michele Arcangelo sul monte Gargano.
8 maggio - Supplica (non manomessa) alla Regina del SS. Rosario di Pompei.»
https://www.sursumcorda.cloud/preghiere/969-supplica-non-manomessa-alla-regina-del-ss-rosario-di-pompei.html

“Oh madre di Dio Maria, le vostre preghiere mi han da portare in paradiso. Eia ergo, advocata nostra... Iesum benedictum fructum ventris tui... post hoc exilium ostende.”
https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/59643652_2216478225055241_3000728512517636096_n.jp g?_nc_cat=107&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&oh=4c20f712afbeb8828e384c73786f2e9b&oe=5D5C79A4


https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/59643652_2216478225055241_3000728512517636096_n.jp g?_nc_cat=107&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&oh=4c20f712afbeb8828e384c73786f2e9b&oe=5D5C79A4


https://www.sursumcorda.cloud/sostienici/libri.html
“Per affrontare, con dati oggettivi e senza compromessi, il problema del Vaticano Secondo e dei modernisti che occupano la maggior parte delle nostre chiese --> La questione del cosiddetto "papa eretico" ed il problema dell'autorità nella Chiesa -->
Appunti sulla questione del cosiddetto «papa eretico»”
https://www.sursumcorda.cloud/massime-e-meditazioni/la-questione-del-papa-eretico.html

“Raccolta di preghiere non contaminate dall'eresia dell'ecumenismo. Diceva Sant'Alfonso: "Chi prega si salva, chi non prega si danna" ->”
https://www.sursumcorda.cloud/preghiere.html
"La vera umiltà---> https://youtu.be/n9mF_GM9unc "

https://www.sursumcorda.cloud/sostienici/libri/chi-%C3%A8-maria-catechismo-mariano-detail.html
“Padre Gabriele Maria Roschini, Chi è Maria? Catechismo mariano, Sursum Corda, Potenza 2017.
Catechismo mariano composto da 235 articoli, semplici ma eruditi. Un’esposizione chiara, ordinata e sintetica di tutto ciò che riguarda la storia, il dogma ed il culto mariano, secondo la forma classica di domande e risposte.”
https://www.sursumcorda.cloud/images/stories/virtuemart/product/virtuemart-catechismo-roschini-fronte.jpg
https://www.sursumcorda.cloud/images/stories/virtuemart/product/virtuemart-catechismo-roschini-retro.jpg
https://www.sursumcorda.cloud/articoli/catechismo-san-pio-x-commentato/2164-che-cosa-significa-santificare-la-festa-cosa-deve-fare-il-fedele.html
«Preghiera di San Pio X per i Sacerdoti.»
https://www.sursumcorda.cloud/preghiere/






https://www.facebook.com/MisaTridentinaenRosario/






https://www.facebook.com/catholictradition2016/
«MARTIROLOGIO ROMANO, 1955. Sancti et Sanctae Dei, orate pro nobis.»
https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/59678223_1838999156201398_6714672718614102016_n.jp g?_nc_cat=104&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&oh=fca0b7721e183b7cf107394163b86ca7&oe=5D6CFDED


https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/59678223_1838999156201398_6714672718614102016_n.jp g?_nc_cat=104&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&oh=fca0b7721e183b7cf107394163b86ca7&oe=5D6CFDED


“SOLENNITÀ DI SAN GIUSEPPE.
Sposo della Beata Vergine Maria Santissima, Confessore e Patrono della Chiesa Universale.”
https://tradidiaccepi.blogspot.com/2018/04/solemnitas-sancti-joseph-sponsi-bmv.html?m=1
https://1.bp.blogspot.com/-iKpkY9oECbk/WlnrCpZDR9I/AAAAAAAAAbQ/eRfz_6s-d2Y5yTM9kUjKn47RddPZCXC0ACLcBGAs/s1600/15327443_1810526895901810_4513413311853296111_n.jp g
https://2.bp.blogspot.com/--kKSzVgt0vk/WlnsAbSsjVI/AAAAAAAAAbc/D8ilJ8apDS8uePgxMUVX1073994nsVUoQCLcBGAs/s1600/11149537_1576942679260234_7556179259733613786_n.jp g
https://1.bp.blogspot.com/-iDL_-beVn3c/WlnuZ56FPjI/AAAAAAAAAbo/rijtgNmP70cx_dBuvaZXfFI5nin_j2NRQCLcBGAs/s1600/Sancti%2BJoseph.JPG


https://1.bp.blogspot.com/-iKpkY9oECbk/WlnrCpZDR9I/AAAAAAAAAbQ/eRfz_6s-d2Y5yTM9kUjKn47RddPZCXC0ACLcBGAs/s1600/15327443_1810526895901810_4513413311853296111_n.jp g


https://2.bp.blogspot.com/--kKSzVgt0vk/WlnsAbSsjVI/AAAAAAAAAbc/D8ilJ8apDS8uePgxMUVX1073994nsVUoQCLcBGAs/s1600/11149537_1576942679260234_7556179259733613786_n.jp g



https://1.bp.blogspot.com/-iDL_-beVn3c/WlnuZ56FPjI/AAAAAAAAAbo/rijtgNmP70cx_dBuvaZXfFI5nin_j2NRQCLcBGAs/s1600/Sancti%2BJoseph.JPG



“TRATTATO DELLA VERA DEVOZIONE ALLA SANTA VERGINE di San Luigi Maria Grignion de Monfort.
CAPITOLO II VERITÀ FONDAMENTALI DELLA DEVOZIONE A MARIA
2. APPARTENIAMO A GESÙ CRISTO E A MARIA.”
https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/59858675_1838556592912321_8909084089823264768_n.jp g?_nc_cat=101&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&oh=247b797198a979a2cca4c453170feed7&oe=5D73D6DF


https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/59858675_1838556592912321_8909084089823264768_n.jp g?_nc_cat=101&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&oh=247b797198a979a2cca4c453170feed7&oe=5D73D6DF



Tradidi quod et accepi (http://tradidiaccepi.blogspot.com/)
https://tradidiaccepi.blogspot.com/2018/05/supplica-alla-regina-del-rosario-di.html
«Supplica alla Regina del Rosario di Pompei
SUPPLICA ALLA REGINA DEL SANTISSIMO ROSARIO DI POMPEI DA RECITARSI NELL’ORA DI MEZZODÌ AGLI 8 DI MAGGIO E NELLA PRIMA DOMENICA DI OTTOBRE.»
https://4.bp.blogspot.com/-7KecwFHfCyk/WuI8qj6994I/AAAAAAAAA6A/pHX6BsbYvmcOHOrylcQEGfGxGij2DE79gCLcBGAs/s1600/12079512_1639104983044003_1111078995092607851_n.jp g
«Quando la Madonna di Pompei guarì e convertì un prete apostata e massone.
L’8 maggio, memoria dell’Apparizione di san Michele Arcangelo, si festeggia anche la Vergine del Santissimo Rosario di Pompei e la si onora con la recita della potentissima Supplica scritta dal beato Bartolo Longo e approvata con indulgenze da Leone XIII. Invocata sotto questo augusto Titolo, Nostra Signora da più di cent’anni elargisce grazie a tutti coloro che la invocano e per dimostrare la sua potenza compie miracoli strepitosi. Il primo fu quello trarre dallo spiritismo il Longo per costituirlo Apostolo del Santo Rosario e Fondatore della Nuova Pompei, onde là dove Satana divorava le anime sorgesse il Trono di Maria per “Contrapporre una riparazione nazionale agli oltraggi che i protestanti e gli increduli fan pubblicamente alla nostra Religione ed alla Vergine Madre di Dio in questa Italia che è sede del Papato, ossia fonte di vera civiltà” (Bartolo Longo, Storia del Santuario di Pompei, p. 377). Delle altre altre grazie e miracoli, innumerabile invero, alcuni si trovano nel libro de I Quindici Sabati da cui è tratta anche la seguente storia. »





“Il vero testo della Supplica alla Madonna di Pompei.”
https://www.radiospada.org/2013/05/8-maggio-supplica-madonna-di-pompei/
https://i0.wp.com/www.radiospada.org/wp-content/uploads/2013/05/lorenzo-lotto-madonna-del-rosario.jpg?w=650&ssl=1
https://www.radiospada.org/2019/05/quando-la-madonna-di-pompei-guari-e-converti-un-prete-apostata-e-massone/
«L’8 maggio, memoria dell’Apparizione di san Michele Arcangelo, si festeggia anche la Vergine del Santissimo Rosario di Pompei e la si onora con la recita della potentissima Supplica scritta dal beato Bartolo Longo e approvata con indulgenze da Leone XIII. Invocata sotto questo augusto Titolo, Nostra Signora da più di cent’anni elargisce grazie a tutti coloro che la invocano e per dimostrare la sua potenza compie miracoli strepitosi. Il primo fu quello trarre dallo spiritismo il Longo per costituirlo Apostolo del Santo Rosario e Fondatore della Nuova Pompei, onde là dove Satana divorava le anime sorgesse il Trono di Maria per “Contrapporre una riparazione nazionale agli oltraggi che i protestanti e gli increduli fan pubblicamente alla nostra Religione ed alla Vergine Madre di Dio in questa Italia che è sede del Papato, ossia fonte di vera civiltà” (Bartolo Longo, Storia del Santuario di Pompei, p. 377). Delle altre altre grazie e miracoli, innumerabile invero, alcuni si trovano nel libro de I Quindici Sabati da cui è tratta anche la seguente storia.»
“Il primo giorno dell’anno 1890, in cui la Vergine di Pompei doveva avere la massima esaltazione dal Pontefice del Rosario, Leone XIII, perché ne rendeva il culto universale nel mondo, nella gentile e pia città di Lecce avveniva un fatto di misericordia, il cui simigliante si legge nelle prime pagine della storia del Cristianesimo. Esso fu pubblicato ne IL ROSARIO E LA NUOVA POMPEI nel quaderno VI, 1890.
Nella vasta chiesa del Rosario di Lecce, essendo spettatrice una folla di signore, di avvocati, di studenti e di artisti, ond’è composto il popolo di quella colta cittadinanza, si presentava all’Altare pel Sacrificio divino un sacerdote il quale, dopo trent’anni di ignobile divorzio con la sua illibata Sposa, la Chiesa di Gesù Cristo, tra le lagrime di pentimento e una confessione pubblica delle sue colpe, offriva a Dio la prima volta, dopo sì lungo intervallo, la Vittima dell’espiazione e del perdono.
Quel popolo colà gremito confuse le lagrime sue con le lagrime di quel pentito, il quale, novello Saulo, da persecutore di Cristo, era divenuto, per un insigne miracolo della pietosa Regina di Pompei, un vaso di elezione.
Il nome di quel sacerdote, che rendeva al mondo novella testimonianza della potenza della Madre di Dio invocata sotto il titolo del Rosario di Pompei, era noto per la sua pubblica ritrattazione e per la pubblica sua confessione. Era il Rev. Pasquale Bortone.
Il fatto straordinario, che venne pubblicato nel ROSARIO E LA NUOVA POMPEI , non è scritto dall’autore di questo libro, neppure da alcuno dei testimoni che benedissero Dio e la Vergine nostra Madre in quel giorno ricordevole; ma è scritto dal venerando Pastore di quella Diocesi, dall’Eccellentissimo Monsignor Salvatore Luigi Zola, Vescovo di Lecce: il quale, per sentimento di tenero affetto che portava alla nostra Regina della Valle del Vesuvio, si riputava avventurato di poter testimoniare al mondo un insigne prodigio da cotanta Vergine largito nella sua diletta città di Lecce, onde ritornava all’ovile una sua pecorella smarrita.
Era l’anno 1860 e D. Pasquale Bortone, sacerdote della città di Lecce, preso dalla novità dei tempi, e allettato da giovanili passioni, volle scuotere il giogo soave del Signore. Dimentico della eccelsa dignità a cui Iddio lo aveva sublimato, nulla curando i vincoli indissolubili che lo legavano a Cristo e alla Chiesa, volle miseramente apostatare.
Ed eccolo, novello figliuol prodigio, andar ramingo di qua e di là lungi dalla casa paterna, e portando sempre seco nell’animo il crudele rimorso che dì e notte lo straziava al ricordo del tradimento fatto al suo Dio.
– Invano (egli diceva nella pubblica confessione) cercavo di distrarmi in passatempi e divertimenti: invano io cercavo la pace in quanto di lusinghiero e dilettevole potesse offrirmi il nuovo mio stato: i rimorsi erano sempre lì a straziarmi l’animo, e a cacciarmi il sonno dagli occhi.
È superfluo dire come, dato il primo passo, egli precipitò poi di abisso in abisso; e però il Bortone, rotta la fede a Dio giurata nella Ordinazione, aggiunse traviamenti a traviamenti.
Passò trent’anni in questa vita di peccato. Una sola cosa ritenne della sua vita giovanile: in tale stato miserabilissimo non si dimenticò di Maria. Notino bene quanti leggeranno questa relazione, la misericordia della eccelsa Signora!
– Io pregavo sempre la Madonna, quantunque senza fiducia – così scrive egli stesso. Ed oh, bontà di Maria! Tu vegliavi, o Vergine pietosissima, alle salute di questo tuo figlio traviato, sol perché ti pregava, quantunque senza fiducia. Tu gli andavi appresso con più materna sollecitudine di quella con cui la tua serva Monica seguiva il suo Agostino!
Nel 1888 il Bortone si ridusse in sua patria, Lecce, ma così male andato in salute, che faceva pietà.
Dal certificato medico, che venne pubblicato nel detto Periodico, si rileva che l’infelice, per errori dietetici, soffriva disturbi gravi del sistema nervoso, paralisi incompleta di senso e di moto in quasi tutta la persona, per cui aveva un tremore continuo agli arti inferiori e superiori con indebolimento considerevole di forze. Non sentiva dolore neppure dalle punture con lo spillo, neanche quando gli si mortificavano in qualsivoglia modo le gambe
Aveva altresì disturbi intellettivi, poiché credeva che tutti gli volessero del male, diffidava quasi sempre di ogni persona e di ogni cosa. Senza salute, senza la grazia di Dio che infonde la pazienza e la rassegnazione nella infermità, Pasquale Bortone si dié in braccio alla disperazione, e per ben due volte tentò perfino di suicidarsi!…
In tale stato venne trovato dal medico dottor Luigi Sellitto di Lecce, il quale, chiamato per curano, visto lo stato dell’infelice tanto grave, francamente dichiarò che disperava la guarigione di lui.
– Lo curai per circa quattro mesi con nessun buon risultato – scriveva il medico nel suo attestato.
Anzi la paralisi invadendo le braccia e le mani, lo ridusse a tale, da non poter apporre la propria firma al certificato della pensione che doveva riscuotere ogni mese. Per il che fu astretto a delegare il proprio fratello, signor Giuseppe Bortone, a firmare per lui e a riscuotere la pensione, come apparisce dall’Istrumento del 23 Luglio 1889 redatto dal Notaio Enrico Rizzo di Lecce, cui egli neppure poté sottoscrivere per aver dichiarato, come si dice nell’Istrumento, di essere inabilitato a ciò.
Lo sciagurato per sua buona ventura era stato accolto nella famiglia di un suo nipote, avvocato del Foro leccese, Sig. Nicola Bortone. Questi, che ad una soda pietà congiunge lo zelo apostolico pei Santuario di Pompei e una tenera devozione alla SS. Vergine invocata sotto tale portentoso titolo, da più tempo si era rivolto a questo Santuario per raccomandazioni di preghiere a tutta la Confraternita, e massime alle Orfanelle della Madonna di Pompei.
Giunse la solennità del Rosario del 1889, ed egli vi si apparecchiò con la Novena alla Vergine del Rosario di Pompei per ottenere la grazia nei casi più disperati. E per fare maggior violenza al Cuore della clemente nostra Regina, univa le preghiere che si facevano in sua casa con le preghiere che si facevano dalle Orfanelle in questo Santuario.
L’effetto di tanta fede e di tante preghiere fu che la Beata Vergine non abbandonò mai quell’anima, tuttoché traviata. Pasquale Bortone, lacerato dai rimorsi, provò pure qualche volta di rinconduarsi con Dio con la sacramentale confessione; ma quando gli si ingiungeva di fare pubblica ritrattazione in riparazione dei pubblici scandali, rifuggiva tenacemente restio, e dava anche in escandescenze ed in furie. Egli era iscritto alla Massoneria.
Così durarono le cose sino alla scorcio di Novembre 1889.
Era il 29 di quel mese, in cui tutti i fedeli rivolgono il loro animo affettuoso alla Vergine Immacolata, intraprendendo la Novena di apparecchio alla sua festa degli 8 Dicembre.
La famiglia dell’Avv. Bortone si fa coraggio di proporre all’infermo di incominciare tutti insieme una Novena alla prodigiosa Vergine di Pompei, perché potesse ottenere almeno un lenimento a tante corporali sofferenze, e conseguire almeno il beneficio del sonno.
L’infermo acconsente; e incomincia anche egli insieme coi suoi nipoti, la Novena alla Vergine di Pompei secondo il metodo del libretto in uso in questo Santuario.
Il primo triduo è compiuto. Era la notte sopra la Domenica, primo giorno di Dicembre, quando il Bortone vede in sogno, ma distintamente, la Beatissima Vergine tal quale si venera in Pompei, che gli dice:
– Confessati e riconciliati con Dio, che sei ancora in tempo di farlo.
Si desta egli con una certa impressione che sul principio gli dà a pensare; ma poi finisce col non dare altra importanza alla visione, che quella che merita un sogno, e quindi non ne parla, e non ne fa conto alcuno.
Bontà di Maria! Ella siede in Pompei, Regina di Misericordie, e però non si stanca coi peccatori! La notte seguente ecco di nuova la stessa Beata Vergine che con più pressanti parole lo anima alla totale riconciliazione con Dio, e lo assicura che trionferà. L’amorosa Madre voleva alludere al trionfo sulla irresolutezza e sui rispetti umani che lo trattenevano di riconciliarsi con Dio ed al fare pubblica ritrattazione. E egli poiché mostrava sfiducia del perdono:
– Fa’ presto, – ripiglia la Madonna, – chiama il Confessore, confessati, ed avrai il trionfo. Nel giorno della mia festa ti dovrai comunicare.
Si desta il Bortone tutto mutato in altro. E la benedetta Regina che suole largheggiare non solo in grazie spirituali, ma anche largisce benefizi temporali pel fine di richiamare le anime perdute al Cuore di suo Figlio, con la salute dell’anima gli ha ridonata anche quella del corpo.
La paralisi è sparita di repente da quella persona estenuata e stanca. Quell’infermo, divenuto insopportabile a se stesso, tanto che era condotto sino al suicidio, si leva diletto sano!
Gli tardava di vedere la luce. Fatto appena giorno, manda per il Parroco di Santa Maria della Porta, Rev. D. Giuseppe Caprioli, con lagrime narra quanto ha fatto la Vergine per lui, chiede un foglio di carta; e quello stesso Bortone che, come consta da atto notarile, non poteva segnare né anco la propria firma, scrive con pugno fermo la sua ritrattazione e la rimette al suo Vescovo. Ecco la sua testuale dichiarazione:
«Io qui sottoscritto Sacerdote Pasquale Bortone, preso dalla grazia di Dio, e per il patrocinio di Maria SS. di Pompei, mi ritratto di tutto ciò che ho potuto dire, o fare contro di Dio, della Chiesa e degli obblighi del mio stato. Prego Iddio e Maria Santissima aiutarmi sempre, onde con una buona vita possa riparare lo scandalo dato, e morire in seno della Chiesa Cattolica. Lecce, il 3 Dicembre 1889. BORTONE PASQUALE, Sacerdote»
La notte dormì placidamente. Era la prima volta, dopo trent’anni di rimorsi che gustava la dolcezza del riposo di una coscienza riabilitata dalla grazia divina. Pochi giorni dopo scrisse anche di proprio pugno una relazione della grazia miracolosa avuta dalla Vergine.
La conversione fu completa; e quegli che prima per rispetto umano non solo non voleva far pubblica ritrattazione, ma raccomandava al Parroco Caprioli, che quando lo visitava, non si lasciasse vedere da altri nello entrare in casa sua, pubblicata appena la ritrattazione, comprò varie copie del Periodico leccese il VESSILLO DELLA VERITÀ che la pubblicava, per mandarle in quei luoghi, dov’egli aveva dato scandalo vivendo da secolare, laddove era Sacerdote.
Adempito finalmente a quanto in simili occorrenze prescrive la Chiesa, l’Ecc.mo Vescovo di Lecce, Mons. Zola, poté riabilitarlo al mini¬stero sacerdotale. Innanzi altro Io fece ritirare per alquanti giorni per un corso di spirituali esercizi. Quindi lo ammise alla celebrazione del divino Sacrificio. Venne ordinata a ciò una giornata solenne, il Capodanno del 1890. La chiesa scelta alla tenera funzione fu quella vasta del SS. Rosario di Lecce.
La novella del fatto e dell’avvenimento al tutto nuovo che andrebbe a compiersi, trasse a quel tempio innumerevole popolo non solo di artisti e di operai che formano la cittadinanza di Lecce, ma ancora l’aristocrazia e la gioventù studiosa e le più nobili celebrità del foro.
Ed in quel giorno solennissimo il Sacerdote D. Pasquale Bortone, riconciliato con Dio e con la Chiesa, celebrò, dopo quasi trent’anni d’interruzione, il Santo Sacrificio.
Egli nel mattino di Martedì, tre di Dicembre, nell’impeto del fervore della sua recente conversione aveva significato essere sua determinazione, a riparare il pubblico scandalo, di volersi confessare in pubblica piazza.
Il prudente Vescovo approvò la disposizione di quella volontà mutata da mano onnipotente, ma invece della piazza assegnò la Chiesa.
Ed il Rev. Bortone, compiuto il Sacro Mistero, volle egli stesso di propria bocca narrare al numerosissimo uditorio i prodigi di Maria del Rosario di Pompei, che lo aveva convertito e guarito, chiedendo a tutti perdono degli scandali dati. Quanti erano in chiesa non seppero trattenere le lacrime per la commozione; riconoscevano tutti in quell’uomo un portento della Misericordia di Maria.
E così ne uscivano da quel tempio lodando e benedicendo la potenza di quella Signora, che oggi a pro dei peccatori ha aperto una novella fonte di grazie dal suo Trono di Pompei. lì convertito si ritirò dal mondo, si rinchiuse nel Santuario di Lecce, ed attese a riparare con una vita veramente penitente gli scandali dati.
(Bartolo Longo, I Quindici Sabati del Santissimo Rosario, Pompei, 1950, pp. 237-245).”
https://i1.wp.com/www.radiospada.org/wp-content/uploads/2019/05/14355015_1772180769736423_242885392693464597_n.jpg ?w=899&ssl=1


https://i1.wp.com/www.radiospada.org/wp-content/uploads/2019/05/14355015_1772180769736423_242885392693464597_n.jpg ?w=899&ssl=1




http://www.radiospada.org
http://www.edizioniradiospada.com
https://www.facebook.com/radiospadasocial/

«8 maggio 2019: Solennità di san Giuseppe, Sposo della beata Vergine Maria, Confessore e Patrono della Chiesa Universale.
Patrono della Chiesa.
Di lassù egli spande, su coloro che lo invocano, il suo potente patrocinio. Ecco quanto dice, con linguaggio ispirato, la liturgia della Chiesa: "O Giuseppe, vanto dei celesti, speranza dei mortali, sostegno del mondo!" Quale grande potere in un uomo! Ma nessuno, come lui, ebbe sulla terra rapporti così intimi col Figlio di Dio. Gesù si degnò di essergli sottomesso e in cielo, ora, vuole glorificare colui al quale affidò, quaggiù, la sua infanzia e l'onore di sua Madre. Non ci sono limiti al potere di san Giuseppe e la Chiesa ci invita, oggi, a ricorrere, con molta fiducia, a questo potente protettore. Invochiamolo nelle terribili prove della vita ed egli ci proteggerà: nei pericoli dell'anima e del corpo, nelle prove e nelle crisi sia temporali che spirituali, abbiamo fiducia in lui e la nostra speranza non verrà ingannata. Diceva il Re d'Egitto al suo popolo affamato: "Andate da Giuseppe"; il Re del Cielo ci ripete quello stesso invito; e il fedele custode della Vergine Maria ha, presso Dio, assai più potere di quanto ne avesse, presso il Faraone, il sovraintendente ai granai di Menphis.
La rivelazione di questo aiuto potente predisposto dall'eternità, è stata dapprima fatta conoscere da Dio a certe anime privilegiate alle quali venne affidata come un prezioso germe: precisamente come si verificò per la festa del Santissimo Sacramento, per la festa del Sacro Cuore e per altre ancora. Nel XVI secolo, santa Teresa, i cui scritti saranno in seguito conosciuti in tutto il mondo, ricevette una rivelazione divina a questo riguardo e ne parlò nella sua Vita.
Santa Teresa e san Giuseppe.
Ecco quanto dice: "Invoco san Giuseppe come patrono e protettore e non cesso di raccomandarmi a lui: il suo soccorso si manifesta in modo visibilissimo. Questo tenero protettore dell'anima mia, questo amabilissimo padre, si degnò di trarmi dallo stato in cui languiva il mio corpo e di liberarmi da pericoli assai più gravi che minacciavano il mio onore e la mia salvezza eterna. In più, mi ha esaudita sempre, più di quanto sperassi e di quanto chiedessi. Non ricordo di avergli chiesto qualcosa e che non me l'abbia accordato. Quale ampio quadro io potrei esporre, se mi fosse accordato di conoscere tutte le grazie di cui Iddio m'ha colmata e i pericoli, sia dell'anima che del corpo, da cui m'ha liberata per intercessione di questo amabilissimo Santo! L'Altissimo dona ai santi quelle grazie che servono per aiutarci in certe circostanze; il glorioso san Giuseppe - e lo dico per esperienza - estende il suo potere su tutto. Con questo, il Signore vuole mostrarci che, come un giorno fu sottomesso all'autorità di Giuseppe, suo padre putativo, così ancora in cielo, si degna di accettare la sua volontà, esaudendo i suoi desideri. Come me, l'hanno costatato per esperienza, quelle persone alle quali ho consigliato di raccomandarsi a questo incomparabile protettore; il numero delle anime che lo onorano cresce di giorno in giorno, e i felici successi della sua mediazione confermano la verità delle mie parole".
Per soddisfare questi desideri e per venire incontro alla devozione del popolo cristiano, il 10 settembre 1847, Pio IX estese alla Chiesa universale nel secondo mercoledì dopo Pasqua, la festa del Patrocinio di san Giuseppe che fino allora era celebrata soltanto dai Carmelitani e da qualche chiesa. In seguito, san Pio X aumentò il valore di questa festa, onorandola di una Ottava.»
https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/59718721_2662255077137478_1292039725867073536_n.jp g?_nc_cat=105&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&oh=c6ff4533bed0f7b1fd8a2b7816114528&oe=5D71F3ED


https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/59718721_2662255077137478_1292039725867073536_n.jp g?_nc_cat=105&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&oh=c6ff4533bed0f7b1fd8a2b7816114528&oe=5D71F3ED



«8 MAGGIO 2019: Commemorazione dell' APPARIZIONE DI SAN MICHELE ARCANGELO (SUL MONTE GARGANO).»
https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/59984462_2662250783804574_6683519418145701888_n.jp g?_nc_cat=104&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&oh=0bf0392acfcef8fa9513a1d81dfcc75e&oe=5D67C590


https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/59984462_2662250783804574_6683519418145701888_n.jp g?_nc_cat=104&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&oh=0bf0392acfcef8fa9513a1d81dfcc75e&oe=5D67C590



“L'8 maggio 1721 Innocenzo XIII Conti veniva eletto al Supremo Pontificato.”


«L’8 maggio 589, nel giorno dell’apertura del Concilio Toledano III, Recaredo I, re dei Visigoti, ripudia l’eresia ariana e abbraccia l’ortodossia cattolica assieme a tutto il suo popolo. Secondo il parere di san Gregorio Magno la conversazione della Spagna fu ottenuto dal sangue di sant'Ermenegildo (+ 585), fratello di Recaredo decapitato dal padre in odio alla Ortodossia nicena. »
https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/59616093_2661938567169129_348974317662371840_n.jpg ?_nc_cat=111&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&oh=84d599ea8f476d0215ea820a6517672b&oe=5D6E1AB2


https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/59616093_2661938567169129_348974317662371840_n.jpg ?_nc_cat=111&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&oh=84d599ea8f476d0215ea820a6517672b&oe=5D6E1AB2



«A mezzogiorno di oggi 8 maggio si recita la efficacissima Supplica alla Regina del Santissimo Rosario di Pompei.
"Ai prischi allori della vostra Corona, agli antichi trionfi del vostro Rosario, onde siete chiamata Regina delle vittorie, deh! aggiungete ancor questo, o Madre: concedete il trionfo alla Religione e la pace alla umana società"
(https://tradidiaccepi.blogspot.com/2018/05/supplica-alla-regina-del-rosario-di.html) »
https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/59662456_2662617023767950_2135959799773265920_n.jp g?_nc_cat=109&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&oh=5a99ed6eb3eb0ffd42d8559ff5039f78&oe=5D761549


https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/59662456_2662617023767950_2135959799773265920_n.jp g?_nc_cat=109&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&oh=5a99ed6eb3eb0ffd42d8559ff5039f78&oe=5D761549



https://www.radiospada.org/wp-content/uploads/2017/05/Novena-alla-Madonna-di-Fatima.pdf
“13 Maggio Beata Vergine Maria di Fatima. Novena di preparazione DA RECITARSI DAL 4 AL 12 MAGGIO. Ogni giorno si termina con un’Ave Maria e l’invocazione Madonna del Rosario di Fatima, prega per noi.”







www.agerecontra.it | Sito del Circolo Cattolico "Christus Rex"
http://www.agerecontra.it/

"Centro Studi Giuseppe Federici - sito ufficiale"
http://www.centrostudifederici.org/

"sito dedicato alla crisi dottrinale nella Chiesa cattolica"
http://www.crisinellachiesa.it/

"Sito ufficiale del Centro Culturale San Giorgio"
http://www.centrosangiorgio.com/


C.M.R.I. - "Congregatio Mariae Reginae Immacolata" ("Congregation of Mary Immaculate Queen" "Congregazione di Maria Regina Immacolata"):
http://www.cmri.org/ital-index.html





https://www.truerestoration.org/


https://novusordowatch.org/


": Quidlibet : ? A Traditionalist Miscellany — By the Rev. Anthony Cekada"
http://www.fathercekada.com/

"Home | Traditional Latin Mass Resources"
http://www.traditionalmass.org/





"Como ovejas sin Pastor"
http://sicutoves.blogspot.com/


https://moimunanblog.com/





“Pro Fide Catholica | Le site de Laurent Glauzy”
https://profidecatholica.com/


https://johanlivernette.wordpress.com/


https://lacontrerevolution.wordpress.com/


https://sedevacantisme.wordpress.com/


"Sede Vacante -"
http://www.catholique-sedevacantiste.fr/


http://wordpress.catholicapedia.net/


https://fidecatholica.wordpress.com/


https://militesvirginismariae.wordpress.com/




https://www.SaintAmedee.ch
https://www.facebook.com/SaintAmedee/
«Intransigeants sur la doctrine ; charitables dans l'évangélisation [Non Una Cum].»
“Mieux vaut une petite œuvre dans la Vérité, qu’une grande dans l’erreur.”

Messes :: Ligue Saint Amédée (http://liguesaintamedee.ch/messes)
http://liguesaintamedee.ch/messes


8 mai : L'Apparition de saint Michel au Mont-Gargan (en 492) :: Ligue Saint Amédée (http://liguesaintamedee.ch/saint-du-jour/8-mai-lapparition-de-saint-michel-au-mont-gargan)
“8 Mai : L'Apparition de saint Michel au Mont-Gargan (en 492).”
http://liguesaintamedee.ch/application/files/2815/2546/6784/05_08_saint_michel_mont_gargan.jpg


http://liguesaintamedee.ch/application/files/2815/2546/6784/05_08_saint_michel_mont_gargan.jpg



«Mois de mai : mois de Marie.
Nous conseillons cette page qui explique bien comment prier le Rosaire.
https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/57317231_859179997748015_1327450331063255040_n.jpg ?_nc_cat=105&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&oh=69a2eab481e8bc5d4bd1e6cbb2c0cc60&oe=5D733A16
Notre-Dame de Fatima : Prieres (http://www.fatima.be/fr/sanctus/prieres/rosaire.php) »




SAN MICHELE ARCANGELO PREGA PER NOI!!!
COR JESU SACRATISSIMUM, MISERERE NOBIS!!!
AVE MARIA!!! REGINA COELI, LAETARE, ALLELUIA!!!
CHRISTUS VINCIT, CHRISTUS REGNAT, CHRISTUS IMPERAT!!!
Luca, SURSUM CORDA – HABEMUS AD DOMINUM!!!