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Visualizza Versione Completa : 20 agosto - S. Bernardo di Chiaravalle, abate e Dottore della Chiesa



Ninco Nanco
19-06-03, 21:59
La Piaga incognita della Sacra Spalla di Nostro Signore Gesù Cristo

ORAZIONE da dirsi alla Piaga della spalla di Nostro Signore.
Dilettissimo Signore Gesù Cristo, mansuetissimo Agnello di Dio, io povero peccatore adoro e venero la Santissima vostra Piaga che riceveste sulla Spalla nel portare la pesantissima Croce al Calvario, nella quale restarono scoperte tre Sacratissime Ossa, tollerando in essa un immenso dolore; Vi supplico per virtù e meriti di detta Piaga ad avere di me misericordia col perdonarmi tutti i miei peccati sia mortali che veniali ed assistermi nell'ora della mia morte e di condurmi nel Vostro Regno Beato.
Tre Pater, Ave, Gloria.

Rivelazione fatta a San Bernardo della Piaga incognita della Sacra Spalla di Nostro Signore Gesù Cristo aperta dal peso della Croce.

S. Bernardo, abate di Chiaravalle, domandò nell'orazione a Nostro Signore quale fosse stato il maggior dolore sofferto nel corpo durante la sua Passione. Gli fu risposto:-Io ebbi una Piaga sulla Spalla, profonda tre dita, e tre ossa rimasero scoperte nel portare la Croce; questa Piaga mi ha dato maggior pena e dolore di tutte le altre e dagli uomini non è conosciuta. Ma tu rivelala ai fedeli cristiani e sappi che qualunque grazia mi chiederanno in virtù di detta Piaga verrà loro concessa e a tutti quelli che mi onoreranno per amor di Essa col recitare tra Pater, Ave e Gloria al giorno, perdonerò i peccati veniali, non ricorderò più i mortali e non morrano di morte subitanea ed in punto di morte saranno visitati dalla Beata Vergine e conseguiranno la Grazia e la Misericordia.

Recitate 7 Ave a Maria SS. che imprima nel nostro cuore la piaga di Gesù Crocifisso.(Indulgenza di 300 giorni ognuno)

Oh, dolcissimo Gesù, sii sempre il nostro Salvatore (Indulgenza di 100 giorni ogni volta).

Papa Eugenio III ad istanza di San Bernardo concesse le indulgenze Plenarie a chi propagherà questa orazione, ed a chi reciterà 5 Pater, Ave e Gloria frequentando i S. Sacramenti e pregherà per il Sommo Pontefice con un Pater, Ave e Gloria.

AMDG.

Augustinus
20-08-04, 00:05
Dal sito SANTI E BEATI (http://www.santiebeati.it/search/jump.cgi?ID=24050) (con mie modifiche, integrazioni e correzioni):

San Bernardo di Chiaravalle, Abate e dottore della Chiesa

20 agosto - Memoria

Digione, Francia, 1090 - Chiaravalle-Clairvaux, 20 agosto 1153

Bernardo, dopo Roberto, Alberico e Stefano, fu padre dell'Ordine Cistercense. L'obbedienza e il bene della Chiesa lo spinsero spesso a lasciare la quiete monastica per dedicarsi alle più gravi questioni politico-religiose del suo tempo. Maestro di guida spirituale ed educatore di generazioni dei santi, lascia nei suoi sermoni di commento alla Bibbia e alla liturgia un eccezionale documento di teologia monastica tendente, più che alla scienza, all'esperienza del mistero. Ispirò un devoto affetto all'umanità di Cristo e alla Vergine Madre. (Mess. Rom.)

Patronato: Apicultori, Liguria, Avignone

Etimologia: Bernardo = ardito come orso, dal tedesco

Emblema: Bastone pastorale, Libro

Martirologio Romano: Memoria di san Bernardo, abate e dottore della Chiesa, che entrato insieme a trenta compagni nel nuovo monastero di Cîteaux e divenuto poi fondatore e primo abate del monastero di Chiaravalle, diresse sapientemente con la vita, la dottrina e l’esempio i monaci sulla via dei precetti di Dio; percorse l’Europa per ristabilirvi la pace e l’unità e illuminò tutta la Chiesa con i suoi scritti e le sue ardenti esortazioni, finché nel territorio di Langres in Francia riposò nel Signore.

Martirologio tradizionale (20 agosto): Nel territorio di Langres la deposizione di san Bernardo, primo Abate di Chiaravalle, glorioso per la vita, per la dottrina e per i miracoli, dal Sommo Pontefice Pio ottavo dichiarato e confermato Dottore della Chiesa universale.

Nacque nel 1090 nel castello paterno di Fontaines-lès-Dijon, villagio vicino a Digione, in Borgogna. Figlio del cavaliere Tescelin e di sua moglie Aleth, imparentata ai duchi di Borgogna, Bernardo era il terzo di sette figli. Destinato alla carriera ecclesiastica, ad otto anni circa, fu affidato alla scuola cattedrale dei Canonici di Saint Vorles in Châtillon-sur-Seine, dove, secondo il cronista «amava restare in disparte, timido, poco incline alla conversazione, mirabilmente raccolto, gentile ed obbediente, modesto, dedito al servizio di Dio e vigile nel conservare pura la propria fanciullezza». Fu qui che, durante la notte di Natale del 1097, avrebbe contemplato la nascita di Gesù.
La scuola dei Canonici di Châtillon era, in quel tempo, una delle istituzioni più prestigiose della Borgogna, dove lo studio degli scrittori latini costituiva l'elemento fondamentale del curriculum umanistico, ma non includeva il pensiero greco, ancora poco studiato in Occidente.
Dopo la morte della madre, avvenuta nel 1107, Bernardo avvertì un senso di vuoto interiore e di impotenza di fronte alla vita. Aveva 17 anni, e fece anche una certa esperienza di vita socialmente brillante. Tra il fragore delle armi e le seduzioni del mondo, Bernardo sentiva, con crescente insistenza, il richiamo di Dio per la quiete e la pace del chiostro.
A ventidue anni decise di farsi monaco, tirando con sé una trentina di parenti, tra fratelli e zii. Nel 1112, infatti, bussò, insieme ai suoi confratelli, alle porte di Cîteaux (Cistercium in latino, da cui cistercensi), al monastero fondato da S. Roberto di Molesmes, e giurò all'abate S. Stefano Harding di osservare la Regola di San Benedetto.
L'abate accolse sicuramente con gioia questo gruppo e seppe discernere la ricchezza della personalità di Bernardo e dargli fiducia, anche se, sotto molti aspetti, si scoprì tra loro una notevole differenza di temperamento. Un esempio fu la divergenza di opinione sul concetto di estetica: per Stefano verteva più sul visivo, in conformità alle arti plastiche - sono testimoni a questo proposito i manoscritti con miniature che datano del suo abbaziato - invece, per Bernardo, l'estetica si apprezzava con l'orecchio e con la voce, attraverso la musica e l'ascolto - essenzialmente ascolto della Parola di Dio, del Verbo di Dio, che si rivolge al monaco al quale non è permesso distrarsi.
A 25 anni lo mandano a fondarne un altro. Lasciò Citeaux imbracciando una pesante croce di legno e seguito da dodici religiosi che innalzavano inni e lodi al Signore. La piccola truppa, dopo una lunga marcia, fece sosta in una vallata amena e ben riparata. Il posto era buono e decisero di arrestarvici, dopo averlo battezzato col bel nome di Chiaravalle, Clairvaux; una campagna disabitata, che diventò la Clara Vallis sua e dei monaci: «Benedictus montes, Bernardus valles amabat».
Nel 1116, all'età di 26 anni, Bernardo fu ordinato sacerdote dal celebre maestro Guglielmo di Champeaux, vescovo di Châlons(sebbene riguardo a questo particolare le fonti non sono certe, sappiamo solo che Bernardo divenne sacerdote), del quale divenne amico e con lui assieme a Elredo di Rievaulx ed a Guerrico d'Igny, è considerato uno dei "quattro grandi Padri" della spiritualità cistercense. Divenuto sacerdote, ricevette anche la benedizione abbaziale, divenendo abate.
Grazie alla grande spiritualità del nostro Santo, alla sua purezza e semplicità, l'abbazia di Clairvaux appariva come «la cittadella dello spirito».
Bernardo è riservato, quasi timido. Ma c’è il carattere. Papa e Chiesa sono le sue stelle fisse, ma tanti ecclesiastici gli vanno di traverso. È severo anche coi monaci di Cluny, secondo lui troppo levigati, con chiese troppo adorne, "mentre il povero ha fame".
Ai suoi cistercensi chiede meno funzioni, meno letture e tanto lavoro. Scaglia sull’Europa incolta i suoi miti dissodatori, apostoli con la zappa, che mettono all’ordine la terra e l’acqua, e con esse gli animali, cambiando con fatica e preghiera la storia europea. E lui, il capo, fu chiamato spesso a missioni di vertice, come quando percorse tutta l’Europa per farvi riconoscere il papa Innocenzo II (Gregorio Papareschi) insidiato dall’antipapa Pietro de’ Pierleoni (Anacleto II). L'anno 1130, infatti, fu una data chiave per la vita di Bernardo. Fino ad allora si era unicamente consacrato alla vita della sua comunità e del suo Ordine, ora entrava, in modo attivo e decisivo, nella vita della Chiesa, aiutando a risolvere la citata situazione di crisi: alla morte di papa Onorio II, furono eletti, da due fazioni avverse, altrettanti papi: Innocenzo II e Anacleto II. Il primo fu costretto a fuggire e si rifugiò in Francia, a Cluny. Il re francese Luigi VI, per un pronunciamento sulla legittimità di elezione, convocò un Concilio ad Etampes al quale fu invitato anche Bernardo. Si stabilì che il pronunciamento di Bernardo dovesse essere accettato come espressione del Concilio. Bernardo si pronunciò per Innocenzo II quale papa legittimo, il quale così ottenne il riconoscimento dal re Luigi VI, da Enrico d'Inghilterra, dall'imperatore di Germania, Lotario. Lo scisma finì, dunque, con l’aiuto del suo prestigio, del suo vigore persuasivo, ma soprattutto della sua umiltà.
Grande asceta e mistico, fu zelante difensore della fede. Bernardo attaccò duramente la dottrina trinitaria di Gilberto Porretano, vescovo di Poitiers. E fece condannare dal Concilio di Sens - ratificato dal Papa - l’insegnamento razionalistico di Pietro Abelardo (di cui è noto, attraverso un epistolario, lo sventurato amore per Eloisa), docente di teologia e logica a Parigi, contro cui Bernardo scrisse un "Trattato contro gli errori di Abelardo", ed il cui giudizio nei suoi confronti lo sintetizzava così: “Cum de Trinitate loquitur, sapit Arium, cum de gratia, sapit Pelagium, cum de persona Christi, sapit Nestorium”, puntualizzando in quali eresie Abelardo era caduto nel suoi ragionamenti teologici, cioè nel arianesimo, pelagianismo, e nestorianesimo. Ciò che rimase di Abelardo e che sarà successivamente fatto proprio, sviluppato e corretto da S. Tommaso fu il c.d. "metodo del dubbio", fatto appunto di quaestiones (domande) e risposte, obiezioni e soluzioni. Fu un metodo rivoluzionario per l’epoca, in quanto si voleva risolvere con la logica le contraddizioni apparenti presenti nella tradizione dei Padri. In questo senso Abelardo fu un anticipatore.
Nel 1145 salì al pontificato il discepolo di Bernardo, già abate cistercense alle Tre Fontane a Roma, Bernardo dei Paganelli (Eugenio III), e lui gli mandò un trattato buono per ogni papa, ma adattato per lui, con l'invito a non illudersi su chi aveva intorno: "Puoi mostrarmene uno che abbia salutato la tua elezione senza aver ricevuto denaro o senza la speranza di riceverne? E quanto più si sono professati tuoi servitori, tanto più vogliono spadroneggiare".
Eugenio III lo chiamò poi a predicare la crociata (la seconda) in difesa del regno cristiano di Gerusalemme. Ma l’impresa fallì davanti a Damasco. Sostenne e promosse l’Ordine Cavalleresco dei Templari, presenziando alla sua approvazione. Ai suoi occhi l'ideale di questo nuovo Ordine, che fondeva cavalleria e monachesimo, appariva come il vertice della perfezione umana.
Quando Bernardo arrivava in una città e le strade si riempivano di gente. Ma, tornato in monastero, rieccolo obbediente alla regola come tutti: preghiera, digiuno, e tanto lavoro. Abbiamo di lui 331 sermoni, più 534 lettere, più i trattati famosi: su grazia e libero arbitrio, sul battesimo, sui doveri dei vescovi ...
E gli scritti, affettuosi su Maria, madre di Gesù, che egli chiamava mediatrice di grazie (sebbene non riconoscesse la dottrina dell’Immacolata Concezione). A lui si deve la celebre preghiera del "Memorare", nonchè il completamento della "Salve regina" con le parole "O clemens, o pia o dulcis Virgo Maria". E' stato attribuita a lui anche la composizione dell'inno "Ave Maris Stella". Ma ciò appare improbabile, atteso che questo inno è stato ritrovato anche in antichi codici precedenti all'epoca di Bernardo. Nella Divina Commedia di Dante, Bernardo è colui che accompagna il Poeta nell'ultimo tratto del suo viaggio, alla visione di Dio. Sulla sua bocca pone la celebre e famosa preghiera a Maria "Vergine e madre, figlia del tuo Figlio,/ umile ed alta più che creatura,/ termine fisso d’eterno consiglio, ..." (Paradiso, canto XXXIII).
Dopo le laboriose giornate si ritirava nella cella a scrivere opere piene di ottimismo e di dolcezza, come il Trattato dell'amore di Dio o il Commento al Cantico dei Cantici, che è una dichiarazione d'amore a Maria. Altre sue opere notevoli sono De diligendo Deo (1127) e De consideratione (1148).
Momenti amari negli ultimi anni: difficoltà nell’Ordine, la diffusione di eresie e la sofferenza fisica. Muore per tumore allo stomaco. Pochi istanti prima della morte, avvenuta il 20 agosto 1153, così consolava i suoi frati: « Non so a chi dare ascolto, se all'amore dei miei figli che mi vogliono trattenere quaggiù, o all'amore del mio Dio che mi attira lassù».
È seppellito nella chiesa del monastero, ma con la Rivoluzione francese i resti andranno dispersi; tranne la testa, ora nella cattedrale di Troyes: in quella stessa città nel 1128 aveva partecipato, sebbene molto malato, ad un solenne concilio. Guglielmo di Champeaux, nella biografia del Santo 'Vita Prima', scrisse che Bernardo «portò il XII secolo sulle sue spalle». Ed è vero. La storia ecclesiastica del secondo quarto del secolo XII (1123-1153) si compendia nella persona carismatica di Bernardo «Non c'è, infatti, avvenimento cui san Bernardo non sia stato interessato: Oriente ed Occidente, Chiesa e società laica, clero secolare e regolare hanno subìto l'impronta del suo genio: papi, vescovi, re, signori, contadini, operai sono stati a diverso titolo, rimproverati, moderati, flagellati come anche confortati, esortati, incoraggiati, infiammati da questo monaco ardente e impetuoso, vero inviato di Dio per strappare gli uomini al peccato, all'iniquità e al vizio, per attirarli, in seguito, verso le più alte vette dell'ideale cristiano».
Alessandro III lo proclamò santo il 18 gennaio 1174. Pio VIII, il 20 agosto 1830, gli conferì il titolo di Dottore della Chiesa. Bernardo, oratore finissimo, meritò, fra i Dottori della Chiesa, il titolo di Doctor Mellifluus.

Autore: Domenico Agasso

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http://www.cattolicesimo.com/immsacre/86.jpg S. Bernardo abbraccia Cristo, Basilica di S. Maria degli Angeli alle Terme di Diocleziano, Roma

Augustinus
20-08-04, 00:07
(Disc. 83, 4-6; Opera omnia, ed. Cisterc. 2 [1958] 300-302)

L'amore è sufficiente per se stesso, piace per se stesso e in ragione di sé. E' se stesso merito e premio. L'amore non cerca ragioni, non cerca vantaggi all'infuori di Sé. Il suo vantaggio sta nell'esistere. Amo perché amo, amo per amare. Grande cosa è l'amore se si rifà al suo principio, se ricondotto alla sua origine, se riportato alla sua sorgente. Di là sempre prende alimento per continuare a scorrere. L'amore è il solo tra tutti i moti dell'anima, tra i sentimenti e gli affetti, con cui la creatura possa corrispondere al Creatore, anche se non alla pari; l'unico con il quale possa contraccambiare il prossimo e, in questo caso, certo alla pari. Quando Dio ama, altro non desidera che essere amato. Non per altro ama, se non per essere amato, sapendo che coloro che l'ameranno si beeranno di questo stesso amore. L'amore dello Sposo, anzi lo Sposo-amore cerca soltanto il ricambio dell'amore e la fedeltà. Sia perciò lecito all'amata di riamare. Perché la sposa, e la sposa dell'Amore non dovrebbe amare? Perché non dovrebbe essere amato l'Amore?
Giustamente, rinunziando a tutti gli altri suoi affetti, attende tutta e solo all'Amore, ella che nel ricambiare l'amore mira a uguagliarlo. Si obietterà, però, che, anche se la sposa si sarà tutta trasformata nell'Amore, non potrà mai raggiungere il livello della fonte perenne dell'amore. E' certo che non potranno mai essere equiparati l'amante e l'Amore, l'anima e il Verbo, la sposa e lo Sposo, il Creatore e la creatura. La sorgente, infatti, dà sempre molto più di quanto basti all'assetato.
Ma che importa tutto questo? Cesserà forse e svanirà del tutto il desiderio della sposa che attende il momento delle nozze, cesserà la brama di chi sospira, l'ardore di chi ama, la fiducia di chi pregusta, perché non è capace di correre alla pari con un gigante, gareggiare in dolcezza col miele, in mitezza con l'agnello, in candore con il giglio, in splendore con il sole, in carità con colui che è l'Amore? No certo. Sebbene infatti la creatura ami meno, perché è inferiore, se tuttavia ama con tutta se stessa, non le resta nulla da aggiungere. Nulla manca dove c'è tutto. Perciò per lei amare così è aver celebrato le nozze, poiché non può amare così ed essere poco amata. Il matrimonio completo e perfetto sta nel consenso dei due, a meno che uno dubiti che l'anima sia amata dal Verbo, e prima e di più.

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Augustinus
20-08-04, 00:12
Sermones in Cantica canticorum, LXXXIII, 3-6; LXXIV, 5-6. PL 183, 1182-1184. 1141-1142.

Se l'anima ama il Verbo in modo perfetto, allora si concludono le nozze. Che c'è di più bello di questa unione? Che cosa è più auspicabile dell'amore, grazie al quale accade che l'anima, non paga della scienza umana, si avvicini piena di fiducia nel Verbo: si tenga costantemente vicina a lui, lo interroghi con familiarità e lo consulti per ogni dubbio, mostrandosi tanto ardente nel desiderio quanto è capace di concepirlo nella mente? Questo è davvero come il contratto di un matrimonio santo e spirituale. Non basta: è più di un contratto, è un fondersi insieme, è un fondersi dove il volere le medesime cose, e ugualmente il dissentire sulle medesime cose, formano un solo spirito di due che erano.

E non bisogna temere che il diverso livello dei due contraenti possa in qualche modo incrinare l'armonia delle due volontà, perché l'amore non conosce la soggezione. Amore deriva dal verbo amare, non dal verbo onorare. La soggezione è un sentimento che nutre chi ha provato orrore, stupore, timore o ammirazione, sensazioni queste del tutto sconosciute a chi ama. L'amore basta sempre a se stesso; quando esso si mostra, trascina e ingloba in sé tutti gli altri sentimenti. La sposa ama ciò che ama e non sa altro.

Dio vuole essere temuto in quanto Signore, onorato in quanto Padre, amato in quanto sposo. Timore, onore, amore. Quale dei tre è superiore agli altri? L'amore, naturalmente. Senza l'amore il timore genera angoscia e l'onore non porta con sé alcuna riconoscenza, Il timore è servile, finché non viene affrancato dall'amore. E l'onore che non nasce dall'amore, non è vero onore, bensì adulazione. Certo all'unico Dio onore e gloria (Cf 1 Tm 1,17); ma Dio non gradirà nessuno dei due, se non saranno conditi con il miele dell'amore. L'amore basta a sé stesso, piace per sé e a causa di sé. È compenso e premio di sé. L'amore non ha una causa e non produce frutti al di fuori di sé. Lui stesso è il suo frutto. Amo perché amo, amo per amore. Grande cosa è l'amore, se soltanto si rivolge indietro verso il suo principio, se ritorna alla sua origine, se si riversa nella sua sorgente, se attinge sempre alla fonte da cui sgorga continuamente.

Fra tutti gli affetti, i moti e le sensazioni dell'anima, l'amore è il solo in cui la creatura, anche se non alla pari, può corrispondere il suo Creatore e contraccambiarlo a sua volta. Ad esempio, se Dio è adirato con me, potrò forse anch'io adirarmi con lui? Certamente no, anzi avrò paura, terrore, scongiurerò il suo perdono. Così se mi rimprovererà, io non lo rimprovererò certo, piuttosto cercherò di giustificarmi. E se mi giudicherà, io non lo giudicherò a mia volta, bensì lo adorerò: se mi salverà, non chiederò certo che sia io a salvare lui e analogamente non ha bisogno di qualcuno che lo liberi, perché è lui che libera tutti.

Siccome egli è il Signore, è giusto che io sia il suo servo; è Dio che comanda, ed è giusto che sia io a obbedire; viceversa, io non posso pretendere che Dio sia al mio servizio o ai miei ordini.
Le cose vanno ben diversamente per quanto riguarda l’amore: quando Dio ama, non vuole altro se non essere amato, anzi non ama per nessun altro motivo se non per essere amato, sapendo che chi lo amerà, riceverà beatitudine da quello stesso amore.

L'amore dello sposo, anzi, lo sposo che è amore, chiede soltanto di essere corrisposto con sincerità in questo suo amore. La sposa può dunque corrispondere al suo amore. E la sposa come potrebbe non amare, visto che è la sposa dell’amore? Come potrebbe non amare l'amore?

Giustamente la sposa rinunzia a tutti gli altri sentimenti, per votarsi interamente ed esclusivamente all'amore, perché ha la possibilità di corrispondere all'amore con un amore vicendevole. Ma anche se si profonderà interamente nell'amore, che cosa sarà il suo amore, se confrontato con il fiume eterno che scaturisce dall'altra sorgente? Certo non si possono paragonare per fecondità l'amante e l'amore, l'anima e il Verbo, la sposa e lo sposo, la creatura e il Creatore, non più, almeno, che l'assetato e la sorgente.

E allora? Forse per questo si perderanno o cadranno nel vuoto le speranza della sposa, che sospira per il desiderio, arde d'amore e osa agire, piena di ardimento? È impossibile vincere nella corsa un gigante, o contendere con il miele in dolcezza, in mitezza con l'agnello, in candore con il giglio, in splendore con il sole, in amore con colui che è l'amore. No, non è così.

Anche se la creatura ama meno, perché inferiore, tuttavia, se ama con tutta se stessa, nulla manca dove c'è il tutto. Inoltre, come ho detto, questo amore corrisponde a un matrimonio, perché non è possibile che, amando così intensamente, l'anima non sia riamata in egual misura, dal momento che nel consenso dei due contraenti sta un matrimonio completo e perfetto.

E a nessuno nasca il dubbio che l'anima non sia amata prima e di più dal Verbo: il Verbo la previene e la supera nell'amore. Felice l'anima che ha meritato di essere prevenuta in quella benedizione tanto dolce! Felice l'anima cui è stato concesso di provare un abbraccio tanto soave! Questo è l'amore santo e casto, dolce e soave, infinitamente sereno e sincero, reciproco, intimo e forte: esso congiunge i due amanti non in un solo corpo, ma in un solo spirito, e li rende non più due, ma una sola cosa; come dice Paolo: Chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito (1 Cor 6,17).

Lo confesso, da insensato, che il Verbo è venuto più volte in me. Abbastanza sovente mi si è avvicinato e non l'ho avvertito. Sentii che era là; mi ricordo che c'era. Talora potei presentirlo, mai però mi accorsi della sua entrata in me e neppure della sua presenza. Confesso pure di ignorare donde mai partisse per introdursi nella mia anima; dove si raccogliesse dopo avermi lasciato; da quale parte fosse entrato e quale via scegliesse per uscirne. Esploratore curioso, sono sceso nelle profondità del mio essere e tuttavia l'ho trovato ancor più profondo; l'ho cercato nel mio intimo, ma egli è più intimo di me stesso. E ho compreso la verità che dice: In lui viviamo, ci muoviamo ed esistiamo (At 17,28). Beato colui che è nel Verbo, vive per lui e da lui è mosso.

Mi domanderai allora: Perché non possono scoprirsi le tracce della sua venuta, se ho potuto sapere che egli era presente? Infatti è vivo ed efficace e, penetrando in me, ha svegliato il mio animo che sonnecchiava; l'ha smosso, l'ha intenerito e ha ferito il mio cuore duro come pietra e malsano. Ha cominciato a sradicare e distruggere, a edificare e piantare, a irrigare quello che era arido, a illuminare quello che era tenebroso, ad aprire ciò che era chiuso, a infiammare ciò che era freddo. Ha raddrizzato quanto era storto e spianato quello che era scosceso, sicché l'anima mia benediceva il Signore e tutto il mio intimo dava lode al suo santo nome.

Il Verbo, lo Sposo, entrando qualche volta in me, non mi si è rivelato con qualche suo segno: non con la voce, non con l'aspetto, non con il passo. Nessun movimento da parte sua mi ha indicato il suo arrivo, nessuna mia sensazione me lo ha fatto percepire nell'intimo: solo dal movimento del cuore, come ho detto, ho compreso la sua presenza.

Ho riconosciuto la sua forza potente perché i vizi erano messi in fuga e le passioni represse. Il porre in discussione e sotto accusa i miei sentimenti più nascosti mi ha portato ad ammirare la profondità della sua sapienza. Ho sperimentato la sua mite bontà da un certo miglioramento del mio modo di vivere. E dal rinnovarsi dello spirito, ossia del mio uomo interiore, ho scoperto qualcosa della sua bellezza. Infine, abbracciando con uno sguardo l'insieme di queste esperienze ho tremato davanti alla sua grandezza immensa.

Augustinus
20-08-04, 00:17
Sermo XXIV, 2-3, De Diversis. Sermo LXXVII, 7 in Cantica Canticorum. PL 183, 603-604. 1053.

All'inizio quando la voce di Dio risuona negli orecchi dell'anima, suscita turbamento, fa paura e pronuncia giudizi: ma subito dopo, se non distogli l’orecchio, ravviva, addolcisce, riscalda, illumina, purifica. In effetti essa è per noi cibo, spada, medicina, rassicurazione, riposo, risurrezione, compimento.

Non stupirti che la parola di Dio si trovi a essere già fin d'ora tutta in tutti per quanto riguarda la giustificazione, dato che in futuro essa sarà tutto in tutti per quanto riguarda la glorificazione. La ascolti il peccatore e si turberanno le sue viscere: davanti a quella voce un'anima carnale trema. Quella parola, infatti, viva ed efficace, che scruta intensamente le menti e i cuori, mette a nudo e sotto giudizio tutti i segreti dei cuori.

Anche se tu fossi morto nel peccato, se ascolterai la voce di Dio, vivrai. La parola che dice è infatti spirito e vita. Se il tuo cuore si è indurito, ricordati della Scrittura che dice: Manda una sua parola ed ecco tutto si scioglie (Sal 147,7), e ancora: La mia anima si è liquefatta all’udire la voce del mio diletto (Cf Ct 5, 6).

Se sei tiepido e hai paura di essere vomitato, non allontanarti dalla parola del Signore ed egli ti infiammerà, perché la sua parola è tutta fuoco. Se ti lamenti perché sei immerso nelle tenebre dell'ignoranza, ascolta con attenzione cosa ti dice il Signore Dio, e la parola del Signore sarà come lucerna per i tuoi passi e una luce sul tuo cammino.

Forse però la tua sofferenza è tanto maggiore quanto più arrivi a riconoscere in questa luce anche i tuoi peccati più piccoli; ma il Padre ti farà santo nella verità, che è evidentemente la sua parola, e insieme agli Apostoli anche tu potrai sentirti dire da lui: Voi siete già mondi, per la parola che vi ho annunziato (Gv 15, 3).
Quando avrai lavato tra gli innocenti le tue mani, egli preparerà davanti a te una mensa, perché tu possa vivere non di solo pane, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio, e con la forza di questo cibo tu possa correre sulla via dei suoi comandamenti. E qui, se contro di te si accampa un esercito, e se ti si avventa contro la tentazione, afferra la spada dello spirito, che è la parola di Dio, e avrai un facile trionfo.

Se poi, come accade in battaglia, ti capiterà di essere ferito, egli manderà la sua parola e ti guarirà; ti strapperà dalla morte, e pure in te si compirà quello che dice il centurione, di cui il Signore ha magnificato la fede: Signore, di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito (Mt 8, 8). Ma se ancora sei titubante, abbi fiducia e gridagli: Per poco non inciampavano i miei piedi, per un nulla vacillavano i miei passi (Sal 72, 2), e con le sue parole ti renderà saldo; così potrai imparare con la tua esperienza personale che dalla parola del Signore i cieli sono stati resi saldi, e con il soffio della sua bocca ogni loro schiera (Sal 32, 6 Volgata).

Se la Parola non ti stimola soltanto al pentimento, ma ti converte in totalità al Signore e ti ispira la ferma risoluzione di osservare la sua legge, sappi che lui stesso è lì vicino a te, specie se avverti di avvampare d’amore per lui.

La Scrittura ci dice da una parte che il fuoco lo precede (Cf Sal 96, 3), ma dall'altra che lui stesso è fuoco; Mosè infatti lo chiama fuoco divoratore (Dt 4, 24). Ora, c'è questa differenza: il fuoco che precede il Signore arde ma senza amore; riscalda ma non trasforma; mette in moto senza far progredire. È mandato in avanguardia solamente per risvegliare e preparare l'anima e anche perché tu riconosca il tuo stato attuale ai fini di farti meglio apprezzare quello che diverrai poi per la grazia di Dio.

L'altro fuoco che è Dio stesso, consuma senza far male, arde con dolcezza, ci spoglia gradevolmente. È davvero brace distruttrice, ma esercita la sua forza incandescente contro i vizi colmando l'anima di dolcezza. In questa potenza che ti trasforma e in questo amore che ti infiamma sappi riconoscere la presenza di Dio.

Augustinus
20-08-04, 00:29
Epistola XI, ad Guigonem priorem et caeteros Cartusiae Major. religiosos. 1, 3-4. 5-8. PL 182, 108-114.

Ho ricevuto con profonda gioia la lettera di vostra santità, che da tempo desideravo ardentemente. L’ho letta e quante erano le sillabe che avvicendavo sulle labbra, altrettante scintille avvertivo nel cuore; con esse s’è riscaldato entro di me il mio cuore, come con quel fuoco che il Signore ha mandato sulla terra. O quanto arde in quelle meditazioni un fuoco da cui sprizzano siffatte scintille.

Il vostro saluto infiammato e infiammante mi è stato, a dir la verità, così gradito e lo è tuttora, come se non provenisse da un uomo, ma proprio da colui che manda il saluto a Giacobbe, come dice il salmista. Ritengo, infatti, di non aver ricevuto uno di quei saluti che si è soliti ricevere per via, di passaggio, occasionalmente; mi sono vista venire incontro una benedizione cosi gradita e imprevista che pareva uscire dalle viscere della carità. Benedetti dal Signore, voi che avete avuto cura di prevenirmi con benedizioni di una tale dolcezza e che, scrivendo per primi, avete infuso al vostro figlio la fiducia per rispondere; già da tempo vi anelavo, ma non avevo il coraggio di scrivervi. In realtà temevo di scomodare con importuni scrittarelli la quiete santa che godete nel Signore, di interrompere anche per un momento quel costante e sacro vostro silenzio riguardo alle cose del secolo.

Godo per me, godo per voi, per l’utilità che ne ricavo, per la sincerità che voi manifestate. Infatti, è vera e sincera carità quella che certamente sgorga da un cuore puro, da una buona coscienza e da una fede sincera (Tm 1, 5); è la carità che ci fa amare il bene del prossimo come il nostro. Perché chi ama di più o addirittura in esclusiva il proprio bene, si espone ad essere giudicato di non amare il bene a modo, perché lo ama per la propria utilità, non per la sua natura. E un uomo siffatto non sa obbedire al Profeta, che dice: Celebrate il Signore, perché è buono (Sal 117, 1). Dunque c’è chi loda il Signore perché è buono con lui, non perché è buono in sé. Perciò apprenderà che è diretto a lui il rilievo disonorevole che parte dal medesimo Profeta: Ti loderei quando gli avrai fatto del bene (Sal 48,19 Volgata).

Vi è chi loda il Signore, perché è potente, vi è chi lo loda perché è buono con lui, e v’è infine chi lo loda perché semplicemente è buono. Il primo è un servo e teme per sé; il secondo è un mercenario, e brama per sé; il terzo è un figlio e s’affida al padre.

Sia chi teme sia chi brama, entrambi agiscono per se stessi; solo la carità che risiede nel figlio non cerca il suo interesse (1 Cor 13, 5). Perciò credo che di essa sia stato detto: La legge del Signore è perfetta, rinfranca l’anima (Sal 18, 8), perché è la sola che può allontanare l’anima dall’amore di sé e del mondo e dirigerla verso Dio. Non sono né il timore né l’interessato amore personale a convertire l’anima. Chi li sente muta volto o comportamento, ma non muta mai il sentimento intimo.

Un’azione gradita a Dio la fa talvolta anche il servo, ma poiché non la fa volontariamente, si rivela dimorare ancora nella sua durezza di cuore. La fa anche il mercenario; ma poiché non la fa se non in vista di un compenso, si rivela guidato dalla bramosia personale. Insomma dove c’è riguardo alla proprietà personale, là c’è tendenza all’egoismo; dove c’è tendenza all’egoismo, lì c’è isolamento; ma dove c’è l’isolamento, lì indubbiamente ci sono sporcizia e corruzione. Rimanga perciò al servo come sua legge propria il timore, dal quale è incatenato; rimanga al mercenario la sua cupidigia, da cui è inceppato quando ne subisce l’assalto e la seduzione. Ma di questi sentimenti nessuno è senza macchia o riesce a convertire le anime. È la carità a convertirle, perché dà loro la libera volontà.

Direi che l’amore è immacolato in chi si abitua a non conservare nulla del suo. Per chi non ha nulla di suo, tutto quello che ha è di Dio; e poiché è di Dio, non può essere impuro. Dunque la legge immacolata di Dio è la carità che cerca non ciò che sia utile al singolo, ma ciò che lo è di molti. Ed è chiamata legge di Dio, sia perché ne vive egli stesso, sia perché nessuno può possederla se non per dono di lui. Non sembri paradossale ciò che ho detto, che anche Dio vive sotto una legge, perché essa altra non è che quella dell’amore. Infatti, nella somma e beata Trinità, che cosa conserva quella somma e ineffabile unità se non l’amore? L’amore è legge dunque, è legge del Signore, legge che lega e tiene stretta in unità la Trinità nel vincolo della pace. Ma nessuno pensi che a questo punto io consideri la carità come una qualità o un qualche accidente — altrimenti direi, e non se ne parli neppure — che in Dio vi è qualcosa che non è Dio. Invece, la carità è la sostanza stessa divina, il che non è né nuovo né insolito, dato che Giovanni dice: Dio è amore (1 Gv 4, 8).

Che io sia spinto dal tuo Spirito, o Signore Dio mio, sì che possa rendere testimonianza al mio spirito di essere uno dei figli di Dio, dato che per me la legge è la stessa che per te, e come tu sei, così sono anch’io in questo mondo. Quelli che fanno come dice l’Apostolo, ossia che non hanno alcun debito con nessuno, se non quello di un amore vicendevole (Rm 13, 8), costoro stanno indubbiamente in questo mondo nella stessa maniera come vi è Dio, e non sono servi o mercenari, ma figli.

Eppure non sono figli senza legge, tranne che qualcuno non la pensi diversamente perché è scritto: La legge non è fatta per il giusto (1 Tm 1, 9). Ma bisogna sapere che altra è la legge promulgata dallo spirito di servitù nel timore, altra è la legge concessa dallo spirito di libertà nella dolcezza. A quella non sono sottoposti i figli, ma senza questa soffrirebbero.

Buona legge e soave è la carità, che non solo è lieve e dolce da portare, ma rende sopportabili e leggere anche le leggi dei servi e dei mercenari. Queste, peraltro, non le distrugge ma fa in modo che si completino, come dice il Signore: Non son venuto per abolire, ma per dare compimento alla legge (Mt 5, 17). La carità addolcisce quella, regola questa, leviga l’una e l’altra. La carità non sarà mai senza timore, ma sarà un timore santo; mai senza desideri, ma ben regolati. La carità dà compimento alla legge del servo, quando infonde la devozione; e porta a compimento la carità del mercenario, quando regola la bramosia.
Perciò la devozione frammista al timore non lo annulla, ma lo santifica. Viene soltanto tolta l’idea del castigo, senza la quale la legge non poteva sussistere finché riguardava esclusivamente i servi; ma il timore rimane nei secoli dei secoli, però casto e filiale. Perciò, nella frase: L’amore perfetto scaccia il timore (1 Gv 4, 18). Bisogna intendere che la causa è presa al posto dell’effetto; si allude alla pena, la cui idea non manca mai al timore servile, come ho detto.

Così la bramosia è regolata a dovere dalla sopraggiungente carità, in quanto il male viene eliminato in assoluto, e al bene è preferito il meglio; anzi il bene non è desiderato se non in vista del meglio. Quando per grazia di Dio questo risultato sarà pienamente raggiunto, sarà amato il corpo e ogni bene del corpo, ma solo in vista dell’anima, l’anima in vista di Dio, Dio infine per se stesso. Ma siccome siamo fatti di carne e nasciamo dalla concupiscenza della carne, è necessario che in noi tale bramosia — o l’amore incipiente — nasca dalla carne. Se questa è diretta nel giusto ordine, avanzando per gradi sotto la guida della grazia, alla fine sarà assimilata allo spirito. Infatti, non vi fu prima ciò che è spirituale, ma quello che è animale, e poi lo spirituale, ed è necessario che prima rechiamo l’immagine dell’essere terrestre e poi quella del celeste (Cf 1 Cor 15, 46-49).

Da principio quindi l’uomo ama se stesso per se stesso. Egli è carne e non è capace di intendere nulla fuori di sé. Quando vede che con le sole sue forze non può sussistere, per mezzo della fede comincia a ricercare e ad amare Dio, in quanto a lui necessario. Perciò in un secondo momento ama Dio, ma in vista di sé, non in vista di lui.

Quando, sotto la spinta della propria necessità, l’uomo comincia ad onorare il Signore e a frequentarlo con la meditazione, la lettura, la preghiera, l’obbedienza, ecco che, in conseguenza di tale familiarità, Dio a poco a poco insensibilmente gli si rivela e gli comunica la sua dolcezza. Allora, dopo aver gustato quanto è dolce il Signore, l’uomo passa al terzo grado, cioè ama Dio non in vista di sé, ma in vista di lui.

Per lo più si rimane a questo grado, e non so se in questa vita sia possibile realizzare pienamente il quarto grado, dove l’uomo ama se stesso solo in vista di Dio. Se qualcuno lo ha sperimentato, ce lo dica; a me, lo confesso, ciò sembra impossibile.

Ma questo accadrà sicuramente quando il servo buono e fedele sarà introdotto nella gioia del suo Signore e saziato dell’abbondanza della casa di Dio. Allora, come ebbro, meravigliosamente dimentico di sé, quasi cessando di appartenersi, si sprofonderà tutto in Dio e aderendo a lui, sarà con lui un solo spirito.

Augustinus
20-08-04, 00:31
S. Bernardi Vita prima, I, 19. 24. 61. 71. PL 185, 238. 241. 260. 266.

Bernardo entrò nella casa di Cistello, contrassegnata dalla povertà spirituale; in quell’epoca era una comunità del tutto irrilevante. Lo animavano l’intenzione di morirvi alla memoria e al cuore degli uomini, e la speranza di tenersi celato in disparte, come un utensile buono a nulla.

Ma Dio aveva un altro progetto su di lui e se lo andava preparando come vaso di elezione: Bernardo non solo avrebbe consolidato ed esteso la vita monastica, ma diffuso il nome di Dio in mezzo a popoli e re fino alle estremità della terra.

Bernardo, non supponendo nulla di ciò e tanto meno stimandolo per sé, badava piuttosto a custodire il cuore e a perseverare con fermezza nel suo proposito. Aveva sempre nell’animo, spesso anche sul labbro, questa domanda: “Bernardo, Bernardo, perché sei venuto qui?”.

Come leggiamo del Signore Gesù che fece e insegnò (At 1, 1), dal primo giorno del suo ingresso nella cella di novizio, cominciò a praticare lui stesso quello che avrebbe poi insegnato agli altri. Di fatto, quando fu nominato abate di Chiaravalle, eravamo soliti udirlo ripetere ai novizi che si presentavano, sollecitando la propria ammissione: “Se hai premura di raggiungere le realtà interiori, lascia fuori la carne che hai portato dal mondo; solo lo spirito entra qui, la carne non serve a nulla”.

Negli intervalli in cui riposava dal lavoro dei campi, Bernardo pregava continuamente, oppure leggeva e meditava. Per pregare, si valeva della solitudine, se poteva trovarla. Altrimenti, sia in privato sia in pubblico, egli stesso costruiva la sua solitudine nel cuore. Così dappertutto egli dimorava solitario.

Con speciale diletto leggeva di continuo le Sacre Scritture attraverso una lettura diretta e in ordine successivo, perché diceva che nulla gliele faceva capire meglio del testo stesso. “Qualsiasi mistero o verità divina esse presentino in quelle pagine — egli testimoniava — io le gusto molto meglio nella fonte originaria che nei ruscelli derivati dai commenti”. Perciò, pieno dello Spirito che divinamente ispirò le Sacre Scritture, si valeva di esse, secondo la parola dell’Apostolo, per insegnare, convincere, correggere (2 Tm 3, 16), animato da una totale fiducia. Infatti, poté riportare un successo che non si è smentito neppure ai nostri giorni.
Quando annunciava la parola di Dio, la veniva esponendo agli ascoltatori in modo così chiaro e piacevole (e di conseguenza così efficace a smuovere i cuori), che tutti — dotti secolari o ecclesiastici — erano ammirati per le parole di grazia che scorrevano dalle sue labbra.

Le virtù e i miracoli di Bernardo, questo mortale amato da Dio e dagli uomini, brillavano fulgidi nella sua valle e nelle regioni vicine ogni volta che era obbligato a recarvisi per gli affari del suo monastero. Poi cominciò anche a percorrere i paesi più lontani, sia chiamato dalle necessità della Chiesa, sia in obbedienza ai superiori. Ricorrevano a lui per ristabilire accordi insperati tra Chiesa e potenze secolari; oppure, con l’aiuto di Dio, riusciva a concludere pacificamente i conflitti che a giudizio umano apparivano insanabili. Egli puntava sulla potenza della fede e non sull’ingegnosità di questo mondo, per cui questa sua fede tante volte rendeva possibile l’impossibile, come se trasportasse le montagne. E la sua fama andava facendosi altissima fino alla venerazione di tutti. Soprattutto in Bernardo cominciò a brillare con successo crescente la sua forza evangelizzatrice: egli riusciva a risvegliare e convertire anche i cuori duri dell’uditorio ed era raro che tornasse in monastero privo di frutti spirituali.

Dubito che oggi ci sia qualcuno più ricco di Bernardo in prudenza efficace e insieme affettuosa, tale da promuovere la carità già in atto o suscitarla dove ancora non c’era. Chi fu come lui facitore di bene, cordiale verso tutti, pieno di affetto con gli amici, paziente con i nemici? Ma Bernardo potrà mai aver avuto un nemico, lui che non volle mai essere ostile a qualcuno?

Non esiste amicizia senza un rapporto interpersonale, anzi è possibile soltanto fra due che sono amici. E l’inimicizia nasce solo fra due che si avversano. Chi odia o comunque non ama colui che gli vuol bene, merita d’esser chiamato malvagio piuttosto che nemico. Ma colui che vuol bene a ogni uomo, non potrà mai, in forza sua, inimicarsi qualcuno. Ciò non toglie che a volte dovrà patire la cattiveria altrui, gratuitamente malevola. La carità, quando pervade totalmente un cuore, è paziente, è benevola. Grazie alla sapienza de bella la malizia, con la sopportazione vince l’impazienza, con l’umiltà vince la superbia. Tale fu Bernardo.

Augustinus
20-08-04, 00:35
Sermones In Cantica LVIX, 2.6-8; XLV, 7-9. PL 183,1113.1115-1116.1102-1003.

Quale è l'azione del Verbo quando viene nell'anima? Quella di istruirla nella sapienza. Quale è l'azione del Padre quando viene nell'anima? Quella di infonderle l'amore della sapienza, sicché ella possa dire di essersi innamorata della bellezza di Lui. E' proprio del Padre amare, per cui si riconosce la venuta del Padre dall'amore infuso. Che cosa gioverebbe l'istruzione senza l'amore?Gonfierebbe. Che sarebbe l'amore senza istruzione? Cadrebbe nell'errore. Errano infatti coloro, di cui san Paolo dice: Rendo loro testimonianza che hanno zelo per Dio, ma non secondo una retta conoscenza (Rm 10,2). Non è bene che la sposa del Verbo devii, e il Padre non la sopporterebbe gonfia di superbia. Il Padre, infatti, ama il Figlio e senz'altro demolisce e distrugge quanto si erge contro la scienza del Verbo, sia ravvivando nell'anima lo zelo, sia colpendola mosso da sollecitudine verso di lei. L'uno è l'effetto della sua misericordia, l'altro della sua giustizia. Dio si degni di abbassare in me, anzi d'annientare alla radice ogni forma di orgoglio, non mediante la vampa della sua ira, ma con l'infusione del suo amore.

Me ne andrò in un luogo di rifugio per nascondermi dal furore del Signore. Mi ritirerà cioè in quello zelo buono, che soavemente arde ed efficacemente espia. Non espia forse la carità? Tantissimo. Ho letto appunto che essa copre una moltitudine di peccati (1 Pt 4, 8). Ma la carità non è ugualmente capace di abbattere e umiliare ogni arroganza degli occhi e del cuore? Certamente, perché la carità non s'innalza ne si gonfia. Se dunque il Signore si degnerà di venire a me, o piuttosto in me, non nello zelo del suo furore, e nemmeno nella sua ira, ma in uno spirito d'amore e di mitezza, geloso di me della gelosia di Dio, da questo conoscerò che non è solo, ma anche il Padre è venuto con lui. Quanta tenerezza in questo amore del Padre! Per questo è chiamato non solo Padre del Verbo, ma anche Padre delle misericordie (2 Cor 1, 3), a perché gli è innato avere sempre pietà e perdonare.

Mi accorgo che mi viene aperta l'intelligenza per comprendere le Scritture? Sento un discorso sapiente quasi traboccare fuori dal fondo del cuore? Mi succede che mi siano rivelati i misteri perché mi è infusa una luce dall'alto? Oppure mi sembrerà che si spalanchino per me le profondità del cielo, riversando nell'animo le piogge feconde della meditazione? In tutte queste esperienze non dubito che lo Sposo sia presente. Sono infatti queste le ricchezze del Verbo e noi le riceviamo dalla sua pienezza. Se poi anche mi sento pervaso dalla rugiada di uno zelo umile e devoto, sicché l'amore della verità conosciuta generi in me l'odio e il disprezzo per la vanità, e la scienza non mi gonfi o la frequenza delle visite divine non mi faccia insuperbire, allora riconosco in me l'effetto della tenerezza paterna e non dubito che lui, il Padre, sia presente. Se poi, per quanto sta in me, persevero nel corrispondere a questa bontà cosi grande con moti e azioni adeguate, perché la grazia di Dio non sia vana in me, allora il Padre e il Verbo prenderanno dimora presso di me, l'uno dandomi il nutrimento l'altro offrendomi la dottrina.

Pensa quante grazie derivano all'anima da questa familiarità costante con il Verbo e dalla familiarità quanta fiducia proviene. L'anima può dire senza timori: Il mio diletto è per me (Ct 2, 16). Sentendo tutta la veemenza del proprio amore, ella non dubita di essere amata con la medesima intensità. Mediante una straordinaria attenzione, la costante sollecitudine, la cura operosa, il fervore sempre vigile. il desiderio tenace di piacere a Dio, l'anima riconosce tutto ciò in lui riguardo a sé, rammentandosi della promessa: Con la misura con la quale misurate sarete misurati (Mt 7, 2). La sposa prudente, tuttavia, baderà bene di non attribuirsi il merito di quest'amore reciproco, sapendo invece che il diletto l'ha prevenuta. Perciò pone al primo posto l'opera del diletto:Il mio diletto e per me e io per lui (Ct 2,16).

Ella deduce i sentimenti divini da quelli che prova lei stessa, e dal fatto che ama, non dubita di essere amata. L'amore di Dio verso l'anima genera l'amore dell'anima verso Dio, e l'attenzione che lui porta all'anima previene l'attenzione che quella rivolge a lui.
Non so per quale vicinanza di natura, allorché l'anima a faccia scoperta possa contemplare la gloria di Dio, subito per forza diviene conforme al suo Signore e si trasforma in una medesima immagine con lui. Pertanto, quale ti preparerai per Dio, tale Dio ti apparirà: sarà santo con il santo, innocente con l'innocente.

Perché Dio non sarebbe amante con chi lo ama, disponibile con chi lo accoglie? Perché non si rivolgerà a chi gli è attento e non dovrebbe prendersi cura di chi è sollecito verso di lui? La stessa Sapienza dice nel libro dei Proverbi: Io amo coloro che mi amano e quelli che mi cercano mi troveranno (Prv 8, 17). Lo vedi? Dio non solo ti assicura del suo amore se tu lo ami, ma anche ti garantisce cura e sollecitudine, se tu lo circonderai con le tue premure. Se tu vegli, veglia anche lui. Alzati nel cuore della notte, anticipa la veglia quanto vuoi, troverai sempre che ti ha preceduto. Sbagli, se in questo pensi di fare tu qualcosa prima o più di lui: Dio ti ama più di quanto tu non lo ami, e ben prima di quando ha inizio il tuo affetto.

Ogni volta che senti o leggi che il Verbo e l'anima parlano tra loro o si guardano, non immaginare che ciò avvenga mediante il suono della voce o attraverso immagini sensibili. Ascolta piuttosto che cosa devi pensare al riguardo. Il Verbo è Spirito, cosi come l'anima, ed essi hanno un loro linguaggio per parlarsi e manifestare la propria presenza. La lingua del Verbo è il favore della sua benevolenza, quella dell'anima è il fervore della devozione.

L'anima che ne è priva, non sa parlare, come un bambino senza l'uso della parola, e non può intessere nessun colloquio con il Verbo. Quando il Verbo vuole parlare all'anima, impiega il linguaggio che gli è proprio, che l'anima non può far a meno di percepire: La parola di Dio e viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito (Eb 4, 12). Allo stesso modo, quando l'anima vuol parlare al Verbo, egli non lo può ignorare, non solo perché è presente in ogni luogo, ma soprattutto perché la lingua dell'amore non può entrare in azione, se la grazia stessa non la stimola.

Quando il Verbo dice all'anima:Come sei bella, amica mia, come sei bella! (Ct 1, 15) egli infonde in lei la grazia di amare e di essere amata. E quando l'anima a sua volta esclama: Come sei bello, mio diletto, quanto grazioso! (Ct 1,16) ella confessa senza fingere o mentire che dal Verbo le viene la duplice grazia di amarlo e di essere amata da lui. L'anima ammira cosi la bontà dello sposo ed è piena di stupore di fronte alla sua generosità. La bellezza dello sposo raffigura l'amore che egli ha per l'anima, amore tanto più grande in quanto previene sempre. Perciò dall'intimo del cuore, con, l'espressione dei suoi più segreti e vivi affetti, la sposa esclama che deve amarlo con tanto più ardore quanto più senti che lui per primo l'amò. Cosi la parola del Verbo è l'infusione del dono, la risposta dell'anima è lo stupore della gratitudine. L'anima tanto più stupefatta si slancia ad amare, quando sa che il diletto in questo la vince. Non contenta di dire che lo sposo è bello, deve ripeterlo, indicando cosi la bellezza singolare di lui.

Continuando a sottolineare che il suo amico è bello, l'anima esprime la mirabile bellezza delle due nature di Cristo: quella della natura e quella della grazia. Come sei bello sotto lo sguardo degli angeli, Signore Gesù! Sei bello nella tua sostanza divina, nel giorno della tua eternità, generato prima dell'aurora, nello splendore dei tuoi santi, fulgida immagine della sostanza del Padre, luce perenne della vita eterna, che mai si offusca. Come mi appari bello, Signore, quando ti contemplo nel tuo stato glorioso. Ma quando annientasti te stesso, spogliandoti de la luce indefettibile e a tua natura, allora la tua bontà maggiormente rifulse, il tuo amore fu più sfavillante, più radiosa splendette la tua grazia. Questa stella che sorge in Giacobbe come mi pare brillante! Come esci splendido virgulto dalla radice di Iesse! Come mi allieta la luce di questo astro che sorge e viene a visitarmi nelle mie tenebre! Alla vista di tante meraviglie tutte le potenze della mia anima non potranno non esclamare: Chi è come te, Signore (Sal 34,10)?.

Augustinus
20-08-04, 00:37
In Mt., hom. 24, 2-3. PG 57, 323-324.

In precedenza, ai discepoli Gesù aveva sempre parlato di realtà future, ricordando il regno eterno, una ricompensa ineffabile o consolazioni celesti. Ora egli vuole loro mostrare la forza della virtù e i frutti che essa porta nella vita terrena. Qual è dunque il profitto della virtù? Molteplice: fa vivere nella sicurezza, senza soccombere a nessuna sciagura, e rende superiore ai maltrattamenti di chiunque ci colpisca. Quale felicità può eguagliare questo? Neppure chi cinge la corona potrebbe procurarsela; la incontra soltanto chi è impegnato nel bene. Il giusto, infatti, possiede in abbondanza i frutti della virtù e lui solo gode di inalterabile quiete in mezzo ai marosi che agitano la nostra esistenza. Si rimane sbalorditi a vederlo imperturbabile, mentre intorno infuria la tempesta; prove e gravi rivolgimenti si accavallano e non esiste serenità, ma lui è in pace.

Cadde la pioggia ... strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella i casa. ed essa non cadde, perché era fondata sopra la roccia (Mt 7,25). Le parole "pioggia, fiumi, venti" sono metafore per indicare i mali e le sciagure di questo mondo: la persecuzione dell'uomo sull'uomo, lutti, morte, perdita dei congiunti, guai da parte del prossimo, e tutti gli altri mali che nella vita piombano addosso. Ma l'anima del giusto non cede a nessuna di queste prove, perché è fondata sulla roccia. Per "roccia" Cristo intende la stabilità dei suoi insegnamenti. I suoi precetti infatti sono più solidi di una rupe e innalzano l'uomo sopra tutte le bufere di questo mondo. Chi è fedele nel seguire il vangelo, resterà inaccessibile non solo agli attacchi degli uomini, ma più ancora alle insidie demoniache.

Non è millanteria quanto siamo venuti dicendo. Ce lo testimonia Giobbe, che subì tutti gli assalti del demonio, ma persistette imbattibile. Lo conferma anche l'esempio degli apostoli. Essi furono assaliti da ogni violenza di questo mondo, scatenata contro di loro dai popoli, dai tiranni, dai vicini e dai lontani, da tutta la malizia di Satana e dei suoi demoni, ma se la cavarono sempre e rimasero più saldi di una rupe. Può esserci una condizione di vita più felice di questa? Né la ricchezza. né la prestanza fisica, né la gloria, né il potere e null'altro di ciò che esiste possono procurare all'uomo una simile fermezza interiore. Unicamente il possesso della virtù è capace di tanto.

Che male potrà farti colui che trama di nascosto a tuo danno? Ti getterà in carcere? Ma anche prima che ti arrestino, Gesù ti chiede di essere crocifisso per il mondo. L'avversario dirà male di te? Ma Cristo ti ha già liberato da questo dolore. Al di là della pena, egli ti ha promesso di ricompensare molto la tua pazienza. Ti vuole poi cosi scevro da risentimento e puro da moti iracondi che ti chiede persino di pregare per i nemici. Mettiamo che ti perseguitino dandoti la caccia in mille modi. Non fanno che prepararti una corona ancora più splendida. Sarai ammazzato, strangolato barbaramente? E' il più gran bene che ti possano fare. Ti assegnano il premio destinato al martiri e ti lanciano più alla svelta verso il porto della pace.

Augustinus
20-08-04, 00:49
Memoráre,
piíssima Virgo Maria,
a saéculo non esse audítum
quemquam
ad tua curréntem praesídia,
tuam implorántem auxília,
tua peténtem suffrágia
esse derelíctum.

Ego,
tali animátus confidéntia,
ad te, Virgo vírginum, Mater, curro:
ad te vénio,
coram te gemens peccátor assísto.

Noli, Mater Verbi,
verba mea despícere,
sed audi propítia et exáudi.
Amen.

*****
Ricordati,
o piissima Vergine Maria,
non essersi mai udito al mondo
che alcuno
abbia ricorso al tuo patrocinio,
implorato il tuo aiuto,
chiesto la tua protezione
e sia stato abbandonato.

Animato da tale confidenza,
a te ricorro, o Madre Vergine delle Vergini,
a te vengo
e, peccatore contrito,
innanzi a te mi prostro.

Non volere, o Madre del Verbo,
disprezzare le mie preghiere,
ma ascoltami propizia ed esaudiscimi.
Amen.

Augustinus
20-08-04, 01:03
http://www.catholictradition.org/Angels/angels-13a.jpg http://img175.imageshack.us/img175/2624/2apparigh0.jpg http://www.wga.hu/art/l/lippi/flippino/2/2appari.jpg http://www.wga.hu/art/l/lippi/flippino/2/2appari1.jpg Filippino Lippi, Apparizione della Vergine a S. Bernardo, 1486, Chiesa di Badia, Firenze

http://www.wga.hu/art/l/lippi/filippo/1440/08bernar.jpg Fra Filippo Lippi, La Vergine appare a S. Bernardo, 1447, National Gallery, Londra

http://cgfa.sunsite.dk/perugino/perugino5.jpg http://www.wga.hu/art/p/perugino/saints/vision.jpg http://www.pinakothek.de/images/9643_11743-h.jpg Pietro Perugino, La Vergine appare a S. Bernardo, 1493, Alte Pinakothek, Monaco

Augustinus
20-08-04, 13:38
San Bernardo, Abate di Chiaravalle, domandò nella preghiera a Nostro Signore quale fosse stato il maggior dolore sofferto nel corpo durante la sua Passione. Gli fu risposto: “Io ebbi una piaga sulla spalla, profonda tre dita, e tre ossa scoperte per portare la croce: questa piaga mi ha dato maggior pena e dolore di tutte le altre e dagli uomini non è conosciuta. Ma tu rivelala ai fedeli cristiani e sappi che qualunque grazia mi chiederanno in virtù di questa piaga verrà loro concessa; ed a tutti quelli che per amore di essa mi onoreranno con tre Pater, tre Ave e tre Gloria al giorno perdonerò i peccati veniali e non ricorderò più i mortali e non moriranno di morte improvvisa ed in punto di morte saranno visitati dalla Beata Vergine e conseguiranno la grazia e la misericordia”.

PREGHIERA ALLA SACRA SPALLA

Dilettissimo Signore Gesù Cristo, mansuetissimo Agnello di Dio, io povero peccatore, adoro e venero la Vostra Santissima Piaga che riceveste sulla Spalla nel portare la pesantissima Croce del Calvario, nella quale restarono scoperte tre Sacralissime Ossa, tollerando in essa un immenso dolore; Vi supplico, per virtùà e meriti di detta Piaga, ad avere su di me misericordia col perdonarmi tutti i miei peccati sia mortali che veniali, ad assistermi nell’ora della morte e di condurmi nel vostro regno beato.

SAN PIO E LA PIAGA DELLA SPALLA

San Pio da Pietrelcina è stato uno di quei pochissimi sacerdoti santi ad aver avuto l'onore di portare sul proprio corpo i segni visibili e tangibili della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo, e anche lui ha patito gli stessi atroci dolori alla piaga della sua spalla, a conferma di quanto rivelato direttamente da Gesù a San Bernardo sulla presenza di una dolorosissima ed incognita piaga alla Sua Sacra Spalla. Una sconcertante scoperta riguardo ai dolori alla spalla patiti da Padre Pio è stata fatta dopo la sua morte da un carissimo amico del Padre, nonché suo figlio spirituale, Fra' Modestino da Pietrelcina, il quale riferì: "... Dopo la morte di Padre Pio, continuai ad esplorare con cura ed oculatezza ogni lembo dei suoi indumenti che sistemavo e archiviavo, con il presentimento che ancora qualche altra sconcertante scoperta avrei dovuto fare. Non mi sbagliai! Quando fù la volta delle maglie, mi venne in mente che una sera del 1947, davanti alla cella N0 5, Padre Pio mi confidò che uno dei suoi più grandi dolori era quello che provava quando si cambiava la maglia... avevo pensato che quel dolore fosse stato causato al venerato Padre dalla piaga che egli aveva sul costato. Il 4 febbraio 1971 però dovetti cambiare opinione allorché, osservando con più attenzione una maglia di lana da lui usata, notai sopra di essa, con mia grande sorpresa, all'altezza della clavicola destra, una traccia indelebile di sangue. Non mi sembrava, come nella "camicia della flagellazione" una macchia di essudazione sanguigna. Si trattava del segno evidente di una ecchimosi circolare di circa dieci centimetri di diametro, all'inizio della spalla destra, vicino alla clavicola. Mi balenò l'idea che il dolore lamentato da Padre Pio potesse derivargli da quella misteriosa piaga. Rimasi scosso e perplesso. D'altra parte avevo letto su qualche libro di pietà una preghiera in onore della piaga della spalla di Nostro Signore, apertagli dal legno della Croce che, scoprendogli tre sacratissime ossa, Gli avevano procurato acerbissimo dolore. Se in Padre Pio si erano ripetuti tutti i dolori della Passione, non era da escludersi che egli avesse sofferto anche quelli provocati dalla piaga della spalla. La sua sofferenza nel contemplare Cristo carico del pesante legno e più ancora, carico dei nostri peccati, gli aveva procurato certamente sulla spalla quella ennesima ferita. Dolore mistico e dolore fisico. Ormai, grazie al mio amico medico, avevo le idee chiare, o quasi, in proposito. In Gesù, carico della croce, sulla spalla si era avuta la distruzione dell'epidermide e del sottocutaneo. Il peso del legno e lo strofinio del durissimo elemento rigido contro le parti molli, gli aveva prodotto una lesione traumatica muscolare, con "risentimento algico nevritico osseo". In Padre Pio quella lesione fisica, generata dalla sofferenza mistica, aveva determinato un profondo ematoma e una fuoriuscita di liquido ematico sulla spalla destra, con secrezione sierosa. Ecco quindi sulla maglia un alone sfocato con al centro la macchia scura del sangue assorbito. Di questa scoperta parlai subito al padre superiore che mi disse di scrivere una breve relazione. Anche Padre Pellegrino Funicelli, che per anni aveva assistito Padre Pio, mi confidò che, aiutando parecchie volte il Padre a cambiare la maglia di lana che indossava, aveva notato quasi sempre, sulla spalla ora destra ora sinistra, una ecchimosi circolare. In aggiunta a questa, un 'importante conferma mi venne dallo stesso Padre Pio. A sera, prima di addormentarmi, feci a lui, con tanta fede, questa preghiera: "Caro Padre, se tu avevi veramente la piaga alla spalla, dammene un segno". Mi addormentai. Ma, esattamente all'una e cinque minuti di quella notte, mentre dormivo tranquillamente, un improvviso, acuto dolore alla spalla mi fece svegliare. Era come se qualcuno, con un coltello mi avesse scarnito l'osso della clavicola. Se quel dolore fosse durato qualche minuto ancora, penso che sarei morto. Contemporaneamente sentii una voce che mi diceva: "Così ho sofferto io!". Un intenso profumo mi avvolse e riempì tutta la mia cella. Sentii il cuore traboccante di amor di Dio. Provai ancora una strana sensazione: l'essere stato privato di quella insopportabile sofferenza mi era ancora più penoso. Il corpo voleva respingerla ma l'anima, inspiegabilmente, la desiderava. Era dolorosissima e dolce insieme. Ormai avevo capito! Confuso più che mai avevo la certezza che Padre Pio, oltre alle stigmate alle mani, ai piedi e al costato, oltre ad aver subito la flagellazione e la coronazione di spine, per anni, novello Cireneo di tutti e per tutti, aveva aiutato Gesù a portare la croce delle nostre miserie, delle nostre colpe, dei nostri peccati. E quella maglia ne portava indelebile il segno!".

da "Novissimum Verbum" (sett. - dic. 2002)

Preghiera per domandare una grazia

Dilettissimo Signore mio Gesù Cristo, mansueto Agnello di Dio, io povero peccatore Ti adoro e considero la dolorosissima piaga della tua spalla aperta dalla pesante croce che hai portato per me. Ti ringrazio del Tuo immenso dono d’Amore per la Redenzione e spero le grazie che Tu hai promesso a coloro che contemplano la Tua Passione e l’atroce piaga della Tua Spalla. Gesù, mio Salvatore, incoraggiato da Te a chiedere quello che desidero, Ti chiedo il dono del Tuo Santo Spirito per me, per tutta la Tua Chiesa, e la grazia (... chiedere la grazia desiderata); fa che sia tutto per la Tua gloria e il mio maggior bene secondo il Cuore del PADRE. Amen. tre Pater, tre Ave, tre Gloria.

http://www.preghiereagesuemaria.it/images/sspalla.jpg

Augustinus
20-08-04, 13:44
Ave, maris stella
Dei mater alma
atque semper virgo
Felix caeli porta.

Sumens illud "Ave"
Gabrielis ore,
funda nos in pace,
mutans Evae nomen.

Solve vincla reis,
profer lumen caecis,
mala nostra pelle,
bona cuncta posce.

Monstra te esse matrem,
sumat per te precem
qui pro nobis natus
tulit esse tuus.

Virgo singuláris,
inter omnes mitis,
nos culpis solútos
mites fac et castos.

Vitam praesta puram,
iter para tutum,
ut vidéntes Iesum
semper collaétemur.

Sit laus Deo Patri,
summo Christo decus.
Spirítui Sancto
honor, tribus unus. Amen.

****
Ave, stella del mare,
eccelsa madre di Dio
e sempre Vergine,
felice porta del cielo.

Accogliendo quell'"Ave"
dalla bocca di Gabriele,
donaci la pace,
mutando il nome di Eva.

Sciogli i vincoli per i rei,
dà luce ai cechi,
scaccia i nostri mali,
dacci ogni bene.

Mostrati Madre di tutti,
offri la nostra preghiera,
Cristo l'accolga benigno,
lui che si è fatto tuo Figlio.

Vergine santa fra tutte,
dolce regina del cielo,
rendi innocenti i tuoi figli,
umili e puri di cuore.

Donaci giorni di pace,
veglia sul nostro cammino,
fa' che vediamo il tuo Figlio,
pieni di gioia nel cielo.

Lode all'altissimo Padre,
gloria al Cristo Signore,
salga allo Spirito Santo,
l'inno di fede e d'amore. Amen.

Per ascoltarlo, v. QUI (http://www.latunicastracciata.net/sp_podcast/audio/BSVM/04_ave_maris_stella.mp3)

Augustinus
20-08-04, 14:10
http://www.wga.hu/art/l/lippi/flippino/2/1palaott.jpg Filippino Lippi, Altare della Signoria, c.d. Pala degli Otto (Vergine con Bambino ed i SS. Giovanni Battista, Vittore, Bernardo e Zenobio e due angeli), 1486, Galleria degli Uffizi, Firenze

http://www.cattolicesimo.com/immsacre/bernard.jpg Autore sconosciuto, S. Bernardo regge l'Abbazia di Clairvaux, XVII sec.

http://www.cattolicesimo.com/immsacre/j9.jpg Gaspar de Crayer, S. Stefano Harding ammette Bernardo nell'Ordine cistercense, 1660 circa, Art Gallery of Ontario

http://www.rigollot.com/sbernard.jpg Autore sconosciuto, S. Bernardo , XVI sec., Tesoro della Cattedrale, Troyes

http://www.cattolicesimo.com/immsacre/ber1.jpg Jerónimo Jacinto de Espinosa, S. Bernardo di Chiaravalle caricato degli strumenti della Passione, XVII sec.

http://www.cattolicesimo.com/immsacre/madbam.jpg Scuola di Raffaello, Madonna con Bambino e SS. Bernardo e Benedetto, 1721, Pinacoteca, Abbazia di Casamari

Augustinus
19-08-05, 17:40
http://www.wga.hu/art/r/roelas/s_bernar.jpg Juan de las Roelas, Visione di S. Bernardo (lactactio), 1611, Hospital de San Bernardo, Siviglia

http://hungart.euroweb.hu/kep/p/pesce/muvek/szbernat.jpg Girolamo Pesce (Pesci), S. Bernardo dinanzi alla Vergine 1725, Hétkápolna, Vác

http://www.santacaterinabg.it/img/fg/sdipinti/0190907.jpg

http://pcturismo.liberta.it/magazine/chiaravalle/App_Ber_Ben.JPG Gianbettino Cignaroli, Apparizione della Vergine ai SS. Benedetto e Bernardo, XVII sec.

http://www.cattolicesimo.com/immsacre/ber2.jpg Giovanni Battista Volponi detto lo Scalabrino, Visione di san Bernardo di Chiaravalle con i santi Girolamo e Michele arcangelo e un donatore, metà del XVI sec., Cerreto Guidi (FI)

http://www.museodelprado.es/uploads/tx_gbobras/p02804a01nf2005.jpg http://www.wga.hu/art/r/ribalta/francisc/christsb.jpg http://img151.imageshack.us/img151/2936/christsb1yo8.jpg Francisco Ribalta, S. Bernardo abbraccia il Cristo, 1626, Museo del Prado, Madrid

hessler
19-08-05, 21:08
ioamo profondamente questa figura di mistico, teologo ed uomo d'azione; in un periodo travagliato come il xii secolo, egli percorse tutta l'europa per consigliare, ammonire e consolare..un gigante della fede, una stella luminosa nel grande firmamento di DIO..non riesco a trovare le parole per ringraziare l'ONNIPOTENTE x avercelo dato

SAN BERNARDO DA CHIARAVALLE, ORA PRO NOBIS!

Augustinus
20-08-05, 10:15
Originally posted by hessler
ioamo profondamente questa figura di mistico, teologo ed uomo d'azione; in un periodo travagliato come il xii secolo, egli percorse tutta l'europa per consigliare, ammonire e consolare..un gigante della fede, una stella luminosa nel grande firmamento di DIO..non riesco a trovare le parole per ringraziare l'ONNIPOTENTE x avercelo dato

SAN BERNARDO DA CHIARAVALLE, ORA PRO NOBIS!

:) :) :)

Bellarmino
21-08-05, 12:51
Vorrei fare i miei più sentiti complimenti a Francesco per lo zelo col quale ha fatto diventare questo forum uno tra i migliori di POL.
Aggiungo, inoltre, che questo spazio è davvero una grande enciclopedia on line dov'è possibile reperire tantissimo materiale.
Proporrei ad Augustinus di domandare alla redazione di POL che questo forum, per una maggiore fruibilità e visibilità, si emancipasse slegandosi da "Cattolici Romani" per essere collocato, a buon diritto, tra i forum tematici.
Saluti.
:) :) :)

Augustinus
21-08-05, 13:46
Originally posted by Bellarmino
Vorrei fare i miei più sentiti complimenti a Francesco per lo zelo col quale ha fatto diventare questo forum uno tra i migliori di POL.
Aggiungo, inoltre, che questo spazio è davvero una grande enciclopedia on line dov'è possibile reperire tantissimo materiale.
Proporrei ad Augustinus di domandare alla redazione di POL che questo forum, per una maggiore fruibilità e visibilità, si emancipasse slegandosi da "Cattolici Romani" per essere collocato, a buon diritto, tra i forum tematici.
Saluti.
:) :) :)

Caro Ale,
ti ringrazio. Questo del sottoforum è una specie di angolo di riflessione e di fruizione contenutistica ed iconografica. In fondo, il "silenzio" rende questo sottoforum una specie di piccola oasi.
Comunque sarà quel che Dio vorrà.
Ti ringrazio ancora.
Con amicizia

Francesco

Augustinus
13-05-06, 18:17
http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/3/30/Heiligenkreuz.Bernard_of_Clervaux.jpg Georg Andreas Wasshuber, S. Bernardo di Chiaravalle, 1700, Chiesa abbaziale di Heiligenkreuz, Vienna

http://www.insecula.com/Photosnew/00/00/05/77/ME0000057789_3.JPG http://www.photo.rmn.fr/LowRes2/TR1/20S4GY/95-005779.jpg Francesco Botticini, S. Vergine col Bambino in gloria, tra i SS. Maria Maddalena e Bernardo, circondati da angeli, serafini e cherubini, 1485 circa, Musée du Louvre, Parigi

http://www.culture.gouv.fr/Wave/image/joconde/0039/m063804_0000739_p.jpg Anonimo, Un miracolo di S. Bernardo, XVIII sec., musée des Beaux-Arts, Valenciennes

http://www.insecula.com/Photosnew/00/00/05/80/ME0000058096_3.JPG Vicente Carducho, S. Bernardo di Chiaravalle rende visita al Rev.do Padre Generale Guigues I, quinto priore della Grande Certosa di Grenoble, 1626-32, Musée du Louvre, Parigi

http://www.insecula.com/Photosnew/00/00/05/88/ME0000058869_3.JPG http://www.photo.rmn.fr/LowRes2/TR1/5LG1Z6/05-509922.jpg Joos van Cleve, La Vergine con il Bambino e S. Bernardo in preghiera - Allattamento miracoloso di S. Bernardo, 1505-10, Musée du Louvre, Parigi

http://www.culture.gouv.fr/Wave/image/joconde/0321/m105004_0000865_p.jpg Innocenzo da Imola, La Vergine appare a S. Bernardo ed è ad ella presentato da S. Michele, XVI sec., musée des beaux-arts, Chambéry

Augustinus
13-05-06, 18:54
Qualcuno potrebbe storcere il naso riguardo ad un episodio che riguarda la vita di S. Bernardo.
A questi si racconta che la Vergine, un giorno, concesse di poter bere il latte del proprio seno. E' la c.d. lactatio Virginis. Ne parlano del miracolo anche i Bollandisti: "... Bernardum lactatum quidem a Virgine fuisse, non tamen in carne, seu labiis carnalibus, neque per lac reale ac physicum, verum duntaxat in spiritu, et per mysticum quemdam influxum, hoc utique est antiquae veritati, quae tot calamis, tot penicillis per quinque et amplius saecula firmata est, suspicionem affricare: quasi vero veteres illi scriptores non scivissent aeque distinguere, ac nos, inter influxum illum mysticum, ac physicum et realem. Utraque lactatio concedenda Bernardo est, et illa in spiritu, et haec in carne: non neganda haec altera, quam utique principalius intenderunt historici veteres et sinceri". Si tratta di un'immagine di cui si è anche appropriata la storia dell'arte.

http://pesanervi.diodati.org/pn/doc/CIMG0496.jpg Anonimo pittore toscano, Lactatio di San Bernardo, XVI-XVII sec., museo della Basilica di Santa Croce in Gerusalemme, Roma

http://www.digischool.nl/ckv2/kerk/chartres/lactatio1.jpg

Si tratta di una grazia singolarissima concessa, appunto, a S. Bernardo ed altri santi, donata ad anime pure e semplici, le quali tornano bambine tra le braccia della più amabile tra le madri. Il venerabile Giovanni Giacomo (o Giangiacomo) Olier (Jean Jacques Olier), fondatore di Saint Sulpice a Parigi, uno dei maggiori rappresentanti della "Scuola francese di spiritualità", nella quale si metteva l’accento soprattutto sul mistero dell’Incarnazione, e sul posto di Maria nel piano divino della salvezza, fa accenno a questa grazia, parlandone in termini assai precisi.
«Il suo materno sguardo ci accompagna dovunque. Maria è tutta tenerezza, tutta indulgenza [...], da far stupire gli stessi Angeli. Il ven. Olier ci insegna in qual modo ci vengano date e comunicate queste grazie in ogni istante: come un latte celeste che succhiamo al seno materno di Maria. Chi potrà descrivere la bellezza della vita delle anime pure e semplici, che una grazia infinitamente preziosa attira verso di Lei come bambini verso la loro mamma? Tali anime si portano con immensa gioia e con una dolcezza meravigliosa verso questo Cuore, verso questo seno benedetto e là trovano la sorgente inesauribile della vita. È cosa commovente che Maria stessa abbia voluto giustificare e consacrare, con un gesto di accondiscendenza che inebria d’amore, questa via in qualcuno dei suoi fedeli servi. Felice san Bernardo che venne chiamato il fratello di latte di Gesù, “Collactaneus Christi”» (Padre Stefano M. Miotto, La Madre della divina Grazia (http://immacolata.dns2go.com:8500/Settimanaleppio/index.cfm?ID=111)).
La lactatio, dunque, anche se per il mistico che ne ha la visione ha i caratteri di realità e concretezza, in verità è un dono spirituale che esprime la maternità e la vicinanza di Maria nei confronti dell'anima eletta.
Lo stesso dicasi per queelle Sante che si inebriavano alla grazia del costato di Cristo.

http://www.insecula.com/Photosnew/00/00/02/92/ME0000029260_3.jpg François-Léon Benouville, Comunione mistica di S. Caterina da Siena (o S. Chiara d'Assisi?) al costato di Cristo, XIX sec., Musée du Louvre, Parigi

Augustinus
20-08-06, 07:53
PIO XII

LETTERA ENCICLICA

DOCTOR MELLIFLUUS

VIII CENTENARIO DELLA MORTE DI SAN BERNARDO

24 maggio 1956 (1)

Il dottore mellifluo «ultimo dei padri, ma non certo inferiore ai primi»,(2) si segnalò per tali doti di mente e di animo, cui Dio aggiunse abbondanza di doni celesti, da apparire dominatore sovrano nelle molteplici e troppo spesso turbolente vicende della sua epoca, per santità, saggezza e somma prudenza, consiglio nell'agire. Perciò grandi lodi gli vengono tributate non solo dai sommi pontefici e dagli scrittori della chiesa cattolica, ma non di rado persino dagli eretici. Il Nostro predecessore di f.m. Alessandro III, nell'atto di iscriverlo tra l'universale giubilo nell'albo dei santi, così scrisse con riverenza di lui: «Abbiamo rievocato alla nostra memoria la santa e venerabile vita di questo spirito eletto: come egli, sostenuto da una non comune prerogativa di grazia, non solo risplendesse per la sua vita pia e santa, ma anche irradiasse dappertutto nella chiesa di Dio la luce della sua fede e della sua dottrina. Quali frutti egli abbia recato nella casa di Dio con la sua parola e il suo esempio non c'è nessuno, si può dire, in tutta l'estensione della cristianità che lo ignori, avendo egli diffuso le istituzioni della nostra santa religione fino nelle terre straniere e barbare ... e avendo revocato alla retta pratica della vita religiosa ... una moltitudine infinita di peccatori».(3) «Egli fu infatti - scrive C. Baronio - uomo davvero apostolico, anzi vero apostolo inviato da Dio, potente per l'opera e per la parola, che ha reso illustre in ogni dove e fra tutti il suo apostolato con i prodigi che lo accompagnavano, sì da doversi dire che nulla ebbe in meno dei grandi apostoli ... ornamento e sostegno a un tempo di tutta la chiesa cattolica».(4)

A queste testimonianze di somma lode, cui altre senza numero si potrebbero aggiungere, si rivolge il Nostro pensiero, mentre si compiono otto secoli dal giorno in cui il restauratore e propagatore del sacro ordine cistercense piamente passò da questa vita mortale, che egli aveva illustrata con tanto lume di dottrina e fulgore di santità, alla suprema vita. Ci è cosa assai grata meditare e scrivere sui suoi grandi meriti in modo che, non solo i suoi seguaci, ma altresì tutti coloro che pongono il loro diletto in ciò che è vero, bello, santo, ne traggano incitamento a seguire i suoi preclari esempi di virtù.

La sua dottrina fu attinta quasi interamente dalle pagine della sacra Scrittura e dei santi padri, che giorno e notte aveva tra mano e meditava a fondo; non già dalle sottili dispute dei dialettici e filosofi, che più di una volta mostra di stimar meno.(5) Si noti però che egli non rigetta l'umana filosofia che sia genuina filosofia, che conduca cioè a Dio, alla vita onesta e alla cristiana sapienza; ma quella che con vuota verbosità e col fallace prestigio dei cavilli presume con temeraria audacia di assurgere alle cose divine e penetrare interamente i misteri divini, sì da violare - come spesso accadeva anche allora - l'integrità della fede e miseramente sdrucciolare nell'eresia.

«Vedi ... - egli scrive - come [san Paolo apostolo (cf. 1Cor 8,2)] fa dipendere il frutto e l'utilità della scienza dal modo di sapere? Ma che vuol dire modo di sapere, se non che tu sappia con quale ordine, con quale animo, a qual fine, che cosa si debba sapere? Con quale ordine: anzitutto, ciò che è più opportuno per la salvezza; con quale animo: più appassionatamente ciò che più accende l'amore; a qual fine: non per vana gloria o per curiosità o per qualcosa di simile, ma solo per tua edificazione o del prossimo. Vi sono infatti alcuni che amano di sapere solo per sapere; ed è turpe curiosità. Altri che desiderano di conoscere perché essi stessi siano conosciuti; ed è turpe vanità. Ci sono alcuni che desiderano di sapere per vendere la loro scienza, ad esempio, per denaro, per gli onori; ed è turpe mercimonio. Ma ci sono anche di quelli che vogliono sapere per edificare; ed è carità. Ci sono poi coloro che desiderano sapere per esser edificati; ed è prudenza».(6)

Qual sia la dottrina, o meglio la sapienza che egli segue ed intensamente ama, felicemente esprime con queste parole: «C'è lo spirito di sapienza e d'intelletto, il quale come un'ape che reca cera e miele, ben ha donde accendere il lume della scienza e infondere il sapore della grazia. Non speri dunque di ricevere il bacio, né colui che afferra la verità ma non ama, né colui che ama, ma non comprende».(7) «Che cosa produrrebbe la scienza senza l'amore? Gonfierebbe. Che cosa l'amore senza la scienza? Errerebbe».(8) «Risplendere soltanto è vano; ardere soltanto è poco; ardere e risplendere è perfetto».(9) Da dove abbia origine la vera e genuina dottrina e come debba essere congiunta con la carità, egli spiega con queste parole: «Dio è sapienza, e vuol essere amato non solo dolcemente, ma anche sapientemente. ... Altrimenti assai facilmente lo spirito dell'errore si farà giuoco del tuo zelo, se trascurerai la scienza; e l'astuto nemico non ha strumento più efficace per strappar dal cuore l'amore, che se riesce a far sì che si cammini in esso incautamente e non sotto la guida della ragione».(10)

Da queste parole appare ben chiaro che Bernardo con lo studio e la contemplazione ha unicamente inteso di dirigere, stimolato dall'amore più che dalla sottigliezza delle opinioni umane, verso il Sommo Vero i raggi di verità da qualsiasi parte raccolti; da lui impetrando la luce alle menti, la fiamma della carità agli animi, le rette norme per la condotta morale. È questa la vera sapienza, che supera ogni umana realtà e tutto riconduce alla propria fonte, cioè a Dio, per convertire a lui gli uomini. Il dottore mellifluo, dunque, non si fonda sull'acutezza del suo ingegno per procedere con piede di piombo fra gli incerti e malsicuri anfratti del ragionamento, non si fonda sugli artificiosi e ingegnosi sillogismi, di cui tanto abusavano sovente al suo tempo i dialettici; ma come aquila, con lo sguardo fisso al sole, con rapidissimo volo mira al vertice della verità. Infatti, quella carità che lo stimolava non conosce impedimenti e mette ali, per così dire, all'intelligenza. A lui, insomma, la dottrina non è ultima meta, ma è piuttosto via che conduce a Dio; non è cosa fredda, in cui vanamente indugi l'animo, come gingillandosi affascinato da fulgori evanescenti, ma dall'amore è mosso, stimolato, governato. Perciò Bernardo, sostenuto da tale sapienza, meditando, contemplando e amando si eleva alle supreme vette della scienza mistica e si congiunge con Dio stesso, quasi fruendo già in questa vita mortale della beatitudine infinita.

Il suo stile poi, vivace, fiorito, abbondante e sentenzioso, è così dolce e soave da attirare l'animo del lettore, dilettarlo, elevarlo alle cose di lassù; da eccitare, alimentare, dirigere la pietà; da indurre infine l'animo a perseguire quei beni che non sono caduchi e passeggeri, ma veri, certi, eterni. Perciò i suoi scritti furono sempre in grande onore; da essi la chiesa stessa ha tratte non poche pagine celestiali e calde di pietà per la sacra liturgia.(11) Sembrano quasi vivificate dal soffio dello Spirito Santo e vivide di tal luce, che mai può estinguersi nel corso dei secoli, perché nasce dall'animo di colui che scrive, assetato di verità e carità, e desideroso di nutrirne gli altri conformandoli a propria immagine.(12)

Ci piace, venerabili fratelli, riferire circa questa mistica dottrina dai suoi libri, a comune utilità, alcune bellissime sentenze: «Abbiamo insegnato che ogni anima, benché piena di peccati, irretita nei vizi, schiava delle passioni, prigioniera dell'esilio, incarcerata nel corpo, benché, dico, a tal punto condannata e priva di speranza; abbiamo insegnato che essa tuttavia può scorgere in sé tanto, da poter non solo dilatare l'animo alla speranza del perdono, della misericordia, ma perfino da osar aspirare alle nozze del Verbo, da non temere di stringere patto d'alleanza con Dio, da non dubitare di stringere soave giogo d'amore con il Re degli angeli: Che cosa non può osare con sicurezza presso Colui di cui essa scorge in sé la nobile immagine, conosce la splendida somiglianza?».(13) «Tale conformità marita l'anima col Verbo, poiché così essa si rende simile per mezzo della volontà a Colui cui è simile per natura e Lo ama come ne è amata. Se dunque ama perfettamente; ha contratto le nozze. Che cosa vi è di più giocondo di tale conformità? Qual cosa più desiderabile di quella carità da cui proviene che tu, o anima, non contenta degli insegnamenti degli uomini, da te stessa con fiducia ti avvicini al Verbo, sia sempre unita al Verbo, interroghi familiarmente il Verbo e lo consulti su ogni cosa, fatta tanto capace di comprendere, quanto sei audace nel desiderio? È questo veramente un contratto di connubio spirituale e santo. Ho detto poco, contratto: è un amplesso. Amplesso, in verità, in cui volere e non volere le stesse cose fa di due uno spirito solo. E non c'è da temere che la disparità delle persone renda in qualche modo imperfetto l'accordo delle volontà, perché l'amore non sente soggezione reverenziale. Infatti amore viene da amare, non da riverire. ... L'amore abbonda nel proprio senso, l'amore quando giunge assimila e sottomette tutte le altre affezioni. Perciò chi ama, ama ed altro non sa».(14)

Dopo aver notato che Dio vuole dagli uomini esser amato, ancor più che temuto e onorato, aggiunge queste acute e sottili osservazioni: «Esso (l'amore) basta da sé, piace in sé e per sé. Esso è merito, è premio a se stesso. L'amore non ricerca motivo, non frutto fuori di sé. Il suo frutto è l'uso di sé. Amo perché amo; amo per amore. Grande cosa è l'amore, purché ricorra al suo principio, ritorni alla sua origine, rifluisca alla sua fonte, sempre vi attinga di che perennemente scorrere. È solo l'amore, fra tutti i moti, sentimenti e affetti dell'animo, quello in cui la creatura può, anche se non a parità, corrispondere al suo Autore, ovvero restituire vicendevolmente in cosa simile».(15)

Poiché egli stesso ha sovente sperimentato nella contemplazione e nella preghiera questo divino amore che ci permette di congiungerci strettamente con Dio, dal suo animo prorompono queste parole infocate: «O felice (anima), resa degna di esser prevenuta con la benedizione di tanta dolcezza! Felice, poiché le è stato dato di sperimentare un abbraccio così beatificante! Ciò non è altro che amore santo e casto, soave e dolce; amore tanto sereno, quanto sincero; amore scambievole, intimo e forte, che congiunge due non in una sola carne, ma in un solo spirito, fa sì che due non sian più due, ma uno solo, come dice Paolo (cf.1Cor 6,17): "Chi aderisce a Dio, è un solo spirito con lui"».(16)

Questa sublime dottrina mistica del Dottore di Chiaravalle, che supera e può saziare ogni umano desiderio, sembra al giorno d'oggi talora negletta, o messa da parte, o dimenticata da molti; costoro, presi dalle sollecitudini e dalle faccende quotidiane, non cercano e desiderano altro se non ciò che è utile e redditizio per questa vita mortale; e quasi mai elevano l'occhio e la mente al cielo; quasi mai aspirano alle cose di lassù, ai beni non perituri.

Eppure, anche se non tutti possono attingere le vette di tale contemplazione divina, di cui Bernardo discorre con sublimi pensieri e parole, anche se non tutti possono congiungersi così intimamente con Dio, da sentirsi uniti col Sommo Bene con i vincoli come di un arcano celeste connubio; tutti possono e debbono però elevare di tanto in tanto l'animo da queste cose terrene alle celesti e amare con attiva volontà il Supremo Datore di ogni bene.

Pertanto, mentre oggi in molti animi l'amore verso Dio o insensibilmente si raffredda, o anche non raramente si spegne del tutto, stimiamo che siano da meditarsi attentamente questi scritti del dottore mellifluo; dalla loro dottrina, che del resto scaturisce dal Vangelo, tanto nella vita privata di ciascuno, quanto nell'umano civile consorzio può diffondersi una nuova soprannaturale energia che regga il pubblico costume, lo renda conforme ai precetti della morale cristiana e possa in tal modo offrire gli opportuni rimedi ai tanti e così gravi mali che turbano e travagliano la società. Quando infatti gli uomini non amano come si deve il loro Creatore, donde viene tutto ciò che essi hanno, allora non si amano neppure tra loro; anzi - come troppo spesso accade - nell'odio e nella contesa si separano vicendevolmente con asprezza si avversano. Dio è padre amorosissimo di noi tutti; noi siamo fratelli in Cristo, che egli ha redento versando il suo sacro sangue. Ogni qualvolta, dunque, non riamiamo quel Dio che ci ama e non riconosciamo con riverenza la sua divina paternità, anche i vincoli dell'amore fraterno sono disgraziatamente lacerati; e sventuratamente spuntano fuori - come purtroppo talora si vede - le discordie, le contese, le inimicizie; e queste possono arrivare a tal punto da sconvolgere e scalzare i fondamenti stessi dell'umana convivenza.

È dunque necessario restituire a tutti gli animi questa divina carità che infiammò così ardentemente il Dottore di Chiaravalle, se vogliamo che i costumi cristiani rifioriscano dappertutto, che la religione cattolica possa efficacemente compiere la sua missione e che, sedati i dissidi e restaurato l'ordine nella giustizia e nell'equità, al genere umano affaticato e travagliato rifulga serena la pace.

Di questa carità, per mezzo della quale dobbiamo sempre e con gran fervore essere uniti con Dio, siano infiammati in primo luogo coloro che hanno abbracciato l'ordine del dottore mellifluo, e parimenti tutti i sacerdoti ai quali spetta particolarmente l'obbligo di esortare ed eccitare gli altri a riaccendere il divino amore. Di questo divino amore - come abbiamo detto - se altre volte nel passato, in questi nostri tempi hanno immenso bisogno i cittadini, la domestica convivenza, l'umanità intera. Se esso arde e porta gli animi a Dio, fine ultimo dei mortali, si corroborano le altre virtù; se invece si affievolisce o si estingue, anche la tranquillità, la pace, la gioia e tutti gli altri veri beni a poco a poco si affievoliscono o si estinguono del tutto, come quelli che vengono da colui che «è carità» (1Gv 4,8).

Di questa divina carità nessuno forse ha parlato così bene, con tanta profondità, con tanta forza come Bernardo. «Il motivo per amare Dio, è Dio stesso; la misura, amarlo senza misura».(17) «Dove c'è amore, non c'è fatica, ma gusto».(18) Egli stesso confessa di averlo sperimentato, quando scrive: «O amore santo e casto! O dolce e soave affetto, tanto più soave e dolce, perché è tutto divino il sentimento che se ne prova. Sperimentarlo è divinizzarsi».(19) E altrove: «È cosa buona per me, o Signore, piuttosto stringermi a te nella tribolazione, averti con me nella fornace, che essere senza di te fosse pure in cielo».(20) Quando poi è giunto a quella somma e perfetta carità che lo unisce in intimo connubio con Dio stesso, gode di tanta gioia, di tanta pace, da non potervene essere di più grande: «O luogo della vera quiete, in cui non si vede Dio come turbato da ira o occupato in sollecitudini, ma si sperimenta in lui la sua volontà buona, benevola e perfetta! Questa visione non spaventa, ma accarezza; non eccita inquieta curiosità, ma mette in calma; non stanca i sensi, ma dà pace. Ivi veramente si riposa. Dio tranquillo dà tranquillità in tutto; vederlo pacifico è stare in pace».(21)

Questa perfetta quiete non è già morte dell'animo, ma vera vita: «Tale sopore vitale e vigilante illumina piuttosto il senso interiore e, scacciata la morte, dona la vita eterna. È veramente un sonno, che per altro non assopisce, ma è evasione. È anche morte - non temo di dirlo - poiché l'apostolo elogiando alcuni ancor vivi nella carne, dice così (Col 3,3): "Siete morti, e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio"».(22)

Questa perfetta quiete dell'animo, di cui godiamo nel riamare Dio che ci ama, e fa sì che a lui volgiamo e dirigiamo noi e ogni nostra cosa, non ci porta alla pigrizia, non all'ignavia, non all'inerzia, ma ad un'alacre, solerte, operosa diligenza, con la quale cerchiamo di procurare, con l'aiuto di Dio, la nostra salvezza e anche quella degli altri. Infatti, tale sublime meditazione e contemplazione, incitata e stimolata dall'amore divino, «governa gli affetti, dirige le azioni, corregge gli eccessi, regola i costumi, adorna la vita e vi fa regnare l'ordine, dona infine la scienza delle cose divine e umane. È essa che distingue ciò che è confuso, unisce ciò che è diviso, raccoglie ciò che è disperso, investiga ciò che è nascosto, ricerca il vero, pondera ciò che è verosimile, scopre la finzione e l'artificio. Essa preordina ciò che è da farsi, riflette su ciò che è stato fatto, di modo che nulla rimanga nell'animo di poco corretto o bisognoso di correzione. Nella prosperità essa presente l'avversità, nelle avversità quasi non le sente; l'una è fortezza, l'altra prudenza».(23)

E infatti, benché aneli a restar immerso in sì alta meditazione e soave contemplazione, alimentata dal divino spirito, tuttavia il dottore mellifluo non rimane chiuso tra le pareti della sua cella, che pur «custodita è dolce»,(24) ma dovunque sia in questione la causa di Dio e della chiesa, è subito presente col consiglio, con la parola, con l'azione. Asseriva infatti che non «deve ognuno vivere per sé, ma per tutti».(25) Di se stesso, poi, e dei suoi così scriveva: «In tal modo anche ai nostri fratelli tra cui viviamo, siamo debitori, per diritto di fraternità e umano consorzio, di consiglio e di aiuto».(26) Quando con dolore vedeva minacciata o perseguitata la nostra santa religione, non risparmiava fatiche, non viaggi, non premure per difenderla strenuamente e porgerle aiuto secondo le sue possibilità. «Nulla mi è estraneo - diceva - di ciò che si riveli interesse di Dio».(27) E al re Ludovico di Francia scrive queste coraggiose parole: «Noi figli della chiesa, non possiamo in alcun modo dissimulare le ingiurie recate alla nostra madre, il disprezzo verso di lei, i suoi diritti conculcati... Per certo staremo saldi e combatteremo fino alla morte, se sarà necessario, per la nostra madre, con le armi che ci si addicono; non con gli scudi e le spade, ma con le preghiere e le lacrime al cospetto di Dio».(28) A Pietro, abate di Cluny: «Mi glorio nelle mie tribolazioni, se sono stato ritenuto degno di soffrirne alcuna per la chiesa. Questa è la mia gloria che esalta il mio capo, il trionfo della chiesa. Se infatti siamo stati compagni nella fatica, lo saremo anche nella consolazione. È stato doveroso collaborare con la nostra madre, unirci alla sua passione ...».(29)

Quando poi il corpo mistico di Gesù Cristo fu conturbato da scisma così grave che anche i buoni rimanevano dubbiosi tra le due parti, egli si consacrò interamente per comporre i dissidi e per la felice riconciliazione e unione degli animi. Poiché i prìncipi, per ambizione di dominio terreno, erano separati da spaventose discordie, dalle quali potevano derivare gravi danni per i popoli, egli si fece artefice di pace e riconciliatore per una mutua concordia. Infine, poiché i luoghi santi della Palestina consacrati al divino Redentore col proprio sangue erano in gravissima condizione ed esposti all'ostile pressione di eserciti stranieri, per mandato del sommo pontefice incoraggiò con alte parole e più alta carità i prìncipi e i popoli cristiani ad una nuova crociata; se questa non sortì felice esito, non fu certo per sua colpa.

Trovandosi poi soprattutto esposta a gravissimi pericoli l'integrità, trasmessa dagli avi quale sacra eredità, della fede cattolica e dei costumi, per opera soprattutto di Abelardo, di Arnaldo da Brescia e di Gilberto della Porretta, egli, sia con la pubblicazione di scritti colmi di dottrina, sia con faticosi viaggi, tentò, sorretto dalla divina grazia, tutto ciò che gli fu possibile, per debellare e far condannare gli errori, e perché gli erranti, per quanto era in suo potere, ritornassero sulla retta via e a miglior consiglio.

Egli, consapevole che in questa cosa non importava tanto la sapienza dei dottori, quanto l'autorità soprattutto del romano pontefice, si diede cura d'interporre tale autorità, da lui riconosciuta, nel dirimere tali questioni, come suprema e del tutto infallibile. Pertanto al Nostro predecessore di f.m. Eugenio III, già suo discepolo, scrive queste parole, che rivelano il suo amore e la profonda riverenza verso di lui, unita con quella libertà d'animo che si addice ai santi: «L'amore non conosce il padrone, conosce il figlio anche sotto la tiara. ... Ti ammonirò dunque non come maestro, ma come madre; certamente come uno che ti vuol bene».(30) Lo interpella in seguito con queste ardenti parole: «Chi sei? Il gran sacerdote, il sommo pontefice. Tu sei il principe dei vescovi, l'erede degli apostoli ... Pietro per potestà, per unzione Cristo. Sei colui al quale sono state consegnate le chiavi, affidate le pecorelle. Vi sono anche altri portinai del Cielo e pastori di greggi; ma tu sei tanto più glorioso, quanto più grande è la differenza con cui hai ereditato al disopra degli altri entrambi questi nomi. Quelli hanno assegnati i loro greggi, a ciascuno il proprio: a te sono stati affidati tutti, a te solo nell'unità. E non soltanto tu sei pastore dei greggi, ma unico pastore di tutti i pastori».(31) E ancora: «Deve uscir al di fuori di questo mondo chi volesse ricercare ciò che non appartiene alla tua cura».(32)

Riconosce poi apertamente e pienamente l'infallibilità del magistero del romano pontefice, per quanto riguarda la fede e i costumi. Infatti, quando combatte gli errori di Abelardo, il quale «allorché parla della Trinità, risente di Ario; quando della grazia, sa di Pelagio; quando della persona di Cristo, sa di Nestorio»;(33) «egli che pone dei gradi nella Trinità, delle modalità nella maestà, successione numerica nell'eternità»;(34) e in lui «l'umana ragione usurpa tutto per sé e nulla lascia alla fede»;(35) egli non discute le sottili, contorte e ingannevoli fallacie e cavilli, li dissolve e li confuta, ma scrive altresì al Nostro predecessore d'immortale memoria Innocenzo II per simile motivo queste gravi parole: «Occorre riferire alla vostra autorità apostolica ogni pericolo... quelli soprattutto che riguardano la fede. Penso esser giusto che ivi soprattutto si riparino i danni della fede, dove la fede non può venir meno. E questa è la prerogativa di tale sede... È tempo, Padre amatissimo, che voi riconosciate la vostra potestà... In questo fate veramente le veci di Pietro, del quale occupate la sede, se con i vostri moniti confermate gli animi incerti nella fede, se con la vostra autorità sterminate i corruttori della fede».(36)

Ma da dove questo umile monaco, quasi senza alcun mezzo umano, abbia potuto attingere la forza per vincere anche le più ardue difficoltà, per risolvere intricatissimi problemi e dirimere le questioni più imbarazzanti, solamente si può capire se si pensa all'esimia santità di vita che lo adornava, congiunta con un grande amore della verità. Era infiammato soprattutto, come abbiamo detto, della più accesa carità verso Dio e verso il prossimo, che è, come ben sapete, venerabili fratelli, il principale precetto e quasi il compendio di tutto il Vangelo; di modo che non solo era sempre misticamente unito col Padre celeste, ma ancora niente più desiderava che guadagnare gli uomini a Cristo, sostenere i sacrosanti diritti della chiesa e difendere con invitto coraggio l'integrità della fede cattolica.

In mezzo ai tanti favori e alla stima di cui godeva presso i sommi pontefici, presso i prìncipi e presso i popoli, non si insuperbiva, non andava in cerca della mutevole e vana gloria umana, ma risplendeva in lui sempre quella cristiana umiltà che «raccoglie le altre virtù ... dopo averle raccolte le custodisce ... e conservandole le perfeziona»;(37) sicché «non sembrano nemmeno virtù ... senza di quella».(38) Perciò non agitarono la sua anima gli onori che gli furono offerti, e il suo piede non fu mosso per dirigersi verso la gloria; e non lo attirava «più la tiara o il sacro anello, che il rastrello e il sarchio».(39) Mentre poi si sobbarcava a tali e tante fatiche per la gloria di Dio e l'incremento del nome cristiano, si professava «inutile servo dei servi di Dio»,(40) «vile vermiciattolo»,(41) «albero sterile»,(42) «peccatore, cenere ...».(43) Alimentava quest'umiltà cristiana e le altre virtù con l'assidua contemplazione delle realtà celesti; le alimentava con le infiammate preci rivolte a Dio, con le quali attirava la grazia celeste su di sé e sulle opere da lui intraprese.

In modo specialissimo era preso da così ardente amore per Gesù Cristo, divino redentore, che sotto la sua mozione e il suo stimolo scriveva pagine bellissime e nobilissime, che ancor oggi destano l'ammirazione universale e infiammano la pietà del lettore. «Quale altra cosa arricchisce l'anima che vi medita sopra ... irrobustisce le virtù, fa fiorire i buoni e onesti costumi, suscita casti affetti? È arido ogni cibo dell'anima, se non vi si infonde questo olio; è insipido, se non è condito con questo sale. Se scrivi qualcosa, non lo gusto se non vi leggo Gesù. Se fai una disputa o un ragionamento, non mi piace se non vi risuona Gesù. Gesù è miele nella bocca, dolce concerto all'orecchio, giubilo al cuore. Ma è anche medicina. C'è tra voi qualcuno triste? Gesù scenda nel cuore, salga poi al labbro; ed ecco, alla luce di questo nome ogni nube si dissolve, torna il sereno. Qualcuno ha commesso una colpa? corre disperato al laccio di morte? Ma se invocherà questo nome di vita, non sentirà subito speranza di vita?... C'è qualcuno che, angustiato e trepido tra i pericoli, invocando questo nome di forza non senta subito la fiducia e fugato il timore?... Nulla meglio infrange l'impeto dell'ira, reprime il tumore della superbia, sana la ferita dell'invidia...».(44)

A questo infiammato amore per Gesù Cristo si univa una tenerissima e soave devozione verso la sua eccelsa Madre, che egli, come propria amorosissima madre, ricambiava di amore nutrendo per lei un culto profondo. Aveva tanta fiducia nel suo potente patrocinio, da usare queste espressioni: «Dio ha voluto che noi nulla ottenessimo, che non passi per le mani di Maria».(45) Così pure: «Tale è la volontà di Colui, che ha voluto che noi avessimo tutto per mezzo di Maria».(46)

A questo punto ci è grato, venerabili fratelli, proporre a tutti da meditare quella pagina che è forse la più bella per le lodi della santa vergine Madre di Dio, la più ardente, la più atta a suscitare in noi l'amore verso di lei, la più utile per infiammare la pietà e a imitare i suoi esempi di virtù: «... È detta Stella del mare e la denominazione ben si addice alla Vergine Madre. Ella con la massima convenienza è paragonata ad una stella; perché come la stella sprigiona il suo raggio senza corrompersi, così la Vergine partorisce il Figlio senza lesione della propria integrità. Il raggio non menoma alla stella la sua chiarità, né il Figlio alla Vergine la sua integrità. Ella è dunque quella nobile stella nata da Giacobbe, il cui raggio illumina tutto il mondo, il cui splendore rifulge in cielo e penetra gli inferi... Ella è, dico, la preclara ed esimia stella, che è necessariamente al di sopra di questo grande e spazioso mare, fulgente di meriti, chiara dei suoi esempi. O tu, chiunque sia, che ti avvedi di essere in balìa dei flutti di questo mondo, tra le procelle e le tempeste, invece di camminare sulla terra, non distogliere gli occhi dal fulgore di questa stella, se non vuoi essere travolto dalle tempeste. Se insorgono i venti delle tentazioni, se incappi negli scogli delle tribolazioni, guarda la stella, invoca Maria. Se sei sballottato dalle onde della superbia, della detrazione, dell'invidia: guarda la stella, invoca Maria. Se l'ira, o l'avarizia, o l'allettamento della carne scuotono la navicella dell'anima: guarda a Maria. Se tu, conturbato per l'enormità del peccato, pieno di confusione per la laidezza della coscienza, intimorito per il tenore del giudizio, incominci ad essere inghiottito dall'abisso della tristezza, dalla voragine della disperazione: pensa a Maria. Nei pericoli, nelle angustie, nelle incertezze, pensa a Maria, invoca Maria. Ella non si parta mai dal tuo labbro, non si parta mai dal tuo cuore; e perché tu abbia ad ottenere l'aiuto della sua preghiera, non dimenticare mai l'esempio della sua vita. Se tu la segui, non puoi deviare; se tu la preghi, non puoi disperare; se tu pensi a lei, non puoi sbagliare. Se ella ti sorregge, non cadi; se ella ti protegge, non hai da temere; se ella ti guida, non ti stanchi; se ella ti è propizia, giungerai alla meta...».(47)

Ci sembra che meglio Noi non potremmo terminare questa lettera enciclica, che invitandovi tutti con le parole del dottore mellifluo ad accrescere ogni giorno più la devozione verso l'alta Madre di Dio, e parimenti a imitare col più grande impegno le sue eccelse virtù, ciascuno secondo le peculiari condizioni della propria vita. Se nel secolo XII gravi pericoli minacciavano la chiesa e l'umanità, altri non meno gravi, senza dubbio, minacciano la nostra età. La fede cattolica, che dà all'uomo le più grandi consolazioni, non di rado è indebolita negli animi, e perfino in alcuni paesi e nazioni è aspramente combattuta in pubblico. E quando la religione cristiana è negletta e combattuta dai suoi nemici, si vede purtroppo che i costumi privati e pubblici tralignano dalla retta via e anche talora attraverso i meandri dell'errore si scende infelicemente nel fondo dei vizi.

Al posto della carità, che è vincolo di perfezione, di concordia e di pace, si fanno strada gli odi, le contese, le discordie.

Un che d'inquieto, d'angustioso e di trepido penetra nell'animo umano: c'è proprio da temere che, se la luce del Vangelo a poco a poco diminuisce e languisce in molti, o - peggio ancora - se viene respinta del tutto, verranno a crollare i fondamenti stessi della civiltà e della vita domestica; e in tal modo verranno tempi anche peggiori e più infelici.

Come, dunque, il dottore di Chiaravalle chiese l'aiuto della vergine Madre di Dio Maria e lo ebbe per l'età sua turbolenta, così noi tutti, con la medesima costante pietà e preghiera dobbiamo ottenere dalla divina madre nostra che a questi gravi mali, sovrastanti o temuti, essa impetri da Dio gli opportuni rimedi; e benigna e potente conceda che, con l'aiuto divino, arrida finalmente una sincera, solida e fruttuosa pace alla chiesa, ai popoli, alle nazioni.

Siano questi i pingui e salutari frutti, mercè la protezione di Bernardo, delle celebrazioni centenarie della sua pia morte; tutti si uniscano a Noi in queste preci e suppliche, e ad un tempo, osservando e meditando gli esempi del dottore mellifluo, si sforzino di seguire volenterosamente e con zelo le sue sante tracce.

Di questi salutari frutti sia propiziatrice l'apostolica benedizione che a voi, venerabili fratelli, ai vostri greggi e particolarmente a coloro che appartengono all'istituto di san Bernardo, impartiamo con effusione di cuore.

Roma, presso San Pietro, nella festa di pentecoste, il 24 maggio 1953, anno XV del Nostro pontificato.

PIO PP. XII

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(1) PIUS PP. XII, Litt. enc. Doctor mellifluus octavo exeunte saeculo a piissimo s. Bernardi obitu, [Ad venerabiles Fratres Patriarchas, Primates, Archiepiscopos, Episcopos aliosque locorum Ordinarios pacem et communionem cum Apostolica Sede habentes], 24 maii 1953: AAS 45(1953), pp. 369-384.

I molti elogi di s. Bernardo. Sua scienza umana e divina. Bellezza e utilità del suo stile. Sue sentenze sull'unione dell'anima con Dio, particolarmente utili in tempi di naturismo e di laicismo come l'odierno, e altre sulla carità verso Dio e la quiete perfetta che ne ridonda sull'anima devota, stimolo efficace per la salvezza dell'anima propria ed altrui, come san Bernardo mostrò con l'esempio della sua vita, tutta spesa nel difendere la dottrina cattolica e i diritti della Santa Sede. Tra le virtù del santo, l'umiltà e il suo amore verso Gesù Cristo e la sua Madre; loro opportunità nelle angustie del tempo presente.

(2) MABILLON, Bernardi Opera, Praef. generalis, n. 23: PL 182, 26.

(3) Litt. apost. Contigit olim, XV kal. febr. [17 ian.] an. 1174, Anagniae d.

(4) Annal., t. XII, a. 1153, p. 385 D-E, Romae, ex Typographia Vaticani, 1607.

(5) Cf. Serm. in festo SS. Apost. Petri et Pauli, n. 3: PL 183, 332B.

(6) In Cantica, serm, XXXVI, 3: PL 183, 968CD.

(7) In Cantica, serm. VIII, 6: PL 183, 813AB.

(8) In Cantica, serm. LXIX, 2: PL 183, 1113A.

(9) In Nat. S. Ioan. Bapt., serm. 3: PL 183, 399B.

(10) In Cantica, serm. XIX, 7: PL 183, 866D.

(11) Cf. Brev. Rom. in festo SS. Nom. Iesu; die III intra octavam Concept. immac. B.M.V.; in octava Assumpt. B.M.V.; in festo septem Dolor. B.M.V.; in festo s acrat. Rosarii B.M.V.; in festo S. Iosephi Sp. B.M.V.; in festo S. Gabrielis Arch.

(12) Cf. Fénelon, Panégyrique de St. Bernard.

(13) In Cantica, serm. LXXXIII; 1: PL 183, 1181CD.

(14) In Cantica, serm. LXXXIII, 3: PL 183, 1182CD.

(15) In Cantica, serm. LXXXIII, 4: PL 183, 1183B.

(16) In Cantica, serm. LXXXIII, 6: PL 183, 1184C.

(17) De diligendo Deo, c. I: PL 182, 974A.

(18) In Cantica, serm. LXXXV, 8: PL 183, 1191D.

(19) De diligendo Deo, c. X, 28: PL 182, 991A.

(20) In Ps. 190, serm. XVII, 4: PL 183, 252C.

(21) In Cantica, serm. XXIII, 16: PL 183, 893AB.

(22) In Cantica, serm. LII, 3: PL 183, 1031A.

(23) De Consid., I, c. 7: PL 182, 737AB.

(24) De imit. Ch., I, 20, 5.

(25) In Cantica, serm. XLI, 6: PL 183, 987B.

(26) De Adventu D., serm. III, 5: PL 183, 45D.

(27) Epist. 20 (ad Card. Haimericum): PL 182, 123B.

(28) Epist. 221, 3: PL 182, 386D-387A.

(29) Epist. 147, 1: PL 182, 304C-305A.

(30) De Consid., Prolog.: PL 182, 727A; 728AB.

(31) De Consid., II c. 8: PL 182, 751CD.

(32) De Consid., III, c. 1: PL 182, 757B.

(33) Epist. 192: PL 182, 358D-359A.

(34) De error. Abaelardi, I, 2: PL 182, 1056A.

(35) Epist. 188: PL 182, 353AB.

(36) De error. Abaelardi, Praef.: PL 182, 1053, 1054D.

(37) De moribus et off. Episc., seu Epist. 42, 5,17: PL 182, 821A.

(38) Ibid.

(39) Vita Prima, II, 25: PL 185, 283B.

(40) Epist. 37: PL 182, 143B.

(41) Epist. 215: PL 182, 379B.

(42) Vita Prima, V, 12: PL 185, 358D.

(43) In Cantica, serm. LXXI, 5: PL 183, 1123D.

(44) In Cantica, serm. XV, 6: PL 183, 846D, 847AB.

(45) In vigil. Nat. Domini, serm. III, 10: PL 183, 100A.

(46) Serm. in Nat. Mariae, 7: PL 183, 441B.

(47) Hom. II super «Missus est», 17: PL 183, 70BCD, 71A.

Augustinus
20-08-06, 08:15
http://iteadjmj.com/PATROP/bernard.jpg

Augustinus
20-08-06, 08:45
http://img246.imageshack.us/img246/5977/bernard2xz6.jpg Luis Tristán, Apparizione della Vergine a S. Bernardo, XVI sec., Convento di S. Clemente, Toledo

http://img153.imageshack.us/img153/1706/bernard4tk7.jpg Jerónimo Jacinto de Espinosa, Visione mistica di S. Bernardo di Chiaravalle, Collezione Arango, Madrid

http://img153.imageshack.us/img153/2020/bernard3vr9.jpg Marcello Venusti, S. Bernardo sconfigge il diavolo, 1563 circa, Pinacoteca Vaticana, Roma

http://img154.imageshack.us/img154/289/215wo9.jpg Francisco Goya y Lucientes, S. Roberto di Molesme accoglie S. Bernardo di Chiaravalle nell'ordine cistercense, 1787, Monasterio de San Joaquín y Santa Ana, Valladolid, Spagna

http://img246.imageshack.us/img246/2743/bernard5kx6.jpg Alonso Sánchez Coello, S. Sebastiano tra i SS. Bernardo di Chiaravalle e Francesco, XVI sec., Museo del Prado, Madrid

http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/d/d4/Fra_Bartolomeo_004.jpg Fra Bartolomeo, Madonna con Bambino tra Santi (Bernardo di Chiaravalle, Antonio abate, Stefano, Giovanni Battista e Sebastiano) e donatore Jean Carandolet, 1511-12, Cattedrale, Besançon

Augustinus
20-08-06, 13:27
BENEDETTO XVI

ANGELUS

Castel Gandolfo, Domenica, 20 agosto 2006

Cari fratelli e sorelle,

oggi il calendario cita fra i santi del giorno San Bernardo di Chiaravalle, grande Dottore della Chiesa, vissuto tra l’XI e il XII secolo (1091-1153). Il suo esempio e i suoi insegnamenti si rivelano quanto mai utili anche in questo nostro tempo. Ritiratosi dal mondo dopo un periodo di forte travaglio interiore, venne eletto abate del monastero cistercense di Chiaravalle all’età di 25 anni, restandone alla guida per 38 anni, sino alla morte. La dedizione al silenzio e alla contemplazione non gli impedì di svolgere un’intensa attività apostolica. Esemplare fu anche per l’impegno con cui lottò per dominare il suo temperamento impetuoso, come pure per l’umiltà con cui seppe riconoscere i propri limiti e manchevolezze.

La ricchezza e il pregio della sua teologia non stanno tanto nell’aver percorso vie nuove, quanto piuttosto nell’essere riuscito a proporre le verità della fede con uno stile così chiaro ed incisivo da affascinare l’ascoltatore e da disporne l’animo al raccoglimento e alla preghiera. Si avverte in ogni suo scritto l’eco di una ricca esperienza interiore, che egli riusciva a comunicare agli altri con sorprendente capacità suasiva. Per lui la forza più grande della vita spirituale è l’amore. Dio, che è Amore, crea l’uomo per amore e per amore lo riscatta; la salvezza di tutti gli esseri umani, mortalmente feriti dalla colpa originale e gravati dai peccati personali, consiste nell’aderire fermamente alla divina carità, rivelataci pienamente in Cristo crocifisso e risorto. Nel suo amore Dio risana la nostra volontà e la nostra intelligenza innalzandole al più alto grado di unione con Lui, cioè alla santità e all’unione mistica. Di questo San Bernardo tratta, tra l’altro, nel breve ma sostanzioso Liber de diligendo Deo. C’è poi un altro suo scritto che vorrei segnalare, il De consideratione, indirizzato al Papa Eugenio III. Qui il tema dominante è l’importanza del raccoglimento interiore, elemento essenziale della pietà. Occorre guardarsi, osserva il santo, dai pericoli di una attività eccessiva, qualunque sia la condizione e l’ufficio che si ricopre, perché le molte occupazioni conducono spesso alla "durezza del cuore", "non sono altro che sofferenza dello spirito, smarrimento dell’intelligenza, dispersione della grazia" (II, 3). L’ammonimento vale per ogni genere di occupazioni, fossero pure quelle inerenti al governo della Chiesa. La parola che, a questo riguardo, Bernardo rivolge al Pontefice, già suo discepolo a Chiaravalle, è provocatoria: "Ecco - egli scrive - dove ti possono trascinare queste maledette occupazioni, se continui a perderti in esse… nulla lasciando di te a te stesso" (ibid.). Quanto utile è anche per noi questo richiamo al primato della preghiera e della contemplazione! Ci aiuti a concretizzarlo nella nostra esistenza San Bernardo, che seppe armonizzare l’aspirazione del monaco alla solitudine e alla quiete del chiostro con l’urgenza di missioni importanti e complesse al servizio della Chiesa.

Affidiamo questo desiderio all’intercessione della Madonna, che egli sin da fanciullo amò con tenera e filiale devozione sì da meritare il titolo di "Dottore mariano". InvochiamoLa perché ottenga il dono della pace vera e duratura per il mondo intero. San Bernardo in un suo celebre discorso paragona Maria alla stella a cui i naviganti guardano per non smarrire la rotta: "Nell’ondeggiare delle vicende di questo mondo, più che camminare per terra hai l’impressione di essere sballottato tra i marosi e le tempeste; non distogliere gli occhi dal fulgore di questa stella, se non vuoi essere inghiottito dalle onde… Guarda la stella, invoca Maria… Seguendo Lei non sbagli strada… Se Lei ti protegge non hai paura, se Lei ti guida non ti affatichi, se Lei ti è propizia giungi alla meta" (Hom. super Missus est, II, 17).

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Augustinus
20-08-06, 13:54
http://img143.imageshack.us/img143/9311/gallery327ju7.jpg http://www.catholictradition.org/Litanies/litany73-bernard.jpg http://www.wga.hu/art/b/bartolom/fra/bernard.jpg http://www.wga.hu/art/b/bartolom/fra/bernard1.jpg Fra Bartolomeo, La Vergine appare a S. Bernardo, 1504, Galleria degli Uffizi, Firenze

http://img172.imageshack.us/img172/8832/bernardobiscl6.jpg Antonio Vázquez, S. Bernardo, XVI-XVII sec., Museo Nacional de Escultura, Valladolid

Augustinus
19-08-07, 16:51
St. Bernard of Clairvaux

Born in 1090, at Fontaines, near Dijon, France; died at Clairvaux, 21 August, 1153.

His parents were Tescelin, lord of Fontaines, and Aleth of Montbard, both belonging to the highest nobility of Burgundy. Bernard, the third of a family of seven children, six of whom were sons, was educated with particular care, because, while yet unborn, a devout man had foretold his great destiny. At the age of nine years, Bernard was sent to a much renowned school at Chatillon-sur-Seine, kept by the secular canons of Saint-Vorles. He had a great taste for literature and devoted himself for some time to poetry. His success in his studies won the admiration of his masters, and his growth in virtue was no less marked. Bernard's great desire was to excel in literature in order to take up the study of Sacred Scripture, which later on became, as it were, his own tongue. "Piety was his all," says Bossuet. He had a special devotion to the Blessed Virgin, and there is no one who speaks more sublimely of the Queen of Heaven. Bernard was scarcely nineteen years of age when his mother died. During his youth, he did not escape trying temptations, but his virtue triumphed over them, in many instances in a heroic manner, and from this time he thought of retiring from the world and living a life of solitude and prayer.

St. Robert, Abbot of Molesmes, had founded, in 1098, the monastery of Cîteaux, about four leagues from Dijon, with the purpose of restoring the Rule of St. Benedict in all its rigour. Returning to Molesmes, he left the government of the new abbey to St. Alberic, who died in the year 1109. St. Stephen had just succeeded him (1113) as third Abbot of Cîteaux, when Bernard with thirty young noblemen of Burgundy, sought admission into the order. Three years later, St. Stephen sent the young Bernard, at the head of a band of monks, the third to leave Cîteaux, to found a new house at Vallée d'Absinthe, or Valley of Bitterness, in the Diocese of Langres. This Bernard named Claire Vallée, of Clairvaux, on the 25th of June, 1115, and the names of Bernard and Clairvaux thence became inseparable. During the absence of the Bishop of Langres, Bernard was blessed as abbot by William of Champeaux, Bishop of Châlons-sur-Marne, who saw in him the predestined man, servum Dei. From that moment a strong friendship sprang up between the abbot and the bishop, who was professor of theology at Notre Dame of Paris, and the founder of the cloister of St. Victor.

The beginnings of Clairvaux were trying and painful. The regime was so austere that Bernard's health was impaired by it, and only the influence of his friend William of Champeaux, and the authority of the General Chapter could make him mitigate his austerities. The monastery, however, made rapid progress. Disciples flocked to it in great numbers, desirous of putting themselves under the direction of Bernard. His father, the aged Tescelin, and all his brothers entered Clairvaux as religious, leaving only Humbeline, his sister, in the world and she, with the consent of her husband, soon took the veil in the Benedictine Convent of Jully. Clairvaux becoming too small for the religious who crowded there, it was necessary to send out bands to found new houses. n 1118, the Monastery of the Three Fountains was founded in the Diocese of Châlons; in 1119, that of Fontenay in the Diocese of Auton (now Dijon) and in 1121, that of Foigny, near Vervins, in the Diocese of Laon (now Soissons), Notwithstanding this prosperity, the Abbot of Clairvaux had his trials. During an absence from Clairvaux, the Grand Prior of Cluny, Bernard of Uxells, sent by the Prince of Priors, to use the expression of Bernard, went to Clairvaux and enticed away the abbot's cousin, Robert of Châtillon. This was the occasion of the longest, and most touching of Bernard's letters.

In the year 1119, Bernard was present at the first general chapter of the order convoked by Stephen of Cîteaux. Though not yet thirty years old, Bernard was listened to with the greatest attention and respect, especially when he developed his thoughts upon the revival of the primitive spirit of regularity and fervour in all the monastic orders. It was this general chapter that gave definitive form to the constitutions of the order and the regulations of the "Charter of Charity" which Pope Callixtus II confirmed 23 December, 1119. In 1120 Bernard composed his first work "De Gradibus Superbiae et Humilitatis" and his homilies which he entitles "De Laudibus Mariae". The monks of Cluny had not seen, with satisfaction, those of Cîteaux take the first place among the religious orders for regularity and fervour. For this reason there was a temptation on the part of the "Black Monks" to make it appear that the rules of the new order were impracticable. At the solicitation of William of St. Thierry, Bernard defended himself by publishing his "Apology" which is divided into two parts. In the first part he proves himself innocent of the invectives against Cluny, which had been attributed to him, and in the second he gives his reasons for his attack upon averred abuses. He protests his profound esteem for the Benedictines of Cluny whom he declares he loves equally as well as the other religious orders. Peter the Venerable, Abbot of Cluny, answered the Abbot of Clairvaux without wounding charity in the least, and assured him of his great admiration and sincere friendship. In the meantime Cluny established a reform, and Suger himself, the minister of Louis le Gros, and Abbot of St. Denis, was converted by the apology of Bernard. He hastened to terminate his worldly life and restore discipline in his monastery. The zeal of Bernard did not stop here; it extended to the bishops, the clergy, and the faithful, and remarkable conversions of persons engaged in worldly pursuits were among the fruits of his labours. Bernard's letter to the Archbishop of Sens is a real treatise "De Officiis Episcoporum". About the same time he wrote his work on "Grace and Free Will".

In the year 1128, Bernard assisted at the Council of Troyes, which had been convoked by Pope Honorius II, and was presided over by Cardinal Matthew, Bishop of Albano. The purpose of this council was to settle certain disputes of the bishops of Paris, and regulate other matters of the Church of France. The bishops made Bernard secretary of the council, and charged him with drawing up the synodal statutes. After the council, the Bishop of Verdun was deposed. There then arose against Bernard unjust reproaches and he was denounced even in Rome, as a monk who meddled with matters that did not concern him. Cardinal Harmeric, on behalf of the pope, wrote Bernard a sharp letter of remonstrance. "It is not fitting" he said "that noisy and troublesome frogs should come out of their marshes to trouble the Holy See and the cardinals". Bernard answered the letter by saying that, if he had assisted at the council, it was because he had been dragged to it, as it were, by force. "Now illustrious Harmeric", he added, "if you so wished, who would have been more capable of freeing me from the necessity of assisting at the council than yourself? Forbid those noisy troublesome frogs to come out of their holes, to leave their marshes ... Then your friend will no longer be exposed to the accusations of pride and presumption". This letter made a great impression upon the cardinal, and justified its author both in his eyes and before the Holy See. It was at this council that Bernard traced the outlines of the Rule of the Knights Templars who soon became the ideal of the French nobility. Bernard praises it in his "De Laudibus Novae Militiae".

The influence of the Abbot of Clairvaux was soon felt in provincial affairs. He defended the rights of the Church against the encroachments of kings and princes, and recalled to their duty Henry Archbishop of Sens, and Stephen de Senlis, Bishop of Paris. On the death of Honorius II, which occurred on the 14th of February, 1130, a schism broke out in the Church by the election of two popes, Innocent II and Anacletus II. Innocent II having been banished from Rome by Anacletus took refuge in France. King Louis le Gros convened a national council of the French bishops at Etampes, and Bernard, summoned thither by consent of the bishops, was chosen to judge between the rival popes. He decided in favour of Innocent II, caused him to be recognized by all the great Catholic powers, went with him into Italy, calmed the troubles that agitated the country, reconciled Pisa with Genoa, and Milan with the pope and Lothaire. According to the desire of the latter, the pope went to Liège to consult with the emperor upon the best means to be taken for his return to Rome, for it was there that Lothaire was to receive the imperial crown from the hands of the pope. From Liège, the pope returned to France, paid a visit to the Abbey of St. Denis, and then to Clairvaux where his reception was of a simple and purely religious character. The whole pontifical court was touched by the saintly demeanor of this band of monks. In the refectory only a few common fishes were found for the pope, and instead of wine, the juice of herbs was served for drink, says an annalist of Cîteaux. It was not a table feast that was served to the pope and his followers, but a feast of virtues. The same year Bernard was again at the Council of Reims at the side of Innocent II, whose oracle he was; and then in Aquitaine where he succeeded for the time in detaching William, Count of Poitiers, from the cause of Anacletus.

In 1132, Bernard accompanied Innocent II into Italy, and at Cluny the pope abolished the dues which Clairvaux used to pay to this celebrated abbey--an action which gave rise to a quarrel between the "White Monks" and the "Black Monks" which lasted twenty years. In the month of May, the pope supported by the army of Lothaire, entered Rome, but Lothaire, feeling himself too weak to resist the partisans of Anacletus, retired beyond the Alps, and Innocent sought refuge in Pisa in September, 1133. In the meantime the abbot had returned to France in June, and was continuing the work of peacemaking which he had commenced in 1130. Towards the end of 1134, he made a second journey into Aquitaine, where William X had relapsed into schism. This would have died out of itself if William could have been detached from the cause of Gerard, who had usurped the See of Bordeaux and retained that of Angoulême. Bernard invited William to the Mass which he celebrated in the Church of La Couldre. At the moment of the Communion, placing the Sacred Host upon the paten, he went to the door of the church where William was, and pointing to the Host, he adjured the Duke not to despise God as he did His servants. William yielded and the schism ended. Bernard went again to Italy, where Roger of Sicily was endeavouring to withdraw the Pisans from their allegiance to Innocent. He recalled the city of Milan, which had been deceived and misled by the ambitious prelate Anselm, Archbishop of Milan, to obedience to the pose, refused the Archbishopric of Milan, and returned finally to Clairvaux. Believing himself at last secure in his cloister Bernard devoted himself with renewed vigour to the composition of those pious and learned works which have won for him the title of "Doctor of the Church". He wrote at this time his sermons on the "Canticle of Canticles". In 1137 he was again forced to leave his solitude by order of the pope to put an end to the quarrel between Lothaire and Roger of Sicily. At the conference held at Palermo, Bernard succeeded in convincing Roger of the rights of Innocent II and in silencing Peter of Pisa who sustained Anacletus. The latter died of grief and disappointment in 1138, and with him the schism. Returning to Clairvaux, Bernard occupied himself in sending bands of monks from his too-crowded monastery into Germany, Sweden, England, Ireland, Portugal, Switzerland, and Italy. Some of these, at the command of Innocent II, took possession of Three Fountains Abbey, near the Salvian Waters in Rome, from which Pope Eugenius III was chosen. Bernard resumed his commentary on the "Canticle of Canticles", assisted in 1139, at the Second General Lateran Council and the Tenth Oecumenical, in which the surviving adherents of the schism were definitively condemned. About the same time, Bernard was visited at Clairvaux by St. Malachi, metropolitan of the Church in Ireland, and a very close friendship was formed between them. St. Malachi would gladly have taken the Cistercian habit, but the sovereign pontiff would not give his permission. He died, however, at Clairvaux in 1148.

In the year 1140, we find Bernard engaged in other matters which disturbed the peace of the Church. Towards the close of the eleventh century, the schools of philosophy and theology, dominated by the passion for discussion and a spirit of independence which had introduced itself into political and religious questions, became a veritable public arena, with no other motive than that of ambition. This exaltation of human reason and rationalism found an ardent and powerful adherent in Abelard, the most eloquent and learned man of the age after Bernard. "The history of the calamities and the refutation of his doctrine by St. Bernard", says Ratisbonne, "form the greatest episode of the twelfth century". Abelard's treatise on the Trinity had been condemned in 1121, and he himself had thrown his book into the fire. But in 1139 he advocated new errors. Bernard, informed of this by William of St. Thierry, wrote to Abelard who answered in an insulting manner. Bernard then denounced him to the pope who caused a general council to be held at Sens. Abelard asked for a public discussion with Bernard; the latter showed his opponent's errors with such clearness and force of logic that he was unable to make any reply, and was obliged, after being condemned, to retire. he pope confirmed the judgment of the council, Abelard submitted without resistance, and retired to Cluny to live under Peter the Venerable, where he died two years later.

Innocent II died in 1143. His two successors, Celestin II and Lucius, reigned only a short time, and then Bernard saw one of his disciples, Bernard of Pisa, Abbott of Three Fountains, and known thereafter as Eugenius III, raised to the Chair of St. Peter. Bernard sent him, at his own request, various instructions which compose the "Book of Consideration", the predominating idea of which is that the reformation of the Church ought to commence with the sanctity of the head. Temporal matters are merely accessories; the principal are piety, meditation, or consideration, which ought to precede action. The book contains a most beautiful page on the papacy, and has always been greatly esteemed by the sovereign pontiffs, many of whom used it for their ordinary reading.

Alarming news came at this time from the East. Edessa had fallen into the hands of the Turks, and Jerusalem and Antioch were threatened with similar disaster. Deputations of the bishops of Armenia solicited aid from the pope, and the King of France also sent ambassadors. The pope commissioned Bernard to preach a new Crusade and granted the same indulgences for it which Urban II had accorded to the first. A parliament was convoked at Vezelay in Burgundy in 1134, and Bernard preached before the assembly. The King, Louis le Jeune, Queen Eleanor, and the princes and lords present prostrated themselves at the feet of the Abbot of Clairvaux to receive the cross. The saint was obliged to use portions of his habit to make crosses to satisfy the zeal and ardour of the multitude who wished to take part in the Crusade. Bernard passed into Germany, and the miracles which multiplied almost at his every step undoubtedly contributed to the success of his mission. The Emperor Conrad and his nephew Frederick Barbarossa, received the pilgrims' cross from the hand of Bernard, and Pope Eugenius, to encourage the enterprise, came in person to France. It was on the occasion of this visit, 1147, that a council was held at Paris, at which the errors of Gilbert de la Porée, Bishop of Poitiers, were examined. He advanced among other absurdities that the essence and the attributes of God are not God, that the properties of the Persons of the Trinity are not the persons themselves in fine that the Divine Nature did not become incarnate. The discussion was warm on both sides. The decision was left for the council which was held at Reims the following year (1148), and in which Eon de l'Etoile was one of the judges. Bernard was chosen by the council to draw up a profession of faith directly opposed to that of Gilbert, who concluding by stating to the Fathers: "If you believe and assert differently than I have done I am willing to believe and speak as you do". The consequence of this declaration was that the pope condemned the assertions of Gilbert without denouncing him personally. After the council the pope paid a visit to Clairvaux, where he held a general chapter of the order and was able to realize the prosperity of which Bernard was the soul.

The last years of Bernard's life were saddened by the failure of the Crusade he had preached, the entire responsibility for which was thrown upon him. He had accredited the enterprise by miracles, but he had not guaranteed its success against the misconduct and perfidy of those who participated in it. Lack of discipline and the over-confidence of the German troops, the intrigues of the Prince of Antioch and Queen Eleanor, and finally the avarice and evident treason of the Christian nobles of Syria, who prevented the capture of Damascus, appear to have been the cause of disaster. Bernard considered it his duty to send an apology to the pope and it is inserted in the second part of his "Book of Consideration". There he explains how, with the crusaders as with the Hebrew people, in whose favour the Lord had multiplies his prodigies, their sins were the cause of their misfortune and miseries. The death of his contemporaries served as a warning to Bernard of his own approaching end The first to die was Suger (1152), of whom the Abbot wrote to Eugenius III: "If there is any precious vase adorning the palace of the King of Kings it is the soul of the venerable Suger". Thibaud, Count of Champagne, Conrad, Emperor of Germany, and his son Henry died the same year. From the beginning of the year 1153 Bernard felt his death approaching. The passing of Pope Eugenius had struck the fatal blow by taking from him one whom he considered his greatest friend and consoler. Bernard died in the sixty-third year of his age, after forty years spent in the cloister. He founded one hundred and sixty-three monasteries in different parts of Europe; at his death they numbered three hundred and forty-three. He was the first Cistercian monk placed on the calendar of saints and was canonized by Alexander III, 18 January 1174. Pope Pius VIII bestowed on him the title of Doctor of the Church. The Cistercians honour him as only the founders of orders are honoured, because of the wonderful and widespread activity which he gave to the Order of Cîteaux.

The works of St. Bernard are as follows:

"De Gradibus Superbiae", his first treatise;
"Homilies on the Gospel 'Missus est'" (1120);
"Apology to William of St. Thierry" against the claims of the monks of Cluny;
"On the Conversion of Clerics", a book addressed to the young ecclesiastics of Paris (1122);
"De Laudibus Novae Militiae", addressed to Hughes de Payns, first Grand Master and Prior of Jerusalem (1129). This is a eulogy of the military order instituted in 1118, and an exhortation to the knights to conduct themselves with courage in their several stations;
"De amore Dei" wherein St. Bernard shows that the manner of loving God is to love Him without measure and gives the different degree of this love;
"Book of Precepts and Dispensations" (1131), which contains answers to questions upon certain points of the Rule of St. Benedict from which the abbot can, or cannot, dispense;
"De Gratiâ et Libero Arbitrio" in which the Catholic dogma of grace and free will is proved according to the principles of St. Augustine;
"Book of Considerations", addressed to Pope Eugenius III;
"De Officiis Episcoporum", addressed to Henry, Archbishop of Sens.

His sermons are also numerous:

"On Psalm 90, 'Qui habitat'" (about 1125);
"On the Canticle of Canticles". St. Bernard explained in eighty-six sermons only the first two chapters of the Canticle of Canticles and the first verse of the third chapter.
There are also eighty-six "Sermons for the Whole Year"; his "Letters" number 530.

Many other letters, treatises, etc., falsely attributed to him are found among his works, such as the "l'Echelle du Cloître", which is the work of Guigues, Prior of La Grande Chartreuse, les Méditations, l'Edification de la Maison intérieure, etc.

Fonte: The Catholic Encyclopedia, vol. II, New York, 1907 (http://www.newadvent.org/cathen/02498d.htm)

Augustinus
20-08-07, 08:26
Da dom Prosper Guéranger, L’Année Liturgique - Le Temps après la Pentecôte, Paris-Poitiers, 1901, VI ediz., t. IV, p. 551-565

LE XX AOUT.

SAINT BERNARD, ABBE ET DOCTEUR DE L'EGLISE.

Le val d'absinthe a perdu ses poisons. Devenu Clairvaux, la claire vallée, il illumine le monde; de tous les points de l'horizon, les abeilles vigilantes y sont attirées par le miel du rocher (1) qui déborde en sa solitude. Le regard de Marie s'est abaissé sur ces collines sauvages; avec son sourire, la lumière et la grâce y sont descendues. Une voix harmonieuse, celle de Bernard, l'élu de son amour, s'est élevée du désert; elle disait:

«Connais, ô homme, le conseil de Dieu; admire les vues de la Sagesse, le dessein de l'amour. Avant que d'arroser toute l'aire, il inonde la toison (2); voulant racheter le genre humain, il amasse en Marie la rançon entière. O Adam, ne dis plus: La femme que vous m'avez donnée m'a présenté du fruit défendu (3); dis plutôt: La femme que vous m’avez donnée m'a nourri d'un fruit de bénédiction. De quelle ardeur faut-il que nous honorions Marie, en qui la plénitude de tout bien fut déposée! S'il est en nous quelque espérance, quelque grâce de salut, sachons qu'elle déborde de celle qui aujourd'hui s'élève inondée d'amour: jardin de délices, que le divin Auster n'effleure pas seulement d'un souffle rapide, mais sur lequel il fond des hauteurs et qu'il agite sans fin de la céleste brise, pour qu'en tous lieux s'en répandent les parfums (4), qui sont les dons des diverses grâces. Otez ce soleil matériel qui éclaire le monde: où sera le jour? Otez Marie, l'étoile de la vaste mer: que restera-t-il, qu'obscurité enveloppant tout, nuit de mort, glaciales ténèbres? Donc, par toutes les fibres de nos cœurs, par tous les amours de notre âme, par tout l'élan de nos aspirations, vénérons Marie; car c'est la volonté de Celui qui a voulu que nous eussions tout par elle (5)».

Ainsi parlait ce moine dont l'éloquence, nourrie, comme il le disait, parmi les hêtres et les chênes des forêts (6), ne savait que répandre sur les plaies de son temps le vin et l'huile des Ecritures. En 1113, âgé de vingt-deux ans, Bernard abordait Cîteaux dans la beauté de son adolescence mûrie déjà pour les grands combats. Quinze ans s'étaient écoulés depuis le 21 mars 1098, où Robert de Molesmes avait créé entre Dijon et Beaune le désert nouveau. Issue du passé en la fête même du patriarche des moines, la fondation récente ne se réclamait que de l'observance littérale de la Règle précieuse donnée par lui au monde. Pourtant l'infirmité du siècle se refusait à reconnaître, dans l'effrayante austérité des derniers venus de la grande famille, l'inspiration du très saint code où la discrétion règne en souveraine (7), le caractère de l'école accessible à tous, où Benoît «espérait ne rien établir de rigoureux ni de trop pénible au service du Seigneur (8)». Sous le gouvernement d'Etienne Harding, successeur d'Albéric qui lui-même avait remplacé Robert, la petite communauté partie de Molesmes allait s'éteignant, sans espoir humain de remplir ses vides, quand l'arrivée du descendant des seigneurs de Fontaines, entouré des trente compagnons sa première conquête, fit éclater la vie où déjà s'étendait la mort.

Réjouis-toi, stérile qui n'enfantais pas; voilà que vont se multiplier les fils de la délaissée (9). La Ferté, fondée cette année même dans le Châlonnais, voit après elle Pontigny s'établir près d'Auxerre, en attendant qu'au diocèse de Langres Clairvaux et Morimond viennent compléter, dans l'année 1115, le quaternaire glorieux des filles de Cîteaux qui, avec leur mère, produiront partout des rejetons sans nombre. Bientôt (1119) la Charte de charité va consacrer l'existence de l'Ordre Cistercien dans l'Eglise; l'arbre planté six siècles plus tôt au sommet du Cassin, montre une fois de plus au monde qu'à tous les âges il sait s'orner de nouvelles branches qui, sans être la tige, vivent de sa sève et sont la gloire de l'arbre entier.

Durant les mois de son noviciat cependant, Bernard a tellement dompté la nature, que l'homme intérieur vit seul en lui; les sens de son propre corps lui demeurent comme étrangers. Par un excès toutefois qu'il se reprochera (10), la rigueur déployée dans le but d'obtenir un résultat si désirable a ruiné ce corps, indispensable auxiliaire de tout mortel dans le service de ses frères et de Dieu. Heureux coupable, que le ciel se chargera d'excuser lui-même magnifiquement! Mais le miracle, sur lequel tous ne peuvent ni ne doivent compter, pourra seul le soutenir désormais dans l'accomplissement de la mission qui l'attend.

Bernard est ardent pour Dieu comme d'autres le sont pour leurs passions. «Vous voulez apprendre de moi, s'écrie-t-il dans un de ses premiers ouvrages, pourquoi et comment il faut aimer Dieu. Et moi, je vous réponds: La raison d'aimer Dieu, c'est Dieu même; la mesure de l'aimer, c'est de l'aimer sans mesure (11)». Quelles délices furent les siennes à Cîteaux, dans le secret de la face du Seigneur (12)! Lorsque, après deux ans, il quitta ce séjour béni pour fonder Clairvaux, ce fut la sortie du paradis. Moins fait pour converser avec les hommes qu'avec les Anges, il commença, nous dit son historien, par être l'épreuve de ceux qu'il devait conduire: tant son langage était d'en haut, tant ses exigences de perfection dépassaient la force même de ces forts d'Israël, tant son étonnement se manifestait douloureux à la révélation des infirmités qui sont la part de toute chair (13).

Outrance de l'amour, eussent dit nos anciens, qui lui réservait d'autres surprises. Mais l'Esprit-Saint veillait sur le vase d'élection appelé à porter devant les peuples et les rois le nom du Seigneur (14); la divine charité qui consumait cette âme, lui fit comprendre, avec leurs durs contrastes, les deux objets inséparables de l'amour: Dieu, dont la bonté en fournit le motif, l'homme, dont la misère en est l'exercice éprouvant. Selon la remarque naïve de Guillaume de Saint-Thierry, son disciple et ami, Bernard réapprit l'art de vivre avec les humains (15); il se pénétra des admirables recommandations du législateur des moines, quand il dit de l'Abbé établi sur ses frères: « Dans les corrections même, qu'il agisse avec prudence et sans excès, de crainte qu'en voulant trop racler la rouille, le vase ne se brise. En imposant les travaux, qu'il use de discernement et de modération, se rappelant la discrétion du saint patriarche Jacob, qui disait: Si je fatigue mes troupeaux en les faisant trop marcher, ils périront tous en un jour (16). Faisant donc son profit de cet exemple et autres semblables sur la discrétion, qui est la mère des vertus, qu'il tempère tellement toutes choses que les forts désirent faire davantage, et que les faibles ne se découragent pas (17)».

En recevant ce que le Psalmiste appelle l'intelligence de la misère du pauvre (18), Bernard sentit son cœur déborder de la tendresse de Dieu pour les rachetés du sang divin. Il n'effraya plus les humbles. Près des petits qu'attirait la grâce de ses discours, vinrent se ranger les sages, les puissants, les riches du siècle, abandonnant leurs vanités, devenus eux-mêmes petits et pauvres à l'école de celui qui savait les conduire tous des premiers éléments de l'amour à ses sommets. Au milieu des sept cents moines recevant de lui chaque jour la doctrine du salut, l'Abbé de Clairvaux pouvait s'écrier avec la noble fierté des saints: «Celui qui est puissant a fait en nous de grandes choses, et c'est à bon droit que notre âme magnifie le Seigneur. Voici que nous avons tout quitté pour vous suivre (19): grande résolution, gloire des grands Apôtres; mais nous aussi, par sa grande grâce, nous l'avons prise magnifiquement. Et peut-être même qu'en cela encore, si je veux me glorifier, ce ne sera pas folie; car je dirai la vérité: il y en a ici qui ont laissé plus qu'une barque et des filets (20)».

Et dans une autre circonstance: «Quoi de plus admirable, disait-il, que de voir celui qui autrefois pouvait deux jours à peine s'abstenir du péché, s'en garder des années et sa vie entière? Quel plus grand miracle que celui de tant de jeunes hommes, d'adolescents, de nobles personnages, de tous ceux enfin que j'aperçois ici, retenus sans liens dans une prison ouverte, captifs de la seule crainte de Dieu, et qui persévèrent dans les macérations d'une pénitence au delà des forces humaines, au-dessus de la nature, contraire à la coutume? Que de merveilles nous pourrions trouver, vous le savez bien, s'il nous était permis de rechercher par le détail ce que furent pour chacun la sortie de l'Egypte, la route au désert, l'entrée au monastère, la vie dans ses murs (21)!».

Mais d'autres merveilles que celles dont le cloître garde le secret au Roi des siècles, éclataient déjà de toutes parts. La voix qui peuplait les solitudes, avait par delà d'incomparables échos. Le monde, pour l'écouter, s'arrêta sur la pente qui conduit aux abîmes. Assourdie des mille bruits discordants de l'erreur, du schisme et des passions, on vit l'humanité se taire une heure aux accents nouveaux dont la mystérieuse puissance l'enlevait à son égoïsme, et lui rendait pour les combats de Dieu l'unité des beaux jours. Suivrons-nous dans ses triomphes le vengeur du sanctuaire, l'arbitre des rois, le thaumaturge acclamé des peuples? Mais c'est ailleurs que Bernard a placé son ambition et son trésor (22); c'est au dedans qu'est la vraie gloire (23). Ni la sainteté, ni le mérite, ne se mesurent devant Dieu au succès; et cent miracles ne valent pas, pour la récompense, un seul acte d'amour. Tous les sceptres inclinés devant lui, l'enivrement des foules, la confiance illimitée des Pontifes, il n'est rien, dans ces années de son historique grandeur, qui captive la pensée de Bernard, bien plutôt qui n'irrite la blessure profonde de sa vie, celle qu'il reçut au plus intime de l'âme, quand il lui fallut quitter cette solitude à laquelle il avait donné son cœur.

A l'apogée de cet éclat inouï éclipsant toute grandeur d'alors, quand, docile à ses pieds, une première fois soumis par lui au Christ en son vicaire, l'Occident tout entier est jeté par Bernard sur l'infidèle Orient dans une lutte suprême, entendons ce qu'il dit: «Il est bien temps que je ne m'oublie pas moi-même. Ayez pitié de ma conscience angoissée: quelle vie monstrueuse que la mienne! Chimère de mon siècle, ni clerc ni laïque, je porte l'habit d'un moine et n'en ai plus les observances. Dans les périls qui m'assiègent, au bord des précipices qui m'attirent, secourez-moi de vos conseils, priez pour moi (24)».

Absent de Clairvaux, il écrit à ses moines: «Mon âme est triste; elle ne sera point consolée qu'elle ne vous retrouve. Faut-il, hélas! que mon exil d'ici-bas, si longtemps prolongé, s'aggrave encore? Véritablement ils ont ajouté douleur sur douleur à mes maux, ceux qui nous ont séparés. Ils m'ont enlevé le seul remède qui me fit supporter d'être sans le Christ; en attendant de contempler sa face glorieuse, il m'était donné du moins de vous voir, vous son saint temple De ce temple, le passage me semblait facile à l'éternelle patrie. Combien souvent cette consolation m'est ôtée! c'est la troisième fois, si je ne me trompe, qu'on m'arrache mes entrailles. Mes enfants sont sevrés avant le temps; je les avais engendrés par l'Evangile, et je ne puis les nourrir. Contraint de négliger ce qui m'est cher, de m'occuper d'intérêts étrangers, je ne sais presque ce qui m'est le plus dur, ou d'être enlevé aux uns, ou d'être mêlé aux autres. Jésus, ma vie doit-elle donc tout entière s'écouler dans les gémissements? Il m'est meilleur de mourir que de vivre; mais je voudrais ne mourir qu'au milieu des miens; j'y trouverais plus de douceur, plus de sûreté. Plaise à mon Seigneur que les yeux d'un père, si indigne qu'il se reconnaisse de porter ce nom, soient fermés de la main de ses fils; qu'ils l'assistent dans le dernier passage: que leurs désirs, si vous l'en jugez digne, élèvent son âme au séjour bienheureux; qu'ils ensevelissent le corps d'un pauvre avec les corps de ceux qui furent pauvres comme lui. Par la prière, par le mérite de mes frères, si j'ai trouvé grâce devant vous, accordez-moi ce vœu ardent de mon cœur. Et pourtant, que votre volonté se fasse, et non la mienne; car je ne veux ni vivre ni mourir pour moi (25)».

Plus grand dans son abbaye qu'au milieu des plus nobles cours, saint Bernard en effet devait y mourir à l'heure voulue de Dieu, non sans avoir vu l'épreuve publique (26) et privée (27) préparer son âme à la purification suprême. Une dernière fois il reprit sans les achever ses entretiens de dix-huit années sur le Cantique, conférences familières recueillies pieusement par la plume de ses fils, et où se révèlent d'une manière si touchante le zèle des enfants pour la divine science, le cœur du père et sa sainteté, les incidents de la vie de chaque jour à Clairvaux (28). Arrivé au premier verset du troisième chapitre, il décrivait la recherche du Verbe par l'âme dans l'infirmité de cette vie, dans la nuit de ce monde (29), quand son discours interrompu le laissa dans l'éternel face à face, où cessent toute énigme, toute figure et toute ombre.

Voici la notice consacrée par l'Eglise à ce grand serviteur.

Bernard, né à Fontaines en Bourgogne, était de noble famille. Adolescent, sa grande beauté l'exposa à de périlleuses poursuites; mais on ne put jamais ébranler la résolution qu'il avait prise de rester chaste. Pour échapper à ces tentations du diable, âgé de vingt-deux ans, il se détermina à entrer au monastère de Cîteaux, berceau des Cisterciens, où la sainteté était alors florissante. Quand le dessein de Bernard fut connu, ses frères rirent pour l'en détourner les plus grands efforts; mais lui, plus éloquent et plus heureux, les amena si bien, comme beaucoup d'autres, à son sentiment, que trente jeunes gens entrèrent avec lui dans l'Ordre. Moine, il faisait ses délices du jeûne à tel point que, toutes les fois qu'il fallait manger, on eût dit qu'autant de fois il subissait la torture. Il s'exerçait aussi merveilleusement dans les veilles et les prières; et, client de la pauvreté chrétienne, étranger au souci, au désir de tout ce qui est périssable, il menait sur la terre une vie toute céleste.

On voyait briller en lui l'humilité, la miséricorde, la bonté. La contemplation l'absorbait tellement que, sauf pour les offices de la piété où sa prudence était singulière, c'est à peine si on eût dit qu'il avait des sens. Prévenu de cet amour, il refusa les évêchés de Gênes, de Milan, et d'autres qu'on lui offrait, se déclarant indigne d'une si grande charge. Abbé de Clairvaux, il bâtit des monastères en beaucoup de lieux, et la vie sainte, la discipline qu'il avait établies, y demeurèrent longtemps en vigueur. A Rome, le monastère des saints Vincent et Anastase ayant été relevé par le Pape Innocent II, Bernard mita sa tête pour abbé celui qui fut plus tard le Souverain Pontife Eugène III, auquel il envoya son livre de la Considération.

Il écrivit beaucoup d'autres ouvrages encore, où il apparaît bien que sa science était plutôt un don de Dieu que le fruit du travail. Si grande était la renommée de ses vertus, que les plus hauts princes le priaient de prononcer dans leurs différends; il dut aussi s'employer dans les affaires de l'Eglise, et faire plusieurs fois le voyage d'Italie. Ainsi fut-il d'un grand secours au Souverain Pontife Innocent II pour détruire le schisme de Pierre de Léon, tant auprès de l'empereur et de Henri d'Angleterre, qu'au concile assemblé à Pise. Il s'endormit enfin dans le Seigneur, âgé de soixante-trois ans; illustre par ses miracles, le Pape Alexandre III le mit au nombre des Saints. Depuis, le Souverain Pontife Pie VIII, ayant pris l'avis de la Congrégation des rites sacrés, a déclaré et confirmé saint Bernard Docteur de l'Eglise universelle, enjoignant à tous de réciter la Messe et l'Office des Docteurs au jour de sa fête, et accordant pour chaque année une indulgence plénière perpétuelle à ceux qui visiteraient audit jour les églises des Cisterciens.

Offrons à saint Bernard cette Hymne aux naïves allusions, bien digne de lui pour la suavité gracieuse avec laquelle elle chante ses grandeurs.

HYMNE.

Monts qui jadis laissiez le lait s'échapper des rochers, disparaissez au loin; disparaissez, collines dont les pentes autrefois répandaient le miel en ruisseaux; Israël, cesse de vanter l'antique manne par le monde.

Voici quelqu'un de qui le cœur verse des flots plus doux que le lait, de qui la bouche épand des ondes rivales du miel: nulle manne plus suave que cette noble bouche, que ce grand coeur.

Vous demandez d'où prend sa source un lait de si grande abondance, d'où provient le rayon d'où se distille un miel de telle suavité, d'où pareille manne a pris naissance, d'où coulent enfin tant de douceurs,

La pluie de lait, c'est la Vierge Mère qui du ciel l'a répandue; les flots de miel ont leur origine dans la gueule d'un lion mort; les forêts, la solitude voisine des deux, ont produit la manne.

O Bernard, ô Docteur enrichi d'en haut de tels dons, versez sur nous la rosée de ce lait, de ce miel; versez les gouttes, maintenant que leur plénitude, maintenant que la mer est à vous.

Soit louange souveraine au Père souverain, souveraine à son Fils; pareille à vous, Esprit-Saint qui procédez de l'un et de l'autre: comme il était, et maintenant, et toujours, gloire égale à jamais.

Amen.

Il convenait que l'on vît le héraut de la Mère de Dieu suivre de près son char de triomphe; et c'est avec délices qu'entrant au ciel en l'Octave radieuse, vous vous perdez dans la gloire de celle dont vous proclamiez ici-bas les grandeurs. Protégez-nous à sa cour; inclinez vers Cîteaux ses yeux maternels; en son nom, sauvez encore l'Eglise et défendez le Vicaire de l'Epoux.

Mais en ce jour, vous nous conviez, plutôt que de vous implorer vous-même, à la chanter, à la prier avec vous; l'hommage que vous agréez le plus volontiers, ô Bernard, est de nous voir mettre à profit vos écrits sublimes pour admirer « celle qui monte aujourd'hui glorieuse, et porte au comble le bonheur des habitants des cieux. Si brillant déjà, le ciel resplendit d'un éclat nouveau à la lumière du flambeau virginal. Aussi, dans les hauteurs, retentissent l'action de grâces et la louange. Ne faut-il pas faire nôtres, en notre exil, ces allégresses de la patrie? Sans demeure permanente, nous cherchons la cité où la Vierge bénie parvient à cette heure. Citoyens de Jérusalem, il est bien juste que, de la rive des fleuves de Babylone, nous en ayons souvenir et dilations nos cœurs au débordement du fleuve de félicité dont les gouttelettes rejaillissent aujourd'hui jusqu'à la terre. Notre Reine a pris les devants; la réception qui lui est faite nous donne confiance à nous sa suite et ses serviteurs. Notre caravane, précédée de la Mère de miséricorde, à titre d'avocate près du Juge son Fils, aura bon accueil dans l'affaire du salut (30).

«Qu'il taise votre miséricorde, Vierge bienheureuse, celui qui se rappelle vous avoir invoquée en vain dans ses nécessités! Pour nous, vos petits serviteurs, nous applaudissons à vos autres vertus; mais de celle-ci, c'est nous que nous félicitons. Nous louons en vous la virginité, nous admirons votre humilité; mais la miséricorde a pour les malheureux plus de douceur, nous l'embrassons plus chèrement, nous la rappelons plus fréquemment, nous l'invoquons sans trêve. Qui dira, ô bénie, la longueur, la largeur, la hauteur, la profondeur de la vôtre? Sa longueur, elle s'étend jusqu'au dernier jour; sa largeur, elle couvre la terre; sa hauteur et sa profondeur, elle a rempli le ciel et vidé l'enfer. Aussi puissante que miséricordieuse, ayant maintenant recouvré votre Fils, manifestez au monde la grâce que vous avez trouvée devant Dieu: obtenez le pardon au pécheur, la santé à l'infirme, force pour les pusillanimes, consolation pour les affligés, secours et délivrance pour ceux que menace un péril quelconque (31), ô clémente, ô miséricordieuse, ô douce Vierge Marie (32)!».
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NOTE

1. Deut. XXXII, 13.

2. Judic. VI, 37-40.

3. Gen. III, 12.

4. Cant. IV, 16.

5. Bernard. Sermo in Nativ. B. M.

6. Vita Bernardi, I, IV, 23.

7. Greg. Dialog. II, XXXVI.

8. S. P. Benedict. in Reg. Prolog.

9. Isai. LIV, 1.

10. Vita, I, VIII, 41.

11. De diligendo Deo, I, 1.

12. Psalm. XXX, 13.

13. Vita, I, VI, 27-30.

14. Act. IX, 15.

15. Vita, I, VI, 30.

16. Gen. XXXIII, 13.

17. S. P. Benedict. Reg. LXIV.

18. Psalm. XL, 2.

19. Matth. XIX, 27.

20. Bern. De Diversis, Sermo XXXVII, 7.

21. In Dedicat. Eccl. Sermo 1, 2.

22. Matth. VI, 21.

23. Psalm. XLIV, 14.

24. Epist. CCL.

25. Epist. CXLI.

26. De Consideratione, II, I, 1-4.

27. Epist. CCXCVIII, etc.

28. In Cantica, Sermon. I, 1; III, 6; XXVI, 3-14; XXXVI, 7; XLIV, 8; LXXIV, 1-7; etc.

29. Ibid. Sermo LXXXVI, 4.

30. Bernard. In Assumpt B. V. M. Sermo 1.

31. Bernard. In Assumpt. B. M. V. Sermo IV.

32. On sait que la tradition de la cathédrale de Spire attribue à saint Bernard l'addition de ces trois cris du cœur au Salve Regina.

Augustinus
20-08-07, 12:25
Natale del Signore (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=149208)

Meditazioni sulla Passione di N. S. Gesù Cristo (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=149185)

Pasqua di Resurrezione (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=155446)

Maria SS. Madre di Dio (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=144740)

Assunzione della Beata Vergine Maria (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=144745)

Immacolata Concezione di Maria (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=149653)

S. Benedetto da Norcia (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=110211)

S. Brigida di Svezia (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=273765)

La vera storia delle Crociate (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=127431)

Link esterni:

Opera omnia di S. Bernardo di Chiaravalle (http://www.binetti.ru/bernardus/) (in latino, da un sito russo)

Opera omnia di S. Bernardo (http://www.abbaye-saint-benoit.ch/saints/bernard/index.htm) (in francese)

Timoteo (POL)
12-12-07, 00:47
Vi sono coloro che vogliono sapere perchè lo si
noti, e questa è turpe vanità;
vi sono quelli che vogliono sapere per vendere
la loro scienza onde ricavare guadagni ed
onori, e questo è vile mercato.
Ma vi sono anche quelli che vogliono sapere
per migliorarsi, e questa è prudenza;
e vi sono anche quelli che vogliono sapere per
migliorare gli altri, e questa è carità.

San Bernardo di Chiaravalle

vanderkrol
10-05-08, 00:29
Grazie Augustinus, notevole il materiale addotto. E' uno dei miei santi preferiti!
Grazie

Giò
14-05-08, 22:06
Augustinus, hai qualcosa sulla Lode della Nuova Milizia? :)

Augustinus
14-05-08, 22:17
Augustinus, hai qualcosa sulla Lode della Nuova Milizia? :)

La trovi in diversi siti: QUI (http://www.binetti.ru/bernardus/15.shtml) e QUI (http://www.uan.it/alim/letteratura.nsf/(cercaVolumi)/5D132C8796219A21C1256E38003B6A35?OpenDocument). La trovi persino in un thread (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=217995) di Templares. QUI (http://faculty.smu.edu/bwheeler/chivalry/bernard.html) è in traduzione inglese.

Augustinus
20-08-08, 08:49
DIE 20 AUGUSTI

SANCTI BERNARDI
ABB. ET ECCL. DOCT.

Duplex

Introitus

Eccli. 15, 5

IN MEDIO Ecclésiæ apéruit os ejus: et implévit eum Dóminus spíritu sapiéntiæ et intelléctus: stolam glóriæ índuit eum. Ps. 91, 2. Bonum est confitéri Dómino: et psállere nómini tuo, Altíssime. V/. Glória Patri.In médio.

Oratio

DEUS, qui pópulo tuo ætérnæ salútis beátum Bernárdum minístrum tribuísti: præsta, quaésumus; ut, quem Doctórem vitæ habúimus in terris, intercessórem habére mereámur in cælis. Per Dóminum.

Et fit Commemoratio Octavæ Assumptionis:

Oratio

OMNÍPOTENS sempitérne Deus, qui Immaculátam Vírginem Maríam, Fílii tui Genitrícem, córpore et ánima ad cæléstem glóriam assumpsísti: concéde, quaésumus; ut, ad superna semper inténti, ipsíus glóriæ mereámur esse consórtes. Per eúndem Dóminum.

Léctio libri Sapiéntiæ

Eccli. 39, 6-14

JUSTUS cor suum tradet ad vigilándum dilúculo ad Dóminum, qui fecit illum, et in conspéctu Altíssimi deprecábitur. Apériet os suum in oratióne, et pro delíctis suis deprecábitur. Si enim Dóminus magnus volúerit, spíritu intelligéntiæ replébit illum: et ipse tamquam imbres mittet elóquia sapiéntiæ suæ, et in oratióne confitébitur Dómino: et ipse díriget consílium ejus et disciplínam, et in abscónditis suis consiliábitur. Ipse palam fáciet disciplínam doctrínæ suæ, et in lege testaménti Dómini gloriábitur. Collaudábunt multi sapiéntiam ejus, et usque in saéculum non delébitur. Non recédet memória ejus, et nomen ejus requirétur a generatióne in generatiónem. Sapiéntiam ejus enarrábunt gentes, et laudem ejus enuntiábit ecclésia.

Graduale. Ps. 36, 30-31. Os justi meditábitur sapiéntiam, et lingua ejus loquétur judícium.
V/. Lex Dei ejus in corde ipsíus: et non supplantabúntur gressus ejus.

Allelúja, allelúja. V/. Eccli. 45, 9. Amávit eum Dóminus, et ornávit eum: stolam glóriæ índuit eum. Allelúja.

http://www.unavoce-ve.it/crux.gif Sequéntia sancti Evangélii secúndum Matthaeum

Matth. 5. 13-19

IN ILLO témpore: Dixit Jesus discípulis suis: Vos estis sal terræ. Quod si sal evanúerit, in quo saliétur? Ad níhilum valet ultra, nisi ut mittátur foras, et conculcétur ab homínibus. Vos estis lux mundi. Non potest cívitas abscóndi supra montem pósita. Neque accéndunt lucérnam, et ponunt eam sub módio, sed super candelábrum, ut lúceat ómnibus, qui in domo sunt. Si lúceat lux vestra coram homínibus, ut videant ópera vestra bona, et gloríficent Patrem vestrum, qui in cælis est. Nolíte putare, quóniam veni sólvere legem aut prophétas: non veni sólvere, sed adimplére. Amen, quippe dico vobis, donec tránseat cælum et terra, jota unum aut unus apex non præteríbit a lege, donec ómnia fiant. Qui ergo solvent unum de mandátis istis mínimis, et docúerit sic hómines, mínimus vocábitur in regno cælórum: qui autem fécerit et docúerit, hic magnus vocábitur in regno cælórum.

Credo.

Offertorium. Ps. 91, 13. Justus ut palma florébit: sicut cedrus, quæ in Líbano est, multiplicábitur.

Secreta

SANCTI Bernardi Confessóris tui atque Doctoris nobis, Dómine, pia non desit orátio: quæ et múnera nostra concíliet; et tuam nobis indulgéntiam semper obtíneat. Per Dóminum.

Pro Octava Assumptionis

Secreta

ASCÉNDAT ad te, Dómine, nostræ devotiónis oblátio, et, beatíssima Vírgine María in cælum assúmpta intercedénte, corda nostra, caritátis igne succénsa, ad te júgiter ádspirent. Per Dóminum.

Præfatio de Octava.

Communio. Luc. 12, 42. Fidélis servus et prudens, quem constítuit dóminus super famíliam suam: ut det illis in témpore trítici mensúram.

Postcommunio

UT NOBIS, Dómine, tua sacrifícia dent salútem: beátus Bernárdus Conféssor tuus et Doctor egrégius, quaésumus, precátor accédat. Per Dóminum.

Pro Octava Assumptionis

Postcommunio

SUMPTIS, Dómine, salutáribus sacraméntis: da, quaésumus; ut, méritis et intercessióne beátæ Vírginis Maríæ in cælum assúmptæ, ad resurrectiónis glóriam perducámur. Per Dóminum.

FONTE (http://www.unavoce-ve.it/mr-20aug=lat.htm)

Augustinus
20-08-08, 09:03
http://www.wga.hu/art/c/cano/vision.jpg http://www.museodelprado.es/uploads/tx_gbobras/p03134a01nf2004.jpg http://cgfa.sunsite.dk/c/cano2.jpg Alonso Cano, Visione di S. Bernardo (lactactio), 1650 circa, Museo del Prado, Madrid

http://www.museodelprado.es/uploads/tx_gbobras/p02832a01nf2005.jpg http://img114.imageshack.us/img114/4066/bernardusph6.jpg Juan Correa de Vivar, Apparizione della Vergine a S. Bernardo, 1540-45, Museo del Prado, Madrid

Augustinus
20-08-08, 09:05
http://img214.imageshack.us/img214/8510/bernardlg3.jpg http://www.museodelprado.es/uploads/tx_gbobras/p00978a01nf2005.jpg http://www.cattolicesimo.com/immsacre/eas.jpg http://cvc.cervantes.es/actcult/museoprado/citas_claroscuro/imagenes2/siglo_XVII/600/murillo_aparicion_virgen-01062004-600.jpg Bartolomé Esteban Murillo, Apparizione della Vergine a S. Bernardo, 1655-60, Museo del Prado, Madrid

Augustinus
20-08-08, 09:23
http://www.photo.rmn.fr/LowRes2/TR1/ISUMQ8/04-007782.jpg Aubin Vouet, S. Bernardo resucita un morto, XVII sec., musée des Beaux-Arts, Nantes

http://www.photo.rmn.fr/LowRes2/TR1/KNBL2K/74-001160.jpg Andrea Sacchi, S. Bernardo (o Benedetto?), 1650 circa, castello di Versailles e diTrianon, Versailles

http://www.photo.rmn.fr/LowRes2/TR1/XDPTBI/98-010272.jpg Charles Lameire, S. Bernardo, XX sec., musée d'Orsay, Parigi

Augustinus
20-08-08, 09:42
http://www.culture.gouv.fr/Wave/image/joconde/0039/m013704_0002088_p.jpg http://www.photo.rmn.fr/LowRes2/TR1/TGQS7W/92-001140.jpg Philippe Quantin, S. Bernardo mentre scrive, XVII sec., musée des beaux-arts, Dijon

http://www.photo.rmn.fr/LowRes2/TR1/MYWY52/97-000190.jpg Jean de Saint-Igny, S. Bernardo ed il duca di Aquitania, XVII sec., musée des Beaux-Arts, Valenciennes

http://www.photo.rmn.fr/LowRes2/TR1/5Z67MF/95-003262.jpg Marten Pepyn, S. Bernardo ed il duca di Aquitania, XVII sec., musée des Beaux-Arts, Valenciennes

http://www.photo.rmn.fr/LowRes2/TR1/Q8VWB/87-001426-02.jpg Emile Signol, S. Bernardo predica la seconda crociata in presenza del re Luigi VII, della regina Eleonora d'Aquitania e dell'abate Suger, a Vézelay in Borgogna il 31 marzo 1146, 1840, castello di Versailles e diTrianon, Versailles

http://www.art-breastfeeding.com/rel2/bern/image-3.jpg Claude Mellan, Visione della Vergine da parte di S. Bernardo, 1650