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Visualizza Versione Completa : 12 settembre - SS. Nome di Maria Vergine



Augustinus
12-09-04, 07:29
Dal sito SANTI E BEATI (http://www.santiebeati.it/search/jump.cgi?ID=69950):

Santissimo Nome di Maria

12 settembre - Memoria Facoltativa

La festa del santo nome di Maria fu concessa da Roma, nel 1513, ad una diocesi della Spagna, Cuenca. Soppressa da san Pio V, fu ripristinata da Sisto V e poi estesa nel 1671 al Regno di Napoli e a Milano. Il 12 settembre 1683, avendo Giovanni III Sobieski coi suoi Polacchi vinto i Turchi che assediavano Vienna e minacciavano la cristianità, il Beato Innocenzo XI, in rendimento di grazie, estese la festa alla Chiesa universale e la fissò alla domenica fra l'Ottava della Natività. Il santo Papa Pio X la riportò al 12 settembre.

Martirologio Romano: Santissimo Nome della beata Vergine Maria: in questo giorno si rievoca l’ineffabile amore della Madre di Dio verso il suo santissimo Figlio ed è proposta ai fedeli la figura della Madre del Redentore perché sia devotamente invocata.

Martirologio tradizionale (12 settembre): Festa del santissimo Nome della beata Maria, che il Sommo Pontefice Innocenzo undecimo ordinò che si celebrasse per l'insigne vittoria riportata a Vienna, in Austria, contro i Turchi, col patrocinio della stessa Vergine.

Nella storia dell'esegesi ci sono state diverse interpretazioni del significato del nome di Maria:

1) "AMAREZZA"

questo significato e` stato dato da alcuni rabbini: fanno derivare il nome MIRYAM dalla radice MRR = in ebraico "essere amaro". Questi rabbini sotengono che Maria, sorella di Mose`, fu chiamata cosi` perche', quando nacque, il Faraone comincio` a rendere amara la vita degli Israeliti , e prese la decisione di uccidere i bambini ebrei.
Questa interpretazione puo` essere accettata da noi Cristiani pensando quanto dolore e quanta amarezza ha patito Maria nel corredimerci:
[Lam. 1,12] Voi tutti che passate per la via, considerate e osservate se c'e` un dolore simile al mio dolore...
Inoltre il diavolo, di cui il Faraone e` figura, fa guerra alla stirpe della donna, rendendo amara la vita ai veri devoti di Maria, che, per altro, nulla temono, protetti dalla loro Regina.

2) "MAESTRA E SIGNORA DEL MARE"

Secondo questa interpretazione il nome di Maria deriverebbe da MOREH (ebr. Maestra-Signora) + YAM (= mare): come Maria, la sorella di Mose`, fu maestra delle donne ebree nel passaggio del Mar Rosso e Maestra nel canto di Vittoria (cf Es 15,20), cosi` "Maria e` la Maestra e la Signora del mare di questo secolo, che Ella ci fa attraversare conducendoci al cielo" (S.Ambrogio, Exhort. ad Virgines)
Altri autori antichi che suggeriscono questa interpretazione: Filone, S. Girolamo, S. Epifanio.
Questo parallelo tipologico tra Maria sorella di Mose` e Maria, madre di Dio, e` ripreso da Ps. Agostino, che chiama Maria "tympanistria nostra" (Maria sorella di Mose` e la suonatrice di timpano degli Ebrei, Maria SS. e` la tympanistria nostra, cioe` dei Cristiani: il cantico di Mose` del N.T sarebbe il Magnificat, cantato appunto da Maria: questa interpretazione e` sostenuta oggi dal P. Le Deaut, uno dei piu` grandi conoscitori delle letteratura tergumica ed ebraica in genere: secondo questo autore, S. Luca avrebbe fatto volontariamente questo parallelismo.

3) "ILLUMINATRICE, STELLA DEL MARE"

Secondo questa interpretazione il nome di Maria deriverebbe da: prefisso nominale (o participiale) M + 'OR (ebr.= luce) + YAM (= mare): Cosi` S. Gregorio Taumaturgo, S. Isidoro, S. Girolamo (insieme alla precedente)
Alcuni autori ritengono che S. Girolamo in realta` non abbia interpretato il nome come "stella del mare", ma come "stilla maris", cioè: goccia del mare.
La presenza della radice di "mare" nel nome di Maria, ha suggerito diverse interpretazioni e/paragoni di Maria con il "mare":
Pietro di Celles (+1183) Maria = "mare di grazie": di qui Montfort riprende: "Dio Padre ha radunato tutte le acque e le ha chiamate mare, ha radunato tutte le grazie e le ha chiamate Maria" (Vera Devozione, 23).
Qohelet 1,7: "tutti i fiumi entrano nel mare"; S. Bonaventura sostiene che tutte le grazie (= tutti i fiumi) che hanno avuto gli angeli, gli apostoli, i martiri, i confessori, le vergini, sono "confluite" in Maria, il mare di grazie.
S.Brigida: "ecco perche` il nome di Maria e` soave per gli angeli e terribile per i demoni"
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Ave maris stella, Dei Mater alma, atque semper virgo, felix coeli porta...
Questo inno sembra una meditazione sul nome di Maria, in rapporto a Maria sorella di Mosè:
"Ave maris stella" (cf significato 3); "Dei Mater ALMA atque semper virgo": Maria, sorella di Mose`, viene chiamata in Es 2,8, `ALMAH = "vergine" e, etimologicamente "nascosta"; "felix coeli porta", cioe` "maestra del mare" di questo secolo che Ella ci fa attraversare (cf. significato 2)
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4) PIOGGIA STAGIONALE

Secondo questa interpretazione il nome di Maria deriverebbe da MOREH (ebr. PRIMA PIOGGIA STAGIONALE)
Maria e` considerata come Colei che manda dal cielo una "pioggia di grazia" e "pioggia di grazia essa stessa".
Questa interpretazione, che C. A Lapide attribuisce a Pagninus, viene in parte ripresa da S. Luigi di Montfort nella Preghiera Infuocata: commentando Ps. 67:10 "pluviam voluntariam elevasti Deus, hereditatem tuam laborantem tu confortasti" (Una pioggia abbondante o Dio mettesti da parte per la tua eredita`), il Montfort dice:
"[P.I. 20] Che cos'e`, Signore, questa pioggia abbondante che hai separata e scelta per rinvigorire la tua eredita` esausta? Non sono forse questi santi missionari, figli di Maria tua sposa, che tu devi scegliere e radunare per il bene della tua Chiesa cosi` indebolita e macchiata dai peccati dei suoi figli?"
Maria, pioggia di grazie, formera` e mandera` sulla terra una pioggia di missionari

5) ALTEZZA

Secondo questa interpretazione il nome di Maria deriverebbe da MAROM (ebr. ALTEZZA, EXCELSIS): questa ipotesi e` sostenuta, tra gli antichi dal Caninius, e, tra i moderni, da VOGT, soprattutto in base alle recenti scoperte dei testi ugaritici, che hanno permesso la comprensione di molte radici ebraiche.
Luca 1:78 per viscera misericordiae Dei nostri in quibus visitavit nos oriens EX ALTO
questo versetto, in base al testo greco e alla retroversione in ebraico, puo` essere tradotto:
ci ha visitati dall'alto un sole che sorge: Cristo e` il sole che sorge che viene dall'alto (il Padre)
oppure
ci ha visitati un sole che sorge "dall'alto" = da Maria

***

Di tutti queste ipotesi, qual e` quella giusta? forse la Provvidenza ci ha lasciato nel dubbio perche' nel nome di Maria possiamo trovare nel contempo tutti i significati che l'analogia della fede ci suggerisce.

Autore: Don Alfredo Morselli

http://santiebeati.it/immagini/Original/69950/69950.JPG

Augustinus
12-09-04, 07:34
La devozione al Nome di Maria è attestata intorno alla metà del XII secolo. Successivamente, nel 1513, Papa Giulio II concedé la memoria liturgica per una diocesi della Spagna e, successivamente, nel 1683. il Papa Innocenzo XI la estese a tutta la Chiesa come segno di ringraziamento per la vittoria sui Turchi a Vienna (v. QUI (http://www.cattolicesimo.eu/forum/viewtopic.php?t=1321)). La Vergine santissima ricevette, secondo l’usanza, il nome di Maria , qualche giorno dopo la nascita: per i Giudei, il nome era qualche cosa di più che un semplice vocabolo distintivo; manifestava la natura stessa della persona. Per questo nella Bibbia è Dio stesso che sceglieva il nome dei suoi servi. Così fu per Adamo, Abramo, Isacco, Giovanni Battista e Gesù! Dunque, il nome di Maria è motivo di gioia e di speranza. Lo invochiamo perché ci sia dato “di vivere oggi e sempre operosi e sereni”. E’ il nome di colei che è la “Nuova Eva”, “la Madre di tutti i credenti”.

Augustinus
12-09-04, 07:38
I cinque salmi del SS. Nome di Maria

La pratica consistente nel recitare cinque salmi le cui lettere iniziali corrispondono alle cinque di cui si compone il Nome di Maria — M, Magnificat (Luc. 46-55); A, Ad Dominum cum tribularer clamavi (Sal. 119);R, Retribue servo tuo (Sal. 118, 17-32); I, In convertendo (Sal. 125) e A, Ad te levavi animam meam (Sal. 122) — è già conosciuta nel secolo XII; per esempio, era carissima al beato benedettino Ioscio, monaco di Saint-Bertin, in Francia, gran devoto della Vergine, la cui morte, avvenuta nel 1163, è accompagnata da un miracolo: dalla sua testa escono cinque lettere d’oro a formare appunto il Nome di Maria. La pratica raggiunge la massima diffusione e popolarità dopo che, nel 1683, Papa Innocenzo XI (1676-1689) rende universale per tutta la Chiesa la festa del Nome di Maria, a ricordo della vittoria riportata a Vienna sui turchi dalle truppe cristiane guidate dal re polacco Giovanni III Sobieski (1624-1696). La recita dei cinque salmi, con le antifone che li uniscono, fu indulgenziata da Papa Pio VII (1800-1823), ma le indulgenze specifiche sono decadute con la normativa introdotta in base alla Costituzione Apostolica Indulgentiarum doctrina, del 1° gennaio 1967. A testimonianza del valore attribuito all’invocazione del Nome di Maria Dante Alighieri (1265-1321) mette in bocca a Buonconte di Montefeltro, trovato inaspettatamente in Purgatorio, queste parole, che danno la ragione della sua salvezza:

Quivi perdei la vista, e la parola
Nel nome di Maria finii, e quivi
Caddi
(La Divina Commedia. Purgatorio V, 100-102).

(cfr. Emilio Campana, Maria nel culto cattolico, vol. I, Il culto di Maria in sé e nelle sue manifestazioni liturgiche, Marietti, Torino-Roma 1933, pp. 240-241; e Rambaut Van Doren, voce Ioscio, in Bibliotheca sanctorum, Città Nuova, Roma 1966, vol. VII, col. 859).

FONTE (http://www.alleanzacattolica.org/temi/preghiera/cinque_salmi_maria.htm)

Augustinus
12-09-04, 07:44
V. Deus, in adiutórium meum íntende.

R. Dómine, ad adiuvándum me festína.

Glória Patri et Filio et Spirítui Sancto, * sicut erat in princípio et nunc et semper et in saécula saeculórum. Amen. [Alleluia nel Tempo pasquale, che va dalla Veglia di Pasqua ai secondi Vespri di Pentecoste compresi].

*****

Ant. Maríae nomen cunctas illústrat Ecclésias, cui fecit magna qui potens est, et sanctum nomen éius.

Magníficat * ánima mea Dóminum

Et exultávit spíritus meus * in Deo salutári meo

Quia respéxit humilitátem ancíllae suae: * ecce enim ex hoc beátam me dicent omnes generatiónes.

Quia fecit mihi magna qui potens est: * et sanctum nomen éius.

Et misericórdia éius a progénie in progénies * timéntibus eum.

Fecit poténtiam in bráchio suo; * dispérsit supérbos mente cordis sui.

Depósuit poténtes de sede * et exaltávit húmiles.

Esuriéntes implévit bonis * et dívites dimísit inánes.

Suscépit Ísrael púerum suum, * recordátus misericórdiae suae.

Sicut locútus est ad patres nostros * Ábraham et sémini éius in saécula.

Glória Patri et Filio et Spirítui Sancto, * sicut erat in princípio et nunc et semper et in saécula saeculórum. Amen.

Ant. Maríae nomen cunctas illústrat Ecclésias, cui fecit magna qui potens est, et sanctum nomen éius.

*****

Ant. A solis ortu usque ad occásum laudábile nomen Dómini, et Maríae Matris éius.

Ad Dóminum cum tribulárer, clamávi: * et exaudívit me.

Dómine, líbera ánimam meam a lábiis iníquis, * et a língua dolósa.

Quid detur tibi, aut quid apponátur tibi * ad línguam dolósam?

Sagíttae poténtis acútae * cum carbónibus desolatóriis.

Heu mihi, quia incolátus meus prolongátus est; habitávi cum habitántibus Cedar; * multum íncola fuit ánima mea.

Cum his, qui odérunt pacem, eram pacíficus; * cum loquébar illis, impugnábant me gratis.

Glória Patri et Filio et Spirítui Sancto, * sicut erat in princípio et nunc et semper et in saécula saeculórum. Amen.

Ant. A solis ortu usque ad occásum laudábile nomen Dómini, et Maríae Matris éius.
Ant. Dall’oriente al tramonto si deve lodare il nome del Signore e di Maria Madre sua.

*****

Ant. Refúgium est in tribulatiónibus Maríae nomen, ómnibus illud invocántibus.

Retríbue servo tuo, vivífica me: * et custódiam sermónes tuos.

Revéla óculos meos: * et considerábo mirabília de lege tua.

Íncola ego sum in terra: * non abscóndas a me mandáta tua.

Concupívit ánima mea desideráre justificatiónes tuas * in omni témpore.

Increpásti supérbos: * maledícti qui declínant a mandátis tuis.

Aufer a me oppróbrium et contémptum; * quia testimónia tua exquisívi.

Étenim sedérunt príncipes et advérsum me loquebántur: * servus autem tuus exercebátur in justificatiónibus tuis.

Nam et testimónia tua meditátio mea est * et consílium meum justificatiónes tuae.

Adhaésit paviménto ánima mea: * vivífica me secúndum verbum tuum.

Vias meas enuntiávi, et exaudísti me: * doce me justificatiónes tuas.

Viam justificatiónum tuárum ínstrue me: * et exercébor in mirabílibus tuis.

Dormitávit ánima mea prae taédio; * confírma me in verbis tuis.

Viam iniquitátis ámove a me, * et de lege tua miserére mei.

Viam veritátis elégi; * judícia tua non sum oblítus.

Adhaési testimónis tuis, Dómine: * noli me confúndere.

Viam mandatórum tuórum cucúrri, * cum dilatásti cor meum.

Glória Patri et Filio et Spirítui Sancto, * sicut erat in princípio et nunc et semper et in saécula saeculórum. Amen.

Ant. Refúgium est in tribulatiónibus Maríae nomen, ómnibus illud invocántibus.

*****

Ant. In univérsa terra admirábile est nomen tuum, o María.

In coverténdo Dóminus captivitátem Sion, * facti sumus simul consoláti.

Tunc replétum est gáudio os nostrum, * et língua nostra exultatióne.

Tunc dicent inter gentes: * Magnificávit Dóminus fácere cum eis.

Magnificávit Dóminus fácere nobíscum; * facti sumus laetántes.

Convérte, Dómine, captivitátem nostram * sicut torrens in austro.

Qui séminant in lácrymis * in exultatióne metent.

Eúntes ibant, et flebant, * mitténtes sémina sua.

Veniéntes autem vénient cum exultatióne, * portántes manípulos suos.

Glória Patri et Filio et Spirítui Sancto, * sicut erat in princípio et nunc et semper et in saécula saeculórum. Amen.

Ant. In univérsa terra admirábile est nomen tuum, o María.

*****

Ant. Annuntiavérunt coeli nomen Maríae et vidérunt omnes pópuli glóriam éius.

Ad te levávi óculos meos, * qui hábitas in coelis.

Ecce sicut óculi servórum * in mánibus dominórum suórum.

Sicut óculi ancíllae in mánibus dóminae suae, * ita óculi nostri ad Dóminum Deum nostrum, donec misereátur nostri.

Miserére nostri, Dómine, miserére nostri * quia multum repléti sumus dispectióne.

Quia multum repléta est ánima nostra: oppróbrium abundántibus et despéctio supérbis.

Glória Patri et Filio et Spirítui Sancto, * sicut erat in princípio et nunc et semper et in saécula saeculórum. Amen.

Ant. Annuntiavérunt coeli nomen Maríae et vidérunt omnes pópuli glóriam éius.

*****

V. Sit nomen Vírginis Maríae benedíctum.

R. Ex hoc nunc et usque in saéculum.

Oremus. Concéde quaésumus, omnípotens Deus, ut fidéles tui, qui sub sanctíssimae Vírginis Maríae nómine et protectióne laetántur, éius pia intercessióne a cunctis malis liberéntur in terris, et ad gáudia aetérna perveníre mereántur in coelis. Per Christum Dóminum nostrum. Amen.

*****

Si quaéris coelum, ánima,
Maríae nomen ínvoca;
Maríam invocántibus
Coeléstis patet jánua.

Ad Maríae nomen coélites
Laetántur, tremunt ínferi;
Coelum, tellus et aéquora,
Totúsque mundus júbilat.

Dóminus nos benedícat,
et ab omni malo deféndat,
et ad vitam perdúcat aetérnam.

R. Amen.

Augustinus
12-09-04, 07:47
V. O Dio, vieni a salvarmi.

R. Signore, vieni presto in mio aiuto.

Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo, com’era nel principio e ora e sempre, nei secoli dei secoli. Così sia.

*****

Ant. Il nome di Maria è la gloria di tutte le chiese, a lei grandi cose fece l’Onnipotente, e santo è il nome suo.

L’anima mia magnifica il Signore

e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,

perché ha guardato l’umiltà della sua serva.

D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.

Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente e Santo è il suo nome:

di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono.

Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore,

ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili;

ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote.

Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia,

come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre.

Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo, com’era nel principio e ora e sempre, nei secoli dei secoli. Così sia.

Ant. Il nome di Maria è la gloria di tutte le chiese, a lei grandi cose fece l’Onnipotente, e santo è il nome suo.

*****

Ant. Dall’oriente al tramonto si deve lodare il nome del Signore e di Maria Madre sua.

Nella mia angoscia ho gridato al Signore ed egli mi ha risposto.

Signore, libera la mia vita dalle labbra di menzogna, dalla lingua ingannatrice.

Che ti posso dare, come ripagarti, lingua ingannatrice?

Frecce acute di un prode, con carboni di ginepro.

Me infelice: abito straniero in Mosoch, dimoro fra le tende di Cedar!

Troppo io ho dimorato con chi detesta la pace.

Io sono per la pace, ma quando ne parlo, essi vogliono la guerra.

Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo, com’era nel principio e ora e sempre, nei secoli dei secoli. Così sia.

Ant. Dall’oriente al tramonto si deve lodare il nome del Signore e di Maria Madre sua.

*****

Ant. Nelle tribolazioni il nome di Maria è il rifugio per tutti quelli che lo invocano.

Sii buono con il tuo servo e avrà vita, custodirò la tua parola.

Aprimi gli occhi perché io veda le meraviglie della tua legge.

Io sono straniero sulla terra, non nascondermi i tuoi comandi.

Io mi consumo nel desiderio dei tuoi precetti in ogni tempo.

Tu minacci gli orgogliosi; maledetto chi devia dai tuoi decreti.

Allontana da me vergogna e disprezzo, perché ho osservato le tue leggi.

Siedono i potenti, mi calunniano, ma il tuo servo medita i tuoi decreti.

Anche i tuoi ordini sono la mia gioia, miei consiglieri i tuoi precetti.

Io sono prostrato nella polvere; dammi vita secondo la tua parola.

Ti ho manifestato le mie vie e mi hai risposto; insegnami i tuoi voleri.

Fammi conoscere la via dei tuoi precetti e mediterò i tuoi prodigi.

Io piango nella tristezza; sollevami secondo la tua promessa.

Tieni lontana da me la via della menzogna, fammi dono della tua legge.

Ho scelto la via della giustizia, mi sono prostrato ai tuoi giudizi.

Ho aderito ai tuoi insegnamenti, Signore, che io non resti confuso.

Corro per la via dei tuoi comandamenti, perché hai dilatato il mio cuore.

Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo, com’era nel principio e ora e sempre, nei secoli dei secoli. Così sia.

Ant. Nelle tribolazioni il nome di Maria è il rifugio per tutti quelli che lo invocano.

*****

Ant. Ammirabile in tutta la terra è il tuo nome, o Maria.

Quando il Signore ricondusse i prigionieri di Sion,

ci sembrava di sognare.

Allora la nostra bocca si aprì al sorriso,

la nostra lingua si sciolse in canti di gioia.

Allora si diceva tra i popoli:

"Il Signore ha fatto grandi cose per loro".

Grandi cose ha fatto il Signore per noi,

ci ha colmati di gioia.

Riconduci, Signore, i nostri prigionieri,

come i torrenti del Negheb.

Chi semina nelle lacrime mieterà con giubilo.

Nell’andare, se ne va e piange, portando la semente da gettare, ma nel tornare, viene con giubilo, portando i suoi covoni.

Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo, com’era nel principio e ora e sempre, nei secoli dei secoli. Così sia.

Ant. Ammirabile in tutta la terra è il tuo nome, o Maria.

*****

Ant. I cieli hanno annunciato il nome di Maria e tutti i popoli hanno veduta la sua gloria.

A te levo i miei occhi, a te che abiti nei cieli.

Ecco, come gli occhi dei servi alla mano dei loro padroni;

come gli occhi della schiava alla mano della sua padrona, così i nostri occhi sono rivolti al Signore nostro Dio, finché abbia pietà di noi.

Pietà di noi, Signore, pietà di noi,

già troppo ci hanno colmato di scherni,

noi siamo troppo sazi degli scherni dei gaudenti, del disprezzo dei superbi.

Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo, com’era nel principio e ora e sempre, nei secoli dei secoli. Così sia.

Ant. I cieli hanno annunciato il nome di Maria e tutti i popoli hanno veduta la sua gloria.

*****

V. Sia benedetto il nome della Vergine Maria.

R. Ora è sempre.

Preghiamo. Ti preghiamo, Dio onnipotente, affinché i tuoi fedeli, che si rallegrano del nome e della protezione della santissima Vergine Maria, grazie alla sua pietosa intercessione siano liberati da tutti i mali sulla terra, e meritino di giungere alle gioie eterne in cielo. Per Cristo nostro Signore. Così sia.

*****

Se cerchi il Cielo, anima,
invoca il nome di Maria;
a chi invoca Maria
apre le porte del Cielo.

Al nome di Maria i celesti
si rallegrano, trema l’inferno;
il cielo, la terra, il mare,
e tutto il mondo esulta.

Il Signore ci benedica,
ci preservi da ogni male
e ci conduca alla vita eterna.

R. Amen.

Augustinus
12-09-04, 07:54
Dialoghi, I, VIII, In morte di S. Anastasio, abate del Monastero detto di Subpentoma

Caro Pietro,
Ora passo a narrare un fatto accaduto in una località poco lontana. Me ne hanno parlato due uomini tuttora viventi: il venerando vescovo Massimiano e quel Laurione, un veterano della vita monastica, che tu pure hai conosciuto. Quest'ultimo fu allevato dal piissimo Anastasio nel cenobio detto «Subpentoma»*, che sorge presso la città di Nepi. Anastasio, uomo di vita esemplare, si incontrava molto frequentemente con Nonnoso, priore del monastero del Monte Soratte, sia perché vivevano in località vicine, sia perché si trovavano in sintonia per l'esemplarità dei loro costumi e per l'amore per le virtù. Nonnoso aveva come abate un uomo duro, intrattabile, ma sopportava con sorprendente equanimità i suoi modi di fare. Come, in qualità di priore, riusciva autorevole presso i monaci per la sua mansuetudine, cosi con la sua umiltà spesso placava la collera dell'abate.
Sempre in quel tempo, il venerando Anastasio, di cui ho già parlato, era attuario della santa Chiesa Romana, alla quale, per volontà del Signore, io servo. Egli però, desiderando dedicarsi interamente a Dio solo, abbandonò il suo archivio e si scelse un monastero, proprio quello chiamato «Subpentoma» cui sopra accennavo; vi trascorse molti anni, conducendo una vita tutta dedita alla ricerca di Dio, e divenne anche vigile e premuroso abate di quel cenobio.
Sul luogo domina, imponente, un roccione e sotto si apre un profondo precipizio. Una notte, quando già Dio onnipotente aveva deciso di premiare il venerando Anastasio per le sue fatiche, si udì una voce dall'alta rupe, una voce che, scandendo le parole, diceva: «Anastasio, vieni!» Dopo di lui altri sette fratelli vennero chiamati per nome. Poi per un breve momento la voce tacque, e dopo la si udì ancora chiamare un ottavo fratello. Tutta la comunità sentì; non c'era, dunque, dubbio che coloro i quali erano stati chiamati per nome sarebbero presto morti.
Nel volgere di pochi giorni, prima il venerando Anastasio, poi gli altri sette, nell'ordine in cui erano stati appellati dall'alto della roccia, migrarono dalla loro carne. Invece il monaco cui nome era stato pronunciato dopo un breve silenzio, restò in vita ancora pochi giorni. Poi morì anche lui. Risultò cosi chiaro che il breve momento in cui la misteriosa voce aveva taciuto, non era privo di significato: l'ultimo chiamato sarebbe vissuto ancora un po'.
Ma ecco un avvenimento prodigioso. Infatti, quando il pio Anastasio spirò, vi era un fratello nel monastero che non voleva assolutamente sopravvivere a lui. Gettatosi ai suoi piedi, incominciò a supplicarlo tra le lacrime dicendo: "Nel nome di Colui al quale vai, che io non rimanga su questa terra più di sette giorni dopo il tuo transitori. E prima del settimo giorno dal decesso di Anastasio anche costui morì, sebbene quella notte non fosse stato chiamato insieme con gli altri. È pertanto evidente che fu solo l'intercessione del venerando Anastasio ad ottenere che lo seguisse nell'aldilà.

Augustinus
12-09-04, 08:05
da dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste , trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 1067-1072

Oggetto della festa.

Qualche giorno dopo la nascita del Salvatore la Chiesa ha consacrato una festa per onorarne il nome benedetto. Ci insegnava così quanto questo nome contiene per noi di luce, di forza, di soavità, per incoraggiarci ad invocarlo con fiducia nelle nostre necessità (L'anno Liturgico, 183-187).

Così dopo la festa della Natività della Santissima Vergine, la Chiesa consacra un giorno ad onorare il santo nome di Maria per insegnarci attraverso la Liturgia e l'insegnamento dei santi, tutto quello che questo nome contiene per noi di ricchezze spirituali, perché, come quello di Gesù, lo abbiamo sulle labbra e nel cuore.

Storia della festa.

La festa del santo nome di Maria fu concessa da Roma, nel 1513, ad una diocesi della Spagna, Cuenca. Soppressa da san Pio V, fu ripristinata da Sisto V e poi estesa nel 1671 al Regno di Napoli e a Milano. Il 12 settembre 1683, avendo Giovanni Sobieski coi suoi Polacchi vinto i Turchi che assediavano Vienna e minacciavano la cristianità, sant'Innocenzo XI, in rendimento di grazie, estese la festa alla Chiesa universale e la fissò alla domenica fra l'Ottava della Natività. Il santo Papa Pio X la riportò al 12 settembre.

Nome uscito dal cuore di Dio.

Più che il ricordo storico della istituzione della festa, ci interessa il significato del nome benedetto dato alla futura Madre di Dio e nostra.

Il nome presso i Giudei aveva un'importanza grandissima e si soleva imporre con solennità. Sappiamo dalla Scrittura che Dio intervenne qualche volta nella designazione del nome da imporre a qualche suo servo. L'angelo Gabriele previene Zaccaria che suo figlio si chiamerà Giovanni ed egli ancora dice a Giuseppe, spiegandogli l'Incarnazione del Verbo: "Gli porrai nome Gesù". Si può quindi pensare che Dio in qualche modo sia intervenuto, perché alla Santissima Vergine fosse imposto il nome richiesto dalla sua grandezza e dignità. Gioacchino ed Anna imposero alla loro bambina il nome di Maria che a noi è tanto caro.

"Il tuo nome è un olio sparso".

I Santi si sono compiaciuti di paragonare il nome di Maria a quello di Gesù. San Bernardo aveva applicato al Signore il testo della Cantica: "Il tuo nome è un olio sparso" (Cantico dei Cantici, 1,3), perché l'olio dà luce, nutrimento e medicina. Anche Riccardo di san Lorenzo dice: "Il nome di Maria è paragonato all'olio, perché, dopo il nome di Gesù, sopra tutti gli altri nomi, rinvigorisce i deboli, intenerisce gli induriti, guarisce i malati, dà luce ai ciechi, dona forza a chi ha perso ogni vigore, lo unge per nuovi combattimenti, spezza la schiavitù del demonio e, come l'olio sorpassa ogni liquore, sorpassa ogni nome" (De Laudibus B. M. V. l. II, c. 2).

Altre interpretazioni.

Oltre sessantasette interpretazioni diverse sono state date al nome di Maria secondo che fu considerato di origine egiziana, siriaca, ebraica o ancora nome semplice o composto. Non vogliamo trattenerci sulle interpretazioni e scegliamo le quattro principali riferite dagli antichi scrittori. "Il nome di Maria, dice sant'Alberto Magno, ha quattro significati: illuminatrice, stella del mare, mare amaro, signora o padrona" (Commento su san Luca, I, 27).

Illuminatrice.

È la Vergine immacolata che l'ombra del peccato non offuscò giammai; è la donna vestita di sole; è "colei la cui vita gloriosa ha illustrato tutte le Chiese" (Liturgia); è infine colei, che ha dato al mondo la vera luce, la luce di vita.

Stella del mare.

La liturgia la saluta così nell'inno, così poetico e popolare, Ave maris stella e ancora nell'Antifona dell'Avvento e del tempo di Natale: Alma Redemptoris Mater. Sappiamo che la stella del mare è la stella polare, che è la stella più brillante, più alta e ultima di quelle che formano l'Orsa Minore, vicinissima al polo fino a sembrare immobile e conservare una posizione quasi invariabile per lunghe notti e per questo fatto è di molta utilità per orientarsi sulla carta del cielo e aiuta il navigante a dirigersi, quando non possiede la bussola.

Così Maria, fra le creature, è la più alta in dignità, la più bella, la più vicina a Dio, invariabile nel suo amore e nella sua purezza, è per noi esempio di tutte le virtù, illumina la nostra vita e ci insegna la via per uscire dalle tenebre e giungere a Dio, che è la vera luce.

Mare amaro.

Maria lo è nel senso che, nella sua materna bontà, rende amari per noi i piaceri della terra, che tentano di ingannarci e di farci dimenticare il vero ed unico bene; lo è ancora nel senso che durante la Passione del Figlio il suo cuore fu trapassato dalla spada del dolore. È mare, perché, come il mare è inesauribile, è inesauribile la bontà e generosità di Maria per tutti i suoi figli. Le gocce d'acqua del mare non possono essere contate se non dalla scienza infinita di Dio e noi possiamo appena sospettare la somma immensa di grazie che Dio ha deposto nell'anima benedetta di Maria, dal momento dell'Immacolato Concepimento alla gloriosa Assunzione in cielo.

Signora o padrona.

Maria è veramente, secondo il titolo datole in Francia, Nostra Signora. Signora vuoi dire Regina, Sovrana. Regina è veramente Maria, perché la più santa di tutte le creature, la Madre di Colui, che è Re per titolo di Creazione, Incarnazione e Redenzione; perché, associata al Redentore in tutti i suoi misteri, gli è gloriosamente unita in cielo in corpo e anima e, eternamente beata, intercede continuamente per noi, applicando alle nostre anime i meriti da lei acquistati davanti a Lui e le grazie delle quali è fatta mediatrice e dispensiera.

Discorso di san Bernardo.

Preghiamo la Santissima Vergine, perché voglia realizzare per noi i diversi significati, che santi e dottori hanno dato al suo nome benedetto, riportando la conclusione della seconda omelia di san Bernardo sul Vangelo Missus est:

"E il nome della Vergine era Maria. Diciamo qualche cosa di questo nome, che significa stella del mare. Si adatta perfettamente alla Madre di Dio, perché come l'astro emette il suo raggio, così la Vergine concepisce suo Figlio e il raggio non diminuisce lo splendore della stella e il Figlio non diminuisce la verginità della Madre. Nobile stella sorta da Giacobbe il cui raggio illumina il mondo, splendente nei cieli, penetra l'abisso, percorre la terra. Riscalda più che i corpi le anime, inaridisce il vizio, feconda la virtù. Sì, Maria è l'astro fulgente e senza uguali che era necessario sul mare immenso, che scintilla di meriti e rischiara coi suoi esempi la nostra vita.

Chiunque tu sia che nel flusso e riflusso del secolo abbia impressione di camminare meno su terra ferma che in mezzo alla tempesta turbinante, non distogliere gli occhi dall'astro splendido, se non vuoi essere inghiottito dall'uragano. Se si desta la burrasca delle tentazioni, se si drizzano gli scogli delle tribolazioni, guarda la stella e invoca Maria. Se sei in balìa dei flutti della superbia o dell'ambizione, della calunnia o della gelosia, guarda la stella e invoca Maria. Se collera, avarizia, attrattive della carne, scuotono la nave dell'anima, volgi gli occhi a Maria. Turbato per l'enormità del delitto, vergognoso di te stesso, tremante all'avvicinarsi del terribile giudizio, senti aprirsi sotto i tuoi passi il gorgo della tristezza o l'abisso della disperazione, pensa a Maria. Nei pericoli, nell'angoscia, nel dubbio, pensa a Maria, invoca Maria.

Sia sempre Maria sulle tue labbra, sia sempre nel tuo cuore e vedi di imitarla per assicurarti il suo aiuto. Seguendola non devierai, pregandola non dispererai, pensando a lei tu non potrai smarrirti. Sostenuto da lei non cadrai, protetto da lei non avrai paura, guidato da lei non sentirai stanchezza: chi da lei è aiutato arriva sicuro alla meta. Sperimenta così in te stesso il bene stabilito in questa parola il nome della Vergine era Maria".

MESSA.

EPISTOLA (Eccli 24,17-2l). - Come vite diedi frutti di soave odore, e i miei fiori dan frutti di gloria e di ricchezza. Io sono la madre del bell'amore e del timore, della scienza e della santa speranza. In me ogni grazia della via e della verità, in me ogni speranza di vita e di virtù. Venite a me, o voi tutti che mi bramate, e saziatevi dei miei frutti; perché il mio spirito è più dolce del miele, e il mio retaggio più del favo di miele. Il ricordo di me durerà nelle generazioni dei secoli. Chi mi mangia avrà ancora fame, e chi mi beve avrà ancora sete. Chi mi ascolta non sarà confuso, e chi lavora per me non peccherà; chi mi illustra avrà la vita eterna.

Tutta la compiacenza del cielo, tutte le speranze della terra si fissano sulla culla in cui Maria dorme, mentre veglia per Dio il suo cuore (Ct 5,2). La Sapienza fa il proprio elogio (Eccli 24,1): per la beata figlia di Anna e di Gioacchino le preferenze del suo amore, manifestate all'origine del mondo sono ormai giustificate e per sempre sarà sua delizia essere con i figli degli uomini (Pr 8,31). La vigna eletta, la vigna del Pacifico è davanti a noi e annunzia con i suoi fiori profumati (Ct 8,11-12) il grappolo divino, il succo del quale, spremuto nel torchio, feconderà tutte le anime, inebrierà terra e cielo.

VANGELO (Lc 1,26-38). - In quel tempo: L'Angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea detta Nazareth, ad una Vergine sposata ad un uomo della casa di David, di nome Giuseppe, e la Vergine si chiamava Maria. Ed entrato da lei l'Angelo disse: Salute, o piena di grazia: il Signore è teco! Benedetta tu fra le donne! Ed essa turbata a queste parole, pensava che specie di saluto fosse quello. E l'Angelo le disse: Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio; ecco, tu concepirai nel seno e partorirai un figlio, e gli porrai nome Gesù. Questi sarà grande, e sarà chiamato figlio dell'Altissimo; e il Signore Dio gli darà il trono di David suo padre; e regnerà in eterno sulla casa di Giacobbe; e il suo regno non avrà mai fine. Allora Maria disse all'Angelo: Come avverrà questo, se io non conosco uomo? E l'Angelo rispose: Lo Spirito santo scenderà in te e la potenza dell'Altissimo ti adombrerà: per questo il Santo che nascerà da te sarà chiamato figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, ha concepito anche lei un figlio nella sua vecchiaia, ed è già nel sesto mese, lei che era detta sterile; ché niente è impossibile davanti a Dio. E Maria disse: Ecco l'ancella del Signore: si faccia di me secondo la tua parola.

Abbiamo qui la più solenne ambasciata di cui la storia angelica ed umana abbia conservato ricordo, e presenta in Maria ciò che il suo nome significa, la Padrona del mondo. L'interesse più alto che possa toccare l'umanità presente, passata o futura, le gerarchie celesti, Dio stesso è trattato tra l'Altissimo e la Vergine di Nazareth soli, come soli aventi titolo da una parte per proporlo e dall'altra per accettarlo. L'angelo non è che un messaggero e l'uomo è con lui nell'attesa. Maria contratta con il Creatore, in nome dell'uomo e dell'angelo, come in nome proprio, in nome del mondo intero, che rappresenta e che domina con la sua regalità.

Augustinus
12-09-04, 08:22
La battaglia di Vienna del 1683

di Renato Cirelli

Lo scenario politico-militare nella seconda metà del Seicento, il secolo terribile che aveva sconvolto e cambiato per sempre l’Europa, si presenta tutt’altro che pacifico. La Guerra dei Trent’Anni (1618-1648), iniziata come guerra di religione, era continuata come conflitto fra la Casa regnante francese dei Borbone e gli Asburgo per togliere a questi ultimi l’egemonia sulla Germania, che derivava loro dall’autorità imperiale. Per raggiungere questo scopo il primo ministro francese Armand du Plessis, cardinale duca di Richelieu (1585-1642), inaugurando una politica fondata sul solo interesse nazionale a scapito degli interessi dell’Europa cattolica, si allea con i principi protestanti.

I Trattati di Westfalia del 1648 sanciscono l’indebolimento definitivo del Sacro Romano Impero e sulla Germania, devastata e divisa fra cattolici e protestanti e frazionata politicamente, si stabilisce l’egemonia del re di Francia Luigi XIV (1638-1715). Il ruolo dominante raggiunto in Europa spinge il Re Sole ad aspirare alla stessa corona imperiale e, in questa prospettiva, egli non esita a cercare l’alleanza degli ottomani, indifferente a ogni ideale cristiano ed europeo. Sul finire del secolo l’Europa cristiana è prostrata e ripiegata su sé stessa fra divisioni religiose e lotte dinastiche, mentre la crisi economica e il calo demografico, conseguenti alla guerra, completano il quadro e la rendono oltremodo vulnerabile.

L’offensiva turca

L’impero ottomano, che aveva ormai conquistato i paesi balcanici fino alla pianura ungherese, il 1° agosto 1664 era stato fermato nella sua avanzata dagli eserciti imperiali guidati da Raimondo Montecuccoli (1609-1680) nella battaglia di San Gottardo, in Ungheria.

Poco dopo però, sotto l’energica guida del Gran Visir Kara Mustafà (1634-1683), l’offensiva turca riprende, incoraggiata incoscientemente da Luigi XIV nella sua spregiudicata politica anti-asburgica, e approfitta della debolezza in cui versano l’Europa e l’Impero.

Solo la Repubblica di Venezia contende ai Turchi ogni isola dell’Egeo e ogni metro di Grecia e di Dalmazia combattendo orgogliosamente da sola la sua ultima e gloriosa guerra, che culmina con la caduta di Candia nel 1669, difesa eroicamente da Francesco Morosini il Peloponnesiaco (1618-1694).

Dopo Creta, nel 1672 la Podolia — parte dell’odierna Ucraina — viene sottratta alla Polonia e nel gennaio del 1683, a Istanbul, vengono inastate le code di cavallo di battaglia in direzione dell’Ungheria e un immenso esercito si mette in marcia verso il cuore dell’Europa, sotto la guida di Kara Mustafà e del sultano Maometto IV (1642-1693), con l’intento di creare una grande Turchia europea e musulmana con capitale Vienna.

Le poche forze imperiali — appoggiate da milizie ungheresi guidate dal duca Carlo V di Lorena (1643-1690) — tentano invano di resistere. Il grande condottiero al servizio degli Asburgo prende il comando benché ancora convalescente di una grave malattia che lo aveva portato sull’orlo della morte, dalla quale — si dice — l’abbiano salvato le preghiere di un padre cappuccino, il Beato Marco da Aviano (1631-1699). Il religioso italiano, inviato del Papa presso l’Imperatore e instancabile predicatore della crociata anti-turca, consiglia che tutte le insegne imperiali portino l’immagine della Madre di Dio. Da allora le bandiere militari austriache manterranno l’effigie della Madonna per due secoli e mezzo, fino a quando Adolf Hitler (1889-1945) le farà togliere.

Le "campane dei turchi"

L’8 luglio 1683 l’esercito ottomano muove dall’Ungheria verso Vienna, vi giunge il 13 luglio e la cinge d’assedio. Durante il percorso ha devastato le regioni attraversate, saccheggiato città e villaggi, distrutto chiese e conventi, massacrato e schiavizzato le popolazioni cristiane.

L’imperatore Leopoldo I (1640-1705), dopo aver affidato il comando militare al conte Ernst Rüdiger von Starhemberg (1638-1701), decide di lasciare la città e raggiunge Linz per organizzare la resistenza della Germania contro il tremendo pericolo che la sovrasta.

Nell’impero suonano a stormo le "campane dei turchi", com’era già accaduto nel 1664 e nel secolo precedente, e inizia la mobilitazione delle risorse militari imperiali, mentre l’imperatore tesse febbrilmente trattative per chiamare a raccolta tutti i principi, cattolici e protestanti, sabotato da Luigi XIV e da Federico Guglielmo di Brandeburgo (1620-1688), e chiede l’immediato intervento dell’esercito polacco, appellandosi al supremo interesse della salvezza della Cristianità.

Papa Innocenzo XI

In questo momento drammatico dà i suoi frutti la politica europea e orientale da anni promossa dalla Santa Sede, soprattutto per merito del cardinale Benedetto Odescalchi (1611-1689), eletto Papa con il nome di Innocenzo XI nel 1676, beatificato nel 1956 da Papa Pio XII (1939-1958).

Convinto custode del grande spirito crociato, il Pontefice, che da cardinale governatore di Ferrara si era guadagnato il titolo di "padre dei poveri", ispira una politica lungimirante tesa a creare un sistema di equilibrio fra i principi cristiani per indirizzare la loro politica estera contro l’impero ottomano. Avvalendosi di abili e decisi esecutori come i nunzi Obizzo Pallavicini (1632-1700) e Francesco Buonvisi (1626-1700), il venerabile Marco da Aviano e altri, la diplomazia pontificia media e concilia i contrasti europei, pacifica la Polonia con l’Austria, favorisce l’avvicinamento con il Brandeburgo protestante e con la Russia ortodossa, difende perfino gli interessi dei protestanti ungheresi contro l’episcopato locale, perché tutte le divisioni della Cristianità dovevano venir meno davanti alla difesa dell’Europa dall’islam. E, nonostante gli insuccessi e le incomprensioni, nell’"anno dei Turchi" 1683 il Papa riesce a essere l’anima della grande coalizione cristiana, trova il denaro in tutta Europa per finanziare le truppe di grandi e di piccoli principi e paga personalmente un reparto di cosacchi dell’esercito della Polonia.

L’assedio

Intanto a Vienna, invasa dai profughi, si consuma la via crucis dell’assedio, che la città sopporta eroicamente. 6.000 soldati e 5.000 uomini della difesa civica si oppongono, tagliati fuori dal mondo, allo sterminato esercito ottomano, armato di 300 cannoni. Tutte le campane della città vengono messe a tacere fuorché quella di Santo Stefano, chiamata Angstern, "angoscia", che con i suoi incessanti rintocchi chiama a raccolta i difensori. Gli assalti ai bastioni e gli scontri a corpo a corpo sono quotidiani e ogni giorno può essere l’ultimo, mentre i soccorsi sono ancora lontani. Sollecitato dal Papa e dall’imperatore, alla testa di un esercito, muove a marce forzate verso la città assediata il re di Polonia Giovanni III Sobieski (1624-1696), che già due volte aveva salvato la Polonia dai turchi. Finalmente il 31 agosto si congiunge con il duca Carlo di Lorena, che gli cede il comando supremo, e, quando viene raggiunto da tutti i contingenti dell’impero, l’esercito cristiano si mette in marcia verso Vienna, dove la situazione è ormai drammatica. I turchi hanno aperto brecce nei bastioni e i difensori superstiti, dopo aver respinto diciotto attacchi ed effettuato ventiquattro sortite, sono allo stremo, mentre i giannizzeri attaccano, infiammmati dai loro predicatori, e i cavalieri tatari scorazzano per l’Austria e la Moravia. L’11 settembre Vienna vive con angoscia quella che sembra l’ultima notte e von Starhemberg invia a Carlo di Lorena l’ultimo disperato messaggio: "Non perdete più tempo, clementissimo Signore, non perdete più tempo".

La Battaglia

All’alba del 12 settembre 1683 il Beato Marco da Aviano, dopo aver celebrato la Messa servita dal re di Polonia, benedice l’esercito schierato, quindi, a Kalhenberg, presso Vienna, 65.000 cristiani affrontano in battaglia campale 200.000 ottomani.

Sono presenti con le loro truppe i principi del Baden e di Sassonia, i Wittelsbach di Baviera, i signori di Turingia e di Holstein, i polacchi e gli ungheresi, il generale italiano conte Enea Silvio Caprara (1631-1701), oltre al giovane principe Eugenio di Savoia (1663-1736), che riceve il battesimo di fuoco.

La battaglia dura tutto il giorno e termina con una terribile carica all’arma bianca, guidata da Sobieski in persona, che provoca la rotta degli ottomani e la vittoria dell’esercito cristiano: questo subisce solo 2.000 perdite contro le oltre 20.000 dell’avversario. L’esercito ottomano fugge in disordine abbandonando tutto il bottino e le artiglierie e dopo aver massacrato centinaia di prigionieri e di schiavi cristiani. Il re di Polonia invia al Papa le bandiere catturate accompagnandole da queste parole: "Veni, vidi, Deus vicit". Ancor oggi, per decisione di Papa Innocenzo XI, il 12 settembre è dedicato al SS. Nome di Maria, in ricordo e in ringraziamento della vittoria.

Il giorno seguente l’imperatore entra in Vienna, festante e liberata, alla testa dei principi dell’impero e delle truppe confederate e assiste al Te Deum di ringraziamento, officiato nella cattedrale di Santo Stefano dal vescovo di Vienna-Neustadt, poi cardinale, il conte Leopoldo Carlo Kollonic (1631-1707), anima spirituale della resistenza.

Il riflusso dell'Islam

La vittoria di Kalhenberg e la liberazione di Vienna sono il punto di partenza per la controffensiva condotta dagli Asburgo contro l’impero ottomano nell’Europa danubiana, che porta, negli anni seguenti, alla liberazione dell’Ungheria, della Transilvania e della Croazia, dando inoltre possibilità alla Dalmazia di restare veneziana. È il momento in cui maggiormente si palesa la grandezza della vocazione e della missione della Casa d’Austria per il riscatto e per la difesa dell’Europa sud-orientale. Per svolgerla, essa mobilita sotto le insegne imperiali le risorse di tedeschi, ungheresi, cèchi, croati, slovachi e italiani, associando veneziani e polacchi, costruendo quell’impero multietnico e multireligioso, che darà all’Europa Orientale stabilità e sicurezza fino al 1918.

La grande alleanza, che riesce a prender vita all’ultimo momento grazie al Beato Papa Innocenzo XI, ricorda l’impresa e il miracolo realizzati un secolo prima grazie all’opera di Papa san Pio V (1504-1572) a Lepanto, il 7 ottobre 1571. Per la svolta impressa alla storia dell’Europa Orientale la battaglia di Vienna può essere paragonata alla vittoria di Poitiers del 732, quando Carlo Martello (688-741) ferma l’avanzata degli arabi. E l’alleanza che nel 1684 viene sancita con il nome di Lega Santa vede un accordo unico fra tedeschi e polacchi, fra impero e imperatore, fra cattolici e protestanti, animata e promossa dalla diplomazia e dallo spirito di sacrificio di un grande Papa, tutto teso al perseguimento dell’obiettivo della liberazione dell’Europa dai turchi.

In quell’anno si realizza una fraternità d’armi cristiana che dà vita all’ultima grande crociata e che, dopo la vittoria e cessato il pericolo, è presto dimenticata; ma, dopo Vienna, in Europa le "campane dei turchi" tacciono per sempre.

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Per approfondire: vedi un quadro generale della situazione europea nel secolo XVI in AA.VV., Storia d’Europa, vol. IV: L’Età Moderna. Secoli XVI-XVIII, Einaudi, Torino l995; una storia della Casa d’Austria in Adam Wandruska, Gli Asburgo, trad. it., TEA, Milano l993; approfondimenti specifici in Ekkehard Eickhoff, Venezia, Vienna e i Turchi. Bufera nel Sud-est europeo. 1645-1700, trad. it., Rusconi, Milano l991; e in Jan Wladislaw Wos, La Polonia. Studi storici, introduzione di Paolo Bellini, Giardini, Pisa 1992, capitolo VII: Giovanni III Sobieski e la battaglia di Vienna (1683), pp. 153-177.

FONTE (http://www.strategiaglobale.com/battaglia_di_vienna_islamismo_cristianesimo.html)

http://santiebeati.it/immagini/Original/66000/66000B.JPGhttp://www.gesuiti.it/moscati/Img6/Innocenzo_XI.jpg Beato Innocenzo XI Odescalchi

http://gigibeads.net/prayerbeads/saints/photos/padremarco03.jpg Beato Marco d'Aviano

http://www.amiciziacristiana.it/vittorie10.gif http://www.amiciziacristiana.it/vittorie11.jpg

Augustinus
12-09-04, 08:27
Padre Marco, al secolo Carlo Domenico Cristofori, nacque ad Aviano (Pordenone) nel 1631. Studiò da giovane presso i gesuiti. Nel 1648 entrò nell'ordine dei cappuccini e, ordinato sacerdote, si diede all'apostolato della parola e della penna, divenendo presto famoso. Nel 1680 fu inviato in Germania dove divenne confidente e consigliere di molti principi, tra i quali l'imperatore Leopoldo I d'Austria che lo chiamava suo angelo tutelare. Fu al suo fianco nel 1683 come protagonista durante l'assedio di Vienna. Morì in quella città nel 1699 e fu sepolto nella chiesa dei cappuccini.
Il nome di Padre Marco torna ora alla ribalta, dopo lungo tempo di ingiustificato oblio. Viene considerato uno dei personaggi più importanti del suo tempo, soprattutto in riferimento al suo ruolo determinante, come cappellano generale, nella vittoriosa battaglia di Vienna dell'11 settembre 1683, definita da qualche storico "la madre di tutte le battaglie" perché ha chiuso il discorso militare con i turchi, desiderosi di occupare l'Europa, decretando il loro irreversibile declino militare ed economico.
L'attenzione per il cappuccino oggi è considerevole. È noto il romanzo scritto da Carlo Sgorlon Marco d'Europa, che nel titolo già evidenzia la sua grandezza. Il romanzo viene ora riproposto tra gli Oscar Mondadori con un nuovo titolo: Il taumaturgo e l'imperatore. Recentemente, Giuseppe Baiocchi, giornalista della Rai, colpito della coincidenza dell'11 settembre, data della vittoria di Vienna del 1683 e data dell'attacco alle Torri gemelle del 2001, ha messo a frutto le sue conoscenze storiche e ha ricostruito le vicende di quella storica battaglia. Sulla base di tale ricostruzione, il regista Renzo Martinelli si è messo all'opera per realizzare una riproduzione cinematografica dell'evento e ha cominciato a girare il suo Marco d'Aviano. Il regista ha rilasciato questa dichiarazione al Corriere della Sera (12 febbraio 2002, p. 37): "Sarà una pellicola piena di effetti spettacolari, ma di grande portata storica. Mi proporrò di illustrare la personalità del frate predicatore anche per sottolineare la sua straordinaria attualità. Marco credeva fermamente alla necessità di affermare l'identità culturale dell'Occidente di fronte alla sfida dell'Islam".
Il riconoscimento più alto al cappuccino di Aviano viene però dalla Chiesa. Infatti, il prossimo 27 aprile, Giovanni Paolo II lo proclamerà beato, riconoscendo in lui l'esercizio eroico delle virtù cristiane. Fu un taumaturgo pacifista e uno strenuo difensore della fede cristiana.
Padre Marco ha legato il suo nome al santuario di Loreto, perché dopo la vittoriosa battaglia di Vienna, mentre il re polacco Giovanni Sobieski entrava trionfante a Vienna, lui lo accompagnava mostrando un'immagine della Madonna di Loreto, alla cui intercessione fu attribuita quella memorabile vittoria.
Riproduciamo qui di seguito uno scritto di p. Arsenio d'Ascoli, già direttore della Congregazione Universale, apparso nel suo volume I papi e la Santa Casa (Loreto, 1969, pp. 54ss), nel quale sono descritti gli aspetti "lauretani" della battaglia di Vienna e il ruolo di padre Marco d'Aviano.

Dopo un secolo dalla disfatta di Lepanto (1571) i turchi tentavano per terra di sommergere l'Europa e la cristianità. Maometto IV al principio del 1683 consegna a Kara Mustafà lo Stendardo di Maometto facendogli giurare di difenderlo fino alla morte. Il Gran Visir, orgoglioso della sua armata di 300 mila soldati, promette di abbattere Belgrado, Buda, Vienna, straripare in Italia, giungere fino a Roma e collocare sull'altare di S. Pietro il trogolo del suo cavallo.
Nell'agosto del 1683 il Cappuccino P. Marco d'Aviano è nominato Cappellano Capo di tutte le armate cristiane. Egli rianima il popolo atterrito, convince Giovanni Sobieski ad accorrete con la sua armata di 40 mila uomini.
L'immagine della Madonna è su ogni bandiera: Vienna aveva fiducia solo nel soccorso della Madonna. La città era assediata dal 14 luglio e la sua resa era questione di ore.
Sul Kahlemberg, montagna che protegge la città dalla parte del nord, in una cappella, il P. Marco celebrò la Messa servita dal Sobieski dinanzi a tutta l'armata cristiana disposta a semicerchio. P. Marco promise la più strepitosa vittoria. Alla fine della Messa, come estatico, invece di dire: "Ite Missa est", gridò: "Joannes vinces", cioè: "Giovanni vincerai".
La battaglia iniziò all'alba dell'11 settembre. Un sole splendido illuminava le due armate che stavano per decidere le sorti d'Europa. Le campane della città fin dal mattino suonavano a stormo, le donne e i bambini erano in chiesa a implorare aiuto da Maria. Prima di sera l'armata turca era in rotta, lo stendardo di Maometto nelle mani di Sobieski, la tenda del Gran Visir occupata.
Il popolo era impaziente di contemplare il volto dell'eroe. Sobieski, preceduto dal grande Stendardo di Maometto, vestito di azzurro e di oro, montato sul cavallo del Gran Visir, il giorno seguente fece il suo ingresso solenne in città fra un delirio di popolo. Per ordine di Sobieski il corteo si diresse verso la chiesa della Madonna di Loreto in cui si venerava una celebre immagine della SS. Vergine. A Lei era dovuta la vittoria e ai suoi piedi tutto il popolo si prostrò riconoscente.
Fu celebrata una S. Messa e Sobieski rimase sempre in ginocchio come assorto. Il predicatore salì il pulpito e fece un grande discorso di circostanza, applicando a Giovanni Sobieski il testo evangelico: "Fuit homo missus a Deo cui nomen erat Joannes" ("Ci fu un uomo inviato da Dio, il cui nome era Giovanni").
La cerimonia proseguì grandiosa e solenne nella sua semplicità con particolari gustosi che mettono in rilievo la fede e la bonomia di Sobieski. L'assedio aveva disorganizzato molte cose e la Chiesa di Loreto non aveva più cantori. "Non importa" disse Sobieski, e con la sua voce potente intonò ai piedi dell'altare il "Te Deum", che il popolo proseguì ad una sola voce.
L'organo e la musica non erano necessari: il coro della folla vi supplì con pietà, commozione, entusiasmo. Il clero sconcertato non sapeva come concludere, e sfogliava messali e rituali per cercare un versetto. Sobieski lo trasse d'imbarazzo: senza troppo badare alle rubriche, ne improvvisò uno e la sua voce sonora si innalzò ancora potente su la folla: "Non nobis, Domine, non nobis!" ("Non a noi, Signore, non a noi!"). I sacerdoti risposero piangendo: "Sed nomini tuo da gloriam" ("Ma al tuo nome dà gloria").
Sobieski inviò subito un messaggio al B. Innocenzo XI per annunziargli la vittoria. I termini della missiva mostrano l'umiltà e la fede dell'eroe: "Venimus, vidimus, et Deus vicit" ("Siamo venuti, abbiamo veduto, e Dio ha vinto").
Una solenne ambasciata portava al Papa il grande stendardo di Maometto IV, la tenda del Gran Visir e una bandiera cristiana riconquistata ai Turchi.
Il B. Innocenzo XI, riconoscente alla Madonna di Loreto per la grande vittoria, inviò al Santuario la bandiera ritolta ai Turchi e la tenda. La bandiera si conserva ancora nella Sala del Tesoro. La tenda fu portata personalmente da Clementina, figlia di Sobieski, sposa a Giacomo II Re d'Inghilterra. Con la tenda fu confezionato un prezioso baldacchino che si usa solo nelle grandi solennità; una parte servì per un "apparato in quarto per pontificali".
Anche il Papa, come Sobieski, attribuiva la vittoria alla Vergine. Il suo ex voto fu l'istituzione di una festa in onore del S. Nome di Maria. Il 25 novembre 1683 un atto della Congregazione dei Riti la estendeva a tutta la Chiesa e la fissava nella domenica fra l'ottava della Natività di Maria e S. Pio X l'ha fissata per il 12 settembre, giorno anniversario della vittoria.
Dopo la grande battaglia di Vienna, sotto le macerie fu trovata una bella immagine della Madonna di Loreto, nei cui lati era scritto: "In hac imagine Mariae victor eris Joannes; In hac imagine Mariae vinces Joannes" ("In questa immagine di Maria sarai vincitore, o Giovanni; in questa immagine di Maria vincerai, o Giovanni"). Era certo un'immagine portata lì da S. Giovanni da Capistrano, più di 2 secoli prima, nelle lotte contro i Turchi in Ungheria e a Belgrado.
Sobieski volle che P. Marco la portasse nell'ingresso trionfale a Vienna il giorno dopo la vittoria. La portò con sé inseguendo il nemico e con essa riportò splendide vittorie contro i Turchi. La fece poi collocare nella sua Cappella e ogni giorno faceva celebrare dinanzi a Lei la S. Messa e cantare le Litanie Lauretane.
Nella Cappella Polacca a Loreto il prof. Gatti ha voluto ricordare questo episodio collocando nel quadro della parete di destra il P. Marco d'Aviano con il quadro della Madonna di Loreto in mano.
Il B. Innocenzo XI mise l'impronta della S. Casa con l'iscrizione: "Santa Maria di Loreto, pregate per noi", negli "Agnus Dei" del primo e settimo anno del suo Pontificato.

FONTE (http://www.santuarioloreto.it/messaggio/aprile_maggio_2003/apri_mag2003msg_sc4.htm)

Augustinus
12-09-04, 08:42
http://www.pinakoteka.zascianek.pl/Brandt/Images/Wilanow.jpg Józef Brandt (1841-1915), Giovanni Sobieski parte da Wilanowa, 1897, Muzeum Narodowe, Varsavia

http://www.pinakoteka.zascianek.pl/Rodakowski/Images/Jan_Wilczek.jpg Henryk Rodakowski (1823 - 1894), Vienna richiede aiuto a Giovanni Sobieski, 1860, Muzeum Narodowe, Varsavia

http://www.cattolicesimo.com/immsacre/sob2.jpg Wojciech Gerson, Giovanni Sobieski parte per la battaglia, 1882

http://www.mowiawieki.pl/img/artykul/779.jpg Jerzu Eleuter Siemiginowski, Giovanni III Sobieski col figlio Giacomo Luigi Enrico, 1690 circa, Palazzo reale, Wilanów

http://www.cattolicesimo.com/immsacre/sobieski.jpg http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/f/f5/SiemiginowskiJerzy.1693.PortretJanaIIISobieskiego. jpg Jerzy Siemiginowski-Eleuter, Giovanni III Sobieski, 1693 circa, Palazzo reale, Wilanów

http://www.cattolicesimo.com/immsacre/gas.jpg Henri Gascar, Giovanni III Sobieski e la sua famiglia, 1691

http://www.webmedia.pl/szym0n/barok/sobieski.jpg

Augustinus
12-09-04, 08:57
http://www.pinakoteka.zascianek.pl/Brandt/Images/Walka_o_sztandar.jpg Józef Brandt (1841-1915), Battaglia di Vienna, Muzeum Narodowe, Varsavia

http://homepage.interaccess.com/~netpol/POLISH/GALERIA/galeria/116.jpg http://www.cattolicesimo.com/immsacre/sob4.jpg Juliusz Kossak (1824 - 1899), Giovanni Sobeiski parte per la Battaglia di Vienna, 1883, Muzeum Narodowe, Varsavia

http://www.cattolicesimo.com/immsacre/sob3.jpg Juliusz Kossak (1824 - 1899), Giovanni Sobeiski alla Battaglia di Vienna, Muzeum Narodowe, Varsavia

http://www.cattolicesimo.com/immsacre/battlevienna.jpg Józef Brandt (1841-1915), Battaglia di Vienna, 1873, Muzeum Narodowe, Varsavia

http://www.cattolicesimo.com/immsacre/sob5.jpg Jan Matejko (1838-1893), Giovanni Sobeiski trionfante a Vienna manda il messaggio della vittoria al Papa, 1880, Muzeum Narodowe, Cracovia

http://www.pinakoteka.zascianek.pl/Brandt/Images/Powrot_z_Wiednia.jpg Józef Brandt (1841-1915), Vienna è tolta d'assedio, Collezione privata

Augustinus
12-09-04, 09:08
Dal sito SANTI E BEATI (http://www.santiebeati.it/search/jump.cgi?ID=91492):

Beato Marco d’Aviano Cappuccino

13 agosto

Aviano, Pordenone, 17 novembre 1631 - Vienna, 13 agosto 1699

E' presente nel Martirologio Romano. A Vienna in Austria, beato Marco d’Aviano (Carlo Domenico) Cristofori, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, che, sapiente predicatore della parola di Dio, in ogni luogo si adoperò mirabilmente per i poveri e i malati, sollecitando soprattutto i potenti del mondo ad anteporre la fede e la pace ad ogni altra impresa o interesse.

Grande predicatore del secolo XVII, taumaturgo, artefice della salvezza dell’Europa cristiana dai turchi. Carlo Domenico Cristofori, questo il suo nome da laico, nacque ad Aviano (Pordenone) il 17 novembre 1631 da degni e distinti genitori.
Ricevette una prima istruzione da un precettore del paese e poi giovinetto fu affidato dai genitori al Collegio dei Gesuiti di Gorizia. Di carattere timido ma sognatore, un giorno ancora ragazzo, si lasciò prendere dall’entusiasmo e dopo una uscita dei collegiali, non rientrò, fuggendo per andare a convertire i Turchi.
Dopo due giorni di cammino, bussò stanchissimo alla porta del convento dei Cappuccini di Capodistria, in piena crisi giovanile, che si risolse con la chiamata di Dio per il chiostro francescano. Il 21 novembre 1648 vestì l’abito dei cappuccini nel noviziato di Conegliano, cambiando il nome in Marco; non sembrava portato troppo per i pesanti studi, ma poi con la comprensione del padre Fortunato da Cadore, che divenne poi Ministro Generale, riuscì con soddisfazione a giungere alla meta.
Venne ordinato sacerdote il 18 settembre 1655 dedicandosi quasi subito alla predicazione; nel 1670 venne nominato superiore del convento cappuccino di Belluno e dopo un paio d’anni di quello di Oderzo. La responsabilità della carica, però ostacolava il suo desiderio di solitudine e preghiera, quindi i superiori accogliendo la sua richiesta, lo trasferirono a Padova; ed è in questa città dopo una non programmata predicazione, che si rivelò ai fedeli della dotta Padova per quel grande predicatore che era.
Un prodigio avvenuto il 18 settembre 1676, quando guarì una suora paralizzata da 13 anni, gli cambiò la vita, fino allora tutto sommato tranquilla. Questa ed altre guarigioni, insieme alla crescente fama di predicatore, accrebbe la sua popolarità al punto che vescovi di varie Nazioni europee, iniziarono a richiederlo per le predicazioni; padre Marco d’Aviano divenne un instancabile viaggiatore per il Veneto ed in tutta Europa, accompagnato sempre dalla crescente fama di taumaturgo; ovunque andasse riusciva a radunare folle oceaniche, nelle chiese e nelle piazze di città come Anversa, Augusta, Colonia, Magonza, Salisburgo, Worms, per ascoltare le sue prediche tendenti alla conversione ed alla penitenza fatte in italiano con qualche parola di tedesco.
Usava a favore dei malati e bisognosi, una particolare formula di benedizione che rimase famosa, procurandogli qualche grattacapo da parte delle Autorità ecclesiastiche; i fedeli che lo avvicinavano gli strappavano gli abiti di dosso, con scene di fanatismo, per avere un suo ricordo come reliquia, tanto era il suo ‘odore di santità’.
Le richieste dei governanti per averlo, arrivavano ai suoi superiori ed anche al papa; nel 1680 era nel Tirolo, la Baviera e Austria, l’imperatore Leopoldo I d’Asburgo lo volle come suo consigliere a Vienna.
Ritornato a Venezia nel 1681 partì poi per le Fiandre attraversando la Francia, anche se per motivi pretestuosi re Luigi XIV non permise, a padre Marco d’Aviano di passare per Parigi; ritornò in Italia attraverso la Germania e la Svizzera.
Intanto i Turchi in quel periodo d’invasione, erano giunti fino a Vienna, papa Innocenzo XI di fronte al pericolo della caduta della città, in mano dei musulmani, forti di un esercito di 150.000 turchi e giannizzeri, comandati da Mustafà “il Nero”, generalissimo di Maometto IV, inviò padre Marco d’Aviano a riappacificare i rissosi comandanti degli eserciti cristiani, riportando l’unità e una forte alleanza, capitanata dal coraggioso Giovanni Sobieski e incitando i soldati a chiedere l’aiuto divino, così il 12 settembre 1683 Vienna fu liberata dall’assedio ed i Turchi sconfitti.
Se la città fosse caduta si sarebbe aperta la strada agli islamici, per arrivare fino a Roma, che era il fine di Mustafà IV. Marco d’Aviano per questo divenne il “Salvatore dell’Europa”; con il suo prestigio e volontà, continuò a spingere, suggerire, riunire ed organizzare i cristiani, provocando la sconfitta definitiva dell’Islam in Europa, con le battaglie di Budapest (1684-1686), Neuhäusel (1685), Mohacz (1687), Belgrado (1688) e con la pace di Karlowitz (1689).
Non fu solo un uomo di battaglie e alfiere della cristianità contro gli ottomani, ma anche uomo di carità e proprio a lui si rivolsero ottocento turchi che nel 1688 a Belgrado, erano rimasti asserragliati in un castello, oramai temevano per la loro vita, in pochi giorni erano stati uccisi 12.000 di loro e frate Marco si prodigò per la loro salvezza.
Terminate le guerre Marco d’Aviano riprese instancabile la sua opera pastorale, scotendo le coscienze, combattendo il peccato, diventando operatore di pace e di unione. Nel 1699, ripartì ormai a 68 anni, di nuovo per Vienna, diceva “non ne posso più, ma il papa comanda”, era afflitto da un tumore che lo consumava.
Il 25 luglio fu costretto a letto e assistito dall’imperatore Leopoldo I, morì il 13 agosto 1699; dopo solenni funerali venne sepolto nella cripta dei Cappuccini di Vienna, accanto alle tombe degli imperatori asburgici; il suo sepolcro divenne subito visitatissimo dai fedeli.
La sua figura poco ricordata in Italia, invece si studia a scuola in Austria e nell’Europa dell’Est. Papa Pio X firmò il decreto d’introduzione della causa di beatificazione e il 27 aprile 2003 è stato beatificato in Piazza s. Pietro a Roma, da papa Giovanni Paolo II.

Autore: Antonio Borrelli

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Augustinus
12-09-04, 09:09
Capitolo Uno - Prima Parte

L’assedio di Vienna e “Le scuderie del sultano”

LA FESTA

«Benedetto Odescalchi...» - mormorò pensieroso l’imperatore Leopoldo I d’Austria, deponendo sul tavolo il calice elegante che aveva svuotato a metà del suo contenuto di vino prezioso e sapientemente invecchiato.
«Vostra Maestà...?» - lo interrogò allora perplesso l’uomo che gli stava di fronte, rigido nella sua divisa di gala scintillante di decorazioni.
Il conte Ernst Rudiger von Starhemberg, che lui stesso aveva nominato difensore della città quando si era allontanato dalla capitale per riparare a Linz, secondo l’accordo che prevedeva che non dovesse influenzare con la sua presenza i comandanti della coalizione anti ottomana, guardò poi il suo sovrano con un’espressione di aspettativa, attendendo paziente che gli si chiarisse il motivo di quella convocazione notturna.
«Francesco Buonvisi...» - però l’altro lo deluse per la seconda volta.
Il nobile a quel punto sorrise e annuì. Quel nome lo conosceva, e con la persona aveva avuto intensi rapporti anche lui, nelle ore concitate durante le quali si era finalmente compreso che l’avanzata turca sarebbe stata molto più rapida del previsto.
«Il nunzio pontificio...» - infatti diede prova di essere informato di chi fosse, perfino inorgogliendosene un po’.
«Giusto lui...» - confermò l’imperatore, intrecciando le dita sul ventre - «Insieme a Marco d’Aviano che Voi ben conoscete...».
«Il cappuccino che ha fama di santo e di taumaturgo...».
«...mi ha convinto a non intromettermi nei preparativi della battaglia...».
«Per non ingelosire Jan Sobieski, il re di Polonia, che era stato designato come capo dell’alleanza» - osò di nuovo interromperlo l’aristocratico.
«Ma adesso, dopo che gli ho già ubbidito una volta» - riprese il sovrano, rabbuiandosi un po’ - «pretende che mi affretti ad essere diligente di nuovo...».
«I preti sono fatti così. Hanno Dio dalla loro parte...» - il conte tentò di sdrammatizzare, considerato che Leopoldo sembrava non essere affatto soddisfatto di una probabile seconda intromissione dell’alto prelato.
«Se è per questo, ne abbiamo tratto vantaggio anche noi» - l’interlocutore allora si rilassò - «La controffensiva ha avuto esito positivo, e dobbiamo renderne grazie al Signore per sempre... Ma, vi stavo dicendo: Benedetto Odescalchi...».
Il gentiluomo austriaco a quel punto ritornò a mostrare ancora il proprio sconcerto.
«Il papa, signor conte. Il papa... Sua Santità Innocenzo XI, al secolo Benedetto Odescalchi...».
«Ebbene, Vostra Maestà Cesarea?» - si riprese immediatamente l’aristocratico in uniforme.
«Ebbene, signor mio, quello stimabilissimo ma insistentissimo diplomatico del nunzio Buonvisi non mi ha lasciato quasi il tempo di riprendere possesso del mio letto, qui nel palazzo di Vienna, che ha immediatamente preteso che scrivessi al Pontefice per relazionarlo punto per punto sull’esito dello scontro con le truppe di Maometto IV...».
«...e del suo generalissimo, il gran visir Kara Mustafà, “il Nero”, che se lo porti via il vento...».
«Meglio ancora, che lo cancelli la scimitarra affilata di un carnefice, considerato che il suo signore non gli perdonerà mai una sconfitta del genere... Comunque, Francesco Buonvisi vuole questo, e noi glielo dobbiamo...» - concluse rapidamente l’imperatore strofinandosi la guancia, quasi a voler esorcizzare la stanchezza di una giornata faticosa - «Senza Sua Santità e l’impegno che ha profuso nel cercare di smussare i contrasti dei principi europei per far fronte comune contro Costantinopoli, nel nostro futuro non avremmo avuto altro incarico che quello di rendere omaggio al sultano sfiorando con le labbra la sua sacra pantofola...».
«Per la verità, il nostro avvenire non ci sarebbe neppure stato, Maestà» - il conte fu più realistico - «Certamente persone di rango come noi sarebbero state spellate e inchiodate ancora vive e sanguinanti alle mura di Vienna, per morire lentamente sotto i raggi del sole e l’attacco dei becchi famelici degli uccelli da preda...».
«Avete ragione... Sono delicatezze riservate ai perdenti, chiunque sia il vincitore...» - si rattristò il sovrano - «Tornando però a Sua Santità...».
«Sono a Vostra disposizione...» - lo prevenne von Starhemberg per toglierlo dall’imbarazzo - «Immagino che sia per questa ragione che mi abbiate convocato stanotte...» - allora comprese.
Leopoldo annuì e si versò un altro goccio di vino, facendo lo stesso per l’ospite che invitò ad accomodarsi su una seggiola dall’alto schienale.
«Dobbiamo riferire gli avvenimenti esattamente come sono accaduti» - poi confermò, arrossendo leggermente - «Quindi, dato che, tra noi due, l’unico testimone oculare siete stato voi...».
«Capisco...» - il conte bagnò appena le labbra con quella bevanda color rubino, nella quale si riflettevano le luci delle poche candele che illuminavano a malapena la stanza - «Anche se, Vostra Maestà, io ho assistito al combattimento dall’interno della città, senza evidentemente prendere parte alle decisioni, alla messa a punto della strategia preventiva...».
Leopoldo I lo fermò con un gesto, che significava che quelle cose non gli erano sicuramente sconosciute.
«Intuite benissimo» - poi chiarì - «che non potevo chiedere aiuto al re di Polonia che ha personalmente condotto l’impresa. In primo luogo, Jan Sobieski non ne sarebbe stato affatto contento, perché avrebbe preferito scrivere al papa di proprio pugno. E poi, a quanto mi riferiscono, già va dicendo che il merito della vittoria è soltanto suo, come se gli altri alleati non avessero contribuito per niente e se ne fossero rimasti soltanto a guardare con le mani in mano. Se quindi gli forniamo l’occasione di vantarsene anche con Roma...».
«Opportuno...» - non poté non ammettere l’uomo fasciato dalla scintillante divisa - «Allora possiamo metterci immediatamente al lavoro...».
L’imperatore a quel punto però si alzò e, a passettini brevi, tenendo le mani intrecciate dietro la schiena, attraversò il salone che fungeva da studio privato e si avvicinò ad uno degli alti finestroni che davano sulla piazza d’armi e, più oltre, sulla distesa punteggiata di luci della capitale.
Intorno a lui, sulle pareti appena lambite dagli sprazzi di luce tremolante che provenivano dai candelieri d’argento massiccio, i ritratti dei suoi antenati della Casa d’Asburgo lo fissavano con sguardi che gli parevano inquieti, quasi che anche loro intendessero condividere con il regale discendente il medesimo nodo di emozioni che gli si era avviluppato in fondo alle viscere. Timore residuo per la grave minaccia ottomana, un briciolo di vergogna per non aver partecipato direttamente all’azione, preoccupazione per la labilità dell’alleanza che aveva sconfitto le armate turche, sospetto per la politica del suo eterno nemico Luigi XIV di Francia, il Re Sole, che non si era unito al resto d’Europa contro Maometto IV, preoccupazione per una riscossa dei vinti, desiderio di passare le dita sul passato e dimenticare tutto, erano i moti dell’animo che si accavallavano e che lo lasciavano incerto e titubante, come un imperatore non dovrebbe mai essere.
«Li sentite?» - quindi chiese senza voltarsi al conte von Starhemberg.
«È da molto che va avanti così...» - rispose l’altro.
Il paesaggio tormentato di Vienna, con interi settori ridotti a ruderi dagli incendi provocati dagli assedianti nei due mesi in cui avevano tentato di conquistare la capitale, era intessuto di una fitta trama di luminescenze, provocate da grandi falò che la popolazione aveva alimentato per le strade un po’ dovunque, e intorno ai quali, fino a notte alta, la gente si concentrava per cantare e ballare, e per urlare al cielo la propria gioia per il recente trionfo.
Da quei punti di raduno delle folle, disseminati uniformemente dai quartieri nobiliari ed eleganti fino ai rioni più miserevoli, si levavano ondate di suoni, di grida, di musica, i cui echi il vento portava a sprazzi fin lì.
«Si dice che i capi del nostro esercito vincitore si siano dati alle dissolutezze...» - mormorò allora Leopoldo, riportando una notizia certa, più che richiederne conferma al suo ospite.
L’altro non rispose. Sapeva benissimo quanto quei comportamenti poco dignitosi e indegni di principi turbassero il suo sovrano, e come una festa legittima anche per la normale popolazione potesse alla fine riuscire sgradita per la sensibilità del capo del paese, nel momento in cui sembrava non dovesse concludersi mai, e anzi aggravarsi e assumere l’aspetto spiacevole quasi di un’orgia collettiva.
«I morti... Dio...» - balbettò a quel punto Leopoldo - «Ci sono state duemila vittime da parte nostra, e almeno diecimila tra i soldati di Kara Mustafà...E Dio, lassù, è venuto in soccorso di una cristianità che l’ha implorato con la faccia per terra, e che adesso invece...».
Ernst Rudiger von Starhemberg raggiunse il suo signore vicino alla finestra e gli si pose rispettosamente alle spalle.
«La nazione è confusa, Vostra Maestà» - quindi gli rivelò - «Questo è un popolo che ha visto mettere a rischio i fondamenti stessi della propria civiltà, del proprio modo di vivere antico...».
«Che ha temuto di dover rinunciare per sempre alla religione dei padri...».
«E, ora che il pericolo è scongiurato, ha quasi cessato all’improvviso di ragionare...».
Leopoldo d’Austria annuì e rimase per qualche istante in silenzio. Adesso c’era un contrasto di sentimenti nel suo cuore, qualcosa di contraddittorio che si urtava e che lacerava.
«La gioia è normale, e anzi lodevole...» - poi sussurrò - «Ma temo che i viennesi non abbiano imparato che chi dimentica presto una minaccia è condannato a trovarsela di nuovo di fronte senza preavviso. E questa volta incarnando magari la parte dello sconfitto...».
Non aggiunse altro sull’argomento, voltandosi di nuovo e tornando al suo scrittoio.
«Abbiamo un paio d’ore davanti, conte» - quindi progettò - «Vorrei che terminassimo il nostro lavoro in questo lasso di tempo, perché desidero mostrarlo finito a qualcuno che ha chiesto di essere ricevuto più tardi...».
«A notte fonda?» - si stupì l’aristocratico.
«Chi sta per arrivare» - sorrise allora l’imperatore, mostrando però un grande rispetto - «è un uomo che non dorme mai. Qualcuno che veglia su di noi, che ci ha guarito nel corpo e nell’anima, che ci ha salvato, e che adesso però, come mi ha fatto anticipare da un suo messaggero, è scontento di ciò che sta vedendo...».
Detto questo senza rivelarne il nome, il sovrano tirò un cassettino e ne estrasse un grande foglio di pergamena, una penna dal puntale d’oro, un calamaio d’argento cesellato e la ceralacca nella quale sarebbero state impresse le insegne imperiali. Quindi, gettando prima un’occhiata distratta al sigillo d’oro del gran visir Kara Mustafà che faceva parte del bottino di guerra, rivolse lo sguardo al conte e si apprestò a vergare la puntuale relazione della battaglia da inviare a Sua Santità Innocenzo XI.
«Sono il vostro allievo, signore. Dettate pure...».
La notte dunque avanzò, mentre i due importanti personaggi cercavano di stendere un’esposizione chiara dei fatti che von Starhemberg aveva potuto osservare dall’alto delle fortificazioni viennesi. Intanto, fuori dal palazzo, la canea delle voci si era fatta più forte e insistente, nonostante fosse ormai trascorsa da molto l’ora in cui tutti avrebbero dovuto essere colti dalla stanchezza e vinti dal sonno. Addirittura, a tratti, gruppi nutriti giungevano fino alle cancellate della reggia, sul piazzale di San Michele, innalzando ghirlande di fiori e gettando urla modulate di giubilo all’indirizzo del proprio sovrano, che immaginavano sveglio oltre quella finestra dalla quale filtrava una tenue luminosità.
Leopoldo però non si lasciò distrarre. Né cedette alla tentazione di porre fine a quel frastuono, inviando guardie armate alle porte perché scacciassero gli importuni. Lavorò invece intensamente, senza lasciarsi turbare da nulla, attento ad ogni singolo dettaglio che il conte gli riferiva con voce monotona, intervallata da qualche sbadiglio soffocato con sempre maggiore sforzo. Le ore dunque trascorsero proficuamente, intanto che il braccio dello scrivano si faceva sempre più pesante e la mano si anchilosava al punto da non riuscire quasi più a distendere le dita.
Finché tutti i movimenti dello scontro tra gli eserciti furono sapientemente esposti e l’imperatore, dopo aver trascritto la descrizione del suono festoso delle campane viennesi sciolte al termine di un lungo e opprimente silenzio, poté finalmente deporre la penna, apporre il proprio sigillo e firmare con un complicato svolazzo.
Fu a quel punto che, entrando senza neppure essere annunciato, come una persona di fiducia con accesso libero alle stanze più riservate del potere, apparve sulla soglia dello studio di Leopoldo I d’Austria l’ospite che il sovrano aveva preannunciato...

Capitolo Uno - Seconda Parte

Vienna, 12 settembre 1683: la grande battaglia che fermò l'avanzata islamica

LA FESTA

Era costui un fraticello scarno di origine italiana, che avrebbe compiuto tra poco più di due mesi, il 17 novembre, il suo cinquantaduesimo compleanno. L’uomo era d’aspetto dimesso, pressoché calvo, quasi incurvato dalle molte fatiche di un intenso peregrinare di anni e anni per mezza Europa, divorato da un inestinguibile calore spirituale che sembrava volesse prosciugargli le membra, e che traspariva evidente dal luccichio delle pupille che penetravano colui che era osservato fin dentro i più riposti recessi dell’anima.
«Il Signore vi benedica, Vostra Maestà Cesarea» - pronunciò il religioso con voce chiara, e avanzò poi verso la scrivania del potente, calcando con sicurezza, nonostante la sciatica di cui soffriva, i marmi preziosi del pavimento con i suoi calzari sudici e slabbrati.
Carlo Domenico Cristofori, colui che sarebbe divenuto Marco d’Aviano, fin da giovanissimo era stato fatto segno di una predestinazione divina. Tra qualche tempo, nel 1686, Elisabetta Ferro, una sua vecchia zia, si sarebbe presentata presso un notaio di Pordenone per testimoniare e far trascrivere un episodio accaduto a quel suo nipote quando era ancora un bambino di un paio d’anni e la madre Rosa Zanoni, postolo sul letto accanto al fratello Leonardo proprio la sera di Natale, aveva potuto notare, non senza provare terrore, come intorno alla testa del fanciullino aleggiasse una luminosità persistente che le rammentava in modo gioioso, ma anche inquietante, le aureole dorate dipinte dagli artisti locali intorno al capo dei santi riconosciuti.
Da allora il terzo degli undici figli di Marco Cristofori, il padre dal quale in seguito avrebbe mutuato il nome da cappuccino, aveva vissuto una vita pressoché normale, anzi solitaria e riservata, in quel suo Friuli arcaico e popolato da gente asprigna ma generosa, che muoveva la ruota della propria esistenza secondo i ritmi invariabili legati al lavoro e al senso spiccato della famiglia, all’amore incrollabile e geloso per la propria terra, e a una religiosità scevra di complicazioni e fumisterie, ma sincera quanto quella dei bimbi che il Maestro nel Vangelo aveva desiderato che accorressero tra le Sue braccia spalancate.
Il solo tormento che aveva rattristato quei suoi primi anni era stato il ricordo, tante volte evocato dai familiari, di un rapimento del quale era stata vittima Maria, una sua parente, nel lontano 1499, ad opera di una banda di saccheggiatori mussulmani che l’aveva poi trascinata con sé, destinandola all’harem del sultano Bajazet a Costantinopoli.
Non fu poi forse per caso che quindi, fattosi giovanotto, Carlo Domenico prendesse improvvisamente la via che conduceva al mare, per imbarcarsi come volontario nella guerra che la Repubblica Serenissima combatteva da tempo contro i turchi per il possesso dell’isola di Candia. Ma il destino, o Qualcuno che lo trascendeva, volle che, giunto a Capodistria stanco e affamato, si rivolgesse per aiuto ad un convento di cappuccini, e che là gli venisse consigliato di tornarsene a casa e, caso mai, di prendere i voti se, più avanti negli anni, gli fosse rimasto il desiderio di aiutare i cristiani in oriente, come da sempre facevano i confratelli col saio anche a costo della loro stessa sopravvivenza.
E così avvenne infatti intorno al diciassettesimo anno d’età, nel momento in cui il giovane Cristofori morì al mondo, rinascendo all’eternità come il cappuccino Marco nativo del tranquillo villaggio di Aviano.
Da allora, la benevolenza dell’Onnipotente che l’aveva già sfiorato da bimbo si manifestò in tutta la Sua potenza. Quel ragazzetto che aveva sognato di diventare un eroe impugnando la spada in terra cretese, divenne invece un portatore di stendardo della più alta spiritualità cristiana. Un uomo che ebbe il privilegio di poter recare dovunque la parola del Salvatore, e che ricevette il dono di essere investito da Lui della facoltà di guarigione, e di intimo convincimento di masse umane che lo seguirono per anni incantate e fedeli, ammaliate dalla sua personalità debordante e dalle straordinarie opere delle quali si era fatto artefice.
Di lui si raccontava infatti, nei decenni seguenti, a proposito dei miracoli che compiva. Durante un infuocato sermone, le braccia del crocifisso che impugnava si staccarono e volarono dritte a colpire rispettivamente due concubini impenitenti, al punto che il sacerdote da quel momento venne nominato con sacro rispetto “Spezzacristi”. Nel 1676, a Padova, guarì dalla sua infermità, che durava da tredici anni e la costringeva costantemente a letto, la suora Vincenza Francesconi, sorella di uno dei canonici della cattedrale. Più avanti sanò anche un’altra monaca e, a Venezia, i patrizi Federico Cornaro e Laura Gritti, l’uno affetto da dolorosissima gotta e l’altra da un grave tumore al seno, nonché ancora una volta una religiosa, la madre Maria Dolfin del monastero di San Zaccaria nella città lagunare.
Di guarigioni miracolose ne compì moltissime durante la sua esistenza, ma nel frattempo cercava con forza di diffondere ciò che più gli stava a cuore, ovvero la predicazione della Parola, i seguitissimi sermoni pasquali, e l’abitudine all’atto di dolore, che veniva invariabilmente concluso dalla benedizione papale, impartita per speciale concessione del Pontefice, e che comportava l’indulgenza plenaria per chi la ricevesse dalle sue mani.
Per assolvere dunque al suo specifico compito sacerdotale viaggiò moltissimo. Dalla Germania, dove fu ricevuto come un trionfatore a causa di quella notorietà dalla quale sarebbe sfuggito volentieri, alla Francia del potente Luigi, che non gli permise invece di mettere nemmeno piede a Parigi, ai Paesi Bassi nei quali nuovamente fu ben accolto, fino a che ebbe la ventura di conoscere l’imperatore Leopoldo d’Austria, che tanta parte ebbe poi negli avvenimenti successivi che lo riguardarono.
Non fu dunque perché non ci fosse un segreto disegno della Storia che doveva concludere la sua complessa trama, ovvero un’ispirazione divina che intendesse dirigere la barca del destino umano in una certa direzione, che padre Marco d’Aviano fu poi spinto a recarsi a Vienna in quel fatidico anno 1683.
Malato e debole, il cappuccino si trovava allora nel suo convento di Padova, per cercare di riprendersi dalle grandi fatiche spese nell’esercizio della propria funzione sacerdotale. Là, in quell’eremo tranquillo, il duca di Neuburg e lo stesso imperatore austriaco non lo lasciavano comunque in pace, tempestandolo di missive nelle quali sempre più si dipingeva come catastrofica la situazione delle armate turche che avevano attraversato il Bosforo e si stavano dirigendo a spron battuto verso il centro del cuore pulsante d’Europa.
Marco d’Aviano ne era ovviamente addolorato e angosciato, tanto da perderci il sonno e l’appetito. Tuttavia attendeva un segno, un’indicazione più forte della richiesta d’aiuto del sovrano, per precipitarsi in Austria a cercare di compiere quanto poteva essere nelle sue facoltà per arginare il disastro incombente.
Il segnale che aspettava giunse puntuale quando, dopo averlo richiesto al papa, lo stesso Innocenzo XI gli concesse di rimettersi in cammino. Marco non attese un istante di più e, attraverso il Tirolo, accompagnato dall’immancabile confratello padre Cosma, raggiunse quanto prima possibile l’imperatore nel suo rifugio di Linz, nel quale Leopoldo si era appartato fin da quando nella capitale serpeggiava la minaccia della peste bubbonica.
Ciò che accadde in seguito è storia recente, rispetto al momento in cui il cappuccino entrava di notte nello studio privato dell’imperatore.
Vienna, l’intero Occidente, la civiltà cristiana, erano in grave pericolo e sarebbero state presto spazzate via dall’onda di piena della cultura orientale, tanto degna e sopraffina quanto distante e inconciliabile con la tradizione europea. Eppure, tra coloro che avrebbero dovuto opporvisi, lo stesso monarca e i principi che avevano a disposizione le loro armate, regnava quasi il caos più completo. Rivalità, ambizioni personali, orgogli nazionalistici, interessi specifici, mancata consapevolezza dell’enormità della posta in gioco, conducevano il re di Polonia come il principe di Lorena, i nobili tedeschi o quelli sassoni, ad infinite e inconcludenti diatribe, che pure avevano un senso ma che sicuramente lo perdevano totalmente di fronte all’avanzata del nemico comune. I potenti del mondo insomma parevano commensali che si accapigliassero sulle precedenze a tavola, mentre un maremoto stava per scagliare un’onda altissima e travolgente contro l’edificio che ospitava la sala da pranzo.
In questo, padre Marco vide la possibilità di una missione, di un intervento risolutore da parte di chi era tanto stimato da tutti da non dover guardare in faccia nessuno, costringendo ognuno di loro alla ragionevolezza.
Il 5 settembre 1683 intervenne dunque al consiglio di guerra a Tulln e, usando a piene mani del suo carisma, della capacità di parola, del fuoco che gli bruciava dentro in vista della doverosa difesa della cristianità, annichilì ogni rivalità, rese compatta la determinazione dei principi, umiliò le permalosità, convinse Leopoldo a mettersi da parte per non suscitare invidie in chi era meno di lui, fece accettare dall’intera coalizione il comando di Jan Sobieski, il re di Polonia, e infine infiammò gli animi al compito storico che li attendeva, che era quello di porre in salvo le sensibilità delle genti che da millenni occupavano lo spazio che va dagli Urali alle onde agitate del grande oceano.
In quel giorno, un piccolo frate di un piccolo paese del Friuli mutò il corso della Storia. Anche se ora, dopo che la grande battaglia contro il sultano invasore era stata combattuta e vinta a caro prezzo, dava l’impressione di non esserne rimasto completamente soddisfatto.
«Venite avanti, padre amatissimo» - l’imperatore lo invitò a compiere gli ultimi passi. Quindi, quando il frate gli fu quasi accanto, pose un ginocchio per terra e gli sfiorò con le labbra il cordone del saio.
Sembrava che il volto austero di Marco d’Aviano fosse offuscato da una sorta di patina grigia. Un velo di stanchezza e di tristezza gli alterava i lineamenti scavati.
«Desidero parlarvi urgentemente, Maestà...» - ripeté la ragione della sua visita a quell’ora sconveniente.
Leopoldo assentì. Poi, prima che l’altro riuscisse ad aggiungere una sola parola, afferrò la pergamena che aveva appena finito di compilare e la mostrò felice al nuovo ospite.
«Ho scritto a Sua Santità narrando della grandiosa vittoria, di questa nostra Lepanto di terra...» - quindi spiegò - «Sarei lieto però che, prima di inviare il messaggio con un corriere veloce, voi ascoltaste e mi deste la vostra indispensabile approvazione...».
Marco sospirò, ma lo concesse. Ciò che il Pontefice avrebbe appreso da quel resoconto forse l’avrebbe convinto a riconfermarsi ancora una volta dalla sua parte anche per quello che stava per proporre all’imperatore. Il religioso dunque si sedette e si apprestò ad ascoltare pazientemente.
Leopoldo iniziò la lettura, mentre il conte Ernst Rudiger von Starhemberg, dopo essersi inchinato rispettosamente ad entrambi, guadagnava con discrezione l’uscita.

Capitolo Due - Prima Parte

LA BATTAGLIA

«Tra poco sorgerà il sole...».
Il re di Polonia Jan III Sobieski si calcò la feluca sulla fronte con un gesto istintivo e scoccò una breve occhiata al principe Carlo di Lorena e al Grande Elettore Massimiliano Emanuele di Baviera che gli si erano posti a fianco. Come condottiero designato, dopo un’interminabile trattativa, della coalizione anti ottomana, si sentiva ora gravare sulle spalle l’enorme carico della responsabilità di liberare Vienna dall’assedio dei turchi, che stavano affamando la capitale da più di due mesi, minacciando di invadere poi l’intera Europa fino al cuore della cristianità, ribaltando lo stesso soglio di Pietro sul quale era insediato papa Innocenzo XI.
«Se non confidiamo nella sorpresa, non potremo mai prevalere...» - il sovrano polacco aggiunse poi con un sospiro, nel quale si avvertiva chiaramente un gorgoglio di paura.
Subito dietro il terzetto dei comandanti alleati, l’alfiere ventenne principe Eugenio di Savoia Carignano, che aveva voltato le spalle al Re Sole di Francia, dal quale era stato umiliato, per mettersi al servizio di Leopoldo I, annuì e attrasse l’attenzione di Sobieski.
«Da un calcolo approssimativo, i turchi sono almeno duecentomila, Maestà» - ricordò - «Qualcuno afferma perfino mezzo milione, ma sono soltanto voci. È certo però che noi siamo poco più di settantamila...».
«Ai quali vanno aggiunti gli undicimila soldati assediati, se conservano ancora qualche energia per poter reagire...» - fece notare il Grande Elettore.
«Comunque, una forza impari» - concluse burbero il comandante in capo della spedizione - «Per questo, se lasceremo che il sole sorga e ci faremo notare, l’esercito nemico non ci lascerà il minimo scampo...».
«È deciso, allora?» - Carlo di Lorena si girò a metà per fissarlo dritto negli occhi, dimenticando in quel cruciale momento la propria inadeguatezza fisica, causata da una caduta da cavallo che l’aveva reso claudicante.
«Non si può agire altrimenti...» - gli confermò Jan Sobieski, irrigidendo le spalle - «Approfitteremo della mancata occupazione da parte degli ottomani delle alture del Wienerwald a nord della città. Se per nostra sfortuna si fossero accampati anche lassù, avrebbero potuto facilmente notarci. Invece piomberemo inosservati dalla colline di Klosterneuburg e Kahlenberg e li coglieremo ancora nel sonno, o quasi...».
L’alba del 12 settembre 1683 stava per illuminare il paesaggio di quella luce tenue che caratterizza le mattinate di fine estate. Il giorno precedente, convergendo da mezza Europa, l’armata cristiana, sostenuta dall’imperatore d’Austria e dal pontefice, aveva preso posizione in quei luoghi elevati dai quali si poteva dominare la piana e le mura di Vienna.
L’invasione mussulmana aveva preso avvio fin dall’aprile, quando il sultano Maometto IV aveva affidato al suo gran visir Kara Mustafà il comando di un’immensa fiumana di armati, carriaggi, bestiame, donne di piacere al seguito, che aveva il compito di risalire i territori europei oltre il Bosforo, per sfondare il fronte della capitale austriaca e scendere poi verso Roma, per fare di San Pietro le scuderie del sultano, come lo stesso visir aveva sprezzantemente affermato.
Le conquiste si erano succedute rapidamente, nel solco di una più che ventennale politica di occupazione che aveva già annoverato la presa dell’Ungheria nel 1663, la quasi totale cessione dell’isola di Candia da parte della Repubblica Serenissima nel 1669, ed un nuovo assoggettamento dei popoli della pianura magiara nel 1678, che aveva definitivamente predisposto Maometto IV ad immaginare che le porte dell’intero continente gli sarebbero state facilmente spalancate anche stavolta.
Le mire del sultano, già vigorosamente sostenute da tali eventi favorevoli per la causa di Costantinopoli, si erano ulteriormente rafforzate con la consapevolezza che Luigi XIV, le Roi Soleil, non si stava dimostrando sufficientemente grande né illuminato da comprendere che la propria rivalità interna al continente con l’imperatore Leopoldo avrebbe potuto magari farlo prevalere sul suo avversario soltanto per il tempo strettamente necessario ad essere entrambi travolti da una minaccia esterna, tanto estranea ai propri costumi e civiltà da non stabilire solo differenze di confini ma di un intero retaggio culturale antico di alcuni millenni.
Così, mentre l’arrogante monarca di Francia stava a guardare con la segreta e miope speranza di veder soccombere il nemico vicino per mano del nemico lontano, e intanto che gli altri potentati europei, a seguito della sollecitazione affannosa di Innocenzo XI, si sforzavano di insistere ad affrontarsi per stabilire chi dovesse essere il comandante in capo di un’armata di difesa che rischiava di essere travolta prima ancora di costituirsi, Kara Mustafà riceveva a Belgrado lo stendardo verde del Profeta come simbolo della propria nomina a generalissimo, e si avviava poi tranquillamente a stringere d’assedio le mura di Vienna in una morsa di ferro, sicuro che prima o poi l’avrebbe incenerita in una vampa di fuoco.
Non più di una dozzina di chilometri dividevano i fronti opposti. Le truppe dei principi alleati dovevano percorrerli quanto più in fretta possibile, non illudendosi che prima o poi non sarebbero stati avvistati dalle vedette turche, ma nutrendo la speranza di piombare come una valanga addosso all’invasore, prima che la macchina da guerra del campo avversario avesse la possibilità di mettere a punto i dispositivi di una reazione efficiente.
«Di fronte, i miei venticinquemila polacchi!» - dispose quindi Jan III Sobieski - «Costituiranno la forza d’urto principale, insieme agli undicimila bavaresi di Massimiliano Emanuele. Sull’ala destra invece vi troverete voi, Carlo, con i vostri ventunmila valorosi» - raccomandò al principe di Lorena, che assentì convinto - «Il vostro compito sarà quello di cogliere di sorpresa i mussulmani sul fianco, per disorientarli e sfrangiare la compattezza delle schiere che nel frattempo avranno avuto l’occasione di formarsi. In ultimo, i sassoni...» - concluse, rivolgendosi al comandante del piccolo esercito che si era aggregato alla massa più consistente delle altre nazioni - «Di supporto le altre poche migliaia agli ordini dei generali minori...».
Le disposizioni definitive erano state impartite un’ora prima, e rapidamente trasmesse fino all’ultimo tamburino o portabandiera. Poi, silenziosamente per quanto era possibile, la grande armata si era messa in moto, trascorrendo a plotoni compatti e rapidi sotto le mura dell’antica abbazia degli agostiniani nella quale, la mattina precedente, padre Marco d’Aviano, lo spirito guida di quella spedizione, aveva celebrato la Santa Messa.
Sfilarono dunque le schiere dei potenti guerrieri del nord, serrati nelle pesanti armature di sobria fattura, adorne soltanto di qualche svolazzo inciso sull’elmo e di pochi nastrini che identificavano la regione di provenienza del possessore. Quindi si avviarono i rozzi e granitici combattenti della Sassonia, seguiti da presso dai plotoni dei paladini di Carlo, drappeggiati in manti preziosi che ricoprivano corazze leggere ma tenaci, riccamente lavorate a bulino dai più valenti artigiani lorenesi. Poi altri drappelli di soldati ed ufficiali, difficilmente riconoscibili da chi non avesse dimestichezza con la ricchezza e la varietà delle divise dai mille colori di più di metà del continente. Infine si mossero pesantemente i carri di vettovaglie, centinaia di cavalli impastoiati ma liberi da pesi umani, la numerosa servitù di supporto, e i giovanetti addetti al caricamento delle balestre, al trasporto di picche e dardi acuminati, o alla predisposizione delle diverse e complesse fasi di armamento degli archibugi.

Capitolo Due - Seconda Parte

Nel nome del Padre...
E' l'ora del riscatto delle terre martoriate dai Tartari

LA BATTAGLIA

L’esercito avanzò in una lunga fila fin quasi a ridosso dell’immenso accampamento dei turchi, procedendo ad un trotto sostenuto sotto le insegne sventolanti, attorno agli stendardi che, alle prime luci incerte del nuovo giorno, già rifulgevano dei brillanti colori dell’oro, del rosso porpora, del verde intenso e fulgido come i prati d’Irlanda. Finché, in vista del mare sterminato delle venticinquemila tende piantate tra il Wienfluss e l’Alserbach, sostarono per il tempo strettamente necessario a disporsi secondo il piano di battaglia già concordato.
Il sopraggiungere rapidissimo, dall’otto al tredici luglio 1683, dei mussulmani dalla lontana Ungheria fin nei dintorni di Vienna, aveva colto quasi alla sprovvista gli abitanti della grande città. Kara Mustafà aveva solcato le vaste pianure balcaniche e il tavoliere magiaro senza quasi prendere respiro, con l’intento di scaricare la propria potenza sulla capitale prima ancora che i possibili difensori si rendessero conto che si era già avvicinato pericolosamente allo stesso centro nevralgico dell’impero. Così in effetti era avvenuto. Nessuno era riuscito a predisporre una valida difesa, e soltanto poco più di una decina di migliaia di soldati aveva avuto modo di entrare in città per controbattere dalle mura gli attacchi continui di forze superiori di almeno venti volte.
Alla devastazione delle campagne circostanti da parte di orde di Tartari alleati del sultano, erano perciò seguiti i consueti orrori di ogni assedio. La fame, innanzitutto, giacché non si era trovato il tempo di accumulare vettovaglie sufficienti. Poi gli incendi, perché gli attaccanti scaricavano per mezzo di grandi balestre un diluvio di palle di bitume infiammato all’interno dell’abitato, mandando a fuoco migliaia di edifici. Quindi il flagello di un’epidemia di colera, che si era esaurita soltanto dopo aver sterminato una gran massa di vittime. In ultimo, l’esasperazione di non poter affrontare a viso a viso il nemico, che portava sia l’uno che l’altro schieramento ad intimorirsi a distanza, spellando vivi i prigionieri alla vista dei propri compatrioti, gettandosi l’uno contro l’altro teste mozzate come se fossero state proiettili, o impalando i corpi di qualche disgraziato catturato con strumenti sottili di legno che li attraversavano dall’ano alla spalla, procurando loro una fine lenta e straziante.
Così nulla era mutato per decine di giorni. Senza che i pochi cedessero ai molti. Con i molti che aumentavano il desiderio di vendicarsi della resistenza imprevista. E i pochi che, ormai disperati, contavano i giorni, le ore, i minuti, scrutando l’orizzonte per scorgere la polvere sollevata dai cavalli dei soccorritori.
La massa compatta della cavalleria del re polacco all’improvviso si precipitò a catapulta lungo un declivio erboso, insinuandosi a cuneo nelle prima linea di attendamenti. I cannoncini da campagna di bronzo trasportati fin là a dorso di mulo, l’unica artiglieria in possesso dei cristiani, con tiri a parabola sopra i pennacchi sventolanti degli assalitori, aprivano intanto vasti vuoti e squartavano membra qualche decina di metri più avanti, liberando la via alla corsa frenetica del battaglione d’assalto.
Nonostante l’impatto fosse stato catastrofico, non ci volle però molto perché il grande corpo addormentato si ridestasse dal torpore della sorpresa. Il campo ottomano era un’infinita distesa di tende rotonde che terminavano a cuspide, di armati delle diverse etnie medio orientali, di branchi nutriti di cavalli purosangue e altri animali vivi che sarebbero stati sacrificati al ventre delle truppe in avanzata, di salmerie, di harem affollati, di cannoni a centinaia, di stendardi multicolori, di fasci di picche annodati, di maneggevoli macchine da guerra trascinate fin lì per migliaia di chilometri. La ferita che l’avanguardia dei cavalleggeri polacchi, affiancati dal reparto cosacco finanziato direttamente dal papa, inferse ai difensori fu quindi rapidamente assorbita da quel gigantesco raduno di umanità. Gli armati penetrarono a fondo, ma ben presto la tenaglia della difesa si chiuse inesorabile intorno a loro. Si videro allora schiere di donne velate fuggire dalla parte opposta a quella da quale era stata sviluppata l’aggressione, e frotte di bambini, tra i quali molti prigionieri europei, aggirarsi ormai senza meta per il campo, con espressioni di terrore dipinte sul volto. I guerrieri turchi però, dopo il primo sconcerto, reagirono da quei soldati valorosi che erano.
«Bré! Bré! Bré!» - si udì presto il loro famoso grido di guerra, che aveva terrorizzato per secoli la gente d’Europa che viveva sulle coste indifese.
Al suono dei corni e dei larghi tamburi maneggiati dai sipahi, l’armata mussulmana si ricompattò abbastanza velocemente. Balzarono sulle ricche selle, istoriate e incrostate d’oro e d’argento, gli sceicchi delle sabbie che si erano associati all’impresa, gli spahis dall’elmo circondato dal turbante dotati di piccoli scudi rotondi, i giannizzeri, cristiani catturati da bambini e allevati alla guerra nelle caserme di Tracia e di Macedonia, e soprattutto i disciplinati ufficiali dell’esercito regolare del sultano Maometto IV. Al centro dell’accampamento, lontano migliaia di passi dal punto dello sfondamento dei cavalieri cristiani, anche Kara Mustafà, “il Nero”, si destò spaventato e sudato, balzando immediatamente in piedi, e nel volgere di pochi istanti, mentre le sue donne gli si affollavano intorno angosciate, si scosse dalla momentanea indecisione, allontanò le femmine con un gesto imperioso, si armò in fretta e furia, e fu subito fuori dalla sua tenda per porsi a capo della propria gente e contrastare l’attacco imprevisto degli infedeli.
“L’animale è stato ferito con un colpo di stiletto, ma si è già ripreso. Ora è tempo di non permettere che si rialzi completamente, scatenandogli addosso l’inferno di una spinta infinitamente più potente”.
Il re di Polonia Jan Sobieski osservava dall’alto lo svolgersi degli avvenimenti, circondato da consiglieri silenziosi ed alacri che prendevano brevi note su grandi fogli di pergamena, e sussurrando trasmettevano poi i suoi secchi ordini ai reparti.
Intanto, qualche metro più sotto e qualche decina più in là, si stava celebrando una festa di morte e di sangue. I cavalieri circondati dalla morsa nemica che si era richiusa, venivano arpionati da lunghe picche con la lama a forma di falce, sbalzati dalle selle e trascinati pesantemente nella polvere. Là qualcuno era rapito da una morte rapida e misericordiosa, inflitta con un taglio netto alla gola. Altri invece, con le braccia bloccate da un paio di uomini robusti, subivano l’enucleazione dei globi oculari per mezzo delle unghie affilate di donne infuriate, e venivano poi lasciati morire dissanguati dopo l’asportazione degli arti con un secco colpo di scimitarra. Correva però anche sangue ottomano, perché la guerra è un lurido gioco che fa perdere tutti coloro che vi partecipano e, al massimo, fa trionfare i principi a prezzo di infinite singole vite. Il cannoneggiamento e le sparatorie delle colubrine dall’alto della collinetta da parte degli attaccanti avevano infatti creato deserti tra gli uomini e le donne che li avevano dovuti subire. Carne umana ridotta a brandelli era volata dovunque, fiotti di sangue avevano imbevuto la terra, corpi erano stati colpiti e sbalzati lontano da impatti violenti, membra erano state spiccate di colpo da fendenti di spade dei cavalieri penetrati a fondo, anime avevano abbandonato dolorosamente la terra invocando pietà da un Dio diverso ma sempre clemente e misericordioso.
«Ora, comandante!» - suggerì a quel punto Massimiliano Emanuele, l’Elettore bavarese, al sovrano polacco.
«Adesso o mai più!» - confermò convinto anche il principe di Savoia Carignano.
La battaglia era iniziata da un’ora, e ancora undici, dall’alba alle cinque del pomeriggio, ne sarebbero trascorse prima che il massacro cessasse. La città assediata stava vivendo il momento esaltante di un tentativo di liberazione, ma ancora non sapeva se la forza della disperazione di chi difende le proprie radici avrebbe potuto prevalere comunque contro la dura realtà della preponderanza numerica dell’avversario.
Al termine dei due mesi d’assedio, Vienna era ormai ridotta allo stremo. I suoi abitanti avevano respinto diciotto tentativi d’attacco diretto, avevano tentato ventiquattro sortite oltre le mura, si erano accorti dello scavo delle gallerie per le mine scavate dai turchi e di notte le avevano colmate di nuovo. Con le poche forze a sua disposizione, il conte Ernst Rudiger von Starhemberg, il comandante designato dall’imperatore Leopoldo, aveva fatto il possibile perché l’invasore non dilagasse inarrestabile nell’abitato, ma ormai la resistenza dei viennesi non avrebbe potuto protrarsi un giorno di più oltre un’eventuale sconfitta della coalizione cristiana.
«Ora...» - mormorò Jan III Sobieski.
Il momento della verità era giunto. Due mondi, due concezioni, due modi di vita, stavano per abbattersi uno sull’altro e distruggersi a vicenda, o prevalere, o soccombere.
Dalle mura della capitale si videro allora sorgere come d’incanto un profluvio di bandiere, mentre nella piana e sulle colline s’innalzavano gli stendardi imperiali che, su suggerimento di Marco d’Aviano, portavano impressa l’immagine sacra della Madonna. Poi, come piccolo segno di solidarietà con lo sforzo dell’esercito di chi non aveva altre energie da poter impegnare, dall’interno di Vienna partirono gli ultimi razzi incendiari di una riserva che era stata già abbondantemente saccheggiata.
«Ora...» - passò l’ordine dai consiglieri ai soldati.
Ora, era il momento del contrattacco dell’Occidente. Ora, era il tempo del riscatto delle terre martoriate dai Tartari, dai saccheggi e dagli incendi. Ora, scoccava l’attimo in cui sarebbe stato affermato per sempre che i popoli sanno benissimo amare gli altri popoli diversi da loro, purché nessuno si arroghi il diritto di sopraffare o invadere l’altro.
“Costantinopoli verso Vienna, o Vienna verso Costantinopoli, nello stesso modo...” rifletté saggiamente Sobieski, mentre levava la mano e l’abbassava rapidamente per scatenare tutta l’inarrestabile potenza della sua armata.
S’avventarono allora le masse umane una contro l’altra. Corpi si scontrarono con altri corpi, ferro con ferro, corazze contro corazze, cavalli addosso a cavalli.
Il sole ormai dardeggiante nel cielo, dopo aver dissolto la nebbiolina strisciante del primo mattino, illuminò indifferente una gigantesca carneficina. Pennacchi colorati tracciarono segni allegri nell’aria, mentre l’elmo sul quale erano impiantati volava trascinandosi appresso una testa mozzata. Mani che stringevano convulsamente spadoni pesanti e finemente cesellati caddero troncate di netto. Lingue che urlavano frasi di incitamento vennero maciullate da lance acuminate che sfondavano le celate e penetravano devastanti nelle bocche spalancate. Occhi furono scalzati da colpi di spada e schizzarono via, come giocherelli di bimbo sfuggiti a mani inesperte. Petti ancora implumi di ragazzi, che della vita non avevano ancora assaggiato nulla, vennero slabbrati impietosamente, strappando cuori colmi di vane speranze e polmoni che avrebbero voluto ancora respirare la buona aria della giovinezza. Ventri furono squarciati, mettendo allo scoperto grovigli di viscere sostenute da uomini ancora vivi ed urlanti. Gambe e braccia cessarono di correre e di agitarsi. Uomini di pelle più chiara o pelle più scura furono accomunati nella sofferenza, cominciando via via ad accatastarsi su quell’immenso campo di dolore alle porte di Vienna che segnava il confine tra gente diversa che si trucidava nel medesimo modo.
L’ariete dell’esercito polacco fece sbandare la massa titanica degli ottomani, che non riuscirono a rinsaldarsi completamente. Le “campane dei turchi”, quelle che dalla città chiamavano alla riscossa, iniziarono allora a suonare a stormo, dopo che per i due mesi d’assedio si era sentita soltanto la cupa voce del campanone della cattedrale di Santo Stefano, di quel bronzo solenne chiamato Angstern, a dimostrazione dell’angoscia profonda che aveva colto i viennesi.
Si dimostrò allora fallace la previsione dello sceicco Vani Effendi, che aveva profetizzato che il passaggio di una cometa, in seguito catalogata dall’astronomo Halley, costituiva un presagio indicante il futuro eterno dominio sui popoli cristiani d’Europa.
Per ore e ore, gli armati dei principi del Baden e di Sassonia, dei Wittelasbach di Baviera, dei signori di Turingia e di Holstein, la gente di Polonia e di Ungheria, l’italiano conte Enea Silvio Caprara e gli altri comandanti principali con le loro truppe, si scontrarono corpo a corpo con i valorosi d’Oriente, con l’audacia dei cavalieri arabi, con la tenacia dei montanari di Cappadocia, con l’abilità di chi era nato in terre che sapevano forgiare la tempra di veri uomini rotti a qualsiasi disagio, pronti ad ogni eroismo per sostenere la causa della loro civiltà di fronte a ragioni altrettanto valide ma opposte e inconciliabili.
In ultimo però la spuntò l’energia delle colonne di Sobieski e degli alleati che avevano trapassato le linee. Venne allora il momento in cui Kara Mustafà dovette scontare la colpa di aver compiuto due errori durante la sua campagna di guerra, ovvero di non aver voluto forzare l’assedio a tempo debito e di non aver occupato tutte le alture intorno alla capitale. Il suo esercito infatti, che aveva dovuto recuperare assorbendo il primo colpo nemico, alla fine cedette sotto l’assalto più duro e ripiegò. E fu allora che scoccò l’attimo di gloria di Carlo di Lorena. Il condottiero investì a quel punto l’ala destra già vacillante dei turchi, minacciando addirittura di prendere il nemico alle spalle.
«È finita...» - allora pensò Kara Mustafà, tormentando il sigillo d’oro che portava al dito.
Tutto si stava concludendo, si disse poi, e Maometto IV non avrebbe avuto nessuna pietà di lui, facendogli scontare gli onori ricevuti in passato con l’unico prezzo previsto per una sconfitta così bruciante. Il gran visir si gettò dunque nel fitto della battaglia, ma quella morte, che comunque gli sarebbe stata inflitta dal suo signore e che sperava invece che lo cogliesse onorevolmente sul campo, non gli fece la grazia di rapirlo senza costringerlo ad una fuga precipitosa e infamante.
Come può accadere ad un grandioso castello di pietre vacillanti e sconnesse dal trascorrere del tempo, che all’improvviso frani perché un unico masso è stato spostato, la manovra del principe di Lorena avviò il tracollo finale della potente armata ottomana. Colti dal panico, privi ormai di una guida sicura, il fiume orientale si frantumò in mille rivoli, in un enorme caos nel quale si vedevano correre cavalli con la pupilla dilatata dal terrore, donne vestite di veli fluttuanti, soldati con turbanti e pennacchi ma senza più picche né spade, animali da soma che ragliavano al fluttuare della polvere per ogni dove, sguatteri ed inservienti che cercavano disperatamente riparo sotto cumuli di masserizie e provviste, bimbi turchi liberi che presto sarebbero stati fatti prigionieri, e bambini cristiani prossimi alla liberazione dalla schiavitù. Allora iniziò la grande fuga. L’infinito intrecciarsi di movimenti, di corse, di grida, di lamenti, di pianti, di urla di rabbia, in poco meno di un’ora si trasformò nello scorrere turbinoso di un fiume di gente terrorizzata in direzione opposta alle mura della città.
I cristiani a quel punto non si accanirono. Le ultime sacche di resistenza vennero rapidamente annichilite, e si lasciò che la massa umana si allontanasse senza provocare altre vittime.
Sul campo rimase un immenso bottino di armi, di vettovaglie, di oro e altri metalli preziosi, di gioielli di raffinata fattura, di bandiere, di insegne delle singole legioni, etnie e tribù. Intorno, ovunque si ruotasse lo sguardo, adesso non si vedeva più nessuno. L’opera dell’uomo aveva violentato la terra, lasciando che i protagonisti di quello scempio si allontanassero da una parte, e dall’altra rimanessero fermi e come incantati. Calò dunque il silenzio sul terreno dell’immane scontro, interrotto soltanto dal sibilare del vento tra i resti delle tende sfilacciate, e dal crepitio dei fuochi che le frecce incendiarie e lo scoppio dei proiettili aveva appiccato un po’ dovunque.
Finché, attraversò le ampie volute di fumo che il turbinare dell’aria schiacciava al suolo e costringeva a scivolare attraverso i cadaveri e i rottami dell’accampamento, si udì, alta e solenne, una voce che lanciava al cielo per l’ultima volta il suo grido di battaglia, dopo averlo ripetuto tante volte ai combattenti nel pieno della lotta.
«Ecco la croce del Signore: fuggite, schiere avversarie!».
Non ci fu nessuno che non la riconobbe, tra quanti si trovavano abbastanza vicino da udirla. E quando colui che l’aveva levata, potente e sonora, si mostrò uscendo a passi decisi dalla caligine, anche il rimanente dell’esercito schierato riconobbe la figura ascetica di padre Marco d’Aviano, e chinò il capo in segno di reverenza di fronte alla croce di legno che il cappuccino brandiva.
Quasi rassicurati da quella scena, da mille nascondigli nei quali si erano rifugiati all’ultimo istante uscirono allora le centinaia e centinaia di bambini cristiani che Kara Mustafà aveva fatto prigionieri durante tutta la campagna di guerra. Lontano, dalle porte della grande città, stavano sciamando a frotte i cittadini liberati. Le loro grida di giubilo e lo scampanio che era improvvisamente ripreso dalla cattedrale di Santo Stefano e dalle mille altre chiese viennesi, ruppero definitivamente la quiete del lutto che aveva oppresso il luogo dell’immane massacro.

Capitolo Tre

Fermata a Vienna l'avanzata turca l'europa cristiana non teme più

L'ALBA

«Dolore...» - mormorò padre Marco - «Dolore e sopraffazione...».
Ora si erano ritirati vicino al grande caminetto di pietra dello studio privato, e l’imperatore stesso aveva provveduto ad accatastare la legna e a far sviluppare un bel fuoco vivo. A metà settembre, l’aria era ancora abbastanza tiepida a Vienna, ma alle tre del mattino le ampie stanze della reggia avevano già disperso tutto il calore immagazzinato durante la giornata.
«Migliaia e migliaia di cadaveri...» - il cappuccino levò lo sguardo verso l’imperatore - «Che sono stesi nella polvere, che scivolano gonfi lungo le acque della Donau...».
Se ne stavano entrambi rannicchiati nel fondo di una poltrona, viso a viso, e con le mani che ogni tanto si tendevano verso il crepitare della fiamma. Nel resto del salone le candele erano state spente e i riverberi del fuoco lambivano a tratti le pareti, suscitando guizzi vitali nelle pupille acuminate dei ritratti degli antenati. Nell’intero, immenso, palazzo preservato dalla furia dell’esercito invasore, era calato ormai da ore il silenzio. Si udiva soltanto l’eco lontana degli ordini secchi dei sottufficiali durante il cambio della guardia e, in sottofondo, quasi come una costante musicale, il suono dei festeggiamenti in città, che sembrava non dovessero avere mai termine.
«L’umanità ha dato prova ancora una volta della sua follia» - riprese Marco d’Aviano, raddrizzando un po’ la schiena che, fino allora, aveva tenuto quasi piegata in due, in atteggiamento di tormentata riflessione - «In tutta la sua lunga storia, la nostra specie ben raramente ha valutato le conseguenze prima di agire. Salvo magari pentirsene dopo, e dolersi dei lutti, dei massacri, delle infinite sofferenze che in seguito ne sono scaturite...».
«La storia umana è sangue e ancora sangue. Ed è purtroppo condannata a ripetersi...» - osservò il sovrano, in un mormorio appena intelligibile ma parlando in un italiano sufficientemente fluido.
«Questa è la verità...» - approvò il religioso - «Non tanto che esista lo strazio e il tormento, che è nella natura di quegli animali ferini che siamo, ma che la nostra parte razionale, che pure esiste anche se è debole a paragone dell’istinto, non ne resti impressionata, incisa al punto da rammentarsi per sempre degli errori senza che l’uomo sia trascinato a rifarli...».
«Non sarà mai così, padre. Ogni generazione crede di scoprire il mondo per la prima volta, e quindi si illude di poter imporre la propria visione senza che ne derivino i medesimi effetti perversi...».
«Già, le novità...» - annuì il cappuccino, tormentando per un momento il cordone del saio - «Noi poveri esseri, tanto senzienti da sforzarci sempre di non imparare mai, ogni tanto immaginiamo che la civiltà sia una “tabula rasa” sulla quale si possano piantare fiori mai visti, che alla fine però si rivelano velenosi e ammorbanti, e causa di isterilimento del terreno... Il fatto è che presumiamo di essere intelligenti e moderni innovando ciò che dovrebbe essere immutabile, così che l’unico risultato che ne ricaviamo alla fine è quello di sfaldare le fondamenta dell’edificio, e di far crollare quella torre d’oro e d’avorio che c’illudevamo di far brillare al sole a nostra maggiore e imperitura gloria...».
La pergamena che riportava la relazione a Sua Santità Innocenzo XI era posata su un tavolinetto tra i due. Leopoldo l’aveva letta a voce alta e non ne aveva ricavato alcun commento dal cappuccino.
«La terra...» - Marco riprese subito a spiegare - «La terra natia, la tradizione, l’essere fino alla fine ciò che si è dal principio, l’amore per i luoghi che ci circondano, per l’aria che vorremmo respirare pura e libera fino alla nostra morte, la parlata che ci è cara, i nostri poeti, le nostre montagne, le valli, il mare, le rigogliose pianure ricche di messi imbiondite, i monumenti magnifici che hanno innalzato gli avi, la civiltà che hanno costruito con sudore, e sangue, e lacrime...».
«È questo ciò che davvero conta?» - interruppe l’imperatore.
«Un essere umano degno di questo nome deve aprire occhi curiosi sul mondo» - l’altro non gli rispose immediatamente «Se infatti, per l’intera esistenza, si limiterà a guardare soltanto i suoi campi e il fiume che scorre vicino alla propria casupola, si ridurrà ben presto a un selvaggio, ad un gretto, ad individuo inutile e forse anche pericoloso... Viaggino, gli uomini. Conoscano, leggano, intrattengano rapporti con gente diversa e di differente colore, ammirino le opere della loro arte, le industriose scoperte di culture magari anche antitetiche. Studino, gli uomini. Non c’è soltanto l’Aristotele dell’Occidente che possa presumere di interpretare la realtà. Arrivino in Cina, dalla quale sono tornati i nostri mercanti, e si pieghino ad interpretare manoscritti antichissimi colmi di infinita saggezza. Percorrano l’Africa, e imparino qualcosa della natura, della benedizione del sole, della felicità di popolazioni che non sono tormentate e sofferenti come le nostre. Attraversino l’Arabia felix, e rendano omaggio con il dovuto rispetto a quel senso profondo di Dio che ha fatto innalzare a quei popoli inni di pietra che sfolgoreranno in eterno, e per sempre saranno sicuri termini di paragone della bellezza e della spiritualità più profonda. Aprano dunque la loro mente, gli esseri umani. E il cuore all’amore per gli altri, per i diversi, per le innumerevoli forme in cui un uomo non cessa comunque mai di essere uomo. Eppure...».
Leopoldo d’Austria era teso. Con le mani avvinghiate ai braccioli della poltrona, seguiva il discorso di Marco, e udiva quella sua voce così convincente, con una concentrazione assoluta completamente indenne dalle seduzioni della stanchezza.
«Purché non dimentichino...» - disse a quel punto il cappuccino.
Attese qualche momento prima di continuare, perché era tanto stanco e afflitto da essere tentato di compiere il peccato di ritirarsi da tutto e da tutti, per trascorrere ciò che gli restava di vita nel silenzio e nella calma contemplazione di Dio.
«Il sangue...» - quindi riprese con tono cupo - «Si diceva il sangue, pocanzi. Versato a fiumi, ad oceani interi, nel corso della storia dell’umanità. Anche negli ultimi milleseicento anni, come se fosse del tutto indifferente che ci sia stato Qualcuno che, all’inizio della nostra era, l’abbia sparso un’ultima volta e per sempre, affinché ognuno potesse definitivamente cessare di sprecare il proprio... La colpa vera è questa, Vostra Maestà. Per mille motivazioni, l’essere umano continua a dare la morte perché scorda di essere mortale...».
«Si fa labile la memoria del giudizio che lo attenderà...».
«Evanescente, ecco. Allora può anche avvenire che uno si faccia giudice in terra della vita altrui, trascuri che egli stesso sarà sottoposto ad esame, e quindi continui a uccidere e uccidere senza interrompersi neppure per respirare. Lo fa per cento e cento ragioni, dicevo. Che possono essere l’interesse, l’amore non corrisposto, la follia, un effetto dell’ubriachezza...».
«Poco si può fare...».
«L’uomo sarà completamente educato alla pace solo nel giorno precedente l’Apocalisse» - confermò padre Marco - «Ciò non significa però che non si debba insistere con i nostri simili perché si educhino e si migliorino. Affinché trovino la strada del pentimento, del riscatto dal dolore, dell’accettazione piena di una fede che li salverà... L’opera di ricucitura del cuore umano piagato è lunga e penosa, perché noi siamo animali difficilmente addomesticabili, anche se apparentemente ci sottomettiamo con facilità alle pene dell’esistenza, come la fame, il lutto, il lavoro, la malattia... Ma più breve da raggiungersi è però un’altra consapevolezza, Maestà. Quella della comunità, che può essere intesa più facilmente, giacché è insieme nostra, profondamente radicata, ma non ci appartiene così intimamente come ad esempio un amore privato, per la cui difesa possiamo ferire o assassinare...».
«State continuando a parlare dell’umanità intera, degli uomini da conoscere perché comunque restano tali al di là delle loro differenze? Volete discutere di questa sorta di collettività, padre?».
«Di questa, e del suo contrario. Dell’amore per questa, e dell’amore per il suo contrario» - rispose oscuramente Marco d’Aviano - «Voi infatti non credete, Leopoldo, che noi poveri esserini a due gambe, che tante volte appariamo così infantili e privi di spessore, siamo invece tanto complessi da radunare in noi stessi il tutto e il suo opposto, il totale e il parziale, l’apparentemente inconciliabile?».
«Ci sono più cose in cielo e in terra che in tutta la nostra filosofia, come affermava un drammaturgo inglese...» - citò a memoria l’imperatore.
«E, all’interno della filosofia stessa» - lo riprese benignamente padre Marco, non lasciandosi intimidire - «le variabili sono talmente complicate e aggrovigliate addirittura da unificare per la nostra sensibilità ciò che potrebbe essere inteso come distante in modo definitivo...».
«Cosa intendete dire?» -
Il cappuccino si concentrò, nascondendo il volto tra le mani. Poi, mostrando di nuovo i suoi occhi, nei quali brillava una fiamma inestinguibile, riprese a parlare con una certa solennità.
«Non dobbiamo dimenticare chi siamo» - mormorò con calma - «Uomini, innanzitutto. Diversi e di pari dignità. Gente che non deve mai trascurare di controllarsi per cessare di prevaricare e straziare i propri simili, e che farebbe bene a recitare qualche atto di dolore in più, come vado predicando da decenni per tutta Europa. Siamo dunque uomini singoli. Ma anche popolo, Maestà. Anche frutto di una civilizzazione particolare, efflorescenze di un seme cresciuto in una terra specifica, frutto maturo che può donare il suo succo soltanto ai raggi di un sole che brilla in modo diverso a latitudini differenti...».
«Siamo bianchi, siamo neri, siamo maschi e femmine, crediamo in divinità distinte...» - annuì Leopoldo, passandosi la mano sul viso lungo e stretto.
«Siamo tutti benedetti da Dio e meritevoli di entrare nel paradiso in cui crediamo, anche se lo percepiamo secondo modalità che non sono le stesse per ognuno di noi... Su questa scheggia di pietra che vaga nell’infinito, non c’è dunque chi sia migliore o peggiore, degno o meno di rispetto, inferiore o superiore...».
«Non si tratta di ideare una scala di valori tra razze...».
«Parlare di razzismo è una bestemmia gravissima. Non si discute del colore della pelle, ma di civiltà che sono cresciute e si sono sviluppate secondo canoni propri...».
«Tutte però bellissime...».
«Ammirevoli. E dalle quali è sempre opportuno apprendere tutto ciò che si può, amandole esattamente come è doveroso imparare ad apprezzare un cibo che non abbiamo mai assaggiato, una poesia scritta in una lingua straniera, il volto di una donna di un’altra etnia, il sorriso di un bimbo che spunta gloriosamente da un volto nero, da un viso giallo, o nero, o rosso... Non si sta parlando di queste cose ovvie, Maestà. Quasi sempre ciancia invano di razzismo proprio lo schiavista, che vuole sottomettere e intimorire la mente di chi è uguale a lui, imponendogli regole e un modo di pensare che favoriscano il suo stesso sfruttamento, oltre che quello di popoli lontani...! No, no, è tutt’altro ciò che voglio dire...».
«Alludete alla battaglia contro Maometto IV...?».
«A quella...» confermò Marco d’Aviano - E a tutte le guerre che si sono svolte nel passato e che, se non comprendiamo ciò che sto per dire, ancora di più infurieranno in futuro, per “omnia saecula saeculorum”. Se poi volete conoscere fino in fondo ciò che temo, negli anni che attendono l’umanità, da questo nostro tormentato Seicento fino al Duemila, al Tremila, e alla fine dei tempi, i massacri che avverranno tra le civiltà saranno pilotati e condotti in nome della bontà, della comprensione per l’altro, del buon cuore, del retto pensiero...».
«Non per malizia o crudeltà?» - si stupì l’imperatore.
«Il male, quando si mostra, viene inteso da tutti per quello che è, e quindi facilmente respinto» - rispose sicuro il cappuccino - «L’idea perversa del bene è invece il veicolo più sicuro per imporre la forza. Nel suo lungo cammino, l’uomo è stato tanto abile da inventarsi questo trucco diabolico. Allora è una facile profezia quella che immagina che ci sarà chi causerà orrori in nome del “naturale diritto” di imporre il dominio di una razza intesa come superiore. Oppure ci si sforzerà di “liberare” i poveri massacrando gli altri, e imponendo a tutti con la violenza di essere ugualmente miserabili in nome dell’abolizione della miseria. Ovvero si scrolleranno dalle fondamenta i pilastri delle civiltà. O decidendo a tavolino, tra pochi eletti, che una è migliore delle altre, oppure mischiandole al punto che, per farne una nuova che sia “ugualitaria”, si avviliranno tutte quelle che sono esistite fino allora, e che sono migliorate nei secoli proprio scambiandosi reciprocamente singolarità, e non appiattendosi in un’uniformità umiliante e non più creativa...».
«Dobbiamo preservare le differenze, allora? Sforzarci almeno di farlo...».
«Senza rifiutare ciò che viene da fuori e può essere accettato perché è migliore» - precisò padre Marco - «Ma quello che siamo, dicevo, dobbiamo rammentarlo per sempre. Essere ciò che si è, e nel contempo spalancare occhi ed orecchie a quello che invece è ciò che noi non siamo e non saremo mai. Ma senza abbandonare il rispetto per la sacralità della nostra terra, per le opere che i nostri antenati hanno costruito con tanta pena e fatica, che i nostri scrittori hanno cantato in poemi superbi, che i nostri sacerdoti hanno adorato in ginocchio, e insegnato, e trasmesso alle generazioni future...».
«Kara Mustafà...» - a quel punto, quasi inconsapevolmente, l’imperatore ricordò il gran visir che aveva invaso l’Europa, a rischio di cancellarla in eterno dalla storia umana.
«Lui è venuto fin quassù, nel nostro paese così diverso dal suo» - annuì il cappuccino - «per fare dell’Austria, della Germania, dell’Italia, una copia incolore delle terre che già conosce. Per far abbeverare i cavalli alle fontane di San Pietro. È una follia, Maestà, dipingere doppioni di quadri famosi e ammirati. Ogni civiltà è bella per come è cresciuta. Migliorabile, certo, ma ormai talmente strutturata in un certo modo che cercare di farla simile a un’altra, o differente da ciò che è sempre stata, non può che significare volerla distruggere dalle fondamenta. Le culture non si replicano: semplicemente muoiono, se le si snatura. Sia nel luogo di conquista, badate, che in quello d’origine, nel quale la gente cesserà allora di essere se stessa, perlomeno perché sarà terrorizzata dalla possibile vendetta degli assoggettati. L’invasione, la prevaricazione, portano dunque alla morte di tutto, non alla fratellanza tra uomini diversi...».
«Eppure ci sono nostre civiltà che si sono estinte, padre. L’impero romano...».
«È mai davvero morto l’impero romano, Leopoldo?» - replicò però Marco - «La lingua, il diritto, non sono forse rimasti? Tutto è stato modificato e adeguato, ma il seme è restato vitale. Non abbiamo perso nulla, anche se è giusto che si siano affermate delle distinzioni, e che oltretutto ogni singolo luogo che in passato ha assorbito quella civilizzazione si differenzi per ciò che è specificatamente proprio...».
«Ma noi, padre...Noi bianchi non abbiamo forse fatto agli altri ciò che Kara Mustafà intendeva fare a noi?».
«E abbiamo sbagliato. E continuiamo a sbagliare. E il nostro errore ci porterà forse, prima o poi, alla distruzione molto più che la minaccia delle truppe di Maometto IV. Certo che abbiamo la nostre colpe, Maestà! Anche gravi. Perciò dobbiamo cessare di essere noi gli invasori, proprio nell’attimo stesso in cui comprendiamo che è un diritto delle genti, di tutte le genti, quello di non essere usurpati e dominati, stravolti nella propria essenza, negati nella religiosità, violentati nei costumi, nei riti, nei miti, nella cultura, nella fede...».
«Ma ora, comunque, dobbiamo reagire...» - assentì l’imperatore, con aria un po’ meno dimessa e smarrita del consueto.
Un chiarore tenue, appena accennato, tingeva di un grignolino indeciso le nubi all’orizzonte. All’interno della stanza però ne filtrava talmente poco da non lasciare quasi comprendere che si stava già avvicinando l’alba.
«I dodicimila morti, dell’una e dell’altra parte...» - riprese Marco d’Aviano, dopo una breve pausa - «Non dobbiamo scordarci di loro, mai... Mai più, mai più un’altra battaglia di Vienna, se è possibile. Mai più si verifichino le condizioni perché si debba avere necessità di una nuova Lepanto... Mai più, anche se bisogna convincere il cuore che è doveroso ed onesto andare fino in fondo, che è categorico affermare un principio fino alle sue estreme conseguenze. Dopo che l’avremo fatto, che ci si taglino pure le mani se oseremo levarle minacciose ancora una volta!».
Le grida, la musica della festa in città, adesso si erano attenuate, quasi estinte.
«Anch’io sono uomo come gli altri, e fino ad un certo punto posso capire» - il cappuccino scosse la testa - «La gioia della liberazione e per lo scampato pericolo è legittima e sana, ma l’esagerazione è irrispettosa e diabolica. Ci sono ancora migliaia di cadaveri là nella piana, che già hanno preso ad imputridire. I corvi che volavano alti, adesso sono scesi a beccare gli occhi, a scarnificare le membra, a spargere le ossa dovunque, perché non si fa in tempo a raccogliere i morti e a seppellirli cristianamente...».
«E noi invece festeggiamo per tutta la notte...».
«Non solo. Ci abbandoniamo alle vanità. Andiamo dicendo che siamo noi, solo noi, gli artefici della vittoria. In una parola, dimentichiamo...».
«Che il pericolo è ancora esistente...».
È tuttora dietro l’angolo. Intanto che noi balliamo e cantiamo, mostriamo la ruota come tanti sciocchi pavoni, e non vogliamo ricordare che nulla al mondo è definitivo finché davvero non lo è al di là di ogni ragionevole dubbio...».
«Dobbiamo scacciare lo straniero fuori dalle porte d’Europa, oltre il Bosforo...».
«Mandarlo via per abbracciarlo subito dopo. Costringerlo a guadare lo stretto senza permetterci di osare inseguirlo sulla sua terra. Affermare l’indiscutibile verità che gli uomini e le civiltà sopravvivono soltanto se sono liberi e in grado di autodeterminarsi...».
«Di nuovo alle armi, dunque...? È questo che volevate chiedermi questa notte?».
Leopoldo I d’Austria era spaventato. Temeva, e lo dichiarò esplicitamente, che trascinare di nuovo in guerra la nazione avrebbe potuto non incontrare il favore dei principi e del popolo, e avrebbe magari posto in forse le stesse sorti della propria dinastia.
«È possibile...» - allora gli rispose duramente padre Marco - «Ma credete davvero, Maestà, che le fortune della vostra famiglia regnante possano avere migliore sorte, nel momento in cui, tra un anno o due, sarete esposto nudo e scorticato sulle mura di Vienna ad arrostire al sole, come è già capitato a Marcantonio Bragadin di Venezia?».
L’imperatore non rispose. Era profondamente turbato, e sentiva sulle proprie spalle tutto il peso delle decisioni che avrebbe comunque dovuto assumere. Si fece quindi rapidamente un segno della croce, da quell’uomo religioso che era, e si piegò su se stesso».
«La politica...» - poi il cappuccino riprese con tono più morbido - Non lasciatevi ingannare da lei. C’è chi, per i propri interessi particolari e di breve respiro, non vuol vedere più in là di un passo e condanna il futuro in nome del presente. Voi dovete proseguire per la vostra strada, Leopoldo. Senza ascoltare, ad esempio, le voci dei cortigiani che vi consigliano di allearvi col turco per attaccare Luigi XIV, il vostro nemico. Non ci sono guerricciole di cortile che siano più importanti del crollo dell’intero esistente così com’è. E poi, i morti...».
«“Non uccidere”, dice il comandamento...» - assentì infatti cupo l’imperatore, distogliendo gli occhi dall’interlocutore, come spesso gli capitava di fare.
«Chi meglio di me lo può sapere?» - confermò padre Marco - «Ma forse basterà mostrare che siamo determinati e agguerriti per convincere le truppe nemiche a ritirarsi dai Balcani e a non ritentare l’impresa. Forse, non so. E questo è l’autentico tormento che mi rode dentro, perché ogni vita umana è preziosa e già troppe ne sono state sprecate nella piana di Vienna. Ma forse che io ho il diritto, perché sono cristiano, di permettere senza reagire che sia completamente travolta la cristianità? Chi sono io, voi, ognuno di noi, per strappare dalle mani di tutti ciò che hanno sempre avuto, che hanno ereditato da infinite generazioni?».
L’ospite non aggiunse altro. Rimase fermo ancora un po’ nella poltrona, a riprendere il respiro che a tratti, a causa della malattia e della stanchezza, gli veniva meno. Poi, cedendo a una smorfia di sofferenza, si levò in piedi e uscì dal salone a passi ancora decisi.
L’imperatore Leopoldo I d’Austria lo salutò con un cenno, chinò la testa lasciando scivolare in avanti i capelli lunghissimi, e si mise poi ad arrotolare la pergamena che avrebbe immediatamente inviato a papa Innocenzo XI.
“Forse sarò ricordato per ciò che sto per fare...” si disse allora, non senza un pizzico di tormentata vanità “A prezzo però di quanto dolore...?”.
La sofferenza che stava per infliggere nuovamente al nemico e al suo stesso popolo, il sacrificio che era sul punto di chiedergli, probabilmente però ne avrebbero evitati di peggiori negli anni e nei secoli a venire, sia per i sudditi del sultano, che per i suoi, che per quelli di tutta Europa e d’Oriente.
Il sovrano si convinse che potesse anche essere così, e si augurò quindi di non sbagliare.
“Di nuovo alle armi, adesso... Il destino del continente sarà poi in mano di altri...” pensò quindi alle generazioni future “Starà a loro giudicarmi...”.
L’alba di un nuovo giorno adesso aveva preso possesso anche della stanza buia nella dimora imperiale dell’Hofburg, sormontata da tre piccole cupole. Il fuoco nel caminetto, già quasi privo di alimento, impallidì di fronte al fiotto di luce che era penetrato dai finestroni. I rumori della festa erano intanto completamente cessati.

FONTE (http://old.lapadania.com/news/RUBRICHE/la_storia_di_marco_d.htm)

Augustinus
12-09-04, 10:52
Dal sito SANTI E BEATI (http://www.santiebeati.it/search/jump.cgi?ID=66000):

Beato Innocenzo XI (Benedetto Odescalchi) Papa

12 agosto

m. 1689

(Papa dal 04/10/1676 al 12/08/1689)
Nato a Como, incominciò una grande opera di moralizzazione, proibendo l'usura e imponendo norme austere ai vescovi. Condannò la dottrina del "quietismo" del sacerdote spagnolo Miguel de Molinos.

Etimologia: Innocenzo = senza peccato, dal latino

E' presente nel Martirologio Romano. A Roma, beato Innocenzo XI, papa, che resse saggiamente la Chiesa, sebbene provato da forti dolori e tribolazioni.

Benedetto Odescalchi nacque a Como il 19 maggio 1611 dal nobile Livio Odescalchi e da Paola Castelli di Grandino Bergamasco. Dopo una prima educazione ricevuta in famiglia, frequentò il collegio dei gesuiti di Como, dove fu iscritto alla Congregazione Mariana, onore riservato agli alunni migliori; a undici anni rimase orfano del padre e a quindici anni nel 1626, dopo aver ultimato i corsi umanistici, si trasferì a Genova presso lo zio Papirio, che dirigeva la “Società Odescalchi”, per fare pratica nell’attività amministrativa e negli affari.
Nel 1630, la madre morì colpita dall’epidemia di peste, che invece risparmiò Benedetto, passarono alcuni anni in cui si alternò fra Como e Genova, finché nel 1636 si spostò a Roma dove frequentò per un biennio, i corsi di diritto civile e canonico alla Sapienza, completandoli poi a Napoli, dove si laureò in ‘utroque jure’, il 21 novembre 1639.
Nel frattempo maturava in lui la vocazione allo stato religioso e a Napoli ricevé la tonsura il 18 febbraio 1640. Ritornato a Roma in pieno periodo barocco, intraprese spinto dal fratello Carlo, la carriera ecclesiastica, conducendo una vita da prelato romano, ricoprendo varie cariche nella Sede Apostolica, ma senza farsi coinvolgere dallo sfarzo della vita romana seicentesca, anzi conduceva vita ritirata, dedito alla beneficenza nascosta.
Opportunità politiche e di consapevolezza per la sua persona, fecero sì da essere scelto dalla corte pontificia ad avere l’incarico di ‘Commissario straordinario delle tasse’ nelle Marche; compito che assolse con competenza e umanità, prudenza e fermezza.
I risultati ottenuti gli ottennero nel 1644 la carica di governatore di Macerata; il nuovo papa Innocenzo X, gli conferì titoli onorifici e nel 1645 lo creò cardinale diacono, proseguendo la sua attività presso la Curia.
Nel 1648 papa Innocenzo X, allo scopo di arginare le difficoltà della popolazione di Ferrara, per la prolungata carestia, lo nominò governatore della suddetta provincia; la sua accorta politica economica, l’approvvigionarsi dalla Puglia del grano necessario, la lotta alle frodi, la distribuzione di viveri e denaro ai poveri, il calmiere dei prezzi, diedero vita all’economia delle afflitte popolazioni, così sui muri veniva scritto “Benedictus qui venit in nomine Domini”; “Viva il cardinale Odescalchi, padre dei poveri”.
Nel 1650 il papa lo nominò vescovo di Novara e giacché Benedetto non era sacerdote (il titolo di cardinale, contrariamente ad oggi, non richiedeva necessariamente che fosse un consacrato), accettò la volontà di Dio, divenendo presbitero il 20 novembre 1650 e poi consacrato vescovo il 30 gennaio 1651, consacrazioni avvenute in Ferrara.
Prendendo a modello le costituzioni sinodali di s. Carlo Borromeo, anche se non aveva un’esperienza diretta della cura pastorale delle anime, lavorò con uno zelo illuminato ed ardente in tutti i campi della vita ecclesiastica e sociale della diocesi.
Nel 1654 andò a Roma per la periodica visita ‘ad limina,’ e il papa lo trattenne presso di sé come consigliere, cosa che fece anche il suo successore papa Alessandro VII; costretto da tale situazione a stare lontano da Novara, nel 1656 chiese al papa di essere esonerato dal compito di vescovo residenziale; rimanendo così a Roma al servizio della Chiesa.
Il 21 settembre del 1676, con una unanimità di consensi fu eletto papa, assumendo il nome di Innocenzo XI; durante il suo pontificato durato tredici anni, combatté il nepotismo abolendo la carica di “cardinale- nepote”, condannò l’usura, il lusso, esortando alla carità e alla beneficenza, dando il suo personale esempio all’ascetismo.
Fu in contrasto con il re di Francia Luigi XIV, il Re Sole per varie questioni di principio, come quello del diritto di regalia rivendicato dal re, come ampliamento del suo assolutismo; ci fu il contrasto con l’’oratore’ (ambasciatore) di Francia presso la Santa Sede, che in opposizione con quanto disposto dal papa per limitare i privilegi dei diplomatici accreditati a Roma, trasformò la sua residenza in una quasi fortezza. La reazione di Luigi XIV fu di occupare la cittadina pontificia di Avignone.
Più fruttuosa fu l’intensa opera diplomatica svolta dalla Chiesa nel coalizzare le forze europee contro l’avanzata turca e negli anni dal 1677 al 1686 fu tutto un susseguirsi di firme di trattati di pace, tregue, alleanze, Lega santa, culminate con la difesa di Vienna e di Buda dall’offensiva musulmana.
Fece proclamare che primo dovere del papa era la propagazione e difesa della fede cattolica; eresse nuove diocesi in Brasile, costituì le università domenicane di Manila e in Guatemala, favorì le missioni carmelitane in Persia, cercò di abolire il commercio degli schiavi, riceveva personalmente i missionari per essere informato sulle situazioni locali.
Diceva: “Come dall’Oriente a noi era venuta la fede, così doveva l’Occidente ridarla agli orientali”. Favorì grandemente l’insegnamento catechistico ai fanciulli, ai soldati, a tutti i fedeli, facendo compilare un programma d’insegnamento, fece preparare a tale scopo un collegio di maestre chiamate ‘maestre Odescalchi’.
La sua vasta opera di un pontificato di largo respiro, svolto in un periodo d’innovazioni ideologiche, non si può descrivere in così poco spazio; Innocenzo XI soffrì molto nel fisico per varie malattie che l’avevano colpito ma che accettava con piena fiducia in Dio, morì il 12 agosto 1689, acclamato santo dal popolo dei fedeli, fu sepolto in S. Pietro, dove poi gli fu eretto il grandioso monumento funebre opera dello scultore Pietro Stefano Monnot.
Fu dichiarato beato da papa Pio XII il 7 ottobre 1956.

Autore: Antonio Borrelli

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http://members.tripod.com/romeartlover/Juv43.jpg Filippo Juvarra, Disegno dell'Arma di Innocenzo XI

http://santiebeati.it/immagini/Original/66000/66000G.JPG Urna contenente il corpo del Beato, Basilica di S. Pietro, Vaticano, Roma

Augustinus
26-09-04, 17:15
Recensione di Rino Cammilleri a "La croce e la mezzaluna"

di A. Leoni

In una settantina d'anni dalla morte di Maometto l'islam si estendeva dall'Armenia all'Atlantico e si apprestava ad attaccare l'Europa cominciando dalla penisola iberica. Come si spiega questa incredibile avanzata che aveva fatto in così breve tempo tabula rasa di superbe civiltà quale l'intera Africa romana?

In modo molto più semplice di quanto si possa pensare. L'ostinazione religiosa dava luogo a «uno schema strategico che rimase costante attraverso i secoli: una scorreria nei confronti dei miscredenti, avvertita come un dovere religioso e, in caso di successo, un'invasione in piena regola». Sono parole di un giovane studioso di storia militare, Alberto Leoni, in un libro (La croce e la mezzaluna, Ares, pp. 448, e. 22) che non può mancare sul tavolo di chiunque voglia capire l'islam. Le analisi, i reportage, gli instant-book e i pamphlet polemici non servono a niente senza un robusto ed essenziale libro di storia. E la storia dell' islam è una storia soprattutto bellica (altrimenti non saremmo ancora qui, nel 2002, a interrogarci con trepidazione su di esso).

La citazione continua così: «Nel caso in cui la scorreria avesse esito infausto, un nuovo contingente sarebbe partito, o nella stagione stessa o nell'anno successivo. L'impressione che si ricava da una cronologia dell'espansione islamica è di una marea inarrestabile che, occasionalmente, incontra un ostacolo più forte di altri; un ostacolo che, però, viene sommerso dalla seconda o terza ondata di assalti, senza possibilità di scampo».

La conquista della Spagna ben illustra questo modo di procedere. Il regno visigoto era potente e agguerrito, e già nel 680 aveva distrutto una squadra navale araba. Ma era diviso nel suo interno. Roderico aveva spodestato il precedente re, facendosi dei nemici. Questi fomentarono una rivolta dei baschi (tanto per cambiare) e chiesero segretamente aiuto ai musulmani d'Africa. Mentre Roderico era impegnato dalla parte opposta del regno, dodicimila berberi guidati da un ex schiavo, Tariq, sbarcarono con l'aiuto del governatore (cristiano) di Ceuta. Erano semplici predoni armati alla meno peggio, quelli che Roderico, accorso in fretta e furia, affrontò nel 711 con forze più che doppie. Ma al comando della cavalleria visigota c'erano i complottisti, che sul più bello fecero dietrofront abbandonando il re al massacro. Con i cavalli catturati, gli uomini di Tariq inseguirono e sterminarono il resto. Fu così che, a causa di un tradimento-boomerang, la Spagna non tornò cristiana che otto secoli dopo.

Muhammad (il Profeta) era morto nel 626 ma già nel 636 gli arabi erano in grado di mettere in ginocchio la superpotenza dell'epoca, Bisanzio, infliggendole la catastrofe di Yarmuk che toglieva ai cristiani la Siria e la Palestina. Mentre il califfo Omar entrava a Gerusalemme, i sessanta superstiti dell'eroica guarnigione dell'ultimo baluardo cristiano, Gaza, rifiutata la conversione all'islam venivano massacrati.

La stessa Costantinopoli era cinta una prima volta d'assedio nel 674 e una seconda nel 717. Nel frattempo i nuovi padroni della Spagna saccheggiavano l'Aquitania, Narbona e Tolosa, battevano i franchi a Bordeaux, arrivavano alla Loira devastando Tours. Intervenne Carlo Martello, che li sconfisse a Poitiers. Ma dovette affrontarli ancora negli anni seguenti, vincendoli ad Arles e ad Avignone. Fu a Poitiers (732) che per la prima volta i cronisti usarono il termine «europei».

Non potendo qui fare la cronistoria puntuale di tutte le tappe della continua, ossessiva aggressione all'Europa dovremo limitarci, da qui in avanti, a qualche carotaggio qua e là. Cominciando col dire che, quasi nello stesso tempo, l'Europa dovette affrontare due pericoli di non minore entità, i vikinghi a nord e i magiari a est. Solo che questi due popoli, una volta battuti militarmente, si convertirono ed entrarono nella Cristianità. Si tenga presente che quei barbari, specialmente i vikinghi, ben conoscevano l' islam, con cui erano entrati tante volte in contatto. Ma, sebbene si trattasse di una religione guerriera e come tale ben più vicina alla loro mentalità, scelsero il cristianesimo e vi perseverarono, diventandone anzi, gli antemurali.

Il IX secolo vide la caduta in mani musulmane della Sicilia (conquistata «con metodi di rara brutalità»), di Bari e Taranto. Nell'846 venne saccheggiata Ostia e l'incursione si spinse alla basilica di San Pietro, che fu depredata perfino delle lamine dorate delle porte (ma, sulla via del ritorno, una furiosa tempesta colò a picco le navi saracene). Neanche tre anni dopo, una grande flotta proveniente dall'Africa si ripresentò davanti a Ostia, ma questa volta trovò ad attenderla le navi di Napoli, Gaeta e Amalfi. La battaglia che ne seguì fu la prima vinta da italici dal tempo dei romani. Il pontefice organizzò subito la riconquista delle basi saracene del Circeo, del Garigliano e di Frassineto (che controllava il Fréjus). Nel 935 i musulmani saccheggiavano Genova dopo aver preso Reggio Calabria e Cosenza. Nel 982 l'imperatore Ottone II subiva una tremenda disfatta sotto Crotone e si salvava a stento. Il secolo seguente vide l'ascesa delle Repubbliche marinare, la progressiva perdita da parte islamica del predominio sul mare e i normanni riconquistare la Sicilia metro per metro. Nel 1081 solo Siracusa ancora resisteva, e da lì partivano feroci incursioni sulle coste calabresi (questa storia delle incursioni, pur tra una guerra e l'altra, non cessò mai: si tenga presente che l'inno dei marines americani fa riferimento a Tripoli perché anche gli Usa dovettero far fronte ai pirati barbareschi). Quando l' emiro Benavert saccheggiò Nicotera e deportò le suore negli harem orientali, Ruggero d'Altavilla reagì con una decisione che si concluse, come nei film, con un personale duello tra il condottiero normanno e l'emiro (che ebbe la peggio).

Nel 1087 il numero di schiavi cristiani in mano agli islamici era così alto che il papa Vittore III non faceva fatica a chiamare gli italici alla riscossa, e una flotta di trecento navi genovesi, pisane e amalfitane, accresciuta di un contingente pontificio, conquistava la base africana di Al Mahdia. Nel 1113 i pisani prendevano Maiorca; nel 1146, i genovesi, Minorca. In ambedue i casi, provenzali e catalani parteciparono.

In Spagna nel 721 gli arabi erano padroni di tutto. Tranne un minuscolo ridotto sulle Asturie pirenaiche, un «piccolo resto» di irriducibili che il Leoni nel suo libro paragona al villaggio di Asterix. Inquadrati dagli ultimi visigoti rimasti, al comando del conte Pelayo, quei contadini e montanari inflissero ai mori una tremenda sconfitta a Covandonga nel 722. Fu il genero di Pelayo, Alfonso I, a iniziare quella Reconquista che si sarebbe conclusa solo nel 1492 a opera de Los Reyes Católicos, Ferdinando d'Aragona e Isabella di Castiglia. «Nella storia della Cristianità europea non esiste un solo popolo che non abbia difeso con le armi la propria fede», scrive Alberto Leoni. E fu proprio il successore di Alfonso I, Alfonso II il Casto, a comprendere l'importanza che avrebbe avuto, da lì in avanti, il ritrovamento delle reliquie di s. Giacomo (non a caso appellato Matamoros), per le quali fu fondato il santuario di Compostela. Seguì una epopea di travolgenti vittorie (come Simancas nel 939) ma anche di pesantissime sconfitte (come Valdejunquera, nel 920), di eroi a tutto tondo, come Rodrigo Diaz («El Cid») e s. Ferdinando III di Castiglia, e di massacri immondi, come quello effettuato dai mori su migliaia di prigionieri inermi sul Duero nel 917. Nacquero ordini monastico-cavallereschi quale il Santiago, sorto per iniziativa di tredici cavalieri castigliani che avevano fatto voto di dedicarsi a scortare i pellegrini; poi l'Evora, Aviz, San Giuliano, Alcántara, Nostra Signora della Montesa, San Giorgio di Alfama. La grande svolta nell'interminabile braccio di ferro si ebbe con la vittoria cristiana di Las Navas de Tolosa nel 1212. Nel 1071, a Manzikert, dall'altra parte del mondo, la potenza bizantina crollava di schianto davanti ai turchi selgiuchidi, lasciando del tutto indifese le vie dei pellegrinaggi cristiani in Terrasanta. Tra i sultanati turchi, quello più potente aveva la sua capitale a Nicea, a pochi chilometri da Costantinopoli.

Nel 1097 cominciarono le Crociate, che terminarono nel 1291 con la caduta di Acri. Meno di due secoli durarono, e furono limitate nello spazio e nel tempo. Le fasi di conflitto armato furono ancora più ridotte. I crociati vi trovarono, anche qui, disastrose sconfitte (come quella di Dorileo, nella seconda crociata, e quella di Hattin nel 1187, a opera del Saladino), e sudate vittorie (come la presa di Antiochia, nella prima crociata, e quella di Damietta nel 1219). Re e imperatori ci morirono, come Federico Barbarossa e s. Luigi IX di Francia.

Se da un punto di vista complessivo lo sforzo europeo non valse la candela, va pur detto che fino a quando i «franchi» (così erano chiamati dagli islamici tutti i crociati) occuparono la striscia costiera della Palestina l'avanzata dell'islam segnò il passo. Acri, ultima roccaforte cristiana, cadde nel 1291, abbiamo detto. Ebbene, il primo scontro con Bisanzio, rimasta scoperta, è solo del 1301.

Nel frattempo lo stendardo del Profeta era passato agli ottomani. Immediatamente il loro fondatore, Osman, iniziava a stringere la morsa sulla capitale dell'Impero romano d'Oriente. Del 1316 è l'assedio dell'importante Bursa, presa nel 1326. Seguono, dal 1330 in poi, Nicea, Nicomedia, Pergano, Smirne. Nel 1354 i turchi passano lo stretto e cade Gallipoli. Nel 1361 è la volta di Adrianopoli. Nel 1387 sono i serbi a subire l'assalto. Vincono il primo scontro a Plocnik, nel 1387.

Ma, due anni dopo, il sultano Murad I massacra serbi, albanesi e bosniaci a Kosovo Polje (quel giorno, 15 giugno, è ancora oggi ricordato dai serbi come giornata del loro orgoglio nazionale). Il disastro di Nicopoli, in cui l'esercito cristiano guidato dall'imperatore Sigismondo fu annientato nel 1395, non ebbe conseguenze peggiori solo perché nel 1402 i mongoli di Tamerlano schiacciarono i turchi ad Ankara (ma subito abbracciarono l'islam). Nel 1444 il nuovo sultano, Murad II, schiantava ungheresi (comandati dal valoroso Jan Hunyadi), polacchi, serbi, francesi e valacchi (guidati, questi, da Vlad Drakul, il leggendario «Dracula») a Varna, uccidendo il re Ladislao III di Polonia. Nel 1451, appena succeduto al padre, Mehemet II cominciava i preparativi per la conquista di Costantinopoli. La città fu presa nel 1453, dopo due anni di epico assedio che vide i cristiani prodursi in prodigi di valore. L'ultimo imperatore, Costantino XI, cadde sugli spalti.

La Grecia finiva in mano ottomana e la via dell'Europa era aperta: appena tre anni dopo, i turchi erano sotto Belgrado. Ma vennero fermati il 6 agosto da Jan Hunyadi e S.Giovanni da Capistrano (il francescano che fu l' anima della coalizione cristiana). Il papa Callisto III istituì per quel giorno la festa della Trasfigurazione, a indicare la letizia che aveva illuminato l'Europa allo scampato pericolo. Ma non era affatto finita. Mentre l'eroe nazionale albanese Skanderbeg (Giorgio Castriota, detto «Iskander Bey», cioè «Alessandro Magno») passava l'esistenza a combattere i turchi, questi prendevano Otranto e devastavano il Friuli a più riprese. Belgrado cadde nel 1521, l'anno seguente fu la volta di Rodi.

Nel 1526, con la catastrofe inflitta ai cristiani a Mohàcs, Solimano potè invadere l' Ungheria. Nel 1529 Vienna fu cinta d'assedio, ma questa volta le armate cristiane ebbero la meglio. Anche Malta, eroicamente difesa dai suoi cavalieri, resistette. Non così Cipro, il cui ultimo baluardo, Famagosta, cadde nel 1571.

Pochi mesi dopo, il 7 ottobre, fu il giorno dell'incredibile battaglia navale di Lepanto, nella quale i turchi si schierarono a mezzaluna e i cristiani a croce. Il papa s. Pio V proclamò, per quella data, la festa di Nostra Signora delle Vittorie. A nemmeno un anno di distanza una flotta barbaresca tentava il saccheggio di Loreto e del suo santuario, ma veniva sconfitta dai veneziani.

Lo stillicidio di incursioni continuò finchè i turchi non furono in grado di riprendere in grande stile l'assalto all'Europa. Nel 1645 cominciò l'assedio a Creta, che durò ben ventiquattro anni e costò ecatombi da entrambe le parti. L'anno precedente i turchi erano stati fermati sulla Raab, in vista di Vienna (ancora!), dal Montecuccoli. Nel 1677 cominciava l'epopea del polacco Jan Sobieski, che praticamente dedicò la vita a lottare contro gli ottomani. Nel 1683 Vienna era nuovamente assediata. Questa volta il ruolo che fu di Giovanni da Capestrano era occupato dal cappuccino Marco d'Aviano. Il 12 settembre (da quel giorno, festa del Nome di Maria) i cristiani, pur in condizioni di inferiorità, inflissero una tremenda sconfitta ai turchi (Bernard Lewis, massimo islamologo vivente, dice che i fondamentalisti islamici ancora oggi vi fanno riferimento).

Sorgeva in quella memorabile battaglia l'astro di uno dei più grandi condottieri di tutti i tempi, Eugenio di Savoia. L'11 settembre (data fatidica) 1696 questi, al comando degli imperiali, infliggeva una sonora sconfitta al nemico a Zenta, e si spingeva fino a Belgrado. Il 15 agosto del 1717 coglieva la più bella (e insperata) delle sue vittorie a Petrovaradino.

Ma anche la Russia è Europa. Invasa dai mongoli nel XIII secolo e ripiombata nella semibarbarie (prima, i principi di Kiev si permettevano di dare le loro figlie in sposa alle più importanti teste coronate d'Europa), solo nel 1380 cominciò a rialzare la testa grazie a s. Sergio Radonez e al principe Dmitrij, che sconfisse clamorosamente i mongoli sul Don. L'opera di riconquista fu proseguita da Ivan III, principe di Mosca, e soprattuto da suo nipote, Ivan IV «il Terribile», che ricacciò i mongoli nelle steppe e riprese Kazan e Astrakhan ai turchi. Da quel momento per i russi le guerre antiturche divennero una costante: con Pietro il Grande cadeva Azov; Caterina II, grazie al generale Suvorov, riprendeva la Crimea.

Ma già si era alle soglie della Rivoluzione francese (nel 1789 russi e austriaci battevano i turchi a Rymnik, e tutto il Danubio ritornava europeo) e, anche se il confronto con la mezzaluna continuava, non si poteva più parlare di difesa della civiltà «cristiana» (gli ultimi a parlarne in termini di profonda convinzione erano stati Eugenio di Savoia e Suvorov). Adesso erano Stati, quelli che si scontravano, e gli europei avevano altro cui pensare.

Questa velocissima carrellata, condotta seguendo l'opera del Leoni (che peraltro prosegue fino all'avvento di Al-Qaeda), non si è soffermata sugli orrori, le nefandezze e le immani sofferenze che hanno dovuto sopportare gli occidentali pur di non vivere da dhimmi, cioè da schiavi o da esseri umani di second'ordine che, per aver diritto di respirare, dovevano pagare la «protezione». Non poter andare a cavallo né ricoprire cariche, non avere case più alte, alzarsi in piedi e cedere il posto all'ingresso di un musulmano, portare segni di riconoscimento (per gli ebrei, abiti gialli o ridicoli copricapi), non riparare le chiese né costruirne nuove, non suonare le campane, celebrare i propri riti a porte chiuse e a bassa voce: questo era il massimo di «tolleranza» che la «gente del Libro» poteva aspettarsi, quando andava bene.

Gli "equidistanti nel giudizio", che non mancano mai, fanno osservare che in molti casi i cristiani non si comportarono meglio, che spesso i comandanti musulmani erano dei cristiani rinnegati, che il regno di Francia più volte tenne il sacco agli islamici, che la mora al-Andalus era splendida, che Saladino era cavalleresco e Riccardo Cuor di Leone sanguinario. Tutto vero.

Ma le date su riportate testimoniano che fu l 'Occidente, e non l'islam, a non avere avuto un attimo di respiro dal VII secolo al XVIII.

Fonte: Liberal, dic. 2002-gen. 2003, fasc. n. 15 (http://www.culturanuova.net/islam/islam_leoni.php)

Augustinus
12-09-06, 14:07
Santissimo Nome di Gesù (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=313431)

Natività della Beata Vergine Maria (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=144768)

Maria Madre di Dio (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=144740)

Beata V. Maria del Rosario (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=144754)

Immacolata Concezione di Maria (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=149653)

Beata Vergine Maria di Loreto (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=144761)

Medaglia Miracolosa (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=149657)

Madonna di Czestochowa (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=365267)

SS. Gioacchino ed Anna, genitori della B. V. Maria (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=144753)

S. Bernardo di Chiaravalle abate e Dottore della Chiesa (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=144759)

Beato Marco D'Aviano, cappuccino (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=42433)

Maggio mese tradizionalmente mariano (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=164141)

Litanie (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=227158)

La battaglia di Vienna del 1683. Vittoria della Cristianità (http://www.politicaonline.org/forum/showthread.php?t=262323)

La vera storia delle Crociate (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=127431)

Augustinus
12-09-06, 14:12
http://www.cattolicesimo.com/immsacre/sob1.jpg http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/9/92/SiemiginowskiJerzy.1686.JanIIISobieskiPodWiedniem. jpg Jerzu Eleuter Siemiginowski, Giovanni III Sobieski trionfante a Vienna, 1686, Muzeum Narodowe, Varsavia

http://img178.imageshack.us/img178/7748/insightmay04gallerysobieskilargexc9.jpg

Augustinus
10-09-07, 22:45
ALESSANDRO MANZONI

INNI SACRI

IL NOME DI MARIA

Tacita un giorno a non so qual pendice
Salia d'un fabbro nazaren la sposa;
Salia non vista alla magion felice
D'una pregnante annosa;

E detto: «salve» a lei, che in reverenti
Accoglienze onorò l'inaspettata,
Dio lodando, sclamò: Tutte le genti
Mi chiameran beata.

Deh! con che scherno udito avria i lontani
Presagi allor l'età superba! Oh tardo
Nostro consiglio! oh degl'intenti umani
Antiveder bugiardo!

Noi testimoni che alla tua parola
Ubbidiente l'avvenir rispose,
Noi serbati all'amor, nati alla scola
Delle celesti cose,

Noi, sappiamo, o Maria, ch'Ei solo attenne
L'alta promessa che da Te s'udìa,
Ei che in cor la ti pose: a noi solenne
È il nome tuo, Maria.

A noi Madre di Dio quel nome sona:
Salve beata! che s'agguagli ad esso
Qual fu mai nome di mortal persona,
O che gli vegna appresso?

Salve beata! in quale età scortese
Quel sì caro a ridir nome si tacque?
In qual dal padre il figlio non l'apprese?
Quai monti mai, quali acque

Non l'udiro invocar? La terra antica
Non porta sola i templi tuoi, ma quella
Che il Genovese divinò, nutrica
I tuoi cultori anch'ella.

In che lande selvagge, oltre quai mari
Di sì barbaro nome fior si coglie,
Che non conosca de' tuoi miti altari
Le benedette soglie?

O Vergine, o Signora, o Tuttasanta,
Che bei nomi ti serba ogni loquela!
Più d'un popol superbo esser si vanta
In tua gentil tutela.

Te, quando sorge, e quando cade il die,
E quando il sole a mezzo corso il parte,
Saluta il bronzo che le turbe pie
Invita ad onorarte.

Nelle paure della veglia bruna,
Te noma il fanciulletto; a Te, tremante,
Quando ingrossa ruggendo la fortuna,
Ricorre il navigante.

La femminetta nel tuo sen regale
La sua spregiata lacrima depone,
E a Te beata, della sua immortale
Alma gli affanni espone;

A Te che i preghi ascolti e le querele,
Non come suole il mondo, né degl'imi
E de' grandi il dolor col suo crudele
Discernimento estimi.

Tu pur, beata, un dì provasti il pianto;
Né il dì verrà che d'oblianza il copra:
Anco ogni giorno se ne parla; e tanto
Secol vi corse sopra.

Anco ogni giorno se ne parla e plora
In mille parti; d'ogni tuo contento
Teco la terra si rallegra ancora,
Come di fresco evento.

Tanto d'ogni laudato esser la prima
Di Dio la Madre ancor quaggiù dovea
Tanto piacque al Signor di porre in cima
Questa fanciulla ebrea.

O prole d'Israello, o nell'estremo
Caduta, o da sì lunga ira contrita,
Non è Costei che in onor tanto avemo
Di vostra fede uscita?

Non è Davidde il ceppo suo? Con Lei
Era il pensier de' vostri antiqui vati
Quando annunziaro i verginal trofei
Sopra l'inferno alzati.

Deh! a Lei volgete finalmente i preghi,
Ch'Ella vi salvi, Ella che salva i suoi
E non sia gente né tribù che neghi
Lieta cantar con noi:

Salve, o degnata del secondo nome
O Rosa, o Stella ai periglianti scampo,
Inclita come il sol, terribil come
Oste schierata in campo.

Augustinus
11-09-07, 17:34
Feast of the Holy Name of Mary

We venerate the name of Mary because it belongs to her who is the Mother of God, the holiest of creatures, the Queen of heaven and earth, the Mother of Mercy. The object of the feast is the Holy Virgin bearing the name of Mirjam (Mary); the feast commemorates all the privileges given to Mary by God and all the graces we have received through her intercession and mediation. It was instituted in 1513 at Cuenca in Spain, and assigned with proper Office to 15 Sept., the octave day of Mary's Nativity. After the reform of the Breviary by St. Pius V, by a Decree of Sixtus V (16 Jan., 1587), it was transferred to 17 Sept. In 1622 it was extended to the Archdiocese of Toledo by Gregory XV. After 1625 the Congregation of Rites hesitated for a while before authorizing its further spread (cf. the seven decrees "Analecta Juris Pontificii", LVIII, decr 716 sqq.) But it was celebrated by the Spanish Trinitarians in 1640 (Ordo Hispan., 1640). on 15 Nov., 1658, the feast was granted to the Oratory of Cardinal Berulle under the title: Solemnitas Gloriosae Virginis, dupl. cum. oct., 17 Sept. Bearing the original title, SS. Nominis B.M.V., it was granted to all Spain and the Kingdom of Naples on 26 Jan., 1671. After the siege of Vienna and the glorious victory of Sobieskl over the Turks (12 Sept., 1683), the feast was extended to the universal Church by Innocent XI, and assigned to the Sunday after the Nativity of Mary by a Decree of 25 Nov., 1683 (duplex majus); it was granted to Austria as d. 2. classis on 1 Aug., 1654. According to a Decree of 8 July, 1908, whenever this feast cannot be celebrated on its proper Sunday on account of the occurence of some feast of a higher rank, it must be kept on 12 Sept., the day on which the victory of Sobieski is commemorated in the Roman Martyrology. The Calendar of the Nuns of Perpetual Adoration, O.S.B., in France, of the year 1827, has the feast with a special Office on 25 Sept. The feast of the Holy Name of Mary, is the patronal feast of the Clerics Regular of the Pious Schools (Piarists) and of the Society of Mary (Marianists), in both cases with a proper office. In 1666 the Discalced Carmelites received the faculty to recite the Office of the Name of Mary four times a year (duplex). At Rome one of the twin churches at the Forum Trajani is dedicated to the Name of Mary. In the Ambrosian Calendar of Milan the feast of the Holy Name of Mary is assigned to 11 September.

Fonte: The Catholic Encyclopedia, vol. X, New York, 1911 (http://www.newadvent.org/cathen/10673b.htm)

Augustinus
11-09-07, 17:36
The Name of Mary

The Blessed Virgin Mary is the mother of Jesus Christ, the mother of God.

The Hebrew form of her name is miryam denoting in the Old Testament only the sister of Moses. In 1 Chronicles 4:17, the Massoretic text applies the same name to a son of Jalon, but, as the Septuagint version transcribes this name as Maron, we must infer that the orthography of the Hebrew text has been altered by the transcribers. The same version renders miryam by Marian, a form analogous to the Syriac and Aramaic word Maryam. In the New Testament the name of the Virgin Mary is always Mariam, excepting in the Vatican Codex and the Codex Bezae followed by a few critics who read Maria in Luke 2:19. Possibly the Evangelists kept the archaic form of the name for the Blessed Virgin, so as to distinguish her from the other women who bore the same name. The Vulgate renders the name by Maria, both in the Old Testament and the New; Josephus (Ant. Jud., II, ix, 4) changes the name to Mariamme.

It is antecedently probable that God should have chosen for Mary a name suitable to her high dignity. What has been said about the form of the name Mary shows that for its meaning we must investigate the meaning of the Hebrew form miryam. Bardenhewer has published a most satisfactory monograph on the subject, in which he explains and discusses about seventy different meanings of the name miryam (Der Name Maria. Geschichte der Deutung desselben. Freiburg, 1895); we shall be able to give only an outline of his work. Fr. von Hummelauer (in Exod. et Levit., Paris, 1897, p. 161) mentions the possibility that miryam may be of Egyptian origin. Moses, Aaron, and their sister were born in Egypt; the name Aaron cannot be explained from the Hebrew; the daughter of Pharaoh imposed the name Moses on the child she had saved from the waters of the Nile; hence it is possible that their sister's name Mary was also of Egyptian origin. This seems to become even probable if we consider the fact that the name Mary was not borne by any woman in the Old Testament excepting the sister of Moses. But the question why was not the name Mary more common in the Old Testament, if it was of Hebrew origin, is answered by another question, why was the name Mary chosen by the parents of Our Blessed Lady and by a number of others mentioned in the New Testament, if the word was Egyptian? Though the meaning of Mary as derived from the Egyptian Mery, Meryt (cherished, beloved), is most suitable for an only daughter, such a derivation is only possible, or at best barely probable.

Most interpreters derive the name Mary from the Hebrew, considering it either as a compound word or as a simple. Miryam has been regarded as composed as a noun and a pronominal suffix, or of a noun and an adjective, or again of two nouns. Gesenius was the first to consider miryam as a compound of the noun meri and the pronominal suffix am; this word actually occurs in II Esd., ix, 17, meaning "their rebellion". But such an expression is not a suitable name for a young girl. Gesenius himself abandoned this explanation, but it was adopted by some of his followers, e.g. by J. Grimm (Das Leben Jesu; sec. edit., I, 414-431, Regensburg, 1890) and Schanz (Comment. uber d. Ev. d. hl. Matthäus, p. 78, Freiburg, 1879). One of the meanings assigned to the name Mary in Martianay's edition of St. Jerome's works (S. Hier. opp., t. II, Parisiis, 1699, 2°, cols. 109-170, 181-246, 245-270) is pikra thalassa, bitter sea. Owing to the corrupt condition in which St. Jerome found the "Onomastica" of Philo and of Origen, which he in a way re-edited, it is hard to say whether the interpretation "bitter sea" is really due to either of these two authorities; at any rate, it is based on the assumption that the name miryam is composed of the Hebrew words mar (bitter) and yam (sea). Since in Hebrew the adjective follows its substantive, the compound of the two words ought to read yam mar; and even if the inverse order of words be admitted as possible, we have at best maryam, not miryam. Those who consider miryam as a compound word usually explain it as consisting of two nouns: mor and yam (myrrh of the sea); mari (cf. Dan., iv, 16) and yam (mistress of the sea); mar (cf. Isaiah 40:15) and yam (drop of the sea). But these and all similar derivations of the name Mary are philogically inadmissible, and of little use to the theologian. This is notably true of the explanation photizousa autous, enlightening them, whether it be based on the identification of miryam with me'iram (part. Hiphil of 'or with pronominal suffix of 3 plur.), or with mar'am (part. Hiphil of ra'ah with pron. suffix of 3 plur.), or again with mar'eya (part. Hiphil of raah with Aramaic fem. termination ya; cf. Knabenbauer, Evang. sec. Matt., pars prior, Parisiis, 1892, p. 43).

Here a word has to be added concerning the explanation stella maris, star of the sea. It is more popular than any other interpretation of the name Mary, and is dated back to St. Jerome (De nomin. hebraic., de Exod., de Matth., P.L., XXIII, col, 789, 842). But the great Doctor of the Church knew Hebrew too well to translate the first syllable of the name miryam by star; in Is., xl., 15, he renders the word mar by stilla (drop), not stella (star). A Bamberg manuscript dating from the end of the ninth century reads stilla maris instead of stella maris. Since Varro, Quintillian, and Aulus Gelliius testify that the Latin peasantry often substituted an e for an i, reading vea for via, vella for villa, speca for spica, etc., the substitution of maris stella for maris stilla is easily explained. Neither an appeal to the Egyptian Minur-juma (cf. Zeitschr. f. kathol. Theol., IV, 1880, p. 389) nor the suggestion that St. Jerome may have regarded miryam as a contracted form of me'or yam (cf. Schegg, Jacobus der Bruder des Herrn, Munchen, 1882, p. 56 Anm.) will account for his supposed interpretation stella maris (star of the sea) instead of stilla maris (a drop of the sea).

It was Hiller (Onomasticum sacrum, Tübingen, 1706, pp. 170, 173, 876) who first gave a philological explanation of miryam as a simple word. The termination am is according to this writer a mere formative affix intensifying or amplifying the meaning of the noun. But practically miryam had been considered as a simple noun long before Hiller. Philo (De somn., II, 20; ed. Mangey, II, 677) is said to have explained the word as meaning elpis (hope), deriving the word either from ra'ah (to see, to expect?) or from morash (hope); but as Philo can hardly have seriously believed in such a hazardous derivation, he probably presented Mary the sister of Moses as a mere symbol of hope without maintaining that her very name meant hope. In Rabbinic literature miryam is explained as meaning merum (bitterness; cf. J. Levy, Neuhebraisches und chaldaisches Wörterbuch uber die Talmudim und Midraschim, Leipzig, 1876-89, s.v. merum); but such a meaning of the word is historically improbable, and the derivation of miryam from marar grammatically inadmissible. Other meanings assigned to miryam viewed as a simple word are: bitter one, great sorrow (from marar or marah; cf. Simonis, Onomasticum Veteris Testamenti, Halae Magdeburgicae, 1741, p. 360; Onom. Novi Test., ibid., 1762, p. 106); rebellion (from meri; cf. Gesenius, Thesaur. philol. critic. ling. hebr. et chald. Beter. Testamenti, edit. altera, Lipsiae, 1835-38, II, p. 819b); healed one (cf. Schäfer, Die Gottesmutter in der hl. Schrift, Münster, 1887, pp. 135-144); fat one, well nourished one (from mara; cf. Schegg, Evangelium nach Matthäus, Bd. I, München, 1856, p. 419; id., Jacobus der Bruder des Herrn, München, 1882, p. 56; Furst, Hebr. und chald. Hanwörterb. über d. alte Test., Leipzig, 1857-1861, s.v. miryam); mistress (from mari; cf. v. Haneberg, Geschichte d. biblisch. Offenbarung, 4th edit., Regensburg, 1876, p. 604); strong one, ruling one (from marah; cf. Bisping, Erklärung d. Evang. nach Matth., Münster, 1867, p. 42); gracious or charming one (from ra'am which word does not have this meaning in the Old Testament; cf. v. Haneberg, 1, c.); myrrh (from mor, though it does not appear how this word can be identified with miryam; cf. Knabenbauer, Evang. sec. Matth., pars prior, Parisiis, 1892, p. 44); exalted one (from rum; cf. Caninius, De locis S. Scripturae hebraicis comment., Antverpiae, 1600, pp. 63-64).

In 1906 Zorrell advanced another explanation of the name Mary, based on its derivation from the Egyptian mer or mar, to love, and the Hebrew Divine name Yam or Yahweh (Zeitschrift für katholische Theologie, 1906, pp. 356 sqq.). Thus explained the name denotes "one loving Yahweh" or "one beloved by Yahweh". We have already pointed out the difficulty implied in an Egyptian origin of the name Mary. Probably it is safer to adhere to Bardenhewer's conclusions (l. c., pp. 154 sq.): Mariam and Maria are the later forms of the Hebrew miryam; miryam is not a compound word consisting of two nouns, or a noun and an adjective, or a noun and a pronominal suffix, but it is a simple though derivative noun; the noun is not formed by means of a prefix (m), but by the addition of a suffix (am). Presupposing these principles, the name miryam may be derived either from marah, to be rebellious, or from mara, to be well nourished. Etymology does not decide which of these derivations is to be preferred; but it is hardly probable that the name of a young girl should be connected with the idea of rebellion, while Orientals consider the idea of being well nourished as synonymous with beauty and bodily perfection, so that they would be apt to give their daughters a name derived from mara Mary means therefore The beautiful or The perfect one.

Fonte: The Catholic Encyclopedia, vol. XV, New York, 1912 (http://www.newadvent.org/cathen/15464a.htm)

Augustinus
13-09-08, 10:00
DIE 12 SEPTEMBRIS

SANCTISSIMI NOMINIS MARIÆ

Duplex majus

Introitus

Ps. 44, 13, 15 et 16

VULTUM tuum deprecabúntur omnes dívites plebis Regi Vírgines post eam: próximæ ejus adducéntur tibi in lætítia et exsultatióne. Ps. ibid., 2. Eructávit cor meum verbum bonum: dico ego ópera mea Regi. V/. Glória Patri. Vultum tuum.

Oratio

CONCÉDE, quaésumus, omnípotens Deus: ut fidéles tui, qui sub sanctíssimæ Vírginis Maríæ Nómine et protectióne lætántur; ejus pia intercessióne, a cunctis malis liberéntur in terris, et ad gáudia ætérna perveníre mereántur in cælis. Per Dóminum.

Léctio libri Sapiéntiæ

Eccli. 24, 23-31

EGO quasi vitis fructificávi suavitátem odóris: et flores mei, fructus honóris et honestátis. Ego mater pulchræ dilectiónis, et timóris, et agnitiónis, et sanctæ spei. In me gratia omnis viæ et veritátis: in me omnis spes vitæ et virtútis. Transíte ad me omnes qui concupíscitis me, et a generatiónibus meis implémini. Spíritus enim meus super mel dulcis, et heréditas mea super mel et favum. Memória mea in generatiónes sæculórum. Qui edunt me, adhuc esúrient: et qui bibunt me, adhuc sítient. Qui audit me, non confundétur: et qui operántur in me, non peccábunt. Qui elúcidant me, vitam ætérnam habébunt.

Graduale. Benedícta et venerábilis es, Virgo María; quæ sine tactu pudóris invénta es Mater Salvatóris. V/. Virgo Dei Génitrix, quem totus non capit orbis, in tua se clausit víscera factus homo.

Allelúja, allelúja. V/. Post partum, Virgo, invioláta permansísti: Dei Génitrix, intercéde pro nobis. Allelúja.

http://www.unavoce-ve.it/crux.gif Sequéntia sancti Evangélii secúndum Lucam

Luc. 11, 26-38

IN ILLO témpore: Missus est Angelus Gábriel a Deo in civitátem Galilaéæ, cui nomen Názareth, ad Vírginem desponsátam viro, cui nomen erat Joseph, de domo David, et nomen Vírginis María. Et ingréssus Angelus ad eam, dixit: Ave, grátia plena: Dóminus tecum: benedícta tu in muliéribus. Quæ cum audísset, turbáta est in sermóne ejus: et cogitábat qualis esset ista salutátio. Et ait Angelus ei: Ne tímeas, María, invenísti enim grátiam apud Deum: ecce concípies in útero, et páries fílium, et vocábis nomen ejus Jesum. Hic erit magnus, et Fílius Altíssimi vocábitur, et dabit illi Dóminus Deus sedem David patris ejus: et regnábit in domo Jacob in ætérnum, et regni ejus non erit finis. Dixit autem María ad Angelum: Quómodo fiet istud, quóniam virum non cognósco? Et respóndens Angelus, dixit ei: Spíritus Sanctus supervéniet in te, et virtus Altíssimi obumbrábit tibi. Ideóque et quod nascétur ex te Sanctum, vocábitur Fílius Dei. Et ecce Elísabeth cognáta tua, et ipsa concépit fílium in senectúte sua: et hic mensis sextus est illi, quæ vocátur stérilis: quia non erit impossíbile apud Deum omne verbum. Dixit autem María: Ecce ancílla Dómini, fiat mihi secúndum verbum tuum.

Credo.

Offertorium. Luc. 1, 28 et 42. Ave, María, grátia plena; Dóminus tecum: benedícta tu in muliéribus, et benedíctus fructus ventris tui.

Secreta

TUA, Dómine, propitiatióne, et beátæ Maríæ semper Vírginis intercessióne, ad perpétuam atque præséntem hæc oblátio nobis profíciat prosperitátem et pacem. Per Dóminum.

Præfatio de B. Maria Virg. Et te in Nativitáte.

Communio. Beáta víscera Maríæ Vírginis, quæ portavérunt ætérni Patris Fílium.

Postcommunio

SUMPTIS, Dómine, salútis nostræ subsídiis: da, quaésumus, beátæ Maríæ semper Vírginis patrocíniis nos ubíque prótegi; in cujus veneratióne hæc tuæ obtúlimus majestáti. Per Dóminum.[/COLOR]

FONTE (http://www.unavoce-ve.it/mr-12sept=lat.htm)

Holuxar
12-09-16, 16:45
12 settembre 2016: SANTISSIMO NOME DI MARIA…





SS. NOME DI MARIA (http://www.sodalitium.biz/ss-nome-maria/)
SS. Nome di Maria - Sodalitium (http://www.sodalitium.biz/ss-nome-maria/)
“12 settembre, SS. Nome di Maria.
Festa estesa a tutta la Chiesa dal Papa Innocenzo XI per ringraziare la S. Vergine della vittoria cristiana a Vienna nel 1683 contro i Turchi.
Preghiera al SS. Nome di Maria di Sant’Alfonso Maria de Liguori
O potente Madre di Dio e Madre mia Maria, è vero che non sono degno neppure di nominarti, ma Tu mi ami e desideri la mia salvezza. Concedimi, benchè la mia lingua sia impura, di poter sempre chiamare in mia difesa il tuo santissimo e potentissimo Nome, perchè il tuo Nome è l’aiuto di chi vive e la salvezza di chi muore.
Maria purissima, Maria dolcissima, concedimi la grazia che il tuo Nome sia da oggi in poi il respiro della mia vita. Signora, non tardare a soccorrermi ogni volta che Ti chiamo, poichè in tutte le tentazioni e in tutte le mie necessità non voglio smettere di invocarti ripetendo sempre: Maria, Maria. Così voglio fare durante la mia vita e spero particolarmente nell’ora della morte, per venire a lodare eternamente in Cielo il tuo amato nome: “O clemente, o pia, o dolce Vergine Maria”.
Maria, amabilissima Maria, che conforto, che dolcezza, che fiducia, che tenerezza sente l’ anima mia anche solo nel pronunciare il tuo nome, o soltanto pensando a Te! Ringrazio il mio Dio e Signore che Ti ha dato per mio bene questo nome così amabile e potente.
O Signora, non mi basta nominarti qualche volta, voglio invocarti più spesso per amore; voglio che l’amore mi ricordi di chiamarti ad ogni ora, in modo tale da poter esclamare anch’ io insieme a Sant’ Anselmo: “O Nome della Madre di Dio, Tu sei l’ amore mio!”.
Mia cara Maria, mio amato Gesù, i vostri dolcissimi Nomi vivano sempre nel mio ed in tutti i cuori. La mia mente si dimentichi di tutti gli altri, per ricordarsi solo e per sempre di invocare i vostri Nomi adorati.
Mio Redentore Gesù e Madre mia Maria, quando sarà giunto il momento della mia morte, in cui l’anima dovrà lasciare il corpo, concedetemi allora, per i vostri meriti, la grazia di pronunciare le ultime parole dicendo e ripetendo: “Gesù e Maria vi amo, Gesù e Maria vi dono il cuore e l’anima mia”.”


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Il beato Innocenzo XI e la vittoria di Vienna (http://www.sodalitium.biz/beato-innocenzo-xi-la-vittoria-vienna/) 12 settembre 2016
Il beato Innocenzo XI e la vittoria di Vienna - Sodalitium (http://www.sodalitium.biz/beato-innocenzo-xi-la-vittoria-vienna/)


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1683: la crociata di Innocenzo XI salva la Cristianità
1683: la crociata di Innocenzo XI salva la Cristianità | Federici Blog (http://federiciblog.altervista.org/2016/09/12/1683-la-crociata-di-innocenzo-xi-salva-la-cristianita/)


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"Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 63/16 del 12 settembre 2016, SS. Nome di Maria
1683: la crociata di Innocenzo XI salva la Cristianità
Radiomessaggio di Pio XII in onore del beato Innocenzo XI (7/10/1956)
(…) Se non che in un’altra lotta, più minacciosa e tremenda, fu dato a Innocenzo XI di cogliere la palma della vittoria, meritandosi nella storia il titolo di salvatore della Cristianità dalla invasione dei Turchi. Al qual proposito teniamo a rendere noto che nel ricordare tali memorabili eventi, essenziali nella vita del Nostro Beato, ma lontani di quasi tre secoli e svoltisi in circostanze così diverse dalle presenti e ormai pienamente sorpassate, non abbiamo inteso in alcun modo di mancar di riguardo verso la Nazione turca, con la quale abbiamo relazioni, se non ufficiali, certo del tutto cortesi.
A dire il vero, Innocenzo non era un uomo politico nè per professione nè per inclinazione. Si ha anzi quasi l’impressione che, al momento della sua elevazione alla Sede di Pietro, non possedesse in questo punto una conoscenza del tutto chiara ed esatta della condizione straordinariamente intricata dell’Europa in quel tempo. Anche come Papa, egli si mantenne completamente al di fuori delle varie Leghe ed alleanze dei Principi cristiani, fra di loro o degli uni contro gli altri. Se dunque la storia commemora la sua grande azione politica, si spiega soltanto col fatto che la coscienza della sua responsabilità lo indusse ad entrare in quel campo. Si trattava, verso il 168o, di liberare l’Europa cristiana da un pericolo mortale, che, nella giusta estimazione di Innocenzo XI, non avrebbe potuto essere scongiurato, — dopo il necessario ricorso all’aiuto divino, — se non con un’azione, almeno principalmente, politica, iniziata dal Papa stesso, riunendo, cioè, le forze sparse delle nazioni europee sotto l’unico vessillo cristiano.
La vittoria marittima delle forze cristiane a Lepanto, la cui anima era stato il Suo e Nostro Santo Predecessore Pio V, aveva bensì, fiaccato la potenza ottomana e frenato l’impeto delle sue conquiste. Ma il confine del territorio dominato dai Turchi verso l’Europa centrale, rimasto immutato, rasentava Vienna; dell’Ungheria poi, dopo il 1541, non restava libera che una angusta striscia. La Porta poteva di nuovo sollevarsi, e lo fece sotto l’abile e temuto Gran Visir Kara Mustafà. Era suo disegno invadere l’Europa centrale, i territori della Casa degli Asburgo e, senza dubbio, passare anche in Italia.
In tale condizione di cose il pensiero dominante d’Innocenzo, che egli molto spesso manifestava, talvolta con ardente eloquenza, agli Inviati di Luigi XIV, era un contrattacco concentrico delle Potenze cristiane unite, inclusa Mosca, e in cooperazione con la Persia (cfr. Lettera del Card. Cibo al Nunzio di Polonia, 3o ottobre 1677 – Arch. Segr. Vatic., Nunz. di Polonia 183 A, fol. 104v-105).
Ma la dura realtà dei fatti deluse le sue speranze; Innocenzo dovè ridurre il suo progetto, restringendosi a promuovere un’alleanza tra l’Imperatore Leopoldo I e il Re di Polonia Giovanni III Sobieski, da lui chiamato « l’antemurale della Cristianità ». Però anche contro questo piano si addensò un cumulo di difficoltà, che parvero insormontabili ad ogni umano sforzo. Da parte sua, la Porta, che osservava attentamente gli sviluppi della politica europea, mentre sembrava non nutrire timori circa i Principi cristiani, non nascondeva la sua apprensione per l’opera del Papa. L’Ambasciatore veneziano a Costantinopoli, Pietro Civrano, così infatti informava il Senato di Venezia, nel 1682: « Fra’ principi cristiani… non è posto nell’infima considerazione il Pontefice; lo credono atto a comporre qualche lega tra Principi Cristiani, unico più temuto freno degli infedeli » (Le Relazioni degli Stati Europei lette al Senato dagli Ambasciatori veneziani nel secolo decimosettimo, raccolte ed annotate da N. Barozzi e G. Berchet, Turchia, vol. unico, parte II, Venezia 1872, pag. 270).
Apprensione veramente fondata, poichè Innocenzo XI fin dal 1677, con energia quasi sovrumana, non lasciava nulla di intentato per venire a capo di quell’alleanza. Questa, a sua volta, era intralciata, fra l’altro, dagli equivoci e dalle diffidenze nutrite dall’una parte verso l’altra, dal fatto che Sobieski, già per sè poco affezionato all’Imperatore, si era lasciato guadagnare alla politica antiasburgica di Luigi XIV, ed inoltre, perchè nella stessa Polonia l’alleanza con l’Imperatore costituiva pomo di discordia dei partiti. Con lungo e tenace sforzo, il Papa, validamente sostenuto dai suoi Nunzi in Vienna e in Varsavia, eliminò un ostacolo dopo l’altro, fino a trarre Sobieski alla sua causa. Ma ecco che una nuova bufera minacciò di sommergere la nave giunta quasi in porto. In seno alla Dieta polacca, l’opposizione pareva insuperabile. Ma la Provvidenza divina, con visibile intervento, esaudì i voti d’Innocenzo XI. Inaspettatamente, allorchè nell’albeggiare del mattino di Pasqua, 18 aprile 1683, Sobieski comparve dinanzi alla Dieta e chiese l’accettazione dell’alleanza e la chiusura del Parlamento, ogni resistenza cessava. Nel rapporto del Nunzio in Polonia, Mons. Opizio Pallavicino, inviato lo stesso giorno al Card. Cibo, echeggia ancora il tono drammatico di quella lotta, il cui felice esito si attribuiva al santo zelo di Innocenzo XI. In quella notte — così egli scriveva — rimase del tutto compiuta l’opera tanto necessaria per la conservazione della Cristianità, e tanto desiderata dal S. Padre. Questa — egli aggiungeva — è una grazia singolare concessa da Dio alla Cristianità per i voti e le preghiere della Santità Sua, dovendosi confessare non poter essere opera umana, perchè qualunque industria, eloquenza ed arte non era valevole per ciò, dovendosi credere quasi veramente impossibile, e cosa più che naturale, il vedere, se non estinte, sopite le discordie, la rabbia, gli odii e rancori, cresciuti in sommo grado. Insomma tutte le circostanze facevano quasi disperare del buon esito di un affare sì importante, onde l’essersi felicemente concluso deve unicamente attribuirsi a Dio, mosso dai ferventi voti di Sua Santità (cfr. Arch. Segr. Vatic., Nunz. di Polonia 101, fol. 187).
L’intervento divino giungeva in tempo per salvare la Cristianità dal pericolo ormai estremo. Infatti nello stesso giorno in cui l’alleanza fra l’Imperatore Leopoldo e Sobieski era conclusa, il potente esercito turco per l’offensiva da Adrianopoli a Belgrado si metteva in movimento. Nei mesi che seguirono, IL Papa, non tralasciando un più intenso ricorso a Dio, si adoperò affinchè all’alleanza fosse data maggiore saldezza mediante un atto solenne le cui circostanze mostrano come egli fosse la guida morale del movimento di liberazione. Il 16 agosto 1683, nel Palazzo Apostolico del Quirinale i due Cardinali Protettori, Pio per l’Imperatore Leopoldo, e Barberini per il Re di Polonia, prestarono solenne giuramento nelle mani del Pontefice per la esatta esecuzione di tutte le obbligazioni e clausole convenute nell’alleanza offensiva e difensiva contro la Turchia, sottoscritta già dai Plenipotenziari il 1° aprile di quell’anno. La gioia d’Innocenzo XI in quel momento, e la sua commozione fino alle lacrime — come attesta il Card. Barberini in un’accurata relazione al Re di Polonia (20 agosto 1683 – Bibl. Vatic., Barb. lat. 6650, fol. 116-117) — erano pari alla trepidazione di una vigilia di battaglia, e alla speranza che quel patto potesse svilupparsi in una più ampia lega. Devotamente invocato il nome di Dio, il Papa implorò dal Datore di ogni bene le celesti benedizioni su quei Principi, esprimendo l’augurio che quanto era stato convenuto sarebbe inviolabilmente portato ad effetto (cfr. Arch. S. Congreg. de Propaganda Fide, Miscellanea Arm. VI, 39, fol. 280-283). Infatti, sebbene il detto trattato riguardasse immediatamente la guerra contro i Turchi; tuttavia in fine si stipulava che « siccome a questa alleanza erano non solo da invitarsi i Principi cristiani, ma anche da ammettersi quelli che spontaneamente vi si offrissero, perciò ambedue le Parti si obbligavano, in quanto era possibile, d’invitare alla medesima i Principi amici e alleati, di guisa che però si avesse l’accordo e il consenso di ambedue le parti, ogniqualvolta qualche Principe fosse da ammettersi; specialmente ambedue avrebbero invitato con ogni cura i Serenissimi Zar di Mosca » (cfr. Bibl. Vatic., Vat. lat. 12201, fol. 210v).
Nell’ora in cui si compiva così la solenne ratificazione dell’alleanza, Vienna era stretta d’assedio già da un mese, e Sobieski in viaggio con le sue truppe. I grandi eventi erano ormai maturi. La storica ora della battaglia definitiva di Vienna scoccò col primo limpido sole del 12 settembre, allorchè l’esercito di soccorso assalì quello degli assedianti. Prima del tramonto la vittoria arrideva nettamente agli eserciti cristiani, che incalzavano i Turchi in piena disfatta. Era a tutti chiaro che un così splendido successo fu reso possibile soltanto dalla cooperazione delle due armate, l’imperiale e la polacca. I contemporanei gli storici posteriori sono unanimi nell’affermare che l’artefice primario dell’alleanza, e quindi della liberazione di Vienna e del miglior corso che prese da quella la storia d’Europa, fu Innocenzo XI, il quale a sua volta, con commovente umiltà, ne attribuì ogni merito e gloria a Dio, per l’intercessione della sua Santissima Madre. Nel Concistoro segreto del seguente 27 settembre 1683, dopo avere pronunciato amplissime lodi all’Imperatore Leopoldo e al Re di Polonia, egli terminava così la sua Allocuzione: « Quod reliquum est, omnis spes et fiducia Nostra Deo est; Ipse enim, non manus Nostra, fecit haec omnia; proinde sincero cordis affectu convertamus nos ad Dominum Deum, Nostrum, ut mereamur eius semper protectione defendi ab inimicis nostris in angustiis et tribulationibus » (Bibl. Vatic., Bari) lat. 2896, fol. 590v).
A quella vittoria, che segnò il principio della ritirata della Potenza ottomana dall’Europa, e alla susseguente liberazione di Budapest ottenuta tre anni dopo, nel 1686, con l’estendersi della lega a Venezia e a Mosca, è indelebilmente legato il nome del Pontefice Innocenzo XI, come Uomo di Dio e Capo della Cristianità. (…)"

1683: la crociata di Innocenzo XI salva la Cristianità (http://www.agerecontra.it/public/press40/?p=25027)
1683: la crociata di Innocenzo XI salva la Cristianità « www.agerecontra.it (http://www.agerecontra.it/public/press40/?p=25027)

Radiomessaggio di Pio XII in onore del beato Innocenzo XI (7/10/1956)
https://w2.vatican.va/content/pius-xii/it/speeches/1956/documents/hf_p-xii_spe_19561006_chemioterapia.html








Carlo Di Pietro - Giornalista e Scrittore (https://www.facebook.com/carlomariadipietro/?hc_ref=PAGES_TIMELINE)
“Preghiera al Santo del giorno.
In nómine Patris
et Fílii
et Spíritus Sancti.
Amen.
Eterno Padre, intendo onorare santa Vergine Maria, il cui Santo Nome è vittoria dei fedeli e terrore dei nemici, e Vi rendo grazie per tutte le specialissime grazie che Voi le avete elargito. Vi prego di accrescere la grazia nella mia anima, per i meriti della Madre del Salvatore e Madre nostra, ed a Lei affido la fine della mia vita tramite questa speciale preghiera, così che per virtù della Vostra bontà e promessa, la santa Vergine Maria possa essere mia avvocata e provvedere tutto ciò che è necessario in quell'ora. Così sia.”


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“Stupendi pensieri e giaculatorie di sant'Alfonso. Sospiri d'amore, devozione al Santissimo Sacramento. Da IL MIO LIBRO DI PREGHIERE, CLS, Verrua Savoia, www.sodalitium.it (http://www.sodalitium.it/)”







Il Santo Nome di Maria (http://www.unavoce-ve.it/pg-12set.htm)
Guéranger, L'anno liturgico - Il Santo Nome di Maria (http://www.unavoce-ve.it/pg-12set.htm)
MISSALE ROMANUM - Die 12 Septembris. Sanctissimi Nominis Mariæ (http://www.unavoce-ve.it/mr-12sept=lat.htm)

Radio Spada | Radio Spada ? Tagliente ma puntuale (http://www.radiospada.org/)
“12 SETTEMBRE 2016: IL SANTO NOME DI MARIA.
Oggetto della festa.
Qualche giorno dopo la nascita del Salvatore la Chiesa ha consacrato una festa per onorarne il nome benedetto. Ci insegnava così quanto questo nome contiene per noi di luce, di forza, di soavità, per incoraggiarci ad invocarlo con fiducia nelle nostre necessità (L'anno Liturgico, 183-187).
Così dopo la festa della Natività della Santissima Vergine, la Chiesa consacra un giorno ad onorare il santo nome di Maria per insegnarci attraverso la Liturgia e l'insegnamento dei santi, tutto quello che questo nome contiene per noi di ricchezze spirituali, perché, come quello di Gesù, lo abbiamo sulle labbra e nel cuore.
Storia della festa.
La festa del santo nome di Maria fu concessa da Roma, nel 1513, ad una diocesi della Spagna, Cuenca. Soppressa da san Pio V, fu ripristinata da Sisto V e poi estesa nel 1671 al Regno di Napoli e a Milano. Il 12 settembre 1683, avendo Giovanni Sobieski coi suoi Polacchi vinto i Turchi che assediavano Vienna e minacciavano la cristianità, sant'Innocenzo XI, in rendimento di grazie, estese la festa alla Chiesa universale e la fissò alla domenica fra l'Ottava della Natività. Il santo Papa Pio X la riportò al 12 settembre.
Nome uscito dal cuore di Dio.
Più che il ricordo storico della istituzione della festa, ci interessa il significato del nome benedetto dato alla futura Madre di Dio e nostra.
Il nome presso i Giudei aveva un'importanza grandissima e si soleva imporre con solennità. Sappiamo dalla Scrittura che Dio intervenne qualche volta nella designazione del nome da imporre a qualche suo servo. L'angelo Gabriele previene Zaccaria che suo figlio si chiamerà Giovanni ed egli ancora dice a Giuseppe, spiegandogli l'Incarnazione del Verbo: "Gli porrai nome Gesù". Si può quindi pensare che Dio in qualche modo sia intervenuto, perché alla Santissima Vergine fosse imposto il nome richiesto dalla sua grandezza e dignità. Gioacchino ed Anna imposero alla loro bambina il nome di Maria che a noi è tanto caro.
"Il tuo nome è un olio sparso".
I Santi si sono compiaciuti di paragonare il nome di Maria a quello di Gesù. San Bernardo aveva applicato al Signore il testo della Cantica: "Il tuo nome è un olio sparso" (Cantico dei Cantici, 1,3), perché l'olio dà luce, nutrimento e medicina. Anche Riccardo di san Lorenzo dice: "Il nome di Maria è paragonato all'olio, perché, dopo il nome di Gesù, sopra tutti gli altri nomi, rinvigorisce i deboli, intenerisce gli induriti, guarisce i malati, dà luce ai ciechi, dona forza a chi ha perso ogni vigore, lo unge per nuovi combattimenti, spezza la schiavitù del demonio e, come l'olio sorpassa ogni liquore, sorpassa ogni nome" (De Laudibus B. M. V. l. II, c. 2).
Altre interpretazioni.
Oltre sessantasette interpretazioni diverse sono state date al nome di Maria secondo che fu considerato di origine egiziana, siriaca, ebraica o ancora nome semplice o composto. Non vogliamo trattenerci sulle interpretazioni e scegliamo le quattro principali riferite dagli antichi scrittori. "Il nome di Maria, dice sant'Alberto Magno, ha quattro significati: illuminatrice, stella del mare, mare amaro, signora o padrona" (Commento su san Luca, I, 27).
Illuminatrice.
È la Vergine immacolata che l'ombra del peccato non offuscò giammai; è la donna vestita di sole; è "colei la cui vita gloriosa ha illustrato tutte le Chiese" (Liturgia); è infine colei, che ha dato al mondo la vera luce, la luce di vita.
Stella del mare.
La liturgia la saluta così nell'inno, così poetico e popolare, Ave maris stella e ancora nell'Antifona dell'Avvento e del tempo di Natale: Alma Redemptoris Mater. Sappiamo che la stella del mare è la stella polare, che è la stella più brillante, più alta e ultima di quelle che formano l'Orsa Minore, vicinissima al polo fino a sembrare immobile e conservare una posizione quasi invariabile per lunghe notti e per questo fatto è di molta utilità per orientarsi sulla carta del cielo e aiuta il navigante a dirigersi, quando non possiede la bussola.
Così Maria, fra le creature, è la più alta in dignità, la più bella, la più vicina a Dio, invariabile nel suo amore e nella sua purezza, è per noi esempio di tutte le virtù, illumina la nostra vita e ci insegna la via per uscire dalle tenebre e giungere a Dio, che è la vera luce.
Mare amaro.
Maria lo è nel senso che, nella sua materna bontà, rende amari per noi i piaceri della terra, che tentano di ingannarci e di farci dimenticare il vero ed unico bene; lo è ancora nel senso che durante la Passione del Figlio il suo cuore fu trapassato dalla spada del dolore. È mare, perché, come il mare è inesauribile, è inesauribile la bontà e generosità di Maria per tutti i suoi figli. Le gocce d'acqua del mare non possono essere contate se non dalla scienza infinita di Dio e noi possiamo appena sospettare la somma immensa di grazie che Dio ha deposto nell'anima benedetta di Maria, dal momento dell'Immacolato Concepimento alla gloriosa Assunzione in cielo.
Signora o padrona.
Maria è veramente, secondo il titolo datole in Francia, Nostra Signora. Signora vuoi dire Regina, Sovrana. Regina è veramente Maria, perché la più santa di tutte le creature, la Madre di Colui, che è Re per titolo di Creazione, Incarnazione e Redenzione; perché, associata al Redentore in tutti i suoi misteri, gli è gloriosamente unita in cielo in corpo e anima e, eternamente beata, intercede continuamente per noi, applicando alle nostre anime i meriti da lei acquistati davanti a Lui e le grazie delle quali è fatta mediatrice e dispensiera.
Discorso di san Bernardo.
Preghiamo la Santissima Vergine, perché voglia realizzare per noi i diversi significati, che santi e dottori hanno dato al suo nome benedetto, riportando la conclusione della seconda omelia di san Bernardo sul Vangelo Missus est:
"E il nome della Vergine era Maria. Diciamo qualche cosa di questo nome, che significa stella del mare. Si adatta perfettamente alla Madre di Dio, perché come l'astro emette il suo raggio, così la Vergine concepisce suo Figlio e il raggio non diminuisce lo splendore della stella e il Figlio non diminuisce la verginità della Madre. Nobile stella sorta da Giacobbe il cui raggio illumina il mondo, splendente nei cieli, penetra l'abisso, percorre la terra. Riscalda più che i corpi le anime, inaridisce il vizio, feconda la virtù. Sì, Maria è l'astro fulgente e senza uguali che era necessario sul mare immenso, che scintilla di meriti e rischiara coi suoi esempi la nostra vita.
Chiunque tu sia che nel flusso e riflusso del secolo abbia impressione di camminare meno su terra ferma che in mezzo alla tempesta turbinante, non distogliere gli occhi dall'astro splendido, se non vuoi essere inghiottito dall'uragano. Se si desta la burrasca delle tentazioni, se si drizzano gli scogli delle tribolazioni, guarda la stella e invoca Maria. Se sei in balìa dei flutti della superbia o dell'ambizione, della calunnia o della gelosia, guarda la stella e invoca Maria. Se collera, avarizia, attrattive della carne, scuotono la nave dell'anima, volgi gli occhi a Maria. Turbato per l'enormità del delitto, vergognoso di te stesso, tremante all'avvicinarsi del terribile giudizio, senti aprirsi sotto i tuoi passi il gorgo della tristezza o l'abisso della disperazione, pensa a Maria. Nei pericoli, nell'angoscia, nel dubbio, pensa a Maria, invoca Maria.
Sia sempre Maria sulle tue labbra, sia sempre nel tuo cuore e vedi di imitarla per assicurarti il suo aiuto. Seguendola non devierai, pregandola non dispererai, pensando a lei tu non potrai smarrirti. Sostenuto da lei non cadrai, protetto da lei non avrai paura, guidato da lei non sentirai stanchezza: chi da lei è aiutato arriva sicuro alla meta. Sperimenta così in te stesso il bene stabilito in questa parola il nome della Vergine era Maria".
MESSA
EPISTOLA (Eccli 24,17-2l). - Come vite diedi frutti di soave odore, e i miei fiori dan frutti di gloria e di ricchezza. Io sono la madre del bell'amore e del timore, della scienza e della santa speranza. In me ogni grazia della via e della verità, in me ogni speranza di vita e di virtù. Venite a me, o voi tutti che mi bramate, e saziatevi dei miei frutti; perché il mio spirito è più dolce del miele, e il mio retaggio più del favo di miele. Il ricordo di me durerà nelle generazioni dei secoli. Chi mi mangia avrà ancora fame, e chi mi beve avrà ancora sete. Chi mi ascolta non sarà confuso, e chi lavora per me non peccherà; chi mi illustra avrà la vita eterna.
Tutta la compiacenza del cielo, tutte le speranze della terra si fissano sulla culla in cui Maria dorme, mentre veglia per Dio il suo cuore (Ct 5,2). La Sapienza fa il proprio elogio (Eccli 24,1): per la beata figlia di Anna e di Gioacchino le preferenze del suo amore, manifestate all'origine del mondo sono ormai giustificate e per sempre sarà sua delizia essere con i figli degli uomini (Pr 8,31). La vigna eletta, la vigna del Pacifico è davanti a noi e annunzia con i suoi fiori profumati (Ct 8,11-12) il grappolo divino, il succo del quale, spremuto nel torchio, feconderà tutte le anime, inebrierà terra e cielo.
VANGELO (Lc 1,26-38). - In quel tempo: L'Angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea detta Nazareth, ad una Vergine sposata ad un uomo della casa di David, di nome Giuseppe, e la Vergine si chiamava Maria. Ed entrato da lei l'Angelo disse: Salute, o piena di grazia: il Signore è teco! Benedetta tu fra le donne! Ed essa turbata a queste parole, pensava che specie di saluto fosse quello. E l'Angelo le disse: Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio; ecco, tu concepirai nel seno e partorirai un figlio, e gli porrai nome Gesù. Questi sarà grande, e sarà chiamato figlio dell'Altissimo; e il Signore Dio gli darà il trono di David suo padre; e regnerà in eterno sulla casa di Giacobbe; e il suo regno non avrà mai fine. Allora Maria disse all'Angelo: Come avverrà questo, se io non conosco uomo? E l'Angelo rispose: Lo Spirito santo scenderà in te e la potenza dell'Altissimo ti adombrerà: per questo il Santo che nascerà da te sarà chiamato figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, ha concepito anche lei un figlio nella sua vecchiaia, ed è già nel sesto mese, lei che era detta sterile; ché niente è impossibile davanti a Dio. E Maria disse: Ecco l'ancella del Signore: si faccia di me secondo la tua parola.
Abbiamo qui la più solenne ambasciata di cui la storia angelica ed umana abbia conservato ricordo, e presenta in Maria ciò che il suo nome significa, la Padrona del mondo. L'interesse più alto che possa toccare l'umanità presente, passata o futura, le gerarchie celesti, Dio stesso è trattato tra l'Altissimo e la Vergine di Nazareth soli, come soli aventi titolo da una parte per proporlo e dall'altra per accettarlo. L'angelo non è che un messaggero e l'uomo è con lui nell'attesa. Maria contratta con il Creatore, in nome dell'uomo e dell'angelo, come in nome proprio, in nome del mondo intero, che rappresenta e che domina con la sua regalità.
da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 1067-1072.”


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(http://www.santiebeati.it/search/jump.cgi?ID=69950)Santissimo Nome di Maria (http://www.santiebeati.it/search/jump.cgi?ID=69950)
“Santissimo Nome di Maria
12 settembre - Memoria Facoltativa
La festa del santo nome di Maria fu concessa da Roma, nel 1513, ad una diocesi della Spagna, Cuenca. Soppressa da san Pio V, fu ripristinata da Sisto V e poi estesa nel 1671 al Regno di Napoli e a Milano. Il 12 settembre 1683, avendo Giovanni III Sobieski coi suoi Polacchi vinto i Turchi che assediavano Vienna e minacciavano la cristianità, il Beato Innocenzo XI, in rendimento di grazie, estese la festa alla Chiesa universale e la fissò alla domenica fra l'Ottava della Natività. Il santo Papa Pio X la riportò al 12 settembre.”


Alleanza Cattolica - aree tematiche - orazione (http://www.alleanzacattolica.org/temi/preghiera/cinque_salmi_maria.htm)
“I cinque salmi del SS. Nome di Maria
La pratica consistente nel recitare cinque salmi le cui lettere iniziali corrispondono alle cinque di cui si compone il Nome di Maria — M, Magnificat (Luc. 46-55); A, Ad Dominum cum tribularer clamavi (Sal. 119);R, Retribue servo tuo (Sal. 118, 17-32); I, In convertendo (Sal. 125) e A, Ad te levavi animam meam (Sal. 122) — è già conosciuta nel secolo XII; per esempio, era carissima al beato benedettino Ioscio, monaco di Saint-Bertin, in Francia, gran devoto della Vergine, la cui morte, avvenuta nel 1163, è accompagnata da un miracolo: dalla sua testa escono cinque lettere d’oro a formare appunto il Nome di Maria. La pratica raggiunge la massima diffusione e popolarità dopo che, nel 1683, Papa Innocenzo XI (1676-1689) rende universale per tutta la Chiesa la festa del Nome di Maria, a ricordo della vittoria riportata a Vienna sui turchi dalle truppe cristiane guidate dal re polacco Giovanni III Sobieski (1624-1696). La recita dei cinque salmi, con le antifone che li uniscono, fu indulgenziata da Papa Pio VII (1800-1823), ma le indulgenze specifiche sono decadute con la normativa introdotta in base alla Costituzione Apostolica Indulgentiarum doctrina, del 1° gennaio 1967. A testimonianza del valore attribuito all’invocazione del Nome di Maria Dante Alighieri (1265-1321) mette in bocca a Buonconte di Montefeltro, trovato inaspettatamente in Purgatorio, queste parole, che danno la ragione della sua salvezza:
Quivi perdei la vista, e la parola
Nel nome di Maria finii, e quivi
Caddi
(La Divina Commedia. Purgatorio V, 100-102).
(cfr. Emilio Campana, Maria nel culto cattolico, vol. I, Il culto di Maria in sé e nelle sue manifestazioni liturgiche, Marietti, Torino-Roma 1933, pp. 240-241; e Rambaut Van Doren, voce Ioscio, in Bibliotheca sanctorum, Città Nuova, Roma 1966, vol. VII, col. 859).”




https://forum.termometropolitico.it/333470-12-settembre-ss-nome-di-maria-vergine.html
https://forum.termometropolitico.it/231112-fiori-sull-altare-di-maria-santissima-madre-di-dio-durante-l-ottava-della-nativita.html
“(…) REGALITà E DIVINA MATERNITà DI MARIA SANTISSIMA.
TRADIZIONALMENTE INFATTI SONO TRE I MESI DEDICATI ALLA MADONNA DURANTE L'ANNO: MAGGIO, SETTEMBRE, OTTOBRE.
ERA MOLTO FORTE NEGLI ANNI CINQUANTA IL MOVIMENTO CHE CHIEDEVA LA PROCLAMAZIONE DEL DOGMA DELLA REGALITà UNIVERSALE DELLA VERGINE.
PURTROPPO LA CATASTROFE CONCILIARE INIBì E BLOCCò L'INCESSANTE ATTIVITà DI STUDIO E DI PROPAGANDA SULL'ARGOMENTO.
LA MADONNA FU "PROCLAMATA" IN MODO MOLTO MINIMALE "MADRE DELLA CHIESA" DURANTE IL "VATICANO II" MA DELLA SUA REGALITà VERA, REALE ED EFFETTIVA NESSUNO PARLò PIù.
QUESTO MODESTO FORUM, ALLA RISCOPERTA DELLA TEOLOGIA DEI PRIVILEGI MARIANI, VUOLE PORTARE FIORI SEMPRE BELLI E FRESCHI SULL'ALTARE DELLA VERGINE CUI SONO DEDICATI QUESTI MESI.
FIORI DI VERITà CATTOLICA, FIORI DI PUREZZA E DI VITA CRISTIANA, FIORI D'AMORE E DI PENTIMENTO, FIORI D'ARTE, FIORI DI LOTTA SOCIALE E CULTURALE CONTRO TUTTE LE ERESIE, CONTRO "CODESTA PESTE DI ERRORI E VIZI CHE AMMORBA IL MONDO"!
INFATTI, OGNI VOLTA CHE SI ONORA LA VERGINE, L'INFERNO RUGGISCE DI RABBIA.
DELLA MADONNA NON SI PARLA MAI ABBASTANZA: "DE MARIA NUMQUAM SATIS".
DOPO AVER FESTEGGIATO LA NATIVITà DI MARIA CONCEPITA SENZA PECCATO ORIGINALE (8 SETTEMBRE), RICORDIAMO LA GRANDE FESTA DEL SANTISSIMO NOME DI MARIA, ISTITUITA DAL BEATO INNOCENZO XI ODESCALCHI PER RINGRAZIARE LA VERGINE DELLA VITTORIA OTTENUTA CONTRO I TURCHI SOTTO LE MURA DI VIENNA IL 12 SETTEMBRE 1683.
L'EUROPA, GIà AMMORBATA DALLA LEBBRA PROTESTANTICA, ERA COMUNQUE SALVA: ANCORA UNA VOLTA LA MADONNA AVEVA STESO IL SUO PREZIOSO MANTO SULLE ARMI CRISTIANE.
UNA VITTORIA MARIANA, DUNQUE, OTTENUTA CON LE ARMI E CON LA PREGHIERA DEL ROSARIO.”




(Maggio Mese Mariano… (https://forum.termometropolitico.it/669330-maggio-mese-mariano.html)Iniziato da Holuxar (https://forum.termometropolitico.it/members/177/holuxar)‎, 01-05-15)
7 Ottobre 2015: solennità della Madonna del Rosario... (https://forum.termometropolitico.it/682035-7-ottobre-2015-solennita-della-madonna-del-rosario.html)
https://forum.termometropolitico.it/682127-ottobre-mese-del-santo-rosario.html






Luca, Sursum Corda!

Holuxar
12-09-17, 20:04
12 SETTEMBRE 2017; SANTISSIMO NOME DI MARIA…



Guéranger, L'anno liturgico - Il Santo Nome di Maria (http://www.unavoce-ve.it/pg-12set.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-12set.htm
“12 SETTEMBRE IL SANTO NOME DI MARIA.”


https://forum.termometropolitico.it/333470-12-settembre-ss-nome-di-maria-vergine.html
“SANTI E BEATI: Santissimo Nome di Maria.
La festa del santo nome di Maria fu concessa da Roma, nel 1513, ad una diocesi della Spagna, Cuenca. Soppressa da san Pio V, fu ripristinata da Sisto V e poi estesa nel 1671 al Regno di Napoli e a Milano. Il 12 settembre 1683, avendo Giovanni III Sobieski coi suoi Polacchi vinto i Turchi che assediavano Vienna e minacciavano la cristianità, il Beato Innocenzo XI, in rendimento di grazie, estese la festa alla Chiesa universale e la fissò alla domenica fra l'Ottava della Natività. Il santo Papa Pio X la riportò al 12 settembre.”


12 Settembre - Santo Nome di Maria (http://www.preghiereperlafamiglia.it/santo-nome-di-maria.htm)
http://www.preghiereperlafamiglia.it/santo-nome-di-maria.htm



SS. Nome di Maria - Sodalitium (http://www.sodalitium.biz/5058-2/)
http://www.sodalitium.biz/5058-2/
“12 settembre, SS. Nome di Maria.
“Festa del santissimo Nome della beata Maria, che il Sommo Pontefice Innocenzo undecimo ordinò che si celebrasse per l’insigne vittoria riportata a Vienna, in Austria, contro i Turchi, col patrocinio della stessa Vergine”.
1. O adorabile Trinità, per l’amore con cui scegliesti ed eternamente Ti compiacesti del Santissimo Nome di Maria, per il potere che gli desti, per le grazie che riservasti ai suoi devoti, fa’ che esso sia anche per me fonte di grazia e di felicità. Ave Maria.
2. O amabile Gesù, per l’amore con cui pronunziasti tante volte il Nome della tua cara Madre e per la consolazione che a Lei procuravi nel chiamarla per nome, raccomanda alle sue speciali cure questo povero tuo e suo servo. Ave Maria.
3. O Angeli Santi, per la gioia che vi procurò la rivelazione dei Nome della vostra Regina, per le lodi con cui lo celebraste, svelatene anche a me tutta la bellezza, la potenza e la dolcezza e fate che io lo invochi in ogni mio bisogno e specialmente in punto di morte. Ave Maria.
4. O cara Sant’Anna, buona mamma della Madre mia, per la gioia da te provata nel pronunciare tante volte con devoto rispetto il Nome della tua piccola Maria o nel parlarne con il tuo buon Gioacchino, fa’ che il dolce nome di Maria sia continuamente anche sulle mie labbra. Ave Maria.
5. E Tu, o dolcissima Maria, per il favore che Dio Ti fece nel donarti Egli stesso il Nome, come a sua diletta Figlia; per l’amore che Tu sempre ad esso mostrasti concedendo grandi grazie ai suoi devoti, concedi anche a me di rispettare, amare ed invocare questo soavissimo Nome. Fa’ che esso sia il mio respiro, il mio riposo, il mio cibo, la mia difesa, il mio rifugio, il mio scudo, il mio canto, la mia musica, la mia preghiera, il mio pianto, il mio tutto, con quello di Gesù, affinché dopo essere stato pace del mio cuore e dolcezza delle mie labbra durante la vita, sia la mia gioia in Cielo. Così sia. Ave Maria.
Benedetto sempre sia, il Santo Nome di Maria.”


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“Ligue Saint Amédée‏ @SaintAmedee
“12 Septembre : le Saint Nom de Marie.”


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Preghiera del Beato Marco d'Aviano - con note sul Beato e sugli eventi dell'epoca (http://www.unavox.it/Documenti/Doc0888_Preghiera_di_Marco_d%27Aviano.html)
http://www.unavox.it/Documenti/Doc0888_Preghiera_di_Marco_d%27Aviano.html
“Preghiera del Beato Marco d'Aviano da lui composta per l'occasione e letta all'alba del 12 settembre 1683, dopo la celebrazione della S. Messa e la benedizione impartita all'esercito cristiano che si accingeva a dare vittoriosamente battaglia ai Turchi che assediavano Vienna.
O grande Dio degli eserciti, guárdaci prostráti qui ai piedi della Tua Maestà, per impetrarTi il perdono delle nostre colpe.
Sappiamo bene di aver meritato che gl’infedeli impugnino le armi per opprimerci, perché le iniquità, che ogni giorno commettiamo contro la Tua bontà, hanno giustamente provocato la Tua ira.
O gran Dio, Ti chiediamo il perdono dall’intimo dei nostri cuori; esecriamo il peccato, perché Tu lo aborrisci; siamo afflitti perché spesso abbiamo eccitato all’ira la Tua somma Bontà.
Per amore di Te stesso, preferiamo mille volte morire piuttosto che commettere la minima azione che Ti dispiaccia.
Soccórrici con la Tua grazia, o Signore, e non permettere che noi Tuoi servi rompiamo il patto che soltanto con Te abbiamo stipulato.
Abbi dunque pietà di noi, abbi pietà della tua Chiesa, per opprimere la quale già si preparano il furore e la forza degl’infedeli.
Sebbene sia per nostra colpa ch’essi hanno invaso queste belle e cristiane regioni, e sebbene tutti questi mali che ci avvengono non siano altro che la conseguenza della nostra malizia, síici tuttavia propizio, o buon Dio, e non disprezzare l’opera delle Tue mani. Ricordati che, per strapparci dalla servitù di Satana, Tu hai donato tutto il Tuo prezioso Sangue.
Permetterai forse ch’esso venga calpestato dai piedi di questi cani?
Permetterai forse che la fede, questa bella perla che cercasti con tanto zelo e che riscattasti con tanto dolore, venga gettata ai piedi di questi porci?
Non dimenticare, o Signore, che, se Tu permetterai che gl’infedeli prevalgano su di noi, essi bestemmieranno il Tuo santo Nome e derideranno la Tua Potenza, ripetendo mille volte: “Dov’è il loro Dio, quel Dio che non ha potuto liberarli dalle nostre mani?”
Non permettere, o Signore, che Ti si rinfacci di aver permesso la furia dei lupi, proprio quando T’invocavamo nella nostra miserevole angoscia.
Vieni a soccorrerci, o gran Dio delle battaglie! Se Tu sei a nostro favore, gli eserciti degl’infedeli non potranno nuocerci.
Disperdi questa gente che ha voluto la guerra! Per quanto ci riguarda, noi non amiamo altro che essere in pace con Te, con noi stessi e col nostro prossimo.
Rafforza con la tua grazia il tuo servo e nostro imperatore Leopoldo; rafforza l’animo del re di Polonia, del duca di Lotaringia, dei duchi di Baviera e di Sassonia, e anche di questo bell’esercito cristiano, che sta per combattere per l’onore del Tuo Nome, per la difesa e la propagazione della Tua santa Fede. Concedi ai príncipi e ai capi dell’esercito la fierezza di Giosué, la mira di Davide, la fortuna di Jefte, la costanza di Joab e la potenza di Salomone, tuoi soldati, affinché essi, incoraggiati dal Tuo favore, rafforzati dal Tuo Spirito e resi invincibili dalla potenza del Tuo braccio, distruggano e annientino i nemici comuni del nome cristiano, manifestando a tutto il mondo che hanno ricevuto da Te quella potenza che un tempo mostrasti in quei grandi condottieri.
Fa’ dunque in modo, o Signore, che tutto cospiri per la Tua gloria e onore, e anche per la salvezza delle anime nostre.
Te lo chiedo, o Signore, in nome dei tuoi soldati.
Considera la loro fede: essi credono in Te, sperano tutto da Te, amano sinceramente Te con tutto il cuore.
Te lo chiedo anche con quella santa benedizione, che io conferirò a loro da parte Tua, sperando, per i meriti del Tuo prezioso Sangue, nel quale ho posto tutta la mia fiducia, che Tu esaudirai la mia preghiera.
Se la mia morte potesse essere utile o salutare, per ottenere il Tuo favore per loro, ebbene Te la offro fin d’ora, o mio Dio, in gradita offerta; se quindi dovrò morire, ne sarò contento.
Libera dunque l’esercito cristiano dai mali che incombono; trattieni il braccio della Tua ira sospeso su di noi, e fa’ capire ai nostri nemici che non c’è altro Dio all’infuori di Te, e che Tu solo hai il potere di concedere o negare la vittoria e il trionfo, quando Ti piace.
Come Mosè, stendo dunque le mie braccia per benedire i tuoi soldati; sostienili e appóggiali con la Tua Potenza, per la rovina dei nemici Tuoi e nostri, e per la gloria del Tuo Nome. Amen."

"Brevi note sul Beato Marco d'Aviano seguite dal breve racconto dell'evento dell'epoca (riprese da un articolo di Luciano Garofoli pubblicato da EFFEDIEFFE)
Carlo Domenico Cristofori, questo era il nome del Beato Padre Marco quando nacque il 17 novembre 1631 ad Aviano, in provincia di Pordenone, da Pasquale Cristofori e da Rosa Zanoni, terzo di undici figli.
Come era consuetudine in quei tempi in cui il cristianesimo permeava in pienezza la vita della società intera, il bambino fu battezzato il giorno dopo la sua nascita: tanto prima si battezzava la creatura, tanto meno il demonio aveva tempo per compiere danni o devastarne l’anima.
La sua famiglia era di buona condizione sociale e di antica casata: nel 1501 un suo avo, Giorgio Cristofori, era stato ambasciatore della Magnifica Comunità di Pordenone.
La madre era una pia donna e lo predilesse sempre sia per l’amore che dimostrava verso i ragazzi poveri, sia perché quando aveva tre anni fu protagonista di un fatto non spiegabile razionalmente, addirittura attestato con un atto notarile, in quanto in ciò si vide un presagio. Marco stava nella sua culla e la madre, improvvisamente, lo vide avvolto da una luce assolutamente non proveniente da fonte naturale: qualcosa di soprannaturale aveva avvolto e circonfuso il bambino.
Ricevette i primi rudimenti scolastici da un maestro locale, poi frequentò uno zio paterno parroco a San Leonardo di Campagna. Più tardi, in una lettera all’imperatore Leopoldo I d’Asburgo, ricorderà quel periodo della sua infanzia citando questi versi che gli erano rimasti fissati nella memoria:
«Ama Dio e non fallire
Fa pur bene e lascia dire
Lascia dire a chi vuole,
Ama Dio di buon cuore».
A 12 anni, il 2 giugno 1643, ricevette la cresima.
Come altri rampolli della borghesia fu iscritto nel 1643 al Collegium dei gesuiti a Gorizia. Entrò a far parte, mentre era in collegio, della Purificata, Congregazione Mariana che adottava un particolare e molto impegnativo programma di pratiche religiose.
In collegio si davano spesso rappresentazioni teatrali che inscenavano la vita di eroi e di martiri.
Anche quando era in casa aveva spesso sentito narrare la storia che riguardava la distruzione, avvenuta nel 1499, del castello di Aviano e della deportazione di gran parte della popolazione della sua città da parte dei turchi.
Nella sua mente di adolescente generoso, si consolidò l’idea di cercare il martirio. Aveva solo 16 anni quando pensò di raggiungere l’isola di Creta, dove la Serenissima Repubblica di Venezia stava, con fierezza e grande eroismo, difendendo i suoi possedimenti nell’isola aggredita dall’ondata espansionistica verso ovest dei turchi. In quel tempo la Sublime Porta era retta da Mehmet IV detto Avci, cioè il cacciatore. Egli riuscì a riconquistare Candia nel 1669 ed assediò Vienna nel 1683.
La storia di Marco e di Mehmet IV sono destinate ad incontrarsi, come vedremo poi. Il giovane Marco, infervorato di fede cattolica, desideroso di cercare il martirio, approfittando di una passeggiata con i compagni di collegio, scappa, abbandonò Gorizia e raggiunse Capo d’Istria, dove contava di imbarcarsi su una nave veneziana per raggiungere il fronte di guerra. In realtà si ritrovò stanco ed affamato e finì per chiedere soccorso al convento dei Cappuccini dove il padre superiore lo rimise in forze e lo aiutò a tornare in famiglia.
L’incontro con i francescani fu davvero importante: nel breve soggiorno nel convento di Capo d’Istria, intravide la possibilità di seguire in maniera diversa la sua vocazione sulla strada dell’apostolato e del supremo sacrificio di se stesso nel martirio.
Si decise ad abbandonare il mondo e ad abbracciare l’austera impegnativa regola dei Cappuccini che, tra i seguaci di San Francesco, sono quelli più rigorosi.
Nel settembre del 1648 fu ammesso al Noviziato di Conegliano Veneto ed un anno dopo, il 21 novembre 1649 prese i voti assumendo il nome di Marco d’Aviano. Fu quindi inviato ad Arzignano, nel vicentino per completare la formazione nel lavoro, nella preghiera e nelle mortificazioni.
A ciò seguì il regolare corso di studi consistente in un triennio di studi di filosofia ed un quadriennio di teologia: il 18 settembre 1655 fu ordinato sacerdote a Chioggia dal vescovo Francesco Grasso che, a cavallo tra il 1660 e il 1661, gli conferì la patente di predicatore al popolo.
Padre Marco esercitò la sua attività di predicatore con grandissimo zelo profondendo le sue migliori energie nell’apostolato della parola ed impegnandosi in maniera particolare durante i tempi importanti della Quaresima e dell’Avvento.
La sua attività di predicatore gli piaceva molto: «Trattandosi della salute delle anime impiegherò tutto me stesso», scriveva al Provinciale dei Cappuccini del Tirolo; non aveva perduto l’iniziale spinta al martirio: «Volentieri sacrificherò la mia vita per Dio e per il bene delle anime».
Tali parole gli uscivano nel cuore, come testimoniato anche dal Generale dei Cappuccini Padre Bernardino d’Arezzo e tutto ciò suscitava l’ammirazione del Santo Padre, come affermava il cardinale Cibo, allora Segretario di Stato.
Durante una carestia a Smeride raccolse tanto frumento per aiutare tutti i bisognosi. A Fratta Polesine e ad Este molte persone, dopo il suo intervento, sacrificarono i loro beni donandoli ai poveri.
Durante un’epidemia di peste era a Gorizia: «Vorrei essere valevole di poter sollevare (le pene) con il mio proprio sangue, che il farei…». Continuava a dire che «La missione è quella di medico spirituale».
A Salò, sul Garda, riconciliò i capi del Comune ed il parroco guadagnandosi la gratitudine della cittadinanza.
Alla sua già fervida missione aggiunse anche impegni di responsabilità e di governo in seno all’Ordine: nel 1672 fu Superiore del convento di Belluno e nel 1674 diresse la Fraternità di Oderzo. A 45 anni di età, la vita di padre Marco cambiò e lo tolse dal suo nascondimento e dalla sua umile applicazione trascendente esercitata nella sua cella di frate, per essere imposto all’attenzione universale.
L’otto settembre 1676, invitato a predicare nel monastero padovano di San Prosdocimo, con la sua preghiera e benedizione guarì istantaneamente suor Vincenza Francesconi che era paralizzata da ben 13 anni; eventi simili si ripeterono un mese dopo a Venezia, a Chioggia, ad Andria e a Verona.
La Santa Sede, che allora esercitava in pienezza il suo magistero spirituale, intervenne per difendere il cappuccino da chi, nelle diocesi di Padova e di Venezia, voleva impedirgli l’esercizio delle benedizioni.
A Schio, durante una Quaresima, resuscitò un bambino morto da quattro giorni e già sepolto: ed i genitori glielo fecero battezzare.
Il papa Innocenzo XI lo proclamò «taumaturgo del secolo».
Molti dei suoi avvenimenti straordinari furono documentati da Notari nelle cronache cittadine e riconosciuti dalle curie vescovili. La fama di guaritore si espanse e vari vescovi italiani ed europei richiesero la sua opera di predicatore. Padre Marco intraprese, quindi, vari viaggi missionari che durarono mesi in Alta Italia, Francia, Belgio, Olanda, Svizzera, Tirolo, Baviera, Austria ed in molti Stati della Germania.
Molto desiderata era la sua benedizione, da lui composta, che egli stesso divulgava con foglietti stampati, mentre nelle Domeniche e nelle Feste principali dell’anno impartiva personalmente la medesima sempre alle 11 antimeridiane.
Oltre al popolo anche vescovi, cardinali, principi e re la ricevettero con grandi frutti spirituali ed anche corporali; ottenne il privilegio di impartire ai fedeli la Benedizione Papale con annessa Indulgenza Plenaria.
Presto i suoi viaggi si trasformarono in un giubileo itinerante.
A Lione radunò quasi 100.000 persone.
A Ratisbona il suo trionfo fu tale, che gli stessi avversari furono costretti ad ammetterlo.
Ad Augusta fu accolto da un’immensa processione: il priore dei Certosini di Bruxeim scrisse al collega di Magonza: «Se l’Imperatore venisse ad Augusta accompagnato da altri sovrani, non credo che ci sarebbe un tale concorso di gente».
La Nunziatura di Colonia disse che il concorso di popolo era tale che «Non s’è visto, in questa città a memoria dell’huomini».
A Monaco di Baviera il Superiore dei Cappuccini registrò 160 stampelle lasciate da storpi guariti nelle chiese dove padre Marco aveva predicato.
Si rivolgeva ai protestanti con grande amorevolezza ed essi andavano ad ascoltare le sue prediche, contro la proibizione dei loro capi.
Ad Augusta così predicò loro: «Fratelli, so che molti di voi desiderano farsi santi. Ritornate nella Chiesa cattolica. Voi non avete colpa per la separazione. Credete, dunque, ma con una fede che sia operante nella carità».
A Worms disse loro: «Una sola fede può essere la vera: professate la fede cattolica per la quale morirono i martiri ed i vostri padri eressero chiese e monasteri».
Incitava anche i cattolici a non dare scandalo, a mostrare una condotta timorata di Dio in quanto la fede non è fatta di parole e promesse vuote, perché vivamente operante per mezzo della carità. Migliaia di persone si accostarono al sacramento della confessione e moltissimi erano quelli che da anni non l’avevano più praticata. Molti personaggi come il Re di Spagna Carlo II, il Re di Polonia Jan Sobieski e l’Imperatore d'Austria Leopoldo I furono suoi fedeli seguaci.
Dietro le insistenze dell’Imperatore Leopoldo I ed alle sollecitazioni provenienti da Roma, padre Marco si recò Vienna ben 14 volte e partecipò attivamente alla crociata antiturca.
Nel 1682 presiedette la solenne celebrazione di ringraziamento per la cessazione della peste, ma nella piazza del Graben, ispirato dal Signore, gridò: «Vienna, Vienna, convertiti, altrimenti verrà su di te un castigo maggiore».
L’anno seguente Mehmet IV, inviò una minacciosa lettera all’Imperatore ed alla Re di Polonia Sobieski: «Io ho in animo di invadere la vostra regione. Condurrò con me 13 re… Per schiacciare il vostro insignificante paese. Soprattutto ti comando, o Imperatore, di attendere me nella tua residenza, perché possa tagliarti la testa».
A proposito di voti di povertà vogliamo ricordare che padre Marco indossava sempre lo stesso saio; l’ambasciatore dell’Impero a Venezia, Conte Francesco Ulderico Della Torre, ricordava: «Chi vuole essere suo amico non deve parlargli di regali. Accetta solo immagini sacre da distribuire ai fedeli».
Egli stesso scriveva l'imperatore d'Austria: «Mai ho avuto né per me né per altri (nemmeno per l’Ordine) accettare cosa alcuna. Sempre ho camminato senza interesse, con tutta sincerità».
Grande il suo impegno per costruire una solida pace cristiana in Europa: la sua splendida e modestissima presenza si manifestava nelle sue missioni di predicatore e nel suo costante impegno oltre all’assistenza dei feriti negli ospedali da campo, il sostegno morale alle truppe anche nell’organizzazione di peregrinatio Mariae come quella organizzata a Vienna nel 1697, dove fece arrivare dall’Ungheria la venerata immagine miracolosa della Vergine di Kalò. E mentre era immerso nella sua preghiera molto intensamente, arrivò fulminea la notizia che l’esercito austriaco, guidato dal principe Eugenio di Savoia, aveva sconfitto i turchi a Zenta sul fiume Tibisco.
Dimostrò anche tangibilmente il suo grande attaccamento alla sua patria, Venezia, tanto che, al termine di un periodo di preghiera dedicato alla Madonna Immacolata, il Doge Silvestro Valier, abbracciando e baciandolo disse: «Padre Marco, siete il rifugio della nostra Repubblica».
Nel luglio 1699 poco prima della sua morte, era ancora in missione a Vienna: «Mi vengono meno le forze, ma il Papa lo vuole. Devo applicarmi con grandissima accuratezza. Faci Dio che tutto riesca bene».
Dovette mettersi a letto e, a causa di un’ulcera, era ormai in fin di vita: l’Imperatore gli mise a disposizione i medici di corte, ricevette dal Nunzio Apostolico monsignor Santa Croce la Benedizione Apostolica di Innocenzo XII e ne ricavò una forte spinta spirituale ed una grande forza interiore.
Al momento in cui gli fu amministrata l’estrema unzione, rinnovò anche la professione dei suoi voti.
Alle ore 11 del 13 agosto 1699, assistito dall’Imperatore Leopoldo e da sua moglie Eleonora, morì stringendo quel crocefisso con il quale, alla stessa ora della morte, soleva benedire le genti d’Europa.
La salma rimase esposta fino al 17 agosto con grande partecipazione popolare ed anche con copiosa presenza di eventi prodigiosi. Per volontà imperiale fu sepolto sotto l’altare della Pietà nella Cripta dei Cappuccini cioè nella cripta dove venivano tumulati gli Imperatori d’Austria: lo stesso Leopoldo dettò l’epitaffio per la pietra tombale."

http://www.unavox.it/NuoveImmagini/Beati/Beato_Marco_d-Aviano/Tomba_a_Vienna.jpg




"La battaglia di Vienna del 1683"
https://forum.termometropolitico.it/603143-12-settembre-1683-la-battaglia-di-vienna.html



Due libri da leggere sulla battaglia di Vienna del 1683:


Giuliana V. Fantuz in collaborazione con padre Venanzio Renier, Marco d'Aviano e Innocenzo XI - In difesa della Cristianità, Associazione «StoriesFvg», Edizioni Segno, Tavagnacco (Udine) 2006.
G. Ganzer (a cura di), Da Vienna a Istanbul, Mariano del Friuli (GO) 2006.
https://www.amazon.it/Vienna-Istanbul-G-Ganzer/dp/8883452364


https://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=54562
“Marco d’Aviano mostra come si può e si deve difendere il Cristianesimo e l’Europa di Francesco Lamendola - 23/06/2016.
Il beato Marco d’Aviano (al secolo Carlo Domenico Cristofori, nato a Villotta di Aviano, nel Friuli, il 17 novembre 1631 e morto a Vienna, dove si era recato su ordine del papa, benché malato, il 13 agosto 1699) rappresenta un aspetto della cristianità che oggi si tende a ignorare, e cioè la strenua volontà di difesa contro un terribile nemico esterno, l’islam: volontà che non solo non contraddice la mitezza del Vangelo, ma si unisce ad una intensa, straordinaria spiritualità.
Padre Marco fu, tra le altre cose, un celebre predicatore; cappuccino, aveva la semplicità, la mansuetudine, la disponibilità del grande fondatore dell’ordine dei Frati Minori; fu anche un apprezzato diplomatico, alle cui risorse di prudenza, di abilità e di lungimiranza ricorse ampiamente il pontefice; e che ovunque andasse, da un capo al’altro del continente (solo Luigi XIV non volle, con pretesti, che passasse per Parigi), veniva sempre accolto con il massimo rispetto da parte di sovrani e ministri, ascoltati con attenzione, ammirato per la sua sagacia, che si univa in lui ad uno spirito di totale disinteresse per le cose materiali.
È stato soprattutto per merito suo se, l’11 e il 12 settembre del 1683, Vienna è stata salvata dall’assedio ottomano, e i Turchi sono stati ricacciati per sempre dal cuore dell’Europa, nella battaglia del Kahlenberg, decisa dal cavalleresco intervento del re di Polonia, Jan Sobieski, che unì le sue forze al comandante imperiale, Carlo di Lorena, e salvò l’imperatore asburgico, Leopoldo I, da una terribile situazione; furono i suoi sermoni appassionati a spronare i cavalieri cristiani nell’assalto decisivo, così come fu la sua capacità di mediazione a tenere insieme i discordi comandanti della composita Lega Santa; e fu sempre la sua fede incrollabile a rianimare lo scoraggiato Leopoldo (che si era rifugiato da Vienna a Passavia, in Baviera), di cui era diventato il confessore e il consigliere spirituale. La vittoria fu celebrata con messe di ringraziamento e con immense manifestazioni di giubilo in tutta Europa; il papa Innocenzo XI proclamò il 12 settembre festa del Santissimo Nome di Maria.
Dopo di che, padre Marco, che a Vienna era il personaggio del giorno, e sul conto del quale circolavano racconti di guarigioni miracolose, riprese la sua opera diplomatica, sempre su richiesta del papa: si trattava di non sprecare la vittoria, com’era avvenuto dopo Lepanto, un secolo prima; bisognava incalzare i Turchi, scacciarli dall’Ungheria, allontanarli definitivamente dal cuore dell’Europa, in modo che non potessero mai più minacciarlo. Innocenzo XI morì nel 1689, dopo che Buda era stata riconquistata, ma l’azione già languiva, perché gli imperiali parevano disposti a una pace di compromesso; tanto più che dovevano guardarsi le spalle da Luigi XIV, il Re Sole, il quale, pur facendosi chiamare anche “il re cristianissimo”, per tutta la durata dell’assedio di Vienna e, poi, della campagna d’Ungheria, non solo non aveva mosso un dito in difesa della cristianità minacciata, ma aveva anzi cercato di favorire in vario modo l’azione politico-militare del sultano Mehmed IV, proprio per indebolire gli Asburgo, suoi eterni rivali. Ma nel 1697 Eugenio di Savoia, il geniale condottiero italiano, riprese l’avanzata e inflisse ai Turchi la sconfitta risolutiva nella battaglia di Zenta, sul Tibisco (1697), cui sarebbe seguita la pace di Carlowitz (1699).
Così lo storico Venanzio Renier, cappuccino, ha rievocato questo fondamentale momento della vita e della missione del Beato Marco d’Aviano nel saggio Padre Marco d’Aviano. Una vita per la Chiesa e per l’Europa (in: Marco d’Aviano, Gorizia e Gradisca. Raccolta di studi e documenti dopo il Convegno storico-spirituale del 14 ottobre 1995, a cura di Walter Arzaretti e Maurizio Qualizza, Fondazione Società per la Conservazione della Basilica di Aquileia & Banca Popolare di Trieste, 1998, pp. 29-31):
Padre Marco, durante tutta la vita, per quanto gravi ed urgenti fossero gli altri impegni, diede sempre la preferenza all’evangelizzazione. Il Seicento non fu un secolo felice per l’oratoria sacra: tuttavia il Nostro, grazie alla scelta degli argomenti e al modo di esporli, seppe adattarsi alla capacità media degli ascoltatori. Voleva essere inteso da tutti e vi riuscì così bene che nobili e popolani, magistrati e bifolchi, accorrevano ad udirlo. Così lo descrisse il 13 giugno 1690 Antonio Crestani, notaio di Bassano del Grappa, presente al Quaresimale predicato in quell’anno dal cappuccino: “La gente… pendeva dalla sua bocca e dai suoi cenni, mentre egli col crocifisso in mano gli andava animando (al bene)… Io (che) sono vecchio di sessantacinque anni, non ho mai in vita mia sentito né veduto operar dalla presenza e dalla lingua d’un huomo opere così grandi e meravigliose” (“Positio”, 542-43).
Rimasero memorande, nelle cronache cittadine, fra le sue quaresime, quelle predicate a Venezia (1681, 1684, 1694); a Udine (1683), a Oderzo (1685), a Schio (1686), a Vicenza (1687), a Brescia (1688), a Tolmezzo (1691), a Padova (per volontà di san Gregorio Barbarigo ed alla sua presenza, 1697), a Thiene (1698) e l’ultima a Ceneda, ora Vittorio Veneto (1699).
Padre Marco si impegnò anche in opere sociali. Raccomandò spesso di essere generosi nel provvedere la dote alle zitelle povere, perché potessero sposarsi onestamente, ovvero entrare nei monasteri. Diventò una vera provvidenza nelle parrocchie, nelle quali era invitato, per le abbondanti elemosine che venivano raccolte, utili alle necessità del culto e alle distribuzioni ai poveri. Così avvenne ad Oderzo, Montagnana, Fratta Polesine e a Gambarare, nella terraferma veneziana.
Quaresimalista a Sermide nel Mantovano (1677), durante una carestia, aumentata per il grande afflusso degli ascoltatori, ottenne che venissero aperti i granai a prezzi di favore, per sfamare la popolazione. Per questo – annota l’accompagnatore e primo biografo Cosma da Castelfranco – “li bisognosi… con mani drizzate al cielo, ringratiavano la Providenza suprema per havere a se concesso un predicatore opportuno nelle penurie per sollevarli dalle loro pressure e necessità” (“Positio”, 49).
A Salò, invece, prima di iniziare la quaresima, riuscì a riconciliare le autorità cittadine ed il popolo con il parroco che il vescovo aveva nominato, ma che molti si erano rifiutati di accettare. […]
Padre Marco diventò molto famoso per le guarigioni prodigiose. Tutto ebbe inizio l’8 settembre 1676, all’età ormai di 45 anni. Dopo aver terminato il panegirico sulla Natività della Madonna, guarì con la sua benedizione, nel monastero delle Nobili Dimesse di Padova, suor Vincenza Francesconi, che da tredici anni giaceva paralizzata. La notizia si diffuse in tutta la città e dintorni. Numerosissimi ciechi, storpi, sordomuti ed infermi si affollarono in chiesa ed alla porta del convento dei Cappuccini, implorando la benedizione prodigiosa. Altrettanto avvenne a Venezia, dopo che ebbe guarita suor Anna Maria Dolfini, la patrizia Gritti e molte altre persone. […]
Si può affermare che la missione sacerdotale di padre Marco fu tutta imperniata sulla riconciliazione degli uomini con Dio. Compose una formula che spesso recitava in dialogo con l’uditorio. Le testimonianze sono unanimi nel descrivere il fervore travolgente e la commozione straordinaria manifestata dai gesti e dal tono della voce con cui pronunciava le parole. Strappava le lagrime ai più ostinati. Durante le tappe dei suoi viaggi in Europa, i penitenti assiepavano i confessionali. I Gesuiti del Belgio e dell’Olanda, nelle “Littearea annuae” inviate ai superiori di Roma, e i resoconti stesi dalle diocesi della Germani, Austria, Svizzera, Slovenia e Boemia parlano di migliaia e migliaia di confessioni e comunioni generali, quali non si erano mai viste nel passato. Per oltre un quarto di secolo, padre Marco sconvolse e migliorò moltissime coscienze.
Per il tedesco padre Agostino Maria Ilg, autore nel 1876 di una galleria di trentasei ritratti spirituali degli uomini illustri dell’Ordine cappuccino, egli fu il tipico rappresentane dei predicatori: “L’ordine ne conta molti assai celebri, (ma) difficilmente se ne troverà uno uguale, se si considerano i meravigliosi effetti e le meravigliose circostanze ch accompagnarono i suoi sermoni” (cfr. “Positio”, 903. bib. 44).
Ci si potrebbe chiedere il perché di questa insistenza sull’atto di dolore, che padre Marco voleva perfetto, perché basato sull’amore a Dio padre ed a Gesù crocifisso. Egli sapeva che gli uomini, chi più, chi meno, sono poveri peccatori, poiché per debolezza o per malizia, non corrispondono alle grazie e all’amore infinito di Dio. Devono quindi sempre cercare di ritornare a Lui, come insegna il messaggio del Battista, di Gesù e degli Apostoli, che la Chiesa deve sempre proclamare e realizzare. Esortava i suoi ascoltatori a pentirsi sinceramente e poi domandare al Signore tutte le altre grazie, e, se necessario, anche i miracoli, che la divina bontà concederà, intenerita dall’umiltà. Insegnava quindi a passare, dalla purificazione e distacco dal peccato e dalle occasioni di peccato, ad una fiducia illimitata nella potenza di Dio, per arrivare alla perfezione ed alla santità.
Questo brano della biografia di padre Marco D’Aviano ci aiuta a comprendere i motivi della sua straordinaria popolarità, del suo carisma, del suo ascendente sugli uomini più importanti del suo tempo: basti dire che, al suo capezzale di moribondo, fu vegliato amorevolmente dall’imperatore in persona e da sua moglie, Eleonora (gli verrà poi accordato l’onore straordinario di essere sepolto nella Cripta dei Cappuccini, riservata alla dinastia regnante austriaca); e che il comandante imperiale al tempo della battaglia di Vienna, Carlo di Lorena, era un suo personale e devoto ammiratore, tanto è vero che solo per merito della sua paziente opera di persuasione, quegli accettò di porsi sotto il comando del re polacco Sobieski. Padre Marco era ugualmente stimato, ammirato e venerato sia dal popolo che dalle personalità eminenti, e ciò dipese dal fatto che la sua spiritualità appariva evidente, profondissima, commovente. Le sue parole erano autorevoli, perché non solo sapeva tenere delle prediche edificanti e fiorite, nel migliore stile barocco, ma anche perché da esse traspariva la sincerità, e nel suo sguardo, nei suoi gesti, si poteva cogliere l’intima coerenza di un personaggio che già in vita ere in odore di santità (anche per via delle sue doti di taumaturgo) e che aveva suscitato una impressione fortissima su tutti quelli che lo avevano visto e udito. A Venezia, a Belluno, a Udine, a Padova, a Oderzo, a Vicenza, a Ceneda, a Bassano, a Brescia, ovunque folle strabocchevoli si erano assiepate per ascoltare i suoi quaresimali, nei quali egli aveva fatto rivivere lo spirito di crociata e trasmesso non solo ai suoi compatrioti, ma a gran parte degli Europei, lo slancio e l’ardore necessari per fronteggiare un pericolo che si profilava di una gravità estrema, quale forse mai la cristianità intera aveva vissuto, dai temi della caduta di Costantinopoli e, poi, dello sbarco ottomano a Otranto, con il relativo massacro della popolazione che non aveva voluto convertirsi alla religione della mezzaluna.
Marco d’Aviano era un frate pieno di amor di Dio e del prossimo; un uomo umile, privo di ambizioni personali o di secondi fini; un francescano innamorato della povertà, della carità, di Cristo e di Maria Vergine, il quale, pur amando la pace, non si tirò indietro quando i nemici del Vangelo portarono la guerra, mediante il ferro e il fuoco, sin nel cuore del nostro continente. Se Vienna fosse caduta, noi, oggi, forse saremmo già islamici, come lo sono tante popolazioni balcaniche, che vissero per secoli sotto il (pessimo) dominio ottomano (cfr. il nostro articolo: L’Impero Ottomano è decaduto perché privo di un’idea e di un’etica, pubblicato su Il Corriere delle Regioni in data 25/10/2015; e anche La rivincita della Mezzaluna tre secoli dopo l’11 settembre del 1683, pubblicato sul sito di Arianna Editrice l’11/09/2009). E se Vienna non è caduta, una buona pare del merito va proprio al frate friulano, il quale non disperò quando tanti disperavano, non perse la testa, non cessò mai di aver fede nell’aiuto di quel Signore che aveva detto ai suoi discepoli: Bussate e vi sarà aperto; chiedete e vi sarà dato.
Oggi è diffuso uno stranissimo modo di pensare, proprio fra tanti sedicenti cristiani, i quali, tutti infervorati dalla volontà di dialogare ad ogni costo e con chiunque, anche col peggior nemico, e tutti ipnotizzati da quella magica parola, ecumenismo, che, per loro, è diventata una specie di abracadabra, poiché sembrerebbe voler dire che i cristiani devono rinunciare alla loro identità, in favore di una religiosità vaga e generica, imbevuta di gnosticismo e deismo, nella quale possano entrare tutti, nessuno escluso, come se la Verità fosse qualcosa di relativo, e il Cristianesimo avesse lo stesso contenuto di verità di qualsiasi altra religione, e come se l’importante fosse che tutti gli uomini della terra si riuniscano a pregare insieme, non importa se rivolgendosi al vero Dio o agli dei falsi e bugiardi di cui parlava Dante Alighieri.
Per codesti cristiani del terzo millennio, debitamente progressisti e modernisti, la figura di Marco d’Aviano può risultare vagamente scomoda e imbarazzante, quasi indisponente. Avrebbero preferito un uomo di Dio che va disarmato incontro ai nemici e che mette dei fiori nei loro cannoni, come recitava il testo di una insulsa e melensa canzonetta dell’epoca sessantottina, nella quale il pacifismo a senso unico veniva celebrato come un valore assoluto e irrinunciabile; e quando parlare di una “guerra giusta”, come pure hanno sempre fatto fior di teologi, da Sant’Agostino (che diede personalmente l’esempio, partecipando fino all’ultimo respiro alla difesa della sua città, Hippo Regius, assediata dai Vandali), a San Tommaso d’Aquino (che, nella Summa Theologiae, la equipara alla legittima difesa del singolo individuo, qualora venga ingiustamente minacciato e aggredito), era qualcosa d’inconcepibile per codesti zelatori di un Vangelo remissivo, inerme, pronto a lasciarsi distruggere dal primo che lo voglia fare.
Padre Marco d’Aviano era pacifico, ma non pacifista; credeva nel dialogo e nella misericordia divina (subito dopo la battaglia del Kahlenberg, volle che i viennesi rendessero grazie a Dio pregando per le anime di tutti i caduti, compresi i nemici), ma non nel fatto di lasciarsi ammazzare o sottomettere senza opporre alcuna resistenza, perché, di ciò, i popoli minacciati avevano – e hanno - pieno diritto, sia in quanto europei, sia in quanto cristiani.
Sì: in questi tempi di buonismo ideologizzato e di cristianesimo in via di auto-rottamazione, la figura e l’esempio di padre Marco d’Aviano, spirito profondamente pacifico e tuttavia magnifico lottatore, possono davvero risultare scomodi, perché appaiono in assoluta controtendenza. Egli ci ricorda che bisogna anche sapersi battere per difendere il Vangelo e la vita stessa, se ciò diviene necessario; che c’è un tempo per la pace e un tempo per la lotta, un tempo per parlare e un tempo per misurarsi con la spada; e che il diritto e il dovere alla propria difesa, e alla difesa di ciò in cui si crede, non cade mai in prescrizione, anche con il trascorrere dei secoli. Ovunque si ripresentino le condizioni dell’11 settembre 1683, l’Europa avrà sempre bisogno di una guida spirituale forte e coraggiosa, mite e tuttavia animosa, come lo fu, per i suoi contemporanei, quella di padre Marco d’Aviano.”



Radio Spada | Radio Spada ? Tagliente ma puntuale (http://radiospada.org/)
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“L'11-12 Settembre 1683 a Vienna gli Ussari Alati di Giovanni III Sobieski, re di Polonia, salvano l'Europa Cristiana dall'assalto del'Impero Ottomano.”
“Il 12 settembre 1866 muore S.E.R. Monsignor Emanuele Marongiu Nurra, Arcivescovo metropolita di Cagliari. Per aver condannato le leggi del 1848 e 1850 che usurpavano i beni ecclesiastici e per aver vietato ai confessori di assolvere i loro fautori, fu espulso dal Regno. Dal 1850 al 1866 fu esule presso Pio IX.”
“12 SETTEMBRE 2017; il SANTO NOME DI MARIA.”


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Guéranger, L'anno liturgico - Il Santo Nome di Maria (http://www.unavoce-ve.it/pg-12set.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-12set.htm
“12 SETTEMBRE IL SANTO NOME DI MARIA.
Oggetto della festa.
Qualche giorno dopo la nascita del Salvatore la Chiesa ha consacrato una festa per onorarne il nome benedetto. Ci insegnava così quanto questo nome contiene per noi di luce, di forza, di soavità, per incoraggiarci ad invocarlo con fiducia nelle nostre necessità (L'anno Liturgico, 183-187).
Così dopo la festa della Natività della Santissima Vergine, la Chiesa consacra un giorno ad onorare il santo nome di Maria per insegnarci attraverso la Liturgia e l'insegnamento dei santi, tutto quello che questo nome contiene per noi di ricchezze spirituali, perché, come quello di Gesù, lo abbiamo sulle labbra e nel cuore.

Storia della festa.
La festa del santo nome di Maria fu concessa da Roma, nel 1513, ad una diocesi della Spagna, Cuenca. Soppressa da san Pio V, fu ripristinata da Sisto V e poi estesa nel 1671 al Regno di Napoli e a Milano. Il 12 settembre 1683, avendo Giovanni Sobieski coi suoi Polacchi vinto i Turchi che assediavano Vienna e minacciavano la cristianità, sant'Innocenzo XI, in rendimento di grazie, estese la festa alla Chiesa universale e la fissò alla domenica fra l'Ottava della Natività. Il santo Papa Pio X la riportò al 12 settembre.

Nome uscito dal cuore di Dio.
Più che il ricordo storico della istituzione della festa, ci interessa il significato del nome benedetto dato alla futura Madre di Dio e nostra.
Il nome presso i Giudei aveva un'importanza grandissima e si soleva imporre con solennità. Sappiamo dalla Scrittura che Dio intervenne qualche volta nella designazione del nome da imporre a qualche suo servo. L'angelo Gabriele previene Zaccaria che suo figlio si chiamerà Giovanni ed egli ancora dice a Giuseppe, spiegandogli l'Incarnazione del Verbo: "Gli porrai nome Gesù". Si può quindi pensare che Dio in qualche modo sia intervenuto, perché alla Santissima Vergine fosse imposto il nome richiesto dalla sua grandezza e dignità. Gioacchino ed Anna imposero alla loro bambina il nome di Maria che a noi è tanto caro.
"Il tuo nome è un olio sparso".
I Santi si sono compiaciuti di paragonare il nome di Maria a quello di Gesù. San Bernardo aveva applicato al Signore il testo della Cantica: "Il tuo nome è un olio sparso" (Cantico dei Cantici, 1,3), perché l'olio dà luce, nutrimento e medicina. Anche Riccardo di san Lorenzo dice: "Il nome di Maria è paragonato all'olio, perché, dopo il nome di Gesù, sopra tutti gli altri nomi, rinvigorisce i deboli, intenerisce gli induriti, guarisce i malati, dà luce ai ciechi, dona forza a chi ha perso ogni vigore, lo unge per nuovi combattimenti, spezza la schiavitù del demonio e, come l'olio sorpassa ogni liquore, sorpassa ogni nome" (De Laudibus B. M. V. l. II, c. 2).
Altre interpretazioni.
Oltre sessantasette interpretazioni diverse sono state date al nome di Maria secondo che fu considerato di origine egiziana, siriaca, ebraica o ancora nome semplice o composto. Non vogliamo trattenerci sulle interpretazioni e scegliamo le quattro principali riferite dagli antichi scrittori. "Il nome di Maria, dice sant'Alberto Magno, ha quattro significati: illuminatrice, stella del mare, mare amaro, signora o padrona" (Commento su san Luca, I, 27).
Illuminatrice.
È la Vergine immacolata che l'ombra del peccato non offuscò giammai; è la donna vestita di sole; è "colei la cui vita gloriosa ha illustrato tutte le Chiese" (Liturgia); è infine colei, che ha dato al mondo la vera luce, la luce di vita.
Stella del mare.
La liturgia la saluta così nell'inno, così poetico e popolare, Ave maris stella e ancora nell'Antifona dell'Avvento e del tempo di Natale: Alma Redemptoris Mater. Sappiamo che la stella del mare è la stella polare, che è la stella più brillante, più alta e ultima di quelle che formano l'Orsa Minore, vicinissima al polo fino a sembrare immobile e conservare una posizione quasi invariabile per lunghe notti e per questo fatto è di molta utilità per orientarsi sulla carta del cielo e aiuta il navigante a dirigersi, quando non possiede la bussola.
Così Maria, fra le creature, è la più alta in dignità, la più bella, la più vicina a Dio, invariabile nel suo amore e nella sua purezza, è per noi esempio di tutte le virtù, illumina la nostra vita e ci insegna la via per uscire dalle tenebre e giungere a Dio, che è la vera luce.
Mare amaro.
Maria lo è nel senso che, nella sua materna bontà, rende amari per noi i piaceri della terra, che tentano di ingannarci e di farci dimenticare il vero ed unico bene; lo è ancora nel senso che durante la Passione del Figlio il suo cuore fu trapassato dalla spada del dolore. È mare, perché, come il mare è inesauribile, è inesauribile la bontà e generosità di Maria per tutti i suoi figli. Le gocce d'acqua del mare non possono essere contate se non dalla scienza infinita di Dio e noi possiamo appena sospettare la somma immensa di grazie che Dio ha deposto nell'anima benedetta di Maria, dal momento dell'Immacolato Concepimento alla gloriosa Assunzione in cielo.
Signora o padrona.
Maria è veramente, secondo il titolo datole in Francia, Nostra Signora. Signora vuoi dire Regina, Sovrana. Regina è veramente Maria, perché la più santa di tutte le creature, la Madre di Colui, che è Re per titolo di Creazione, Incarnazione e Redenzione; perché, associata al Redentore in tutti i suoi misteri, gli è gloriosamente unita in cielo in corpo e anima e, eternamente beata, intercede continuamente per noi, applicando alle nostre anime i meriti da lei acquistati davanti a Lui e le grazie delle quali è fatta mediatrice e dispensiera.
Discorso di san Bernardo.
Preghiamo la Santissima Vergine, perché voglia realizzare per noi i diversi significati, che santi e dottori hanno dato al suo nome benedetto, riportando la conclusione della seconda omelia di san Bernardo sul Vangelo Missus est:
"E il nome della Vergine era Maria. Diciamo qualche cosa di questo nome, che significa stella del mare. Si adatta perfettamente alla Madre di Dio, perché come l'astro emette il suo raggio, così la Vergine concepisce suo Figlio e il raggio non diminuisce lo splendore della stella e il Figlio non diminuisce la verginità della Madre. Nobile stella sorta da Giacobbe il cui raggio illumina il mondo, splendente nei cieli, penetra l'abisso, percorre la terra. Riscalda più che i corpi le anime, inaridisce il vizio, feconda la virtù. Sì, Maria è l'astro fulgente e senza uguali che era necessario sul mare immenso, che scintilla di meriti e rischiara coi suoi esempi la nostra vita.
Chiunque tu sia che nel flusso e riflusso del secolo abbia impressione di camminare meno su terra ferma che in mezzo alla tempesta turbinante, non distogliere gli occhi dall'astro splendido, se non vuoi essere inghiottito dall'uragano. Se si desta la burrasca delle tentazioni, se si drizzano gli scogli delle tribolazioni, guarda la stella e invoca Maria. Se sei in balìa dei flutti della superbia o dell'ambizione, della calunnia o della gelosia, guarda la stella e invoca Maria. Se collera, avarizia, attrattive della carne, scuotono la nave dell'anima, volgi gli occhi a Maria. Turbato per l'enormità del delitto, vergognoso di te stesso, tremante all'avvicinarsi del terribile giudizio, senti aprirsi sotto i tuoi passi il gorgo della tristezza o l'abisso della disperazione, pensa a Maria. Nei pericoli, nell'angoscia, nel dubbio, pensa a Maria, invoca Maria.
Sia sempre Maria sulle tue labbra, sia sempre nel tuo cuore e vedi di imitarla per assicurarti il suo aiuto. Seguendola non devierai, pregandola non dispererai, pensando a lei tu non potrai smarrirti. Sostenuto da lei non cadrai, protetto da lei non avrai paura, guidato da lei non sentirai stanchezza: chi da lei è aiutato arriva sicuro alla meta. Sperimenta così in te stesso il bene stabilito in questa parola il nome della Vergine era Maria".
MESSA
EPISTOLA (Eccli 24,17-2l). - Come vite diedi frutti di soave odore, e i miei fiori dan frutti di gloria e di ricchezza. Io sono la madre del bell'amore e del timore, della scienza e della santa speranza. In me ogni grazia della via e della verità, in me ogni speranza di vita e di virtù. Venite a me, o voi tutti che mi bramate, e saziatevi dei miei frutti; perché il mio spirito è più dolce del miele, e il mio retaggio più del favo di miele. Il ricordo di me durerà nelle generazioni dei secoli. Chi mi mangia avrà ancora fame, e chi mi beve avrà ancora sete. Chi mi ascolta non sarà confuso, e chi lavora per me non peccherà; chi mi illustra avrà la vita eterna.
Tutta la compiacenza del cielo, tutte le speranze della terra si fissano sulla culla in cui Maria dorme, mentre veglia per Dio il suo cuore (Ct 5,2). La Sapienza fa il proprio elogio (Eccli 24,1): per la beata figlia di Anna e di Gioacchino le preferenze del suo amore, manifestate all'origine del mondo sono ormai giustificate e per sempre sarà sua delizia essere con i figli degli uomini (Pr 8,31). La vigna eletta, la vigna del Pacifico è davanti a noi e annunzia con i suoi fiori profumati (Ct 8,11-12) il grappolo divino, il succo del quale, spremuto nel torchio, feconderà tutte le anime, inebrierà terra e cielo.
VANGELO (Lc 1,26-38). - In quel tempo: L'Angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea detta Nazareth, ad una Vergine sposata ad un uomo della casa di David, di nome Giuseppe, e la Vergine si chiamava Maria. Ed entrato da lei l'Angelo disse: Salute, o piena di grazia: il Signore è teco! Benedetta tu fra le donne! Ed essa turbata a queste parole, pensava che specie di saluto fosse quello. E l'Angelo le disse: Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio; ecco, tu concepirai nel seno e partorirai un figlio, e gli porrai nome Gesù. Questi sarà grande, e sarà chiamato figlio dell'Altissimo; e il Signore Dio gli darà il trono di David suo padre; e regnerà in eterno sulla casa di Giacobbe; e il suo regno non avrà mai fine. Allora Maria disse all'Angelo: Come avverrà questo, se io non conosco uomo? E l'Angelo rispose: Lo Spirito santo scenderà in te e la potenza dell'Altissimo ti adombrerà: per questo il Santo che nascerà da te sarà chiamato figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, ha concepito anche lei un figlio nella sua vecchiaia, ed è già nel sesto mese, lei che era detta sterile; ché niente è impossibile davanti a Dio. E Maria disse: Ecco l'ancella del Signore: si faccia di me secondo la tua parola.
Abbiamo qui la più solenne ambasciata di cui la storia angelica ed umana abbia conservato ricordo, e presenta in Maria ciò che il suo nome significa, la Padrona del mondo. L'interesse più alto che possa toccare l'umanità presente, passata o futura, le gerarchie celesti, Dio stesso è trattato tra l'Altissimo e la Vergine di Nazareth soli, come soli aventi titolo da una parte per proporlo e dall'altra per accettarlo. L'angelo non è che un messaggero e l'uomo è con lui nell'attesa. Maria contratta con il Creatore, in nome dell'uomo e dell'angelo, come in nome proprio, in nome del mondo intero, che rappresenta e che domina con la sua regalità.
da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 1067-1072.”



Luca, Sursum Corda!

Holuxar
12-09-17, 21:55
12 SETTEMBRE 2017: anniversario della battaglia di Vienna del 12 settembre 1683 (onore al Re Giovanni III Sobieski, al Principe Eugenio di Savoia, al Papa Innocenzo XI, a Padre Marco d'Aviano e a tutti i combattenti per Dio, Uno e Trino, per la Grande Patria dell'Europa cattolica, per la Santa Chiesa e per il Cattolicesimo!), FESTA DEL SANTISSIMO NOME DI MARIA…



Guéranger, L'anno liturgico - Il Santo Nome di Maria (http://www.unavoce-ve.it/pg-12set.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-12set.htm
“12 SETTEMBRE IL SANTO NOME DI MARIA.”


12 Settembre - Santo Nome di Maria (http://www.preghiereperlafamiglia.it/santo-nome-di-maria.htm)
http://www.preghiereperlafamiglia.it/santo-nome-di-maria.htm


Santissimo Nome di Maria (http://www.santiebeati.it/search/jump.cgi?ID=69950)
"12 settembre 1683: la battaglia di Vienna"
https://forum.termometropolitico.it/603143-12-settembre-1683-la-battaglia-di-vienna-2.html#post16548827
https://forum.termometropolitico.it/265981-8-settembre-nativita-della-beata-vergine-maria-2.html#post16548874
https://forum.termometropolitico.it/333470-12-settembre-ss-nome-di-maria-vergine-3.html#post16548716
https://forum.termometropolitico.it/520026-padre-marco-d-aviano-nell-anniversario-della-morte-13-agosto-1699-a-2.html#post16548895



"SS. Nome di Maria - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/5058-2/
"12 settembre, SS. Nome di Maria."
“Festa del santissimo Nome della beata Maria, che il Sommo Pontefice Innocenzo undecimo ordinò che si celebrasse per l’insigne vittoria riportata a Vienna, in Austria, contro i Turchi, col patrocinio della stessa Vergine”.



http://www.centrostudifederici.org/11-12-settembre-1683-la-battaglia-vienna/
"1-12 settembre 1683: la battaglia di Vienna
Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
11-12 settembre 1683: la battaglia di Vienna
1683: la crociata di Innocenzo XI salva la Cristianità"
http://www.centrostudifederici.org/1683-la-crociata-di-innocenzo-xi-salva-la-cristianita/


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"1683: la crociata di Innocenzo XI salva la Cristianità 12 settembre 2016"
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"Auxilium Christianorum Maria Ausiliatrice i suoi interventi nella storia (a Lepanto a Vienna e contro il nefasto Risorgimento) 27 maggio 2014"
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Luca, Sursum Corda!

Holuxar
12-09-18, 19:48
12 SETTEMBRE 2018: anniversario della battaglia di Vienna del 12 settembre 1683 (onore al Papa Innocenzo XI, a Padre Marco d'Aviano, al Re Giovanni III Sobieski, al Principe Eugenio di Savoia e a tutti i combattenti per Dio, Uno e Trino, per la Grande Patria dell'Europa cattolica, per la Santa Chiesa e per il Cattolicesimo!), FESTA DEL SANTISSIMO NOME DI MARIA…



"Il Santo Nome di Maria, 12 settembre"
"Guéranger, L'anno liturgico - Il Santo Nome di Maria"
Guéranger, L'anno liturgico - Il Santo Nome di Maria (http://www.unavoce-ve.it/pg-12set.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-12set.htm
«12 SETTEMBRE IL SANTO NOME DI MARIA.»



Santissimo Nome di Maria (http://www.santiebeati.it/search/jump.cgi?ID=69950)
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"SS. Nome di Maria - Sodalitium"
SS. Nome di Maria - Sodalitium (http://www.sodalitium.biz/ss-nome-maria/)
http://www.sodalitium.biz/ss-nome-maria/
«12 settembre, SS. Nome di Maria.
“Festa del santissimo Nome della beata Maria, che il Sommo Pontefice Innocenzo undecimo ordinò che si celebrasse per l’insigne vittoria riportata a Vienna, in Austria, contro i Turchi, col patrocinio della stessa Vergine”.
1. O adorabile Trinità, per l’amore con cui scegliesti ed eternamente Ti compiacesti del Santissimo Nome di Maria, per il potere che gli desti, per le grazie che riservasti ai suoi devoti, fa’ che esso sia anche per me fonte di grazia e di felicità. Ave Maria.
2. O amabile Gesù, per l’amore con cui pronunziasti tante volte il Nome della tua cara Madre e per la consolazione che a Lei procuravi nel chiamarla per nome, raccomanda alle sue speciali cure questo povero tuo e suo servo. Ave Maria.
3. O Angeli Santi, per la gioia che vi procurò la rivelazione dei Nome della vostra Regina, per le lodi con cui lo celebraste, svelatene anche a me tutta la bellezza, la potenza e la dolcezza e fate che io lo invochi in ogni mio bisogno e specialmente in punto di morte. Ave Maria.
4. O cara Sant’Anna, buona mamma della Madre mia, per la gioia da te provata nel pronunciare tante volte con devoto rispetto il Nome della tua piccola Maria o nel parlarne con il tuo buon Gioacchino, fa’ che il dolce nome di Maria sia continuamente anche sulle mie labbra. Ave Maria.
5. E Tu, o dolcissima Maria, per il favore che Dio Ti fece nel donarti Egli stesso il Nome, come a sua diletta Figlia; per l’amore che Tu sempre ad esso mostrasti concedendo grandi grazie ai suoi devoti, concedi anche a me di rispettare, amare ed invocare questo soavissimo Nome. Fa’ che esso sia il mio respiro, il mio riposo, il mio cibo, la mia difesa, il mio rifugio, il mio scudo, il mio canto, la mia musica, la mia preghiera, il mio pianto, il mio tutto, con quello di Gesù, affinché dopo essere stato pace del mio cuore e dolcezza delle mie labbra durante la vita, sia la mia gioia in Cielo. Così sia. Ave Maria.
Benedetto sempre sia, il Santo Nome di Maria.»
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“Sodalitium - IMBC.”
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“Omelie dell'I•M•B•C a Ferrara.”
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«Don Floriano Abrahamowicz - Domus Marcel Lefebvre
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Vienna, 12 settembre 1683 - Centro Studi Giuseppe Federici (http://www.centrostudifederici.org/vienna-12-settembre-1683/)
http://www.centrostudifederici.org/vienna-12-settembre-1683/
“Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza Comunicato n. 66/18 del 12 settembre 2018, SS. Nome di Maria
Vienna, 12 settembre 1683
La battaglia di Vienna, Anno Domini 1683.”
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“Chi è Maria? Catechismo mariano”
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"Titolo: Chi è Maria? Catechismo mariano
Sottotitolo: Piccola Somma mariana di Padre Roschini
Autore: Padre Gabriele Maria Roschini
Curatore: Carlo Di Pietro
Collana: Mariologia
Facciate: 156
Formato: 14,8x21 (A5)
Carta: Avoriata 90 gr
Copertina: Patinata lucida 300 gr
Finitura: Brossura fresata PUR
ISBN: 9788890074769
Contiene anche: Illustrazioni e comodo indice degli articoli
Sommario
• Prefazione 7
• Necessità dello studio di Maria 9
• Fonti 11
• I princìpi della dottrina Mariana 13
• Vantaggi e Divisione 17
• Storia di Maria 19
• Il Dogma mariano 29
• La predestinazione di Maria 31
• Maria nella predizione profetica 35
• La missione di Maria nella sua attuazione 39
• La Madre di Dio 41
• La Mediatrice degli uomini 45
• La Corredentrice del genere umano 47
• La Madre spirituale degli uomini 51
• La Dispensatrice di tutte la grazie 53
• La Regalità di Maria 57
• I privilegi riguardanti l’anima di Maria 61
• Le perfezioni di cui fu ripiena l’anima di Maria 69
• I privilegi riguardanti il corpo di Maria 75
• I privilegi riguardanti sia l’anima che il corpo 77
• Natura del culto Mariano 83
• Legittimità del culto Mariano 87
• Elementi o atti del culto Mariano 89
• Utilità del culto Mariano 93
• Origine e sviluppo del culto Mariano 99
• Pratiche del culto Mariano 103
• Le principali preghiere a Maria Santissima 123
• Indice degli articoli con numero di pagina 135
In sintesi
Alessandro Roschini nacque a Castel Sant’Elia (Viterbo) nell’anno 1900, prese il nome di Gabriele Maria quando, giovanissimo, entrò nell’Ordine dei Servi di Maria. Sacerdote nel 1924, dottore in Filosofia e maestro in sacra Teologia, consacrò l’intera sua vita alla Madonna, che amò con pietà profonda ed onorò con la predicazione, con l’insegnamento ininterrotto nell’arco di oltre mezzo secolo (anche presso le Università Pontificie di Roma Marianum e Lateranum), con fondamentali studi mariologici e con dotte pubblicazioni. Fu Consultore del Sant’Uffizio e Vicario Generale dell’Ordine (O. S. M.). Nel 1939 fondò la rivista Marianum. Morì a Roma il 12 settembre (Festa del Nome di Maria) del 1977. Teologo di fama mondiale, è considerato il mariologo per eccellenza. Il suo Catechismo mariano è composto da 235 articoli, semplici ma eruditi, ed è un’esposizione chiara, ordinata e sintetica di tutto ciò che riguarda la storia, il dogma ed il culto mariano, secondo la forma classica di domande e risposte. Leggiamo nella Prefazione: «La parola Catechismo, in questo caso almeno, non è affatto sinonimo di insegnamento elementare e per bambini. Esso, quindi, può andare anche tra le mani degli adulti, ossia, di tutti coloro che vogliono procurarsi una cultura sinteticamente completa intorno alla Vergine Santa. È perciò una piccola Somma mariana». Il libro «Chi è Maria? Catechismo mariano», per Sursum Corda, è stato curato dal giornalista e saggista lucano Carlo Di Pietro. Sursum Corda non ha scopo di lucro ed usa interamente i propri introiti per le attività associative e per le opere di misericordia spirituale e corporale."


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«Carlo Di Pietro - Sursum Corda
12 settembre, Santissimo Nome di Maria.
“Festa del santissimo Nome della beata Maria, che il Sommo Pontefice Innocenzo undecimo ordinò che si celebrasse per l’insigne vittoria riportata a Vienna, in Austria, contro i Turchi, col patrocinio della stessa Vergine”.
O adorabile Trinità, per l’amore con cui scegliesti ed eternamente Ti compiacesti del Santissimo Nome di Maria, per il potere che gli desti, per le grazie che riservasti ai suoi devoti, fa’ che esso sia anche per me fonte di grazia e di felicità. Ave Maria.
Dalla bacheca di don Ugo Carandino.»
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«"La festa di oggi fu estesa alla Chiesa Universale dal beato Innocenzo XI, in ricordo e ringraziamento della vittoria del 1683 a Vienna contro gli invasori Turchi. Fu proprio Papa Innocenzo XI l'artefice della vittoria: col suo paziente e decisivo lavoro diplomatico, anche attraverso la figura di padre Marco d'Aviano, spronò i principi cattolici - accecati dai nazionalismi dell'epoca - a formare una coalizione di stati capaci di sventare il pericolo musulmano.
Il Papa sognava addirittura di riconquistare Costantinopoli, attraverso un'ardita alleanza tra europei e persiani che mai si realizzò (anche a causa del Regno di Francia).
Innocenzo XI fu beatificato da Papa Pio XII nel 1956.
Questa festa appartiene quindi unicamente al Cattolicesimo romano (il Papa, padre d'Aviano, i principi e gli eserciti degli stati cattolici...), non al laicismo massonico (magari in salsa anti-musulmana) che nel 1789 scatenò la guerra contro la Cristianità e che oggi sostiene lo stato israeliano, che si basa sulla negazione della divinità di Gesù Cristo e che ha quasi cancellato la presenza cristiana in Terra Santa."
Dalla bacheca di don Ugo Carandino.»
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Tradidi quod et accepi (http://tradidiaccepi.blogspot.com/)
http://tradidiaccepi.blogspot.com/


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«Sancti et Sanctae Dei, orate pro nobis.»
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“IL SANTISSIMO NOME DI NOSTRA SIGNORA BEATA VERGINE MARIA SANTISSIMA
Doppio maggiore.
Paramenti bianchi.
Guéranger, L'anno liturgico - Il Santo Nome di Maria (http://www.unavoce-ve.it/pg-12set.htm)
Come qualche giorno dopo Natale si celebra il Santo Nome di Nostro Signore Gesù Cristo, così dopo la festa della Natività di Nostra Signora Beata Vergine Maria Santissima, si glorifica il suo Santo Nome. Otto giorni dopo la nascita della Vergine, come era uso presso i Giudei, i suoi Genitori, ispirati da Dio, dicono san Gerolamo e sant'Antonino, la chiamarono Maria. Per ciò, durante l'Ottava della Natività, la liturgia ha una festa che ci fa onorare questo Santo nome. Tale festa fu concessa per la prima volta alla Diocesi di Cuenca (Spagna) nel 1513 da Papa Giulio II. Poi fu concessa a Milano e a Napoli. Finalmente fu estesa a tutta la Chiesa Latina dal beato Innocenzo XI, fissandola dapprima alla Domenica successiva alla Natività di Nostra Signora Beata Vergine Maria Santissima - trasferita poi alla data odierna da San Pio X nella sua Riforma del Breviario -, “ob insignem victoriam sub ejusdem Vírginis Maríæ præsidio de immaníssimo Turcárum tyranno, cervicibus pópuli christiáni insultante, Viennæ in Austria partam” (Breviario Romano): in ringraziamento cioè della Vittoria di Vienna che la Lega Santa, radunata dal Sommo Pontefice e capitanata da Jan Sobieski, re di Polonia, ottenne, il 12 settembre 1683, contro i Turchi, che assediavano Vienna e minacciavano l'Occidente.
«Il nome della Vergine, dice il Vangelo, era Maria». «Il nome di Maria è paragonato all'olio [cfr. Cant. I, 3], perché, dopo il nome di Gesù, sopra tutti gli altri nomi, rinvigorisce i deboli, intenerisce gli induriti, guarisce i malati, dà luce ai ciechi, dona forza a chi ha perso ogni vigore, lo unge per nuovi combattimenti, spezza la schiavitù del demonio e, come l'olio sorpassa ogni liquore, sorpassa ogni nome" (Riccardo di san Lorenzo, De Laudibus B. M. V., l. II, c. 2). I Padri e i Dottori nei loro studi si sono esercitati nell'interpretare il Nome benedetto della Madre di Dio: quasi settanta i significati proposti. «Il nome Maria in ebraico significa Signora» come ben dice san Pier Crisologo. Questo nome ben si conviene alla Vergine Santissima in quanto che, come Madre di Nostro Signore Gesù Cristo, partecipa in qualche modo della signoria di Gesù su tutto il mondo. Pronunziare il suo nome, è affermare la sua grande potenza. Inoltre, sant'Alberto Magno scelse quattro significati di tal nome - “illuminatrice, stella del mare, mare amaro, signora o padrona" (In Lucam, I, 27) - che indicano la alta dignità della Vergine come Colei che ci porta Cristo e che a lui ci conduce, come Corredentrice e come Regina universale.
Offriamo il Santo Sacrificio a Dio per onorare il Santissimo Nome di Nostra Signora Beata Vergine Maria Santissima e ottenere, mediante la sua preghiera, di sperimentare sempre e in ogni luogo la sua protezione (Postcommunio).
In questa festa, chi confessato e comunicato assiste alla Messa solenne, per concessione del beato Innocenzo XI il 17 luglio 1672, confermata da Pio IX il 3 giugno 1856 acquista Indulgenza Plenaria applicabile ai Defunti. Quest'ultimo poi ha dichiarato che coll'acquisto di tale Indulgenza, basta anche la Messa Parrocchiale o Conventuale, celebrata da un prete solo, come avviene in campagna, o fra le Comunità Religiose.
* Sermone di san Bernardo Abate.
Omelia 2 su Missus, verso la fine.
«E la Vergine, dice, si chiamava Maria» (Luc. 1,27). Parliamo un po' anche di questo nome, che s'interpreta stella del mare, e che conviene perfettamente alla Vergine Madre. Ella infatti è paragonata giustissimamente a un astro, perché come l'astro emette il suo raggio senza alcuna sua alterazione, così la Vergine ha dato alla luce un Figlio senza pregiudizio della sua verginità. E come il raggio non diminuisce per nulla lo splendore dell'astro, così il Figlio della Vergine non toglie niente all'integrità di lei. Essa è dunque quella nobile stella sorta da Giacobbe, il cui raggio illumina il mondo intero, il cui splendore e rifulge nei cieli, e penetra negli abissi; riluce ancora per tutta la terra, e, scaldando più le anime che i corpi, fa crescere la virtù e consuma i vizi. Essa è, dico, quella bella e magnifica stella necessariamente posta al disopra di questo mare profondo e vasto, brillante pe' suoi meriti, luminosa pe' suoi esempi.
O chiunque tu sia, che nel mare di questo mondo ti senti piuttosto sballottare tra procelle e tempeste, che camminare sulla terra, non torcere gli occhi dal fulgore di questa stella, se non vuoi essere sommerso dai flutti. Se insorgono i venti delle tentazioni, se urti negli scogli delle tribolazioni, riguarda la stella, invoca Maria. Se sei agitato dalle onde della superbia, dell'ambizione, della maldicenza, della gelosia, riguarda la stella, invoca Maria. Se la collera o l'avarizia o le seduzioni della carne agitano la fragile navicella dell'anima, guarda a Maria. Se turbato per l'enormità dei delitti, confuso per la laidezza della coscienza, atterrito per la severità del giudizio, ti senti trascinare nella voragine della tristezza, nell'abisso della disperazione, pensa a Maria.
Nei pericoli, nelle angustie, nelle perplessità, pensa a Maria, invoca Maria. Non si parta dalla tua bocca, non si parta dal tuo cuore; e, per ottenere l'appoggio delle sue preghiere, non perdere mai di vista gli esempi della sua vita. Seguendo lei, non devii; pregandola, non disperi; pensando a lei, non erri; s'ella ti sostiene, non caschi; s'ella ti protegge, non hai a temere; s'ella ti accompagna, non t'affatichi; s'ella ti è propizia, giungerai al termine, e così sperimenterai in te stesso quanto giustamente fu detto: «E la Vergine si chiamava Maria».
Questo venerabile nome, già onorato da molto tempo in certe parti dell'orbe cristiano, con culto speciale, dopo l'insigne vittoria riportata a Vienna in Austria col soccorso della medesima Vergine Maria sul crudelissimo sultano dei Turchi, che minacciava di soggiogare i popoli cristiani, Papa Innocenzo XI ordinò, che, a perenne memoria di tanto beneficio, si celebrasse ogni anno nella Chiesa universale.
SANTA MESSA
** Omelia di san Pier Crisologo.
Sermone 142 sull'Annunciazione.
Avete udito oggi, fratelli carissimi, un Angelo trattare con una donna della riabilitazione dell'uomo. Avete udito trattarsi di ricondurre l'uomo alla vita per il medesimo cammino, che l'aveva condotto alla morte. E un Angelo tratta con Maria della salvezza, perché un altro angelo aveva trattato con Eva della sua rovina. Avete udito questo Angelo rivelare il mezzo ineffabile di costruire col fango della nostra carne un tempio alla divina maestà. Avete udito come un mistero incomprensibile ponga Dio sulla terra e l'uomo nei cieli. Avete udito come la fragile natura del nostro corpo è fortificata dall'esortazione d'un Angelo a portare tutta la gloria della Divinità.
Infine, affinché in Maria la terra friabile del nostro corpo non si sprofondasse sotto il peso enorme del celeste edificio, e affinché nella Vergine questo virgulto delicato, che doveva portare il frutto di tutto il genere umano, non si rompesse, l'Angelo a togliere ogni timore, prese subito a dire: «Non temere, Maria» (Luc. 1,30). Prima d'enunziare il motivo della sua missione, egli fa intendere alla Vergine con questo nome qual è la sua dignità: infatti, il nome Ebraico, Maria, in Latino significa Sovrana. L'Angelo dunque la chiama Sovrana, perché, destinata ormai a Madre del Dominatore, smetta il timore proprio della servitù, colui che spunterà da lei avendole ottenuto colla propria autorità, ch'ella nascesse e fosse chiamata Sovrana. «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia» (Luc. 1,30). È vero: chi ha trovato grazia non sa temere: E tu hai trovato grazia.
È beata, ché sola fra tutti meritò di udire: «Hai trovato grazia». Quanta? Quanta aveva detto prima: piena. E veramente piena, essendosi la grazia riversata a flutti abbondanti su questa creatura, così che l'aveva penetrata e riempita: «Perché hai trovato grazia presso Dio» (Ibi). Nel dir ciò, l'Angelo stesso è stupito che, o solo una donna, o tutti gli uomini abbiano meritato la vita per una donna; l'Angelo è sbigottito al vedere scendere nell'angusto seno d'una vergine tutto Dio, che l'universo intero non può contenere. Quindi è che l'Angelo indugia, quindi è che chiama la Vergine con ciò ch'esprime il suo merito, la saluta menzionando la grazia, e a lei che ascolta svela a poco a poco il suo messaggio, senza dubbio affin di farne risaltare il significato, e a poco a poco finisce di calmare la sua lunga trepidazione.”
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«QUINTO GIORNO INFRA L'OTTAVA DELLA NATIVITÀ DI NOSTRA SIGNORA BEATA VERGINE MARIA SANTISSIMA. »
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“SACRO SETTENARIO IN PREPARAZIONE DELLA FESTA DI NOSTRA SIGNORA BEATA VERGINE MARIA SANTISSIMA ADDOLORATA. (8 - 14 Settembre).
San Paolo della Croce, come di Gesù Crocifisso, così di Maria Addolorata fu devotissimo fin dalla sua prima adolescenza. La continua meditazione dei patimenti di Gesù e dei dolori di Maria, gl'infuse tanto orrore al peccato, che per conto suo conservò la battesimale innocenza per tutto il lungo corso della sua vita; e per combattere il peccato negli altri, si fece zelantissimo apostolo del Crocifisso e dell'Addolorata. Già più che ottantenne costretto a letto dall'età e dall'infermità, quando partivano o ritornavano i suoi figli dalle strepitose missioni di allora, li benediceva con grande effusione, gl'incoraggiava a combattere satana ed il peccato, ed esclamava commosso: Oh se avessi trent'anni di meno! Vorrei uscire in campo aperto a combattere questo mostro esecrando! Ecco l'essenza della devozione all'Addolorata: l'odio al peccato, che le uccise il Figlio (da Meditazioni di un Passionista sui dolori di Maria, Roma, 1938, n.12)”
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«NOVENA IN PREPARAZIONE DELLA FESTA DELL'ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE DI NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO. (5 - 13 Settembre).»
“MESE DI SETTEMBRE: MESE DI NOSTRA SIGNORA BEATA VERGINE MARIA SANTISSIMA ADDOLORATA.”
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“NOVENA IN PREPARAZIONE DELLA FESTA DEL SANTISSIMO NOME DI NOSTRA SIGNORA BEATA VERGINE MARIA SANTISSIMA. (3 - 11 Settembre).”
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“DELLE VIRTÙ DI MARIA SANTISSIMA di Sant'Alfonso Maria de' Liguori. (Glorie di Maria, n. 584-593).”
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https://www.radiospada.org
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«12 SETTEMBRE 2018; il SANTO NOME DI MARIA»
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“L'11-12 Settembre 1683 a Vienna gli Ussari Alati di Giovanni III Sobieski, re di Polonia, salvano l'Europa Cristiana dall'assalto del'Impero Ottomano.”
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“Il 12 settembre 1866 moriva a Cagliari l'Arcivescovo Emanuele Marongiu Nurra.
Nato a Bessude (Sassari) il 28 marzo 1794, si laureò in teologia e poi in utroque iure all’Università di Sassari. Nel 1817 fu ordinato Sacerdote. Nei primi anni Venti fu bibliotecario dell'Accademia di Superga a Torino per volontà de Re Carlo Felice. In questo periodo fu intimo di san Giuseppe Cafasso. Nel 1825 viene annoverato fra i Canonici del Capitolo Turritano di cui diviene Vicario. Dal 1830 al 1842 fu Vicario generale dell'Arcidiocesi di Sassari. Nel 1842 fu eletto e consacrato Arcivescovo di Cagliari. Nelle lettere pastorali represse con zelo le idee gianseniste, protestanti e liberali che circolavano nel Regno, con pari ardore difese la superiorità del Sacerdozio sul Regno. Criticò aspramente e condannò la cacciata dei Padri Gesuiti e l'esproprio dei loro beni (1848), e l'arbitraria abolizione dei privilegi ecclesiastici (1849-1850). Parimenti comminava ai fautori di tali provvedimenti eversivi la scomunica maggiore e proibiva ai confessori di assolverli, cosa che per esempio capitò a Giovanni Siotto Pintor. Dopo questi atti, il governo di Torino reagì espellendo il Presule dal Regno. L'Arcivescovo Varesini di Sassari già era stato ridotto agli arresti per non aver voluto esser giudicato da un tribunale laico. Visse in esilio dal 1850 al 1866 presso Pio IX che gli offrì il titolo di vicario generale della basilica Vaticana (1851), poi il patriarcato di Costantinopoli (1855), infine l’arcipretura della basilica Liberiana (1865). Tutto egli rifiutò, continuando a considerarsi pastore della sua Diocesi, che governò a mezzo delle lettere pastorali. Durante il periodo romano tradusse, primo in Italia, la "Regula pastoralis" di san Gregorio Magno.”
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https://www.facebook.com/romancatholicsnonunacum/




"Les Amis du Christ Roi de France"
http://www.a-c-r-f.com/principal.html

https://militesvirginismariae.wordpress.com/

"Sede Vacante -"
http://www.catholique-sedevacantiste.fr/




Ligue Saint Amédée (http://liguesaintamedee.ch/)
http://liguesaintamedee.ch/
https://www.facebook.com/SaintAmedee/?fref=nf
«Intransigeants sur la doctrine ; charitables dans l'évangélisation [Non Una Cum].»
12 septembre : le Saint Nom de Marie :: Ligue Saint Amédée (http://liguesaintamedee.ch/saint-du-jour/12-septembre-le-saint-nom-de-marie)
“12 septembre : le Saint Nom de Marie.”
http://liguesaintamedee.ch/application/files/2015/3626/3500/09_12_saint_nom_de_marie.jpg


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AVE MARIA!!!
Luca, Sursum Corda - Habemus Ad Dominum!!!

Holuxar
14-09-18, 00:06
13 SETTEMBRE 2018: San Maurilio, Vescovo…



San Maurilio - Sodalitium (http://www.sodalitium.biz/san-maurilio/)
http://www.sodalitium.biz/san-maurilio/
«13 settembre, San Maurilio, Vescovo (+ 13 settembre 453).
“Ad Angers, in Francia, san Maurilio Vescovo, il quale rifulse per innumerevoli miracoli”.»
http://www.sodalitium.biz/wp-content/uploads/maurilio-1-300x200.jpg


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http://www.sodalitium.biz/sante-messe/

http://www.sodalitium.biz/s-messa-provincia-verona/

“Sodalitium - IMBC.”
https://www.youtube.com/user/sodalitium

“Omelie dell'I•M•B•C a Ferrara.”
https://www.facebook.com/OmelieIMBCFerrara/

http://www.oratoriosantambrogiombc.it/




«Don Floriano Abrahamowicz - Domus Marcel Lefebvre
https://www.youtube.com/user/florianoabrahamowicz/
http://www.domusmarcellefebvre.it/
http://www.domusmarcellefebvre.it/santa-messa-1.php »





Tradidi quod et accepi (http://tradidiaccepi.blogspot.com/)
http://tradidiaccepi.blogspot.com/

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«Sancti et Sanctae Dei, orate pro nobis.»

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“SESTO GIORNO INFRA L'OTTAVA DELLA NATIVITÀ DI NOSTRA SIGNORA BEATA VERGINE MARIA SANTISSIMA.
Semidoppio.
Paramenti bianchi.”
Guéranger, L'anno liturgico - Natività della Beata Vergine Maria (http://www.unavoce-ve.it/pg-8set.htm)
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“SACRO SETTENARIO IN PREPARAZIONE DELLA FESTA DI NOSTRA SIGNORA BEATA VERGINE MARIA SANTISSIMA ADDOLORATA. (8 - 14 Settembre).
San Paolo della Croce, come di Gesù Crocifisso, così di Maria Addolorata fu devotissimo fin dalla sua prima adolescenza. La continua meditazione dei patimenti di Gesù e dei dolori di Maria, gl'infuse tanto orrore al peccato, che per conto suo conservò la battesimale innocenza per tutto il lungo corso della sua vita; e per combattere il peccato negli altri, si fece zelantissimo apostolo del Crocifisso e dell'Addolorata. Già più che ottantenne costretto a letto dall'età e dall'infermità, quando partivano o ritornavano i suoi figli dalle strepitose missioni di allora, li benediceva con grande effusione, gl'incoraggiava a combattere satana ed il peccato, ed esclamava commosso: Oh se avessi trent'anni di meno! Vorrei uscire in campo aperto a combattere questo mostro esecrando! Ecco l'essenza della devozione all'Addolorata: l'odio al peccato, che le uccise il Figlio (da Meditazioni di un Passionista sui dolori di Maria, Roma, 1938, n.12)”
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«NOVENA IN PREPARAZIONE DELLA FESTA DELL'ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE DI NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO. (5 - 13 Settembre).»

“MESE DI SETTEMBRE: MESE DI NOSTRA SIGNORA BEATA VERGINE MARIA SANTISSIMA ADDOLORATA.”
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“NOVENA IN PREPARAZIONE DELLA FESTA DEL SANTISSIMO NOME DI NOSTRA SIGNORA BEATA VERGINE MARIA SANTISSIMA. (3 - 11 Settembre).”
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“DELLE VIRTÙ DI MARIA SANTISSIMA di Sant'Alfonso Maria de' Liguori. (Glorie di Maria, n. 584-593).”
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“Il 13 settembre 1598 muore nel Monastero di san Lorenzo de El Escorial Sua Maestà Cattolica Filippo II di Spagna, di Napoli, di Sicilia, di Sardegna, del Portogallo e dell'Algarve, Duca di Milano, Sovrano dei Paesi Bassi e Conte Palatino di Borgogna. Fu la Spada della Controriforma, al servizio della Verità Cattolica contro gli eretici. Prima di morire, chiamato a sé l'Infante Filippo, gli diede a intendere quanto caduca sia la vita umana: "Ho voluto, figlio mio, che vi trovaste presente a questa cerimonia, perché vediate come va a finire ogni cosa".”
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“Il 13 settembre 1821 Papa Pio VII Chiaramonti con la Bolla "Ecclesiam a Jesu" scomunica gli aderenti alla Carboneria.”
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“Il 13 settembre 1896 Leone XIII pubblica la Lettera Apostolica "Apostolicae curae":
«... approvando in modo globale tutti i decreti dei Nostri predecessori su questo problema, e confermandoli e rinnovandoli pienamente, in forza della Nostra autorità, di nostra iniziativa, per sicura conoscenza. Noi dichiariamo e proclamiamo che le ordinazioni compiute con il rito anglicano sono state del tutto invalide e sono assolutamente nulle».”
Leone XIII - Apostolicae curae (http://www.totustuustools.net/magistero/l13apost.htm)
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«Racconti miracolosi.
Padre Giacinto da Belmonte ha accuratamente raccolto, commentato e divulgato centinaia di Racconti miracolosi, pubblicandoli in due volumi nell’anno 1887.
Questo primo nostro libro dedicato ai miracoli ne riporta alle stampe, almeno per il momento, una cinquantina. L’epoca moderna è paradossalmente caratterizzata da un’incredulità senza ritegno e, nel contempo, da uno pseudo-misticismo davvero grottesco, talvolta blasfemo e sempre offensivo per l’uomo pio. È stato necessario e quanto mai opportuno, quindi, fare subito chiarezza sull’argomento, usando adeguatamente il Magistero della Chiesa - che puntualmente citiamo - e numerose sentenze di sapienti Autori non contaminati dalla cloaca del Modernismo. Pertanto i Racconti del Padre Belmonte sono preceduti da una lunga introduzione dottrinale suddivisa in dieci capitoli. Miracolo - asserisce Cornelio Alapide - vuol dire opera meravigliosa e straordinaria che non può essere l’effetto di una causa naturale. Il miracolo è una derogazione alle leggi di natura: esso vince di molto le forze dell’uomo; Dio solo può farlo e gli uomini non possono operarne che per mezzo di Dio. Il miracolo è una prova sicura della verità. Può venire solo da Dio come unico padrone della natura. Dio, essendo verità per essenza, non può mai in nessun caso, senza annientare se medesimo, confermare con un vero miracolo una falsità. Dobbiamo distinguere il vero miracolo dal falso miracolo, chiamato prodigio ed operato da imbroglioni o da maliardi in combutta col demonio. Il vero miracolo è la più autentica ed incontestabile testimonianza che si possa avere della verità di una dottrina, perché esso è l’opera propria e sopranaturale di Dio il quale se ne serve a confermare quello che dice e che fa. Egli non può, dunque, permettere miracoli in favore dell’errore; altrimenti si burlerebbe degli uomini e sarebbe Egli stesso autore dell’inganno: il che ripugna! Sant’Agostino dimostra che gli iniqui fanno cose che sembrano miracoli, studiando alla gloria propria; i Santi fanno dei veri miracoli, mirando alla gloria di Dio. Padre Giacinto, al secolo Francesco Saverio Osso, è nato il 23 ottobre 1839 a Belmonte Calabro ed è cresciuto in una casa povera, ma felice. Divenuto Cappuccino, è stato ordinato Sacerdote il 12 gennaio 1865 ad Acri. Uomo dal carattere deciso, ha vissuto con grande dignità e prudenza gli anni della proclamata “libertà”, ossia della soppressione dei conventi, del saccheggio dei beni ecclesiastici e della persecuzione della Chiesa per opera della Massoneria risorgimentale. Nel 1887, considerato uno dei Religiosi più preparati, è stato nominato da Papa Leone XIII Consultore dell’Indice dei libri proibiti, prezioso organo di censura poi eliminato dai Modernisti. Nel 1893 ha benedetto e collocato la prima pietra della chiesa dedicata alla Santa Vergine Immacolata ad Acri. Il 4 ottobre 1899 Padre Giacinto è stato vittima di una rapina, in seguito alla quale è stato colpito da apoplessia. È spirato il 23 ottobre del 1899, lo stesso giorno della nascita. Riposi in pace!
Prossima uscita per Sursum Corda. Le prime copie - se Dio vuole - saranno disponibili a Modena alla Giornata della Regalità Sociale di Cristo. “NON SERVIAM: IL ’68 CONTRO IL PRINCIPIO DELL’AUTORITÀ”: "Non serviam: il ?68 contro il principio dell'autorità" - Centro Studi Giuseppe Federici (http://www.centrostudifederici.org/non-serviamo-68-principio-dellautorita/)
http://www.centrostudifederici.org/non-serviamo-68-principio-dellautorita/ »

«GIOVEDÌ - Mio amabilissimo San Giuseppe, Sposo castissimo di Maria purissima, intercedete sempre per me, vostra indegnissima serva, grazia, misericordia e salute. - Tre Gloria -.»
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«Carlo Di Pietro - Sursum Corda Carlo Di Pietro - Sursum Corda
Per chiarire meglio quello che ha scritto e per evitare equivoci, credo sia opportuno citare questa sentenza del Sommo Pio IX:
"E a questo punto, Diletti Figli Nostri e Venerabili Fratelli, ancora dobbiamo ricordare e biasimare il gravissimo errore in cui sono miseramente caduti alcuni cattolici. Credono infatti che, vivendo nell’errore, lontani dalla vera fede e dall’unità cattolica, possano pervenire alla vita eterna. Ciò è radicalmente contrario alla dottrina cattolica. A Noi ed a Voi è noto che coloro che versano in una invincibile ignoranza circa la nostra santissima religione, ma che osservano con cura la legge naturale ed i suoi precetti, da Dio scolpiti nei cuori di tutti; che sono disposti ad obbedire a Dio e che conducono una vita onesta e retta, possono, con l’aiuto della luce e della grazia divina, conseguire la vita eterna. Dio infatti vede perfettamente, scruta, conosce gli spiriti, le anime, i pensieri, le abitudini di tutti e nella sua suprema bontà, nella sua infinita clemenza non permette che qualcuno soffra i castighi eterni senza essere colpevole di qualche volontario peccato. Parimenti è notissimo il dogma cattolico secondo il quale fuori dalla Chiesa Cattolica nessuno può salvarsi e chi è ribelle all’autorità e alle decisioni della Chiesa, chi è ostinatamente separato dalla unità della Chiesa stessa e dal Romano Pontefice, Successore di Pietro, cui è stata affidata dal Salvatore la custodia della vigna, non può ottenere la salvezza eterna. Infatti le parole di Cristo Nostro Signore sono perfettamente chiare: “Chi non ascolta la Chiesa, sia per te come un pagano o come un pubblicano (Mt 18,17). Chi ascolta voi ascolta me; chi disprezza voi disprezza me, e chi disprezza me disprezza Colui che mi ha mandato (Lc 10,16). Colui che non mi crederà sarà condannato (Mc 16,16). Colui che non crede è già giudicato (Gv 3,18). Colui che non è con me è contro di me, e colui che non accumula con me, dissipa” (Lc 11,23). Allo stesso modo l’Apostolo Paolo dice che questi uomini sono “corrotti e condannati dal loro proprio giudizio” (Tt 3,11) e il Principe degli Apostoli li dice “maestri mendaci che introducono sette di perdizione, rinnegano il Signore, attirano su di sé una rapida rovina” [Epist. 2, c. 2, v. 1]" (Quanto conficiamur).»





Ligue Saint Amédée (http://liguesaintamedee.ch/)
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«Intransigeants sur la doctrine ; charitables dans l'évangélisation [Non Una Cum].»
13 septembre : Saint Maurille, Évêque d'Angers (336-426) :: Ligue Saint Amédée (http://liguesaintamedee.ch/saint-du-jour/13-septembre-saint-maurille)
“13 septembre : Saint Maurille, Évêque d'Angers (336-426).”
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Luca, Sursum Corda - Habemus Ad Dominum!!!

Holuxar
14-09-18, 19:23
14 SETTEMBRE 2018: ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE…



“14 SETTEMBRE: ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE.”
"Guéranger, L'anno liturgico - Esaltazione della Santa Croce."
Guéranger, L'anno liturgico - Esaltazione della Santa Croce (http://www.unavoce-ve.it/pg-14set.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-14set.htm




14 Settembre - Esaltazione della Santa Croce (http://www.preghiereperlafamiglia.it/esaltazione-santa-croce.htm)
http://www.preghiereperlafamiglia.it/esaltazione-santa-croce.htm
"14 SETTEMBRE ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE.”



PREGHIERE PER LIBERARE ANIME DAL PURGATORIO (http://www.preghiereagesuemaria.it/preghiere/preghiere%20per%20le%20anime%20del%20purgatorio.ht m)
http://www.preghiereagesuemaria.it/preghiere/preghiere%20per%20le%20anime%20del%20purgatorio.ht m



«Vi adoro, o Croce santa, che foste ornata del Corpo sacratissimo del mio Signore, coperta e tinta del suo preziosissimo Sangue. Vi adoro, mio Dio, posto in croce per me. Vi adoro, o Croce santa, per amore di Colui che è il mio Signore. Così sia.
(Recitata 33 volte il Venerdì Santo, libera 33 Anime del Purgatorio. Recitata 50 volte ogni venerdì, ne libera 5. Orazione confermata dai Papi Adriano VI e Gregorio XIII).»




https://forum.termometropolitico.it/312036-14-settembre-esaltazione-della-s-croce-3.html#post16553264
https://forum.termometropolitico.it/312036-14-settembre-esaltazione-della-s-croce.html
https://forum.termometropolitico.it/78378-esaltazione-della-santa-croce.html




Esaltazione della Santa Croce - Sodalitium (http://www.sodalitium.biz/esaltazione-della-santa-croce/)
«14 settembre, Esaltazione della Santa Croce.
“Esaltazione della santa Croce, quando l’imperatore Eraclio, vinto il Re Cosroa, la riportò dalla Persia in Gerusalemme”.
Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi, quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.
Eccomi, o mio amato e buon Gesù, che, alla vostra santissima presenza prostrato, vi prego con il fervore più vivo di imprimere nel mio cuore sentimenti di fede, di speranza, di carità, di dolore dei miei peccati, e di proponimento di non offendervi, mentre io con tutto l’amore e la compassione vado considerando le vostre cinque piaghe, cominciando da ciò che disse di voi, o mio Gesù, il santo profeta Davide: “Hanno trapassato le mie mani e i miei piedi, hanno contato tutte le mie ossa”. Così sia.»
http://www.sodalitium.biz/wp-content/uploads/santa-croce-3-1-228x300.jpg


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http://www.sodalitium.biz/sante-messe/

http://www.sodalitium.biz/s-messa-provincia-verona/

“Sodalitium - IMBC.”
https://www.youtube.com/user/sodalitium

“Omelie dell'I•M•B•C a Ferrara.”
https://www.facebook.com/OmelieIMBCFerrara/

http://www.oratoriosantambrogiombc.it/




«Don Floriano Abrahamowicz - Domus Marcel Lefebvre.
262_ 263. Catechismo San Pio X don Floriano Dal vivo il 14/09/17.
https://www.youtube.com/watch?v=e-R0St2ronQ
https://www.youtube.com/user/florianoabrahamowicz/
http://www.domusmarcellefebvre.it/
SANTA MESSA - domusmarcellefebvre110815 (http://www.domusmarcellefebvre.it/santa-messa-1.php)
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CATECHISMO- PIO X - domusmarcellefebvre110815 (http://www.domusmarcellefebvre.it/catechismo--pio-x-1.php)
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Tradidi quod et accepi (http://tradidiaccepi.blogspot.com/)
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«Sancti et Sanctae Dei, orate pro nobis.»
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«Ecce Sancta Crux Domini Nostri Jesu Christi, venite et adorate.»
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“SILLOGE DI SCRITTI PATRISTICI NELLA FESTA DELL'ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE DI NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO.
• Dal «Commento al Vangelo di san Matteo» di san Giovanni Crisostomo. (54, 4-5)
Nessuno, dunque, si vergogni dei segni sacri e venerabili della nostra salvezza, della croce che è la somma e il vertice dei nostri beni, per la quale noi viviamo e siamo ciò che siamo. Portiamo ovunque la croce di Cristo, come una corona. Tutto ciò che ci riguarda si compie e si consuma attraverso di essa. Quando noi dobbiamo essere rigenerati dal battesimo, la croce è presente; se ci alimentiamo di quel mistico cibo che è il corpo di Cristo, se ci vengono imposte le mani per essere consacrati ministri del Signore, e qualsiasi altra cosa facciamo, sempre e ovunque ci sta accanto e ci assiste questo simbolo di vittoria. Di qui il fervore con cui noi lo conserviamo nelle nostre case, lo dipingiamo sulle nostre pareti, lo incidiamo sulle porte, lo imprimiamo sulla nostra fronte e nella nostra mente, lo portiamo sempre nel cuore. La croce è infatti il segno della nostra salvezza e della comune libertà del genere umano, è il segno della misericordia del Signore che per amor nostro si è lasciato condurre come pecora al macello (Is. 53,7; cf. Atti, 8, 32). Quando, dunque, ti fai questo segno, ricorda tutto il mistero della croce e spegni in te l'ira e tutte le altre passioni. E ancora, quando ti segni in fronte, riempiti di grande ardimento e rida' alla tua anima la sua libertà. Conosci bene infatti quali sono i mezzi che ci procurano la libertà. Anche Paolo per elevarci alla libertà che ci conviene ricorda la croce e il sangue del Signore: A caro prezzo siete stati comprati. Non fatevi schiavi degli uomini (1 Cor. 7, 23). Considerate, egli sembra dire, quale prezzo è stato pagato per il vostro riscatto e non sarete più schiavi di nessun uomo; e chiama la croce "prezzo" del riscatto.
Non devi quindi tracciare semplicemente il segno della croce con la punta delle dita, ma prima devi inciderlo nel tuo cuore con fede ardente. Se lo imprimerai in questo modo sulla tua fronte, nessuno dei demoni impuri potrà restare accanto a te, in quanto vedrà l'arma con cui è stato ferito, la spada da cui ha ricevuto il colpo mortale. Se la sola vista del luogo dove avviene l'esecuzione dei criminali fa fremere d'orrore, immagina che cosa proveranno il diavolo e i suoi demoni vedendo l'arma con cui Cristo sgominò completamente il loro potere e tagliò la testa del dragone (cf. Ap. 12, 1 ss.; 20, 1 ss.).
Non vergognarti, dunque, di così grande bene se non vuoi che anche Cristo si vergogni di te quando verrà nella sua gloria e il segno della croce apparirà più luminoso dei raggi stessi del sole. La croce avanzerà allora e il suo apparire sarà come una voce che difenderà la causa del Signore di fronte a tutti gli uomini e dimostrerà che nulla egli tralasciò di fare - di quanto era necessario da parte sua - per assicurare la nostra salvezza. Questo segno, sia ai tempi dei nostri padri come oggi, apre le porte che erano chiuse, neutralizza l'effetto mortale dei veleni, annulla il potere letale della cicuta, cura i morsi dei serpenti velenosi. Infatti, se questa croce ha dischiuso le porte dell'oltretomba, ha disteso nuovamente le volte del cielo, ha rinnovato l'ingresso del paradiso, ha distrutto il dominio del diavolo, c'è da stupirsi se essa ha anche vinto la forza dei veleni, delle belve e di altri simili mortali pericoli?
Imprimi, dunque, questo segno nel tuo cuore e abbraccia questa croce, cui dobbiamo la salvezza delle nostre anime. La croce infatti che ha salvato e convertito tutto il mondo, ha bandito l'errore, ha ristabilito la verità, ha fatto della terra cielo, e degli uomini angeli. Grazie a lei i demoni hanno cessato di essere temibili e sono divenuti disprezzabili; la morte non è più morte, ma sonno.
• Dalla «Catechesi per i neofiti» di san Giovanni Crisostomo. (2, 5)
Che cosa ne pensi di coloro che ricorrono ad incantesimi ed amuleti oppure si legano alla testa od ai piedi monete di bronzo con l'effigie di Alessandro il Macedone? Ebbene, dimmi: siam proprio noi che, dopo la croce e la morte del Signore, dobbiamo riporre la nostra speranza di salvezza nell'immagine di un re pagano? Non sei a conoscenza delle opere straordinarie che la croce ha prodotto? Ha distrutto la morte ha sconfitto il peccato, ha svuotato l'inferno, ha debellato la potenza del demonio. Non si deve dunque credere ch'essa possa restituire la salvezza ad un corpo? La croce ha fatto risorgere il mondo intero, e tu non le dai fiducia? Che cosa, dunque, non saresti degno di soffrire?
Non ti vergogni e non arrossisci per il fatto di esserti lasciato sedurre da queste cose, dopo aver conosciuto una dottrina così sublime? Ciò che è ancor più grave, poi, è che, mentre noi cerchiamo di metterti in guardia e di dissuaderti da tutto questo, coloro che ritengono, in questo modo, di giustificarti, dicono: "Ma la donna che fa questi incantesimi è cristiana e non parla d'altro se non del nome di Dio". Ebbene. È proprio per questo che io nutro verso di lei tutto il mio odio e il mio disprezzo giacché, nel momento in cui afferma di esser cristiana, bestemmia il nome di Dio compiendo opere degne dei pagani. Anche i demoni, infatti, pronunciavano il nome di Dio, non per questo, però, cessavano di essere demoni. Nonostante si rivolgessero a Cristo, dicendo: Sappiamo chi sei: il santo di Dio (Mc. 1, 24); egli, tuttavia, li respinse con disprezzo e li scacciò.
È per questo che vi supplico di astenervi da una simile falsità, affidandovi a queste parole ("Io rinuncio a te, Satana") come ad un sicuro sostegno. E come nessuno di voi oserebbe scendere in piazza svestito o senza calzature, così pure non dovrai mai farlo senza prima aver pronunciato queste parole, nel momento in cui sei sul punto di, varcare la soglia di casa: "Io rinuncio a te, Satana, alla tua vana ostentazione e al tuo culto, per aderire unicamente a te, o Cristo". Non uscire mai, senza prima aver enunciato questo proposito: esso sarà il tuo bastone, la tua corazza, la tua fortezza inespugnabile. Ed insieme a queste parole, imprimi anche il sigillo della croce sulla tua fronte. Così, infatti, non soltanto l'uomo che incontrerai, ma neppure il diavolo stesso potrà minimamente danneggiarti, vedendoti apparire con questa armatura.
• Dai «Sermoni» di san Leone Magno Papa. (74, 4-5)
Non ci si deve mostrare sciocchi tra le vanità, né timorosi tra le avversità. Ivi ci allettano le lusinghe, qui ci aggravano le fatiche. Ma poiché la terra è piena della misericordia del Signore (Sal. 32, 5), ovunque ci sostiene la vittoria di Cristo, affinché si adempia la sua parola: Non temete, perché io ho vinto il mondo (Gv. 16, 33). Quando dunque combattiamo, sia contro l'ambizione del mondo, sia contro le brame della carne, sia contro gli strali degli eretici, siamo armati sempre della croce del Signore. E mai ci allontaneremo da questa festa pasquale, se - nella verità sincera - ci asterremo dal fermento dell'antica malizia. Tra tutti i trambusti di questa vita, oppressa da molte passioni, dobbiamo ricordare sempre l'esortazione dell'Apostolo che ci istruisce dicendoci: Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù. Egli, sussistendo nella natura di Dio, non stimò rapina lo stare alla pari con Dio, ma annientò se stesso prendendo la natura di servo, divenendo simile agli uomini e fu da tutti ritenuto come uomo. Umiliò se stesso facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce. E perciò Dio lo ha esaltato e gli ha donato il nome che sovrasta ogni nome, tanto che nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi in cielo, in terra e sotterra, e ogni lingua proclami che Signore è Gesù Cristo nella gloria di Dio Padre (Fil. 2, 5ss.). Se comprendete dunque questo grande mistero di carità e soppesate ciò che l'unigenito Figlio di Dio compì per la salvezza del genere umano, abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù e la sua umiltà non sia disprezzata da nessun ricco, non sia vergognosa a nessun nobile: nessuna prosperità umana, infatti, può giungere a tale vetta, da ritenere ignominioso che Dio, sussistendo nella natura di Dio, non ha ritenuto indegno assumere la natura di servo. Imitate ciò che ha fatto, amate ciò che ha effettuato e, trovando in voi tanto amore gratuito di Dio, riamate in lui la vostra natura. Come egli non perse la ricchezza per la povertà, non diminuì nella gloria per l'umiltà, non smarrì l'eternità per la morte, così voi, sui suoi passi, sulle sue orme, disprezzate i beni terreni per raggiungere quelli celesti. Abbracciare la croce è uccidere le cupidigie, annientare i vizi, allontanarsi dalla vanità, è rinunciare ad ogni errore. Nessun impudico infatti, nessun lussurioso, nessun superbo né avaro celebra la Pasqua del Signore.
• Dalla «Predica per la festa di un santo martire» di san Gregorio Magno Papa.
In due modi portiamo la croce del Signore: quando con la rinuncia domiamo la carne e quando, per vera compassione del prossimo, sentiamo i suoi bisogni come fossero nostri. Chi soffre personalmente quando il prossimo è ammalato, porta la croce del Signore. Ma si sappia bene: vi sono alcuni uomini che domano con gran rigore la loro carne non per la volontà di Dio, ma solo per futile vanagloria. E ve ne sono altri, e molti, che hanno compassione del prossimo non in modo spirituale, ma solo carnale; e questa compassione non è in loro virtù, ma piuttosto vizio, per la loro esagerata tenerezza. Tutti costoro sembra che portino la croce del Signore, ma essi non seguono il Signore. Per questo la Verità dice rettamente: "Chi non porta la mia croce e mi segue, non può essere mio discepolo". Infatti, portare la croce e seguire il Signore significa rinunciare completamente ai piaceri carnali e aver compassione del prossimo per vero zelo della beatitudine. Chi fa ciò solo con fine umano, porta la croce, ma non segue il Signore.
• Dai «Discorsi» di sant'Andrea di Creta, vescovo.
(Disc. 10 sull'Esaltazione della santa croce; PG 97,1018-1019.1022-1023)
La croce è gloria ed esaltazione di Cristo.
Noi celebriamo la festa della santa croce, per mezzo della quale sono state cacciate le tenebre ed è ritornata la luce. Celebriamo la festa della santa croce, e così, insieme al Crocifisso, veniamo innalzati e sublimati anche noi. Infatti ci distacchiamo dalla terra del peccato e saliamo verso le altezze. È tale e tanta la ricchezza della croce che chi la possiede ha un vero tesoro. E la chiamo giustamente così, perché di nome e di fatto è il più prezioso di tutti i beni. È in essa che risiede tutta la nostra salvezza. Essa è il mezzo e la via per il ritorno allo stato originale.
Se infatti non ci fosse la croce, non ci sarebbe nemmeno Cristo crocifisso. Se non ci fosse la croce, la Vita non sarebbe stata affissa al legno. Se poi la Vita non fosse stata inchiodata al legno, dal suo fianco non sarebbero sgorgate quelle sorgenti di immortalità, sangue e acqua, che purificano il mondo. La sentenza di condanna scritta per il nostro peccato non sarebbe stata lacerata, noi non avremmo avuto la libertà, non potremmo godere dell'albero della vita, il paradiso non sarebbe stato aperto per noi. Se non ci fosse la croce, la morte non sarebbe stata vinta, l'inferno non sarebbe stato spogliato.
È dunque la croce una risorsa veramente stupenda e impareggiabile, perché, per suo mezzo, abbiamo conseguito molti beni, tanto più numerosi quanto più grande ne è il merito, dovuto però in massima parte ai miracoli e alla passione del Cristo. È preziosa poi la croce perché è insieme patibolo e trofeo di Dio. Patibolo per la sua volontaria morte su di essa. Trofeo perché con essa fu vinto il diavolo e col diavolo fu sconfitta la morte. Inoltre la potenza dell'inferno venne fiaccata, e così la croce è diventata la salvezza comune di tutto l'universo.
La croce è gloria di Cristo, esaltazione di Cristo. La croce è il calice prezioso e inestimabile che raccoglie tutte le sofferenze di Cristo, è la sintesi completa della sua passione. Per convincerti che la croce è la gloria di Cristo, senti quello che egli dice: «Ora il figlio dell'uomo è stato glorificato e anche Dio è stato glorificato in lui, e lo glorificherà subito» (Gv 13, 31-32).
E di nuovo: «Glorificami, Padre, con quella gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse» (Gv 17, 5). E ancora: «Padre glorifica il tuo nome. Venne dunque una voce dal cielo: L'ho glorificato e di nuovo lo glorificherò» (Gv 12, 28), per indicare quella glorificazione che fu conseguita allora sulla croce. Che poi la croce sia anche esaltazione di Cristo, ascolta ciò che egli stesso dice: Quando sarò esaltato, allora attirerò tutti a me (cfr. Gv 12, 32). Vedi dunque che la croce è gloria ed esaltazione di Cristo.
• Dall'«Esposizione della fede ortodossa» di san Giovanni Damasceno. (4, 11)
Il linguaggio della croce è follia per quelli che si perdono; per noi che ci salviamo, invece, potenza di Dio (1 Cor. 1, 18). L'uomo spirituale, infatti, "giudica ogni cosa" (1 Cor. 2, 15), mentre quello animale non accetta le cose dello Spirito (1 Cor. 2, 14). Follia è, infatti, quella di coloro che si rifiutano di credere e di riflettere sulla bontà e l'onnipotenza di Dio, indagando sulle realtà divine con le loro categorie umane e naturali, senza rendersi conto che tutto ciò che riguarda la divinità trascende la natura, la razionalità e la conoscenza. Se ci si domanda, infatti, il come ed il perché Iddio abbia creato dal nulla tutte le cose, e si cerca di scoprirlo con le sole facoltà razionali che la natura ci mette a disposizione, non si approda a nulla, giacché una scienza come questa è terrestre e diabolica. Tutto è semplice e lineare invece, ed il cammino è spedito per chi, condotto per mano, per così dire, dalla fede, va alla ricerca del Dio buono, onnipotente, vero, sapiente e giusto. Senza la fede, infatti, nessuno può salvarsi (cf. Eb 11, 6): è in virtù della fede che tutte le cose, sia le umane che le trascendenti, acquistano significato e valore. Senza l'intervento della fede il contadino non ara il suo campo, il mercante non mette a repentaglio la sua vita, su di una piccola nave, fra le onde tempestose del mare; senza fede non si contraggono matrimoni né si porta a termine alcun'altra attività della vita. È la fede a farci comprendere come tutto sia stato creato dal nulla grazie alla potenza divina. Con la fede intendiamo correttamente ogni cosa, umana o divina che sia. La fede, insomma, è il consenso formulato senza riserve.
Tutte le opere ed i miracoli compiuti dal Cristo, dunque, appaiono manifestazioni grandiose, divine, straordinarie; la più strepitosa di tutte, però, è la sua venerabile croce. È grazie a questa, infatti, e non ad altro, che la morte fu sconfitta, il peccato del progenitore ricevette la sua espiazione, l'inferno venne spogliato, fu elargita la risurrezione; è stata la croce a guadagnarci la forza di disprezzare i beni del mondo e persino la morte, a prepararci il ritorno all'antica beatitudine, a spalancarci le porte del cielo; soltanto la croce del Signore nostro Gesù Cristo, infine, ha elevato l'umanità alla destra di Dio, promuovendoci alla dignità di suoi figli ed eredi. Tutto questo ci ha procurato la croce! Tutti noi, infatti, ricorda l'Apostolo, che siamo stati battezzati in Cristo, siamo stati battezzati nella sua morte (Rm. 6, 3). Tutti noi, battezzati in Cristo, ci siamo rivestiti di Cristo (Gal. 3,27). E Cristo, poi, è potenza e sapienza di Dio (1 Cor. 1, 24). Ecco, la morte di Cristo, cioè la croce, ci ha rivestito dell'autentica potenza e sapienza di Dio. La potenza di Dio, da parte sua, si manifesta nella croce, sia perché la forza divina, cioè la vittoria sulla morte, ci si è mostrata attraverso la croce; sia in quanto, allo stesso modo come i quattro bracci della croce si uniscono fra loro nel punto centrale, così pure, attraverso la potenza di Dio, si assimilano l'una con l'altra l'altezza e la profondità, la lunghezza e la larghezza: in altre parole, tutta la creazione, nella sua dimensione materiale come in quella invisibile.
La croce è stata impressa sulla nostra fronte come un segno, non diversamente dalla circoncisione per Israele. In virtù di questo segno, noi fedeli siamo riconosciuti e distinti dagli increduli. La croce è per noi lo scudo, la corazza ed il trofeo contro il demonio. È il sigillo grazie al quale l'angelo sterminatore ci risparmierà, come afferma la Scrittura (cf. Ebr. 11, 28). E lo strumento per risollevare coloro che giacciono, il puntello a cui si appoggia chi sta in piedi, il bastone degli infermi, la verga per condurre il gregge, la guida per quanti si volgono altrove, il progresso dei principianti, la salute dell'anima e del corpo, il rimedio di tutti i mali, la fonte d'ogni bene, la morte del peccato, la pianta della risurrezione, l'albero della vita eterna.
Questo legno davvero prezioso e degno di venerazione, perciò, sul quale Cristo si sacrificò per noi, deve giustamente divenire oggetto della nostra adorazione, giacché fu come santificato dal contatto con il santissimo corpo e sangue del Signore. Come pure si dovrà rivolgere la nostra devozione ai chiodi, alla lancia, agli indumenti ed ai santi luoghi nei quali il Signore si è trovato: la mangiatoia, la grotta, il Golgota che ci ha recato la salvezza, il sepolcro che ci ha donato la vita, Sion, roccaforte delle Chiese, e tutti gli altri... Se, infatti, ricordiamo con affetto, fra gli oggetti che son stati nominati, la casa ed il letto e la veste del Signore, quanto più dovranno esserci care, tra le cose di Dio e del Salvatore, quelle che ci hanno procurato anche la salvezza?
Adoriamo l'immagine stessa della preziosa e vivificante croce, di qualunque materia sia composta! Non intendiamo onorare, infatti l'oggetto materiale (non sia mai!), bensì il significato ch'esso rappresenta, il simbolo, per così dire, di Cristo. Egli stesso, d'altronde, istruendo i suoi discepoli, ebbe a dire: Apparirà allora nel cielo il segno del Figlio dell'uomo (Mt. 24, 30), cioè la croce. Ed anche l'angelo che annunciò alle donne la risurrezione di Cristo disse: Voi cercate Gesù di Nazaret, il crocifisso (Mc. 16, 6). E l'Apostolo, da parte sua: Noi predichiamo, avverte, il Cristo crocifisso (1 Cor. 1, 23). Vi sono, infatti, molti Cristi e Gesù; uno solo, però, è il crocifisso. L'Apostolo, poi, non dice: "colui che è stato trafitto dalla lancia", bensì "il crocifisso". Dobbiamo, perciò, adorare il simbolo del Cristo: ovunque, infatti, si troverà quel segno, lì sarà presente il Signore stesso. La materia di cui è composta l'immagine della croce, invece, anche se fosse d'oro o di pietre preziose, non è più degna di alcuna venerazione, una volta scomparsa, per qualsiasi motivo, la figura originaria. Tutti gli oggetti consacrati a Dio, perciò, noi li veneriamo in modo tale, da riferire alla persona divina il culto che osserviamo per essi.
• Dal «Discorso sull'adorazione della croce» di san Teodoro Studita.
O dono preziosissimo della croce! Quale splendore appare alla vista! Tutta bellezza e tutta magnificenza. Albero meraviglioso all'occhio e al gusto e non immagine parziale di bene e di male come quello dell'Eden.
È un albero che dona la vita, non la morte, illumina e non ottenebra, apre l'udito al paradiso, non espelle da esso.
Su quel legno sale Cristo, come un re sul carro trionfale. Sconfigge il diavolo padrone della morte e libera il genere umano dalla schiavitù del tiranno. Su quel legno sale il Signore, come un valoroso combattente. Viene ferito in battaglia alle mani, ai piedi e al divino costato. Ma con quel sangue guarisce le nostre lividure, cioè la nostra natura ferita dal serpente velenoso.
Prima venimmo uccisi dal legno, ora invece per il legno recuperiamo la vita. Prima fummo ingannati dal legno, ora invece con il legno scacciamo l'astuto serpente. Nuovi e straordinari mutamenti! Al posto della morte ci viene data la vita, invece della corruzione l'immortalità, invece del disonore la gloria. Perciò non senza ragione esclama il santo Apostolo: «Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo» (Gal 6, 14). Quella somma sapienza che fiorì dalla croce rese vana la superba sapienza del mondo e la sua arrogante stoltezza. I beni di ogni genere, che ci vennero dalla croce, hanno eliminato i germi della cattiveria e della malizia. All'inizio del mondo solo figure e segni premonitori di questo legno notificavano ed indicavano i grandi eventi del mondo. Stai attento, infatti tu, chiunque tu sia, che hai grande brama di conoscere. Noè non ha forse evitato per sé, per tutti i suoi familiari ed anche per il bestiame, la catastrofe del diluvio, decretata da Dio, in virtù di un piccolo legno? Pensa alla verga di Mosè. Non fu forse un simbolo della croce? Cambiò l'acqua in sangue, divorò i serpenti fittizi dei maghi, percosse il mare e lo divise in due parti, ricondusse poi le acque del mare al
loro normale corso e sommerse i nemici, salvò invece coloro che erano il popolo legittimo. Tale fu anche la verga di Aronne, simbolo della croce, che fiorì in un solo giorno e rivelò il sacerdote legittimo. Anche Abramo prefigurò la croce quando legò il figlio sulla catasta di legna. La morte fu uccisa dalla croce e Adamo fu restituito alla vita. Della croce tutti gli apostoli si sono gloriati, ogni martire ne venne coronato, e ogni santo santificato. Con la croce abbiamo rivestito Cristo e ci siamo spogliati dell'uomo vecchio. Per mezzo della croce noi, pecorelle di Cristo, siamo stati radunati in un unico ovile e siamo destinati alle eterne dimore.”
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“ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE DI NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO
Doppio maggiore.
Paramenti rossi.
Guéranger, L'anno liturgico - Esaltazione della Santa Croce (http://www.unavoce-ve.it/pg-14set.htm)
Il 14 settembre 320 si fece la consacrazione della della basilica costantiniana che racchiudeva la sommità del Calvario e il Santo Sepolcro. «Fu allora, dice Eteria, che si scoprì la Croce. Ed è per questo che si celebra l'anniversario con altrettanta solennità quanto a Pasqua ed all'Epifania». Di qui ebbe origine la festa dell'Esaltazione della Croce. «Allorché sarò esaltato, attirerò tutto a me» (Vangelo) aveva detto Gesù. E poiché il Salvatore si è umiliato, facendosi obbediente sino alla morte sulla croce, Dio l'ha innalzato e gli ha dato un nome al di sopra di ogni altro nome (Epistola). Così dobbiamo gloriarci nella Croce di Gesù, perché è la nostra vita e la nostra salvezza (Introito), e protegge i suoi servi dalle insidie dei nemici (Offertorio, Communio, Postcommunio). Verso la fine del regno di Foca, Cosroe, re dei Persiani, si impadronì di Gerusalemme, fece perire molte migliaia di cristiani e trasportò in Persia la Croce di nostro Signore, che Elena aveva deposto sul monte Calvario. Eraclio, successore di Foca, dopo aver implorato fervorosamente l'aiuto divino, riunì un'armata e sconfisse Cosroe. Allora egli esigette la restituzione della Croce del Signore. Questa preziosa reliquia venne così ricuperata, dopo quattordici anni dacché era caduta in possesso dei Persiani. Di ritorno a Gerusalemme, Eraclio la prese sulle spalle e la riportò con gran pompa sul Calvario (630). Questo atto, secondo una tradizione popolare, fu accompagnato da uno strepitoso miracolo. Eraclio, carico d'oro e di pietre preziose, sentì una forza invincibile arrestarlo dinanzi alla porta che conduceva al Monte Calvario; più faceva sforzi per avanzare, più gli sembrava di essere fortemente trattenuto. Poiché l'imperatore e con lui tutti i testimoni della scena erano stupefatti, Zaccaria, vescovo di Gerusalemme, gli disse: «O imperatore, con questi ornamenti di trionfo, tu non imiti affatto la povertà di Gesù Cristo, e l'umiltà con la quale Egli portò la Croce». Eraclio si spogliò allora delle splendide vesti, e toltosi i calzari, si gettò sulle spalle un semplice mantello e si rimise in cammino. Fatto questo, egli compì facilmente il resto del tragitto, e rimise la Croce sul monte Calvario, nello stesso luogo donde i Persiani l'avevano portata via. La solennità dell'Esaltazione della Santa Croce, che si celebrava già ogni anno in questo stesso giorno, prese allora una grande importanza, in ricordo del fatto che l'imperatore Eraclito aveva rimessa la Croce proprio nello stesso luogo dove era stata eretta la prima volta per la crocifissione del Salvatore».
Uniamoci in ispirito ai fedeli che, nella Chiesa di Santa Croce a Roma, venerano oggi le reliquie esposte del Sacro Legno, affinché, essendo stati ammessi ad adorare la Croce sulla terra in questa solennità, nella quale ci rallegriamo per la sua Esaltazione, siamo messi in possesso per tutta l'eternità della salvezza e della gloria che essa ci ha procurato (Orazione, Secreta).
* Sulla fine del regno di Foca, Cosroe, re dei Persiani occupato l'Egitto e l'Africa e presa Gerusalemme e massacrativi molte migliaia di Cristiani, trasportò in Persia la Croce di Cristo Signore, che Elena aveva riposto sul monte Calvario. Pertanto Eraclio, successore di Foca, stanco delle molte molestie e calamità della guerra, domandò la pace; ma Cosroe, inorgoglito delle vittorie, non volle concederla a nessun patto. In questa estremità ricorse a continui digiuni e preghiere, implorando con gran fervore l'aiuto di Dio; per cui ispirazione radunato un esercito, ingaggiò battaglia col nemico, e sconfisse tre generali di Cosroe coi loro tre eserciti.
Cosroe, abbattuto da queste sconfitte, prese la fuga, designando, mentre si disponeva a passare il Tigri, suo socio nel regno il figlio Medarse. Ma Siroe, figlio maggiore di Cosroe, sdegnato crudelmente per quest'affronto, decise di sopprimere il padre e il fratello; cosa che fece poco dopo al ritorno dei due fuggitivi, e ottenne da Eraclio il diritto di regnare a certe condizioni, la prima delle quali fu la restituzione della Croce del Signore. Così la Croce fu ricuperata dopo quattordici anni, ch'era caduta in potere dei Persiani. Di ritorno a Gerusalemme, Eraclio la riportò sulle proprie spalle con gran pompa sul monte in cui l'aveva portata il Salvatore.
Questo fatto fu segnalato da un gran miracolo. Perché Eraclio, carico di oro e di gemme, fu costretto di fermarsi alla porta che conduceva al monte Calvario. E più si sforzava d'andare avanti, e più si sentiva trattenere. Stupiti della cosa e lo stesso Eraclio e tutti gli altri, Zaccaria, vescovo di Gerusalemme: Vedi, imperatore, disse, che con questi ornamenti di trionfo imiti poco la povertà e l'umiltà di Gesù Cristo con cui egli portò la Croce. Allora Eraclio, gettate le splendide vesti e toltesi le scarpe e indossato un abito volgare, fece facilmente il resto del viaggio, e rimise la Croce nello stesso posto del Calvario, donde l'avevano asportata i Persiani. Quindi la festa dell'Esaltazione della santa Croce, che si celebrava ogni anno in questo stesso giorno, cominciò ad avere maggior importanza in memoria del fatto ch'era stata riposta da Eraclio nel luogo stesso, dove fu innalzata la prima volta per il Salvatore.
SANTA MESSA
- All'Epistola.Il figlio di Dio dopo essersi unito a una natura, che relativamente a Dio, Creatore e Sovrano Padrone di tutte le cose, è una natura servile, si è abbassato più ancora accettando di subire il supplizio infame della Croce.
- Al Vangelo.
Il tratto del Vangelo che segue, contiene una chiara allusione da parte di Gesù alla sua morte in Croce ed all'efficacia del suo sacrificio. Proprio la morte più ignominiosa, quella della Croce, doveva servire a trarre alla fede e alla salvezza tutti i popoli.
** Omelia di san Leone Papa.
Sermone 8 sulla Passione del Signore, dopo la metà.
Dopo l'esaltazione di Cristo sulla Croce, o dilettissimi, il vostro spirito non si rappresenti soltanto l'immagine che colpì la vista degli empi, ai quali dice Mosè: «La tua vita sarà sospesa dinanzi ai tuoi occhi, e sarai in timore notte e giorno, e non crederai alla tua vita» (Deut. 28,66). Infatti essi davanti al Signore crocifisso non potevano scorgere in lui che il loro delitto, ed avevano non il timore che giustifica mediante la vera fede, ma quello che tortura una coscienza colpevole. Ma la nostra intelligenza, illuminata dallo spirito di verità, abbracci con cuore puro e libero la Croce, la cui gloria risplende in cielo e in terra; e coll'acume interno penetri il mistero che il Signore, parlando della sua prossima passione, annunziò così: «Adesso si fa il giudizio di questo mondo, adesso il principe di questo mondo sarà cacciato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutto a me» (Joann. 12,21).
O virtù ammirabile della Croce! o gloria ineffabile della Passione, in cui è e il tribunale del Signore, e il giudizio del mondo, e la potenza del Crocifisso! Sì, o Signore, attirasti tutto a te, allorché, «dopo aver steso tutto il giorno le tue mani a un popolo incredulo e ribelle» (Is. 65,2), l'universo intero comprese che doveva rendere omaggio alla tua maestà. Attirasti, Signore, tutto a te, allorché tutti gli elementi non ebbero che una voce sola per esecrare il misfatto dei Giudei; allorché oscuratisi gli astri del cielo e il giorno cangiatosi in notte, anche la terra fu scossa da scosse insolite, e la creazione intera si rifiutò di servire agli empi. Attirasti, Signore, tutto a te, perché squarciatosi il velo del tempio, il Santo dei santi rigettò gl'indegni pontefici, per mostrare che la figura si trasformava in realtà, la profezia in dichiarazioni manifeste, la legge nel Vangelo.
Attirasti, Signore, tutto a te, affinché la pietà di tutte le nazioni che sono sulla terra celebrasse, come un mistero pieno di realtà e senza alcun velo, quanto era nascosto nel solo tempio della Giudea, sotto l'ombre delle figure. Difatti ora e l'ordine dei leviti è più splendido, e la dignità dei sacerdoti è più grande, e l'unzione che consacra i pontefici contiene maggior santità: perché la tua Croce è la sorgente d'ogni benedizione, il principio d'ogni grazia; essa fa passare i credenti dalla debolezza alla forza, dall'obbrobrio alla gloria, dalla morte alla vita. E adesso che i diversi sacrifici d'animali carnali sono cessati, la sola oblazione del corpo e sangue tuo rimpiazza tutte le diverse vittime che la rappresentavano: ché tu sei il vero «Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo» (Joann. 1,29); e così tutti i misteri si compiono talmente in te, che, come tutte le ostie che ti sono offerte non fanno che un solo sacrificio, così tutte le nazioni della terra non fanno che un solo regno.”
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“Vi adoro, o Croce santa, che foste ornata del Corpo sacratissimo del mio Signore, coperta e tinta del suo preziosissimo Sangue. Vi adoro, mio Dio, posto in croce per me. Vi adoro, o Croce santa, per amore di Colui che è il mio Signore. Così sia.
(Recitata 33 volte il Venerdì Santo, libera 33 Anime del Purgatorio. Recitata 50 volte ogni venerdì, ne libera 5. Orazione confermata dai Papi Adriano VI e Gregorio XIII).”




Guéranger, L'anno liturgico - Esaltazione della Santa Croce (http://www.unavoce-ve.it/pg-14set.htm)
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Ligue Saint Amédée (http://liguesaintamedee.ch/)
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«Intransigeants sur la doctrine ; charitables dans l'évangélisation [Non Una Cum].»
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“Ligue Saint Amédée‏ @SaintAmedee
14 Septembre : Exaltation de la Sainte Croix.”

14 septembre : Exaltation de la Sainte Croix :: Ligue Saint Amédée (http://liguesaintamedee.ch/saint-du-jour/14-septembre-exaltation-de-la-sainte-croix)
«14 septembre : Exaltation de la Sainte Croix.»
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Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi, quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.
Luca, Sursum Corda - Habemus Ad Dominum!!!

Holuxar
15-09-18, 18:57
15 SETTEMBRE 2018: OTTAVA DELLA NATIVITÀ DI NOSTRA SIGNORA BEATA VERGINE MARIA SANTISSIMA, FESTA DEI SETTE DOLORI DELLA BEATA VERGINE…



“Festa dei Sette Dolori della Beata Vergine, 15 settembre.”
Guéranger, L'anno liturgico - Festa dei Sette Dolori della Beata Vergine (http://www.unavoce-ve.it/pg-15set.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-15set.htm

Dom Guéranger, L'anno liturgico - I Sette Dolori di Maria Santissima (http://www.unavoce-ve.it/pg-settedolori.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-settedolori.htm




http://www.preghiereperlafamiglia.it/maria-addolorata.htm
"DEVOZIONI
MARIA ADDOLORATA
I SETTE DOLORI di MARIA."




Madonna Addolorata - Sodalitium (http://www.sodalitium.biz/madonna-addolorata/)
http://www.sodalitium.biz/madonna-addolorata/
«15 settembre, I Sette Dolori della B. V. Maria.
O gran Regina dei Martiri e la più desolata di tutte le madri! Il vostro dolore è immenso come il mare, perché tutte le piaghe che tutti i peccati degli uomini hanno impresse nel sacro corpo del vostro divin figliuolo, sono altrettante spade che trafiggono il vostro cuore. Ecco prostrato ai vostri piedi il peccatore più indegno, sinceramente pentito d’aver maltrattato il divin Redentore. Le colpe che io ho commesso sono più gravi di quello che io possa soffrire per cancellarle. Deh! Madre beata, imprimete nel mio cuore le piaghe santissimedel vostro amore onde non brami che di patire e morire con Gesù crocifisso, e spirar l’anima penitente nel vostro purissimo cuore. Così sia.»
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“Sodalitium - IMBC.”
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“Omelie dell'I•M•B•C a Ferrara.”
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«Don Floriano Abrahamowicz - Domus Marcel Lefebvre.
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CATECHISMO- PIO X - domusmarcellefebvre110815
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Tradidi quod et accepi (http://tradidiaccepi.blogspot.com/)
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«Sancti et Sanctae Dei, orate pro nobis.»
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«MESE DI SETTEMBRE: MESE DI NOSTRA SIGNORA BEATA VERGINE MARIA SANTISSIMA ADDOLORATA.»
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«DISCORSO IX DI SANT'ALFONSO MARIA DE' LIGUORI
(Glorie di Maria, n. 499-500)
De' dolori di Maria.
Maria fu la regina de' martiri, perché il suo martirio fu il più lungo e il più grande di quello di tutti i martiri.
Chi mai potrà avere un cuor sì duro che non s'intenerisca in udire il caso pur troppo lagrimevole che un tempo accadde nel mondo. Eravi una madre nobile e santa la quale non avea che un solo figlio; e questi era il più amabile che possa immaginarsi, innocente, virtuoso, bello, ed amantissimo di sua madre: a tal segno che non le avea mai dato minimo disgusto, ma sempre l'avea portato tutto il rispetto, tutta l'ubbidienza e tutto l'affetto: onde la madre a questo figlio avea posto in terra tutto il suo amore. Or poi che avvenne? Avvenne che questo figlio per invidia fu accusato falsamente da' suoi nemici, e 'l giudice, benché avesse conosciuta e confessata egli stesso la di lui innocenza, pure, per non disgustare i nemici, lo condannò ad una morte infame, quale appunto quelli l'aveano richiesta. E questa povera madre ebbe a soffrire il dolore che quell'amabile ed amato figlio le fosse così ingiustamente tolto nel fiore di sua gioventù con una barbara morte; poiché a forza di tormenti ce lo fecero morire svenato(1) avanti gli occhi in pubblico in un patibolo infame.
Anime divote, che dite? È degno di compassione questo caso e questa misera madre? Già m'intendete di chi parlo. Questo figlio così crudelmente giustiziato fu il nostro amoroso Redentore Gesù, e questa madre fu la B. Vergine Maria, che per nostro amore si contentò di vederlo sagrificato alla divina giustizia dalla barbarie degli uomini. Questa gran pena dunque da Maria per noi sofferta, pena che le costò più di mille morti, merita da noi compassione e gratitudine. E s'altro non possiamo rendere a tanto amore, almeno fermiamoci per poco oggi a considerare l'acerbità di questa pena per cui divenne Maria regina de' martiri, mentre il suo gran martirio superò nel dolore quello di tutti i martiri, essendo egli stato per 1. il martirio più lungo, per 2. il martirio più grande. (...)»
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“I SETTE DOLORI DI NOSTRA SIGNORA BEATA VERGINE MARIA SANTISSIMA.
Doppio di II classe.
Paramenti bianchi.
Guéranger, L'anno liturgico - Festa dei Sette Dolori della Beata Vergine (http://www.unavoce-ve.it/pg-15set.htm)
Maria stava ai piedi della Croce, dalla quale pendeva Gesù (Introito, Graduale, Sequenza, Alleluia, Vangelo) e, come era stato predetto da Simeone (Orazione), una spada di dolore trapassò la sua anima (Secreta). Impotente «ella vede il suo dolce figlio desolato nelle angosce della morte, e ne raccoglie l'ultimo sospiro» (Sequenza). L'affanno che il suo cuore materno provò ai piedi della croce, le ha meritato, pur senza morire, la palma del martirio (Communio).
La partecipazione di Maria alla passione di Cristo per cooperare con Lui all'universale Redenzione insinuò sempre come doverosissima una special divozione ai dolori per noi sofferti da questa divina Madre che Cristo medesimo dichiarò Madre nostra. Questa divozione però notabilmente si propagò tra i fedeli dopo che i sette Beati Fondatori dell'Ordine dei Serviti, cioè Servi di Maria, fecero oggetto speciale del loro Ordine la propagazione del culto a Maria Addolorata, il che avvenne nel 1233. Quindi la Chiesa ne istituì una Festa speciale nel Venerdì di Passione e nella III Domenica di Settembre. Questa festa, celebrata con grande solennità dai Serviti nel XVII secolo, fu estesa da Pio VII, nel 1817, a tutta la Chiesa, per ricordare le sofferenze che la Chiesa stessa aveva appena finito di sopportare nella persona del suo capo esiliato, e prigioniero, e liberato, grazie alla protezione della Vergine. Come la prima festa dei Dolori di Maria, al Tempo della Passione, ci mostra la parte che essa prese al sacrificio di Gesù, così la seconda, dopo la Pentecoste, ci dice tutta la compassione che prova la Madre del Salvatore verso la Chiesa, sposa di Gesù, che è crocifissa a sua volta nei tempi calamitosi che essa attraversa. Nella prima ricorrenza i Dolori sono oggetto di venerazione e meditazione in quanto fonte di dolore; nella seconda essi sono venerati e contemplati quali causa di gloria e trionfo. In entrambe Maria, la Regina dei Martiri, è onorata come la Corredentrice del genere umano: Ella fu associata e cooperò alla nostra Redenzione, in dipendenza e subordinazione a Gesù Redentore, coi suoi dolori acerbissimi e con l’offerta a Dio Padre della vittima del sacrificio, il suo Figliuolo diletto.
Sua Santità Pio X ha elevato nel 1908 questa festa alla dignità di seconda classe, fissandola al 15 Settembre.
* Sermone di san Bernardo Abate.
Sermone sulle dodici stelle.
Il martirio della Vergine ci è rivelato tanto dalla profezia di Simeone quanto dalla storia medesima della passione del Signore. «Egli è posto, - disse il santo vegliardo del bambino Gesù -, per segno di contradizione; e anche a te, - rivolto poi a Maria -, trapasserà l'anima una spada» (Luc. 2,34). Sì, o Madre beata, essa ha veramente trapassato l'anima tua. Perché non passando che per questa, ha potuto penetrare la carne del tuo Figlio. E certo dopo che quel tuo Gesù ebbe reso lo spirito, la lancia crudele, aprendogli il costato, non giunse già all'anima di lui, sibbene trapassò l'anima tua. Infatti l'anima di lui non c'era più là, ma la tua non se ne poteva distaccare.
La violenza del dolore ha dunque trapassata la tua anima, così che non immeritamente noi ti proclamiamo più che Martire, avendo il sentimento della compassione sorpassato in te tutte le sofferenze che può sostenere il corpo. E non ti fu forse più che una spada quella parola che trapassò realmente la tua anima «e giunse fino alla divisione dell'anima e dello spirito» (Hebr. 1,12): «Donna, ecco il suo figlio» (Joann.19,26)? Quale scambio! Ti si dà Giovanni invece di Gesù, il servo invece del Signore, il discepolo invece del Maestro, il figlio di Zebedeo per il figlio di Dio, un semplice uomo per il vero Dio! Come non avrebbe trapassata la tua sensibilissima anima questa parola, quando il solo ricordo spezza i nostri cuori, sebbene di sasso e d'acciaio?
Non vi meravigliate, o fratelli, nel sentir dire che Maria fu Martire nell'anima. Si meravigli chi non ricorda d'aver udito Paolo annoverare fra i più grandi delitti dei Gentili d'essere stati «senza affezione» (Rom. 1,31). Ciò fu lungi dal cuore di Maria, e sia pure lungi dai suoi servi. Ma forse qualcuno dirà: Non sapeva ella che sarebbe morto? Senza dubbio. Non sperava forse che sarebbe risuscitato? Con tutta la fede. E non pertanto fu afflitta nel vederlo crocifisso? E profondamente. Ma chi sei tu, o fratello, e donde viene la tua saggezza, per meravigliarti più di veder Maria compatire che di vedere il Figlio di Maria patire? Egli poté morire nel corpo; e questa non poteva morire con lui nel cuore? Egli morì per una carità che nessuno sorpasserà mai: ed anche il martirio di lei ebbe principio da una carità che dopo quella, non ce ne fu mai l'uguale.
SANTA MESSA
** Omelia di sant'Ambrogio Vescovo.
Sulla formazione delle Vergini cap. 7.
La Madre stava presso la croce, e, mentre gli uomini fuggivano, ella restava intrepida. Guardate se la Madre di Gesù poteva diventar timida, non avendo cangiato sentimenti. Contemplava con occhi pietosi le ferite del Figlio, che sapeva essere la redenzione di tutti. Non era indegna d'assistere a tanto spettacolo questa Madre, che non avrebbe temuto per la propria vita. Il Figlio pendeva dalla croce, la Madre si offriva ai carnefici.
Lettera 25 alla Chiesa di Vercelli, verso la fine.
La Madre del Signore, Maria, stava in piedi davanti alla croce del Figlio. Nessun altro me l'ha detto fuori di san Giovanni Evangelista. Gli altri raccontano come durante la passione del Signore la terra tremò, il cielo si ricoprì di tenebre, il sole si oscurò, il ladrone, dopo l'umile confessione, fu ricevuto in paradiso. Ma Giovanni mi ha detto quel che non dicono gli altri, come cioè egli già sulla croce chiamò la Madre. Egli sembra dare più importanza ai doveri di pietà che Gesù, vincitore dei supplizi, rendeva a sua Madre, che alla promessa stessa del regno dei cieli. Infatti se muove a tenerezza il perdono che riceveva il ladrone, è ancora assai più tenero lo spettacolo del Figlio che onora sua Madre di tanto affetto.
Ecco, dice, il tuo figlio: «Ecco la madre tua» (Joann. 19,26). Cristo faceva testamento dalla croce, e divideva i doveri della pietà fra la madre e il discepolo. Il Signore faceva non soltanto un testamento generale, ma anche quello in favore della sua famiglia; e questo testamento lo registrava Giovanni, degno testimone di tanto testatore. Testamento ottimo, non di danaro, ma di vita eterna; scritto non colla penna, ma collo Spirito del Dio vivente, che dice: «La mia lingua è penna di scrivano che scrive velocemente» (Ps. 44,2).”
https://sardiniatridentina.blogspot.com/2017/09/sette-dolori-di-maria.html?m=1
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«OTTAVA DELLA NATIVITÀ DI NOSTRA SIGNORA BEATA VERGINE MARIA SANTISSIMA.
Semidoppio.
Paramenti bianchi.»
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Guéranger, L'anno liturgico - Natività della Beata Vergine Maria (http://www.unavoce-ve.it/pg-8set.htm)


«SAN NICOMEDE
Martire.
Paramenti rossi.
Si fa commemorazione di Nicomede, Prete romano e Martire, il quale fu arrestato per aver seppellito, nella persecuzione dell'imperatore Domiziano contro i Cristiani, il corpo della Vergine Felicola uccisa dal conte Fiacco per aver confessato la fede cristiana; condotto davanti alle statue degli dèi, si ricusò costantemente di sacrificare loro come gli veniva ingiunto, rispondendo a quelli che lo costringevano a sacrificare: «Io non sacrifico che a Dio onnipotente, regnante nei cieli»; onde fu battuto lunghissimamente con flagelli piombati, e in quel tormento passò al Signore. Lo stesso conte ordinò per maggior sfregio di gettarne il corpo nel Tevere, ma ripescato con cura da Giusto, chierico di Nicomede, venne sepolto onorevolmente in una tomba presso le mura di Roma sulla via Nomentana.
P.S. La commemorazione è già presente nel link della Santa Messa della festa dei Sette Dolori di Nostra Signora Beata Vergine Maria Santissima.»
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https://www.agerecontra.it/2017/09/madonna-addolorata/
«Madonna Addolorata - L’EDITORIALE DEL VENERDI di Arai Daniele.»





Radio Spada | Radio Spada ? Tagliente ma puntuale (http://radiospada.org/)
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“15 settembre 2018: I sette dolori della Beata Vergine Maria (Ottava della Natività di Maria).”
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“15 settembre 2018
Nicomede, santo, martire di Roma, i resti sono nella Confessione di S. Prassede all’Esquilino. Precedentemente era venerato in una basilica costruita da Bonifacio V (619-25). Non si conosce l’anno della traslazione avvenuta dopo il restauro della sua tomba operato da Adriano I (772-95).
M.R.: 15 settembre - A Roma, sulla via Nomentana, il natale del beato Nicomede, Prete e Martire, il quale, rispondendo a quelli che lo costringevano a sacrificare agli idoli: "Io non sacrifico che a Dio onnipotente, regnante nei cieli", fu battuto lunghissimamente con flagelli piombati, e in quel tormento passò al Signore.
[ Tratto dall'opera «Reliquie Insigni e "Corpi Santi" a Roma» di Giovanni Sicari ].”
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“Il 15 settembre 1644 Papa Innocenzo X Pamphilj viene esaltato al Sommo Pontificato.”
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https://www.sursumcorda.cloud/
https://www.facebook.com/CdpSursumCorda/
"Carlo Di Pietro - Sursum Corda
anteprima dal numero 130 di SVRSVM CORDA® del 16 settembre 2018) www.sursumcorda.cloud
Indice del n° 130:
- Comunicato numero 130. Il ministero ordinario di Gesù;
- I Sette Dolori della Beata Vergine Maria;
- Esaltazione della Santa Croce;
- San Tommaso: i Romani meritarono il dominio per le ottime leggi da essi emanate;
- Santissimo Nome di Maria;
- Brevi nozioni di teologia morale sul miracolo;
- Gli anatemi del Concilio di Costanza, condanna a Giovanni Wicleff;
- Preghiera a San Nicola da Tolentino, Confessore;
- L’Inferno non è stato inventato dall’uomo;
Già leggibile sul sito:
- Teologia Politica 118. Il Comunismo rifiuta alla vita umana ogni carattere sacro."
https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/41869869_1876573255712408_5160142080722337792_n.jp g?_nc_cat=0&oh=fba52e3128b132faea6b52d40844eae3&oe=5C21CD3F


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"SABATO - O inclito Patriarca San Giuseppe, col fervore della Vostra intercessione, rendete propizia la Beatissima Vergine, Vostra Sposa Immacolata Maria, adesso e nell’ora della mia morte. - Tre Gloria."
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“Mons. de Ségur, La Rivoluzione.
https://www.sursumcorda.cloud/sostienici/libri/la-rivoluzione-secondo-mons-de-segur-detail.html
Padre Gabriele Maria Roschini, Chi è Maria? Catechismo mariano.
https://www.sursumcorda.cloud/sostienici/libri/chi-è-maria-catechismo-mariano-detail.html
Mons. de Ségur, L’inferno. Se esiste. Che cos’è. Come possiamo evitarlo.
https://www.sursumcorda.cloud/sostienici/libri/l-inferno-è-dogma-o-favola-detail.html
Padre Giacinto da Belmonte, Racconti miracolosi.”
https://www.sursumcorda.cloud/sostienici/libri/racconti-miracolosi-detail.html


“I principali benefici che derivano dal culto Mariano alla società domestica, ossia alla famiglia, sono costituiti da innumerevoli grazie d’ordine spirituale e materiale, e sopratutto dall’influsso potentissimo di Malia sulla madre, che è come il cuore della famiglia.”
“176. In che modo la Vergine SS. assiste in morte i suoi devoti?
La Vergine SS. assiste in morte i suoi devoti in tre modi: 1) Impetrando loro un sincero dolore di tutti i peccati; 2) Ottenendo la grazia di una perfetta rassegnazione al sacrificio della vita; 3) Facendo loro da scudo contro i fieri assalti del demonio.”
"Tota Pulchra (da Il mio libro di preghiere - Ed. CLS Verrua-Savoia)"

“Oh madre di Dio Maria, le vostre preghiere mi han da portare in paradiso. Eia ergo, advocata nostra... Iesum benedictum fructum ventris tui... post hoc exilium ostende.”
"Preghiere e tradizionali pie pratiche cristiane. Chiediamo a Nostro Signore di ottenere la vera fede e di perseverare."
https://www.sursumcorda.cloud/preghiere.html







«Canto della Passione - S. Alfonso M.de Liguori
https://www.youtube.com/watch?v=G7zAup2pocs
Il Canto della Passione tra l'Anima e Gesù Cristo. E' una composizione che appartiene al periodo (1760) di maggiore attività di S. Alfonso M. de Liguori e ne testimonia l'alta professionalità e maturità. Suoi sono il testo e la musica. Del dramma della Passione il Santo coglie e sviluppa il tema dell'incontro tra l'Anima e Gesù Cristo che sale al Calvario, l' Anima intreccia con lui (il Cristo) una gara di purissime emozioni, fino al dono supremo di sè: "tutta son tua mio Re"! (Estratto dal CD: Civiltà Musicale del Settecento - Duetti Sacri - PS Records - 1998).».

"Canto Gregoriano Stabat Mater
https://www.youtube.com/watch?v=nnXVwbdEFYY

Luigi Boccherini STABAT MATER - soprano Eva Dřízgová - Jirušová - conductor Paolo Gatto
https://www.youtube.com/watch?v=UXK-W5BlTCg
LUIGI BOCCHERINI (1743 - 1805) STABAT MATER (prima versione 1781 "per una voce sola, due violini,viola, violoncello obbligato e c. basso") soprano Eva Dřízgová - Jirušová Janáček Chamber Orchestra.”

«Stabat Mater - Testo latino e traduzione italiana.
https://www.youtube.com/watch?v=i3NOFfdZzLs
Lo "Stabat Mater" di Jacopone da Todi con testo latino e traduzione italiana.»

“Vivaldi - Stabat Mater (RV 621) - Andreas Scholl, Ensemble 415.”
https://www.youtube.com/watch?v=2XUC2MQ74DE

« Giovanni Battista Pergolesi "Stabat Mater"(1736)
https://www.youtube.com/watch?v=xHQVtYzjLao
Stabat Mater for soprano, contralto, strings and basso continuo by Giovanni Battista Pergolesi (1710-1736) Margaret Marshall (soprano) Lucia Valentini Terrani (contralto) Leslie Pearson (organ) London Symohony Orchestra Claudio Abbado (conductor) Recorded in 1985 00:00 "Stabat Mater Dolorosa" 04.39 "Cujus animam gementem" 07.47 "O quam tristis et afflicta" 10:22 "Quae moerebat et dolebat" 13:12 "Quis est homo"—"Pro peccatis suae gentis..." 16:14 "Vidit suum dulcem natum" 19:48 "Eja mater fons amoris" 22:42 "Fac ut ardeat cor meum" 25.23 "Sancta mater, istud agas" 31:22 "Fac ut portem Christi mortem" 35:06 "Inflammatus et accensus" 37.57 "Quando corpus morietur" —"Amen...".»





https://forum.termometropolitico.it/313382-i-sette-dolori-di-maria-2.html
https://forum.termometropolitico.it/333475-15-settembre-festa-dei-sette-dolori-della-beatissima-vergine-maria-6.html




https://www.facebook.com/romancatholicsnonunacum/



"Les Amis du Christ Roi de France"
Les Amis du Christ Roi de France (http://www.a-c-r-f.com/principal.html)
http://www.a-c-r-f.com/principal.html

https://militesvirginismariae.wordpress.com/
https://militesvirginismariae.wordpress.com/2018/09/15/notre-dame-des-sept-douleurs-sommes-nous-de-ces-chretiens-qui-enfoncons-des-poignards-dans-son-coeur/
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"Sede Vacante -"
Sede Vacante - (http://www.catholique-sedevacantiste.fr/)
http://www.catholique-sedevacantiste.fr/




Ligue Saint Amédée (http://liguesaintamedee.ch/)
http://liguesaintamedee.ch/
https://www.facebook.com/SaintAmedee/?fref=nf
«Intransigeants sur la doctrine ; charitables dans l'évangélisation [Non Una Cum].»
15 septembre : Notre-Dame des Sept-Douleurs :: Ligue Saint Amédée (http://liguesaintamedee.ch/saint-du-jour/15-septembre-notre-dame-des-sept-douleurs)
"15 Septembre : Notre-Dame des Sept-Douleurs"
http://liguesaintamedee.ch/application/files/1215/3626/3501/09_15_nd_sept_douleurs.jpg


http://liguesaintamedee.ch/application/files/1215/3626/3501/09_15_nd_sept_douleurs.jpg






Dom Guéranger, L'anno liturgico - I Sette Dolori di Maria Santissima (http://www.unavoce-ve.it/pg-settedolori.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-settedolori.htm
«I SETTE DOLORI DI MARIA SANTISSIMA.
La compassione della Madonna.
La pietà degli ultimi tempi ha consacrato in una maniera speciale questo giorno alla memoria dei dolori che Maria provò ai piedi della Croce del suo divin Figliolo. La seguente settimana è interamente dedicata alla celebrazione dei Misteri della Passione del Salvatore, e sebbene il ricordo di Maria che soffre insieme a Gesù sia sovente presente al cuore del fedele, il quale segue piamente tutti gli atti di questo dramma, tuttavia i dolori del Redentore e lo spettacolo della giustizia divina che s'unisce a quello della misericordia per operare la nostra salvezza, assillano troppo la mente, perché sia possibile onorare come merita il mistero della compassione di Maria ai patimenti di Gesù. Conveniva perciò che fosse scelto un giorno, nell'anno, per adempiere a questo dovere; e quale giorno meglio si addiceva del Venerdì della presente settimana, ch'è di per se stesso interamente dedicato al culto della Passione del Figlio di Dio?
Storia di questa festa.
Fin dal XV secolo, nel 1423, un arcivescovo di Colonia, Thierry de Meurs, inaugurava tale festa nella sua chiesa con un decreto sinodale [1]. Successivamente si propagò, sotto diversi nomi, nelle regioni cattoliche, con tolleranza della Sede Apostolica; fino a che il Papa Benedetto XIII, con decreto del 22 agosto 1727, non l'inserì solennemente nel calendario della Chiesa universale, sotto il nome di Festa dei sette Dolori della Beata Vergine Maria. In tal giorno dunque la Chiesa vuole onorare Maria addolorata ai piedi della Croce. Fino all'epoca in cui il Papa non estese all'intera cristianità la Festa, col titolo suindicato, essa veniva designata con differenti nomi: La Madonna della Pietà, La Madonna Addolorata, La Madonna dello Spasimo; in una parola, questa festa era già sentita dalla pietà del popolo, prima che fosse consacrata dalla Chiesa.
Maria Corredentrice.
Per ben comprendere l'oggetto, e meglio compiere in questo giorno, verso la Madre di Dio e degli uomini i doveri che le sono dovuti, dobbiamo ricordare che Dio, nei disegni della sua sovrana Sapienza, ha voluto in tutto e per tutto associare Maria alla restaurazione del genere umano. Tale mistero ci mostra un'applicazione della legge che rivela tutta la grandezza del piano divino; ed ancora una volta ci fa vedere il Signore sconfiggere la superbia di Satana col debole braccio di una donna. Nell'opera della salvezza, noi costatiamo tre interventi di Maria, tre circostanze, nelle quali è chiamata ad unire la sua azione a quella stessa di Dio.
La prima, nell''Incarnazione del Verbo, il quale non assume carne in lei se non dopo averne ottenuto il consenso con quel solenne FIAT che salvò il mondo; la seconda, nel Sacrificio di Gesù Cristo sul Calvario, ove ella assiste per partecipare all'offerta espiatrice; la terza, nel giorno della Pentecoste, quando riceve lo Spirito Santo come lo ricevettero gli Apostoli, per potere adoperarsi efficacemente alla fondazione della Chiesa. Nella festa dell'Annunciazione esponemmo la parte ch'ebbe la Vergine di Nazaret al più grande atto che piacque a Dio intraprendere per la sua gloria, e per il riscatto e la santificazione del genere umano. In seguito avremo occasione di mostrare la Chiesa nascente che si sviluppa e s'ingigantisce sotto l'influsso della Madre di Dio. Oggi dobbiamo descrivere la parte che toccò a Maria nel mistero della Passione di Gesù, spiegare i dolori che sopportò presso la Croce, ed i nuovi titoli che ivi acquistò alla nostra filiale riconoscenza.
La predizione di Simeone.
Il quarantesimo giorno dopo la nascita di Gesù, la Beata Vergine venne a presentare il Figlio al Tempio. Questo fanciullo era atteso da un vegliardo, che lo proclamò "luce delle nazioni e gloria d'Israele". Ma, volgendosi poi alla madre, le disse: "(Questo fanciullo) è posto a rovina e risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione; anche a te una spada trapasserà l'anima" (Lc 2,34-35). L'annuncio dei dolori alla madre di Gesù ci fa comprendere che le gioie natalizie erano cessate, ed era Venuto il tempo delle amarezze per il figlio e per la madre. Infatti, dalla fuga in Egitto fino a questi giorni in cui la malvagità dei Giudei va macchinando il più grave dei delitti, quale fu lo stato del figlio, umiliato, misconosciuto, perseguitato e saziato d'ingratitudini? Quale fu, per ripercussione, il continuo affanno e la costante angoscia del cuore della più tenera delle madri? Noi oggi, prevenendo il corso degli eventi, facciamo un passo avanti ed arriviamo subito al mattino del Venerdì Santo.
Maria, il Venerdì Santo.
Maria sa che questa stessa notte suo figlio è stato tradito da un suo discepolo, da uno che Gesù aveva scelto a suo confidente, ed al quale ella stessa, più d'una volta, aveva dato segni della sua materna bontà. Dopo una crudele agonia, s'è visto legare come un malfattore, e la soldatesca l'ha condotto da Caifa, suo principale nemico. Di là l'hanno portato al governatore romano, la cui complicità era necessaria ai prìncipi dei sacerdoti e ai dottori della legge, perché potessero versare, secondo il loro desiderio, il sangue innocente. Maria si trova allora a Gerusalemme, attorniata dalla Maddalena e da altre seguaci del Figlio; ma esse non possono impedire che le grida di quel popolo giungano fino a lei. Del resto, chi potrebbe far scomparire i presentimenti nel cuore d'una tal madre? In città non tarda a spargersi la voce che Gesù Nazareno è stato consegnato al governatore per essere crocifisso. Si terrà forse in disparte Maria, in questo momento in cui tutto un popolo s'è mosso per accompagnare coi suoi insulti fino al Calvario, questo Figlio di Dio che ha portato nel suo seno ed ha nutrito del suo latte? Ben lungi da tale viltà, si leva e si mette in cammino, fino a portarsi al passaggio di Gesù.
L'aria risuonava di schiamazzi e di bestemmie. La moltitudine che precedeva e seguiva la vittima era composta da gente feroce od insensibile; solo un gruppetto di donne faceva sentire i suoi dolorosi lamenti, e per questa compassione meritò d'attirare su di sé gli sguardi di Gesù. Poteva Maria, dinanzi alla sorte del suo figlio dimostrarsi meno sensibile di queste donne, che avevano con lui solo legami di ammirazione o di riconoscenza? Insistiamo su questo punto, per dimostrare quanto abbiamo in orrore il razionalismo ipocrita che, calpestando tutti i sentimenti del cuore e le tradizioni della pietà cattolica ha tentato, sia in Oriente che in Occidente, di mettere in dubbio la verità della Stazione della Via dolorosa, che segna il punto d'incontro del figlio e della madre. Questa setta che non osa negare la presenza di Maria ai piedi della Croce, perché il Vangelo è troppo esplicito al riguardo, piuttosto di rendere omaggio all'amore materno più devoto che mai sia esistito, preferisce dare ad intendere che, mentre le figlie di Gerusalemme si mostrarono intrepide al passaggio di Gesù, Maria si recò al Calvario per altra via.
Lo sguardo di Gesù e di Maria.
Il nostro cuore di figli tratterà con più giustizia la donna forte per eccellenza. Chi potrebbe dire il dolore e l'amore che espressero i suoi sguardi, quando s'imbatterono in quelli del figlio carico della Croce? e dire con quale tenerezza e con quale rassegnazione rispose Gesù al saluto della madre? e con quale affetto Maddalena e le altre sante donne sostennero fra le loro braccia colei che doveva ancora salire il Calvario, per ricevere l'ultimo respiro del suo dilettissimo figlio? Il cammino è ancora lungo sulla Via dolorosa, dalla quarta alla decima Stazione, e se fu irrigato dal sangue del Redentore, fu anche bagnato dalle lacrime della madre sua.
La Crocifissione.
Gesù e Maria sono giunti sulla sommità della collina che servirà da altare al più augusto dei sacrifici; ma il divino decreto ancora non permette alla madre d'accostarsi al figlio; solo quando sarà pronta la vittima, s'avanzerà colei che deve offrirla. Mentre aspetta questo solenne momento, quali scosse per la Vergine ad ogni colpo di martello che inchioda sul patibolo le delicate membra del suo Gesù! E quando finalmente le sarà permesso d'avvicinarsi a lui col prediletto Giovanni, la Maddalena e le compagne, quali indicibili tormenti proverà il cuore di questa madre nell'alzare gli occhi e nello scorgere, attraverso il pianto, il corpo lacerato del figlio, stirato violentemente sul patibolo, col viso coperto di sangue e imbrattato di sputi, e col capo coronato da un diadema di spine!
Ecco dunque il Re d'Israele, del quale l'Angelo le aveva preannunziato le grandezze; ecco il figlio della sua verginità, colui che ella ha amato come suo Dio e insieme come frutto benedetto del suo seno! Per gli uomini, più che per sé, ella lo concepì, lo generò, lo nutrì; e gli uomini l'hanno ridotta in questo stato! Oh, se, con uno di quei prodigi che sono in potere del Padre celeste, potesse essere reso all'amore di sua madre, e se la giustizia alla quale s'è degnato di pagare tutti i nostri debiti volesse accontentarsi di ciò che egli ha sofferto! Ma no, deve morire, ed esalare lo spirito in mezzo alla più crudele agonia.
Il martirio di Maria.
Dunque Maria è ai piedi della Croce per ricevere l'addio del figlio, che sta per separarsi da lei; fra qualche istante, di questo suo amatissimo figlio non le resterà che un corpo inanimato e coperto di piaghe. Ma cediamo qui la parola a san Bernardo, del cui linguaggio si serve oggi la Chiesa nell'Ufficio del Mattutino: "Oh, Madre, egli esclama, considerando la violenza del dolore che ha trapassata l'anima tua, noi ti proclamiamo più che martire, perché la compassione che hai provato per tuo figlio, sorpassa tutti i patimenti che il corpo può sopportare. Non è forse stata più penetrante d'una spada per la tua anima quella parola: Donna ecco il figlio tuo? Scambio crudele! in luogo di Gesù, ricevi Giovanni; in luogo del Signore, il servo; in luogo del Maestro, il discepolo; in luogo del figlio di Dio, il figlio di Zebedeo: un uomo, insomma, in luogo d'un Dio! Come poté la tua anima sì tenera non essere ferita, quando i cuori nostri, i nostri cuori di ferro e di bronzo, si sentono lacerati al solo ricordo di quello. che dovette allora soffrire il tuo? Perciò non vi meravigliate, fratelli miei, di sentir dire che Maria fu martire nella sua anima. Di nulla dobbiamo stupirci, se non di colui che avrà dimenticato ciò che san Paolo annovera tra i più gravi delitti dei Gentili, l'essere stati disamorati. Ma un tale difetto è lungi dal cuore di Maria; che sia lungi anche dal cuore di coloro che l'onorano!" (Discorso delle dodici stelle).
Nella mischia dei clamori e degl'insulti che salgono fino al figlio elevato sulla Croce, nell'aria, Maria ascolta quella parola che scende dall'alto fino a lei e l'ammonisce che d'ora in poi non avrà altro figlio sulla terra che quello di adozione. Le gioie materne di Betleem e di Nazaret, gioie così pure e sì spesso turbate dalla trepidazione, sono compresse nel suo cuore e si cambiano in amarezza. Era la madre d'un Dio, e suo figlio le è stato tolto dagli uomini! Alza per un'ultima volta i suoi sguardi al caro Figlio, e lo vede in preda ad un'ardentissima sete, e non può ristorarlo; contempla i suoi occhi che si spengono, il capo che si reclina sul petto: tutto è consumato!
La ferita della lancia.
Maria non s'allontana dall'albero del dolore, all'ombra del quale è stata trattenuta fino adesso dal suo amore materno; ma quali crudeli emozioni l'attendono ancora! Sotto i suoi occhi, s'avvicina un soldato a trapassare con una lanciata il costato del figlio suo appena spirato. "Ah, dice ancora san Bernardo, il tuo cuore, o madre, è trapassato dal ferro di quella lancia ben più che il cuore del figlio tuo, che ha già reso l'ultimo suo anelito. Non c'è più la sua anima; ma c'è la tua, che non può distaccarsene" (Ibidem).
L'invitta madre rimane immobile a custodire i sacri resti del figlio; coi suoi occhi lo vede distaccare dalla Croce; e quando alla fine gli amici di Gesù, con tutte le attenzioni dovute al figlio ed alla madre, glielo rendono così come la morte l'ha ridotto, ella lo riceve sulle sue ginocchia, che una volta furono il trono sul quale ricevette gli omaggi dei prìncipi dell'Oriente. Chi potrà contare i sospiri ed i singhiozzi di questa madre, che stringe al cuore la spoglia esamine del più caro dei figli? Chi conterà le ferite, di cui è coperto il corpo della vittima universale?
La sepoltura di Gesù.
Ma l'ora passa; il sole declina sempre più verso il tramonto: bisogna affrettarsi a rinchiudere nel sepolcro il corpo, di colui ch'è l'autore della vita. La madre di Gesù raccoglie in un ultimo bacio tutta la forza del suo amore, ed oppressa da un dolore immenso come il mare, affida l'adorabile corpo a chi, dopo averlo imbalsamato, lo distenderà sulla pietra della tomba. Chiuso il sepolcro, accompagnata da Giovanni suo figlio adottivo, dalla Maddalena, dai due discepoli che hanno assistito ai funerali e dalle altre pie donne, Maria rientra nella città maledetta.
La novella Eva.
Vedremo noi, in tutti questi fatti, solo lo spettacolo delle sofferenze sopportate dalla madre di Gesù, vicino alla Croce del figlio? Non aveva forse Dio una intenzione, nel farla assistere di persona alla morte del Figlio? E perché non la tolse da questo mondo, come Giuseppe, prima del giorno della morte di Gesù, senza causare al suo cuore materno un'afflizione superiore a quella di tutte la madri prese insieme, che si sarebbero succedute da Eva in poi, lungo il corso dei secoli? Dio non l'ha fatto, perché la novella Eva aveva una parte da compiere ai piedi dell'albero della Croce. Come il Padre celeste attese il suo consenso prima d'inviare sulla terra il Verbo eterno, così pure richiese l'obbedienza ed il sacrificio di Maria per l'immolazione del Redentore. Non era il bene più caro di questa incomparabile madre, quel figlio che aveva concepito solo dopo aver accondisceso alla divina proposta? Ma il cielo non poteva riprenderselo, senza che lei stessa lo donasse.
Quale terribile conflitto scoppiò allora in quel cuore sì amante! L'ingiustizia e la crudeltà degli uomini stanno per rapirle il figlio: come può lei, la madre, ratificare, col suo assenso la morte di chi ama d'un duplice amore, come suo figlio e come suo Dio? D'altra parte, se Gesù non viene immolato, il genere umano continua a rimanere preda di Satana, il peccato non è riparato, ed invano lei è divenuta la madre d'un Dio. Per lei sola sarebbero gli onori e le gioie; e noi saremmo abbandonati alla nostra triste sorte. Che farà, allora, la Vergine di Nazaret, dal cuore così grande, la creatura sempre immacolata, i cui affetti non furono mai intaccati dall'egoismo che s'infiltra così facilmente nelle anime nelle quali è regnato il peccato originale? Maria, per la sua dedizione unendosi per gli uomini al desiderio di suo figlio, che non brama che la loro salvezza, trionfa di se stessa: una seconda volta pronuncia il suo FIAT, ed acconsente all'immolazione del figlio. Non è più la giustizia di Dio che glielo rapisce, ma è lei che lo cede: e, quasi a ricompensa, viene innalzata a un piano di grandezza che mai la sua umiltà avrebbe potuto concepire. Un'ineffabile unione si crea fra l'offerta del Verbo incarnato e quella di Maria; scorrono insieme il sangue divino e le lacrime della madre, e si mescolano per la redenzione del genere umano.
La fortezza di Maria.
Comprendete ora la condotta di questa Madre ed il coraggio che la sostiene. Ben differente da quell'altra madre di cui parla la Scrittura, la sventurata Agar, la quale dopo aver cercato invano di spegnere la sete d'Ismaele, ansimante sotto la canicola solare del deserto, fugge per non vedere morire il figlio, Maria inteso che il suo è condannato a morte, si alza, corre sulle sue tracce fin che non lo ritrova e l'accompagna al luogo ove dovrà spirare. Ed in quale atteggiamento rimane ai piedi della Croce di questo figlio? La vediamo forse venir meno e svenire? L'inaudito dolore che l'opprime l'ha forse fatta cascare al suolo, o fra le braccia di quelli che l'attorniano? No; il santo Vangelo risponde con una sola parola a tutte queste domande: "Maria stava (in piedi) accanto alla Croce". Come il sacrificatore sta eretto dinanzi all'altare, così Maria, per offrire un sacrificio come il suo, conserva il medesimo atteggiamento. Sant'Ambrogio, che col suo tenero spirito e la profonda intelligenza dei misteri, ci ha tramandato preziosissimi trattati del carattere di Maria, esprime tutto in queste poche parole: "Ella rimase ritta in faccia alla Croce, contemplando coi suoi occhi il figlio, ed aspettando, non la morte del caro figlio, ma la salvezza del mondo" (Comment. su san Luca. c. xxiii).
Maria, madre nostra.
Così la Madre dei dolori lungi dal maledirci, in un simile momento, ci amava e sacrificava a nostra salvezza perfino i ricordi di quelle ore di felicità che aveva gustate nel figliol suo. Facendo tacere lo strazio del suo cuore materno, ella lo rendeva al Padre come una sacro deposito che le aveva affidato. La spada penetrava sempre più nell'intimo dell'anima sua; ma noi eravamo salvi: da semplice creatura, essa cooperò insieme col figlio alla nostra salute. Dopo di ciò, ci meraviglieremo sé Gesù scelse proprio questo momento per eleggerla Madre degli uomini, nella persona di Giovanni che rappresentava tutti noi? Mai, come allora, il Cuore di Maria era aperto in nostro favore. Sia dunque, ormai, l'Eva novella, la vera "Madre dei viventi". La spada, trapassando il suo Cuore immacolato, ce ne ha spalancata la porta. Nel tempo e nell'eternità, Maria estenderà anche a noi l'amore che porta a suo figlio, perché da questo momento ha inteso da lui che anche noi le apparteniamo. A riscattarci è stato il Signore: a cooperare generosamente al nostro riscatto è stata la Madonna.
Preghiera.
Con tale confidenza, o Madre afflitta, oggi noi veniamo con la santa Chiesa, a renderti il nostro filiale ossequio. Tu partoristi senza dolore Gesù, frutto dal tuo ventre; ma noi, tuoi figli adottivi, siamo penetrati nel tuo Cuore per mezzo della lancia. Con tutto ciò amaci, o Maria, corredentrice degli uomini! E come potremmo noi non cantare all'amore del tuo Cuore sì generoso, quando sappiamo che per la nostra salvezza ti sei unita al sacrificio del tuo Gesù? Quali prove non ci hai costantemente date della tua materna tenerezza, tu che sei la Regina di misericordia, il rifugio dei peccatori, l'avvocata instancabile di tutti noi miseri? Deh! o Madre, veglia su noi; fa' che sentiamo e gustiamo la dolorosa Passione di tuo figlio. Non si svolse, essa, sotto i tuoi occhi? non vi prendesti parte? Facci dunque penetrare tutti i misteri, affinché le nostre anime, riscattate dal sangue di Gesù, e lavate dalle tue lacrime, si convertano finalmente al Signore e perseverino d'ora innanzi nel suo santo servizio.
[1] Labbe, Concilies, t. XII p. 365. - Il decreto esponeva la ragione dell'istituzione di tale festa: "Onorare l'angoscia che provò Maria quando il Redentore s'immolò per noi e raccomandò questa Madre benedetta a Giovanni, ma soprattutto affinché sia repressa la perfidia degli empi eretici Ussiti".
da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 661-669.».

Guéranger, L'anno liturgico - Festa dei Sette Dolori della Beata Vergine (http://www.unavoce-ve.it/pg-15set.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-15set.htm




AVE MARIA!!!
Luca, Sursum Corda - Habemus Ad Dominum!!!

Holuxar
24-09-18, 23:09
24 SETTEMBRE 2018: NOSTRA SIGNORA DELLA MERCEDE…



«24 SETTEMBRE: MADONNA DELLA MERCEDE.»
"Dom Prosper Guéranger, L'Anno Liturgico - 24 settembre. Madonna della Mercede."
Dom Prosper Guéranger, L'Anno Liturgico - 24 settembre. Madonna della Mercede (http://www.unavoce-ve.it/pg-24set.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-24set.htm




Beata Vergine della Mercede - Sodalitium (http://www.sodalitium.biz/beata-vergine-della-mercede/)
http://www.sodalitium.biz/beata-vergine-della-mercede/
«24 settembre, Beata Vergine della Mercede.
“Festa della beata Vergine Maria detta della Mercede, Fondatrice sotto tale nome dell’Ordine per la redenzione degli schiavi. La sua Apparizione si commemora il dieci Agosto”.
Salve o Maria, Madre purissima della Mercede, fonte perenne da cui derivano a noi le grazie del Signore, esempio di virtù da cui le nostre anime apprendono la loro perfezione. Il tuo nome risuona festoso in cielo ed in terra ed è per tutti luce e splendore che rischiara santamente l’intelletto, fortezza che rende invincibile il cuore contro gli assalti nemici. Tu sei rifugio dei cristiani e sei ancora la padrona dei loro affetti, dei loro pensieri. Tu per liberare i fedeli dalle catene dei maomettani discendesti dal cielo. Per questo tutto il mondo riconoscente ti acclama sua dolce consolatrice. O Vergine Santa, poiché ti sei compiaciuta di unire alla suprema dignità di Madre di Dio e degli uomini, il nome e l’ufficio pietoso di Madre e Redentrice degli schiavi, degnati di stendere il tuo manto benedetto su di noi, devoti di sì caro nome e su tutti i cristiani vivi e defunti, affinché salvati dalla tua materna protezione da quanti mali ci affliggono, veniamo a rallegrarci con te eternamente nel gaudio del Signore. Così sia.»
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http://www.sodalitium.biz/sante-messe/

http://www.sodalitium.biz/s-messa-provincia-verona/

“Sodalitium - IMBC.”
https://www.youtube.com/user/sodalitium

“Omelie dell'I•M•B•C a Ferrara.”
https://www.facebook.com/OmelieIMBCFerrara/

http://www.oratoriosantambrogiombc.it/




Santa Messa domenicale celebrata da Don Floriano Abrahamowicz a Paese (TV) l’anno scorso, 24 settembre 2017:


«Don Floriano Abrahamowicz - Domus Marcel Lefebvre.
XVI domenica d. Pentecoste - B. V. Mercede (Santa Messa)
https://www.youtube.com/watch?v=EYx_caM40rs
https://www.youtube.com/user/florianoabrahamowicz/
XVIII domenica d. Pentecoste (Santa Messa) Domenica 23 Settembre 2018
https://www.youtube.com/watch?v=uHnbKZLTRpc
XVIII domenica d. Pentecoste (Omelia) Domenica 23 Settembre 2018
https://www.youtube.com/watch?v=tK7zpDRLmvk
http://www.domusmarcellefebvre.it/
http://www.domusmarcellefebvre.it/santa-messa-1.php »





http://www.sursumcorda.cloud/
https://www.facebook.com/CdpSursumCorda/
«Preghiera al Santo del giorno.
In nómine Patris
et Fílii
et Spíritus Sancti.
Eterno Padre, intendo onorare le sante Vergini Aurélia e Neomisia, e Vi rendo grazie per tutte le grazie che Voi avete loro elargito. Vi prego di accrescere la grazia nella mia anima per i meriti di queste sante, ed a loro affido la fine della mia vita tramite questa speciale preghiera, così che per virtù della Vostra bontà e promessa, le sante Vergini Aurélia e Neomisia possano essere mie avvocate e provvedere tutto ciò che è necessario in quell'ora. Così sia.»

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Tradidi quod et accepi (http://tradidiaccepi.blogspot.com/)
http://tradidiaccepi.blogspot.com/


https://www.facebook.com/catholictradition2016/
«Sancti et Sanctae Dei, orate pro nobis.»
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«NOSTRA SIGNORA BEATA VERGINE MARIA SANTISSIMA DELLA MERCEDE.
Doppio maggiore.
Paramenti bianchi.
Dom Prosper Guéranger, L'Anno Liturgico - 24 settembre. Madonna della Mercede (http://www.unavoce-ve.it/pg-24set.htm)
Mentre i Saraceni soggiogavano parte della Spagna e menavano schiavi in Africa tanti Cristiani, Nostra Signora Beata Vergine Maria Santissima, la notte del 1° agosto 1218, apparve a Barcellona a san Pietro Nolasco, a san Raimondo di Peñafort e a Giacomo I re d’Aragona, per suggerir loro la fondazione, sotto il nome della Mercede, dell’Ordine della Redenzione degli schiavi, con lo scopo di liberare i Cristiani dalla schiavitù dei Saraceni (Orazione). Per conseguenza, il 10 agosto successivo, il re Giacomo I decretò la fondazione dell'Ordine reale, militare e religioso di Nostra Signora della Mercede, e concedette ai suoi membri il privilegio di portare sul petto il suo stemma.
Fra gli iscritti a questo Ordine vi erano moltissimi cavalieri, e, mentre i chierici recitavano il divin ufficio, essi sorvegliavano le coste e liberavano i prigionieri. Questa opera si sparse per tutto il mondo e diede eroi di santità e uomini ardenti di carità e di pietà senza pari, che si dedicavano a raccogliere le elemosine dei Cristiani, per riscattare i loro fratelli, e che sovente davano se stessi in ostaggio per liberare un gran numero di prigionieri. L’Ordine fu approvato da papa Gregorio IX il 17 gennaio 1235.
Questa festa, celebrata dapprima dall'Ordine di Nostra Signora della Mercede, fu estesa alla Chiesa universale da Innocenzo XII nel XVII secolo.
• Il tempo in cui la più vasta e più bella parte della Spagna era oppressa dal barbaro giogo dei Saraceni, e innumerevoli fedeli sotto sì inumana e infelice schiavitù, correvano grandissimo pericolo di rinnegare la fede cristiana, e di compromettere l'eterna salute, la beatissima Regina del cielo volendo benevolmente rimediare ai mali sì grandi e numerosi, manifestò la sua estrema carità per liberarli. Difatti, mentre san Pietro Nolasco, rinomato per pietà e ricchezze, andava continuamente ruminando nelle sue sante meditazioni in qual maniera poter venire in aiuto delle calamità di tanti Cristiani degenti sotto la dominazione dei Mori, gli apparve con volto ilare la stessa beatissima Vergine, dicendogli come sarebbe accettissimo a lei e al suo Figlio unigenito, se si fondasse in suo onore un ordine religioso avente per scopo di liberare gli schiavi dalla tirannide dei Turchi. Incoraggiato da questa celeste visione, l'uomo di Dio, sentissi avvampare d'un'ardente carità, e non ebbe in cuore più che una sola brama, di consacrare se stesso e l'ordine che avrebbe istituito alla pratica continua di questo amore generosissimo per cui ciascuno avrebbe data la sua vita per gli amici e per il suo prossimo.
La medesima notte, la santissima Vergine apparve anche al beato Raimondo di Peñafort e a Giacomo re d'Aragona, esortandoli a istituire lo stesso ordine religioso, e persuadendoli a concorrere colla loro fortuna alla fondazione di sì bell'opera. Pietro poi corse subito ai piedi di Raimondo, suo confessore, e gli fece conoscere ogni cosa; e trovatolo al corrente di tutto per rivelazione celeste, si mise umilmente sotto la sua direzione. Ma sopraggiunto il re Giacomo, decise d'eseguire quanto la beatissima Vergine gli aveva rivelato. Quindi, dopo aver conferito fra loro, trovatisi d'accordo intrapresero la fondazione d'un ordine in onore della Vergine Madre, sotto il nome di santa Maria della Mercede o della Redenzione degli schiavi.
Pertanto il 10 d'Agosto dell'anno del Signore 1218, il re Giacomo decretò la fondazione di quest'istituto già concepito da quei santi uomini, obbligandone i soci con un quarto voto, di rimanere come ostaggi in potere dei pagani, se fosse stato necessario per la liberazione dei Cristiani. Il re concesse loro di portare sul petto le sue proprie armi, e s'interessò di far approvare da Gregorio IX questo istituto e i voti religiosi ispirati da sì sublime carità verso il prossimo. Ma lo stesso Dio, mercé la Vergine Madre, fece crescere talmente questa istituzione, che con molta rapidità e successo si sparse su tutta la faccia della terra, e fiorì di santi uomini insigni per carità e pietà, i quali si dedicavano a raccogliere elemosine dai Cristiani per riscattare i loro fratelli, e dare spesso se stessi come pegno per liberarne un gran numero. Al fine poi di rendere a Dio e alla Vergine Madre le dovute grazie per sì benefica istituzione, la Sede apostolica dopo aver accordato allo stesso ordine innumerevoli privilegi, concedesse di celebrare questa festa particolare e di recitarne l'Ufficio.
SANTA MESSA
• Omelia di san Beda, il Venerabile, presbitero.
Libro 4 Cap. 49 su Luca 11, 27-28.
Questa donna si mostra in possesso di devozione di fede profonda, poiché, mentre gli scribi ed i farisei tentano il Signore e lo bestemmiano, ella riconosce davanti a tutti la sua incarnazione con tanta sincerità, e la confessa con fede così grande, da confondere e la calunnia dei grandi presenti e la perfidia dei futuri eretici. Infatti, come allora i Giudei, bestemmiando contro le opere dello Spirito Santo, negavano che Cristo fosse vero Figlio di Dio consustanziale al Padre; così in seguito gli eretici, negando che Maria sempre Vergine avesse somministrato, per opera e merito dello Spirito Santo, la materia della propria carne al Figlio unigenito di Dio che doveva nascere con un corpo umano, sostennero che non si doveva riconoscere come vero Figlio dell'uomo e della medesima sostanza della madre.
Ma se si ritiene che il corpo preso dal Verbo di Dio incarnandosi è estraneo alla carne della vergine Madre, senza motivo vengono detti beati il seno che lo portò e il petto che lo allattò. Ora l'Apostolo dice: "Poiché Dio mandò il suo Figlio, fatto da una donna, sottomesso alla legge". E non bisogna dar retta a coloro che pensano si debba leggere: Nato da una donna, sottomesso alla legge, ma bisogna invece leggere: "Fatto da una donna"; perché, concepito nel seno di una vergine, ha tratto la carne non dal nulla, non da altra cosa, ma dalla carne materna. Altrimenti non si potrebbe dire con verità Figlio dell'uomo colui che non ha avuto origine dall'uomo. Anche noi dunque alziamo la nostra voce contro Eutiche insieme con la Chiesa cattolica, di cui questa donna fu figura; solleviamo anche la mente dal mezzo della folla e diciamo al Salvatore: "Beato il seno che ti ha portato e il petto che hai succhiato". Poiché è veramente madre beata ella che, come disse un autore, ha dato alla luce il Re, che regge il cielo e la terra per i secoli.
"Non solo, ma beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica". Il Salvatore approva eminentemente l'attestazione di questa donna, affermando che è beata non soltanto colei che aveva meritato di essere madre corporale del Verbo di Dio, ma che sono beati anche tutti coloro che si sforzeranno di concepire spiritualmente lo stesso Verbo istruendosi nella fede e che, praticando le buone opere, lo faranno nascere e quasi lo alimenteranno sia nel proprio cuore, sia in quello del prossimo. Infatti la stessa Madre di Dio è sì beata per aver contribuito nel tempo all'incarnazione del Verbo, ma è molto più beata perché meritò, amandolo sempre, di custodirlo in sé eternamente.»
https://sardiniatridentina.blogspot.com/2018/09/nostra-signore-della-mercede.html?m=1
«PROPRIUM MISSÆ IN DESCENSIONE B.M.V. DE MERCEDE
A S.R.C. concessa Dioecesi Barcinonesi die 28 nov. 1861.»
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«SILLOGE DI PREGHIERE A NOSTRA SIGNORA BEATA VERGINE MARIA SANTISSIMA DELLA MERCEDE
ossia della Redenzione degli Schiavi.
• Prima preghiera.
℣. Deus, ☩ in adiutorium meum intende.
℞. Domine, ad adiuvandum me festina.
Gloria Patri.
[℣. Provvedi, ☩ o Dio, al mio soccorso.
℞. Signore, affrettati ad aiutarmi.
Gloria al Padre.]
I. Amabilissima Vergine Maria, che non contenta di avere così efficacemente cooperato alla liberazione delle anime nostre dalla schiavitù del peccato allora quando, col sacrificio del vostro Cuore, rendeste più compito e più abbondante quel Sacrificio divino che della propria persona faceva là sul Calvario il vostro divin Figliuolo, voleste ancora diventare la Redentrice dei nostri corpi, ordinando ai vostri divoti d'instituire sotto i vostri auspicj il santissimo Ordine della Mercede per riscattare i cristiani dalle barbare mani degli infedeli, ottenete a noi tutti la grazia di riguardarvi mai sempre come la nostra più generosa benefattrice, e di travagliare continuamente, a vostra imitazione, per la salute così spirituale come corporale dei nostri prossimi.
Ave Maria.
II. Amabilissima Vergine Maria, che, per liberare dalla tirannìa dei Saraceni dominatori della Spagna tutti i Cristiani che venivano da quegli empj condotti in durissima schiavitù, vi degnaste di comparire nella medesima notte a San Pietro Nolasco e a San Raimondo di Peñafort, non che a Giacomo Re d’Aragona, affinché, animati dalla vostra protezione, si applicassero immediatamente all'istituzione dell’Ordine tanto benefico della Mercede, impetrate a noi tutti la grazia di avere a vostra imitazione una compassione tenera ed efficace per tutti i travagli del nostro prossimo, e di viver sempre in maniera da meritare le vostre particolari illustrazioni per procurargli costantemente il miglior bene.
Ave Maria.
III. Amabilissima Vergine Maria, che, ad ottenere efficacissima la redenzione degli schiavi, mediante l’Ordine santissimo della Mercede da Voi medesima instituito, ora infondeste nei facoltosi una generosità tutta nuova perché largheggiassero nelle elemosine, ora moltiplicaste il denaro nelle mani dei Religiosi quando mancavano del necessario al riscatto dei loro fratelli, ora con aperti miracoli sottraeste alle mani dei barbari gli schiavi vostri divoti, ottenete a noi tutti la grazia di non perdere mai la libertà di figli adottivi di Dio, e di essere subito liberati dalla schiavitù del demonio, quando con qualche peccato ci fossimo a lui venduti spontaneamente, onde, dopo avervi servita come nostra padrona qui in terra, passiamo a ringraziarvi per tutti i secoli quale nostra corredentrice su in Cielo.
Ave Maria et Gloria Patri.
℣. Ora pro nobis, sancta Dei Genetrix.
℞. Ut digni efficiamur promissionibus Christi.
Oremus.
Deus, qui per gloriosíssimam Fílii tui Matrem, ad liberandos Christi fidéles a potestáte paganórum, nova Ecclésiam tuam prole amplificáre dignátus es: præsta, quǽsumus; ut, quam pie venerámur tanti óperis institutrícem, ejus páriter méritis et intercessióne, a peccátis ómnibus et captivitáte daemonis liberémur.
Per eundem Dominum nostrum Jesum Christum filium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti, Deus, per omnia saecula saeculorum.
℞. Amen.
℣. Nos cum prole pia benedicat Virgo Maria.
℞. Amen.
[℣. Prega per noi, o Santa Madre di Dio.
℞. Affinché siam fatti degni delle promesse di Cristo.
Preghiamo.
O Dio, a liberare i fedeli di Cristo dalla schiavitù dei pagani, ti sei degnato, per mezzo della gloriosissima Madre del tuo Figlio, di arricchire la Chiesa di una nuova famiglia; come devotamente la veneriamo istitutrice di così grande opera, così, per i suoi meriti e per la sua intercessione, concedici di essere liberati da tutti i peccati e dalla schiavitù del demonio.
Per il medesimo nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
℞. Amen.
℣. La Vergine Maria benedica noi e tutti i suoi devoti.
℞. Amen.]
• Seconda preghiera.
O Vergine Santissima della Mercede, Voi che per pietà verso i miseri schiavi cristiani, scendeste dal Cielo, ingiungendo a San Pietro Nolasco di fondare un Ordine religioso che, con voto eroico, attendesse alla loro liberazione, deh! Vi muova a pietà lo stato di tanti che giacciono sotto la più dura schiavitù, quella del peccato. Liberateli, o Vergine Santa, e concedete loro la libertà dei figli di Dio! Minacciati, come siamo, dalla stessa schiavitù, anche per noi risplenda la vostra pietà, o Vergine Santissima della Mercede! Voi che conoscete l'insufficienza nostra nelle dure lotte contro il comune nemico, accorrete in nostro aiuto, rinsaldate le nostre vacillanti volontà, donateci la vittoria. Su Voi, Madre nostra Santissima, sono riposte le nostre speranze. Da Voi ci aspettiamo il trionfo finale per raggiungere il Paradiso e sciogliere un cantico di gloria e di ringraziamento a Voi che ne siete la Regina. Amen.»
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“24 SETTEMBRE 2018: NOSTRA SIGNORA DELLA MERCEDE.”
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“Il 24 settembre 366 muore a Roma Papa Liberio di venerata memoria, Sommo Pontefice.
«Disgraziatamente la leggenda s’è impadronita ben presto della figura di Liberio, il quale venne trasformato in una specie di rinnegato, aderente al partito ariano ed in conseguenza un persecutore di Felice II. Ne seguì che il primitivo culto tributato dopo morte al travagliato Pontefice e che sino ad oggi è comune a tutte le Chiese orientali, in Roma a poco a poco venne meno. Anche oggi Liberio passa poco meno per un lapso, vittima della perfidia dell’imperatore Costanzo. [...] Nel medio evo pare che in qualche calendario romano se ne festeggiasse la memoria il 17 maggio e il 23 settembre. Il calendario bizantino, il 27 agosto, celebra la memoria “τοῦ ὁσίου πατρόσ ἡμῶν καί ὁμολογητοῦ Λιβερίου Πάπα Ῥωμης” – Padre nostro, confessore della Fede e Papa di Roma. I Copti lo festeggiano il 9 ottobre: “Il riposo di san Liberio, vescovo di Roma e difensore della Fede”. Di nuovo ne ricorre la memoria il quarto giorno del loro piccolo mese supplementare: “Commemorazione di Liberio vescovo di Roma”. [...] Dopo morto, Liberio venne salutato sol titolo di confessore e di martire [...]. Insomma, quando a riguardo di Papa Liberio sant’Ambrogio scriveva alla propria sorella Marcellina: “Tempus est, soror sancta, ea quae mecum conferre soles, beatae memoriae Liberii, preaecepta revolvere, ut quo vir sanctior, eo sermo accedat gratior” (De virg. , c. IV), egli rifletteva la primigenia tradizione della Chiesa Romana, tradizione che venuta più tardi meno nell’Eterna Città, ci è stata nondimeno conservata intatta dalle più antiche Chiese di Oriente».
(Cardinale A. I. Schuster, Liber Sacramentorum, Marietti, Torino, 1930, Vol. VIII, pp. 274-278).”
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“Il 24 settembre 1143 muore Papa Innocenzo II Papareschi, Sommo Pontefice.”





“24 Settembre -Beata Vergine Maria della Mercede
24 Settembre -Beata Vergine Maria della Mercede (http://www.preghiereperlafamiglia.it/beata-vergine-maria-della-mercede.htm)
http://www.preghiereperlafamiglia.it/beata-vergine-maria-della-mercede.htm
24 SETTEMBRE BEATA VERGINE MARIA DELLA MERCEDE.
Tra le famiglie religiose dedicate alla Madre di Cristo, vi è l'Ordine della beata Vergine Maria della mercede (Misericordia), fondato a Barcellona nel 1218, per la redenzione dei cristiani prigionieri, da san Pietro Nolasco (†1256) con la collaborazione di san Raimondo di Peñafort (†1275} e di Giacomo I († 1276), re di Aragona. La beata Vergine sotto il titolo «della mercede» è venerata soprattutto in Aragona e in Catalogna, come pure in numerose regioni dell'America Latina. La fondazione dell'Ordine Mercedario, fu ispirata a S. Pietro Nolasco da Maria: i Mercedari, fissando la loro attenzione su Maria, le hanno attribuito il titolo della Mercede o della Misericordia perché, come diceva Alfonso X il Savio: "Redimere gli schiavi è opera di grande Merced ", ossia di Misericordia. E' un Ordine religioso profondamente inserito nella vita della Chiesa che opera soprattutto là dove è necessario portare la liberazione redentrice del Vangelo, dove l'uomo viene sfruttato e oppresso, dove la sua fede e la sua dignità di persona sono in pericolo. L' Ordine è composto di sacerdoti e di fratelli cooperatori che vivono la stessa vita religiosa.”







Dom Prosper Guéranger, L'Anno Liturgico - 24 settembre. Madonna della Mercede (http://www.unavoce-ve.it/pg-24set.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-24set.htm
“24 SETTEMBRE: MADONNA DELLA MERCEDE.
Forza e dolcezza.
Settembre termina con la lettura, nell'Ufficio del tempo, dei libri di Giuditta e di Ester. Ester e Giuditta, liberatrici gloriose, sono figura di Maria, la nascita della quale illumina tutto il mese di un fulgore così puro, che il mondo ha già sperimentato utile.
Adonai, Signore, tu sei grande; ti ammiro, o Dio, che rimetti la salvezza nelle mani della donna (Antifona del Magnificat ai primi Vespri della IV domenica di settembre). La Chiesa inizia così la storia dell'eroina che salvò Betulia con la spada, mentre, per strappare il suo popolo dalla morte, la nipote di Mardocheo adoperò soltanto fascino e preghiere. Dolcezza dell'una, valore nell'altra, bellezza in tutte e due; ma la Regina, che si è scelto il Re dei re, tutto eclissa con la sua perfezione senza rivali e la festa di oggi è un monumento della potenza che spiega per liberare, a sua volta, i suoi.
La schiavitù.
L'impero della Mezzaluna non cresceva più. In declino in Spagna, fermato in Oriente dal regno latino di Gerusalemme, nel secolo XII, lo si vide cercare nella pirateria gli schiavi che le conquiste non fornivano più. Ormai poco molestata dalla Crociata, l'Africa saracena corse i mari, per rifornire il mercato mussulmano. L'anima freme al pensiero di innumerevoli sventurati di ogni condizione, di ogni sesso, di ogni età, strappati alle regioni costiere dei paesi cristiani, o catturati sui flutti, e distribuiti negli Harem o nelle galere. Ma, nel segreto delle prigioni senza storia, Dio non fu meno onorato che nelle lotte degli antichi martiri, perché eroismi ammirabili riempirono il mondo della loro fama e, dopo dodici secoli, sotto gli occhi degli angeli, Maria aprì nel dominio della carità orizzonti nuovi nei quali i cristiani rimasti liberi, votandosi al soccorso dei fratelli avrebbero dato prova di eroismi ancora sconosciuti. Non vi è qui una ragione della presenza del male passeggero di questa terra? Sarebbe senza di esso meno bello il cielo, che deve durare eternamente.
Gli Ordini per il riscatto degli schiavi.
L'Ordine della Mercede, a differenza di quello della SS. Trinità, che l'aveva preceduto di 20 anni, fondato in pieno campo di battaglia contro i Mori, ebbe alla sua origine più cavalieri che sacerdoti. Fu chiamato Ordine reale, militare e religioso della Madonna della Mercede per la redenzione degli schiavi e i suoi sacerdoti attendevano all'Ufficio corale nelle Commende dell'Ordine, mentre i cavalieri sorvegliavano le coste e adempivano la missione rischiosa del riscatto dei prigionieri cristiani. San Pietro Nolasco fu il primo Commendatore o Maestro Generale dell'Ordine e quando furono trovati i suoi resti lo si trovò ancora armato di corazza e di spada.
Leggiamo le righe che seguono, nelle quali la Chiesa, ricordando fatti noti, ci dà oggi il suo pensiero (Festa dei santi Pietro Nolasco e Raimondo di Pegnafort, 28 e 23 gennaio).
Quando il giogo Saraceno pesava sulla parte più grande e più bella della Spagna, mentre innumerevoli infelici, in una spaventevole schiavitù, erano esposti al pericolo continuo di rinnegare la fede e di dimenticare la loro eterna salvezza, la Beata Regina del cielo, rimediando nella sua bontà a tanti mali, rivelò la sua grande carità, per riscattare i suoi figli. Apparve a san Pietro Nolasco, che pari alla ricchezza aveva la fede e che, nelle sue meditazioni davanti a Dio, pensava continuamente al modo di portare aiuto ai molti cristiani prigionieri dei Mori. Dolce e benigna, la Beata Vergine si degnò dirgli che, insieme con il suo Figlio, avrebbe gradito la fondazione di un Ordine religioso, che avesse lo scopo di liberare i prigionieri dalla tirannia dei Turchi e, incoraggiato da questa visione, l'uomo di Dio si pose all'opera con un ardore di carità che sarebbe impossibile descrivere ed ebbe da quel momento un solo pensiero: consacrare sé e l'Ordine che avrebbe fondato all'altissima missione di carità di rischiare la vita per i suoi amici e per il prossimo.
Nella stessa notte la Vergine Santissima si era manifestata al beato Raimondo da Pegnafort e al re Giacomo di Aragona, rivelando anche ad essi il suo desiderio e pregandoli di impegnarsi in un'opera così importante. Pietro corse tosto ai piedi di Raimondo, suo confessore, per esporgli ogni cosa. Lo trovò già preparato da Dio e si affidò alla sua direzione. Intervenne allora il re Giacomo, onorato egli pure della visione della Beata Vergine e risoluto di realizzare il desiderio da Lei manifestato. Dopo averne trattato insieme, in perfetto accordo, si dedicarono alla fondazione dell'Ordine in onore della Beata Vergine, che avrebbero intitolato con il nome di Santa Maria della Mercede per la Redenzione degli schiavi.
Il 10 agosto dell'anno del Signore 1218, il re Giacomo pose in opera il progetto già maturato dai santi personaggi e i religiosi si obbligavano con un quarto voto a restare ostaggio presso le potenze pagane, se si fosse reso necessario per liberare i cristiani. Il Re concedette che i religiosi portassero sul proprio petto le sue insegne ed ebbe cura di ottenere da Gregorio IX la conferma dell'Ordine religioso, che si proponeva così grande carità verso il prossimo. Dio stesso, per mezzo della Beata Vergine, diede all'opera tale sviluppo che fu presto nota nel mondo intero ed ebbe molti membri insigni per santità, pietà e carità e, raccogliendo le offerte dei fedeli di Cristo e impiegandole nel riscatto del prossimo, offrendo spesso per il riscatto sé stessi, liberarono molti. Era doveroso rendere grazie a Dio e alla Vergine Madre per una istituzione così bella e per tanti benefici operati e la Sede Apostolica, con i mille privilegi concessi all'Ordine, accordò la celebrazione di questa festa particolare e il suo Ufficio.
La Vergine liberatrice.
Sii benedetta, tu, onore del nostro popolo e nostra gioia (Giudit. 15, 10). Nel giorno della tua Assunzione gloriosa era bello per noi vederti salire a prendere il titolo di Regina (Ester 4, 14) e la storia dell'umanità è piena dei tuoi interventi misericordiosi. Si contano a milioni quelli cui tu hai spezzato le catene, i prigionieri da te strappati all'inferno dei Saraceni, vestibolo dell'inferno di Satana. In questo mondo, che gioisce al ricordo recentemente rinnovato della tua nascita, il tuo sorriso bastò sempre a dissipare le nubi e ad asciugare il pianto. Quanti dolori tuttavia sono ancora su questa terra sulla quale nei giorni della tua vita terrena anche tu hai voluto gustare a lungo il calice della sofferenza! Dolori che santificano, dolori per qualcuno fecondi ma, purtroppo anche dolori sterili, dannosi, di sventurati che l'ingiustizia sociale inasprisce, per i quali la schiavitù dell'officina, lo sfruttamento multiforme del più forte sul debole appaiono peggiore della schiavitù in Algeria o a Tunisi. Tu sola, o Maria, puoi spezzare questi legami inestricabili coi quali l'ironia del principe del mondo incatena una società che ha portato allo sbandamento in nome della libertà, dell'eguaglianza. Degnati intervenire; mostra che tu sei Regina. Tutta la terra, l'umanità, ti dice, come Mardocheo a colei ch'egli aveva nutrito: Parla al re per noi, liberaci dalla morte (Ester 15, 1-3).
da: P. GUÉRANGER, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. ROBERTI, P. GRAZIANI e P. SUFFIA, Alba, Edizioni Paoline, 1959, pp. 1104-1106.”





Ligue Saint Amédée (http://www.SaintAmedee.ch)
http://www.SaintAmedee.ch
https://www.facebook.com/SaintAmedee/?hc_ref
“24 septembre
La fête de Notre-Dame de la Merci est une condamnation de la "religion" du croissant et par anticipation des rencontres interreligieuses.
Personne ne peut dire combien ont souffert les fidèles au début du VIIème siècle en Espagne sous la tyrannie de la fausse religion : écorchement, supplice du feu, réduction à l'esclavage.
Aujourd'hui, il y a un esclavage plus terrible : l'apostasie des Nations et le désarroi des hommes d'Église.
Cette fois encore, notre secours est dans le recours à Celle qui écrase la tête du Serpent, qui a reçu la mission de vaincre toutes les hérésies, dans la fidélité au devoir d'état et dans la pratique des vertus chrétiennes.
Nous commémorons aussi en ce jour la rencontre des prêtres sortis de la Fraternité avec Monseigneur Guérard des Lauriers arrivée le 24 septembre 1986, après avoir prié Notre-Dame du Bon Conseil.”
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24 septembre : Notre-Dame de la Merci :: Ligue Saint Amédée (http://liguesaintamedee.ch/saint-du-jour/24-septembre-notre-dame-de-la-merci)
“24 Septembre : Notre-Dame de la Merci.”
http://liguesaintamedee.ch/application/files/9315/3755/7468/09_24_notre_dame_merci.jpg


http://liguesaintamedee.ch/application/files/9315/3755/7468/09_24_notre_dame_merci.jpg




AVE MARIA!!!
Luca, Sursum Corda - Habemus Ad Dominum!!!

Holuxar
12-09-19, 19:53
8 SETTEMBRE 2019: ANNIVERSARIO DELLA “PASCENDI DOMINICI GREGIS” DI PAPA SAN PIO X; NATIVITÀ DELLA BEATA VERGINE MARIA CON MEMORIA DELLA TREDICESIMA DOMENICA DOPO PENTECOSTE…



«8 SETTEMBRE NATIVITÀ DELLA BEATA VERGINE MARIA.»
Guéranger, L'anno liturgico - Natività della Beata Vergine Maria (http://www.unavoce-ve.it/pg-8set.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-8set.htm


«DOMENICA TREDICESIMA DOPO LA PENTECOSTE.»
Guéranger, L'anno liturgico - Domenica Tredicesima dopo la Pentecoste (http://www.unavoce-ve.it/pg-dopopent-dom13.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-dopopent-dom13.htm





“8 SETTEMBRE: NATIVITÀ DELLA BEATA VERGINE MARIA."
https://forum.termometropolitico.it/333468-8-settembre-nativita-della-beata-vergine-maria.html
https://forum.termometropolitico.it/265981-8-settembre-nativita-della-beata-vergine-maria.html
“8 Settembre - Natività della Beata Vergine Maria.”
https://forum.termometropolitico.it/265981-8-settembre-nativita-della-beata-vergine-maria-3.html
"12 SETTEMBRE: SANTISSIMO NOME DI MARIA."
15 SETTEMBRE: BEATA VERGINE MARIA ADDOLORATA, Festa dei Sette Dolori della B. V. Maria.”





SANTA MESSA DOMENICALE CELEBRATA DA DON FLORIANO ABRAHAMOWICZ A PAESE (TV) OGGI 8 SETTEMBRE 2019: NATIVITÀ DELLA BEATA VERGINE MARIA CON MEMORIA DELLA TREDICESIMA DOMENICA DOPO PENTECOSTE...


«Don Floriano Abrahamowicz - Domus Marcel Lefebvre.
https://www.youtube.com/user/florianoabrahamowicz/
http://www.domusmarcellefebvre.it/
Natività B.V. Maria (XIII domenica d. Pentecoste)- (Santa Messa)
https://www.youtube.com/watch?v=5Z9v7udCG6U
Natività B.V. Maria (XIII domenica d. Pentecoste)- (Omelia)
Ogni giovedì alle ore 20.30 ha luogo la lettura in diretta di una o due questioni del Catechismo di San Pio X.
SANTA MESSA - domusmarcellefebvre110815 (http://www.domusmarcellefebvre.it/santa-messa-1.php)
http://www.domusmarcellefebvre.it/santa-messa-1.php
La Santa Messa tutte le domeniche alle ore 10.30 a Paese, Treviso.»



Don Floriano Abrahamowicz ha dovuto rimandare - a causa della forte pioggia, che tra l’altro ha fatto andare via la corrente interrompendo la registrazione completa della Santa Messa - la Festa di San Pio X a Domenica prossima 15 settembre…Comunque grazie a Dio l’omelia è venuta registrata dato che è stata grandiosa; è andato giù duro contro la maggior parte delle posizioni ‘lebbrose’ presenti anche nell’ambiente del “cattolicesimo tradizionale”, inclusa (seppur senza nominarla esplicitamente) la “Tesi di Cassiciacum”…Questo significa parlare chiaro e schietto:


«(…) è d’obbligo ricordare ogni anno la spiegazione ufficiale della mondazione dei lebbrosi come ci insegna Madre Chiesa (…) dice Sant’Agostino (…) dobbiamo chiederci cosa significa la lebbra e lui dice “non senza ragione si può intendere con la lebbra coloro che non hanno la scienza della vera fede, non la conoscono, ma professano varie dottrine di errore” (…)
Cari fedeli, una cosa è errare, una cosa è non sapere e dire un errore (…) un’altra cosa è sapere che si sbaglia e professare lo stesso quell’errore. (…)
Questi uomini, falsi preti, falsi vescovi, falsi papi, non di nascosto, apertamente negano le Verità. Dunque non esiste dire “dobbiamo aspettare un futuro papa che fa loro un processo” come fa la Fraternità San Pio X, e anche qualche sedevacantista…Oggi il sedevacantismo non è più una garanzia per non essere lebbrosi…(…)
C’è così tanta confusione anche nel mondo appunto della tradizione. E ciascuno cerca di farsi sicurezza. (…) No, non basta dire “sono sedevacantista”…perché esistono sedevacantismi che sono praticamente uguali identici ad altri tradizionalismi. (…) La prima cura di San Pio X è la scuola, insegnare il Catechismo. La prima cura è studiare, meditare, conoscerlo il Catechismo, applicarlo poi anche alla situazione attuale (…)
Io devo farmi un’idea…Dov’è la Chiesa di Gesù Cristo? Dove sono i veri sacramenti? Dov’è la vera dottrina? Posso dire “è a Roma anche se Ratzinger dice eresie”?! No. Posso dire “lì ad ogni modo c’è la Chiesa anche se non hanno la fede”?! (…) No. Perché la Chiesa contiene peccatori, ma non è peccatrice. La Chiesa contiene lebbrosi che errano, che hanno tante confusioni, ma Lei non è macchiata di errore. E perciò non esiste gerarchia che professi l’errore, non esiste. Ma non esiste neanche una gerarchia potenziale che professa l’eresia; uno che potrebbe essere papa, non lo è, perché dice cose che non vanno bene…Non esiste nella Chiesa di Gesù Cristo! È una forzatura che offende la Vergine Maria nella sua Immacolata Concezione, nella sua Santa Natività. Ricordiamolo. Come può avere un qualsiasi titolo uno che mi dice che la Santa Vergine Maria non è nata Santa…Ma me lo volete spiegare come questo è possibile? E ci sono tradizionalisti che cercano di spiegarlo…”si, lui dice questo, però se non lo dicesse più diverrebbe papa”…Ma figlioli miei…disastro…Allora mastichiamola la nostra fede, amiamola (…) per guarire dalla nostra lebbra, che un po’ ce l’abbiamo tutti…
Nel giorno della Natività della Santa Vergine Maria imploriamola di darci questo Amore per la Verità…»
- Don Floriano Abrahamowicz, omelia dell’8 settembre 2019.





http://www.sodalitium.biz/nativita-di-maria/
«8 settembre, Natività di Maria Santissima.
Gloriosissima Vergine e clementissima Madre di Dio, Maria, eccomi prostrato ai tuoi santissimi piedi, come servo umile e tuo indegno devoto. Ti prego dal più profondo del mio cuore di degnarti di ricevere queste mie piccole lodi e fredde benedizioni che i offro con questa santa novena; sono preghiere che cercano di unirsi a quelle numerose e fervorose che gli Angeli e i Santi innalzano a te ogni giorno. In cambio ti supplico di concedermi che, come tu sei nata al mondo per essere Madre di Dio, rinasca anch’io alla Grazia per essere tuo figlio, in modo che amando te dopo Dio sopra ogni altra cosa creata e servendoti fedelmente sulla terra, possa un giorno venire a lodarti e benedirti per sempre in Cielo. Così sia.»
http://www.sodalitium.biz/wp-content/uploads/nativita-maria-1-167x300.jpg


http://www.sodalitium.biz/wp-content/uploads/nativita-maria-1-167x300.jpg



"Della Natività di Maria Vergine - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/della-nativita-maria-vergine/
Della Natività di Maria Vergine - Sodalitium (http://www.sodalitium.biz/della-nativita-maria-vergine/)
http://www.sodalitium.biz/wp-content/uploads/Nativity-of-Mary-print-213x300.jpg


http://www.sodalitium.biz/wp-content/uploads/Nativity-of-Mary-print-213x300.jpg



Pascendi - Sodalitium (http://www.sodalitium.biz/pascendi/)
http://www.sodalitium.biz/pascendi/
“Lettera Enciclica del Sommo Pontefice San Pio X sugli errori del Modernismo.”



3 Settembre Festa di san Pio X ? Oratorio Sant'Ambrogio ? Milano (http://www.oratoriosantambrogiombc.it/2019/09/03/3-settembre-festa-di-san-pio-x-2/)
Omelia della festa della Natività della Madonna ? Oratorio Sant'Ambrogio ? Milano (http://www.oratoriosantambrogiombc.it/2019/09/08/omelia-della-festa-della-nativita-della-madonna/)
«L’omelia tenuta da don Ugolino Giugni domenica 8 settembre 2019, festa della Natività di Maria.
Nella quale si parla della festa della Natività di Maria e si risponde a qualche obiezione sulla posizione dell’Istituto, la Tesi di Cassiciacum come “ma voi giudicate il papa…” – è disponibile per l’ascolto ->»



SANTE MESSE CATTOLICHE "NON UNA CUM" CELEBRATE DAI SACERDOTI DELL' I.M.B.C. ("ISTITUTO MATER BONI CONSILII") IN TUTTA ITALIA:


"Sante Messe - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/

"Torino - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/torino/

"Modena - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/modena/

"Rimini - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/rimini/

"Pescara - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/pescara/

"Potenza - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/potenza/

"Roma - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/roma/

"S. Messa in provincia di Verona - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/s-messa-provincia-verona/

“Sodalitium - IMBC.”
https://www.youtube.com/user/sodalitium

“Omelie dell'I.M.B.C. a Ferrara.”
https://www.facebook.com/OmelieIMBCFerrara/


http://www.oratoriosantambrogiombc.it/
“Oratorio Sant'Ambrogio, Milano - Offertur Oblatio Munda (Malachia 1, 11).”







http://www.sursumcorda.cloud/
https://www.sursumcorda.cloud/sostienici/libri.html
https://www.facebook.com/CdpSursumCorda/

«Carlo Di Pietro - Sursum Corda
8 settembre Natività della Beata Vergine Maria. + Maria Santissima, madre e speranza mia, aiutatemi Voi e sarò certamente esaudito. Amen, amen. Così sia. + »

https://www.agerecontra.it/tag/sursum-corda/
https://www.agerecontra.it/2019/09/disponibile-il-numero-174-di-sursum-corda/
«Sul sito è disponibile il numero 174 (del giorno 8 settembre 2019) di Sursum Corda®.
Il settimanale si può scaricare gratuitamente nella sezione download dedicata ai soli Associati e Sostenitori. Per donare all’Associazione cliccare qui oppure qui .
Cliccare qui per gli ultimi articoli leggibili gratuitamente sul sito:
– Comunicato numero 174. il fico maledetto;
– La Charité de la Verité (R. P. Guérard Des Lauriers O. P.);
– Ancora sugli inganni del rispetto umano (per giovani seminaristi);
– Racconti miracolosi n° 92. San Francesco Solano fra i selvaggi;
– Orazione a Santa Regina, Vergine e Martire (7.9);
– Preghiera di San Pio X al Volto Santo di Manoppello;
– Orazione a Sant’Eleuterio, Abate (6.9);
– Orazione a San Lorenzo Giustiniani, Vescovo e Confessore (5.9);
– Preghiera a Santo Stefano Re d’Ungheria, Confessore (2.9);
– Preghiere a San Pio X, Papa e Confessore (3.9).
Preghiamo per i nostri Sacerdoti e Religiosi/e, per le vocazioni, per le famiglie, per le intenzioni della nostra Associazione e per la conversione dei modernisti affidandoci alla potente intercessione di San Giovanni di Dio . Ossequi, Carlo Di Pietro.»
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https://www.facebook.com/catholictradition2016/
«MARTIROLOGIO ROMANO, 1955. Sancti et Sanctae Dei, orate pro nobis.»
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“CATECHISMO MAGGIORE DI SAN PIO X. Della Natività di Maria Vergine.

129 D. Quando celebra la Chiesa la festa della Natività di Maria Vergine?
R. La Chiesa celebra la festa della Natività di Maria Vergine nel giorno otto di settembre.

130 D. Perché si celebra la festa della Natività di Maria Vergine?
R. La Chiesa celebra la festa della Natività di Maria Vergine, perché ella fino dalla sua nascita fu la più santa di tutte le creature, e perché era destinata ad essere la madre del Salvatore.

131 D. Si celebra la festa della Natività solamente per la beata Vergine?
R. Si celebra la festa della Natività per la beata Vergine e per S. Giovanni Battista. Conviene osservare però che la beata Vergine non solo nacque in grazia, ma fu in essa grazia concepita; mentre di S. Giovanni Battista può dirsi soltanto che egli fu santificato prima di nascere.

132 D. Qual vita condusse la beata Vergine?
R. La beata Vergine, benché discendente dalla stirpe reale di David condusse vita povera, umile e nascosta, ma preziosa avanti Dio, non peccando mai neppur venialmente e crescendo continuamente nella grazia.

133 D. Che cosa vi è da ammirare in ispecial guisa nelle virtù della beata Vergine?
R. Nelle virtù di Maria Vergine vi è da ammirare in ispecial guisa il voto di verginità ch’ella fece fin da’ suoi più teneri anni; cosa di cui non si aveva ancora esempio.

134 D. Che cosa dobbiamo noi fare nella festa della Natività di Maria Vergine?
R. Nella festa della Natività di Maria Vergine dobbiamo fare quattro cose:
- ringraziar Dio de’ doni e delle prerogative singolari con cui l’ha privilegiata sopra tutte le creature;
- pregarlo per l’intercessione di lei, che distrugga in noi il regno del peccato, e ci renda fedeli e costanti nel suo divino servigio;
- venerare la santità di Maria, e congratularci con essa delle sue grandezze;
- procurare d’imitarla nel conservare gelosamente la grazia, e nell’esercizio delle virtù, principalmente dell’umiltà e della purità, per le quali ella meritò di concepire Gesù Cristo nel suo purissimo seno."
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“MESE DI SETTEMBRE: MESE DI NOSTRA SIGNORA BEATA VERGINE MARIA SANTISSIMA ADDOLORATA.
[Meditazioni sui Dolori della Madonna Addolorata. Meditazioni sopra i dolori della SS. Vergine Madre di Dio proposte alla devozione dei fedeli da un sacerdote passionista. Roma, Santuario della Scala Santa, 1938]”


"NATIVITÀ DI NOSTRA SIGNORA BEATA VERGINE MARIA SANTISSIMA."

"SANT'ADRIANO
Martire.
Paramenti rossi.
Oggi, dai Latini, è festeggiato sant'Adriano martire, il quale, come ricordano il Martirologio Geronimiano e il Martirologio Romano, fu martirizzato il 4 marzo durante la persecuzione di Diocleziano a Nicomedia assieme ad altri ventitré Compagni. L'8 settembre il Martirologio Romano ricorda inoltre la Traslazione del suo sacro corpo da Costantinopoli a Roma.
* Adriano era un uomo impiegato dall'imperatore Massimiano per perseguitare i cristiani di Nicomedia. Avendo ammirata spesso la costanza di quelli nella confessione di fede e nella sopportazione dei tormenti, finalmente spinto da ciò con forza si convertì a Cristo. Per questo fu gettato in carcere insieme ad altri ventitrè cristiani. Lì visitandolo Natalia sua moglie, la quale stessa aveva già creduto in Cristo, sopraggiunse al martirio. Così portato fuori dalla prigione, per lungo tempo fu massacrato con i flagelli, finché si diffacessero le viscere. Infine spezzate le gambe, staccati le mani e i piedi, in compagnia di molti altri, portò a compimento in felicità il conflitto del martirio.
P.S. La commemorazione di sant'Adriano martire è già presente nel link della Santa Messa della Natività di Nostra Signora Beata Vergine Maria Santissima."


“SACRO SETTENARIO IN PREPARAZIONE DELLA FESTA DI NOSTRA SIGNORA BEATA VERGINE MARIA SANTISSIMA ADDOLORATA. (8 - 14 Settembre).
San Paolo della Croce, come di Gesù Crocifisso, così di Maria Addolorata fu devotissimo fin dalla sua prima adolescenza. La continua meditazione dei patimenti di Gesù e dei dolori di Maria, gl'infuse tanto orrore al peccato, che per conto suo conservò la battesimale innocenza per tutto il lungo corso della sua vita; e per combattere il peccato negli altri, si fece zelantissimo apostolo del Crocifisso e dell'Addolorata. Già più che ottantenne costretto a letto dall'età e dall'infermità, quando partivano o ritornavano i suoi figli dalle strepitose missioni di allora, li benediceva con grande effusione, gl'incoraggiava a combattere satana ed il peccato, ed esclamava commosso: Oh se avessi trent'anni di meno! Vorrei uscire in campo aperto a combattere questo mostro esecrando! Ecco l'essenza della devozione all'Addolorata: l'odio al peccato, che le uccise il Figlio (da Meditazioni di un Passionista sui dolori di Maria, Roma, 1938, n.12)”

«NOVENA IN PREPARAZIONE DELLA FESTA DELL'ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE DI NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO. (5 - 13 Settembre).»

“MESE DI SETTEMBRE: MESE DI NOSTRA SIGNORA BEATA VERGINE MARIA SANTISSIMA ADDOLORATA.”

“NOVENA IN PREPARAZIONE DELLA FESTA DEL SANTISSIMO NOME DI NOSTRA SIGNORA BEATA VERGINE MARIA SANTISSIMA. (3 - 11 Settembre).”

“DELLE VIRTÙ DI MARIA SANTISSIMA di Sant'Alfonso Maria de' Liguori. (Glorie di Maria, n. 584-593).”







https://www.radiospada.org/
Edizioni Radio Spada - Home (http://www.edizioniradiospada.com/)
https://www.facebook.com/radiospadasocial/?fref=nf
“8 SETTEMBRE 2019: NATIVITÀ DELLA BEATA VERGINE MARIA (con memoria della XIII domenica dopo Pentecoste).”

https://www.radiospada.org/tag/pascendi-dominici-gregis/
“L’8 settembre 1907 San Pio X pronunziava, a mezzo della profetica enciclica Pascendi Dominici Gregis, la sua infallibile condanna contro il Modernismo.”
https://www.radiospada.org/2019/09/benedetto-croce-daccordo-con-il-papa-contro-i-modernisti/
https://www.radiospada.org/2019/09/giovanni-gentile-contro-i-paperi-modernisti/

San Pio X: il Papa dell’integralità cattolica:
https://www.radiospada.org/2019/09/difunde-tu-fe-catolica-san-pio-x-custodio-de-la-integridad-catolica/
https://i0.wp.com/www.radiospada.org/wp-content/uploads/2019/09/PIOX1.jpg?w=570&ssl=1
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https://i0.wp.com/www.radiospada.org/wp-content/uploads/2019/09/PIOX1.jpg?w=570&ssl=1


San Pio X sui modernisti:
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“Radio Spada Il calendario tradizionale che noi seguiamo, ossia quello precedente la riforma montiniana, oggi festeggia san Pio X. San Gregorio Magno di cui oggi invero ricorre "l'ordinazione a Sommo Pontefice" lo celebriamo il 12 marzo, giorno della sua nascita al cielo.”


https://www.radiospada.org/2019/09/alcuni-miracoli-di-san-pio-x-la-sua-potente-intercessione-e-il-canto-video-a-lui-dedicato/
“Sei cattolico? Fai il giuramento antimodernista di San Pio X [TESTO].”
https://www.radiospada.org/2015/02/sei-cattolico-fai-il-giuramento-antimodernista-di-san-pio-x-testo/
https://www.radiospada.org/tag/san-pio-x/


https://www.radiospada.org/2019/09/meditazione-e-preghiera-a-santa-maria-bambina/
https://i1.wp.com/www.radiospada.org/wp-content/uploads/2019/09/DrRowanWilliamsHolinessPopeBenedictXVIiZ0uvcOXF4hl-3.jpg?w=960&ssl=1


https://www.radiospada.org/2019/09/difunde-tu-fe-catolica-la-natividad-de-la-santisima-virgen-maria-la-criatura-mas-amada-por-dios/





“Pascendi Dominici Gregis.”
https://www.youtube.com/channel/UCo944XvpNSfgXjCViAIOOqg/featured



https://militesvirginismariae.wordpress.com/








“Perché i Cattolici Onorano la Beata Vergine Maria
http://www.cmri.org/ital-94prog9.html
Perché i Cattolici Onorano la Beata Vergine Maria (http://www.cmri.org/ital-94prog9.html)
Perché i Cattolici Onorano la Beata Vergine Maria di S.E. Mons. Mark A. Pivarunas, CMRI
Natività della Beata Vergine Maria.
8 settembre 1994”




“Pascendi Dominici Gregis.”
https://www.youtube.com/channel/UCo944XvpNSfgXjCViAIOOqg/featured




"Ave Maris Stella"
https://www.youtube.com/watch?v=TacNIbmDZ4s
http://daughtersofmary.net/music.php




Ave Maria, testo latino e italiano. Preghiamo.org Preghiera, canto e dottrina mobile! (http://www.preghiamo.org/ave-maria.php)



http://www.santodelgiorno.it/foto/santo5954big.jpg







https://www.radiospada.org
https://www.facebook.com/radiospadasocial/?fref=nf
“8 SETTEMBRE 2019: NATIVITÀ DELLA BEATA VERGINE MARIA.”

“8 settembre: sant'Adriano, martire in Nicomedia sotto Diocleziano.”

“8 settembre 1713: Papa Clemente XI Albani condanna infallibilmente l'opera e gli errori del giansenista Quesnel con la bolla"Unigenitus".”

“8 settembre 1907: con l'Enciclica "Pascendi" San Pio X, condanna infallibilmente l'eresia modernista, "sentina di ogni eresia".”

«di Pacificus
Da quando San Pio X ha sdoganato con la Notre Charge Apostolique la parola “tradizionalisti”, la si può usare – intesa in senso cattolico – come accezione positiva. In particolare dopo il Concilio Vaticano II.
A condirla di negatività ci hanno pensato i rappresentanti stessi del carrozzone (neo)tradizionalista, di cui peraltro fa parte la stessa Radio Spada, con tutti i suoi umanissimi limiti e pregi. (…)
Attenti dunque, tradizionalisti: meno spettacolo e più fedeltà alle cose semplici, che a forza di fare i dottori si finisce come i farisei, a forza di conoscere senza amare si finisce in fuga, più come Giuda che come Pietro, e a credere di essere perché si conosce, si finisce come Lucifero.
Non siamo necessari, siamo contingenti. Teniamolo sempre presente. E i gomiti posiamoli – fermi – sui banchi degli inginocchiatoi, non in movimento verso le costole del prossimo. E la lingua usiamola per accusare i nostri peccati, prima che quelli degli altri.
“L’uomo, per sua natura, anela a sapere; ma che importa il sapere se non si ha il timor di Dio? Certamente un umile contadino che serva il Signore è più apprezzabile di un sapiente che, montato in superbia e dimentico di ciò che egli è veramente, vada studiando i movimenti del cielo. Colui che si conosce a fondo sente di valere ben poco in se stesso e non cerca l’approvazione degli uomini. Dinanzi a Dio, il quale mi giudicherà per le mie azioni, che mi gioverebbe se io anche possedessi tutta la scienza del mondo, ma non avessi l’amore? Datti pace da una smania eccessiva di sapere: in essa, infatti, non troverai che sviamento grande ed inganno. Coloro che sanno desiderano apparire ed essere chiamati sapienti. Ma vi sono molte cose, la cui conoscenza giova ben poco, o non giova affatto, all’anima. Ed è tutt’altro che sapiente colui che attende a cose diverse da quelle che servono alla sua salvezza. I molti discorsi non appagano l’anima; invece una vita buona rinfresca la mente e una coscienza pura dà grande fiducia in Dio. Quanto più grande e profonda è la tua scienza, tanto più severamente sarai giudicato, proprio partendo da essa; a meno che ancor più grande non sia stata la santità della tua vita” (Imitazione di Cristo, Libro I, Capitolo II).»





L'8 settembre 1907 San Pio X, con l'Enciclica "PASCENDI DOMINICI GREGIS", condannava infallibilmente l'eresia modernista, ricordiamo l'anniversario...Viva San Pio X e tutti i veri e legittimi Papi fino Pio XII!!! VIVA LA CHIESA CATTOLICA ED IL PAPATO!!!



"LETTERA ENCICLICA PASCENDI DOMINICI GREGIS DEL SOMMO PONTEFICE PIO X
AI VENERABILI FRATELLI PATRIARCHI PRIMATI ARCIVESCOVI, VESCOVI E AGLI ALTRI ORDINARI AVENTI CON L’APOSTOLICA SEDE PACE E COMUNIONE.
Sugli errori del Modernismo.
VENERABILI FRATELLI SALUTE E APOSTOLICA BENEDIZIONE (...)
Pascendi Dominici Gregis (8 settembre 1907) | PIO X"


«Vi chiameranno papisti, retrogradi, intransigenti, clericali: siatene fieri!». - (Lettera di Papa Pio X agli Arcivescovi e ai Vescovi francesi, Notre charge apostolique, Roma, 25 agosto 1910).




Preghiamo la Beata Vergine Maria ed il Papa San Pio X affinchè i vescovi e sacerdoti della “Fraternità Sacerdotale San Pio X” abbandonino ed abiurino la loro erronea posizione dottrinale “neo-lefebvrista” e tradi-fallibilista che finisce per denigrare il Papato come il peggior modernismo, e si decidano a constatare e riconoscere pubblicamente l’evidenza che gli occupanti della Sede Apostolica a partire dal “Concilio Vaticano II” NON sono veri e legittimi Papi:



"Viva San Pio X! - Centro Studi Giuseppe Federici."
Viva San Pio X! - Centro Studi Giuseppe Federici (http://www.centrostudifederici.org/viva-san-pio-x-2/)
http://www.centrostudifederici.org/viva-san-pio-x-2/



https://www.agerecontra.it/2018/09/viva-san-pio-x/
“Pur non aderendo alla Tesi di Cassiciacum, come ampiamente risaputo, il Circolo Christus Rex condivide e si riconosce nelle osservazioni di questo articolo in ogni affermazione anti-modernista.”

"Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 63/18 del 3 settembre 2018, San Pio X
Celebriamo la festa di san Pio X pubblicando l’editoriale dell’ultimo numero della rivista Sodalitium (n. 69, luglio 2018), che indica la linea dottrinale antimodernista da seguire per rimane fedeli all’insegnamento del santo pontefice.
Editoriale della rivista Sodalitium, n. 69 luglio 2018"




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https://www.facebook.com/CdpSursumCorda/
«Carlo Di Pietro - Sursum Corda
Dalla docenza di Papa San Pio X: «I modernisti (vecchi e nuovi; di “destra”, di “centro” e di “sinistra”, ndR) studiano e si sforzano di attenuare e svilire l’autorità del Magistero ecclesiastico..., sia pervertendone sacrilegamente i diritti, sia ricantando liberamente contro di essa le calunnie dei nemici (per esempio: il dogma evolve, la Chiesa deve adeguare la sua dottrina ai tempi, il Papa sbaglia, il Magistero sbaglia, la scomunica del Papa non ha valore, eccetera, ndR) ... E se qualcuno viene condannato dalla Chiesa, (i modernisti) non solo pubblicamente e profusamente lo encomiano, ma quasi lo venerano come martire della verità» (Pascendi Dominici gregis).
Avendo abbracciata la fede cattolica ed avendo biasimato gli errori dei modernisti, finalmente possiamo recitare - dal 31 agosto al 2 settembre - il Triduo a San Pio X (festa il 3 settembre)
Triduo a san Pio X - Sodalitium »




Pascendi - Sodalitium (http://www.sodalitium.biz/pascendi/)
“Lettera Enciclica del Sommo Pontefice San Pio X sugli errori del Modernismo.”
http://www.sodalitium.biz/pascendi/

«Omelia della V Domenica dopo Pasqua (6/5/2018), sul tema dell’assistenza o meno alla Messa detta "una cum".
https://www.youtube.com/watch?v=38015U-WLEY
Fervorino di don Piero Fraschetti a Loreto, pellegrinaggio Osimo-Loreto 2018
https://www.youtube.com/watch?v=HMLASbYvgK4
https://www.youtube.com/user/sodalitium/ »






“Radio Spada Il calendario tradizionale che noi seguiamo, ossia quello precedente la riforma montiniana, oggi festeggia san Pio X. San Gregorio Magno di cui oggi invero ricorre "l'ordinazione a Sommo Pontefice" lo celebriamo il 12 marzo, giorno della sua nascita al cielo.”

https://www.radiospada.org/2019/09/alcuni-miracoli-di-san-pio-x-la-sua-potente-intercessione-e-il-canto-video-a-lui-dedicato/
“Sei cattolico? Fai il giuramento antimodernista di San Pio X [TESTO].”
https://www.radiospada.org/2015/02/sei-cattolico-fai-il-giuramento-antimodernista-di-san-pio-x-testo/
https://www.radiospada.org/tag/san-pio-x/

https://www.radiospada.org/2019/09/meditazione-e-preghiera-a-santa-maria-bambina/
https://i1.wp.com/www.radiospada.org/wp-content/uploads/2019/09/DrRowanWilliamsHolinessPopeBenedictXVIiZ0uvcOXF4hl-3.jpg?w=960&ssl=1


https://i1.wp.com/www.radiospada.org/wp-content/uploads/2019/09/DrRowanWilliamsHolinessPopeBenedictXVIiZ0uvcOXF4hl-3.jpg?w=960&ssl=1


https://www.radiospada.org/2019/09/difunde-tu-fe-catolica-la-natividad-de-la-santisima-virgen-maria-la-criatura-mas-amada-por-dios/







www.agerecontra.it | Sito del Circolo Cattolico "Christus Rex"
http://www.agerecontra.it/

"Centro Studi Giuseppe Federici - sito ufficiale"
http://www.centrostudifederici.org/

"sito dedicato alla crisi dottrinale nella Chiesa cattolica"
http://www.crisinellachiesa.it/

"Sito ufficiale del Centro Culturale San Giorgio"
http://www.centrosangiorgio.com/


C.M.R.I. - "Congregatio Mariae Reginae Immacolata" ("Congregation of Mary Immaculate Queen" "Congregazione di Maria Regina Immacolata"):
http://www.cmri.org/ital-index.html





https://www.truerestoration.org/


https://novusordowatch.org/
“Recognize-and-OBEY is the Traditional Catholic Teaching August 29, 2019.”
https://novusordowatch.org/2019/08/recognize-and-obey-steven-speray/


": Quidlibet : ? A Traditionalist Miscellany — By the Rev. Anthony Cekada"
http://www.fathercekada.com/

"Home | Traditional Latin Mass Resources"
http://www.traditionalmass.org/

http://www.traditionalcatholicpriest.com/





"Como ovejas sin Pastor"
http://sicutoves.blogspot.com/


https://moimunanblog.com/





“Pro Fide Catholica | Le site de Laurent Glauzy”
https://profidecatholica.com/


https://johanlivernette.wordpress.com/


https://lacontrerevolution.wordpress.com/


https://sedevacantisme.wordpress.com/


"Sede Vacante -"
http://www.catholique-sedevacantiste.fr/


http://wordpress.catholicapedia.net/




Ligue Saint Amédée (http://liguesaintamedee.ch/)
http://liguesaintamedee.ch/
https://www.facebook.com/SaintAmedee/?fref=nf
«Intransigeants sur la doctrine ; charitables dans l'évangélisation [Non Una Cum]. Pas de "motu proprio" chez nous : nous célebrons la Sainte Messe selon le missel de Saint Pie V.»
“Mieux vaut une petite œuvre dans la Vérité, qu’une grande dans l’erreur.”

8 septembre : La Nativité de la Très Sainte Vierge :: Ligue Saint Amédée (http://liguesaintamedee.ch/saint-du-jour/8-septembre-la-nativite-de-la-tres-sainte-vierge)
«8 septembre : La Nativité de la Très Sainte Vierge.»
http://liguesaintamedee.ch/application/files/4015/3638/9348/09_08_nativite_sainte_vierge.jpg


http://liguesaintamedee.ch/application/files/4015/3638/9348/09_08_nativite_sainte_vierge.jpg





SANCTE PIE X, ORA PRO NOBIS!!!
AVE MARIA!!!
SUB CHRISTI REGIS VEXILLIS MILITARE GLORIAMUR +
Ad majorem Dei gloriam - Per la maggior gloria di Dio!!! A.M.D.G.
Gloria Patri et Filio et Spiritui Sancto. Sicut erat in principio et nunc et semper et in saecula saeculorum. Amen.
«O Santissima Trinità, vi adoro! Mio Dio, mio Dio, Vi amo nel Santissimo Sacramento!»
CHRISTUS VINCIT, CHRISTUS REGNAT, CHRISTUS IMPERAT!!!
Luca, SURSUM CORDA – HABEMUS AD DOMINUM!!!

Holuxar
13-09-19, 03:59
12 SETTEMBRE 2019: anniversario della battaglia di Vienna del 12 settembre 1683 (anche quest'anno rendiamo onore al Papa Innocenzo XI, a Padre Marco d'Aviano, al Re Giovanni III Sobieski, al Principe Eugenio di Savoia e a tutti i combattenti per Dio, Uno e Trino, per la Grande Patria dell'Europa cattolica, per la Santa Chiesa e per il Cattolicesimo Romano!); FESTA DEL SANTISSIMO NOME DI MARIA…



"Il Santo Nome di Maria, 12 settembre"
"Guéranger, L'anno liturgico - Il Santo Nome di Maria"
Guéranger, L'anno liturgico - Il Santo Nome di Maria (http://www.unavoce-ve.it/pg-12set.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-12set.htm
«12 SETTEMBRE IL SANTO NOME DI MARIA.»





"SS. Nome di Maria - Sodalitium"
SS. Nome di Maria - Sodalitium (http://www.sodalitium.biz/ss-nome-maria/)
http://www.sodalitium.biz/ss-nome-maria/
«12 settembre, SS. Nome di Maria.
“Festa del santissimo Nome della beata Maria, che il Sommo Pontefice Innocenzo undecimo ordinò che si celebrasse per l’insigne vittoria riportata a Vienna, in Austria, contro i Turchi, col patrocinio della stessa Vergine”.
1. O adorabile Trinità, per l’amore con cui scegliesti ed eternamente Ti compiacesti del Santissimo Nome di Maria, per il potere che gli desti, per le grazie che riservasti ai suoi devoti, fa’ che esso sia anche per me fonte di grazia e di felicità. Ave Maria.
2. O amabile Gesù, per l’amore con cui pronunziasti tante volte il Nome della tua cara Madre e per la consolazione che a Lei procuravi nel chiamarla per nome, raccomanda alle sue speciali cure questo povero tuo e suo servo. Ave Maria.
3. O Angeli Santi, per la gioia che vi procurò la rivelazione dei Nome della vostra Regina, per le lodi con cui lo celebraste, svelatene anche a me tutta la bellezza, la potenza e la dolcezza e fate che io lo invochi in ogni mio bisogno e specialmente in punto di morte. Ave Maria.
4. O cara Sant’Anna, buona mamma della Madre mia, per la gioia da te provata nel pronunciare tante volte con devoto rispetto il Nome della tua piccola Maria o nel parlarne con il tuo buon Gioacchino, fa’ che il dolce nome di Maria sia continuamente anche sulle mie labbra. Ave Maria.
5. E Tu, o dolcissima Maria, per il favore che Dio Ti fece nel donarti Egli stesso il Nome, come a sua diletta Figlia; per l’amore che Tu sempre ad esso mostrasti concedendo grandi grazie ai suoi devoti, concedi anche a me di rispettare, amare ed invocare questo soavissimo Nome. Fa’ che esso sia il mio respiro, il mio riposo, il mio cibo, la mia difesa, il mio rifugio, il mio scudo, il mio canto, la mia musica, la mia preghiera, il mio pianto, il mio tutto, con quello di Gesù, affinché dopo essere stato pace del mio cuore e dolcezza delle mie labbra durante la vita, sia la mia gioia in Cielo. Così sia. Ave Maria.
Benedetto sempre sia, il Santo Nome di Maria.»
http://www.sodalitium.biz/wp-content/uploads/nome-maria-249x300.jpg


http://www.sodalitium.biz/wp-content/uploads/nome-maria-249x300.jpg



SANTE MESSE CATTOLICHE IN LATINO CELEBRATE "NON UNA CUM" DAI SACERDOTI DELL' I.M.B.C. ("ISTITUTO MATER BONI CONSILII") E DA DON FLORIANO ABRAHAMOWICZ IN TUTTA ITALIA:


"Sante Messe - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/

"Torino - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/torino/

"Modena - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/modena/

"Rimini - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/rimini/

"Pescara - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/pescara/

"Potenza - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/potenza/

"Roma - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/roma/

"S. Messa in provincia di Verona - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/s-messa-provincia-verona/

“Sodalitium - IMBC.”
https://www.youtube.com/user/sodalitium

“Omelie dell'I.M.B.C. a Ferrara.”
https://www.facebook.com/OmelieIMBCFerrara/


http://www.oratoriosantambrogiombc.it/
“Oratorio Sant'Ambrogio, Milano - Offertur Oblatio Munda (Malachia 1, 11).”

http://www.oratoriosantambrogiombc.it/2019/09/08/omelia-della-festa-della-nativita-della-madonna/
«L’omelia tenuta da don Ugolino Giugni domenica 8 settembre 2019, festa della Natività di Maria.
Nella quale si parla della festa della Natività di Maria e si risponde a qualche obiezione sulla posizione dell’Istituto, la Tesi di Cassiciacum come “ma voi giudicate il papa…” – è disponibile per l’ascolto ->»

"L’omelia tenuta da don Ugolino Giugni domenica 1 settembre 2019 – XII domenica dopo la Pentecoste. Nella quale si parla del commento all’epistola e al Vangelo del giorno, la parabola del buon samaritano."


«Omelia del Rev. Don Piero Fraschetti del 01.09.2019, 12° d. Pentecoste
https://www.youtube.com/watch?v=Ri5MzOBNjWw

Omelia del Rev. Don Francesco Ricossa del 25.08.2019, 11° d. Pentecoste
https://www.youtube.com/watch?v=U6oFre7S15Y »

http://www.oratoriosantambrogiombc.it/tag/omelie/




«Don Floriano Abrahamowicz - Domus Marcel Lefebvre.
http://www.domusmarcellefebvre.it/
https://www.youtube.com/user/florianoabrahamowicz
Natività B.V. Maria (XIII domenica d. Pentecoste)- (Santa Messa)
https://www.youtube.com/watch?v=5Z9v7udCG6U
Natività B.V. Maria (XIII domenica d. Pentecoste)- (Omelia)
https://www.youtube.com/watch?v=Y93dn88ORpk
XII domenica d. Pentecoste (Santa Messa)
https://www.youtube.com/watch?v=nIk0skekqQI
XII domenica d. Pentecoste (Omelia)
https://www.youtube.com/watch?v=ewDURGc0UNA
XI domenica d. Pentecoste (Santa Messa)
https://www.youtube.com/watch?v=NNOE3X7h7kc
XI domenica d. Pentecoste (Omelia)
https://www.youtube.com/watch?v=hk75pIqAtog
http://www.domusmarcellefebvre.it/santa-messa-1.php
La Santa Messa tutte le domeniche alle ore 10.30 a Paese, Treviso.».







“12 settembre - SS. Nome di Maria Vergine.”
https://forum.termometropolitico.it/333470-12-settembre-ss-nome-di-maria-vergine.html
https://forum.termometropolitico.it/333470-12-settembre-ss-nome-di-maria-vergine-3.html







Padre Marco d?Aviano e san Pio X - Centro Studi Giuseppe Federici (http://www.centrostudifederici.org/padre-marco-daviano-san-pio-x/)
http://www.centrostudifederici.org/padre-marco-daviano-san-pio-x/
«Padre Marco d’Aviano e san Pio X
Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 62/19 del 12 settembre 2019, SS. Nome di Maria
Padre Marco d’Aviano e san Pio X.
Festeggiamo la vittoria della battaglia di Vienna (12 settembre 1683) parlando di un aspetto poco conosciuto: la profonda devozione che san Pio X aveva per il padre Marco d’Aviano (1631-1699), uno degli artefici della vittoria insieme al beato Innocenzo XI.
Le truppe imperiali e polacche non sconfissero i Turchi per consegnare l’Europa all’attuale sistema massonico e laicista, ma per difendere il regno sociale di Cristo. E’ il programma di san Pio X: “Instaurare omnia in Christo”, senza nessun compromesso con i principi della Rivoluzione. Abbracciare questo ideale è indispensabile per poter festeggiare la vittoria cattolica di Vienna, la vittoria del Papato e della Cristianità contro i Musulmani, in quanto nemici di Cristo e della società cristiana al pari dei Giudei.

San Pio X
Non è il papa di padre Marco (questo è da identificarsi in Innocenzo XI Odescalchi, proclamato beato). È sicuramente però colui che, dal più alto livello, ha dato prova della continuazione e non attenuazione nel tempo della devozione verso il cappuccino. Se ne parla qui perché san Pio X (al secolo Giuseppe Melchiorre Sarto, 1835-1914) è un po’ anche il papa dei vigonovesi: la loro parrocchia, infatti, ebbe l’onore di ospitarlo –cardinale patriarca di Venezia dal 1893 –pochi mesi prima dell’elezione al soglio di Pietro, esattamente il 19-20 aprile 1903, in occasione dell’inaugurazione del nuovo grande organo, come ricorda una lapide marmorea collocata al lato sinistro del presbiterio della chiesa, presto elevata da Pio X al rango di arcipretale (lo dice un’altra lapide, questa volta affissa al lato destro del medesimo spazio sacro). arciprete fu don Matteo Bressan, vigonovese, indimenticato pastore che beneficiò il paese natio –oltre che con i tanti titoli dell’ineccepibile cura spirituale e della carità –con l’erezione (1900) del più elegante e slanciato campanile della zona e, appunto, con la visita del futuro papa che egli desiderò e riuscì a ottenere: evento passato negli annali del paese e insieme del circondario, e che vuole perpetuare un’altra lapide ancora, questa volta posta all’ingresso della canonica nella quale il santo trascorse due notti.
Ma in cosa stanno le benemerenze di san Pio X verso il nostro padre Marco d’Aviano? Anzitutto nell’averne istruito, da patriarca di Venezia, a partire dal 23 luglio 1901, il processo ordinario di beatificazione e canonizzazione. Le venti sessioni di esso in quella sede diocesana si tennero poi dal 20 gennaio 1903 all’8 marzo 1904 ed erano in pieno corso sia al momento della visita a Vigonovo del cardinale Sarto (lasciateci pensare che il futuro santo ne abbia fatto cenno, qui nella terra del candidato agli altari) sia quando, poco più tardi (4 agosto 1903), questi fu fatto papa e le assise vennero sospese, come vogliono i regolamenti canonici nel caso si verifichi il cambio del giudice ordinario del processo, che è il vescovo della diocesi in cui la causa è istruita. Fu un’interruzione di brevissima durata, perché eadem Sanctitas Sua vivae vocis oraculo […], mandavit ut Processus de fama sanctitatis, vitae, virtutibus et miraculis […]inchoatus Sua Ordinaria auctoritate, prosequatur et ad finem perducatur.
Non basta! Concluso il processo di Venezia, fu san Pio X in persona ad autorizzare l’introduzione (presso la competente congregazione, allora detta dei Riti) del processo apostolico per la beatificazione di padre Marco, l’11 dicembre 1912, accogliendo i voti espressi da oltre duecento lettere postulatorie pervenute a lui da vescovi di mezza Europa, dalla Casa imperiale d’Austria, da superiori di famiglie religiose e capitoli di cattedrali: attenzione più efficace alla causa, il nuovo papa non poteva dimostrare. Ne dà simpatica e commovente riprova un biglietto che egli vergò al riguardo, in cui si legge che la causa di padre Marco d’Aviano placet Iosepho, cioè a lui, Giuseppe (Sarto) di battesimo.
Significativo pure quanto testimoniò, al processo di Venezia durante l’ulteriore sua fase degli anni 1919-1921, il cappuccino, concittadino di Marco, padre Valerio d’Aviano, allora di 44 anni: Ho avuto sempre devozione al Servo di Dio. Desidero ardentemente la beatificazione di lui; ne ho parlato anche col Pontefice Pio X di felice memoria [era morto il 20 agosto 1914], il quale mi fece conoscere che avrebbe avuto piacere che il Servo di Dio ricevesse l’onore della beatificazione e che avrebbe desiderato che la fama (sic!)del P. Marco fosse trasportata in Italia. La deposizione fu resa il 10 marzo 1919 e la parola “fama” va riscritta (visto il contesto) in “salma”, che, come si sa, giace a Vienna nella chiesa dei Cappuccini, ma che alcuni hanno sempre auspicato venga traslata in patria. Padre Valerio ci rivela che il papa stesso era di questa opinione: dettaglio non da poco, comprovante la devozione che un santo, oltre che pontefice, nutrì verso padre Marco.
Fu sicuramente a conoscenza di questa speciale affezione del regnante pontefice il canonico Luigi Tinti, del Capitolo Cattedrale Concordiese. La sua biografia Vita del Servo di Dio P. Marco d’Aviano Cappuccino della Provincia Veneta missionario pontificio (1631-1699), edita a Udine nel 1908, volle dedicarla proprio a Sua Santità Pio X.
Marco Cristofori D'Aviano (1631-1699)

Preghiera composta del padre Marco d’Aviano e letta il 12 settembre 1683, dopo la celebrazione della S. Messa e prima della battaglia
O grande Dio degli eserciti, guárdaci prostráti qui ai piedi della Tua Maestà, per impetrarTi il perdono delle nostre colpe.
Sappiamo bene di aver meritato che gl’infedeli impugnino le armi per opprimerci, perché le iniquità, che ogni giorno commettiamo contro la Tua bontà, hanno giustamente provocato la Tua ira.
O gran Dio, Ti chiediamo il perdono dall’intimo dei nostri cuori; esecriamo il peccato, perché Tu lo aborrisci; siamo afflitti perché spesso abbiamo eccitato all’ira la Tua somma Bontà.
Per amore di Te stesso, preferiamo mille volte morire piuttosto che commettere la minima azione che Ti dispiaccia.
Soccórrici con la Tua grazia, o Signore, e non permettere che noi Tuoi servi rompiamo il patto che soltanto con Te abbiamo stipulato.
Abbi dunque pietà di noi, abbi pietà della tua Chiesa, per opprimere la quale già si preparano il furore e la forza degl’infedeli.
Sebbene sia per nostra colpa ch’essi hanno invaso queste belle e cristiane regioni, e sebbene tutti questi mali che ci avvengono non siano altro che la conseguenza della nostra malizia, síici tuttavia propizio, o buon Dio, e non disprezzare l’opera delle Tue mani. Ricordati che, per strapparci dalla servitù di Satana, Tu hai donato tutto il Tuo prezioso Sangue.
Permetterai forse ch’esso venga calpestato dai piedi di questi cani?
Permetterai forse che la fede, questa bella perla che cercasti con tanto zelo e che riscattasti con tanto dolore, venga gettata ai piedi di questi porci?
Non dimenticare, o Signore, che, se Tu permetterai che gl’infedeli prevalgano su di noi, essi bestemmieranno il Tuo santo Nome e derideranno la Tua Potenza, ripetendo mille volte: “Dov’è il loro Dio, quel Dio che non ha potuto liberarli dalle nostre mani?”
Non permettere, o Signore, che Ti si rinfacci di aver permesso la furia dei lupi, proprio quando T’invocavamo nella nostra miserevole angoscia.
Vieni a soccorrerci, o gran Dio delle battaglie! Se Tu sei a nostro favore, gli eserciti degl’infedeli non potranno nuocerci.
Disperdi questa gente che ha voluto la guerra! Per quanto ci riguarda, noi non amiamo altro che essere in pace con Te, con noi stessi e col nostro prossimo.
Rafforza con la tua grazia il tuo servo e nostro imperatore Leopoldo; rafforza l’animo del re di Polonia, del duca di Lotaringia, dei duchi di Baviera e di Sassonia, e anche di questo bell’esercito cristiano, che sta per combattere per l’onore del Tuo Nome, per la difesa e la propagazione della Tua santa Fede. Concedi ai príncipi e ai capi dell’esercito la fierezza di Giosué, la mira di Davide, la fortuna di Jefte, la costanza di Joab e la potenza di Salomone, tuoi soldati, affinché essi, incoraggiati dal Tuo favore, rafforzati dal Tuo Spirito e resi invincibili dalla potenza del Tuo braccio, distruggano e annientino i nemici comuni del nome cristiano, manifestando a tutto il mondo che hanno ricevuto da Te quella potenza che un tempo mostrasti in quei grandi condottieri.
Fa’ dunque in modo, o Signore, che tutto cospiri per la Tua gloria e onore, e anche per la salvezza delle anime nostre.
Te lo chiedo, o Signore, in nome dei tuoi soldati.
Considera la loro fede: essi credono in Te, sperano tutto da Te, amano sinceramente Te con tutto il cuore.
Te lo chiedo anche con quella santa benedizione, che io conferirò a loro da parte Tua, sperando, per i meriti del Tuo prezioso Sangue, nel quale ho posto tutta la mia fiducia, che Tu esaudirai la mia preghiera.
Se la mia morte potesse essere utile o salutare, per ottenere il Tuo favore per loro, ebbene Te la offro fin d’ora, o mio Dio, in gradita offerta; se quindi dovrò morire, ne sarò contento.
Libera dunque l’esercito cristiano dai mali che incombono; trattieni il braccio della Tua ira sospeso su di noi, e fa’ capire ai nostri nemici che non c’è altro Dio all’infuori di Te, e che Tu solo hai il potere di concedere o negare la vittoria e il trionfo, quando Ti piace.
Come Mosè, stendo dunque le mie braccia per benedire i tuoi soldati; sostienili e appóggiali con la Tua Potenza, per la rovina dei nemici Tuoi e nostri, e per la gloria del Tuo Nome. Così sia.”

Foto: Joseph von Führich, 1842, Marco d’Aviano celebra la messa prima della battaglia di Vienna nel 1683 (servita da Giovanni III Sobieski), Österreichische Nationalbibliothek di Vienna.»
http://www.centrostudifederici.org/wp-content/uploads/2019/09/markImage.png


http://www.centrostudifederici.org/wp-content/uploads/2019/09/markImage.png



Vienna, 12 settembre 1683 - Centro Studi Giuseppe Federici (http://www.centrostudifederici.org/vienna-12-settembre-1683/)
“Vienna, 12 settembre 1683 - Centro Studi Giuseppe Federici
Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza Comunicato n. 66/18 del 12 settembre 2018, SS. Nome di Maria
Vienna, 12 settembre 1683
La battaglia di Vienna, Anno Domini 1683.”
http://www.centrostudifederici.org/wp-content/uploads/2018/09/8694013_1.jpg


I Martiri di Castelfidardo - Centro Studi Giuseppe Federici (http://www.centrostudifederici.org/i-martiri-di-castelfidardo/)
«I Martiri di Castelfidardo 12 settembre 2019
Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
I Martiri di Castelfidardo
Il ricordo dei caduti pontifici nella battaglia di Castelfidardo del 18/9/2019.
Prima parte: I Martiri di Castelfidardo / I parte - Centro Studi Giuseppe Federici
Seconda parte: I Martiri di Castelfidardo / II parte - Centro Studi Giuseppe Federici »
http://www.centrostudifederici.org/wp-content/uploads/2019/09/s-l1600.png







https://www.facebook.com/catholictradition2016/
«MARTIROLOGIO ROMANO, 1955. Sancti et Sanctae Dei, orate pro nobis.»
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“IL SANTISSIMO NOME DI NOSTRA SIGNORA BEATA VERGINE MARIA SANTISSIMA
Doppio maggiore.
Paramenti bianchi.
Guéranger, L'anno liturgico - Il Santo Nome di Maria
Come qualche giorno dopo Natale si celebra il Santo Nome di Nostro Signore Gesù Cristo, così dopo la festa della Natività di Nostra Signora Beata Vergine Maria Santissima, si glorifica il suo Santo Nome. Otto giorni dopo la nascita della Vergine, come era uso presso i Giudei, i suoi Genitori, ispirati da Dio, dicono san Gerolamo e sant'Antonino, la chiamarono Maria. Per ciò, durante l'Ottava della Natività, la liturgia ha una festa che ci fa onorare questo Santo nome. Tale festa fu concessa per la prima volta alla Diocesi di Cuenca (Spagna) nel 1513 da Papa Giulio II. Poi fu concessa a Milano e a Napoli. Finalmente fu estesa a tutta la Chiesa Latina dal beato Innocenzo XI, fissandola dapprima alla Domenica successiva alla Natività di Nostra Signora Beata Vergine Maria Santissima - trasferita poi alla data odierna da San Pio X nella sua Riforma del Breviario -, “ob insignem victoriam sub ejusdem Vírginis Maríæ præsidio de immaníssimo Turcárum tyranno, cervicibus pópuli christiáni insultante, Viennæ in Austria partam” (Breviario Romano): in ringraziamento cioè della Vittoria di Vienna che la Lega Santa, radunata dal Sommo Pontefice e capitanata da Jan Sobieski, re di Polonia, ottenne, il 12 settembre 1683, contro i Turchi, che assediavano Vienna e minacciavano l'Occidente.
«Il nome della Vergine, dice il Vangelo, era Maria». «Il nome di Maria è paragonato all'olio [cfr. Cant. I, 3], perché, dopo il nome di Gesù, sopra tutti gli altri nomi, rinvigorisce i deboli, intenerisce gli induriti, guarisce i malati, dà luce ai ciechi, dona forza a chi ha perso ogni vigore, lo unge per nuovi combattimenti, spezza la schiavitù del demonio e, come l'olio sorpassa ogni liquore, sorpassa ogni nome" (Riccardo di san Lorenzo, De Laudibus B. M. V., l. II, c. 2). I Padri e i Dottori nei loro studi si sono esercitati nell'interpretare il Nome benedetto della Madre di Dio: quasi settanta i significati proposti. «Il nome Maria in ebraico significa Signora» come ben dice san Pier Crisologo. Questo nome ben si conviene alla Vergine Santissima in quanto che, come Madre di Nostro Signore Gesù Cristo, partecipa in qualche modo della signoria di Gesù su tutto il mondo. Pronunziare il suo nome, è affermare la sua grande potenza. Inoltre, sant'Alberto Magno scelse quattro significati di tal nome - “illuminatrice, stella del mare, mare amaro, signora o padrona" (In Lucam, I, 27) - che indicano la alta dignità della Vergine come Colei che ci porta Cristo e che a lui ci conduce, come Corredentrice e come Regina universale.
Offriamo il Santo Sacrificio a Dio per onorare il Santissimo Nome di Nostra Signora Beata Vergine Maria Santissima e ottenere, mediante la sua preghiera, di sperimentare sempre e in ogni luogo la sua protezione (Postcommunio).
In questa festa, chi confessato e comunicato assiste alla Messa solenne, per concessione del beato Innocenzo XI il 17 luglio 1672, confermata da Pio IX il 3 giugno 1856 acquista Indulgenza Plenaria applicabile ai Defunti. Quest'ultimo poi ha dichiarato che coll'acquisto di tale Indulgenza, basta anche la Messa Parrocchiale o Conventuale, celebrata da un prete solo, come avviene in campagna, o fra le Comunità Religiose.
* Sermone di san Bernardo Abate.
Omelia 2 su Missus, verso la fine.
«E la Vergine, dice, si chiamava Maria» (Luc. 1,27). Parliamo un po' anche di questo nome, che s'interpreta stella del mare, e che conviene perfettamente alla Vergine Madre. Ella infatti è paragonata giustissimamente a un astro, perché come l'astro emette il suo raggio senza alcuna sua alterazione, così la Vergine ha dato alla luce un Figlio senza pregiudizio della sua verginità. E come il raggio non diminuisce per nulla lo splendore dell'astro, così il Figlio della Vergine non toglie niente all'integrità di lei. Essa è dunque quella nobile stella sorta da Giacobbe, il cui raggio illumina il mondo intero, il cui splendore e rifulge nei cieli, e penetra negli abissi; riluce ancora per tutta la terra, e, scaldando più le anime che i corpi, fa crescere la virtù e consuma i vizi. Essa è, dico, quella bella e magnifica stella necessariamente posta al disopra di questo mare profondo e vasto, brillante pe' suoi meriti, luminosa pe' suoi esempi.
O chiunque tu sia, che nel mare di questo mondo ti senti piuttosto sballottare tra procelle e tempeste, che camminare sulla terra, non torcere gli occhi dal fulgore di questa stella, se non vuoi essere sommerso dai flutti. Se insorgono i venti delle tentazioni, se urti negli scogli delle tribolazioni, riguarda la stella, invoca Maria. Se sei agitato dalle onde della superbia, dell'ambizione, della maldicenza, della gelosia, riguarda la stella, invoca Maria. Se la collera o l'avarizia o le seduzioni della carne agitano la fragile navicella dell'anima, guarda a Maria. Se turbato per l'enormità dei delitti, confuso per la laidezza della coscienza, atterrito per la severità del giudizio, ti senti trascinare nella voragine della tristezza, nell'abisso della disperazione, pensa a Maria.
Nei pericoli, nelle angustie, nelle perplessità, pensa a Maria, invoca Maria. Non si parta dalla tua bocca, non si parta dal tuo cuore; e, per ottenere l'appoggio delle sue preghiere, non perdere mai di vista gli esempi della sua vita. Seguendo lei, non devii; pregandola, non disperi; pensando a lei, non erri; s'ella ti sostiene, non caschi; s'ella ti protegge, non hai a temere; s'ella ti accompagna, non t'affatichi; s'ella ti è propizia, giungerai al termine, e così sperimenterai in te stesso quanto giustamente fu detto: «E la Vergine si chiamava Maria».
Questo venerabile nome, già onorato da molto tempo in certe parti dell'orbe cristiano, con culto speciale, dopo l'insigne vittoria riportata a Vienna in Austria col soccorso della medesima Vergine Maria sul crudelissimo sultano dei Turchi, che minacciava di soggiogare i popoli cristiani, Papa Innocenzo XI ordinò, che, a perenne memoria di tanto beneficio, si celebrasse ogni anno nella Chiesa universale.
SANTA MESSA
** Omelia di san Pier Crisologo.
Sermone 142 sull'Annunciazione.
Avete udito oggi, fratelli carissimi, un Angelo trattare con una donna della riabilitazione dell'uomo. Avete udito trattarsi di ricondurre l'uomo alla vita per il medesimo cammino, che l'aveva condotto alla morte. E un Angelo tratta con Maria della salvezza, perché un altro angelo aveva trattato con Eva della sua rovina. Avete udito questo Angelo rivelare il mezzo ineffabile di costruire col fango della nostra carne un tempio alla divina maestà. Avete udito come un mistero incomprensibile ponga Dio sulla terra e l'uomo nei cieli. Avete udito come la fragile natura del nostro corpo è fortificata dall'esortazione d'un Angelo a portare tutta la gloria della Divinità.
Infine, affinché in Maria la terra friabile del nostro corpo non si sprofondasse sotto il peso enorme del celeste edificio, e affinché nella Vergine questo virgulto delicato, che doveva portare il frutto di tutto il genere umano, non si rompesse, l'Angelo a togliere ogni timore, prese subito a dire: «Non temere, Maria» (Luc. 1,30). Prima d'enunziare il motivo della sua missione, egli fa intendere alla Vergine con questo nome qual è la sua dignità: infatti, il nome Ebraico, Maria, in Latino significa Sovrana. L'Angelo dunque la chiama Sovrana, perché, destinata ormai a Madre del Dominatore, smetta il timore proprio della servitù, colui che spunterà da lei avendole ottenuto colla propria autorità, ch'ella nascesse e fosse chiamata Sovrana. «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia» (Luc. 1,30). È vero: chi ha trovato grazia non sa temere: E tu hai trovato grazia.
È beata, ché sola fra tutti meritò di udire: «Hai trovato grazia». Quanta? Quanta aveva detto prima: piena. E veramente piena, essendosi la grazia riversata a flutti abbondanti su questa creatura, così che l'aveva penetrata e riempita: «Perché hai trovato grazia presso Dio» (Ibi). Nel dir ciò, l'Angelo stesso è stupito che, o solo una donna, o tutti gli uomini abbiano meritato la vita per una donna; l'Angelo è sbigottito al vedere scendere nell'angusto seno d'una vergine tutto Dio, che l'universo intero non può contenere. Quindi è che l'Angelo indugia, quindi è che chiama la Vergine con ciò ch'esprime il suo merito, la saluta menzionando la grazia, e a lei che ascolta svela a poco a poco il suo messaggio, senza dubbio affin di farne risaltare il significato, e a poco a poco finisce di calmare la sua lunga trepidazione.”

«QUINTO GIORNO INFRA L'OTTAVA DELLA NATIVITÀ DI NOSTRA SIGNORA BEATA VERGINE MARIA SANTISSIMA. »

“SACRO SETTENARIO IN PREPARAZIONE DELLA FESTA DI NOSTRA SIGNORA BEATA VERGINE MARIA SANTISSIMA ADDOLORATA. (8 - 14 Settembre).
San Paolo della Croce, come di Gesù Crocifisso, così di Maria Addolorata fu devotissimo fin dalla sua prima adolescenza. La continua meditazione dei patimenti di Gesù e dei dolori di Maria, gl'infuse tanto orrore al peccato, che per conto suo conservò la battesimale innocenza per tutto il lungo corso della sua vita; e per combattere il peccato negli altri, si fece zelantissimo apostolo del Crocifisso e dell'Addolorata. Già più che ottantenne costretto a letto dall'età e dall'infermità, quando partivano o ritornavano i suoi figli dalle strepitose missioni di allora, li benediceva con grande effusione, gl'incoraggiava a combattere satana ed il peccato, ed esclamava commosso: Oh se avessi trent'anni di meno! Vorrei uscire in campo aperto a combattere questo mostro esecrando! Ecco l'essenza della devozione all'Addolorata: l'odio al peccato, che le uccise il Figlio (da Meditazioni di un Passionista sui dolori di Maria, Roma, 1938, n.12)”

«NOVENA IN PREPARAZIONE DELLA FESTA DELL'ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE DI NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO. (5 - 13 Settembre).»

“MESE DI SETTEMBRE: MESE DI NOSTRA SIGNORA BEATA VERGINE MARIA SANTISSIMA ADDOLORATA.”

“NOVENA IN PREPARAZIONE DELLA FESTA DEL SANTISSIMO NOME DI NOSTRA SIGNORA BEATA VERGINE MARIA SANTISSIMA. (3 - 11 Settembre).”

“DELLE VIRTÙ DI MARIA SANTISSIMA di Sant'Alfonso Maria de' Liguori. (Glorie di Maria, n. 584-593).”







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«Carlo Di Pietro - Sursum Corda
12 settembre, Santissimo Nome di Maria.
“Festa del santissimo Nome della beata Maria, che il Sommo Pontefice Innocenzo undecimo ordinò che si celebrasse per l’insigne vittoria riportata a Vienna, in Austria, contro i Turchi, col patrocinio della stessa Vergine”.
O adorabile Trinità, per l’amore con cui scegliesti ed eternamente Ti compiacesti del Santissimo Nome di Maria, per il potere che gli desti, per le grazie che riservasti ai suoi devoti, fa’ che esso sia anche per me fonte di grazia e di felicità. Ave Maria.
Dalla bacheca di don Ugo Carandino.»

«"La festa di oggi fu estesa alla Chiesa Universale dal beato Innocenzo XI, in ricordo e ringraziamento della vittoria del 1683 a Vienna contro gli invasori Turchi. Fu proprio Papa Innocenzo XI l'artefice della vittoria: col suo paziente e decisivo lavoro diplomatico, anche attraverso la figura di padre Marco d'Aviano, spronò i principi cattolici - accecati dai nazionalismi dell'epoca - a formare una coalizione di stati capaci di sventare il pericolo musulmano.
Il Papa sognava addirittura di riconquistare Costantinopoli, attraverso un'ardita alleanza tra europei e persiani che mai si realizzò (anche a causa del Regno di Francia).
Innocenzo XI fu beatificato da Papa Pio XII nel 1956.
Questa festa appartiene quindi unicamente al Cattolicesimo romano (il Papa, padre d'Aviano, i principi e gli eserciti degli stati cattolici...), non al laicismo massonico (magari in salsa anti-musulmana) che nel 1789 scatenò la guerra contro la Cristianità e che oggi sostiene lo stato israeliano, che si basa sulla negazione della divinità di Gesù Cristo e che ha quasi cancellato la presenza cristiana in Terra Santa."
Dalla bacheca di don Ugo Carandino.»

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“Chi è Maria? Catechismo mariano”
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"Titolo: Chi è Maria? Catechismo mariano
Sottotitolo: Piccola Somma mariana di Padre Roschini
Autore: Padre Gabriele Maria Roschini
Curatore: Carlo Di Pietro
Collana: Mariologia
Facciate: 156
Formato: 14,8x21 (A5)
Carta: Avoriata 90 gr
Copertina: Patinata lucida 300 gr
Finitura: Brossura fresata PUR
ISBN: 9788890074769
Contiene anche: Illustrazioni e comodo indice degli articoli
Sommario
• Prefazione 7
• Necessità dello studio di Maria 9
• Fonti 11
• I princìpi della dottrina Mariana 13
• Vantaggi e Divisione 17
• Storia di Maria 19
• Il Dogma mariano 29
• La predestinazione di Maria 31
• Maria nella predizione profetica 35
• La missione di Maria nella sua attuazione 39
• La Madre di Dio 41
• La Mediatrice degli uomini 45
• La Corredentrice del genere umano 47
• La Madre spirituale degli uomini 51
• La Dispensatrice di tutte la grazie 53
• La Regalità di Maria 57
• I privilegi riguardanti l’anima di Maria 61
• Le perfezioni di cui fu ripiena l’anima di Maria 69
• I privilegi riguardanti il corpo di Maria 75
• I privilegi riguardanti sia l’anima che il corpo 77
• Natura del culto Mariano 83
• Legittimità del culto Mariano 87
• Elementi o atti del culto Mariano 89
• Utilità del culto Mariano 93
• Origine e sviluppo del culto Mariano 99
• Pratiche del culto Mariano 103
• Le principali preghiere a Maria Santissima 123
• Indice degli articoli con numero di pagina 135
In sintesi
Alessandro Roschini nacque a Castel Sant’Elia (Viterbo) nell’anno 1900, prese il nome di Gabriele Maria quando, giovanissimo, entrò nell’Ordine dei Servi di Maria. Sacerdote nel 1924, dottore in Filosofia e maestro in sacra Teologia, consacrò l’intera sua vita alla Madonna, che amò con pietà profonda ed onorò con la predicazione, con l’insegnamento ininterrotto nell’arco di oltre mezzo secolo (anche presso le Università Pontificie di Roma Marianum e Lateranum), con fondamentali studi mariologici e con dotte pubblicazioni. Fu Consultore del Sant’Uffizio e Vicario Generale dell’Ordine (O. S. M.). Nel 1939 fondò la rivista Marianum. Morì a Roma il 12 settembre (Festa del Nome di Maria) del 1977. Teologo di fama mondiale, è considerato il mariologo per eccellenza. Il suo Catechismo mariano è composto da 235 articoli, semplici ma eruditi, ed è un’esposizione chiara, ordinata e sintetica di tutto ciò che riguarda la storia, il dogma ed il culto mariano, secondo la forma classica di domande e risposte. Leggiamo nella Prefazione: «La parola Catechismo, in questo caso almeno, non è affatto sinonimo di insegnamento elementare e per bambini. Esso, quindi, può andare anche tra le mani degli adulti, ossia, di tutti coloro che vogliono procurarsi una cultura sinteticamente completa intorno alla Vergine Santa. È perciò una piccola Somma mariana». Il libro «Chi è Maria? Catechismo mariano», per Sursum Corda, è stato curato dal giornalista e saggista lucano Carlo Di Pietro. Sursum Corda non ha scopo di lucro ed usa interamente i propri introiti per le attività associative e per le opere di misericordia spirituale e corporale."
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«SANTORALE ITALIANO SETTEMBRE.»
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Giuliana Vittoria Fantuz - Venanzio Renier, Marco D'Aviano e Innocenzo XI. Custodi dell'Europa cristiana, Libreria Editrice Vaticana 2012.
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Marcello Bellina, Padre Marco d'Aviano. Il beato che salvò l'Europa, Edizioni Segno 2018.
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«12 SETTEMBRE 2019: il SANTO NOME DI MARIA»
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“L'11-12 Settembre 1683 a Vienna gli Ussari Alati di Giovanni III Sobieski, re di Polonia, salvano l'Europa Cristiana dall'assalto del'Impero Ottomano.”


“Il 12 settembre 1866 moriva a Cagliari l'Arcivescovo Emanuele Marongiu Nurra.
Nato a Bessude (Sassari) il 28 marzo 1794, si laureò in teologia e poi in utroque iure all’Università di Sassari. Nel 1817 fu ordinato Sacerdote. Nei primi anni Venti fu bibliotecario dell'Accademia di Superga a Torino per volontà de Re Carlo Felice. In questo periodo fu intimo di san Giuseppe Cafasso. Nel 1825 viene annoverato fra i Canonici del Capitolo Turritano di cui diviene Vicario. Dal 1830 al 1842 fu Vicario generale dell'Arcidiocesi di Sassari. Nel 1842 fu eletto e consacrato Arcivescovo di Cagliari. Nelle lettere pastorali represse con zelo le idee gianseniste, protestanti e liberali che circolavano nel Regno, con pari ardore difese la superiorità del Sacerdozio sul Regno. Criticò aspramente e condannò la cacciata dei Padri Gesuiti e l'esproprio dei loro beni (1848), e l'arbitraria abolizione dei privilegi ecclesiastici (1849-1850). Parimenti comminava ai fautori di tali provvedimenti eversivi la scomunica maggiore e proibiva ai confessori di assolverli, cosa che per esempio capitò a Giovanni Siotto Pintor. Dopo questi atti, il governo di Torino reagì espellendo il Presule dal Regno. L'Arcivescovo Varesini di Sassari già era stato ridotto agli arresti per non aver voluto esser giudicato da un tribunale laico. Visse in esilio dal 1850 al 1866 presso Pio IX che gli offrì il titolo di vicario generale della basilica Vaticana (1851), poi il patriarcato di Costantinopoli (1855), infine l’arcipretura della basilica Liberiana (1865). Tutto egli rifiutò, continuando a considerarsi pastore della sua Diocesi, che governò a mezzo delle lettere pastorali. Durante il periodo romano tradusse, primo in Italia, la "Regula pastoralis" di san Gregorio Magno.”


"[DIFUNDE TU FE CATOLICA] EL DULCE NOMBRE DE MARÍA, salvación de todos los que la invocan."
https://www.radiospada.org/2019/09/difunde-tu-fe-catolica-el-dulce-nombre-de-maria-salvacion-de-todos-los-que-la-invocan/
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https://i1.wp.com/www.radiospada.org/wp-content/uploads/2019/09/1-CORAZONMARIA.jpg?w=236&ssl=1







www.agerecontra.it | Sito del Circolo Cattolico "Christus Rex"
http://www.agerecontra.it/

"Centro Studi Giuseppe Federici - sito ufficiale"
http://www.centrostudifederici.org/

"sito dedicato alla crisi dottrinale nella Chiesa cattolica"
http://www.crisinellachiesa.it/

"Sito ufficiale del Centro Culturale San Giorgio"
http://www.centrosangiorgio.com/


C.M.R.I. - "Congregatio Mariae Reginae Immacolata" ("Congregation of Mary Immaculate Queen" "Congregazione di Maria Regina Immacolata"):
http://www.cmri.org/ital-index.html





https://www.truerestoration.org/


https://novusordowatch.org/
“Recognize-and-OBEY is the Traditional Catholic Teaching August 29, 2019.”



": Quidlibet : ? A Traditionalist Miscellany — By the Rev. Anthony Cekada"
http://www.fathercekada.com/

"Home | Traditional Latin Mass Resources"
http://www.traditionalmass.org/

http://www.traditionalcatholicpriest.com/





"Como ovejas sin Pastor"
http://sicutoves.blogspot.com/


https://moimunanblog.com/
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“Pro Fide Catholica | Le site de Laurent Glauzy”
https://profidecatholica.com/


https://johanlivernette.wordpress.com/


https://lacontrerevolution.wordpress.com/


https://sedevacantisme.wordpress.com/


"Sede Vacante -"
http://www.catholique-sedevacantiste.fr/


http://wordpress.catholicapedia.net/




http://liguesaintamedee.ch/
https://www.facebook.com/SaintAmedee/
«Intransigeants sur la doctrine ; charitables dans l'évangélisation [Non Una Cum]. Pas de "motu proprio" chez nous : nous célebrons la Sainte Messe selon le missel de Saint Pie V.»
“Mieux vaut une petite œuvre dans la Vérité, qu’une grande dans l’erreur.”

12 septembre : le Saint Nom de Marie :: Ligue Saint Amédée (http://liguesaintamedee.ch/saint-du-jour/12-septembre-le-saint-nom-de-marie)
“12 septembre : le Saint Nom de Marie.”
http://liguesaintamedee.ch/application/files/2015/3626/3500/09_12_saint_nom_de_marie.jpg


http://liguesaintamedee.ch/application/files/2015/3626/3500/09_12_saint_nom_de_marie.jpg





AVE MARIA!!!
SUB CHRISTI REGIS VEXILLIS MILITARE GLORIAMUR +
Ad majorem Dei gloriam - Per la maggior gloria di Dio!!! A.M.D.G.
Gloria Patri et Filio et Spiritui Sancto. Sicut erat in principio et nunc et semper et in saecula saeculorum. Amen.
«O Santissima Trinità, vi adoro! Mio Dio, mio Dio, Vi amo nel Santissimo Sacramento!»
CHRISTUS VINCIT, CHRISTUS REGNAT, CHRISTUS IMPERAT!!!
Luca, SURSUM CORDA – HABEMUS AD DOMINUM!!!

Holuxar
15-09-19, 00:48
14 SETTEMBRE 2019: ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE…



«14 SETTEMBRE: ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE.»
"Guéranger, L'anno liturgico - Esaltazione della Santa Croce."
Guéranger, L'anno liturgico - Esaltazione della Santa Croce (http://www.unavoce-ve.it/pg-14set.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-14set.htm

MISSALE ROMANUM - Die 14 Septembris. In Exaltatione Stæ Crucis (http://www.unavoce-ve.it/mr-14sept=lat.htm)
http://www.unavoce-ve.it/mr-14sept=lat.htm





«14 Settembre - Esaltazione della Santa Croce»
https://www.preghiereperlafamiglia.it/esaltazione-santa-croce.htm
«14 SETTEMBRE ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE.»






PREGHIERE PER LIBERARE ANIME DAL PURGATORIO (http://www.preghiereagesuemaria.it/preghiere/preghiere%20per%20le%20anime%20del%20purgatorio.ht m)
«Vi adoro, o Croce santa, che foste ornata del Corpo sacratissimo del mio Signore, coperta e tinta del suo preziosissimo Sangue. Vi adoro, mio Dio, posto in croce per me. Vi adoro, o Croce santa, per amore di Colui che è il mio Signore. Così sia.
(Recitata 33 volte il Venerdì Santo, libera 33 Anime del Purgatorio. Recitata 50 volte ogni venerdì, ne libera 5. Orazione confermata dai Papi Adriano VI e Gregorio XIII).»







Esaltazione della Santa Croce - Sodalitium (http://www.sodalitium.biz/esaltazione-della-santa-croce/)
http://www.sodalitium.biz/esaltazione-della-santa-croce/
«14 settembre, Esaltazione della Santa Croce.
“Esaltazione della santa Croce, quando l’imperatore Eraclio, vinto il Re Cosroa, la riportò dalla Persia in Gerusalemme”.
Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi, quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.
Eccomi, o mio amato e buon Gesù, che, alla vostra santissima presenza prostrato, vi prego con il fervore più vivo di imprimere nel mio cuore sentimenti di fede, di speranza, di carità, di dolore dei miei peccati, e di proponimento di non offendervi, mentre io con tutto l’amore e la compassione vado considerando le vostre cinque piaghe, cominciando da ciò che disse di voi, o mio Gesù, il santo profeta Davide: “Hanno trapassato le mie mani e i miei piedi, hanno contato tutte le mie ossa”. Così sia.»
http://www.sodalitium.biz/wp-content/uploads/santa-croce-1-159x300.jpg


http://www.sodalitium.biz/wp-content/uploads/santa-croce-1-159x300.jpg



SANTE MESSE CATTOLICHE IN LATINO CELEBRATE "NON UNA CUM" DAI SACERDOTI DELL' I.M.B.C. ("ISTITUTO MATER BONI CONSILII") E DA DON FLORIANO ABRAHAMOWICZ IN TUTTA ITALIA:



"Sante Messe - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/

"Torino - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/torino/

"Modena - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/modena/

"Rimini - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/rimini/

"Pescara - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/pescara/

"Potenza - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/potenza/

"Roma - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/roma/

"S. Messa in provincia di Verona - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/s-messa-provincia-verona/

“Sodalitium - IMBC.”
https://www.youtube.com/user/sodalitium

“Omelie dell'I.M.B.C. a Ferrara.”
https://www.facebook.com/OmelieIMBCFerrara/


http://www.oratoriosantambrogiombc.it/
“Oratorio Sant'Ambrogio, Milano - Offertur Oblatio Munda (Malachia 1, 11).”

http://www.oratoriosantambrogiombc.i...della-madonna/
«L’omelia tenuta da don Ugolino Giugni domenica 8 settembre 2019, festa della Natività di Maria.
Nella quale si parla della festa della Natività di Maria e si risponde a qualche obiezione sulla posizione dell’Istituto, la Tesi di Cassiciacum come “ma voi giudicate il papa…” – è disponibile per l’ascolto ->»

"L’omelia tenuta da don Ugolino Giugni domenica 1 settembre 2019 – XII domenica dopo la Pentecoste. Nella quale si parla del commento all’epistola e al Vangelo del giorno, la parabola del buon samaritano."


«Omelia del Rev. Don Piero Fraschetti del 01.09.2019, 12° d. Pentecoste
https://www.youtube.com/watch?v=Ri5MzOBNjWw

Omelia del Rev. Don Francesco Ricossa del 25.08.2019, 11° d. Pentecoste
https://www.youtube.com/watch?v=U6oFre7S15Y »

http://www.oratoriosantambrogiombc.it/tag/omelie/




«Don Floriano Abrahamowicz - Domus Marcel Lefebvre.
http://www.domusmarcellefebvre.it/
https://www.youtube.com/user/florianoabrahamowicz
Natività B.V. Maria (XIII domenica d. Pentecoste)- (Santa Messa)
https://www.youtube.com/watch?v=5Z9v7udCG6U
Natività B.V. Maria (XIII domenica d. Pentecoste)- (Omelia)
https://www.youtube.com/watch?v=Y93dn88ORpk
XII domenica d. Pentecoste (Santa Messa)
https://www.youtube.com/watch?v=nIk0skekqQI
XII domenica d. Pentecoste (Omelia)
https://www.youtube.com/watch?v=ewDURGc0UNA
XI domenica d. Pentecoste (Santa Messa)
https://www.youtube.com/watch?v=NNOE3X7h7kc
XI domenica d. Pentecoste (Omelia)
https://www.youtube.com/watch?v=hk75pIqAtog
http://www.domusmarcellefebvre.it/santa-messa-1.php
La Santa Messa tutte le domeniche alle ore 10.30 a Paese, Treviso.».







“14 settembre, Esaltazione della Santa Croce.”
https://forum.termometropolitico.it/78378-esaltazione-della-santa-croce.html
https://forum.termometropolitico.it/312036-14-settembre-esaltazione-della-s-croce.html
https://forum.termometropolitico.it/312036-14-settembre-esaltazione-della-s-croce-3.html
“15 settembre - Festa dei Sette Dolori della Beatissima Vergine Maria.”
https://forum.termometropolitico.it/333475-15-settembre-festa-dei-sette-dolori-della-beatissima-vergine-maria.html
https://forum.termometropolitico.it/333475-15-settembre-festa-dei-sette-dolori-della-beatissima-vergine-maria-6.html
"I Sette Dolori di Maria."
https://forum.termometropolitico.it/313382-i-sette-dolori-di-maria.html







Tradidi quod et accepi (http://tradidiaccepi.blogspot.com/)
http://tradidiaccepi.blogspot.com/


https://www.facebook.com/catholictradition2016/
«MARTIROLOGIO ROMANO, 1955. Sancti et Sanctae Dei, orate pro nobis.»
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«Ecce Sancta Crux Domini Nostri Jesu Christi, venite et adorate.»


“SILLOGE DI SCRITTI PATRISTICI NELLA FESTA DELL'ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE DI NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO.
• Dal «Commento al Vangelo di san Matteo» di san Giovanni Crisostomo. (54, 4-5)
Nessuno, dunque, si vergogni dei segni sacri e venerabili della nostra salvezza, della croce che è la somma e il vertice dei nostri beni, per la quale noi viviamo e siamo ciò che siamo. Portiamo ovunque la croce di Cristo, come una corona. Tutto ciò che ci riguarda si compie e si consuma attraverso di essa. Quando noi dobbiamo essere rigenerati dal battesimo, la croce è presente; se ci alimentiamo di quel mistico cibo che è il corpo di Cristo, se ci vengono imposte le mani per essere consacrati ministri del Signore, e qualsiasi altra cosa facciamo, sempre e ovunque ci sta accanto e ci assiste questo simbolo di vittoria. Di qui il fervore con cui noi lo conserviamo nelle nostre case, lo dipingiamo sulle nostre pareti, lo incidiamo sulle porte, lo imprimiamo sulla nostra fronte e nella nostra mente, lo portiamo sempre nel cuore. La croce è infatti il segno della nostra salvezza e della comune libertà del genere umano, è il segno della misericordia del Signore che per amor nostro si è lasciato condurre come pecora al macello (Is. 53,7; cf. Atti, 8, 32). Quando, dunque, ti fai questo segno, ricorda tutto il mistero della croce e spegni in te l'ira e tutte le altre passioni. E ancora, quando ti segni in fronte, riempiti di grande ardimento e rida' alla tua anima la sua libertà. Conosci bene infatti quali sono i mezzi che ci procurano la libertà. Anche Paolo per elevarci alla libertà che ci conviene ricorda la croce e il sangue del Signore: A caro prezzo siete stati comprati. Non fatevi schiavi degli uomini (1 Cor. 7, 23). Considerate, egli sembra dire, quale prezzo è stato pagato per il vostro riscatto e non sarete più schiavi di nessun uomo; e chiama la croce "prezzo" del riscatto.
Non devi quindi tracciare semplicemente il segno della croce con la punta delle dita, ma prima devi inciderlo nel tuo cuore con fede ardente. Se lo imprimerai in questo modo sulla tua fronte, nessuno dei demoni impuri potrà restare accanto a te, in quanto vedrà l'arma con cui è stato ferito, la spada da cui ha ricevuto il colpo mortale. Se la sola vista del luogo dove avviene l'esecuzione dei criminali fa fremere d'orrore, immagina che cosa proveranno il diavolo e i suoi demoni vedendo l'arma con cui Cristo sgominò completamente il loro potere e tagliò la testa del dragone (cf. Ap. 12, 1 ss.; 20, 1 ss.).
Non vergognarti, dunque, di così grande bene se non vuoi che anche Cristo si vergogni di te quando verrà nella sua gloria e il segno della croce apparirà più luminoso dei raggi stessi del sole. La croce avanzerà allora e il suo apparire sarà come una voce che difenderà la causa del Signore di fronte a tutti gli uomini e dimostrerà che nulla egli tralasciò di fare - di quanto era necessario da parte sua - per assicurare la nostra salvezza. Questo segno, sia ai tempi dei nostri padri come oggi, apre le porte che erano chiuse, neutralizza l'effetto mortale dei veleni, annulla il potere letale della cicuta, cura i morsi dei serpenti velenosi. Infatti, se questa croce ha dischiuso le porte dell'oltretomba, ha disteso nuovamente le volte del cielo, ha rinnovato l'ingresso del paradiso, ha distrutto il dominio del diavolo, c'è da stupirsi se essa ha anche vinto la forza dei veleni, delle belve e di altri simili mortali pericoli?
Imprimi, dunque, questo segno nel tuo cuore e abbraccia questa croce, cui dobbiamo la salvezza delle nostre anime. La croce infatti che ha salvato e convertito tutto il mondo, ha bandito l'errore, ha ristabilito la verità, ha fatto della terra cielo, e degli uomini angeli. Grazie a lei i demoni hanno cessato di essere temibili e sono divenuti disprezzabili; la morte non è più morte, ma sonno.
• Dalla «Catechesi per i neofiti» di san Giovanni Crisostomo. (2, 5)
Che cosa ne pensi di coloro che ricorrono ad incantesimi ed amuleti oppure si legano alla testa od ai piedi monete di bronzo con l'effigie di Alessandro il Macedone? Ebbene, dimmi: siam proprio noi che, dopo la croce e la morte del Signore, dobbiamo riporre la nostra speranza di salvezza nell'immagine di un re pagano? Non sei a conoscenza delle opere straordinarie che la croce ha prodotto? Ha distrutto la morte ha sconfitto il peccato, ha svuotato l'inferno, ha debellato la potenza del demonio. Non si deve dunque credere ch'essa possa restituire la salvezza ad un corpo? La croce ha fatto risorgere il mondo intero, e tu non le dai fiducia? Che cosa, dunque, non saresti degno di soffrire?
Non ti vergogni e non arrossisci per il fatto di esserti lasciato sedurre da queste cose, dopo aver conosciuto una dottrina così sublime? Ciò che è ancor più grave, poi, è che, mentre noi cerchiamo di metterti in guardia e di dissuaderti da tutto questo, coloro che ritengono, in questo modo, di giustificarti, dicono: "Ma la donna che fa questi incantesimi è cristiana e non parla d'altro se non del nome di Dio". Ebbene. È proprio per questo che io nutro verso di lei tutto il mio odio e il mio disprezzo giacché, nel momento in cui afferma di esser cristiana, bestemmia il nome di Dio compiendo opere degne dei pagani. Anche i demoni, infatti, pronunciavano il nome di Dio, non per questo, però, cessavano di essere demoni. Nonostante si rivolgessero a Cristo, dicendo: Sappiamo chi sei: il santo di Dio (Mc. 1, 24); egli, tuttavia, li respinse con disprezzo e li scacciò.
È per questo che vi supplico di astenervi da una simile falsità, affidandovi a queste parole ("Io rinuncio a te, Satana") come ad un sicuro sostegno. E come nessuno di voi oserebbe scendere in piazza svestito o senza calzature, così pure non dovrai mai farlo senza prima aver pronunciato queste parole, nel momento in cui sei sul punto di, varcare la soglia di casa: "Io rinuncio a te, Satana, alla tua vana ostentazione e al tuo culto, per aderire unicamente a te, o Cristo". Non uscire mai, senza prima aver enunciato questo proposito: esso sarà il tuo bastone, la tua corazza, la tua fortezza inespugnabile. Ed insieme a queste parole, imprimi anche il sigillo della croce sulla tua fronte. Così, infatti, non soltanto l'uomo che incontrerai, ma neppure il diavolo stesso potrà minimamente danneggiarti, vedendoti apparire con questa armatura.
• Dai «Sermoni» di san Leone Magno Papa. (74, 4-5)
Non ci si deve mostrare sciocchi tra le vanità, né timorosi tra le avversità. Ivi ci allettano le lusinghe, qui ci aggravano le fatiche. Ma poiché la terra è piena della misericordia del Signore (Sal. 32, 5), ovunque ci sostiene la vittoria di Cristo, affinché si adempia la sua parola: Non temete, perché io ho vinto il mondo (Gv. 16, 33). Quando dunque combattiamo, sia contro l'ambizione del mondo, sia contro le brame della carne, sia contro gli strali degli eretici, siamo armati sempre della croce del Signore. E mai ci allontaneremo da questa festa pasquale, se - nella verità sincera - ci asterremo dal fermento dell'antica malizia. Tra tutti i trambusti di questa vita, oppressa da molte passioni, dobbiamo ricordare sempre l'esortazione dell'Apostolo che ci istruisce dicendoci: Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù. Egli, sussistendo nella natura di Dio, non stimò rapina lo stare alla pari con Dio, ma annientò se stesso prendendo la natura di servo, divenendo simile agli uomini e fu da tutti ritenuto come uomo. Umiliò se stesso facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce. E perciò Dio lo ha esaltato e gli ha donato il nome che sovrasta ogni nome, tanto che nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi in cielo, in terra e sotterra, e ogni lingua proclami che Signore è Gesù Cristo nella gloria di Dio Padre (Fil. 2, 5ss.). Se comprendete dunque questo grande mistero di carità e soppesate ciò che l'unigenito Figlio di Dio compì per la salvezza del genere umano, abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù e la sua umiltà non sia disprezzata da nessun ricco, non sia vergognosa a nessun nobile: nessuna prosperità umana, infatti, può giungere a tale vetta, da ritenere ignominioso che Dio, sussistendo nella natura di Dio, non ha ritenuto indegno assumere la natura di servo. Imitate ciò che ha fatto, amate ciò che ha effettuato e, trovando in voi tanto amore gratuito di Dio, riamate in lui la vostra natura. Come egli non perse la ricchezza per la povertà, non diminuì nella gloria per l'umiltà, non smarrì l'eternità per la morte, così voi, sui suoi passi, sulle sue orme, disprezzate i beni terreni per raggiungere quelli celesti. Abbracciare la croce è uccidere le cupidigie, annientare i vizi, allontanarsi dalla vanità, è rinunciare ad ogni errore. Nessun impudico infatti, nessun lussurioso, nessun superbo né avaro celebra la Pasqua del Signore.
• Dalla «Predica per la festa di un santo martire» di san Gregorio Magno Papa.
In due modi portiamo la croce del Signore: quando con la rinuncia domiamo la carne e quando, per vera compassione del prossimo, sentiamo i suoi bisogni come fossero nostri. Chi soffre personalmente quando il prossimo è ammalato, porta la croce del Signore. Ma si sappia bene: vi sono alcuni uomini che domano con gran rigore la loro carne non per la volontà di Dio, ma solo per futile vanagloria. E ve ne sono altri, e molti, che hanno compassione del prossimo non in modo spirituale, ma solo carnale; e questa compassione non è in loro virtù, ma piuttosto vizio, per la loro esagerata tenerezza. Tutti costoro sembra che portino la croce del Signore, ma essi non seguono il Signore. Per questo la Verità dice rettamente: "Chi non porta la mia croce e mi segue, non può essere mio discepolo". Infatti, portare la croce e seguire il Signore significa rinunciare completamente ai piaceri carnali e aver compassione del prossimo per vero zelo della beatitudine. Chi fa ciò solo con fine umano, porta la croce, ma non segue il Signore.
• Dai «Discorsi» di sant'Andrea di Creta, vescovo.
(Disc. 10 sull'Esaltazione della santa croce; PG 97,1018-1019.1022-1023)
La croce è gloria ed esaltazione di Cristo.
Noi celebriamo la festa della santa croce, per mezzo della quale sono state cacciate le tenebre ed è ritornata la luce. Celebriamo la festa della santa croce, e così, insieme al Crocifisso, veniamo innalzati e sublimati anche noi. Infatti ci distacchiamo dalla terra del peccato e saliamo verso le altezze. È tale e tanta la ricchezza della croce che chi la possiede ha un vero tesoro. E la chiamo giustamente così, perché di nome e di fatto è il più prezioso di tutti i beni. È in essa che risiede tutta la nostra salvezza. Essa è il mezzo e la via per il ritorno allo stato originale.
Se infatti non ci fosse la croce, non ci sarebbe nemmeno Cristo crocifisso. Se non ci fosse la croce, la Vita non sarebbe stata affissa al legno. Se poi la Vita non fosse stata inchiodata al legno, dal suo fianco non sarebbero sgorgate quelle sorgenti di immortalità, sangue e acqua, che purificano il mondo. La sentenza di condanna scritta per il nostro peccato non sarebbe stata lacerata, noi non avremmo avuto la libertà, non potremmo godere dell'albero della vita, il paradiso non sarebbe stato aperto per noi. Se non ci fosse la croce, la morte non sarebbe stata vinta, l'inferno non sarebbe stato spogliato.
È dunque la croce una risorsa veramente stupenda e impareggiabile, perché, per suo mezzo, abbiamo conseguito molti beni, tanto più numerosi quanto più grande ne è il merito, dovuto però in massima parte ai miracoli e alla passione del Cristo. È preziosa poi la croce perché è insieme patibolo e trofeo di Dio. Patibolo per la sua volontaria morte su di essa. Trofeo perché con essa fu vinto il diavolo e col diavolo fu sconfitta la morte. Inoltre la potenza dell'inferno venne fiaccata, e così la croce è diventata la salvezza comune di tutto l'universo.
La croce è gloria di Cristo, esaltazione di Cristo. La croce è il calice prezioso e inestimabile che raccoglie tutte le sofferenze di Cristo, è la sintesi completa della sua passione. Per convincerti che la croce è la gloria di Cristo, senti quello che egli dice: «Ora il figlio dell'uomo è stato glorificato e anche Dio è stato glorificato in lui, e lo glorificherà subito» (Gv 13, 31-32).
E di nuovo: «Glorificami, Padre, con quella gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse» (Gv 17, 5). E ancora: «Padre glorifica il tuo nome. Venne dunque una voce dal cielo: L'ho glorificato e di nuovo lo glorificherò» (Gv 12, 28), per indicare quella glorificazione che fu conseguita allora sulla croce. Che poi la croce sia anche esaltazione di Cristo, ascolta ciò che egli stesso dice: Quando sarò esaltato, allora attirerò tutti a me (cfr. Gv 12, 32). Vedi dunque che la croce è gloria ed esaltazione di Cristo.
• Dall'«Esposizione della fede ortodossa» di san Giovanni Damasceno. (4, 11)
Il linguaggio della croce è follia per quelli che si perdono; per noi che ci salviamo, invece, potenza di Dio (1 Cor. 1, 18). L'uomo spirituale, infatti, "giudica ogni cosa" (1 Cor. 2, 15), mentre quello animale non accetta le cose dello Spirito (1 Cor. 2, 14). Follia è, infatti, quella di coloro che si rifiutano di credere e di riflettere sulla bontà e l'onnipotenza di Dio, indagando sulle realtà divine con le loro categorie umane e naturali, senza rendersi conto che tutto ciò che riguarda la divinità trascende la natura, la razionalità e la conoscenza. Se ci si domanda, infatti, il come ed il perché Iddio abbia creato dal nulla tutte le cose, e si cerca di scoprirlo con le sole facoltà razionali che la natura ci mette a disposizione, non si approda a nulla, giacché una scienza come questa è terrestre e diabolica. Tutto è semplice e lineare invece, ed il cammino è spedito per chi, condotto per mano, per così dire, dalla fede, va alla ricerca del Dio buono, onnipotente, vero, sapiente e giusto. Senza la fede, infatti, nessuno può salvarsi (cf. Eb 11, 6): è in virtù della fede che tutte le cose, sia le umane che le trascendenti, acquistano significato e valore. Senza l'intervento della fede il contadino non ara il suo campo, il mercante non mette a repentaglio la sua vita, su di una piccola nave, fra le onde tempestose del mare; senza fede non si contraggono matrimoni né si porta a termine alcun'altra attività della vita. È la fede a farci comprendere come tutto sia stato creato dal nulla grazie alla potenza divina. Con la fede intendiamo correttamente ogni cosa, umana o divina che sia. La fede, insomma, è il consenso formulato senza riserve.
Tutte le opere ed i miracoli compiuti dal Cristo, dunque, appaiono manifestazioni grandiose, divine, straordinarie; la più strepitosa di tutte, però, è la sua venerabile croce. È grazie a questa, infatti, e non ad altro, che la morte fu sconfitta, il peccato del progenitore ricevette la sua espiazione, l'inferno venne spogliato, fu elargita la risurrezione; è stata la croce a guadagnarci la forza di disprezzare i beni del mondo e persino la morte, a prepararci il ritorno all'antica beatitudine, a spalancarci le porte del cielo; soltanto la croce del Signore nostro Gesù Cristo, infine, ha elevato l'umanità alla destra di Dio, promuovendoci alla dignità di suoi figli ed eredi. Tutto questo ci ha procurato la croce! Tutti noi, infatti, ricorda l'Apostolo, che siamo stati battezzati in Cristo, siamo stati battezzati nella sua morte (Rm. 6, 3). Tutti noi, battezzati in Cristo, ci siamo rivestiti di Cristo (Gal. 3,27). E Cristo, poi, è potenza e sapienza di Dio (1 Cor. 1, 24). Ecco, la morte di Cristo, cioè la croce, ci ha rivestito dell'autentica potenza e sapienza di Dio. La potenza di Dio, da parte sua, si manifesta nella croce, sia perché la forza divina, cioè la vittoria sulla morte, ci si è mostrata attraverso la croce; sia in quanto, allo stesso modo come i quattro bracci della croce si uniscono fra loro nel punto centrale, così pure, attraverso la potenza di Dio, si assimilano l'una con l'altra l'altezza e la profondità, la lunghezza e la larghezza: in altre parole, tutta la creazione, nella sua dimensione materiale come in quella invisibile.
La croce è stata impressa sulla nostra fronte come un segno, non diversamente dalla circoncisione per Israele. In virtù di questo segno, noi fedeli siamo riconosciuti e distinti dagli increduli. La croce è per noi lo scudo, la corazza ed il trofeo contro il demonio. È il sigillo grazie al quale l'angelo sterminatore ci risparmierà, come afferma la Scrittura (cf. Ebr. 11, 28). E lo strumento per risollevare coloro che giacciono, il puntello a cui si appoggia chi sta in piedi, il bastone degli infermi, la verga per condurre il gregge, la guida per quanti si volgono altrove, il progresso dei principianti, la salute dell'anima e del corpo, il rimedio di tutti i mali, la fonte d'ogni bene, la morte del peccato, la pianta della risurrezione, l'albero della vita eterna.
Questo legno davvero prezioso e degno di venerazione, perciò, sul quale Cristo si sacrificò per noi, deve giustamente divenire oggetto della nostra adorazione, giacché fu come santificato dal contatto con il santissimo corpo e sangue del Signore. Come pure si dovrà rivolgere la nostra devozione ai chiodi, alla lancia, agli indumenti ed ai santi luoghi nei quali il Signore si è trovato: la mangiatoia, la grotta, il Golgota che ci ha recato la salvezza, il sepolcro che ci ha donato la vita, Sion, roccaforte delle Chiese, e tutti gli altri... Se, infatti, ricordiamo con affetto, fra gli oggetti che son stati nominati, la casa ed il letto e la veste del Signore, quanto più dovranno esserci care, tra le cose di Dio e del Salvatore, quelle che ci hanno procurato anche la salvezza?
Adoriamo l'immagine stessa della preziosa e vivificante croce, di qualunque materia sia composta! Non intendiamo onorare, infatti l'oggetto materiale (non sia mai!), bensì il significato ch'esso rappresenta, il simbolo, per così dire, di Cristo. Egli stesso, d'altronde, istruendo i suoi discepoli, ebbe a dire: Apparirà allora nel cielo il segno del Figlio dell'uomo (Mt. 24, 30), cioè la croce. Ed anche l'angelo che annunciò alle donne la risurrezione di Cristo disse: Voi cercate Gesù di Nazaret, il crocifisso (Mc. 16, 6). E l'Apostolo, da parte sua: Noi predichiamo, avverte, il Cristo crocifisso (1 Cor. 1, 23). Vi sono, infatti, molti Cristi e Gesù; uno solo, però, è il crocifisso. L'Apostolo, poi, non dice: "colui che è stato trafitto dalla lancia", bensì "il crocifisso". Dobbiamo, perciò, adorare il simbolo del Cristo: ovunque, infatti, si troverà quel segno, lì sarà presente il Signore stesso. La materia di cui è composta l'immagine della croce, invece, anche se fosse d'oro o di pietre preziose, non è più degna di alcuna venerazione, una volta scomparsa, per qualsiasi motivo, la figura originaria. Tutti gli oggetti consacrati a Dio, perciò, noi li veneriamo in modo tale, da riferire alla persona divina il culto che osserviamo per essi.
• Dal «Discorso sull'adorazione della croce» di san Teodoro Studita.
O dono preziosissimo della croce! Quale splendore appare alla vista! Tutta bellezza e tutta magnificenza. Albero meraviglioso all'occhio e al gusto e non immagine parziale di bene e di male come quello dell'Eden.
È un albero che dona la vita, non la morte, illumina e non ottenebra, apre l'udito al paradiso, non espelle da esso.
Su quel legno sale Cristo, come un re sul carro trionfale. Sconfigge il diavolo padrone della morte e libera il genere umano dalla schiavitù del tiranno. Su quel legno sale il Signore, come un valoroso combattente. Viene ferito in battaglia alle mani, ai piedi e al divino costato. Ma con quel sangue guarisce le nostre lividure, cioè la nostra natura ferita dal serpente velenoso.
Prima venimmo uccisi dal legno, ora invece per il legno recuperiamo la vita. Prima fummo ingannati dal legno, ora invece con il legno scacciamo l'astuto serpente. Nuovi e straordinari mutamenti! Al posto della morte ci viene data la vita, invece della corruzione l'immortalità, invece del disonore la gloria. Perciò non senza ragione esclama il santo Apostolo: «Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo» (Gal 6, 14). Quella somma sapienza che fiorì dalla croce rese vana la superba sapienza del mondo e la sua arrogante stoltezza. I beni di ogni genere, che ci vennero dalla croce, hanno eliminato i germi della cattiveria e della malizia. All'inizio del mondo solo figure e segni premonitori di questo legno notificavano ed indicavano i grandi eventi del mondo. Stai attento, infatti tu, chiunque tu sia, che hai grande brama di conoscere. Noè non ha forse evitato per sé, per tutti i suoi familiari ed anche per il bestiame, la catastrofe del diluvio, decretata da Dio, in virtù di un piccolo legno? Pensa alla verga di Mosè. Non fu forse un simbolo della croce? Cambiò l'acqua in sangue, divorò i serpenti fittizi dei maghi, percosse il mare e lo divise in due parti, ricondusse poi le acque del mare al
loro normale corso e sommerse i nemici, salvò invece coloro che erano il popolo legittimo. Tale fu anche la verga di Aronne, simbolo della croce, che fiorì in un solo giorno e rivelò il sacerdote legittimo. Anche Abramo prefigurò la croce quando legò il figlio sulla catasta di legna. La morte fu uccisa dalla croce e Adamo fu restituito alla vita. Della croce tutti gli apostoli si sono gloriati, ogni martire ne venne coronato, e ogni santo santificato. Con la croce abbiamo rivestito Cristo e ci siamo spogliati dell'uomo vecchio. Per mezzo della croce noi, pecorelle di Cristo, siamo stati radunati in un unico ovile e siamo destinati alle eterne dimore.”


“ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE DI NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO
Doppio maggiore.
Paramenti rossi.
Guéranger, L'anno liturgico - Esaltazione della Santa Croce
http://www.unavoce-ve.it/pg-14set.htm
Il 14 settembre 320 si fece la consacrazione della della basilica costantiniana che racchiudeva la sommità del Calvario e il Santo Sepolcro. «Fu allora, dice Eteria, che si scoprì la Croce. Ed è per questo che si celebra l'anniversario con altrettanta solennità quanto a Pasqua ed all'Epifania». Di qui ebbe origine la festa dell'Esaltazione della Croce. «Allorché sarò esaltato, attirerò tutto a me» (Vangelo) aveva detto Gesù. E poiché il Salvatore si è umiliato, facendosi obbediente sino alla morte sulla croce, Dio l'ha innalzato e gli ha dato un nome al di sopra di ogni altro nome (Epistola). Così dobbiamo gloriarci nella Croce di Gesù, perché è la nostra vita e la nostra salvezza (Introito), e protegge i suoi servi dalle insidie dei nemici (Offertorio, Communio, Postcommunio). Verso la fine del regno di Foca, Cosroe, re dei Persiani, si impadronì di Gerusalemme, fece perire molte migliaia di cristiani e trasportò in Persia la Croce di nostro Signore, che Elena aveva deposto sul monte Calvario. Eraclio, successore di Foca, dopo aver implorato fervorosamente l'aiuto divino, riunì un'armata e sconfisse Cosroe. Allora egli esigette la restituzione della Croce del Signore. Questa preziosa reliquia venne così ricuperata, dopo quattordici anni dacché era caduta in possesso dei Persiani. Di ritorno a Gerusalemme, Eraclio la prese sulle spalle e la riportò con gran pompa sul Calvario (630). Questo atto, secondo una tradizione popolare, fu accompagnato da uno strepitoso miracolo. Eraclio, carico d'oro e di pietre preziose, sentì una forza invincibile arrestarlo dinanzi alla porta che conduceva al Monte Calvario; più faceva sforzi per avanzare, più gli sembrava di essere fortemente trattenuto. Poiché l'imperatore e con lui tutti i testimoni della scena erano stupefatti, Zaccaria, vescovo di Gerusalemme, gli disse: «O imperatore, con questi ornamenti di trionfo, tu non imiti affatto la povertà di Gesù Cristo, e l'umiltà con la quale Egli portò la Croce». Eraclio si spogliò allora delle splendide vesti, e toltosi i calzari, si gettò sulle spalle un semplice mantello e si rimise in cammino. Fatto questo, egli compì facilmente il resto del tragitto, e rimise la Croce sul monte Calvario, nello stesso luogo donde i Persiani l'avevano portata via. La solennità dell'Esaltazione della Santa Croce, che si celebrava già ogni anno in questo stesso giorno, prese allora una grande importanza, in ricordo del fatto che l'imperatore Eraclito aveva rimessa la Croce proprio nello stesso luogo dove era stata eretta la prima volta per la crocifissione del Salvatore».
Uniamoci in ispirito ai fedeli che, nella Chiesa di Santa Croce a Roma, venerano oggi le reliquie esposte del Sacro Legno, affinché, essendo stati ammessi ad adorare la Croce sulla terra in questa solennità, nella quale ci rallegriamo per la sua Esaltazione, siamo messi in possesso per tutta l'eternità della salvezza e della gloria che essa ci ha procurato (Orazione, Secreta).
* Sulla fine del regno di Foca, Cosroe, re dei Persiani occupato l'Egitto e l'Africa e presa Gerusalemme e massacrativi molte migliaia di Cristiani, trasportò in Persia la Croce di Cristo Signore, che Elena aveva riposto sul monte Calvario. Pertanto Eraclio, successore di Foca, stanco delle molte molestie e calamità della guerra, domandò la pace; ma Cosroe, inorgoglito delle vittorie, non volle concederla a nessun patto. In questa estremità ricorse a continui digiuni e preghiere, implorando con gran fervore l'aiuto di Dio; per cui ispirazione radunato un esercito, ingaggiò battaglia col nemico, e sconfisse tre generali di Cosroe coi loro tre eserciti.
Cosroe, abbattuto da queste sconfitte, prese la fuga, designando, mentre si disponeva a passare il Tigri, suo socio nel regno il figlio Medarse. Ma Siroe, figlio maggiore di Cosroe, sdegnato crudelmente per quest'affronto, decise di sopprimere il padre e il fratello; cosa che fece poco dopo al ritorno dei due fuggitivi, e ottenne da Eraclio il diritto di regnare a certe condizioni, la prima delle quali fu la restituzione della Croce del Signore. Così la Croce fu ricuperata dopo quattordici anni, ch'era caduta in potere dei Persiani. Di ritorno a Gerusalemme, Eraclio la riportò sulle proprie spalle con gran pompa sul monte in cui l'aveva portata il Salvatore.
Questo fatto fu segnalato da un gran miracolo. Perché Eraclio, carico di oro e di gemme, fu costretto di fermarsi alla porta che conduceva al monte Calvario. E più si sforzava d'andare avanti, e più si sentiva trattenere. Stupiti della cosa e lo stesso Eraclio e tutti gli altri, Zaccaria, vescovo di Gerusalemme: Vedi, imperatore, disse, che con questi ornamenti di trionfo imiti poco la povertà e l'umiltà di Gesù Cristo con cui egli portò la Croce. Allora Eraclio, gettate le splendide vesti e toltesi le scarpe e indossato un abito volgare, fece facilmente il resto del viaggio, e rimise la Croce nello stesso posto del Calvario, donde l'avevano asportata i Persiani. Quindi la festa dell'Esaltazione della santa Croce, che si celebrava ogni anno in questo stesso giorno, cominciò ad avere maggior importanza in memoria del fatto ch'era stata riposta da Eraclio nel luogo stesso, dove fu innalzata la prima volta per il Salvatore.
SANTA MESSA
- All'Epistola.Il figlio di Dio dopo essersi unito a una natura, che relativamente a Dio, Creatore e Sovrano Padrone di tutte le cose, è una natura servile, si è abbassato più ancora accettando di subire il supplizio infame della Croce.
- Al Vangelo.
Il tratto del Vangelo che segue, contiene una chiara allusione da parte di Gesù alla sua morte in Croce ed all'efficacia del suo sacrificio. Proprio la morte più ignominiosa, quella della Croce, doveva servire a trarre alla fede e alla salvezza tutti i popoli.
** Omelia di san Leone Papa.
Sermone 8 sulla Passione del Signore, dopo la metà.
Dopo l'esaltazione di Cristo sulla Croce, o dilettissimi, il vostro spirito non si rappresenti soltanto l'immagine che colpì la vista degli empi, ai quali dice Mosè: «La tua vita sarà sospesa dinanzi ai tuoi occhi, e sarai in timore notte e giorno, e non crederai alla tua vita» (Deut. 28,66). Infatti essi davanti al Signore crocifisso non potevano scorgere in lui che il loro delitto, ed avevano non il timore che giustifica mediante la vera fede, ma quello che tortura una coscienza colpevole. Ma la nostra intelligenza, illuminata dallo spirito di verità, abbracci con cuore puro e libero la Croce, la cui gloria risplende in cielo e in terra; e coll'acume interno penetri il mistero che il Signore, parlando della sua prossima passione, annunziò così: «Adesso si fa il giudizio di questo mondo, adesso il principe di questo mondo sarà cacciato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutto a me» (Joann. 12,21).
O virtù ammirabile della Croce! o gloria ineffabile della Passione, in cui è e il tribunale del Signore, e il giudizio del mondo, e la potenza del Crocifisso! Sì, o Signore, attirasti tutto a te, allorché, «dopo aver steso tutto il giorno le tue mani a un popolo incredulo e ribelle» (Is. 65,2), l'universo intero comprese che doveva rendere omaggio alla tua maestà. Attirasti, Signore, tutto a te, allorché tutti gli elementi non ebbero che una voce sola per esecrare il misfatto dei Giudei; allorché oscuratisi gli astri del cielo e il giorno cangiatosi in notte, anche la terra fu scossa da scosse insolite, e la creazione intera si rifiutò di servire agli empi. Attirasti, Signore, tutto a te, perché squarciatosi il velo del tempio, il Santo dei santi rigettò gl'indegni pontefici, per mostrare che la figura si trasformava in realtà, la profezia in dichiarazioni manifeste, la legge nel Vangelo.
Attirasti, Signore, tutto a te, affinché la pietà di tutte le nazioni che sono sulla terra celebrasse, come un mistero pieno di realtà e senza alcun velo, quanto era nascosto nel solo tempio della Giudea, sotto l'ombre delle figure. Difatti ora e l'ordine dei leviti è più splendido, e la dignità dei sacerdoti è più grande, e l'unzione che consacra i pontefici contiene maggior santità: perché la tua Croce è la sorgente d'ogni benedizione, il principio d'ogni grazia; essa fa passare i credenti dalla debolezza alla forza, dall'obbrobrio alla gloria, dalla morte alla vita. E adesso che i diversi sacrifici d'animali carnali sono cessati, la sola oblazione del corpo e sangue tuo rimpiazza tutte le diverse vittime che la rappresentavano: ché tu sei il vero «Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo» (Joann. 1,29); e così tutti i misteri si compiono talmente in te, che, come tutte le ostie che ti sono offerte non fanno che un solo sacrificio, così tutte le nazioni della terra non fanno che un solo regno.”







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«14 SETTEMBRE 2019: ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE.»

https://www.radiospada.org/2019/09/dominus-regnavit-a-ligno-manomissione-ebraica-del-salmo-95/
«“Commoveatur a facie ejus universa terra; dicite in gentibus, quia Dominus regnavit”
“Dinanzi a lui tremi tutta quanta la terra: dite tra le nazioni: Il Signore ha regnato dal legno”
(Ps XCV, 9 Vetus Latina).

“Dominus regnavit a ligno”. Manomissione ebraica del salmo 95.a cura di Giuliano Zoroddu.
Commento di Monsignor Antonio Martini (1720 – 1809), Arcivescovo di Firenze, al testo del salmo, secondo la Volgata di San Girolamo, “Commoveatur a facie ejus universa terra; dicite in gentibus, quia Dominus regnavit” (Dinanzi a lui stia in timore, e tremore tutta quanta la terra: dite tralle nazioni: Il Signore ha preso possesso del regno):

«Il mondo tutto con timore e tremore religiosa si presenti dinanzi a lui, e gli renda culto e lo adori. Il Signore ha preso possesso del regno: ovvero regna. Regnava egli anche prima della sua venuta sopra la terra per l’assoluta sua potestà: ma dopo la sua incarnazione regna per la fede, colla quale è conosciuto, creduto, adorato. Ma qui non debbo lasciar di notare, come il Salterio Romano e vari altri salteri, a non pochi Padri latini [vedi S. Agostino, Exp. in ps. 95, 11, ndr] e s. Giustino martire [Apologia Prima XLI, ndr] e s. Ephrem Siro, e qualche edizione greca de’ salmi leggono: il Signore regna dal legno, ha fatto acquisto del regno sulla croce dove morì (come dice l’Apostolo) e risuscitò per aver dominio sopra i vivi, e sopra i morti. Maniera nuova, e inaudita di arrivare all’acquisto di un regno fu quella, che tenne Cristo di patire e morire per gli uomini. Ovvero: il Signore regna dopo il legno. Dopo sofferta la morte di croce, e dopo (ma risuscitato) ha manifestata la potestà datagli dal Padre in cielo e in terra. S. Giustino1 accusa i Giudei di aver tolte quelle due parole dal testo dei LXX; perocché (dice il Genebrardo a questo proposito) i LXX, i quali con profetico spirito in altri luoghi ancora per illustrare certi passi hanno aggiunto qualche parola, si può ben credere sulla testimonianza di tali autori, che avesser poste quelle parole. A me certamente fa grande specie il vedere, come nell’antica versione italica, tratta dal greco dei LXX, venuta in luce nei primi giorni della chiesa queste parole si leggono. Quindi son esse conservate dalla Chiesa, e si recitano si nell’inno della Passione [l’inno Vexilla Regis di S. Venanzio Fortunato, ndr], e si ancora nella commemorazione della Croce nel Tempo Pasquale».

[1] “Hanno soppresso del tutto numerosi passi della Scrittura … dai quali si evince con tutta chiarezza che proprio di colui che è stato crocifisso si preannunziava sarebbe stato Dio e Uomo, sarebbe stato messo in croce e sarebbe morto […] Dal salmo 95 hanno espunto, delle parole di Davide, questa breve espressione: dal legno” (S. Giustino, Dialogo con Trifone Ebreo, LXXI, 2; LXXIII, 1).»
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"Nella Festa dell'Esaltazione della Santa Croce, scegliamo per voi le immagini del Mosteiro de Jesus ad Aveiro, in Portogallo.
Quando ci chiedete che civiltà abbiamo in mente, ecco, vi rispondiamo: questa."
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"Papa Adriano VI Florenszoon Boeyens, Sommo Pontefice, muore il 14 settembre 1523."



https://www.radiospada.org/2019/09/difunde-tu-fe-catolica-la-exaltacion-de-la-santa-cruz-de-nuestro-senor/
"[DIFUNDE TU FE CATOLICA] LA EXALTACIÓN DE LA SANTA CRUZ DE NUESTRO SEÑOR."
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“Vi adoro, o Croce santa, che foste ornata del Corpo sacratissimo del mio Signore, coperta e tinta del suo preziosissimo Sangue. Vi adoro, mio Dio, posto in croce per me. Vi adoro, o Croce santa, per amore di Colui che è il mio Signore. Così sia.
(Recitata 33 volte il Venerdì Santo, libera 33 Anime del Purgatorio. Recitata 50 volte ogni venerdì, ne libera 5. Orazione confermata dai Papi Adriano VI e Gregorio XIII).”





"Guéranger, L'anno liturgico - Esaltazione della Santa Croce."
Guéranger, L'anno liturgico - Esaltazione della Santa Croce (http://www.unavoce-ve.it/pg-14set.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-14set.htm







https://www.sursumcorda.cloud/
https://www.sursumcorda.cloud/sostienici/libri.html
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«Carlo Di Pietro - Sursum Corda
14 settembre, Esaltazione della Santa Croce.

Dal numero 175 di SVRSVM CORDA® del 15 settembre 2019. https://www.sursumcorda.cloud/

"L’insidia è tanto più sottile in quanto essi (T.d.G. e più genericamente Protestanti) si presentano come i veri diffusori della parola di Dio contenuta nella Bibbia e come i veri apostoli di Cristo. In realtà - come esporremo nelle pagine seguenti - essi si servono della Bibbia non per diffondere la parola di Dio, ma per diffondere i loro errori, per di più frammisti a qualche verità, il che aumenta l’inganno. Inoltre essi non sono apostoli di Cristo, del quale anzi rinnegano addirittura la divinità."

Indice dei contenuti:- Comunicato numero 175. Parabola dei due figli e parabola dei vignaioli; - Racconti miracolosi n° 93. Un bambino prodigioso salvato miracolosamente; - Altra preghiera al Santissimo Nome di Maria (12.9); - I funesti pericoli degli eccessi nella moda; - La verità sui Testimoni di Geova; - Orazione a San Gorgonio, Martire (9.9); - Orazione a San Maurilio, Vescovo (13.9); - Orazione ai Santi Proto e Giacinto, Martiri (11.9); - La Charité de la Verité (R. P. Guérard Des Lauriers O. P.).» https://www.sursumcorda.cloud/


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www.agerecontra.it | Sito del Circolo Cattolico "Christus Rex"
http://www.agerecontra.it/

"Centro Studi Giuseppe Federici - sito ufficiale"
http://www.centrostudifederici.org/

"sito dedicato alla crisi dottrinale nella Chiesa cattolica"
http://www.crisinellachiesa.it/

"Sito ufficiale del Centro Culturale San Giorgio"
http://www.centrosangiorgio.com/


C.M.R.I. - "Congregatio Mariae Reginae Immacolata" ("Congregation of Mary Immaculate Queen" "Congregazione di Maria Regina Immacolata"):
http://www.cmri.org/ital-index.html





https://www.truerestoration.org/


https://novusordowatch.org/
“Recognize-and-OBEY is the Traditional Catholic Teaching August 29, 2019.”



": Quidlibet : ? A Traditionalist Miscellany — By the Rev. Anthony Cekada"
http://www.fathercekada.com/

"Home | Traditional Latin Mass Resources"
http://www.traditionalmass.org/

http://www.traditionalcatholicpriest.com/





"Como ovejas sin Pastor"
http://sicutoves.blogspot.com/


https://moimunanblog.com/
"14 de septiembre FESTIVIDAD DE LA EXALTACIÓN DE LA SANTA CRUZ."
https://moimunanblog.files.wordpress.com/2019/09/8a66dbb9-1337-40f4-89ad-d5b2bde20220.jpeg


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“Pro Fide Catholica | Le site de Laurent Glauzy”
https://profidecatholica.com/


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https://lacontrerevolution.wordpress.com/


https://sedevacantisme.wordpress.com/


"Sede Vacante -"
http://www.catholique-sedevacantiste.fr/


http://wordpress.catholicapedia.net/




Ligue Saint Amédée (http://liguesaintamedee.ch/)
https://www.facebook.com/SaintAmedee/?fref=nf
«Intransigeants sur la doctrine ; charitables dans l'évangélisation [Non Una Cum].
Pas de "motu proprio" chez nous : nous célebrons la Sainte Messe selon le missel de Saint Pie V.»
“Mieux vaut une petite œuvre dans la Vérité, qu’une grande dans l’erreur.”

https://twitter.com/saintamedee?lang=it
“Ligue Saint Amédée‏ SaintAmedee
14 Septembre : Exaltation de la Sainte Croix.”

“Ô Dieu qui, en ce jour, nous réjouissez par la solennité annuelle de l'Exaltation de la Sainte Croix, faites qu'après avoir connu sur la terre son mystère, nous en méritions les fruits de rédemption dans le Ciel. Par le même Jésus-Christ.”
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14 septembre : Exaltation de la Sainte Croix :: Ligue Saint Amédée (http://liguesaintamedee.ch/saint-du-jour/14-septembre-exaltation-de-la-sainte-croix)
«14 septembre : Exaltation de la Sainte Croix.»
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http://liguesaintamedee.ch/application/files/5715/3626/3501/09_14_exaltation_sainte_croix.jpg




Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi, quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.
Ad majorem Dei gloriam - Per la maggior gloria di Dio!!! A.M.D.G.
Gloria Patri et Filio et Spiritui Sancto. Sicut erat in principio et nunc et semper et in saecula saeculorum. Amen.
«O Santissima Trinità, vi adoro! Mio Dio, mio Dio, Vi amo nel Santissimo Sacramento!»
CHRISTUS VINCIT, CHRISTUS REGNAT, CHRISTUS IMPERAT!!!
Luca, SURSUM CORDA – HABEMUS AD DOMINUM!!!

Holuxar
19-09-19, 00:01
15 SETTEMBRE 2019: OTTAVA DELLA NATIVITÀ DI NOSTRA SIGNORA BEATA VERGINE MARIA SANTISSIMA, FESTA DEI SETTE DOLORI DELLA BEATA VERGINE…



«15 SETTEMBRE FESTA DEI SETTE DOLORI DELLA BEATA VERGINE.
Guéranger, L'anno liturgico - Festa dei Sette Dolori della Beata Vergine (http://www.unavoce-ve.it/pg-15set.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-15set.htm
I SETTE DOLORI DI MARIA SANTISSIMA.
Dom Guéranger, L'anno liturgico - I Sette Dolori di Maria Santissima
http://www.unavoce-ve.it/pg-settedolori.htm »





https://www.preghiereperlafamiglia.it/maria-addolorata.htm
"DEVOZIONI MARIA ADDOLORATA. I SETTE DOLORI di MARIA."





https://www.agerecontra.it/2017/09/madonna-addolorata/
«Madonna Addolorata - L’EDITORIALE DEL VENERDI di Arai Daniele.»





SANTA MESSA DOMENICALE CELEBRATA DA DON FLORIANO ABRAHAMOWICZ A PAESE (TV) OGGI 15 SETTEMBRE 2019: OTTAVA DELLA NATIVITÀ DI NOSTRA SIGNORA BEATA VERGINE MARIA SANTISSIMA, FESTA DEI SETTE DOLORI DELLA BEATA VERGINE CON MEMORIA ED ULTIMO VANGELO DELLA QUATTORDICESIMA DOMENICA DOPO PENTECOSTE...


«Don Floriano Abrahamowicz - Domus Marcel Lefebvre.
http://www.domusmarcellefebvre.it/
https://www.youtube.com/user/florianoabrahamowicz
Domenica d. Madonna Addolorata - Festa di San Pio X alla domus Marcel Lefebvre - (Santa Messa)
https://www.youtube.com/watch?v=nQD0orJ6Wng
Domenica d. Madonna Addolorata - Festa di San Pio X alla domus Marcel Lefebvre - (Omelia)
https://www.youtube.com/watch?v=G7PuqwYnFPo
Natività B.V. Maria (XIII domenica d. Pentecoste)- (Santa Messa)
https://www.youtube.com/watch?v=5Z9v7udCG6U
Natività B.V. Maria (XIII domenica d. Pentecoste)- (Omelia)
https://www.youtube.com/watch?v=Y93dn88ORpk
XII domenica d. Pentecoste (Santa Messa)
https://www.youtube.com/watch?v=nIk0skekqQI
XII domenica d. Pentecoste (Omelia)
https://www.youtube.com/watch?v=ewDURGc0UNA
XI domenica d. Pentecoste (Santa Messa)
https://www.youtube.com/watch?v=NNOE3X7h7kc
XI domenica d. Pentecoste (Omelia)
https://www.youtube.com/watch?v=hk75pIqAtog
http://www.domusmarcellefebvre.it/santa-messa-1.php
La Santa Messa tutte le domeniche alle ore 10.30 a Paese, Treviso.».


Don Floriano Abrahamowicz con tutti i fedeli (parecchie decine di persone, cifra di presenti non troppo lontana dal centinaio…bella giornata trascorsa insieme con prima la Santa Messa e dopo un buon pranzo) ha festeggiato i 10 anni, quindi il decimo anniversario, dalla nascita della “Domus Marcel Lefèbvre”…L’omelia è stata molto lunga, intensa e dettagliata; ha parlato della Festa dei Sette Dolori di Maria ed ha continuato spiegando la necessità teologico-dottrinale del “sedevacantismo” per restare nella vera Chiesa Cattolica Apostolica Romana nonché – per chiarire l’apparente inconseguenza che alcuni gli rimproverano nel richiamarsi al vescovo francese pur essendo “sedevacantista” - il senso profondo dell’opera e del pensiero ecclesiastico di Mons. Marcel Lefèbvre…
Questa fu l’omelia di 10 anni fa:


OMELIA AI "TRADIZIONALISTI PERPLESSI" - domusmarcellefebvre110815 (http://www.domusmarcellefebvre.it/omelia-ai--tradizionalisti-perplessi-.html)
«OMELIA AI "TRADIZIONALISTI PERPLESSI".
un anno di “Domus Marcel Lefèbvre” (24 maggio 2009 - 24 maggio 2010) Pentecoste, 23 5 2010 don Floriano Abrahamowicz.»





Madonna Addolorata - Sodalitium (http://www.sodalitium.biz/madonna-addolorata/)
http://www.sodalitium.biz/madonna-addolorata/
«15 settembre, I Sette Dolori della B. V. Maria.
O gran Regina dei Martiri e la più desolata di tutte le madri! Il vostro dolore è immenso come il mare, perché tutte le piaghe che tutti i peccati degli uomini hanno impresse nel sacro corpo del vostro divin figliuolo, sono altrettante spade che trafiggono il vostro cuore. Ecco prostrato ai vostri piedi il peccatore più indegno, sinceramente pentito d’aver maltrattato il divin Redentore. Le colpe che io ho commesso sono più gravi di quello che io possa soffrire per cancellarle. Deh! Madre beata, imprimete nel mio cuore le piaghe santissime del vostro amore onde non brami che di patire e morire con Gesù crocifisso, e spirar l’anima penitente nel vostro purissimo cuore. Così sia.»
http://www.sodalitium.biz/wp-content/uploads/addolorata-219x300.jpg


http://www.sodalitium.biz/wp-content/uploads/addolorata-219x300.jpg



«Omelia del Rev. Don Francesco Ricossa del 15.09.2019, Madonna Addolorata
https://www.youtube.com/watch?v=NeeM5jTvvSI »

Omelia nella festa dei Sette Dolori di Maria ? Oratorio Sant'Ambrogio ? Milano (http://www.oratoriosantambrogiombc.it/2019/09/15/omelia-nella-festa-dei-sette-dolori-di-maria/)
«Omelia nella festa dei Sette Dolori di Maria 15 Settembre 2019.
L’omelia tenuta da don Ugolino Giugni domenica 15 Settembre 2019 – Sette Dolori di Maria con la memoria della XIV domenica dopo la pentecoste – “Sulla festa dei Sette Dolori di Maria e la questione della messa Una Cum” è disponibile per l’ascolto ->»



SANTE MESSE CATTOLICHE "NON UNA CUM" CELEBRATE DAI SACERDOTI DELL' I.M.B.C. ("ISTITUTO MATER BONI CONSILII") IN TUTTA ITALIA:



"Sante Messe - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/

"Torino - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/torino/

"Modena - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/modena/

"Rimini - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/rimini/

"Pescara - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/pescara/

"Potenza - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/potenza/

"Roma - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/roma/

"S. Messa in provincia di Verona - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/s-messa-provincia-verona/

“Sodalitium - IMBC.”
https://www.youtube.com/user/sodalitium

“Omelie dell'I.M.B.C. a Ferrara.”
https://www.facebook.com/OmelieIMBCFerrara/


http://www.oratoriosantambrogiombc.it/
“Oratorio Sant'Ambrogio, Milano - Offertur Oblatio Munda (Malachia 1, 11).”







https://www.facebook.com/catholictradition2016/
«MARTIROLOGIO ROMANO, 1955. Sancti et Sanctae Dei, orate pro nobis.»
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Tradidi quod et accepi (http://tradidiaccepi.blogspot.com/)
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«MESE DI SETTEMBRE: MESE DI NOSTRA SIGNORA BEATA VERGINE MARIA SANTISSIMA ADDOLORATA.»

«DISCORSO IX DI SANT'ALFONSO MARIA DE' LIGUORI
(Glorie di Maria, n. 499-500)
De' dolori di Maria.
Maria fu la regina de' martiri, perché il suo martirio fu il più lungo e il più grande di quello di tutti i martiri.
Chi mai potrà avere un cuor sì duro che non s'intenerisca in udire il caso pur troppo lagrimevole che un tempo accadde nel mondo. Eravi una madre nobile e santa la quale non avea che un solo figlio; e questi era il più amabile che possa immaginarsi, innocente, virtuoso, bello, ed amantissimo di sua madre: a tal segno che non le avea mai dato minimo disgusto, ma sempre l'avea portato tutto il rispetto, tutta l'ubbidienza e tutto l'affetto: onde la madre a questo figlio avea posto in terra tutto il suo amore. Or poi che avvenne? Avvenne che questo figlio per invidia fu accusato falsamente da' suoi nemici, e 'l giudice, benché avesse conosciuta e confessata egli stesso la di lui innocenza, pure, per non disgustare i nemici, lo condannò ad una morte infame, quale appunto quelli l'aveano richiesta. E questa povera madre ebbe a soffrire il dolore che quell'amabile ed amato figlio le fosse così ingiustamente tolto nel fiore di sua gioventù con una barbara morte; poiché a forza di tormenti ce lo fecero morire svenato(1) avanti gli occhi in pubblico in un patibolo infame.
Anime divote, che dite? È degno di compassione questo caso e questa misera madre? Già m'intendete di chi parlo. Questo figlio così crudelmente giustiziato fu il nostro amoroso Redentore Gesù, e questa madre fu la B. Vergine Maria, che per nostro amore si contentò di vederlo sagrificato alla divina giustizia dalla barbarie degli uomini. Questa gran pena dunque da Maria per noi sofferta, pena che le costò più di mille morti, merita da noi compassione e gratitudine. E s'altro non possiamo rendere a tanto amore, almeno fermiamoci per poco oggi a considerare l'acerbità di questa pena per cui divenne Maria regina de' martiri, mentre il suo gran martirio superò nel dolore quello di tutti i martiri, essendo egli stato per 1. il martirio più lungo, per 2. il martirio più grande. (...)»


https://sardiniatridentina.blogspot.com/2017/09/sette-dolori-di-maria.html?m=1
"Festa dei Sette Dolori della beatissima Vergine Maria
La festa dei Sette Dolori della beatissima Vergine Maria, estesa a tutta la Chiesa da Pio VII nel 1817, è celebrata dalla Chiesa due volte l’anno: il venerdì di Passione e il 15 settembre. Nella prima i Dolori sono oggetto di venerazione e meditazione in quanto fonte di dolore; nella seconda essi sono venerati e contemplati quali causa di gloria e trionfo. In entrambe Maria, la Regina dei Martiri, è onorata come la Corredentrice del genere umano: Ella fu associata e cooperò alla nostra Redenzione, in dipendenza e subordinazione a Gesù Redentore, coi suoi dolori acerbissimi e con l’offerta a Dio Padre della vittima del sacrificio, il suo Figliuolo diletto.

Si fa anche la commemorazione del beato Nicomede, Prete romano e Martire, il quale, rispondendo a quelli che lo costringevano a sacrificare agli idoli: «Io non sacrifico che a Dio onnipotente, regnante nei cieli», fu battuto lunghissimamente con flagelli piombati, e in quel tormento passò al Signore, e il suo corpo per maggior sfregio fu gettato nel Tevere. Un suo chierico di nome Giusto lo recuperò e lo seppellì in un orticello lungo la via Nomentana.

PROPRIUM MISSAE

INTROITUS
Ioann 19:25.- Stabant iuxta Crucem Iesu Mater eius, et soror Matris eius, María Cléophæ, et Salóme et María Magdaléne. ~~ Ioann 19:26-27.- Múlier, ecce fílius tuus: dixit Iesus; ad discípulum autem: Ecce Mater tua. ~~ Glória ~~ Stabant iuxta Crucem Iesu Mater eius, et soror Matris eius, María Cléophæ, et Salóme et María Magdaléne.

Ioann 19:25.- Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Cleofa, e Salome, e Maria Maddalena. ~~ Ioann 19:26-27.- Donna, ecco tuo figlio, disse Gesù; e al discepolo: Ecco tua madre. ~~ Gloria ~~ Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Cleofa, e Salome, e Maria Maddalena.

Gloria

ORATIO
Orémus.
Deus, in cuius passióne, secúndum Simeónis prophétiam, dulcíssimam ánimam gloriósæ Vírginis et Matris Maríæ dolóris gladius pertransívit: concéde propítius; ut, qui transfixiónem eius et passiónem venerándo recólimus, gloriósis méritis et précibus ómnium Sanctórum Cruci fidéliter astántium intercedéntibus, passiónis tuæ efféctum felícem consequámur: Qui vivis et regnas cum Deo Patre, in unitate Spiritus Sancti, Deus, per omnia saecula saeculorum. Amen.

Preghiamo.
O Dio, nella tua passione, una spada di dolore ha trafitto, secondo la profezia di Simeone, l'anima dolcissima della gloriosa vergine e madre Maria: concedi a noi, che celebriamo con venerazione la sua passione e il suo trafiggimento, di ottenere,per l’intercessione delle preghiere e dei meriti di tutti i Santi astanti presso la croce, il frutto felice della tua passione: Tu che sei Dio, e vivi e regni con Dio Padre in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Orémus.
Pro S. Nicomede Martyre
Adésto, Dómine, pópulo tuo: ut, beáti Nicomédis Mártyris tui mérita præclára suscípiens, ad impetrándam misericórdiam tuam semper eius patrocíniis adiuvétur. Per Dominum nostrum Iesum Christum, Filium tuum: qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula saeculorum. Amen.

Preghiamo.
Sii vicino, o Signore, al tuo popolo, e fa' che, ricorrendo ai meriti preclari del beato Nicomède martire tuo, per il suo patrocinio, ottenga sempre la tua misericordia. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

LECTIO
Léctio libri Iudith.
Iudith 13:22; 13:23-25
Benedíxit te Dóminus in virtúte sua, quia per te ad níhilum redégit inimícos nostros. Benedícta es tu, fília, a Dómino, Deo excélso, præ ómnibus muliéribus super terram. Benedíctus Dóminus, qui creávit coelum et terram: quia hódie nomen tuum ita magnificávit, ut non recédat laus tua de ore hóminum, qui mémores fúerint virtútis Dómini in ætérnum, pro quibus non pepercísti ánimæ tuæ propter angústias et tribulatiónem géneris tui, sed subvenísti ruínæ ante conspéctum Dei nostri.

Il Signore nella sua potenza ti ha benedetta: per mezzo tuo ha annientato i nostri nemici. Benedetta sei tu, o figlia, dal Signore Dio altissimo più di ogni altra donna sulla terra. Benedetto il Signore, che ha creato il cielo e la terra, perché oggi egli ha tanto esaltato il tuo nome, che la tua lode non cesserà nella bocca degli uomini: essi ricorderanno in eterno la potenza del Signore. Perché tu non hai risparmiato per loro la tua vita davanti alle angustie e alla afflizione della tua gente: ci hai salvato dalla rovina, al cospetto del nostro Dio.

GRADUALE
Dolorósa et lacrimábilis es, Virgo María, stans iuxta Crucem Dómini Iesu, Fílii tui, Redemptóris.
V. Virgo Dei Génetrix, quem totus non capit orbis, hoc crucis fert supplícium, auctor vitæ factus homo.

Addolorata e piangente, Vergine Maria, ritta stai presso la croce del Signore Gesù Redentore, Figlio tuo.
V. O Vergine Madre di Dio, Colui che il mondo intero non può contenere, l'Autore della vita, fatto uomo, subisce questo supplizio della croce!

ALLELUIA
Allelúia, allelúia.
Stabat sancta María, coeli Regína et mundi Dómina, iuxta Crucem Dómini nostri Iesu Christi dolorósa.

Alleluia, alleluia.
Stava Maria, Regina del cielo e Signora del mondo, addolorata presso la croce del Signore.

SEQUENTIA
Stabat Mater dolorósa
iuxta Crucem lacrimósa,
dum pendébat Fílius.

Cuius ánimam geméntem,
contristátam et doléntem
pertransívit gládius.

O quam tristis et afflícta
fuit illa benedícta
Mater Unigéniti!

Quæ mærébat et dolébat,
pia Mater, dum vidébat
Nati poenas íncliti.

Quis est homo, qui non fleret,
Matrem Christi si vidéret
in tanto supplício?

Quis non posset contristári,
Christi Matrem contemplári
doléntem cum Fílio?

Pro peccátis suæ gentis
vidit Iesum in torméntis
et flagéllis súbditum.

Vidit suum dulcem
Natum moriéndo desolátum,
dum emísit spíritum.

Eia, Mater, fons amóris,
me sentíre vim dolóris fac,
ut tecum lúgeam.

Fac, ut árdeat cor meum
in amándo Christum Deum,
ut sibi compláceam.

Sancta Mater, istud agas,
Crucifixi fige plagas
cordi meo válide.

Tui Nati vulneráti,
tam dignáti pro me pati,
poenas mecum dívide.

Fac me tecum pie flere,
Crucifíxo condolére,
donec ego víxero.

Iuxta Crucem tecum stare
et me tibi sociáre
in planctu desídero.

Virgo vírginum præclára,
mihi iam non sis amára:
fac me tecum plángere.

Fac, ut portem Christi mortem,
Passiónis fac consórtem
et plagas recólere.

Fac me plagis vulnerári,
fac me Cruce inebriári
et cruóre Fílii.

Flammis ne urar succénsus,
per te, Virgo, sim defénsus
in die iudícii.

Christe, cum sit hinc exíre
da per Matrem me veníre
ad palmam victóriæ.

Quando corpus moriétur,
fac, ut ánimæ donétur
Paradísi glória. Amen. Alleluia



Stava di dolore piena e di pianto
la Madre presso la croce,
da cui pendeva il Figlio.

L'anima di Lei gemente,
di tristezza e di dolore piena,
una spada trafiggeva.

Oh! quanto triste ed afflitta
fu la benedetta
Madre dell'Unigenito!

S'affliggeva, si doleva
la pia Madre contemplando
le pene del Figlio augusto.

E chi non piangerebbe
mirando la Madre di Cristo
in tanto supplizio?

E chi non s'attristerebbe
vedendo la Madre di Cristo
dolente insieme al Figlio?

Per i peccati del popolo suo
Ella vide Gesù nei tormenti
e ai flagelli sottoposto.

Ella vide il dolce Figlio,
morire desolato,
quando emise lo spirito.

Orsù, Madre fonte d'amore,
a me pure fa' sentire l'impeto del dolore
perché teco io pianga.

Fa' che nell'amar Cristo Dio,
così arda il mio cuore
che a Lui io piaccia.

Santa Madre, deh! tu fa'
che le piaghe del Signore
forte siano impresse nel mio cuore.

Del tuo Figlio straziato,
che tanto per me s'è degnato patire,
con me pure dividi le pene.

Con te fa' che pio io pianga
e col Crocifisso soffra,
finché avrò vita.

Stare con te accanto alla Croce,
a te associarmi
nel piangere io desidero.

O Vergine, delle vergini la più nobile,
con me non esser dura,
con te fammi piangere.

Fammi della morte di Cristo partecipe,
e della sua passione consorte;
e delle sue piaghe devoto.

Fammi dalle piaghe colpire,
inebriare dalla Croce
e dal Sangue del tuo Figlio.

Perché non arda nelle fiamme infernali
ma da te sia difeso, o Vergine,
nel dì del giudizio

O Cristo, quando dovrò di qui partire,
deh! fa', per la tua Madre,
che al premio io giunga.

E quando il corpo perirà,
fa' che all'anima sia data
la gloria del cielo. Amen. Alleluia

EVANGELIUM
Sequéntia ✠ sancti Evangélii secúndum Ioánnem.
Ioann 19:25-27.
In illo témpore: Stabant iuxta Crucem Iesu Mater eius, et soror Matris eius, María Cléophæ, et María Magdaléne. Cum vidísset ergo Iesus Matrem, et discípulum stantem, quem diligébat, dicit Matri suæ: Múlier, ecce fílius tuus. Deinde dicit discípulo: Ecce Mater tua. Et ex illa hora accépit eam discípulus in sua.

In quel tempo, stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa, e Maria Maddalena. Gesù, dunque, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che amava, disse a sua madre: «Donna, ecco tuo figlio». Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre». E da quell'ora il discepolo la prese con sé.

Credo

OFFERTORIUM
Ier 18:20
Recordáre, Virgo, Mater Dei, dum stéteris in conspéctu Dómini, ut loquáris pro nobis bona, et ut avértat indignatiónem suam a nobis.

Ricordati, o Vergine Madre di Dio, quando sarai al cospetto del Signore, di intercedere per noi presso Dio, perché distolga da noi la giusta sua collera.

SECRETA
Offérimus tibi preces et hóstias, Dómine Iesu Christe, humiliter supplicántes: ut, qui Transfixiónem dulcíssimi spíritus beátæ Maríæ, Matris tuæ, précibus recensémus; suo suorúmque sub Cruce Sanctórum consórtium multiplicáto piíssimo intervéntu, méritis mortis tuæ, méritum cum beátis habeámus: Qui vivis et regnas cum Deo Patre, in unitate Spiritus Sancti, Deus, per omnia saecula saeculorum. Amen.

Ti offriamo le preghiere e il sacrificio, o Signore Gesù Cristo. supplicandoti umilmente: a noi che celebriamo. in preghiera i dolori che hanno trafitto lo spirito dolcissimo della santissima tua Madre Maria, per i meriti della tua morte e per l'amorosa e continua intercessione di lei e dei santi che le erano accanto ai piedi della croce, concedi a noi di partecipare al premio dei beati: Tu che sei Dio, e vivi e regni con Dio Padre in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Pro S. Nicomede Martyre
Súscipe, Dómine, múnera propítius obláta: quæ maiestáti tuæ beáti Nicomédis Mártyris comméndet orátio. Per Dominum nostrum Iesum Christum, Filium tuum: qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula saeculorum. Amen.

Accogli propizio, o Signore, questi doni offerti, a te resi più graditi dall'intercessione del beato martire Nicomède. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

PRÆFATIO DE BEATA MARIA VIRGINE
Vere dignum et iustum est, æquum et salutáre, nos tibi semper et ubique grátias ágere: Dómine sancte, Pater omnípotens, ætérne Deus: Et te in Transfixione beátæ Maríæ semper Vírginis collaudáre, benedícere et prædicáre. Quæ et Unigénitum tuum Sancti Spíritus obumbratióne concépit: et, virginitátis glória permanénte, lumen ætérnum mundo effúdit, Iesum Christum, Dóminum nostrum. Per quem maiestátem tuam laudant Angeli, adórant Dominatiónes, tremunt Potestátes. Coeli coelorúmque Virtútes ac beáta Séraphim sócia exsultatióne concélebrant. Cum quibus et nostras voces ut admitti iubeas, deprecámur, súpplici confessióne dicéntes

È veramente degno e giusto, conveniente e salutare, che noi, sempre e in ogni luogo, Ti rendiamo grazie, o Signore Santo, Padre Onnipotente, Eterno Iddio: Te, nella Trafiggimeno della Beata sempre Vergine Maria, lodiamo, benediciamo ed esaltiamo. La quale concepí il tuo Unigenito per opera dello Spirito Santo e, conservando la gloria della verginità, generò al mondo la luce eterna, Gesú Cristo nostro Signore. Per mezzo di Lui, la tua maestà lodano gli Angeli, adorano le Dominazioni e tremebonde le Potestà. I Cieli, le Virtú celesti e i beati Serafini la célebrano con unanime esultanza. Ti preghiamo di ammettere con le loro voci anche le nostre, mentre supplici confessiamo dicendo

COMMUNIO
Felices sensus beátæ Maríæ Vírginis, qui sine morte meruérunt martýrii palmam sub Cruce Dómini.

Beati i sentimenti della beata Vergine Maria, che senza morire, ha meritato la palma del martirio presso la croce del Signore.

POSTCOMMUNIO
Orémus.
Sacrifícia, quæ súmpsimus, Dómine Iesu Christe, Transfixiónem Matris tuæ et Vírginis devóte celebrántes: nobis ímpetrent apud cleméntiam tuam omnis boni salutáris efféctum: Qui vivis et regnas cum Deo Patre, in unitate Spiritus Sancti, Deus, per omnia saecula saeculorum. Amen.

Preghiamo.
O Signore Gesù Cristo, il sacrificio al quale abbiamo partecipato celebrando devotamente i dolori che hanno trafitto la vergine tua Madre, ci ottenga dalla tua clemenza il frutto di ogni bene per la salvezza: Tu che sei Dio, e vivi e regni con Dio Padre in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Orémus.
Pro S. Nicomede Martyre
Puríficent nos, Dómine, sacraménta quæ súmpsimus: et, intercedénte beáto Nicoméde Mártyre tuo, a cunctis effíciant vitiis absolútos. Per Dominum nostrum Iesum Christum, Filium tuum: qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula saeculorum. Amen.

Preghiamo.
Ci purifichino, o Signore, i sacramenti ricevuti, e, per l'intercessione del beato Nicomède martire tuo, ci rendano puri da ogni vizio. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen."
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“I SETTE DOLORI DI NOSTRA SIGNORA BEATA VERGINE MARIA SANTISSIMA.
Doppio di II classe.
Paramenti bianchi.
Guéranger, L'anno liturgico - Festa dei Sette Dolori della Beata Vergine
Maria stava ai piedi della Croce, dalla quale pendeva Gesù (Introito, Graduale, Sequenza, Alleluia, Vangelo) e, come era stato predetto da Simeone (Orazione), una spada di dolore trapassò la sua anima (Secreta). Impotente «ella vede il suo dolce figlio desolato nelle angosce della morte, e ne raccoglie l'ultimo sospiro» (Sequenza). L'affanno che il suo cuore materno provò ai piedi della croce, le ha meritato, pur senza morire, la palma del martirio (Communio).
La partecipazione di Maria alla passione di Cristo per cooperare con Lui all'universale Redenzione insinuò sempre come doverosissima una special divozione ai dolori per noi sofferti da questa divina Madre che Cristo medesimo dichiarò Madre nostra. Questa divozione però notabilmente si propagò tra i fedeli dopo che i sette Beati Fondatori dell'Ordine dei Serviti, cioè Servi di Maria, fecero oggetto speciale del loro Ordine la propagazione del culto a Maria Addolorata, il che avvenne nel 1233. Quindi la Chiesa ne istituì una Festa speciale nel Venerdì di Passione e nella III Domenica di Settembre. Questa festa, celebrata con grande solennità dai Serviti nel XVII secolo, fu estesa da Pio VII, nel 1817, a tutta la Chiesa, per ricordare le sofferenze che la Chiesa stessa aveva appena finito di sopportare nella persona del suo capo esiliato, e prigioniero, e liberato, grazie alla protezione della Vergine. Come la prima festa dei Dolori di Maria, al Tempo della Passione, ci mostra la parte che essa prese al sacrificio di Gesù, così la seconda, dopo la Pentecoste, ci dice tutta la compassione che prova la Madre del Salvatore verso la Chiesa, sposa di Gesù, che è crocifissa a sua volta nei tempi calamitosi che essa attraversa. Nella prima ricorrenza i Dolori sono oggetto di venerazione e meditazione in quanto fonte di dolore; nella seconda essi sono venerati e contemplati quali causa di gloria e trionfo. In entrambe Maria, la Regina dei Martiri, è onorata come la Corredentrice del genere umano: Ella fu associata e cooperò alla nostra Redenzione, in dipendenza e subordinazione a Gesù Redentore, coi suoi dolori acerbissimi e con l’offerta a Dio Padre della vittima del sacrificio, il suo Figliuolo diletto.
Sua Santità Pio X ha elevato nel 1908 questa festa alla dignità di seconda classe, fissandola al 15 Settembre.
* Sermone di san Bernardo Abate.
Sermone sulle dodici stelle.
Il martirio della Vergine ci è rivelato tanto dalla profezia di Simeone quanto dalla storia medesima della passione del Signore. «Egli è posto, - disse il santo vegliardo del bambino Gesù -, per segno di contradizione; e anche a te, - rivolto poi a Maria -, trapasserà l'anima una spada» (Luc. 2,34). Sì, o Madre beata, essa ha veramente trapassato l'anima tua. Perché non passando che per questa, ha potuto penetrare la carne del tuo Figlio. E certo dopo che quel tuo Gesù ebbe reso lo spirito, la lancia crudele, aprendogli il costato, non giunse già all'anima di lui, sibbene trapassò l'anima tua. Infatti l'anima di lui non c'era più là, ma la tua non se ne poteva distaccare.
La violenza del dolore ha dunque trapassata la tua anima, così che non immeritamente noi ti proclamiamo più che Martire, avendo il sentimento della compassione sorpassato in te tutte le sofferenze che può sostenere il corpo. E non ti fu forse più che una spada quella parola che trapassò realmente la tua anima «e giunse fino alla divisione dell'anima e dello spirito» (Hebr. 1,12): «Donna, ecco il suo figlio» (Joann.19,26)? Quale scambio! Ti si dà Giovanni invece di Gesù, il servo invece del Signore, il discepolo invece del Maestro, il figlio di Zebedeo per il figlio di Dio, un semplice uomo per il vero Dio! Come non avrebbe trapassata la tua sensibilissima anima questa parola, quando il solo ricordo spezza i nostri cuori, sebbene di sasso e d'acciaio?
Non vi meravigliate, o fratelli, nel sentir dire che Maria fu Martire nell'anima. Si meravigli chi non ricorda d'aver udito Paolo annoverare fra i più grandi delitti dei Gentili d'essere stati «senza affezione» (Rom. 1,31). Ciò fu lungi dal cuore di Maria, e sia pure lungi dai suoi servi. Ma forse qualcuno dirà: Non sapeva ella che sarebbe morto? Senza dubbio. Non sperava forse che sarebbe risuscitato? Con tutta la fede. E non pertanto fu afflitta nel vederlo crocifisso? E profondamente. Ma chi sei tu, o fratello, e donde viene la tua saggezza, per meravigliarti più di veder Maria compatire che di vedere il Figlio di Maria patire? Egli poté morire nel corpo; e questa non poteva morire con lui nel cuore? Egli morì per una carità che nessuno sorpasserà mai: ed anche il martirio di lei ebbe principio da una carità che dopo quella, non ce ne fu mai l'uguale.
SANTA MESSA
** Omelia di sant'Ambrogio Vescovo.
Sulla formazione delle Vergini cap. 7.
La Madre stava presso la croce, e, mentre gli uomini fuggivano, ella restava intrepida. Guardate se la Madre di Gesù poteva diventar timida, non avendo cangiato sentimenti. Contemplava con occhi pietosi le ferite del Figlio, che sapeva essere la redenzione di tutti. Non era indegna d'assistere a tanto spettacolo questa Madre, che non avrebbe temuto per la propria vita. Il Figlio pendeva dalla croce, la Madre si offriva ai carnefici.
Lettera 25 alla Chiesa di Vercelli, verso la fine.
La Madre del Signore, Maria, stava in piedi davanti alla croce del Figlio. Nessun altro me l'ha detto fuori di san Giovanni Evangelista. Gli altri raccontano come durante la passione del Signore la terra tremò, il cielo si ricoprì di tenebre, il sole si oscurò, il ladrone, dopo l'umile confessione, fu ricevuto in paradiso. Ma Giovanni mi ha detto quel che non dicono gli altri, come cioè egli già sulla croce chiamò la Madre. Egli sembra dare più importanza ai doveri di pietà che Gesù, vincitore dei supplizi, rendeva a sua Madre, che alla promessa stessa del regno dei cieli. Infatti se muove a tenerezza il perdono che riceveva il ladrone, è ancora assai più tenero lo spettacolo del Figlio che onora sua Madre di tanto affetto.
Ecco, dice, il tuo figlio: «Ecco la madre tua» (Joann. 19,26). Cristo faceva testamento dalla croce, e divideva i doveri della pietà fra la madre e il discepolo. Il Signore faceva non soltanto un testamento generale, ma anche quello in favore della sua famiglia; e questo testamento lo registrava Giovanni, degno testimone di tanto testatore. Testamento ottimo, non di danaro, ma di vita eterna; scritto non colla penna, ma collo Spirito del Dio vivente, che dice: «La mia lingua è penna di scrivano che scrive velocemente» (Ps. 44,2).”


«OTTAVA DELLA NATIVITÀ DI NOSTRA SIGNORA BEATA VERGINE MARIA SANTISSIMA.
Semidoppio.
Paramenti bianchi.»


«SAN NICOMEDE
Martire.
Paramenti rossi.
Si fa commemorazione di Nicomede, Prete romano e Martire, il quale fu arrestato per aver seppellito, nella persecuzione dell'imperatore Domiziano contro i Cristiani, il corpo della Vergine Felicola uccisa dal conte Fiacco per aver confessato la fede cristiana; condotto davanti alle statue degli dèi, si ricusò costantemente di sacrificare loro come gli veniva ingiunto, rispondendo a quelli che lo costringevano a sacrificare: «Io non sacrifico che a Dio onnipotente, regnante nei cieli»; onde fu battuto lunghissimamente con flagelli piombati, e in quel tormento passò al Signore. Lo stesso conte ordinò per maggior sfregio di gettarne il corpo nel Tevere, ma ripescato con cura da Giusto, chierico di Nicomede, venne sepolto onorevolmente in una tomba presso le mura di Roma sulla via Nomentana.
P.S. La commemorazione è già presente nel link della Santa Messa della festa dei Sette Dolori di Nostra Signora Beata Vergine Maria Santissima.»







“15 settembre - Festa dei Sette Dolori della Beatissima Vergine Maria.”
https://forum.termometropolitico.it/333475-15-settembre-festa-dei-sette-dolori-della-beatissima-vergine-maria-6.html
"I Sette Dolori di Maria."
https://forum.termometropolitico.it/313382-i-sette-dolori-di-maria-2.html







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Dal numero 175 di SVRSVM CORDA® del 15 settembre 2019. https://www.sursumcorda.cloud/
Indice dei contenuti:- Comunicato numero 175. Parabola dei due figli e parabola dei vignaioli; - Racconti miracolosi n° 93. Un bambino prodigioso salvato miracolosamente; - Altra preghiera al Santissimo Nome di Maria (12.9); - I funesti pericoli degli eccessi nella moda; - La verità sui Testimoni di Geova; - Orazione a San Gorgonio, Martire (9.9); - Orazione a San Maurilio, Vescovo (13.9); - Orazione ai Santi Proto e Giacinto, Martiri (11.9); - La Charité de la Verité (R. P. Guérard Des Lauriers O. P.). https://www.sursumcorda.cloud/


"Preghiera alla Regina dei Martiri, Addolorata Maria (15.9) -->
https://www.sursumcorda.cloud/preghiere/2455-preghiera-alla-regina-dei-martiri-addolorata-maria-15-9.html
Sette Dolori della Beata Vergine (15.9) --->
https://www.sursumcorda.cloud/preghiere/1880-sette-dolori-della-beata-vergine-15-9.html "

“I principali benefici che derivano dal culto Mariano alla società domestica, ossia alla famiglia, sono costituiti da innumerevoli grazie d’ordine spirituale e materiale, e sopratutto dall’influsso potentissimo di Malia sulla madre, che è come il cuore della famiglia.”
“176. In che modo la Vergine SS. assiste in morte i suoi devoti?
La Vergine SS. assiste in morte i suoi devoti in tre modi: 1) Impetrando loro un sincero dolore di tutti i peccati; 2) Ottenendo la grazia di una perfetta rassegnazione al sacrificio della vita; 3) Facendo loro da scudo contro i fieri assalti del demonio.”
"Tota Pulchra (da Il mio libro di preghiere - Ed. CLS Verrua-Savoia)"

“Oh madre di Dio Maria, le vostre preghiere mi han da portare in paradiso. Eia ergo, advocata nostra... Iesum benedictum fructum ventris tui... post hoc exilium ostende.”
“Gesù mio, io v'amo, e fermamente risolvo di voler perdere tutto, prima che la grazia vostra. Io son debole, ma voi siete forte; la vostra fortezza mi ha da render forte contra tutti i miei nemici. Così spero dalla vostra Passione: Dominus illuminatio mea et salus mea, quem timebo? (Ps. XXVI, 1).”

«"Instaurare omnia in Christo", restaurare la società al cattolicesimo integrale e contro ogni forma di ecumenismo e laicità. Questa è la risposta di San Pio X agli uomini politici che si dicono cristiani e che intendono governare secondo l'ordine di Dio.
Non esistono altre soluzioni, non esistono compromessi.»
https://www.sursumcorda.cloud/massime-e-meditazioni/la-questione-del-papa-eretico.html
“Per affrontare, con dati oggettivi e senza compromessi, il problema del Vaticano Secondo e dei modernisti che occupano la maggior parte delle nostre chiese --> La questione del cosiddetto "papa eretico" ed il problema dell'autorità nella Chiesa -->
Appunti sulla questione del cosiddetto «papa eretico»”

“Preghiera di San Pietro Canisio per conservare la vera fede”
"Preghiere e tradizionali pie pratiche cristiane. Chiediamo a Nostro Signore di ottenere la vera fede e di perseverare."
https://www.sursumcorda.cloud/preghiere/

«- Preghiera alla Madonna Addolorata per ottenere una buona morte –
Dolcissima Madre, che tante lacrime hai voluto versare sopra la passione di Gesù e sopra i miei peccati, che ne furono la causa, io ti prego, a nome di ciascuna di queste tue amarissime lacrime, di assistermi in quel momento in cui si dovrà decidere la sorte importantissima della mia eterna salvezza. Ricorda, mestissima Madre, come tra le tue lacrime, sotto la Croce, fosti dichiarata mediatrice dei peccatori. In quell'ora di mio sommo bisogno, mostrati Madre misericordiosa, in modo che, ponendo l'anima tra le tue braccia, in quel momento il mio angelo custode possa dirmi:"Ecco tua Madre"; e confusi partano da me gli spiriti ribelli, mentre sentiranno dire a mia consolazione: "Donna ecco tuo figlio". Se io sono il figlio delle tue lacrime, possa un giorno essere il figlio della tua gloria. Così sia.
Mater Dolorosa, ora pro nobis.
dalla bacheca di don Ugo Carandino.»







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“15 settembre 2019: I sette dolori della Beata Vergine Maria (con memoria e ultimo vangelo della XIV Domenica dopo Pentecoste).”
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https://www.radiospada.org/2019/09/ecco-la-tua-madre/
https://www.radiospada.org/2019/04/meditazioni-alfonsiane-tutti-noi-figli-dei-dolori-di-maria/
«Due volte l’anno, il venerdì di Passione e il 15 settembre, la Santa Madre Chiesa celebra i Sette Dolori della Vergine Santissima e la contempla nel suo “martirio” (S. Bernardo) sotto la Croce e nella mistica offerta che fece del Figlio Redentore, Vittima divina da lei partorita ed allevata (cfr. S. Pio X, Ad diem illum), al Padre celeste. La venera come Corredentrice del genere umano, come “Alma Socia del Redentore” secondo le solennissime parole di Pio XII (eco del magistero dei suoi precedessori [1]) nella monumentale Munificentissimus Deus. Per riflettere dunque su questo mistero di amore e dolore che è la compassione della Vergine, offriamo al Lettore, alcuni stralci tratti da Le Glorie di Maria dell’Utilissimo Dottore Sant’Alfonso, tenero amante di Gesù Crocifisso e Maria Addolorata. »
https://i0.wp.com/www.radiospada.org/wp-content/uploads/2019/04/Salamanca_-_Iglesia_de_la_Vera_Cruz_12.jpg?w=929&ssl=1


https://i0.wp.com/www.radiospada.org/wp-content/uploads/2019/04/Salamanca_-_Iglesia_de_la_Vera_Cruz_12.jpg?w=929&ssl=1



https://www.radiospada.org/2019/08/maria-corredentrice-parte-1/
https://www.radiospada.org/2019/08/maria-corredentrice-parte-2/


“15 settembre 2019.
Nicomede, santo, martire di Roma, i resti sono nella Confessione di S. Prassede all’Esquilino. Precedentemente era venerato in una basilica costruita da Bonifacio V (619-25). Non si conosce l’anno della traslazione avvenuta dopo il restauro della sua tomba operato da Adriano I (772-95).
M.R.: 15 settembre - A Roma, sulla via Nomentana, il natale del beato Nicomede, Prete e Martire, il quale, rispondendo a quelli che lo costringevano a sacrificare agli idoli: "Io non sacrifico che a Dio onnipotente, regnante nei cieli", fu battuto lunghissimamente con flagelli piombati, e in quel tormento passò al Signore.
[ Tratto dall'opera «Reliquie Insigni e "Corpi Santi" a Roma» di Giovanni Sicari ].”

“Il 15 settembre 1644 Papa Innocenzo X Pamphilj viene esaltato al Sommo Pontificato.”







«Canto della Passione - S. Alfonso M.de Liguori
https://www.youtube.com/watch?v=G7zAup2pocs
Il Canto della Passione tra l'Anima e Gesù Cristo. E' una composizione che appartiene al periodo (1760) di maggiore attività di S. Alfonso M. de Liguori e ne testimonia l'alta professionalità e maturità. Suoi sono il testo e la musica. Del dramma della Passione il Santo coglie e sviluppa il tema dell'incontro tra l'Anima e Gesù Cristo che sale al Calvario, l' Anima intreccia con lui (il Cristo) una gara di purissime emozioni, fino al dono supremo di sè: "tutta son tua mio Re"! (Estratto dal CD: Civiltà Musicale del Settecento - Duetti Sacri - PS Records - 1998).».

"Canto Gregoriano Stabat Mater
https://www.youtube.com/watch?v=nnXVwbdEFYY

Luigi Boccherini STABAT MATER - soprano Eva Dřízgová - Jirušová - conductor Paolo Gatto
https://www.youtube.com/watch?v=UXK-W5BlTCg
LUIGI BOCCHERINI (1743 - 1805) STABAT MATER (prima versione 1781 "per una voce sola, due violini,viola, violoncello obbligato e c. basso") soprano Eva Dřízgová - Jirušová Janáček Chamber Orchestra.”

«Stabat Mater - Testo latino e traduzione italiana.
https://www.youtube.com/watch?v=i3NOFfdZzLs
Lo "Stabat Mater" di Jacopone da Todi con testo latino e traduzione italiana.»

“Vivaldi - Stabat Mater (RV 621) - Andreas Scholl, Ensemble 415.”
https://www.youtube.com/watch?v=2XUC2MQ74DE

« Giovanni Battista Pergolesi "Stabat Mater"(1736)
https://www.youtube.com/watch?v=xHQVtYzjLao
Stabat Mater for soprano, contralto, strings and basso continuo by Giovanni Battista Pergolesi (1710-1736) Margaret Marshall (soprano) Lucia Valentini Terrani (contralto) Leslie Pearson (organ) London Symohony Orchestra Claudio Abbado (conductor) Recorded in 1985 00:00 "Stabat Mater Dolorosa" 04.39 "Cujus animam gementem" 07.47 "O quam tristis et afflicta" 10:22 "Quae moerebat et dolebat" 13:12 "Quis est homo"—"Pro peccatis suae gentis..." 16:14 "Vidit suum dulcem natum" 19:48 "Eja mater fons amoris" 22:42 "Fac ut ardeat cor meum" 25.23 "Sancta mater, istud agas" 31:22 "Fac ut portem Christi mortem" 35:06 "Inflammatus et accensus" 37.57 "Quando corpus morietur" —"Amen...".»





www.agerecontra.it | Sito del Circolo Cattolico "Christus Rex"
http://www.agerecontra.it/

"Centro Studi Giuseppe Federici - sito ufficiale"
http://www.centrostudifederici.org/

"sito dedicato alla crisi dottrinale nella Chiesa cattolica"
http://www.crisinellachiesa.it/

"Sito ufficiale del Centro Culturale San Giorgio"
http://www.centrosangiorgio.com/


C.M.R.I. - "Congregatio Mariae Reginae Immacolata" ("Congregation of Mary Immaculate Queen" "Congregazione di Maria Regina Immacolata"):
http://www.cmri.org/ital-index.html





https://www.truerestoration.org/


https://novusordowatch.org/
“Recognize-and-OBEY is the Traditional Catholic Teaching August 29, 2019.”



": Quidlibet : ? A Traditionalist Miscellany — By the Rev. Anthony Cekada"
http://www.fathercekada.com/

"Home | Traditional Latin Mass Resources"
http://www.traditionalmass.org/

http://www.traditionalcatholicpriest.com/





"Como ovejas sin Pastor"
http://sicutoves.blogspot.com/


https://moimunanblog.com




“Pro Fide Catholica | Le site de Laurent Glauzy”
https://profidecatholica.com/


https://johanlivernette.wordpress.com/


https://lacontrerevolution.wordpress.com/


https://sedevacantisme.wordpress.com/


"Sede Vacante -"
http://www.catholique-sedevacantiste.fr/


http://wordpress.catholicapedia.net/




Ligue Saint Amédée (http://liguesaintamedee.ch/)
http://liguesaintamedee.ch/
https://www.facebook.com/SaintAmedee/?fref=nf
«Intransigeants sur la doctrine ; charitables dans l'évangélisation [Non Una Cum].
Pas de "motu proprio" chez nous : nous célebrons la Sainte Messe selon le missel de Saint Pie V.»
“Mieux vaut une petite œuvre dans la Vérité, qu’une grande dans l’erreur.”

“Quatorzième Dimanche après la Pentecôte.”
https://www.introibo.fr/14eme-Dimanche-apres-la-Pentecote#inter1
https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/70515369_951401431859204_2503849320910946304_n.jpg ?_nc_cat=109&_nc_oc=AQl0ydjK0xgEgPFI8VVMXdcGSMOYkUFQx0k_R9dCrUB-rdl4jGGnVQPy2Bg9DXbnXz4&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&oh=e8aa586100cad7bb356aef7d6ed04abe&oe=5DFED855


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“Sermon du Père Joseph-Marie Mercier pour le Quatorzième Dimanche après la Pentecôte
http://prieure2bethleem.org/predica/2018_08_26.mp3”
https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/69978520_951400818525932_6670013494051471360_n.jpg ?_nc_cat=111&_nc_oc=AQnkXw3N51qXALIlp4wqxwH0Sv7ikD7tVZ9SVhBWSMQ CRaSTxd2aCQcp0eX2lx4hMCI&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&oh=ce5a677bc19cb9e259056bab4962ae16&oe=5DF31E13

https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/69867014_951398485192832_99470394603339776_n.jpg?_ nc_cat=105&_nc_oc=AQlKNj9fTkFQRh2f4WwpfPPEHnam4mbh9n2wKDOB3U9 Z0_bBzVmZR2KutQMfIgRfXHs&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&oh=66b7127aa93d02aa5430dce155b2f19e&oe=5E036185


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15 septembre : Notre-Dame des Sept-Douleurs :: Ligue Saint Amédée (http://liguesaintamedee.ch/saint-du-jour/15-septembre-notre-dame-des-sept-douleurs)

http://liguesaintamedee.ch/application/files/1215/3626/3501/09_15_nd_sept_douleurs.jpg


http://liguesaintamedee.ch/application/files/1215/3626/3501/09_15_nd_sept_douleurs.jpg




Cuore immacolato ed addolorato di Maria pregate per noi adesso e nell'ora della nostra morte. Amen. AVE MARIA!!!
Ad majorem Dei gloriam - Per la maggior gloria di Dio!!! A.M.D.G.
Gloria Patri et Filio et Spiritui Sancto. Sicut erat in principio et nunc et semper et in saecula saeculorum. Amen.
«O Santissima Trinità, vi adoro! Mio Dio, mio Dio, Vi amo nel Santissimo Sacramento!»
CHRISTUS VINCIT, CHRISTUS REGNAT, CHRISTUS IMPERAT!!!
Luca, SURSUM CORDA – HABEMUS AD DOMINUM!!!

Holuxar
03-10-19, 00:12
24 SETTEMBRE 2019: Anniversario della morte di Papa Liberio (24 settembre 366, A. D.) a Roma che fu sepolto nelle Catacombe di Priscilla; NOSTRA SIGNORA DELLA MERCEDE…



«24 SETTEMBRE: MADONNA DELLA MERCEDE»
"Dom Prosper Guéranger, L'Anno Liturgico - 24 settembre. Madonna della Mercede"
Dom Prosper Guéranger, L'Anno Liturgico - 24 settembre. Madonna della Mercede (http://www.unavoce-ve.it/pg-24set.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-24set.htm




http://www.sodalitium.biz/beata-vergine-della-mercede/
«24 settembre, Beata Vergine della Mercede.
“Festa della beata Vergine Maria detta della Mercede, Fondatrice sotto tale nome dell’Ordine per la redenzione degli schiavi. La sua Apparizione si commemora il dieci Agosto”.
Salve o Maria, Madre purissima della Mercede, fonte perenne da cui derivano a noi le grazie del Signore, esempio di virtù da cui le nostre anime apprendono la loro perfezione. Il tuo nome risuona festoso in cielo ed in terra ed è per tutti luce e splendore che rischiara santamente l’intelletto, fortezza che rende invincibile il cuore contro gli assalti nemici. Tu sei rifugio dei cristiani e sei ancora la padrona dei loro affetti, dei loro pensieri. Tu per liberare i fedeli dalle catene dei maomettani discendesti dal cielo. Per questo tutto il mondo riconoscente ti acclama sua dolce consolatrice. O Vergine Santa, poiché ti sei compiaciuta di unire alla suprema dignità di Madre di Dio e degli uomini, il nome e l’ufficio pietoso di Madre e Redentrice degli schiavi, degnati di stendere il tuo manto benedetto su di noi, devoti di sì caro nome e su tutti i cristiani vivi e defunti, affinché salvati dalla tua materna protezione da quanti mali ci affliggono, veniamo a rallegrarci con te eternamente nel gaudio del Signore. Così sia»
http://www.sodalitium.biz/wp-content/uploads/57-6-3-176x300.jpg
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SANTE MESSE CATTOLICHE "NON UNA CUM" CELEBRATE IN TUTTA ITALIA DA DON FLORIANO ABRAHAMOWICZ E DAI SACERDOTI DELL' I.M.B.C. ("ISTITUTO MATER BONI CONSILII"):



"Sante Messe - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/

"Torino - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/torino/

"Modena - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/modena/

"Rimini - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/rimini/

"Pescara - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/pescara/

"Potenza - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/potenza/

"Roma - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/roma/

"S. Messa in provincia di Verona - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/s-messa-provincia-verona/

“Sodalitium - IMBC.”
https://www.youtube.com/user/sodalitium

“Omelie dell'I.M.B.C. a Ferrara.”
https://www.facebook.com/OmelieIMBCFerrara/


http://www.oratoriosantambrogiombc.it/
“Oratorio Sant'Ambrogio, Milano - Offertur Oblatio Munda (Malachia 1, 11).”
http://www.oratoriosantambrogiombc.it/category/omelie/




«Don Floriano Abrahamowicz - Domus Marcel Lefebvre.
http://www.domusmarcellefebvre.it/
https://www.youtube.com/user/florianoabrahamowicz
XV Domenica di Pentecoste (Santa Messa)
https://www.youtube.com/watch?v=B2XB1kg2c7A
XV Domenica di Pentecoste (Omelia)
https://www.youtube.com/watch?v=Psy7xALNE2k
15° après Pentecòte (Sermon)
https://www.youtube.com/watch?v=NCk0U9VDJek
Domenica d. Madonna Addolorata - Festa di San Pio X alla domus Marcel Lefebvre - (Santa Messa)
https://www.youtube.com/watch?v=nQD0orJ6Wng
Domenica d. Madonna Addolorata - Festa di San Pio X alla domus Marcel Lefebvre - (Omelia)
https://www.youtube.com/watch?v=G7PuqwYnFPo
Natività B.V. Maria (XIII domenica d. Pentecoste)- (Santa Messa)
https://www.youtube.com/watch?v=5Z9v7udCG6U
Natività B.V. Maria (XIII domenica d. Pentecoste)- (Omelia)
https://www.youtube.com/watch?v=Y93dn88ORpk
XII domenica d. Pentecoste (Santa Messa)
https://www.youtube.com/watch?v=nIk0skekqQI
XII domenica d. Pentecoste (Omelia)
https://www.youtube.com/watch?v=ewDURGc0UNA
XI domenica d. Pentecoste (Santa Messa)
https://www.youtube.com/watch?v=NNOE3X7h7kc
XI domenica d. Pentecoste (Omelia)
https://www.youtube.com/watch?v=hk75pIqAtog
http://www.domusmarcellefebvre.it/santa-messa-1.php
La Santa Messa tutte le domeniche alle ore 10.30 a Paese, Treviso».

«XV domenica d. Pentecoste (Festa di San Pio X alla domus Marcel Lefebvre)
https://www.youtube.com/watch?v=q0ACQKbp5Pc
XV domenica d. Pentecoste (Festa di San Pio X alla domus Marcel Lefebvre) (Omelia)
https://www.youtube.com/watch?v=Q3JVWDby2_Q
https://www.youtube.com/user/florianoabrahamowicz/
http://www.domusmarcellefebvre.it/santa-messa-1.php »







Tradidi quod et accepi (http://tradidiaccepi.blogspot.com/)
http://tradidiaccepi.blogspot.com/


https://www.facebook.com/catholictradition2016/
«MARTIROLOGIO ROMANO, 1955. Sancti et Sanctae Dei, orate pro nobis»



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https://sardiniatridentina.blogspot.com/2018/09/nostra-signore-della-mercede.html?m=1
«NOSTRA SIGNORA BEATA VERGINE MARIA SANTISSIMA DELLA MERCEDE.
Doppio maggiore.
Paramenti bianchi.
Dom Prosper Guéranger, L'Anno Liturgico - 24 settembre. Madonna della Mercede
Dom Prosper Guéranger, L'Anno Liturgico - 24 settembre. Madonna della Mercede (http://www.unavoce-ve.it/pg-24set.htm)
Mentre i Saraceni soggiogavano parte della Spagna e menavano schiavi in Africa tanti Cristiani, Nostra Signora Beata Vergine Maria Santissima, la notte del 1° agosto 1218, apparve a Barcellona a san Pietro Nolasco, a san Raimondo di Peñafort e a Giacomo I re d’Aragona, per suggerir loro la fondazione, sotto il nome della Mercede, dell’Ordine della Redenzione degli schiavi, con lo scopo di liberare i Cristiani dalla schiavitù dei Saraceni (Orazione). Per conseguenza, il 10 agosto successivo, il re Giacomo I decretò la fondazione dell'Ordine reale, militare e religioso di Nostra Signora della Mercede, e concedette ai suoi membri il privilegio di portare sul petto il suo stemma.
Fra gli iscritti a questo Ordine vi erano moltissimi cavalieri, e, mentre i chierici recitavano il divin ufficio, essi sorvegliavano le coste e liberavano i prigionieri. Questa opera si sparse per tutto il mondo e diede eroi di santità e uomini ardenti di carità e di pietà senza pari, che si dedicavano a raccogliere le elemosine dei Cristiani, per riscattare i loro fratelli, e che sovente davano se stessi in ostaggio per liberare un gran numero di prigionieri. L’Ordine fu approvato da papa Gregorio IX il 17 gennaio 1235.
Questa festa, celebrata dapprima dall'Ordine di Nostra Signora della Mercede, fu estesa alla Chiesa universale da Innocenzo XII nel XVII secolo.
• Il tempo in cui la più vasta e più bella parte della Spagna era oppressa dal barbaro giogo dei Saraceni, e innumerevoli fedeli sotto sì inumana e infelice schiavitù, correvano grandissimo pericolo di rinnegare la fede cristiana, e di compromettere l'eterna salute, la beatissima Regina del cielo volendo benevolmente rimediare ai mali sì grandi e numerosi, manifestò la sua estrema carità per liberarli. Difatti, mentre san Pietro Nolasco, rinomato per pietà e ricchezze, andava continuamente ruminando nelle sue sante meditazioni in qual maniera poter venire in aiuto delle calamità di tanti Cristiani degenti sotto la dominazione dei Mori, gli apparve con volto ilare la stessa beatissima Vergine, dicendogli come sarebbe accettissimo a lei e al suo Figlio unigenito, se si fondasse in suo onore un ordine religioso avente per scopo di liberare gli schiavi dalla tirannide dei Turchi. Incoraggiato da questa celeste visione, l'uomo di Dio, sentissi avvampare d'un'ardente carità, e non ebbe in cuore più che una sola brama, di consacrare se stesso e l'ordine che avrebbe istituito alla pratica continua di questo amore generosissimo per cui ciascuno avrebbe data la sua vita per gli amici e per il suo prossimo.
La medesima notte, la santissima Vergine apparve anche al beato Raimondo di Peñafort e a Giacomo re d'Aragona, esortandoli a istituire lo stesso ordine religioso, e persuadendoli a concorrere colla loro fortuna alla fondazione di sì bell'opera. Pietro poi corse subito ai piedi di Raimondo, suo confessore, e gli fece conoscere ogni cosa; e trovatolo al corrente di tutto per rivelazione celeste, si mise umilmente sotto la sua direzione. Ma sopraggiunto il re Giacomo, decise d'eseguire quanto la beatissima Vergine gli aveva rivelato. Quindi, dopo aver conferito fra loro, trovatisi d'accordo intrapresero la fondazione d'un ordine in onore della Vergine Madre, sotto il nome di santa Maria della Mercede o della Redenzione degli schiavi.
Pertanto il 10 d'Agosto dell'anno del Signore 1218, il re Giacomo decretò la fondazione di quest'istituto già concepito da quei santi uomini, obbligandone i soci con un quarto voto, di rimanere come ostaggi in potere dei pagani, se fosse stato necessario per la liberazione dei Cristiani. Il re concesse loro di portare sul petto le sue proprie armi, e s'interessò di far approvare da Gregorio IX questo istituto e i voti religiosi ispirati da sì sublime carità verso il prossimo. Ma lo stesso Dio, mercé la Vergine Madre, fece crescere talmente questa istituzione, che con molta rapidità e successo si sparse su tutta la faccia della terra, e fiorì di santi uomini insigni per carità e pietà, i quali si dedicavano a raccogliere elemosine dai Cristiani per riscattare i loro fratelli, e dare spesso se stessi come pegno per liberarne un gran numero. Al fine poi di rendere a Dio e alla Vergine Madre le dovute grazie per sì benefica istituzione, la Sede apostolica dopo aver accordato allo stesso ordine innumerevoli privilegi, concedesse di celebrare questa festa particolare e di recitarne l'Ufficio.
SANTA MESSA
• Omelia di san Beda, il Venerabile, presbitero.
Libro 4 Cap. 49 su Luca 11, 27-28.
Questa donna si mostra in possesso di devozione di fede profonda, poiché, mentre gli scribi ed i farisei tentano il Signore e lo bestemmiano, ella riconosce davanti a tutti la sua incarnazione con tanta sincerità, e la confessa con fede così grande, da confondere e la calunnia dei grandi presenti e la perfidia dei futuri eretici. Infatti, come allora i Giudei, bestemmiando contro le opere dello Spirito Santo, negavano che Cristo fosse vero Figlio di Dio consustanziale al Padre; così in seguito gli eretici, negando che Maria sempre Vergine avesse somministrato, per opera e merito dello Spirito Santo, la materia della propria carne al Figlio unigenito di Dio che doveva nascere con un corpo umano, sostennero che non si doveva riconoscere come vero Figlio dell'uomo e della medesima sostanza della madre.
Ma se si ritiene che il corpo preso dal Verbo di Dio incarnandosi è estraneo alla carne della vergine Madre, senza motivo vengono detti beati il seno che lo portò e il petto che lo allattò. Ora l'Apostolo dice: "Poiché Dio mandò il suo Figlio, fatto da una donna, sottomesso alla legge". E non bisogna dar retta a coloro che pensano si debba leggere: Nato da una donna, sottomesso alla legge, ma bisogna invece leggere: "Fatto da una donna"; perché, concepito nel seno di una vergine, ha tratto la carne non dal nulla, non da altra cosa, ma dalla carne materna. Altrimenti non si potrebbe dire con verità Figlio dell'uomo colui che non ha avuto origine dall'uomo. Anche noi dunque alziamo la nostra voce contro Eutiche insieme con la Chiesa cattolica, di cui questa donna fu figura; solleviamo anche la mente dal mezzo della folla e diciamo al Salvatore: "Beato il seno che ti ha portato e il petto che hai succhiato". Poiché è veramente madre beata ella che, come disse un autore, ha dato alla luce il Re, che regge il cielo e la terra per i secoli.
"Non solo, ma beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica". Il Salvatore approva eminentemente l'attestazione di questa donna, affermando che è beata non soltanto colei che aveva meritato di essere madre corporale del Verbo di Dio, ma che sono beati anche tutti coloro che si sforzeranno di concepire spiritualmente lo stesso Verbo istruendosi nella fede e che, praticando le buone opere, lo faranno nascere e quasi lo alimenteranno sia nel proprio cuore, sia in quello del prossimo. Infatti la stessa Madre di Dio è sì beata per aver contribuito nel tempo all'incarnazione del Verbo, ma è molto più beata perché meritò, amandolo sempre, di custodirlo in sé eternamente.»
https://sardiniatridentina.blogspot.com/2018/09/nostra-signore-della-mercede.html?m=1

«PROPRIUM MISSÆ IN DESCENSIONE B.M.V. DE MERCEDE
A S.R.C. concessa Dioecesi Barcinonesi die 28 nov. 1861.»
https://tradidiaccepi.blogspot.com/2018/09/beata-vergine-maria-della-mercede_24.html?m=1



«SILLOGE DI PREGHIERE A NOSTRA SIGNORA BEATA VERGINE MARIA SANTISSIMA DELLA MERCEDE
ossia della Redenzione degli Schiavi.
• Prima preghiera.
℣. Deus, ☩ in adiutorium meum intende.
℞. Domine, ad adiuvandum me festina.
Gloria Patri.
[℣. Provvedi, ☩ o Dio, al mio soccorso.
℞. Signore, affrettati ad aiutarmi.
Gloria al Padre.]
I. Amabilissima Vergine Maria, che non contenta di avere così efficacemente cooperato alla liberazione delle anime nostre dalla schiavitù del peccato allora quando, col sacrificio del vostro Cuore, rendeste più compito e più abbondante quel Sacrificio divino che della propria persona faceva là sul Calvario il vostro divin Figliuolo, voleste ancora diventare la Redentrice dei nostri corpi, ordinando ai vostri divoti d'instituire sotto i vostri auspicj il santissimo Ordine della Mercede per riscattare i cristiani dalle barbare mani degli infedeli, ottenete a noi tutti la grazia di riguardarvi mai sempre come la nostra più generosa benefattrice, e di travagliare continuamente, a vostra imitazione, per la salute così spirituale come corporale dei nostri prossimi.
Ave Maria.
II. Amabilissima Vergine Maria, che, per liberare dalla tirannìa dei Saraceni dominatori della Spagna tutti i Cristiani che venivano da quegli empj condotti in durissima schiavitù, vi degnaste di comparire nella medesima notte a San Pietro Nolasco e a San Raimondo di Peñafort, non che a Giacomo Re d’Aragona, affinché, animati dalla vostra protezione, si applicassero immediatamente all'istituzione dell’Ordine tanto benefico della Mercede, impetrate a noi tutti la grazia di avere a vostra imitazione una compassione tenera ed efficace per tutti i travagli del nostro prossimo, e di viver sempre in maniera da meritare le vostre particolari illustrazioni per procurargli costantemente il miglior bene.
Ave Maria.
III. Amabilissima Vergine Maria, che, ad ottenere efficacissima la redenzione degli schiavi, mediante l’Ordine santissimo della Mercede da Voi medesima instituito, ora infondeste nei facoltosi una generosità tutta nuova perché largheggiassero nelle elemosine, ora moltiplicaste il denaro nelle mani dei Religiosi quando mancavano del necessario al riscatto dei loro fratelli, ora con aperti miracoli sottraeste alle mani dei barbari gli schiavi vostri divoti, ottenete a noi tutti la grazia di non perdere mai la libertà di figli adottivi di Dio, e di essere subito liberati dalla schiavitù del demonio, quando con qualche peccato ci fossimo a lui venduti spontaneamente, onde, dopo avervi servita come nostra padrona qui in terra, passiamo a ringraziarvi per tutti i secoli quale nostra corredentrice su in Cielo.
Ave Maria et Gloria Patri.
℣. Ora pro nobis, sancta Dei Genetrix.
℞. Ut digni efficiamur promissionibus Christi.
Oremus.
Deus, qui per gloriosíssimam Fílii tui Matrem, ad liberandos Christi fidéles a potestáte paganórum, nova Ecclésiam tuam prole amplificáre dignátus es: præsta, quǽsumus; ut, quam pie venerámur tanti óperis institutrícem, ejus páriter méritis et intercessióne, a peccátis ómnibus et captivitáte daemonis liberémur.
Per eundem Dominum nostrum Jesum Christum filium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti, Deus, per omnia saecula saeculorum.
℞. Amen.
℣. Nos cum prole pia benedicat Virgo Maria.
℞. Amen.
[℣. Prega per noi, o Santa Madre di Dio.
℞. Affinché siam fatti degni delle promesse di Cristo.
Preghiamo.
O Dio, a liberare i fedeli di Cristo dalla schiavitù dei pagani, ti sei degnato, per mezzo della gloriosissima Madre del tuo Figlio, di arricchire la Chiesa di una nuova famiglia; come devotamente la veneriamo istitutrice di così grande opera, così, per i suoi meriti e per la sua intercessione, concedici di essere liberati da tutti i peccati e dalla schiavitù del demonio.
Per il medesimo nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
℞. Amen.
℣. La Vergine Maria benedica noi e tutti i suoi devoti.
℞. Amen.]
• Seconda preghiera.
O Vergine Santissima della Mercede, Voi che per pietà verso i miseri schiavi cristiani, scendeste dal Cielo, ingiungendo a San Pietro Nolasco di fondare un Ordine religioso che, con voto eroico, attendesse alla loro liberazione, deh! Vi muova a pietà lo stato di tanti che giacciono sotto la più dura schiavitù, quella del peccato. Liberateli, o Vergine Santa, e concedete loro la libertà dei figli di Dio! Minacciati, come siamo, dalla stessa schiavitù, anche per noi risplenda la vostra pietà, o Vergine Santissima della Mercede! Voi che conoscete l'insufficienza nostra nelle dure lotte contro il comune nemico, accorrete in nostro aiuto, rinsaldate le nostre vacillanti volontà, donateci la vittoria. Su Voi, Madre nostra Santissima, sono riposte le nostre speranze. Da Voi ci aspettiamo il trionfo finale per raggiungere il Paradiso e sciogliere un cantico di gloria e di ringraziamento a Voi che ne siete la Regina. Amen»







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«Carlo Di Pietro - Sursum Corda.
Preghiera al Santo del giorno.
In nómine Patris
et Fílii
et Spíritus Sancti.
Eterno Padre, intendo onorare le sante Vergini Aurélia e Neomisia, e Vi rendo grazie per tutte le grazie che Voi avete loro elargito. Vi prego di accrescere la grazia nella mia anima per i meriti di queste sante, ed a loro affido la fine della mia vita tramite questa speciale preghiera, così che per virtù della Vostra bontà e promessa, le sante Vergini Aurélia e Neomisia possano essere mie avvocate e provvedere tutto ciò che è necessario in quell'ora. Così sia.»

"24 settembre 1824. Col più acerbo e incredibile dolore, che nasce dal paterno affetto col quale vi amiamo, abbiamo ricevuto le tristissime notizie sulla deplorevole situazione dello Stato e sullo scompiglio delle cose ecclesiastiche, per la zizzania che ha seminato costì un uomo nemico. Infatti conosciamo bene i pregiudizi che derivano alla Religione, quando avviene che disgraziatamente si alteri la tranquillità dei popoli. In conseguenza di ciò Ci lamentiamo amaramente perché la licenza dei malvagi si manifesta impunemente; perché cresce la peste dei libri nei quali si disprezzano e sono fatti oggetto di odio i poteri ecclesiastici e civili; infine perché sorgono, come locuste dal fumo di un pozzo, quelle tenebrose aggregazioni delle quali, con San Leone, osiamo dire che vi si riunisce tutto ciò che di blasfemo e sacrilego vi è nelle sette ereticali, così come ogni genere di sudiciume in un’immonda sentina... L’antica e santa Religione, nella quale si è salvi, non può in alcun modo conservarsi in purezza e integrità quando il regno diviso in fazioni, è miserevolmente desolato, come ammonisce il Signore Gesù Cristo; infine accadrà con assoluta certezza che gl’inventori delle novità saranno costretti, loro malgrado, a invocare la verità, insieme al profeta Geremia: "Abbiamo atteso la pace e non l’abbiamo avuta; abbiamo atteso il tempo della medicina, ed ecco il terrore; abbiamo atteso il tempo della salute ed ecco il turbamento".
Da SS Leone XII
Etsi iam diu"


"Sulla scia del Breve Etsi longissimo del 30 gennaio 1816 del Pontefice Pio VII, il Papa Leone XII indirizza un nuovo Breve ai Vescovi dell’America soggetta alla Spagna."

"24 settembre 1912. Con tanto zelo ci siamo dedicati a questa cosa, in quanto, nella coscienza dell'apostolico ufficio, comprendiamo che è Nostro sacro dovere sforzarci di far sì che questi Nostri carissimi figli conservino la dottrina cattolica nella sua purezza e integrità, e di non permettere in alcun modo che la stessa loro fede sia messa in pericolo. È chiaro infatti che, se non vengono tempestivamente esortati a vigilare, c'è pericolo che essi, a poco a poco e quasi senza accorgersene, si adattino a una specie di cristianesimo vago e non definito, che si suol chiamare interconfessionale, e che si diffonde sotto la falsa etichetta di comunità cristiana, mentre evidentemente nulla vi è di più contrario alla predicazione di Gesù Cristo.
Da SS Pio X
Singulari quadam."

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«"Instaurare omnia in Christo", restaurare la società al cattolicesimo integrale e contro ogni forma di ecumenismo e laicità. Questa è la risposta di San Pio X agli uomini politici che si dicono cristiani e che intendono governare secondo l'ordine di Dio.
Non esistono altre soluzioni, non esistono compromessi»

“Preghiera di San Pietro Canisio per conservare la vera fede”
"Preghiere e tradizionali pie pratiche cristiane. Chiediamo a Nostro Signore di ottenere la vera fede e di perseverare"
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“24 SETTEMBRE 2019: NOSTRA SIGNORA DELLA MERCEDE.”


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“Il 24 settembre 366 muore a Roma Papa Liberio di venerata memoria, Sommo Pontefice.
«Disgraziatamente la leggenda s’è impadronita ben presto della figura di Liberio, il quale venne trasformato in una specie di rinnegato, aderente al partito ariano ed in conseguenza un persecutore di Felice II. Ne seguì che il primitivo culto tributato dopo morte al travagliato Pontefice e che sino ad oggi è comune a tutte le Chiese orientali, in Roma a poco a poco venne meno. Anche oggi Liberio passa poco meno per un lapso, vittima della perfidia dell’imperatore Costanzo. [...] Nel medio evo pare che in qualche calendario romano se ne festeggiasse la memoria il 17 maggio e il 23 settembre. Il calendario bizantino, il 27 agosto, celebra la memoria “τοῦ ὁσίου πατρόσ ἡμῶν καί ὁμολογητοῦ Λιβερίου Πάπα Ῥωμης” – Padre nostro, confessore della Fede e Papa di Roma. I Copti lo festeggiano il 9 ottobre: “Il riposo di san Liberio, vescovo di Roma e difensore della Fede”. Di nuovo ne ricorre la memoria il quarto giorno del loro piccolo mese supplementare: “Commemorazione di Liberio vescovo di Roma”. [...] Dopo morto, Liberio venne salutato sol titolo di confessore e di martire [...]. Insomma, quando a riguardo di Papa Liberio sant’Ambrogio scriveva alla propria sorella Marcellina: “Tempus est, soror sancta, ea quae mecum conferre soles, beatae memoriae Liberii, preaecepta revolvere, ut quo vir sanctior, eo sermo accedat gratior” (De virg. , c. IV), egli rifletteva la primigenia tradizione della Chiesa Romana, tradizione che venuta più tardi meno nell’Eterna Città, ci è stata nondimeno conservata intatta dalle più antiche Chiese di Oriente».
(Cardinale A. I. Schuster, Liber Sacramentorum, Marietti, Torino, 1930, Vol. VIII, pp. 274-278).”


https://www.radiospada.org/2019/09/il-culto-di-san-liberio-papa/
"Il culto di San Liberio Papa di Redazione RS il 24 Settembre 2019 a cura di Giuliano Zoroddu.
da : Cardinale Alfredo Ildefonso Schuster OSB, Liber Sacramentorum. Note storiche e liturgiche sul Messale Romano. Vol. VIII. I Santi nel Mistero della Redenzione (Le Feste dei Santi dall’Ottava dei Principi degli Apostoli alla Dedicazione di S. Michele), Torino-Roma, 1932, pp. 274-278.

SAN LIBERIO PAPA
Oggi [23 settembre, ndr] il Geronimiano recensisce il natale di papa Liberio (352-366) Romae, depositio sancii Liberi episcopi. – Veramente, il giorno emortuale sarebbe il 24 settembre 366. – Disgraziatamente però, la leggenda s’è impadronita ben presto della figura di Liberio, il quale venne perciò trasformato in una specie di rinnegato, aderente al partito ariano, ed in conseguenza persecutore di Felice II. Ne segui che, il primitivo culto tributato subito dopo morte al travagliato Pontefice, e che sino al dì d’oggi è comune a tutte le Chiese orientali, in Roma a poco a poco venne meno. Anche oggi Liberio passa poco meno che per un lapso, vittima della perfidia dell’imperatore Costanzo.
Non è nostro compito d’entrare qui nella tanto agitata questione di papa Liberio, circa le ragioni che indussero cioè Costanzo a far grazia all’esule Pontefice. Ci basta qui di accennare ai monumenti che dimostrano il culto liturgico ed universale in tutta la Chiesa già attribuito a Liberio; siccome pure, in modo particolare, alla fama di santità che egli godé in Roma nei tempi più vicini alla sua morte. Anche nel medio evo, pare che in qualche calendario romano se ne festeggiasse la memoria il 17 maggio ed il 23 settembre.
Il calendario bizantino, il 27 agosto celebra la memoria τοῦ ὀσίου πατρὸς ἠμῶν καὶ Λιβερίου Πάπα Ρώμης – Dunque, “Padre nostro, confessore della Fede e Papa di Roma”.
I Copti lo festeggiano il 9 ottobre : Il riposo di san Liberio, vescovo di Roma e difensore della Fede. Di nuovo ne ricorre la memoria il quarto giorno del loro piccolo mese supplementare: Commemorazione di Liberio vescovo di Roma.
Quando Liberio venne cacciato in esilio per la fede Nicena, ed in sua vece fu sostituito in Roma Felice II, si suscitò nella Città uno scisma tra il popolo. Vi furono dei tumulti, degli eccidi, e l’eco delle proteste d’ attaccamento al legittimo Papa da parte della maggior parte del popolo, ci è conservato ancora in alcune epigrafi, dove si nomina appositamente Liberio, quasi ad esprimere l’adesione al suo partito.

(de)FVNCTA EST . EVPLIA . QVAE
VS . MAIAS . QVAE . FVIT . ANNORV
QVE . DEPOSITA . EST . IN . PACE . SVB . LIBE(rio episcopo)

RA
A . CVMPAVIT
ONVS . SEBIBO
(sedent)E PAPA . LIBERIO

Ma il monumento più importante a dimostrazione della venerazione che riscosse in antico papa Liberio nel cimitero di Priscilla, è la sua stessa epigrafe sepolcrale, trascritta, fortunatamente, dagli antichi collettori.

Quam Domino fuerant devota mente parentes,
Qui confessorem talem genuere potentem,
Atque sacerdotem sanctum, sine felle columbam
Divinae legis sincero corde magistrum,
Haec te nascentem suscepit Ecclesia Mater,
Uberibus fidei nutriens devota beatum,
Qui pro se passurus eras mala cuncta libenter.
Parvulus utque loqui cepisti dulcia verba,
Mox Scripturarum lector pius indole factus,
Ut tua lingua magis legem quam verba sonaret;
Dilecta a Domino tua dicta infantia simplex,
Nullis arte dolis sorde fucata malignis,
Officio tali iusto puroque legendi,
Atque item simplex aduliscens mente fuisti
Maturusque animo ferventi aetate modestus
Remotus, prudens, mitis, gravis, integer et equus,
Haec tibi lectori innocua fuit aurea vita.
Diaconus hinc factus iuvenis meritoque fideli
Qui sic sincere, caste, intigreque pudice
Serviveris sine fraude Deo, quanta pectore puro
Atque annis aliquot fueris levita severus
Ac tali iusta conversatione beata,
Dignus qui merito inlibatus iure perennis
Huic tantae Sedi Christi splendore serenae
Electus fidei plenus summusque sacerdos,
Qui nivea mente immaculatus Papa sederes,
Qui bene Apostolicam doctrinam sancte doceres
Innocuam plebem caelsti lege magister.
Quis, te tractante, sua non peccata reflebat?
In synodo, cunctis, Victor, superatis iniquis
Sacrilegis, Nicaena Fides electa triumphat.
Cantra quamplures certamen sumpseris unus
Catholica praecincte Fide possederis omnes
Vox tua certantis fuit haec sincera salubris:
Atque nec hoc metuo, ncque illud committere opto.
Haec fuit, haec semper mentis constantia firma.
Discerptus, tractus, profugatusque Sacerdos,
Insuper, ut faciem quodam nigrore velaret
Nobili falsa manu portantee aemula caeli
Ut speciem Domini foedaret luce coruscam
En libi discrimen vehemens, non sufficit annum;
Insuper exilio decedis martyr ad astra,
Atque inter Patriarchas praesagosque prophetas
Inter Apostolicam turbam Martyrumque potentum
Cum hac turba dignus mediusque. loctitus adoras
Mite pium Domini conspectum, iuste Sacerdos.
Inde Ubi merito tanta est concessa potestas.
Ut manum imponas patientibus, incola Christi,
Daemonia expéllas, purges mundesque repletos,
Ac salvos homines reddas animoque vigentes
Per Patris ac Filli nomen cui credimus omnes,
Cumque tuum obitumpraecellens tale vidimus
Spem gerimus cuncti proprie nos esse beatos,
Qui sumus hocgue tuum meritum fidemque secuti.

Quanto dovettero essere devoti a Dio quei genitori
Che diedero alla luce un sì strenuo confessore della Fede;
Un vescovo cosi santo, vera colomba senza fiele;
Un maestro della Divina legge, dal cuore senza doppiezza.
Te appena nato, accolse quale Madre questa Chiesa,
E devotamente allattò te, o beato, alle mammelle della Fede,
Giacché in seguito tu avresti dovuto patire per la Chiesa con tanta generosità!
Appena pargoletto cominciasti a balbettare, attesa la tua indole pia, venisti eletto a lettore,
Perché la tua lingua proferisse le parole della Legge e non le ciance.
Nella tua infanzia, grato al Signore, fosti semplice,
Ed il sacro Testo giammai venne contaminato da maligne depravazioni,
Giacché tu leggevi correttamente e con ogni fedeltà.
Anche da giovinetto, ti distinguesti per candore, ed avanzandoti nell’adolescenza, mostrasti virilità di senno, modesto, amante della ritiratezza, prudente, mite, serio, integro, giusto.
Questa fu l’aurea età del tuo lettorato.
Eri ancor giovane, quando pel merito della tua Fede venisti creato diacono; allora tu esercitasti pudicamente il tuo ufficio, con sincerità, purezza, integrità e con coscienza illibata servisti al Signore.
Trascorsi alcuni anni nell’austera dignità diaconale, attesa la tua intemerata vita, venisti reputato degno di assiderti definitivamente su questa luminosa cattedra di Cristo, divenuto Pontefice supremo della Fede, Papa immacolato, dalla coscienza monda al par della neve, onde insegnassi con santo zelo la dottrina Apostolica e fossi maestro nella divina legge al popolo santo di Dio.
Quando tu predicavi, chi non piangeva le proprie colpe?
Nel sinodo, riportasti vittoria sugli empi e per te trionfò la bella fede di Nicea
Solo contro molti, ingaggiasti la lotta, e forte della tua dottrina cattolica, tutti li abbattesti. Durante il combattimento, questo fu il tuo salutare grido di battaglia: non temo le minacce, né mi arrendo alle intimidazioni.
Questo fu costantemente il tuo sentire.
Tu, o Pontefice, fosti allora strappato alla tua sede, trascinato via e cacciato in esilio.
Di più, per deturpare la tua faccia con qualche neo, ti viene presentato con arte subdola un simbolo che voleva simulare quello divino, affinché il volto radiante del Salvatore ne andasse in qualche modo offuscato.
Questo gravissimo pericolo durò oltre un anno.
Finalmente te ne volasti al cielo ornato della palma dei Martiri a cagione del sofferto esilio ; andasti a prender posto tra i Patriarchi, i Profeti cui è svelato il futuro, gli Apostoli e la turba potente dei Martiri. Degnamente ti trovi in mezzo a questa schiera, ed adori, o Pontefice giusto, il mite volto di Dio.
Ben a ragione dal cielo ti è stato concesso il potere d’imporre le tue mani agli infermi, di cacciare i demoni, di liberare gli ossessi e di restituire i mortali a sanità ed a valida salute. Pel nome del Padre e del Figlio nel quale tutti giuriam fede, poiché fummo testimoni di tua morte tanto gloriosa, noi tutti nutriamo altresì fiducia di giungere alla vera beatitudine, dal momento che siamo altresì solidari della fede e dei meriti tuoi.

Anche nell’epigrafe funeraria di papa Siricio, gli si ascrive a merito che seguì nel suo esilio papa Liberio, dapprima come semplice lettore, quindi in ufficio di diacono :

LIBERIVM . LECTOR MOX . ET . LEVITA . SECVTVS

Insomma, non ostante che la diceria sulla momentanea debolezza dell’esule Liberio abbia ritrovato largo credito anche fra alcuni Padri:

Insuper, ut faciem quodam nigrore foedaret,

Roma cattolica rigettò tuttavia questa calunnia sugli stessi persecutori della fede Nicena e dell’intrepido Pontefice. Il Papa punto non si lasciò ingannare dai falsa aemula caeli, ma sostenne a lungo un discrimen vehemens, sempre costante nella professione del simbolo ortodosso, che a Milano gli era già valsa da Costanzo la sentenza dell’esilio. Dopo morto, Liberio venne salutato col titolo di confessore e di martire; la sua tomba nel cimitero di Priscilla divenne celebre per i miracoli che vi si operavano; anzi, tra le rare immagini dei Pontefici della prima età, noi troviamo in una pittura della seconda metà del IV secolo nel cimitero di Pretestato, quella precisamente di papa Liberio insieme coi due stessi Principi degli Apostoli e col celebre martire dell’Appia, Sisto II. Insomma, quando a riguardo di papa Liberio sant’Ambrogio scriveva alla propria sorella Marcellina: «Tempus est, soror santa, ea quae mecum conferre soles, beatae memoriae Lìberii praecepta revolvere, ut quo vir sanctior, eo sermo accedat gratior»*, egli rifletteva la primigenia tradizione della Chiesa Romana, tradizione che, venuta più tardi meno nell’Eterna Città, ci è stata nondimeno conservata intatta dalle più antiche Chiese di Oriente. In onore di Liberio, il cui pontificato in Roma ritrova ancor oggi il suo classico monumento onorario sull’Esquilino, nella basilica Liberiana, riferiremo il seguente verso che adorna i menei greci in
onore del grande Difensore della fede nicena:

Τὸν πλοῦτον ἀντελέιβ Λιβέριος νῦν ἔχει
Ὂν ὀυρανοῖς ἣν ἐφρώνως θησαυρίσας

Liberio (che partendo per l’esilio di Berea aveva rimandato indietro all’imperatore i cinquanta soldi che questi gli aveva offerti pel viaggio) ora può attingere largamente al tesoro che egli saggiamente ha ammassato per il cielo.

* «È tempo, santa sorella, di riandare a quei precetti di Liberio di beata memoria. su quali di quando in quando sei solita parlare come me: più caro di riesca questo mio dire quanto è più santo l’uomo da cui esso viene» (De virgin. III, 1)"
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“Il 24 settembre 1143 muore Papa Innocenzo II Papareschi, Sommo Pontefice.”







“24 Settembre -Beata Vergine Maria della Mercede
https://www.preghiereperlafamiglia.it/beata-vergine-maria-della-mercede.htm
24 SETTEMBRE BEATA VERGINE MARIA DELLA MERCEDE.
Tra le famiglie religiose dedicate alla Madre di Cristo, vi è l'Ordine della beata Vergine Maria della mercede (Misericordia), fondato a Barcellona nel 1218, per la redenzione dei cristiani prigionieri, da san Pietro Nolasco (†1256) con la collaborazione di san Raimondo di Peñafort (†1275} e di Giacomo I († 1276), re di Aragona. La beata Vergine sotto il titolo «della mercede» è venerata soprattutto in Aragona e in Catalogna, come pure in numerose regioni dell'America Latina. La fondazione dell'Ordine Mercedario, fu ispirata a S. Pietro Nolasco da Maria: i Mercedari, fissando la loro attenzione su Maria, le hanno attribuito il titolo della Mercede o della Misericordia perché, come diceva Alfonso X il Savio: "Redimere gli schiavi è opera di grande Merced ", ossia di Misericordia. E' un Ordine religioso profondamente inserito nella vita della Chiesa che opera soprattutto là dove è necessario portare la liberazione redentrice del Vangelo, dove l'uomo viene sfruttato e oppresso, dove la sua fede e la sua dignità di persona sono in pericolo. L' Ordine è composto di sacerdoti e di fratelli cooperatori che vivono la stessa vita religiosa.”





Dom Prosper Guéranger, L'Anno Liturgico - 24 settembre. Madonna della Mercede (http://www.unavoce-ve.it/pg-24set.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-24set.htm
“24 SETTEMBRE: MADONNA DELLA MERCEDE.
Forza e dolcezza.
Settembre termina con la lettura, nell'Ufficio del tempo, dei libri di Giuditta e di Ester. Ester e Giuditta, liberatrici gloriose, sono figura di Maria, la nascita della quale illumina tutto il mese di un fulgore così puro, che il mondo ha già sperimentato utile.
Adonai, Signore, tu sei grande; ti ammiro, o Dio, che rimetti la salvezza nelle mani della donna (Antifona del Magnificat ai primi Vespri della IV domenica di settembre). La Chiesa inizia così la storia dell'eroina che salvò Betulia con la spada, mentre, per strappare il suo popolo dalla morte, la nipote di Mardocheo adoperò soltanto fascino e preghiere. Dolcezza dell'una, valore nell'altra, bellezza in tutte e due; ma la Regina, che si è scelto il Re dei re, tutto eclissa con la sua perfezione senza rivali e la festa di oggi è un monumento della potenza che spiega per liberare, a sua volta, i suoi.
La schiavitù.
L'impero della Mezzaluna non cresceva più. In declino in Spagna, fermato in Oriente dal regno latino di Gerusalemme, nel secolo XII, lo si vide cercare nella pirateria gli schiavi che le conquiste non fornivano più. Ormai poco molestata dalla Crociata, l'Africa saracena corse i mari, per rifornire il mercato mussulmano. L'anima freme al pensiero di innumerevoli sventurati di ogni condizione, di ogni sesso, di ogni età, strappati alle regioni costiere dei paesi cristiani, o catturati sui flutti, e distribuiti negli Harem o nelle galere. Ma, nel segreto delle prigioni senza storia, Dio non fu meno onorato che nelle lotte degli antichi martiri, perché eroismi ammirabili riempirono il mondo della loro fama e, dopo dodici secoli, sotto gli occhi degli angeli, Maria aprì nel dominio della carità orizzonti nuovi nei quali i cristiani rimasti liberi, votandosi al soccorso dei fratelli avrebbero dato prova di eroismi ancora sconosciuti. Non vi è qui una ragione della presenza del male passeggero di questa terra? Sarebbe senza di esso meno bello il cielo, che deve durare eternamente.
Gli Ordini per il riscatto degli schiavi.
L'Ordine della Mercede, a differenza di quello della SS. Trinità, che l'aveva preceduto di 20 anni, fondato in pieno campo di battaglia contro i Mori, ebbe alla sua origine più cavalieri che sacerdoti. Fu chiamato Ordine reale, militare e religioso della Madonna della Mercede per la redenzione degli schiavi e i suoi sacerdoti attendevano all'Ufficio corale nelle Commende dell'Ordine, mentre i cavalieri sorvegliavano le coste e adempivano la missione rischiosa del riscatto dei prigionieri cristiani. San Pietro Nolasco fu il primo Commendatore o Maestro Generale dell'Ordine e quando furono trovati i suoi resti lo si trovò ancora armato di corazza e di spada.
Leggiamo le righe che seguono, nelle quali la Chiesa, ricordando fatti noti, ci dà oggi il suo pensiero (Festa dei santi Pietro Nolasco e Raimondo di Pegnafort, 28 e 23 gennaio).
Quando il giogo Saraceno pesava sulla parte più grande e più bella della Spagna, mentre innumerevoli infelici, in una spaventevole schiavitù, erano esposti al pericolo continuo di rinnegare la fede e di dimenticare la loro eterna salvezza, la Beata Regina del cielo, rimediando nella sua bontà a tanti mali, rivelò la sua grande carità, per riscattare i suoi figli. Apparve a san Pietro Nolasco, che pari alla ricchezza aveva la fede e che, nelle sue meditazioni davanti a Dio, pensava continuamente al modo di portare aiuto ai molti cristiani prigionieri dei Mori. Dolce e benigna, la Beata Vergine si degnò dirgli che, insieme con il suo Figlio, avrebbe gradito la fondazione di un Ordine religioso, che avesse lo scopo di liberare i prigionieri dalla tirannia dei Turchi e, incoraggiato da questa visione, l'uomo di Dio si pose all'opera con un ardore di carità che sarebbe impossibile descrivere ed ebbe da quel momento un solo pensiero: consacrare sé e l'Ordine che avrebbe fondato all'altissima missione di carità di rischiare la vita per i suoi amici e per il prossimo.
Nella stessa notte la Vergine Santissima si era manifestata al beato Raimondo da Pegnafort e al re Giacomo di Aragona, rivelando anche ad essi il suo desiderio e pregandoli di impegnarsi in un'opera così importante. Pietro corse tosto ai piedi di Raimondo, suo confessore, per esporgli ogni cosa. Lo trovò già preparato da Dio e si affidò alla sua direzione. Intervenne allora il re Giacomo, onorato egli pure della visione della Beata Vergine e risoluto di realizzare il desiderio da Lei manifestato. Dopo averne trattato insieme, in perfetto accordo, si dedicarono alla fondazione dell'Ordine in onore della Beata Vergine, che avrebbero intitolato con il nome di Santa Maria della Mercede per la Redenzione degli schiavi.
Il 10 agosto dell'anno del Signore 1218, il re Giacomo pose in opera il progetto già maturato dai santi personaggi e i religiosi si obbligavano con un quarto voto a restare ostaggio presso le potenze pagane, se si fosse reso necessario per liberare i cristiani. Il Re concedette che i religiosi portassero sul proprio petto le sue insegne ed ebbe cura di ottenere da Gregorio IX la conferma dell'Ordine religioso, che si proponeva così grande carità verso il prossimo. Dio stesso, per mezzo della Beata Vergine, diede all'opera tale sviluppo che fu presto nota nel mondo intero ed ebbe molti membri insigni per santità, pietà e carità e, raccogliendo le offerte dei fedeli di Cristo e impiegandole nel riscatto del prossimo, offrendo spesso per il riscatto sé stessi, liberarono molti. Era doveroso rendere grazie a Dio e alla Vergine Madre per una istituzione così bella e per tanti benefici operati e la Sede Apostolica, con i mille privilegi concessi all'Ordine, accordò la celebrazione di questa festa particolare e il suo Ufficio.
La Vergine liberatrice.
Sii benedetta, tu, onore del nostro popolo e nostra gioia (Giudit. 15, 10). Nel giorno della tua Assunzione gloriosa era bello per noi vederti salire a prendere il titolo di Regina (Ester 4, 14) e la storia dell'umanità è piena dei tuoi interventi misericordiosi. Si contano a milioni quelli cui tu hai spezzato le catene, i prigionieri da te strappati all'inferno dei Saraceni, vestibolo dell'inferno di Satana. In questo mondo, che gioisce al ricordo recentemente rinnovato della tua nascita, il tuo sorriso bastò sempre a dissipare le nubi e ad asciugare il pianto. Quanti dolori tuttavia sono ancora su questa terra sulla quale nei giorni della tua vita terrena anche tu hai voluto gustare a lungo il calice della sofferenza! Dolori che santificano, dolori per qualcuno fecondi ma, purtroppo anche dolori sterili, dannosi, di sventurati che l'ingiustizia sociale inasprisce, per i quali la schiavitù dell'officina, lo sfruttamento multiforme del più forte sul debole appaiono peggiore della schiavitù in Algeria o a Tunisi. Tu sola, o Maria, puoi spezzare questi legami inestricabili coi quali l'ironia del principe del mondo incatena una società che ha portato allo sbandamento in nome della libertà, dell'eguaglianza. Degnati intervenire; mostra che tu sei Regina. Tutta la terra, l'umanità, ti dice, come Mardocheo a colei ch'egli aveva nutrito: Parla al re per noi, liberaci dalla morte (Ester 15, 1-3).
da: P. GUÉRANGER, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. ROBERTI, P. GRAZIANI e P. SUFFIA, Alba, Edizioni Paoline, 1959, pp. 1104-1106.”







www.agerecontra.it | Sito del Circolo Cattolico "Christus Rex"
http://www.agerecontra.it/

"Centro Studi Giuseppe Federici - sito ufficiale"
http://www.centrostudifederici.org/

"Sito dedicato alla crisi dottrinale nella Chiesa Cattolica"
http://www.crisinellachiesa.it/

"Sito ufficiale del Centro Culturale San Giorgio"
http://www.centrosangiorgio.com/


C.M.R.I. - "Congregatio Mariae Reginae Immacolata" ("Congregation of Mary Immaculate Queen" "Congregazione di Maria Regina Immacolata"):
http://www.cmri.org/ital-index.html





https://www.truerestoration.org/


https://novusordowatch.org/


": Quidlibet : ? A Traditionalist Miscellany — By the Rev. Anthony Cekada"
http://www.fathercekada.com/

"Home | Traditional Latin Mass Resources"
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"Como ovejas sin Pastor"
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"Sede Vacante -"
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Ligue Saint Amédée (http://www.SaintAmedee.ch)
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«Intransigeants sur la doctrine ; charitables dans l'évangélisation [Non Una Cum].
Pas de "motu proprio" chez nous : nous célebrons la Sainte Messe selon le missel de Saint Pie V»
“Mieux vaut une petite œuvre dans la Vérité, qu’une grande dans l’erreur”

“24 septembre
La fête de Notre-Dame de la Merci est une condamnation de la "religion" du croissant et par anticipation des rencontres interreligieuses.
Personne ne peut dire combien ont souffert les fidèles au début du VIIème siècle en Espagne sous la tyrannie de la fausse religion : écorchement, supplice du feu, réduction à l'esclavage.
Aujourd'hui, il y a un esclavage plus terrible : l'apostasie des Nations et le désarroi des hommes d'Église.
Cette fois encore, notre secours est dans le recours à Celle qui écrase la tête du Serpent, qui a reçu la mission de vaincre toutes les hérésies, dans la fidélité au devoir d'état et dans la pratique des vertus chrétiennes.
Nous commémorons aussi en ce jour la rencontre des prêtres sortis de la Fraternité avec Monseigneur Guérard des Lauriers arrivée le 24 septembre 1986, après avoir prié Notre-Dame du Bon Conseil.”

24 septembre : Notre-Dame de la Merci :: Ligue Saint Amédée (http://liguesaintamedee.ch/saint-du-jour/24-septembre-notre-dame-de-la-merci)
“24 Septembre : Notre-Dame de la Merci.”
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AVE MARIA!!!
MADONNA DELLA MERCEDE PREGA PER NOI!!!
[I]Nos cum prole pia benedicat Virgo Maria!!!
Ad majorem Dei gloriam - Per la maggior gloria di Dio!!! A.M.D.G.
Gloria Patri et Filio et Spiritui Sancto. Sicut erat in principio et nunc et semper et in saecula saeculorum. Amen.
«O Santissima Trinità, vi adoro! Mio Dio, mio Dio, Vi amo nel Santissimo Sacramento!»
CHRISTUS VINCIT, CHRISTUS REGNAT, CHRISTUS IMPERAT!!!
Luca, SURSUM CORDA – HABEMUS AD DOMINUM!!!