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Visualizza Versione Completa : 14 agosto - S. Massimiliano Maria Kolbe, martire



Augustinus
08-12-03, 12:46
S. Massimiliano Maria Kolbe, giovane seminarista francescano, rimase, mentre era a Roma, profondamente colpito dalle manifestazioni massoniche antipapali che si spingevano sino al Vaticano.
Lì, infatti, assistè ad una processione di anticlericali-massoni che andavano a celebrare Giordano Bruno in Campo dei Fiori, inalberando uno stendardo nero su cui Lucifero schiacciava S. Michele Arcangelo. In piazza S. Pietro erano distribuiti volantini in cui si leggeva che "Satana deve regnare in Vaticano e il Papa dovrà fargli da servo".

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Per questo, dinanzi al dilagare del Male nella Città Eterna, fondò il 16 ottobre 1917, con altri sei seminaristi (Padre Giuseppe Pal, rumeno, Padre Quirico Pignalberi, della provincia di Roma, Padre Antonio Glowinski, rumeno, Frate Antonio Mansi e Frate Enrico Granata, entrambi della provincia di Napoli, Frate Girolamo Biasi, della provincia di Padova), un'associazione a cui diede un nome da battaglia, chiamandola Milizia dell'Immacolata.
Nel gennaio 1922, la Milizia venne approvata come "Pia Unione della Milizia di Maria Immacolata" dal Cardinale Domenico Basilio Pompili, Vicario Generale dell'Arcidiocesi di Roma. Quello stesso Cardinale lo ordinò sacerdote il 28 aprile 1918.
Una volta ritornato nella sua Polonia, fondò, a 40 Km da Varsavia, Niepokalanow, cioè la Città dell'Immacolata, che raccolse sino ad oltre 750 religiosi, di varie estrazioni sociali, tutte devote di Maria Immacolata. Nel 1930 fondò, poi, in Giappone, su quel modello, Mugenzai-No-Sono (il "Giardino dell'Immacolata"). Questa "piccola città" fu risparmiata dall'esplosione atomica che colpì Nagasaki nel 1945.
Tutto questo in onore della Vergine Maria, verso cui i francescani nutrono una particolare devozione (S. Bonaventura da Bagnoregio, nella Vita Maggiore di S. Francesco, racconta come il Serafico Padre avesse una devozione peculiare per Maria, avendo, per suo merito, reso Gesù nostro fratello; una devozione di gratitudine, dunque), essendo venerata anche la celeste Patrona dell'Ordine Francescano.

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Augustinus
08-12-03, 12:50
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Augustinus
08-12-03, 12:57
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S. Massimiliano ha il merito di aver aggiunto all'invocazione incisa sulla Medaglia Miracolosa, la frase "e per quanti a Voi non ricorrono, in particolare per i nemici della santa Chiesa e per quelli che Vi sono raccomandati".
Per cui essa suona:

O Maria, concepita senza peccato, pregate per noi che a Voi ricorriamo e per quanti a Voi non ricorrono, in particolare per i nemici della santa Chiesa e per quelli che Vi sono raccomandati

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Solenne Consacrazione all'Immacolata
(composta da S. Massimiliano Maria Kolbe)

O Immacolata,
Regina del cielo e della terra,
Rifugio dei peccatori e Madre nostra amorosissima,
cui Dio volle affidare l'intera
economia della misericordia,
io, indegno peccatore,
mi prostro ai Tuoi piedi,
supplicandoTi umilmente
di volermi accettare
tutto e completamente
come cosa e proprietà Tua,
e di fare ciò che Ti piace
di me e di tutte le facoltà
della mia anima e
del mio corpo, di tutta la mia vita, morte ed eternità.
Disponi pure, se vuoi, di tutto me stesso,
senza alcuna riserva,
per compiere ciò che è stato detto di Te:
"Ella ti schiaccerà il capo" (Gn 3, 15),
come pure:
"Tu sola hai distrutto
tutte le eresie
sul mondo intero"(Lit.),
affinchè nelle
Tue mani immacolate
e misericordiosissime
io divenga uno strumento utile per innestare e incrementare il più fortemente possibile
la Tua gloria
in tante anime smarrite e indifferenti e per estendere
in tal modo,
quanto più è possibile,
il benedetto Regno
del SS. Cuore di Gesù.
Dove Tu entri, infatti, ottieni la grazia della
conversione e santificazione,
poichè ogni grazia scorre,
attraverso le Tue mani,
dal Cuore dolcissimo
di Gesù fino a noi.
Concedimi di lodarTi, o Vergine Santissima.
Dammi forza contro
i tuoi nemici.

Augustinus
14-08-04, 08:51
Il 14 agosto, Vigilia dell'Assunta (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=454354), la Chiesa celebra la memoria di questo martire "mariano": S. Massimiliano Maria Kolbe.
Qui ci limitiamo a richiamarne la figura ed a ricordarne, a nostra edificazione, la devozione e confidenza tutta mariana. Confidenza che giungeva anche a gesti semplici ed umilmente fiduciosi. Si racconta, ad es., che quando progettò la grande “Città dell’Immacolata” in Polonia, andò a collocare una statua dell’Immacolata in un campo che non era suo. Al proprietario, però, non convenne cedere quel terreno, e chiese al Santo di togliere la statua; ma il Santo con semplicità gli rispose che la statua doveva rimanere lì “almeno per dimostrare che una volta tanto la Madonna era fallita nelle sue promesse”. Il padrone restò colpito da quella risposta: ci rifletté, e regalò tutto il campo al Santo. Ancora un esempio, luminosissimo: la vita del nostra Santo era consumata giorno per giorno in sacrificio d’amore alla Madre divina, senza temere di essere considerato “pazzo”, avventurandosi in imprese d’amore per l’Immacolata, che gli costarono sangue a più riprese, con periodici ricoveri in sanatorio, vittima e ostia sull’altare del sacrificio. Una volta, dopo il disbrigo di un servizio a una mostra, a Roma, gli fu chiesto cosa l’avesse colpito della mostra, e il Santo rispose: “Nulla, nulla mi ha potuto interessare; non ho osservato nulla. Io cammino per l’Immacolata”. Il suo amore all’Immacolata era davvero senza soste, sempre “in cammino”.
Per il suo apostolato mariano si servì di tutti i mezzi leciti, antichi e moderni. “Tutto deve servire anzitutto per l’Immacolata”, diceva S. Massimiliano M. Kolbe. Personalmente poi, per trasmettere alle anime l’amore a Maria, affrontò sacrifici inauditi, sottoponendosi a viaggi massacranti per imprese che parevano folli, tanto da sentirsi dire che pretendeva “andare sulla luna con la zappa”. Ma egli andava avanti indomito fra privazioni e sforzi. Anche se sveniva sui treni, se doveva celebrare la S. Messa sorretto da due confratelli, se aveva emottisi a più riprese, se era malnutrito e persino malvisto da parecchi ..., egli non si arrestava mai: l’amore all’Immacolata non poteva dar soste alla sua azione febbrile; e ci fu un tempo, in Giappone, che si creò su di lui il “mito dell’immortalità”. Tutto questo per Maria, strada di santificazione delle anime, tanto che “Si può dire - affermava - che tutti i Santi sono opera della Vergine Santissima e la devozione particolare a Lei è la loro caratteristica comune”.
Una volta, in viaggio, il 12 settembre 1932, festa del SS. Nome di Maria, egli ebbe l’ispirazione di scrivere una lettera alla Madonna per farle gli auguri onomastici, come fanno i figli con la mamma. Alla fine della lettera scritta con riboccante affetto, si firmò in questo modo: “P. Massimiliano M. Kolbe, lontano dalla patria, tra l’amarico Saigon e il cinese Hongong, sopra i giganteschi flutti del mare gonfio, oppresso dal caldo soffocante, per te, o Maria!”. Infaticabile e audace, a chi gli diceva di moderarsi un po', egli rispondeva col sorriso: “Qui non ho tempo per riposarmi. Mi riposerò in Paradiso”. È così che si ama. Una volta, alcuni confratelli mandarono a S. Massimiliano M. Kolbe l’augurio di poter volare presto in Cielo presso l’Immacolata. Il Santo rispose: “Ringrazio coloro che ... particolarmente mi hanno augurato non una lunga vita, ma una sollecita morte per trovarmi con l’Immacolata”.
Egli diceva che bisogna “far entrare l’Immacolata in tutti i cuori affinché Ella possa, entrando in essi, prenderne possesso, portarvi il dolce Gesù e farlo crescere fino all’età perfetta”. Soltanto chi si troverà sotto il manto della Regina sarà partecipe della sua vittoria sul serpente infernale (“ti schiaccerà il capo”: Gn 3,15). Sottrarsi alla sua Regalità di amore, quindi, è ingratitudine e follia. S. Massimiliano M. Kolbe ha potuto affermare: “L’Immacolata deve essere, e questo al più presto possibile, la Regina di tutte le genti, sia della collettività che di ognuno singolarmente. Chi si opporrà e non crederà al suo amore, perirà: chi invece la riconoscerà Regina e si muoverà, quale suo milite, per la conquista del mondo a Lei, vivrà, fiorirà e si svilupperà sempre rigogliosamente”. Davvero la Madonna è Regina onnipotente “terribile come un esercito schierato” (Ct 6,3). Il nostro Santo ha lasciato scritto che oggi “il serpente alza la testa in tutto il mondo, ma l’Immacolata gliela schiaccia in vittorie strepitose”. E noi abbiamo anche la promessa consolantissima della Madonna a Fatima: “Finalmente il mio Cuore Immacolato trionferà”.
In un desiderio, purtroppo, non fu appagato e, forse, vista la situazione attuale della Chiesa non potrà mai realizzarsi. O chissà ... . S. Massimiliano M. Kolbe aveva tanto a cuore la verità di Maria Mediatrice, per la sua onnipotenza supplice, tanto da bramarne con ardore la definizione dommatica; egli scriveva, insegnava, pregava e faceva pregare perché si arrivasse presto alla solenne proclamazione della Mediazione e Corredenzione di Maria, come domma di fede.

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Gli aneddoti sono tratti da QUI (http://www.missiomariae.com/devozione_madonna/DM_come_vivere_la_dev_mad.htm)

Augustinus
14-08-04, 09:05
SAN MASSIMILIANO MARIA KOLBE

(Patrono del XX secolo)

Un giorno del 1915, a Roma, un uomo maturo vocifera davanti a fra Massimiliano Kolbe, contro il Papa e la Chiesa. Il giovane francescano intavola la discussione. “Me ne intendo, giovincello! Sono dottore in filosofia”, esclama lo sconosciuto. “E anch'io”, replica il fraticello di ventun anni, che ne dimostra sedici. Stupefatto, l'uomo cambia tono. Allora, pazientemente, con una logica inesorabile, il frate riprende uno per uno gli argomenti del suo interlocutore e li ritorce contro di lui. “Verso la fine della discussione, racconta un testimone, il miscredente tacque. Sembrava riflettere profondamente”. Chi è mai questo apostolo ardente, descritto da Papa Paolo VI come un “tipo d'uomo cui possiamo conformare la nostra arte di vivere, riconoscendogli il privilegio dell'apostolo Paolo, quello cioè di poter dire al popolo cristiano: Siate miei imitatori, come anch'io lo sono di Cristo (1 Cor 11,1)”?

Le due corone

Raimondo Kolbe, il futuro San Massimiliano (canonizzato da Papa Giovanni Paolo II, il 10 ottobre 1982), è nato il 7 gennaio 1894, da modesti tessitori polacchi. Suo padre è molto dolce, un po' taciturno. Sua madre, Maria, è energica e laboriosa. Oltre a due figli morti in tenera età, la famiglia conta tre ragazzi, Francesco, Raimondo e Giuseppe. Raimondo è violento, indipendente, intraprendente e testardo. Di indole vivace e impulsiva, mette spesso a dura prova la pazienza di sua madre, che un giorno gli grida: “Povero figlio mio, che fine farai?”.

Il rimprovero provoca nel piccolo una vera e propria conversione. Diventa bravo ed ubbidiente. La mamma si accorge che scompare spesso dietro l'armadio, dove c'è un altarino di Nostra Signora di Czestochowa. Lì, egli prega e piange. “Andiamo, Raimondo, gli dice sua madre, perché piangi come una ragazzina?” – “Quando tu mi hai detto: "Raimondo, che fine farai?" ho provato un grosso dispiacere e sono andato a domandare alla Santa Vergine che fine avrei fatto... La Santa Vergine mi è apparsa, tenendo due corone, una bianca e l'altra rossa. Mi ha guardato con amore e mi ha chiesto quale scegliessi; quella bianca significa che sarò sempre puro e quella rossa che morirò martire. Ho risposto: "Le scelgo tutte e due!"”.

A partire da quell'incontro, l'anima del fanciullo conserverà un amore indefettibile per la Santa Vergine. La lettura degli scritti di San Luigi Maria Grignion da Montfort gli insegna che “Dio vuol rivelare e far scoprire MARIA, il capolavoro delle sue mani, in questi ultimi tempi... MARIA deve brillare, più che mai, in misericordia, in forza ed in grazia” (dal “Trattato della vera devozione a Maria”). Fa dono della sua vita alla Santa Vergine. La consacrazione mariana è un dono d'amore che offre tutto se stesso e unisce all'Immacolata.

“Come l'Immacolata appartiene a Gesù, a Dio, così ogni anima, attraverso Lei e in Lei, apparterrà a Gesù, a Dio, e ciò molto meglio che senza di Lei”, scriverà San Massimiliano. “La Chiesa Cattolica ha sempre affermato che l'imitazione della Vergine Maria, non solo non distoglie dallo sforzo di seguire fedelmente Cristo, ma lo rende anzi più amabile e più facile” (Paolo VI, Esortazione Apostolica Signum Magnum, 13 maggio 1967, n. 8).

Attirato da Maria, Raimondo Kolbe abbraccia la vita religiosa. Il 4 settembre 1910, indossa l'abito francescano, e assume il nome di "fra Massimiliano Maria". Nell'autunno del 1912, i superiori lo mandano all'università gregoriana di Roma. Gli studi non lo distolgono dal suo ideale di santità: vuol procurare a Dio la più grande gloria possibile. “La gloria di Dio consiste nella salvezza delle anime. La salvezza delle anime e la santificazione perfetta di esse, già riscattate ad un prezzo molto elevato dalla morte in croce di Gesù, cominciando naturalmente dalla propria anima, è dunque il nostro nobile ideale”. Ma la via della salvezza si trova nel compimento della volontà di Dio. Così il giovane frate scrive a sua madre: “Non ti augurerò né la salute, né la prosperità. Perché? Perché vorrei augurarti qualcosa di meglio, qualcosa di talmente buono che Dio stesso non saprebbe augurarti di più: che in tutte le cose sia fatta in te, mamma, la volontà di questo ottimo Padre, che tu sappia in tutte le cose compiere la volontà di Dio! È tutto quel che posso augurarti di meglio”.

Sotto i piedi di Lucifero

È a Roma che la Santa Vergine gli ispira di fondare la "Milizia dell'Immacolata". All'epoca, la massoneria esultava nella città eterna. “Quando i massoni cominciarono a darsi da fare sempre più sfrontatamente, spiega fra Massimiliano, ed ebbero spiegato il loro stendardo sotto le finestre del Vaticano, quello stendardo in cui, su sfondo nero, Lucifero calpestava l'arcangelo San Michele, quando si misero a distribuire manifestini che inveivano contro il Santo Padre, nacque in me l'idea di fondare un'associazione che avesse come scopo quello di combattere i massoni e gli altri tizzoni d'inferno”.

La massoneria è una società segreta dalle mille ramificazioni, che si sforza di dirigere il mondo secondo princìpi che escludono l'autorità di Dio e la Rivelazione. “Siccome la missione assolutamente propria e specifica della Chiesa Cattolica consiste nel ricevere nella loro pienezza e nel conservare in una purezza incorruttibile le dottrine rivelate da Dio, nonché l'autorità costituita per insegnarle, con gli altri soccorsi forniti dal Cielo in vista della salvezza degli uomini, è contro di essa che i massoni spiegano il massimo accanimento e dirigono i loro attacchi più violenti” (Leone XIII, Enciclica Humanum genus, 20 aprile 1884). Ma la massoneria distrugge pure la società civile, poiché i suoi princìpi contraddicono la legge naturale e minano “i fondamenti della giustizia e dell'onestà” (id.). Molto spesso, essa propone all'uomo, come sola regola d'azione, la soddisfazione dei suoi desideri. D'altro canto, la pretesa di rendere lo Stato completamente estraneo alla religione e di amministrare gli affari pubblici come se Dio non esistesse, è “una temerarietà senza pari” (id.). Infatti, come ogni uomo ha l'obbligo “di offrire a Dio il culto di una pia riconoscenza, perché dobbiamo a Lui la vita ed i beni che la accompagnano, così un dovere analogo si impone ai popoli ed alle società» (id).

La Congregazione per la Dottrina della Fede, con una notifica in data 26 novembre 1983, ha confermato l'insegnamento di Leone XIII: “Il giudizio della Chiesa sulle associazioni massoniche rimane invariato, perché i loro princìpi sono stati sempre considerati come inconciliabili con la dottrina della Chiesa, e l'iscrizione a tali associazioni rimane vietata dalla Chiesa. I fedeli che appartengono alle associazioni massoniche sono in stato di peccato grave e non possono accedere alla Santa Comunione”.

Minacce programmate scientificamente

Oggi, la massoneria esalta una "cultura di morte", favorendo la contraccezione, l'aborto e l'eutanasia. Contribuisce così alla rovina della famiglia. Per il massone Pierre Simon, che scriveva, nel 1979, “il mio vero essere, non è più il mio corpo, ma la mia loggia (massonica)”, la vita è “non più un dono di Dio, ma un materiale che si gestisce... Perde il carattere di assolutezza che aveva nella Genesi”. La si può dunque manipolare come si vuole. Così, “la sessualità sarà dissociata dalla procreazione, e la procreazione dalla paternità. E’ tutto il concetto di famiglia che si sta capovolgendo”. Princìpi analoghi animano attualmente numerosi organismi che, senza esser sempre infeudati apertamente alla massoneria, operano nello stesso spirito. Per questo, Papa Giovanni Paolo II poteva dire a Denver, il 4 agosto 1993: “Le minacce contro la vita non scemano col passare del tempo. Al contrario, prendono dimensioni enormi... Sono minacce programmate scientificamente e sistematicamente”.

In presenza delle stesse forze del male, già operanti alla sua epoca, San Massimiliano offre alla nostra vista un bell'esempio di zelo apostolico. Come San Paolo, si applica a vincere il male con il bene (Rom 12, 21). Forte della sua fede e di una teologia molto sicura, si rivolge alla Vergine MARIA ed al di Lei Divino Figlio. Per venire a salvarci, il Verbo di Dio si è degnato di farsi uomo, e di scegliere per Madre una vergine promessa ad un uomo di nome Giuseppe, della casa di Davide, e il nome della vergine era MARIA (cfr. Lc 1, 26-27). La Madre del Salvatore, MARIA, fu dotata da Dio di doni all'altezza di una tanto grande responsabilità. L'angelo Gabriele, all'atto dell'Annunciazione, la saluta quale piena di grazia (Lc 1, 28). Esplicitando quest'espressione, Papa Pio IX ha proclamato, nel 1854, il dogma dell'Immacolata Concezione: “La beata Vergine MARIA, nel primo istante della sua concezione, per una grazia ed un privilegio singolare di Dio Onnipotente, in previsione dei meriti di GESÙ CRISTO, Salvatore del genere umano, è stata preservata intatta da ogni macchia del peccato originale”. Non avendo mai conosciuto il peccato, l'Immacolata ha un potere immenso contro qualsiasi male ed è divenuta la “Madre di tutte le Grazie”.

Salvare tutte le anime

Potente contro il male, Nostra Signora trionfa sul demonio. Così, fra Massimiliano fonda la "Milizia dell'Immacolata", sulla base della parola di Dio al serpente (il diavolo): “Essa (la Santa Vergine) ti schiaccerà il capo” (Gen 3, 15 - Vulgata ). Il santo collega questa divina profezia con l'affermazione della liturgia: “Da te sola, o Maria, sono state vinte tutte le eresie”. Lo scopo della sua opera è quello di ottenere “la conversione dei peccatori, degli eretici, degli scismatici, ecc., ed, in particolare, dei massoni; e la santificazione di tutti gli uomini sotto la direzione e per il tramite della Beata Vergine Maria Immacolata”. Nel suo ardore, egli desidera la conversione di tutti i peccatori, poiché il santo non dirà mai “salvare anime”, ma “tutte le anime”. Questo desiderio corrisponde al disegno di Dio. “Dio ha tanto amato il mondo, da dare il suo Figlio Unigenito, perché chiunque crede in Lui non muoia, ma abbia la vita eterna” (Gv 3, 16). È Dio che ha amato noi ed ha mandato suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati (cfr. 1 Gv 4, 10). E’ lui la vittima espiatrice per i nostri peccati, e non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo ( cfr. 1 Gv 2, 2).

I membri della “Milizia” faranno l'offerta totale di se stessi alla Beata Vergine Maria Immacolata, come strumenti nelle sue mani, e porteranno la Medaglia Miracolosa. Reciteranno, una volta al giorno, la seguente preghiera: “O Maria, concepita senza peccato, prega per noi che ricorriamo a Te e per tutti coloro che non ricorrono a Te, in particolare per i massoni e per tutti quelli che ti sono raccomandati”.

Cristianizzare la cultura

La salute di fra Massimiliano non è vigorosa. Malgrado ciò, egli si applica con coraggio allo studio, supera brillantemente gli esami, e diventa, nel 1915, dottore in filosofia. Quattro anni più tardi, ottiene, con pari successo, un dottorato di teologia. Nel frattempo, è stato ordinato sacerdote, il 28 aprile 1918. Progetta la propria formazione intellettuale con lo scopo di istruire il prossimo e di contribuire in questo modo alla salvezza delle anime.

Il suo desiderio è quello di “far servire qualsiasi progresso per la gloria di Dio”, vale a dire cristianizzare la cultura moderna. “I nuovi problemi e le ricerche suscitate dal progresso del mondo moderno, dichiara alla nostra epoca il Concilio Vaticano II, saranno esaminati con la massima cura. Si afferrerà più profondamente come la fede e la ragione si uniscano per raggiungere l'unica verità... In tal modo, si realizzerà come una presenza pubblica, duratura ed universale, del pensiero cristiano in qualsiasi sforzo intellettuale verso la cultura più elevata; e gli studenti presso tali istituti (scuole superiori, università e facoltà) saranno formati in modo da diventare uomini eminenti per il loro sapere, pronti ad assumere gli incarichi più gravosi in seno alla società, e nello stesso tempo, testimoni della fede nel mondo” (Gravissimum educationis, n. 10).

Ma il santo deve sperimentare che il bene non si fa senza la croce. Infatti, come ricorda Santa Teresa di Gesù Bambino “solo la sofferenza genera le anime”.

Verso la fine del 1919, viene inviato a Zakopane, in un sanatorio, in cui mancano i soccorsi religiosi. Benché ammalato, intraprende un difficile apostolato presso gli altri degenti, aiutandosi con medaglie miracolose. Conquista i cuori e le menti ad uno ad uno, e il suo successo è tale, che lo si invita a tenere conferenze. L'apostolo di Maria non aspettava che quello. Molti increduli si convertono.

Il veleno dell'indifferenza

Poi, Padre Massimiliano inaugura una serie di "incontri apologetici", sull'esistenza di Dio e la divinità di Cristo. L'amore che manifesta per la verità traspare in una lettera scritta al fratello Giuseppe: “Ai giorni nostri, il veleno peggiore è l'indifferenza, che trova le sue vittime non solo fra la borghesia, ma anche fra i monaci, a gradi diversi, naturalmente”.

”Tutti i cristiani, dice Papa Pio XII, dovrebbero avere, per quanto possibile, un'istruzione religiosa profonda ed organica. Sarebbe, infatti, pericoloso sviluppare tutte le altre conoscenze e lasciare il patrimonio religioso senza cambiamenti, tale quale esso era nella prima infanzia. Per forza di cose incompleto e superficiale, sarebbe soffocato e forse di- strutto, dalla cultura areligiosa e dalle esperienze della vita adulta, come testimoniano tutti coloro la cui fede naufragò, a causa di dubbi rimasti nell'ombra, di problemi restati senza soluzione. Siccome è necessario che il fondamento della fede sia razionale, uno studio sufficiente dell'apologetica diventa indispensabile” (24 marzo 1957).

Nel 1927, Padre Massimiliano fonda la città mariana francescana di Niepokalanow (letteralmente: “la città dell'Immacolata”). Tutto ivi è dedicato a Maria. Numerosi sono coloro che chiedono di essere ammessi al noviziato, a tal punto che il convento conterà fino a mille monaci. “A Niepokalanow, dice Padre Massimiliano, viviamo con un'idea fissa, se ci si può esprimere così, scelta volontariamente ed amata: l'Immacolata!” La stampa, la cui influenza non cessa di crescere, gli sembra un terreno di apostolato privilegiato. Lancia, in vista dell'evangelizzazione, la rivista "Il Cavaliere dell'Immacolata", che diventerà ben presto la più importante pubblicazione della Polonia. Nel 1939, la tiratura raggiungerà il milione di esemplari.

Conosce il giapponese?

Lungi dall'essere l'unico obiettivo di Padre Massimiliano, la Polonia è soltanto un trampolino. Appena tre anni dopo la fondazione di Niepokalanow, incontra, in un treno, degli studenti giapponesi. La conversazione si avvia, e il monaco offre delle medaglie miracolose. In cambio, gli studenti gli danno degli elefantini di legno che servono loro da feticci. Da allora, il santo non cessa di pensare alla grande pena di quelle anime senza Dio. Perciò, un bel giorno, si presenta al suo provinciale e gli chiede il permesso di andare in Giappone per fondarvi una Niepokalanow giapponese. “Ha denaro?” domanda il Padre Provinciale – “No” –“Conosce il giapponese?” – “No” – “Ha almeno amici laggiù, qualche appoggio?” – “Non ancora, ma ne troverò, con l'aiuto di Dio”.

Una volta ottenute tutte le autorizzazioni, Padre Massimiliano parte per il Giappone, nel 1930, con quattro fratelli. A forza di lavoro, di audacia, di preghiere e di fiducia nell'Immacolata, essi riescono a creare la "Mugenzai no Sono", testualmente: “il giardino dell'Immacolata”. Due anni dopo la fondazione in Giappone, Padre Massimiliano s'imbarca, per andare a fondare una città in India. Alle prese con grosse difficoltà, prega Santa Teresa di Lisieux : non aveva convenuto con lei, un tempo, a Roma, che avrebbe pregato tutti i giorni per la sua canonizzazione, ma che, in cambio, essa sarebbe stata la patrona delle sue opere? Santa Teresa onora il contratto. Tutti gli ostacoli spariscono come per incanto. Ma, spossato e consunto dalla febbre, l'apostolo di Maria Immacolata deve rientrare in Polonia, nel 1936.

L'amore o il peccato

Settembre 1939: la guerra si abbatte sul paese. San Massimiliano si dedica all'apostolato con più ardore che mai. “Se il bene consiste nell'amore di Dio ed in tutto ciò che scaturisce dall'amore, il male, nella sua essenza, è una negazione dell'amore”, si legge nell'ultimo articolo da lui pubblicato. Ecco il vero conflitto. In fondo ad ogni anima, vi sono questi due avversari: il bene ed il male, l'amore ed il peccato. Sant'Agostino ha espresso tale conflitto in questi termini: “Due amori hanno costruito due città: l'amore di sé fino al disprezzo di Dio ha costruito la città terrestre; l'amore di Dio fino al disprezzo di sé ha costruito la città celeste” (De civitate Dei, XIV, 28).

Il 17 febbraio 1941, poliziotti della Gestapo catturano Padre Massimiliano e quattro altri frati e li conducono, inizialmente, nella prigione di Pawiak, a Varsavia. Padre Massimiliano viene picchiato violentemente, in quanto religioso e prete. Scrive ai suoi discepoli rimasti a Niepokalanow: “L'Immacolata, Madre tanto amante, ci ha sempre circondati di tenerezza e veglierà sempre... Lasciamoci guidare da Lei, in modo sempre più perfetto, dove Ella vorrà portarci, e qualunque sia la sua volontà, affinché, compiendo fino in fondo il nostro dovere, possiamo, per amore, salvare tutte le anime”. Qualche giorno più tardi, Padre Kolbe viene trasferito al campo di concentramento di Auschwitz.

Ben presto ricoverato all'ospedale, a causa delle sevizie subìte, passa tutte le notti a confessare, malgrado il divieto e la minaccia di rappresaglie. Sa convertire in bene il male stesso, e spiega un giorno ad un malato: “L'odio non è una forza creatrice. Solo l'amore è creatore. Questi dolori non ci faranno cedere, ma devono aiutarci, sempre di più, ad essere forti. Sono necessari, con altri sacrifici, perché coloro che rimarranno dopo di noi siano felici”. Fa condividere ai suoi compagni l'esperienza del mistero pasquale, in cui la sofferenza vissuta nella fede, si trasforma in gaudio. “Il paradosso della condizione cristiana chiarisce singolarmente quello della condizione umana: né la prova, né la sofferenza sono eliminate da questo mondo, ma assumono un senso nuovo, nella certezza di partecipare alla Redenzione operata dal Signore e di condividere la sua gloria” (Paolo VI, Esortazione Apostolica Sul gaudio cristiano, 9 maggio 1975).

Lavorare con tutte e due le mani

Alla fine di luglio del 1941, un prigioniero del blocco 14, quello di Padre Massimiliano, è evaso. Il capo del campo di concentramento aveva avvertito che, per ogni evaso, dieci uomini sarebbero stati condannati a morire di fame e di sete. Uno degli infelici designati per morire, grida: “Oh! povera moglie mia, figli miei, non vi rivedrò più!” Allora, in mezzo ai compagni interdetti, Padre Massimiliano si fa strada ed esce dalle file: “Vorrei morire al posto di uno di questi condannati”, e designa quello che si era lamentato. “Chi sei?”, chiede il capo. “Un prete cattolico”, risponde Padre Massimiliano. Poiché è come prete cattolico che vuole dare la propria vita. L'ufficiale, stupefatto, rimane in silenzio per un istante, poi accetta l'eroica proposta.

I carcerieri si rendono conto che, nel blocco della morte, succede qualcosa di nuovo. Invece delle grida abituali di disperazione, sentono alzarsi canti. La presenza di Padre Massimiliano ha cambiato l'atmosfera dell'orribile cella. La disperazione ha lasciato il posto ad un'aspirazione verso il cielo, verso la Madre della Misericordia, un'aspirazione piena di speranza, di accettazione e di amore. Alla vigilia dell'Assunzione, solo Padre Massimiliano è pienamente cosciente. Quando le guardie entrano per dargli il colpo di grazia, è in preghiera. Vedendo la siringa, tende da sé il braccio scarno all'iniezione mortale.

In vita, San Massimiliano Kolbe amava ripetere: “Su questa terra, non possiamo lavorare che con una sola mano, perché con l'altra dobbiamo aggrapparci, per non cadere. Ma in Cielo, sarà diverso! Nessun pericolo di scivolare, di cadere! Allora, lavoreremo ancora di più, con tutte e due le mani!”.

Biografia composta dai monaci dell’Abbazia Saint-Joseph de Clairval
21150 Flavigny-sur-Ozerain (Francia)

FONTE (http://www.lavoce.an.it/indice%20religione/san%20massimiliano%20kolbe.htm)

Augustinus
14-08-04, 09:11
Dal sito SANTI E BEATI (http://www.santiebeati.it/search/jump.cgi?ID=90138):

Servo di Dio Girolamo Maria Biasi, Frate francescano

Sfruz (Trento), 7 dicembre 1897 - Camposampiero (Padova), 20 giugno 1929

Co-fondatore (con P. Massimiliamo Kolbe) della Milizia dell’Immacolata.

Nacque a Sfruz (Val di Non, TN) nella vigilia dell'Immacolata Concezione del 1897, terzogenito di 9 fratelli. Furono suoi genitori Giovanni Biasi, lavoratore, piuttosto autoritario che severo; e Rosa Fedrizzi, mamma profondamente pia, di elevato spirito di sacrificio, dolce e amorosa. Dalle innocenti e grandiose bellezze dei suoi luoghi e dal sano ambiente familiare, ritrasse le caratteristiche più forti del suo animo: pietà generosa e profondo senso del dovere.
Sfruz, a mille metri, quasi sul livello del mare, è un paesetto ridente e soleggiato, in cammino sul groppone massiccio della catena del Roèn, che chiude, a Levante, l'amenissima VaI di Non, nel Trentino. E' un piccolo paese, ma, con una frequenza che impressiona, vi sono fiorite le vocazioni religiose che rivestono l'innocenza e l'immensa libertà dei campi, che si arrampicano sulle vette, vicino a Dio. Sono come fiori, ma forti come le rocce tra cui sono cresciuti; sono pieni di sole e di gaia serenità o anche chiusi e meditabondi come il santo raccoglimento dei loro boschi.
Anche il piccolo Arcangelo sentì la voce del Signore, e nel Settembre 1909 entrò a Camposampiero, nel Collegio che allora era ai suoi promettenti princìpi. E vi entrò senza rimpianti e nostalgie. Di intelligenza aperta e acuta, vivace ed allegro, esuberante senza essere riottoso.
" Di tutta la minuscola nidiata, chi incontrava le mie simpatie incondizionate, era il solo Arcangelo per la sua bontà, per la sua franchezza e per l'allegria con cui sapeva condire ogni sua azione anche penosa " - dice un compagno. Nelle ultime parole si allude alla sua forza del dolore, all'amore per la sofferenza, che dovrà formare il suo apostolato su questa terra, e che cominciò a radicarsi molto presto nel suo cuore.
Verso i quindici anni, dopo una visita dei suoi genitori, lo prese una angosciosa nostalgia dei suoi luoghi e durò più mesi: disagio, rimpianto, svogliatezza: giunse fino alla risoluzione di ritornarsene ai suoi monti e al mulino del papà. I genitori, avvisati ritornarono desolati: " ...Se mi fosse stato detto che eri moribondo, non avrei provato un dolore più grande... ". Alle parole tenere e forti dell'ammirabile mamma, Arcangelo capì il giuoco della terribile tentazione, e quello invece: " fu un giorno di grazia. Troncò il passato, forse un po' leggero, con grande volontà, e divenne un modello. Da questo giorno comincia una nuova vita. Da allora, nulla si manifestò in lui di meno santo, e la sua brevissima vita la spese nel possesso di Dio con entusiasmo eroico e con bontà esemplare " - afferma ancora un compagno di cammino.
Terminò brillantemente il ginnasio e fu ammesso al Noviziato: " Fu un crescendo di fervore, fu il tempo nel quale la sua anima si effuse davanti a Gesù e alla Vergine Immacolata, in cocenti desideri di totale abbandono alla Divina Volontà, in saldi propositi di progredire nella via della perfezione, in slanci e sogni santi di futuro apostolato " - scrisse il suo primo biografo.
Nel 1916 fu mandato a Roma. Il nuovo ambiente, i nuovi studi, i nuovi orizzonti lo spaurirono un po': ma prendendo risorse dall'obbedienza evangelica, con tutta la potenza della sua volontà, si gettò nella nuova vita fino a raggiungere lusinghieri trionfi. E fu qui a Roma che, sotto la guida del suo venerando padre rettore, imparò ad amare di forte amore la chiesa ed il Papa: qui trovò le armi spirituali per scendere in lotta con la Massoneria, allora il più potente ed insidioso nemico della Chiesa e del Papa, che in quei tempi infuriava. " Il desiderio alla santità si fa sempre più vigoroso e struggente; la visione del Sacerdozio... lo esalta e lo assorbe: l'amore a Gesù e alla Vergine Immacolata, fusi in un solo impeto, gli strappano dall'anima accenti appassionati di tenerezza e di dedizione senza limiti ". " Voglio davvero corrispondere alla chiamata del Signore... voglio farmi santo davvero, e dilatare, per quanto potrò, il Regno di Dio sulla terra ".

Confidente di P. Kolbe

Non è da dire come abbracciasse anche lui, in quell'angoscioso 1917, con tutta la gioia e il fuoco della sua anima, i grandiosi ideali e l'amore ardente per la Chiesa e per l'Immacolata che traboccavano dal cuore del suo santo confratello e compagno p. Massimiliano Kolbe. " Il P. Kolbe lo ebbe confidente carissimo e con lui a fianco maturò i disegni riguardanti la sua Istituzione. Quando al p. Massimiliano si ricordava il p. Biasi egli aveva un sussulto: "La Milizia" - egli disse una volta - "deve molto, molto, al p. Girolamo Biasi ". Intravide dalle confidenze col Fondatore, la grandezza della nascente Istituzione: la vide grande prima che fosse bambina; e con fede incrollabile nei destini della Milizia, con la coscienza chiara e immutabile di sostenere la più santa e la più fortunata delle cause, all'invito dell'Immacolata, lasciò la terra per il Cielo. L'atto significativo del p. Massimiliano, che sulla sua tomba a Camposampiero, prese consiglio prima di recarsi a fondare la "Città dell'Immacolata" nel Giappone, è più eloquente di ogni elogio commemorativo.
Ed aveva suggerito caldamente ad un confratello di Padova di raccogliere documenti e notizie, perché desiderava che ne fosse stampata la biografia.

Fedele sino alla fine

Essere Militi di Maria - aveva affermato p. Massimiliano - è abbandonarsi nelle sue mani come una semplice cosa, cioè essere strumenti malleabili per fare solo quello a cui ci chiama il Signore. E il Signore accettò la generosa offerta di Girolamo, come anche di altri dei primissimi Militi, suoi compagni. In questo tempo si manifestò la malattia che lo doveva consumare come un olocausto di lode e di riparazione. Fu perciò costretto nel 1919 a ritornare a Padova, per uno studio più leggero e a una vita più riposante.
Nel 1922 fu ordinato Sacerdote. E lo fu veramente. Lo fu con Gesù sulla Croce e suo apostolato fu di fondere il suo sangue con quello di Gesù. Mantenne sempre la sua giovialità e il suo sorriso. Pensieri sulla SS. Eucaristia e sull'Immacolata profumavano sempre le sue labbra pallide e trasfiguravano sempre i suoi occhi profondi.
Nel 1928 andò a Lourdes, e ritornò infiammato ancora di più di amore alla volontà di Dio. Anche la febbre, la tosse, la debolezza, l'oppressione benedicano il Signore. A Camposampiero malati, suore, dottori rimasero santamente. impressionati dalla sua inalterabile pazienza, dalla pienissima conformità ai divini voleri, dalla sua calma serena, dal suo perenne sorriso e da quella squisita delicatezza, rara nei malati, per il grande riguardo che usava verso i visitatori " Noi si partiva dalla sua cameretta, all'ospedale di Camposampiero, dopo brevissimi ma frequenti colloqui, colla netta impressione di una pace consumata, nella serena accettazione della Divina Volontà " - notava il biografo. E negli ultimi giorni, alla religiosa infermiera: " Preghi per me, Madre, perché io possa essere più allegro in questi momenti che l'anima mia si dispone a spiccare il volo a Dio ".
E continuò a benedire il Signore e la Celeste Immacolata Regina, finché la piissima anima ritornò al suo Dio, accanto alla Sua Celeste Madre e Regina. Nella vigilia di s. Luigi Gonzaga, 20 Giugno 1929, nell'ospedale di Camposampiero (PD), consumato dalla sua lenta malattia, moriva, a 32 anni, sorridendo, come era vissuto, il P. Girolamo Maria Biasi, co-fondatore con san Massimiliano M. Kolbe della "Milizia dell'Immacolata".
Superata la prima fase dell'inchiesta diocesana, il processo di beatificazione del servo di Dio p. Girolamo M. Biasi è in corso dal novembre 2000.

http://www.provinciapatavina.org/upload/pagine/biasi_ovale2.jpg

Augustinus
14-08-04, 13:41
(Cfr. Scritti di Massimiliano M. Kolbe, traduzione italiana, Vol. I, Firenze 1975, pp. 44-46. 113-114)

Sono pieno di gioia, fratello carissimo, per l'ardente zelo che ti spinge a promuovere la gloria di Dio. Nei nostri tempi, constatiamo, non senza tristezza, il propagarsi dell'«indifferentismo». Una malattia quasi epidemica che si va diffondendo in varie forme non solo nella generalità dei fedeli, ma anche tra i membri degli istituti religiosi. Dio è degno di gloria infinita. La nostra prima e principale preoccupazione deve essere quella di dargli lode nella misura delle nostre deboli forze, consapevoli di non poterlo glorificare quanto egli merita.
La gloria di Dio risplende soprattutto nella salvezza delle anime che Cristo ha redento con il suo sangue. Ne deriva che l'impegno primario della nostra missione apostolica sarà quello di procurare la salvezza e la santificazione del maggior numero di anime. Ed ecco in poche parole i mezzi più adatti per procurare la gloria di Dio nella santificazione delle anime. Dio, scienza e sapienza infinita, che conosce perfettamente quello che dobbiamo fare per aumentare la sua gloria, manifesta normalmente la sua volontà mediante i suoi rappresentanti sulla terra.
L'obbedienza, ed essa sola, è quella che ci manifesta con certezza la divina volontà. E' vero che il superiore può errare, ma chi obbedisce non sbaglia. L'unica eccezione si verifica quando il superiore comanda qualcosa che chiaramente, anche in cose minime, va contro la legge divina. In questo caso egli non è più interprete della volontà di Dio.
Dio è tutto: solo lui è infinito, sapientissimo, clementissimo Signore, creatore e Padre, principio e fine, sapienza, potere e amore. Tutto ciò che esiste fuori di Dio ha valore in quanto si riferisce a lui, che è creatore di tutte le cose, redentore degli uomini, fine ultimo di tutte le creazioni. Egli ci manifesta la sua volontà e ci attrae a sé attraverso i suoi rappresentanti sulla terra, volendo servirsi di noi per attrarre a sé altre anime e unirle nella perfetta carità.
Considera, fratello, quanto è grande, per la misericordia di Dio, la dignità della nostra condizione. Attraverso la via dell'obbedienza noi superiamo i limiti della nostra piccolezza, e ci conformiamo alla volontà divina che ci guida ad agire rettamente con la sua infinita sapienza e prudenza. Aderendo a questa divina volontà a cui nessuna creatura può resistere, diventiamo più forti di tutti.
Questo è il sentiero della sapienza e della prudenza, l'unica via nella quale possiamo rendere a Dio la massima gloria. Se esistesse una via diversa e più adatta, il Cristo l'avrebbe certamente manifestata con la parola e con l'esempio. Il lungo periodo della vita nascosta di Nazareth è compendiato dalla Scrittura con queste parole: «e stava loro sottomesso» (Lc 2, 51). Tutto il resto della sua vita è posto sotto il segno dell'obbedienza, mostrando frequentemente che il Figlio di Dio è disceso sulla terra per compiere la volontà del Padre.
Amiamo dunque, fratelli, con tutte le forze il Padre celeste pieno di amore per noi; e la prova della nostra perfetta carità sia l'obbedienza, da esercitare soprattutto quando ci chiede di sacrificare la nostra volontà. Infatti non conosciamo altro libro più sublime che Gesù Cristo crocifisso, per progredire nell'amore di Dio.
Tutte queste cose le otterremo più facilmente per l'intercessione della Vergine Immacolata che Dio, nella sua bontà, ha fatto dispensatrice della sua misericordia. Nessun dubbio che la volontà di Maria è la stessa volontà di Dio. Consacrandoci a lei, diventiamo nelle sue mani strumenti della divina misericordia, come lei lo è stato nelle mani di Dio.
Lasciamoci dunque guidare da lei, lasciamoci condurre per mano, tranquilli e sicuri sotto la sua guida. Maria penserà a tutto per noi, provvederà a tutto e allontanando ogni angustia e difficoltà verrà prontamente in soccorso alle nostre necessità corporali e spirituali.

Augustinus
14-08-06, 08:33
http://www.ainglkiss.com/saints/mk.jpg

http://www1.cncm.ne.jp/~kolbe/shokai.files/kolbe.jpg

http://www.aritearu.com/pic/Kolbe.jpg

http://www.radiovaticana.org/cinesebig5/teacher/images/Saints/MaxKolbe.gif

http://www.firponet.com/block13/gallery/pagina_morte_kolbe.jpg Certificato di morte di P. Kolbe

Augustinus
14-08-06, 08:36
Padre Massimiliano, ora chiamato Raimondo Kolbe n.16670, scrive la sua ultima lettera, e la scrive a sua madre.

Cara Mamma, verso la fine del mese di maggio sono giunto con un convoglio ferroviario nel campo di concentramento di Auschwitz.
Per me, va tutto bene.
Amata mamma, sta tranquilla per me e per la mia salute, perchè il buon Dio c'è in ogni luogo e con grande amore pensa a tutti e a tutto.
Sarebbe bene non scrivermi prima che io ti mandi un'altra lettera, perchè non so quanto tempo rimarrò qui.
Con cordiali saluti e baci.

Raimondo Kolbe

Augustinus
14-08-06, 08:39
PAOLO VI

OMELIA

SOLENNE BEATIFICAZIONE DI PADRE MASSIMILIANO MARIA KOLBE

Domenica, 17 ottobre 1971

Massimiliano Maria Kolbe, Beato. Che cosa vuol dire? Vuol dire che la Chiesa riconosce in lui una figura eccezionale, un uomo in cui la grazia di Dio e l’anima di lui si sono così incontrate da produrre una vita stupenda, nella quale chi bene la osserva scopre questa simbiosi d’un duplice principio operativo, il divino e l’umano, misterioso l’uno, sperimentabile l’altro, trascendente ma interiore l’uno, naturale l’altro ma complesso e dilatato, fino a raggiungere quel singolare profilo di grandezza morale e spirituale che chiamiamo santità, cioè perfezione raggiunta sul parametro religioso, che, come si sa, corre verso le altezze infinite dell’Assoluto. Beato dunque vuol dire degno di quella venerazione, cioè di quel culto permissivo, locale e relativo, che implica l’ammirazione verso chi ne è l’oggetto per qualche suo insolito e magnifico riflesso dello Spirito santificante. Beato vuol dire salvo e glorioso. Vuol dire cittadino del cielo, con tutti i segni peculiari del cittadino della terra; vuol dire fratello e amico, che sappiamo ancora nostro, anzi più che mai nostro, perché identificato come membro operoso della comunione dei Santi, la quale è quel corpo mistico di Cristo, la Chiesa vivente sia nel tempo che nell’eternità; vuol dire avvocato perciò, e protettore nel regno della carità, insieme con Cristo «sempre vivo da poter intercedere per noi (Hebr. 7, 25; cfr. Rom. 8, 34); vuol dire finalmente campione esemplare, tipo di uomo, al quale possiamo uniformare la nostra arte di vivere, essendo a lui, al beato, riconosciuto il privilegio dell’apostolo Paolo, di poter dire al popolo cristiano: «siate imitatori di me, come io lo sono di Cristo» (1 Cor. 4, 16; 11, 1; Phil. 3, 17; cfr. 1 Thess. 3, 7).

VITA ED OPERE DEL NUOVO BEATO

Così possiamo da oggi considerare Massimiliano Kolbe, il nuovo beato. Ma chi è Massimiliano Kolbe?

Voi lo sapete, voi lo conoscete. Così vicino alla nostra generazione, così imbevuto della esperienza vissuta di questo nostro tempo, tutto si sa di lui. Forse pochi altri processi di beatificazione sono documentati come questo. Solo per la nostra moderna passione della verità storica leggiamo, quasi in epigrafe, il profilo biografico di Padre Kolbe, dovuto ad uno dei suoi più assidui studiosi.

«Il P. Massimiliano Kolbe nacque a Zdusnka Wola, vicino a Lodz, l’otto gennaio 1894. Entrato nel 1907 nel Seminario dei Frati Minori Conventuali, fu inviato a Roma per continuare gli studi ecclesiastici nella Pontificia Università Gregoriana e nel “Seraphicum” del suo Ordine.

Ancora studente, ideò un’istituzione, la Milizia della Immacolata. Ordinato sacerdote il 28 aprile 1918 e tornato in Polonia cominciò il suo apostolato mariano, specialmente con la pubblicazione mensile Rycerz Niepokalanej (il Cavaliere della Immacolata), che raggiunse il milione di copie nel 1938.

Nel 1927 fondò la Niepokalanbw (Città dell’Immacolata), centro di vita religiosa e di diverse forme di apostolato. Nel 1930 partì per il Giappone, ove fondò un’altra simile istituzione.

Tornato definitivamente in Polonia si dedicò interamente alla sua opera, con diverse pubblicazioni religiose. La seconda guerra mondiale lo sorprese a capo del più imponente complesso editoriale della Polonia.

Il 19 settembre 1939 fu arrestato dalla Gestapo, che lo deportò prima a Lamsdorf (Germania), poi nel campo di concentramento preventivo di Amtitz. Rilasciato il giorno 8 dicembre 1939, tornò a Niepokalanow, riprendendo l’attività interrotta. Arrestato di nuovo nel 1941 fu rinchiuso nel carcere di Pawiak, a Varsavia, e poi deportato nel campo di concentramento di Oswiecim (Auschwitz).

Avendo offerta la vita al posto di uno sconosciuto condannato a morte, quale rappresaglia per la fuga d’un prigioniero, fu rinchiuso in un Bunker per morirvi di fame. Il 14 agosto 1941, vigilia dell’Assunta, finito da una iniezione di veleno, rendeva la sua bell’anima R Dio, dopo aver assistito e confortato i suoi compagni di sventura. Il suo corpo fu cremato» (Padre Ernesto Piacentini, O.F.M. Conv.).

IL CULTO DELL'IMMACOLATA CONCEZIONE

Ma m una cerimonia come questa il dato biografico scompare nella luce delle grandi linee maestre della figura sintetica del nuovo Beato; e fissiamo per un istante lo sguardo su queste linee, che lo caratterizzano e lo consegnano alla nostra memoria.

Massimiliano Kolbe è stato un apostolo del culto alla Madonna, vista nel suo primo, originario, privilegiato splendore, quello della sua definizione di Lourdes : l’Immacolata Concezione. Impossibile disgiungere il nome, l’attività, la missione del Beato Kolbe da quello di Maria Immacolata. È lui che istituì la Milizia dell’Immacolata, qui a Roma, ancora prima d’essere ordinato Sacerdote, il 16 ottobre 1917. Ne possiamo oggi commemorare l’anniversario. È noto come l’umile e mite Francescano, con incredibile audacia e con straordinario genio organizzativo, sviluppò l’iniziativa e fece della devozione alla Madre di Cristo, contemplata nella sua veste solare (Cfr. Apoc. 12, 1) il punto focale della sua spiritualità, del suo apostolato, della sua teologia. Nessuna esitazione trattenga la nostra ammirazione, la nostra adesione a questa consegna che il nuovo Beato ci lascia in eredità e in esempio, come se anche noi fossimo diffidenti d’una simile esaltazione mariana, quando due altre correnti teologiche e spirituali, oggi prevalenti nel pensiero e nella vita religiosa, quella cristologica e quella ecclesiologica, fossero in competizione con quella mariologica. Nessuna competizione. Cristo, nel pensiero del Kolbe, conserva non solo il primo posto, ma l’unico posto necessario e sufficiente, assolutamente parlando, nell’economia della salvezza; né l’amore alla Chiesa e alla sua missione è dimenticato nella concezione dottrinale o nella finalità apostolica del nuovo Beato. Anzi proprio dalla complementarietà subordinata della Madonna, rispetto al disegno cosmologico, antropologico, soteriologico di Cristo, Ella deriva ogni sua prerogativa, ogni sua grandezza.

Ben lo sappiamo. E Kolbe, come tutta la dottrina, tutta la liturgia e tutta la spiritualità cattolica, vede Maria inserita nel disegno divino, come «termine fisso d’eterno consiglio», come la piena di grazia, come la sede della Sapienza, come la predestinata alla Maternità di Cristo, come la regina del regno messianico (Luc. 1, 33) e nello stesso tempo l’ancella del Signore, come l’eletta a offrire all’Incarnazione del Verbo la sua insostituibile cooperazione, come la Madre dell’uomo-Dio, nostro Salvatore, «Maria è Colei mediante la quale gli uomini arrivano a Gesù, e Colei mediante la quale Gesù arriva agli uomini» (L. BOUYER, Le trône de la Sagesse, p. 69).

Non è perciò da rimproverare il nostro Beato, né la Chiesa con lui, per l’entusiasmo che è dedicato al culto della Vergine; esso non sarà mai pari al merito, né al vantaggio d’un tale culto, proprio per il mistero di comunione che unisce Maria a Cristo, e che trova nel Nuovo Testamento una avvincente documentazione; non ne verrà mai una «mariolatria», come non mai sarà oscurato il sole dalla luna; né mai sarà alterata la missione di salvezza propriamente affidata al ministero della Chiesa, se questa saprà onorare in Maria una sua Figlia eccezionale e una sua Madre spirituale. L’aspetto caratteristico, se si vuole, ma per sé punto originale, della devozione, della «iperdulia», del Beato Kolbe a Maria è l’importanza ch’egli vi attribuisce in ordine ai bisogni presenti della Chiesa, all’efficacia della sua profezia circa la gloria del Signore e la rivendicazione degli umili, alla potenza della sua intercessione, allo splendore della sua esemplarità, alla presenza della sua materna carità. Il Concilio ci ha confermati in queste certezze, ed ora dal cielo Padre Kolbe ci insegna e ci aiuta a meditarle e a viverle.

Questo profilo mariano del nuovo Beato lo qualifica e lo classifica fra i grandi santi e gli spiriti veggenti, che hanno capito, venerato e cantato il mistero di Maria.

TRAGICO E SUPERNO EPILOGO

Poi il tragico e sublime epilogo della vita innocente e apostolica di Massimiliano Kolbe. A questo è principalmente dovuta la glorificazione che oggi la Chiesa celebra dell’umile, mite, operoso religioso, alunno esemplare di S. Francesco e cavaliere innamorato di Maria Immacolata. Il quadro della sua fine nel tempo è così orrido e straziante, che preferiremmo non parlarne, non contemplarlo mai più, per non vedere dove può giungere la degradazione inumana della prepotenza che si fa dell’impassibile crudeltà su esseri ridotti a schiavi indifesi e destinati allo sterminio il piedistallo di grandezza e di gloria; e furono milioni codesti essere sacrificati all’orgoglio della forza e alla follia del razzismo. Ma bisogna pure ripensarlo questo quadro tenebroso per potervi scorgere, qua e là, qualche scintilla di superstite umanità. La storia non potrà, ahimé!, dimenticare questa sua pagina spaventosa. E allora non potrà non fissare lo sguardo esterrefatto sui punti luminosi che ne denunciano, ma insieme ne vincono l’inconcepibile oscurità. Uno di questi punti, e forse il più ardente e il più scintillante è la figura estenuata e calma di Massimiliano Kolbe. Eroe calmo e sempre pio e sospeso a paradossale e pur ragionata fiducia. Il suo nome resterà fra i grandi, svelerà quali riserve di valori morali fossero giacenti fra quelle masse infelici, agghiacciate dal terrore e dalla disperazione. Su quell’immenso vestibolo di morte, ecco aleggiare una divina e imperitura parola di vita, quella di Gesù che svela il segreto del dolore innocente: essere espiazione, essere vittima, essere sacrificio, e finalmente essere amore: «Non vi è amore più grande che quello di dare la propria vita per i propri amici» (Io. 15, 13). Gesù parlava di sé nell’imminenza della sua immolazione per la salvezza degli uomini. Gli uomini sono tutti amici di Gesù, se almeno ascoltano la sua parola. Padre Kolbe realizzò, nel fatale campo di Oswiecim, la sentenza dell’amore redentore. A duplice titolo.

IL SACERDOTE, «ALTER CHRISTUS»

Chi non ricorda l’episodio incomparabile? «Sono un sacerdote cattolico», egli disse offrendo la propria vita alla morte - e quale morte! - per risparmiare alla sopravvivenza uno sconosciuto compagno di sventura, già designato per la cieca vendetta. Fu un momento grande: l’offerta era accettata. Essa nasceva dal cuore allenato al dono di sé, come naturale e spontanea quasi come una conseguenza logica del proprio Sacerdozio. Non è un Sacerdote un «altro Cristo»? Non è stato Cristo Sacerdote la vittima redentrice del genere umano? Quale gloria, quale esempio per noi Sacerdoti ravvisare in questo nuovo Beato un interprete della nostra consacrazione e della nostra missione! Quale ammonimento in quest’ora d’incertezza nella quale la natura umana vorrebbe tal volta far prevalere i suoi diritti sopra la vocazione soprannaturale al dono totale a Cristo in chi è chiamato alla sua sequela! E quale conforto per la dilettissima e nobilissima schiera compatta e fedele dei buoni Preti e Religiosi, che, anche nel legittimo e lodevole intento di riscattarla dalla mediocrità personale e dalla frustrazione sociale, così concepiscono la loro missione: sono Sacerdote cattolico, perciò io offro la mia vita per salvare quella degli altri! Sembra questa la consegna che il Beato lascia particolarmente a noi, ministri della Chiesa di Dio, e analogamente a quanti di essa ne accettano Io Spirito.

FIGLIO DELLA NOBILE E CATTOLICA POLONIA

E a questo titolo sacerdotale un altro si aggiunge; un altro comprovante che il sacrificio del Beato aveva la sua motivazione in una amicizia: egli era Polacco. Come Polacco era condannato a quell’infausto «Lager», e come Polacco egli scambiava la sua sorte con quella a cui il connazionale Francesco Gajownicek era destinato; cioè subiva la pena crudele e mortale in vece di lui. Quante cose sorgono nell’animo a ricordo di questo aspetto umano, sociale ed etnico della morte volontaria di Massimiliano Kolbe, figlio lui pure della nobile e cattolica Polonia! Il destino storico di sofferenza di questa Nazione pare documentare in questo caso tipico ed eroico la vocazione secolare del Popolo Polacco a trovare nella comune passione la sua coscienza unitaria, la sua missione cavalleresca alla libertà raggiunta nella fierezza del sacrificio spontaneo dei suoi figli, e la lo8ro prontezza a darsi gli uni per gli altri per il superamento della loro vivacità in una invitta concordia, il suo carattere indelebilmente cattolico che lo sigilla membro vivente e paziente della Chiesa universale, la sua ferma convinzione che nella prodigiosa, ma sofferta protezione della Madonna è il segreto della sua rinascente floridezza, sono raggi iridescenti che si effondono dal novello martire della Polonia e fanno risplendere l’autentico volto fatidico di questo Paese, e ci fanno invocare dal Beato suo tipico eroe la fermezza nella fede, l’ardore nella carità, la concordia, la prosperità e la pace di tutto il suo Popolo. La Chiesa e il mondo ne godranno insieme. Così sia.

Augustinus
14-08-06, 08:39
GIOVANNI PAOLO II

OMELIA

CANONIZZAZIONE DI MASSIMILIANO MARIA KOLBE

Piazza San Pietro, 10 ottobre 1982

1. “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15,13).

Da oggi la Chiesa desidera chiamare “santo” un uomo al quale è stato concesso di adempiere in maniera assolutamente letterale le suddette parole del Redentore.

Ecco infatti, verso la fine di luglio del 1941, quando per ordine del capo del campo si fecero mettere in fila i prigionieri destinati a morire di fame, quest’uomo, Massimiliano Maria Kolbe, si presentò spontaneamente, dichiarandosi pronto ad andare alla morte in sostituzione di uno di loro.

Questa disponibilità fu accolta, e al padre Massimiliano, dopo oltre due settimane di tormenti a causa della fame, fu infine tolta la vita con un’iniezione mortale, il 14 agosto 1941.

Tutto questo successe nel campo di concentramento di Auschwitz, dove furono messi a morte durante l’ultima guerra circa 4.000.000 di persone, tra cui anche la Serva di Dio Edith Stein (la carmelitana suor Teresa Benedetta della Croce), la cui causa di Beatificazione è in corso presso la competente Congregazione. La disobbedienza contro Dio, Creatore della vita, il quale ha detto “non uccidere”, ha causato in questo luogo l’immensa ecatombe di tanti innocenti.

Contemporaneamente dunque, la nostra epoca è rimasta così orribilmente contrassegnata dallo sterminio dell’uomo innocente.

2. Padre Massimiliamo Kolbe, essendo lui stesso un prigioniero del campo di concentramento, ha rivendicato, nel luogo della morte, il diritto alla vita di un uomo innocente, uno dei 4.000.000.

Quest’uomo (Franciszek Gajowniczek) vive ancora ed è presente tra noi. Padre Kolbe ne ha rivendicato il diritto alla vita, dichiarando la disponibilità di andare alla morte al suo posto, perché era un padre di famiglia e la sua vita era necessaria ai suoi cari. Padre Massimiliano Maria Kolbe ha riaffermato così il diritto esclusivo del Creatore alla vita dell’uomo innocente e ha reso testimonianza a Cristo e all’amore. Scrive infatti l’apostolo Giovanni: “Da questo abbiamo conosciuto l’amore: egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli” (1Gv 3,16).

Dando la sua vita per un fratello, padre Massimiliano, che la Chiesa già sin dal 1971 venera come “beato”, in modo particolare si è reso simile a Cristo.

3. Noi, dunque, che oggi, domenica 10 ottobre, siamo riuniti davanti alla Basilica di san Pietro in Roma, desideriamo esprimere il valore speciale che ha agli occhi di Dio la morte per martirio del padre Massimiliano Kolbe:
“Preziosa agli occhi del Signore / è la morte dei suoi fedeli” (Sal 115 [116],15), così abbiamo ripetuto nel Salmo responsoriale. Veramente è preziosa ed inestimabile! Mediante la morte, che Cristo ha subìto sulla Croce, si è compiuta la redenzione del mondo, poiché questa morte ha il valore dell’amore supremo. Mediante la morte, subìta dal padre Massimiliano Kolbe, un limpido segno di tale amore si è rinnovato nel nostro secolo, che in grado tanto alto e in molteplici modi è minacciato dal peccato e dalla morte.

Ecco che, in questa solenne liturgia della canonizzazione, sembra presentarsi tra noi quel “martire dell’amore” di Oswiecim (come lo chiamò Paolo VI) e dire:
“Io sono il tuo servo, Signore, / io sono tuo servo, figlio della tua ancella; / hai spezzato le mie catene” (Sal 115 [116],16).

E, quasi raccogliendo in uno il sacrificio di tutta la sua vita, lui, sacerdote e figlio spirituale di san Francesco, sembra dire:
“Che cosa renderò al Signore / per quanto mi ha dato? / Alzerò il calice della salvezza / e invocherò il nome del Signore” (Sal 115 [116],12s).

Sono, queste, parole di gratitudine. La morte subìta per amore, al posto del fratello, è un atto eroico dell’uomo, mediante il quale, insieme al nuovo Santo, glorifichiamo Dio. Da lui infatti proviene la Grazia di tale eroismo, di questo martirio.

4. Glorifichiamo dunque oggi la grande opera di Dio nell’uomo. Di fronte a tutti noi, qui riuniti, padre Massimiliano Kolbe alza il suo “calice della salvezza”, nel quale è racchiuso il sacrificio di tutta la sua vita, sigillata con la morte di martire “per un fratello”.

A questo definitivo sacrificio Massimiliano si preparò seguendo Cristo sin dai primi anni della sua vita in Polonia. Da quegli anni proviene l’arcano sogno di due corone: una bianca e una rossa, fra le quali il nostro santo non sceglie, ma le accetta entrambe. Sin dagli anni della giovinezza, infatti, lo permeava un grande amore verso Cristo e il desiderio del martirio.

Quest’amore e questo desiderio l’accompagnarono sulla via della vocazione francescana e sacerdotale, alla quale si preparava sia in Polonia che a Roma. Quest’amore e questo desiderio lo seguirono attraverso tutti i luoghi del servizio sacerdotale e francescano in Polonia, ed anche del servizio missionario nel Giappone.

5. L’ispirazione di tutta la sua vita fu l’Immacolata, alla quale affidava il suo amore per Cristo e il suo desiderio di martirio. Nel mistero dell’Immacolata Concezione si svelava davanti agli occhi della sua anima quel mondo meraviglioso e soprannaturale della Grazia di Dio offerta all’uomo. La fede e le opere di tutta la vita di padre Massimiliano indicano che egli concepiva la sua collaborazione con la Grazia divina come una milizia sotto il segno dell’Immacolata Concezione. La caratteristica mariana è particolarmente espressiva nella vita e nella santità di padre Kolbe. Con questo contrassegno è stato marcato anche tutto il suo apostolato, sia nella patria come nelle missioni. Sia in Polonia come nel Giappone furono centro di quest’apostolato le speciali città dell’Immacolata (“Niepokalanow” polacco, “Mugenzai no Sono” giapponese).

6. Che cosa è successo nel Bunker della fame nel campo di concentramento ad Oswiecim (Auschwitz), il 14 agosto del 1941?

A questo risponde l’odierna liturgia: ecco “Dio ha provato” Massimiliano Maria “e lo ha trovato degno di sé” (cf. Sap 3,5). L’ha provato “come oro nel crogiuolo / e l’ha gradito come un olocausto” (cf. Sap 3,6).

Anche se “agli occhi degli uomini subì castighi”, tuttavia “la sua speranza è piena di immortalità” poiché “le anime dei giusti sono nelle mani di Dio, / nessun tormento le toccherà”. E quando, umanamente parlando, li raggiungono il tormento e la morte, quando “agli occhi degli uomini parve che morissero...”, quando “la loro dipartita da noi fu ritenuta una sciagura...”, “essi sono nella pace”: essi provano la vita e la gloria “nelle mani di Dio” (cf. Sap 3,1-4).

Tale vita è frutto della morte a somiglianza della morte di Cristo. La gloria è la partecipazione alla sua risurrezione.

Che cosa dunque successe nel Bunker della fame, il giorno 14 agosto 1941?

Si compirono le parole rivolte da Cristo agli Apostoli, perché “andassero e portassero frutto e il loro frutto rimanesse” (cf. Gv 15,16).

In modo mirabile perdura nella Chiesa e nel mondo il frutto della morte eroica di Massimiliano Kolbe!

7. A quanto successe nel campo di “Auschwitz” guardavano gli uomini. E anche se ai loro occhi doveva sembrare che “morisse” un compagno del loro tormento, anche se umanamente potevano considerare “la sua dipartita” come “una rovina”, tuttavia nella loro coscienza questa non era solamente “la morte”.

Massimiliano non morì, ma “diede la vita... per il fratello”.

V’era in questa morte, terribile dal punto di vista umano, tutta la definitiva grandezza dell’atto umano e della scelta umana: egli da sé si offrì alla morte per amore.

E in questa sua morte umana c’era la trasparente testimonianza data a Cristo:
la testimonianza data in Cristo alla dignità dell’uomo, alla santità della sua vita e alla forza salvifica della morte, nella quale si manifesta la potenza dell’amore.

Proprio per questo la morte di Massimiliano Kolbe divenne un segno di vittoria. È stata questa la vittoria riportata su tutto il sistema del disprezzo e dell’odio verso l’uomo e verso ciò che è divino nell’uomo, vittoria simile a quella che ha riportato il nostro Signore Gesù Cristo sul Calvario.

“Voi siete miei amici, se farete ciò che vi comando” (Gv 15,14)

8. La Chiesa accetta questo segno di vittoria, riportata mediante la forza della Redenzione di Cristo, con venerazione e con gratitudine. Cerca di leggerne l’eloquenza con tutta umiltà ed amore.

Come sempre, quando proclama la santità dei suoi figli e delle sue figlie, così anche in questo caso, essa cerca di agire con tutta la precisione e la responsabilità dovute, penetrando in tutti gli aspetti della vita e della morte del Servo di Dio.

Tuttavia la Chiesa deve, al tempo stesso, stare attenta, leggendo il segno della santità dato da Dio nel suo Servo terreno, di non lasciar sfuggire la sua piena eloquenza e il suo significato definitivo.

E perciò, nel giudicare la causa del beato Massimiliano Kolbe si dovettero – già dopo la beatificazione – prendere in considerazione molteplici voci del Popolo di Dio, e soprattutto dei nostri fratelli nell’Episcopato, sia della Polonia come pure della Germania, che chiedevano di proclamare Massimiliano Kolbe santo “come martire”.

Di fronte all’eloquenza della vita e della morte del beato Massimiliano, non si può non riconoscere ciò che pare costituisca il principale ed essenziale contenuto del segno dato da Dio alla Chiesa e al mondo nella sua morte.

Non costituisce questa morte affrontata spontaneamente, per amore all’uomo, un particolare compimento delle parole di Cristo?

Non rende essa Massimiliano particolarmente simile a Cristo, Modello di tutti i Martiri, che dà la propria vita sulla Croce per i fratelli?

Non possiede proprio una tale morte una particolare, penetrante eloquenza per la nostra epoca?

Non costituisce essa una testimonianza particolarmente autentica della Chiesa nel mondo contemporaneo?

9. E perciò, in virtù della mia apostolica autorità ho decretato che Massimiliano Maria Kolbe, il quale, in seguito alla Beatificazione, era venerato come Confessore, venga d’ora in poi venerato “anche come Martire”!

“Preziosa agli occhi del Signore / è la morte dei suoi fedeli”!

Amen.

Augustinus
14-08-06, 20:38
Immacolata Concezione di Maria (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=149653)

Festa della Medaglia Miracolosa (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=149657)

Sacro Cuore di Gesù (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=70943)

S. Francesco d'Assisi (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=69012)

Beato Giovanni Duns Scoto (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=204979)

Padre Massimiliano Kolbe (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=343268)

Augustinus
12-08-07, 10:50
Dal sito SANTI E BEATI (http://www.santiebeati.it/search/jump.cgi?ID=34050):

San Massimiliano Maria Kolbe (Maksymilian Maria Kolbe), Sacerdote e martire

14 agosto - Memoria

Sudunzska-Wola, Polonia, 8 gennaio 1894 - Auschwitz, 14 agosto 1941

Massimiliano Maria Kolbe è entrato nell'elenco dei santi con il titolo di sacerdote e martire. La sua testimonianza illumina di luce pasquale l'orrido mondo dei lager. Nacque in Polonia nel 1894; si consacrò al Signore nella famiglia francescana dei Minori Conventuali. Innamorato della Vergine, fondò "La Milizia di Maria Immacolata" e svolse, con la parola e con la stampa, un intenso apostolato missionario in Europa e in Asia. Deportato ad Auschwitz durante la seconda guerra mondiale, in uno slancio di carità offrì la sua vita di sacerdote in cambio di quella di un padre di famiglia, suo compagno di prigionia. Morì nel bunker della fame il 14 agosto 1941. Giovanni Paolo II lo ha chiamato "patrono del nostro difficile secolo". La sua figura si pone al crocevia dei problemi emergenti del nostro tempo: la fame, la pace tra i popoli, la riconciliazione, il bisogno di dare senso alla vita e alla morte. (Mess. Rom.)

Massimiliano Maria Kolbe nasce nel 1894 a Zdunska-Wola, in Polonia. Entra nell'ordine dei francescani e, mentre l'Europa si avvia a un secondo conflitto mondiale, svolge un intenso apostolato missionario in Europa e in Asia. Ammalato di tubercolosi, Kolbe dà vita al «Cavaliere dell'Immacolata», periodico che raggiunge in una decina d'anni una tiratura di milioni di copie. Nel 1941 è deportato ad Auschwitz. Qui è destinato ai lavori più umilianti, come il trasporto dei cadaveri al crematorio. Nel campo di sterminio Kolbe offre la sua vita di sacerdote in cambio di quella di un padre di famiglia, suo compagno di prigionia. Muore pronunciando «Ave Maria». Sono le sue ultime parole, è il 14 agosto 1941. Giovanni Paolo II lo ha chiamato «patrono del nostro difficile secolo». La sua figura si pone al crocevia dei problemi emergenti del nostro tempo: la fame, la pace tra i popoli, la riconciliazione, il bisogno di dare senso alla vita e alla morte. (Avvenire)

Etimologia: Massimiliano = composto di Massimo e Emiliano (dal latino)

Emblema: Palma

Martirologio Romano: Memoria di san Massimiliano Maria (Raimondo) Kolbe, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali e martire, che, fondatore della Milizia di Maria Immacolata, fu deportato in diversi luoghi di prigionia e, giunto infine nel campo di sterminio di Auschwitz vicino a Cracovia in Polonia, si consegnò ai carnefici al posto di un compagno di prigionia, offrendo il suo ministero come olocausto di carità e modello di fedeltà a Dio e agli uomini.

Se non è il primo è senz’altro fra i primi ad essere stato beatificato e poi canonizzato fra le vittime dei campi di concentramento tedeschi. Il papa Giovanni Paolo II ha detto di lui, che con il suo martirio egli ha riportato “la vittoria mediante l’amore e la fede, in un luogo costruito per la negazione della fede in Dio e nell’uomo”.
Massimiliano Kolbe nacque il 7 gennaio 1894 a Zdunska-Wola in Polonia, da genitori ferventi cristiani; il suo nome al battesimo fu quello di Raimondo. Papà Giulio, operaio tessile era un patriota che non sopportava
la divisione della Polonia di allora in tre parti, dominate da Russia, Germania ed Austria; dei cinque figli avuti, rimasero in vita ai Kolbe solo tre, Francesco, Raimondo e Giuseppe.
A causa delle scarse risorse finanziarie solo il primogenito poté frequentare la scuola, mentre Raimondo cercò di imparare qualcosa tramite un prete e poi con il farmacista del paese; nella zona austriaca, a Leopoli, si stabilirono i francescani, i quali conosciuti i Kolbe, proposero ai genitori di accogliere nel loro collegio i primi due fratelli più grandi; essi consci che nella zona russa dove risiedevano non avrebbero potuto dare un indirizzo e una formazione intellettuale e cristiana ai propri figli, a causa del regime imperante, accondiscesero; anzi liberi ormai della cura dei figli, il 9 luglio 1908, decisero di entrare loro stessi in convento, Giulio nei Terziari francescani di Cracovia, ma morì ucciso non si sa bene se dai tedeschi o dai russi, per il suo patriottismo, mentre la madre Maria divenne francescana a Leopoli.
Anche il terzo figlio Giuseppe dopo un periodo in un pensionamento benedettino, entrò fra i francescani. I due fratelli Francesco e Raimondo dal collegio passarono entrambi nel noviziato francescano, ma il primo, in seguito ne uscì dedicandosi alla carriera militare, prendendo parte alla Prima Guerra Mondiale e scomparendo in un campo di concentramento.
Raimondo divenuto Massimiliano, dopo il noviziato fu inviato a Roma, dove restò sei anni, laureandosi in filosofia all’Università Gregoriana e in teologia al Collegio Serafico, venendo ordinato sacerdote il 28 aprile 1918. Nel suo soggiorno romano avvennero due fatti particolari, uno riguardo la sua salute, un giorno mentre giocava a palla in aperta campagna, cominciò a perdere sangue dalla bocca, fu l’inizio di una malattia che con alti e bassi l’accompagnò per tutta la vita.
Poi in quei tempi influenzati dal Modernismo e forieri di totalitarismi sia di destra che di sinistra, che avanzavano a grandi passi, mentre l’Europa si avviava ad un secondo conflitto mondiale, Massimiliano Kolbe non ancora sacerdote, fondava con il permesso dei superiori la “Milizia dell’Immacolata”, associazione religiosa per la conversione di tutti gli uomini per mezzo di Maria.
Ritornato in Polonia a Cracovia, pur essendo laureato a pieni voti, a causa della malferma salute, era praticamente inutilizzabile nell’insegnamento o nella predicazione, non potendo parlare a lungo; per cui con i permessi dei superiori e del vescovo, si dedicò a quella sua invenzione di devozione mariana, la “Milizia dell’Immacolata”, raccogliendo numerose adesioni fra i religiosi del suo Ordine, professori e studenti dell’Università, professionisti e contadini.
Alternando periodi di riposo a causa della tubercolosi che avanzava, padre Kolbe fondò a Cracovia verso il Natale del 1921, un giornale di poche pagine “Il Cavaliere dell’Immacolata” per alimentare lo spirito e la diffusione della “Milizia”.
A Grodno a 600 km da Cracovia, dove era stato trasferito, impiantò l’officina per la stampa del giornale, con vecchi macchinari, ma che con stupore attirava molti giovani, desiderosi di condividere quella vita francescana e nel contempo la tiratura della stampa aumentava sempre più. A Varsavia con la donazione di un terreno da parte del conte Lubecki, fondò “Niepokalanow”, la ‘Città di Maria’; quello che avvenne negli anni successivi, ha del miracoloso, dalle prime capanne si passò ad edifici in mattoni, dalla vecchia stampatrice, si passò alle moderne tecniche di stampa e composizione, dai pochi operai ai 762 religiosi di dieci anni dopo, il “Cavaliere dell’Immacolata” raggiunse la tiratura di milioni di copie, a cui si aggiunsero altri sette periodici.
Con il suo ardente desiderio di espandere il suo Movimento mariano oltre i confini polacchi, sempre con il permesso dei superiori si recò in Giappone, dove dopo le prime incertezze, poté fondare la “Città di Maria” a Nagasaki; il 24 maggio 1930 aveva già una tipografia e si spedivano le prime diecimila copie de “Il Cavaliere” in lingua giapponese.
In questa città si rifugeranno gli orfani di Nagasaki, dopo l’esplosione della prima bomba atomica; collaborando con ebrei, protestanti, buddisti, era alla ricerca del fondo di verità esistente in ogni religione; aprì una Casa anche ad Ernakulam in India sulla costa occidentale. Per poterlo curare della malattia, fu richiamato in Polonia a Niepokalanow, che era diventata nel frattempo una vera cittadina operosa intorno alla stampa dei vari periodici, tutti di elevata tiratura, con i 762 religiosi, vi erano anche 127 seminaristi.
Ma ormai la Seconda Guerra Mondiale era alle porte e padre Kolbe, presagiva la sua fine e quella della sua Opera, preparando per questo i suoi confratelli; infatti dopo l’invasione del 1° settembre 1939, i nazisti ordinarono lo scioglimento di Niepokalanow; a tutti i religiosi che partivano spargendosi per il mondo, egli raccomandava “Non dimenticate l’amore”, rimasero circa 40 frati, che trasformarono la ‘Città’ in un luogo di accoglienza per feriti, ammalati e profughi.
Il 19 settembre 1939, i tedeschi prelevarono padre Kolbe e gli altri frati, portandoli in un campo di concentramento, da dove furono inaspettatamente liberati l’8 dicembre; ritornati a Niepokalanow, ripresero la loro attività di assistenza per circa 3500 rifugiati di cui 1500 erano ebrei, ma durò solo qualche mese, poi i rifugiati furono dispersi o catturati e lo stesso Kolbe, dopo un rifiuto di prendere la cittadinanza tedesca per salvarsi, visto l’origine del suo cognome, il 17 febbraio 1941 insieme a quattro frati, venne imprigionato.
Dopo aver subito maltrattamenti dalle guardie del carcere, indossò un abito civile, perché il saio francescano li adirava moltissimo. Il 28 maggio fu trasferito ad Auschwitz, tristemente famoso come campo di sterminio, i suoi quattro confratelli l’avevano preceduto un mese prima; fu messo insieme agli ebrei perché sacerdote, con il numero 16670 e addetto ai lavori più umilianti come il trasporto dei cadaveri al crematorio.
La sua dignità di sacerdote e uomo retto primeggiava fra i prigionieri, un testimone disse: “Kolbe era un principe in mezzo a noi”. Alla fine di luglio fu trasferito al Blocco 14, dove i prigionieri erano addetti alla mietitura nei campi; uno di loro riuscì a fuggire e secondo l’inesorabile legge del campo, dieci prigionieri vennero destinati al bunker della morte.
La disperazione che s’impadronì di quei poveri disgraziati, venne attenuata e trasformata in preghiera comune, guidata da padre Kolbe e un po’ alla volta essi si rassegnarono alla loro sorte; morirono man mano e le loro voci oranti si ridussero ad un sussurro; dopo 14 giorni non tutti erano morti, rimanevano solo quattro ancora in vita, fra cui padre Massimiliano, allora le SS decisero, che giacché la cosa andava troppo per le lunghe, di abbreviare la loro fine con una iniezione di acido fenico; il francescano martire volontario, tese il braccio dicendo “Ave Maria”, furono le sue ultime parole, era il 14 agosto 1941.
Le sue ceneri si mescolarono insieme a quelle di tanti altri condannati, nel forno crematorio; così finiva la vita terrena di una delle più belle figure del francescanesimo della Chiesa polacca. Il suo fulgido martirio gli ha aperto la strada della beatificazione, avvenuta il 17 ottobre 1971 con papa Paolo VI e poi è stato canonizzato il 10 ottobre 1982 da papa Giovanni Paolo II, suo concittadino.

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Diaconus
12-08-07, 11:41
Escrito de San Maximiliano Kolbe, Nº 149

«No debemos tener miedo a nada si nos ofrecemos totalmente con todas nuestras tentaciones y dificultades a la Inmaculada. Porque Ella nunca abandona a sus hijos.
Sirviendo con fidelidad a la Inmaculada, podemos prestar el mejor servicio a nuestra familia; en efecto, ¿no podrá ayudarla Ella, sin comparación, mejor que nosotros?
Encomendemos a Ella a todas las personas cercanas a nuestro corazón y Ella, la más buena de las madres, las ayudará de la mejor manera»

Escrito 1306 - Carta de San Maximiliano Kolbe – desde Niepokalanów, 5-20.VIII. 1940

Cuando te dispones a leer algo sobre la Inmaculada, no te olvides que en ese momento entras en relación con un ser viviente, que te ama, puro y sin mancha alguna.
Recuerda que las palabras que lees no son capaces de expresar quién es Ella porque son palabras humanas, sacadas de conceptos terrenales, palabras que describen todo de manera humana, mientras que la Inmaculada es un ser totalmente de Dios. Por ello, de algún modo, es infinitamente más sublime que todo lo que te rodea.
Ella misma se te manifestará a través de los pensamientos que leas y te comunicará pensamientos, convicciones, sentimientos que el mismo autor no habría sido capaz de imaginar ni mínimamente.
Considera atentamente que, cuanto más pura tengas la conciencia, cuanto más la laves con la penitencia, tanto más tus conocimientos sobre Ella se aproximarán a la verdad.
Reconoce también con sinceridad que sin su ayuda tú no eres capaz de emprender nada en la obra del conocimiento y del amor de Ella, con todas sus consecuencias. Reconoce que Ella sola te debe iluminar cada vez más, Ella sola debe atraer tu corazón hacia sí con el amor. Recuerda que todo el fruto de la lectura depende de la oración a Ella.
Por tanto, no comiences la lectura, antes de haber invocado con alguna plegaria Su ayuda.
No te preocupes por leer mucho, sino trata de alternar la lectura con la elevación de tu corazón hacia Ella, sobre todo cuando otros sentimientos se despiertan en tu corazón. Cuando concluyes la lectura, confía a Ella los frutos para que sean siempre más fecundos.

Augustinus
14-08-08, 08:15
http://img246.imageshack.us/img246/8011/auschwitzist1maximilliagd3.jpg http://www.frcoulter.com/pics/poland/auschwitz/IM003603.jpg http://www.frcoulter.com/pics/poland/auschwitz/IM003604.jpg Cella (n. 18) del Martirio di S. Massimiliano, Blocco 11, Auschwitz

Augustinus
14-08-08, 08:20
http://www.parafia-strzemiecin.dir.pl/obrazki/zdjecia/kolbe4.jpg