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Visualizza Versione Completa : 12 febbraio (17 febbraio) - SS. Sette Fondatori dell'Ordine dei Servi della B. V. M.



Augustinus
17-02-05, 09:43
Dal sito SANTI E BEATI (http://www.santiebeati.it/search/jump.cgi?ID=26150):

Santi Sette Fondatori dell'Ordine dei Servi della Beata Vergine Maria

17 febbraio - Memoria Facoltativa

sec. XIII-XIV

Sette laici fiorentini, secondo la tradizione, si ritirarono sul monte Senario, presso la loro città (c. 1233), rispondendo a Dio che li chiamava a consacrarsi a lui nella vita orante e penitente sotto la guida e il modello della Vergine Maria. Dalla loro opera fiorì l’ordine dei Servi di Maria. Uno di loro, Alessio Falconieri, morì nel 1310, secondo la tradizione, il 17 febbraio. (Mess. Rom.)

Intorno al 1233, mentre Firenze era sconvolta da lotte fratricide, sette mercanti, membri di una compagnia laica di fedeli devoti della beata Vergine, legati tra loro dell'ideale evangelico della comunione fraterna e del servizio ai poveri, decisero di ritirarsi per far vita comune nella penitenza e nella contemplazione. Lasciate attività, case e beni ai poveri, verso il 1245 si ritirarono sul Monte Senario, nei pressi di Firenze, dove costruirono una piccola dimora e un oratorio dedicato a santa Maria. Molti si rivolgevano a loro per risolvere dubbi e angosce, tanto che essi decisero di dare inizio ad un Ordine dedicato alla Vergine, di cui si dissero Servi - l'Ordine dei Servi di Maria -, adottando la Regola di sant'Agostino. Nel 1888 Leone XIII canonizzò i sette primi Padri, sepolti, insieme, a Monte Senario. Si tratta di San Bonfiglio, guida del gruppo laico e poi priore della nascente comunità. San Bonagiunta, priore tra il 1256 e il 1257. San Manetto, artefice delle prime fondazioni in Francia. Sant'Amadio, anima del gruppo. San Sostegno e Sant'Uguccione, amici tra loro. Sant'Alessio, zio di santa Giuliana. (Avvenire)

Martirologio Romano: Santi sette fondatori dell’Ordine dei Servi di Maria: Bonfilio, Bartolomeo, Giovanni, Benedetto, Gerardino, Ricovero e Alessio. Prima mercanti a Firenze, di comune accordo, sul monte Senario, si consegnarono nelle mani della beata Maria, istituendo l’Ordine sotto la regola di sant’Agostino. Vengono commemorati insieme nel giorno in cui si tramanda che Alessio, il più longevo, sia morto centenario.

Martirologio tradizionale (12 febbraio): I sette santi Fondatori dell’Ordine dei Servi della beata Vergine Maria, Confessori, la cui deposizione si celebra nei rispettivi giorni. Essi, che in vita furono congiunti da uno stesso spirito di vera fraternità e dopo morte ebbero tutti uniti la venerazione del popolo, dal Papa Leone decimoterzo furono anche insieme ascritti nel catalogo dei Santi.

(1° gennaio): Presso il monte Senario, in Toscana, il natale di san Bonfiglio Confessore, uno dei sette Fondatori dell'Ordine dei Servi della beata Vergine Maria, il quale, avendola venerata con ogni impegno, fu da essa inaspettatamente chiamato al cielo. La sua festa tuttavia, insieme con quella dei Compagni, si celebra il dodici Febbraio.

(17 febbraio): A Firenze il natale di sant'Alessio Falconieri Confessore, uno dei sette Fondatori dell'Ordine dei Servi della beata Vergine Maria. All'età di centodieci anni, confortato dalla presenza di Gesù Cristo e degli Angeli, con beata fine si riposò. La sua festa insiemi con quella dei Compagni si celebra il dodici Febbraio.

Intorno al 1233, mentre Firenze era sconvolta da lotte fratricide, sette mercanti, membri di una compagnia laica di fedeli devoti della beata Vergine, legati tra loro dell’ideale evangelico della comunione fraterna e del servizio ai poveri, decisero di ritirarsi in solitudine per far vita comune nella penitenza e nella contemplazione. Abbandonata l’attività commerciale, lasciarono le proprie case e distribuirono i beni ai poveri. Verso il 1245 si ritirarono sul Monte Senario, nei pressi di Firenze, dove costruirono una piccola dimora e un oratorio dedicato a santa Maria. Conducevano vita austera e solitaria, non ricusando tuttavia l’incontro con le persone che, spinte dal dubbio e dall’angoscia, cercavano il conforto della loro parola.
Diffondendosi sempre più la fama della loro santità, molti chiedevano di far parte della loro famiglia. Pertanto essi decisero did are inizio ad un Ordine dedicato alla Vergine, di cui si dissero Servi - l’Ordine dei Servi di Maria -, adottando la Regola di sant’Agostino.
Nel 1888 Leone XIII canonizzò insieme i sette primi Padri. A Monte Senario un unico sepolcro raccoglie insieme le spoglie mortali di coloro che la comunione di vita aveva resi un cuor solo e un’anima sola.

SAN BONFIGLIO
Padre e guida del gruppo laico e poi Priore della nascente comunità dei Servi di Maria.
Viene raffigurato con la colomba bianca che si posa sulla sua spalla destra, per indicare quei doni dello Spirito Santo di cui ciascuno dei Sette era adornato, maggiormente manifestato in lui per il suo carisma di Padre del primo gruppo e della comunità poi. Morì, secondo la tradizione, il 1° gennaio 1262.

SAN BONAGIUNTA
Uomo austero verso se stesso, ma dolce, amabile e comprensivo verso il prossimo. Anch’egli ricoprì la carica di Priore Generale tra il 1256 e il 1257. Per la sua tenacia difesa della verità e della giustizia, cercarono di avvelenarlo, ma fu liberato da Dio. Morì il 31 agosto 1267.

SAN MANETTO
Anch’egli Priore Generale, fu uomo di grandi capacità organizzative e direttive, tanto che si attribuiscono a lui le prime fondazioni in terra di Francia. Fu lui ad accogliere Arrigo di Baldovino, primo di quella schiera di laici che si aggregò all’Ordine dei Servi. La tradizione pone il giorno della sua morte il 20 agosto 1268.

SANT’AMADIO
Possiamo dire che nel gruppo dei Sette egli era come la fiamma che dava calore a tutti con la sua grande carità che si alimentava dell’amore di Dio. Il suo nome, Ama-Dio, fu un vero presagio, segno della ricchezza della sua vita spirituale e di carità. Morì il 18 aprile 1266.

SAN SOSTEGNO E SANT’UGUCCIONE
Di questi due Santi si ricorda in particolare la loro amicizia, tanto che l’iconografia li rappresenta insieme, e la morte, avvenuta per ambedue lo stesso giorno e anno (3 maggio 1282) è come un segno e un sigillo di autenticità del cielo alla loro fraternità.
Nel gruppo dei Sette, essi rimangono dunque come simbolo di fraternità vissuta in comunione di vita e di intenti, ma anche come segno specifico di amicizia che, se vera e gratuita, da Dio è ispirata e reciprocamente aiuta a salire a Dio.

SANT’ALESSIO
Della famiglia dei Falconieri, zio di Santa Giuliana, esempio fulgido di umiltà e purezza. La sua vita fu una continua lode a Dio. Amava andare per la questua, impegnandosi specialmente a sostenere i suoi frati mandati a studiare alla Sorbona di Parigi. È morto all’età di 110 anni il 17 febbraio 1310.

PREGHIERA

A voi veniamo,
nostri Padri antichi,
come figli, discepoli, amici,
per apprendere da voi, immagini vive di Cristo,
come si ami Dio
sopra ogni cosa
e per i fratelli
si spenda la vita;
come il perdono
vinca l’offesa
e con il bene
si ricambi il male;
come al bisognoso
si tenda la mano,
dell’afflitto
si lenisca la pena,
il cuore si apra all’amico;
come insieme
ricostruisca la casa,
e nella dimora paterna si viva,
un cuor solo
e un’anima sola.
Ci accompagni, Padri nostri, il vostro esempio
di comunione fraterna
e di servizio a santa Maria, e ci sostenga
la vostra intercessione
e la materna protezione
di Nostra Signora,
oggi e in ogni tempo
della nostra vita. Amen.

Autore: Massimo Cuofano, OSSM

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Augustinus
17-02-05, 09:49
Come l'esicasta deve starsene seduto in preghiera e non alzarsene, in Filocalia, Torino, 1985, vol. III, 598‑599; Filocalia, Firenze, 1981, t. II, 135‑136

Sappi che nessuno può da solo tenere a freno il pensiero se non e egli stesso sotto il dominio dello Spirito. L'intelletto è infatti indomabile; non che sia inquieto per natura, ma perché con la negligenza si e assimilato questo divagare a cui si e assuefatto fin da principio.

Infatti, con la trasgressione dei comandamenti di colui che ci ha rigenerati, ci siamo allontanati da Dio e abbiamo perduto la percezione spirituale cosciente e l'unione con lui. Da allora, il pensiero, fuorviato e separatosi da Dio, è condotto qua e là come un prigioniero, e non potrà trovare la quiete se non sottomettendosi a Dio, standogli accanto e unendosi a lui con letizia, pregando con tranquillità e costanza. Non saremo uniti a Dio se non faremo ogni giorno dentro di noi la confessione delle cadute a lui che perdona subito a quelli che chiedono con umiltà e contrizione e sempre invocano il suo santo nome.

Anche ispirare tenendo chiusa la bocca trattiene l'intelletto, ma solo parzialmente, perché poi si disperde di nuovo. Ma quando arriva l'operazione della preghiera, essa lo domina da sé, lo allieta e gli impedisce di cadere nella prigionia spirituale.

Accade però che talvolta, quando l'intelletto e fisso nella preghiera e se ne sta immobile nel cuore, l'immaginazione vaghi e pensi ad altro. Essa non si assoggetta a nessuno se non ai perfetti nello Spirito Santo, che sono pervenuti nel Cristo Gesù alla libertà dalle distrazioni.

Augustinus
17-02-05, 09:51
Monumenta Ord. Serv. B. Mariae Virginis, I, nn. 15. 26. 16. 17. 18. 19. 21. 30. 41. 48; P. 71 ss.

Vi erano a Firenze sette uomini degni di molta venerazione ed onore, uniti fra di loro da un vincolo di fraterna amicizia e animati dagli stessi ideali. Maria, Nostra Signora, si servì di loro per iniziare l'Ordine religioso suo e dei suoi servi.
Quando entrai nel nostro Ordine, non trovai più nessuno di loro ancora in vita, tranne frate Alessio. Penso che piacque a Nostra Signora conservarlo in vita fino ai nostri giorni, perché dalla sua viva voce conoscessimo l'origine del nostro Ordine.
Come ho saputo constatare di persona, la sua vita non solo spingeva al bene i presenti con il suo esempio, ma testimoniava, con la perfezione sua e dei suoi compagni, la profonda religiosità del loro prima sodalizio.
La loro vita, prima ancora che si unissero insieme, aveva un quadruplice aspetto.
Il primo riguardava la Chiesa. Infatti alcuni di loro avevano deciso di conservare la verginità e la castità; altri erano legati in matrimonio; altri infine, per la morte delle mogli, erano liberi dal vincolo coniugale. Tutti però avevano dedicato l'esistenza al servizio della Sposa di Cristo.
Il secondo aspetto riguardava il benessere dei cittadini. Esercitavano infatti la professione di mercanti e compravano e vendevano i beni terreni. Ma quanto trovarono la perla preziosa, non solo donarono ai poveri quanto possedevano, ma diedero se stessi con gioioso slancio a Dio ed alla Nostra Signora, servendoli con somma fedeltà.
Il terzo aspetto riguardava appunto la venerazione e l'onore alla Vergine. Esisteva in Firenze una società in onore della Vergine Maria, fondata da molto tempo, la quale sia per l'antichità, sia per la santità e il gran numero di uomini e donne che vi aderivano, aveva acquistato tale notorietà rispetto alla altre, da essere chiamata «Compagnia maggiore di santa Maria». Di questa Compagnia ed in modo eccellente facevano parte i nostri sette uomini, prima di riunirsi insieme.
Il quarto aspetto riguardava la perfezione dell'anima. Amavano Dio sopra ogni cosa, a lui dirigevano ogni loro azione e l'onoravano in tutti i loro pensieri, nelle parole e nelle opere.
Dopo che ebbero deciso, con fermo proposito, di riunirsi a far vita comune, spinti dall'ispirazione divina e dalla chiamata di Maria, abbandonarono le loro case e le loro famiglie. A queste lasciarono il necessario, il resto lo distribuirono ai poveri.
Infine si rivolsero a uomini esemplari per vita e comportamento e li misero a parte del loro progetto.
Così, saliti sul Monte Senario ed avendo costruito sulla sua cima una casetta sufficiente per loro, vi si trasferirono per abitarvi insieme.
Ivi si resero conto che la Nostra Signora non li aveva riuniti soltanto per attendere alla propria santificazione, ma anche allo scopo di aggregarsi altri e allargare così il nuovo Ordine, che essa aveva iniziato per mezzo loro. Perciò si prepararono ad accettare altri fratelli e fin da quel tempo ne accolsero alcuni, dando inizio al Nostro Ordine. Il quale risulta così edificato principalmente dalla Madonna, fondato nell'umiltà dei nostri fratelli, costruito nella loro concordia e conservato nella povertà.

Augustinus
17-02-05, 09:53
Om. 13; PG 40, 355-358. 362

Poiché il modello, ad immagine del quale siete stati fatti, è Dio, procurate di imitare il suo esempio. Siete cristiani, e col vostro stesso nome dichiarate la vostra dignità umana, perciò siate imitatori dell'amore di Cristo che si fece uomo.
Considerate le ricchezze della sua bontà. Egli, quando stava per venire tra gli uomini mediante l'incarnazione, mandò avanti Giovanni, araldo e maestro di penitenza e, prima di Giovanni, tutti i profeti, perché insegnassero agli uomini a ravvedersi, a ritornare sulla via giusta e a convertirsi a una vita migliore.
Poco dopo, quando venne egli stesso, proclamò di persona e con la propria bocca: «Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi e io vi ristorerò» (Mt 11, 28). Perciò a coloro che ascoltarono la sua parola, concesse un pronto perdono dei peccati e li liberò da quanto li angustiava. Il Verbo li santificò, lo Spirito li rese saldi, l'uomo vecchio venne sepolto nell'acqua, e fu generato l'uomo nuovo, che fiori nella grazia.
Dopo che cosa segui? Colui che era stato nemico diventò amico, l'estraneo diventò figlio, l'empio diventò santo e pio.
Imitiamo l'esempio che ci ha dato il Signore, il buon Pastore. Contempliamo i Vangeli e, ammirando il modello di premura e di bontà in essi rispecchiato, cerchiamo di assimilarlo bene.
Nelle parabole e nelle similitudini vedo un pastore che ha cento pecore. Essendosi una di esse allontanata dal gregge e vagando sperduta, egli non rimane con quelle che pascolavano in ordine, ma messosi alla ricerca dell'altra, supera valli e foreste, scala monti grandi e scoscesi e, camminando per lunghi deserti con grande fatica, cerca e ricerca fino a che non trova la pecora smarrita.
Dopo averla trovata, non la bastona, né la costringe a forza a raggiungere il gregge, ma, presala sulle spalle, e trattatala con dolcezza, la riporta al gregge, provando una gioia maggiore per quella sola ritrovata, che per la moltitudine delle altre.
Consideriamo la realtà velata e nascosta della parabola. Quella pecora non è affatto una pecora, né quel pastore un pastore, ma significano altra cosa. Sono figure che contengono grandi realtà sacre. Ci ammoniscono, infatti, che non è giusto considerare gli uomini come dannati e senza speranza, e che non dobbiamo trascurare coloro che si trovano nei pericoli, né essere pigri nel portare loro il nostro aiuto, ma che è nostro dovere ricondurre sulla retta via coloro che da essa si sono allontanati e che si sono smarriti. Dobbiamo rallegrarci del loro ritorno e ricongiungerli alla moltitudine di quanti vivono bene e nella pietà.

Augustinus
17-02-05, 09:58
È l’unico ordine religioso maschile nella storia della Chiesa che non ha tratto origine da un singolo fondatore ma da un gruppo di laici adulti: sette mercanti che, nella ricca Firenze della prima metà del Duecento, decidono di lasciare tutto e di vivere nella solitudine del vicino monte Senario. Ecco la loro storia.

di Giovanni Ricciardi

Sulle colline intorno a Firenze, a 18 chilometri dalla città, sorge ancora oggi il Convento di Monte Senario, che fu la culla dei Servi di santa Maria, un ordine religioso fiorito nel clima teso e tormentato del Duecento italiano.
Era Firenze allora una città ricca, non solo del denaro dei banchieri e delle altre numerose corporazioni che l’avrebbero resa sempre più importante nell’Italia del tardo Medioevo. Era ricca dei fermenti e delle contraddizioni che attraversavano la società del tempo e soprattutto la Chiesa, nel suo scontro sempre più duro coll’Impero e nei suoi turbolenti movimenti interni. La Firenze della prima metà del Duecento era una città che si avviava a raddoppiare in breve tempo il numero dei suoi abitanti, già 80mila alla metà del secolo. Venne costruita una nuova cinta di mura, i quartieri si trasformarono in “sestieri” e il suo conio, il fiorino d’oro a 24 carati, era destinato a diventare la moneta più importante negli scambi internazionali dell’epoca.
Sono dunque anni di grande sviluppo economico, promosso da quella nuova borghesia che non sempre aveva conquistato la sua agiatezza con metodi leciti e che faceva del denaro la sua potente arma contro la vecchia aristocrazia feudale. Ma sono anche gli anni in cui Francesco d’Assisi inizia la sua predicazione itinerante, che sembra abbia toccato anche Firenze nella Quaresima del 1220. I suoi frati si stabiliranno ben presto nel comune toscano. Un anno prima, erano giunti nella città gigliata i primi discepoli di san Domenico, a cui fu affidata nel 1221 la chiesetta di Santa Maria Novella.
Nel 1233 tutta l’Italia fu attraversata da manifestazioni di pietà che miravano a combattere l’eresia e rinnovare i costumi. I cronisti del tempo parlarono di un anno allelujatico, perché i predicatori dell’epoca usavano terminare i loro interventi ripetendo tre volte l’esclamazione alleluja. Nell’agosto di quell’anno, secondo la cronologia tradizionale, sette mercanti fiorentini abbandonarono casa, famiglia e commerci per dedicarsi a una vita di preghiera e di penitenza fuori dal clamore e dai traffici della città. Questi uomini, noti come i sette santi fondatori dell’ordine dei Servi di Maria, canonizzati nel 1888 da Leone XIII, si stabilirono, con la benedizione del vescovo di Firenze, Ardingo, prima a Cafaggio, subito fuori della città, poi nella solitudine di Monte Senario, dando vita al primo nucleo dell’Ordine. Il fatto che il vescovo abbia benedetto la loro decisione senza opporre particolari obiezioni lascia supporre che essi fossero già noti alla città per il loro particolare fervore e per la speciale devozione a Maria.
La loro storia ci è giunta attraverso un testo noto come Legenda de origine Ordinis, compilato dopo il 1317 a cura di un anonimo membro dell’Ordine che alcuni studiosi identificano con il priore generale di allora, Pietro da Todi. Il quale, oltre al suo, omette di trascrivere i loro stessi nomi, che sono perciò di tradizione incerta, tranne quelli di Bonfiglio e Alessio, l’ultimo a morire, nel 1310.
Si tratta comunque dell’unico Ordine religioso maschile nella storia della Chiesa che non abbia tratto origine da un singolo fondatore, ma da un gruppo di laici adulti, desiderosi di seguire il Signore sotto la protezione della santa Vergine.
Di questi sette uomini, racconta la Legenda, alcuni erano sposati, altri erano vedovi, altri ancora avevano già in cuor loro intenzione di consacrarsi a Dio nella verginità. Il loro cammino di amicizia era nato all’interno di una “associazione”, detta “Società maggiore di Nostra Signora” istituita già molti anni prima per praticare la comune preghiera liturgica e l’assistenza ai pellegrini e agli infermi che trovavano ricovero nello “Spedale” di Santa Maria di Fonte Viva, nel paese di San Quirico di Ruballa, alle porte di Firenze. Scrive a questo proposito la Legenda: «Essi non si conoscevano tra loro, perché risiedevano in zone diverse della città. In seguito però, dapprima uno con l’altro e poi tutti e sette insieme, si trovarono uniti interiormente da una profonda amicizia, da “vincoli di amore” (Os 11, 4). Questa amicizia di carità li portava, con dolcezza e amore, a non poter tollerare di stare lontani gli uni dagli altri: la separazione perfino di un’ora sola era da loro sofferta con grande disagio. L’amicizia, che aveva già legato le loro anime perché gioissero insieme delle cose divine e umane, li ispirò anche ad abbandonare le cose terrene e a dimenticarle del tutto. Essa li aiutò a restare saldi in questo proposito fino a far sorgere in loro l’idea di vivere insieme, in una unità non solo spirituale ma anche concreta» (Legenda 29).
L’approfondirsi di questa amicizia fu perciò la spinta fondamentale alla costituzione di una piccola comunità di preghiera destinata a produrre un frutto ben più redditizio di quanto i sette ex mercanti avrebbero potuto immaginare.
Il loro primo rifugio fu una piccola casa accanto al cimitero dei Frati minori, poco fuori Firenze. Fu allora, secondo la tradizione, che il popolo fiorentino prese a chiamarli “Servi di santa Maria”, un nome che essi non avevano deliberatamente scelto. «Non sono mai riuscito a sapere» testimoniava frate Alessio negli ultimi anni della sua vita «né da me stesso né da altri che questo nome sia stato dato per la prima volta da qualcuno. Perciò soltanto la nostra Signora l’ha dato al nostro Ordine, e questo fatto, come ricordo, era creduto e confermato anche dagli altri compagni miei fratelli» (Legenda 33).
Si legge nelle Costituzioni antiche dell’Ordine: «Poiché alcuni di questi erano legati dal vincolo matrimoniale e non potevano quindi intraprendere il cammino di una vita più stretta, decisero di scegliere una strada media e più comune, più facilmente percorribile tanto dagli sposati quanýo dai non sposati». Era una scelta di vita che affondava le radici nell’ideale monastico ma guardava all’esempio trascinante degli ordini mendicanti che si sviluppavano in quegli anni. Dall’esperienza monastica traeva la vita comunitaria e la regola, dagli ordini mendicanti il contatto costante con la città e l’apostolato della predicazione e della carità. Su consiglio del domenicano Pietro da Verona, a Firenze dal 1244 al 1245, adottarono la regola di sant’Agostino.
La loro scelta fu in qualche modo la naturale conseguenza di un cammino comune già intrapreso mentre erano nel “mondo”. Di qui l’accento sulla vita cristiana in quanto tale, a prescindere dallo stato di vita abbracciato (quasi certamente nessuno di loro ricevette gli ordini sacri): «La perfezione di una persona in rapporto a Dio» scrive la Legenda a proposito dei sette «sta nella vita che si riveste, come di un abito, della fede cristiana. Il battesimo è il sacramento della fede: per mezzo suo infatti si acquista la fede, o meglio, la fede ci viene donata da Dio. La penitenza invece ricupera la fede che l’eresia ha distrutto o anche, cancellando la macchia, restituisce alla fede, offuscata dal peccato, la sua primitiva bellezza» (Legenda 19).
Così l’abito nero, in ricordo dell’umiltà e delle pene sofferte dalla Vergine nella passione del Figlio, non era solo un segno di penitenza, ma esprimeva il desiderio gioioso di rivestirsi di quella bellezza. Aggiunge la Legenda: «Un segno inoltre che la fede è divenuta davvero un orientamento abituale della persona è la gioia o la tristezza nell’agire concreto. Ora questi uomini gloriosi sentivano o gioia o tristezza in tutto ciò che facevano. Quando in un’azione si rendevano conto di tenere il giusto mezzo, immensa era la loro esultanza nel Signore. Se invece si allontanavano dalla via giusta o almeno pensavano di essersene allontanati, ne provavano pentimento con lacrime e dolore. Da questo segno di gioia o tristezza nell’agire, perciò, dobbiamo credere fermamente che essi, ispirati da Dio e aiutati dalla nostra Signora, abbiano posseduto la fede come una qualità profonda e stabile della loro vita» (Legenda 19).
La Legenda si sofferma a lungo sulle virtù di questi frati sottolineandone l’umiltà e la carità proprie di Maria. «Ha guardato all’umiltà della sua serva» (Lc 1, 48). L’elogio di frate Alessio ad esempio è tutto centrato nella descrizione di un uomo che amava i lavori manuali e anche da vecchio osservava puntualmente i suoi turni nella vita comunitaria. Di lui, come degli altri, non è menzionato alcun miracolo. Anzi, a questo proposito, l’anonimo autore della Legenda osserva: «Quello che abbiamo detto sulla loro perfezione e religiosità non è contraddetto dal fatto che non siamo in grado di riferire alcun miracolo da loro compiuto in vita o al momento della morte, o almeno dopo la morte. Certo, tutti o alcuni di loro possono, per un certo tempo almeno, essere stati famosi per i molti miracoli compiuti; ma nessuno di questi è giunto fino a me per poterlo narrare, probabilmente perché è passato tanto tempo e i vecchi del nostro Ordine sono tutti morti, o anche per un altro motivo, che cioè il far miracoli non è segno inequivocabile e privilegiato di perfezione e di spirito religioso. Altrimenti non potrebbe dirsi perfetto e vero religioso colui per mezzo del quale Dio non avesse mai operato miracoli: il che è senza dubbio falso. Amare invece Dio sopra tutte le cose, praticare la carità verso tutti, essere umili di cuore, questo è l’attributo dei veri e perfetti religiosi. Nostro Signore non ha detto: Imparate da me a risuscitare i morti o a dare la luce ai ciechi; ma: “Imparate da me che sono mite e umile di cuore” (Mt 11, 29); e ancora: “Vi ho dato l’esempio che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amato” (Gv 13, 15. 34)» (Legenda 23).
L’esempio della loro vita comune e la fiamma della loro carità si diffusero ben presto a Firenze. E molti, uomini e anche donne, cominciarono a cercarli per ottenere consiglio e conforto. Ben presto alla prima ispirazione di una vita sostanzialmente separata dal mondo si affiancherà la carità operosa dell’accoglienza spirituale e verso i poveri, che si concretizzava nell’ospitalità, nell’aiuto fraterno e nell’ascolto: «L’esercizio della carità riguardava infine anche il prossimo di cui cercavano prima di tutto di conoscere le necessità. Partecipavano al dolore degli altri con viscere d’amore e, secondo le loro possibilità, aiutavano i poveri in tutti i loro bisogni, spirituali e materiali. Si interessavano con sollecitudine della situazione altrui: erano cioè contenti con i giusti e piangevano con i peccatori, incoraggiavano i giusti a perseverare nel loro stato di giustizia e spingevano i peccatori a convertirsi perché non toccassero il fondo della loro miseria» (Legenda 37).
Ma il continuo viavai di persone di ogni condizione avrebbe rischiato di soffocare l’originaria ispirazione di una vita ritirata e scandita dai ritmi della preghiera liturgica, sempre preceduta da particolari invocazioni alla Vergine, le cosiddette Reverentiae. È così che, tra il 1245 e il 1247, i sette abbandonano la loro sede primitiva e salgono a Monte Senario, prendendo possesso di un terreno concesso loro dal vescovo. Qui iniziano a costruire il convento e la chiesa che ancora oggi costituiscono il “cuore” dell’Ordine. Ma a questo nuovo “ritiro” dal mondo corrisponde un nuovo accorrere di donne e uomini, alcuni dei quali chiedono di unirsi al primitivo gruppo dei sette: «Avvenne allora che, mentre il Signore operava con loro e ne confermava la vita» scrive la Legenda «i nostri padri, che pure si trovavano ormai distanti, suscitassero nella gente, con il profumo della loro fama, un sentimento di amore e di devozione, molto più di quanto fossero riusciti a fare quando erano a stretto contatto con il popolo». La Legenda insiste molto sull’immagine del “profumo” per indicare in che modo la santità di vita di questi sette frati attirava un numero sempre crescente di persone disposte non solo ad ascoltarli ma a chiedere di unirsi a loro.
Tra di essi san Filippo Benizi, entrato tra i Servi nel 1254, che fu ordinato sacerdote nel 1259 e nove anni più tardi priore generale dell’Ordine, fino alla morte, avvenuta nel 1285. Più che i sette, fu lui a governare il rapido passaggio, avvenuto in quegli anni, dalla “picciola compagnia” dei primi alla nascita di un vero e proprio ordine, che già alla morte di Filippo contava qualche centinaio di frati. Un passaggio che sembra essere avvenuto senza gli strappi e le tensioni interne che caratterizzarono il francescanesimo nascente. Lo sviluppo dell’Ordine apparve naturale e sereno, posto com’era sotto la speciale protezione della Vergine, che i sette considerarono sempre la vera fondatrice dei Servi di Maria. Per umiltà e perché capivano che tutto quello che dalla loro esperienza era nato non veniva da loro, ma da una predilezione speciale della Madonna sulla loro amicizia. Così affermava ancora frate Alessio, poco prima di morire: «Mai fu intenzione mia e dei miei compagni fondare un nuovo ordine e che dalla comunione reciproca di me e dei miei compagni dovesse germogliare una così grande folla di frati. I miei compagni ed io pensavamo soltanto che fosse stato Dio a ispirarci a vivere assieme per poter fare più facilmente e degnamente la sua volontà, dopo aver abbandonato materialmente il mondo. Tutto questo è da attribuirsi perciò solo alla Nostra Signora ed è quindi da lei che il nostro Ordine prende il nome particolare di Ordine della beata Vergine Maria» (Legenda 24).

Fonte: 30 Giorni, n. 4/2002 (http://www.30giorni.it/it/articolo_stampa.asp?id=191)

http://www.30giorni.it/foto/1043316424812.jpg A. Masucci, I sette santi fondatori, XVIII sec.,chiesa di San Marcello al Corso, Roma

http://img223.exs.cx/img223/9248/slika616mx.jpg Antonio Balestra (1666-1740), Apparizione di Maria ai Sette Santi Fondatori, XVIII sec.

Augustinus
16-02-06, 23:18
In rilievo

Aug. :) :) :)

Augustinus
16-02-06, 23:25
Da dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 810-811

12 FEBBRAIO

I SETTE SANTI FONDATORI
dell'Ordine dei Servi della B. V. Maria

La Passione e la Compassione.

Il cielo della Chiesa si oscura. Tutto ormai annuncia il giorno in cui l'Emmanuele apparirà nello stato in cui l'hanno ridotto i nostri peccati. Dunque così presto Betlemme chiama il Calvario? Ai piedi della Croce ritroveremo la Madre della divina Grazia; Maria allora concepirà nelle lacrime i fratelli del primogenito, la cui nascita fu piena di dolcezze. Come gustammo le sue gioie, così sapremo con lei piangere e soffrire.

Prendiamo a modello i beati da onorare in questo giorno. La loro vita si consumò nella contemplazione delle sofferenze della Vergine; e l'Ordine che fondarono ebbe per missione di propagare il culto dei suoi dolori. Era il tempo in cui san Francesco d'Assisi al mondo intiepidito rievocava il segno del divin Crocifisso. Nel ripristino dell'opera della salvezza, non meno del Venerdì della grande Settimana, Gesù non poteva non mostrarsi alla terra senza Maria; i Serviti completarono a loro volta l'opera del patriarca dei Minori; e l'umanità derelitta ritrovò la fiducia, meditando la Passione del Figlio e la compassione della Madre.

Quale posto occupino nell'economia della redenzione i dolori della Vergine SS., è ciò che ci diranno a suo tempo due diverse feste dedicate a questo mistero. Ma sin d'ora uniamo la nostra gratitudine a quella della Chiesa per la famiglia religiosa dei Serviti; a questa il mondo deve il suo avanzamento nella conoscenza e nell'amore verso la Madre di Dio, divenuta nostra madre al prezzo di sofferenze che nessun'altra figliolanza conosce.

VITA. - Dal 1183 Firenze possedeva una confraternita dedicata alla Vergine, allo scopo di contenere il dilagare dell'eresia càtara. Verso il 1330 tale confraternita annoverò fra i suoi membri sette dell'aristocrazia. Il 15 agosto 1233, mentre erano in preghiera, ebbero la stessa ispirazione di abbandonare ogni cosa per meglio servire Dio e la SS. Vergine. Si ritirarono perciò in un romitaggio, col proposito di non ammettere nessuno in loro compagnia. Ma il miracolo della vigna che produsse dei frutti in tempo di Quaresima, mostrò loro che dovevano accogliere dei discepoli. I loro cenobi si moltiplicarono rapidamente in Italia, in Germania ed in Francia; e Benedetto XI approvò l'Istituto nel 1304. Dediti alla contemplazione della Passione di Cristo e alle sofferenze della Madre, i Serviti dovevano promuovere il culto dei dolori di Maria.

Nell'occasione del suo giubileo sacerdotale, Leone XIII canonizzò i sette Fondatori dei Serviti, la cui festa si celebra il 13 febbraio.

La vigna della Madonna.

Come voi faceste propri i dolori di Maria, così ella ora vi partecipa i suoi eterni gaudi. Ma la vigna i cui grappoli maturati anzi tempo presagivano la vostra fecondità, esala ancora la sua fragranza in questo nostro esilio; ed i fedeli altamente apprezzano i frutti che continua a produrre. Voi vi compiacete dell'oscurità in cui pure la Regina dei Santi trascorse la sua vita mortale. Ma in un secolo in cui la gloria di Maria dissipa ogni nube, non vi sono più ombre che possano privare i suoi servi dello splendore che rifulse nella loro augusta Genitrice.

Che i vostri benefici siano sempre più palesi! non cessate di riscaldare il cuore di un mondo decrepito, allo stesso focolare, in cui il vostro seppe accendere tanto vigoroso amore, che lo fece trionfare del male e immolarsi a Dio. Cuore di Maria, la cui spada di dolore fece divampare fiamme, siate per noi modello, asilo e ristoro, finché non giunga l'ora che porrà termine alle nostre sofferenze e alle nostre lacrime.

Augustinus
16-02-07, 16:03
In rilievo

Aug. :) :) :)

Augustinus
17-02-07, 00:03
I Sette Santi Fondatori, "Servi di Maria"

La singolare storia dei sette "illustri giovani uomini" che nel Medioevo diedero origine in Firenze alla gloriosa Famiglia Servitana.

Bonfiglioli Monaldi, Manetto dell’Antella, Buonagiunta Manetti, Amadio degli Amidei, Uguccione degli Uguccioni, Sostegno dei Sostegni e Alessandro Falconieri, sette "illustri giovani uomini" fiorentini, il 15 Agosto 1233 ebbero una sconvolgente esperienza.

Facevano parte di una Compagnia di Laudesi, poeti-attori tipici della Regione umbro-toscana nel tardo Medioevo. Essi erano soliti, cioè, raccogliersi dinanzi ad un’immagine dipinta su parete lungo la via per esprimere in versi – cioè, appunto, in "laudi" – il loro amore alla Madonna, allo stesso modo in cui i giullari del tempo cantavano alla donna amata la loro stupita ammirazione.

Quel giorno l’immagine di Maria si animò apparendo loro vestita a lutto e addolorata per l’odio fratricida che divideva Firenze: dal 1215 i Fiorentini si erano divisi un due opposte fazioni, Guelfi e Ghibellini, che non perdevano occasione per scontrarsi anche in modo cruento.

I sette giovani decisero di fare qualcosa per portare un po’ di pace: costituirono perciò la "Compagnia di Maria Addolorata" e si ritirarono – loro giovani, ricchi e nobili – nella solitudine del Monte Senario, non lontano dalla Città, per dedicarsi alla preghiera e alla penitenza.

Tra il Monte Senario e l’"Annunziata"

Un giorno, mentre scendevano in Città per un intervento pacificatore, un ragazzetto si rivolse alla mamma esclamando: "Ecco, arrivano i servi di Maria!". Il nome ci stava bene; e tale rimase. Del resto, la loro scelta di Maria era divenuta ormai definitiva: infatti, abbandonate le ricche vesti e gettato via il corto pugnale che in esse celavano, avevano fatto voto solenne di dedicare tutta la loro vita ad onore della Beata Vergine.

Sovente, prima di varcare le porte cittadine, scendendo dal monte che avevano scelto a loro dimora, passavano dinanzi ad una Cappellina dedicata all’Annunciazione, in Contrada Cafaggio.

Proprio in quel tempo si era sparsa la voce che la scena dell’Annunciazione fosse stata dipinta da un Angelo, mentre l’ignaro pittore si era assopito. Eco di questa accresciuta devozione all’Annunziata fu la trasformazione della Cappellina in un più ampio Santuario, mèta di folle di Pellegrini e divenuto poi stabile dimora dei nobili Sette Santi Fondatori dell’"Ordine dei Servi di Maria".

Da qui essi irraggiarono la loro devozione alla Madonna dell’Annunciazione, proclamata Patrona di Firenze. [Anche se la spiritualità mariana tipica dell’Ordine dei Servi venera da sempre la Vergine Addolorata].

La data del 25 Marzo, festa dell’Annunziata, era stata scelta del resto a Firenze fin dal secolo X come inizio del Calendario civile; e tale uso perdurò fino al 1749, quando gli anni si datavano con l’aggiunta della fede: "…ab Incarnatione Domini".

Ricordati nominativamente dal "Martirologio Romano", i Santi Sette Fondatori hanno, il 17 Febbraio, una festa "collettiva" dal 1888, anno in cui furono canonizzati da Papa Leone XIII.

Bianca Maria Veneziani

Fonte: Madre di Dio, 2006, fasc. n. 2 (http://www.stpauls.it/madre06/0602md/0602md14.htm)

Augustinus
17-02-07, 12:04
Beata Vergine Maria Addolorata (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=144781)

Annunciazione della Beata Vergine Maria (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=144748)

Link esterni

Ordo Servorum Mariae (http://www.servidimaria.org/it/index.htm)

Augustinus
17-02-07, 12:10
LEGENDA DE ORIGINE ORDINIS
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Dei Servi di Maria

(Pietro da Todi, 1317-1318)

A lode della Vergine Maria (Madre) di Cristo Gesù

Introduzione alla Legenda del Beato Filippo dei Servi della Beata Vergine Maria

1. Rendiamo lode a quegli uomini gloriosi che con la santità delle parole e degli esempi ci hanno generati nell'Ordine. Essi sono, dopo Dio, i nostri padri, quelli che si sono presi cura della nostra vita, dandoci il cibo spirituale necessario alla nostra crescita e offrendoci conoscenza, arte e scienza. E così ci hanno indicato la strada più sicura per raggiungere la vita beata. Infatti, stando nel nostro Ordine, si sono offerti a Dio, con umile cuore, in ogni loro pensiero, parola e azione; hanno scelto la via della verità, e con i suoi comandamenti sono vissuti in una infaticabile coerenza.

Per questa libera offerta di tutta la vita al Signore essi hanno al loro tempo reso gradito il nostro Ordine a Dio e alla beata Vergine Maria. E non solo al loro tempo, perché con le loro preghiere hanno ottenuto dal Signore che anche in seguito frati santi continuassero a mantenere l'Ordine nella volontà di Dio.

Noi siamo sicuri che il Signore e la beata Vergine Maria abbiano gradito tutte le azioni di questi uomini gloriosi, nostri padri, e accolto con grande favore il loro volontario servizio. Quando erano ancora nel mondo, infatti, il Signore li rese celebri per la vita virtuosa e i miracoli e, al momento del loro transito, mostrò con molti segni e prodigi quanto gli fossero care quelle anime. E anche dopo la morte, i segni e i prodigi che non cessavano di verificarsi, confermarono con assoluta certezza che i nostri padri si trovavano con Dio per sempre nella sua gloria.

2. Noi, dunque, dobbiamo fissare lo sguardo sulle parole e gli esempi con cui i nostri padri ci hanno spiritualmente generato, e conoscere il genere di vita che al Signore li ha resi graditi insieme al nostro Ordine. A queste parole e a questi esempi conformeremo la nostra vita, in modo tale che a tutti sia evidente che essi ci hanno lasciati come figli loro somiglianti. Tutti dovranno constatare che sul loro esempio conserviamo in ogni nostro atto l'umiltà del cuore; che abbiamo scelto la via della verità e viviamo costantemente secondo i suoi precetti; che con gesto spontaneo abbiamo dedicato la nostra vita al Signore, e in questo modo, ai nostri tempi, abbiamo reso graditi a Lui e alla Nostra Signora le nostre persone e il nostro Ordine; e che con preghiera insistente abbiamo ottenuto dal Signore che anche in futuro l'Ordine si mantenga fedele allo Spirito.

I padri, dunque, hanno lasciato a noi, venuti dopo di loro, l'esempio della vita. Noi pure dovremo lasciare un analogo esempio a quelli che entreranno nell'Ordine dopo di noi; questi, poi, a loro volta saranno sollecitati a lasciare ai posteri il loro esempio e i posteri agli altri e cosi via. Se ci comporteremo così e così faranno anche tutti i frati che si ,avvicenderanno nel nostro Ordine, l'Ordine ne avrà un grande vantaggio. Ne scaturirà una gioia non piccola per la Nostra Signora: da noi suoi servi si sentirà consolata, mentre noi la onoreremo con il nostro servizio che mostrerà quanto ella sia degna di ogni riverenza. Anche Nostro Signore sarà pronto ad arricchire sempre il nostro Ordine con doni e grazie spirituali, manifestando cosi a tutti la sua compiacenza.

Quelli, inoltre, che dal mondo verranno al nostro Ordine come alla sesta città di rifugio e osserveranno le parole e gli esempi dei frati che vi sono, saranno talmente conquistati dalla dolcezza di questa vita e di questa dottrina che mai oseranno o tenteranno di separarsi, di fatto o anche soltanto interiormente, da questa città di rifugio. Lo faranno solo alla fine, quando l'anima, morta al mondo e ai peccati insieme a Cristo, sommo sacerdote, sarà chiamata per la morte fisica alla vita senza tramonto e restituita alla piena libertà.

3. Vanno ormai scomparendo coloro che sono vissuti insieme a questi uomini beati e ne hanno conosciuto le parole, le opere e le virtù. E con il venir meno di chi per conoscenza diretta può narrare ancora qualche cosa di loro, i frati del nostro Ordine rischiano di perderne la memoria. Perciò ho sentito il dovere di impegnare tutte le mie forze nel fare ricerche sulla loro dolcissima vita, di redigerne, secondo le mie modeste capacità, un resoconto scritto, farlo conoscere a quanti vogliono avanzare sulla via della perfezione, e lasciare un perenne ricordo a tutti quelli che verranno dopo di noi.

A questa impresa mi hanno spinto la riverenza e l'amore profondo che nutro verso di loro e che anzi sento il dovere di nutrire, per i grandi vantaggi che ho sperimentato da parte di ciascuno di loro. Mi hanno convinto all'impresa anche il pensiero della grande utilità che il mio Ordine ne può trarre e il desiderio che, come so, i frati hanno di ricevere notizie a questo riguardo. Spero infine, per i meriti e l'intercessione dei padri, di poter raggiungere e ottenere dal Signore la grazia della vita eterna per l'anima mia. Mi riconosco incapace e indegno di un'impresa del genere e tuttavia confido nella protezione dei padri e nella generosità del Signore.

I nostri frati potranno ritrovare nell'Ordine stesso la vita di coloro che non hanno conosciuto di persona. In questa vita essi guarderanno, come in un purissimo specchio, le fattezze della loro anima: quello che vi vedranno di bello, lo tengano e lo conservino con cura, e quello invece che vi apparirà difettoso cerchino di eliminarlo subito con lacrime di compunzione.

4. C'è poi un altro motivo spirituale che mi ha obbligato ad assumere quest'impegno, pur consapevole della mia pochezza e della mia indegnità. Quest'anno si è effettuata la traslazione, da un luogo a un altro, del corpo di uno di questi nostri: padri. Senza alcun merito da parte mia, la clemenza divina ha disposto che io vi prendessi parte. Durante la traslazione Dio, per i meriti del suo santo, ha rinnovato alla mia presenza molti miracoli, come in seguito si racconterà.

Vedendo quanto accadeva sotto i miei occhi, ho deciso fermamente nel mio cuore di cercare notizie sulla sua vita e i suoi miracoli e di comporre uno scritto per lasciare ai frati il ricordo di sì grande uomo. Temerei infatti di essere tacciato, e a ragione, di ingratitudine se, dopo aver ricevuto da lui questa grazia speciale e aver visto con i miei occhi tanti miracoli, mi rifiutassi di scriverne, secondo le mie forze, tanto più che il beato Gregorio afferma: "Le forze che l'imperizia non può dare, le dona l'amore".

Meriterebbero un ricordo particolare molti uomini gloriosi, che nell'Ordine hanno tenuto il posto di padri spirituali e sono venuti prima o dopo quelli che vorrei proporre ad esempio; tuttavia proprio questi ultimi, a preferenza degli altri, debbono essere additati come modello ai frati del nostro Ordine, perché più degli altri si sono distinti per virtù, parole e opere.

Il primo modello da presentare all'Ordine è il beato Filippo. Giustamente occupa fra tutti il primo posto: ha vissuto infatti con fedeltà il suo servizio alla Nostra Signora, e ha adempiuto scrupolosamente, con l'adesione del suo cuore, gli obblighi essenziali dell'Ordine. Il suo esempio ci è di stimolo: se contempliamo infatti la sua vita casta, abbiamo la forza per dominare l'arroganza della carne; se ne consideriamo la povertà, siamo portati a valutare come sterco tutte le ricchezze del mondo; se infine guardiamo alla sua obbedienza, siamo anche noi spinti a sottomettere al Signore la nostra mente.

5. Per avere una conoscenza più completa e sicura della vita di questo Beato secondo il desiderio mio e dei frati, ho cercato di recarmi quest'anno, per quanto mi è stato possibile, in tutti quei conventi dell'Ordine dove avevo saputo della presenza di frati che lo avevano conosciuto quando era ancora in vita e che erano stati con lui o in comunità o accompagnandolo nei suoi viaggi da un convento all'altro. Con questi dunque ho parlato nella maniera più esauriente possibile della sua vita, della sua morte e dei suoi miracoli. Da queste persone degne di fede ho raccolto pochi fatti ancora rimasti nella loro memoria: pochi, dico, in rapporto a quanto egli aveva operato in virtù e miracoli durante la sua vita.

Uno dei motivi di questa scarsità di notizie sta nel fatto che dalla morte di lui al tempo in cui ho cominciato le mie ricerche sono trascorsi più di 32 anni; perciò ho potuto rintracciare pochissimi suoi coetanei ancora viventi. Tra questi, comunque, ho trovato uomini assai degni di fede per la purezza e la santità della loro vita: da loro ho appreso la verità di tutto quello che sono riuscito a trovare sulla vita del Beato e ho potuto verificare tra tutti una concordanza sostanziale. Ma, come ho detto, a motivo del lungo tempo trascorso, anche questi pochi conservavano scarsi ricordi della vita e dei miracoli di lui.

C'è ancora un'altra ragione: questo Beato, come ho appreso, aveva preso la decisione di tenere nascosti i suoi miracoli, virtù ed opere, e restava così straordinariamente fermo in questa sua volontà da non manifestarli ai fratelli se non molto raramente e solo quando non poteva fare altrimenti. Pochissimi perciò erano i fatti venuti a conoscenza dei frati.

Ho raccolto pertanto queste poche cose, rimaste come frammenti nella memoria dei frati, le ho disposte in successione ordinata, e le ho sistemate, come ho saputo e potuto, al posto giusto, ora conservando l'ordine e ora mutandolo secondo la necessità.

6. Per scrivere una biografia possibilmente completa del beato Filippo e attingere informazioni più dettagliate non solo sulla sua vita nell'Ordine, ma anche sulla famiglia e sulla vita che condusse nel mondo, mi recai nella città, contrada e casa dove era nato e fu educato fino al suo ingresso nell'Ordine. Trovai qui ancora in vita un suo nipote già quasi ottantenne, che si chiamava fra Forte. E trovai anche nella sua contrada un venerabile vecchio, di nome Fecino, uomo, come il nipote, di santa vita e di buona reputazione: sebbene toccasse già i cento anni, conservava ancora integre le sue facoltà e la memoria. Aveva sempre abitato presso la casa di Filippo in quella contrada e lì aveva la sua casa. Da loro due, dunque, seppi con ordine la verità intorno a molte cose relative alla famiglia del Beato e alla vita che egli condusse nel mondo.

Ho ordinato la vita del Beato in quindici capitoli: così essa è accessibile a chi desidera conoscerla, e chiunque vuole alla sua luce perfezionarsi spiritualmente può celermente trovare quello che desidera.

Capitolo Primo

L'onore e la dignità del nostro Ordine

7. La beata Vergine Maria, madre del Signore nostro Gesù Cristo, è il rifugio generale di tutti i peccatori che a lei ricorrono per ottenere misericordia. E chiamata madre di tutti i giusti che l'amano con tutto il cuore per ottenere la grazia. E riconosciuta Signora comune da tutti quelli che in qualsiasi Ordine sono al servizio di Cristo e in lei confidano per conseguire la gloria. Con ferma certezza sappiamo che ella ottiene tutto questo da suo Figlio.

La beata Vergine Maria, però, è rifugio speciale, madre singolare e signora particolare di tutti coloro che - peccatori, giusti e servi a lei sempre fedeli - si trovano nell'Ordine a lei sola dedicato e perciò giustamente distinto con il suo nome.

Certo, anche i frati degli altri Ordini, - peccatori, giusti e servi di Cristo - nel momento del bisogno invocano la Nostra Signora come generale rifugio, madre universale e comune Signora. E fanno bene, perché a chiunque la invochi ella risponde e ottiene da Dio perdono per i peccatori, grazia per i giusti, gloria per i servi del Figlio suo.

Se si fa, però, una rassegna di tutti gli Ordini appare con facilità che gli altri frati hanno come fondatore un santo particolare: a lui si rivolgono come a speciale rifugio, padre particolare e proprio signore quando, per suo mezzo, chiedono a Dio un favore o per se stessi o per il loro Ordine. I frati invece dell'Ordine specificamente consacrato alla Nostra Signora, e distinto quindi a ragione con il suo nome, sono dedicati in modo particolare al servizio di lei non hanno un santo come fondatore a cui, come a speciale rifugio, padre singolare e proprio signore possano e debbano ricorrere quando vogliono per sua intercessione ottenere un favore per sé o per l'Ordine. Tutti, nei momenti di bisogno, invocano la Nostra Signora - i peccatori quale rifugio generale, i giusti quale madre universale, quelli che la servono con costanza e fedeltà quale comune signora - e a tutti ella risponde ottenendo da Dio misericordia, grazia e gloria. Allo stesso modo i frati, quando per sé o per l'Ordine vogliono ottenere un favore, a lei si rivolgono come a rifugio speciale, madre singolare e propria signora.

Certo, essi hanno il beato Filippo e moltissimi altri gloriosi padri, vissuti prima di loro nell'Ordine e celebri per molte virtù meriti e miracoli. A questi potrebbero rivolgersi per ottenere favori per se o per l'Ordine; ma nessuno di questi però ha dato origine all'Ordine della Nostra Signora, né tra loro vi è un santo così particolare che sia comune a tutti i frati che si sono avvicendati e si avvicenderanno da principio fino alla fine. Molti frati sono venuti nell'Ordine prima di questi nostri Padri, che compiono per i loro meriti evidenti miracoli: di essi alcuni erano peccatori, altri giusti, altri, poi, per ottenere la perfezione, servi fedeli della nostra Signora, e quindi bisognosi tutti di misericordia, di grazia e di gloria. Perciò a nessuno di costoro i precedenti frati potevano rivolgersi.

Da ciò risulta chiaro che i frati dell'Ordine di Nostra Signora, all'infuori di lei stessa, non ebbero alcun santo proprio e particolare. Non ebbero infatti nessuno che fosse fondatore dell'Ordine o che fosse comune a tutti i frati.

8. È evidente quindi che la Nostra Signora non ha voluto dare un particolare santo fondatore ai frati del suo Ordine, proprio perché si potesse capire che è lei - quale rifugio generale, madre universale e signora comune - ad ottenere dal suo Figlio per tutti i frati del suo Ordine misericordia, grazia e gloria. I frati perciò a lei devono rivolgersi come a speciale rifugio, madre singolare e propria signora, quando vogliono ottenere una grazia per sé o per l'Ordine. Che grande onore e quello dei frati dell'Ordine della Nostra Signora: non solo la riconoscono generale avvocata dell'Ordine, ma sperimentano anche la cura speciale che ha di loro e dell'Ordine intero.

Per questo i frati del suo Ordine, più di quelli degli altri Ordini, sono tenuti a essere santi al cospetto di lei e a compiere opere sante. Essi si sono dedicati al servizio di una eccelsa Signora che si è degnata di prendersi cura speciale di loro; perciò conservare l'innocenza del cuore deve essere il loro pensiero dominante. Siano confusi e arrossiscano i frati che, pur appartenendo all'Ordine di Nostra Signora, non hanno paura, anzi si ostinano a macchiare la loro anima e impediscono che altri vivano senza colpa. E la vergogna li porti a convertirsi subito a lei che nel suo giusto sdegno può toglierli di mezzo all'improvviso e consegnarli al fuoco eterno dove saranno puniti come si meritano.

Siano invece contenti e si rallegrino i frati che vivono nell'Ordine con cuore puro e incoraggiano gli altri a vivere senza peccato. Portino avanti con gioia l'opera iniziata, perché, se i cattivi, che nell'Ordine perdurano nella loro malizia, avranno una doppia punizione rispetto agli altri, i buoni, che perseverano nella purezza, riceveranno un premio maggiore.

Capitolo Secondo

Il nostro ordine ha inizio quando nasce il beato Filippo

9. Giunse poi il tempo in cui la beata Vergine Maria stabilì di separare dal mondo e di radunare i primi frati del futuro Ordine che a lei sola doveva essere dedicato. E mentre poneva gli inizi dell'Ordine radunando insieme i fratelli, apprestava anche, per l'avvenire, una lampada splendente di luce divina, cioè il beato Filippo, che per volere di lei ebbe i suoi natali proprio là dove l'Ordine è sorto. L'Ordine, infatti, che allora era appena agli inizi, sarebbe tanto cresciuto in seguito per il numero dei frati da non poter mantenere con equilibrio l'unità se non mediante una luce e una dottrina celesti. Perciò il beato Filippo, una volta raggiunta l'età matura e la piena santità, avrebbe illuminato di luce divina, come vera lucerna ardente posta sul candelabro dell'Ordine, quelli che già si trovavano nell'Ordine e quelli che in seguito sarebbero venuti, insegnando con la dottrina e con l'esempio come servire degnamente Nostra Signora e ricevere il premio da lei. Entrando nell'Ordine, Filippo lo avrebbe rischiarato con la sua presenza: tutti i frati dell'Ordine, alla luce della sua dottrina, avrebbero appreso a servire degnamente la loro Signora in tutte le situazioni in cui l'Ordine sarebbe venuto a trovarsi.

10. I1 nostro Signore Gesù Cristo aveva già spiritualmente illuminato il mondo con la presenza di due luci: il beato Domenico e il beato Francesco. Con la luce della loro vita e della loro dottrina essi avevano dato inizio a due Ordini, che da loro prendevano il nome: dalla vita e dalla scienza dei frati che ne facevano parte il mondo doveva essere guidato. Quando, al termine del loro compito, questi uomini passarono con la morte fisica alla vita beata - il beato Domenico nell'anno del Signore 1221 e il beato Francesco nell'anno del Signore 1226 -, gli Ordini da loro fondati erano tanto saliti in virtù davanti a Dio che i frati con la franchezza della predicazione e l'esempio della vita avevano incominciato a estirpare le eresie spuntate dalla pace della Chiesa: tra essi il beato Pietro martire, che stava presentandosi al mondo come l'atleta fortissimo di Cristo e primo distruttore di eresie.

Per onorare la Madre sua, la Vergine Maria, il Signore aveva deliberato di offrirle una casa, cioè un Ordine consacrato al suo nome. Perciò, perché i frati dell'Ordine imparassero nell'unità a servire degnamente la loro Signora, volle dar loro, come modello di autentico servizio, la lampada di cui abbiamo parlato, cioè il beato Filippo.

11. L'anno dunque 1233, dalla nascita di nostro Signore, al tempo di papa Gregorio IX, il beato Filippo nacque nella città di Firenze, provincia di Toscana. In questo stesso anno, nella stessa provincia e nella stessa città, di Firenze, volle la Nostra Signora che avesse inizio il suo Ordine, e che l'Ordine le fosse particolarmente consacrato e perciò chiamato con il suo nome.

Che fai, dolcissima Signora? Al Figlio tuo fai simile colui che sarà tuo servo. In questo modo vuoi dirci chiaramente quanto egli sarà grande e quanto meritevole il servizio che ti offrirà. Tuo Figlio, della stirpe di Israele e del popolo giudaico, al momento stesso della sua nascita da te, ha riunito intorno a sé gentili ed ebrei, attirando i pastori dalla Giudea e i magi dall'Oriente; divenuto adulto, ha ammaestrato e redento gentili ed ebrei e ad essi, dopo la sua passione e morte, ha lasciato la dottrina e gli esempi secondo i quali vivere. Così anche intorno al tuo servo il beato Filippo, nato nella provincia toscana e nella città di Firenze, hai subito iniziato a radunare gente e famiglia della stessa provincia e città, cioè gli iniziatori del tuo Ordine. E tutti questi il beato Filippo, giunto all'età adulta e splendente della sapienza del Figlio tuo, doveva ammaestrare e guidare fino alla morte e poi ancora, dopo la morte, lasciare la dottrina e l'esempio di un servizio degno di te.

Ma, o mia Signora, beata Vergine Maria, a chi va attribuito il merito di tanta somiglianza tra il tuo servo carissimo il beato Filippo e il tuo dolcissimo Figlio Gesù Cristo! Sono pieno di stupore, infatti, quando vedo il tuo servo somigliante al Figlio tuo e non riesco a indovinare la ragione di tanta somiglianza. Potrà forse attribuirsi al merito del tuo servo che era appena nato o del tuo Ordine che solo allora muoveva i primi passi? Pur non finendo di ammirare questo fatto stupendo di cui non riesco a trovare la ragione, oso non di meno dire con grande rispetto verse di te, dolcissima Signora e madre mia, che certo in questo modo tu hai voluto dimostrare i meriti futuri e la nobiltà del tuo servo, il beato Filippo, e del tuo Ordine, a te particolarmente consacrato: sei stata tu a colmarli di virtù e doni celesti, e a renderli quanto mai degni di stare al tuo cospetto. E tuttavia il tuo servo e l'Ordine a te consacrato non hanno alcun merito, perché l'onore di assomigliare al Figlio tuo l'hai deciso tu, per il tuo affetto e la tua misericordia.

12. Ho poi dedotto nel modo seguente che il beato Filippo sia nato nello stesso tempo, anzi nell'anno in cui ebbe inizio l'Ordine della Nostra Signora. II beato Filippo è morto nell'anno del Signore 1285, secondo del pontificato di papa Onorio IV. Egli stesso inoltre, poco prima di morire, ebbe a dire per caso a fra Bonaventura da Pistoia, nel convento di Orvieto, che aveva 52 anni. Ora se dall'anno della morte, 1285, sottraiamo la durata della vita, cioè 52 anni, resta il 1233: questo è quindi certamente l'anno in cui egli venne al mondo. Ma questo, come ho già detto, è anche l'anno in cui ebbe inizio l'Ordine della beata Vergine Maria. Che poi proprio in quest'anno abbia avuto inizio l'Ordine della Nostra Signora l'ho appreso da fra Alessio24, uno dei primi sette frati iniziatori dell'Ordine, al quale, prima che morisse, ho rivolto domande per parecchi anni, venendo a sapere molte cose circa le origini. Da lui ho saputo che l'Ordine ha avuto inizio sei anni prima dell'eclisse di sole in Italia. Ora si sa che questa famosa eclisse avvenne nell'anno del Signore 1233, tredicesimo del pontificato di papa Gregorio IX. Se dunque l'Ordine della Nostra Signora ha avuto inizio sei anni prima dell'eclisse avvenuta nel 1233, sottraendo da questa data sei anni, è chiaro che rimane l'anno del Signore 1233, nel quale appunto ebbe principio l'Ordine della Nostra Signora. Ma questa fu anche la data di nascita del beato Filippo. Resta perciò dimostrato quanto ho sopra affermato, vale a dire che il servo della Nostra Signora è nato l'anno stesso in cui è sorto l'Ordine di lei.

13. Ho sentito inoltre molti frati raccontare che lo stesso Filippo, in un libretto scritto da lui e intitolato Dell'origine dell'Ordine, aveva tracciato in maniera completa gli inizi dell'Ordine, la sua fioritura e la sua crescita fino al tempo in cui egli, il beato Filippo, fu posto sul candelabro.

Ho cercato a lungo, con grande desiderio, questo libretto che molti nostri frati asseriscono di aver visto e letto; ma non sono ancora riuscito a trovarlo. Alla fine ho sentito da un frate, che aveva avuto con sé questo libro per lungo tempo, di averlo smarrito in seguito a eventi improvvisi.

14. I primi frati, con i quali la Nostra Signora ha voluto dar principio al suo Ordine, e quelli venuti nell'Ordine dopo di loro, sono quasi tutti partiti da questo mondo. I frati inoltre, forse per negligenza, hanno smarrito il libretto ricordato del beato Filippo sull'origine dell'Ordine. Non mi è più possibile, perciò, spiegare per iscritto, secondo il grande desiderio mio e dei frati, quali siano stati gli inizi dell'Ordine nostro e a quale livello di prosperità sia giunto al tempo del beato Filippo.

Però la vita del beato Filippo, che molto volentieri ho intrapreso a scrivere in onore di lui e per il bene dei frati, dipende in una certa misura dalla narrazione delle circostanze in cui l'Ordine è nato, si è sviluppato, e ha raggiunto quel livello di prosperità in cui era quando il beato Filippo fu posto alla sua guida. Perciò, con tanti limiti ma sempre con molto piacere, ho cercato di darne un breve resoconto per i frati che lo desiderano. Lungo i 22 anni, che per divina misericordia ho già trascorso nell'Ordine, ho avuto varie occasioni di ascoltare molti frati anziani, alcuni già morti, altri, pochissimi, ancora in vita. È di loro che conservo memoria, soprattutto di Alessio, uno dei primi frati del nostro Ordine.

Capitolo Terzo

Il numero dei frati che diedero principio all'ordine e la loro perfezione nel mondo già prima di riunirsi insieme

15. Come sopra è stato detto, l'Ordine dei Servi della beata Vergine Maria ebbe le sue origini nella provincia toscana e precisamente nella città di Firenze. Per una comprensione più chiara del seguito del racconto, abbiamo indicato, per quanto genericamente, che cosa sia la vita religiosa e alcuni aspetti che la riguardano. Adesso, con fiducia in Dio, profonda pietà e venerazione, dobbiamo spiegare a coloro che lo desiderano il modo con cui l'Ordine ebbe inizio.

Bisogna dunque sapere che nella provincia toscana e nella città di Firenze vissero sette uomini, degni di molto rispetto e onore. La Nostra Signora li riunì come le sette P1èiadi nell'intento di sciogliere con la forza dello Spirito il giro di Arturo. Con questa profonda e radicale unione delle loro persone fondò l'Ordine suo e dei suoi Servi.

Fondando l'Ordine suo e dei suoi Servi tramite sette uomini, la Nostra Signora manifestava chiaramente quale fosse la sua volontà: rendere bello il suo Ordine con una effusione particolarmente abbondante dei sette doni dello Spirito Santo. Così agli occhi di tutti ella mostrava che sempre, d'allora in poi, l'Ordine doveva conservarsi per mezzo di uomini provvisti dei doni dello Spirito di Dio, e a tutti faceva vedere, con una evidenza assoluta, che grazie ai doni dello Spirito l'Ordine le sarebbe sempre stato gradito, fino alla settima età.

16. Prima di abitare insieme per dare origine al nostro Ordine, gli stati di vita di questi uomini erano di quattro tipi: il primo era in rapporto alla Chiesa, il secondo alla vita civile, il terzo all'onore della Nostra Signora, il quarto alla perfezione della loro anima. Il primo loro stato dunque riguardava la Chiesa. C'è uno stato di tre specie che riguarda la Chiesa in genere e la nostra fede, uno stato universale in cui si trovano a vivere la Chiesa e i credenti: lo state dei vergini o di quelli che hanno fatto il proposito di vivere castamente prima del matrimonio; lo stato di coloro che vivono nel matrimonio; lo stato di quelli che, sciolti dal matrimonio o per il consenso o per la morte dell'altro coniuge, si propongono, per amore di Dio, di vivere il resto della vita in perfetta castità.

Prima di abitare insieme, i sette uomini si trovavano a vivere lodevolmente in questo triplice stato della Chiesa; alcuni di loro, decisi a osservare la verginità o castità perpetua, non si erano ancora legati in matrimonio; altri invece erano già uniti in matrimonio; e altri infine erano liberi dal vincolo matrimoniale per la morte della consorte.

Questa è l'opera di un grande e meraviglioso amore, che ha portato a pienezza un giuramento di fedeltà senza limiti. Da una parte, infatti, con i sette uomini iniziatori del suo Ordine, la Nostra Signora ha voluto chiaramente mostrare che la perfezione futura sarebbe stata nei sette doni dello Spirito Santo; dall'altra, con il triplice stato della Chiesa in cui essi lodevolmente si trovavano, volle con altrettanta evidenza far capire a tutti che al suo Ordine, come sesta città spirituale di rifugio, ognuno, in qualunque stato si trovasse, avrebbe potuto accedere tranquillamente o per conseguire la salute dell'anima o per conservarla, nel caso che l'avesse già raggiunta, e infine, ottenere da lei e dal suo Figlio la grazia e la gloria dopo aver servito con scrupolosa fedeltà fino al termine della vita.

Questo primo stato viene descritto nel libretto delle Costituzioni antiche, da loro osservate nel mondo prima di far vita comune. Qui si legge: "Poiché alcuni di questi erano legati dal vincolo matrimoniale e non potevano quindi intraprendere il cammino di una vita più stretta, decisero di scegliere una strada media e più comune, più facilmente percorribile tanto dagli sposati quanto dai non sposati".

17. I1 secondo loro stato, prima che avesse origine il nostro Ordine, riguardava il bene della città. Il vantaggio materiale di una città e dei suoi cittadini sta nello scambio dei beni terreni; per renderlo più facile e più proficuo sono stati escogitati nelle città diversi generi di commercio e di lavoro. Prima di mettersi a vivere insieme, questi sette uomini erano impegnati nel commercio e vendevano e scambiavano beni terreni. Ma poi trovarono la perla preziosa, o meglio la Nostra Signora fece capire che sarebbe stata l'unità dello loro persone a creare e riprodurre nuovamente nel mondo questa perla, con la guida dello Spirito Santo. Per procurarsi questa perla, cioè il nostro Ordine, o piuttosto per ottenere dalla Nostra Signora che tramite loro questa perla fosse creata, introdotta nuovamente nel mondo e donata a quanti desideravano servire degnamente e fedelmente la Nostra Signora, non solo distribuirono ai poveri quanto possedevano, vendendo tutto secondo il consiglio evangelico, ma anche si offrirono con gioiosa determinazione a un servizio fedele a Dio e alla Nostra Signora.

E così, mentre prima trafficavano beni terreni, ora, divenuti un corpo solo nell'unità radicale delle loro persone, intrapresero a praticare una nuova professione, quella cioè di unire le anime a Dio e a Nostra Signora, di conservarle in tale unione e condurle a un servizio sempre più fedele. Divennero mercanti di beni celesti, presi come erano dall'amore per tutte le anime bisognose di salvezza.

Questo tipo di commercio e di professione, che essi avevano intrapreso, doveva poi essere portato a nobilissima perfezione dal beato Filippo, che l'ha lasciato come sua eredità ai frati desiderosi di servire fedelmente Dio e Nostra Signora.

Questo dunque è il loro secondo stato di vita.

18. Il terzo stato di vita, anteriore all'origine dell'Ordine, riguarda la riverenza e l'onore verso Nostra Signora.

Si trova a Firenze una associazione istituita molto tempo fa in onore della Vergine Maria. Per la sua antichità e il gran numero e la santità degli uomini e delle donne che ne fanno parte, è chiamata in modo tutto speciale "maggiore" rispetto alle altre associazioni della Nostra Signora che in questa città sono numerose. Tutte queste hanno il nome generico di "Società di Nostra Signora", ma solo alla prima è attribuito il titolo speciale di "Società maggiore di Nostra Signora. Di questa, per il loro appassionato amore verso la Nostra Signora, furono membri i sette uomini iniziatori del nostro Ordine prima di abitare insieme.

Poiché dunque il nostro Ordine ha la sua origine dalla provincia toscana e precisamente dalla città di Firenze e dalla Società della Nostra Signora, tutti i frati del nostro Ordine sono tenuti, com'è ovvio, non solo ad amare di cuore e a onorare il luogo e la gente di questa città, della provincia e dell'associazione di cui abbiamo parlato, ma anche a rivolgere sempre devote preghiere a Dio per la salvezza di questi luoghi e la santificazione delle persone. Da parte loro anche gli abitanti di detta provincia in genere e della città di Firenze in particolare, e in modo speciale tutti membri della Società maggiore di Nostra Signora, in considerazione del beneficio loro concesso dalla Vergine, si sentiranno per sempre obbligati a onorare con profondo rispetto i frati dell'Ordine dei Servi di santa Maria e l'Ordine intero in qualunque parte della terra, e a procurare, secondo le proprie possibilità, quello che torna a onore della Nostra Signora e a vantaggio dei frati.

La città di Bologna è famosa per san Domenico e per l'origine dell'Ordine dei frati Predicatori, e la città di Assisi è da tutti venerata a motivo di san Francesco e dell'origine dell'Ordine dei frati Minori. Allo stesso modo anche la città di Firenze ha acquistato una bellezza speciale grazie al beato Filippo e ai sette uomini e perciò all'origine dell'Ordine della Nostra Signora.

Se dunque i bolognesi devono tenere alto, per quanto sta in loro, l'onore dell'Ordine dei frati Predicatori, e la città di Assisi è tenuta a procurare con tutto il cuore favori e benefici all'Ordine dei frati Minori, anche gli abitanti della provincia toscana in genere e i cittadini di Firenze in particolare, e specialmente i membri della Società su citata, debbono con tutte le loro forze, in segno di riverenza e di onore verse la Nostra Signora, custodire e aiutare, a Firenze e ovunque, l'Ordine nato da loro, come un tesoro che a titolo speciale la Nostra Signora ha loro affidato, e favorirne lo sviluppo.

Questo terzo stato, relativo alla riverenza verso la Nostra Signora, è spiegato con queste parole nel libro già citato delle Costituzioni: "Nel timore della loro imperfezione presero una saggia decisione: si portarono umilmente ai piedi della Regina del cielo, la gloriosissima Vergine Maria, con tutto l'amore del loro cuore, perché lei, che è mediatrice e avvocata, li riconciliasse e li raccomandasse al Figlio suo e, supplendo con la sua generosissima carità alla loro imperfezione, ottenesse, pietosa, abbondanza di meriti. Perciò a onore di Dio si posero al servizio della Vergine sua Madre e da quel momento vollero chiamarsi Servi di santa Maria, con uno stile di vita loro suggerito da sagge persone".

19. Il quarto stato, avanti l'origine del nostro Ordine, riguardava la perfezione della loro anima e perciò la dignità del nostro Ordine che sarebbe stato così fondato da uomini già perfetti.

La perfezione di una persona in rapporto a Dio sta nella vita che si riveste, come di un abito, della fede cristiana. E possibile infatti fissare lo sguardo sulla vita soprannaturale, che ha inizio con il battesimo o la penitenza, solo se la vera e cristiana religione è diventata una qualità abituale della persona. Se infatti non crederemo, dice Isaia, non comprenderemo, e così neanche potremo conoscere la vita.

Il battesimo è il sacramento della fede: per mezzo suo infatti si acquista la fede o, meglio, la fede ci viene donata da Dio. La penitenza invece ricupera la fede che l'eresia ha distrutto o anche, cancellando la macchia, restituisce alla fede, offuscata dal peccato, la sua primitiva bellezza. Infatti, come è stato detto, è l'autentica fede in Cristo la forza della vita soprannaturale, che inizia con il battesimo e la penitenza ed è avvalorata dalla contemplazione della passione di Cristo. Per mezzo di questa contemplazione l'anima nostra si lega a Dio e celebra un culto degno di Lui.

I venerabili nostri primi padri e iniziatori dell'Ordine erano perfetti già prima che si unissero insieme. Infatti per l'impegno di penitenza, volontariamente assunto, la vera fede cristiana era divenuta in essi come un abito, anche se non tutti osservavano quei legami insiti nel battesimo. Per quest'orientamento profondo che la vera fede aveva creato in essi, contemplavano già la vita superiore della grazia e per amore di essa avevano già legato a Dio le loro anime o meglio cercavano di mantenerle sempre in questo legame. Con tutte le loro forze celebravano in questo modo un culto a Dio gradito.

Non c'è dubbio poi che essi possedessero quella virtù propria della fede cristiana. In rapporto a noi la virtù è una qualità abituale capace di scegliere: risiede nella mente ed è determinata dalla ragione e dalla decisione di una persona sapiente. Questi uomini gloriosi, primi iniziatori del nostro Ordine, vennero a conoscenza, per ispirazione divina, della virtù della fede. E la scelsero nel desiderio di adornarsene abitualmente come di una perla preziosissima trovata e riconosciuta nel suo valore. Perciò misero in vendita se stessi e i propri beni pur di possederla.

In tutte le loro azioni cercarono di seguire i dettami della ragione: non i dettami suggeriti da chi è esperto di sapienza terrena, ma quelli che la stessa Sapienza increata ha fissato santissimamente nelle parole evangeliche. Non c'è dubbio quindi che la religiosità sia divenuta in essi un atteggiamento personale costante e che per questo abbiano posseduto la perfezione secondo Dio e attuato le opere di tale perfezione; infatti la virtù porta a perfezione chi la possiede e ne rende buono l'operare.

Un segno inoltre che la fede è divenuta davvero un orientamento abituale della persona è la gioia o la tristezza nell'agire concreto. Ora questi uomini gloriosi sentivano o gioia o tristezza in tutto ciò che facevano. Quando in un'azione si rendevano conto di tenere il giusto mezzo, immensa era la loro esultanza nel Signore. Se invece si allontanavano dalla via giusta o almeno pensavano di essersene

allontanati, ne provavano pentimento con lacrime e dolore. Da questo segno di gioia o tristezza nell'agire, perciò, dobbiamo credere fermamente che essi, ispirati da Dio e aiutati dalla Nostra Signora, abbiano posseduto la fede come una qualità profonda e stabile della loro vita.

20. La vera fede cristiana, di cui si erano rivestiti, li spingeva con forza alla contemplazione della vita di grazia e di gloria. Una proprietà della fede, infatti, è far sì che chi la possiede si intrattenga a contemplare la vita celeste.

L'essersi rivestiti della vera fede cristiana li portava ormai perennemente alla contemplazione delle realtà celesti: era una propensione divenuta una inclinazione naturale. Scelta la parte ottima della contemplazione, non si curavano più delle cose terrene, ma volevano solo conoscere e possedere i beni celesti; per questo amavano la compagnia e l'amicizia di persone sante che già appartenevano al cielo e solo alle cose del cielo aspiravano. Potevano dire insomma in tutta verità con l'Apostolo: "La nostra patria è nei cieli"

Per questo amore della vita celeste, che la contemplazione aveva dischiuso alla loro conoscenza, avevano legato a Dio le loro persone, o meglio bramavano di tenerle sempre unite a Dio in un vincolo indissolubile. Così intenso era il legame d’amore con Dio che non solo temevano come massimo tormento l’essere separati da lui, ma anche il vivere in questo mondo sentivano come un peso e aspettavano con gioia la morte per poter essere con lui. Perciò, anelando a una perenne comunione con Dio, ripetevano insieme all’Apostolo: "Desideriamo andarcene e stare con Cristo".

21. Per questo vincolo che li univa a Dio la loro fede era giunta a perfezione. Per conservare l'orientamento che la fede aveva impresso in loro e manifestarne l'efficacia attraverso l'attuazione pratica, partecipavano sempre intensamente al culto divino.

Duplice è il culto divino: uno è generale, riguardante cioè quelli che, vivendo nel mondo, dopo il battesimo o almeno dopo la penitenza, desiderano tenersi lontano dal peccato; l'altro è proprio di coloro che passano allo stato religioso, dove non solo si tengono lontani dal peccato ma si legano anche con i tre voti religiosi e vogliono dedicarsi solo al servizio divino.

Quando questi uomini religiosi, i primi che ci hanno preceduti nel nostro Ordine, vivevano nel mondo già uniti a Dio dall'amore della vita superiore, praticavano il primo e generale culto divino: al di sopra di tutto amavano, a lui indirizzando tutto quanto facevano, lo onoravano con tutti i loro pensieri, parole ed opere.

Riferendo a Dio tutte le opere buone che facevano e riconoscendo che esse da Dio derivavano,

vivevano il primo e generale culto divino, e così si preparavano al secondo speciale culto divino, vale a dire alla loro reciproca comunione, ai tre voti religiosi, ossia all'obbligo perpetuo di osservare il voto di obbedienza, castità e povertà, e al volontario impegno di dedicarsi unicamente al servizio di Nostra Signora.

Capitolo Quarto

Perché soltanto sette uomini sono stati scelti

per dare inizio al nostro ordine.

La loro perfezione. Il triplice nome dell'Ordine.

22. Così, dunque, fratelli miei, vivevano questi uomini gloriosi, nostri padri e primi iniziatori del nostro Ordine: già prima di intraprendere la vita comune e dare origine al nostro Ordine, la loro vita era degna di lode. Quanto è grande la dignità e la nobiltà dei nostri padri! Tutti davvero vi dobbiamo riflettere con venerazione. Tanto era il valore della loro vita davanti alla Nostra Signora, che ella volle da loro incominciare l'Ordine suo e dei suoi servi.

Uomini meravigliosi! Poco prima li abbiamo definiti, in senso spirituale, le stelle Pleiadi che devono illuminare con la loro luce il cammino della nostra perfezione. La Nostra Signora li ha chiamati a vivere insieme in una radicale unione per dare inizio al suo Ordine e così sciogliere il giro di Arturo intorno al quale vagano gli empi e per tracciare la via diritta per cui si giunge alla gloria celeste.

Le stelle Pleiadi sono sette e appartengono alla costellazione del Toro, nel cui segno il sole entra il 15 aprile. Esse perciò cominciano a sorgere solo nella stagione primaverile, quando il sole, con i suoi raggi più caldi, dischiude la terra e la dispone all'aratura, fa crescere le piante e le copre di fiori. Come sette spirituali stelle Pleiadi, questi uomini gloriosi e primi fondatori del nostro Ordine apparvero al mondo nel tempo di quella spirituale primavera quando Cristo, luce del mondo, con i due astri, che abbiamo già ricordato, cioè il beato Domenico e il beato Francesco, aveva cominciato nuovamente a illuminare la terra e a riscaldarla con raggi di luce più intensa. Con la parola della predicazione e una vita di umiltà, che si era quasi del tutto estinta, il gelo dell'incredulità si ritirava e tornava il calore della carità. La terra del cuore umano si apriva nuovamente al Sole di giustizia, pronta a essere solcata da aratri veri, strumenti di Dio che penetrano in profondità i cuori. Era il tempo in cui le piante, cioè i due Ordini del beato Domenico e del beato Francesco, mentre ancora questi erano in vita, si coprivano di fiori di virtù e germogliavano coloro che avrebbero estirpato le eresie.

Frattanto, come abbiamo accennato, questi sette uomini erano saliti a un alto grado di perfezione e grandi meriti avevano acquisito davanti a Dio. Cosi, quando nacque il beato Filippo nell'anno del Signore 1233, erano giunti a grande perfezione con l'aiuto dei due astri suddetti e dei frati che vivevano negli Ordini da loro fondati e che avevano anche intrapreso a predicare apertamente la parola di Dio. Pure essi erano ormai diventati stelle spirituali che, con l'irradiazione della divina parola e di una umiltà esemplare, potevano essere il modello di vita che portava altri allo stato di perfezione.

Un segno evidentissimo della loro perfezione e religiosità si può cogliere anche dal fatto che per mezzo loro volle Nostra Signora dar principio all'Ordine suo e dei suoi Servi. Se infatti questi sette non avessero già raggiunto la vetta della santità sopra tutti gli altri, e se non fossero stati più degli altri graditi alla Nostra Signora e a suo Figlio, senza dubbio nel tempo stabilito per dare inizio all'Ordine, non avrebbe scelto questi uomini ma altri per la fondazione di un così grande Ordine che doveva essere consacrato solo a lei e portare il suo nome.

23. Quello che abbiamo detto sulla loro perfezione e religiosità non è contraddetto dal fatto che non siamo in grado di riferire alcun miracolo da loro compiuto in vita o al momento della morte, o almeno dopo la morte. Certo, tutti o alcuni di loro possono, per un certo tempo almeno, essere stati famosi per i molti miracoli compiuti; ma nessuno di questi è giunto fino a me per poterlo narrare, probabilmente perché è passato tanto tempo e i vecchi del nostro Ordine sono tutti morti, o anche per un altro motivo, che cioè il far miracoli non è segno inequivocabile e privilegiato di perfezione e di spirito religioso. Altrimenti non potrebbe dirsi perfetto e vero religioso colui per mezzo del quale Dio non avesse mai operato miracoli: il che è senza dubbio falso. Amare invece Dio sopra tutte le cose, praticare la carità verso tutti, essere umili di cuore, questo è l'attributo dei veri e perfetti religiosi. Nostro Signore non ha detto: Imparate da me a risuscitare i morti o a dare la luce ai ciechi; ma: Imparate da me che sono mite e umile di cuore; e ancora: Vi ho dato l'esempio che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amato.

Quando nel giorno del giudizio, per dimostrare la propria perfezione e religiosità, molti esibiranno la prova dei miracoli dicendo: Signore, nel tuo nome abbiamo cacciato i demoni, abbiamo risuscitato i morti, ecc., si sentiranno rispondere da Cristo, a dimostrazione che il far miracoli è un segno fallace di perfezione e di religiosità: In verità: vi dico, non vi conosco; allontanatevi da me, voi tutti operatori di iniquità. Non ascolterebbero certo questa terribile parola se il far miracoli fosse segno evidente di perfezione e di religiosità.

24. Ricordo inoltre di aver già accennato a un altro particolare importantissimo motivo che spiega perché di questi uomini, che pure sono stati perfetti, non conosciamo alcun miracolo.

La Nostra Signora infatti ha voluto che nessun gran santo, operatore di autentici miracoli, fosse l'iniziatore del suo Ordine, per mostrare che solo lei è la fondatrice dell'Ordine consacrato in modo speciale al suo nome.

Dobbiamo ritenere che tutto questo non sia avvenuto a caso e senza motivo, ma per speciale disposizione di Dio e della Nostra Signora. Come infatti tutti gli Ordini prendono giustamente il nome dal loro principale fondatore, cosi era opportuno che l'Ordine della Nostra Signora prendesse nome da lei e nessuno potesse essere detto vero fondatore all'infuori di lei.

A convalida dell'esattezza di tale interpretazione voglio dire anche questo: se fosse possibile attribuire la fondazione dell'Ordine della Nostra Signora a un altro all'infuori di lei, è soltanto ai Sette che tale attribuzione andrebbe fatta e per la loro santità e per il fatto di essere stati i primi dell'Ordine. Ma la fondazione dell'Ordine non si può attribuire in alcun modo né ai primi sette frati globalmente presi, né a qualcuno di loro in particolare, come ho sentito ripetere spesso ai frati da fra Alessio, uno dei sette. Anche a me egli ha detto questa parola che ripeteva spesso ai frati: "Mai fu intenzione mia e dei miei compagni fondare un nuovo Ordine e che dalla comunione reciproca tra me e i miei compagni dovesse germogliare una così grande folla di frati. I miei compagni ed io pensavamo soltanto che fosse stato Dio a ispirarci a vivere insieme per poter fare più facilmente e degnamente la sua volontà, dopo aver abbandonato materialmente il mondo. Tutto questo è da attribuirsi perciò solo alla Nostra Signora ed è quindi da lei che il nostro Ordine prende il nome particolare di Ordine della beata Vergine Maria".

25. Ciò non e in contrasto con quello che abbiamo già affermato, cioè che il nostro Ordine si chiama anche Ordine dei frati Servi della beata Vergine Maria. Tre infatti sono i nomi del nostro Ordine: uno, generico, proveniente dalla Regola; il secondo, speciale, derivante dall'attività di coloro che lo costituiscono; il terzo, particolare, dalla Nostra Signora sua fondatrice.

L'Ordine dei Predicatori, ad esempio, ha un nome generico dalla Regola, per cui si dice "Ordine di sant'Agostino"; poi ha un nome speciale dall'attività propria di coloro che ne fanno parte, per cui viene chiamato "Ordine dei frati Predicatori"; infine ha un terzo nome particolare assunto dal suo primo fondatore, per cui si chiama "Ordine del beato Domenico".

Allo stesso modo il nostro Ordine ha tre nomi. Un primo nome generico dalla Regola che professarono gli antichi del nostro Ordine, la Regola del beato Agostino; questo è detto, con nome generico, "Ordine di sant'Agostino". Un secondo nome, speciale, dall'attività propria di coloro che ne fanno parte, per cui ha il nome specifico di "Ordine dei frati Servi della beata Vergine Maria". E infine un terzo nome particolare, assunto dalla Nostra Signora, sua prima fondatrice, per cui solo esso è chiamato "Ordine della beata Vergine"

Di conseguenza, perciò, abbiamo concluso che il nostro Ordine si chiama Ordine della beata Vergine Maria. Quantunque possa anche chiamarsi, genericamente, "Ordine del beato Agostino" e in modo speciale "Ordine dei Servi della beata Vergine Maria", però a titolo proprio ed esclusivo solo quest'Ordine, come abbiamo ragionevolmente spiegato, merita di essere da tutti denominato "Ordine della beata Vergine Maria".

Capitolo Quinto

Vita e morte di fra Alessio,

uno dei sette primi frati che hanno dato principio all'Ordine.

Il motivo della sua lunga vita

26. Vi furono dunque sette uomini di tanta perfezione che la Nostra Signora ritenne degno dare origine al suo Ordine per mezzo loro. Di questi, quando entrai nell'Ordine, nessuno trovai in vita, eccetto uno che prima ho ricordato e che si chiamava fra Alessio. Piacque alla Nostra Signora lasciare in vita fra Alessio fino ai nostri tempi, perché sulla sua testimonianza noi avessimo una conoscenza sicura dell'origine del nostro Ordine e potessimo trasmetterne la memoria ai frati che nell'Ordine si avvicenderanno fino al giorno del giudizio.

Nel timore, dunque, che, con la morte di fra Alessio, andassero irrimediabilmente perdute le memorie e le notizie relative all'origine del nostro Ordine e che noi, suoi contemporanei, fossimo per questo considerati colpevoli di ingratitudine, più di una volta lo interrogai a questo riguardo.

Un giorno mi recai a trovarlo nella sua cella proprio con questo intento. Animato da un grande desiderio di sapere, gli rivolsi domande precise, cercando di raccogliere, una per una, tutte le notizie più importanti che riguardavano le origini. Poi, le informazioni che da lui avevo appreso le trascrissi su di un foglio con ordine, una dopo l'altra. Tante volte ho letto questo foglio, sempre con grande amore, analizzando e ripensando quello che vi era scritto per tenerlo bene in mente. Un giorno, nel convento di Siena, ero seduto sul pozzo e tenevo tra le mani questo foglio, che sempre portavo con me, e lo leggevo con grande riverenza. Improvvisamente, per invidia del diavolo, mi sfuggì di mano: volteggiò un po' in alto e poi, con mio profondo dolore, andò a finire nel pozzo.

Certo, in seguito a questa perdita, molte cose scritte sul foglio io le ho ormai dimenticate per il lungo tempo trascorso. Però ho sempre conservato a memoria le notizie essenziali sull'origine dell'Ordine, come le ho sentile da fra Alessio. E queste ora, per volere della Nostra Signora che mi sollecita attualmente con particolare insistenza, le scrivo con assoluta fedeltà e le consegno alla memoria dei frati che verranno, come un grande tesoro da essi desiderato.

27. Come ho appreso per esperienza e visto con i miei occhi, la vita di fra Alessio non solo incitava con il suo esempio i presenti, ma anche attestava la perfezione sua e dei suoi compagni e la qualità dell'ideale religioso di cui abbiamo prima parlato. Per l'età avanzata, l'infermità fisica e la durata del tempo in cui aveva sostenuto nell'Ordine il peso della giornata e del caldo, seguendo la natura avrebbe potuto cercare il riposo, chiedere un'alimentazione adatta al suo stato di salute, indossare vesti calde, dormire su un soffice materasso e dare così sollievo al suo corpicino debole. Invece, per la sua santità e a dimostrazione di osservanza religiosa, cercava esattamente l'opposto di queste cose. Non chiedeva mai per sé cibi delicati, ma voleva sempre: mangiare nel refettorio comune, accontentandosi del vitto conventuale. E se talora l'acuirsi della malattia gli impediva di recarsi insieme ai frati alla mensa comune, non voleva per questo che gli fosse cambiato il cibo, ma consumava quello preparato per la comunità. Tutt'al più, senza esigere pietanze più abbondanti, raccoglieva un po' di verdura nell'orto e poi la mangiava solitamente cotta per sciogliere il freddo del suo corpicino vecchio e malato.

Detestava avere abiti troppo fini o, meglio, cercava di conservare nell'abbigliamento un giusto mezzo, evitando sia la sciatteria che la ricercatezza. Non voleva poi che gli fosse assegnato un letto adatto alla sua infermità, quindi soffice e confortevole; invece, come sanno bene tutti quelli che sono stati con lui in convento, usava assi di legno al posto del materasso e un ruvido panno al posto del lenzuolo inferiore.

Gli piacevano moltissimo i lavori manuali che in genere un'età come la sua cerca di evitare. Egli invece se li prendeva anche al di sopra delle sue forze e mettendovi tutto l'impegno, nonostante che poi i frati se ne lamentassero in comunità. Nelle azioni, nelle parole e in tutto il suo agire conservava umiltà e carità. E mai smise questo segno dell'umiltà, lui che pure, come s'è detto, era uomo di grandissima perfezione e da tutti i frati tenuto in grande onore e rispetto come uno dei primi Sette tramite i quali la Nostra Signora ha dato inizio al suo Ordine. Cercava infatti, per quanto stava in lui, di compiere gli uffici comunitari, anche se umili e pesanti, come l'ultimo dei frati. Finché gli fu possibile, anche quando i frati facevano resistenza, volle sempre andar fuori alla questua, nel giorno del suo turno, sopportando la fatica come avrebbe fatto l'ultimo frate valido della comunità. Si sforzava inoltre di svolgere, come qualunque altro frate, tutti gli altri compiti comunitari che appaiono di scarsa importanza agli occhi del mondo. In questo modo manifestava l'amore verso i fratelli e l'umiltà del cuore e a tutti i frati, desiderosi di servire fedelmente la Nostra Signora, lasciava un esempio che li animasse a fare le stesse cose.

28. Giunto a età avanzatissima, poté osservare con i suoi occhi lo sviluppo dell'Ordine, la moltitudine e la santità dei frati, e gustare la gioiosa certezza di ricevere il premio del fedele servizio alla sua Signora, la Vergine Maria. Nell'ultimo giorno della sua vita, secondo una notizia che ho raccolto da fra Lapo da Firenze, nipote di fra Sostegno e presente al momento del suo transito, egli, prima di morire, come segno dimostrativo della contemplazione e della purezza sua e dei sui compagni, ebbe una visione di angeli che gli venivano incontro sotto forma di uccelli bianchi e bellissimi oltre ogni dire; in mezzo era Cristo, nelle sembianze di uno splendido bimbo, con una corona d'oro sul capo. Gridando a gran voce, indicò ai frati che gli stavano attorno quello che vedeva.

È vissuto quasi 110 anni ed è giunto all'anno 1310 dalla nascita del Signore. Quindi, considerando il tempo in cui egli si unì ai compagni per iniziare il nostro Ordine e collegando questo tempo con la data della sua morte, risulta che fra Alessio è vissuto nell'Ordine quasi 77 anni.

Capitolo Sesto

L'unione spirituale dei sette frati quando erano nel mondo.

Il periodo di preparazione. La vita comune

23. Tanto grandi dunque erano la perfezione e la fede di questi sette uomini mentre ancora vivevano ciascuno nella propria casa a Firenze, che la Nostra Signora li ritenne degni di essere scelti per dare inizio al suo Ordine.

Essi non si conoscevano tra di loro, perché risiedevano in zone diverse della città. In seguito, però, dapprima uno con un altro e poi tutti e sette insieme, si trovarono uniti interiormente da una profonda amicizia, da vincoli di amore. E questo avvenne sia per l'amore previdente e il volere della Nostra Signora, che li guidava verso l'istituzione del suo Ordine, sia per le esigenze di attività che li portarono a incontrarsi. Era giusto, infatti, che l'amicizia stringesse interiormente con i suoi vincoli d'amore quelli che già una consuetudine di perfezione e di santità aveva reso simili tra di loro e che di lì a poco la Nostra Signora avrebbe anche uniti nella vita comune per fondare il nostro Ordine.

E da questo si ricava il segno certissimo della profonda amicizia di carità che li teneva perfettamente uniti in vista della fondazione del nostro Ordine: questa amicizia di carità li portava, con dolcezza e amore, non solo a un perfetto accordo nel valutare, alla luce del volere di Dio, le cose divine e umane, ma anche a non poter tollerare di stare lontani gli uni dagli altri: la separazione perfino di un'ora sola era da loro sofferta con grande disagio.

L'amicizia, che aveva già legato le loro anime perché gioissero insieme nelle: cose divine e umane, li ispirò anche ad abbandonare le cose terrene e a dimenticarle del tutto. Essa li aiutò a restare saldi in questo proposito fino a far sorgere in loro l'idea di vivere insieme, in una unità non solo spirituale ma anche di vita concreta, in modo da sostenersi reciprocamente con i buoni esempi, le parole e le opere e poi finalmente ritrovarsi in anima e corpo nella gloria celeste con Cristo, per amore del quale erano vicendevolmente legati da tale amicizia.

30. Mossi dunque da ispirazione divina, stabilirono con ferma determinazione di vivere insieme, per la salvezza delle loro anime, in una continua penitenza fino alla morte: una decisione non presa alla leggera e come per caso, ma con matura e salda deliberazione, sotto l'impulso speciale della Nostra Signora. Con grande scrupolosità si preoccuparono di tutto quello che era necessario per conseguire, in giustizia e libertà, lo scopo che si erano prefissi e per spendere poi a servizio del Signore e nella sua volontà tutto il resto della vita.

Perciò si sciolsero prima di tutto da ogni legame per poter attuare liberamente e secondo giustizia l'unione desiderata. Disposero quindi delle loro case e delle loro famiglie: a queste lasciarono il necessario, il resto lo distribuirono ai poveri e alle chiese per il bene delle loro anime, stabilendo di non conservare per sé assolutamente niente al momento della loro unione.

Chi tra loro era unito in matrimonio, se ne sciolse con il consenso della moglie e secondo le disposizioni del diritto, lasciando che anche la moglie, qualora lo volesse, si consacrasse al servizio divino.

Molto tempo prima che si attuasse la vita comune, ciascuno di loro poi si preoccupò di instaurare già quelle condizioni che, una volta intrapresa la vita comunitaria, l'avrebbero aiutato a continuare nel servizio del Signore. Perciò si preparò nella propria casa con un lungo tirocinio, cercando di abituarsi già a quello che poi avrebbe osservato nella vita comune. Tutti, deposte le vesti preziose e indossati abiti più dimessi, presero dapprima un mantello e una tunica di panno bigio; si tolsero le camicie di lino e indossarono sulla carne il cilicio; con sobrietà prendevano cibi e bevande, e solo quando era necessario; respingevano le attrattive sensuali, con una perfetta osservanza della castità; dominando pensieri, parole, sentimenti e azioni, cercavano di mantenerli entro i limiti dell'eccesso e del difetto, e quindi nel giusto mezzo; perseverando nella preghiera giorno e notte, imparavano a piacere solo a Dio; fuggendo il chiasso del mondo e la compagnia degli uomini, si recavano nelle chiese e in luoghi raccolti e solitari, dove potersi dedicare più liberamente alla contemplazione. Si rivolgevano infine a persone di vita santa ed esemplare, capaci di dare buoni consigli, per avere frequenti colloqui con loro e mantenersi con la loro guida conformi al volere di Dio; a queste persone si aprivano manifestando i pensieri e i propositi del loro animo.

31. Così, dunque, separati spiritualmente e materialmente dal mondo, completamente liberi da esso, erano pronti ormai per attuare, senza scrupoli di coscienza, il loro desiderio, già abituati, per la previdenza che avevano avuto, a quel genere di vita che si proponevano di osservare una volta riuniti in comunità. Nel giorno, che avevano fissato dietro ispirazione soprannaturale della Nostra Signora, con riverenza e timore di Dio dapprima elevarono una fervidissima preghiera dal profondo del cuore e poi, se fino allora erano stati uniti nell'anima, adesso si trovarono a condividere insieme la vita, realizzando il vivissimo desiderio che da molto tempo ne avevano.

C'era a Firenze, fuori della porta della città, una piccola casa nell'angolo del cimitero dei frati Minori, situato a destra della chiesa dei frati e in cima alla loro piazza. I frati Minori non avevano ancora occupato tutto lo spazio del cimitero, essendo il loro Ordine ancora recente. In questa casetta dunque si ritirarono nel giorno che abbiamo detto, cioè al tempo della nascita del beato Filippo. E così realizzarono il desiderio di vivere insieme e furono i primi iniziatori dell'Ordine della beata Vergine Maria e dei suoi Servi.

Capitolo Settimo

Appena uniti in vita comune ricevettero il nome speciale del nostro Ordine

32. C'è un fatto mirabile, fratelli miei, che i frati del nostro Ordine non devono assolutamente ignorare, ma a cui devono attribuire un grande significato. Proprio all'origine del nostro Ordine, quando a tale scopo questi gloriosi primi nostri padri si riunirono a vita comune, tutto il popolo prese a chiamarli comunemente "frati Servi della beata Vergine Maria". Da dove e da chi provenisse questo nome, essi lo ignoravano. Possiamo quindi dedurre che, fin dalle origini, questo nome sia stato dato ai primi padri non da un uomo, bensì dalla Nostra Signora, tramite la voce del popolo che, divinamente ispirato, ne comprovava così la provenienza non umana. Giustamente, infatti, la Nostra Signora, che ha voluto attribuire l'origine del suo Ordine non a un uomo ma solo a se stessa, ha anche stabilito che da nessun altro all'infuori di lei e del suo Figlio fosse trovato il nome e poi dato ai frati del suo Ordine.

È stato dunque per volere della Nostra Signora che questo nome, da lei scelto fin dal principio, divenisse subito popolare per acclamazione comune nel momento stesso in cui i primi frati del suo Ordine, nostri padri, si unirono insieme e furono da tutti chiamati con il titolo particolare di Servi.

33 Che questo nome non sia di invenzione umana, ma risalga all'iniziativa della Nostra Signora, lo si deduce anche dalla risposta che ebbi da fra Alessio quando, tra l'altro, gli chiesi da chi questo nome particolare dell'Ordine avesse avuto origine: "Non sono mai riuscito a sapere - mi disse - né da me stesso né da altri che questo nome sia stato dato per la prima volta da qualcuno. Perciò soltanto la Nostra Signora l'ha dato al nostro Ordine, e questo fatto, come ricordo, era creduto e confermato anche dagli altri compagni miei fratelli"

Poiché fra Alessio è state uno dei sette primi frati che unendosi a vita comune hanno dato inizio al nostro Ordine, nessuno deve dubitare che, se questo nome fosse stato scelto da qualcuno, egli non l'avrebbe saputo. Bisogna dunque che i nostri fratelli, grati per un beneficio così grande, tengano per fermo e convalidino con le parole e i fatti che questo nome è stato scelto per primo dalla Nostra Signora, la Vergine Maria e da lei benevolmente donato ai frati del suo Ordine.

Che le cose stiano proprio come diciamo, è stato comprovato dalla stessa Nostra Signora quando, come vedremo in seguito, mostrò in visione al suo devoto, il beato Pietro Martire, l'abito che portiamo e la regola che professiamo. In quell'occasione ebbe a confermare che il nome del nostro Ordine ci è stato dato da lei fin dal principio.

34. Cerchiamo dunque, fratelli e padri miei, di considerare accuratamente il senso del nome così grande di Servi della Vergine che: assumiamo alla nostra professione, e poi verifichiamo con attenzione se trascuriamo di rendere il debito onore a una così eccelsa Signora. Quelli che con timore e purezza di cuore assumono il nome di Servi di Nostra Signora e la onorano con il proprio servizio, portano più in alto di tutti il proprio Ordine. Quelli invece che con leggerezza e cuore impuro non temono di assumere questo nome e non si danno pensiero di onorare, come si deve, la Nostra Signora, non fanno che disprezzare l'Ordine della Vergine Maria, sfigurandone la bellezza.

Riflettiamo, perciò, con profonda umiltà, sulla grandezza del nome datoci dalla Nostra Signora. Se ci impegneremo a offrire l'omaggio di un degno servizio all'eccelsa Vergine Madre e Signora nostra, ci presenteremo sempre purissimi davanti a lei con perfetto rispetto e timore. In questo modo faremo vedere a tutti quanto il nostro Ordine sia degno di rispetto e riceveremo un giorno da lei il premio del nostro servizio, riservato a coloro che fedelmente la servono.

Capitolo Ottavo

La loro perfetta carità verso Dio, se stessi e il prossimo

35. Con la protezione speciale di Dio, che ne guidava perfettamente la vita secondo le tre cose dette prima, fin dal primo momento della loro esperienza comunitaria orientarono decisamente il cuore all’adempimento del precetto di una ordinata carità. E così amarono Dio con tutto il loro cuore: a lui rivolgevano tutto il loro affetto; a lui aderivano nell’unità dei cuori e delle anime; nulla desideravano fuori di lui o solo a lui anelavano come alla fonte di ogni desiderio. Lo amarono con tutta l’anima, senza ombra alcuna di inganno: trasformavano a lode di Dio ogni moto del corpo e ogni percezione sensibile; cercavano in ogni attività spirituale la sua gloria e a lui attribuivano il merito di tutte le buone azioni. Lo amarono infine con tutta la loro mente, senza stancarsi: al servizio del Signore posero l’intera loro ricerca e le scoperte che il pensiero o il ragionamento dava loro di attingere; lui desideravano sempre servire e temerlo come l’unico Signore.

36. Anche alla loro anima portavano un amore ordinato. Per prima cosa la sostenevano nella guerra contro la carne facendo opere di penitenza, in modo che la carne, con i suoi desideri contrari allo spirito, non finisse per sottomettere lo spirito al suo dominio. Poi, procedendo sulla via delle virtù, ascoltavano i consigli dell’anima, cercando di mantenere l’equilibrio in questo cammino perché, salendo con slancio là dove lo spirito li portava, costringessero la carne a seguire lo spirito. E in terzo luogo le prestavano un rispetto profondo nel segreto della coscienza, custodendo la porta della stanza nuziale, cioè i loro sensi, perché non venisse aperta imprudentemente e i pensieri mondani si introducessero di nascosto a sconvolgere la stanza della contemplazione. Anche verso il corpo avevano un amore ordinato: gli davano il cibo necessario perché non ricusasse il peso della penitenza; poi, con lo scettro della giustizia lo guidavano secondo i voleri dell’anima per mantenerlo sempre sotto la disciplina della salvezza; e infine gli imponevano con equilibrio il peso della penitenza, perché il puledro d’asina, credendosi libero, non perdesse ogni freno.

37. L’esercizio della carità riguardava infine anche il prossimo, di cui cercavano prima di tutto di conoscere le necessità. Partecipavano al dolore degli altri con viscere d’amore e, secondo le proprie possibilità, aiutavano i poveri in tutti i loro bisogni, spirituali e materiali. Tutti, poi, consideravano fratelli e con quella stessa misericordia che avevano verso se stessi perdonavano coloro che li avevano offesi. Infine, si interessavano con sollecitudine della situazione altrui: erano cioè contenti con i giusti e piangevano con i peccatori, incoraggiavano i giusti a perseverare nel loro stato di giustizia, e spingevano i peccatori a convertirsi perché non toccassero il fondo della loro miseria.

38. Amavano perciò Dio, la propria anima, il prossimo, il proprio corpo con un amore ordinato. Uniti a Dio con una carità perfetta, mettevano ogni impegno nel compiere tutte le buone opere. Sapevano infatti rispondere all'offesa, restando forti in una pazienza che tutto sopportava; alle comodità della vita opponevano la durezza della penitenza, con la quale respingevano le seduzioni della carne e del mondo; alla pigrizia reagivano con il fuoco ardente della sofferenza che non permetteva all'anima di diventare tiepida; contro l'ignoranza facevano risplendere la loro generosa benevolenza, che edificava gli altri elargendo beni materiali nel tempo della necessità; alle preoccupazioni mondane opponevano l'equilibrio di una sapienza che non ambisce onori e neanche si preoccupa di reclamare quanto gli appartiene; contro l'incostanza dell'animo resistevano fermi nella perseverante fedeltà all'amore di Cristo, da cui reputavano massima pena l'essere separati.

39. Si erano abbassati nell'umiltà: come persone forti tenevano la radice dell'amore nell'impegno che si erano proposto, così che potevano dire con Davide: "Ti amo, Signore, mia forza, ecc.". Venivano sollevati dalla speranza delle cose eterne: come persone più forti alzavano nel momento della prova il vessillo della carità, così che potevano esclamare con Giobbe: "Anche se il mio Creatore mi ucciderà, spererò in lui". E infine furono consumati dalla carità: come persone fortissime toccavano l'apice dell'amore, contenti addirittura di essere flagellati: grandissima gioia provavano a soffrire per Cristo. Lieti, perciò, come gli apostoli all'uscita dal sinedrio, avanzavano con decisa volontà.

Come Ie vergini sagge, portavano già pronte in mano le lampade. Avevano infatti un vasetto d'oro, cioè il cuore puro dove preparavano ospitalità al Diletto; riempivano il vasetto d'olio, cioè il cuore di quell'amore con cui attendere il Diletto nella gioia; accendevano la lampada con il calore della fiamma, cioè il desiderio fervido del cuore con cui andavano incontro a Cristo che veniva in loro; e infine rischiaravano la lampada del cuore con lo splendore, cioè con l'esempio dato al prossimo e la contemplazione delle realtà superne. Con lacrime luminose aprivano a Cristo che ormai bussava e, ricevendolo nel proprio cuore e gustando i doni della sua grazia, gioivano profondamente della presenza di un così grande Sposo. Con l'esempio di santità offerto a tutti, li accendevano di carità e li portavano con il loro entusiasmo all'amore di Cristo.

Capitolo Nono

Per il gran concorso di gente si trasferirono a Monte Senario

40. Per questa carità ordinata verso Dio, verso se stessi e il prossimo furono veneratissimi dal popolo: ogni giorno ricevevano visite di uomini e donne che ne desideravano la protezione e aspiravano ardentemente a formarsi secondo le loro parole e la loro vita. Ricercatissimi erano il sostegno della loro preghiera e la direzione dei loro consigli. Finirono così per essere completamente occupati dalle visite delle persone che li cercavano. La loro mente era distratta e la continua impossibilità di attuare quello stato di contemplazione, che pure desideravano, li metteva in un profondo disagio.

Questi uomini gloriosi, primi padri, spegnendo ogni piacere carnale, erano usciti dalla loro terra e, separatisi dalle famiglie, avevano eliminate ogni incertezza che rischiasse di immergerli di nuovo in vani pensieri. E tuttavia vedevano che queste visite intralciavano il cammino verso la terra loro indicata per divina ispirazione. Perciò, come erano già usciti dalla terra e dalla loro famiglia, cioè dal piacere corporale e dal pensiero fluttuante, così stabilirono di uscire dalla casa del padre col troncare ogni rapporto con il mondo e approdare senza impedimenti alla terra dei viventi loro mostrata da Dio.

Erano un'anima sola e un cuore solo per amare e onorare Dio al di sopra di tutto ed essergli sempre uniti con la mente. Il loro più grande timore era di non piacere più a Dio per la dissipazione della mente causata da un tale accorrere di gente. Dio, con quello stesso amore con cui li aveva legati insieme per lasciare la loro terra e la famiglia ed edificare il popolo, diede loro un cuore solo per uscire dalla casa paterna, lasciare cioè le relazioni con il mondo. Nei momenti di riposo dalla preghiera e dalla contemplazione, quando si incontravano per parlare insieme di Dio, dicevano riguardo a questo loro mutuo proposito: "Andiamo, fratelli, andiamo, lasciamo questo luogo di dubbio e di pericolo e cerchiamo un luogo solitario dove, con la guida di Dio, il nostro desiderio si possa realizzare". Essi continuavano a tener vivo il progetto che avevano concepito, pur non sapendo che cosa fare a tal riguardo e in che modo attuarlo; ma avevano speranza in Dio solo, di cui avevano sperimentato la protezione, e a lui si affidavano offrendogli tutti i loro pensieri.

Finalmente Dio, che previene quanti lo amano, ispirando il desiderio della salvezza, e colma della sua volontà chi lo teme e in nessun altro ha fiducia all'infuori di lui, viene incontro al desiderio dei nostri padri. Era stato Lui a ispirare questo desiderio, e Lui lo realizzò: nella larghezza della sua provvidenza, mostrò loro il luogo da lungo tempo intensamente bramato, indicando anche il modo con cui potevano farne la loro dimora.

41. C'è un monte distante da Firenze circa otto miglia. Quando è colpito dal vento, dall'interno delle sue grotte un suono rimbomba. Per questa eco, fin dai tempi antichi il monte ha preso il nome di Sonario o Sonaio, anche se poi la gente lo chiami per lo più monte Asinario, per una corruzione del termine: all'inizio è stata aggiunta la lettera a e la o si è cambiata in i.

Questo monte, dunque, fu Dio a mostrarlo per sua ispirazione ai nostri padri; qui egli li spinse per realizzare finalmente il desiderio che avevano di lui e fissarvi la loro dimora.

Da lontano essi scorsero il monte indicato loro da Dio: si innalzava al di sopra dei monti circostanti. Si avvicinarono per vedere com'era fatto. In cima trovarono una radura bellissima, anche se piccola: da una parte una fonte di ottima acqua, tutt'intorno un bosco ordinatissimo, come se fosse stato piantato da mano umana. Questo era davvero il monte preparato loro da Dio. Appariva infatti quanto mai adatto all'ideale che volevano attuare, soprattutto perché lontano dalle abitazioni e la sua cima pienamente conforme a chi volesse farvi penitenza. Perciò ringraziarono Dio di cuore.

Una volta scoperto il luogo dove i loro progetti potevano realizzarsi, non dicevano più: "Venite, cerchiamo", bensì: "Venite, vediamo il luogo preparato dal Signore e saliamo al monte adatto alla nostra penitenza ,e con timore di Dio e gioia insieme si dicevano l'un l'altro: "Perché aspettare ancora! Presto, presto, usciamo dalla città, lasciamo ogni rapporto con il mondo, non fermiamoci nella regione circostante, e non voltiamoci indietro per guardare quanto è nocivo alle nostre anime, ma saliamo su questo monte del Signore a noi riservato dalla divina provvidenza, perché in tutto possiamo realizzare la volontà di Dio secondo il nostro desiderio".

Salirono dunque sul monte e sulla sua cima costruirono una casetta come loro prima abitazione, e qui, lasciata la prima casa che avevano avuto a Firenze, trasferirono la loro dimora.

Capitolo Decimo

Conformità del monte e del luogo al nostro Ordine

42. Opportunamente i nostri padri ricevettero da Dio quel monte come dimora, poiché il luogo era conforme alla loro ascesa e il nome alla loro eco.

Che il luogo fosse adatto alla loro ascesa risulta evidente da quanto segue. Abitarono prima nella valle di lacrime, dove la contrizione li lavò, li rese puri e pronti a intraprendere l'ascesa. Nella valle di lacrime prepararono le ascensioni dentro il loro cuore.

Si fermarono anche nella pianura dei costumi, dove furono ammaestrati dall'unzione dello Spirito santo che insegnava loro ogni cosa: rivestitisi di mansuetudine, camminavano nell'innocenza del loro cuore in mezzo alla casa di Dio.

Posero la loro residenza sul colle delle virtù, dove, ristorati dai vari cibi delle virtù e ricolmati di doni celesti, potevano dire: "Se contro di me si accampa un esercito, il mio cuore non teme".

Erano ormai degni di salire sul monte e dedicarsi alla contemplazione: lassù, pervasi dalla luce dello Spirito di sapienza e di intelletto e avvolti dal profumo della divina felicità, potevano gridare, gli occhi sempre rivolti al Signore: "Poiché non sappiamo che cosa fare, questo solo rifugio ci resta, alzare a te i nostri occhi". In questo modo risulta chiaro che il luogo era conforme a questo loro itinerario di ascesa.

43. Che poi il nome del monte si adattasse anche alla loro eco, appare da questo. Alla chiamata di Dio che li guidava alla conoscenza e all'amore di sé, facevano eco con il soave suono di una pronta obbedienza, rispondendo: "Parla, Signore, ché i tuoi servi ti ascoltano". Quando lo Spirito li riempiva del suo soffio, usciva soffusa di tenero amore la dolce eco di questa acclamazione: "Non respingermi dalla tua presenza e non privarmi del tuo Santo Spirito". E ancora, quando la mano si muoveva a compiere molte opere sante, trasmettevano al prossimo, con la testimonianza del loro esempio di santità, un'eco dolcissima, dicendo: "Siamo ovunque il buon odore di Cristo". Quando poco dopo, come frati dell'Ordine della beata Vergine Maria, di cui essi erano il principio, risvegliavano il mondo con la loro eco, vale a dire la parola e le opere, e lo portavano, con il loro esempio, a seguire Cristo, e in questo modo si manifestavano al mondo a lode di Dio, questa era l'eco vibrante di una sua dolce armonia: "Casa d'Israele, vieni, camminiamo nella luce del Signore". Verso Dio, se stessi e il prossimo un suono soave e armonioso saliva da loro; e questa eco si sarebbe diffusa al mondo intero dai frati che da loro sarebbero derivati. Era giusto perciò che essi ricevessero da Dio e lo abitassero fin dal principio un luogo che emettesse suoni e dal suono prendesse il nome. Dio preparò per loro abitazione il Monte Sonaio perché, come è evidente, questo monte ha un armonioso legame con la salita compiuta dai padri e l'eco che da loro si sprigiona.

Capitolo Undicesimo

Le tre tende di perfezione

44. Dovendo allora fermarsi su questo monte e renderlo bello con la loro presenza, vi fecero tre tende, una materiale, una mistica e una morale.

La tenda materiale fu la povera dimora sul monte: dimora loro mostrata per divina ispirazione, fondata sulla sommità del monte, costruita con materiale di poco valore, irrigata da una fonte di acqua abbondante, circondata da una bella selva di alberi, abbellita da un prato di erbe verdeggianti, fornita da Dio di un'aria purissima, e infine resa perfetta dalla presenza stessa dei nostri padri.

La tenda morale fu la dimora speciale di Cristo nella mente di ciascuno di loro. Il suo modello fu mostrato sul monte che è Cristo. Una dimora edificata dalla stessa Sapienza, sul fondamento profondo della carità, collocata nell'animo di ciascuno dei padri, costruita mediante l'armonica connessione delle virtù e dalle virtù custodita, decorata interiormente dallo splendore della purezza e esteriormente dalla bellezza delle buone opere. La presenza di Cristo le dava la sua ultima compiutezza.

La tenda mistica, poi, fu il particolare rifugio che vi trovarono i frati del nostro Ordine: rifugio costruito soprattutto dalla Nostra Signora, fondato sull'umiltà dei nostri padri, costruito con la loro concordia, conservato dalla povertà, abbellito dalla purezza. La presenza di frati santi, che si avvicenderanno fino al giorno del giudizio, è la sua perfezione.

45. Quest'ultima tenda, rifugio particolare dei frati del nostro Ordine, che è l'unico ad avere il nome di Ordine dei Servi della beata Vergine Maria, era costituita inizialmente dalla comunità dei nostri padri, e poi però fu dai frati allargata sul monte in questo modo. Stando sul monte, i nostri padri traevano un grande conforto dalla bellezza di questo luogo, per loro preparato e indicato da Dio, e ogni giorno facevano un passo avanti sulla via delle virtù. Avvenne allora che, mentre il Signore operava con loro e ne confermava la vita, i nostri padri, che pure si trovavano ormai distanti, suscitassero nella gente, con il profumo della loro fama, un sentimento di amore e di devozione, molto più di quanto fossero riusciti a fare quando erano a stretto contatto con il popolo.

Perciò molta gente, sentendo il suono e il profumo della loro vita santa e virtuosa, con profonda pietà ne seguiva le tracce e aspirava ardentemente di recarsi al luogo da dove provenivano un suono e un profumo così intensi. A questo monte dunque confluivano molti provenienti da ogni parte della città e del contado di Firenze e, parlandosi a vicenda, si dicevano: "Perché siamo tanto lenti a far visita a questi servi di Dio da cui promana un così intenso profumo di virtù, e non ci affrettiamo a conoscerli meglio? Presto, dunque, passiamo a questo monte Sonorio e monte profumato di Dio, saliamo fin sulla sua cima e vediamo questi uomini gloriosi da cui procede il suono che abbiamo udito e il profumo che abbiamo sentito, per apprendere dalle loro parole, piene del fuoco della carità, le vie del Signore e disponiamoci a camminare per i suoi sentieri con gli esempi della loro santità. D'ora in poi tutta la nostra vita sia secondo il modello che questi suoi servi ci indicano sul monte del Signore".

Che epoca felice e splendida quella dei nostri padri! Era retta con cura speciale dal Signore e tutta orientata secondo la volontà di Lui. La sua eco e il suo profumo attiravano popoli che qui accorrevano anche da distanze remote.

Capitolo Dodicesimo

Con il loro esempio attiravano altri all'amore di Dio e li univano alla loro comunità

46. Da ogni parte, dunque, confluiva gente verso questi uomini gloriosi, nostri padri, e chiunque ne riportava, conforme alle sue capacità, un frutto di salvezza.

Infatti, alcuni, considerandone la vita esemplare, vedevano riflessa in questa, come in uno specchio, la propria e, constatando quanto fosse imperfetta, si proponevano di cambiarla in meglio. Nulla di straordinario in questo: poiché, fissando lo sguardo sulle loro parole e la loro vita, imparavano a fuggire quella doppiezza che il mondo ama e a conservare la semplicità che viene dal cielo, a odiare di cuore i vizi e ad amare come madri le virtù. Vedevano infatti che essi non coprivano il cuore di inganni, come fanno le persone doppie, né avvolgevano il pensiero nei veli delle parole, non facevano passare per falso ciò che era vero e non rivestivano il falso dell'apparenza della verità. Li vedevano come persone autenticamente semplici che nulla facevano per ostentazione, ma manifestavano apertamente il pensiero con le loro parole, amavano le cose nella loro verità, evitavano il falso, offrivano gratuitamente i propri beni, preferivano subire il male piuttosto che farlo, non cercavano di vendicarsi delle offese ricevute, bensì consideravano un guadagno il soffrire ingiuria per la verità.

Altri, poi, parlando cordialmente con loro di Dio e della patria celeste, sentivano crescere nell'anima un fervore che non potevano tener celato, ma che manifestavano con chiari segni. La gioia prorompeva nelle profondità dello spirito; era una gioia indicibile quella di cui Dio li riempiva. Una gioia che non potevano articolare in parole e che tuttavia non riuscivano in alcun modo a nascondere: solo gemiti davano voce al fervore e alla gioia interiori. Essi, infatti, vedevano i padri intenti a conservare puro il loro cuore e preparare a Cristo una degna dimora; a colmarlo d'amore e attendere con gioia il Diletto; ad accenderlo di un desiderio ardente e andare incontro all'Amico che viene; e a illuminarlo infine con l'esempio dato al prossimo e la contemplazione delle realtà del cielo e aprire con lacrime luminose allo Sposo che già bussa alla porta, accoglierlo nel profondo dell'anima con tutti gli onori, e cioè amarlo come il bene più grande e obbedirgli in tutto.

47. Altri ancora, attirati dal profumo delle loro virtù e afferrati dal fuoco della loro parola e del loro esempio, non solo li amavano spiritualmente come amici di Dio, ma anche avvertivano fortissimo l'impulso a servire Dio con loro su quel monte e a fissare lì la propria dimora. E non stupisce se anche costoro siano stati indotti a vivere materialmente con loro e quindi ad abbandonare il mondo: li vedevano infatti dotati di doni incomparabili e in spirito già costantemente dimoranti in cielo.

In loro era il dono del timore di Dio che li rendeva umili: non aspiravano a cose alte, ma erano in sintonia con quelle umili.

In essi si manifestava il dono della pietà che li rendeva miti: cercavano Dio piamente, cioè senza opporgli resistenza, ma venerandolo come Signore dolcissimo.

In essi brillava il dono della scienza: davano gemiti di dolore pensando a tutto quello di cui avevano fatto cattivo uso.

In essi si distingueva il dono della fortezza che li rendeva affamati e assetati di giustizia: aspiravano a raggiungere la gioia che proviene dai veri beni e desideravano essere liberati dagli affanni della vita presente.

In essi era il dono del consiglio che li aveva resi misericordiosi: perdonavano quelli che li avevano offesi e procuravano loro tutto il bene che potevano da parte di Dio e degli uomini, aspettandosi solo da Dio la ricompensa.

Si nascondeva in loro il dono dell'intelligenza che li aveva resi casti nel cuore e nel corpo e aveva purificato l'occhio della mente: essi perciò potevano già contemplare le realtà del cielo.

Li rendeva completi il dono della sapienza che li aveva trasformati in uomini di pace: non più l'impulso negativo di ribellione allo Spirito, ma la gioia di obbedire spontaneamente a Dio in tutto, con viscere d'amore.

Per i doni di cui lo Spirito aveva arricchito i nostri padri, perché stupirsi se molti, attirati dal profumo di questi carismi, abbiano deciso di vivere con loro in una unità spirituale e materiale e di non lasciar più la loro fraternità?

48. Molti dunque convenivano da ogni parte, spinti dal desiderio di diventare, per amore della patria celeste, loro compagni. Gli stessi gloriosi uomini, nostri padri, riconoscevano da tanti segni la cura che Dio aveva avuto di loro dal momento in cui avevano intrapreso la vita comune. Tutto, essi ne erano certi, si era svolto secondo un disegno divino. Compresero perciò che dall'azione di Dio dipendeva anche il proposito radicale di queste persone desiderose di unirsi a loro per fare penitenza. Cominciarono allora a pensare che l'essersi riuniti insieme, per l'iniziativa tacita della Nostra Signora, e l'essere stati sospinti per ispirazione divina a porre la loro dimora su un monte adatto alla loro vita penitenziale, non fosse solo per raggiungere la santità e conservarla, ma anche: per unire a sé altre persone desiderose di intraprendere un analogo cammino di santità e accrescere così il nuovo Ordine che per mezzo loro la Nostra Signora aveva iniziato. Così con la loro parola e la loro vita - e anche con quella dei frati che sarebbero stati in futuro nell'Ordine - avrebbero ricondotto molti dalle strade sbagliate e portati fino alla perfezione delle virtù: facendo loro da guida nella conoscenza e nell'amore di Dio, li avrebbero preparati a possedere la patria del cielo.

Perciò, pur se a loro costava infinitamente lasciare la pienezza della contemplazione, tuttavia, poiché desideravano compiere soltanto la volontà di Dio - e negli eventi recenti questa volontà la riconoscevano con chiarezza -, decisero di aggregarsi come fratelli quelli che, a loro giudizio, apparivano fondati nel timore di Dio. E già in quel tempo ne ricevettero alcuni.

49. Essi pensavano che mai, per rispetto verso Dio che per primo lo aveva preparato come loro degna dimora, il convento di Monte Sonaio doveva essere abbandonato, né da loro né dai frati che si sarebbero avvicendati nell’Ordine. Tuttavia, poiché esso non bastava più a loro, ai fratelli che già avevano accolto in comunità e agli altri che in seguito avrebbero accolti, furono costretti ad acquistare altri conventi in cui fosse possibile vivere con i fratelli presenti e futuri e pensare quindi alla salvezza delle anime.

Questi uomini gloriosi, primi nostri padri, scesero allora dal monte della mondana superbia e, nel desiderio di rimanere saldamente legati al Signore, arrivarono fino all’umiltà che è il fondamento delle virtù. Sulla base dell’umiltà innalzarono l’edificio delle virtù fino a raggiungere la carità che è il loro culmine. In questo modo, con l’aiuto del Signore provvidero al proprio bene e alla propria perfezione e, sicuri di osservare la volontà di Dio, accolsero nella loro comunità molti fratelli e compagni, cari a loro e a Dio, e in quel momento, guidati da Dio, cominciarono a ricevere parecchi conventi adatti alla loro vita penitente.

Capitolo Tredicesimo

La Nostra Signora mostrò in visione al beato Pietro Martire l'abito e la regola che avrebbe dato ai nostri frati

50. Intanto i gloriosi uomini nostri padri avevano già accolto molti fratelli nella loro comunità e avevano anche incominciato a vivere in moltissimi conventi da loro acquistati. Si avvicinava il tempo in cui la lucerna preparata per il nostro Ordine, cioè il beato Filippo, doveva illuminarlo con il suo ingresso e la sua presenza. La casa, cioè il nostro Ordine, non era stata ancora completata e cosi la lucerna non poteva essere posta sul candelabro dell'Ordine: i nostri frati, infatti, non avevano ancora un abito fisso e sempre uguale, né una regola secondo la quale fare la professione religiosa e vivere in futuro. Dio allora mandò un suo servo, il beato Pietro Martire dell'Ordine dei frati Predicatori perché li informasse con precisione circa l'abito da portare sempre immutabilmente e la regola in base alla quale professare e vivere in futuro.

51. Nell'anno del Signore 1244, durante il papato di Innocenzo IV, il beato Pietro Martire, inviato dal papa a predicare contro gli eretici che in quel momento pullulavano soprattutto in Italia e si levavano a predicare pubblicamente contro il dogma cattolico, giunse a Firenze per assolvere questo compito.

A Firenze dunque si trovava il beato Pietro: le sue prediche e dispute avevano un solo scopo, l'estirpazione delle eresie e la difesa della verità di fede. Quando confutava gli eretici, era lo Spirito Santo a operare in lui e a dire parole verissime per mezzo della sua bocca. Per questo riusciva a estirpare le profonde radici dell'eresia e a rinsaldare la verità della fede cristiana.

I gloriosi uomini, fratelli nostri, erano assidui frequentatori della sua predicazione. Incominciarono ad amarlo intensamente per quel fervore dello Spirito Santo che vedevano in lui. Vollero perciò conoscerlo e strinsero con lui un'amicizia profonda, fino a prenderlo come speciale padre e signore e unico consigliere nel loro cammino verso la salvezza. Egli esaminò con ordine la loro vita, si informò di tutto ciò che era accaduto in seguito alla costituzione della loro comunità, si rese conto - poiché ne conosceva le coscienze attraverso la confessione - della loro perfezione e dell'ideale religioso che aveva ispirato la loro consacrazione. Più volte si recò a visitarli là dove abitavano e poté verificare che essi vivevano nella pace e nella concordia, che perseveravano nel timore del Signore e che il loro ideale di vita andava d'accordo con il comportamento morale. Li adottò quindi come suoi figli spirituali.

52. Sperava inoltre che un onore non piccolo per Dio e un vantaggio grande per il mondo potevano derivare in futuro sia dalle vicende che egli aveva appreso della loro esperienza passata, sia dalla santità che egli ora vedeva in loro. Sapeva tuttavia che essi non portavano ancora un abito fisso né seguivano una regola particolare, pur avendo fin dagli inizi della loro vita comunitaria il nome che in una maniera tutta particolare designa il nostro Ordine e che era stato ratificato dalla comune voce popolare.

La cura speciale che egli aveva di loro nasceva da una stima e da un affetto profondi. Perciò per l'abito, la regola e il nome pregava con grande fervore Dio e la Nostra Signora. In particolare: supplicava la Nostra Signora, perché gli manifestasse con un segno, per amore del Figlio suo, se davvero avesse scelto al suo speciale servizio, amandoli e preferendoli a tutti gli uomini del mando, questi nostri fratelli, come dimostrava il nome loro dato dal popolo, e se avesse stabilito di dare origine per mezzo di essi a un Ordine dedicato solo a sé, al suo onore e alla sua gloria; gli rivelasse perciò l'abito che dovevano portare, la regola che dovevano osservare, e indicasse il nome con il quale d'allora in poi avrebbero dovuto chiamarsi.

Per avere questa rivelazione dalla Nostra Signora il beato Pietro Martire perseverava nella preghiera, e l'intensità del sentimento provocava continuamente lacrime in abbondanza. Anche i gloriosi primi nostri padri, insieme con i fratelli che avevano accolto, pregavano allo stesso scopo nel digiuno e con una vita santa, come aveva loro ordinato il beato Pietro.

52. Allora la gloriosa Vergine Maria, che era stata invocata con tanto amore, apparve in visione al beato Pietro e lo rassicurò su tutto. Era stata proprio lei a scegliere al suo servizio, tra tutti gli uomini del mondo, questi uomini e quelli che in futuro si uniranno alla loro comunità. In particolare aveva ottenuto da suo Figlio che da loro nascesse un Ordine, il quale doveva essere edificato a onore e gloria di lei ed essere dedicato al suo nome. Mostrò inoltre l’abito che noi portiamo e che sempre i frati del nostro Ordine dovranno portare come segno esteriore dell’umiltà della beata Vergine Maria e come chiara indicazione di quello che ella patì nell’amarissima passione del Figlio suo. Rivelò infine che doveva essere loro consegnata la regola del beato Agostino secondo la quale dovevano vivere.

53. Il beato Pietro Martire, uomo totalmente consacrato a Dio e alla Nostra Signora, si svegliò dal sonno. Si rese conto che dalla Nostra Signora aveva ricevuto, in visione, la conferma di tutto ciò che desiderava. Con una profonda e devota preghiera a Dio e alla Nostra Signora, li ringraziò infinitamente per un tale beneficio. Alzatosi al mattino, celebrò in ringraziamento la messa di Nostra Signora. Dopo aver celebrato con grandissima gioia la messa, si recò al nostro convento che abbiamo ora in Firenze, insieme a un compagno suo amico, e ai nostri frati, riuniti insieme nella casa che allora avevano, annunziò la visione della Nostra Signora sullo stato futuro del nostro Ordine, l’abito che dovevano portare e la regola che dovevano osservare nel futuro, e rivelò che il nome speciale che essi avevano di Servi della Vergine Maria proveniva dalla stessa Nostra Signora e perciò con l’autorità di lei confermò che essi dovevano sempre conservare questo nome. Li invitò a rendere debite grazie alla Nostra Signora per così grande beneficio e poi, dopo essersi raccomandato alle loro preghiere, l’uomo di Dio con il suo compagno fece ritorno al suo convento.

Capitolo Quattordicesimo

L'ingresso del beato Filippo e conseguente sviluppo dell'Ordine

54. In verità il beato Pietro Martire non era stato inviato solo al popolo di Firenze; in forza dell'ufficio ricevuto egli doveva predicare il vangelo anche in altre città d'Italia. Perciò, dopo aver estirpato in profondità l'eresia a Firenze, con la forza dello Spirito Santo che agiva in lui, partì per Milano. Qui predicò per molto tempo la parola del Signore, attestò la verità di quanto diceva con molti prodigi e miracoli e in questo modo davanti a tutti mise a tacere gli eretici. Combatté la buona battaglia come autentico soldato di Cristo, terminò egregiamente la corsa del compito ricevuto, conservò nel cuore la fede onorando Dio in tutto. Se ne andò felicemente con la palma del martirio per ricevere dal Signore la corona di giustizia. Il venerabile beato Pietro Martire morì nell'anno del Signore 1251, primo del pontificato di papa Alessandro IV. Si potranno trovare nella sua Iegenda notizie complete e attendibili riguardanti la sua vita nell'Ordine, i miracoli che il Signore, a dimostrazione della sua santità e a conferma dell'ortodossia della sua predicazione, ha operato in occasione della sua morte e dopo, il luogo della sua sepoltura.

55. I frati del nostro Ordine dunque avevano ricevuto la regola secondo la quale dovevano, d'allora in poi, fare la professione religiosa e vivere. Avevano preso l'abito che il nostro Ordine mai più poteva abbandonare. Conservavano il nome che avevano ricevuto fin dal principio, per volere della Nostra Signora. La casa del nostro Ordine era quindi pronta ad accogliere la lucerna preparata da Dio. Questa lucerna, cioè il beato Filippo, era cresciuta di luminosità davanti a Dio e agli uomini e ora aveva raggiunto ventun anni di età, quanti i nostri gloriosi Padri avevano già trascorso al servizio del Signore dalla loro prima unione. Nell'anno del Signore 1254, primo del pontificato di Alessandro IV, il beato Filippo, seguendo il desiderio del suo cuore, entrò nel nostro Ordine, con una umiltà straordinaria, come spiegheremo, se Dio ce lo concede, nella sua legenda.

Capitolo Quindicesimo

Privilegi acquisiti dall'Ordine dopo l'ingresso del beato Filippo e la sua concorde elezione al generalato

56. Come sopra abbiamo detto, la Nostra Signora, proprio nel momento in cui nasceva il beato Filippo, ha radunato a vivere insieme, da una stessa provincia e città, i gloriosi padri nostri per formare, con questa loro unione, una nuova casa. Il beato Filippo, divenuto adulto e posto sul candelabro, doveva illuminare questa casa con la parola e la vita, e lasciare ai frati del nostro Ordine un esempio e una regola per un degno servizio alla Nostra Signora. E perché fosse ben chiaro a tutti che lo sviluppo del nostro Ordine dipende dalla virtù del beato Filippo, non appena egli fece il suo ingresso nell'Ordine i nostri frati incominciarono a sentirne subito gli influssi benefici.

Subito dopo il suo ingresso, infatti, incoraggiati dalla virtù del beato Filippo, si recarono alla curia romana che in quel momento si trovava a Napoli: dal papa Alessandro IV, in quello stesso anno, cioè il primo anno del suo pontificato, ottennero il primo privilegio, quello di poter edificare in tutti i conventi propri gli ambienti necessari e l'oratorio con la campana, e di costruire il cimitero. Perciò bisogna prestare molta attenzione al grande bene che essi hanno ricevuto dalle sue preghiere nel momento stesso del suo ingresso.

Prima che egli entrasse a far parte della loro comunità, infatti, i nostri frati, pur possedendo moltissimi conventi, non avevano ancora il diritto di edificare l'oratorio con la campana e di costruire un cimitero. Fino allora, nei propri conventi essi costruivano altari, a loro uso esclusivo, con l'autorizzazione del vescovo diocesano, ma non potevano farlo in virtù di un privilegio. Con quel privilegio invece ricevettero l'autorità non solo per i conventi che già possedevano, ma anche per tutti quelli che in futuro avrebbero acquisito nelle diverse parti del mondo.

57. La luce per sua natura non può restare a lungo nascosta: alla fine manifesta agli uomini il suo potere. Così il beato Filippo, che desiderava tener celata la sua cultura, si era fatto ricevere nel nostro Ordine come frate laico, e in tale stato visse per quasi quattro anni: tutti i frati lo consideravano semplicemente un laico. Alla fine fu la Nostra Signora a svelarne la scienza in quel modo che sarà narrato nella sua legenda, se così vorrà la Nostra Signora. All'epoca della sua manifestazione, mentre egli cresceva davanti a Dio e agli uomini e anche il nostro Ordine avvertiva che stava sviluppandosi sempre di più secondo un ritmo naturale di crescita, i nostri frati si recarono alla curia che allora era ad Anagni e ricevettero dallo stesso papa Alessandro IV, nell'anno quarto del suo pontificato e cioè nel 1258, un secondo privilegio, quello di poter dare sepoltura a quanti volessero essere sepolti nei nostri conventi. Questo secondo privilegio suppone e conferma il primo, quello cioè che aveva concesso per la prima volta ai nostri frati di avere luoghi giuridicamente riconosciuti, con oratorio, campana e cimitero, e lo allarga applicandolo anche agli estranei e confermando che i nostri conventi sono riconosciuti ufficialmente dalla Chiesa.

58. Provvidenzialmente dunque la Nostra Signora aveva concesso ai frati del nostro Ordine, per i meriti del beato Filippo, con il primo privilegio di poter costruire conventi, e con il secondo di poter ricevere per la sepoltura coloro che sceglievano di essere sepolti presso di loro.

I nostri frati non avevano però ancora l'autorità apostolica di convocare il capitolo generale e di eleggere il priore generale, benché, fin dal tempo in cui avevano ricevuto dalla Nostra Signora l'abito e la regola per mezzo del beato Pietro Martire, riunissero capitoli quando era necessario e in essi, nella loro candida ingenuità e ignoranza del diritto, eleggessero il priore generale e subito si recassero alla curia per la conferma dell'elezione. Ma si avvicinava il tempo in cui la Nostra Signora aveva deciso di mettere sul candelabro dell'Ordine il beato Filippo. Bisognava che al momento della sua elezione i frati possedessero l'autorità apostolica di celebrare il capitolo generale e di eleggervi un generale che potesse reggere i frati del nostro Ordine ed esercitare le altre mansioni inerenti al suo ufficio. Quando il beato Filippo fu promosso, benché riluttante, all'ordine sacerdotale, la Nostra Signora per i meriti suoi procurò all'Ordine una nuova grazia, maggiore delle precedenti.

59. Nell'anno dunque 1263, secondo del pontificato di papa Urbano IV, il beato Filippo fu ordinato sacerdote e dai frati del capitolo generale fu eletto priore generale fra Iacopo da Siena, il quale si affrettò a recarsi alla curia, con alcuni frati dell'Ordine, per la conferma.

Era in quel tempo protettore dell'Ordine il cardinale Ottobuono, genovese, del titolo di S. Adriano, il quale, sapendo che i nostri frati non avevano alcun privilegio per riunire il capitolo ed eleggere il priore generale, e d'altra parte vedendo che erano uomini di grande santità, ispirato dalla Nostra Signora e per i meriti del beato Filippo, decise di richiederlo subito al sommo pontefice.

I nostri; frati; dunque si presentarono in concistoro, si inginocchiarono davanti al sommo pontefice e ai cardinali per impetrare questo privilegio. Anche il signor cardinale Ottobuono lo chiedeva con viva insistenza. Il papa rispose che concedere un tale privilegio voleva dire approvare un Ordine nuovo. Allora il cardinale Ottobuono, che aveva ascoltato tutto ciò, rispose così al sommo pontefice: "Sulla mia vita, signore, concedete pure questo privilegio a questi frati: essi sono degni di ottenere questo favore da parte vostra perché conosco la loro santità". Tutti i cardinali si levarono in piedi e chiedevano al papa di concedere il privilegio per amore della Nostra Signora e del reverendo cardinale Ottobuono. II papa allora diede questa risposta: "Giacché il signor cardinale Ottobuono dà testimonianza così sicura della santità di questi frati, io voglio far loro questa grazia per amore della Vergine Maria, della quale il popolo li chiama Servi".

Approvata la richiesta, lo stesso papa Urbano, per dare maggiore solidità alla grazia concessa, prima che i nostri frati uscissero dalla presenza sua e dei signori cardinali, confermò subito priore generale fra Iacopo da Siena, il quale ebbe così la grazia singolare di essere il prime priore generale confermato dal papa.

60. II cardinale Ottobuono, che aveva ottenuto con le sue preghiere la grazia del privilegio, ebbe, ancora in vita, questo premio dal Signore: tre anni dopo la concessione del privilegio, cioè nell'anno del Signore 1266, alla morte di papa Urbano IV, fu eletto pontefice all'unanimità da tutti i cardinali, prendendo il nome di Adriano V. Ma perché la malizia non ne mutasse i sentimenti e l'inganno non ne traviasse l'animo per il prolungarsi del tempo in cui egli sarebbe rimasto in tale dignità, il Signore fissò opportunamente un termine alla durata della sua vita: fu papa solo un mese e trasmigrò al Signore per ricevere, in cambio di quel privilegio e delle buone opere, un privilegio eterno.

61. Dopo aver ottenuto il privilegio, fra Iacopo da Siena governò l'Ordine ancora per due anni, con un comportamento di grande rettitudine. Dopo di lui, cioè nell'anno del Signore 1265, primo del pontificato di papa Clemente IV, fu eletto fra Manetto da Firenze, uomo di grande santità e devozione, di bell'aspetto e di natura delicata. Per la conferma si recò alla curia che allora si trovava a Perugia.

Anche Fra Manetto governò l'Ordine per due anni, con santità di vita. Poi diede le dimissioni dall'ufficio e da tutti fu eletto concordemente il beato Filippo come priore generale del nostro Ordine: era l'anno del Signore 1267, terzo del pontificato di papa Clemente IV Eletto priore generale del nostro Ordine, il beato Filippo si recò per la conferma alla curia, che allora era a Orvieto, e dallo stesso papa Clemente fu onorevolmente confermato.

L'elezione del beato Filippo, la conferma, lo stile e la durata del suo governo e il tempo del suo passaggio al Signore verranno subito illustrati, se cosi vuole la Nostra Signora, nella legenda che con l'aiuto di Dio desideriamo redigere.

62. A lode dunque della beata e gloriosa Vergine Maria è ora chiaro come ebbe principio il nostro Ordine e quale sia stato il suo sviluppo fino al tempo in cui il beato Filippo fu eletto a governarlo.

Completato tutto questo, a lode e onore della stessa Vergine Maria, con l'aiuto di lei prendiamo a esporre, come abbiamo promesso, la vita del beato Filippo.

A lode della Vergine Maria termina la Legenda dell'origine dell'Ordine dei frati Servi della Vergine Maria. Rendiamo grazie a Dio. Amen!

FONTE (http://www.servidimaria.org/it/bibliografia/legenda_de_origine.htm)

Augustinus
17-02-07, 12:16
GIOVANNI PAOLO II

MESSAGGIO ALL’ORDINE DEI FRATI SERVI DI MARIA

Al Reverendissimo Padre
HUBERT M. MOONS
Priore Generale dell’Ordine dei Frati Servi di Maria

1. "La grazia del Signore Gesù sia con voi. Il mio amore con tutti voi in Cristo Gesù!" (1 Cor 16,23). Con queste parole dell'apostolo Paolo, saluto cordialmente Lei e l'intero Ordine dei Frati Servi di Maria in occasione del Capitolo Generale, in programma ad Ariccia dall'8 al 30 ottobre 2001. Il tema dei lavori è: "Con santa Maria, dall'ascolto di Dio al servizio della vita". Esso richiama la vostra riflessione sulla necessità di rendere la testimonianza dell'Istituto sempre più fedele al carisma delle origini ed insieme vicina alle istanze dell'uomo contemporaneo.

Rivolgo a Lei, Reverendissimo Padre, il mio cordiale saluto e un sincero ringraziamento per il servizio di Priore Generale, che Ella ha reso all'Ordine durante 12 anni. Saluto i Capitolari e, attraverso di loro, tutti i membri di codesta Famiglia religiosa. A ciascuno vorrei far giungere la mia parola di incoraggiamento, avvalorata dall'assicurazione di un costante ricordo nella preghiera.

So che l'Assemblea capitolare, sulla quale da tempo state implorando la luce dello Spirito, è stata preparata con cura, ben definendo le priorità negli argomenti da affrontare e approfondire. Essa rappresenta l'occasione propizia per meglio porre in luce un particolare aspetto della partecipazione della Vergine al mistero di Cristo e della Chiesa, al fine di trarre da ciò ispirazione per le scelte e le decisioni operative dell'Ordine. Sin dall'inizio per i Frati Servi di Maria è la Vergine la Stella che illumina il loro cammino e il riferimento certo d'ogni loro programmazione apostolica.

2. Con santa Maria nella ricerca di Dio. La ricerca di Dio è componente essenziale della vita consacrata. La Madonna è guida sicura in questo itinerario. Cercare il Signore! Avete collocato la riflessione su questo tema, cuore della vostra vocazione, al primo posto nei lavori capitolari. Sì! Cercate Cristo; cercate il suo volto (cfr Sal 27,8). Cercatelo ogni giorno, fin dall'aurora (cfr Sal 63,2), con tutto il cuore (cfr Dt 4,29; Sal 119,2). Cercatelo con la tenacia della Sunamite (cfr Ct 3,1-3), con lo stupore dell'apostolo Andrea (cfr Gv 1,35-39), con lo slancio di Maria di Magdala (cfr Gv 20,1-18).

Nel Rituale per la celebrazione del Capitolo, voi invocate i Sette Santi Fondatori quali «cercatori di Dio». Tali, in effetti, essi furono: cercatori del Regno Dio e della sua giustizia (cfr Mt 6,33), cercatori assidui della sapienza evangelica. Sul loro esempio, anche voi cercate il Signore nell'ora della gioia e nel tempo della desolazione; imitate Maria che va a Gerusalemme alla ricerca del suo Figlio dodicenne piena di ansia (cfr Lc 2,44-49), e più tardi, all'inizio della vita pubblica di Gesù, corre sollecita a cercarlo (cfr Mc 3,32), preoccupata di alcune voci che le erano giunte a suo riguardo (cfr ibid., 3,20-21).

Avvertire l'esigenza di cercare Dio è già un dono da accogliere con animo grato. In realtà, è sempre Dio per primo a venirci incontro, perché per primo ci ha amati (cfr 1 Gv 4,10). E' consolante cercare Dio, ma è al tempo stesso esigente; suppone rinunce e scelte radicali. Che cosa comporta ciò per voi, nell'attuale contesto storico? Sicuramente un'accentuazione della dimensione contemplativa, un'intensificazione della preghiera personale, una rivalutazione del silenzio del cuore, senza mai contrapporre la contemplazione all'azione, la preghiera nella cella alle celebrazioni liturgiche, la necessaria "fuga dal mondo" alla presenza doverosa accanto a chi soffre: tutto questo è nella tradizione dell'Ordine e nelle vostre Costituzioni (cfr Cost. OSM [1987], 16a. 31a-b. 116). L'esperienza dimostra che solo dall'intensa contemplazione scaturisce una fervida ed efficace azione apostolica.

3. Con santa Maria nell'ascolto di Dio. In stretta connessione con la ricerca di Dio è l'ascolto della sua Parola di salvezza. Anche in quest'itinerario vi è di esempio e di guida Maria, della quale la Chiesa sottolinea il singolare rapporto con la Parola. La Madonna è la "Vergine dell'ascolto", pronta a far propria, con atteggiamento umile e sapiente, la parola a Lei indirizzata dall'Angelo. Con il suo fiat Maria accoglie il Figlio di Dio, Parola sussistente, che in Lei si fa carne per la redenzione del mondo.

Forma quanto mai opportuna di ascolto della Parola è la lectio divina, che voi avete in grande considerazione. Ne fate esplicita menzione nella formula stessa della professione solenne, allorché vi impegnate a vivere "nell'ascolto della Parola di Dio" (cfr Rituale della professione religiosa dei Frati Servi di santa Maria, Seconda edizione tipica, 211, Roma, Curia Generalizia OSM, 1993, pp. 128-148). Maria ascolta e in Lei la Parola è accolta docilmente ancor prima nel cuore che nel grembo verginale. Imitando il suo fiat (cfr Lc 1,38), anche voi pronunciate il vostro sì totale al Dio che si rivela (cfr Rm 16,26). Nella parola della Sacra Scrittura Dio dischiude le ricchezze del suo amore, svela il suo progetto salvifico e affida a ciascuno una specifica missione nel suo Regno.

L'amore per la Parola vi spingerà a riconsiderare la preghiera comunitaria, a privilegiare la vita liturgica, a renderla più partecipata e sentita. Sia la vostra preghiera comunitaria tale che l'orazione personale prepari e prolunghi la celebrazione liturgica. Si avvererà allora anche nell'Ordine l'auspicio dell'Apostolo: "La parola di Cristo dimori tra voi abbondantemente" (Col 3,16).

4. Con santa Maria in una vita di servizio. Il Capitolo Generale è chiamato a trattare a fondo un secondo argomento, anch'esso prioritario: le molteplici forme del vostro servizio apostolico. E', in effetti, parte essenziale del carisma dei Frati Servi di Maria servire la Chiesa e l'umanità. Guardando alla Vergine, sempre in umile atteggiamento di servizio, fate sì che emerga in ogni membro dell'Istituto uno stile di gioiosa premura verso i fratelli, di ardore e di slancio, di valorizzazione dei rapporti umani e di attenzione alle necessità della persona.

Uno stile che non ricerca in primo luogo l'efficienza delle strutture e i progressi della tecnologia, ma conta sull'efficacia della grazia del Signore (cfr 1 Cor 3,6-7). Sempre attenti ai segni dei tempi, ponderate con cura la prospettiva di sospendere alcune attività per rispondere a nuove esigenze missionarie in Asia, in Africa e nell'Europa dell'Est. Salvaguardate la fedeltà allo spirito originario della vostra Famiglia religiosa, nata per testimoniare "i valori umani ed evangelici rappresentati da Maria" (Cost. OSM, 7). Secondo l'ispirazione mendicante dell'Ordine, vivete la dimensione evangelica della provvisorietà, dell'insicurezza e della disponibilità ad andare dove urge il bisogno (cfr ibid., 3).

Tra le molte forme di servizio, nel tema-guida del Capitolo, si fa menzione del "servizio alla vita". In un mondo in cui talora sembra prevalere la cultura della morte, siate servitori della vita, fedeli a Dio che "non è Dio dei morti, ma dei vivi" (Mt 22,32), araldi del Vangelo della speranza sotto la protezione di santa Maria, "Madre della vita".

5. Con santa Maria al servizio dell'animazione vocazionale. Il Capitolo dovrà riflettere, infine, sull'animazione vocazionale, tema di grande interesse e di singolare urgenza. Le vocazioni sono dono per l'Ordine e per la Chiesa da implorare anzitutto con incessante preghiera. L'icona della Vergine della Pentecoste illumini la vostra riflessione. Nel Cenacolo Maria ci appare come l'Orante; insieme agli Apostoli implora la venuta dello Spirito, suscitatore d'ogni vocazione. Maria è Madre della Chiesa: nel Cenacolo la Vergine comincia ad esercitare verso la comunità dei discepoli la maternità a Lei affidata dal suo Figlio morente sulla Croce.

Oltre che dalla preghiera (cfr Lc 10,2), le vocazioni sono favorite dalla testimonianza coerente e fedele di quanti sono chiamati a vivere con radicalità la sequela evangelica. A voi guardano le nuove generazioni, attratte non da una vita consacrata «facilitata», ma dalla proposta di vivere il Vangelo sine glossa.

Il giorno 7 ottobre 2001 ricorre il 750° anniversario dell'«atto di povertà» della prima comunità del Senario. Con tale gesto generoso, i frati si impegnavano a non possedere nulla, come il loro Maestro che non aveva "dove posare il capo" (Lc 9,58). La memoria di tale evento vi spinga ad una ancor più rigorosa testimonianza di povertà, che si traduca in un sobrio tenore di vita (cfr Cost. OSM, 57) e in una fedele pratica della comunione dei beni.

Affido i lavori del Capitolo alla sollecitudine materna di santa Maria, Regina dei suoi Servi, e, mentre assicuro un ricordo nella preghiera, imparto di cuore a Lei, ai Capitolari e a tutta la Famiglia servitana la Benedizione Apostolica, pegno della misericordia infinita del Signore.

Dal Vaticano, 29 Settembre 2001

IOANNES PAULUS II

Augustinus
17-02-07, 12:27
BENEDETTO XI

BOLLA "DUM LEVAMUS"

di approvazione dell'Ordine dei Servi di Maria

11 febbraio 1304

Benedictus episcopus, servus servorum Dei,

dilectis filiis ... generali et universis prioribus et fratribus

Servorum sante Marie ordinis sancti Augustini,

salutem et apostolicam benedictionem.

Dum levamus in circuitu oculos nostros et gregem dominicum nobis, licet immeritis, divina dispositione commissum, undique, iuxta pastoralis officii debitum, contemplamur, vigilem, quantum nobis ex alto permictitur, curam libenter impendimus ut cultores vinee Dei Sabaoth sic cultui salutis intendant, quod eadem vinea palmiter diffusos extendens salutarium producat fructuum ubertatem. Et licet erga singulos cultores huiusmodi, personas videlicet ecclesiasticas, apostolica sollicitudo versetur, erga tamen viros religiosos qui contemplationi celestium mundanis relegatis illecebris pie vite studio sine intermissione desudant, eo propensiorem nos decet diligentiam adhibere, quo ipsi pro religionis favore sunt amplius apostolicis presidiis confovendi. Sane vos qui ordinem sancti Augustini per sedem apostolicam approbatum profitemini et servatis, ex devotionis affectu quem geritis ad beatam Mariam virginem gloriosam, assumpsistis vobis vocabulum ab eadem, vos servos eiusdem virginis humiliter nominando, dictumque ordinem sancti Augustini nichilominus iuxta pias et honestas institutiones vestre regule in honorem ipsius virginis editas laudabiliter servastis hactenus et servatis, ac vobis per specialia privilegia dicta sedes indulsit quod celebrare possitis capitulum generale ac in eodem capitulo priorem vobis generalem eligere, qui in fratres vestri ordinis correctionem et alia que ad suum spectant officium libere valeat exercere, quodque ad sepulturam possitis recipere illos qui apud loca vestra elegerint sepeliri. Ex quibus clare inspicientibus satis innuitur dictam vestram regulam per eandem sedem existere quodammodo confirmatam. Nos autem, qui ad virginem ipsam dominam nostram libenter devotionem quam possumus exhibemus, nolentes quod aliquis contra vos et regulam ipsam quicquam possit detractionis impingere, quin eadem regula plenam habeat apostolici muniminis firmitatem, ad omnem hesitationis materiam circa hec de quorumvis animis amovendam, vestris supplicationibus inclinati regulam et eius institutiones predictas expresse auctoritate apostolica confirmamus et etiam approbamus et presentis scripti patrocinio communimus, eamque vobis concedimus, decernentes ipsam per vos fore perpetuis temporibus inviolabiliter observandam. Nulli ergo omnino hominum liceat hanc paginam nostre confirmationis, approbationis, concessionis et constitutionis infringere, vel ei ausu temerario contraire. Si quis autem hoc attemptare presumpserit, indignationem omnipotentis Dei et beatorum Petri et Pauli apostolorum eius se noverit incursurum.

Datum Laterani, tertio idus februarii, pontificatus nostri anno primo.

FONTE (http://www.servidimaria.org/it/bibliografia/doc_vari.htm#DUM_LEVAMUS_latino)

Augustinus
12-02-08, 08:38
In rilievo

Aug. :) :) :)

Augustinus
12-02-08, 17:16
Order of Servites

(SERVANTS OF MARY).

The Order of Servites is the fifth mendicant order, the objects of which are the sanctification of its members, preaching the Gospel, and the propagation of devotion to the Mother of God, with special reference to her sorrows. In this article we shall consider: (1) the foundation and history of the order; (2) devotions and manner of life; (3) affiliated associations; (4) Servites of distinction.

(1) Foundation and History

To the city of Florence belongs the glory of giving to the Church the seven youths who formed the nucleus of the order: Buonfiglio dei Monaldi (Bonfilius), Giovanni di Buonagiunta (Bonajuncta), Bartolomeo degli Amidei (Amideus), Ricovero dei Lippi-Ugguccioni (Hugh), Benedetto dell' Antella (Manettus), Gherardino di Sostegno (Sosteneus), and Alessio de' Falconieri (Alexius); they belonged to seven patrician families of that city, and had early formed a confraternity of laymen, known as the Laudesi, or Praisers of Mary.

While engaged in the exercises of the confraternity on the feast of the Assumption, 1233, the Blessed Virgin appeared to them, advised them to withdraw from the world and devote themselves entirely to eternal things. They obeyed, and established themselves close to the convent of the Friars Minor at La Camarzia, a suburb of Florence. Desiring stricter seclusion than that offered at La Camarzia, they withdrew to Monte Senario, eleven miles north of Florence. Here the Blessed Virgin again appeared to them, conferred on them a black habit, instructed them to follow the Rule of St. Augustine and to found the order of her servants (15 April, 1240). The brethren elected a superior, took the vows of obedience, chastity, and poverty, and admitted associates.

In 1243, Peter of Verona (St. Peter Martyr), Inquisitor-General of Italy, recommended the new foundation to the pope, but it was not until 13 March, 1249, that the first official approval of the order was obtained from Cardinal Raniero Capocci, papal legate in Tuscany. About this time St. Bonfilius obtained permission to found the first branch of the order at Cafaggio outside the walls of Florence. Two years later (2 Oct., 1251) Innocent IV appointed Cardinal Guglielmo Fieschi first protector of the order. The next pope, Alexander IV, favoured a plan for the amalgamation of all institutes following the Rule of St. Augustine. This was accomplished in March, 1256, and about the same time a Rescript was issued confirming the Order of the Servites as a separate body with power to elect a general. Four years later a general chapter was convened at which the order was divided into two provinces, Tuscany and Umbria, the former of which St. Manettus directed, while the latter was given into the care of St. Sostene. Within five years two new provinces were added, namely, Romagna and Lombardy. After St. Philip Benizi was elected general (5 June, 1267) the order, which had long been the object of unjust attack from jealous enemies, entered into the crisis of its existence. The Second Council of Lyons in 1274 put into execution the ordinance of the Fourth Lateran Council, forbidding the foundation of new religious orders, and absolutely suppressed all mendicant institutions not yet approved by the Holy See. The aggressors renewed their assaults, and in the year 1276 Innocent V in a letter to St. Philip declared the order suppressed. St. Philip proceeded to Rome, but before his arrival there Innocent V had died. His successor lived but five weeks. Finally John XXI, on the favourable opinion of three consistorial advocates, decided that the order should continue as before. The former dangers reappeared under Martin V (1281), and though other popes continued to favour the order, it was not definitively approved until Benedict IX issued the Bull, "Dum levamus" (11 Feb., 1304). Of the seven founders, St. Alexis alone lived to see their foundation raised to the dignity of an order. He died in 1310.

We must here make mention of St. Peregrine Laziosi (Latiosi), whose sanctity of life did much towards increasing the repute of the Servite Order in Italy. Born at Forli in 1265, the son of a Ghibelline leader, Peregrine, in his youth, bitterly hated the Church. He insulted and struck St. Philip Benizi, who, at the request of Martin V, had gone to preach peace to the Forlivese. Peregrine's generous nature was immediately aroused by the mildness with which St. Philip received the attack and he begged the saint's forgiveness. In 1283 he was received into the order, and so great was his humility it was only after much persuasion he consented to be ordained a priest. He founded a monastery in his native city, where he devoted all his energies to the restoration of peace. His humility and patience were so great that he was called by his people a second Job. He died in 1345. His body remains incorrupt to the present day. He was canonized by Benedict XIII in 1726, and his feast is celebrated on 30 April.

One of the most remarkable features of the new foundation was its wonderful growth. Even in the thirteenth century there were houses of the order in Germany, France, and Spain. Early in the fourteenth century the order had more than one hundred convents including branch houses in Hungary, Bohemia, Austria, Poland, and Belgium; there were also missions in Crete and India. The disturbances during the Reformation caused the loss of many Servite convents in Germany, but in the South of France the order met with much success. The Convent of Santa Maria in Via (1563) was the second house of the order established in Rome; San Marcello had been founded in 1369. Early in the eighteenth century the order sustained losses and confiscations from which it has scarcely yet recovered. The flourishing Province of Narbonne was almost totally destroyed by the plague which swept Marseilles in 1720. In 1783 the Servites were expelled from Prague and in 1785 Joseph II desecrated the shrine of Maria Waldrast. Ten monasteries were suppressed in Spain in 1835. A new foundation was made at Brussels in 1891, and at Rome the College of St. Alexis was opened in 1895. At this period the order was introduced into England and America chiefly through the efforts of Fathers Bosio and Morini. The latter, having gone to London (1864) as director of the affiliated Sisters of Compassion, obtained charge of a parish from Archbishop Manning in 1867. His work prospered: besides St. Mary's Priory at London, convents were opened at Bognor (1882) and Begbroke (1886). In 1870 Fathers Morini, Ventura, Giribaldi, and Brother Joseph Camera, at the request of Rt. Rev. Bishop Melcher of Green Bay, took up a mission in America, at Neenah, Wisconsin. Father Morini founded at Chicago (1874) the monastery of Our Lady of Sorrows. A novitiate was opened at Granville, Wisconsin, in 1892. The American province, formally established in 1908, embraces convents in the dioceses of Chicago, St. Louis, Milwaukee, Superior, and Denver. In 1910 the order numbered 700 members in 62 monasteries, of which 36 were in Italy, 17 in Austria-Hungary, 4 in England, 4 in North America, 1 in Brussels.

(2) Devotions: Manner of Life

In common with all religious orders strictly so called, the Servites make solemn profession of the three vows of poverty, chastity, and obedience. The particular object of the order is to sanctify first its own members, and then all men through devotion to the Mother of God, especially in her desolation during the Passion of her Divine Son. The Servites give missions, have the care of souls, or teach in higher institutions of learning. The Rosary of the Seven Dolours is one of their devotions, as is also the Via Matris. The fasts of the order are Advent, Lent, and the vigils of certain feasts. All offices in the order are elective and continue for three years, except that of general and assistant- generals which are for six years. The canonized Servite saints are: St. Philip Benizi (feast 23 Aug.), St. Peregrine Latiosi (30 April), St. Juliana Falconieri (19 June), and the Seven Holy Founders (12 Feb.).

(3) Affiliated Associations

Connected with the first order of men are the cloistered nuns of the second order, which originated with converts of St. Philip Benizi. These sisters have convents in Spain, Italy, England, The Tyrol, and Germany. The Mantellate, a third order of women founded by St. Juliana (see, MARY, SERVANTS OF), have houses in Italy, France, Spain, England, and Canada. In the United States they are to be found in the dioceses of Sioux City and Belville. There is also a third order for seculars, as well as a confraternity of the Seven Dolours, branches of which may be erected in any church.

(4) Servites of Distinction

A few of the most distinguished members are here grouped under the heading of that particular subject to which they were especially devoted; the dates are those of their death. Ten members have been canonized and several beatified.

Sacred Scripture

Angelus Torsani (1562?); Felicianus Capitoni (1577), who wrote an explanation of all the passages misinterpreted by Luther; Jerome Quaini (1583); Angelus Montursius (1600), commentary in 5 vols.; James Tavanti (1607), whose "Ager Dominicus" comprises 25 vols.; Julius Anthony Roboredo (1728).

Theology

Laurence Optimus (1380), "Commentarium in Magistrum Sententiarum"; Ambrose Spiera (1454); Marian Salvini (1476); Jerome Amidei (1543); Laurence Mazzocchi (1560); Gherardus Baldi (1660), who was styled by his contemporaries "eminens inter theologos"; Amideus Chiroli (1700?), celebrated for his "Lumina fidei divinae"; Julius Arrighetti (1705); Callixtus Lodigerius (1710); Gerard Capassi (1737), who was by Benedict XIV called the most learned man of his day; Mark Struggl (1761); Caesar Sguanin (1769).

Canon law

Paul Attavanti (1499), "Breviarium totius juris canonici"; Dominic Brancaccini (1689), "De jure doctoratus"; Paul Canciani (1795?), "Barbarorum leges antiquae"; Theodore Rupprecht, eighteenth-century jurist; Bonfilius Mura (1882), prefect of the Sapienza before 1870.

Philosophy and mathematics

Urbanus Averroista, commentator of Averroes; Andrew Zaini (1423); Paul Albertini (1475), better known as Paolo Veneto; Philip Mucagatta (1511); John Baptist Drusiani (1656), the "Italian Archimedes"; Benedict Canali (1745); Raymond Adami (1792); Angelus Ventura (1738).

History and hagiography

James Philip Landrofilo (1528); Octavian Bagatti (1566); Raphael Maffei (1577); Archangelus Giani (1623); Philip Ferrari (1626); Archangelus Garbi (1722); Placidus Bonfrizieri (1732); Joseph Damiani (1842); Austin M. Morini (1910).

Fine arts

Alexander Mellino (1554), choirmaster at the Vatican; Elias Zoto, John Philip Dreyer (1772); Paul Bonfichi, who received a pension from Napoleon Bonaparte for his musical compositions; Ambrose of Racconigi, Cornelius Candidus, Jilis of Milan, Germanus Sardus, poets; Arsenius Mascagni and Gabriel Mattei, painters; Angelus Montursius (1563), architect and sculptor, among whose works are the Neptune of Messina, the arm of Laocoon in the Vatican, and the Angels on the Ponte Sant' Angelo.

Bibliography

Mon. ord. Serv. (Brussels, 1897); GIANI-GARBI, Annales ord. serv. (Lucca, 1725); POCCIANTI, Chronicon ord. serv. (Florence, 1557); SPORR, Lebensbilder aus den Serviten-Orden (Innsbruck, 1892); SOULIER, Storia dei sette santi fondatori (Rome, 1888); IDEM, Vie de S. Philippe Benizi (Paris, 1886); LEPICIER, Sainte Julienne Falconieri (Brussels, 1907); LEDOUX, Hist. des sept saints fondateurs (Paris, 1888); DOURCHE, Roses et marguerites (Brussels, 1905).

Fonte: The Catholic Encyclopedia, vol. XIII, New York, 1912 (http://www.newadvent.org/cathen/13736a.htm)

Augustinus
12-02-08, 17:20
Servants of Mary (Order of Servites)

This order was founded on the feast of the Assumption, 1233 when the Blessed Virgin appeared to seven noble Florentines, who had repaired to the church to follow the exercises of the Confraternity of the Laudesi, and bade them leave the world and live for God alone. On the following feast of her Nativity, 8 September, they retired to La Camarzia, just outside the walls of the city, and later on to Monte Senario, eleven miles from Florence. Here again they had a vision of the Blessed Virgin. In her hands she held a black habit; a multitude of angles surrounded her, some bearing the different instruments of the Passion, one holding the Rule of St. Augustine, whilst another offered with one hand a scroll, on which appeared the title of Servants of Mary surrounded by golden rays, and with the other a palm branch. She addressed to them the following words: "I have chosen you to be my first Servants, and under this name you are to till my Son's Vineyard. Here, too, is the habit which you are to wear; its dark colour will recall the pangs which I suffered on the day when I stood by the Cross of my only Son. Take also the Rule of St. Augustine, and may you, bearing the title of my Servants, obtain the palm of everlasting life." Among the holy men of the order was St. Philip Benizi, who was born on the day the Blessed Virgin first appreared to the Seven Founders (15 August), and afterwards became the great propagator of the order. The order developed rapidly not only in Italy but also in France and Germany, where the holy founders themselves spread devotion to the Sorrows of Mary. Their glorious son St. Philip continued the work and thus merited the title of Eight Founder of the Order. The distinctive spirit of the order is the sanctification of its members by meditation on the Passion of Jesus and the Sorrows of Mary, and spreading abroad this devotion.

The order consists of three branches. Concerning the First Order or Servite Fathers, see SERVITE ORDER. The Second Order (cloistered nuns) was probably founded by Blessed Helen and Blessed Rose shortly after the death of St. Philip in 1285. This branch has houses in Italy and Austria as well as one at Bognor, England. The Third Order of Mantellate was founded by St. Juliana Falconieri to whom St. Philip gave the habit in 1284. This branch occupies itself with active works after the example of its holy foundress. From Italy it spread into other countries of Europe. The Venerable Anna Juliana, Archduchess of Austria, founded several houses and became a Mantellate herself. In 1844 it was introduced into France, and was thence extended into England in 1850. The sisters were the first to wear the religious habit publicly in that country after the so-called Reformation. They are at present one of the leading religious orders for women in what was once "Mary's Dowry", having been active missionaries under Father Faber and the Oratorians for many years. In 1871 the English province sent sisters to American, but they were recalled in 1875. The superior general being very desirous to see the order established in the United States sent sisters a second time in 1893. They have now a novitiate at Cherokee, Iowa, and mission houses in other states. They devote themselves principally to the education of youth, managing academies and taking charge of parochial schools and workrooms. They also undertake works of mercy, such as the care of orphans, visiting the sick, and instructing converts, etc. Above all, in imitation of their holy foundress, St. Juliana, they do all in their power to instill into the hearts of those under their care a great love for Jesus in the Blessed Sacrament. At the last general chapter held in London, 31 July, 1906, a vicaress general for America was appointed.

Bibliography

HEIMBUCHER, Orden u. Kongregationen, II (Paderborn, 1907), 218 sq.

Fonte: The Catholic Encyclopedia, vol. IX, New York, 1910 (http://www.newadvent.org/cathen/09750a.htm)

Holuxar
16-02-19, 00:26
12 FEBBRAIO 2019: I SETTE SANTI FONDATORI DELL’ORDINE DEI SERVI DELLA BEATA VERGINE MARIA…



«12 FEBBRAIO I SETTE SANTI FONDATORI dell'Ordine dei Servi della B. V. Maria»
"Guéranger, L'anno liturgico - 12 febbraio. I Sette Santi Fondatori dell'Ordine dei Servi di Maria (http://www.unavoce-ve.it/pg-12feb.htm)"
http://www.unavoce-ve.it/pg-12feb.htm




http://www.sodalitium.biz/sette-santi-fondatori/
«12 febbraio, i Sette Santi Fondatori, Confessori.
“I sette santi Fondatori dell’Ordine dei Servi della beata Vergine Maria, Confessori, la cui deposizione si celebra nei rispettivi giorni. Essi, che in vita furono congiunti da uno stesso spirito di vera fraternita? e dopo morte ebbero tutti uniti la venerazione del popolo, dal Papa Leone decimoterzo furono anche insieme ascritti nel catalogo dei Santi”.
A voi veniamo, nostri Padri antichi, come figli, discepoli, amici, per apprendere da voi, immagini vive di Cristo, come si ami Dio sopra ogni cosa e per i fratelli si spenda la vita; come il perdono vinca l’offesa e con il bene si ricambi il male; come al bisognoso si tenda la mano, dell’afflitto si lenisca la pena, il cuore si apra all’amico; come insieme ricostruisca la casa, e nella dimora paterna si viva, un cuor solo e un’anima sola. Ci accompagni, Padri nostri, il vostro esempio di comunione fraterna e di servizio a santa Maria, e ci sostenga la vostra intercessione e la materna protezione di Nostra Signora, oggi e in ogni tempo della nostra vita. Così sia.»
http://www.sodalitium.biz/wp-content/uploads/sette-fondatori-1.jpg


http://www.sodalitium.biz/wp-content/uploads/sette-fondatori-1.jpg



"Sante Messe - Sodalitium."
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/

"S. Messa in provincia di Verona - Sodalitium."
http://www.sodalitium.biz/s-messa-provincia-verona/

“Sodalitium - IMBC.”
https://www.youtube.com/user/sodalitium

“Omelie dell'I.M.B.C. a Ferrara.”
https://www.facebook.com/OmelieIMBCFerrara/

http://www.oratoriosantambrogiombc.it/
“Oratorio Sant'Ambrogio, Milano - Offertur Oblatio Munda (Malachia 1, 11).”




«Don Floriano Abrahamowicz - Domus Marcel Lefebvre.
http://www.domusmarcellefebvre.it/
https://www.youtube.com/user/florianoabrahamowicz/
V domenica d. Epifania (Santa Messa)
https://www.youtube.com/watch?v=adVRJ95yZLk
V domenica d. Epifania - (Omelia)
https://www.youtube.com/watch?v=oJR8QmeMXOs
IV dom. dopo l'Epifania
https://www.youtube.com/watch?v=tmgotU8TwQw
IV domenica dopo Epifania (Omelia)
https://www.youtube.com/watch?v=BBMsKuQKlgQ
Purificazione della S. Vergine Maria
https://www.youtube.com/watch?v=rS2tdVj3e_A
III dom. dopo l'Epifania
https://www.youtube.com/watch?v=vqLfMJ2qKmo
http://www.domusmarcellefebvre.it/santa-messa-1.php]
La Santa Messa tutte le domeniche alle ore 10.30 a Paese, Treviso».





https://www.facebook.com/catholictradition2016/
«MARTIROLOGIO ROMANO, 1955. Sancti et Sanctae Dei, orate pro nobis.»
https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/51852478_1721654044602577_4279330393817088000_n.jp g?_nc_cat=103&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&oh=8c03de366d1705ba733d2aafb6f06a45&oe=5CDFC9E6


https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/51852478_1721654044602577_4279330393817088000_n.jp g?_nc_cat=103&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&oh=8c03de366d1705ba733d2aafb6f06a45&oe=5CDFC9E6



https://stateettenetetraditiones.blogspot.com/2019/02/i-santi-sette-fondatori-dellordine-dei.html
“martedì 12 febbraio 2019
I Santi Sette Fondatori dell'Ordine dei Servi della Beata Vergine Maria, Confessori
Doppio.
Paramenti bianchi.
Nel secolo XIII, allorché le contrade più fiorenti d'Italia erano divise dallo scisma funesto dell'imperatore Federico II e da crudeli fazioni, la provvidenza misericordiosa di Dio suscitò, fra gli altri uomini illustri per santità, sette nobili mercanti fiorentini, i quali, uniti nella carità, offrissero uno splendido esempio di amore fraterno.
Questi sette uomini, vale a dire Bonfiglio (o Buonfiglio) dei Monaldi(†1262), Bonagiunta (o Buonagiunta) Manetti (†1257), Manetto dell'Antella (†1268), Amadio (o Amedeo o Amideo) degli Amidei(†1266), Uguccione degli Uguccioni (†1282), Sostene (o Sostegno) dei Sostegni (†1282) e Alessio Falconieri (†1310), appartenevano alla Compagnia dei Servi di Santa Maria, o dei Laudesi (o dei Laudanti), cioè una pia confraternita che al loro tempo sorgeva accanto alla cattedrale di Santa Reparata a Firenze e che si proponeva di tributare un culto speciale alla Santissima Vergine. Il dì dell'Assunzione della Beata Vergine Maria dell'anno 1233, mentre pregavano con maggior fervore la Madre di Dio, esaltandone la vita e i dolori con laudi in lingua volgare, in una delle radunanze di questa pia confraternita, apparve a ognuno di essi la stessa Madre di Dio, invitandoli ad abbracciare un genere di vita più santo e più perfetto.
Preso pertanto prima consiglio dell'arcivescovo di Firenze, questi sette uomini, rinunziando alla nobiltà e alle ricchezze del casato (Evangelium), portando un cilizio sotto le vesti poverissime e usate, si ritirarono l'8 settembre 1233 in un'umile casetta di campagna (Villa Camarzia) per inaugurarvi il principio di una vita più santa il giorno stesso in cui la Madre di Dio aveva cominciato la sua vita santissima in mezzo ai mortali. Il sacerdote Iacopo da Poggibonsi, cappellano dei Laudesi e loro direttore spirituale, celebrò la Santa Messa e impose a ciascuno di essi l'abito dei Fratelli della Penitenza, un mantello e una tunica di lana grezza di colore grigio. Il più anziano di loro, Bonfiglio dei Monaldi, fu eletto superiore della piccola comunità, che alternava la giornata tra la preghiera, il lavoro e la questua per le vie della città.
Dio mostrò con un miracolo quanto gli fosse accetto questo tenore di vita. Infatti, poco dopo, allorché questi sette uomini domandavano elemosina alle porte delle case per la città di Firenze, avvenne che d'un tratto furono acclamati “Servi della Beata Maria” dalla voce di alcuni bambini, tra cui ci fu San Filippo Benizi di appena cinque mesi di età: e col qual nome furono poi sempre chiamati. Quindi, onde evitare il concorso del popolo e presi dall'amore della solitudine, nel 1234, si ritirarono tutti nella solitudine del Monte Senario, vicino a Firenze, dove intrapresero un genere di vita veramente celeste. Infatti abitavano in caverne, contenti di sola acqua e di erbe; mortificavano il corpo con veglie ed altre austerità in espiazione dei peccati degli uomini (Inno del Mattutino), e meditavano continuamente la passione di Cristo e i dolori della sua afflittissima Madre (Oratio, Postcommunio). Applicandosi una volta a ciò con più ardore il Venerdì Santo, apparve loro a più riprese la stessa Beata Vergine Maria, mostrando l'abito lugubre che dovevano vestire; e fece conoscere che le sarebbe stato graditissimo se avessero fondato nella Chiesa un nuovo ordine religioso, il quale ricordasse continuamente e promovesse la memoria dei dolori che ella soffrì sotto la croce del Signore. San Pietro, illustre Martire dell'Ordine dei Predicatori, avendo appreso queste cose dalla relazione famigliare che aveva con quei santi uomini e anche da una particolare rivelazione della Madre di Dio, li indusse a fondare un ordine religioso sotto il nome di Servi della Beata Vergine Maria (Oratio).
Il sommo Pontefice Innocenzo IV per primo concesse loro la protezione della Santa Sede e l'approvazione della vita di povertà e di penitenza da essi abbracciata con la bolla Ut religionis vestrae del 1° agosto 1254; il successore, il sommo Pontefice Alessandro IV, nel 1256 confermò questo atto del suo predecessore con la lettera Deo grata. La Regola e le Costituzioni dell'ordine furono approvate definitivamente solo dal sommo Pontefice Benedetto XI con la bolla Dum levamus dell'11 febbraio 1304.
Pertanto quei santi uomini, cui si erano uniti numerosi compagni, cominciarono a percorrere le città e le borgate d'Italia, principalmente della Toscana, ovunque predicando Cristo crocifisso, calmando le civili discordie e richiamando sul sentiero della virtù pressoché innumerevoli traviati. Onorarono con le loro fatiche evangeliche non solo l'Italia, ma anche la Francia, la Germania e la Polonia. Infine dopo aver sparso in lungo e in largo il buon odore di Cristo, ed essersi resi ancora illustri in portenti, se ne volarono al Signore. Ma come la vera fratellanza e la religione li aveva riuniti in vita in un solo e medesimo amore, così dopo morte li racchiuse una stessa tomba sul Monte Senario, ed ebbero una stessa venerazione nel popolo. Quindi il sommo Pontefice Clemente XI confermò dapprima il culto di Alessio Falconieri (1° dicembre 1717), poi il sommo Pontefice Benedetto XIII quello dei suoi sei compagni (1725). Infine, il sommo Pontefice Leone XIII, dopo averne approvati i miracoli, operati da Dio per loro collettiva intercessione dopo che era stata concessa la loro venerazione, nel cinquantesimo anno del suo sacerdozio, il 15 gennaio 1888, li arricchì degli onori dei Santi, e stabilì che ogni anno se ne celebrasse la memoria in tutta la Chiesa con Ufficio e Santa Messa.
«Infiammati di amore per l'afflitta Madre di Gesù» (Secreta), «associamoci alle lacrime» (Oratio) dei santi, che festeggiamo oggi, affinché, «meritando di gustare i frutti della Redenzione di Cristo (Postcommunio), abbiamo parte alle loro gioie» (Oratio).”
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«Intransigeants sur la doctrine ; charitables dans l'évangélisation [Non Una Cum].»
“Mieux vaut une petite œuvre dans la Vérité, qu’une grande dans l’erreur.”

12 février : Saint Ludans, Confesseur :: Ligue Saint Amédée (http://liguesaintamedee.ch/saint-du-jour/12-fevrier-saint-ludans)
“12 février : Saint Ludans, Confesseur”
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http://liguesaintamedee.ch/application/files/9215/1820/9625/02_12_saint_ludans.jpg


12 février : Sainte Eulalie de Barcelone, Vierge et Martyre (? 304) :: Ligue Saint Amédée (http://liguesaintamedee.ch/saint-du-jour/12-fevrier-sainte-eulalie-de-barcelone)
“12 février : Sainte Eulalie de Barcelone, Vierge et Martyre († 304)”
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12 février : Les Sept Saints Fondateurs de l?ordre des Servites :: Ligue Saint Amédée (http://liguesaintamedee.ch/saint-du-jour/12-fevrier-sept-saints-fondateurs-de-l-ordre-des-servites)
“12 février : Les Sept Saints Fondateurs de l’ordre des Servites”
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Lodato sempre sia il Santissimo nome di Gesù, Giuseppe e Maria!!!
Christus vincit! Christus regnat! Christus imperat!
Luca, Sursum Corda – Habemus Ad Dominum!!!