PDA

Visualizza Versione Completa : Dom. in Ottava Epifania (1° Dom. dopo Natale) - S. Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe



Augustinus
28-12-03, 10:55
Dal sito SANTI E BEATI (http://www.santiebeati.it/dettaglio/22175):

Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe

(celebrazione mobile)

Nazareth, Palestina, I secolo

Martirologio Romano: Festa della Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe, esempio santissimo per le famiglie cristiane che ne invocano il necessario aiuto.

Martirologio tradizionale (1° domenica dopo l'Epifania): Festa della Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe, da cui le famiglie cristiane hanno proposto un santissimo esempio e che ne invocano giustamente l'aiuto.

La festa della Sacra Famiglia nella liturgia cattolica, nel secolo XVII, veniva celebrata localmente; papa Leone XIII nel 1895, la fissò alla terza domenica dopo l’Epifania “omnibus potentibus”, ma fu papa Benedetto XV che nel 1921 la estese a tutta la Chiesa, fissandola alla domenica compresa nell’ottava dell’Epifania; papa Giovanni XXIII la spostò alla prima domenica dopo l’Epifania; attualmente è celebrata nella domenica dopo il Natale o in alternativa il 29 dicembre.
La celebrazione fu istituita per dare un esempio e un impulso all’istituzione della famiglia, cardine del vivere sociale e cristiano, prendendo a riferimento i tre personaggi che la componevano, figure eccezionali sì ma con tutte le caratteristiche di ogni essere umano e con le problematiche di ogni famiglia.
Innanzitutto le tre persone che la componevano: Maria la prescelta fra tutte le creature a diventare la corredentrice dell’umanità, che presuppose comunque il suo assenso con l’Annunciazione dell’arcangelo Gabriele.
Seguì il suo sposalizio con il giusto Giuseppe, secondo i disegni di Dio e secondo la legge ebraica; e conservando la sua verginità, avvertì i segni della gravidanza con la Visitazione a s. Elisabetta, fino a divenire con la maternità, la madre del Figlio di Dio e madre di tutti gli uomini.
E a lei toccò allevare il Divino Bambino con tutte le premure di una madre normale, ma con nel cuore la grande responsabilità per il compito affidatale da Dio e la pena per quanto le aveva profetizzato il vecchio Simeone durante la presentazione al Tempio: una spada ti trafiggerà il cuore.
Infine prima della vita pubblica di Gesù, la troviamo citata nei Vamgeli, che richiama Gesù ormai dodicenne, che si era fermato nel Tempio con i dottori, mentre lei e Giuseppe lo cercavano angosciati da tre giorni.
Giuseppe è l’altro componente della famiglia di Gesù, di lui non si sa molto; i Vangeli raccontano il fidanzamento con Maria, l’avviso dell’angelo per la futura maternità voluta da Dio, con l’invito a non ripudiarla, il matrimonio con lei, il suo trasferirsi con Maria a Betlemme per il censimento, gli episodi connessi alla nascita di Gesù, in cui Giuseppe fu sempre presente.
Fu sempre lui ad essere avvisato in sogno da un angelo, dopo l’adorazione dei Magi, di mettere in salvo il Bambino dalla persecuzione scatenata da Erode il Grande e Giuseppe proteggendo la sua famiglia, li condusse in Egitto al sicuro.
Dopo la morte dello scellerato re, ritornò in Galilea stabilendosi a Nazareth; ancora adempì alla legge ebraica portando Gesù al Tempio per la circoncisione, offrendo per la presentazione alcune tortore e colombe.
La tradizione lo dice falegname, ma il Vangelo lo designa come artigiano; viene ancora menzionato nei testi sacri, che conduce Gesù e Maria a Gerusalemme, e qui con grande apprensione smarrisce Gesù, che aveva dodici anni, ritrovandolo dopo tre giorni che discuteva con i dottori nel Tempio; ritornati a Nazareth, come dice il Vangelo, il Bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza e la grazia di Dio era sopra di lui.
Di lui non si sa altro, nemmeno della sua morte, avvenuta probabilmente prima della vita pubblica di Gesù, cioè prima dei 30 anni.
La terza persona della famiglia è Gesù; con la sua presenza essa diventa la Sacra Famiglia; anche della sua infanzia non si sa praticamente niente; Egli, il Figlio di Dio, vive nel nascondimento della sua famiglia terrena, ubbidiente a sua madre ed a suo padre, collaborando da grandicello nella bottega di Giuseppe, meraviglioso esempio di umiltà.
Certamente assisté il padre putativo nella sua vecchiaia e morte, come tutti i buoni figli fanno, ubbidientissimo alla madre, ormai vedova, fino ad operare per sua richiesta, il suo primo miracolo pubblico alle nozze di Cana.
Non sappiamo quanti anni trascorsero con la Sacra Famiglia ridotta senza Giuseppe, il quale, se non fu presente negli anni della vita pubblica di Cristo, né alla sua Passione e morte e negli eventi successivi, la sua figura nella Cristianità, si diffuse in un culto sempre più crescente, in Oriente fin dal V secolo, mentre in Occidente lo fu dal Medioevo, sviluppandosi specie nell’Ottocento; è invocato per avere una buona morte, il nome Giuseppe è tra i più usati nella Cristianità.
Pio IX nel 1870 lo proclamò patrono di tutta la Chiesa; nel 1955 Pio XII istituì al 1° maggio la festa di s. Giuseppe artigiano; dal 1962 il suo nome è inserito nel canone della Messa.
La Sacra Famiglia è stato sempre un soggetto molto ispirato nella fantasia degli artisti, i maggiori pittori di tutti i secoli hanno voluto raffigurarla nelle sue varie espressioni della Natività, Adorazione dei Magi, Fuga in Egitto, nella bottega da artigiano (falegname), ecc.
Il tema iconografico ha largamente ispirato gli artisti del Rinascimento, esso è composto in genere da Maria, Giuseppe e il Bambino oppure da Sant’Anna, la Vergine e il Bambino. Le più note rappresentazioni sono quella di Masaccio con s. Anna e quella di Michelangelo con s. Giuseppe, più conosciuta come Tondo Doni. È da ricordare in campo scultoreo e architettonico la “Sagrada Familia” di Antonio Gaudì a Barcellona.
Numerose Congregazioni religiose sia maschili che femminili, sono intitolate alla Sacra Famiglia, in buona parte fondate nei secoli XIX e XX; come le “Suore della Sacra Famiglia”, fondate a Bordeaux nel 1820 dall’abate P.B.Noailles, dette anche ‘Suore di Loreto’; le “Suore della Sacra Famiglia di Nazareth” fondate nel 1875 a Roma, dalla polacca Siedliska; le “Piccole Suore della Sacra Famiglia” fondate nel 1892, dal beato Nascimbeni a Castelletto di Brenzone (Verona); i “Preti e fratelli della Sacra Famiglia” fondati nel 1856 a Martinengo, dalla beata Paola Elisabetta Cerioli; i “Figli della Sacra Famiglia” fondati nel 1864 in Spagna da José Mananet e tante altre.

Autore: Antonio Borrelli

http://img78.exs.cx/img78/1683/01920holy20family2024ym.jpg

http://img187.imageshack.us/img187/8853/01820holy20family2016hyxr9.jpg

http://www.cattolicesimo.com/immsacre/12fam.jpg

http://img440.imageshack.us/img440/9837/egyptlj9.jpg http://www.wga.hu/art/z/zurbaran/2/egypt.jpg Francisco de Zurbaran, Riposo durante la fuga in Egitto, 1659, Museum of Fine Arts, Budapest

http://www.wga.hu/art/w/wit/holy_fam.jpg Jacob de Wit, Sacra Famiglia e Trinità, 1726, Amstelkring Museum, Amsterdam

http://www.cattolicesimo.com/immsacre/14.jpg Anthony van Dyck, Sacra Famiglia con san Giovannino, 1625-26, Collezione d’arte della Banca Carige, Genova

Augustinus
28-12-03, 10:57
http://img106.exs.cx/img106/8523/holy-family1b.jpg

http://www.batemancatholic.org/cu_holy_family.jpg

http://www.cattolicesimo.com/immsacre/cchild3.jpg

http://img517.imageshack.us/img517/3348/whitefam4lb2gc.jpg

Augustinus
28-12-03, 11:10
http://www.wga.hu/art/w/werff/adriaen/holyfami.jpg Adriaen van der Werff, Sacra Famiglia, 1714, Amstelkring Museum, Amsterdam

http://www.wga.hu/art/v/vorsterm/holyfami.jpg Lucas Vosterman, Sacra Famiglia con SS. Giovanni Battista ed Elisabetta, 1620, Rockox House, Antwerp

http://www.wga.hu/art/v/vivarini/alvise/sacra_co.jpg Alvise Vivarini, Sacra Famiglia e Santi (Sacra Conversazione), 1480, Gallerie dell'Accademia, Venezia

http://www.wga.hu/art/c/cesare/holy_fam.jpg Cesare da Sesto, Sacra Famiglia con S. Caterina, 1515-20, Hermitage, San Pietroburgo

http://www.wga.hu/art/s/schongau/holyfami.jpg Martin Schongauer, Sacra Famiglia, 1475-80, Kunsthistorisches Museum, Vienna

http://www.wga.hu/art/s/schongau/holy_fam.jpg Martin Schongauer, Sacra Famiglia, 1470 circa, Alte Pinakothek, Monaco

Augustinus
28-12-03, 11:20
http://www.wga.hu/art/g/goya/1/18goya.jpg http://www.museodelprado.es/uploads/tx_gbobras/P00746.jpg Francisco de Goya y Lucientes, Sacra Famiglia, 1788-90, Museo del Prado, Madrid

http://www.museodelprado.es/uploads/tx_gbobras/P07857.jpg Francisco de Goya y Lucientes, Sacra Famiglia, 1787, Museo del Prado, Madrid

http://www.wga.hu/art/h/herrera/franci_e/holyfami.jpg Francisco de Herrera il Vecchio, Sacra Famiglia, 1636-37, Museo de Bellas Artes, Bilbao

http://www.wga.hu/art/m/mengs/holyfami.jpg Anton Raphael Mengs, Sacra Famiglia, 1769, Museum of Fine Arts, Budapest

http://www.wga.hu/art/r/raphael/2firenze/2/38lamb.jpg http://www.museodelprado.es/uploads/tx_gbobras/P00296.jpg Raffaello Sanzio, Sacra Famiglia con Agnello, 1507, Museo del Prado, Madrid

http://www.wga.hu/art/r/raphael/5roma/5/01holyfa.jpg Raffaello Sanzio, Sacra Famiglia con Agnello, 1518, Musée du Louvre, Parigi

Augustinus
28-12-03, 11:29
http://www.wga.hu/art/r/raphael/2firenze/2/35canig.jpg http://www.pinakothek.de/images/21825_11680-h.jpg Raffaello Sanzio, Sacra Famiglia con SS. Giovannino ed Elisabetta (c.d. Madonna Canigiani), 1507, Alte Pinakothek, Monaco

http://www.wga.hu/art/r/raphael/3umbtrip/32beardl.jpg Raffaello Sanzio, Sacra Famiglia, 1506, Hermitage, San Pietroburgo

http://www.wga.hu/art/r/raphael/5roma/2/04impan.jpg Raffaello Sanzio, Madonna c.d. dell'Impannata (Sacra Famiglia con i SS. Caterina, Elisabetta e Giovannino), 1513-14, Galleria Palatina (Palazzo Pitti), Firenze

http://www.wga.hu/art/r/raphael/5roma/5/02holy_o.jpg http://www.museodelprado.es/uploads/tx_gbobras/P00303.jpg Raffaello Sanzio, Sacra Famiglia sotto la quercia, 1518 circa, Museo del Prado, Madrid

http://www.museodelprado.es/uploads/tx_gbobras/P00301.jpg Raffaello Sanzio - Giulio Romano, Sacra Famiglia o La perla, 1518 circa, Museo del Prado, Madrid

Augustinus
28-12-03, 11:32
http://www.wga.hu/art/p/puget/painting/05holyfa.jpg Pierre Puget, Sacra Famiglia sotto la palma, 1662-63, Collezione privata, Aix-en-Provence

http://www.wga.hu/art/a/albani/holyfami.jpg Francesco Albani, Sacra Famiglia, 1630-35, Galleria Palatina (Palazzo Pitti), Firenze

http://www.wga.hu/art/a/andrea/sarto/2/holy_fam.jpg http://img212.imageshack.us/img212/1347/holyfam3tx2.jpg Andrea Del Sarto, Sacra Famiglia, 1520, Galleria Palatina (Palazzo Pitti), Firenze

http://www.wga.hu/art/a/andrea/sarto/3/holyfamy.jpg Andrea Del Sarto, Sacra Famiglia, detta Barberini, 1528 circa, Galleria Nazionale d'Arte Antica, Roma

http://www.wga.hu/art/a/andrea/sarto/3/holyfami.jpg Andrea Del Sarto, Sacra Famiglia, detta Borgherini, 1529 circa, Metropolitan Museum of Art, New York

http://www.wga.hu/art/a/andrea/sarto/2/virgin_s.jpg Andrea Del Sarto, Sacra Famiglia con Angelo, detta Madonna della Scala, 1522-23, Museo del Prado, Madrid

Augustinus
28-12-03, 14:28
http://www.wga.hu/art/a/antoline/holy_fam.jpg Josè Antolinez, Sacra Famiglia, Museum of Fine Arts, Budapest

http://www.wga.hu/art/b/badalocc/holyfami.jpg Sisto Badalocchio, Sacra Famiglia, 1610 circa, Wadsworth Atheneum, Hartford

http://www.wga.hu/art/b/batoni/holyfami.jpg Pompeo Batoni, Sacra Famiglia, 1777, Hermitage, San Pietroburgo

http://www.wga.hu/art/b/beccafum/7holyfam.jpg Domenico Beccafumi, Sacra Famiglia, 1530 circa, Galleria degli Uffizi, Firenze

http://www.wga.hu/art/b/berrugue/pedro/holy_fam.jpg Pedro Berruguete, Sacra Famiglia, 1500, Collezione privata, Parades de Nava

http://www.wga.hu/art/b/borgiann/holyfami.jpg Orazio Borgianni, Sacra Famiglia con i Santi Elisabetta e Giovannino ed un Angelo, 1609 circa, Galleria Nazionale d'Arte Antica, Roma

http://www.wga.hu/art/b/bramanti/madonna.jpg Bramantino, Sacra Famiglia, 1520 circa, Pinacoteca di Brera, Milano

Augustinus
28-12-03, 14:31
http://www.wga.hu/art/b/bronzino/3/holyfam.jpg Agnolo Bronzino, Sacra Famiglia, 1534-40, Kunsthistorisches Museum, Vienna

http://www.wga.hu/art/b/bronzino/3/holyfamy.jpg Agnolo Bronzino, Sacra Famiglia, 1555-60, Museo Pushkin, Mosca

http://www.wga.hu/art/b/bronzino/3/holyfami.jpg Agnolo Bronzino, Sacra Famiglia detta Panciatichi, 1540 circa, Galleria degli Uffizi, Firenze

http://www.wga.hu/art/b/bruegel/jan_e/2/holy_fam.jpg http://www.pinakothek.de/images/2104_22316-h.jpg Jan Brueghel il Vecchio, Sacra Famiglia, 1620 circa, Alte Pinakothek, Monaco

http://www.wga.hu/art/b/burgkmai/holyfami.jpgHans Burgkmair, Sacra Famiglia con S. Giovannino, 1525 circa, Staatliche Museen, Berlino

http://www.wga.hu/art/c/cantarin/holy_fam.jpg Simone Cantarini, Sacra Famiglia, Museo del Prado, Madrid

http://www.wga.hu/art/c/caravagg/02/13fligh.jpg Caravaggio, Riposo durante la fuga in Egitto, 1596-97, Galleria Doria-Pamphili, Roma

Augustinus
01-01-04, 20:13
http://www.wga.hu/art/c/carosell/egypt.jpg Angelo Caroselli, Riposo durante la fuga in Egitto, 1630-45, Galleria Nazionale d'Arte Antica, Roma

http://www.wga.hu/art/c/carpacci/2/06holyfa.jpg Vittore Carpaccio, Sacra Famiglia con due donatori, 1505, Fondazione Gulbenkian, Lisbona

http://www.wga.hu/art/c/castello/holy_fam.jpg Valerio Castello, Sacra Famiglia con un angelo, Collezione privata

http://www.wga.hu/art/c/coello/holy_fam.jpg Claudio Coello, Sacra Famiglia, Museum of Fine Arts, Budapest

http://www.wga.hu/art/c/cranach/lucas_e/3/03egypt.jpg Lucas Cranach il Vecchio, Riposo durante la fuga in Egitto, 1504, Staatliche Museen, Berlino

http://www.wga.hu/art/e/elsheime/flight.jpg Adam Elsheimer, Riposo durante la fuga in Egitto, 1599 circa, Staatliche Museen, Berlino

http://www.wga.hu/art/g/gentiles/orazio/rest_on.jpg Orazio Gentileschi, Riposo durante la fuga in Egitto, 1628, Musée du Louvre, Parigi

Augustinus
01-01-04, 20:27
http://www.wga.hu/art/g/greco_el/07/0707grec.jpg El Greco, Sacra Famiglia, 1585 circa, The Hispanic Society of America, New York

http://www.wga.hu/art/g/greco_el/08/0813grec.jpg El Greco, Sacra Famiglia, 1592 circa, Museo di Santa Cruz, Toledo

http://www.wga.hu/art/g/greco_el/11/1101grec.jpg El Greco, Sacra Famiglia con Maria Maddalena, 1595-1600, Museum of Art, Cleveland

http://www.wga.hu/art/g/greco_el/10/1004grec.jpg El Greco, Sacra Famiglia, 1595, Ospedale di Tavera, Toledo

http://www.wga.hu/art/g/greco_el/15/1509grec.jpg El Greco, Sacra Famiglia con S. Anna, 1600-10, Museum of Fine Arts, Budapest

http://www.wga.hu/art/g/greco_el/11/1102grec.jpg El Greco, Sacra Famiglia, 1594-1604, Museo del Prado, Madrid

http://www.wga.hu/art/g/guardi/giananto/holyfami.jpg Gianantonio Guardi, Sacra Famiglia con SS. Caterina d'Alessandria e Giovannino, 1750 circa, Art Museum, Seattle

http://www.wga.hu/art/c/cleve/joos/holy_fam.jpg Cleve van Joos, Sacra Famiglia, Hermitage, San Pietroburgo

Augustinus
01-01-04, 20:27
http://www.wga.hu/art/k/kessel/holyfami.jpg Jan Kessel, Sacra Famiglia, 1660 circa, Amstelkring Museum, Amsterdam

http://www.wga.hu/art/l/luini/holy_fam.jpg http://www.museodelprado.es/uploads/tx_gbobras/P00242.jpg Bernardino Luini, Sacra Famiglia con S. Giovanni Battista bambino, Museo del Prado, Madrid

http://www.wga.hu/art/m/michelan/2paintin/1donitop.jpg http://www.wga.hu/art/m/michelan/2paintin/1doniton.jpg Michelangelo Buonarroti, Sacra Famiglia, c.d. Tondo Doni, 1506 circa, Galleria degli Uffizi, Firenze

http://www.wga.hu/art/c/carpacci/2/03flight.jpg Vittore Carpaccio, Fuga in Egitto, 1500, National Gallery of Art, Washington

http://images.bridgeman.co.uk/cgi-bin/bridgemanImage.cgi/600.TWC.129560.7055475/62742.JPG Bartolomé Esteban Murillo, Sacra Famiglia con S. Giovannino, 1670 circa, Wallace Collection, Londra

http://www.catholictradition.org/Murillo/murillo22.jpg Bartolomé Esteban Murillo, Le due Trinità, 1640 circa

Augustinus
02-01-04, 13:47
http://www.wga.hu/art/m/murillo/3/314muril.jpg http://www.espanolsinfronteras.com/imágenes/Índice%20de%20Biografías%20-%20Esteban%20Murillo%20-%20Las%20dos%20Trinidades.jpg Bartolomé Esteban Murillo, Le due Trinità, 1675-82, National Gallery, Londra

http://img155.imageshack.us/img155/244/eholyfamjx7.jpg http://www.wga.hu/art/m/murillo/2/201muril.jpg http://www.catholictradition.org/Murillo/murillo26.jpg Bartolomé Esteban Murillo, Sacra Famiglia, 1655-60, Museum of Fine Arts, Budapest

http://www.wga.hu/art/m/murillo/2/204muril.jpg Bartolomé Esteban Murillo, Sacra Famiglia, 1660 circa, Basilica di S. Stefano, Budapest

http://img160.imageshack.us/img160/4417/holyfami16ln8.jpg http://www.museodelprado.es/uploads/tx_gbobras/P00960.jpg Bartolomé Esteban Murillo, Sacra Famiglia, 1650, Museo del Prado, Madrid

Augustinus
02-01-04, 13:48
http://www.catholictradition.org/Murillo/murillo17a.jpg http://www.espanolsinfronteras.com/imágenes/Índice%20de%20Biografías%20-%20Esteban%20Murillo%20-%20La%20huída%20a%20Egipto.jpg Bartolomé Esteban Murillo, Fuga in Egitto, 1647-50, Detroit Institute of art, Detroit

http://www.catholictradition.org/Murillo/murillo17d.jpg Bartolomé Esteban Murillo, Fuga in Egitto, 1645

http://img150.imageshack.us/img150/6660/fugalv8.jpg http://www.wga.hu/art/m/murillo/2/202muril.jpg http://www.espanolsinfronteras.com/imágenes/Índice%20de%20Biografías%20-%20Esteban%20Murillo%20-%20Flight%20into%20Egypt.jpg Bartolomé Esteban Murillo, Fuga in Egitto, 1668-70, Museum of Fine Arts, Budapest

Augustinus
26-12-04, 11:47
http://tapirr.com/art/m/murillo_egipt.jpg http://img261.imageshack.us/img261/1193/chl3eghftrm3ujno3pz5.jpg http://www.catholictradition.org/Murillo/murillo18.jpg Bartolomé Esteban Murillo, Riposo durante la fuga in Egitto, 1660-65, Hermitage, San Pietroburgo

http://img261.imageshack.us/img261/3238/n6r684jyq3q6uty3dy8.jpg Bartolomé Esteban Murillo, sacra Famiglia, 1660-70, Hermitage, San Pietroburgo

http://www.wga.hu/art/e/everding/caesar/holyfami.jpg Caesar van Everdingen, Sacra Famiglia, 1660 circa, Museum Catharijnconvent, Utrecht

http://www.wga.hu/art/e/eyckbart/holyfami.jpg Barthélemy d'Eyck, Sacra Famiglia, 1440 circa, Cattedrale, Puy

http://www.culture.gouv.fr/Wave/image/joconde/0022/m505204_00de5398_p.jpg Bartolo da Sassoferrato, Sacra Famiglia, 1645

http://www.cult.gva.es/mbav/data/0433.jpg Nicolás Borrás, Sacra Famiglia con S. Anna, 1580 circa, Museo de Bellas Artes San Pío V, Valencia

Augustinus
26-12-04, 12:18
http://www.wga.hu/art/r/rembran/painting/biblic2/holyfam.jpg Harmenszoon van Rijn Rembrandt, Sacra Famiglia, 1640, Musée du Louvre, Parigi

http://www.wga.hu/art/r/rembran/painting/biblic3/holyfam.jpg http://www.pinakothek.de/images/5114_21536-h.jpg Harmenszoon van Rijn Rembrandt, Sacra Famiglia, 1633-34, Alte Pinakothek, Monaco

http://www.wga.hu/art/r/rembran/painting/biblic3/holy_fam.jpg Harmenszoon van Rijn Rembrandt, Sacra Famiglia, 1645, Hermitage, San Pietroburgo

http://www.wga.hu/art/r/rembran/painting/biblic3/holyfami.jpg Harmenszoon van Rijn Rembrandt, Sacra Famiglia con la tenda, 1646, Staatliche Museen, Kassel

Augustinus
26-12-04, 12:19
http://www.wga.hu/art/r/ribera/2/holy_fam.jpg Jusepe de Ribera, Sacra Famiglia con S. Giovannino, 1639, Museo de Santa Cruz, Toledo

http://www.wga.hu/art/r/ribera/2/holyfami.jpg Jusepe de Ribera, Sacra Famiglia con S. Caterina d'Alessandria, 1648, Metropolitan Museum of Art, New York

http://www.wga.hu/art/t/tiziano/01_1510s/09holyfa.jpg Tiziano Vecellio, Sacra Famiglia con un donatore, 1513-14, Alte Pinakothek, Monaco

Augustinus
26-12-04, 12:55
http://img83.imageshack.us/img83/8494/eng42jdeu9.jpg http://www.wga.hu/art/t/tiziano/01_1510s/03holyfa.jpg Tiziano Vecellio, Sacra Famiglia con un pastore, 1510 circa, National Gallery, Londra

http://img212.imageshack.us/img212/9074/poussin1213ybkp0.jpg http://www.wga.hu/art/p/poussin/4/39thehol.jpg http://img407.imageshack.us/img407/1733/atuw2lpxfj0e8wd93ek4.jpgNicholas Poussin, Sacra Famiglia con i SS. Giovanni Battista e Elisabetta, 1644-55, Hermitage, San Pietroburgo

http://img507.imageshack.us/img507/623/0431cz.jpg Nicholas Poussin, Sacra Famiglia, 1632

http://img507.imageshack.us/img507/7118/sala2dossi4kd.jpg Dosso Dossi, Sacra Famiglia, 1527-28, Musei Capitolini, Roma

Augustinus
27-12-04, 19:56
Da "La Vita della Madonna" secondo le contemplazioni della Beata Anna Caterina Emmerick

Capitolo VIII

LA FUGA IN EGITTO

103 - L'Angelo sveglia Giuseppe e lo invita a fuggire - Commiato dalle sante donne e fuga verso l'Egitto. 104 - Il terebinto di Abramo e la pianura di Moreh. 105 - Elisabetta fugge con il piccolo Giovanni nel deserto - I tre fuggiaschi sostano in una grotta e in altri luoghi. 106 - Le serpi e le lucertole volanti. 107 - I ladroni - Il fanciullo lebbroso miracolato. 108 - La rosa di Gerico - La Santa Famiglia raggiunge l'Egitto. 109 - La fonte miracolosa e il giardino delle piante balsamiche. 110 - Visioni sulla vita della Santa Famiglia nella città di On (o Eliopoli). 111 - Un Angelo annuncia alla Santa Famiglia la strage dei fanciulli ordinata da Erode. 112 - Giovanni fugge di nuovo nel deserto - La Santa Famiglia lascia Elio poli per stabilirsi a Matarea. 113 - Il santuario della Santa Famiglia. 114 - Elisabetta conduce Giovanni per la terza volta nel deserto. 115 - Erode fa arrestare e uccidere Zaccaria - Morte di Elisabetta. 116 - Matarea: la Santa Vergine scopre una fonte vicino alla sua dimora - Due Angeli annunciano a Gesù la morte di Erode. 117 - Il pozzo di Matarea. 118 - Il ritorno della Santa Famiglia dall'Egitto.

103 - L'Angelo sveglia Giuseppe e lo invita a fuggire. Commiato dalle sante donne e fuga verso l'Egitto.

Visioni dalla notte di giovedì 1 marzo alla mattina di venerdì 2 marzo 1821

Nella casa della Santa Famiglia tutti dormivano, la notte era calata già da tempo. Maria Santissima dormiva nella stanza a destra del focolare, Anna nella stanza a sinistra e sua figlia maggiore dormiva fra la stanza di Giuseppe e quella di Anna. Le pareti divisorie delle stanze consistevano in semplici tavole di vimini, superiormente ricoperte di tavole fatte di scorze intrecciate. Il letto di Maria era diviso dal resto della stanza da una tenda; ai suoi piedi, posto in una posizione rialzata sopra un tappeto di lana, giaceva il Santo Bambino. Vidi Giuseppe che dormiva con la testa appoggiata al braccio. Sognò un fanciullo splendente di luce radiosa avvicinarsi al suo giaciglio e parlargli. Giuseppe si svegliò, ma subito si riaddormentò, vinto dalla stanchezza e dal sopore; L'Angelo lo prese per mano e lo fece alzare. Giuseppe riacquistò i sensi e si alzò. Recatosi alla lampada che ardeva dinanzi al focolare vi accese la sua e si recò nella stanza di Maria, dopo aver parlato con Lei andò nella stalla dove si trovava l'asino, poi andò in una stanza dove erano custoditi una quantità di arnesi diversi e vi fece i preparativi per la partenza. Frattanto Maria si alzò, si vesti e andò da Anna, mettendola al corrente dell'invito Divino. Allora tutti si alzarono lasciando però dormire tranquillo il bambinell6 Gesù. Per quanto fossero addolorati nel dividersi, pensarono ad eseguire bene quel doloroso volere di Dio senza abbandonarsi alla tristezza dell'addio. Disposero quindi tutto quanto fosse necessario per il viaggio. Anna e Maria Heli si affaccendarono assai nel preparare tutto l'occorrente. Maria Santissima non prese però con sé tanti oggetti come quanto era partita da Betlemme. Raccolti insieme alcuni tappeti, fecero un piccolo involto e lo portarono a Giuseppe per farlo caricare sull'asino. Tali preparativi furono eseguiti in pieno silenzio, tranquillamente e con la massima sollecitudine, come si addice appunto ad una partenza segreta di cui si è avvertiti nel silenzio della notte. Quando Maria andò a prendere il Santo Bambino, fu presa da tale fretta da non poterGli cambiare nemmeno i pannolini. Non saprei come descrivere la commovente tristezza dipinta sul volto di Anna e delle altre donne. Tutti, perfino il figlioletto di Maria Heli, piangendo, si premevano al cuore il pargoletto Gesù. Anna abbracciò strettamente la Santa Vergine e piangeva, come se avesse il presentimento che non l'avrebbe mai più rivista. Prima di mezzanotte si erano congedati da tutti e avevano lasciato quella dimora. Anna e Maria Heli accompagnarono Maria per un lungo tratto, fuori Nazareth. Giuseppe seguiva le donne guidando l'asino; la Vergine portava il Bambino ben coperto. Un ampio mantello avviluppava Maria col Bambino, un gran velo di forma quadrangolare le ricadeva sul viso avvolgendo la parte superiore del capo. Dopo aver fatto un pezzo di strada, le sante donne furono raggiunte da Giuseppe con l'asino carico di ceste e di otri d'acqua. Le ceste avevano numerosi scompartimenti riempiti di picco-li pani, uccellini vivi ed anfore. Sul dorso dell'asino era collocata un specie di sella, ed ai fianchi erano stati disposti i vari bagagli. Attaccata alla sella vi era un'asse per appoggiarvi i piedi. Ad un certo punto vidi ripetersi gli abbracci. Anna benedisse infine sua Figlia, la quale, visibilmente commossa, salì sul somarello che partì, tirato per la cavezza da Giuseppe.

Quella notte la Veggente visse nella sua anima la scena del dolore di Anna e di Maria Heli. La vidi piangere amaramente.

Venerdì 2 marzo.

Mentre Anna, Maria Heli e gli altri erano intenti a riordinare la casa di Maria e di Giuseppe, vidi contemporaneamente la Santa Famiglia attraversare molti paesi e poi fermarsi a riposare in una capanna posta a mezzogiorno. Verso sera sostarono nel paesino di Nazara, presso certa gente che viveva nella solitudine e che era comunemente disprezzata. Questi non erano veri Ebrei, poiché nella loro religione avevano usanze pagane. il loro tempio era posto nella regione della Samaria, sul monte Garizim. Essi accolsero amichevolmente la Santa Famiglia che soggiornò in quel luogo anche il giorno seguente. Al ritorno dall'Egitto, Giuseppe, Maria e il Bambino visitarono di nuovo quella brava gente; così farà pure Gesù, quando a dodici anni si recherà al tempio e sarà di passaggio sulla via del ritorno. Questa famiglia di Ebrei sarà poi battezzata da Giovanni e si convertirà al Cristianesimo.

104 - Il terebinto di Abramo e la pianura di Moreh

Domenica 4 marzo.

Dopo aver trascorso il sabato a Nazara, la Santa Famiglia riprese subito il viaggio. La domenica sera e la notte del lunedì si accampò sotto il vecchio albero di terebinto. Il terebinto di Abramo, dai santi Fuggiaschi ben conosciuto, si trovava presso la pianura di Moreh, era non lontano da Sichem, Thenat, Siloh ed Arumah. in questa zona la strage e la persecuzione erodiana contro i fanciulli era già iniziata, perciò tutti gli abitanti erano in forte agitazione. Fu presso quest'albero che Giacobbe sotterrò gli idoli di Labano. Giosuè radunò il popolo sotto questo terebinto, vicino al quale aveva fatto collocare l'Arca dell'Alleanza nel tabernacolo, e fece giurare solennemente a tutti la rinuncia al culto degli idoli. Abimelech, figlio di Gedeone, fu salutato in questo luogo come re dei Sichemiti. Questa mattina ho veduto la Santa Famiglia che riposava tranquillamente presso un cespuglio di balsami in posizione amena. Il pargoletto Gesù era in grembo alla Santa Vergine a piedi nudi. Il cespuglio di balsami produceva dei frutti rossi e stillava dal tronco gocce di un liquido denso. Giuseppe ne riempì un'anfora. Poi presero un pasto frugale con pani e piccola frutta selvatica che avevano raccolto dai vicini cespugli. L'asino aveva pure trovato di che dissetarsi e pascolare. in lontananza alla loro sinistra, si vedevano il colle e la città di Gerusalemme. Tutta questa scena infondeva una quiete profonda.

105 - Elisabetta fugge con il piccolo Giovanni nel deserto. I tre fuggiaschi sostano in una grotta e in altri luoghi

Dopo che la Santa Famiglia ebbe valicato alcune alture, che sono propagini del monte degli Ulivi, li vidi prendere alloggio in una vasta e selvaggia spelonca su un monte presso Hebron, un po' dopo Betlemme. Credo che questa fosse la sesta stazione del loro viaggio. Quando i santi Viandanti arrivarono in questo luogo erano assai stanchi ed afflitti. Maria Santissima era addolorata e piangeva, perché soffrivano per la mancanza di molte cose. Erano costretti a fuggire per le strade solitarie e ad evitare tutte le città ed i pubblici alberghi. In questa caverna si fermarono per un giorno intero. Ma l'Onnipotente li soccorse e li ristorò: in seguito alle preghiere della Santa Vergine scaturi prodigiosamente una fonte e comparve una capra selvatica che si lasciò mungere. Più tardi apparve loro un Angelo che li consolò. Fu in questa spelonca che un profeta, credo Samuele, si fermava spesso a pregare. Fu proprio in questi luoghi che Davide pascolava le pecore del padre; quivi pregava e ricevette per mezzo di un Angelo i comandi del Cielo, come per esempio fu avvertito di prepararsi al combattimento contro Golia.

Martedì 6 marzo.

Elisabetta e Zaccaria furono avvertiti da un messo fidato della Santa Famiglia sulla prossima strage degli Innocenti; allora Elisabetta si recò subito nel deserto per nascondere il piccolo Giovanni. Questo luogo era lontano due ore da Hebron. Vidi Zaccaria accompagnarli per un tratto di strada. Giunti ad un ponte di travi che attraversava un fiumiciattolo si divisero; Zaccaria si avviò verso Nazareth, seguendo la via che aveva fatto Maria al tempo della Visitazione. Lo vidi in cammino; forse il sant'uomo andò a Nazareth per chiedere ad Anna più particolari sulla terribile minaccia. Il piccolo Giovanni aveva quasi due anni, vestiva una pelle di animale e saltellava allegro come fanno tutti i fanciulli.

Anna Caterina non intende il deserto vero e proprio, cioè non vede una pianura interminabile di sabbia, ma piuttosto un luogo solitario e arido con rupi, caverne e spelonche d'ogni specie, con cespugli carichi di coccole e di altra frutta selvatica.

Elisabetta condusse il piccolo Giovanni in una spelonca, dentro la quale, dopo la morte di Gesù, dimorò per qualche tempo anche Maddalena. Vidi frattanto la Santa Famiglia costeggiare la sinistra del Mar Morto, per sette ore si diressero verso il sud e, due ore dopo Hebron, entrarono nella zona desertica in cui si era rifugiata Elisabetta col piccolo Giovanni. La via che essi percorrevano passava molto vicino alla grotta di Giovanni. Vidi la Santa Famiglia che, stanca ed affaticata, per-correva tristemente il deserto; gli otri d'acqua e le anfore di balsamo si erano svuotati. La Vergine era molto afflitta perché erano tormentati dalla sete. Allora si recarono in un luogo in cui il terreno produceva cespugli ed alcune erbe magre; Maria scese dall'asino per sedersi sul terreno col suo caro Bambinello. A poca distanza vidi con commozione il piccolo Giovanni correre libero e senza timore in quel luogo deserto; aveva addosso una pelle di agnello mantenuta sulle spalle da una cintola e impugnava un bastoncino dal quale pendeva un fiocco di scorza d'albero. Sembrava inquieto e ansioso perché percepiva la vicinanza dell'assetato Redentore. Agitato come quel giorno nel grembo materno al cospetto della Madre del Signore, egli sentiva dentro il suo cuore che Gesù soffriva la sete. Così inginocchiatosi, con le braccia protese, implorò ardentemente Dio affinché gli fosse dato di conoscere il mezzo per estinguergliela. Dopo aver pregato in questo modo per un certo tempo, si senti ispirato da qualcosa di superiore e corse ad un dirupo della roccia dove affondò il suo bastoncino. Immediatamente ne scaturì un abbondante zampillo d'acqua fresca. Rapidamente il fanciullo raggiunse un alto promontorio da cui scorse la Santa Famiglia che passava in lontananza. Appena lo vide, la Vergine sollevò in alto il Santo Bambino e, mostrandoGli Giovanni, disse: "Ecco Giovanni nel deserto!". Questi saltellò pieno di giubilo presso la fonte e, agitando il fiocco del bastoncino, corse di nuovo a nascondersi nella sua solitudine. Vidi poi il ruscello, scaturito dalla fonte aperta da Giovanni, gorgogliare ai piedi dei viaggiatori che si ristoravano. La Santa Vergine si era assisa sull'erba ed erano pieni di gioia. Giuseppe scavò a poca distanza una fossa che presto fu riempita d'acqua, quando questa divenne limpida ne bevvero; poi Maria lavò il Bambino nell'acqua cristallina. Ciò fatto, si bagnarono le mani, i piedi ed il volto. Infine Giuseppe condusse l'asino alla fonte, lo fece dissetare e poi riempì gli otri. L'erba inaridita si rialzò vigorosa ed uno splendido raggio di sole illuminò quelle persone riconoscenti a Dio per tanto favore. In questo luogo di grazia si trattennero per due o tre ore. Più tardi i santi Fuggiaschi fecero l'ultima tappa nel regno di Erode, vicino ad una città di confine che si chiamava Anam, o Anim. Li vidi entrare in una casa isolata che serviva da rifugio per coloro che viaggiavano nel deserto. Sopra un'altura si vedevano disseminate capanne e tuguri, nelle vicinanze crescevano cespugli e frutta selvatica. Credo che gli abitanti fossero cammellieri poiché vidi molti cammelli che giravano liberi tra le siepi. Sebbene fosse gente rozza, e addirittura sembra che si fosse occupata di ladroneria, accolse cortesemente la Santa Famiglia. Anche nella città vicina di Anam abitavano molti uomini disorientati. Fra gli altri distinsi un giovane di circa vent'anni che si chiamava Ruben".

106 - Le serpi e le lucertole volanti

Giovedì 8 marzo.

Sotto il firmamento stellato della notte vidi la Santa Famiglia attraversare il mare di sabbia nel quale l'unica vegetazione era costituita da bassi cespugli. Mi sembrò di viaggiare con loro per quelle solitudini. Questa zona desertica era pericolosa a motivo delle numerose serpi che si nascondevano raggomitolate dentro piccole buche fra il denso fogliame. Emettendo acuti sibili esse si avvicinavano ai santi Fuggiaschi che, protetti dalla splendente aureola, continuavano incolumi il loro cammino. Vidi un'altra specie mostruosa di animali pericolosi il cui corpo lungo color bruno, sorretto da corte zampe, aveva ali simili a quelle dei pipistrelli. Questi animali volavano rapidissimi a fior di terra ed avevano il capo che assomigliava alquanto a quello di un pesce (come lucertole volanti). I santi Fuggiaschi decisero di fermarsi in una profonda cavità del terreno, all'inizio di una strada scoscesa.

"Ero molto agitata per i pericoli che incombevano sulla Santa Famiglia. Il luogo dove si era soffermata era orribile, volevo fare qualcosa per proteggerli, come intrecciare con i giunchi un recinto che ne difendesse la parte più esposta ai pericoli; ma un orso terribile mi procurò grande angoscia. Allora apparve il vecchio sacerdote, morto da qualche tempo, il quale afferrò l'animale per la testa e lo gettò lontano. Gli chiesi come mai si trovasse in questo luogo, perché certamente doveva trovarsi meglio in quello da cui proveniva, al che egli rispose: "Io volevo soltanto esserti di aiuto, né intendo fermarmi qui più a lungo". Mi disse altre cose e mi preannunciò che si sarebbe fatto vedere ancora.

La Santa Famiglia avanzò verso sud, sulla strada comunemente battuta. Il nome dell'ultimo paese erodiano, fra il deserto e la Giudea, era Mara. Gli abitanti di questo luogo erano rudi e selvaggi, la Santa Famiglia non potè ottenere da loro alcun ristoro o aiuto. Di là passarono nel deserto vero e proprio. Non vi era strada, e non conoscendo il cammino si trovarono in grande imbarazzo. Dopo che ebbero percorso un breve tratto si trovarono dinanzi ad una montagna erta ed oscura. Addolorati e smarriti s'inginocchiarono e pregarono Dio che li soccorresse. Frattanto, numerosi animali selvaggi si erano avvicinati a loro ponendoli in uno stato angoscioso; Giuseppe e Maria notarono però che quelle bestie non erano cattive ed anzi li contemplavano con occhio mite. Mi ricordai allora dello sguardo del vecchio cane che portava il mio confessore quando veniva a trovarmi. In verità quelle bestie erano giunte per indicare la via alla Santa Famiglia: guardavano il monte, correvano verso di esso, poi ritornavano indietro, proprio come se volessero condurli in un certo luogo. Infine quegli animali guidarono i santi Viandanti attraverso il monte (forse il Sair), finché ebbero di fronte un bosco.

107 - I ladroni - Il fanciullo lebbroso miracolato

Sulla via che conduceva al bosco vidi una brutta capanna dove si nascondevano alcuni ladroni; non lungi da questa c'era un albero da cui pendeva una lanterna che serviva ad attirare in quel posto i viandanti sfortunati. La strada affondava ad ogni tratto. La capanna, che poteva essere smontata in breve tempo, era circondata da numerosi fossati per far inciampare i viaggiatori e depredarli. La Santa Famiglia, ignara della trappola, si avvicinava appunto alla capanna quando improvvisamente fu circondata da cinque predoni. La banda era animata da propositi malvagi contro i nuovi arrivati. Ma, quando alla vista di Gesù un raggio della grazia attraversò il cuore del capo dei ladroni, ogni proposito cattivo fu allontanato. Tempo dopo la Vergine racconto l'episodio a sua madre, dicendole di aver visto quale effetto avesse prodotto quel raggio di luce nel cuore del ladrone. Questi condusse la Santa Famiglia incolume nella sua capanna attraverso i fossati del sentiero. Nella tenda si trovavano la moglie del ladrone e due figli. Costui allora raccontò alla consorte il profondo sentimento d'amore che aveva provato nel vedere quel Santo Bambino. Vidi la moglie del ladrone accogliere i Viandanti con timida cortesia. I Viaggiatori si sedettero al suolo in un angolo della capanna, preparandosi a consumare un frugale pasto con le provviste che avevano portato con loro. Nei primi momenti quei furfanti sembrarono timidi e paurosi al contatto con la santa aurea della Famiglia, ma a poco a poco acquistarono confidenza. Condotto sotto la tettoia l'asino degli Ospiti, i briganti presero maggior dimestichezza con la semplicità di Giuseppe e la bontà della Beata Vergine. La consorte del capobanda offrì a Maria Santissima dei piccoli pani con miele e frutta, poi le diede da bere. Il fuoco ardeva entro una fossa scavata in un angolo della capanna. La donna assegno alla Madonna una lato riparato della capanna e, assecondando il desiderio da Lei espresso, le portò un catino d'acqua per lavare il Santo Bambino. Quindi Maria lavò Gesù dopo averlo ricoperto di un panno. Il ladrone, frattanto, appariva assai commosso, parlava con la sua consorte dicendole: "Questo fanciullo ebreo non è come tutti gli altri; egli è certamente un santo. Prega sua madre che ci permetta di lavare nostro figlio nell'acqua che è servita al suo bagno". Prima ancora che la donna si avvicinasse a Maria per pregarla di questo favore, la Santa Vergine acconsenti con un cenno. Allora la donna si allontanò, ritornando dopo poco con un fanciullo di circa tre anni tra le braccia le cui membra erano completamente irrigidite dalla lebbra; tutto il suo corpicino era ridotto ad una sola piaga e il viso si poteva appena riconoscere. L'acqua in cui si era lavato Gesù era ancora limpida, appena il lebbroso ne fu immerso, ogni anomalia che copriva la pelle si staccò dal suo corpo cadendo sul fondo del bacino. Così il fanciullo fu miracolato. Sua madre, fuori di sé dalla gioia, voleva abbracciare la Santa Vergine e Gesù, ma Maria rifiutò l'abbraccio, invece pregò la donna che facesse scavare un pozzo nel suolo fino a toccare la rupe per versarvi dentro quell'acqua. Così quest'acqua miracolosa avrebbe comunicato a quella del pozzo la grazia terapeutica di guarire la lebbra. Vidi la moglie del capobanda intrattenersi ancora per molto tempo con Maria. Credo si proponesse in cuor suo di fuggire dall'orribile dimora dei ladroni appena se ne fosse presentata l'occasione. Vidi alcune persone contente dell'avvenuto miracolo. Sembrava che la donna non volesse finire di narrare a tutti i conoscenti l'avvenuto prodigio. Così durante la notte giunsero alcune persone e fanciulli per ammirare e lodare la Santa Famiglia. Maria non dormi per tutta la notte e stette seduta in mezzo al letto. La mattina dopo, riforniti di viveri freschi, i santi Fuggiaschi ripartirono. Furono accompagnati dai ladroni che vollero indicare loro il sentiero sicuro. Giunto il momento di separarsi, il capo dei briganti fu molto commosso e disse loro: "In qualunque luogo vi troverete ricordatevi di noi" Allora mi apparve il simbolo della crocifissione e percepii che "il buon ladrone", il quale disse a Gesù: "Ricordati di me quando sarai nel tuo Regno", era appunto quel fanciullo risanato dalla lebbra. Dopo alcuni anni la consorte del capo dei furfanti si stabilì in un luogo tranquillo presso una fonte miracolosa. La Santa Famiglia si mise in cammino per attraversare il deserto. Avendo di nuovo smarrita la via, vidi degli animali avvicinarsi a loro, particolarmente lucertole, pipistrelli notturni e serpi. Questi, strisciando lentamente, sembrava volessero indicare la direzione giusta da mantenere.

108 - La rosa di Gerico - La Santa Famiglia raggiunge l'Egitto

Dopo molto cammino, Maria e Giuseppe per la terza volta persero l'orientamento. Allora avvenne un magnifico fenomeno miracoloso che guidò i loro passi: d'ambo i lati di una strada scorsero le cosiddette rose di Gerico; queste hanno i ramoscelli increspati, il fiore nel centro ed il gambo diritto. Con giubilo seguirono la via tracciata dalle pianticelle, e così attraversarono il deserto senza altre difficoltà. Seppi che a Maria fu rivelato come più tardi gli abitanti del paese avrebbero colto quelle rose e le avrebbero offerte ai viaggiatori in cambio del pane. Io stessa ricevetti alcune chiarificazioni sull'episodio poco tempo dopo. Il nome di questo luogo era Gase o Gose. Giunti a Lepe, vidi dei canali di acqua e alcuni argini. Allora i santi Fuggiaschi attraversarono un fiumiciattolo sopra una zattera di travi, sulla quale vi era una gran vasca in cui venivano collocati gli asini. Vidi Maria seduta col Bambino sopra una trave mentre due uomini traghettavano la zattera sull'altra riva. Erano assai brutti d'aspetto, seminudi, di color bruno ed avevano il naso schiacciato e le labbra sporgenti. Essi mi sembrarono inoltre assai rozzi e villani, non dissero una sola parola durante il tragitto. Abitavano in alcune case lontane dalla città. Credo che questa fosse stata la prima città pagana incontrata da Giuseppe e Maria. La Santa Famiglia aveva viaggiato per dieci giorni nel deserto e per altri dieci nella Giudea. Giuseppe, Maria e il Bambino si trovavano adesso sul suolo egiziano. Innanzi ad essi si apriva una vasta pianura interrotta da verdi praterie in cui pascolava il bestiame. Vidi anche degli alberi nei quali stavano scolpiti gli idoli dalla figura di fanciulli fasciati in larghe bende. Tutt'intorno si vedevano uomini di rozza statura, vestiti come quelli che filavano il cotone nel paese confinante con i Magi. Costoro si inchinavano in adorazione dinanzi ai loro idoli. Appena entrarono in Egitto, Maria e Giuseppe non sapevano come nutrire il loro Bambino perché mancavano di tutto. Essi soffrirono tutte le povertà umane; nessuno voleva dare niente a quegli stranieri. Li vidi entrare in una capanna; tutte le bestie che vi si trovavano ne uscirono spontaneamente lasciando libero il luogo. Finalmente ottennero un poco d'acqua da alcuni pastori impietositi. Maria, Giuseppe e il Santo Bambino languenti e privi di ogni soccorso, attraversarono un bosco in cui si trovava una palma carica di datteri. Vidi quest'albero piegarsi e porgere la cima appena la Vergine gli si avvicinò sollevando in alto il bambino Gesù. L'albero rimase poi in quella posizione. Numerosi ragazzi seminudi accorsero dal vicino villaggio e seguirono Maria che aveva offerto loro in dono la frutta. Circa un quarto d'ora più tardi, la Sacra Famiglia si nascose in un grosso sicomoro cavo nel tronco; questo servì per dileguarsi dalla vista dell'inopportuno corteo dei ragazzi. In questo tronco trascorsero pure la notte.

... continua ...

Augustinus
27-12-04, 20:01
... continuazione ...

109 - La fonte miracolosa e il giardino dalle piante balsamiche

All'indomani i santi Profughi proseguirono la via attraversando aride e sabbiose zone desertiche, li vidi spossati fino all'estremo limite delle proprie forze. Si sedettero su una piccola duna, mentre la Santa Vergine entrò in profonda contemplazione per innalzare a Dio un'ardente preghiera e una devota supplica. Mentre pregava, le scaturì accanto una fonte d'acqua abbondante e cristallina che serpeggiò sul terreno. Giuseppe scavò profondamente alla fonte un bacino, poi fece un canale che servisse allo scolo dell'acqua. Mentre Maria lavava il Bambino, Giuseppe abbeverava l'asino e riempiva gli otri. Poi si riposarono. Frattanto, orribili animali, simili nella forma a grandi lucertole ed a testuggini, vennero a dissetarsi all'acqua del nuovo ruscello. Come le altre volte, non fecero alcun male alla Santa Famiglia, anzi mi sembrò che la guardassero quasi con gratitudine. il paesaggio intorno, benedetto dalla sorgente d'acqua, rinacque a vera vita. Gli alberi fruttificarono e vicino ad essi crebbero persino alcune piante curative. Quel luogo sarebbe divenuto un giorno una nota oasi con un giardino di piante balsamiche dove numerose persone vi avrebbero dimorato stabilmente. Tra queste mi parve di vedere la madre del giovinetto lebbroso risanato dall'acqua dove si era bagnato Gesù. Più tardi ebbi delle visioni relative al luogo. Vidi le piante balsamiche che circondavano un giardino al centro del quale crescevano molti alberi da frutta. Molto tempo dopo vi si scavò un altro pozzo assai profondo. Una ruota mossa dai buoi vi attingeva l'acqua che, mista a quella della fonte di Maria, irrigava il giardino. Se l'acqua del pozzo non veniva miscelata a quella della fonte, anziché giovare al terreno lo danneggiava. I buoi che ponevano in movimento la ruota, non lavoravano dal mezzogiorno del sabato fino al mattino del lunedì. I santi Profughi, dopo essersi ristorati, avanzarono verso la vasta e antica città di Eliopoli, detta anche On. Quando Gesù morì, in questa città vi abitava Dionigi l'Aropagita. Ai tempi d'Israele vi abitava Putifar, il sacerdote egiziano, la cui figlia, Asenet, sposò il patriarca Giuseppe. La guerra aveva distrutto la città e fiaccato gli abitanti, i quali avevano poi ricostruito nuove abitazioni sulle rovine di quelle precedenti. Passando sopra un lungo ponte, i santi Fuggiaschi attraversarono un fiume larghissimo (il Nilo) che mi parve si dividesse in più bracci. Giunsero in una piazza che si apriva davanti alla porta della città ed era circondata da una specie di pubblico passaggio. Su di una colonna, larga alla base e stretta alla cima, si mostrava un grand'idolo con la testa di bue che teneva tra le braccia una specie di fantoccio. I numerosi devoti che in grosse carovane uscivano dalla città, usavano deporre le offerte sotto quest'idolo, sopra cerchi di pietra che parevano panche o sedili. Non lontano da questa statua pagana vi era una grande palma sotto la cui ombra si era seduta a riposare la Santa Famiglia. Mentre se ne stavano seduti tranquillamente, un terremoto fece precipitare l'idolo. Il popolo, emettendo grida selvagge, si riversò sulla piazza e circondò minaccioso la Santa Famiglia, perché alcuni avevano gridato che loro sarebbero stati la causa del terremoto. Appena la minaccia della gente diventò incombente, la terra ricominciò a tremare ed il grosso albero si ripiegò tutto verso il terreno. L'idolo sprofondò in un cratere enorme che si era riempito di acqua fangosa e nerastra; si videro appena le corna spuntare dal fango. Alcuni fra i più violenti tumultuanti annegarono nella voragine oscura. A quella vista tutti gli altri si ritirarono timorosi. Quindi la Santa Famiglia entrò tranquillamente nella città e prese alloggio vicino ad un vasto tempio idolatra, in un locale all'interno di una grossa muraglia.

110 - Visioni sulla vita della Santa Famiglia nella città di On (o Eliopoli)

Suor Emmerick comunicò le visioni intorno alla vita della Santa Famiglia ad Eliopoli o On.

Passai il mare e mi recai in spirito in Egitto, trovai i santi Viandanti che abitavano in quell'antica città in rovina. Vidi le acque del fiume scorrere sotto grandi ponti; vidi pure massicce muraglie e torri in rovina. Templi che si conservavano quasi intatti e colonne che parevano torri su cui si saliva per mezzo di scale esterne fatte a chiocciola. Erano alte ed acute all'estremità, adornate di strane figure di animali simili a cani con la testa umana, accucciati al suolo. La Santa Famiglia aveva preso alloggio in alcune sale di un grande edificio di pietra, appoggiato a colonne basse e solide di forma rotonda e quadrangolare. Presso queste colonne molte persone si erano adattate le loro abitazioni. L'edificio era situato in posizione sottoelevata ad una strada su cui passavano non solo i pedoni ma anche i carri; l'alloggio si trovava dirimpetto ad un gran tempio pieno di idoli, con due cortili. Il luogo scelto da Giuseppe per stabilire la propria dimora era uno spazio circondato da un muro e da una fila di colonne assai grosse ma non molto alte. In questo spazio egli suddivise le stanze per mezzo di assicelle. L'asino fu pure accomodato in un posto diviso dal resto dell'abitazione da una parete di legno. Giuseppe e Maria avevano eretto un piccolo altare vicino al muro, riparato da una parete di legname. Quest'altarino consisteva in un tavolino coperto di un panno rosso, su cui si stendeva un altro panno bianco e trasparente. Una lampada ardeva perennemente al disopra del tavolo. Li vidi spesso assorti in preghiera. Giuseppe iniziò ad esercitare privatamente il suo mestiere producendo tavoli, sgabelli e delle tettoie per riparare i contadini dai raggi cocenti del sole. La Santa Vergine invece tesseva tappeti e si occupava di un altro lavoro (non so se si trattasse pure di filatura o qualcosa di simile) per cui adoperava un bastoncino con un nodo all'estremità. Vidi spesso della gente andare a visitare la Santa Famiglia e particolarmente il Bambino. Il Pargoletto, che irradiava innocenza, giaceva nella sua culla sul piedistallo di legno. Lo vidi con le piccole braccia pendenti dall'una e dall'altra parte della culla. Ebbi una visione in cui il piccolo Gesù era assiso sul suo lettuccio mentre Maria Santissima sedeva vicino a lui e lavorava a maglia. Un cestello era accanto a Lei e tre donne le tenevano compagnia. Maria lavorava per gli Ebrei di Gosen e si guadagnava il pane e gli altri alimenti. Gosen era una piccola città a settentrione di Eliopoli situata su un territorio interrotto da canali. La comunità ebraica che vi risiedeva aveva alterato il suo culto, molti suoi componenti strinsero amicizia con la Santa Famiglia. Gli Ebrei di Gosen frequentavano il tempio situato di fronte alla dimora di Giuseppe e Maria; essi osavano paragonarlo a quello di Salomone. Non lontano dal tempio, Giuseppe aveva adattato un luogo di culto dove si radunavano a pregare tutti gli Ebrei osservanti di Eliopoli; prima di allora mai avevano pregato in comune. Il luogo di preghiera era dotato superiormente da una piccola cupola, e quando si apriva lasciava scorgere liberamente il cielo. Al centro del locale vi era il tavolo dei sacrifici coperto dei panni rituali. Sopra questo tavolo o altare erano appoggiate delle pergamene avvolte. Il sommo sacerdote era un uomo molto vecchio. Qui gli uomini e le donne si dividevano per la preghiera comune, diversamente da come facevano in Terrasanta: i primi stavano da un lato e le seconde dall'altro lato della sala. Vidi in questo luogo la Santa Vergine col bambino Gesù. La Madonna era seduta al suolo e s'appoggiava ad un braccio, mentre il Bambinello sedeva dinanzi a Lei; Egli indossava una tunica color celeste e teneva le braccia conserte sul petto. Giuseppe, come era solito fare, stava dietro a Maria, sebbene tutti gli altri uomini fossero nel lato opposto loro assegnato. Gesù cresceva e riceveva frequentemente la visita di altri fanciulli. Egli parlava già abbastanza bene e si muoveva con tutta sicurezza; trascorreva parte della giornata con Giuseppe e talvolta lo seguiva anche quando egli andava fuori casa per prestare la sua opera. Il Santo Fanciullo vestiva una camiciola tessuta senza cuciture. A causa dell'improvviso crollo di alcuni idoli venerati da questa popolazione, Gesù, Giuseppe e Maria continuarono a subire non poche persecuzioni. La Famiglia era tacciata continuamente di essere causa dei malaugurati eventi, anche perché abitava presso il tempio degli ebrei-pagani.

111 - Un Angelo annuncia alla Santa Famiglia la strage dei fanciulli ordinata da Erode

Verso la metà del secondo anno di vita di Gesù, un Angelo avverti Maria ad Eliopoli della strage dei bambini ordinata da Erode, premeditata ed organizzata già molto tempo prima dal tiranno. Giuseppe e Maria ne furono assai afflitti e Gesù pianse tutto il giorno. In occasione della presentazione di Gesù al tempio, le profezie di Simeone ed Anna erano giunte all'orecchio di Erode. Il tiranno, già agitato per l'episodio dei Magi e per le voci precedenti, si mise maggiormente in allarme e preparò l'infanticidio di massa meditato da lungo tempo; inviò quindi ordini più severi alle guardie di stanza nei dintorni di Gerusalemme, Gigal, Betlemme e fino ad Hebron. Appena egli ritornò da Roma fece ricercare Gesù a Nazareth, e non avendolo trovato, diede definitivamente l'ordine dell'infanticidio di massa. Quandò Erode diede l'ordine di razziare tutti i fanciulli nunon di due anni, Elisabetta venne esortata da un Angelo a nascondere di nuovo suo figlio. Così fuggi per la seconda volta col piccolo Giovanni nel deserto. Giovanni aveva allora due anni ed era appena ritornato a vivere con i genitori perché le voci di un probabile pericolo erano state smentite. In quel tempo Gesù aveva un anno e mezzo e camminava da solo. Le autorità avevano promesso premi alle donne feconde, e queste, adornati festosamente i pargoli, si erano recate agli uffici siti nei diversi luoghi di raccolta. Vidi le madri che partivano con i loro figlioli dai luoghi della provincia del regno erodiano per confluire a Gerusalemme, a Betlemme, a Hebron, e negli altri centri di raccolta. Quelle famiglie, giunte sui loro asini, riponendo tante speranze in quel viaggio, avevano portato i loro fanciulli a morire sventrati! Appena giunsero a destinazione i padri furono rimandati indietro, le madri con i loro pargoli invece vennero condotte in un gran luogo di raccolta nel quale vi entravano lietissime, convinte di ricevere un premio per la loro fecondità. A Gerusalemme l'edifido di raccolta era alquanto lontano dalla città e vicino alla dimora di Pilato. La costruzione dove il procuratore romano abitava era fatta in modo tale che difficilmente da fuori si poteva sentire o vedere quello che accadeva all'interno. Pare che fosse anche un penitenziario o una casa di giustizia perché nei cortili vidi pali, ceppi d'albero e catene per i supplizi dei prigionieri. Quei legni venivano chinati, legati assieme, poi improvvisamente disciolti, quando si doveva giustiziare qualcuno con l'orribile pena dello squartamento. L'edificio vicino alla dimora di Pilato si presentava pure assai massiccio, dall'aspetto tetro, il cortile era grande quasi come il cimitero che fiancheggia la chiesa di Dùlmen. Una porta immetteva in un corridoio e nella corte, la quale era fiancheggiata da due caseggiati laterali a destra e a sinistra. In questi due edifici furono rinchiuse tutte le madri con i loro figli. Allorché le donne si accorsero di essere prigioniere, tutte le speranze crollarono in una volta sola ed esse cominciarono a piangere e a disperarsi in tutti i modi. Passarono tutta la notte gemendo con i loro fanciulli. Erano passate dalla più viva speranza alla più amara ed angosciosa disperazione, come avviene spesso per ogni essere umano.

Il giorno dopo, 9 marzo, alla stessa ora, la Emmerick continuò il suo acconto.

Oggi a mezzogiorno ho assistito all'orribile spettacolo della strage degli Innocenti che avvenne nel palazzo di giustizia. Nella grande ala che chiudeva il cortile, da uno dei lati, vi era a pian terreno una vasta sala simile ad una prigione o ad un corpo di guardia. Il piano superiore si divideva pure in sale, le cui finestre davano sul cortile. Radunati a consiglio in una di queste, vi erano alcuni nobili signori seduti intorno ad un grande tavolo dove si trovavano delle pergamene. Credo che fosse presente anche Erode, poiché vidi uno con la corona sul capo, avvolto in un mantello rosso foderato di pelliccia bianca cosparsa di fiocchetti neri. Molti distinti personaggi lo circondavano ed egli contemplava tranquillamente l'orrida scena da una finestra. Dai caseggiati laterali, le donne furono avviate con i bambini nella gran sala a piano terra, giunte all'entrata, i manigoldi strappavano dalle madri i fanciulli e li trasportavano nella corte, dove vidi venti boia snaturati che li uccidevano, traforando loro il cuore con le lance o decapitandoli con le spade. Alcuni bambini erano ancora avvolti nelle fasce e avevano poppato al seno delle madri fino a pochi minuti prima, altri erano già grandicelli e vestivano abitini tessuti. Senza spogliarli li uccidevano in questo modo bestiale, poi afferrandoli per un braccio o per un piede li lanciavano nel mucchio di cadaverinì pieni di sangue. Lo spettacolo era orribile. Le urla di dolore delle madri che, affollate e rinchiuse nella sala terrena si erano accorte della strage dei figlioli, erano tremende. Esse si sentivano straziare il cuore, si strappavano i capelli e si contorcevano le mani. Il numero di esse a poco a poco crebbe, in breve tempo l'ampia sala divenne per loro angusta ed avevano appena lo spazio per muoversi. Credo che la strage fosse proseguita fino a sera. Nel cortile stesso fu scavata una fossa enorme dove vennero gettati i cadaverini. Non mi sovviene precisamente il numero delle vittime, sebbene questo mi fosse stato indicato con il numero sette o diciassette (millesettecento, o settecento, come anche settemila). Quello spettacolo mi atterri a tal punto che quando mi risvegliai, a stento ebbi ricordo di simili scene. Durante la notte, le madri legate assieme e divise per gruppi di destinazione furono ricondotte alle proprie abitazioni. L'avvenimento che vidi si volse a Gerusalemme, proprio nello stesso palazzo del tribunale in cui venne condotto Gesù, non lontano dall'abitazione di Pilato. All'epoca del processo a Gesù l'edificio era stato in parte trasformato. Quando il Salvatore andò dal Padre suo, vidi molte anime da quel luogo salire al Firmamento.

112 - Giovanni fugge di nuovo nel deserto. La Santa Famiglia lascia Eliopoli per stabilirsi a Matarea

Elisabetta intanto rimase nel deserto per quaranta giorni con il suo bambino. Vidi che cercò per molto tempo una caverna dove poter nascondere bene Giovanni. Quando la santa Donna ritornò alla sua dimora, Giovanni rimase nascosto nella grotta. Vidi un Esseno, della comunità del monte Oreb, recarsi ogni otto giorni nel deserto a visitare il fanciullo; gli portava vivande e lo aiutava in ogni suo bisogno. Ouesto sant'uomo era un parente di Anna, la profetessa del tempio. Egli si recava da Giovanni ogni otto giorni, poi ogni quindici, finché quest'ultimo si abituò a vivere nel deserto da solo e non ebbe più bisogno del suo aiuto. Dio aveva destinato Giovanni a vivere isolato dagli uomini e a crescere nell'innocenza della solitudine. Al pari di Gesù, Giovanni non frequentò alcuna scuola ma fu istruito dallo Spirito Santo. Spesso lo vidi circondato da figure lùminose. Il deserto non era affatto desolato e sterile, ma vi crescevano erbe ed arbusti fruttiferi; in mezzo alle rupi nascevano fragole e Giovanni le coglieva e se ne cibava. Gli animali e specialmente gli uccelli non lo fuggivano ma invece, volando sulle sue spalle, vi si fermavano ed ascoltavano attenti le sue parole, che pareva comprendessero perfettamente. Spesso gli uccelli gli servivano addirittura come messaggeri. Una volta lo vidi in un'altra regione, presso un fiume, mentre i pesci si avvicinavano alla riva, chiamati da lui. Tutti gli animali gli si erano molto affezionati, lo servivano e lo avvisavano in molte occasioni. Lo conducevano ai loro nidi ed ai loro ovili e, quando egli temeva l'avvicinarsi di qualcuno, trovava rifugio sicuro nelle loro tane. Frutta, radici ed erbe erano il nutrimento quotidiano del piccolo Giovanni. Egli non aveva da cercare molto lontano il suo nutrimento, poiché o intuiva il luogo dove trovarlo, oppure gli animali glielo indicavano in qualche modo. Portava sempre avvolta intorno al corpo una pelle e teneva tra le mani il bastoncino; lo vidi internarsi nel deserto e, come altre volte, avvicinarsi alla casa paterna. Due volte si incontrò anche con i suoi genitori, i quali avevano sempre grande desiderio di vederlo. Probabilmente essi si tenevano in contatto mediante visioni divine, perché vidi che quando Elisabetta e Zaccaria si recavano a trovarlo egli andava già loro incontro. La Santa Famiglia dimorava ad Eliopoli da circa un anno e mezzo. Giuseppe decise di abbandonare quel luogo perché mancava il lavoro e, inoltre, dovevano soffrire le persecuzioni della gente. Essi partirono dunque verso Menfi per stabilirsi a mezzogiorno di Eliopoli. Sulla strada fecero una sosta in una piccola città e, mentre erano assisi nell'atrio del tempio pubblico, l'idolo che vi si trovava crollò e si frantumò in mille pezzi. Questo aveva la testa di bue, tre corna e molti buchi nel corpo, nei quali si ponevano le vittime che dovevano essere arse. Allora i sacerdoti idolatri, sdegnati, si riunirono e minacciarono la Santa Famiglia. Accadde però che uno di questi, improvvisamente, fu memore delle sciagure subite dai loro antenati quando perseguitavano gli Ebrei, allora i santi Profughi furono lasciati in libertà. Continuando il cammino Giuseppe, Gesù e Maria giunsero a Troja, posta a mezzogiorno del fiume Nilo e dirimpetto a Menfi. Vidi la città grande ma con le vie assai sudicie. Giuseppe e Maria ebbero l'intenzione di fermarsi qui, ma furono male accolti. Chiesero datteri e un po' d'acqua e non ne ricevettero da alcuno. Menfi giace su ambedue le rive del Nilo, che in questo luogo è assai largo e forma molte isole. Sulla riva orientale, al tempo del Faraone, vi era un magnifico palazzo circondato da giardini; sull'alta torre spesso saliva la figlia del re. Vidi anche il luogo preciso in cui fu rinvenuto Mosè nel canestro galleggiante sulle acque. Menfi poteva essere considerata una sola grande città con Eliopoli e Babilonia, perché nei tempi antichi questi tre agglomerati erano congiunti tra loro da un immenso numero di caseggiati e costruzioni varie. Ai tempi della Santa Famiglia, siccome molte di quelle costruzioni erano cadute in rovina, non esisteva più la continuità di caseggiati che legava le tre città tra le due sponde del Nilo. Scendendo lungo il corso del fiume i nostri abbandonarono Troja e giunsero a Babilonia, città sudicia e brutta. Proseguirono e passarono per un argine che sarà pure percorso da Gesù molti anni dopo, quando risusciterà Lazzaro e poi attraverserà l'Egitto per raggiungere i suoi discepoli a Sichar. I santi Profughi costeggiarono così il Nilo per altre due ore seguendo una strada ingombra di rovine; poi superato un braccio del fiume, ovvero un canale, giunsero ad un paese il cui nome fu più tardi Matarea. Questo luogo, circondato dal deserto, aveva le abitazioni per la maggior parte fatte di legno di dattero e cementate col fango disseccato; il tetto consisteva in giunchi tenuti insieme. Giuseppe trovò molto lavoro in questa dttà poiché erigeva case più solide per mezzo di tavolate di vimini. Non lontano dalla porta attraverso la quale erano entrati in città, vi era un luogo solitario in cui la Famiglia decise di stabilire la dimora e un laboratorio per le attività di Giuseppe. Anche in questo paese, appena giunti, l'idolo di un piccolo tempio rovinò al suolo. il popolo infuriato, fu acquietato da un sacerdote illuminato che rammentò loro i flagelli dai quali il popolo egiziano era stato mortificato. Qualche tempo dopo, poiché molti Ebrei e pagani convertiti si erano uniti alla Sacra Famiglia, i sacerdoti abbandonarono a questa nuova comunità il piccolo tempio dov'era crollato l'idolo. Giuseppe fece di esso una sinagoga, divenendo la guida e il padre spirituale della comunità. Egli ripristinò il culto che era stato alterato, e insegnò il canto dei salmi. Abitavano in questa città molti Ebrei poverissimi. Le loro abitazioni erano fosse o edifici in rovina. A due ore di cammino, fra On ed il Nilo, vi era un paese abbastanza popolato da Ebrei, gli abitanti erano caduti nell'idolatria più deplorabile; adoravano un vitello d'oro e un'altra figura dalla testa di bue, circondata da certi simboli di animali simili alla fama. Essi possedevano inoltre una specie di arca in cui conservavano oggetti orribili. Terribile era il loro rito idolatra, e ancora più disgustose erano certe sfrenatezze cui si davano in sale sotterranee, attraverso le quali credevano di accelerare la venuta del Messia. Nella loro ostinazione non volevano in alcun modo ravvedersi. La comunità di Giuseppe però finì per rappresentare il punto d'attrazione di numerosi Ebrei di questo culto pagano. Gli Ebrei della terra di Gosen avevano già conosciuto la Sacra Famiglia ad On, quando la Santa Vergine si era occupata di fare maglie unendo e intrecciando giunchi. Questo solo per soddisfare le necessità essenziali della gente. Infatti, per quanto Maria avesse necessità di guadagnare, la vidi spesso rifiutare certi lavori ordinati da donne per soddisfare i capricci della vanità fernnunile. In risposta ai suoi bonari rifiuti udii quelle donne ingiuriarla con espressioni grossolane.

113 - Il santuario della Santa Famiglia

La vita in Matarea fu per loro assai grave e soffrirono mancanza d'acqua e di legna, specialmente nei primi tempi. Gli abitanti del luogò si servivano per gli usi domestici di erba disseccata o di canne. La Santa Famiglia si nutriva quasi sempre di cibi freddi. Siccome gli abitanti di Matarea non sapevano costruire le loro capanne, Giuseppe fu subito chiamato ad accomodare le capanne che più ne avevano bisogno. Ma era trattato alla stregua di uno schiavo, lo pagavano male e spesso tornava a casa senza aver ricevuto ricompensa alcuna. il legname mancava, e seppure ve n era qualche raro pezzo, mancavano gli strumenti per lavorarlo perché questa gente conosceva solo comuni coltelli di pietra o di osso. Giuseppe, che aveva portato con sé gli strumenti più necessari, riusciva invece a tagliare il legno e a fare simili lavori. Grazie alla sua infaticabile mano, la Sacra Famiglia era riuscita anche a disporre un po' meglio il suo alloggio. Il sant'uomo, mediante tavole di giunchi leggerissime, montò piccole stanzette, poi preparò un focolare e fabbricò due tavolini e alcune sedie. Gli abitanti di Matarea usavano mangiare sul terreno. In questa dimora i santi Fuggiaschi vi trascorsero alcuni anni, ed io ebbi modo di vedere molte cose relative all'infanzia di Gesù. Egli dormiva in una nicchia scavata da Giuseppe nella parete del-la bottega, la Vergine dorrniva vicino a Lui. Spesso la vidi alzarsi di notte e pregare inginocchiata l'Altissimo dinanzi a Gesù. Giuseppe dormiva in un'altra piccola stanzetta. In un andito isolato dal resto della casa era stato disposto un piccolo oratorio. Giuseppe, Maria Santissima e Gesù avevano ciascuno il loro posto di preghiera, sia stando seduti, in ginocchio, come anche in piedi. Vidi la Santa Vergine pregare spesso dinanzi all'altarino della casa, eretto in una nicchia nel muro; era un tavolo piccolo ricoperto dei panni cultuali. Vicino all'altarino vidi dei piccoli mazzi di fiori disposti entro vasi in forma di calice; vidi pure l'estremità di quel bastoncino che Giuseppe aveva ricevuto al tempio, il quale era assicurato entro un astuccio largo circa un pollice e mezzo. Ho veduto anche alcuni simboli egiziani relativi alla nascita della Madonna, ma li ricordo solo confusamente.

114 - Elisabetta conduce Giovanni per la terza volta nel deserto

Mentre la Santa Famiglia dimorava in Egitto, il piccolo Giovanni ritornò a vivere con i propri genitori a Juta, mantenendosi accuratamente nascosto. Ma fu notato da qualcuno e il pericolo si fece di nuovo incombente, allora Elisabetta fu costretta a ricondurlo di nuovo nel deserto. Era il terzo ritorno di Giovanni. Egli aveva a quel tempo quattro o cinque anni. Zaccaria era assente quando essi partirono, credo che si fosse allontanato per evitare il dolore dell'addio, perché amava moltissimo suo figlio. Prima che Giovanni andasse via con la madre, Zaccaria lo benedisse come era sua abitudine ogni qualvolta si assentava. I capelli di Giovanni erano più scuri di quelli di Gesù, e in tutto il tempo che egli dimorò nel deserto gli vedevo sempre fra le mani il bastoncino bianco. Lo vidi condotto per mano da sua madre. Elisabetta attraversò con lui a passo veloce le solitudini del deserto. Indossava una lunga veste e ogni suo movimento era sempre rapido e risoluto. Spesso, durante il cammino, Giovanni precedeva la madre e lo vedevo fanciullo semplice e ingenuo, sebbene mai fosse troppo inquieto né distratto. Camminarono verso sud, costeggiando un fiume sulla riva destra, poi passarono all'altra riva su una zattera. Elisabetta, che era una donna assai energica, sapeva trattare vigorosamente anche i remi. Giunti all'altra sponda, i due si inoltrarono in una via che volgeva a sinistra. Percorse alcune miglia, entrarono in una caverna che, nonostante si trovasse in una zona deserta e selvaggia, aveva alla sua entrata alcuni alberi fruttiferi. Giovanni si nutriva con quella frutta. Sistemato alla meglio suo figlio, Elisabetta prese congedo da lui: lo benedisse, lo strinse al cuore, lo baciò sulle guance e sulla fronte, poi se ne andò. Più volte quella Santa Madre si volse indietro cercando con gli occhi lucidi di lacrime il figlio, lasciato solo nella caverna selvaggia. Frattanto questi, senza timore, s'inoltrò arditamente all'interno della grotta. Dio mi concesse la grazia di sentirmi presente a tutto quanto avveniva, facendomi sentire nella visione come una fanciulla. Mi parve infatti di avere l'età di Giovanni e di accompagnarlo nelle sue passeggiate, spesso mi angustiavo per lui vedendolo allontanarsi troppo dalla grotta nelle sue scorrerie. Mi consolava una voce dicendomi che non avevo alcun motivo per affliggermi perché Giovanni sapeva benissimo ciò che faceva. Allora mi sembrò di essere insieme ad un amico fidato della mia gioventù e di attraversare le solitudini del deserto con lui. Vidi in tal modo molti fatti che gli accaddero durante il soggiorno in questo luogo selvaggio. In una visione passeggiavamo insieme, in quest'occasione Giovanni mi narrò alcuni fatti che gli erano accaduti durante la sua precedente vita solitaria. Mi rivelò le mortificazioni che si era imposto e come tutte le cose che lo circondavano lo avessero ben istruito ai misteri della vita e della natura, sebbene ciò fosse avvenuto in modo per lui incomprensibile. Spesso, quando mi trovavo sul pascolo, lo chiamavo in questo modo: "Giovanni, vieni qua col tuo bastoncino e la tua pelle sulle spalle". Allora alcune volte mi appariva, veniva verso di me e giocavamo insieme come fanno tanti fanciulli; frattanto mi raccontava molte cose della sua vita, e molte altre volte mi istruiva sui misteri dello spirito e della natura. Mai mi meravigliavo quando lo vedevo ricevere istruzioni dalle piante e dagli animali, poiché io stessa quando mi trovavo a pascolare il gregge trovavo meravigliose istruzioni da ogni fiore, dal campo e da ogni uccello, come se leggessi in un libro prezioso. Anche il cogliere le spighe, l'estirpare l'erba ed il radunare le radici, era per me perenne fonte d'istruzione. Ogni forma, ogni colore, ogni cespuglio, era oggetto di profonde considerazioni e contemplazioni. Quando io partecipavo a qualcuno queste gioie dell'animo, escluso lo stupore, il più delle volte scorgevo un sorriso scettico. Di fronte a queste reazioni dei miei ascoltatori, mi abituai a tacere. Seguendo il fanciullo Giovanni nel deserto, lo vidi comunicare con i fiori e con gli animali. Specialmente gli uccelli erano i suoi prediletti: quando passeggiava, e ancor più quando pregava in ginocchio, essi accorrevano cinguettando intorno a lui. Se egli poneva il suo bastoncino orizzontalmente, fra i rami degli alberi, accorrevano alla sua voce numerosi uccelli variopinti e si disponevano in fila sul suo bastone. Allora Giovanni parlava amichevolmente con loro, quasi come se tenesse scuola. Altre volte lo vidi seguire gli animali nei covi e nelle tane, dar loro cibo e contemplarli con la massima compiacenza.

115 - Erode fa arrestare e uccidere Zaccaria. Morte di Elisabetta.

All'età di sei anni, Giovanni viveva ancora nel deserto. Elisabetta era andata a fargli visita mentre Zaccaria si era recato ad offrire vittime al tempio. Temendo di essere interrogato dagli erodiani, questa volta il vecchio sacerdote volle ignorare a proposito il luogo dove si trovasse suo figlio. Però Giovanni si recava a trovare il padre segretamente nella notte, e dimorava qualche tempo nella casa. Siccome le potenze celesti guidavano sempre i passi di Giovanni, probabilmente l'Angelo custode lo avvertiva quando fosse possibile percorrere senza pericolo la via che conduceva alla dimora dei genitori. Figure luminose, come quelle degli Angeli, lo accompagnavano nelle sue peregrinazioni. Il Battista era stato destinato da Dio a crescere isolato dal mondo e ad essere educato solo dallo Spirito Divino, vidi che non aveva bisogno di alimentarsi con il cibo usato dall'uomo per soddisfare la fame. La Provvidenza dispose che egli fosse condotto nel deserto spinto dalle circostanze esterne che conosciamo. Per questa vita la sua natura era irresistibilmente inclinata. Infatti già nella sua prima infanzia lo vidi anima solitaria e contemplativa. Quando per divina ammonizione la Santa Famiglia fuggi in Egitto, anche Giovanni, il precursore di Gesù, dovette rifugiarsi nel deserto; così fu per tre volte. Fin dal momento della sua nascita egli aveva attirato l'attenzione pubblica e il sospetto delle autorità di possedere facoltà soprannaturali. Giovanni si era presto attirato il sospetto degli sbirri erodiani sia per il comportamento che per la sua aurea luminosa. Parecchie volte, senza far ricorso alla violenza, il tiranno aveva chiesto a Zaccaria dove si trovasse il figlio. Ma questa volta, dopo la strage degli Innocenti, appena il vecchio saggio arrivò alla porta principale di Gerusalemme, quella che dà sulla strada di Betlemme, i soldati di Erode gli tesero un agguato, lo sorpresero e lo maltrattarono crudelmente. Lo trascinarono quindi in una prigione posta alle falde del monte Sion, presso il quale più tardi passeranno i discepoli di Gesù per recarsi al tempio. Dopo aver sottoposto il povero vecchio alle più bestiali torture per strappargli la rivelazione della dimora di suo figlio, Zaccaria fu crudelmente trucidato per ordine di Erode. I suoi amici ne seppellirono il corpo non lontano dal tempio. Intanto Elisabetta si era incamminata verso casa per raggiungere il suo consorte, credendo che Zaccaria fosse ritornato ormai a Juta dopo il servizio al tempio. Giovanni accompagnò sua madre per un tratto di strada, quindi, ricevuta la materna benedizione ed un bacio, se ne ritornò allegramente alle sue solitudini. Appena rientrata alla sua dimora, Elisabetta apprese l'orribile notizia dell'assassinio del suo sposo. Profondamente scossa dall'orrore e dall'enorme dolore, la santa Donna ritornò disperata dal figlio col proposito di passarvi il resto dei suoi giorni. Non molto tempo dopo ella morì nel deserto e fu sepolta dall'Esseno dell'Oreb. Giovanni, rimasto senza genitori, si addentrò ancor più nel deserto. Lo vidi aggirarsi sulla sabbia in riva ad un piccolo lago, infine si immerse nell'acqua, mentre i pesci gli accorrevano vicino come vecchi amici. il Battista visse presso quel lago per molto tempo; nel bosco vicino si era costruito con rami d'albero una rudimentale capanna per viverci e trascorrere le notti. La capanna era bassa ed angusta, bastava appena come meschino giaciglio. Spiriti ed Angeli aureolati e vestiti di luce chiarissima venivano a trovarlo; il predecessore di Gesù parlava spesso con loro senza timore o stupore, ma con umile devozione. Pareva che quegli spiriti gli insegnassero molte cose e specialmente richiamassero la sua attenzione su certi oggetti degni di particolare considerazione. il suo bastoncino, al quale era assicurato il ramoscello collocato orizzontalmente con scorze d'albero, aveva assunto la forma di una croce. Una nipote di Elisabetta era andata a vivere nella dimora disabitata in Juta. Questa casa era disposta assai bene. Quando Giovanni si fece adulto andò per l'ultima volta a rivedere il tetto paterno, poi si allontanò internandosi nel deserto dove rimase finché ricomparve nel mondo degli uomini.

116 - Matarea: la Santa Vergine scopre una fonte vicino alla sua dimora. Due Angeli annunciano a Gesù la morte di Erode

Anche in Matarea, in cui altra acqua non si conosceva che quella fangosa del Nilo, Maria fu esaudita nella sua preghiera rinvenendo una fonte naturale sotterranea. I primi tempi trascorsi in questo luogo furono veramente difficili innanzitutto per la scarsità d'acqua. Infatti la Santa Famiglia soffrì molte privazioni vivendo solamente di frutta e d'acqua pessima. Già da molto tempo, Maria e Giuseppe cercavano invano una fonte d'acqua pura; Giuseppe si era già preparato ad andare nel deserto con l'asino, dove presso il boschetto di erbe balsamiche avrebbe trovato l'acqua con cui riempire gli otri. Ma avendo la Santa Vergine pregato il Signore con molta insistenza, un Angelo le svelò l'esistenza di una fonte d'acqua dietro la loro abitazione. Subito dopo la rivelazione, oltrepassando la muraglia che circondava la casa, Maria discese in una bassa spianata dove in mezzo ad un cumulo di rovine si vedeva un vecchio e grosso albero. Ella teneva in mano una verga che portava all'estremità una paletta. Con questa battè il terreno presso l'albero e subito ne scaturì una fonte limpida e purissima. Piena di gioia, Maria corse ad avvertire Giuseppe che aprì meglio l'imboccatura della fonte. Quell'apertura, allora otturata, era gia esistita nei tempi antichissimi, infatti si conservavano ancora perfettamente alcune muraglie di un antico pozzo. Giuseppe la riaprì di nuovo e la circondò assai abilmente di pietre. Dalla parte in cui Maria aveva battuto il terreno quando si era avvicinata all'antico pozzo, si trovava una grossa pietra che sembrava fosse servita da altare per antichi culti. Qui la Santa Vergine metteva spesso ad asciugare al sole le vesti ed i panni di Gesù. La riapertura del pozzo rimase sconosciuta agli altri e se ne servì solo la Santa Famiglia, finché vidi Gesù condurre gli altri fanciulli in questo luogo benedetto e dare loro da bere in una foglia ripiegata in forma di cono. Quando i fanciulli raccontarono il fatto ai loro parenti, vidi giungere altra gente al pozzo, che da allora in poi servì principalmente ai Giudei di Matarea. Vidi anche quando Gesù per la prima volta portò l'acqua a sua madre: Egli si accostò di soppiatto al pozzo con un secchio, ne attinse l'acqua e la portò a sua madre mentre questa pregava in ginocchio. Vidi la Madonna commuoversi indicibilmente e, sempre rimanendo inginocchiata, lo pregò di non farlo più perché avrebbe corso il rischio di cadere nel pozzo. Gesù rispose che avrebbe avuto cura dui sé, ma che desiderava attingere l’acquya ogni qualvolta Lei ne avesse bisogno. Il piccolo Gesù prestava ai suoi genitori servizi di ogni specie con grande cura e attenzione. Quando Giuseppe lavorava non troppo lontano da casa ed aveva dimenticato qualche arnese, Egli subito glielo portava. Io credo che la gioia dei genitori per quel Figlio così diligente fosse tanto grande da alleviare loro ogni altro dolore. Vidi Gesù recarsi parecchie volte ad un paese ebreo, distante circa un miglio da Matarea, per scambiare il lavoro di sua madre con il pane. I numerosi animali feroci che si aggiravano in quei dintorni non solo non gli facevano del male ma si comportavano con Lui amichevolmente. Lo vidi giocare perfino con i serpenti. A cinque o sei anni Egli si recò per la prima volta da solo al paese ebreo, due Angeli gli apparvero lungo la via e gli comunicarono che Erode il Grande era morto. Gesù allora si inginocchiò e pregò; quel giorno egli indossava una tunica di color bruno, ornata di fiori gialli, che gli aveva confezionato la Santa Madre. Il Pargoletto divino non rivelò questa vicenda ai suoi Genitori, forse per umiltà o per il divieto degli Angeli, perché non dovevano ancora abbandonare l'Egitto.

117 - Il pozzo di Matarea

Il pozzo di Matarea fu dunque di nuovo riattivato grazie al miracolo operato dalla Santa Vergine. Benché fosse caduto in rovina da molto tempo era ancora internamente murato. Vidi che anticamente quando Giacobbe aveva soggiornato in Egitto, precisamente in quello stesso luogo, egli aveva scoperto il pozzo e aveva compiuto un sacrificio sulla grande pietra che lo copriva. Al tempo in cui Abramo era andato a vivere in Egitto, aveva eretto le sue tende proprio presso il pozzo di Maratea e là aveva istruito il popolo radunato. Per alcuni anni Abramo aveva dimorato in questo paese insieme a Sara, a numerosi fanciulli e ragazze, le cui madri erano rimaste nella Caldea. Temendo che a causa della bellezza di Sara, sua consorte, gli Egiziani avrebbero potuto assassinarlo, aveva detto che questa era sua sorella. Non era falso perché Sara era veramente sua sorella adottiva ed era figlia di Tharah, padre di Abramo e di un'altra madre16. Il re aveva fatto condurre Sara nel suo castello e voleva prenderla in moglie. Allora Sara ed Abramo pregarono Dio; subito dopo il re, le sue mogli, e tutte le donne della città si ammalarono. Quando il sovrano chiese agli indovini quale fosse la causa di tanto male, gli fu risposto che la causa era la moglie di Abramo. Il re allora gliela restituì, pregandolo di abbandonare subito l'Egitto, poi~hé egli riconosceva in Abramo la protezione degli dei. Abramo gli rispose che non poteva lasciare l'Egitto se prima non avesse avuto l'albero genealogico della sua famiglia, e narrò in qual modo quell'albero fosse colà pervenuto. Il sovrano, consultati i sacerdoti, fece restituire ad Abramo quanto gli apparteneva, domandandogli il permesso di poter tenere nei suoi scritti memoria dell'avvenimento. Così Abramo ritornò col suo seguito nel paese di Canaan. Già all'epoca della Santa Famiglia, i lebbrosi conoscevano il pozzo di Matarea quale fonte taumaturgica assai efficace per guarire la loro malattia. Molto tempo dopo in questo luogo fu innalzata una piccola chiesa cristiana. Presso l'altare vi era l'entrata attraverso la quale si accedeva all'antica dimora di Maria. il pozzo era circondato da case, e le proprietà terapeutiche dell'acqua continuarono per secoli ad essere usate con grande efficacia contro numerose malattie, in particolare la lebbra. Alcuni, lavandosi con quell'acqua, perdevano subito il fetore che emanava dal loro corpo. Quest'uso perdurò ancora ai tempi dei Maomettani. Vidi che i Turchi tenevano sempre accesa una luce nella chiesa di Matarea; essi temevano persino qualche sciagura se avessero trascurato di accenderla. Nei tempi odierni il pozzo è finito lontano dall'abitato, circondato da molti alberi selvatici.

118 - Il ritorno della Santa Famiglia dall'Egitto

Sebbene Erode fosse morto già da qualche tempo, il pericolo non era interamente cessato. Per San Giuseppe e la sua Famiglia la dimora in Egitto si rendeva sempre più pesante. Queste popolazioni, tra le quali essi vivevano, praticavano un orribile rito che sacrificava perfino i fanciulli malati o nati con qualche difetto fisico. Qualcuno addirittura per dar prova dell'assoluta devozione, sacrificava i propri figli sani. In Egitto inoltre si celebravano cerimonie segrete assai indecenti. Vidi che anche alcune comunità ebraiche residenti in questo paese non erano esenti da simili orrori. San Giuseppe si occupava assiduamente dei suoi lavori di falegname. Però, quando rientrava a casa, continuava a lamentarsi perché non gli era stata corrisposta la paga pattuita, sebbene avesse lavorato diligentemente. Immerso nel suo dolore, egli s'inginocchiava all'aria aperta e pregava Dio in un luogo solitario, affinché lo sollevasse dall'angoscia che l'opprimeva. Una notte gli apparve in sogno un Angelo assicurandolo che poteva far ritorno a Nazareth, soggiunse che non aveva nulla da temere poiché sarebbe stato assistito dal mondo celeste. Vidi Giuseppe comunicare la notizia a Maria e a Gesù; poi vidi la preparazione del viaggio con quella solita celerità e sottomissione come erano abituati. Quando fu nota la decisione della loro partenza, molte persone assai afflitte si recarono da loro a congedarsi. Portarono molti doni in piccoli vasi fatti di corteccia d'albero. Notai che il dolore della gente era veramente profondo, molti erano Ebrei ed altri erano pagani convertiti. Altri, invece, come gli Ebrei caduti in idolatria, erano convinti che la Santa Famiglia era dedita alla stregoneria e possedesse l'assistenza del più potente degli spiriti maligni; perciò appresero con grande gioia la notizia della partenza. Fra le brave persone che venivano ad offrire i loro doni, vi erano le madri dei fanciulli che erano stati compagni di gioco di Gesù. Particolarmente mi ricordo di una donna molto ricca, il cui nome era Mira. Ella chiamava suo figlio 'figlio di Maria"; questi era Diodato, allora ancora un fanciullo. La donna regalò a Gesù alcune monete triangolari di diversi colori; mentre le riceveva, il Signore guardava in viso sua Madre. Giuseppe insieme con la Famiglia prese la via del ritorno; portavano con loro l'asino carico di bagagli. Giunti a Eliopoli continuarono verso il sud di quella città, fino all'altra fonte scaturita in seguito alle preghiere di Maria. Adesso i dintorni erano divenuti ameni e verdeggianti; la fonte, come un ruscello, scorreva attorno ad un giardino di forma quadrangolare circondato da cespugli di erbe terapeutiche. In mezzo al giardino crescevano pure delle palme fruttifere di datteri, sicomori e altra frutta. Le piante di balsamo erano alte come viti di media grandezza. Giuseppe faceva con la corteccia d'albero dei piccoli vasi coperti di pece, erano assai lisci alla superficie e di bella apparenza. Durante le soste, egli si occupava di questo lavoro. I vasetti potevano avere varie utilizzazioni. Vidi Giuseppe appenderli ai ramoscelli rossicci delle piante terapeutiche; in questo modo raccoglieva le gocce di balsamo che stillavano dal tronco e servivano da bevanda lungo il cammino. La Santa Famiglia si fermò parecchie ore in questa magnifica oasi. Vidi la Madonna lavare alcuni oggetti che poi mise ad asciugare. Dopo essersi ristorati all'onda limpida della fonte, riempito l'otre ed i vasetti di balsamo, ripresero il cammino proseguendo sulla strada principale. Nelle numerose visioni relative al viaggio di ritorno, vidi la Santa Famiglia camminare senza incontrare alcun pericolo. Una tavoletta sottile di legno, posta sul capo ed assicurata da un panno che si allacciava sotto il mento, difendeva i tre Viaggiatori dai raggi cocenti del sole. Gesù indossava un abitino color bruno e portava scarpe di corteccia che gli aveva fatto Giuseppe; queste ricoprivano solo la metà del piede. Maria non portava scarpe ma semplici suole sotto le piante dei piedi, legate ai polpacci da cordicelle. Era afflitta perché il Santo Bambino camminava spesso sulla sabbia cocente, perciò si fermava spesso a vuotargli le scarpe dalla sabbia. A volte lo metteva seduto sull'asino affinché si riposasse. Li vidi attraversare molte città e passare vicino a delle altre. Fra le numerose che udii, ricordo adesso solo il nome di Ramesse. Passarono anche un piccolo fiume che avevano guadato in senso inverso durante la fuga verso l'Egitto, e che, proveniente dal mar Rosso, si versava nel Nilo. Giuseppe non voleva ritornare a Nazareth ma intendeva stabilire la sua dimora nella città natia di Betlemme; aveva però i suoi dubbi nel realizzare questo progetto, avendo sentito dire nella Terra Promessa che in Giudea regnava a quel tempo Archelao, uomo assai crudele. Giunti a Gaza, vi si trattennero per tre mesi. Molti pagani abitavano questa città. Giuseppe era indeciso e pensava di stabilirsi a Betlemme, sebbene fosse stato più prudente vivere a Nazareth per evitare la minaccia del crudele Archelao. Allora un Angelo apparve in sogno a Giuseppe e lo esortò a ritornare a Nazareth senza indugiare. Egli seguì l'esortazione celeste senza più alcun dubbio. Anna ed alcuni altri parenti erano i soli a conoscere la dimora in Gaza della Santa Famiglia. Quando avvenne il ritorno a Nazareth della Santa Famiglia, Gesù aveva quasi otto anni.

Augustinus
27-12-04, 20:20
Libro IV, Cap. 21, §§ 606-618

CAPITOLO 21

Il Signore prepara Maria santissima per la fuga in Egitto e l’angelo parla a san Giuseppe, altre avvertenze a questo riguardo.

606. Quando Maria santissima ed il gloriosissimo san Giuseppe ritornarono dall'aver presentato nel tempio il loro bambino Gesù, stabilirono di trattenersi in Gerusalemme nove giorni, per andare al tempio nove volte e offrire ogni giorno la sacra ostia del figlio loro affidato, quale rendimento di grazie per lo straordinario favore che avevano ricevuto tra tutte le creature. La divina Signora venerava con speciale devozione il numero nove, in memoria dei nove giorni nei quali fu preparata ed abbellita per l'incarnazione del Verbo, come si disse all'inizio di questa seconda parte nei primi dieci capitoli; ed anche per i nove mesi, nei quali lo portò nel suo grembo verginale. E con questa considerazione desiderava far la novena con il suo Dio bambino, presentandolo altrettante volte all'eterno Padre, come offerta gradita per i sublimi ideali che la gran Signora aveva. Cominciarono la novena, e ogni giorno andavano al tempio prima dell'ora terza, e stavano fino a sera in orazione. Sceglievano, col bambino Gesù, il luogo più basso, da cui potessero degnamente ricevere quel meritato onore che il padrone del convito diede nel Vangelo all'umile invitato, quando gli disse: «Amico, passa più avanti». Tanto meritò la nostra umilissima Regina; ed in tal modo fece con lei l'eterno Padre, alla cui presenza ella elevava il suo spirito. In uno di questi giorni pregò, e disse:

607. «Re altissimo, Signore e creatore dell'universo, sono alla vostra divina presenza come inutile polvere e cenere, che solo la vostra ineffabile bontà ha innalzato alla grazia, che io non conobbi né potei meritare. Mi ritrovo, mio Signore, ad esservi grata, indotta dal torrente impetuoso dei vostri favori. Quale degna ricompensa però potrà offrirvi colei che essendo niente ricevette dalla vostra generosissima mano l'essere e la vita, e anche misericordie e favori senza paragoni? Colei che è creatura limitata, quale contraccambio potrà rendere alla vostra immensa grandezza, quale ossequio alla Maestà vostra, quale regalo alla vostra divinità infinita? La mia anima, il mio essere e le mie facoltà, tutto ricevetti e ricevo dalla vostra mano. Molte volte l'ho sacrificato ed offerto alla vostra gloria. Confesso il mio debito non solo per ciò che mi avete dato, ma molto più per l'amore con il quale me lo avete donato. Fra tutte le creature, inoltre, la vostra bontà infinita mi preservò dalla contaminazione della colpa e mi elesse per dare natura umana al vostro Unigenito, per portarlo nel mio grembo ed al mio petto, pur essendo, come figlia di Adamo, di natura fragile e terrena. Conosco, o altissimo Signore, questa vostra ineffabile bontà e, nel volerne essere riconoscente, viene meno il mio cuore e la mia vita si trasforma in amore del vostro divino amore. Vedo di non avere nulla con cui ripagare tutto quello che la vostra potenza ha manifestato nella vostra serva, ma già il mio cuore si rianima e si rallegra pensando a colui che devo offrire alla vostra grandezza. Egli è una cosa sola con voi nella sostanza, uguale nella maestà, nelle perfezioni e negli attributi; la generazione del vostro intelletto, l'immagine del vostro essere, la pienezza del vostro stesso compiacimento, il vostro unigenito e dilettissimo Figlio. Questo è, o eterno Padre ed altissimo Dio, il dono che vi offro, la vittima che vi presento, sicura che l'accetterete. Avendolo ricevuto Dio, ve lo restituisco Dio ed uomo insieme. Io non ho, Signore, né avranno le creature altra cosa maggiore da dare, né vostra Maestà avrà mai altro dono più prezioso da domandare loro. È così grande che basta come ricompensa di quanto io ho ricevuto. In nome loro e mio lo offro e lo presento alla vostra grandezza. Sono Madre del vostro Unigenito e nel dargli carne umana lo feci fratello dei mortali, di cui egli volle essere redentore e maestro. A me compete essere loro protettrice, prendere la loro causa come mia, e pregare per la loro salvezza. Padre del mio Unigenito, Dio delle misericordie, io ve lo offro con tutto il mio cuore; con lui e per lui chiedo che perdoniate ai peccatori, che spargiate sopra il genere umano le vostre consuete misericordie, e che facciate nuovi prodigi, compiendo ancora le vostre meraviglie. Questi è il leone di Giuda, divenuto ora agnello per togliere i peccati del mondo. Questo è il tesoro della vostra divinità».

608. Queste ed altre simili preghiere la Madre della pietà e misericordia fece nei primi giorni della novena cominciata nel tempio. L'eterno Padre rispose a tutte, accettandole insieme all'offerta del suo Unigenito come sacrificio gradito, e s'innamorò di nuovo della purezza della sua unica ed eletta figlia, contemplandone con compiacimento la santità. Come ricompensa di queste suppliche l'invincibile Signore le concesse grandi e nuovi privilegi, grazie ai quali ella avrebbe ottenuto, per i suoi devoti, tutto quanto avesse domandato, fino alla fine dei tempi. Inoltre, i grandi peccatori, quando si fossero avvalsi della sua intercessione, avrebbero ottenuto il perdono. Infine, nella Chiesa di Cristo suo figlio santissimo, ella sarebbe stata con lui cooperatrice e maestra, specialmente dopo la sua ascensione al cielo, quando cioè sarebbe rimasta in terra come mediatrice della potenza divina, come si dirà nella terza parte di questa Storia. L'Altissimo comunicò a Maria santissima, in queste suppliche, molti altri favori e misteri che non si possono spiegare a parole, né manifestare con i miei termini limitati.

609. Al quinto giorno dopo la presentazione e la purificazione, trovandosi la divina Signora nel tempio con il suo Dio bambino nelle braccia, le si manifestò la Divinità, benché non intuitivamente. Subito fu tutta trasfigurata e ricolmata di Spirito Santo. Ne era già traboccante, tuttavia Dio, infinito nel suo potere e nelle sue ricchezze, non dona mai così tanto che non gli resti più nulla da donare alle semplici creature. In questa visione astrattiva l'Altissimo volle preparare di nuovo la sua unica sposa, predisponendola alle sofferenze che la sovrastavano. Parlandole e confortandola, le disse: «Sposa e colomba mia, le tue intenzioni e i tuoi desideri sono graditi ai miei occhi ed in essi mi diletto sempre. Non puoi però proseguire la novena che hai iniziato, perché voglio che tu soffra in altro modo per amore mio. Per allevare tuo figlio e salvargli la vita uscirai dalla tua casa e, con lui e con il tuo sposo Giuseppe, lascerai la tua patria; vi trasferirete in Egitto, dove dimorerete sino a che io ordinerò diversamente, perché Erode vuole la morte del bambino. Il viaggio è lungo, scomodo e pieno di disagi: soffrili per me, perché io sono e sarò sempre con te».

610. Qualunque altra santità e fede avrebbe potuto ammettere qualche turbamento - come l'hanno sofferto in grande misura gli increduli -, vedendo che un Dio onnipotente fugge da un misero mortale, e che, per aver salva la vita, si mette in disparte e si allontana, come se potesse essere davvero capace di questo timore o non fosse uomo e Dio nel tempo stesso. Tuttavia, la prudentissima ed ubbidiente Madre non replicò né dubitò, e nemmeno si turbò o alterò a questa impensata novità. Ella così rispose: «Signore e padrone mio, la vostra serva è qui con il cuore disposto a morire, se sarà necessario, per amor vostro; disponete di me secondo la vostra volontà. Solo chiedo che la vostra immensa bontà, non considerando la scarsità dei miei meriti e le mie ingratitudini, non permetta che arrivi ad essere contristato il mio Figlio e signore, ma che le sofferenze vengano solo sopra di me, che merito di patirle». Il Signore la affidò a san Giuseppe, affinché ella, in questo viaggio, vi si attenesse in tutto. Con ciò finì la visione, nella quale fu solo elevata nell'anima senza perdere i sensi, dal momento che teneva nelle braccia il bambino Gesù. Da questa, tuttavia, traboccarono nei sensi altri doni spirituali, quasi testimoniando che l'anima stava più dove amava che nel corpo che vivificava.

611. L'amore incomparabile che ella portava al suo santissimo Figlio, riflettendo sulle sofferenze sovrastanti il bambino e che aveva conosciuto nella visione, intenerì alquanto il suo cuore materno e misericordioso. Spargendo molte lacrime, uscì dal tempio per ritirarsi nel suo alloggio, senza manifestare al suo sposo la causa del suo dolore. Egli l'attribuiva alla sola profezia di Simeone, che avevano udito. Siccome, però, il fedelissimo sposo Giuseppe l'amava tanto e di sua natura era gentile e sollecito, si turbò nel vedere che la sua sposa così piangente ed afflitta non gli manifestava la causa di ciò, se una nuova causa vi era. Questo turbamento fu una delle varie ragioni per cui il santo angelo gli parlò in sogno, come accadde in precedenza, circa la gravidanza. In quella medesima notte, mentre san Giuseppe dormiva, gli apparve in sogno lo stesso santo angelo e gli disse come riferisce san Matteo: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo». Nel medesimo istante si alzò il santo sposo pieno di sollecitudine e di pena, prevedendo quella della sua amatissima sposa. Avvicinatosi alla stanza in cui ella stava ritirata, le disse: «Signora mia, la volontà dell'Altissimo dispone che siamo rattristati. Il suo santo angelo mi ha parlato e manifestato che Dio vuole e ordina che noi col bambino fuggiamo in Egitto, poiché Erode medita di togliergli la vita. Fatevi animo, Signora, in questa sofferenza, e ditemi che cosa posso fare per vostro conforto, poiché la mia vita è a servizio vostro e del nostro dolce bambino».

612. Rispose la Regina: «Sposo e signor mio, se dalla generosissima mano dell'Altissimo riceviamo tanti beni di grazia, è giusto che con gioia accettiamo le fatiche passeggere. Porteremo con noi il Creatore del cielo e della terra; se egli ci ha messi vicino a sé, quale mano sarà tanto potente da farci del male, sia pure quella del re Erode? Il luogo in cui noi portiamo tutto il nostro bene, il sommo bene, il tesoro del cielo, il nostro Signore, la nostra guida e vera luce, non può essere per noi terra d'esilio; anzi, là è il nostro riposo, la nostra porzione e la nostra patria. Abbiamo tutto con la sua presenza; andiamo dunque a compiere la sua volontà». Maria santissima e san Giuseppe si avvicinarono alla culla del bambino che in quel momento, non a caso, dormiva. La divina Madre lo scoprì, ma egli non si svegliò, aspettando le sue tenere e dolorose parole: «Fuggi, mio diletto, simile a gazzella o ad un cerbiatto sopra i monti degli aromi. Vieni, diletto mio, andiamo nei campi, passiamo la notte nei villaggi. Dolce amore mio - aggiunse la tenera madre -, agnello mansuetissimo, il vostro potere non viene limitato da quello che hanno i re della terra; tuttavia, con immensa sapienza volete nasconderlo per amore degli stessi uomini. Chi, tra i mortali, può pensare, mio Bene, di togliervi la vita, visto che il vostro potere annienta il loro? Se voi date la vita a tutti?, perché vogliono toglierla a voi? Se li cercate per dare loro la vita eterna, perché essi tentano di uccidervi? Chi potrà comprendere gli arcani misteri della vostra provvidenza? Suvvia, Signore e luce dell'anima mia, permettetemi ora di svegliarvi perché, anche se dormite, il vostro cuore veglia».

613. Parole simili a queste disse anche san Giuseppe. Subito la divina Madre, inginocchiatasi, svegliò e prese nelle sue braccia il dolcissimo bambino. Egli, per intenerirla di più e per manifestarsi come vero uomo, pianse un poco. Oh, meraviglie dell'Altissimo in cose tanto piccole per il nostro inadeguato discernimento! Subito, però, si calmò e diede in modo visibile, ad entrambi i genitori, la benedizione che essi gli domandavano. Raccogliendo i loro poveri pannicelli nella cassettina che avevano portato, partirono senza indugio poco dopo mezzanotte, conducendo con sé l'asinello sul quale la regina era venuta da Nazaret. In fretta si diressero verso l'Egitto, come dirò nel capitolo seguente.

614. Per concludere, mi fu concesso di comprendere la concordanza di san Matteo e san Luca sopra questo mistero. Tutti e quattro gli Evangelisti scrissero con l'assistenza e la luce dello Spirito Santo e con questa stessa luce ciascuno conosceva ciò che scrivevano gli altri tre e ciò che tralasciavano di dire. Per volontà divina, dunque, tutti e quattro scrissero in alcune parti dei Vangeli i medesimi episodi ed azioni della vita di Cristo, Signore nostro; in altre, invece, gli uni scrissero ciò che tralasciavano gli altri, come risulta dal Vangelo di san Giovanni e dagli altri tre. San Matteo scrisse l'adorazione dei Magi e la fuga in Egitto, ma quest'ultima non fu scritta da san Luca. Egli narrò la circoncisione, la presentazione e la purificazione, che furono tralasciate da san Matteo. Questi, dopo aver narrato il ritorno dei re Magi, comincia subito a raccontare che l'angelo parlò a san Giuseppe affinché fuggissero in Egitto, senza parlare della presentazione. Da ciò, però, non consegue che non vi fu prima la presentazione del Dio bambino, perché è certo che ciò accadde dopo che i re si furono congedati e prima di partire per l'Egitto, come narra san Luca. Così ancora lo stesso san Luca scrive che dopo la presentazione e purificazione ritornarono a Nazaret. Da ciò, però, non consegue che non fossero andati prima in Egitto, perché senza dubbio vi andarono, come scrive san Matteo.

San Luca non parlò di questa fuga, perché già scritta da san Matteo. Ciò accadde immediatamente dopo la presentazione e prima che Maria santissima e san Giuseppe ritornassero a Nazaret. Non dovendo san Luca scrivere questo viaggio, era necessario, per continuare il filo della sua storia, che dopo la presentazione scrivesse il ritorno a Nazaret. Il fatto di dire che, terminato ciò che comandava la legge ritornarono in Galilea, non fu un negare il viaggio in Egitto, ma continuare la narrazione, tralasciando di raccontare la fuga da Erode. Dal medesimo testo di san Luca si desume che l'andata a Nazaret avvenne dopo che furono tornati dall'Egitto. Infatti, egli dice che il bambino cresceva e si fortificava con sapienza e si riconosceva in lui la grazia. Ciò non poteva avvenire prima che fossero giunti gli anni dell'infanzia, quando nei bambini si scopre il principio dell'uso di ragione e cioè dopo il ritorno dall'Egitto.

615. Ho anche compreso quanto sia stolto lo scandalo degli increduli, i quali iniziano ad urtare in questa pietra angolare, Cristo nostro bene, dalla sua fanciullezza, vedendolo fuggire in Egitto per difendersi da Erode, come se in questo vi fosse una mancanza di potere e non già un mistero finalizzato a scopi ben più alti di quello di difendere semplicemente la sua vita dalla crudeltà di un uomo peccatore. Per rasserenare un cuore ben disposto, bastava quello che dice il medesimo Evangelista, secondo il quale si doveva avverare la profezia di Osea, che, in nome del Padre eterno, dice: Dall'Egitto ho chiamato il mio figlio. I fini che egli ebbe nell'inviarlo in quel luogo e nel richiamarlo, sono molto misteriosi; di essi parlerò più avanti. Se anche tutte le opere del Verbo non fossero state tanto ammirabili e piene di grazie, nessuno, che abbia buon senso, può biasimare o ignorare l'amabile provvidenza con la quale Dio governa le cause seconde, lasciando operare la volontà umana secondo la sua libertà. Per questa ragione e non per mancanza di potere, permette nel mondo tante ingiurie contro di lui e offese di idolatrie, eresie e di altri peccati, che non sono minori di quello di Erode. Infatti permise quello di Giuda e di coloro che in concreto maltrattarono e crocifissero il Signore Gesù. È chiaro che avrebbe potuto impedire tutto questo, ma non lo fece. Ciò non solamente per operare la redenzione, ma anche perché conseguì per gli uomini di potere agire per mezzo della loro libera volontà, dando ad essi la grazia e gli aiuti che convenivano alla sua divina provvidenza, affinché operassero il bene, se gli uomini avessero voluto usare della loro libertà per il bene, come l'adoperano per il male.

616. Con questa stessa dolcezza della sua provvidenza, egli dona tempo ed aspetta la conversione dei peccatori, come fece con Erode. Se usasse del suo potere assoluto e facesse grandi miracoli per fermare gli effetti delle cause seconde, si sovvertirebbe l'ordine della natura e, in un certo modo, egli sarebbe contrario, come autore della grazia, a se stesso come autore della natura. Perciò Dio riservò i miracoli a momenti particolari, in cui volle manifestare la sua onnipotenza e farsi conoscere come creatore di tutto, senza dipendere dalle medesime cose da lui create e mantenute in vita. Né deve destare sorpresa il fatto che abbia permesso, per mano di Erode, la morte di bambini innocenti. Non era conveniente difenderli con miracoli, poiché quella morte procurò loro la vita eterna con abbondante premio. E questa, senza confronto, vale più della temporale, che si deve posporre e perdere per acquistarla. Se quei bambini fossero vissuti e morti di morte naturale, forse non sarebbero stati tutti salvi. Le opere del Signore sono in tutto giuste e sante, benché noi non riusciamo subito a conoscere le ragioni della sua giustizia, anche se in lui le conosceremo quando lo vedremo faccia a faccia.

Insegnamento che mi diede la Regina del cielo

617. Figlia mia, tra le cose che per il tuo insegnamento devi considerare in questo capitolo, la prima sia l'umile riconoscenza dei benefici che ricevi, perché tra le generazioni sei tanto distinta ed arricchita con quello che mio Figlio ed io facciamo verso di te, senza che lo meriti. Io ripetevo molte volte il versetto di Davide: Che cosa renderò al Signore per quanto mi ha dato? Con questo sentimento di gratitudine, mi umiliavo sino alla polvere, stimandomi inutile tra le creature. Ora se tu sai che io facevo ciò, essendo vera Madre di Dio, considera bene quale sia il tuo obbligo, mentre con tanta verità ti devi confessare indegna e immeritevole di quello che ricevi e povera per contraccambiarlo e ripagarlo! Devi supplire a questa inadeguatezza della tua miseria e fragilità, offrendo all'eterno Padre l'ostia viva del suo Unigenito fatto uomo, specialmente quando lo ricevi nell'Eucarestia e lo tieni nel tuo petto. Imiterai Davide, il quale, dopo la domanda che faceva a se stesso su cosa avrebbe dato al Signore per tutti i benefici che gli aveva concesso, rispondeva: «Alzerò i1 calice della salvezza e invocherò il nome del Signore». Devi attendere alla tua salvezza, attuando ciò che conduce ad essa; ricambiare, comportandoti in modo perfetto; invocare il nome del Signore, e offrirgli il suo Unigenito. Egli è colui che fece prodigi e realizzò la salvezza, e che solo può essere contraccambio adeguato di quanto riceveste dalla sua mano onnipotente, sia tu singolarmente sia tutto il genere umano. lo gli diedi natura umana, affinché vivesse fra gli uomini e appartenesse a ciascuno di essi. Egli si pose sotto le specie del pane e del vino per appartenere maggiormente a ciascuno, e perché ognuno ne gioisse e lo offrisse al Padre come sua proprietà. Le anime suppliscono con questa offerta a ciò che senza di essa non potrebbero dare all'Altissimo. Egli ne resta appagato poiché non può desiderare né chiedere agli uomini cosa più gradita.

618. Un'altra offerta da lui molto apprezzata è quella che gli fanno gli uomini abbracciando e sopportando con il medesimo animo e con pazienza le sofferenze e le avversità della vita terrena. Il mio santissimo Figlio ed io fummo eminenti maestri di questa dottrina. E sua Maestà incominciò ad insegnarla dall'istante in cui lo concepii nel mio grembo. Subito iniziammo a peregrinare: già dalla sua nascita soffrimmo la persecuzione nell'esilio a cui ci obbligò Erode ed il patire continuò fino a quando morì sulla croce. Io fui tormentata fino alla fine della mia vita, come tu potrai conoscere e scrivere. Poiché soffrimmo tanto per le creature e per la loro salvezza, desidero che tu, come sua sposa e mia figlia, ci sia simile e ci imiti, soffrendo con cuore grande e faticando per guadagnare al tuo Signore e padrone la salvezza, tanto preziosa ai suoi occhi, delle anime che egli riscattò con la sua vita ed il suo sangue. Non devi mai allontanare alcuna pena, difficoltà, amarezza o sofferenza, se per mezzo di qualcuna di queste puoi guadagnare qualche anima a Dio o aiutarla ad uscire dal peccato e a migliorare la sua vita. Non ti abbatta l'essere così inutile e povera, né il fatto che il tuo sofferto desiderio possa avere poca riuscita, poiché non sai come lo accetterà l'Altissimo e quanto ne rimarrà soddisfatto. Se non fosse per altro, tu devi faticare assiduamente, e non mangiare il pane oziosa nella sua casa.

Augustinus
27-12-04, 20:24
Libro IV, Cap. 22, §§ 619-629

CAPITOLO 22

Gesù, Maria e Giuseppe, accompagnati dagli angeli, intraprendono il viaggio per l'Egitto ed arrivano alla città di Gaza.

619. I nostri celesti pellegrini partirono da Gerusalemme per il loro esilio, nascosti dal silenzio e dall'oscurità della notte, ripieni però di sollecitudine, dovuta al pegno del cielo che conducevano con sé in una terra straniera, non conosciuta da loro. Il Signore permetteva questa pena, sebbene la fede e la speranza li confortassero, poiché non avrebbero potuto esservene altre più alte di quelle della nostra Regina e del suo fedelissimo sposo. Tale pena, infatti, era naturalmente inevitabile per l'amore che essi portavano al bambino Gesù, e perché non sapevano in particolare tutti gli imprevisti di un viaggio tanto lungo, né come esso si sarebbe concluso, né come sarebbero stati ricevuti in Egitto essendo forestieri, e neppure le opportunità che avrebbero avuto per allevare il bambino e per portarlo per tutto il viaggio senza grandi difficoltà. Molti affanni e pensieri assalirono il cuore della santissima Madre e del suo sposo, nel partire con tanta fretta dalla loro casa. Questo dolore, però, si attenuò molto con la presenza degli angeli del cielo; subito, infatti, i diecimila sopra nominati si manifestarono in forma umana visibile con la loro solita bellezza e splendore, con cui trasformarono la notte in chiarissimo giorno per i celesti viandanti. Uscendo dalle porte della città, essi si inchinarono e adorarono il Verbo fatto uomo nelle braccia della sua vergine Madre; la incoraggiarono, offrendosi di nuovo al suo servizio ed alla sua ubbidienza, assicurandola che l'avrebbero accompagnata e guidata nel viaggio, dove la volontà del Signore li avrebbe condotti.

620. Ad un cuore afflitto qualunque sollievo pare apprezzabile; questo poi, essendo tanto grande, confortò molto la nostra Regina ed il suo sposo Giuseppe. Così, con grande coraggio, diedero inizio al loro cammino, uscendo da Gerusalemme per la porta e la strada che guida a Nazaret. La divina Madre nutriva qualche desiderio di ripassare dal luogo della nascita di Gesù per adorare quella veneranda grotta e presepio sacro che fu la prima dimora del suo santissimo Figlio nel mondo. I santi angeli risposero al suo pensiero ancora prima che lo manifestasse, e le dissero: «Regina e signora nostra, Madre del nostro Creatore, conviene che affrettiamo il viaggio e proseguiamo il cammino. Il popolo, infatti, è agitato, perché i Magi si sono allontanati senza tornare a Gerusalemme, e poi per le parole del sacerdote Simeone e di Anna. Alcuni hanno incominciato a dire che siete la madre del Messia; altri che avete notizia di lui; ed altri che vostro Figlio è profeta. Si sono formate diverse opinioni circa la visita che vi fecero i re in Betlemme, ed Erode è informato di tutto. Egli ha comandato che facciano con grande impegno ricerca di voi: in ciò si impiegherà estrema cura. Per questo l'Altissimo vi ha ordinato di partire di notte e con tanta fretta».

621. La Regina del cielo ubbidì alla volontà dell'Onnipotente, manifestatale dai santi angeli, suoi ministri. Sulla strada, mentre camminavano, fece omaggio al sacro luogo in cui era nato il suo Unigenito, e rinnovò la memoria dei misteri compiuti e dei favori che vi aveva ricevuti. L'angelo, che custodiva quel luogo santo, uscì sulla strada in forma visibile e adorò il Verbo fatto uomo nelle braccia della sua divina Madre; ed ella, per averlo visto ed avergli parlato, sentì nuova consolazione ed allegrezza. La pietosa Signora, colma di carità, desiderava prendere la via di Ebron, poiché non era lontana da quella che essi percorrevano. Avrebbe così potuto incontrare santa Elisabetta, sua amica e parente, col figlio san Giovanni. La sollecitudine di san Giuseppe, che era più timoroso, impedì anche questa sosta; egli disse alla divina sposa: «Signora mia, credo sia importante non interrompere il viaggio neppure per un istante e allontanarci subito dal pericolo. Non conviene, perciò, passare per Ebron, dove potrebbero trovarci con più facilità, ma per altra parte». «Sia fatta la vostra volontà - rispose subito l'umile Regina - però, se volete, pregherò uno di questi spiriti celesti che vada ad informare Elisabetta, mia cugina, sulla causa del nostro viaggio, affinché metta in salvo il suo bambino, perché lo sdegno di Erode avanzerà fino a raggiungerlo».

622. La Regina del cielo sapeva l'intenzione di Erode di uccidere i bambini, benché non lo avesse mai manifestato. Quello, però, che qui mi fa stupire, è l'umiltà e l'ubbidienza di Maria santissima. Ella non solo ubbidì a san Giuseppe in quello che le comandava, ma anche in ciò che la riguardava personalmente, come inviare l'angelo a santa Elisabetta; avrebbe potuto dargli il comando e inviarlo da sola, con un ordine intellettivo, ma non volle farlo senza la volontà e l'ubbidienza del suo sposo. Confesso la mia confusione e ottusità, perché non sazio la mia sete alla sorgente purissima delle acque che ho davanti agli occhi, né approfitto della luce e del modello che in essa mi viene proposto, nonostante sia così vivo, così soave, forte e dolce da impegnare e indurre tutti a rinnegare la propria nociva volontà. Col volere del suo sposo, la nostra grande Maestra inviò uno dei suoi principali assistenti ad avvisare santa Elisabetta di ciò che stava succedendo. Essendo superiore agli angeli, informò in questa occasione intellettivamente il suo messaggero di ciò che doveva dire alla santa madre ed al bambino Giovanni.

623. Il santo angelo arrivò dalla felice e benedetta Elisabetta e, tenendo presente l'ordine e la volontà della Regina, la informò di tutto quello che era conveniente sapesse. Le disse come la Madre di Dio stesse fuggendo con il bambino dall'ira di Erode, e le parlò dell'attenzione che questi impiegava nel ricercarlo per togliergli la vita; poi, l'avvisò di nascondere Giovanni per metterlo al sicuro ed in salvo. Infine le comunicò altri misteri del Verbo fatto uomo, secondo quanto gli aveva ordinato la divina Madre. Santa Elisabetta, a questo annunzio, fu piena di meraviglia e di gioia, e disse al santo angelo che avrebbe desiderato uscire sulla strada per adorare il bambino Gesù e vedere la sua fortunata madre; gli chiese inoltre se avrebbe potuto raggiungerli. Egli le rispose che il suo re e Signore fatto uomo andava con sua Madre lontano da Ebron, e non era bene trattenerli. Dopo queste parole santa Elisabetta abbandonò la sua speranza. Affidando agli angeli dolci saluti per il Figlio e per la Madre, restò molto intenerita e commossa, mentre il messaggero fece ritorno dalla Regina con la risposta. Santa Elisabetta inviò subito un messo con alcuni regali sulle tracce dei celesti pellegrini; mandò loro cose da mangiare, denari e stoffa per fare i pannicelli per il bambino, prevedendo le necessità che avrebbero avuto, andando in terra straniera. Il messo li raggiunse nella città di Gaza, distante da Gerusalemme circa venti ore di cammino e situata sulla riva del fiume Besor, via per passare dalla Palestina in Egitto, non lontano dal mare Mediterraneo.

624. In Gaza riposarono due giorni, essendo un po' affaticati san Giuseppe e l'asinello che portava la Regina. Di là congedarono il servo di santa Elisabetta, ed il santo sposo non si dimenticò di avvertirlo di non dire a nessuno dove li aveva incontrati. Con maggiore attenzione Dio prevenne questo pericolo, togliendo dalla memoria di quell'uomo quanto san Giuseppe gli aveva ordinato di tacere. Si ricordò solo la risposta che doveva portare a santa Elisabetta, sua padrona. Maria santissima condivise con i poveri il regalo da lei ricevuto: non poteva dimenticarli colei che era loro madre. Delle tele fece un mantello per riparare il divino bambino ed un altro, adatto al viaggio ed alla stagione, per san Giuseppe. Preparò inoltre altre cose che avrebbero potuto portare nel loro povero bagaglio. Maria santissima, piena di saggezza, non voleva ottenere con miracoli quanto avrebbe potuto procurarsi con il suo impegno ed il suo lavoro per mantenere il Figlio e san Giuseppe. Per questo, infatti, si amministrava secondo l'ordine naturale e comune, cioè sin dove arrivavano le sue forze. Nei due giorni in cui dimorarono nella città di Gaza, Maria purissima fece alcune opere degne d'ammirazione. Liberò due infermi dal pericolo della morte, ridonando loro la salute, e guarì un'altra donna rattrappita. Nelle anime di molti che la videro e le parlarono, operò effetti straordinari circa la conoscenza di Dio e il cambiamento di vita: tutti ne riportavano grandi motivi di lode al Creatore. A nessuno, però, essi resero nota la loro patria, né l'intenzione del viaggio, perché, se a queste notizie si fosse sommato il messaggio delle loro opere meravigliose, sarebbe stato possibile a Erode giungere ad indagare sul loro cammino e farli inseguire.

625. Mi mancano le parole adatte e molto più la devozione e la cautela necessarie per misteri tanto arcani e meravigliosi, per poter manifestare ciò che mi è dato di conoscere circa le opere fatte durante il viaggio dal bambino Gesù e dalla vergine Madre. Le braccia di Maria purissima sempre servivano come soave letto al nuovo e vero re Salomone. Mentre ella contemplava i segreti di quell'umanità ed anima santissima, accadeva a volte che entrambi alternassero dolci colloqui e cantici di lode da lui iniziati, magnificando in primo luogo l'infinito essere di Dio, con tutti i suoi attributi e le sue perfezioni. Maria santissima riceveva per mezzo di questi atti nuova luce e visioni intellettuali. In esse conosceva l'altissimo mistero dell'unità dell'essenza nella trinità delle Persone; gli atti ad intra della generazione del Verbo e della processione dello Spirito Santo; come sempre sono ed è il Verbo generato per opera dell'intelletto e lo Spirito Santo emanato per opera della volontà. Ciò non perché vi sia successione tra prima e dopo, perché tutto è insieme nell'eternità, ma perché noi lo conosciamo nel fluire continuo del tempo. Ella intendeva anche come le tre Persone si comprendono reciprocamente con un medesimo intendere, come conoscono la persona del Verbo unita all'umanità, e gli effetti che in questa risultano dall'essere assunta nella Divinità.

626. Con questa sapienza così eminente, ella discendeva dalla Divinità all'umanità, e componeva nuovi cantici di lode e ringraziamento a Dio, per aver creato quell'umanità santissima e perfettissima in anima e corpo: l'anima colma di sapienza, grazia e doni dello Spirito Santo con tutta la pienezza ed abbondanza possibili; il corpo purissimo ed in sommo grado bene ordinato e costituito. Subito considerava tutti gli atti tanto meravigliosi e gloriosi delle sue facoltà. Avendoli, poi, ordinatamente imitati tutti, passava a benedirlo e a ringraziarlo per averla fatta sua madre e per essere stata senza peccato, scelta fra migliaia, esaltata ed arricchita con tutti i favori e doni della sua destra onnipotente, che si possono trovare in una semplice creatura. Nella lode e gloria di questi e di altri misteri che in essi sono racchiusi, il bambino parlava e la madre rispondeva cose che né la lingua degli angeli può spiegare, né l'intelletto di alcuna creatura può comprendere. La divina Signora era concentrata in tutto questo, senza venir meno alle premure di riparare il bambino, di dargli il latte tre volte al giorno, di fargli vezzi e carezze come la madre più amorosa ed attenta di tutte le altre messe insieme.

627. Altre volte gli rivolgeva queste parole: «Dolcissimo amore e Figlio mio, datemi il permesso di farvi una domanda e di manifestarvi il mio desiderio, benché voi, mio Signore, già lo conosciate. Io, però, avrò così la consolazione di ascoltare le vostre parole nel rispondermi. Ditemi, vita dell'anima mia e luce dei miei occhi, se vi stanca la fatica del viaggio, e se vi tormentano le inclemenze del tempo e della natura e, infine, che cosa possa io fare per esservi utile ed alleviare le vostre sofferenze». Allora il Dio bambino le rispondeva: «Madre mia, tutti i tormenti e le fatiche sopportati per amore del mio Padre eterno e degli uomini che vengo ad istruire e redimere, mi divengono facili e molto dolci, specie in vostra compagnia». Alcune volte il bambino piangeva con grave serenità e da uomo perfetto. La Madre dispiaciuta e piena di amore ne considerava subito la causa, cercandola nell'intimo di lui, che ella conosceva e contemplava. Qui comprendeva che erano lacrime d'amore e compassione per la salvezza degli uomini, causate dalle loro ingratitudini; in questa pena ed in questo pianto lo accompagnava ancora la dolce Madre. Era solita, come tortora compassionevole, associarsi a lui nei gemiti, mentre, come tenera madre, lo accarezzava e lo baciava con incomparabile devozione. Il fortunato Giuseppe fissava l'attenzione molte volte su questi misteri divini; ne veniva illuminato, e con essi si sollevava dalla stanchezza del cammino. Altre volte parlava con la sua sposa, domandandole come stava e se gradisse qualcosa per sé o per il bambino; a lui si accostava e lo adorava, baciandogli i piedi e chiedendogli la benedizione, e alcune volte lo prendeva nelle sue braccia. Il gran patriarca con queste consolazioni si riprendeva dolcemente dai disagi del cammino. La sua sposa lo rincuorava ed animava, badando a tutto con cuore generoso, senza che in lei venisse meno la sollecitudine per l'attenzione al visibile, e neppure che ella mancasse a questo per l'altezza dei suoi sublimi pensieri e costanti affetti, poiché in tutto era perfettissima.

Insegnamento che mi diede la Regina del cielo

628. Figlia mia carissima, per l'imitazione e la conoscenza che voglio siano in te circa ciò che hai scritto, ti saranno d'esempio lo stupore e l'amore, che produceva nella mia anima la luce divina. Per suo mezzo sapevo che il mio santissimo Figlio si assoggettava, di propria volontà, al furore inumano degli uomini perversi, come successe con Erode in questa occasione, in cui fuggimmo dalla sua ira, e poi con i malvagi responsabili del potere religioso e civile. In tutte le opere dell'Altissimo risplendono la sua grandezza, la sua bontà e la sua sapienza infinita. Quello che, però, il mio intelletto ammirava maggiormente, era il contemplare nello stesso tempo, con altissima luce, l'essere di Dio nella persona del Verbo unita all'umanità, e che il mio santissimo Figlio era Dio eterno, onnipotente, infinito, creatore e conservatore di tutto. Non solo la vita e l'essere di quell'iniquo re dipendeva da questo favore, ma l'umanità santissima del suo Figlio intercedeva e pregava il Padre affinché gli desse, insieme, consigli, aiuti e molti beni. Gli era molto facile il castigarlo e non lo fece, anzi con le sue suppliche gli ottenne che non venisse punito realmente secondo la sua malizia. Anche se alla fine si perse, come reprobo ed ostinato, soffre, però, una pena minore di quella che gli sarebbe stata data se il mio Figlio santissimo non avesse pregato per lui. Io cercai di imitare tutto questo, specialmente quanto in esso è contenuto circa l'incomparabile misericordia e mansuetudine del mio Figlio santissimo. Egli, come maestro, mi insegnava con le opere ciò che poi avrei dovuto correggere con l'esempio, le parole ed i gesti d'amore verso i nemici. Il mio cuore si scioglieva e le mie forze venivano meno per il desiderio di amarlo, imitarlo e seguirlo nel suo amore, nella sua carità, pazienza e mansuetudine, specie quando capivo che egli nascondeva e dissimulava il suo potere infinito. Egli, leone invincibile, si abbandonava come agnello umile e mansuetissimo al furore dei lupi sanguinari.

629. Ti propongo questo esempio perché tu l'abbia sempre davanti e comprenda come e fino a che punto devi soffrire, perdonare ed amare chi ti offenderà, dato che né tu, né altre creature siete innocenti e senza alcuna colpa. Molti, anzi, si trovano con ripetuti peccati gravi, tanto da meritare giustamente quanto soffrono. Pertanto, se per mezzo delle persecuzioni devi conseguire il gran bene di questa imitazione, per quale ragione non reputarle una gran fortuna; non amare chi ti fa acquistare la massima perfezione; non gradire questo favore, considerando non nemico, ma tuo benefattore colui che ti pone nell'occasione di guadagnare ciò che tanto ti interessa? Avendo davanti agli occhi ciò che ti è stato proposto non potrai discolparti, se manchi; tienilo ben fisso davanti a te, poiché te lo fa presente Gesù, luce divina, e ciò che di lui conosci e sei in grado di penetrare.

Augustinus
27-12-04, 20:28
Libro IV, Cap. 23, §§ 630-640

CAPITOLO 23

Gesù, Maria e Giuseppe continuano il viaggio dalla città di Gaza fino a Eliopoli in Egitto.

630. I nostri pellegrini, nel terzo giorno da quando erano giunti a Gaza, partirono da quella città per l'Egitto. Lasciando subito i luoghi popolati della Palestina entrarono nei deserti sabbiosi di Bersabea, e si misero in cammino per più di sessanta leghe in terra disabitata, per giungere nella città di Eliopoli, l'attuale Cairo. In questo deserto peregrinarono più giorni, perché potevano procedere poco in ciascuna giornata di viaggio, sia per il disagio di una via così sabbiosa, sia per la sofferenza patita a causa della mancanza di un tetto e di sostentamento. In questa solitudine avvennero loro molte cose; poiché non è necessario riferirle tutte, ne dirò alcune, dalle quali potranno intendersi le altre. Per conoscere quanto soffrirono Maria e Giuseppe ed anche il bambino Gesù in questo pellegrinaggio, occorre premettere che l'Altissimo dispose che il suo Unigenito fatto uomo con la sua santissima Madre e san Giuseppe sentissero i disagi di questo esilio. La divina Signora non perse mai la pace, pur patendo ed addolorandosi molto a causa di essi; così fu anche per il suo fedelissimo sposo. Entrambi soffrirono molti disagi e fastidi nel loro corpo e pene anche maggiori nei loro cuori: la Madre per quelle del suo Figlio e di Giuseppe, ed egli per quelle del bambino e della sposa, perché non poteva dar loro sollievo con la sua premura e la sua fatica.

631. Bisognava passare le notti all'aperto, senza alcun riparo per tutte le sessanta leghe di cammino, poiché quella terra era disabitata. Ed era inverno, perché il viaggio avvenne in febbraio e iniziò pochi giorni dopo la purificazione, come si può dedurre da ciò che dissi nel capitolo precedente. La prima notte in cui si ritrovarono soli in quei campi, si riposarono alle falde di una collinetta che fu il solo rifugio che ebbero. La Regina del cielo col suo bambino nelle braccia si sedette sulla nuda terra e qui si ristorarono un po', cenando con parte del cibo che avevano portato da Gaza. Ella allattò il bambino Gesù, che con il suo dolce viso consolò la divina Madre ed il suo sposo. Giuseppe, con premura, costruì con il suo mantello e con dei pali una specie di nicchia, affinché il Verbo incarnato e Maria santissima potessero proteggersi dal freddo della notte con quella tenda improvvisata, tanto umile e stretta. Nella medesima notte, i diecimila angeli, che con ammirazione assistevano i pellegrini del mondo, formarono un corpo di guardia al loro Re e a sua Madre, circondandoli con i corpi umani visibili con cui apparivano. La gran Signora intuì che il santissimo Figlio offriva all'eterno Padre quella desolazione e quelle fatiche, come anche le sue e quelle di san Giuseppe. Ella accompagnò per la maggior parte della notte, in questa e nelle altre orazioni, l'anima divina di suo Figlio. Il bambino Dio dormì un poco nelle sue braccia, ma ella rimase sempre sveglia ed in divini colloqui con l'Altissimo e con gli angeli. San Giuseppe si mise a riposare sulla terra, appoggiando il capo sopra la cassettina, in cui si conservavano i pannicelli e la povera roba che portavano.

632. Il giorno seguente continuarono il loro cammino, ma ben presto si esaurì la provvista del pane e della frutta, per cui la Signora del cielo e della terra ed il suo santo sposo arrivarono a mancare anche del necessario ed a soffrire la fame, soprattutto san Giuseppe. In uno dei primi giorni accadde che oltrepassarono le nove della notte senza aver preso nessun tipo di cibo, sia pure quel povero ed ordinario sostentamento che erano soliti mangiare dopo la fatica ed i disagi del cammino, quando la natura aveva più bisogno di essere sostenuta. Dato che non poteva rimediare a questa necessità con alcun impegno umano, la divina Signora, rivolta all'Altissimo, disse: «Dio eterno, grande ed onnipotente, io vi ringrazio e benedico per le magnifiche opere della vostra volontà e soprattutto perché, senza mio merito, per la vostra benevolenza mi deste l'essere e la vita, ed in questa mi avete conservata ed innalzata pur essendo polvere ed inutile creatura. Non avendovi per tutti questi benefici degnamente corrisposto, come potrò domandare per me ciò che non posso contraccambiare? Però, Signore e Padre mio, guardate il vostro Unigenito e concedetemi il sostentamento per la sua vita, come anche per quella del mio sposo, affinché egli possa servire la Maestà vostra ed io serva alla vostra parola fatta carne per la salvezza umana».

633. Affinché queste suppliche della dolcissima Madre provenissero da una maggiore tribolazione, l'Altissimo permise che oltre la fame, la stanchezza e la solitudine li affliggesse l'inclemenza del tempo. Si levò dunque un grave temporale, con un vento impetuoso che, accecandoli, li tormentava molto. Questo disagio addolorò ancora di più la Madre, amorosa e compassionevole per riguardo al bambino Gesù, che era tanto tenero e delicato, e non aveva ancora cinquanta giorni. Ella lo coprì e riparò per quanto poteva, ma questo non fu sufficiente a far sì che come vero uomo non sentisse l'inclemenza ed il rigore del tempo, e lo mostrò piangendo e tremando di freddo, come avrebbero fatto tutti gli altri bambini. Allora la madre premurosa, usando del potere di Regina e signora delle creature, comandò con autorità agli elementi che non nuocessero al loro medesimo Creatore, ma gli servissero di difesa e sollievo, esercitando la loro asprezza solo su di lei. Subito, così come era avvenuto in precedenza a proposito della nascita e nel corso del viaggio a Gerusalemme, il vento si mitigò e si fermò la pioggia senza raggiungere il Figlio e la Madre. Quale ricompensa di questa cura amorosa, il bambino Gesù ordinò agli angeli che assistessero sua Madre, e fossero per lei come una tenda per ripararla dal rigore degli elementi. Essi ubbidirono immediatamente e, formando un globo bellissimo e di fitto splendore, vi racchiusero il loro Dio fatto uomo, la Madre e lo sposo, facendoli rimanere più difesi che se fossero stati nei palazzi e nei ricchi panni dei potenti del mondo. Altre volte in quel deserto fecero la medesima cosa.

634. Mancava loro, però, il sostentamento e li affliggeva il bisogno, non certo risolvibile con operosità umana. Il Signore prima permise che giungessero a tanto estremo, poi, propenso alle giuste domande della sua sposa, li provvide per mano dei medesimi angeli. Questi subito portarono loro pane delicatissimo e frutti molto belli e maturi; inoltre, un liquore dolcissimo che gli stessi angeli versarono servirono loro. Dopo tutti insieme facevano cantici di ringraziamento e di lode al Signore, che dà l'alimento ad ogni essere vivente nel tempo opportuno, affinché i poveri mangino e siano saziati, poiché i loro occhi e le loro speranze sono posti nella sua regale provvidenza e generosità. Queste furono le delicate vivande che il Signore, dalla sua mensa, regalò ai tre pellegrini, esuli nel deserto di Bersabea. Questo fu lo stesso deserto in cui Elia, fuggendo da Gezabele, fu confortato con un pane che si scioglieva in bocca, datogli dall'angelo del Signore per farlo giungere al monte Oreb. Né questo pane, però, né quello che prima gli avevano somministrato miracolosamente i corvi insieme alle carni per cibarsi la mattina e la sera sul torrente Cherit; né la manna che piovve dal cielo per gli Israeliti, benché si chiamasse pane degli angeli e fosse piovuto dal cielo; né le quaglie che portò ad essi il vento africano; né la cortina di nuvole, con la quale venivano difesi dai calori del sole; niente di tutto ciò uguagliò i benefici ricevuti dai nostri pellegrini. Infatti, nessuno di tali alimenti e favori si può paragonare con quello che fece il Signore in questo viaggio per il suo Unigenito fatto uomo, per la divina Madre e per il suo insigne sposo. Non servivano, ora, per alimentare un profeta o un popolo ingrato e così poco ragionevole, ma per dare vita e nutrimento al medesimo Dio fatto uomo e alla sua vera Madre, e per conservare tale vita naturale, dalla quale dipendeva quella eterna di tutto il genere umano. Come questo cibo divino era adeguato alla superiorità dei convitati, così la loro riconoscenza e il loro contraccambio erano in tutto proporzionati alla grandezza del beneficio. Ma, affinché tutto avvenisse con maggior vantaggio, il Signore permetteva sempre che la necessità giungesse all'estremo e che essa stessa richiedesse il soccorso del cielo.

635. Si rallegrino con questo esempio i poveri, e non si abbattano gli affamati, sperino gli abbandonati, e nessuno si lamenti della divina provvidenza, per quanto sia bisognoso ed afflitto. Quando mai si allontanò il Signore da chi spera in lui? Quando nascose il suo volto paterno ai figli poveri e tribolati? Siamo fratelli del suo Unigenito fatto uomo, figli di Dio ed eredi dei suoi beni, ed anche figli della sua Madre colma di misericordia. Dunque, o figli di Dio e di Maria santissima, come diffidate di tale Padre e di tale Madre nella vostra povertà? Perché negate questa gloria a loro e a voi il diritto che vi alimentino e soccorrano? Avvicinatevi, avvicinatevi con umiltà e confidenza, perché gli occhi di vostro Padre e di vostra Madre vi guardano, le loro orecchie ascoltano il grido della vostra necessità; le mani di questa Signora sono distese al povero e le sue palme aperte al bisognoso. E voi, ricchi di questo mondo, come potete confidare solo nelle vostre incerte ricchezze, con il rischio di venire meno nella fede e meritarvi immediatamente gravissimi affanni e dolori, come vi minaccia l'Apostolo? Voi non confessate né professate, nella vostra avidità, di essere figli di Dio e di sua Madre. Lo negate, anzi, con le vostre opere, e vi fate stimare impuri, o figli di altri padri; il vero e legittimo figlio infatti sa confidare solamente nella cura e nell'amore del suo vero Padre e della sua vera Madre, e reca loro oltraggio se pone la sua speranza in altri che non sono solo estranei, ma anche nemici. È la divina luce che m'insegna questa verità e la carità mi costringe a dirla.

636. L'altissimo Padre si dava pensiero non solo di alimentare i nostri pellegrini, ma anche di ristorarli visibilmente per dar loro sollievo dal tormento del cammino e della lunga solitudine. A volte accadeva che, disponendosi la divina Madre a riposare un po', sedendosi al suolo con il bambino Gesù, venissero vicino a lei, dalle montagne, come dissi in un'altra occasione, un gran numero di uccelli. Essi per diletto le si posavano sulle spalle e sulle mani, ricreandola con la soavità del loro canto e la varietà delle loro piume. Ella li accoglieva e li invitava a conoscere il loro Creatore e a cantare a lui con devozione e riconoscenza per averli creati così belli e vestiti di piume, per far godere loro dell'aria e della terra, e perché, con i frutti di questa, dava loro ogni giorno la vita e il sostentamento. Gli uccelli ubbidivano a tutto questo con movimenti e cantici dolcissimi. La Madre amorosa parlava al bambino con altri cantici per lui ben più dolci e armoniosi, lodandolo, benedicendolo e riconoscendolo per suo Dio, per suo figlio ed autore di tutte le meraviglie. Anche i santi angeli accompagnavano questi colloqui pieni di soavità, cantando con la gran Signora o con quei semplici uccelletti. Tutto questo creava un'armonia, più spirituale che sensibile, di ammirabile corrispondenza per le creature razionali.

637. Altre volte la divina Principessa parlava col bambino e gli diceva: «Amore mio, e luce della mia anima, come potrò alleggerire la vostra fatica? Come farò perché non sia tanto penoso per voi questo cammino così disagiato? Oh, vi potessi portare non solo nelle braccia, ma dentro al mio petto come in un soffice letto in cui stare sdraiato senza alcuna molestia!». Il dolcissimo Gesù le rispondeva: «Madre mia diletta, molto sollievo trovo nelle vostre braccia, dolce riposo sul vostro petto, grande piacere nel vostro amore e soave gioia nelle vostre parole». Altre volte il Figlio e la Madre si parlavano e si rispondevano interiormente, e questi colloqui erano così sublimi e divini che non possono essere raccontati con le nostre parole. Il santo sposo Giuseppe partecipava a molti di questi misteri e consolazioni che gli rendevano più facile il cammino, facendogli dimenticare le sue fatiche; lo rapiva la soavità e la dolcezza della sua invidiabile compagnia, benché non sapesse né udisse che il bambino parlava sensibilmente con la sua santissima Madre. Questo favore era per lei sola in quel tempo, come dissi in precedenza. In questo modo i nostri esuli proseguirono il loro cammino per l'Egitto.

Insegnamento che mi diede la Regina del cielo

638. Figlia mia, come quelli che conoscono il Signore sanno sperare in lui, così quelli che non confidano nella sua bontà e nel suo amore immenso non hanno perfetta conoscenza della sua grandezza. Al difetto della fede e della speranza segue il non amarlo e il porre direttamente il cuore dove pongono la loro fiducia, cioè in quello che apprezzano e stimano di più. In questo errore consiste tutto il danno e la rovina dei mortali. Essi, infatti, credono tanto poco all'infinita bontà che diede loro l'essere e che li mantiene in vita, da non riuscire a riporre in Dio tutta la loro fiducia. Mancando questa, l'amore, invece che verso di lui, viene rivolto alle creature, nelle quali valutano e sperano di trovare ciò che desiderano, cioè il potere, le ricchezze, lo sfarzo e la vanità. I fedeli, pur potendo ovviare a questo danno con la fede e la speranza infuse, lasciano queste virtù inutilizzate e inoperose e, senza servirsene, si rivolgono a cose più basse. Così gli uni, se le hanno, sperano nelle ricchezze; gli altri, se non le posseggono, le desiderano avidamente; alcuni se le procurano per vie e con mezzi molto perversi; altri confidano nei potenti, li adulano e li applaudono. Così risultano essere molto pochi quelli che restano fedeli al Signore: essi siano meritevoli di provare la sua vigile provvidenza, si fidino di essa e lo riconoscano come Padre che ha cura dei suoi figli, li alimenta e conserva, senza abbandonare alcuno nella necessità.

639. Questo tenebroso inganno ha dato al mondo tanti amanti; lo ha riempito di avarizia e di concupiscenza contro la volontà e il desiderio del Creatore, ed ha imbrogliato gli uomini in quelle stesse cose che desiderano o che dovrebbero desiderare. Tutti, in genere, assicurano che bramano le ricchezze e i beni temporali solo per sovvenire alle loro necessità, riconoscendo così che non dovrebbero desiderare di più. In verità, molti mentono, perché bramano non già il necessario, ma il superfluo, affinché serva non al naturale bisogno, ma alla superbia del mondo. Se anche, però, gli uomini desiderassero solo quello di cui veramente hanno necessità, sarebbe comunque follia riporre la loro sicurezza nelle creature e non in Dio, il quale con ineffabile provvidenza si prende cura perfino dei piccoli del corvo, come se il loro gracchiare fosse una supplica al loro creatore. Con questa sicurezza, io non potevo temere nel mio esilio e lungo pellegrinaggio. Inoltre, poiché confidavo nel Signore, la sua provvidenza mi sostenne nel tempo della penuria. Ora tu, figlia mia, che conosci questa provvidenza, non ti affliggere troppo, non mancare ai tuoi doveri per cercare di porvi rimedio, e non confidare nella coscienziosità umana e nelle altre creature. Infatti, dopo aver fatto quanto ti spetta, il mezzo efficace è confidare nel Signore, senza turbarti né alterarti minimamente, e sperare con pazienza, anche se l'aiuto dovesse tardare, perché questo giungerà sempre in tempo giusto ed opportuno, quando maggiormente servirà a manifestare l'amore paterno del Signore. Così accadde a me ed al mio sposo nella nostra povertà e necessità.

640. Quelli che non soffrono con pazienza e non vogliono patire indigenza; quelli che si rivolgono alle cisterne screpolate, confidando nella menzogna e nei potenti; quelli che non si accontentano di ciò che è giusto e desiderano con ardente avidità ciò che non è necessario per la vita; quelli che tenacemente custodiscono ciò che posseggono, perché non manchi loro, negando ai poveri l'elemosina dovuta: tutti questi possono temere, con ragione, che mancherà loro quello che non potrebbero aspettarsi dalla Provvidenza divina, se questa fosse tanto scarsa nel dare, come lo sono essi nello sperare in lei e nel dare per suo amore al bisognoso. Il Padre vero, che sta nei cieli, fa nascere il sole sopra i giusti e sopra gli ingiusti, manda la pioggia sopra i buoni e sopra i cattivi` e soccorre tutti, dando ad ognuno vita ed alimento. Se i benefici, però, sono comuni ai buoni ed ai cattivi, il dare maggiori beni temporali ad alcuni e negarli ad altri non è modello dell'amore di Dio. Egli, anzi, vuole poveri gli eletti e i predestinati: primo, perché acquistino maggiori meriti e premi, secondo, perché non si lascino invischiare dall'amore dei beni temporali, essendo assai pochi coloro che ne sanno fare buon uso e li posseggono senza sregolata cupidigia. Perciò, sebbene il mio santissimo Figlio ed io non corressimo questo pericolo, Dio volle insegnare agli uomini, con l'esempio, questa scienza divina dalla quale dipende per loro la vita eterna.

Augustinus
27-12-04, 20:31
Libro IV, Cap. 24, §§ 641-652

CAPITOLO 24

I pellegrini Gesù, Maria e Giuseppe arrivano in Egitto sino alla città di Eliopoli; si verificano grandi meraviglie.

641. Già accennai sopra che la fuga del Verbo incarnato ebbe altri misteri e fini più alti che il sottrarsi da Erode e difendersi dal suo sdegno. Questo, anzi, fu un mezzo adottato dal Signore per trasferirsi in Egitto, ed operare le meraviglie di cui parlarono gli antichi profeti, tra cui molto chiaramente Isaia. Egli disse che il Signore sarebbe salito su una nube leggera, sarebbe entrato in Egitto, sarebbero crollati gli idoli d'Egitto davanti a lui, sarebbe venuto meno il cuore degli Egiziani, ed altre cose contenute in quella profezia e che accaddero nei tempi della nascita di Cristo, nostro Signore. Tralasciando quello che non appartiene al mio scopo, dico che, proseguendo il loro pellegrinaggio nel modo rivelato, Gesù, Maria e Giuseppe giunsero, dopo più giornate, alla terra d'Egitto. Prima di fermarsi nella città di Eliopoli, volendo così il Signore, furono guidati dagli angeli per molti altri luoghi, dove sua Maestà voleva operare alcuni di quei prodigi e benefici con cui arricchire l'Egitto. Così impiegarono in questi viaggi più di cinquanta giorni, da Betlemme o da Gerusalemme camminarono più di duecento leghe, benché per un'altra via non sarebbe stato necessario viaggiare tanto per arrivare dove presero dimora e residenza.

642. Gli Egiziani erano molto dediti all'idolatria ed alle superstizioni che di solito l'accompagnano; perfino i piccoli villaggi di quella regione erano pieni di idoli. A molti di essi erano stati eretti dei templi, infestati da vari demoni. In quei luoghi accorrevano gli infelici abitanti per adorare gli idoli, con sacrifici e cerimonie ordinate dai medesimi demoni, che alle loro domande davano risposte ed oracoli, dai quali la gente, stolta e superstiziosa, si lasciava guidare ciecamente. A causa di queste menzogne vivevano tanto fuori di senno ed attaccati all'adorazione del demonio, che era necessario il braccio forte del Signore, che è lo stesso Verbo incarnato, per riscattare quel popolo abbandonato e toglierlo dall'oppressione in cui lo teneva Lucifero, più dura e pericolosa di quella inflitta al popolo di Dio. Per conseguire questa vittoria sul demonio e illuminare quelli che vivevano nelle tenebre e nell'ombra della morte, e affinché quel popolo vedesse la grande luce profetata da Isaia, l'Altissimo volle che il sole di giustizia, cioè Cristo, pochi giorni dopo la sua nascita comparisse in Egitto nelle braccia della sua fortunatissima madre, risplendendo su tutta la terra in forza della sua divina luce.

643. Arrivò dunque il bambino Gesù con la Madre e san Giuseppe alla popolata terra d'Egitto. Quando entrava nei paesi, il Dio bambino nelle braccia della Madre, alzando gli occhi al cielo, con le mani giunte, pregava il Padre, chiedendo la salvezza di quegli abitanti, schiavi di Lucifero. Subito usava del suo divino e regale potere sopra i demoni che stavano negli idoli, precipitandoli nel profondo dell'inferno. Quelli, come fulmini scagliati dalle nuvole, uscivano dalle loro dimore e cadevano sino nel fondo più remoto delle tenebrose caverne infernali. Nello stesso momento, con grande fragore crollavano gli idoli, sprofondavano i templi, e rovinavano gli altari dell'idolatria. La causa di questi effetti miracolosi era nota alla divina Signora, che si univa al suo santissimo Figlio nelle sue suppliche, come cooperatrice, in tutto, della salvezza umana. San Giuseppe sapeva anche che tutte queste erano opere del Verbo incarnato, perciò con santa ammirazione lo benediceva e lodava. I demoni, però, pur sentendo la forza del potere divino, non sapevano da dove uscisse.

644. I popoli dell'Egitto si meravigliavano per una novità così inaspettata. Tuttavia, tra i più saggi, vi era qualche tradizione ricevuta dagli antichi, sin dal tempo in cui Geremia dimorò in Egitto, secondo la quale un re dei Giudei sarebbe venuto in quel regno e, allora, sarebbero stati distrutti i templi degli idoli d'Egitto. Di questa venuta la gente del popolo non sapeva nulla, e nemmeno i dottori conoscevano come ciò sarebbe avvenuto. E così il timore e la confusione erano comuni a tutti, poiché si turbarono e temettero, in conformità alla profezia di Isaia. Per questa novità, mentre s'interrogavano reciprocamente, alcuni, con la curiosità di vedere i forestieri, si avvicinarono alla nostra gran Regina e signora e a san Giuseppe, e ragionavano con loro della rovina dei templi e degli dei che adoravano. La Madre della sapienza, prendendo spunto da queste domande, incominciò a far ricredere quelle popolazioni, parlando del vero Dio ed insegnando loro che egli era l'unico Dio, creatore del cielo e della terra, e che lui solo doveva essere adorato e riconosciuto come tale. Gli altri erano falsi e bugiardi e non si distinguevano dal legno, dal fango o dai metalli con i quali erano formati; non avevano occhi, né orecchie, né alcun potere; gli stessi artefici li potevano distruggere e disfare allo stesso modo in cui li avevano plasmati, e così poteva fare qualunque altro uomo, perché tutti erano più nobili e potenti di essi. Le risposte che davano venivano dai demoni ingannatori e bugiardi rinchiusi in essi, e non avevano alcun vero potere, essendo vero solo Di.

645. L'aspetto della divina Signora, così soave e dolce nelle sue parole, tanto vive ed efficaci, era così piacevole ed amabile, e gli effetti dei suoi ragionamenti così salutari, che si diffondeva la notizia dell'arrivo dei pellegrini e forestieri e molta gente accorreva a vederli e ad ascoltarli. Accadeva che, nel medesimo tempo, la preghiera del Verbo incarnato procurasse loro grandi aiuti ed anche l'insolita rovina degli idoli. Era incredibile la commozione della gente e la conversione dei cuori, che si volgevano alla conoscenza del vero Dio facendo penitenza dei loro peccati, senza sapere da dove né per quale mezzo venisse loro questo bene. Gesù e Maria proseguirono il cammino tra molte genti in Egitto, operando queste e molte altre meraviglie, scacciando i demoni non solamente dagli idoli, ma anche da molte persone che essi tenevano in possesso, risanando molti da gravi e pericolose infermità, illuminando i cuori di varie persone e, tanto la divina Signora che san Giuseppe, catechizzando ed insegnando il cammino della verità e della vita eterna. Molti venivano attratti ad ascoltare l'insegnamento di vita e di salvezza per le loro anime, con questi ed altri benefici temporali tanto importanti per la gente ignorante e profana.

646. Giunsero alla città di Ermopoli, situata verso la Tebaide, e chiamata, da alcuni, città di Mercurio. In essa si trovavano numerosi idoli e demoni molto potenti e, in particolare, ne esisteva uno in un albero che stava all'ingresso della città. Gli abitanti l'avevano onorato per la sua bellezza e grandezza, ed il demonio aveva colto l'occasione per usurpare quell'adorazione, collocando la sua sede in un albero. Quando il Verbo incarnato gli giunse vicino, non solo il demonio lasciò quel posto e fu precipitato nel profondo dell'inferno, ma anche l'albero s'inclinò sino al suolo, mostrandosi grato della sua sorte. Ciò avvenne perché anche le creature insensibili testimoniassero quanto sia tirannico il dominio di questo nemico. Il miracolo dell'inclinarsi degli alberi successe altre volte nei luoghi in cui passava il loro Creatore, benché non rimase il ricordo di tutti. Questa meraviglia di Ermopoli, però, durò per molti secoli, perché in seguito le foglie e i frutti di quell'albero sanavano da molte infermità. Molti autori, parlando della venuta e della dimora del Verbo incarnato e della sua santissima Madre in quella terra, scrissero di questo miracolo, come anche di altri che accaddero nelle città per le quali passavano: ad esempio, di una fontana, che si trova vicino al Cairo, dove la divina Signora prese dell'acqua per bere e lavare le fasce del bambino. Tutto ciò avvenne veramente, e fino ad oggi perdura la tradizione e la venerazione di quei prodigi non solo tra i fedeli che visitano i luoghi santi, ma anche tra i medesimi infedeli, che in epoche diverse hanno ricevuto alcuni benefici temporali dalla mano del Signore. Egli li elargisce loro o per convalidare maggiormente la sua causa, o perché si conservi quel ricordo. Simile memoria esiste ancora di altri luoghi, nei quali dimorarono ed operarono grandi meraviglie. Però non è necessario darne qui ora relazione, perché mentre dimorarono in Egitto, si trattennero principalmente nella città di Eliopoli, che non senza mistero si chiamava città del sole ed ora Cairo.

647. Scrivendo queste rivelazioni, domandai con stupore alla gran Regina del cielo perché con Gesù bambino avesse peregrinato per tante terre e luoghi sconosciuti. Mi sembrava, infatti, che proprio per questa causa fossero aumentate di molto le loro pene e sofferenze. E sua Maestà mi rispose: «Non ti meravigliare che per conquistare tante anime peregrinassimo il mio santissimo Figlio ed io, perché anche per una sola, se fosse stato necessario, avremmo girato tutto il mondo se non ci fosse stata altra soluzione». Così, se ci sembra molto quello che fecero per la salvezza umana, è perché ignoriamo l'immenso amore col quale ci amarono, e perché noi non sappiamo amare in modo proporzionato a ciò.

648. Lucifero si alterò molto per l'effetto prodotto dal veder discendere all'inferno tanti demoni precipitati da una forza per loro straordinaria e sconosciuta. E, bruciando nel fuoco del suo furore, venne nel mondo e corse per molti luoghi, al fine di trovare la causa di così inauditi eventi. Passò per tutto l'Egitto dove erano caduti i templi e gli altari con i loro idoli e, arrivato ad Eliopoli, nella quale, essendo una grande città, era maggiormente visibile la distruzione del suo impero, cercò di sapere ed esaminare con grande attenzione che tipo di gente vi si trovasse. Non incontrò altra novità, se non che Maria santissima era venuta in quella città e in quella terra. Non diede infatti alcuna importanza al bambino Gesù, giudicandolo un bambino come gli altri, giacché egli non ne conosceva la differenza. Siccome era stato vinto tante volte dalle virtù e dalla santità della prudente Madre, s'insinuarono in lui nuovi sospetti, poiché non stimava che una donna potesse compiere opere tanto grandi. Pertanto determinò di nuovo di perseguitarla, avvalendosi, a tal fine, dei suoi ministri di malvagità.

649. Ritornò subito nell'inferno e, convocato un conciliabolo dei principi delle tenebre, li ragguagliò sulla distruzione degli idoli e dei templi d'Egitto. I demoni, infatti, quando uscirono da essi, furono precipitati dal potere divino con tanta celerità, confusione e pena, che non percepirono ciò che successe agli idoli ed ai luoghi che lasciavano. Lucifero, informandoli di quanto stava succedendo e che il suo impero stava andando in rovina in tutto l'Egitto, disse loro che non ne comprendeva il motivo. In effetti, in quella terra, aveva incontrato solo la donna sua nemica - come la chiamava il drago -, il cui potere, benché sapesse essere speciale, non presumeva potesse avere tanta forza, quanto essi ne avevano sperimentata in quell'occasione. Nondimeno decideva di muoverle nuovamente guerra, e tutti dovevano essere preparati a questo. I ministri di Lucifero risposero che erano pronti ad obbedire e, cercando di consolarlo nel suo disperato furore, gli promisero la vittoria, come se le loro forze fossero state uguali alla loro arroganza.

650. Dall'inferno uscirono insieme molte legioni e si avviarono verso l'Egitto dove stava la Regina del cielo. Erano certi che, se l'avessero vinta, avrebbero confortato la loro perdita con questo trionfo e avrebbero recuperato tutto ciò che in quel miserabile regno era stato loro tolto dal potere di Dio, del quale sospettavano che Maria santissima fosse strumento. Fu un fatto straordinario che non potessero accostarsi a lei per più di duemila passi, mentre pretendevano di avvicinarsi per tentarla secondo i loro diabolici fini; nascostamente li tratteneva la forza divina, che essi riconoscevano provenire dalla parte della medesima Signora. Sebbene Lucifero e gli altri nemici si sforzassero e si ostinassero, venivano estenuati e trattenuti come stretti in forti legami che li tormentavano, senza che potessero avvicinarsi al luogo da cui l'invincibile Regina stava guardando tutto col potere dello stesso Dio nelle sue braccia. Lucifero, persistendo in questa lotta, fu un'altra volta precipitato nel profondo con le sue numerose e malvagie schiere. Questa sopraffazione e questo schianto diede pensiero e tormento grande al drago. Dato che nei giorni dopo l'incarnazione, come si è riferito, gli era accaduta molte volte la medesima cosa, iniziò a sospettare che il Messia fosse venuto nel mondo. Tuttavia, poiché questo mistero, che si aspettava noto e grandioso, a lui era ignoto, rimaneva sempre più confuso e ingannato, pieno di furore e di rabbia che lo crucciava. Impazziva nel ricercare la causa del suo danno e, quanto più la rimuginava nella sua mente, tanto meno la conosceva.

Insegnamento che mi diede la Regina del cielo

651. Figlia mia, grande e stimabile sopra ogni bene è la consolazione delle anime fedeli e amiche del mio santissimo Figlio, quando con fede viva riflettono sul loro servire ad un Signore che è Dio degli dei e Signore dei signori, che solo detiene il potere e il dominio di ogni cosa creata, a cui solo spetta la potenza, e che regna e trionfa sui suoi nemici. In questa verità si diletta l'intelletto, si ricrea la memoria, gioisce la volontà e tutte le facoltà dell'anima devota si abbandonano, senza paura, alla soavità che sentono con così nobili attività, contemplando quell'oggetto di bontà, santità e potere infinito, che non ha bisogno di nessuno e dalla cui volontà dipende tutto il creato". Oh, quanti beni insieme perdono le creature, che incuranti della loro felicità impiegano tutto il tempo della vita e le loro capacità nell'occuparsi del visibile, nell'amare il momentaneo e nel cercare i beni apparenti e caduchi! Io vorrei, figlia mia, che tu con la conoscenza e la luce che hai evitassi questo pericolo, e che il tuo intelletto e la tua memoria si occupassero sempre della verità dell'essere di Dio. Immergiti e sprofondati in questo mare interminabile, ripetendo continuamente: Chi è pari al Signore nostro Dio che siede nell'alto e si china a guardare nei cieli e sulla terra? Chi è come lui, che è onnipotente e non dipende da nessuno, che umilia i superbi ed abbatte quelli che il mondo ottenebrato chiama potenti, che trionfa sul demonio e lo abbatte fino nell'abisso dell'inferno?

652. Affinché tu possa dilatare meglio il tuo cuore in queste verità ed acquisire con esse maggiore preminenza sopra i nemici dell'Altissimo e tuoi, voglio che mi imiti per quanto ti è possibile, gloriandoti delle vittorie e dei trionfi del suo braccio onnipotente e facendo in modo di avere parte in quelle che egli vuole sempre riportare su questo drago spietato. Non è possibile che lingua di creatura, neppure quella dei serafini, possa comunicare ciò che sentivo nell'anima, quando vedevo, nelle mie braccia, il mio santissimo Figlio compiere tanti miracoli contro i suoi nemici ed in favore di quelle anime cieche e tiranneggiate dai loro errori, e mi accorgevo che la lode al nome dell'Altissimo cresceva e si propagava per mezzo del suo Unigenito fatto uomo. La mia anima, in questo giubilo, magnificava il Signore e componeva col mio santissimo Figlio nuovi cantici di lode come madre sua e sposa dello Spirito Santo. Tu sei figlia della santa Chiesa, sposa del mio Figlio benedetto e favorita dalla sua grazia; è giusto, dunque, che tu sia diligente e sollecita nel conquistargli questa gloria ed esaltazione, combattendo contro i suoi nemici, affinché il tuo Sposo riporti questo trionfo.

Augustinus
27-12-04, 20:34
Libro IV, Cap. 25, §§ 653-663

CAPITOLO 25

Gesù, Maria e Giuseppe per volontà divina si stabiliscono nella città di Eliopoli; ivi ordinano la loro vita durante il tempo del loro esilio.

653. Le memorie rimaste in molti paesi d'Egitto di alcuni prodigi che operò il Verbo incarnato hanno potuto dare motivo ai santi e ad altri autori, perché alcuni scrivessero che i nostri esuli abitarono in una città ed altri affermassero lo stesso di altre. Tutti, però, possono dire la verità ed accordarsi distinguendo il periodo che si trattennero in Ermopoli, in Menfi o Babilonia d'Egitto ed in Mataria, perché non solo si fermarono in queste città, ma anche in altre. Ciò che io ho compreso è che, essendo passati per esse, giunsero ad Eliopoli e qui fissarono la loro dimora. I santi angeli che li guidavano, infatti, dissero alla divina Regina e a san Giuseppe che dovevano fermarsi in quella città. Qui, come in altre parti, oltre alla rovina degli idoli e dei loro templi avvenuta con il loro arrivo, il Signore voleva operare altre meraviglie per sua gloria e riscatto di molte anime. Dispose così che agli abitanti di quella città, secondo il felice auspicio del suo nome che significa città del sole, apparisse il Sole di giustizia' e di grazia e li illuminasse abbondantemente. Con questo annuncio stabilirono lì la loro abituale abitazione. San Giuseppe subito iniziò a cercarla offrendo l'affitto adeguato, ed il Signore dispose che trovasse una casa umile e povera, adatta a loro abitazione, un po' fuori città, come la desiderava la Regina del cielo.

654. Trovata dunque questa casa in Eliopoli, vi fissarono la loro dimora. La celeste Signora con il suo santissimo Figlio ed il suo sposo Giuseppe, entrando subito in questo luogo appartato, si prostrò a terra baciandola con profonda umiltà ed affettuosa riconoscenza, rendendo grazie all'Altissimo per aver ritrovata quella quiete dopo un così gravoso e lungo peregrinare. Ringraziò la stessa terra e gli elementi che qui la sostentavano, perché nella sua incomparabile umiltà si giudicava sempre indegna di tutto ciò che riceveva. Adorò Dio e offrì a lui quanto, in quel luogo, avrebbe dovuto compiere. Interiormente gli fece dono delle sue facoltà e dei suoi sensi, e promise di soffrire pronta, serena e coscienziosa quante tribolazioni all'Onnipotente fosse piaciuto inviarle in quell'esilio, poiché la sua saggezza le prevedeva ed il suo affetto le abbracciava. Con la sapienza divina le stimava molto, perché aveva intuito che nel giudizio divino sono bene accette e che il santissimo Figlio le avrebbe considerate come eredità e ricchissimo tesoro. Dopo questa nobile attività si umiliò a spazzare e a rassettare la povera casetta con l'aiuto dei santi angeli, facendosi prestare perfino lo strumento con cui ripulirla. I nostri santi forestieri si ritrovarono sufficientemente sistemati in ordine alla casa; mancavano, però, di tutto ciò che riguarda il vitto e le suppellettili necessarie per vivere. L'approvvigionamento miracoloso, con il quale erano stati sostentati per mano degli angeli, cessò, poiché ora si trovavano in un paese abitato. Il Signore li pose nuovamente alla mensa normale dei più poveri, che è il mendicare l'elemosina. Essendo ormai nella necessità e patendo la fame, san Giuseppe andò a chiederla per amore di Dio. I poveri, con tale esempio, non si lamentino della loro sventura e non si vergognino di porvi rimedio usando questo mezzo, quando non ne troveranno altro, poiché subito si iniziò a mendicare per sostenere la vita del medesimo Signore di tutto il creato, il quale volle assoggettarsi a ciò anche per impegnarsi a restituire all'occasione il cento per uno.

655. Così come avvenne negli altri paesi d'Egitto, nei primi tre giorni di permanenza ad Eliopoli, la Regina del cielo non ebbe per sé e per il suo Unigenito altro sostentamento, se non quello che chiese in elemosina san Giuseppe, padre putativo, fino a quando egli, con il suo lavoro, non cominciò a procurare qualche aiuto. Fece una nuda predella nella quale potesse sdraiarsi la vergine Madre ed una culla per il Figlio. Il santo sposo, infatti, non aveva altro letto che la nuda terra e la casa rimase senza mobili sino a che, con il proprio sudore, poté acquistarne alcuni dei più indispensabili per vivere tutti e tre. Non voglio passare sotto silenzio ciò che mi è stato rivelato, cioè che, tra tanta estrema povertà e necessità, Maria e Giuseppe non fecero mai menzione della casa di Nazaret, né dei loro parenti ed amici, né dei regali dei re che essi avevano distribuito e che, invece, avrebbero potuto conservare. Parlarono di tutt'altro e, nel trovarsi in tanta ristrettezza e desolazione, non si lamentarono rivolgendo il pensiero al passato e temendo il futuro. In tutto, anzi, conservarono un'incomparabile gioia e pace, rimettendosi alla divina Provvidenza nella loro più grande scomodità e povertà. Oh, viltà dei nostri cuori infedeli! Quante afflizioni e penose inquietudini proviamo nel vederci poveri e con qualche bisogno! Subito ci rammarichiamo di aver perso un'occasione in cui avremmo potuto trovare qualche soluzione, pensando che, se avessimo fatto l'una o l'altra cosa, non ci troveremmo in questa o in quella pena. Tutte queste angosce sono vane e stoltissime, perché non sono di nessun vantaggio. In genere sentiamo il danno procuratoci e non il peccato per il quale l'abbiamo meritato, mentre sarebbe stato saggio non aver dato origine alle nostre pene, che spesso ci meritiamo, con le colpe. Siamo tardi e duri di cuore per intendere le cose spirituali in merito alla nostra giustificazione ed agli aumenti della grazia; inoltre, siamo terreni e materiali, ed anche temerari nel consegnarci alle concupiscenze del mondo ed ai suoi affanni. Certamente, la vita dei nostri pellegrini è una severa riprensione della nostra rozzezza e bassezza.

656. La prudentissima Signora ed il suo sposo, con allegrezza e privi di ogni bene temporale, presero dimora nella povera casetta che avevano trovato. Delle tre stanzine, in cui era divisa, una fu consacrata a tempio o santuario dove stesse il bambino Gesù e con lui la sua purissima madre. Qui fu posta la culla e la nuda predella sino a che, dopo alcuni giorni, col lavoro di san Giuseppe e con la compassione di alcune donne devote affezionatesi alla Regina, giunsero ad avere qualche cosa per potersi riparare tutti. Un'altra stanzina fu destinata al santo sposo, che vi dormiva e vi si raccoglieva per pregare. La terza gli serviva come officina e bottega per esercitare il suo mestiere. Vedendo la gran Signora l'estrema povertà in cui si trovavano, e che il lavoro di san Giuseppe doveva essere maggiore per potersi sostentare in un paese dove non erano conosciuti, decise di aiutarlo come poteva; si procurò del lavoro da fare con le proprie mani, per mezzo di quelle pie donne che avevano cominciato a frequentarla, innamorate della sua modestia e soavità. Tutto ciò che faceva e toccava usciva perfettissimo dalle sue mani; così si sparse la voce della sua abilità nei lavori e non gliene mancarono per alimentare il suo Figlio, vero Dio e vero uomo.

657. Per procurarsi tutto quello che era necessario per il vitto, per vestire san Giuseppe, per arredare la casa, benché poveramente, e per pagare l'affitto, le parve bene impiegare tutto il giorno nel lavoro, vegliando tutta la notte nei suoi esercizi spirituali. Determinò così, non perché avesse qualche avidità, e neppure perché di giorno mancasse alla contemplazione, poiché rimaneva sempre in essa ed alla presenza del Dio bambino, come tante volte si è detto e si dirà. Però gli speciali esercizi, nei quali spendeva alcune ore del giorno, volle trasferirli alla notte per poter lavorare di più, senza domandare né aspettare che Dio operasse miracoli in ciò che con la sua operosità e con l'aumento del lavoro poteva conseguire. In tali casi, infatti, chiederemmo miracoli più per comodità che per necessità. È vero che la prudente Regina domandava all'eterno Padre che la sua misericordia li provvedesse del necessat1o per alimentare il suo Figlio unigenito, ma al tempo stesso lavorava. Come chi non confida in sé né nel proprio impegno, lavorando chiedeva ciò che, con tale mezzo, concede il Signore alle altre creature.

658. Gesù si compiacque molto dell'accortezza di sua Madre e della conformità che gli dimostrava con la sua stretta povertà e, in contraccambio di questa fedeltà, volle alleggerirla alquanto del lavoro che aveva incominciato. Un giorno dalla culla così le parlò: «Madre mia, voglio sistemare la tua vita e le tue preoccupazioni materiali». La divina Madre si pose subito in ginocchio e rispose: «Dolcissimo amore mio e Signore di tutto il mio essere, io vi lodo e magnifico perché avete accondisceso al mio desiderio e pensiero. Questo era propenso a far sì che la vostra divina volontà regolasse i miei passi, indirizzasse le mie opere secondo il vostro consenso, e regolasse le mie occupazioni in ciascuna ora del giorno secondo il vostro compiacimento. Poiché in voi Dio si è fatto uomo e vi siete degnato di accondiscendere ai miei desideri, parlate, luce dei miei occhi, perché la vostra serva vi ascolta». Disse il Signore: «Madre mia carissima, all'inizio della notte - per noi le nove - vi porrete a dormire e riposerete un poco. Dalla mezzanotte fino al far del giorno rimarrete in contemplazione con me, e loderemo il mio eterno Padre; poi preparerete il necessario per il sostentamento vostro e di san Giuseppe. Dopo di che mi nutrirete, nelle vostre braccia, fino all'ora terza, in cui mi riporrete in quelle del vostro sposo per sollievo della sua fatica. Voi vi ritirerete nella vostra stanza fino a quando verrà l'ora di dargli da mangiare; poi ritornerete al lavoro. Poiché qui non avete le sacre Scritture, che vi procuravano consolazione, leggerete nella mia scienza la dottrina della vita eterna, affinché in tutto mi seguiate perfettamente. E pregate sempre il mio eterno Padre per i peccatori».

659. Con questa norma si regolò Maria santissima per tutto il tempo che dimorò in Egitto. Ogni giorno dava il latte tre volte al bambino Gesù. Quando, infatti, egli le indicò l'orario in cui doveva allattarlo la prima volta, non le ordinò di non darglielo altre volte, come lei aveva fatto fin dalla sua nascita. Quando la divina Madre lavorava, stava sempre alla presenza del bambino Gesù in ginocchio e, tra i colloqui e i discorsi che facevano, era molto facile che il Re dalla culla e la Regina dal suo lavoro formassero misteriosi cantici di lode. Se questi fossero stati scritti, sarebbero più eminenti di tutti i salmi e i cantici che celebra la Chiesa, e di quanto in essa oggi si serba scritto. Non vi è dubbio che il medesimo Dio parlerebbe per mezzo della sua umanità e della sua santissima Madre con maggiore sublimità e più magnificamente che per mezzo di Davide, Mosè, Maria, Anna e di tutti i Profeti. Questi cantici facevano sentire la divina Madre sempre rinnovata, e colma di nuovo amore verso Dio, desiderosa di unirsi a lui. Ella sola era la fenice che rinasceva in questo incendio, l'aquila reale che poteva mirare fissamente il sole dell'ineffabile luce così da vicino come nessun'altra creatura ha mai potuto. Ella attuava il fine per cui il Verbo di Dio prese carne nel suo corpo verginale, quello cioè di guidare e portare al suo eterno Padre le creature razionali. Era la sola, tra tutte, non condizionata dal peccato né dai suoi effetti, né da passioni o cupidigie, libera da tutto ciò che è terreno e appesantisce la natura. Così volava dietro al suo amato, innalzandosi a sublimi dimore, e non riposava se non nel suo centro, che è la Divinità. Poiché aveva sempre davanti agli occhi la via e la luce, cioè il Verbo incarnato, e gli affetti ed i desideri rivolti all'essere immutabile di Dio, correva fervorosa a lui e stava più nel fine che nel mezzo, più dove amava che dove viveva.

660. Alcune volte Gesù bambino dormiva davanti alla sua felice e fortunata Madre, affinché, anche in questo, si attuasse quanto dice il Cantico: Io dormo, ma il mio cuore veglia. Per lei il santissimo corpo di suo Figlio era un cristallo purissimo e chiaro, attraverso il quale guardava e penetrava l'interno della sua anima divinizzata, con tutti gli atti interiori che essa compiva; così ella si mirava e rimirava in quello specchio immacolato. Alla divina Signora era di speciale consolazione vedere tanto deste le facoltà dell'anima santissima del suo Figlio in opere così gloriose di uomo e Dio insieme e, nel medesimo tempo, vedere dormire i sensi del bambino con tanta quiete e rara bellezza, essendo ciò dovuto all'unione ipostatica dell'umanità con la divinità. La nostra lingua non è in grado di narrare, senza svilirne l'oggetto, i dolci affetti, le infiammate elevazioni e gli atti sublimi che Maria santissima faceva in queste occasioni; però, dove mancano le parole, operi la fede ed il cuore.

661. Quando era tempo di dare a san Giuseppe il conforto di tenere il bambino Gesù, sua madre gli diceva: «Figlio e Signore mio, guardate il vostro servo fedele con amore di figlio e di padre, e compiacetevi nella purezza della sua anima tanto sincera ed accetta agli occhi vostri». Ed al santo diceva: «Sposo mio, ricevete nelle vostre braccia il Signore che chiude nel suo pugno tutto il cielo e tutta la terra, ai quali diede l'essere per la sola sua bontà infinita, e sollevate la vostra stanchezza con colui che è la gloria di tutto il creato». Il santo riceveva questo favore con profonda umiltà e riconoscenza. Era solito domandare alla sua celeste sposa se potesse osare di fare al bambino qualche carezza. Assicurato dalla prudente Madre, egli gliele faceva e, con questo conforto, dimenticava il fastidio delle sue fatiche e tutte, anzi, gli diventavano facili e molto dolci. Anche mentre prendevano il cibo, Maria santissima e san Giuseppe tenevano con loro il bambino e, dopo avergli dato da mangiare, la divina Regina dava così maggiore e più dolce alimento alla sua anima che al corpo, venerandolo, adorandolo ed amandolo come Dio eterno, e, cullandolo nelle sue braccia come bambino, lo accarezzava con la tenerezza di una madre affettuosa verso il suo figlio diletto. Non è possibile valutare l'attenzione con la quale si esercitava nei suoi due compiti di creatura: l'uno, verso il suo Creatore, considerandolo nella sua divinità come Figlio dell'eterno Padre, Re dei re, Signore dei signori, il creatore che mantiene in vita tutto l'universo; l'altro, guardandolo come vero uomo nella sua infanzia, per servirlo ed allevarlo. Nelle due posizioni, entrambe motivo di amore, ella era tutta infiammata ed accesa in atti eroici di meraviglia, lode ed affettuosa devozione. Quanto al resto operato dai due celesti sposi, posso solamente dire che essi erano di ammirazione agli angeli, e che portavano al culmine la santità ed il compiacimento del Signore.

Insegnamento che mi diede la Regina del cielo

662. Figlia mia, essendo proprio vero che io, con il mio Figlio santissimo ed il mio sposo, entrai in Egitto dove non avevamo amici né parenti, in un paese di religione diversa, senza rifugio, protezione né aiuto umano per nutrire un Figlio che io tanto amavo, ben si lasciano comprendere le tribolazioni ed i disagi che sopportammo, dato che il Signore permetteva che ne fossimo afflitti. La tua considerazione non può rendersi conto della pazienza e della tolleranza con la quale li pativamo, né gli stessi angeli sono in grado di valutare il premio che mi diede l'Altissimo per l'amore con il quale sopportai tutto, più che se fossi stata in grandissima prosperità. È vero che mi affliggeva molto vedere il mio sposo in tanta necessità e ristrettezza, ma in questa medesima pena benedicevo il Signore e la vivevo in letizia. Figlia mia, desidero che, in ogni occasione in cui ti porrà il Signore, tu mi imiti in questa elevata sopportazione e serena dilatazione di cuore ed anche che, in esse, tu sappia distinguere con prudenza ciò che spetta al tuo interno e ciò che spetta all'esterno, dando a ciascuno di essi quel che devi, nell'azione e nella contemplazione, senza che l'una di queste due cose impedisca l'altra.

663. Quando mancherà alle tue suddite il necessario per la vita, lavora per procurarlo debitamente. Lasciare qualche volta la tua quiete per questo obbligo non è un perderla, tanto più quando osserverai il consiglio che ti ho dato molte volte, cioè di non perdere di vista il Signore per qualsiasi occupazione. Tutto infatti potrai fare con la sua divina luce e grazia, se sarai sollecita senza turbarti. Quando con mezzi umani si può guadagnare convenientemente ciò di cui si ha bisogno, non si devono aspettare miracoli, né astenersi dal lavorare, nella speranza che Dio provvederà e soccorrerà in modo soprannaturale. Egli aiuta con mezzi piacevoli, comuni ed idonei; inoltre, la fatica del corpo è un mezzo opportuno, affinché anch'esso con l'anima compia il suo sacrificio al Signore, acquistandosi il merito nella modalità ad esso consona. La creatura, lavorando, può lodare Dio ed adorarlo in spirito e verità. Tuttavia, affinché tu possa eseguire ciò, indirizza tutte le tue azioni alla benevolenza che attualmente il Signore ti mostra ed esaminale con lui, pesandole nella sua bilancia, con l'attenzione fissa alla divina luce che t'infonde l'Onnipotente.

Augustinus
27-12-04, 20:37
Libro IV, Cap. 26, §§ 664-671

CAPITOLO 26

Le meraviglie che il bambino Gesù, la sua santissima Madre e san Giuseppe operarono ad Eliopoli in Egitto.

664. Isaia disse che il Signore sarebbe entrato in Egitto sopra una nube leggera, per compiere meraviglie in quel regno. Nel chiamare nube la Madre santissima o, come altri dicono, l'umanità che Dio prese da lei, senza dubbio volle manifestare che, per mezzo di questa nube divina, l'Altissimo doveva rendere fertile e feconda la terra sterile dei cuori dei suoi abitanti. Ciò affinché, da allora in poi, producesse nuovi frutti di santità e di conoscenza di Dio, come avvenne dopo che questa nube celeste fu entrata in essa. Subito in Egitto si propagò la fede del vero Dio, si distrusse l'idolatria e si aprì il cammino alla vita eterna, che fino a quel momento il demonio aveva precluso, in modo che, quando arrivò in quella regione il Verbo fatto uomo, soltanto qualcuno conosceva il vero Dio, sebbene alcuni avessero appreso questa verità a causa della relazione con gli Ebrei che abitavano in quella terra. Vi mescolavano, però, grandi errori, superstizioni e culto del demonio, come in altra epoca avevano fatto i Babilonesi che erano venuti ad abitare in Samaria'. Dopo che il Sole di giustizia ebbe illuminato l'Egitto, e la nube esente da ogni colpa, Maria santissima, ebbe reso fertile, esso restò tanto fecondo di santità e di grazia, che diede copioso frutto per molti secoli, come si vide nei santi che in seguito generò e nel grande numero di anacoreti che, consacrandosi alla santità ed alla perfezione cristiana, fecero come stillare da quei monti miele dolcissimo.

665. Il Signore, come si è detto, si stabilì ad Eliopoli per preparare questa grazia che voleva fare agli Egiziani. Questa era una città molto popolata, piena di idoli, templi ed altari eretti al demonio e, quando il Signore vi entrò, tutti questi sprofondarono con grande strepito e terrore per chi vi era vicino. Il turbamento e l'emozione di tutta la città, per questa inaspettata novità, furono grandi. Camminavano tutti come attoniti e fuori di sé e, aggiungendosi la curiosità di vedere i forestieri da poco arrivati, molti uomini e donne si recarono a parlare con Maria, nostra regina, e con il glorioso san Giuseppe. La divina Madre, che sapeva il mistero e la volontà dell'Altissimo, rispose a tutti prudentemente, saggiamente e dolcemente, parlando molto al loro cuore. Esponeva loro gli errori nei quali si trovavano, traendoli dal disinganno e lasciandoli meravigliati della sua incomparabile dolcezza ed illuminati con il suo altissimo insegnamento. Inoltre guariva alcuni infermi di quelli che andavano da lei; aiutava e consolava tutti. Questi miracoli si diffusero in tal modo che, in breve tempo, ci fu un così grande affollamento di gente a trovare la divina forestiera che l'obbligò a chiedere al suo santissimo Figlio di ordinarle come, secondo la sua volontà, avrebbe dovuto comportarsi con quella gente. Ed il bambino Dio le rispose di informare tutti della verità e della conoscenza della Divinità, e di insegnare loro il suo culto e come avrebbero dovuto uscire dal peccato.

666. La nostra celeste Principessa esercitò questo compito di predicatrice e maestra degli Egiziani facendosi strumento del suo santissimo Figlio, il quale dava forza alle parole della vergine Madre. Tanto fu il frutto portato in quelle anime che sarebbero necessari molti libri, se si dovessero riferire le meraviglie che accaddero e le anime che si convertirono alla verità, nei sette anni in cui dimorarono in quella regione, poiché questa restò tutta santificata, piena di benedizioni e di soave dolcezza. Sempre la divina Signora ascoltava e rispondeva a quelli che venivano a lei, e prendeva nelle sue braccia il bambino Gesù, autore di quella grazia e di tutte le altre che ricevevano i peccatori. Parlava a tutti secondo il bisogno che ciascuno aveva, secondo la sua capacità di percepire ed intendere la dottrina della vita eterna. Non solo diede loro conoscenza e luce della Divinità, ma rivelò anche che Dio era uno solo ed era impossibile che vi fossero altri dei. A loro insegnò anche tutte le verità di fede che riguardavano Dio e la creazione del mondo. Poi manifestò loro come, ugualmente, lo stesso Dio dovesse redimerlo e rinnovarlo; insegnò loro tutte le norme che appartengono al decalogo e che sono precetti della stessa legge naturale, ed il modo in cui dovevano rendere culto a Dio, adorarlo ed aspettare la redenzione del genere umano.

667. Fece loro comprendere che vi erano demoni nemici del vero Dio e degli uomini; li disingannò sull'errore della venerazione agli idoli e sulle risposte fantastiche che questi davano loro; fece loro conoscere i gravissimi peccati ai quali erano indotti ed istigati nell'andare a consultarli; infine, come li tentassero nascostamente con suggestioni e sentimenti disordinati. Benché la Signora del cielo fosse del tutto pura e libera da qualunque imperfezione, per la gloria dell'Altissimo e per la salvezza di quelle anime non sdegnava di dissuaderle dai peccati immondi e gravissimi nei quali tutto l'Egitto era sommerso. Disse anche che il Redentore di tanti mali che avrebbe vinto il demonio, come era scritto di lui, era già venuto, benché non dicesse loro che lo teneva nelle sue braccia. Affinché accogliessero meglio questo insegnamento e si affezionassero di più alla verità, lo confermava con grandi miracoli, sanando ogni sorta di infermità e liberando gli indemoniati che venivano da diverse parti. Alcune volte ella stessa andava nei ricoveri per i malati, dando sorprendente sollievo agli infermi. In ogni luogo consolava i mesti, sollevava gli afflitti e soccorreva i bisognosi; tutti conduceva con soave amore e ammoniva con piacevole serenità.

668. Nella cura però degli infermi e dei piagati, la divina Signora fu presa da due sentimenti: l'uno della carità, che la obbligava a curare le piaghe con le sue proprie mani; l'altro della modestia, per non toccare alcuno. Perché tutto avvenisse come era conveniente, il suo santissimo Figlio le rispose che gli uomini avrebbe potuto curarli con le sole parole, esortandoli al bene, poiché così sarebbero rimasti sani; le donne, invece, avrebbe potuto medicarle con le sue mani, toccando e pulendo le loro piaghe. Così fece da quel momento, svolgendo rispettivamente i servizi di madre e di infermiera fino a quando, dopo due anni, cominciò anche san Giuseppe a curare gli infermi, come si dirà. La Regina assisteva maggiormente le donne con carità davvero incomparabile, lei che era la medesima purezza, tanto delicata e libera da infermità e da pesantezze; tuttavia medicava le loro piaghe, per quanto fossero ulcerose, ed applicava ad esse con le proprie mani i panni e le fasce necessarie; inoltre le compativa come se soffrisse le malattie di ognuna. Alcune volte succedeva che, per medicarle, domandava al suo santissimo Figlio il permesso di poterlo deporre dalle sue braccia e coricarlo nella culla per soccorrere i poveri. In questa assistenza, il Signore dei poveri rimaneva, in modo diverso, con la caritatevole ed umile Signora'. In queste opere e cure - cosa ammirabile - mai la modestissima Signora guardava il volto di alcun uomo o donna. Quando anche vi fosse stato in esso qualche piaga, la sua riservatezza era così estrema che per la sola cura fatta non avrebbe potuto in seguito riconoscere alcuno dal viso, se non li avesse conosciuti tutti per mezzo della luce interiore.

669. A causa del caldo eccessivo e dei molti disordini di quella misera gente, le infermità, in Egitto, erano gravi e abituali. Negli anni in cui vi dimorarono il bambino Gesù e la sua santissima Madre, scoppiò la peste in Eliopoli ed altri luoghi. A causa di ciò e per la fama dei prodigi da essi operati, a loro accorreva molta gente da tutta la regione e ritornavano guariti nel corpo e nell'anima. Affinché la grazia del Signore si diffondesse con maggiore abbondanza, e la Madre piena di carità avesse un aiuto nelle opere di misericordia che compiva come strumento vivo del suo Unigenito, sua Maestà decise, come ella aveva richiesto, che anche san Giuseppe si dedicasse alla cura spirituale e corporale degli infermi. A tal fine la sua divina sposa gli ottenne nuova luce interiore e grazia di santità. Nel terzo anno in cui dimorarono in Egitto, il santo sposo cominciò ad esercitare questi doni del cielo. Egli insegnava, catechizzava e medicava ordinariamente gli uomini; la grande Signora le donne. Erano incredibili i frutti ottenuti per questi benefici così continui, per la grazia ed efficacia diffuse sulle labbra della nostra Regina, e per l'affetto che tutti sentivano, innamorati della sua modestia ed attirati dalla virtù della sua santità. Le offrirono molti doni affinché se ne servisse, ma ella non accettò mai, né riservò alcuna cosa per sé, perché sempre si sostennero con il lavoro delle loro mani. Quando talvolta sua Altezza riceveva qualche dono da persona da cui ella conosceva essere giusto e conveniente l'accettarlo, tutto lo distribuiva ai poveri ed ai bisognosi. Soltanto per questo fine accondiscendeva alla carità ed all'aiuto di alcuni devoti; anche a questi molte volte dava in contraccambio dei lavori che faceva. Da queste opere meravigliose si può dedurre quali e quante abbiano dovuto essere tutte quelle che fecero in Egitto durante i sette anni in cui dimorarono in Eliopoli, poiché è impossibile contarle e riferirle tutte singolarmente.

Insegnamento che mi diede la Regina del cielo

670. Figlia mia, sei meravigliata nel conoscere le opere di misericordia che io compivo in Egitto, assumendomi la cura dei poveri e degli ammalati di tante infermità, per dare loro la salute nel corpo e nell'anima. Capirai, però, come e quanto ciò si accordasse con la mia riservatezza e con il mio desiderio di starmene in solitudine, se considererai l'immenso amore col quale il mio santissimo Figlio volle portare, appena nato, la salvezza in quella terra, e recare ai suoi abitanti i primi cenni del fuoco della carità, che ardeva nel suo petto per la redenzione dei mortali. Egli mi, comunicò questa carità, mi fece strumento di essa e della sua potenza, senza la quale non avrei osato, da sola, mettere mano a tante opere. Io ero sempre incline a non parlare e a non conversare con alcuno; tuttavia, la volontà del mio Figlio e Signore era per me ordine in tutto. Da te, mia cara, io voglio che, a mia imitazione, lavori per il bene e la salvezza del tuo prossimo, facendo in modo di seguirmi in questo, con la perfezione e con le condizioni con le quali io operavo. Non devi cercare tu le occasioni, ma il Signore te le manderà, ad eccezione di quando per grave motivo sarà necessario che ti offra tu stessa. In tutte, però, lavora, ammonisci ed illumina quelli che potrai, con la luce che hai; non come chi assume ufficio di maestra, ma come chi consola e si dispiace delle sofferenze dei suoi fratelli, e vuole far apprendere loro la pazienza, usando molta umiltà e prudente riserbo insieme con la carità.

671. Ammonisci, correggi e governa le tue suddite, indirizzandole alla virtù perfetta e ad una maggiore approvazione da parte del Signore. Infatti, la maggiore soddisfazione dell'Altissimo sarà che, dopo averla vissuta in te con perfezione, tu animi ed ammaestri gli altri secondo le tue forze e la grazia che hai ricevuto. Per quelli ai quali non puoi parlare, prega ed invoca incessantemente per la loro salvezza; così diffonderai la carità a tutti. Supplisci al fatto che non puoi soccorrere gli ammalati di fuori, servendo e portando tu stessa sollievo alle inferme che hai in casa. Non credere di essere esonerata da ciò, perché sei abbadessa. Proprio per questo sei madre, e devi mostrarti tale nella sollecitudine e nell'amore verso tutte; per il resto, ti devi sempre considerare la minore di tutte. Il mondo, come colui che ignora, non conosce l'altezza di questo ministero; per questo impiega, in genere, i più poveri e miseri per servire gli ammalati. Io, perciò, affido a te, come alla più povera e piccola di tutte, l'ufficio di infermiera, affinché tu lo eserciti imitandomi.

Augustinus
27-12-04, 20:40
Libro IV, Cap. 30, §§ 702-711

CAPITOLO 30

Gesù, Maria e Giuseppe tornano dall'Egitto a Nazaret per volontà dell'Altissimo.

702. Il bambino Gesù compì sette anni, mentre dimorava in Egitto; era questo il tempo del misterioso esilio, destinato dall'eterna Sapienza e, perché si verificassero le profezie, era necessario che si facesse ritorno a Nazaret. L'eterno Padre, un giorno, ordinò questa sua volontà all'umanità del suo santissimo Figlio alla presenza della sua divina Madre, mentre essi stavano compiendo insieme i loro esercizi. Ella la conobbe nello specchio di quell'anima divinizzata, e vide come accettava l'obbedienza del Padre per eseguirla. La grande Signora fece lo stesso, benché in Egitto avesse già più conoscenti e devoti che a Nazaret. La Madre ed il Figlio non manifestarono a san Giuseppe il nuovo ordine del cielo, ma in quella notte l'angelo del Signore gli parlò in sogno come dice san Matteo; l'avvertì di prendere il fanciullo e la madre, e di ritornare nella terra d'Israele, perché Erode e quelli che cercavano di uccidere il bambino erano morti. L'Altissimo vuole che tutte le cose create siano disposte in modo ordinato; così, pur essendo il bambino Gesù vero Dio e sua Madre tanto superiore in santità a san Giuseppe, non volle che la decisione del ritorno in Galilea risultasse dal Figlio né dalla santissima Madre, ma rimise tutto a san Giuseppe, che in quella famiglia così divina aveva il compito di capo. Questo fu per dare esempio a tutti i mortali di quanto Dio si compiace che tutte le cose siano governate secondo l'ordine naturale disposto dalla sua provvidenza: che gli inferiori e i sudditi nel corpo mistico, benché siano più eccellenti in altre qualità e virtù, debbano ubbidire e sottomettersi a quelli che sono superiori nell'ufficio visibile.

703. Subito san Giuseppe portò l'ordine del Signore al bambino ed alla sua purissima Madre e tutti e due risposero che si eseguisse la volontà del Padre celeste. Con ciò decisero il loro viaggio senza indugio, e suddivisero tra i poveri le poche suppellettili che avevano nella loro casa. Ciò si eseguì per mano del fanciullo divino, perché la Madre gli dava molte volte quello che ella doveva portare per elemosina ai bisognosi, sapendo che il bambino Gesù, come Dio delle misericordie, desiderava farla con le sue stesse mani. E quando la santissima Madre gli dava tali elemosine, s'inginocchiava e gli diceva: «Prendete, figlio e Signore mio, ciò che desiderate per distribuirlo ai poveri, nostri amici e fratelli vostri'». In quella felice casa, che con l'abitazione di sette anni restò santificata e consacrata a tempio dal sommo sacerdote Gesù, entrarono ad abitare alcune persone tra le più devote e pie che essi lasciavano in Eliopoli. La loro santità e virtù le fecero degne della ricchezza che non conoscevano, benché per quello che avevano veduto e sperimentato si reputassero molto fortunate a dimorare dove i loro devoti forestieri erano vissuti tanti anni. Tale pietà ed affetto devoto furono loro ripagati con abbondante luce ed aiuti del Signore per conseguire la felicità eterna.

704. Partirono da Eliopoli per la Palestina con la medesima compagnia degli angeli, che avevano portato nell'altro viaggio. La grande Regina andava sopra un asinello con il fanciullo divino nel grembo e san Giuseppe camminava a piedi, molto vicino al Figlio e alla Madre. Il commiato dagli amici e conoscenti, che là avevano, fu molto doloroso per questi ultimi, poiché perdevano dei grandissimi benefattori. Tutti, tra lacrime e singhiozzi, si accomiatavano da loro, sapendo e confessando che perdevano il loro conforto, il loro rifugio ed il rimedio per le loro necessità. Per l'amore che gli Egiziani portavano a tutti e tre, sarebbe stato molto difficile che avessero loro permesso di uscire da Eliopoli, se non lo avesse facilitato il potere divino; infatti gli Egiziani, segretamente, sentivano sopraggiungere nei loro cuori la notte delle loro miserie mentre si allontanava il sole che, in mezzo a queste, li illuminava e consolava. Prima di arrivare ai luoghi disabitati passarono per alcuni paesi dell'Egitto ed in tutti sparsero grazie e benefici. Ormai non erano tanto nascoste le meraviglie fatte sino allora che non se ne avesse grande notizia per tutta quella provincia. A causa di questa fama divulgata per tutta la terra, uscivano gli ammalati, gli afflitti e i bisognosi a cercare il loro rimedio e tutti l'ottenevano nell'anima e nel corpo. 1 nostri santissimi pellegrini guarirono molti infermi e scacciarono una grande moltitudine di demoni, senza che questi conoscessero chi li precipitava nel profondo, benché sentissero la forza divina che li costringeva e faceva tanto bene agli uomini.

705. Non mi trattengo nel riferire gli avvenimenti particolari che al bambino Gesù e alla sua beatissima Madre accaddero, cammin facendo, nell'uscire dall'Egitto; ciò non è necessario né sarebbe possibile, senza trattenermi molto in questo racconto. Basta dire che tutti quelli che si avvicinarono a loro con qualche desiderio più o meno devoto ritornarono delucidati sulla verità, soccorsi dalla grazia e feriti dal divino amore. Sentivano che una forza occulta li muoveva ed obbligava a seguire il bene, a lasciare il cammino della morte, e a cercare quello della vita eterna. Venivano al Figlio attirati dal Padre, e ritornavano al Padre inviati dal Figlio, con la luce che egli accendeva nei loro intelletti, perché conoscessero la divinità del Padre. Benché la nascondesse in se stesso, perché non era tempo di manifestarla, sempre ed in tutti i tempi operava gli effetti divini di quel fuoco, che veniva a spargere e ad accendere nel mondo.

706. Compiuti in Egitto i misteri che la divina volontà aveva determinati, e lasciando quel regno pieno di miracoli e meraviglie, i nostri divini pellegrini uscirono dalla terra abitata ed entrarono nei deserti da dove erano venuti. Qui patirono altre nuove sofferenze, simili a quelle che avevano supportato quando erano venuti dalla Palestina, perché il Signore sempre concedeva tempo e luogo alla necessità e alla tribolazione, affinché il rimedio fosse conveniente. In tali ristrettezze, alcune volte il bambino Gesù comandava agli angeli che portassero da mangiare alla sua santissima Madre ed al suo sposo al quale, affinché godesse maggiormente di questo favore, faceva udire l'ordine che dava ai ministri spirituali, come questi ubbidissero, si mostrassero pronti, e faceva vedere quello che portavano. Con questo il santo patriarca riprendeva animo e si risollevava dal timore che gli mancasse il sostentamento necessario per il Re e la Regina del cielo. Altre volte il bambino Gesù, usando del suo potere divino, faceva sì che un pezzetto di pane si moltiplicasse fino a quanto era necessario. Quando giunsero ai confini della Palestina, il sollecito sposo ebbe notizia che Archelao era succeduto nel regno della Giudea ad Erode suo padre. Temendo che questi con il regno avesse ereditato anche la crudeltà verso il bambino Gesù, cambiò strada. Senza andare a Gerusalemme, né passare per la Giudea, attraversò la terra della tribù di Dan e di Issacar per entrare nel sud della Galilea, camminando lungo la costa del mare Mediterraneo e lasciando alla sua destra Gerusalemme.

707. Arrivarono a Nazaret loro patria, perché il fanciullo si doveva chiamare Nazareno. Ritrovarono la loro antica e povera casa custodita da quella donna santa, parente di san Giuseppe in terzo grado, la quale, come si disse nel terzo libro al capitolo diciassettesimo, lo aveva servito quando la nostra Regina si era recata in casa di santa Elisabetta. San Giuseppe, prima di uscire dalla Giudea per partire verso l'Egitto, le aveva scritto chiedendo che avesse cura della casa e di quanto vi lasciavano. Ritrovarono tutto ben custodito, e la donna li accolse con grande consolazione per l'amore che portava alla nostra Regina, benché allora non conoscesse la sua dignità. La celeste Signora entrò col suo santissimo Figlio e con il suo sposo Giuseppe e, subito, si prostrò a terra adorando il Signore, e rendendogli grazie per averli restituiti alla loro quiete, liberi dalla crudeltà di Erode, per averli difesi dai pericoli del loro esilio e in così lunghi e molesti viaggi, e soprattutto per essere ritornata col suo santissimo Figlio tanto cresciuto e pieno di grazia e virtù.

708. Subito la beatissima Madre ordinò la sua vita e i suoi esercizi secondo la disposizione del bambino Gesù; insieme attendevano ad essi, come vedremo nel corso della seconda parte. Anche il santo sposo Giuseppe sistemò ciò che spettava alle sue occupazioni ed al suo compito, per procurare con il suo lavoro il sostentamento del fanciullo, della madre e di se stesso. Fu tanta la felicità del santo patriarca che, se negli altri figli di Adamo divenne castigo l'essere condannati al lavoro delle proprie mani ed al sudore della fronte per alimentare con questo la vita naturale, in san Giuseppe, però, fu benedizione e consolazione senza pari l'essere stato eletto perché col suo lavoro e sudore nutrisse lo stesso Dio e sua Madre, quel Dio a cui appartengono il cielo e la terra e quanto in essi è contenuto.

709. La Regina degli angeli, in cambio della premura e della fatica di san Giuseppe, si prendeva cura di lui, lo serviva, gli preparava il cibo, gli donava sollievo con la sua incredibile attenzione, sollecitudine, riconoscenza e amorevolezza. Gli era ubbidiente in tutto e stava umilmente sottomessa, come se fosse stata serva e non sposa e, per di più, Madre del medesimo Signore e creatore di tutte le cose. Si reputava indegna di tutto ciò che esiste e della medesima terra che la sostentava, perché pensava che, per giustizia, le dovesse mancare ogni cosa. Fondò la sua rara umiltà sulla consapevolezza di essere stata creata dal niente, senza aver potuto prima vincolarsi Dio per questo beneficio, né dopo - a suo parere - per alcun altro. Sempre viveva abbracciata alla polvere, considerandosi più vile ancora di essa nella stima che aveva di sé. Per qualunque beneficio, piccolo che fosse, con ammirabile sapienza rendeva grazie al Signore, come ad origine e causa di ogni bene, ed alle creature, come strumento del suo potere e della sua bontà. Si riconosceva debitrice a tutti: ad alcuni, perché le facevano dei benefici; ad altri, perché glieli negavano; ad altri ancora, perché la sopportavano. Riempiva tutti di dolci benedizioni e si poneva ai piedi di tutti, cercando mezzi, espedienti e attività, affinché nessun tempo ed occasione fuggisse senza che lei avesse realizzato ciò che vi è di più santo, perfetto e sublime nelle virtù, con ammirazione degli angeli, gradimento e beneplacito dell'Altissimo.

Insegnamento che mi diede la Regina del cielo

710. Figlia mia, in ciò che il Signore mi comandò, facendomi pellegrinare da una parte all'altra e da un regno all'altro, mai si turbò il mio cuore, né si rattristò il mio spirito, perché sempre lo tenni pronto ad eseguire in tutto la volontà divina. Sua Maestà mi faceva conoscere i fini altissimi delle sue opere, ma non sempre le cause, e ciò perché io patissi maggiormente, poiché per l'obbedienza della creatura non si devono cercare altre ragioni, se non che il creatore così comanda e che egli tutto dispone. Solo per questo si sottomettono le anime che desiderano unicamente dare gioia al Signore, senza considerare diversamente successi ed avversità, e senza badare ai sentimenti delle proprie inclinazioni. Io voglio da te che avanzi in questa sapienza, e che, a mia imitazione, e per quanto sei obbligata al mio santissimo Figlio, tu riceva ciò che è propizio e ciò che è avverso nella vita mortale con uguale atteggiamento, uniformità di animo e serenità, senza che l'uno ti turbi o l'altro ti sollevi in vana allegrezza, ma considerando solamente che tutto è ordinato dall'Altissimo per sua volontà.

711. La vita umana è tessuta con questa varietà di esiti: alcuni piacevoli ed altri penosi per gli uomini; alcuni che essi detestano ed altri che desiderano. Siccome la creatura ha un cuore limitato ed angusto, il disporsi in modo diverso in questi due estremi le proviene proprio dal fatto che accetta con smisurato piacere ciò che ama e desidera e, al contrario, si affligge e contrista quando le succede ciò che ella detesta e non voleva. Questi mutamenti e vicissitudini mettono in pericolo tutte o molte virtù. L'amore disordinato per una cosa che la creatura non giunge a conseguire la induce subito a desiderarne un'altra, cercando in nuovi desideri il sollievo alla pena provata per ciò che non ha conseguito. Se li realizza, si ubriaca e si svia per il piacere di possedere ciò che bramava e, con queste velleità, precipita in maggiori disordini causati dai diversi sentimenti e passioni. Avverti dunque, o carissima, questo pericolo, e procura di estirparlo alla radice, conservando il tuo cuore indipendente e attento solamente alla divina Provvidenza, senza lasciare che si inclini a ciò che tu desidererai e sarà di tuo gusto, né che detesti ciò che ti sarà penoso. La tua gioia sia riposta solo nella volontà del tuo Signore; non ti facciano cadere i tuoi desideri, né i timori di qualunque avvenimento ti disanimino. Né gli uni né gli altri t'impediscano le occupazioni esterne o ti distolgano dai tuoi santi esercizi; ancor meno producano ciò in te il rispetto umano e l'attenzione alle creature, ma in tutto tieni fisso lo sguardo su ciò che io facevo. Segui le mie orme con affetto e diligenza.

http://www.uni-leipzig.de/ru/bilder/kindjes/millai01.jpg http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/3/34/Sir_John_Everett_Millais_002.jpg John Everett Millais, Il Bambino Gesù nella casa dei suoi genitori a Nazarteh, 1849-50, Tate Gallery, Londra

Augustinus
30-12-05, 18:37
Avvento - Tempo dell'attesa del Signore (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=133639)

Vigilia di Natale (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=213999)

Natale del Signore (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=149208)

Novena di Natale (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=212315)

Maria Madre di Dio (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=144740)

Santi Innocenti Martiri (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=78764)

Ottava di Natale (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=149217)

Epifania del Signore (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=395378)

Ritorno del fanciullo Gesù dall'Egitto (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=486645)

Presentazione del Signore Gesù al Tempio o festa della Purificazione di Maria (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=402852)

Santa Casa di Loreto (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=144761)

S. Giuseppe, Sposo della Beata Vergine Maria e padre putativo di Gesù (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=144749)

Beati Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=75050)

Vittorie ed attentanti alla famiglia:

In Spagna prendono piede la poligamia e la poliandria, chiamate "famiglie multiple" (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=393937)

Lutero ed il libertinaggio nei costumi (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=306320)

La "chiesa" (si fa per dire ...) luterana svedese è a favore delle unioni gay (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=390953)

Discussioni sul tema dell'omosessualità e delle "unioni omosessuali" (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=39686)

Un "sacerdote" sacrilego unità in matrimonio un trans ed un uomo (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?p=6836137)

Omosessualità, Sacra Scrittura e Tradizione della Chiesa (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=355182)

8 febbraio 2007 - E' approvato, dal C.d.M., il d.d.l. sui pacs, denominati DI.CO. (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=322341)

Una tesi inedita sul divorzio? Quando i protestanti non hanno limiti alla decenza ... (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=382594)

Può un bambino chiamarsi "Oceano"? (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=383141)

Luxuria può fare il testimone? (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=382158)

La distruzione ed il crollo del matrimonio creano danni economici e sociali (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=369209)

Milingo story ...... (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=270964)

Una domanda ad Augustinus sul Matrimonio (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=370053)

Un "addio" non convenzionale a Luciano Pavarotti (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=367297)

Una vittoria a favore della famiglia. Bocciati i "pacs padovani" (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=365666)

Il popolo del Family day (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=345074)

«Famiglia naturale»: termine offensivo (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=352380)

da altro forum: la vendetta dei DICO (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=346307)

Augustinus
30-12-06, 18:45
http://santiebeati.it/immagini/Original/22175/22175AW.JPG

Augustinus
31-12-06, 14:29
BENEDETTO XVI

ANGELUS

Domenica, 31 dicembre 2006

Cari fratelli e sorelle!

In quest’ultima domenica dell’anno celebriamo la festa della Santa Famiglia di Nazaret. Con gioia rivolgo un saluto a tutte le famiglie del mondo, augurando loro la pace e l’amore che Gesù ci ha donato, venendo tra noi nel Natale. Nel Vangelo non troviamo discorsi sulla famiglia, ma un avvenimento che vale più di ogni parola: Dio ha voluto nascere e crescere in una famiglia umana. In questo modo l’ha consacrata come prima e ordinaria via del suo incontro con l’umanità. Nella vita trascorsa a Nazaret, Gesù ha onorato la Vergine Maria e il giusto Giuseppe, rimanendo sottomesso alla loro autorità per tutto il tempo della sua infanzia e adolescenza (cfr Lc 2,51-52). In tal modo ha messo in luce il valore primario della famiglia nell’educazione della persona. Da Maria e Giuseppe Gesù è stato introdotto nella comunità religiosa, frequentando la sinagoga di Nazaret. Con loro ha imparato a fare il pellegrinaggio a Gerusalemme, come narra il brano evangelico che l’odierna liturgia propone alla nostra meditazione. Quando ebbe dodici anni, rimase nel Tempio, e i suoi genitori impiegarono ben tre giorni per ritrovarlo. Con quel gesto fece loro comprendere che egli si doveva "occupare delle cose del Padre suo", cioè della missione affidatagli da Dio (cfr Lc 2,41-52).

Questo episodio evangelico rivela la più autentica e profonda vocazione della famiglia: quella cioè di accompagnare ogni suo componente nel cammino di scoperta di Dio e del disegno che Egli ha predisposto nei suoi riguardi. Maria e Giuseppe hanno educato Gesù prima di tutto con il loro esempio: nei suoi Genitori, Egli ha conosciuto tutta la bellezza della fede, dell’amore per Dio e per la sua Legge, come pure le esigenze della giustizia, che trova pieno compimento nell’amore (cfr Rm 13,10). Da loro ha imparato che in primo luogo occorre fare la volontà di Dio, e che il legame spirituale vale più di quello del sangue. La santa Famiglia di Nazaret è veramente il "prototipo" di ogni famiglia cristiana che, unita nel Sacramento del matrimonio e nutrita dalla Parola e dall’Eucaristia, è chiamata a realizzare la stupenda vocazione e missione di essere cellula viva non solo della società, ma della Chiesa, segno e strumento di unità per tutto il genere umano.

Invochiamo ora insieme la protezione di Maria Santissima e di san Giuseppe per ogni famiglia, specialmente per quelle in difficoltà. Le sostengano perchè sappiano resistere alle spinte disgregatrici di una certa cultura contemporanea, che mina le basi stesse dell’istituto familiare. Aiutino le famiglie cristiane ad essere, in ogni parte del mondo, immagine viva dell’amore di Dio.

Augustinus
30-12-07, 10:12
Istruzione sul tema della famiglia

Questo inimicus homo che secondo il vangelo semina la zizzania e che addirittura entra nello spazio sacro della chiesa per seminare appunto la confusione — giacché il suo nome "diabolus" significa proprio questo, il confusionario per eccellenza — guardandoci attorno e vedendo la confusione strabiliante delle idee, dei pensieri, ("tot capita, tot sententiae"), ebbene possiamo veramente dire che il suo lavoro purtroppo sia largamente riuscito; ebbene questo inimicus homo ha cercato di seminare zizzania soprattutto anche in quel baluardo che ogni singolo uomo ha dinanzi alle prevaricazioni della grande società, della società civile, baluardo di difesa contro ogni forma di collettivismo.

Questo baluardo contro la società che subisce un collasso dialettico per la sua esasperazione e per il suo passaggio appunto tramite l’esasperazione dello Stato che tende ad invadere il singolo ed assorbirlo a sé, ebbene per difendersi da questa invadenza della società, invadenza collettivistica, vi è il baluardo della famiglia, famiglia vera società domestica, famiglia, la grande speranza in vista della futura restaurazione della società secondo i dettami e delle esigenze della regalità sociale del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo.

Cari fratelli, non c’è altra via, la società potrà essere restaurata in Cristo, secondo il motto evangelico, che ha fatto suo anche il Papa S. Pio X, "instaurare omnia in Christo", ebbene la società potrà essere restaurata nella regalità di Cristo solo tramite la famiglia, non c’è altra via. Questo è uno strumento potentissimo nelle nostre mani e bisogna adoperarlo, concretamente, come ci è stato suggerito. Dice infatti S. Tommaso che l’uomo prudente è colui che delibera a lungo, pondera, cerca di informarsi per farsi un giudizio pratico corretto, però quando poi si tratta di agire, agisce con grande decisione. E dice appunto che la prudenza non sarebbe virtù perfetta e che si peccherebbe gravemente di omissione se non ci fosse quel momento applicativo della prudenza, cioè il momento pratico, il momento di passaggio all’azione. Ora qualche cosa lo possiamo e lo dobbiamo fare tutti noi, cominciando da noi stessi, dalla nostra persona e cominciando socialmente dalle nostre famiglie. Un’altra via per la restaurazione della nostra società non esiste.

Orbene la famiglia "società domestica". Voi ben sapete che la famiglia si fonda sul matrimonio e il matrimonio a sua volta getta le basi di una vera e propria societas domestica, società della casa, società che vive in una casa. Società non perfetta, perché società che ha bisogno della grande società per la sua serena sopravvivenza, però società naturale, cosa estremamente importante da sottolineare, la famiglia è una società naturale, nella famiglia noi nasciamo dentro, non abbiamo scelto noi la nostra famiglia, non abbiamo scelto i nostri genitori, ci siamo nati nella nostra famiglia. Quindi la nostra famiglia ci è stata data dalla natura e la natura ci è stata data dal Creatore, quindi la famiglia è una societas naturalis, è una società naturale.

Due dunque sono le società naturali: una perfetta ed una imperfetta, nel senso che vi ho esposto la volta scorsa, vi ricordate bene, al giorno di oggi quando si dice: la Chiesa è una società perfetta, c’è subito un’agitazione fra coloro che non capiscono che societas perfecta non vuol dire una società di santi, capite, ma vuol dire semplicemente una società che ha a sua disposizione tutti i mezzi per il conseguimento del suo fine. La Chiesa, società soprannaturale, ha ricevuto dal suo fondatore divino tutti i mezzi, i sacramenti, la dottrina, la Santa Messa, le grazie necessarie per conseguire il suo fine che è la salvezza delle anime. Ecco quindi la Chiesa è società soprannaturale perfetta, società, per così dire, sufficiente a sé stessa. Lo Stato, società civile è società non soprannaturale ovviamente, perché ciò che specifica le nostre azioni è sempre il fine, la ratio formalis obiecti, l’oggetto del nostro agire, lo stato ovviamente non si propone un fine soprannaturale, almeno non immediatamente, quindi si tratta di una società naturale, però si tratta di una società perfetta, perché lo stato sovrano come è dispone di tutti i mezzi per promuovere quella pace sociale che è il suo fine prossimo e quel progresso della virtù che è il suo fine remoto. Quindi anche lo Stato dovrebbe contribuire, è proprio il suo dovere connaturale, dovrebbe contribuire alla crescita personale, morale dell’uomo e così almeno indirettamente condurlo a quella stessa salvezza soprannaturale che è il fine della Chiesa. Lo stato ha tutti i mezzi per farlo.

La famiglia non è una società perfetta, perché non può sopravvivere da sola, nel contempo però è una società naturale, non è cioè radunata per volontà di uomini, che trovano qualche interesse particolare per incontrarsi, per parlarsi, per fondare un’associazione, la famiglia è una società fondata da Dio stesso ed insita nella stessa natura dell’uomo. Società naturale alla quale si applicano perfettamente tutti i connotati e tutte le esigenze della società. Ritorniamo a quella definizione che abbiamo già annunciato, perché repetita iuvant, è molto importante rendersi conto di che cosa sia ciò di cui si parla.

Che cosa è la società? Quale ne è la definizione? Ebbene, societas est moltitudo hominum, è una moltitudine di uomini, ad aliquid unum perficiendum adunata, radunata per fare qualcosa di uno, cioè per formare qualche cosa di uno, ma anche per realizzare una qualche finalità precisa. Così è anche della famiglia, una società, perché è una adunatio moltitudinis, nella famiglia ci sono almeno i due coniugi, moltitudine molto particolare perché sessualmente differenziata, quindi una moltitudine diversa da quella che fonda la società civile. Moltitudine di uomini radunata per formare qualche cosa di uno, questa è appunto la societas domestica, la società della casa, che vive nella casa, ma anche per realizzare qualcosa di uno, che è quella prole che Dio vuole che ogni famiglia cerchi da Lui.

Pensate al profeta Malachia: quando parla dell’unità degli sposi, l’unità dei coniugi, si rifà a quanto dice il libro della genesi, "i due non sono più due, ma sono una sola carne", e che cosa cerca quella una cosa sola da Dio se non la prole? Vedete, la finalità naturale trascendente della famiglia, del coniugium, il matrimonio ha una precisa finalità trascendente che è dare la vita. Quindi il bonum prolis, il bene della prole. Quindi vedete come la famiglia è perfettamente definibile nei termini di società: moltitudine di uomini radunata per natura, non per volere di uomini, per formare qualche cosa di uno, la convivenza pacifica in una casa e per accogliere in quella casa ciò che è il fine specifico della famiglia, cioè una vita umana che nasce.

Quindi società naturale, alla quale si applicano perfettamente tutti i requisiti della socialità. Dice S. Tommaso: siccome tramite il matrimonio gli uomini sono ordinati ad una generazione ed educazione della prole, e così pure ad una sola vita domestica, è evidente che nel matrimonio si verifica una certa congiunzione, una certa associazione. Tale unione o congiunzione matrimoniale è di natura sua stabile, indelebile ed indissolubile. Cosa estremamente importante da sottolineare, voi cari amici che siete buoni cristiani, non ne dubitate, però bisogna saper proclamare questa verità messa in dubbio un po’ da per tutto, bisogna saperla proclamare con argomenti buoni e fondati sì anche nell’ordine soprannaturale della sacramentalità del matrimonio, ma prima ancora che in questo nella stessa natura della famiglia. Vedete, la ragione per cui il fatto di insorgere, come è nostro dovere, contro una politica divorzista dello stato, contro delle leggi divorziste, questo nostro insorgere contro simili leggi è un nostro preciso dovere non solo di cattolici, ma di uomini, di cives, di cittadini viventi in quella data società. Perché possiamo dire questo? Perché il matrimonio prima di essere consacrato dal suo carattere sacramentale, dal vincolo che si istituisce tramite la grazia di Cristo, il matrimonio è un istituto naturale, che poggia sulla lex naturalis Dei, sulla legge naturale di Dio.

È cosa bellissima e commovente, miei cari, leggere nel vangelo come il Signore Gesù dice appunto agli Ebrei: all’origine, prima che Mosè vi desse il libello di ripudio, prima di questo non era così, perché all’origine, all’inizio Dio creò l’uomo e la donna e ha detto che i due non sono più due, ma una cosa sola, ciò che Dio ha legato, l’uomo non osi sciogliere. Vedete, cari fratelli, quindi vedete quel legame della famiglia è fondato non già sulla proclamazione di qualche diritto soprannaturale da parte di nostro Signore e Salvatore, Gesù quando proclama le beatitudini o quando proclama lo spirito del Vangelo, carta magna del vangelo, capitoli 5 e seguenti in S. Matteo, Gesù dice: voi avete udito dagli antichi che fu detto così, ma Io però vi dico, vedete cari fratelli come cambia la legislazione, la legislazione antica non c’è più il Signore ha mandato il suo Spirito ed ecco, tutte le cose sono diventate nuove. Invece per quanto concerne il matrimonio, il Signore non dice: Mosè vi ha dato il libello di ripudio, ma io Cristo che non debba essere più così. Allora sì che il matrimonio come istituto indissolubile obbligherebbe solo i cattolici. Invece no, il matrimonio nella sua indissolubilità obbliga tutti gli uomini di buona volontà, in quanto uomini creature di Dio. Anche se non battezzati, anche se non, ahimè, redenti concretamente da Cristo tramite i sacramenti, anche se non appartenenti visibilmente alla Chiesa.

Vedete, l’uomo in virtù della sua natura è stato creato da Dio in un modo tale da vivere in una famiglia indissolubile, nemmeno per diritto divino soprannaturale, né tanto meno ecclesiastico positivo, ma per diritto naturale di Dio, sancito dal Creatore stesso e promulgato nella posizione dell’essere della stessa natura umana. Orbene perché noi sosteniamo che il matrimonio sia un istituto indissolubile? Per un motivo molto importante, per la sua connaturale finalità. Il matrimonio, lo abbiamo già visto in base alla divina scrittura, ma lo sappiamo anche in base all’umana ragione, ebbene il matrimonio è specificamente proteso verso la donazione della vita, è proteso alla procreazione, alla generazione della prole. Ora voi ben sapete, fratelli cari, che la natura dell’uomo è diversa dalla natura degli animali inferiori. Certo quel darvinismo attuale cerca in qualche modo di cancellare queste sottili differenze, ma a me modestamente, non c’è bisogno di avere la fede nel Vangelo per capirlo, a me modestamente pare che la differenza fra essenza ed essenza, tra idea e idea, fra sostanza e sostanza, tra forma e forma è una differenza abissale. Quindi capite fra l’uomo ed ogni altro essere non dotato di razionalità, non dotato di un’anima immateriale, spirituale e per conseguenza immortale, la differenza fra l’uomo e ogni altro animale è una differenza abissale, una differenza che non si può superare semplicemente tramite l’evoluzione della materia per adattamento, per selezione, per mutazione e via dicendo.

Quindi solo l’intervento del Creatore stabilisce la differenza tra l’uomo creato, come dice la scrittura ad immagine e somiglianza di Lui, e tutto il resto del creato. La razionalità della nostra natura umana, la nostra spiritualità, la nostra libertà, il fatto che noi siamo soggetto di diritto e di dovere, cari fratelli, è cosa assolutamente essenziale e imprescindibile. Perciò oserei dire, ciò che c’è di paradossale nell’uomo, ma molto bello, consiste nel fatto che l’uomo è per natura sua, per natura creata da Dio, di natura tale da essere un essere culturale. Cioè l’uomo ha una cultura per natura, per natura è proteso verso una cultura. Non è determinato per natura ad unum, ad un’unica operazione determinata, per esempio non è determinato soltanto a procurarsi il cibo e a trasmettere la vita, l’uomo vive anche spiritualmente. Ecco perché tutti gli antropologi non possono fare a meno di constatare che nell’uomo, data la sua razionalità, gli istinti non sono determinati. Mentre gli animali imparano dai genitori pochi accorgimenti per sopravvivere e poi dopo si rendono indipendenti, l’uomo, essendo per natura un essere spirituale, che trascende cioè la natura non di ciò che è, cioè dell’essere, ma la natura dell’uomo materiale, l’uomo trascendendo la phisis, la fisicità delle cose materiali, l’uomo per la sua indole spirituale è un essere sempre da perfezionare. O in altre parole l’uomo è un essere sempre da educare. Ecco la ragione per cui l’uomo ha il diritto sovrano, santo diritto stabilito e sancito da Dio Creatore, ha il diritto ad avere i suoi genitori come punto di riferimento per tutta la sua via, i suoi genitori non devono mai mancare all’uomo se non proprio tramite la morte, allora è volontà del Signore. Altrimenti i genitori finché la morte non li separi, come si dice appunto, devono vivere uniti formando una sola famiglia per rispettare appunto il diritto della prole ad avere una famiglia.

Vedete appunto l’indissolubilità del matrimonio si fonda sul fine connaturale del matrimonio che è questa: dare una vita e non già una vita animale, ma una vita umana, una vita spirituale, una vita sempre educabile e sempre da educare, quindi una vita che ha sempre il diritto ad avere i propri genitori, finché la morte non li separi. Vedete, cari fratelli, come in qualche modo l’indissolubilità del matrimonio non è solo un capriccio della Santa romana Chiesa, ma è uno ius naturae, un diritto di natura fondato appunto nell’essenza stessa dell’uomo.

Ora la Santa Chiesa di Dio è consueta distinguere nelle finalità sociali del matrimonio, della famiglia un duplice fine. Per la verità il fine è triplice, ma quello del "remedium concupiscentiae" è un fine negativo. I fini positivi sono due: il fine primario è appunto il bonum prolis, cioè la trasmissione della vita, la famiglia è anzitutto finalizzata a questo, dare la vita. C’è un altro fine, detto fine secondario, ma a scanso di equivoci bisogna dire che quando la Chiesa usa la parola finis secundarius, non vuol dire un fine accidentale, un fine marginale, un fine che potrebbe anche non esserci, no, è un fine sempre essenziale, un fine sempre necessario, ma secondario, perché meno specifico quale fine, è mutuum adiutorium, il reciproco aiuto che gli sposi si danno. Ovviamente nel reciproco amore, quindi l’amicizia coniugale subentra in questo secondo posto. Quindi vedete due sono le finalità del matrimonio, una più specificamente biologica, procreazione, donazione della vita, il bene della prole. L’altra per così dire a servizio di questa, è la buona intesa dei coniugi, la pace della societas domestica, la pace della casa che accoglie la vita nascente. Vedete fine secondario, ma necessario, perché l’amicizia dell’umano genere può verificarsi anche senza la famiglia, senza il matrimonio. Invece ciò che il matrimonio ha di particolare, di peculiare, di specifico, ciò che lo definisce come matrimonio, come amicizia coniugale e quindi lo distingue da tutti gli altri tipi di amicizia è proprio questo suo essere proteso a donare la vita, a trasmettere la vita. Ecco dunque la ragione per cui S. Tommaso adopera una parola molto bella rispetto al matrimonio, all’amicizia coniugale, cioè dice: matrimonium est maximum quid in genere coniunctionis, il matrimonio è qualche cosa di supremo, qualche cosa di massimo, qualche cosa di eccellente nel genere della congiunzione e coniunctio significa nel contesto anche socialità. Quindi vedete il matrimonio è la società più alta che ci possa essere, vedete la società più umana, più connaturale all’uomo che ci possa essere. Perché la società, come diceva già Aristotele, deve essere animata più che da rapporti di giustizia, anche questo certamente, questi rapporti di giustizia come vedremo in seguito sono assolutamente fondamentali, il campo della vita sociale è anzitutto il campo in cui si esercita la virtù cardinale della giustizia, con tutte le virtù che le appartengono, tuttavia, prima ancora della giustizia, la società deve essere animata da quella che abbiamo già definito la volta scorsa come amicizia sociale, la filia degli antichi greci. Ora nel matrimonio la coniunctio est maxima, cioè la congiunzione è massima e perciò massima è nel matrimonio anche l’amicizia. Occorre sottolinearlo molto questo punto. Vedete, il matrimonio, ripetiamolo, è cosa importantissima ed oggi del tutto inconsueta, il matrimonio anzitutto è una società che poggia su una amicizia e siccome la congiunzione in quella società è la congiunzione massima, massima è anche l’amicizia che la fonda. Matrimonio è un che supremo nel genere della congiunzione e quindi dell’amicizia. Cosa interessante notare come l’amor benevolentiae, che quello che si esprime appunto nell’amicizia se è reciproco, vedete l’amicizia non è altro che un amor benevolentiae reciproco e di cui si è reciprocamente consapevoli. Così si definisce l’amicizia. Ora questo amor benevolentiae è una vis unitiva, una virtù, una forza di unione e dato che nel matrimonio quell’unione è connaturalmente l’unione somma, suprema, necessariamente anche l’amicizia matrimoniale è la somma di tutte le amicizie, la suprema di tutte le amicizie. Perché? Perché nel matrimonio, come sottolinea appunto S. Tommaso, nel matrimonio data la sua finalità procreativa, non c’è solo la congiunzione degli animi, ma anche la congiunzione individuante dei corpi. Vedete tutto l’uomo, questo non ha luogo in un’altra amicizia, solo nell’amicizia coniugale, data la specificità del suo fine procreativo, solo nell’amicizia coniugale avviene una unione completa, di tutto l’uomo sul piano spirituale e fisico e somatico. Vedete e questa unione a sua volta è individunte, nel senso dell’individuo che è come di un ché indiviso in sé e diviso da tutte le altre realtà. L’unità consiste in questa individualità se l’unità si porta all’estremo, vedete la perfetta unità è un’unità individuata, cioè un’unità che è indivisa in sé e divisa da ogni altra realtà.

Così deve essere, miei cari, secondo la volontà di Dio anche il matrimonio, tale deve essere la societas domestica. Ora siccome la famiglia secondo il diritto di Dio, secondo il diritto sancito dal Creatore, è ordinata connaturalmente alla procreazione, ebbene essa è regolata non solo, anche ma non solo, dal diritto positivo umano, ma prima di tutto ha già in sé alcuni dettami della lex naturalis Dei e questo differenzia la famiglia dalle altre società, associazioni, da altre forme della vita sociale umana che però non è vita sociale naturale, bensì artificiale. Vedete quindi la famiglia, e in questo lo stato moderno è estremamente inadempiente rispetto a questa realtà, la famiglia porta in sé determinate esigenze contro le quali lo stato non può prevaricare, compie un’ingiustizia se prevarica, diventa come abbiamo visto la volta scorsa, un corruttore della legge, non uno che promulga delle leggi, ma uno che corrompe le leggi in quanto tramite leggi positive si oppone al diritto naturale fondato da Dio.

Quindi manteniamo questo punto data la finalità naturale della famiglia, la famiglia forma una società altrettanto naturale, dotata di leggi che precedono (questo concetto di precedenza lo vedremo adesso molto spesso nel magistero della Chiesa, la famiglia ha delle leggi che precedono le leggi positive dello Stato. Ci sono determinate leggi che lo Stato non dà alla famiglia, lo Stato non può far altro e non deve fare altro che riconoscere queste leggi e promuoverle ulteriormente. Purtroppo non sempre questo succede).

Nella sua enciclica Casti Connubi il Papa Pio XI dichiara in base al catechismo romano ed anche in base al catechismo del concilio di Trento, dichiara che l’amore coniugale detiene, nell’ambito della famiglia, un certo primato di nobiltà. Questo contro l’accusa del fisicismo, perché spesso la morale cattolica viene accusata di fisicismo, voi cattolici vi fondate sulla legge naturale ed intendono per natura appunto la fisis, qualche cosa di materiale, mentre ovviamente non si tratta di questo, la natura nel contesto è piuttosto essenza, cioè natura come materia. Comunque questi tali accusano i cristiani di essere dei biologisti, dei fisicisti, che si fondono su cose materiali e che hanno perso la capacità di intravedere la elevatezza della vocazione umana al matrimonio, come un ché di spirituale. Ora Pio XI ribadisce che da un lato il primato di fondazione spetta ancora alla procreazione. Quindi indubbiamente il fine procreativo continua ad essere il fine primario in ordine di fondazione. Dall’altro lato però, per quanto concerne l’ordine di nobiltà, cioè l’ordine di perfezione, ordo perfectionis, precede invece l’amore coniugale, quell’altro fine che abbiamo visto nell’altro ordine era secondario. Ora il Papa ribadisce la necessità che la famiglia e la vita coniugale sia veramente una vita amicale. Sottolinea che il matrimonio non è fondato né su considerazioni di tipo dilettevole, amore passionale, sentimentale e tanto meno ancora su considerazioni di tipo utile, ci si sposa perché conviene per qualche motivo, no, ci si sposa onestamente per un solo motivo, non per trasporto passionale, non per qualche capriccio di sentimento che qualche giorno c’è e un altro giorno non c’è più e nemmeno per qualche meschina utilità. Ci si sposa per amor benevolentiae mutus et mutuo cognitus, cioè ci si sposa ancora per amicizia coniugale. Questo dovrebbe essere il fondamento del matrimonio. Purtroppo siamo ben lontani nell’educazione dei giovani a così alti ideali.

L’amicizia coniugale, questa amicizia ultimamente deve essere protesa alla cultura soprannaturale della carità e al perfezionamento dei coniugi nella loro vita spirituale. Il sacramento del matrimonio dà ai coniugi tutte le grazie necessarie per vivere bene questo loro stato di vita e come tutti i sacramenti, anche quello del matrimonio è finalizzato ad accrescere la vita spirituale di coloro che lo hanno ricevuto. Quindi i coniugi devono santificarsi a vicenda nel loro vivere famigliare e coniugale. Quindi il loro amore naturale, notate bene, non bisogna confondere le due dimensioni, famiglia, istituto naturale, è ulteriormente santificato dall’amore soprannaturale della carità, dalla vita di grazia, dalla vita dunque della perfezione cristiana, che ogni famiglia dovrebbe sommamente promuovere. Ora nell’ambito della famiglia, istituto naturale, elevato però questo istituto ad essere sacramento di Cristo e della sua Chiesa, S. Paolo, l’avete ben presente nella lettera agli Efesini, ci dice chiaramente che quale è rapporto tra marito e moglie, tale è il rapporto per analogia tra il Cristo e la sua Chiesa, quindi c’è una sacramentalità del matrimonio che si riferisce all’unione del Cristo e la sua Chiesa. Ora come la Chiesa è sottomessa al Cristo e come il Cristo ama la Chiesa, così S. Paolo chiama le mogli ad essere sottomesse ai loro mariti e i mariti ad amare le mogli. Tema al giorno d’oggi alquanto difficile da trattare, voi ben lo sapete miei cari, perché quando uno osa in ambienti anche solo un po’ femministi sollevare qualche dubbio che per natura dovrebbe essere così come ci dice sua Santità Pio XI nell’enciclica Casti Connubi e cioè che la moglie dovrebbe essere sottomessa al marito e i figlioli ad entrambi i genitori, quando si sente dire questo si trova scarsa accettazione presso coloro che ascoltano simili principi.

Ebbene, io so bene che voi in queste cose ci credete, c’è comunque un profondo malinteso fondamentale. Il Papa si premura di chiarirlo: non si tratta, come il mondo di oggi continuamente sospetta (vedete il mondo di oggi è stato tutto turbato da quella che oserei chiamare l’invidia sociale, l’invidia sociale è il motore di tutte le rivoluzioni, non direi che ne è il motivo, i motivi sono forse diversi, ma ne è comunque il motore, ecco perché le rivoluzioni sono così seguite, perché questo vizietto, anzi vizio tremendo, dell’invidia sociale è estremamente, largamente diffuso, è difficile difendersi davanti ad esso) allora questo uomo contemporaneo invidioso e geloso come è delle sue prerogative sociali, che cosa fa? Sospetta sempre di essere ingannato, di essere oppresso, di essere messo in disparte, capite miei cari. Allora quando si sente: voi mogli sottomettetevi ai vostri mariti, allora ecco le femministe subito pensano che saranno schiavizzate, sottoposte ad una truce schiavitù e via dicendo. Non è questo, S. Paolo stesso nella lettera agli Efesini lo dice con estrema chiarezza, parla di un amore di amicizia, di un amore reciproco, nel quale però non è affatto escluso un ordine.

Vedete, miei cari, è questo il punto fondamentale. La mentalità contemporanea, come giustamente ci è stato ricordato da sua Santità Pio XII, è la mentalità luterana. È iniziato con questo, o la Chiesa o il Cristo, sei con il Cristo, sei contro la Chiesa, poi o con Dio o con Cristo, se sei con Dio dovevi essere contro il Cristo, perché il Cristo non permette ovviamente che tutte le religioni si incontrino nell’unica indifferenza relativistica, vedete. Allora si esclude anche il Cristo, poi si esclude infine Iddio, vedete la mentalità dialettica dell’aut- aut. Invece la mentalità cattolica è la mentalità analettica del "et-et", e una cosa e l’altra, e Cristo e Dio, e Cristo e la Chiesa, e amore e sottomissione. D’altra parte cardinal Caietano dice una cosa molto bella rispetto al rapporto che c’è fra l’uomo e Dio. Perché noi chiamiamo nella più bella preghiera che sia mai stata composta su questa terra, la preghiera che lo stesso Salvatore ci ha dato in eredità, in quella preghiera perché noi ci rivolgiamo a Dio chiamandolo: Pater noster, qui es in coelis? È nostro padre. Allora dice appunto il Gaetano, come tra padri e figli non c’è rapporto di schiavitù, perché appunto già gli antichi romani già distinguevano tra appunto servi e liberi, liberi equivalenti appunto a bambini, perché i bambini si chiamano liberi? Perché pur essendo appunto sotto la patria potestà, non sono però schiavi. Vedete quindi che la sottomissione non significa schiavitù, checché ne dicano tutte le ideologie rivoluzionarie? C’è una sottomissione santa che avviene nell’ambito dell’amore e proprio per realizzare perfettamente l’amore. Così un uomo che pretendesse di essere amico di Dio, senza essergli figlio, sarebbe un prevaricatore e cesserebbe di essere anche amico del Signore. Quindi è cosa estremamente importante che ci sia nel matrimonio da un lato una profonda reciproca amicizia, proprio quel volersi bene a vicenda, però nel contempo che ci sia anche la reciproca sottomissione. Reciproca perché anche gli uomini devono amare le mogli, le mogli devono sottomettersi nell’amore ai loro mariti e i figlioli devono essere sottomessi ad entrambi i genitori.

Ora dice appunto sua Santità Pio XI che questa sua affermazione che d’altronde non è altro che la stessa di S. Paolo agli Efesini, non toglie quella giusta libertà che spetta alla donna in virtù della sua intrinseca dignità e in virtù altresì dei suoi elevatissimi offici di sposa e di madre. Se le femministe fossero più attente alla lettura del compendio dei dogmi della Santa Romana Chiesa di Schent…. Si sarebbero rese conto che non c’era nemmeno bisogno della Mulieris Dignitatem, per dichiarare che la Chiesa ha dato da sempre alla donna un ruolo preminente nella famiglia, anche al di fuori della famiglia, ma soprattutto nella famiglia. Quindi dice appunto il Santo Padre Pio XI che tutto quel discorso della sottomissione non toglie per nulla la dignità intrinseca della donna, né tanto meno i suoi offici elevatissimi di sposa e di madre, vuole però togliere di mezzo illam licentiam, quae familae bonum non curat, quel modo licenzioso che trascura il bene della famiglia, vetat in hoc familiae corpore cor separari a capite, la nostra dottrina cattolica vieta che in questo corpo sociale della famiglia, società domestica, il cuore sia separato dal capo e il capo sia separato dal cuore. Vedete, cari fratelli, come il capo ha una preminenza per così dire di governo, così però il cuore ha una preminenza di fondazione, il cuore è più fondamentale per quanto concerne...

(finita la cassetta)

FONTE (http://www.totustuus.biz/users/tyn/famiglia.htm)

Augustinus
30-12-07, 11:17
LA ROTTAMAZIONE della Famiglia

del sac. dott. Luigi Villa

La Famiglia tradizionale, oggi, è considerata dal moralismo laicista quasi una cellula sovversiva, mentre, invece, è il nucleo umano che solo è capace di fermare ancora la furia normalizzatrice dei nostri fangosi tempi di criminalità.

Senza la Famiglia, fondamento dell’autorità, maestra dell’obbedienza e della disciplina, non può esserci neppure la possibilità del servizio sociale, appunto perché ogni servizio sociale comincia dalla società fondamentale: la Famiglia.

Mettere in crisi la Famiglia, quindi, significa schiacciare e annullare la persona umana, come lo vediamo nel mondo orientale, dove l’unità sacrifica la libertà.

Il segreto della Famiglia cristiana sta proprio nel potersi esprimere le esigenze naturali e fondamentali dell’uomo: la Libertà e l’unità, il che significa solidarietà, concordia, collaborazione, armonia. Sono i valori che la Famiglia, comunità d’amore, sa offrire al mondo per risolvere tutte le crisi di questo mondo opprimente e prepotente.

L’inizio della Famiglia

Dio creò l’uomo e la donna, Adamo ed Eva, dando loro una missione magnifica: crescete e moltiplicatevi, e cioè: siate fecondi, donate la vita a numerosi bambini.

La creazione, quindi, doveva continuare con la procreazione. Alle piante mise in seno le “semenze”, ciascuna delle quali sono l’origine di molte altre piante. Agli animali pure mise in loro i germi per moltiplicarsi. All’uomo e alla donna diede sessi diversi, volendoli complementarsi per continuare la creazione: «Siate fecondi e moltiplicatevi!».

Tra le due fecondità, però, Dio ha messo una differenza fondamentale: le piante e gli animali mettono al mondo solo piante e animali, mentre invece, la fecondità della coppia umana mette al mondo dei bambini “a nostra immagine e somiglianza”, facendo del loro matrimonio un’unità indissolubile per il loro amore.

Il racconto biblico sul peccato originale per la caduta di Adamo ed Eva, ci dice che l’armonia del Paradiso terrestre fu perduta, per cui la fecondità della coppia umana ne subì anch’essa le conseguenze.

La donna partorirà nel dolore; l’uomo mangerà se lavorerà; entrambi non saranno più una copia sempre unita e felice come Dio li aveva creati; anche l’istinto sessuale non sarà più totalmente al servizio dell’amore e della procreazione. Tuttavia, Eva sarà “la madre di tutti i viventi”. E la benedizione di Dio rimarrà; ne prova il grido di gioia di Eva quando mise al mondo un bambino, dicendo: «Io ho formato un uomo con l’aiuto di Dio!». Poi, metterà al mondo Abele, Seth ed altri.

Avere dei bambini fa parte della vocazione degli sposi. Lo stabilì Dio stesso quando istituì il matrimonio. La Chiesa lo ricorda agli Sposi quando essi ricevono il Sacramento. L’amore coniugale, infatti, è stato stabilito soprattutto perché diventi di dimensioni d’una famiglia.

La politica moderna, invece, costruisce “piani” contrari alla formazione di una famiglia quale voluta da Dio. Fermiamoci, in questo articolo, ad uno di questi “piani” criminosi, quello detto: “piano maltusiano”.

Il “piano maltusiano” ci riporta a quello che disse Malthus (1834) fin dall’inizio del secolo XIX: “Il modo migliore per controllare socialmente e demograficamente l’umanità è la diffusione del vizio e dell’immoralità”.

Ma già nel 1829, il massone “Nubius”, capo dell’Alta Vendita, in una sua istruzione segreta aveva scritto: «La Chiesa non teme la punta del pugnale, ma può cadere sotto il peso della corruzione», per cui si doveva fare opera di corruzione, cominciando dai giovani. Un’azione, questa, che, ancora prima, aveva impegnato molti scritti immorali, che poi sfocerà nella Rivoluzione Francese e verrà incanalata da sètte rivoluzionariee occulte, come quella degli “Illuminati di Baviera”, le cui insegne anti-cristiane passarono all’O.T.O. (Ordo Templi Orientis), alla Golden Dawn, società paramassonica e a tutti i clan satanistici.

Nel 1942, Wilhelm Reich fondò il “Villaggio Orgonom” per irradiare l’Orgonomia, ossia l’orgone, a diffusione cosmica, come spinta al rapporto sessuale, evitando, però, la procreazione.

Nel 1920, Margaret Sanger fondò, negli USA, la “Planned Parenthood” che portò al movimento mondiale del controllo demografico, il “Population Council” con sede a New York, finanziato da Governi e agenzie mondialiste, quali la Fondazione Ford e Rockefeller ed è al suo “Ufficio Ricerche” che uscì l’invenzione della “pillola”.

La campagna per la contraccezione, la liberalizzazione dell’aborto e la sterilizzazione fu lanciata e sostenuta dal “Population Council” e dalla “Planned Parenthood”.

In più, essi incoraggiarono i Governi ad attuare una politica maltusiana e per creare un cambiamento di mentalità nell’opinione pubblica riguardo alla contraccezione, alla sterilizzazione egli abusi sessuali e transessuali.

Questa infame politica non fu attuata solo in Italia, ma anche in altri Stati, come ad esempio in Francia, dove il Gran Maestro della Massoneria, Simon Pièrre, nel suo libro: “De la vie avant toute chose”, espose le varie teorie e insegna l’iter rivoluzionario del “Mouvement pour le Planning Familial” che fondò lui stesso, per creare un “ordine nuovo” che distruggesse la concezione biblico-sacramentale della vita e immettesse nelle masse la concezione panteistica.

Ecco il suo pensiero espresso dalle sue parole: «Restaurando la sessualità nella sua dimensione antropologica ed etnologica, riconosciamo ad essa un carattere sacro, la risacralizziamo nel senso cosmico del termine.

La sessualità sarà intercessione tra l’uomo e la divinità». E ancora: «Il matrimonio diventerà una comodità sociale… Al genitore succederà l’amante». E poi: «Se si trova un uovo fecondato nella cavità, sarà aspirato e confuso coi mestrui, a questo modo provocati».«La Banca dello sperma farà sì che, in un certo modo, sia la società intera a fecondare la coppia».

Questa rivoluzione morale massonico-satanica, nel 1961 raggiungeva già quattrocento mila aderenti, il sufficiente per fare sì che il programma diventasse legge abortista.

Da qui, nacque il programma “Crescita Demografica Zero” (ZGP), sempre della “Fondazione Rockefeller” (pensatoio del Rapporto “Global 2000” che preconizzava la morte di due miliardi di esseri umani entro l’anno 2000), il cui Presidente, in una conferenza che tenne a New York, il 14 marzo 1975, disse: «È compito dei settori sia pubblici che privati accelerare negli Stati Uniti lo sviluppo degli aborti legali, in modo che essi salgano da 1.200.000 a 1.800.000 all’anno».

Ora, questo diabolico programma non era ristretto agli USA, ma doveva essere esteso a tutte le Nazioni, influenzando l’opinione pubblica con le agenzie di stampa, le TV e tutti gli altri mezzi di comunicazione sociale.

In Italia, per esempio, la legge abortista non fu voluta dal popolo, ma fu imposta dall’arco parlamentare laicista di matrice massonica: radicali, socialisti, comunisti repubblicani, liberali, ecc..

Ma questa battaglia dei pagani d’oggi, laicisti anti-cristiani, non si ferma all’aborto, che finalmente la Chiesa cerca di fermare dando la scomunica sia a chi lo commette, sia a tutti quelli che vogliono e appoggiano questo crimine morale e fisico, ma vogliono e fanno di tutto per allargare questo programma assassino per indebolire e distruggere la Famiglia e la pubblica moralità.

Diffusione della droga

Questo è un altro mezzo della rivoluzione sessuale. Nel volume “Droga S.p.a.”, si constata la connessione tra droga, contro-cultura, rivoluzione sessuale, pornografia e gli affari bancari. Difatti, la droga è il più grande affare monetario a livello mondiale che, ancora negli anni 1980, totalizzava più di 200 miliardi di dollari all’anno, paragonato ai 5 miliardi di dollari dei diamanti e agli 11 miliardi di dollari che le Banche incassano con l’oro.

La storia delle guerre dell’oppio in Cina (1840 e 1860) è legata al controllo della “Connection anglo-cinese”, con la copertura dell’alta finanza ebraica, ma soprattutto con la direzione di Lord Palmerston, primo Ministro della regina Vittoria d’Inghilterra, e dal suo socio Edward Bulwer Lytton, capo della sètta dei “Rosa-Croce” inglesi e diffusore del culto di Iside, facente da supporto alla diffusione della droga.

***

Dopo questa rapida rassegna della strategia massonica contro la Famiglia, messa in opera dal mondialismo maltusiano, torno a ripetere che la creazione del mondo, fatta da Dio, continua attraverso la procreazione delle creature umane, chiamate all’esistenza, per mezzo del matrimonio che, per noi cristiani, è una Sacramento che benedice e consacra l’amore, fondando la famiglia che, per S. Agostino, si fonda su questi tre beni: “Il bene della fedeltà”, “il bene dei figli”, “il bene del Sacramento”.

Il Bene della fedeltà (Bonum fidei)

Il matrimonio, quindi, voluto da Dio, è uno e indissolubile. Il divorzio, per questo, non può che venire dal demonio. L’indissolubilità del matrimonio, Gesù l’ha confermata nel suo Vangelo: «Gli si avvicinarono alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: “è lecito a un uomo ripudiare la propria moglie?”. Egli rispose: “Non avete letto che il Creatore, da principio li creò maschio e femmina, e disse: “per questo, l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola? Quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi”» (1).

E S. Paolo ha scritto: «Agli sposati, poi, ordino, non io, ma il Signore: la moglie non si separi dal marito» (2).

Il Bene dei figli (Bonum prolis)

I bambini, quindi, non devono essere gettati e abbandonati o soppressi, perché essi sono “un dono di Dio”, un’anima spirituale e immortale. Quindi, non è lecita né la fecondazione in vitro (perché comporta la soppressione dei feti e produce l’aborto), né la fecondazione extra-coniugale, né quella coniugale che sia sostitutiva. Come pure non sono leciti i contraccettivi, né fare dell’embrione un materiale per le sperimentazioni mediche, dando copertura legale al crimine dell’aborto, infrangendo la sacralità del corpo umano fin dall’inizio.

Il Bene del Sacramento (Bonum Sacramenti)

Fu Gesù ad elevare il matrimonio all’altezza infinita di Sacramento. Gli sposi sono ministri. Il sacerdote assiste e benedice come rappresentante di Gesù.

Il matrimonio, perciò, aumenta la Grazia di Dio e dona una Grazia sacramentale, che dà specialissimi aiuti divini, sia per vivere nella fedeltà, sia per educare cristianamente i figli. S. Paolo, di questo sacramento parla affermando che l’amore tra gli sposi deve essere simile all’amore che Cristo ha verso la Chiesa, sua Sposa, e che la Chiesa ha verso Cristo, suo Sposo (3).

Pio XII ha esortato dicendo:

«Ricordiamo agli sposi continuamente che, in forza dei doveri e della dignità del loro stato, sono stati santificati da un Sacramento la cui Grazia dura perpetuamente. Il matrimonio è, in effetti, simile all’Eucarestia che è Sacramento non soltanto nel momento in cui si celebra, ma perdura finché si conservano le speci».

Questo Sacramento, quindi, esige che lo si viva come sorgente perenne di Grazia, come palestra di santificazione, in modo che ogni famiglia sia come una “chiesa domestica”, dove ci siano immagini sacre e benedette e, soprattutto, vi sia, ogni giorno, “la preghiera comunitaria”. È così che vive unita nell’affetto, nella Fede, nella Grazia.

Pregate la Madonna, Madre della “Chiesa domestica”, perché col suo aiuto materno, ogni famiglia diventi veramente una “piccola chiesa” (3).

-----------------------------------------------------------------------
NOTE

1. Cfr. Mt. 5, 28 - Lc. 16, 18 - Mc. 10, 11 - Rom. 7, 2.

2. Cfr. I Cor. 7, 10 s e 39.

3. Cfr. Ef. 5, 25-31 s.

Fonte: Chiesa viva, settembre 2007 (http://www.chiesaviva.com/397%20mensile.htm)

Augustinus
30-12-07, 21:28
BENEDETTO XVI

ANGELUS

Domenica, 30 dicembre 2007

Cari fratelli e sorelle!

Celebriamo oggi la festa della Santa Famiglia. Seguendo i Vangeli di Matteo e di Luca, fissiamo lo sguardo su Gesù, Maria e Giuseppe, e adoriamo il mistero di un Dio che ha voluto nascere da una donna, la Vergine Santa, ed entrare in questo mondo per la via comune a tutti gli uomini. Così facendo ha santificato la realtà della famiglia, colmandola della grazia divina e rivelandone pienamente la vocazione e la missione. Alla famiglia ha dedicato grande attenzione il Concilio Vaticano II. I coniugi – esso afferma – sono l’uno per l’altro e per i figli testimoni della fede e dell’amore di Cristo (cfr LG, 35). La famiglia cristiana partecipa così della vocazione profetica della Chiesa: con il suo modo di vivere "proclama ad alta voce le virtù presenti del Regno di Dio e la speranza della vita beata" (ibid.). Come ha poi ripetuto senza stancarsi il mio venerato predecessore Giovanni Paolo II, il bene della persona e della società è strettamente connesso alla "buona salute" della famiglia (cfr GS, 47). Perciò la Chiesa è impegnata a difendere e promuovere "la dignità naturale e l’altissimo valore sacro" – sono parole del Concilio – del matrimonio e della famiglia (ibid.). Con questa finalità si sta svolgendo proprio oggi un’importante iniziativa a Madrid, ai cui partecipanti mi rivolgerò ora in lingua spagnola.

Saludo a los participantes en el Encuentro de las Familias que se está llevando a cabo en este domingo en Madrid, así como a los Señores Cardenales, Obispos y sacerdotes que los acompañan. Al contemplar el misterio del Hijo de Dios que vino al mundo rodeado del afecto de María y de José, invito a las familias cristianas a experimentar la presencia amorosa del Señor en sus vidas. Asimismo, les aliento a que, inspirándose en el amor de Cristo por los hombres, den testimonio ante el mundo de la belleza del amor humano, del matrimonio y la familia. Ésta, fundada en la unión indisoluble entre un hombre y una mujer, constituye el ámbito privilegiado en el que la vida humana es acogida y protegida, desde su inicio hasta su fin natural. Por eso, los padres tienen el derecho y la obligación fundamental de educar a sus hijos, en la fe y en los valores que dignifican la existencia humana. Vale la pena trabajar por la familia y el matrimonio porque vale la pena trabajar por el ser humano, el ser más precioso creado por Dios. Me dirijo de modo especial a los niños, para que quieran y recen por sus padres y hermanos; a los jóvenes, para que estimulados por el amor de sus padres, sigan con generosidad su propia vocación matrimonial, sacerdotal o religiosa; a los ancianos y enfermos, para que encuentren la ayuda y comprensión necesarias. Y vosotros, queridos esposos, contad siempre con la gracia de Dios, para que vuestro amor sea cada vez más fecundo y fiel. En las manos de María, "que con su «sí» abrió la puerta de nuestro mundo a Dios" (Enc. Spe Salvi, 49), pongo los frutos de esta celebración. Muchas gracias y Felices Fiestas.

Ci rivolgiamo ora alla Vergine Santa, pregando per il bene della famiglia e per tutte le famiglie del mondo.

Augustinus
11-01-09, 10:15
Family

A term derived from the Latin, famulus, servant, and familia, household servants, or the household (cf. Oscan famel, servant). In the classical Roman period the familia rarely included the parents or the children. Its English derivative was frequently used in former times to describe all the persons of the domestic circle, parents, children, and servants. Present usage, however, excludes servants, and restricts the word family to that fundamental social group formed by the more or less permanent union of one man with one woman, or of one or more men with one or more women, and their children. If the heads of the group comprise only one man and one woman we have the monogamous family, as distinguished from those domestic societies which live in conditions of polygamy, polyandry, or promiscuity.

Certain anthropological writers of the last half of the nineteenth century, as Bachofen (Das Mutterrecht, Stuttgart, 1861), Morgan (Ancient Society, London, 1877), Mc'Lennan (The Patriarchal Theory, London, 1885), Lang (Custom and Myth, London, 1885), and Lubbock (The Origin of Civilization and the Primitive Condition of Man, London, 1889), created and developed the theory that the original form of the family was one in which all the women of a group, horde, or tribe, belonged promiscuously to all the men of the community. Following the lead of Engels (The Origin of the Family, Private Property, and the State, tr. from the German, Chicago, 1902), many Socialist writers have adopted this theory as quite in harmony with their materialistic interpretation of history. The chief considerations advanced in its favour are: the assumption that in primitive times all property was common, and that this condition naturally led to community of women; certain historical statements by ancient writers like Strabo, Herodotus, and Pliny; the practice of promiscuity, at a comparatively late date, by some uncivilized peoples, such as the Indians of California and a few aboriginal tribes of India; the system of tracing descent and kinship through the mother, which prevailed among some primitive people; and certain abnormal customs of ancient races, such as religious prostitution, the so-called jus primæ noctis, the lending of wives to visitors, cohabitation of the sexes before marriage, etc.

At no time has this theory obtained general acceptance, even among non-Christian writers, and it is absolutely rejected by some of the best authorities of today, e.g. Westermarck (The History of Human Marriage, London, 1901) and Letourneau (The Evolution of Marriage, tr. from the French, New York, 1888). In reply to the arguments just stated, Westermarck and others point out that the hypothesis of primitive communism has by no means been proved, at least in its extreme form; that common property in goods does not necessarily lead to community of wives, since family and marriage relations are subject to other motives as well as to those of a purely economic character; that the testimonies of classical historians in the matter are inconclusive, vague, and fragmentary, and refer to only a few instances; that the modern cases of promiscuity are isolated and exceptional, and may be attributed to degeneracy rather than to primitive survivals; that the practice of tracing kinship through the mother finds ample explanation in other facts besides the assumed uncertainty of paternity, and that it was never universal; that the abnormal sexual relations cited above are more obviously, as well as more satisfactorily, explained by other circumstances, religious, political, and social, than by the hypothesis of primitive promiscuity; and, finally, that evolution, which, superficially viewed, seems to support this hypothesis, is in reality against it, inasmuch as the unions between the male and the female of many of the higher species of animals exhibit a degree of stability and exclusiveness which bears some resemblance to that of the monogamous family.

The utmost concession which Letourneau will make to the theory under discussion is that "promiscuity may have been adopted by certain small groups, more probably by certain associations or brotherhoods" (op. cit., p. 44). Westermarck does not hesitate to say: "The hypothesis of promiscuity, instead of belonging, as Professor Giraud-Teulon thinks, to the class of hypotheses which are scientifically permissible has no real foundation, and is essentially unscientific" (op. cit., p. 133). The theory that the original form of the family was either polygamy or polyandry is even less worthy of credence or consideration. In the main, the verdict of scientific writers is in harmony with the Scriptural doctrine concerning the origin and the normal form of the family: "Wherefore a man shall leave father and mother, and shall cleave to his wife: and they shall be two in one flesh" (Genesis 2:24). "Therefore now they are not two, but one flesh. What therefore God hath joined together, let no man put asunder" (Matthew 19:6). From the beginning, therefore, the family supposed the union of one man with one woman.

While monogamy was the prevailing form of the family before Christ, it was limited in various degrees among many peoples by the practice of polygamy. This practice was on the whole more common among the Semitic races than among the Aryans. It was more frequent among the Jews, the Egyptians, and the Medes, than among the people of India, the Greeks, or the Romans. It existed to a greater extent among the uncivilized races, although some of these were free from it. Moreover, even those nations which practised polygamy, whether civilized or uncivilized, usually restricted it to a small minority of the population, as the kings, the chiefs, the nobles, and the rich. Polyandry was likewise practised, but with considerably less frequency. According to Westermarck, monogamy was by far the most common form of marriage "among the ancient peoples of whom we have any direct knowledge" (op. cit., p. 459). On the other hand, divorce was in vogue among practically all peoples, and to a much greater extent than polygamy.

The ease with which husband and wife could dissolve their union constitutes one of the greatest blots upon the civilization of classic Rome. Generally speaking, the position of woman was very low among all the nations, civilized and uncivilized, before the coming of Christ. Among the barbarians she very frequently became a wife through capture or purchase; among even the most advanced peoples the wife was generally her husband's property, his chattel, his labourer. Nowhere was the husband bound by the same law of marital fidelity as the wife, and in very few places was he compelled to concede to her equal rights in the matter of divorce. Infanticide was practically universal, and the patria potestas of the Roman father gave him the right of life and death over even his grown-up children. In a word, the weaker members of the family were everywhere inadequately protected against the stronger.

The Christian family

Christ not only restored the family to its original type as something holy, permanent, and monogamous, but raised the contract from which it springs to the dignity of a sacrament, and thus placed the family itself upon the plane of the supernatural. The family is holy inasmuch as it is to co-operate with God by procreating children who are destined to be the adopted children of God, and by instructing them for His kingdom. The union between husband and wife is to last until death (Matthew 19:6 sq.; Luke 16:18; Mark 10:11; 1 Corinthians 7:10; see MARRIAGE, DIVORCE). That this is the highest form of the conjugal union, and the best arrangement for the welfare both of the family and of society, will appear to anyone who compares dispassionately the moral and material effects with those flowing from the practice of divorce. Although divorce has obtained to a greater or less extent among the majority of peoples from the beginning until now, "there is abundant evidence that marriage has, upon the whole, become more durable in proportion as the human race has risen to higher degrees of cultivation" (Westermarck, op. cit., p. 535).

While the attempts that have been made to show that divorce is in every case forbidden by the moral law of nature have not been convincing on their own merits, to say nothing of certain facts of Old Testament history, the absolute indissolubility of marriage is nevertheless the ideal to which the natural law points, and consequently is to be expected in an order that is supernatural. In the family, as re-established by Christ, there is likewise no such thing as polygamy. This condition, too, is in accord with nature's ideal. Polygamy is not, indeed, condemned in every instance by the natural law, but it is generally inconsistent with the reasonable welfare of the wife and children, and the proper moral development of the husband. Because of these qualities of permanence and unity, the Christian family implies a real and definite equality of husband and wife. They have equal rights in the matter of the primary conjugal relation, equal claims upon mutual fidelity, and equal obligations to make this fidelity real. They are equally guilty when they violate these obligations, and equally deserving of pardon when they repent.

The wife is neither the slave nor the property of her husband, but his consort and companion. The Christian family is supernatural, inasmuch as it originates in a sacrament. Through the sacrament of matrimony husband and wife obtain an increase of sanctifying grace, and a claim upon those actual graces which are necessary to the proper fulfilment of all the duties of family life, and the relations between husband and wife, parents and children, are supernaturalized and sanctified. The end and the ideal of the Christian family are likewise supernatural, namely, the salvation of parents and children, and the union between Christ and His Church. "Husbands, love your wives, as Christ also loved the church, and delivered himself up for it", says St. Paul (Ephesians 5:25). And the intimacy of the marital union, the identification, almost, of husband and wife, is seen in the injunction: "So also ought men to love their wives as their own bodies. He that loveth his wife, loveth himself" (Ephesians 5:28).

From these general facts of the Christian family, the particular relations existing among its members can be readily deduced. Since the average man and woman are not normally complete as individuals, but are rather the two complementary parts of one social organism, in which their material, moral, and spiritual needs receive mutual satisfaction, a primary requisite of their union is mutual love. This includes not merely the love of the senses, which is essentially selfish, not necessarily that sentimental love which anthropologists call romantic, but above all that rational love or affection, which springs from an appreciation of qualities of mind and heart, and which impels each to seek the welfare of the other. As the intimate and long association of husband and wife necessarily bring to the surface their less noble and lovable qualities, and as the rearing of children involves great trials, the need of disinterested love, the ability to sacrifice self, is obviously grave.

The obligations of mutual fidelity have been sufficiently stated above. The particular functions of husband and wife in the family are determined by their different natures, and by their relation to the primary end of the family, namely, the procreation of children. Being the provider of the family, and the superior of the wife both in physical strength and in those mental and moral qualities which are appropriate to the exercise of authority, the husband is naturally the family's head, even "the head of the wife", in the language of St. Paul. This does not mean that the wife is the husband's slave, his servant, or his subject. She is his equal, both as a human being and as member of the conjugal society, save only that when a disagreement arises in matters pertaining to domestic government, she is, as a rule, to yield. To claim for her completely equal authority with the husband is to treat woman as man's equal in a matter in which nature has made them unequal. On the other hand the care and management of the details of the household belong naturally to the wife, because she is better fitted for these tasks than the husband.

Since the primary end of the family is the procreation of children, the husband or wife who shirks this duty from any but spiritual or moral motives reduces the family to an unnatural and unchristian level. This is emphatically true when the absence of offspring has been effected by any of the artificial and immoral devices so much in vogue at present. When the conjugal union has been blessed with children, both parents are charged, according to their respective functions, with the duty of sustaining and educating those undeveloped members of the family. Their moral and religious formation is for the most part the work of the mother, while the task of providing for their physical and intellectual wants falls chiefly upon the father. The extent to which the different wants of the children are to be supplied will vary with the ability and resources of the parents. Finally, the children are bound, generally speaking, to render to the parents implicit love, reverence, and obedience, until they have reached their majority, and love, reverence, and a reasonable degree of support and obedience afterward.

The most important external relations of the family are, of course, those existing between it and the State. According to the Christian conception, the family, rather than the individual, is the social unit and the basis of civil society. To say that the family is the social unit is not to imply that it is the end to which the individual is a means; for the welfare of the individual is the end both of the family and of the State, as well as of every other social organization. The meaning is that the State is formally concerned with the family as such, and not merely with the individual. This distinction is of great practical importance; for where the State ignores or neglects the family, keeping in view only the welfare of the individual, the result is a strong tendency towards the disintegration of the former. The family is the basis of civil society, inasmuch as the greater majority of persons ought to spend practically all their lives in its circle, either as subjects or as heads. Only in the family can the individual be properly reared, educated, and given that formation of character which will make him a good man and a good citizen.

Inasmuch as the average man will not put forth his full productive energies except under the stimulus of its responsibilities, the family is indispensable from the purely economic viewpoint. Now the family cannot rightly discharge its functions unless the parents have full control over the rearing and education of the children, subject only to such State supervision as is needed to prevent grave neglect of their welfare. Hence it follows that, generally speaking, and with due allowance for particular conditions, the State exceeds its authority when it provides for the material wants of the child, removes him from parental influence, or specifies the school that he must attend. As a consequence of these concepts and ideals, the Christian family in history has proved itself immeasurably superior to the non-Christian family. It has exhibited greater fidelity between husband and wife, greater reverence for the parents by the children, greater protection of the weaker members by the stronger, and in general a more thorough recognition of the dignity and rights of all within its circle. Its chief glory is undoubtedly its effect upon the position of woman. Notwithstanding the disabilities--for the most part with regard to property, education, and a practically recognized double standard of morals--under which the Christian woman has suffered, she has attained to a height of dignity, respect, and authority for which we shall look in vain in the conjugal society outside of Christianity. The chief factor in this improvement has been the Christian teaching on chastity, conjugal equality, the sacredness of motherhood, and the supernatural end of the family, together with the Christian model and ideal of family life, the Holy Family at Nazareth.

The contention of some writers that the Church's teaching and practice concerning virginity and celibacy, make for the degradation and deterioration of the family, not only springs from a false and perverse view of these practices, but contradicts the facts of history. Although she has always held virginity in higher honour than marriage, the Church has never sanctioned the extreme view, attributed to some ascetical writers, that marriage is a mere concession to the flesh, a sort of tolerated carnal indulgence. In her eyes the marriage rite has ever been a sacrament, the married state a holy state, the family a Divine institution, and family life the normal condition for the great majority of mankind. Indeed, her teaching on virginity, and the spectacle of thousands of her sons and daughters exemplifying that teaching, have in every age constituted a most effective exaltation of chastity in general, and therefore of chastity within as well as without the family. Teaching and example have combined to convince the wedded, not less than the unwedded, that purity and restraint are at once desirable and practically possible. Today, as always, it is precisely in those communities where virginity is most honoured that the ideal of the family is highest, and its relations purest.

Dangers for the family

Among these are the exaltation of the individual by the State at the expense of the family, which has been going on since the Reformation (cf. the Rev. Dr. Thwing, in Bliss, "Encyclopedia of Social Reform"), and the modern facility of divorce (see DIVORCE), which may be traced to the same source. The greatest offender in the latter respect is the United States, but the tendency seems to be towards easier methods in most of the other countries in which divorce is allowed. Legal authorization and popular approval of the dissolution of the marriage bond, not only breaks up existing families, but encourages rash marriages, and produces a laxer view of the obligation of conjugal fidelity. Another danger is the deliberate limitation of the number of children in a family. This practice tempts parents to overlook the chief end of the family, and to regard their union as a mere means of mutual gratification. Furthermore, it leads to a lessening of the capacity of self-sacrifice in all the members of the family. Closely connected with these two evils of divorce and artificial restriction of births, is the general laxity of opinion with regard to sexual immorality. Among its causes are the diminished influence of religion, the absence of religious and moral training in the schools, and the seemingly feebler emphasis laid upon the heinousness of the sin of unchastity by those whose moral training has not been under Catholic auspices. Its chief effects are disinclination to marry, marital infidelity, and the contraction of diseases which produce domestic unhappiness and sterile families.

The idle and frivolous lives of the women, both wives and daughters, in many wealthy families is also a menace. In the position which they hold, the mode of life which they lead, and the ideals which they cherish, many of these women remind us somewhat of the hetæræ of classical Athens. For they enjoy great freedom, and exercise great influence over the husband and father, and their chief function seems to be to entertain him, to enhance his social prestige, to minister to his vanity, to dress well, and to reign as social queens. They have emancipated themselves from any serious self-sacrifice on behalf of the husband or the family, while the husband has likewise declared his independence of any strict construction of the duty of conjugal fidelity. The bond between them is not sufficiently moral and spiritual, and is excessively sensual, social, and æsthetic. And the evil example of this conception of family life extends far beyond those who are able to put it into practice. Still another danger is the decline of family authority among all classes, the diminished obedience and respect imposed upon and exhibited by children. Its consequences are imperfect discipline in the family, defective moral character in the children, and manifold unhappiness among all.

Finally, there is the danger, physical and moral, threatening the family owing to the widespread and steadily increasing presence of women in industry. In 1900 the number of females sixteen years of age and over engaged in gainful occupations in the United States was 4,833,630, which was more than double the number so occupied in 1880, and which constituted 20 per cent of the whole number of females above sixteen years in the country, whereas the number at work in 1880 formed only 16 percent of the same division of the female population. In the cities of America two women out of every seven are bread-winners (see Special Report of the U.S. Census, "Women at Work"). This condition implies an increased proportion of married women at work as wage earners, an increased proportion of women who are less capable physically of undertaking the burdens of family life, a smaller proportion of marriages, an increase in the proportion of women who, owing to a delusive idea of independence, are disinclined to marry, and a weakening of family bonds and domestic authority. "In 1890, 1 married woman in 22 was a bread-winner; in 1900, 1 in 18" (ibid.). Perhaps the most striking evil result of married women in industry is the high death-rate among infants. For infants under one year the rate in 1900 over the whole United States, was 165 per 1000, but it was 305 in Fall River, where the proportion of married women at work is greatest. As the supreme causes of all these dangers to the family are the decay of religion and the growth of materialistic views of life, so the future of the family will depend upon the extent to which these forces can be checked. And experience seems to show that there can be no permanent middle ground between the materialistic ideal of divorce, so easy that the marital union will be terminable at the will of the parties, and the Catholic ideal of marriage absolutely indissoluble.

Bibliography

In addition to the authorities cited in the text, the following deserve particular mention: DEVAS, Studies in Family Life (London, 1886); RICHE, The Family, tr. SADLIER (New York, 1896); COULANGES, The Ancient City, tr. SMALL (Boston, 1901); BOSANQUET, The Family (London, 1906); THWING, The Family (Boston, 1887); BLISS, Encyclopedia of Social Reform (New York, 1907); ST CKL In Kirchenlexikon; La grande encyclop dia; PERRONE, De Matrimonio Christiano (Li ge, 1862); Westermarck's work contains a very large bibliography on the anthropological and sociological aspects of the subject. HOWARD, History of Matrimonial Institutions (Chicago, 1904).

Fonte: The Catholic Encyclopedia, vol. V, New York, 1909 (http://www.newadvent.org/cathen/05782a.htm)

Augustinus
11-01-09, 10:21
http://www.wga.hu/art/r/rubens/10religi/19religi.jpg Peter Paul Rubens, Sacra Famiglia con un cesto, 1616 circa, Picture Gallery, Potzdam-Sanssouci

http://www.wga.hu/art/r/rubens/14religi/71religi.jpg http://www.museodelprado.es/uploads/tx_gbobras/P01639.jpg Pieter Paul Rubens, Sacra Famiglia con S. Anna, 1626-30, Museo del Prado, Madrid

http://www.wga.hu/art/r/rubens/10religi/15religi.jpg Pieter Paul Rubens, Sacra Famiglia con i SS. Elisabetta e Giovannino, 1614 circa, Wallace Collection, Londra

http://www.wga.hu/art/r/rubens/10religi/16religi.jpg Pieter Paul Rubens, Sacra Famiglia con SS. Elisabetta e Giovannino, 1614-15, Galleria Palatina (Palazzo Pitti), Firenze

http://img101.imageshack.us/img101/240/02baroquerubensholyfamieq6.jpg Pieter Paul Rubens, Sacra Famiglia con S. Anna e S. Giovannino, 1615

http://img87.imageshack.us/img87/4609/dip182nj7.jpg Scuola di Rubens, Sacra Famiglia con i SS. Elisabetta e S. Giovannino, XVII sec., Acireale

Augustinus
11-01-09, 10:46
http://www.wga.hu/art/m/moretto/holyfami.jpg Moretto da Brescia, Sacra Famiglia, Accademia Carrara, Bergamo

http://www.wga.hu/art/o/orley/holyfami.jpg http://www.museodelprado.es/uploads/tx_gbobras/P02692.jpg Bernaert van Orley, Sacra Famiglia, 1522, Museo del Prado, Madrid

http://www.wga.hu/art/p/passerot/holyfami.jpg Bartolomeo Passerotti, Sacra Famiglia con i SS. Giovannino e Caterina d'Alessandria, Christian Museum, Esztergom

http://www.wga.hu/art/p/pietro/cortona/holyfami.jpg Pietro da Cortona, Sacra Famiglia in riposo durante la fuga in Egitto, 1643 circa, Alte Pinakothek, Monaco

http://www.wga.hu/art/p/poussin/3/33holyfa.jpg Nicolas Poussin, Sacra Famiglia, 1648, National Gallery of Art, Washington

http://www.wga.hu/art/p/primatic/holyfami.jpg Francesco Primaticcio, Sacra Famiglia con i SS. Elisabetta e Giovanni Battista, 1541-43, Hermitage, San Pietroburgo

Augustinus
11-01-09, 13:38
http://www.museodelprado.es/uploads/tx_gbobras/P05119.jpg Francisco Bayeu y Subías, Sacra Famiglia, 1776 circa, museo del Prado, Madrid

Augustinus
11-01-09, 15:33
Da dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 213-218

DOMENICA PRIMA DOPO L'EPIFANIA
FESTA DELLA SACRA FAMIGLIA

Scopo di questa festa.

Fino a pochi anni fa era la regalità di Cristo, il suo impero eterno che la Liturgia cantava in questa Domenica, unendo i suoi cantici a quelli dei Cori angelici nell'adorazione del Dio fatto uomo (Introito della Messa della Domenica nell'Ottava della Epifania). Ma la Chiesa, guidata dallo Spirito Santo e dalla sua materna sollecitudine, ha pensato che poteva essere opportuno invitare le generazioni del nostro tempo a considerare oggi le mutue relazioni di Gesù, di Maria e di Giuseppe, per raccogliere le lesioni che esse contengono e trarre profitto dai soccorsi così efficaci che offre il loro esempio (Martirologio romano). Il fatto che nel Messale è assegnato lo stesso brano evangelico alla Domenica nell'Ottava dell'Epifania e alla recente festa della Sacra Famiglia, non è stato senza influsso - si può supporre - sulla scelta del posto che occupa ormai nel calendario la nuova solennità. Questa d'altronde non distoglie completamente il nostro pensiero dai misteri del Natale e dell'Epifania: la devozione alla sacra Famiglia non è forse nata a Betlemme, dove Maria e Giuseppe ricevettero dopo Gesù, gli omaggi dei pastori e dei Magi? E se l'oggetto dell'odierna festa sorpassa i primi momenti dell'esistenza terrena del Salvatore e si estende ai trenta anni della sua vita nascosta, non si trovano forse già presso la mangiatoia alcuni dei suoi aspetti più significativi? Gesù, nella volontaria debolezza in cui lo pone il suo stato d'infanzia, si abbandona a coloro che i disegni del Padre suo hanno affidato alla sua custodia; Maria e Giuseppe esercitano, nell'umile adorazione riguardo a Colui che ha loro dato l'autorità, tutti i doveri che impone la loro sacra missione.

Modello del focolare cristiano.

Più tardi il Vangelo, parlando della vita di Gesù fra Maria e Giuseppe a Nazareth, la descriverà con queste sole parole: "Ed era loro sottomesso. E la madre custodiva nel suo cuore tutte queste cose, e Gesù cresceva; in sapienza, in età e in grazia davanti a Dio e davanti agli uomini" (Lc 2,51.52). Per quanto breve sia in questo caso il testo sacro, esso scopre tuttavia al nostro sguardo una luminosa visione d'ordine e di pace, nell'autorità, nella sottomissione, nella dipendenza e nei mutui rapporti. La santa casa di Nazareth si offre a noi come il modello perfetto del focolare cristiano. Qui Giuseppe comanda con la calma e con la serenità, perché ha coscienza, agendo in tal modo, di fare la volontà di Dio e di parlare in suo nome. Sa che riguardo alla sua castissima Sposa e al suo divin Figlio egli è molto inferiore, tuttavia la sua umiltà gli fa accettare, senza timore né turbamento, il compito che gli è stato affidato da Dio di essere il capo della sacra Famiglia, e come un buon superiore non pensa a far uso dell'autorità se non per adempiere più perfettamente l'ufficio di servitore, di suddito, di strumento. Maria, come conviene alla donna, rimane modestamente sottomessa a Giuseppe e, a sua volta, adorando Colui cui essa comanda, dà senza esitare gli ordini a Gesù nelle mille occasioni che presenta la vita di famiglia, chiamandolo, chiedendo il suo aiuto, affidandogli questa o quella occupazione, come fa una madre con il figlio. E Gesù accetta umilmente tale soggezione; si mostra sollecito ai minimi desideri dei genitori, docile ai loro minimi ordini. In tutti i particolari della vita ordinaria, egli, più abile, più sapiente, più santo di Maria e di Giuseppe, e benché ogni onore sia dovuto a lui, resta sottomesso a loro, e lo sarà fino ai giorni della sua vita pubblica, perché quelle sono le condizioni della umanità che ha rivestito e quello è il beneplacito del Padre. "Sì - esclama san Bernardo preso dall'entusiasmo davanti a spettacolo così sublime - il Dio al quale sono sottomessi gli Angeli, al quale obbediscono i Principati, le Potestà, era sottomesso a Maria; e non soltanto a Maria, ma anche a Giuseppe a motivo di Maria! Ammirate dunque l'uno e l'altro, e osservate ciò che vi sembra più ammirevole, se la benignissima condiscendenza del Figlio o la gloriosissima dignità della Madre. Motivo di stupore da entrambe le parti; miracolo sublime ancora da entrambe le parti. Un Dio obbedisce a una creatura umana: ecco un'umiltà che non ha riscontro; una creatura umana comanda a un Dio: ecco una sublimità che non ha uguali" (Omelia I sul Missus est).

Salutare lezione quella che qui ci è presentata! Dio vuole che si obbedisca e si comandi secondo il compito e le funzioni di ciascuno, non secondo il grado dei meriti e della virtù. A Nazareth, l'ordine dell'autorità e della dipendenza non è lo stesso che quello della perfezione e della santità. Così avviene pure spesso in qualsiasi società umana e nella stessa Chiesa: se il superiore deve talvolta rispettare nell'inferiore una virtù più alta della sua, l'inferiore ha sempre il dovere di rispettare nel superiore un'autorità derivata dall'autorità stessa di Dio.

La sacra Famiglia viveva del lavoro delle sue mani. La preghiera in comune, i santi colloqui con i quali Gesù si compiaceva di formare ed elevare in maniera sempre crescente le anime di Maria e di Giuseppe, avevano un proprio tempo, e dovevano cessare davanti alla necessità di provvedere alle esigenze della vita quotidiana. Povertà e lavoro sono mezzi di santificazione troppo importanti perché Dio non li imponesse al piccolo gruppo benedetto di Nazareth. Giuseppe esercitava dunque assiduamente il suo mestiere di falegname, e Gesù, appena sarà in grado di farlo, condividerà il suo lavoro. Nel II secolo, la tradizione conservava ancora il ricordo dei gioghi e degli aratri fabbricati dalle sue mani divine (San Giustino, Dialogo con Trifone, 88).

In quelle ore, Maria compiva tutti i suoi doveri di padrona d'una umile casa. Preparava i pasti che Giuseppe e Gesù dovevano trovar pronti dopo il lavoro, attendeva all'ordine e al disbrigo delle faccende,e senea dubbio - secondo l'usanza di quel tempo - provvedeva essa stessa in gran parte ai vestiti suoi e della famiglia, oppure faceva per altri qualche lavoro il cui compenso sarebbe servito ad aumentare il benessere di tutti. Così, con la sua vita oscura ed attiva nella bottega di Giuseppe, Gesù ha elevato e nobilitato il lavoro manuale che è la sorte della maggior parte degli uomini. Assumendo per sé e per i genitori la condizione di semplice artigiano, egli ha meravigliosamente onorato e santificato la condizione delle classi lavoratrici, che possono d'ora in poi venire a cercare, in così augusti esempi, insieme ad un incoraggiamento nella pratica delle più nobili virtù, un motivo costante di soddisfazione e di felicità (Leone XIII, Breve Neminem fugit del 14 giugno 1892).

Così ci appare la sacra Famiglia sotto l'umile tetto di Nazareth, vero modello di quella vita domestica con i suoi mutui rapporti di carità e le sue ineffabili bellezze, che è la sfera d'azione di milioni di fedeli in tutto il mondo; dove il marito comanda come faceva Giuseppe, la moglie obbedisce come faceva Maria; dove i genitori sono solleciti dell'educazione dei figli, e dove questi ultimi tengono il posto di Gesù con l'obbedienza, il progresso, la gioia e la luce che diffondono intorno a sé. Secondo l'espressione d'un pio autore che ci piace citare, il focolare cristiano, per le grazie che ogni giorno e ad ogni istante sono riversate dal cielo su di lui, per la moltitudine delle virtù che, mette in azione e infine per la felicità di cui è lo scrigno, è "come il vestibolo del Paradiso" (Coleridge, La vita della nostra vita, ovvero la Storia di Nostro Signor Gesù Cristo, III, c. 16). Cosicché non c'è da stupire se esso forma l'oggetto di continui attacchi dei nemici del genere umano. E se questi riportano talora qualche notevole vittoria sul regno fondato quaggiù da Nostro Signore, ciò avviene quando riescono a contaminare il matrimonio, a distruggere l'autorità dei genitori, a raffreddare gli affetti e i doveri che legano i figli al padre e alla madre. Non v'è invasione di orde barbariche avanzanti attraverso una fiorente regione che mettono a ferro e fuoco, che sia tanto odiosa agli occhi del cielo quanto una legge che sanzioni lo scioglimento del vincolo matrimoniale, o che sottragga i figli alla custodia e alla direzione dei genitori. In tutto il mondo per misericordia di Dio, la famiglia cristiana è stata stabilita e difesa dalla Chiesa come la sua più bella creazione e il suo più grande beneficio verso la società. Ora la luce, la pace, la purezza- e la felicità del focolare cristiano, è derivato tutto dalla vita trascorsa da Gesù, Maria e Giuseppe nella santa casa di Nazareth.

Storia del culto.

Il culto della sacra Famiglia si sviluppò particolarmente nel secolo XVII, sotto la forma di pie associazioni aventi come fine la santificazione delle famiglie cristiane sul modello di quella del Verbo incarnato. Questa devozione, introdotta nel Canada dai Padri della Compagnia di Gesù, non tardò a propagarsi rapidamente grazie allo zelo di Francesco di Montmorency-Laval, primo vescovo di Quebec. Il virtuoso Prelato, con il suggerimento e il concorso del Padre Chaumonot e di Barbara di Boulogne, vedova di Luigi d'Ailleboût di Coulonges, antico governatore del Canada, eresse nel 1665 una Confraternita di cui egli stesso ebbe cura di stendere i regolamenti, e poco tempo dopo istituì canonicamente nella sua diocesi la festa della Sacra Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe, disponendo che ci si servisse della Messa e dell'Ufficio che aveva fatto comporre per tale circostanza (Gosselin, Vie de Mgr. de Laval, I, e. 27).

Due secoli più te(di, davanti alle crescenti manifestazioni della pietà dei fedeli riguardo al mistero di Nazareth, il papa Leone XIII, con il Breve Neminem fugit del 14 giugno 1892, istituiva a Roma l'associazione della Sacra Famiglia, con lo scopo di unificare tutte le Confraternite costituite sotto lo stesso nome. L'anno seguente, lo stesso Sommo Pontefice decretava che la festa della Sacra Famiglia si celebrasse nella terza Domenica dopo l'Epifania dovunque era stata concessa, e la dotava d'una nuova Messa e d'un Ufficio di cui egli stesso aveva voluto comporre gli inni. Infine Benedetto XV, nel 1921, rendeva obbligatoria la festa in tutta la Chiesa, e la fissava alla Domenica tra l'Ottava dell'Epifania [1].

EPISTOLA (Col 3,12-17). - Fratelli: Rivestitevi adunque, come eletti di Dio, santi ed amati, di viscere di misericordia, di benignità, di umiltà, di modestia, di pazienza, sopportandovi a vicenda e perdonandovi scambievolmente, se alcuno ha di che dolersi d'un altro; come il Signore ci ha perdonati, così fate anche voi. Ma soprattutto abbiate la carità, che è vincolo della perfezione. E la pace di Cristo, alla quale siete stati chiamati in un solo corpo, trionfi nei vostri cuori; e siate riconoscenti. La parola di Cristo abiti in voi nella sua pienezza con ogni sapienza. Istruitevi ed esortatevi tra di voi con salmi, inni e cantici spirituali, dolcemente a Dio cantando nei vostri cuori. Qualunque cosa diciate o facciate, tutto fate nel nome del Signore Gesù Cristo, rendendo, per mezzo di lui, grazie a Dio Padre?
In questo brano dell'apostolo san Paolo troviamo l'enumerazione delle virtù familiari che debbono adornare il focolare cristiano: la dolcezza, l'umiltà e la pazienza, con le quali le anime sono rafforzate contro l'urto dei difetti, le divergenze di temperamento e di carattere; la mutua benevolenza la quale fa sì che ciascuno cerchi di alleggerire il fardello degli altri, non conosce le disgrazie e le infermità se non per addolcirne l'amarezza; la misericordiosa indulgenza che perdona gli inevitabili screzi e dispone i cuori offesi al perdono, sull'esempio del Signore che tutto ha perdonato. Tutte queste disposizioni morali hanno come radice la carità della quale appaiono come l'irradiamento: per essa le relazioni domestiche sono perfezionate, soprannaturalizzate, e si effondono nell'affetto profondo, nel rispetto, nei riguardi, nella sottomissione e nell'obbedienza. La pratica di queste virtù, unita agli atti di religione che vengono a santificare tutte le gioie e tutte le pene legate naturalmente alla vita familiare, assicura agli uomini il più largo margine di felicità di cui possono godere quaggiù, ed è proprio in Gesù, in Maria e in Giuseppe che bisogna cercarne il modello perfetto.

VANGELO (Lc 2,42-52). - Or quando Gesù raggiunse i dodici anni di età, essendo essi andati a Gerusalemme, secondo l'usanza della festa, al ritorno, passati i giorni della solennità, il fanciullo Gesù rimase in Gerusalemme, ne se ne avvidero i suoi genitori. Supponendo che fosse nella comitiva, fecero una giornata; poi si misero a cercarlo fra i parenti e i conoscenti. Ma non avendolo trovato, tornarono a Gerusalemme a cercarlo. E avvenne che dopo tre giorni lo trovarono nel tempio seduto fra i dottori ad ascoltarli ed interrogarli, mentre gli uditori stupivano della sua sapienza e delle sue risposte. E vedendolo ne fecero le meraviglie. E sua madre gli disse: Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre ed io, angosciati, ti cercavamo ! Ed egli rispose loro : E perché cercarmi ? Non sapevate che io devo occuparmi di ciò che spetta al Padre mio ? Ed essi non intesero le parole loro dette da lui. E se ne andò con loro e tornò a Nazaret, e stava loro soggetto. Però sua madre serbava in cuor suo tutte queste cose. E Gesù cresceva in sapienza, in età e in grazia dinanzi a Dio e agli uomini.
È così, o Gesù, che tu sei venuto dal cielo per ammaestrarci. La debolezza dell'infanzia, sotto le cui sembianze ti mostri a noi, non arresta il tuo ardore per farci conoscere l'unico Dio che ha fatto tutte le cose e te stesso, Figlio suo, che ci ha inviato. Posto nella mangiatoia, ammaestri con un solo sguardo i pastori; sotto le tue umili fasce, nel tuo volontario silenzio, hai rivelato ai Magi la luce che cercavano seguendo la stella. A dodici anni, spieghi ai dottori d'Israele le Scritture che rendono testimonianza di tè; a poco a poco dissipi le ombre della Legge con la tua presenza e con le tue parole. Per adempiere gli ordini del Padre tuo celeste, non temi di turbare il cuore della Madre cercando così anime da illuminare. Il tuo amore per gli uomini trapasserà ancora molto più crudelmente quel tenero cuore il giorno in cui, per la salvezza di quegli stessi uomini, Maria ti vedrà appeso al legno della croce morente fra i più atroci dolori. Sii benedetto, o Emmanuele, in questi primi misteri della tua infanzia, nei quali appari già occupato soltanto di noi e disposto a preferire alla stessa compagnia della Madre tua gli uomini peccatori che debbono un giorno cospirare alla tua morte.


PREGHIAMO
O Signore Gesù Cristo che, sottomesso a Maria e a Giuseppe, consacrasti la vita domestica con ineffabili virtù; fa' che noi, per loro intercessione, imitiamo gli esempi della tua Santa Famiglia e ne conseguiamo la compagnia in cielo.
---------------------------------------------------------------------------
NOTE

[1] La Francia però festeggia la Sacra Famiglia nella seconda Domenica dopo l'Epifania, a motivo della solennità dell'Epifania che ha luogo oggi.

Augustinus
11-01-09, 15:51
http://inillotempore.com/albums/LineArt/teaching_in_the_temple.jpg

DOMINICA INFRA OCTAVAM EPIPHANIÆ

SANCTÆ FAMILIÆ
JESU, MARIÆ, JOSEPH

Duplex majus

Introitus

Prov. 23, 24 et 25

EXSÚLTAT gáudio pater Justi, gáudeat Pater tuus et Mater tua, et exsúltet quæ génuit te. Ps. 83, 2-3. Quam dilécta tabernácula tua, Dómine virtútum! concupíscit et déficit ánima mea in átria Dómini. V/. Glória Patri. Exsúltat.


Oratio
DÓMINE Jesu Christe, qui, Maríæ et Joseph súbditus, domésticam vitam ineffabílibus virtútibus consecrásti: fac nos, utriúsque auxílio, Famíliæ sanctæ tuæ exémplis ínstrui; et consórtium cónsequi sempitérnum: Qui vivis.


Léctio Epístolæ beáti Pauli Apóstoli ad Colossénses
Col. 3, 12-17

FRATRES: Indúite vos sicut elécti Dei, sancti et dilécti, víscera misericórdiæ, benignitátem, humilitátem, modéstiam, patiéntiam: supportántes ínvicem, et donántes vobismetípsis, si quis advérsus áliquem habet querélam: sicut et Dóminus donávit vobis, ita et vos. Super ómnia autem hæc caritátem habéte, quod est vínculum perfectiónis: et pax Christi exsúltet in córdibus vestris, in qua et vocáti estis in uno córpore: et grati estóte. Verbum Christi hábitet in vobis abundánter, in omni sapiéntia, docéntes et commonéntes vosmetípsos psalmis, hymnis et cánticis spirituálibus, in grátia cantántes in córdibus vestris Deo. Omne, quodcúmque fácitis in verbo aut in ópere, ómnia in nómine Dómini Jesu Christi, grátias agéntes Deo et Patri per ipsum.

Graduale. Ps. 26, 4. Unam pétii a Dómino, hanc requíram: ut inhábitem in domo Dómini ómnibus diébus vitæ meæ. V/. Ps. 83, 5. Beáti, qui hábitant in domo tua, Dómine: in saécula sæculórum laudábunt te.

Allelúja, allelúja. V/. Is. 45, 15. Vere tu es Rex abscónditus, Deus Israël Salvátor. Allelúja.

In Missis votivis post Septuagesimam, omissis Allelúja, et Versu sequenti, dicitur:

Tractus. Hebr. 10, 5. Hóstiam et oblatiónem noluísti, corpus autem aptásti mihi. V/. Ps. 39, 7-8. Holocáustum et pro peccáto non postulásti: tunc dixi: Ecce, vénio. V/. Hebr. 10, 7. In cápite libri scriptum est de me: Ut fáciam, Deus, voluntátem tuam.

Tempore autem Paschali omittitur Graduale, et ejus loco dicitur:

Allelúja, allelúja. V/. Prov. 8, 34. Beátus homo qui audit me, et qui vígilat ad fores meas cotídie, et obsérvat ad postes óstii mei. Allelúja. V/. Col. 3, 3. Vita nostra est abscóndita cum Christo in Deo. Allelúja.


http://www.unavoce-ve.it/crux.gif Sequéntia sancti Evangélii secúndum Lucam
Luc. 2, 42-52

CUM factus esset Jesus annórum duódecim, ascendéntibus illis Jerosólymam secúndum consuetúdinem diéi festi, consummatísque diébus, cum redírent, remánsit puer Jesus in Jerúsalem, et non cognovérunt paréntes ejus. Existimántes autem illum esse in comitátu, venérunt iter diéi, et requirébant eum inter cognátos et notos. Et non inveniéntes, regréssi sunt in Jerúsalem, requiréntes eum. Et factum est, post tríduum invenérunt illum in templo sedéntem in médio doctórum, audiéntem illos et interrogántem eos. Stupébant autem omnes, qui eum audiébant, super prudéntia et respónsis ejus. Et vidéntes admiráti sunt. Et dixit Mater ejus ad illum: Fili, quid fecísti nobis sic? Ecce, pater tuus et ego doléntes quærebámus te. Et ait ad illos: Quid est, quod me quærebátis? Nesciebátis, quia in his, quæ Patris mei sunt, opórtet me esse? Et ipsi non intellexérunt verbum, quod locútus est ad eos. Et descéndit cum eis, et venit Názareth: et erat súbditus illis. Et Mater ejus conservábat ómnia verba hæc in corde suo. Et Jesus proficiébat sapiéntia et ætáte et grátia apud Deum et hómines.

Credo.

Offertorium. Luc. 2, 22. Tulérunt Jesum paréntes ejus in Jerúsalem, ut sísterent eum Dómino.


Secreta
PLACATIÓNIS hostiam offérimus tibi, Dómine, supplíciter deprecántes: ut, per intercessiónem Deíparæ Vírginis cum beáto Joseph, famílias nostras in pace et grátia tua fírmiter constítuas. Per eúndem Dóminum.

Præfatio de Epiphania.

Infra Octavam tantum etiam Communicántes de eadem Epiphania.

Communio. Luc. 2, 51. Descéndit Jesus cum eis, et venit Názareth, et erat súbditus illis.


Postcommunio
QUOS cæléstibus réficis sacraméntis, fac, Dómine Jesu, sanctae Famíliæ tuæ exémpla júgiter imitári: ut in hora mortis nostræ, occurrénte gloriósa Vírgine Matre tua cum beáto Joseph; per te in ætérna tabernácula récipi mereámur: Qui vivis.

¶ In fine legitur Evangelium S. Joannis.

¶ Infra Octavam, sicubi hæc fuerit celebranda, et in Missis votivis Sanctæ Familiæ, pro Orationibus juxta diversitatem Temporum assignatis, dicitur 2ª Oratio de Spiritu Sancto, 3ª contra persecutores Ecclesiæ, vel pro Papa.

FONTE (http://www.unavoce-ve.it/mr-s-familiae=lat.htm)

Augustinus
11-01-09, 16:23
http://www.advancedchristianity.com/MariaValtortaWebRing/Images/teachingattemple.jpg http://img352.imageshack.us/img352/9982/025a163f073fbdb8949775aod5.jpg Carl Bloch, Insegnando nel Tempio, XIX sec.

http://mini-site.louvre.fr/ingres/images/grandes-html/Jesusparmilesdocteurs.jpg http://images.bridgeman.co.uk/cgi-bin/bridgemanImage.cgi/600.XIR.5699220.7055475/226786.JPG http://images.bridgeman.co.uk/cgi-bin/bridgemanImage.cgi/600.XIR.6907120.7055475/213917.JPG Jean Auguste Dominique Ingres, Gesù tra i dottori, 1862, Musee Ingres, Montauban

http://www.catholicradiodramas.com/RosaryVideoPics/JoyfulMysteries/FindingOfJesus/FindingJesusInTheTemple2.jpg http://www.artmagick.com/images/content/hunt/hi/hunt20.jpg William Holman Hunt, Il ritrovamento del Salvatore nel Tempio, 1862, Birmingham Museum and Art Gallery, Birmingham

Augustinus
11-01-09, 21:58
http://www.musees.angers.fr/fileadmin/Musees/oeuvres/Champaigne.jpg http://www.culture.gouv.fr/Wave/image/joconde/0348/m074804_dc20313_p.jpg Philippe de Champaigne, Il fanciullo Gesù ritrovato nel Tempio, 1663, musée des beaux-arts, Angers

http://www.latribunedelart.com/Expositions/Expositions_2006/Stella_Andelys.JPG Jacques Stella, Gesù ritrovato dai genitori nel Tempio, chiesa di Notre-Dame-du-Grand-Andelys, Les Andelys

http://www.latribunedelart.com/Expositions/Expositions_2006/Stella_Fos.JPG Jacques Stella, Gesù ritrovato dai genitori nel Tempio, musée du Trésor de l'église de Saint-Béat, Fos

http://www.truthbook.com/images/site_images/James_Tissot_Jesus_sitting_in_the_midst_of_the_doc tors_400.jpg http://img171.imageshack.us/img171/913/dottoriqc4.jpg James Tissot, Gesù seduto tra i dottori, 1886-94

Augustinus
12-01-09, 09:47
http://img530.imageshack.us/img530/9287/373laceholyfamilyff6.jpg

http://img530.imageshack.us/img530/4531/383flightintoegypt2ug1.jpg

http://img234.imageshack.us/img234/3750/holyfamily2xa9.jpg

http://img50.imageshack.us/img50/2742/hflacesr7.jpg

Holuxar
14-01-19, 00:46
13 GENNAIO 2019: DOMENICA PRIMA DOPO L'EPIFANIA, FESTA DELLA SACRA FAMIGLIA; BATTESIMO DI NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO…



«DOMENICA PRIMA DOPO L'EPIFANIA FESTA DELLA SACRA FAMIGLIA»
Guéranger, L'anno liturgico - Domenica Prima dopo l'Epifania. Festa della Sacra Famiglia (http://www.unavoce-ve.it/pg-natale-sfamiglia.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-natale-sfamiglia.htm


«13 GENNAIO BATTESIMO DI CRISTO»
Guéranger, L'anno liturgico - Battesimo di Cristo (http://www.unavoce-ve.it/pg-13gen.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-13gen.htm





Ottava dell'Epifania - Sodalitium (http://www.sodalitium.biz/ottava-dellepifania/)
http://www.sodalitium.biz/ottava-dellepifania/
«13 gennaio, Ottava dell’Epifania e commemorazione del Battesimo di Nostro Signore Gesù Cristo.
“Il secondo Mistero dell’Epifania, il Mistero del Battesimo di Cristo nel Giordano, attira oggi in modo speciale l’attenzione della Chiesa. L’Emmanuele si è manifestato ai Magi dopo essersi mostrato ai pastori; ma questa manifestazione è avvenuta nel ristretto spazio d’una stalla a Betlemme, e gli uomini di questo mondo non l’hanno conosciuta. Nel mistero del Giordano, Cristo si manifesta con maggior splendore. La sua venuta è annunciata dal Precursore; la folla che accorre al Battesimo del fiume ne fa testimonianza, e Gesù esordisce alla vita pubblica. Ma chi potrebbe descrivere la grandiosità delle cose che accompagnano questa seconda Epifania? … Glorifichiamo dunque Cristo per questa seconda manifestazione del suo divino carattere, e rendiamogli grazie, insieme con la santa Chiesa, per averci dato, dopo la Stella della fede che ci illumina, l’Acqua potente che toglie le nostre immondezze. Nella nostra riconoscenza, ammiriamo l’umiltà del Salvatore che si curva sotto la mano di un uomo mortale al fine di compiere ogni giustizia, come dice egli stesso; poiché, avendo assunto la forma del peccato era necessario che sopportasse l’umiliazione per risollevarci dal nostro abbassamento” (dom Prosper Guéranger).»
http://www.sodalitium.biz/wp-content/uploads/battesimo-ges%C3%B9-1.png


http://www.sodalitium.biz/wp-content/uploads/battesimo-ges%C3%B9-1.png



Sacra Famiglia - Sodalitium (http://www.sodalitium.biz/sacra-famiglia/)
http://www.sodalitium.biz/sacra-famiglia/
«12 gennaio 2019, la Sacra Famiglia.
O Santissima Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe, speranza e consolazione delle famiglie cristiane, accogliete la nostra: noi ve la consacriamo interamente e per sempre. Benedite tutti i membri, dirigeteli tutti secondo i desideri dei vostri cuori, salvateli tutti. Noi ve ne scongiuriamo per tutti i vostri meriti, per tutte le vostre virtù, e soprattutto per l’amore che vi unisce e per quello che portate ai vostri figli adottivi. Non permettete mai che qualcuno di noi abbia a precipitare nell’inferno. Richiamate a voi quelli che avessero la disgrazia di abbandonare i vostri insegnamenti e il vostro amore. Sorreggete i nostri passi vacillanti in mezzo alle prove e ai pericoli della vita. Soccorreteci sempre, e specialmente nel momento della morte, affinché un giorno possiamo trovarci tutti riuniti nel cielo intorno a voi, per amarvi e insieme benedirvi per tutta l’eternità. Così sia. (Preghiera dell’Associazione famiglie consacrate alla S. Famiglia, approvata da Pio lX, 1870)»
http://www.sodalitium.biz/wp-content/uploads/sacra-famiglia-1.jpg


http://www.sodalitium.biz/wp-content/uploads/sacra-famiglia-1.jpg



SANTE MESSE celebrate dai Sacerdoti dell'Istituto Mater Boni Consilii (I.M.B.C.):



"Sante Messe - Sodalitium."
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/

"S. Messa in provincia di Verona - Sodalitium."
http://www.sodalitium.biz/s-messa-provincia-verona/

“Sodalitium - IMBC.”
https://www.youtube.com/user/sodalitium

“Omelie dell'I.M.B.C. a Ferrara.”
https://www.facebook.com/OmelieIMBCFerrara/

http://www.oratoriosantambrogiombc.it/
“Oratorio Sant'Ambrogio, Milano - Offertur Oblatio Munda (Malachia 1, 11).”




SANTA MESSA celebrata da Don Floriano Abrahamowicz a Paese (Tv) stamattina 13 GENNAIO 2019, DOMENICA PRIMA DOPO L’EPIFANIA, FESTA DELLA SACRA FAMIGLIA:


«Don Floriano Abrahamowicz - Domus Marcel Lefebvre.
http://www.domusmarcellefebvre.it/
Sacra Famiglia
https://www.youtube.com/watch?v=M83o5Eohbdc
https://www.youtube.com/user/florianoabrahamowicz
SANTA MESSA - domusmarcellefebvre110815 (http://www.domusmarcellefebvre.it/santa-messa-1.php)
http://www.domusmarcellefebvre.it/santa-messa-1.php
La Santa Messa tutte le domeniche alle ore 10.30 a Paese, Treviso.»





https://tradidiaccepi.blogspot.com

https://www.facebook.com/catholictradition2016/
«Sancti et Sanctae Dei, orate pro nobis.»
https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/50110044_1681771385257510_7146621707036393472_n.jp g?_nc_cat=100&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&oh=7131ae39732e6ba20613bf041c91c840&oe=5CB79D46


https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/50110044_1681771385257510_7146621707036393472_n.jp g?_nc_cat=100&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&oh=7131ae39732e6ba20613bf041c91c840&oe=5CB79D46




https://stateettenetetraditiones.blogspot.com/2019/01/ottava-dellepifania-battesimo-di-nostro.html?m=1
“OTTAVA DELL'EPIFANIA: BATTESIMO DI NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO
Doppio maggiore.
Paramenti bianchi.
Dell'antico ufficio della Santa Chiesa Romana che celebrava, in questo giorno ottavo della solennità dell'Epifania, il Battesimo di Nostro Signore Gesù Cristo nel Giordano, e la seconda gloriosa manifestazione della sua divinità data dal Padre celeste, si sono conservati solo l'Oratio, l'Evangelium, la Secreta e il Postcommunio. Il resto della Santa Messa è preso da quella dell'Epifania, cosicché non si perda di vista il Bambino divino di Betlemme. Il mondo intero attendeva il Messia promesso e ora che «è venuto questo Signore sovrano che tiene nella sua mano il regno e il potere ed il comando su tutti i cuori» (Introitus) e che ha la missione di riscattare il genere umano dal potere di Satana, è tempo che compaia San Giovanni Battista, quest'uomo «inviato da Dio» (Prologo del santo Vangelo di Giovanni, ultimo Vangelo della Santa Messa), e che egli additi Nostro Signore Gesù Cristo ad Israele (Evangelium). La santità del Precursore è riconosciuta da tutti i Giudei e i Pagani che vengono in folla (Epistola) a ricevere da Lui il battesimo di penitenza. Egli ha sopra di loro tutta l'autorità per compiere la sua missione, che consiste nel presentare ufficialmente, lo Sposo alla Sposa, Cristo alle anime.
L'Evangelium ci dice che San Giovanni Battista vide lo Spirito Santo posarsi sopra Nostro Signore Gesù Cristo appena Egli riemerse dalle acque del Giordano, e rese allora «testimonianza che quegli era il Figlio di Dio», che «era apparso sulla terra rivestito della nostra carne» (Oratio).
Nostro Signore Gesù Cristo è, in tale circostanza, che istituì il Sacramento del Battesimo, allorché Egli, vero Uomo e vero Dio, infuse nell'acqua il potere di santificare. È il Santo Battesimo infatti «che deve sottomettere a Gesù tutte le Nazioni» (Offertorium). In questa festa la Santa Chiesa ci invita a riflettere sulla nostra rigenerazione nelle acque lustrali.”
https://4.bp.blogspot.com/-L1GSC8-PijY/XDRidnoXDMI/AAAAAAAAAXE/2aW8Kfi6mO8jfJzpCO_1kvKXPSshrP75QCLcBGAs/s1600/Battesimo%2Bdel%2BSignore.jpg


https://4.bp.blogspot.com/-L1GSC8-PijY/XDRidnoXDMI/AAAAAAAAAXE/2aW8Kfi6mO8jfJzpCO_1kvKXPSshrP75QCLcBGAs/s1600/Battesimo%2Bdel%2BSignore.jpg


https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/50340737_1681771325257516_6269477789057941504_n.jp g?_nc_cat=101&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&oh=7ecf966297e3f551534865f43a1a44dc&oe=5CBDE26C


https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/50340737_1681771325257516_6269477789057941504_n.jp g?_nc_cat=101&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&oh=7ecf966297e3f551534865f43a1a44dc&oe=5CBDE26C



https://stateettenetetraditiones.blogspot.com/2019/01/festa-della-sacra-famiglia-di-gesu.html?m=1
“sabato 12 gennaio 2019
Festa della Sacra Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe
Questa festa si celebra la Domenica infra l'Ottava dell'Epifania di Nostro Signore Gesù Cristo, oppure, se tale Domenica occorra all'Ottava dell'Epifania (13 gennaio), il sabato che la precede.”
https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/49739196_1680385812062734_5731561524967768064_n.jp g?_nc_cat=109&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&oh=7d514a8f3e6803aaf2e9c208a0611b85&oe=5CBC63DB
https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/50240887_1680385755396073_1756246877914791936_n.jp g?_nc_cat=100&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&oh=d377c1b8aab4bb8b85fbd6eca93a4224&oe=5CD00358







https://www.sursumcorda.cloud/
https://www.sursumcorda.cloud/preghiere/2051-inno-a-gesu-bambino-nel-presepe.html
https://www.sursumcorda.cloud/preghiere/1422-preghiera-alla-sacra-famiglia-approvata-da-papa-pio-ix.html
https://www.sursumcorda.cloud/comunicati-e-note/1633-comunicato-numero-111-la-sacra-famiglia-torna-a-nazareth.html
https://www.sursumcorda.cloud/preghiere.html
https://www.sursumcorda.cloud/massime-e-meditazioni/la-questione-del-papa-eretico.html
https://www.facebook.com/CdpSursumCorda/
«Carlo Di Pietro - Sursum Corda»
https://www.facebook.com/CdpSursumCorda/
“12 gennaio 2019, la Sacra Famiglia (con memoria della domenica nell'ottava dell'Epifania anticipata, domani messa dell'Ottava).”
https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/49721920_2039756329394099_3358585947829567488_n.jp g?_nc_cat=103&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&oh=154c07db95a8715bf6dd044da4f5731f&oe=5CCF7FF7


https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/49721920_2039756329394099_3358585947829567488_n.jp g?_nc_cat=103&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&oh=154c07db95a8715bf6dd044da4f5731f&oe=5CCF7FF7


«13 gennaio 1957. Signore, Dio di bontà e di misericordia, che nel mondo del male e del peccato alla società dei redenti hai offerto, purissimo specchio di pietà, di giustizia, di amore, la Santa Famiglia di Nazareth, vedi come la famiglia è oggi da ogni parte insidiata, e tutto congiura a profanarla, strappandole la fede, la religione, il costume. Assisti, o Signore, l'opera delle tue mani. Proteggi nei nostri focolari le virtù domestiche, garanzia unica di concordia e di pace. Vieni e suscita i difensori della famiglia. Suscita gli apostoli dei nuovi tempi, che nel tuo Nome, col messaggio di Gesù Cristo e con la santità della vita richiamino alla fedeltà i coniugi, all'esercizio dell'autorità i genitori, all'ubbidienza i figli, alla modestia le fanciulle, alla stima e all'amore della casa da te benedetta le menti e i cuori di tutti. Restaurata in Gesù Cristo sugli esempi del divino modello di Nazareth, la famiglia cristiana ritrovi il suo volto; ogni domestico nido ritorni santuario; si riaccenda in ogni focolare la fiamma della fede, che porta le avversità in pazienza, la prosperità con moderazione, e tutto compone nell'ordine e nella pace. Sotto il tuo sguardo paterno, o Signore, e affidata alla tua Provvidenza, auspice l'amoroso patrocinio di Gesù, Maria e Giuseppe, la famiglia sarà asilo di virtù, scuola di sapienza. Sarà riposo negli affanni della vita, testimonianza alle promesse di Cristo. Renderà al cospetto del mondo gloria a Te, Padre, e al tuo Figlio Gesù, finchè non giunga con tutti i suoi membri a cantare le tue lodi nei secoli eterni. Così sia!
PREGHIERA DELLE FAMIGLIE CRISTIANE DI SUA SANTITÀ PIO XII»
https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/49790990_2041810252522040_3219833168156688384_n.jp g?_nc_cat=104&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&oh=fb9ff53f99312f6a9eb6f3a10f2345c0&oe=5CBA4499







Radio Spada | Radio Spada ? Tagliente ma puntuale (http://www.radiospada.org)
http://www.radiospada.org
Edizioni Radio Spada - Home (http://www.edizioniradiospada.com)
http://www.edizioniradiospada.com
https://www.facebook.com/radiospadasocial/?fref=nf
“13 gennaio 2019: Santa festa DELLA SACRA FAMIGLIA.”
https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/50314451_2478458115517176_7763033330299174912_n.jp g?_nc_cat=101&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&oh=db38b73d7522e35ea1094e75f18c10b0&oe=5CD6FE69


https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/50314451_2478458115517176_7763033330299174912_n.jp g?_nc_cat=101&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&oh=db38b73d7522e35ea1094e75f18c10b0&oe=5CD6FE69


"13 GENNAIO 2019: Ottava dell'Epifania.”
https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/50280342_2478455898850731_3834891863836327936_n.jp g?_nc_cat=103&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&oh=34b49bc5ecdea619078fb09af31caabd&oe=5CD2C121


https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/50280342_2478455898850731_3834891863836327936_n.jp g?_nc_cat=103&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&oh=34b49bc5ecdea619078fb09af31caabd&oe=5CD2C121


https://www.radiospada.org/2019/01/il-segreto-ammirabile-del-santo-rosario-di-san-l-m-g-de-monfort-introduzione/
https://i1.wp.com/www.radiospada.org/wp-content/uploads/2019/01/rosario2.jpg?w=450&ssl=1

https://www.radiospada.org/2019/01/difunde-tu-fe-catolica-las-tres-avemarias-la-tradicional-forma-de-encomendarse-a-diario-a-la-virgen-nuestra-senora/
https://i0.wp.com/www.radiospada.org/wp-content/uploads/2019/01/ESTAMPTRESAVEMARIAS.jpg?w=1001&ssl=1





Ligue Saint Amédée (http://www.SaintAmedee.ch)
http://www.SaintAmedee.ch
https://www.facebook.com/SaintAmedee/?fref=nf
«Intransigeants sur la doctrine ; charitables dans l'évangélisation [Non Una Cum].»

"Jésus, Marie, Joseph, donnez à ma maison et à tous ceux qui l'habitent, la paix et le bonheur de Nazareth."
https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/49836951_800337610298921_311680751558983680_n.jpg? _nc_cat=111&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&oh=bd67f32406c0f5dded62b09774eba967&oe=5CBB9141


https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/49836951_800337610298921_311680751558983680_n.jpg? _nc_cat=111&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&oh=bd67f32406c0f5dded62b09774eba967&oe=5CBB9141


"Octave de l'Épiphanie."
https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/49949478_799333453732670_8133164583847198720_n.jpg ?_nc_cat=107&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&oh=b1e77a5a7b13895e11dedf6688e26e75&oe=5CD7D4A5


https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/49949478_799333453732670_8133164583847198720_n.jpg ?_nc_cat=107&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&oh=b1e77a5a7b13895e11dedf6688e26e75&oe=5CD7D4A5


13 janvier : Baptême de Notre Seigneur Jésus-Christ :: Ligue Saint Amédée (http://liguesaintamedee.ch/saint-du-jour/13-janvier-bapteme-de-jesus-christ)
«13 janvier : Baptême de Notre Seigneur Jésus-Christ»
http://liguesaintamedee.ch/application/files/9915/1519/6216/01_13_bapteme_NSJC_2.jpg


http://liguesaintamedee.ch/application/files/9915/1519/6216/01_13_bapteme_NSJC_2.jpg





Lodato sempre sia il Santissimo nome di Gesù, Giuseppe e di Maria!!!
Christus vincit! Christus regnat! Christus imperat!
Luca, Sursum Corda – Habemus Ad Dominum!!!