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Visualizza Versione Completa : Ricordo personale di Mons.Luigi Giussani e di CL



Vandeano (POL)
22-02-05, 22:14
Si é spento oggi "il Gius",così chiamavano Mons.Luigi Giussani quelli di Comunione e Liberazione,il Movimento da lui fondato ed oggi presente in 80 paesi,un Movimento che sa essere tutto ed il contrario di tutto: Anticomunista,ma Liberale,dove la realtà viene spesso relativizzata all'estremo e dove anche la Fede è una Militanza più Razionalistica che Spirituale,certamente ha il merito di non rappresentare solo un Movimento o un Associazione di elité come l'Opus Dei,Regnum Christi (Movimento Laicale dei Legionari di Cristo) o Alleanza Cattolica,anche se va spesso abbraccetto con queste realtà purtroppo ! Ho conosciuto Don Giussani attraverso i suoi scritti,che sono stati importantissimi per la mia crescita nella pre-adolescenza e nella successiva breve adolescenza,nonostante io venissi da una Famiglia Nobile ma povera e da una Destra Sociale,Anti-Comunista sì,ma anche profondamente anti-capitalista ed anti-liberale ed allora scelsi per tanti motivi Alleanza Cattolica,sbagliando ancor di più,legata comunque a Ferrara a doppio filo con Comunione e Liberazione,in una terra ed in una Arcidiocesi,quella di Ferrara-Comacchio,dove il Comunismo è sempre stato una realtà immanente ed immutabile ed anche i Cattolici,se non Cattocomunisti,devono vivere da isolati e da disprezzati,contandosi sulle dita e spesso fuggiti persino dagli stessi Parroci ed Autorità Ecclesiastiche,vere o presunte ! Insomma in questo scenario nebbioso ed avvilente di questo angolo di itaglietta guareschiana,CL ha rappresentato per me,come per molti ragazzi,quel salvagente che lì ha salvati dall'inelluttabile pensiero debole che si respira nelle Parrocchie di ieri come di oggi,che dopo la Cresima ti fà stufare e finire nel peccato fra le braccia del Vero Nemico ! Grazie Don Gius persino da uno che oggi è Sedevacantista !

REQUIEM AETERNAE DONA EIS DOMINE ET LUX PERPETUA LUCE AT EIS,REQUIESCANT IN PACE AMEN


Succi Leonelli Marco (IL VANDEANO)

Vandeano (POL)
22-02-05, 23:34
Alle ore 3.10 di oggi, 22 febbraio 2005, don Luigi Giussani è morto nella
sua abitazione di Milano, per insufficienza circolatoria e renale a seguito
della grave polmonite che lo aveva colpito nei giorni scorsi. Aveva 82 anni.
Questo è il testo che don Julián Carrón, a nome della Presidenza di Comunione
e Liberazione, ha inviato a tutte le comunità di Cl sparse nel mondo:


Cari amici,
alle ore 3.10 del 22 Febbraio, festa della Cattedra di San Pietro, il Signore
ha chiamato il nostro carissimo don Giussani.
Certi nella speranza della risurrezione, attraverso l'intenso dolore per
questo distacco, nell'abbraccio di Cristo lo riconosciamo padre più che
mai, egli che ora contempla la Presenza, a lui tanto cara, di Gesù Cristo,
che in tutta la sua vita ci ha insegnato a conoscere e ad amare come consistenza
totale di ogni cosa e di ogni rapporto.
Affidandoci tutti alla Madonna, "di speranza fontana vivace", chiediamo
alle comunità di celebrare l'Eucaristia. Grati per la vita di don Giussani,
domandiamo che la sua fede, speranza e carità diventino sempre più nostre.
Per la Presidenza
Don Julián Carrón

TheDruid (POL)
22-02-05, 23:55
http://www.politicaonline.net/forum/images/icons/rose.gif

Agnus Dei, qui tollis peccata mundi,
dona eis requiem.
Agnus Dei, qui tollis peccata mundi,
dona eis requiem sempiternam.
Lux aeterna luceat eis, Domine,
cum sanctis tuis in aeternum, quia pius es.
Requiem aeternam dona eis, Domine,
et lux perpetua luceat eis.
Requiéscat in Pace.

Augustinus
25-02-05, 11:37
Ieri si sono svolti i funerali di Mons. Giussani. Mi ero ripromesso di non intervenire sul punto, ma dopo aver visto l'omelia funebre del Card. Ratzinger, non posso non meravigliarmi, nè tacere.
Infatti, Mons. Giussani - penso, involontariamente - non era un personaggio perfettamente "ortodosso", nel senso che, sia pur in buona fede, proponeva un insieme di dottrine, di convinzioni, assolutamente poco cattoliche, se non addirittura eterodosse.
Infatti, i suoi testi fondamentali, ancora oggi fortemente in auge nel movimento da lui fondato, suscitano nel lettore attento non poche perplessità, soprattutto laddove cerca di tradurre - sovente con giri di parole e bizantinismi filosofeggianti - la dottrina cristiana di sempre. Spesso nei suoi testi emerge quantomeno una tensione al panteismo ed al relativismo religioso. Ad es., il celebre passo paolino della Lettera ai Colossesi "e tutto in Lui (Cristo) sussiste" è reso ed inteso "e tutto in Lui consiste". Quasi che Dio sia "parcellizzato" nel tutto (cioè il creato). Questo è un passo chiaramente attestante la Divinità di Cristo, che è svilito dal "don Gius" con una lettura di stampo vagamente panteistico.
Tale pensiero è ribadito più chiaramente sostenendo che "tutto ciò di cui sei fatto (tutto!), tutto in Lui consiste, è fatto da qualcosa che non viene fuori dal niente; e fuori dal niente c'è l'Essere e l'Essere è uno solo: il Mistero di Dio che si è fatto uomo. Perciò tutto è gloria di Cristo, perché tutto è fatto di Cristo".
Ma questo è solo uno dei tanti passaggi dei suoi testi famosi.
E dunque la ragione di perplessità è stata nel vedere quello che dovrebbe essere il garante della perfetta ortodossia, cioè il Card. Ratzinger - che pure conosco personalmente come persona "intransigente" - ne abbia celebrato le lodi. Forse, e lo spero di cuore, avrà inteso celebrarlo come uomo, non già come maestro di fede.
E d'altro canto, come uomo, non posso non affidarlo alla Misericordia Divina, pregando per la sua anima.

Vandeano (POL)
25-02-05, 12:43
Parimenti anch'io mi ero ripromesso di non parlarne,per non violare la netiquette del Forum,ma se lo fa Augustinus la dico tutta.Se nell'adolescenza lo pensavo un maestro poi lo scoperto anch'io eterodosso in molte cose Don Giussani ! Riporto questa mail giuntami dalla NewsLetter del sito dell'Associazione Amicizia Cristiana.



DON LUIGI GIUSSANI
e “COMUNIONE E LIBERAZIONE”
A CONFRONTO CON
LA SANTA FEDE CATTOLICA

Introduzione

Sono Davide Gasparini, un cattolico con interesse alla teologia.
Dopo aver notato delle gravi stonature nelle parole e negli atteggiamenti dei partecipanti al movimento “comunione e liberazione”, mi sono interessato più approfonditamente della questione, partecipando dopo loro invito e per un periodo sufficiente, a quella che chiamano “scuola di comunità”, dalla quale ho avuto conferma della non cattolicità di quanto viene insegnato ai partecipanti.
Successivamente, studiando con attenzione gli scritti di don Luigi Giussani e confrontandoli con gli insegnamenti della Chiesa cattolica, ho dovuto ancor più amaramente prendere atto che quanto insegna questo sacerdote è il “modernismo”, ovvero, per usare le parole di san Pio x, "la sintesi di tutte le eresie", a causa delle quali si diedero le relative scomuniche, che sono e rimarranno sempre valide; alcuni di questi errori sono stati ripresi e ricondannati dal nostro Papa sotto la voce “relativismo” dopo che si sono riscontrate delle gravi deviazioni dalla Fede cattolica sia in ambienti teologici che in settori sempre più vasti dell’opinione pubblica cattolica, come si può leggere nella Dichiarazione “Dominus Jesus” ed in altri importanti documenti scritti dal Pontefice.
Prima di passare all'esposizione dei gravissimi errori del sacerdote in questione e del modo di eludere le verità della santa Fede cattolica, si sottolinea che il lavoro fatto, visionato ed approvato da un sacerdote insegnante di teologia di Reggio Emilia, è quello di contrapporre gli insegnamenti ufficiali e assoluti della Chiesa, sopratutto quelli contro il modernismo ed il relativismo (per citarne alcuni: Enciclica "Pascendi" e Decreto "Lamentabili" - san Pio X; Costituzione "Dei Filius" - beato Pio IX; Dichiarazione "Dominus Jesus", Motu Proprio “Ad Tuendam Fidem”, Enciclica "Fides et Ratio" - Giovanni Paolo II), con le affermazioni di mons. Luigi Giussani, estrapolate dai suoi libri con lo stesso significato che hanno nel contesto.
I libri del sacerdote in questione che sono stati presi in esame sono: "Si può vivere così?" (ristampa 1994), "Il senso religioso" (ristampa 1993), "Perché la Chiesa" tomo 1 (ristampa 1992), "Perché la Chiesa" tomo 2 (ristampa 1993); questi ultimi tre libri, con un quarto, sono di fatto il catechismo del movimento "comunione e liberazione", fondato da mons. Luigi Giussani.
Per verificare l'attendibilità dei brani riportati, si informa che i libri del sacerdote in questione sono in vendita nelle librerie cattoliche, mentre i documenti della Chiesa cattolica sopra citati, si possono trovare nel sito Internet del Vaticano http://www.vatican.va/ o nel sito: http://digilander.iol.it/magistero/.

Continua...


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Augustinus
25-02-05, 15:41
Ovviamente non manca chi, pur non argomentando, scade nel triviale e nel volgare (QUI (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?postid=1904499#post1904499)) :rolleyes: :rolleyes: :rolleyes:

uva bianca
25-02-05, 16:24
Originally posted by Vandeano

Successivamente, studiando con attenzione gli scritti di don Luigi Giussani e confrontandoli con gli insegnamenti della Chiesa cattolica, ho dovuto ancor più amaramente prendere atto che quanto insegna questo sacerdote è il “modernismo”, ovvero, per usare le parole di san Pio x, "la sintesi di tutte le eresie

Questa affermazione mi sembra oggettivamente fuori luogo; comunque se siete interessati alla tesi di Mons. Giussani "eretico" c'è un sito che tratta abbastanza approfonditamente di questo argomento.

Le "eresie" di Don Giussani (http://www.zaccariaelisabetta.it/documento.htm)

Thomas Aquinas
25-02-05, 19:37
Originally posted by Augustinus
Ovviamente non manca chi, pur non argomentando, scade nel triviale e nel volgare (QUI (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?postid=1904499#post1904499)) :rolleyes: :rolleyes: :rolleyes:

Sbagliato, chi non argomenta è chi ha redatto il sito dal quale sono attinte le informazioni che poi hai diffuso.

Sai perchè?

Perchè ha preso dei pezzi sparsi di testi, non capendoli tra l'altro, fraintendendoli quasi sempre, confrontandoli spesso con testi che parlano di altro.

Perchè quando si tratta di attaccare gli altri (chissà perchè poi) diventano tutti dottoroni, in grado di giudicare chiunque.

Insomma, qui voi ne volete sapere più del Cardinale Ratzinger,
che tristezza, che squallida tristezza. I sedevacantisti sono più espliciti almeno, qui invece il messaggio è lo stesso, ma più subdolo.

Meno giudizi, infondati,
e più carità, così magari questo forum riesce anche ad assomigliare lontanamente ad un forum cattolico.

Augustinus
26-02-05, 01:26
La carità non ci esime dall'affermare la verità, a tempo opportuno ed inopportuno.
Orbene, se si guarda al movimento di CL - e chiunque frequenti Università ne avrà avuto modo di venirne a contatto - non si potrà non concordare che trattasi di una realtà per molti aspetti deludente e che fa propri degli aspetti dottrinali assai discutibili. In effetti, chi ha avuto modo di venire in contatto con i c.d. ciellini non si stupirà di quanto attestato dal sito a cui si richiama l'amico Vandeano.
Come sempre bisogna conoscere certe realtà, prima di esprimere giudizi. Ma questi non si deve aver timore di proclamarli. Con carità. Certo. ;)

Thomas Aquinas
26-02-05, 01:29
Mi pare che don Giussani non sia "i ciellini" e che non sia da confondere con essi, soprattutto negli ultimi anni.
Le presunte eresie non sono altro che letture e interpretazioni unilaterali e parziali del suo pensiero: infatti le autorità legittime non han mai avuto nulla da ridire, anzi...lo stesso Card. Ratzinger, che proprio eretico non mi pare, ha tenuto una splendida e sentitissima omelia, durante i funerali di Mons. Giussani.

Bellarmino
26-02-05, 01:44
Originally posted by Thomas Aquinas
Mi pare che don Giussani non sia "i ciellini" e che non sia da confondere con essi, soprattutto negli ultimi anni.
Le presunte eresie non sono altro che letture e interpretazioni unilaterali e parziali del suo pensiero: infatti le autorità legittime non han mai avuto nulla da ridire, anzi...lo stesso Card. Ratzinger, che proprio eretico non mi pare, ha tenuto una splendida e sentitissima omelia, durante i funerali di Mons. Giussani.
Ormai le "splendide" e "santissime" omelie le tengono anche ai funerali di divorziati e suicidi. :D

Vandeano (POL)
26-02-05, 14:42
Il Giornale 23.02.2005 di Antonio Socci

Questo è l'articolo che non avrei mai voluto scrivere. Capita di dover
buttar giù con le lacrime e non con l'inchiostro, alla rinfusa, le parole e
i pensieri: quando muore un padre. Non lacrime per te, carissimo don Gius,
che oggi sei nella felicità totale, accanto a quell'Amico e Padre e Creatore
che ci hai fatto conoscere e ci hai insegnato ad amare, con forza virile e
appassionata: a noi, migliaia di naufraghi di una generazione sola e confusa
o disperata. Non per te che hai terminato la tua corsa così come l'hai
vissuta, quando per noi interpretavi Leopardi e la VII di Beethoven, con il
cuore in fiamme, gridando al mondo che il senso della vita e di tutte le
cose è Lui, Gesù, Dio fatto uomo. Non per te che oggi sei stato accolto e
abbracciato nel Mondo nuovo e definitivo dalla "ragazza di Nazaret", la
Regina umile e materna che veglia su ciascuno di noi (come ci incanta la sua
tenerezza che ci hai fatto scoprire).

Ma lacrime per me, per noi, per il nostro tempo. Alla fine è sempre su di sé
che si piange. Guardo i volti dei miei figli e penso che non sarebbero mai
esistiti senza di te, senza la storia di amicizia che da te è nata e a un
certo punto ha raccolto e salvato anche me e la ragazza che sarebbe
diventata mia moglie, come tante altre barchette che nella giovinezza
vagavano alla deriva. C'è un intero popolo, specie della mia generazione,
che oggi guardando i propri figli pensa questo. E pensa che non potranno più
incontrare e ascoltare quell'uomo coraggioso e appassionato, figlio della
Brianza cattolica, che ha reso ardente la nostra giovinezza.

Ha acceso i cuori, ha illuminato le strade cupe di una gioventù incenerita
dall'ideologia e divorata dalle sabbie del Nulla, ha fatto fiorire il cuore
e l'intelligenza, ha fatto irrompere nelle nostre esistenze la bellezza di
Gesù Cristo, proprio come nel quadro di Caravaggio che tanto Giussani amava,
"La vocazione di Matteo", dove Gesù, insieme a un raggio di sole, irrompe
nella buia vita di Matteo e lo chiama per nome e lui - stupito di sentirsi
guardato e amato - si chiede col gesto della mano: "io? Hai chiamato proprio
me?" (lui che sapeva di non meritarlo, che conduceva una vita squallida).

E' quella la prima volta che un uomo dice veramente "io". Non si può
dimenticare quel giorno. Io avevo diciotto anni quando incontrai due dei
"suoi", Andrea e Dado. Straordinari, affascinante la loro umanità,
contagiosa la loro passione per la vita, per tutto ciò che è umano. Il
giorno dopo c'era un tronco di quercia abbattuto su cui si poteva star
seduti, una strada di campo, tigli in fiore davanti a me e il vento caldo
che soffiava carezzando l'erba alta. Passai il pomeriggio a leggere
avidamente quelle pagine. Era così entusiasmante scoprire lì la personalità
umana di Gesù.

Non so quante volte ho riletto quelle parole di Giussani che Lo descrivevano
nei fatti del Vangelo: "una presenza straordinaria", "il dominatore della
natura" (addirittura Gesù comanda alla tempesta e alla morte), "Egli ci
conosce e ci comprende", "il Signore della parola" ("di fronte a Lui tutti
gli avversari erano impotenti"), "il Pastore buono" ("la gente potente,
capace di scandagliare la nostra psiche, la gente che ci parla dalle
cattedre, è così difficilmente buona! Lui invece. 'Prese un bimbo e se lo
pose sulle ginocchia'. Dio è buono perché ci salva"),.

Nessuno mai me l'aveva fatto conoscere e incontrare così. Mi sembrava di
aver sempre desiderato di incontrare uno così ed essergli amico. Un antico
padre - Dionigi l'Areopagita - si chiedeva: "chi potrà mai parlare dell'
amore all'uomo proprio di Cristo, traboccante di pace?". Il mio tempo ha
avuto questa immensa fortuna, di avere uomini toccati dalla grazia nei cui
volti, nel cui accento, nella cui umanità ci si accorge della presenza vera
e potente di Gesù, per noi qui e ora. Penso, insieme con don Giussani, alla
straordinaria persona di Giovanni Paolo II, penso a Madre Teresa. Dei
giganti. Vere icone di Cristo, di un'umanità redenta, libera, vera.

Mi dicevano degli amici che nei giorni scorsi, come tutte le comunità di CL,
anche i ciellini di Napoli si sono trovati a pregare insieme per don
Giussani. L'hanno fatto nella cappella di San Gennaro e pare che alla fine
il sacerdote si sia accorto, con qualche meraviglia, che il sangue del santo
si era liquefatto. Non conosco i particolari. In ogni caso la speciale
predilezione di Dio per quest'uomo, per questo sacerdote lombardo, era
evidente. E non è un caso che la sua morte sia avvenuta nel giorno in cui la
Chiesa celebra "La Cattedra di Pietro".

Negli anni Settanta in cui la Chiesa era terribilmente sballottata dalla
tempesta, dalla contestazione, dall'autodemolizione (come diceva Paolo VI),
don Giussani ha portato migliaia di giovani, prima ostili o lontani, ad
amare appassionatamente la Chiesa, in tutti i suoi aspetti, anche i più
umani e poveri, a testimoniare la sua bellezza e specialmente ad amare e
seguire il Vicario di Cristo in terra. Del resto, il Papa della mia
generazione, Giovanni Paolo II, non è possibile non amarlo e ammirarlo anche
personalmente (perfino il mondo è colpito dalla sua grandezza umana).

Oggi centinaia di quei ragazzi, un tempo lontani, che attraverso don
Giussani hanno scoperto una fede impetuosa e l'hanno testimoniata in anni
difficili nella scuole, nelle università, si sono sparsi nel mondo, dalle
bidonville brasiliane, alle steppe della Siberia, dai grattacieli di New
York alle terre insanguinate del centroafrica dove hanno fondato ospedali,
missioni, scuole, dove spesso rischiano la vita per far conoscere Cristo
"fino agli estremi confini della terra". In queste ore tutti - lo so -
ricordano con le lacrime agli occhi le ultime vigorose parole di Giussani
che incitavano i cristiani a non vergognarsi mai di Cristo.

E' commovente per me anche un ricordo personale: quando l'ho sentito per l'
ultima volta. Era il 20 novembre del 2002. Era sera, stavo nello studio di
Excalibur con Giancarlo Giojelli e Pietro Piccinini. E' suonato il telefono:
non me l'aspettavo, mi passarono don Giussani. Io da alcuni giorni ero
entrato nell'occhio del ciclone, da tutte le parti - sui giornali - mi
arrivavano colpi per aver "osato" parlare della Madonna (e della fede di
milioni di persone) in un programma di informazione di prima serata.

Dall'altro capo del telefono quella sera sentii la sua voce familiare, fioca
com'era da anni, affaticata, ma sempre piena di passione, di forza e
autenticità: "Sono con te" mi disse "ti sono vicino. Hai tutta la mia stima
e la mia simpatia". Poi aggiunse: "Sii certo di quello che dici perché è
tutto vero.è tutto vero". Qui la sua voce fu sopraffatta dalla commozione.
Il giorno dopo mi fece arrivare le altre parole che avrebbe voluto dirmi:
"il problema non è se Dio esiste o no, ma se Dio si è fatto uomo o no. E la
>Madonna è la strada.".

Dicevo delle lacrime. Sono lacrime per una generazione, quella dei nostri
figli, nei prossimi anni, che - penso fra me - non potrà più incontrare un
testimone così. Ma Cristo resta. "Credo che non potrei più vivere se non lo
sentissi più parlare". Quante volte Giussani ci ha ripetuto queste parole di
Charles Moeller su Gesù. Anche questa morte è per la vita, per chi ha
seguito e amato don Giussani. Se non c'è più un padre, ci saranno migliaia
di figli pronti a dire ciò che hanno visto, udito, toccato con mano. A
testimoniare che la vita ha un senso, anche quella che ritiene di essere
insignificante: è grande e preziosa. Un giorno del 1940, nelle sofferenze
della guerra e di una terribile malattia della figlia, Emmanuel Mounier
scriveva nel suo Diario: "E' molto bello essere cristiani per la forza e la
gioia che l'essere cristiani dà al cuore, la trasfigurazione dell'amore,
dell'amicizia, delle ore, della morte".

Sì, anche per sorella morte sale la lode a Dio.

Vandeano (POL)
26-02-05, 14:48
Amici, leggete e divertitevi. Come titolo potrebbe andare "Quando gli incendiari tentarono di farsi passare per pompieri".



LA "STRADA GIUSTA" DI DON LUIGLI GIUSSANI

Quando Montini e Giovanni Paolo II salvarono la Chiesa dal disastro. (dall'"Espresso").


ROMA, 24 febbraio 2005 – A celebrare i funerali di don Luigi Giussani e a pronunciare l’omelia, nella chiesa cattedrale di Milano, Giovanni Paolo II ha inviato come suo rappresentante personale il cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della congregazione per la dottrina della fede.

Con questo gesto, il papa ha espresso la sua altissima stima per il fondatore di Comunione e Liberazione, morto a Milano all’età di 82 anni nella notte di martedì 22 febbraio.

Oggi CL è presente in più di 70 paesi del mondo. Gli aderenti alla Fraternità sono circa 100 mila. Vi sono poi i Memores Domini, con voto di castità, presenti in 30 paesi; i sacerdoti della Fraternità dei Missionari di San Carlo Borromeo; le Suore di Carità dell’Assunzione; la Compagnia delle Opere che collega circa 30 mila imprese industriali; riviste, editrici...

Ma nel 2004, in una sua lettera a papa Karol Wojtyla in occasione dei cinquant’anni di vita di CL, don Giussani scrisse:

“Non ho mai inteso ‘fondare’ niente. Ritengo che il genio del movimento che ho visto nascere sia di avere sentito l’urgenza di proclamare la necessità di ritornare agli aspetti elementari del cristianesimo, vale a dire la passione del fatto cristiano come tale nei suoi elementi originali, e basta”.

Il cardinale Giacomo Biffi, che lo ebbe amico fin da quando Giussani era giovane prete e teologo, conferma:

“Fu proprio così. Quando [nel 1954] Giussani lasciò la docenza teologica per dedicarsi a tempo pieno ai ragazzi del liceo Berchet di Milano, non aveva il convincimento di iniziare qualcosa di inedito. Voleva semplicemente far conoscere in maniera più efficace, più coerente, più persuasiva il cristianesimo di sempre agli adolescenti che gli si presentavano. Neanche inventò forme inedite di pastorale giovanile. Nelle scuole assunse la forma di apostolato che l’Azione Cattolica già gli offriva con la denominazione di Gioventù Studentesca: un’idea di Giancarlo Brasca, pensata nel 1945, che Giussani fece propria e fece diventare l’etichetta del suo movimento [anni dopo mutata in Comunione e Liberazione]. Si può dire che mise un vino nuovo in otri vecchi. Non pensò nemmeno di dare al movimento un programma. Ebbe una sola grande preoccupazione: quella di trasmettere a tutti l’esperienza del cristianesimo”.

E proprio per questo suo concentrarsi sul “fatto cristiano e basta” don Giussani si trovò nel cuore del terremoto che ha scosso la Chiesa cattolica negli ultimi decenni: dagli uni ammirato, dagli altri avversato.

C’è una sua intervista del 1988 che descrive in termini drammatici come egli visse la fase cruciale dello scontro dentro la Chiesa. A giudizio di Giussani, quella fase coincise con gli ultimi dieci anni del pontificato di Paolo VI. Ma le questioni allora in gioco continuano a essere attuali.

Ecco qui di seguito i passaggi essenziali di quella intervista, raccolta da Renato Farina e uscita sul settimanale “Il Sabato” del 9 agosto 1988:


Quando Paolo VI salvò la Chiesa dal disastro

Intervista con don Luigi Giussani


D. – Il mese di agosto del 1978 morì Paolo VI e venne papa Albino Luciani. Poi ci fu l’avvento del “papa venuto da lontano”. Ricorda le ore in cui fu annunciata la morte di Paolo VI?

R. – “Ricordo quei momenti. [...] Versava in tali condizioni la Chiesa che la perdita di quella guida mi parve gravissima. Era stato Paolo VI che, con tutta buona fede, aveva visto favorevolmente una certa evoluzione della Chiesa. Ma tanta era la verità del suo amore alla Chiesa che, a un certo punto, dovette accorgersi del disastro cui la dinamica delle cose – pur [da lui] approvate – portava. Fu allora che si aprì totalmente all’esperienza di Comunione e Liberazione. Che papa Montini venisse meno allora fu come l’assentarsi di una possibile guida. Aveva visto e avallato; conosceva le intime connessioni di quel processo di distruzione. Ora, intendeva andare contro corrente: ed era lui il più indicato a farlo, il migliore”.

D. – Da quando data questa volontà nuova di Paolo VI?

R. – “È a far data dal suo famoso ‘Credo’, il 30 giugno del 1968, che avviene la svolta. L’’Humanae Vitae’ e gli inauditi attacchi cui fu sottoposto lo confermarono nel suo giudizio. Il culmine della sua disillusione si ha con il referendum sul divorzio in Italia, nel 1974, quando proprio i dirigenti dell’Azione Cattolica e della FUCI, che egli aveva amato e protetto, gli volsero le spalle. È in questo clima, probabilmente, che Paolo VI si accorge della capacità di rinnovamento dell’avvenimento cristiano e di risposta all’uomo che Comunione e Liberazione implicava. È dal 1975 che si sono moltiplicati i segni di questa sua nuova e forte simpatia. Per la Domenica delle Palme di quell’anno egli chiamò i giovani di tutti i gruppi cattolici a Roma [...]. Chiamò tutti. Si trovò da solo coi diciassettemila di CL”.

D. – E poi come andò?

R. – “[...] Finita la messa, era circa mezzogiorno, mi sento chiamare da un prelato: ‘Don Giussani, il papa la vuole’. Ero nel pronao della basilica di San Pietro, avevo la pisside con ostie consacrate tra le mani, e sentii quella voce. Tentai di affibbiare, nell’emozione, la pisside a un alabardiere, che si ritrasse. Finalmente potei correre verso il papa. Comparvi dinanzi a lui proprio sulla porta della chiesa. Mi sono inginocchiato, ero così confuso... Ricordo con precisione solo queste parole: ‘Coraggio, questa è la strada giusta: vada avanti così’”.

D. – Fu qualcosa di inaspettato?

R. – “Totalmente inaspettato. Ma non furono parole estemporanee di incoraggiamento. [Anni dopo] ne ebbi la prova certa dalla viva voce del cardinale Benelli, che fu il più stretto collaboratore gerarchico di Paolo VI. Mi disse che, negli ultimi anni del suo pontificato, a ogni sua visita, papa Montini gli chiedeva di Comunione e Liberazione. E gli diceva: ‘Eminenza, quella è la strada’. Benelli mi commentò: ‘Se Paolo VI fosse vissuto ancora un anno, le assicuro che tutti i suoi problemi ecclesiastici sarebbero stati già risolti’. Paolo VI avrebbe avuto il coraggio di dirlo e di farlo. [...] Una conferma notevole del cambiamento di Paolo VI fu del resto evidente nell’esonero dalla cura dell’Azione Cattolica del suo intimo amico monsignor Franco Costa, che aveva determinato il corso dell’associazionismo cattolico negli ultimi decenni”.

D. – Con quelle parole l’antico collaboratore di Paolo VI intendeva anche esprimere un preciso giudizio sulla Chiesa?

R. – “[Quella sua frase] significava l’affermazione della bontà dell’ispirazione di CL, come valida per la Chiesa. E questo di fronte all’impostazione di tutto l’associazionismo cattolico di quegli anni, che nel suo corpus dirigenziale votò e fece votare [nel referendum sul divorzio] non secondo i desideri del papa. La linea della ‘scelta religiosa’ aveva portato l’associazionismo cattolico a rifugiarsi in ogni specie di sinistra politica: e lì, tra l’altro, si propagandò tranquillamente il divorzio”.

D. – Da anni lei desidera che siano ripetute e conosciute da tutti le parole che Paolo VI disse all’amico Jean Guitton, l’8 settembre del 1977, dove si parla di ‘un pensiero non cattolico’ e della resistenza di un ‘piccolo gregge’. Perché?

R. – “Perché è così che sta accadendo. La prego di rileggermi quelle parole”.

D. – Eccole: “C’è un grande turbamento in questo momento nel mondo e nella Chiesa, e ciò che è in questione è la fede. Capita ora che mi ripeta la frase oscura di Gesù nel Vangelo di san Luca: ‘Quando il Figlio dell’Uomo ritornerà, troverà ancora la fede sulla terra?’. Capita che escano dei libri in cui la fede è in ritirata su punti importanti, che gli episcopati tacciano, che non si trovino strani questi libri. [...] Ciò che mi colpisce, quando considero il mondo cattolico, è che all’interno del cattolicesimo sembra talvolta predominare un pensiero di tipo non cattolico, e può avvenire che questo pensiero non cattolico all’interno del cattolicesimo diventi domani il più forte. Ma esso non rappresenterà mai il pensiero della Chiesa. Bisogna che sussista un piccolo gregge, per quanto piccolo esso sia”.

R. – “Sono le parole sintetiche della riflessione del papa sulla situazione e il destino della Chiesa. Qui si connette l’apertura a CL”. [...]

D. – C’è qualche punto di forza dottrinale di Paolo VI che sente centrale nel suo magistero?

R. – “L’affermazione assolutamente contro corrente della Chiesa come ‘entità etnica sui generis’. Era il 23 luglio del 1975, fu il cuore della sua predicazione, nelle udienze generali del mercoledì, sull’identità della Chiesa. Siamo stati quasi i soli a richiamarla. Paolo VI sentiva la distruzione della presenza cattolica nella società. La presenza si nascondeva. Anzi, invece di una presenza cattolica, c’era un rinchiudersi sempre più stanco e astratto nelle sedi delle associazioni, mentre la vita concreta degli stessi giovani seguiva le idee correnti e si metteva in coda. Oppure, invece della presenza cattolica, c’era l’interpretazione intellettuale alla maniera della Lega Democratica, degli studenti universitari della FUCI, dei Laureati Cattolici. Costoro teorizzavano una concezione della fede assolutamente elitaria e missionariamente suicida. In terzo luogo, la posizione della Chiesa veniva identificata nella scaltrezza politica e diplomatica. Credo, comunque, che furono determinanti le notizie sulla situazione delle università cattoliche e degli istituti cattolici, delle scuole di teologia, perché a Paolo VI apparisse nettissimo il baratro verso cui la direzione della Chiesa stava trascinando l’intero suo corpo”.

D. – Alcuni osservatori giudicano fallimentare il pontificato di Paolo VI.

R. – “Il papato di Paolo VI è stato uno dei più grandi papati! Aveva dimostrato nella prima parte della sua vita una sensibilità estrema a tutta la problematica dell’angosciosa vicenda dell’uomo e della società d’oggi. Ed egli ha trovato una risposta! L’ha data negli ultimi dieci anni. Il papato di Paolo VI è fallimentare solo per chi non lo ha seguito fino in fondo”.

D. – È il papa che ha concluso il Concilio Vaticano II.

R. – Certo. Bisognerebbe fare la storia di tutti i suoi interventi che coraggiosamente e impopolarmente hanno fermato la falsa democrazia, l’equivoca dogmatica che molti padri conciliari tentarono di far passare con una pretesa democraticistica”. [...]

D. – Qual è stato, davanti al dissolversi del popolo cattolico, allo smarrimento delle moltitudini, il metodo di Paolo VI?

R. – “È stato quello del ‘Credo’. Vale a dire della proclamazione autentica del dogma, sine glossa, con chiarezza, e della presenza della Chiesa nel mondo, come nel suo discorso sul popolo cristiano del 23 luglio 1975, quel mercoledì”. [...]

D. – Paolo VI fu bersagliato a causa della sua riscoperta del diavolo come attore nell’umana vicenda. Fu lasciato solo anche dai vescovi.

R. – “Papa Montini cominciò ad accorgersi del disastro in cui la Chiesa andava scivolando, quando percepì il formalismo con cui il soprannaturale era trattenuto e ripetuto. Perciò il suo discorso sulla presenza del diavolo nel mondo è stato una sfida – così coraggiosa che il temperamento di Paolo VI non la lasciava prevedere – al mondo e a tutta la teologia anche cattolica che con il mondo veniva a patti”.

D. – Quel mese di agosto del 1978, morto un papa e mentre un altro se ne stava facendo, che cosa si augurava per la Chiesa?

R. – “Un uomo che continuasse l’intuizione della tragedia in cui la Chiesa versava. E dell’unico rimedio che è quello di ritornare alla fede nel soprannaturale come determinante la vita della Chiesa: all’autenticità della tradizione. Insomma, aspettavo un papa che continuasse la strada che Paolo VI negli ultimi anni aveva clamorosamente indicato. [...] Alla fine arrivò Giovanni Paolo II. Un papa che è l’incarnazione di quello che gli ultimi dieci anni di Paolo VI hanno intuito ed espresso”.

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Questa intervista è apparsa la prima volta sul settimanale “Il Sabato” del 9 agosto 1988. Ed è uscita di nuovo nel seguente volume, alle pagine 97-113:

Luigi Giussani, “Un caffé in compagnia. Conversazioni sul presente e sul destino”, a cura di Renato Farina, Rizzoli, Milano, 2004, pp. 192, euro 14,00.

Le parole di Paolo VI a Guitton citate nell’intervista sono apparse in questo libro:

Jean Guitton, “Paolo VI segreto”, Edizioni Paoline, Milano, 1985, pp. 152-153.

La frase del cardinale Giacomo Biffi citata all’inizio del servizio è ripresa da questa sua intervista ad “Avvenire” del 23 febbraio 2005:

> Biffi: quella “presa” chiamata carisma

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Un documento dell’avversione a don Giussani e a Comunione e Liberazione da parte del mainstream della cultura cattolica italiana del secondo Novecento è il libro-intervista a don Giuseppe Dossetti curato da Pietro Scoppola e Leopoldo Elia, pubblicato dal Mulino nel 2003. Vedi in questo sito:

> Concilio "capovolto" e Opus Dei. Un inedito bomba di Giuseppe Dossetti (1.12.2003)

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Il sito ufficiale di CL, con la biografia di don Luigi Giussani:

> Comunione e Liberazione

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L’intervista al professor Pietro Scoppola uscita su “L’espresso” n. 8 del 25 febbraio-3 marzo 2005

> Don Giussani: con Gesù senza se e senza ma

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Colombo da Priverno
27-02-05, 02:19
Dovremmo pregare di più e giudicare di meno, specialmente quando il cadavere è ancora caldo.

Augustinus
27-02-05, 10:58
Caro Adriano,
nessuno intende giudicare la persona o il sacerdote in quanto tale nè le sue intenzioni. Anzi, come persona o sacerdote nessuno, penso, possa avere nulla da ridire, ed anzi la carità cristiana ci spinge a pregare per l'anima sua.
Parimenti nessuno esprime, suppongo, valutazioni sulle intenzioni e sulla sua buona volontà. Ma come tu stesso dicesti una volta "la buona volontà da sola non basta".
Ciò che si è voluto discutere in questo thread, per contro, sono alcune dottrine professate dal movimento - e da lui espresse - che lasciano qualche perplessità. Tutto qui. Nè più nè meno.
Per il resto - e penso che anche gli altri forumisti lo condidividano - non ci resta che suffragare la sua anima.
Cordialmente

Francesco