PDA

Visualizza Versione Completa : Scritti di Dagoberto Bellucci



Pagine : [1] 2

Spetaktor
31-03-09, 18:23
DA NON SPOSTARE

Siria: centro geopolitico del Vicino Oriente
di Dagoberto Husayn Bellucci. L'importanza della Siria per il futuro del vicino oriente.




Siria: centro geopolitico del Vicino Oriente

di Dagoberto Husayn Bellucci


Nei rapporti geopolitici del Vicino Oriente abbiamo sempre sostenuto l'essenziale ruolo svolto dalla Repubblica Araba Siriana e la sua centralità nel quadro delle relazioni stabilite dall'intero mondo arabo verso l'estero. La Siria rappresenta da oltre quarant'anni il principale bastione del fronte anti-sionista: la saldatura determinatasi con l'avvento al potere dell'ala militare del Ba'th (all'indomani dei tragici avvenimenti del cosiddetto "Settembre nero" palestinese nella vicina Giordania nel settembre 1970) che diede inizio alla trentennale presidenza del compianto Hafez el-Asad (scomparso nel 2000 per lasciare spazio al figlio Bashar) sarà il momento storico chiave che, dopo
anni di incertezza e tensioni politiche e sociali interne, darà al Paese una stabilità ed una normalizzazione che lo renderanno inattaccabile dall'esterno e restituiranno ai siriani il loro tradizionale ruolo di ago della bilancia vicino-orientale.

Fin dall'epoca di Hafez el-Asad la Siria, sia per la sua invidiabile posizione geostrategica e politica sia per le caratteristiche proprie di un regime determinato a controllare lo sviluppo della società siriana e a confrontarsi con i vicini stati arabi e soprattutto con il nemico sionista, ha rappresentato il cuore geopolitico del Vicino Oriente intervenendo sempre con tempismo e determinazione per riportare ordine nella regione quando chiamata dalla Comunità Internazionale o dalla Lega Araba come avverrà nel 1977 in Libano e come sarebbe accaduto durante la crisi del Golfo nel 1990 quando Damasco inviò un contingente militare in terra d'Arabia che, pur rimanendo inattivo, rappresenterà il 'tributo' diplomatico-politico concesso da el-Asad per una partecipazione simbolica siriana alla forza multinazionale che avrebbe poi lanciato l'operazione "Desert Storm" (la tempesta nel deserto) contro Saddam Hussein, l'Iraq e il Kuwait occupato dalle truppe irachene. Partecipazione simbolica che garantirà alla Siria di ottenere il ‘disco verde’ per la normalizzazione manu militari nel vicino Libano, disarmare le milizie confessionali nel Paese dei cedri e imporre gli accordi di Ta’if (Arabia Saudita) che avrebbero sancito la sostanziale svolta in senso nazionale e anti-sionista e portato agli accordi di mutua collaborazione, cooperazione e assistenza tra i due Paesi.

Ultimo Stato arabo ad opporsi all'Entità sionista, la Siria, dall'avvento al potere del suo giovane presidente Bashar el-Asad, ha saputo mantenere i nervi saldi e responsabilmente affrontare le diverse crisi aperte nella regione: dopo un inizio caratterizzato da numerose pressioni e polemiche internazionali, dal complotto 'libanese' organizzato dalle centrali mondialiste attraverso la
risoluzione 1559 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (che richiederà fin dall'ottobre 2004 il ritiro delle truppe di Damasco dal Libano) e alla strategia della tensione sostenuta dall'Occidente e finanziata dall'amministrazione statunitense (che porterà all'assassinio dell'ex premier libanese, Rafiq Hariri, alla stagione degli attentati politici e alle manifestazioni di piazza anti-siriane in quella "rivoluzione dei cedri" eterodiretta da Washington e della quale rimarranno infine solamente i cedri) il regime di Damasco ha saputo navigare a vista nelle acque tutt'altro quiete della situazione regionale caratterizzata oltretutto dalla presenza delle truppe d'occupazione americane nel vicino Iraq, dalla sempre instabile situazione palestinese, dalle turbolenze spesso riapertesi ai confini
settentrionali iracheni tra le organizzazioni della resistenza curda e l'esercito turco e dal principale ostacolo alla pace nell'area, l'Entità sionista, che di lì a poco avrebbe lanciato la sua aggressione contro il Libano.

Avvenimenti che, anziché scalfire o minare l'autorità presidenziale e il ruolo siriano nell'area, hanno finito con il determinare il rilancio del ruolo centrale della Siria quale principale referente per una normalizzazione delle tensioni: immediatamente dopo la fallimentare aggressione israeliana contro il Libano nell'estate 2006 era chiaro che isolare, come tentavano di fare il governo libanese e i suoi alleati statunitensi, la Siria da qualsiasi gioco diplomatico per quanto riguardasse uno dei diversi fronti 'caldi' del Vicino Oriente equivaleva ad un suicidio politico e ad un fallimento di qualunque
negoziato.

Nel mirino del terrorismo di matrice “jihadista” fin dal 2005, all'interno del Paese opereranno diverse organizzazioni di matrice salafita (da Jund al-Sham fino alla stessa Fath al-Islam, responsabile della rivolta armata al campo profughi di Nahr el-Bared a Tripoli nel Libano settentrionale, i cui elementi - per la stragrande maggioranza provenienti dai diversi Stati arabi e
con un passato di guerriglieri sul fronte iracheno - si riveleranno già incarcerati o ricercati dalle autorità siriane per attività sovversive e terrorismo internazionale), la Siria ha saputo destreggiarsi abilmente tra le diverse crisi regionali riprendendo il proprio posto nell'arena diplomatica
internazionale con l'organizzazione del vertice della Lega Araba del marzo 2007 che, se da un lato sancirà il definitivo rilancio delle relazioni diplomatiche con Arabia Saudita e Egitto (tese dopo l'aggressione al Libano), consentirà a Damasco di ribadire la sua posizione rispetto ai diversi problemi regionali.

Il governo siriano non ha mai nascosto la sua disponibilità alla ripresa di un negoziato internazionale con l'Entità sionista per il recupero dei territori siriani delle alture del Golan sottratti da "Israele" durante il conflitto dei sei giorni del 1967: sono oltre quarant'anni che Damasco rivendica la sacrosanta paternità su quelle alture strategicamente fondamentali per l'Entità
sionista per controllare il potente e più temuto vicino arabo contro il quale non sono, recentemente, mancate le provocazioni (con il raid aereo del settembre 2007 contro presunte installazioni di ancor più presunti "materiali chimici", raid terroristico verso il quale il Governo siriano si è riservato -
anche in sede Onu - di rispondere "al momento opportuno e nei modi opportuni" considerandolo un "atto di guerra" lanciato da Tel Aviv contro lo spazio aereo siriano e le sue installazioni militari).

La posizione di Damasco è chiara: nessuna interferenza negli affari interni iracheni (dal vicino Paese mesopotamico sono comunque approdati in Siria oltre due milioni e mezzo di profughi, tantissimi cristiani in fuga dal conflitto civile e dalla guerra di liberazione condotta dalla Resistenza contro gli Stati Uniti ed i loro alleati fin dalla primavera 2003) ma solidarietà al martoriato popolo iracheno e alla sua resistenza; riapertura di trattative con lo Stato ebraico alla condizione che sia riconosciuto il diritto al ritorno dei palestinesi nei loro territori e posta al centro dei negoziati la questione del Golan; collaborazione e mutuo soccorso con Teheran e Ankara per qualsiasi
situazione di crisi nell'area e soluzione diplomatica e ritorno alla normalità delle relazioni con il vicino Libano dove Damasco ha sempre sostenuto i partiti nazionalisti dell'Opposizione e il diritto della Resistenza Islamica di mantenersi in armi ai confini meridionali in funzione di deterrente militare anti-sionista.

Il sostegno della Siria ha Hezbollah e al fronte dell'Opposizione Nazional-patriottica libanese è sempre stato palese contrariamente a quanto affermato dalle agenzie di stampa internazionali e dalle 'veline' fornite dalle centrali di disinformazione atlantico-sioniste.

Alle accuse di fomentare conflitti civili in Iraq e Libano la Siria ha sempre opposto la sua volontà di riprendere negoziati aperti con i governi interessati nel mantenimento di buone relazioni e sulla base di un reciproco rispetto e di un'attiva collaborazione, atteggiamento finora venuto meno soprattutto
dall'esecutivo libanese appiattitosi sulle posizioni statunitensi con il premier Fouad Siniora e la coalizione dei partiti di maggioranza fortemente anti-siriani (anche l'apertura un mese or sono del Tribunale Speciale con sede a l'Aja - che dovrà giudicare eventuali responsabili dei crimini politici
avvenuti in Libano tra il 2004 e il 2007 - rappresenta un ennesimo affronto verso Damasco che comunque si è detta pronta ad una piena collaborazione qualora cittadini siriani risultassero coinvolti in uno o più dei tanti omicidi politici che hanno contrassegnato la recente storia libanese).

La svolta nelle relazioni con gli Stati Uniti, dopo anni di gelo e dopo che in America i beni di numerose personalità della politica siriana e di cittadini della R.A.S. saranno congelati su indicazione dell'amministrazione Bush, il ritorno a Damasco di autorevoli delegazioni statunitensi, la visita del Presidente del Senato USA, signora Nancy Pelosi, un anno e mezzo fa, e il successivo invito alla conferenza internazionale sull'Iraq e ad Annapolis per i nuovi negoziati sulla Palestina (miseramente naufragati e affossati nel sangue sparso nella striscia di Gaza nel gennaio scorso dal terrorismo sionista) dimostreranno una volta di più l'impossibilità di pervenire ad un qualsiasi
accordo e ad una soluzione negoziale dei conflitti regionali senza la presenza siriana.

La Siria di Bashar el-Asad, rieletto a furor di popolo nel referendum della primavera 2007 con un 97.62% di "sì" , si trova in una posizione di forza rispetto agli anni passati: ottime le sue relazioni con l'Unione Europea, più che ottime quelle con la Russia di Putin e l'Iran di Ahmadinejad, fondamentale il suo ruolo all'interno della Lega Araba e degli organismi internazionali istituiti dall'Onu per la soluzione delle diverse crisi regionali.

E che Damasco intenda giocare un ruolo costruttivo in un processo di pacificazione regionale sembra chiaro anche dalle recenti iniziative che hanno coinvolto la Repubblica Araba: dal Libano all'Iraq alla Palestina non esiste soluzione che non passi dalla strada damascena come sembrano essersi accorti anche a Washington. Sarà l'atteggiamento statunitense, la nuova politica di
distensione e dialogo annunciata dall'Amministrazione Obama (che dovrà dar prove concrete di questa che, per il momento, è solamente una dichiarazione di volontà; purtroppo ancora non sono seguiti i fatti alle frasi più o meno "ad effetto" che da queste parti non incantano nessuno, tanto meno i siriani o i loro alleati libanesi e iraniani) e lo sviluppo della situazione sul campo - dove
non mancano le provocazioni e le quotidiane minacce da parte della dirigenza sionista - a dare la risposta ai perchè rimasti tali dell'agenda politica del Vicino Oriente.

In Libano nonostante l'apertura del Tribunale Speciale e una campagna elettorale di giorno in giorno sempre più polemica la Siria ha normalizzato la sua posizione, come richiesto dalla Comunità Internazionale, con l'apertura della prima sede diplomatica a Beirut. Come si ricorderà Libano e Siria non avevano mai avuto scambi diplomatici fin dall'indipendenza nazionale libanese
(1944). Il completamente del processo di stabilimento di relazioni diplomatiche tra i due vicini è stato accolto con soddisfazioni dall'intera comunità internazionale e come un segnale di rinnovamento e apertura, distensione e collaborazione, offerto da Damasco al vicino libanese.

Come ha sottolineato il coordinatore speciale dell'Onu per il Libano, Michael Williams "questo passo contribuirà ulteriormente alla stabilità del Paese dei cedri" concetto ribadito dalle principali cancellerie europee a cominciare dall'Eliseo, antica potenza mandataria nella zona, sempre attento alla situazione libanese.

La nomina dell’ambasciatore siriano, che segue quella del rappresentante libanese a Damasco, avvenuta a inizio anno, ha sottolineato Williams, “è uno sviluppo davvero benvenuto”, essa “completa il processo di stabilimento di rapporti diplomatici” tra i due Paesi, che non ne avevano mai avuti nei 60 anni dalla loro indipendenza. Ciò è stato fin qui dovuto all’affermazione siriana di
“speciali legami” con il Libano, sul quale Damasco ha sempre avanzato mire e che ha militarmente e politicamente dominato per quasi 30 anni, fino al 2005.
La notizia della nomina dell’ambasciatore siriano ha avuto larga eco non solo sulla stampa araba: la cinese Xinhua, ad esempio, ricordando la già avvenuta apertura dell’ambasciata libanese a Damasco nota che “la bandiera libanese sventola nel vicino Paese dopo decenni di rapporti turbolenti”.
Da parte araba, Gulfnews ricorda che “la Siria si è trovata di fronte a pressioni internazionali perché stabilisse formali rapporti diplomatici col Libano” e che lo stabilimento di tali relazioni “è stata la richiesta centrale avanzata dai partiti antisiriani che hanno vinto le elezioni del 2005”.
Il primo ambasciatore siriano a Beirut, che ieri ha avuto il “gradimento” del presidente libanese Michel Suleiman, sarà ‘Ali ‘Abd el-Karim ‘Ali, 56 anni, dal 2004 rappresentante di Damasco in Kuwait. In precedenza è stato direttore della radio di Stato, poi della televisione e dell’agenzia ufficiale SANA. La sua nomina arriva cinque mesi dopo il 15 ottobre del 2008, quando i due
Paesi avevano stabilito di avere normali relazioni diplomatiche. La prima ambasciata libanese a Damasco è stata aperta la settimana scorsa e ambasciatore è stato nominato Michel Khoury, attuale rappresentante libanese a Cipro. Diplomatico di carriera, egli è stato ambasciatore in Olanda e, prima ancora, ha prestato servizio in Gran Bretagna, Brasile e Messico. È stato anche direttore degli Affari amministrativi e finanziari del Ministero degli esteri.
A conferma di un nuovo stato delle relazioni diplomatiche con l'Unione Europea giunge la notizia inoltre della prossima visita a Damasco del nostro ministro degli Esteri, on. Frattini, che - secondo quanto ha affermato la Farnesina dovrà analizzare e valutare la situazione dei rapporti bilaterali
italiano-siriani, fare il punto sulla situazione libanese all'interno della quale operano i soldati del contingente Unifil nel sud del paese. Una visita particolarmente attesa quella del ministro Frattini anche per il rilancio dei rapporti economici e commerciali tra i due Paesi: nonostante la crisi globale l'interscambio tra Siria e Italia è aumentato e nell'ultimo anno c'é stata in Siria un'autentica esplosione del turismo di matrice religiosa che ha contribuito alla crescita del mercato italiano, oggi al primo posto nell'incoming, con un aumento dell'80%.

Secondo quanto riportato dalla rivista "Globe", la rappresentante del Ministero del Turismo siriano, dr.ssa Nuhad Makkoul, ha sostenuto che sono state sviluppate numerose iniziative a livello di interscambi nei settori archeologico-turistici e turistico-religiosi volti, come ha dichiarato la
stessa , "a far conoscere meglio la destinazione, ricca di siti archeologici e monumenti cristiani, ai visitatori europei".

Infine, sul fronte delle relazioni con il vicino Iraq è di pochi giorni or sono, del 25 marzo scorso, la visita a Baghdad del ministro degli Esteri siriano Walid Mu‘allem che ha incontrato il premier iracheno Nuri al-Maliki per discutere delle questioni relative alla sicurezza, all'interscambio
commerciale e all'economia dei due paesi. Secondo un responsabile del ministero degli Esteri iracheno "i colloqui hanno riguardato soprattutto i mezzi per incrementare le relazioni economiche tra i due paesi soprattutto nei settori dell'acqua, dell'elettricità e del petrolio" oltre a "discutere del controllo della loro comune frontiera rafforzando il coordinamento sulla sicurezza e il
pattugliamento della zona" vasta oltre 700 km e spesso al centro delle accuse lanciate dall'amministrazione statunitense verso Damasco di "finanziare" o "lasciare libero l'accesso" verso l'Iraq a elementi jihadisti della galassia terroristica di al-Qa‘ida.

Questa visita e queste discussioni sulla sicurezza tra i due paesi cade in un momento particolarmente delicato per il futuro delle relazioni bilaterali e soprattutto per quelle che saranno le linee guida della politica estera siriana verso Washington presente in forze nel vicino Iraq. Come si ricorderà alla fine di ottobre i soldati americani, provenienti in elicottero dall'Iraq, effettuarono un raid aereo attaccando un edificio di un villaggio siriano a otto chilometri dal confine, uccidendo otto civili. L'Amministrazione Bush ha sempre smentito il raid e finora nessuno a Washington ha mai riconosciuto ufficialmente quell'iniziativa militare anche se, sotto la copertura
dell'anonimato, un responsabile americano aveva confermato la notizia annunciata dalla televisione siriana e dai mass media arabi.

Damasco dichiarò di attendersi spiegazioni sia dall'amministrazione statunitense che dal governo iracheno inviando una lettera di protesta alle Nazioni Unite. Oggi con una accelerazione dei rapporti di normalizzazione tra Siria e Iraq il governo di Damasco spera di ottenere qualche informazione utile anche su quell'odioso crimine.

Normalizzazione che, come per il Libano, passa anche attraverso il reciproco riconoscimento diplomatico tra i due Paesi. Le relazioni diplomatiche tra Iraq e Siria, come si ricorderà, vennero interrotte nel 1980 a seguito della guerra di aggressione lanciata da Saddam Hussein contro l'Iran. La Siria, tra i pochi paesi della Lega Araba, accuserà in quell'occasione il "rais" iracheno di
distogliere forze ed energie del fronte arabo dal principale perimetro geopolitico, bellico e strategico della Nazione Araba - la Palestina occupata dai sionisti - e di colpire un alleato fondamentale rappresentato all'epoca dall'Iran rivoluzionario khomeinista.

Hafez el-Asad si schierò risolutamente con Teheran mentre il blocco dei Paesi arabi moderati (dall'Egitto alla Giordania alle petromonarchie del Golfo) sosterranno lo sforzo bellico iracheno finanziato e militarmente sostenuto dall'Amministrazione Reagan (con la quale Saddam Hussein aprirà ufficialmente relazioni diplomatiche nel 1985), dai Paesi dell'Europa occidentale e da quelli
del blocco sovietico (principali fornitori di armamenti e materiale nucleare dell'Iraq ba'thista).

Oggi, a distanza di quasi trent'anni da quell'interruzione causata da eventi bellici di portata storica per tutto il Vicino Oriente, i rapporti diplomatici siro-iracheni sono ritornati su un binario di normalità con l'invio lo scorso novembre di un ambasciatore siriano a Baghdad e l'arrivo, lo scorso 4 febbraio, del suo omologo iracheno a Damasco.

Dalla Palestina occupata (della quale Damasco è la principale sostenitrice e il primo alleato delle formazioni della Resistenza palestinese che - da Hamas al FDLP, dal FDPLP al Comando Generale passando per la Jihad Islamica - ricevano ospitalità e hanno loro uffici in terra siriana) al Libano, dall'Iraq alla Turchia fino alle relazioni con i paesi della Lega Araba e con la confinante Turchia; appare evidente, lapalissiano, il peso geopolitico e strategico della Repubblica Araba Siriana, l'autorità e la determinazione dei suoi dirigenti e il ruolo di primo piano che verrà svolto dalla Siria nei futuri assetti regionali.

Damasco rimane inevitabilmente la "porta dell'Oriente".

Fonte: http://www.terrasantalibera.org/Siria_centro_geopolitico_DHB.htm

Spetaktor
31-03-09, 18:24
Maschera e volto dello spiritualismo contemporaneo
di Dagoberto Husayn Bellucci - 09/03/2009

Fonte: Arianna Editrice [scheda fonte]







C'è chi parte con un raga della sera
e finisce per cantare "la Paloma".
E giorni di digiuno e di silenzio
per fare i cori nelle messe tipo Amanda Lear
vuoi vedere che l'Età dell'Oro
era appena l'ombra di Wall Street?
La Falce non fa più pensare al grano
il grano invece fa pensare ai soldi.
E più si cresce e più mestieri nuovi
gli artisti pop, i manifesti ai muri
i Mantra e gli Hare Hare a mille lire
l'Esoterismo di René Guénon.
Una Signora vende corpi astrali
i Budda vanno sopra i comodini
deduco da una frase del Vangelo
che è meglio un imbianchino di Le Corbusier.
Eterna è tutta l'arte dei Musei
carine le Piramidi d'Egitto
un po' naifs i Lama tibetani
lucidi e geniali i giornalisti.
Supermercati coi reparti sacri che vendono
gli incensi di Dior
rubriche aperte sui peli del Papa.

Franco Battiato - "Magic Shop" (album "L'era del cinghiale bianco" 1979)


Magia, occultismo, spiritualismo, ricerche metapsichiche e psicanalisi, teosofismo e antroposofia, settarismi di qualunque tendenza e gruppi satanici, misticismi di ogni latitudine e esoterismi di qualsivoglia genere hanno praticamente invaso quasi stabilmente la vita quotidiana dell'individuo moderno. Attualmente l'interesse per il sovrasensibile appare una prerogativa tipica del mondo moderno: il sensazionale va di moda, l'attenzione per tutto ciò che esiste di "sovrannaturale" e sovrasensibile conosce un'autentica stagione d'oro, aumentano le esigenze dell'uomo contemporaneo sempre più alla ricerca del "sacro" soprattutto di quello "fai da te", i movimenti e le sette pullulano e si diffonde il verbo della New Age = la nuova era dell'acquario.
L'attenzione per tutto quanto abbia a che fare con l'occulto vive un momento di straordinaria rinascita, c'é ovunque bisogno di una nuova religiosità di nuove forme di "divino" e non mancano neanche le attese messianiche spinte fino al parossismo e all'esasperazione in determinati ambienti per i quali viviamo l'età oscura, l'età del Kali Yuga. (1)
Julius Evola ha analizzato nel presente volume alcune delle principali manifestazioni di questa 'tendenza' avvertendo il lettore e mettendolo in guardia in particolar modo su quelli che sono gli aspetti negativi dei fenomeni o delle pratiche in questione laddove , contrariamente a quanto possa in apparenza suscitare di 'positivo' un simile ritorno al sovrasensibile in contrapposizione al materialismo dominante le società moderne, sono presi in considerazione i retroscena che simili tendenze, oggi assurte a fenomeno di massa e pratiche quotidiane per milioni di individui, possono rappresentare per i valori della personalità.
L'esigenza di un ritorno dell'uomo contemporaneo al "sovrasensibile" è da ricondurre , secondo l'autore, ad un sentimento innato dell'individuo poichè "a meno che non intervengano processi di fondamentale degradazione, nel profondo della natura umana sussiste il bisogno dell'"altro"..." che provoca l'impulso e la ricerca per tutti quei fenomeni o quelle forme di religiosità "fai da te" - che Evole definisce come Neospiritualismo - che pretenderebbero di offrire con caratteri di cose nuove e idee che sembrano aprire verso orizzonti e realtà più vaste e complete delle risposte agli infiniti perchè dell'esistenza umana.
Questo è il terreno, fertilissimo nella società capovolta del post-nichilismo contemporaneo e della post-modernità edonistica e vuota, nel quale si muove dunque la ricerca; la congiuntura 'situazionale' che fa da sfondo alla diffusione dei movimenti neo-spiritualisti ed occultisti che, a cominciare dalla seconda metà dell'ottocento e fino ad oggi, hanno preso piede e si sono diffusamente espansi a macchia d'olio un pò ovunque. Ed è bene chiarire fin d'ora come questa tendenza rappresenti un'equivoco ed un errore di 'segno contrario' spesso e volentieri laddove , come scrive Evola, "presenta i caratteri di quella che Oswald Spengler ha chiamato la 'seconda religiosità' , che si manifesta non nel periodo luminoso e originario di una civiltà organica, qualitativa e spirituale e al centro di essa, ma in margine ad una civilizzazione crepuscolare e in dissoluzione - nel caso specifico in ciò che lo stesso Spengler ha chiamato "il tramonto dell'Occidente" , come un fenomeno peculiare di esso.".
La realtà discendente della maggior parte dei movimenti e/o tendenze dello spirito prese in esame confermerebbe questa valutazione sostanzialmente negativa del neo-spiritualismo e dei suoi successivi sviluppi nel XXmo secolo e fino ai giorni nostri: ogni falso misticismo, ogni sorta di prodotto per l'autorealizzazione di sè, ogni setta in stile 'Nuova Era' ha diffuso dottrine e pratiche di tipo 'iniziatico' o 'ascetico' conformi alla Tradizione, spesso muovendosi invece in senso contrario sia alle grandi religioni monoteiste - accusate di non risolvere i dubbi laceranti e le problematiche prodotte dalla società moderna - sia ai principii-guida delle scuole tradizionali.
Il neo-spiritualismo , nelle sue diverse forme e manifestazioni, si presenta dunque come un 'antagonista' rispetto alla religiosità tradizionale tanto che , analizzando le caratteristiche proprie dei suoi movimenti si è inclini a non parlare di neo-spiritualità per definire 'tipologie' di gruppi ed organizzazioni verso le quali occorre estrema diffidenza per i caratteri regressivi della personalità umana la cui difesa, ci indica Evola, deve rimanere il "còmpito, prima di realizzare il quale ogni vera aspirazione "spiritualista" manca del suo primo presupposto...".
A furia di cercare il 'sovrannaturale' si rischia cioè di finire nel mondo dell'infra-naturale o per essere più chiari in quella zona "psichica" critica, dove le difese individuali proprie del carattere, del temperamento e della personalità del singolo scompaiono per lasciare il passo ad una "zona "psichica", "occulta, rispetto alla coscienza ordinaria, la quale è a suo modo reale (non "illusione soggettiva" o "allucinazione"), ma che non è da scambiarsi con lo 'spirituale' in senso di valore, e tanto meno con il 'sovrannaturale'. Con maggior ragione - prosegue Evola - qui si potrebbe parlare di infranaturale, e chi si apre passivamente , "estaticamente" a questo modno, in realtà retrocede, fa scendere il livello interno da un grado superiore ad un grado inferiore.".
Come legittimamente avverte infatti l'autore una autentica ricerca spirituale deve , a chi abbia una particolare vocazione e qualificazione, aprire le porte ( da quì il termine di esoterismo = occulto, celato dal greco eìsotheo = aprire un porta, far entrare) verso una autentica "trascendenza" , verso una spazio ed una realtà nella quale sia possibile una vera rigenerazione interiore , una superiore libertà di là dei condizionamenti e dal senza-senso dell'esistenza contemporanea ovvero "in via di principio si tratta di porre l'esigenza di una via ad esperienze che, lungi dal "ridurre" la coscienza, la trasformino in supercoscienza, che lungi dall'abolire la distinta presenza a sè così facile a conservarsi in un uomo sano e sveglio fra le cose materiali e nelle attività pratiche, la innalzi ad un grado superiore, in modo da non alterare i principì che costituiscono l'essenza della personalità, ma invece da integrarli."
Il volume prende in esame, e ripercorre in maniera sistematica, i principali movimenti e tendenze neo-spiritualiste moderne: dallo spiritismo di ottocentesca memoria (di cui furono pioniere le statunitensi sorelle Fox e , tra Europa, Stati Uniti e India la fondatrice della "teosofia" Elena Petrovna Blavatsky ) alle ricerche sui fenomeni 'psichici' passando attraverso la metapsichica, la società teosofica, l'antroposofia di Steiner, il neo-misticismo di Krishnamurti e giungendo fino ad un excursus piuttosto veloce ma significativo relativo alla rinascita satanista (da Crowley a Szandor La Vey) e alle più attive correnti iniziatiche o scuole 'magiche' con particolare riferimento a Georgi Ivanovjc Gurdjeff, Giuliano Kremmerz, Eliphas Levi e agli scritti di Gustav Meyrink.
Non mancano due capitoli dedicati ad una critica della psicanalisi (da Freud a Adler, da Reich a Jung) ed una "parentesi" sul cattolicesimo esoterico e il tradizionalismo 'integrale' quest'ultimo interessante e rivelatore per i difensori a spada tratta di una pretesa , ipotetica, rinascita spirituale "cristiana" dell'Occidente in particolar modo laddove Evola sottolinea come "se si ha ben chiaro ciò che è l'iniziazione nel senso integrale e autentico del termine, non si può non rilevare, in via di principio, una opposizione fra il cristianesimo, quale dottrina centrata nella fede, e la via iniziatica." aprendo il problema relativo all'esistenza di un "esoterismo cristiano" delle origini e soprattutto "la possibilità di integrare ciò che è presente nel cattolicesimo (e non in un vago cristianesimo) in un più vasto sistema , riferendosi al quale possano venire anche indicati la dimensione e il significato più profondo di strutture, simboli e riti." da ricollegare ad una tradizione metafisica primordiale unitaria.
Vediamo adesso quali sono le critiche rivolte da Evola ad ogni singolo movimento o tendenza neo-spiritualista trattata cominciando proprio con lo spiritismo "fin de siècle" di ottocentesca memoria per il quale non vi è alcun appello possibile perchè sebbene sia stato "il primo a richiamare l'attenzione del grande pubblico su di un ordine di fenomeni, i quali , a dire vero, nell'antichità erano ben conosciuti, ma che per uscire dai quadri della visione "positiva" del mondo consolidatasi nel secolo scorso erano stati negati e considerati come fisime e imaginazioni di menti superstiziose" si riduce a ben poca cosa. Il suo merito inizia e finisce appunto lì anche quando ha preteso di propiziare e provocare detti fenomeni con la scoperta dei medium e arrogando a sè il compito, peraltro gravoso, di sviluppare presunte, vere o meno, facoltà medianiche.
Al di là del datto fattuale che molto spesso ci si trovi dinanzi a vere e proprie truffe questo "giocare" a incontrare gli spiriti dei morti è di per sè atteggiamento categoricamente rifiutato da qualunque scuola tradizionale soprattutto in mancanza di adeguate conoscenze appunto predisposizioni naturali nonchè esperienze nelle quali la soglia di coscienza del "medium" rimanga sveglia, attiva, non in balia di entità occulte. Evola sottolinea chiaramente come "ogni saturazione di influenze 'infere' , che per queste e per altre vie si produce nella vita agendo fra le trame della coscienza, oggi è preoccupante più di quanto lo sia mai stata, perchè oggi manca quasi del tutto la controparte di quelle influenze di senso opposto, cioè effettivamente sovrannaturali, che le grandi tradizioni sapevano attrarre ed innestare invisibilmente alle nostre intenzioni, ai nostri pensieri, alle nostre azioni.".
La frode si presenta dunque di per sè come un fatto già medianico e spiritico quando si voglia "recuperare" forme 'viventi' residuali (complessi mnemonici, monoideismi, virtualità cinetiche impersonali) come tali destinate ad estinguersi. Di quì difficilmente non scorgere un vero e proprio spirito di menzogna che rappresenta il milieu per questi fenomeni in qualunque circostanza si producano e al di là degli 'effetti' che si riesca a creare.
Tralasceremo momentaneamente l'aspetto relativo alle ricerche psichiche, che ai fenomeni sopra citati si dedicano facendone da contro-parte attiva, per cogliere quanto di valido espone Evola nella sua critica alla psicanali che, in linea di principio, doveva porsi come sintesi tra le due correnti precedenti e quale suo superamento razionale; una disciplina che tratta difatti non l'accertamento o la provocazione di fenomeni psichici bensì l'esplorazione sotterranea dell'anima con le forze che vi risiedono e che all'interno di essa agiscono. Un'àmbito che è stato trasceso dalla moderna psicoterapia che è andata trasformandosi da studio dei comportamenti nevrotici di massa e di forme di isterismo e turbe psichiche ad una scienza che ha cominciato ad abusare dei propri mezzi e dei propri strumenti di ricerca ed analisi generalizzando le sue concezioni ed estendendo questo metodo non ad una casuologia clinica particolare di individui ma a chiunque cercando così di rispondere ai problemi esistenziali dell'uomo moderno che - de facto - per gli psicanalisti è un "malato".
Da ciò il rapido sconfinamento della psicanalisi in domini che con la medicina e la psicopatologia non c'entrano niente e lo sforzo di scoprire una fenomenologia psicopatica e contorta in fenomeni e manifestazioni culturali e sociali di ogni genere fino alla morale, all'arte, alla religione, alla mitologia, alla sociologia e non da ultimo - perchè per gli psicanalisti questo è in effetti una sorta di ossessione - la sessuologia con particolare riferimento alla scuola freudiana dalla quale procedono tutte le successive 'interpretazioni' psicanalitiche.
"La posizione caratteristica del freudismo è il disconoscimento nell'uomo della presenza e del potere di qualsiasi centro spirituale sovrano, insomma dell'Io in quanto tale" ovvero ciò che normalmente agisce nell'uomo a livello cosciente morale viene 'analizzato' sulla base di un "io inconscio" o "ideale dell'io" (l'Ich -ideal di cui scrive Freud) ovviamente 'tarato' e da sottoporre a suggestioni ovvero - essendo l'Io in conflitto perenne con sè stesso - renderlo 'suggestionabile' influenza il sub-cosciente smettendone la volontà e usando l'immaginazione che normalmente è associata a qualche forma di libido repressa che ha la sua origine nel sesso o , per esser più chiari, in qualcosa di 'sporco' che dovrebbe avere a che spartire con la sessualità dell'individuo. In realtà Freud supera qualunque limite, nega dignità all'Io cosciente, vorrebbe ricondurre qualunque manifestazione umana ad uno stato di "libidine" intendendo cioè lo 'svelamento' degli aspetti più bassi della sessualità , al lato occulto o zona d'ombra sub-personale nel quadro di una vera e propria demonia del sesso - che oltre agli aspetti di una potenza elementare del sottosuolo psichico ha anche la dimensione di una trascendenza (2). Un gioco 'sporco' o per capirsi un autentico gioco al 'massacro' dell'individualità ridotta ad essere interpretata sulla base di complessi repressi.
Come divisa di un suo libro dedicato all'interpretazione psicanalitica dei simboli e dei miti, un discepolo dello stesso Freud , il Silberer, circa il pansessualismo senza veli degli ambienti psicanalitici porrà una geniale variante delle prime parole del Vangelo di Giovanni: non "al principio era il Verbo" ma "al principio erano gli organi genitali maschile e femminile" e questo la dice lunga sulla 'scienza' psicanalitica, una disciplina che diviene pericolosa quando non premetta a sè stessa di formare un'unità spirituale ed una personalità vera al posto di quella esteriore e inconsistente creata dalle convenzioni sociali, dall'educazione, dall'ambiente e dall'eredità. Evola conclude che la psicanalisi potrebbe avere un valore positivo come 'psicologia in profondità' solo ed esclusivamente quando precedutica da una "ascetica" assolutamente inconcepibile prendendo quale punti di riferimento tutta l'antropologia freudiana e le successive applicazioni. Gli psicanalisti andrebbero spesso psicanalizzati questo per 'capirci'.
Teosofia, antropologia di Steiner e misticismo di Krishnamurti appaiono collegati anche se l'autore dedica loro tre capitoli distinti. Il solo merito della teosofia è quello, valido per lo spiritismo come si è visto, di aver riscoperto e risvegliato in Occidente l'interesse per l'Oriente spirituale soprattutto indiano ma a che fini e soprattutto qual'era l'intenzione o il piano ai quali i fondatori di questa "Scuola Teosofica" risposero? Considerando i risultati ottenuti da madame Blavatsky prima e da Annie Besant poi resta il dubbio di quali siano le influenze che hanno realmente agito nel contesto dei 'fenomeni' prodotti a suo tempo dalla stessa H.P. Blavatsky. Evola legittimamente si chiede se simili influenze avessero realmente intenzione di vivificare l'Occidente ponendolo in contatto con una spiritualità di tipo superiore oppure , attraverso simili 'agenti' , non siano state precluse queste possibilità mediante le falsificazioni che non devono quindi ascriversi alle singole persone che formarono il direttivo teosofico fin dalle sue origini. Influenze che hanno voluto allontanare un pericolo, chiudere d'anticipo certe porte verso la conoscenza , pregiudicare e prevenire un'influenza che avrebbe anche potuto risultare salutare deviando possibili percorsi iniziatici in ordine con le stesse dottrine tradizionali orientali. E' possibile soprattutto considerando gli esiti, la storia, le manifestazioni prodotte, i risultati conseguiti.
Tralasciando quì di analizzare il capitolo su primitivismo, ossessi e super-omismo utili comunque per capire determinate tendenze 'naturalistiche' e pericolose derive verso le più profonde derive nichilistiche, verso l'ascesi per l'ascesi stessa, come forma di una quintessenziata accumulazione della volontà di potenza individuale (il super-uomo di nichiana memoria costituendo un punto-limite qualcosa , ci indica Evola, come un camminare sul filo del rasoio con il rischio di trasformazione in ossesso e conseguente corto-circuito) sono da capire invece le derive satanico-occultistiche o magico-occultistiche delle quali sono riportate alcune esperienze: da Crowley (preso seriamente per quelli che sono gli aspetti 'magici' delle pratiche) a Szandor LaVey e alla sua Chiesa di Satana (semplici parodie del Divino).
Premettendo che il Satanismo è una corrente discendente che mira a corrompere e deturpare tutto ciò che di sacro esiste, spesso presentandosi come sostituto delle religioni classiche delle quali riprende parodisticamente liturgie, sacramenti e riti, si può dire che questa tendenza rappresenta la punta estrema della ricerca "fai da te" verso il sovrannaturale, il massimo istinto verso l'autorealizzazione per fini specificamente materiali nonchè la negazione per eccellenza di ogni anelito trascendente.
"La vera caratterizzazione del satanismo - scrive Evola - la si ottiene riferendosi non all'idea del 'male' - questo essendo un termine generico e di contenuto variabile per via delle sue condizionalità sociologiche e storiche - bensì ad un piacere per la perversione in quanto tale, all'impulso non tanto a distruggere quanto a contaminare, con la blasfemìa e l'oltraggio sacrilego. Così la cosiddetta magia nera e la stregoneria non è detto che siano necessariamente "sataniche"; esse possono essere delle pratiche per il conseguimento di fini giudicati moralmente malvagi da una data società, e l'incidenza può solo riguardare le forze attivate a tale scopo."
In ultimissima analisi e invitando alla lettura del testo in questione lasciamo i lettori con l'avvertenza che Evola pone alla fine del volume laddove raccomanda a mò di conclusione: "lo "spirituale" valga oggi come una conoscenza, non come una tentazione."...destinato ai "deboli" di 'spirito'...in tutti i 'sensi'!

Note

1) scrive Renè Guènon in proposito: "La dottrina indù insegna che la durata di un ciclo dell'umanità terrestre, al quale essa dà il nome di manvantara, si divide in quattro età, che segnano altrettante fasi di un oscuramento progressivo della spiritualità primordiale. Si tratta degli stessi periodi che, da parte loro, le tradizioni dell'antichità occidentale designarono come le età dell'oro, dell'argento, del bronzo e del ferro. Noi ci troviamo presentemente nella quarta età, nel kali-yuga o "età oscura", e noi vi siamo, si dice, già da più di seimila anni, cioè da una data decisamente anteriore a tutte quelle conosciute dalla storia 'classica'. A partire da allora, verità già accessibili a tutti sono divenute sempre più nascoste e difficili a raggiungere. Coloro che le posseggono sono sempre meno numerosi e se il tesoro della saggezza "non umana" , anteriore ad ogni età, non può mai perdersi, esso si avvolge tuttavia di veli sempre più impenetrabili, che lo nascondono agli sguardi e sotto i quali è estremamente difficile scoprirlo. E' per questo che, sotto simboli diversi, dappertutto si è parlato di qualcosa che si è perduto, almeno in apparenza e per il mondo esteriore, e che va ritrovato da coloro che aspirano alla conoscenza vera; ma è stato anche detto che quel che è divenuto così nascosto ridiverrà visibile alla fine di questo ciclo: fine che, in virtù della continuità che collega insieme tutte le cose, sarà in pari tempo il principio di un ciclo nuovo." (crf R. Guènon - "La crisi del mondo moderno" - ediz. 'Mediterranee' - Roma 1972) ;
2) si consulti dello stesso Evola "Metafisica del Sesso" e "Lo Yoga della Potenza - Saggio sui Tantra" entrambi pubblicati dalle edizioni "Mediterranee" di Roma;

Spetaktor
31-03-09, 18:24
Il villaggio globale: omologazione e persuasione occulta nella società rovesciata contemporanea
di Dagoberto Husayn Bellucci - 31/03/2009

Fonte: Arianna Editrice [scheda fonte]





"Per fortuna il mio razzismo non mi fa guardare quei programmi demenziali con
tribune elettorali/ E avete voglia di mettervi profumi e deodoranti siete come
sabbie mobili tirate giù...Uh com'è difficile restare calmi e indifferenti
mentre tutti intorno fanno rumore..."

(Franco Battiato - "Bandiera Bianca" , Album "La Voce del Padrone" 1980)


"Cosa va di moda adesso io non lo so/ fino all'altro ieri si seguiva
l'istinto/ cosa resterà di noi ora io non lo so/so soltanto che per te non sarò
più lo stesso...forse si forse no molto attento distratto..."

(Tiziano Ferro - "Per un pò sparirò" , Album "Alla mia età" 2008)


"Essi vivono e noi dormiamo"

(dal film "Essi vivono" (They live) di John Carpenter - Usa 1988)


La società contemporanea viene concepita dagli apprendisti stregoni del
sistema mondialista come una sorta di uniforme villaggio globale all'interno
del quale ad ognuno si deve corrispondere quanto , su di un piano meramente
materiale, desidera come aspirazioni e beni di consumo, servizi e capitali. E'
la società della massificazione globale e dell'omologazione di massa quella che
è stata costruita a cominciare dall'immediato secondo guerra mondiale su scala
globale: dal modello consumista degli Stati Uniti d'America - cloaca massima
delle aspirazioni materiali dell'uomo moderno e punto di riferimento
inalienabile per comprendere la direzione discendente ed i segni dei tempi di
un'umanità alla ricerca disperata di nuovi percorsi esistenziali ( sciabordata
tra mode effimere e ricambi costumistici settimanali, tonalità e modelli di
riferimento intercambiabili nell'arco di una nottata ) e di un tipo umano, che
Lello Ragno ne "Il Mondialismo Capitalista" (ediz. "L'Uomo Libero - Milano
1992) definisce lucidamente come "l'idiota planetario" , 'scosso' da pulsioni
interiori esclusivamente materiali e da istinti bassamente animali che ,
suggestionandone la psiche e condizionandone la mentalità, ne rendono il
prototipo ideale, la quintessenza, dell'imbecillità conformista di massa.

E' su un piano solidamente collaudato di "seduzioni" e di "offerte" che si
muove il marketing globale della società del nulla post-modernista dove
l'affermazione dei contro-valori della materia hanno lentamente, ma
inesorabilmente, eroso qualsiasi riferimento spirituale e qualsivoglia anelito
verso il Divino: il Sacro diviene profano ed il profano assurge a 'sacralità'
rovesciata e contorta delle società senza Dio e senza valori dei "vuoti a
perdere" , alias individualità rovesciate, fenomenologicamente rappresentati da
un 'soggetto' che si crogiola della propria grettezza d'animo e della
altrettanto bassa capacità di comprendere la 'direzione' di marcia della
propria esistenza terrena.

L'individuo massificato della contemporaneità post-modernista vive il suo
tempo alieno da qualunque pulsione: non esiste sfera spirituale (se non quella
"fai da te" e di facile e autodidattico apprendimento della New Age), interesse
superiore o valori per i quali 'rischiare'. A questi individui bastano e
avanzano i 'travagli' della quotidianità, le difficoltà incontrate nella vita
di tutti i giorni, casa, lavoro e famiglia per confonderne le idee e mandarne
in tilt un improbabile coscienza. L'uomo moderno vive , anche piuttosto male,
la banalità dell'apparenza e ricerca inesistenti felicità nei prodotti di
consumo, nelle mode, nel mondo mercantilizzato del "do us des" , del baratto e
del libero scambio (si 'scambia' e mercifica oramai di tutto: dai beni immobili
a quelli mobili, dalle idee alla 'cultura', passando per la moda, l'arte, la
musica, lo sport e finendo , dulcis in fondo, per scambiarsi pure affetti e
'parentado'...lo 'scambismo' pervade oramai l'esistenza quotidiana di milioni
di individui ...non esistono barriere perchè il mondo è diventato 'globale' e a
questa logica mercantilistica l'idiota planetario deve inevitabilmente
inchinarsi).

E' la società del marketing dove ad una diffusione planetaria di modelli di
consumo omogenei corrisponde un preciso orientamento del mercato finalizzato ad
un'unico obiettivo: vendere ovunque la stessa gamma di beni per ottenere
crescenti economie di scale (bevete Coca Cola e degustate cibi macrobiotici,
tenetevi in linea con i prodotti della salute e 'spendete' al meglio il vostro
tempo e denaro frequentando i grandi centri commerciali che , alla bisogna,
offrono di tutto e di più...l'alienazione di massa che ha sostituito il
rapporto di fiducia tra il negoziante del quartiere e la sua clientela è
devastante con una netta diminuzione degli esercizi commerciali a direzione
familiare ed un conseguente impoverimento dei centri storici delle principali
città)

Il modello statunitense del centro commerciale - che trova i suoi omologhi e
'concorrenti' nelle grandi catene commericali di dischi ed hi-fi, di alta
tecnologia e giocattoli, prodotti per la casa ed il fai da te ecc ecc...i nuovi
templi di Mammona per l'imbecille globale... - 'smercia' i suoi nei prodotti
di 'marca' con un ritmo spaventoso. All'ultimo modello, all'ultima linea più o
meno accessoriata di un determinato prodotto o nell'ennesima "griffe"
d'attualità sfornata da una delle diverse multinazionali del pianeta
corrisponde lo 'spaccio' sul mercato operato sapientemente e con precise regole
dalle catene commerciali e dai grandi centri commerciali che hanno sostituito ,
con la loro unicomprensività e una vasta , vastissima, offerta di generi di
consumo anche quelli che erano i momenti di abituale svago e tempo libero...


L'idiota planetario la domenica - ma anche il resto della settimana -
'correrà' con tanto di famiglia al seguito all' "Iper", dove potrà dare sfogo
delle proprie 'esigenze' materiali, passare la giornata tra acquisti spesso
inutili e compere superflue intrattenuto dalla promoter di turno, 'fascinato'
dall'ultima trovata pubblicitaria, ingannato dal luccichio delle luci e dalle
dimensioni , gigantesche, del centro commerciale. Nella società dell'immagine e
del benessere infatti tutto deve essere 'gigante', tutto possibilmente
'luccicante': è l'esaltazione del lusso e del consumismo quella che viene
rappresentata quotidianamente in uno qualsiasi dei centri commerciali
sparpagliati nei quattro angoli del pianeta. Al consumatore non rimane che
arrendersi all'evidenza dei fatti: tutto è di marca, tutto è all'ultima moda,
tutto è 'fashion' e - oltretutto - costa meno che nel negozietto di quartiere

Allo stesso modo in cui i grandi centri commerciali hanno sostituito il
negozio sotto casa i multisala sostituiscono il cinema di paese e quelli
rionali di città; i fast-food (Mc Donalds o KFC poco 'conta') rimpiazzano il
ristorante e la cucina tradizionale così come Internet ha sostituito i rapporti
interpersonali ...il virtuale sostituisce il reale come il 'gigantismo' delle
forme ha sostituito e disintegrato antiche arti e mestieri, rendendo anonimi
lavori artigianali di un tempo e mestieri che una volta si tramandavano di
padre in figlio, generazione dopo generazione... nelle società 'tradizionali'
esisteva il quartiere, insieme residenza e micro-comunità dove tutti
conoscevano tutti....oggi esistono e si sviluppano i quartieri-ghetto, con i
casermoni delle case popolari, frutti dell'urbanizzazione selvaggia che ha
eretto ovunque obbrobri edilizi e cementificato intere aree peraltro...fenomeno
non 'indifferente' e 'segno' dei tempi moderni...l'ultimo sradicato proveniente
da non si sa quale angolo remoto del pianeta può dedicarsi tranquillamente a
qualsiasi attività criminale perchè protetto da un'anonimato di 'massima'
quello derivato dalla solitudine dell'"inquilinamento occulto" ....nessuno
conosce il vicino della porta accanto e a malapena si riesce a sapere che
succede nel proprio palazzo ...figuriamo quanto accade nel proprio quartiere o
nella propria città...

"Il termine "marketing" - scrive Lello Ragni (1) - deriva dall'inglese "to
market" che significa "commercializzare, immettere sul mercato". Il marketing
può quindi essere considerato come l'insieme dei processi mediante i quali la
domanda di beni e servizi viene prevista, stimolata e soddisfatta mediante
l'ideazione , la distribuzione e la vendita di beni e servizi adeguati. Esso è
basato sul principio secondo cui un'impresa può aumentare i propri profitti se
persegue una politica di "orientamento al mercato", offrendo prodotti idonei a
soddisfare le diverse esigenze dei consumatori. Al centro dell'attenzione è
posto l'acquirente potenziale, coi suoi bisogni, le sue preferenze, i suoi
comportamenti. Il marketing consiste nell'elaborare e realizzare una strategia
che, agendo sulle variabili che possono modificare la domanda, trasforma
l'acquirente potenziale in acquirente effettivo." (1)

Rovesciando i termini tradizionali per i quali esisteva la formula del
baratto e quelli già tipici delle società industriali secondo i quali ad una
domanda segue un'offerta le grandi multinazionali ed i centri commerciali
(rispettivamente produttori e spacciatori dell'effimero) hanno concepito la
produzione in serie di beni di consumo che dovranno inondare il mercato con il
precipuo scopo di indurre all'acquisto il soggetto 'potenzialmente'
interessato: è l'offerta che surclassa la domanda e suscita il consumo.

La massificazione di mode e consumi è sostanzialmente la conseguenza di una
precedente massificazione delle idee, delle opinioni, dei gusti, delle
coscienze. Potremmo definire quest'operazione come l'affermazione dei mezzi e
delle tecniche utilizzate (nella pubblicità come nella propaganda) per la
persuasione occulta delle coscienze.

L'uso di messaggi subliminali per la commercializzazione di un dato prodotto
non è nuovo ed appartiene alle società tipiche dell'era consumistica. "Sul
nascere della cosiddetta "era consumistica" - scrive Paolo Baroni (2) - ,
caratterizzata da rapidi mutamenti socio-economici indotti forzatamente da un
selvaggio processo di industrializzazione ed urbanizzazione, alcune tra le
maggiori ditte produttrici , a fronte del fallimento di grandi campagne di
lancio dei loro prodotti, incoraggiati in ciò anche dalla comparsa del libro di
Clyde Mille "The Process of Persuasion" ("Il meccanismo della persuasione") ,
decisero di intraprendere tutta una serie di studi per individuare i complicati
meccanismo socio-psicologici che presiedono alle scelte del consumatore. Tali
studi, in cui secondo la rivista Sales Management (n.1 , del 15 febbraio 1955)
erano stati investiti 12 milioni di dollari, tutti incentrati su quel
misterioso labirinto che è il subconscio, erano finalizzati alla scoperta di
una via d'accesso segreta alla psiche umana - detta in gergo professionale
"chiave operativa" - realmente in grado di precondizionare il consumatore al
momento dell'acquisto. Pionieri nel campo della "pubblicità indiretta" fin
dagli anni '30 furono Ernest Dichter, Presidente dell'Institute for
Motivational Research Inc., e Louis Cheskin, Direttore del Colorado Research
Institute of America, seguiti da altri scienziati come il Prof. J. Walter
Thompson, il Prof. Dale Hunghton, dell'Università di New York, il Dr. Wallace
Wulfeck, lo psicologo George Horsley Smith, dell'Università Rutgers, e James
Vicary, un oscure rappresentante pubblicitario del New Jersey, autore
dell'articolo "Come applicare i metodi della psichiatria alla ricerca del
mercato" apparso nel 1950 sulla rivista Marketing Printer's Ink. Quest'ultimo ,
nel 1956, divenuto come tanti altri suoi colleghi "strizzacervelli" consulente
alla corte di grosse industrie produttrici, fondò la "Subliminal Projection
Company" (Compagnia di proiezione subliminale)."


Cominciava l'epoca dei messaggi subliminali pubblicitari che - attraverso un
percorso che andava di pari passo con la diffusione dei nuovi mezzi di
comunicazione di massa , con l'affermazione della televisione, del cinema e
successivamente con l'era informatica degli anni ottanta avrebbe rappresentato
il trionfo della persuasione occulta applicabile (così come già sperimentato
'felicemente' dalle centrali di disinformazione dirette dai servizi
d'intelligence alla propaganda bellica) all'economia, alle leggi del mercato e
alla società dei consumi di massa.

Inutile 'spendere' altre parole più di quante non ne siano già state scritte
da specialisti e addetti ai lavori tanto sulle cause quanto, soprattutto, sugli
effetti devastanti che queste politiche 'aziendali' e 'commerciali' hanno
prodotto nelle società modificando usi e costumi di miliardi di individui
(tutto il genere umano difatti è un "acquirente potenziale" secondo i programmi
di marketing e nessuno può sentirsi escluso o dirsi al riparo dalle sirene
della società consumista). Lasciamo il lettore ad una riflessione attenta sulla
società di massa e sui comportamenti propri degli individui che compongono la
società massificata invitandolo alla visione del film "Essi vivono" di John
Carpenter ('provate' a indovinare chi sono gli 'alieni' della società del
Mondialismo?) e congedandolo con questa suggestiva e divertente (anche
piuttosto deprimente a dirla tutta) immagine lasciataci dal Ragni nel suo
volume:

"Le aziende globali che scelgono di differenziare i prodotti, ampliare la
gamma e creare spot pubblicitari sempre più suggestivi contribuiscono a
consolidare l'illusione che l'ideologia massificante del villaggio globale
lasci ampi spazi di espressione a un'esistenza libera da condizionamento.
L'idiota planetario di qualsiasi razza che entra in un supermercato di
qualsiasi città vede una molteplicità di prodotti tutti diversi per prezzo,
qualità, confezionamento e si sente realmente libero di scegliere ciò che
vuole. Maneggia distrattamente bevande ipercaloriche, alimenti nutrienti e
leggeri, abbronzanti ultrarapidi ed alla fine non si accorge di aver comprato
tanti prodotti di cui non ha in realtà alcun bisogno, ma che servono soltanto a
soddisfare una semplice curiosità destata in lui da un'immagine suggestiva
apparsa sulle pagine di un periodico o da uno spot particolarmente divertente
trasmesso la sera prima in Tv. A suo figlio, anch'egli idiota planetario ma con
tanto di laurea e di master, i docenti di marketing hanno spiegato che quella
curiosità è un bisogno latente che può essere appagato solo dall'acquisto del
bene. Il giovane idiota planetario è affascinato da queste teorie che indagano
nel profondo dell'animo umano per suggerire alle aziende le tecniche migliori
per condizionare il comportamento d'acquisto del consumatore globale. E' un pò
come studiare psicologia, ma con l'opportunità di inserirsi in azienda per fare
un lavoro dinamico, creativo e gratificante. Inoltre a lui piace viaggiare,
vedere posti nuovi, conoscere gente nuova. Dopo il suo ultimo viaggio
all'estero ha mantenuto un ottimo rapporto di amicizia con quella ragazza
indonesiana che studiava l'inglese nel suo stesso college, ascoltava la sua
stessa musica, aveva visto i suoi stessi film e, caso strano, aveva le sue
stesse aspirazioni professionali. Durante i suoi viaggi all'estero il giovane
idiota planetario si sente dovunque come a casa. In ogni città del mondo c'é
uno Sheraton Hotel e un McDonald's. Se accende il televisore può guardare
dovunque l'ultimo video realizzato dal suo cantante preferito. Se ha
dimenticato un indumento può comprarne uno identico in qualsiasi centro
commerciale pagando con la sua carta di credito. Quando ritorna dal viaggio è
eccitante ricevere l'estratto conto della banca e ritrovare i nomi dei negozi ,
dei ristoranti, degli alberghi in cui ha utilizzato la carta di credito. Sembra
quasi che qualcuno lo abbia seguito fotografando per lui ogni magico momento
della sua vacanza (controllo sistemico di massa ndr). Durante la sua permanenza
in città l'idiota planetario si sente un pò come in viaggio. Il suo quartiere è
abitato da individui di tutte le razze: ogni gruppo etnico ha feste, folklore e
ristanti tipici. Vengono organizzate mostre retrospettive , concerti di musica
africana e ci sono tanti musei dove è conservato il passato dei popoli. E'
bello conoscere la vita quotidiana degli uomini di un tempo, le loro abitudini,
la loro organizzazione sociale, le loro strane credenze. E' un ottimo argomento
di conversazione e poi in fondo tutto fa cultura (...ricordiamo anche , non
'casualmente, di aver letto un articolo sul folklore locale 'scarabocchiato' da
uno di questi amanti del tradizionalismo localista che "la cultura, i libri"
sono un "prodotto"....tant'é ...mercificazione delle idee e delle Tradizioni
'appunto'... ndr). Il giovane idiota planetario ha molti amici. Sono diversi
per il colore della pelle ma frequentano tutti la stessa scuola, la stessa
palestra, la stessa discoteca, lo stesso fast-food, lo stesso psicanalista.
Hanno tutti gli stessi gusti, le stesse abitudini, le stesse aspirazioni, gli
stessi complessi. Vestono, scherzano, sognano tutti allo stesso modo ed hanno
tutti gli stessi problemi. Per questo sono tutti amici. Il colore della pelle
non fa differenza. La sua ragazza poi è una donna meravigliosa. La prima volta
che la vide entrare in discoteca non riuscì a capire a quale gruppo etnico
appartenesse, ma fu subito colto dalla sua andatura sensuale e trasgressiva.
Sono proprio eccezionali queste mulatte, così diverse le une dalle altre eppure
così conformi ad un tipo umano presente dovunque nel mondo. (...) Stanno molto
bene insieme perchè si somigliano tanto anche se lui ha gli occhi grigi. La sua
ragazza è fortunata: al mare o sulla neve non ha bisogno di creme protettive ad
azione abbronzante, mentre lui si ustiona ogni volta. Che dramma quella pelle
pallida! In compenso lui ha i capelli lisci e non ha bisogno di gel, la sua
ragazza si. Questa è l'unica cosa che li rende diversi l'uno dall'altra. Chissà
come sarà loro figlio, se avrà bisogno di abbronzante o di gel. Senza dubbio
sarà intelligentissimo. Lo dice anche suo fratello che sta collezionando i
fascicoli della nuovissima enciclopedia sugli animali: i cani bastardi sono più
intelligenti dei cani di razza. Lo stsso vale anche per i bipedi umani: in
fondo anche l'uomo discende dalla scimmia. L'odiota planetario è un ragazzo
felice. La terapia di gruppo funziona e le pillole antidepressive sono
miracolose. Vive in un quartiere residenziale, ha una seconda casa e una barca
per il week-end, un'automobile di classe da far invidia agli amici, una donna
che ama, un solido conto in banca e ottime prospettive di carriera. Fin da ora
guadagna bene e può comprare abiti firmati, cosmetici, cocaina, un'automobile
nuova , compact disc, quadri d'autore e riempire la sua casa di tanti oggetti
simpatici e originali. (...) L'idiota planetario è un ragazzo fortunato. Il
mondo in cui vive è storicamente il migliore. Certo qualcosa non va. Molte cose
non vanno. Ma che importa! Take it easy! Domani è sabato e si va tutti a
sciare." (3)


Il mondo si divide in due categorie: gli idioti planetari che vanno a sciare
e gli uomini di razza! Noi, nati sul mare e livornesi d.o.c.g. anche se 'di
foravia' , non abbiamo mai 'imparato' a 'calzare' degli scarponi da sci e
l'unica occasione avuta di sciare - durante una settimana 'bianca' sul Cimone
ai tempi delle scuole medie (....ovviamente 'ripetute'...) - è stata ricordata
sull'annuario scolastico in quello che forse è stato il nostro primo articolo
come una delle esperienze più devastanti della nostra storia 'adolescenziale'
.... Preferivamo , anche 'allora', darci 'ammalati' specie se la compagna di
banco aveva anche lei 'sintomi' febbricitanti'... 'strano' che la neve , da
sempre, ci stia sulle palle...specialmente in città!


DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI

Direttore Responsabile Agenzia di Stampa "Islam Italia"


Note -

1) Lello Ragni - "Il mondialismo capitalista - Mercato Globale e società
multirazziale" ediz. "L'Uomo Libero" - Milano 1992;

2) Paolo Baroni - "I prìncipi del tramonto - Satanismo, esoterismo e
messaggi subliminali nella musica rock" ediz. "Il Cerchio" - Rimini 1997;

3) Lello Ragni - op. cit. ;

Spetaktor
31-03-09, 18:25
Gilgamesh. Mito e leggenda agli albori della civiltà
di Dagoberto Husayn Bellucci - 27/03/2009

Fonte: Arianna Editrice [scheda fonte]





"Mi piacciono le scelte radicali
la morte consapevole che si autoimpose Socrate
e la scomparsa misteriosa e unica di Majorana
la vita cinica ed interessante di Landolfi
opposto ma vicino a un monaco birmano
o la misantropia celeste in Benedetti Michelangeli.
Anch'io a guardarmi bene vivo da millenni
e vengo dritto dalla civiltà più alta dei Sumeri
dall'arte cuneiforme degli Scribi
e dormo spesso dentro un sacco a pelo
perché non voglio perdere i contatti con la terra.
La valle tra i due fiumi della Mesopotamia
che vide alle sue rive Isacco di Ninive.
Che cosa resterà di noi? Del transito terrestre?
Di tutte le impressioni che abbiamo in questa vita?"

(Franco Battiato - "Mesopotamia" - dall'album "Fisiognomica" 1988)


Fin dagli albori della civiltà l'uomo si è sempre misurato con le proprie
costruzioni ideali fissando per la rappresentazione delle sue aspirazioni ,
quelle palesi e quelle celate, in una serie di simboli, riti e miti le
coordinate entro le quali ricomprendere la propria storia su di un piano
metafisico e la propria identità su di un piano metastorico.
E' probabilmente uno dei più grandi misteri dell'umanità riuscire a penetrare
e comprendere il bisogno interiore che , in qualunque civilizzazione umana si
sia sviluppata nel corse dei secoli, qualsiasi essere umano ha avvertito di
auto-rappresentarsi e celebrarsi - al di là del piano orizzontale, fattuale ,
degli eventi terrestri che direttamente lo interessavano - anche , soprattutto,
attraverso una simbologia ed una mitologia essenziali per la costituzione in
qualsiasi epoca di ciò che comunemente oggi definiamo come Civiltà o
Tradizione.

Non esiste civilizzazione umana che non abbia utilizzato simboli e riti per
costruire la propria identità "religiosa" , per definire la propria dimensione
spirituale e per creare le condizioni necessarie all'evoluzione e allo sviluppo
delle arti, dei mestieri e delle conoscenze materiali che sono derivate dalla
sfera intellettiva del genio umano. Se da un lato infatti possiamo riconoscere
nei riti la perpetuazione di un'adesione mistico-percettiva ad un culto
dall'altro lato è nella simbologia e nella mitologia che sono state conchiuse e
sigillate a perenne memoria, per i posteri e per l'immortalità storica, le
vicende, le narrazioni, i racconti e le immagini idealizzate di fatti,
personaggi e avvenimenti che hanno rappresentatol'aspirazione ed il sentimento
più alto e nobile di una collettività.

"Il mito - asserisce Thomas Mann - è il fondamento della vita, lo schema
senza tempo, la formula secondo cui la vita si esprime quando fugge al di fuori
dell'inconscio" (1)

Uno schema appunto senza tempo perchè fissato nell'eternità che definisce e
stabilisce nessi logici di continuità ideale tra civiltà e popoli, individui e
nazioni. Non esisterebbero miti se non esistesse l'esigenza da parte
dell'essere umano di dare una rappresentazione della propria limitata esistenza
terrena: il mito segna lo spartiacque tra fisico e metafisico e aderisce alla
percezione che accomuna e unisce le comunità siano esse tribù, gruppi, popoli,
nazioni e continenti interi.

"Il mito è un modo di interpretare eventi e fenomeni in un ambito culturale
unitario. Si tratta di un processo di razionalizzazione che traduce in
esposizioni emblematiche insiemi di esperienze diverse delle quali si cerca
l'elemento unificante, e che dà una giustificazione di quanto è accaduto e
soprattutto di quanto accadrà." (2)

Per comprendere nella sua più interessante accezione quale sia il valore ed
il significato più alto del Mito occorre considerare l'insieme delle
costruzioni ideali che contrassegnano la contemporaneità e le condizioni che
hanno favorito la metabolizzazione su vasta scala dei moderni miti della
tecnica e della scienza considerati fondamentali per la definizione della
società post-medievale: "l'uomo moderno - scrive Lewis Mumford (3) - si è data
un'immagine curiosamente deforme di se stesso, interpretando la sua storia
lontana sulla base dei suoi interessi attuali per la fabbricazione delle
macchine....dopodichè ha giustificato le sue preoccupazioni di oggi definendo
il suo io preistorico un animale che fabbrica utensili.". Definizione
quantomeno azzeccata del rapporto che l'uomo moderno vive nei confronti di un
passato che , non riuscendo più a definire e comprendere, tende a dimenticare
in funzione di un presente che dovrebbe rappresentare solo ed esclusivamente
una rampa di lancio verso dimensioni future.

Tale atteggiamento dell'uomo-massa contemporaneo riflette anche un'ambiguità
di fondo che sussiste quando, ad innalzare tecnica e scienza, ci si è
dimenticati di ritualità, simbologie e miti del passato, premesse
indispensabili, anticamere dell'identità individuale e collettiva, congiunzioni
di sintesi e di esperienze procedenti dalla natura originaria dei processi del
pensiero umano.

Da queste premesse dobbiamo cominciare per recuperare quello che potremmo
definire il mito ancestrale, il mito dei miti, quello rappresentato e narrato
nel poema di Gilgamesh. Un poema antichissimo , alle origini di una delle
civiltà più remote del Vicino Oriente in quella Mesopotamia spesso identificata
proprio come la "culla" di tutte le civilizzazioni , sicuramente il centro
nevralgico di una florida società, quella sumera, dove nascerà il mito di
Gilgamesh, re della città di Uruk, metà uomo metà dio, alla ricerca
dell'immortalità.

Il viaggio , la storia, l'epopea di Gilgamesh rappresentano la somma
culturale, ideologica e poetica dell'uomo mesopotamico e insieme il racconto
delle sue gesta il più antico poema che l'umanità abbia concepito, precedente
all'Iliade e all'Odissea, più antico del Mahàbhàrata indiano. La scoperta di
questo lascito per l'intero genere umano rappresentò uno degli eventi culturali
più importanti e significativi dell'Ottocento. Il ritrovamento di questa epopea
, avvenuto a metà del XIXmo secolo tra le rovine dell'antica Ninive, risultò
tale da modificare - come scrive Franco D'Agostino nella sua opera fondamentale
(4) - "il modo di considerare il mondo orientale e il suo testo più importante,
la Bibbia. Ma ciò che più conta e stupisce è che oggi , a distanza di migliaia
di anni da quella creazione, noi ci scopriamo coinvolti dalle avventure di
Gilgamès, esaltati dal suo eroismo, commossi dalla sua disperazione, affranti
dai suoi fallimenti. E non riusciamo propria a percepire come estraneo questo
giovane e misterioso re, capace di esaltazione e di lacrime, capace di uccidere
e di amare, di sognare e di pregare. Un re, un dio, che è il prototipo
dell'uomo che fugge da se stesso, il paradigma della vanità degli sforzi degli
uomini contro il destino e la morte. E molto altro ancora...".

Quando gli eserciti persiani di Ciro penetrarono nel 539 a.C. nella
Mesopotamia , conquistando l'antica Babilonia, si resero perfettamente conto
della straordinaria grandezza di ciò che avevano appena conquistato: la civiltà
mesopotamica possedeva infatti una profonda conoscenza del tempo e
dell'astronomia, della matematica e della geometria, della medicina e
dell'idrodinamica e nozioni avanzatissime della topografia del mondo allora
conosciuto. La scoperta di questa straordinaria civiltà affascinerà il sovrano
di Persia come, secoli dopo, la Grecia diventerà un'attrazione ed emetterà un
fascino irresistibile - come esempio - per i romani.

Nel VI secolo avanti Cristo la cultura mesopotamica aveva alle spalle una
vità più che bimillenaria: popoli diverse e dalle differenti culture avevano
regnato sulla terra tra i due fiumi tramandando un sapere ed una somma di
conoscenze che in tutti i settori vennero trascritte attraverso la tradizione
cuneiforme. La prima redazione del poema di Gilgamesh risale probabilmente
all'epoca paleo-babilonese (tra il 1850 e il 1600 a.C.) anche se la diffusione
in una vasta area della documentazione di questa "leggenda", i cui frammenti
furono ritrovati in diverse città del mondo mesopotamico, possono rivelarsi
come un indizio che l'epopea di Gilgamesh e del suo amico Enkidu fossero
diventate un patrimonio comune dell'intera cultura babilonese già in epoca
antica. La stessa sommaria raccolta dei diversi frammenti , raccolti in
tavolette e custoditi in diversi musei (dal British Museum a Londra all'Iraq
Museum di Baghdad fino a quelli conservati nelle Università americane di
Pennsylvania e di Yale) , ci confermano una diversa provenienza dell'intero
poema raccolto in differenti siti archeologici corrispondenti alle antiche
città mesopotamiche e alle loro lontane , attuali, 'parenti' irachene (una
parte proviene da Uruk (l'odierna Warka), Saduppùm (l'irachena Tell Harmal) e
Sippar (Abu Habba) tutti siti archeologici dell'Iraq centrale).

Un altro importante aspetto da considerare è la diffusione enorme che fin
dall'antichità avrà la storia di Gilgamesh e gli eventi che interesseranno
questo sovrano; come scrive D'Agostino è attraverso la diffusione della grafia
cuneiforme della civiltà sumero-accadica che essi "divengono patrimonio comune
di un numero straordinariamente grande di uomini, dotati di un differente
retroterra etnico ma tutti accomunati dall'assimilazione - per lo meno a
livello della cultura ufficiale scritta- delle elaborazioni del pensiero
babilonese. A questa enorme diffusione di Gilgames avrà però senz'altro
contribuito anche il fascino fortissimo che il racconto in sè, con le avventure
così umane e universali che coinvolgono il sovrano di Uruk, promana a chi lo
ascolta. (...) E' stato notato, d'altro canto, come temi narrativi poi anche
nel mondo greco (nell'Odissea addirittura) e nella grande letteratura
fantastica araba (nel Racconto di Buluqiya de "Le mille e una notte")." (5)

Come noterà Benno Landsberger , uno più famosi assiriologi del novecento,
"l'epica di Gilgamesh è l'epica nazionale dei Babilonesi. E questa
denominazione può essere utilizzata a buon diritto poichè il racconto si
rivolge a ogni Babilonese, perchè il suo eroe incarna nel modo più indelebile
l'ideale di uomo del popolo babilonese in quanto il problema della vita umana
forma il suo soggetto più importante.". (6)

Dalla Siria alla Palestina all'Anatolia il racconto di Gilgamesh ha finito
per costituire una sorta di patrimonio culturale che, al di là dei confini
mesopotamici, unisce popoli e culture di una vasta area del mondo antico come
dimostrarono i ritrovamenti di alcuni frammenti del poema venuti alla luce
durante gli scavi della missione francese presso la città siriana di Emar (oggi
Meskene) o di un frammento recuperato a Megiddo in Palestina fino a quelli
recuperati in lingua hittita (una lingua indo-germanica che appartiene ad un
ramo occidentale di quell'albero linguistico che viene definito "anatolico")
non lontano dal piccolo villaggio di Bògazkoy nell'Anatolia centrale tra le
rovine di quella che fu la capitale hittita la città di Hattusa.

In tutta la Mezzaluna fertile ed al di là dei suoi confini le gesta di
Gilgamesh suscitarono un profondo interesse come si vedrà anche per la sequenza
di avvenimenti narrati che diverranno patrimonio comune dell'umanità passando
di civilizzazione in civilizzazione e di popolo in popolo (si pensi solo alla
narrazione del viaggio che il re farà alla cerca dell'immortalità - poi
presente in tutte le grandi Tradizioni non da ultimo in quella relativa al
Sacro Graal - o all'incontro con Uta-Napistim l'unico superstite del Diluvio
Universale di cui si avranno frammenti di memoria nelle narrazioni bibliche
successive).

L'idea del Diluvio Universale pervade la parte finale del poema e merita,
cominciando proprio dalla fine, la massima attenzione. "Considerai il mondo
intorno - narra Uta-Napistim nel suo racconto al sovrano Gilgamesh - era sceso
il silenzio poichè tutta l'umanità era diventata argilla e le terre, allagate,
erano diventate piatte come un tetto. Aprii uno spiraglio nella nave: un raggio
di sole caldo mi colpì la guancia. Allora mi gettai in ginocchio e mi disperai,
sulle mie guance scorrevano le lacrime. Poi la nave si andò a incagliare sul
monte Nimus , che la tenne ferma per sei giorni. Allorchè giunse il settimo
giorno portai fuori e liberai una colomba. Questa se ne andò ma poi tornò
indietro: non le era apparso alcun posto (adatto a stabilirsi) e se ne ritornò.
Allora portai fuori e liberai una rondine. Questa se ne andò ma poi tornò
indietro: non le era apparso alcun posto e se ne ritornò. Infine portai fuori e
liberai un corvo. Il corvo se ne andò e vide che il livello delle acque calava
: allora mangiò , gracchiò, sollevò la coda e non fece ritorno.".

In questo racconto si ritrova lo schema di base della narrazione biblica di
Noè e del Diluvio Universale. Gli ebrei dunque non inventarono niente che non
fosse già conosciuto e noto a tutte le principali popolazioni che abitavano la
Mezzaluna fertile (e come si ricorderà essi ebbero stretti rapporti proprio
durante la cattività mesopotamica con quei popoli che erano gli eredi del re di
Uruk ed ai quali appartenevano questi miti).

Al sovrano di Uruk verrà comunque precluso l'accesso all'immortalità eterna.
E' la sentenza e la decisione finale degli Dei. Se Uta Napistim e sua moglie
saranno salvati dalle acque del diluvio e costretti ad abitare lontano dagli
altri uomini a Gilgamesh viene negato il sogno dell'immortalità poichè solo un
nuovo cataclismo , un altro diluvio - per antonomasia unico nella storia del
mondo, potrebbe generare le condizioni per cui al re di Uruk sia concesso ciò
che cerca.

Il tema del diluvio universale sul quale spendiamo qualche parola in più è
stata definita come la più fortunata invenzione della letteratura mesopotamica.
"...si tratta di un tema narrativo e mitologico-religioso che ha una
lunghissima storia - scrive D'Agostino (7) - nella letteratura e nella cultura
mesopotamica. Noto già presso i Sumeri, che ne sono gli inventori, il Diluvio
Universale è assurto nella visione storiografica antico-orientale mesopotamica
a evento spartiacque, della stessa valenza storica e psicologica che ha per noi
l'anno della nascita di Cristo" (8). Un tema che ritroveremo nelle tradizioni e
nella letteratura dei greci dove il dio Crono apparirà al suo devoto
(Xisuthros) per annunciare la fine dell'umanità e comandandogli di costruire
un'imbarcazione per mettere in salvo oltre alla sua famiglia, agli amici e alle
vettovaglie tutti gli esseri viventi sia quadrupedi che dotati di ali.

"Questo tema del Diluvio Universale , così tipico della mentalità babilonese
e così inerente alla sua ideologia sull'uomo e sul significato della sua vita,
ha avuto una enorme diffusione nell'ambito geografico vicino-orientale. Gli
Ebrei stessi, pur generalmente così alieni dall'intromissione di tratti
religiosi esterni (*) , lo reinterpretarono e lo introdussero nel loro canone
religioso, attraverso il quale esso è giunto sino alla nostra cultura (è il
racconto mitico più antico a noi noto e del quale possiamo ripercorrere la
storia)" (9)

Lasciamo alla 'curiosità' dei lettori di addentrarsi nella narrazione del
poema di Gilgamesh , della sua amicizia con Enkidu (accostatosi lui,
cacciatore, uomo che vive ai margini della società nei deserti, alla civiltà
attraverso il rapporto sessuale con Samhat che ne farà un uomo civilizzato,
conducendolo a Uruk, al tempio , residenza degli dei Anu e Istar, alla presenza
di Gilgames un re dalla forza straordinaria) , della loro terribile sfida con
il mostro Hubaba (guardiano della Foresta dei Cedri del Libano) e dei sogni
premonitori che accompagneranno il Re metà uomo metà Dio Gilgamesh, alla
gelosia della dea Istar innamoratasi del sovrano di Uruk fino alla perdita
dell'amico Enkidu vittima di una malattia incurabile di origine divina e
ritorsione-capriccio di una dea.

Di Gilgamesh (10) possiamo solo trascrivere ciò che riporta il poema stesso
laddove viene descritto come "il più grande di tutti i re, il più illustre, il
più alto l'eroe progenie di Uruk, il toro pronto a caricare: va innanzi a
tutti, è un comandante; va dietro a tutti è il sostegno dei suoi alleati; è la
fiancata potente a protezione del suo esercito; la piena furiosa che abbatte le
mura di pietra. Figlio di Lugalbanda è Gilgamesh dalla forza straordinaria e
figlio della dea Rimat-Ninsun, l'eccelsa vacca selvatica. Egli Gilgamesh
straordinariamente degno di venerazione aprì valichi tra le montagne, scavò
pozzi nelle gole dei monti, attraversò l'oceano , il profondo mare, sino
all'origine del mattino, percorse le regioni del mondo cercando affannosamente
la vita, raggiunse con enorme fatica Uta-Napistim il distante, restaurò i
luoghi di culto che il Diluvio aveva distrutto. Chi è , tra la moltitudine
degli uomini, che può venire equiparato a lui nella regalità , e che possa dire
come Gilgamesh "io sono un re!" ? Dal giorno in cui nacque , il nome di
Gilgames, fu glorioso. Per due terzi appartiene agli dei, per un terzo
all'umanità."


DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI

Direttore Responsabile Agenzia Stampa "Islam Italia"



Note -

1) Thomas Mann - "Aforismi"

2) Giuseppe Lanzavecchia - saggio "Religione e Mito" in Aa.Vv. - "Dalla tribù
alla conquista dell'universo" - ediz. "Scheiwiller" - Milano 2000;

3) Lewis Mumford - "Il mito della Macchina" - ediz. "Il Saggiatore" - Milano
1969;

4) Franco D'Agostino - "Gilgames - Alla conquista dell'immortalità" - ediz.
"Piemme" - Casale Monferrato (Alessandria) 1997;

5) Franco D'Agostino - op. cit. ;

6) Benno Landsberger - "Einleitung in das Gilgamesh-Epos" in P. Garelli -
"Gilgames et sa lègende - Etudes recuillies par Paul Garelli à l'occasion de la
VII.e Rencontre Assyriologique Internationale" - Parigi 1958;

7) Franco D'Agostino - op. cit. ;

8) i testi , sia sumerici che accadici, relativi al Diluvio Universale in
Mesopotamia sono stati raccolti da J. Bottero - S.N. Kramer in "Uomini e Dei
della Mesopotamia" (ediz. "Einaudi" - Torino 1992) si veda anche l'agile
volumetto di C. Saporetti "Il Diluvio" ediz. "Sellerio" - Palermo 1982);


*) vedremo che in realtà l'intero impianto biblico dell'Antico Testamento
avrà molti lasciti da altre culture e pre-esistenti Tradizioni come evidenzia
peraltro , su di un piano eminentemente politico ma anche storico-religioso,
Roger Garaudy nel suo "I miti fondatori della politica israeliana" ediz.
"Graphos" - Genova 1996. Testo essenziale per comprendere l'insieme di pretese
"leggendarie" che stanno alla base dell'occupazione territoriale sionista nella
Terrasanta palestinese.

9) Franco D'Agostino - op. cit. ;

10) Per una breve bibliografia in lingua italiana si consulti:
- J. Bottero - "Mesopotamia (la scrittura, la mentalità, gli dèi) - ediz.
"Einaudi" - Torino 1991;
- S.M. Chiodi - "Il prigioniero e il morto (Epopea di Gilgames Tav. X 318-
320) - Orientis Antiqui Miscellanea II (1995);
- G. Furlani - "Miti babilonesi e assiri" - ediz. "Sansoni" - Firenze 1958;
- A. Parrot - "Diluvio e Torre di Babele" - ediz. "Sansoni" - Firenze 1962;
- G. Pettinato - "La saga di Gilgamesh" - ediz. "Rusconi" - Milano 1992;
- G. Pettinato - "Gilgamesh e la pianta della vita" - in "Studi Orientali e
Linguistici" - 5 (1995) pp 11 e s. ;

Spetaktor
31-03-09, 18:25
L'evoluzione politica di Hizb'Allah
di Dagoberto Husayn Bellucci* - 15/03/2009

Fonte: Arianna Editrice [scheda fonte]


Il partito sciita libanese di Hizb'Allah (letteralmente Partito di Dio) ,
nato agli inizi degli anni Ottanta durante il conflitto civile libanese, si
prepara - secondo le valutazioni degli analisti ed esperti di politica del
Vicino Oriente - a vincere le prossime elezioni previste per il 7 giugno e a
governare il paese dei cedri con una maggioranza parlamentare che
permetterebbe agli uomini di Sayyed Hassan Nasrallah di portare al potere in
Libano il blocco dei partiti dell'Opposizione Nazionale che sostengono la
Resistenza Islamica.

Organizzazione polivalente Hizb'Allah si è strutturata nel corso degli ultimi
anni come braccio politico dell'organizzazione di Resistenza creata fin dai
primi anni ottanta per contrastare l'occupazione israeliana nel sud del paese.
A differenza di altri movimenti politici del Vicino Oriente il partito sciita
libanese ha mantenuto le proprie caratteristiche di organizzazione
rivoluzionaria e intatte le sue strutture di base creando nelle banlieus
meridionali della capitale Beirut, e nei centri della Beka'a settentrionale e
del sud dove prevale l'elemento sciita, un'autentico "stato nello stato"
costituito esclusivamente per ospitare gli sciiti che rappresentano - secondo
stime non ufficiali - almeno il 40% della popolazione del paese.

Nato come movimento di resistenza contro l'occupante sionista Hizb'Allah,
attraverso i finanziamenti iraniani e l'aiuto siriano, ha saputo rappresentare
per gli sciiti del Libano la sola alternativa possibile di fronte al ruolo
storicamente marginale da questi occupato nella società e nella politica del
paese dei cedri. Unitamente a Haraqat 'Amal ( partito sciita-gemello e casa-
madre di Hzb ) il Partito di Dio ha intrapreso dunque una lenta trasformazione
di tipo sociale che, soprattutto negli ultimi quindi anni, hanno portato
quest'organizzazione ad incaricarsi della soluzione dei problemi e dello stato
di indigenza della comunità sciita operando sia come partito politico con una
vasta base popolare ed una nutrita delegazione parlamentare sia come forza
attiva di governo , dall'estate 2005 ( tranne la parentesi compresa tra il
novembre 2006 e il giugno 2008 nella quale Hzb ed i suoi alleati scelsero la
strada dell'opposizione in piazza all'esecutivo filo-americano diretto dal
premier Siniora ) responsabile della direzione politica ed economica del
Libano.

Un'evoluzione che non ha mutato le caratteristiche proprie di un movimento di
resistenza nazionale che mantiene saldamente le proprie milizie armate nel sud
del paese, dove operano dal settembre 2006 i contingenti della missione
internazionale Unifil, attivandole solo ed esclusivamente come forza deterrente
rispetto alle numerose violazioni commesse dai sionisti che continuano a
occupare stabilmente sia le fattorie di She'eba che il villaggio di Kfarshouba
e rifiutandosi di utilizzarle contro altre formazioni libanesi.

Senso di responsabilità, determinazione, volontà di costruire una realtà
emergente ed in continua espansione ed evoluzione contrassegnano l'attività
politica, sociale, economica e militare di Hizb'Allah fattore determinante la
politica dell'intera area geopolitica e strategica del Vicino Oriente
soprattutto all'indomani della "Vittoria Divina" dell'estate 2006 quando il
partito sciita seppe resistere ed affrontare praticamente da sola - con il solo
aiuto e la partecipazione attiva di poche unità militari di 'Amal e del Partito
Comunista Libanese - l'aggressione ed il tentativo di invasione israeliani che
costarono all'entità sionista una cocente sconfitta, la perdita di centinaia di
uomini, di decine di mezzi corazzati (terrestri, navali e aerei); dimostrando
una palese incapacità da parte dell'esecutivo Olmert e dei comandi militari di
Tel Aviv di venire a capo del "problema libanese".

A distanza di quasi tre anni da quel conflitto non si sono placate le
polemiche attorno ai dirigenti israeliani responsabili di una disastrosa e
scellerata condotta bellica: la stessa attuale leader del partito di
maggioranza relativa del panorama politico israeliano, l'ex ministro degli
Esteri Tzipi Livni, ha elettoralmente pagato gli errori che, con troppa
semplicità, furono addossati esclusivamente ai vertici dell'esercito e al suo
predecessore Olmert. La realtà fattuale dimostra invece che, dopo aver lanciato
un'operazione di pulizia etnica e di aggressione genocida contro la striscia di
Gaza alla fine dello scorso dicembre, l'entità sionista occupante la Terrasanta
palestinese non ha ancora digerito e superato lo shock post-bellico del
conflitto del luglio-agosto 2006. Al di là delle quotidiane minacce contro il
Libano, la Siria e l'Iran i dirigenti sionisti sanno perfettamente che
l'"affaire Hizb'Allah" è ancora aperto e difficilmente potrà essere dimenticato
(considerando la prassi israeliana di non lasciare niente d'intentato è infatti
prevedibile che , presto o tardi, si riapriranno ancora una volta i 'giochi'
bellici e "Israele" sarà costretto a lanciare una nuova offensiva contro le
basi della Resistenza Islamica nel Libano e la dirigenza di Hizb'Allah sempre
allerta).

Un'opzione, quella militare, che viene per il momento considerata
assolutamente disastrosa dall'opinione pubblica israeliana e dalla stessa
comunità internazionale. Al momento "Israele" non ha la forza, nè la capacità
militare, per opporsi nuovamente e su vasta scala al partito sciita libanese. I
servizi di sicurezza di mezzo mondo hanno lanciato più volte l'allarme che ,
qualora Tel Avivi intendesse riproporre un conflitto via terra contro il
Libano, le sorprese sarebbero , per i sionisti, amarissime.

E una vittoria elettorale di Hizb'Allah in Libano tra meno di tre mesi
risulterebbe un nuovo smacco per i dirigenti sionisti così come conferma Ely
Karmon , esperto di antiterrorismo dello stato ebraico già consulente del
Ministero della Difesa di Tel Aviv ed autore di saggi di politica
internazionale, che - intervistato recentemente da Roberto Santoro per
"L'Occidentale" - così riassumeva i rischi di un simile scenario nel paese dei
cedri: “Secondo la maggioranza degli osservatori sarà questo il risultato delle
prossime elezioni. Hezbollah avrà la maggioranza. Ci sono delle ragioni di tipo
demografico ma anche politiche: consideriamo il fatto che Hezbollah è alleato
con i cristiano-maroniti di Michel Aoun, per esempio. Se Hezbollah vincerà in
Libano avremo un altro Paese che da essere filo-occidentale diventa filo-
iraniano. Sfortunatamente questo è il risultato della politica estera portata
avanti dalle grandi potenze, dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea, ma anche
da parte di Israele, che non è mai intervenuto, anche quando avrebbe dovuto
fare pressioni sulla Siria per cambiare la situazione. Adesso è troppo tardi.
La probabile vittoria di Hezbollah è anche causata dal comportamento dei Paesi
del Golfo, come il Qatar, un altro di quegli stati filo-iraniani più che filo-
occidentali”.

La Resistenza Islamica - braccio militare del partito sciita - è determinata
e pronta a riprendere le armi in ogni momento. Nuove tecnologie, nuovi
strumenti di difesa, armi e missili a media-lunga gittata sarebbero stati fatti
affluire per rinforzare le milizie sciit
e. Politicamente Hizb'Allah è più forte
di tre anni fa, così come lo sono i suoi principali alleati la Siria di Assad e
l'Iran di Ahmadinejad usciti vincenti dai rispettivi confronti con il blocco
arabo-moderato per Damasco e con le pressioni europee e statunitensi per
Teheran.

Una determinazione che è stata sottolineata anche nell'ultimo grande raduno,
un mese or sono, organizzato a Beirut sud dal movimento sciita. In
quell'occasione - nel primo anniversario del martirio di Imad Moughnyeh (capo
militare di Hizb'Allah assassinato dal Mossad a Damasco , nel cuore della
capitale siriana, con un'autobomba nel febbraio 2008) - Nasrallah aveva
sostenuto che la Resistenza libanese aveva il diritto di dotarsi di un valido
sistema anti-aereo per difendere i cieli del Libano meridionale dalle continue
incursioni spionistiche dell'aviazione di Tel Aviv dichiarando che "è un nostro
diritto inalienabile dotarci di qualunque mezzo, qualsiasi tipo di armamento
anche anti-aereo, e di servircene se lo riterremo opportuno, per difendere il
nostro popolo" e lasciando intendere che, con molta probabilità, il gruppo
disporrebbe già di sofisticati sistemi di difesa anti-aerea provenienti dalla
vicina Siria.

Nasrallah in quell'occasione ha insistito sull'elemento sorpresa che
contraddistingue da sempre la strategia difensiva ed offensiva della Resistenza
Islamica. "Se gli israeliani pensano di poter continuare a fare ciò che
vogliono sui cieli libanesi noi diciamo loro che saremo pronti a difenderci in
qualunque momento" e , negando di volere un nuovo conflitto (scatenato dai
sionisti nell'estate di tre anni fa) ha però evidenziato come "se abbiamo o
meno certe armi questo è affar nostro" affermando perentoriamente che "la
Resistenza ha il coraggio e la volontà di utilizzare" simili dispositivi.

In vista delle prossime consultazioni elettorali di giugno dunque Hizb'Allah
si appresta a diventare una forza di governo determinante gli assetti politici
del paese: potrebbero, gli uomini del Partito di Dio ed i loro alleati (oltre a
'Amal si ricorda l'alleanza con il partito Tayyar o Corrente Libera Patriottica
, partito laico e nazionalista guidato dal Gen. Michel Aoun, maggioranza tra i
cristiani-maroniti libanesi), cambiare volto al paese dei cedri dando vita ad
un esecutivo di unità nazionale che rilancerebbe l'economia disastrata del
paese e inizierebbe quell'opera di ricostruzione nazionale fondata sul
riconoscimento pieno del diritto alla resistenza finora spesso messo in
discussione dalle formazioni del cosiddetto "fronte del 14 marzo" filo-
occidentali e sostenute finanziariamente e politicamente dall'amministrazione
statunitense.

E' in questo quadro generale di svolta politica , che potrebbe determinare i
futuri assetti non solo per il paese dei cedri ma anche per l'intero Vicino
Oriente, che sono cominciate delle manovre diplomatiche da parte di numerosi
governi europei per comprendere esattamente dove potrà andare, che direzione
prenderà e verso quali approcci si indirizzerà la politica libanese dopo il 7
giugno. In particolare la Gran Bretagna sembra aver mutato atteggiamento
rispetto a Hizb'Allah e l'esecutivo Brown ha cominciato a sondare il terreno
inviando a Beirut una delegazione del Foreign Office (Ministero degli Esteri
britannico) per comprendere quali siano i margini d'azione e di collaborazione
possibile con gli uomini di Sayyed Hassan Nasrallah.

Contatti giudicati positivi dalla stampa libanese e confermati dagli stessi
dirigenti del Partito di Dio. In una nota diramata dal Ministero del Lavoro,
diretto dallo sciita dr. Muhammad Fnesh (già ministro dell'energia nel primo
gabinetto Siniora dall'estate 2005 all'autunno 2006) tra i più validi elementi
dell'attuale governo d'unità nazionale, si sottolineava la disponibilità di
Hizb'Allah a collaborare con le nazioni interessate seriamente al futuro del
Libano e lo stesso ministro , parlando nei giorni scorsi alla stampa libanese,
aveva dichiarato che l'apertura del suo partito a "contatti con qualunque
Paese" era reale.

Una svolta nelle relazioni diplomatiche per Dowing Street se si considera che
soltanto otto mesi fa Londra aveva inserito l'ala militare del movimento sciita
nella lista delle cosiddette "organizzazioni terroristiche" distinguendola però
dal braccio politico.

Parlando invece dalla televisione del movimento, "Al Manar", il Segretario
Generale, Sayyed Hassan Nasrallah, ha nuovamente ribadito lo scorso 14 marzo
che il suo partito "non riconoscerà mai Israele" rifiutando categoricamente di
legittimare "uno stato criminale fondato sulla violenza ed il terrorismo contro
i paesi arabi vicini" e "nemico della coabitazione pacifica" nella regione.
Nasrallah ha anche sottolineato come Hizb'Allah al momento non può credere alle
offerte di distensione e al riavvicinamento tentato finora dalla nuova
amministrazione statunitense guidata da Barak Obama.

Da quanto filtrato alla stampa libanese pare infatti che la nuova
amministrazione Usa abbia interesse ad aprire un canale privilegiato con gli
uomini del Partito di Dio libanese ponendo - come ha confermato Nasrallah -
condizioni definite "inaccettabili" per Hizb'Allah: il riconoscimento dello
stato ebraico e la rinuncia alla "violenza" ovvero il disarmo della Resistenza.
Il Dipartimento di Stato americano ha replicato giudicando "prematuro" parlare
di contatti e si è dichiarato pronto a valutare quali saranno le reazioni e i
risultati della missione britannica. Fonti diplomatiche , citate dal quotidiano
israeliano "Haaretz" e per questo da utilizzare con molta prudenza, avrebbero
comunque segnalato la volontà di Washington di seguire con attenzione gli
sviluppi dell'iniziativa inglese.

Nasrallah dal canto suo ha sostenuto che anche Hizb'Allah ha le proprie
condizioni una, tra queste, che il suo movimento mai riconoscerà l'esistenza
dello stato ebraico e sostenendo che non esiste alcuna novità rispetto alla
posizione della precedente amministrazione Bush. Contatti, smentite, voci di
corridoio che confermerebbero comunque un certo interesse e una rinnovata
attività della diplomazia internazionale nei confronti della politica libanese
al centro della quale si potrebbe posizionare , da una condizione di forza tale
da risultare decisiva per i prossimi anni, il movimento sciita che - a
tutt'oggi - rimane nella "lista nera" delle organizzazioni "sponsor" del
cosiddetto Terrorismo Internazionale in Canada, Stati Uniti, Australia e Olanda
oltre naturalmente alla vicina entità sionista alias "stato d'Israele".

Al centro della scena politica libanese, prossimo ad una vittoria elettorale
che rimetterebbe in discussione completamente i rapporti di forza regionali,
Hizb'Allah si prepara ad una difficile campagna elettorale che, assieme ai suoi
alleati, dovrà cercare di capitalizzare ogni singolo voto per imprimere quella
svolta necessaria al Libano per uscire da una situazione di paralisi politica e
da una crisi economica che ne hanno paralizzato la vita del paese negli ultimi
tre anni. Una nuova sfida per gli uomini di Nasrallah pronti , come sempre, ad
una nuova vittoria.



Direttore Responsabile Agenzia di Stampa "Islam Italia"
da Haret Hreik (Beirut sud) - Libano

Spetaktor
31-03-09, 18:26
Il frankismo
di Dagoberto Husayn Bellucci - 13/03/2009

Fonte: Arianna Editrice [scheda fonte]



Nato nel cuore dell'ebraismo orientale, tra le comunità askhenazite (da Askhenza = in ebraico Germania) della Polonia del XVIIImo secolo, il movimento frankista ha rappresentato come pochi altri movimenti "eretici" - pure comparsi fin dai primi secoli dell'era volgare anche in seno alla Cristianità - la quintessenza demoniaca di una ascesi contro-tradizionale che provocò non poche reazioni anche all'interno del mondo ebraico.


Dai tratti assolutamente satanici, il movimento creato da Jacob Frank si diffuse notevolmente in ampi strati della comunità ebraica diffondendosi a macchia d'olio - seppur in modo occulto per le numerose scomuniche e anatemi che colpirono la setta - ed estendendosi all'interno dei movimenti della diaspora ebraica al di fuori dell'Europa Orientale.

Le tracce del frankismo sono da ricercarsi da un lato nel particolarismo ebraico dell'Europa Orientale, del quale vedremo sinteticamente i tratti salienti, dall'altro all'interno della vicenda collegata all'ondata messianica diffusasi tra tutti gli ebrei del Mediterraneo con la comparsa sulla scena religiosa giudaica del cabbalista Sabbatai Levi la cui vicenda si snoda tra Europa Orientale, Asia Minore e Turchia ma è da ricondurre, in ultima analisi, alla stessa Polonia dove gli ebrei rappresentavano, con circa 700mila unità, circa il 10% della popolazione locale.

Fu infatti attorno alla metà del XVIImo secolo che tra gli ebrei orientali si sparse la voce che il giorno della salvezza era vicino, che il Messia atteso sarebbe presto comparso. In quel periodo gli ebrei polacchi avevano conosciuto una serie di pogrom a seguito della sollevazione dei cosacchi del 1648 che dal basso corso del Dnepr invasero l'Ucraina passando a nord verso i territori governati dai principi polacchi. Umiliati, spesso vittime della reazione popolare, colpiti a morte dall'odio con il quale le truppe cosacche e russe si riversarono contro di loro; gli ebrei orientali - di quelle regioni che, ad Est della Germania, si estendevano a vista d'occhio e dove prosperavano fin dai secoli precedenti numerose forme eretiche di spiritualità mista a magia tipiche del cabbalismo - non trovarono di meglio che alimentare l'attesa messianica del ritorno di un Salvatore.

"Gli ebrei sopravvissuti ai pogrom dovettero fare i conti con i traumi che avevano riportato e prendere atto della realtà: mentre una parte dei polacchi li aveva difesi e aveva combattuto al loro fianco, la frangia più oltranzista aveva preso le distanze da loro e li aveva sacrificati. - scrive Heiko Haumann (1) - (...) Tuttavia, almeno apparentemente, la vita ebraica si riorganizzò anche perchè - e il fenomeno non può che stupirci - numerosi nobili, anzi persino esponenti del clero, affidarono nuovamente i propri soldi agli ebrei dopo che, nell'infuriare delle rivolte, le banche erano state letteralmente spazzate via. Temporaneamente la funzione di credito passò al Kahal e così l'antico ruolo di intermediari , che per tradizione fu proprio degli israeliti polacchi, si mantenne vivo anche sotto mutate spoglie."

In questo contesto storico e in questa realtà (2) si diffuse sia il chassidismo che lo studio della cabbala (in ebraico la Tradizione) come risposta ai problemi sociali e alle difficili condizioni storiche che viveva il popolo ebraico.

"La qabbalah (...) era viva nell'ebraismo diasporico da lungo tempo e non può essere sbrigativamente liquidata come una semplice corrente mistica (il che accade invece molto spesso). Benchè legata alla religione e alle sue norme, si connota in sostanza per una forte tendenza filosofica e nel contempo evidenzia stretti legami con il pensiero razionalistico, seppure abbinato a influenze misticheggianti. La cabbala ricevette una prima sistematizzazione nel Medioevo, soprattutto ad opera del chassidismo - o hasidismo - tedesco. Il chassid, il "pio", era chiamato a continuare i valori e gli ideali religiosi del popolo; e infatti la filosofia fu sempre parte integrante della cultura popolare ebraica. Il fulcro delle dottrine che si svilupparono in particolare tra il 1150 e il 1250 - il più famoso teorico fu Yehuda il Chassid (morto nel 1217) - era il mistero della creazione, ma altrettanto controversa, tra i chassidim, fu la questione inerente alla fine del mondo; anzi ci si chiedeva se fosse possibile prevederla sulla scorta dei dati contenuti nella Bibbia." (3)

Terreno fertile per ogni sorta di messianismo l'Europa dell'Est aveva conosciuto negli stessi anni numerose correnti riconducibili al chassidismo e al cabbalismo e sorsero, come si vedrà, proprio da questi ambienti notevoli personalità rabbiniche che ispirarono anche movimenti di massa di notevoli proporzioni, leggende e miti che influenzarono per i secoli successivi l'animo popolare ebraico. E' da questo vero e proprio pandemonio di posizioni filosofiche, eresie religiose, vaneggiamenti misticheggianti e illusioni utopiche create dalla casta rabbinica per mantenere un più stretto controllo sul popolo allora preda delle ondata repressive e di un malcontento ed una sfiducia croniche che si diffonderanno per esempio la leggenda del Golem di Praga (della cui creazione si dice responsabile il rabbino Elijahu da Chelm noto come Baal Shem) o la diffusione di un libro, il Sefer ha Zohar (Libro dello Splendore), che raccoglierà la teoria cabbalistica di Moshè da Leon divenendo in breve tempo un testo canonico dell'ebraismo orientale posto sullo stesso livello della Bibbia e del Talmud.

In quest'attesa messianica e sospinti dall'intemperie culturali del tempo anche gli ebrei orientali dunque rielaborarono una loro concezione di vita e nutrirono le speranze di veder comparire l'atteso messia nella figura di Sabbatai Zevi.

Nato a Smirne nel 1626 Sabbatai Zevi si autoproclamò messia degli ebrei attirandosi la scomunica della comunità locale. Vittima di una psicosi maniaco-depressiva il "messia" Zevi cominciò a vagabondare allora per le regioni dell'Asia Minore, nel 1664 sposò una donna polacca e un anno più tardi incontrò il ventenne cabbalista Nathan di Gaza il quale lo riconoscerà come il Redentore atteso dal popolo d'"Israele" e investendolo della legittimità di nuovo profeta in terra.
Sabbatai Zevi, forte di questa legittimazione, nominò una dozzina di seguaci quali suoi apostoli e ritornò a Smirne fissando, come data della redenzione escatologica per il popolo "eletto", il 18 giugno del 1666. Designatosi re d'Israele occupò con i suoi fanatici sostenitori la sinagoga cittadina quindi , l'anno prescelto per il Grande Avvento, raggiunse Costantinopoli dove sarà arrestato dalle autorità ottomane che vedevano tutt'altro che favorevolmente la crescente popolarità che il "messia" stava guadagnandosi tra le turbe ebraiche.

Arrestato e sottoposto al diktat del Califfo al povero Sabbatai Zevi non rimase che scegliere tra due alternative: convertirsi all'Islam oppure andare incontro alla pena capitale commissionata dalle autorità ottomane mediante impiccagione. Il falso messia , suscitando un'immediata ondata di accuse e numerose polemiche, optò per la conversione alla religione islamica seguito dalla maggioranza dei suoi adepti (tra i quali si contavano anche influenti rabbini tra i quali i due capi delle comunità ebraiche di Modena e Reggio Emilia). Sabbatai Zevi nel 1672 verrà nuovamente denunciato dalle autorità ottomane di continuare a praticare la religione ebraica e di intemperanze sessuali. Arrestato nuovamente terminerà i suoi giorni nel 1676 in esilio nelle terre d'Albania.

La predicazione sabbatea sconvolse il mondo ebraico sia a Occidente (tra le comunità sefardite) che a Oriente dell'Europa. Fu soprattutto in Polonia che la dottrina sabbatea si diffuse con maggior rapidità e ottenne il maggior numero di adepti. La nuova "strada" indicata da Zevi si confaceva alle attese degli ebrei orientali in particolare alla loro condizione storico-sociale ed era maggiormente elastica rispetto al Giudaismo ortodosso incapace - a loro dire - di rispondere in modo esauriente ai dubbi e alle domande dell'epoca. Nella dottrina sabbatea sono contenuti già in embrione i germi di quello che sarà poi l'esperimento frankista: a speranze misticheggianti si combinano , con la giustificazione che solo una condotta peccaminosa potrà redimere il popolo ebraico, elementi materialistici e aperture verso il pensiero illuminista. A ciò si deve aggiungere come per sua stessa natura il Sabbateismo si poneva in netto contrasto con l'oligarchia rabbinica tradizionale e in opposizione alla casta rabbinica che dominava il Kahal (= in ebraico Potere , centro direttivo delle comunità ebraiche dell'Europa Orientale suddivise in Kehillah = comunità locali).

Ed è sulla scia di questo movimento messianico che, con alterne fortune, attraverserà tutti i secoli successivi sopravvivendo alle intemperie che colpirono l'Impero Ottomano (i Dummeh = comunità cripto-ebraica erede dell'esperienza sabbatea; sarebbero organizzatissimi anche nell'odierna Turchia e, secondo innumerevoli testimonianze, si deve al loro lavorio interno alla società ottomana di fine ottocento la creazione dell'organizzazione nazionalista paramilitare dei Giovani Turchi che nel 1911 prenderà il potere a Costantinopoli e, un decennio più tardi, con Kemal Ataturk - probabilmente anch'esso cripto-ebreo comunque giudaizzante - instaurerà una repubblica laica abolendo il Califfato e relegando la religione islamica all'esterno delle Istituzioni da allora saldamente in mano ai militari), alcuni decenni più tardi - nella Polonia sconvolta da sommovimenti ereticali ebraici sorse il Frankismo.

"Lo Hassidismo e il Frankismo, - scrive Arthur Mandel - i due movimenti che sconvolsero profondamente gli Ebrei d'Europa durante il XVIII secolo e oltre, appartengono alla lunga catena di sette eretiche che risale ai primi Cristiani e agli Gnostici. I fondatori di entrambi i movimenti provenivano da quel remoto angolo dell'Europa Orientale e dalla limitrofa Ucraina che videro le ultime manifestazioni del Manicheismo gnostico e dei Bogomili." (4)

Jacob Frank (1726-1791) fu sicuramente una delle personalità più controverse della storia ebraica, figura demoniaca e elemento sovversivo fu in contatto, in età giovanile, con i khlysti e da questi apprese la ritualità orgiastica che contrassegnava questo movimento eretico. I khlysti proclamavano una sorta di "religione dell'amore" ma avevano un atteggiamento negativo rispetto alla vita: si astenevano da carne e bevande alcooliche, osservavano lunghi periodi di digiuno infliggendosi punizioni corporali per espiare i peccati (dal russo Khlyst = frusta prenderanno il loro nome) . Alla guida della comunità si poneva un "saggio" chiamato Balshem.

E' certo che Jacob Frank venne influenzato da questo movimento e ne seguì inizialmente le orme in una Polonia profondamente scossa da dispute intestine e dove , soprattutto in seno al misticismo e al cabalismo ebraico, il limite tra lecito e illecito, tra sacro e profano, tra ciò che per gli ebrei ortodossi era Tradizione e ciò che diverrà aperta manifestazione sovversiva era labile. Frank saprà sfruttare abilmente queste contraddizioni proprie dell'ebraismo orientale e si inserirà nella metà del XVIIImo secolo con il suo movimento all'interno della generale caotica situazione nella quale vivevano gli ebrei polacchi come un'autentico Genio del Male, sovvertitore di ogni legge e devastatore di ogni ordine.

La situazione degli ebrei polacchi nella prima metà del settecento era desolante. Come li descrive Heinrich Heine un secolo più tardi in maniera esaustiva: "L'aspetto esteriore dell'ebreo polacco è spaventevole (...). Il disgusto, tuttavia, venne presto soffocato dalla compassione che mi prese dopo avere osservato più da vicino la condizione di questi individui e visto le tane, simili a porcili, in cui vivono; parlano il loro yiddish, pregano, trafficano e (...) rimangono dei miserabili. La loro lingua è un tedesco infarcito di ebraico e di polacco (...); evidentemente non son progrediti di pari passo con la cultura europea e il loro mondo spirituale si è impaludato divenendo una congerie di superstizioni sgradevoli nelle quali sono state spremute le mille forme curiose della cavillosità scolastica. Nondimeno, malgrado il barbarico berretto di pelo che gli copre la testa e malgrado le idee ancor più barbare che gliela riempiono...(...) L'ebreo polacco con la sua pelliccia sudicia, il puzzo d'aglio e il suo improbabile yiddish, mi è tuttora più caro di altri (ebrei ndr) con la loro prosopopea da azionisti dello Stato." (5)

Immagine desolante, lurida, deprimente quella che dunque traspare della vita sociale delle comunità ebraiche polacche. Una non vita confinata nei ghetti e nel commercio, tra bettole sudicie e topaie adibite ad abitazioni, tra scambi monetari e traffici più o meno leciti questa era la società ebraica nella quale prenderà piede il movimento frankista. Una società ai margini di quella cristiana, segregata al suo tradizionale ruolo di intermediazione monetaria, agli scambi, all'usura, al commercio al minuto di cereali e granaglie.

"L'abbiamo incontrata - scriverà Nathan Birnbaum (6) - e ci è parsa un grande blocco di cultura ebraica - forse il più grande che si sia mai formato - pieno di fremiti interiori, ricco di passato, radicato nel presente e , insieme, proiettato nel futuro."

Un mondo a sè stante, escluso ed autoesclusosi dai processi e dall'evoluzione storica che nello stesso periodo stava interessando le società cristiane, ghettizzato e fossilizzatosi su ritualità e adesione alle regole del Talmud-Torah oppure alla disperata ricerca di nuove spinte ideali attraverso il ricorso alla magia, alla cabbala, alle eresie.

In questa realtà controversa nascerà appunto il frankismo ed il suo fondatore Jacob Frank. Emigrato giovanissimo a Salonicco alla ricerca dei seguaci di Sabbatai Zevi Jacob detto il Frank (così infatti "frank" venivano designati dagli ebrei ottomani i loro correligionari provenienti dalla Polonia) - più tardi rientrato in Polonia solo Jacob Frank -
arrivò a Salonicco nel 1753 , raggiunse la sinagoga locale e si autoproclamò "la reincarnazione" del vecchio "maestro" Sabbatai Zevi sostenendo che questi non aveva potuto portare a termine la sua missione perchè "non aveva assaporato la dolcezza del potere". Fu a Smirne , successivamente, che dinanzi al suo mentore, Rabbi Issakhar, Frank ribadì la necessità di raggiungere il potere. Sarà il suo obiettivo e la promessa che farà a sè stesso: diventare il capo di una comunità forte.

Visionario, paranoico, esaltato, Jacob Frank incominciò ad avere incubi ricorrenti che trasfigurò in "rivelazioni". La prima di queste avverrà la notte del 20 novembre 1754 così descritta: "Ruah Hakodesh (in ebraico lo Spirito Santo) discese su di me ed io ascoltai una voce che chiamava: "Va e portami il saggio Giacobbe e non appena entrerà nella prima stanza , tutte le porte siano aperte!" Due fanciulle , le più belle che ci fossero, mi presero sottobraccio e mi fecero volare attraverso lo spazio verso le stanze. In alcune c'erano donne e fanciulle, in altre maestri e scolari, e mi bastava solo sentire una parola per capire tutto. Nell'ultima stanza c'era il Primo (Sabbatai Zevi) in mezzo ai suoi discepoli con addosso abiti franchi. Egli mi disse: "Sei il saggio Giacobbe? Ho sentito parlare di te , del tuo coraggio e della tua forza d'animo. Io ho compiuto la mia parte fin quì, ma sono troppo debole per continuare. Se ci tieni, accingiti all'impresa e possa Dio assisterti. Pochissimi hanno provato e sono crollati sotto il peso!". Attraverso la finestra indicò un nero abisso che assomigliava al Mar Nero e , oltre, una montagna che arrivava al cielo. Ed io esclamai: "Bene andrò dunque! Che Dio mi aiuti!". E fu da quel giorno che Jacob Frank prese a proclamarsi Messia e Santo dei Santi ; oltrepassò i Dardanelli, fu in Bulgaria e infine nel dicembre 1755 rientrò in Polonia per la sua missione.

"Frank è stato definito un falso Messia alla Sabbatai Zevi e il Frankismo uno pseudo-messianismo. Definirlo messianismo volgare sarebbe più appropriato. Nello Hassidismo l'idea messianica è relegata in secondo piano dal desiderio mistico della salvezza individuale (...) ...il frankismo (...) indirizzava l'idea messianica su un'altra strada e con Frank una nuova specie di messia compariva sulla scena. Non più discorsi di un ritorno in Palestina, non una parola sulla ricostruzione del Tempio di Gerusalemme, ma piuttosto una religione materialista. Secondo le parole di Frank: "Non al saggio e al dotto è stato concesso , ma a me, una persona ignorante; poichè il saggio alza lo sguardo al cielo dove non c'é nulla da vedere, mentre io guardo sulla terra e vedo quel che Dio vi compie."

A differenza dello Hassidismo, che non trasgredì mai il quadro legale del Giudaismo Ortodosso la nuova "religione" frankista intese trasgredire tutte le regole proclamando solennemente la fine della Legge, l'abbandono delle vecchie usanze, dei vecchi costumi, la degradazione come prioritaria per raggiungere un'ascesi di potere, gloria e benefici materiali. Si entrava nell'ordine di quello che sarebbe stato un movimento satanista puro e semplice ammantato di ritualità ebraica presto soppressa.

Frank proclamava una filosofia terrificante per il Giudaismo: l'abolizione delle leggi sostenendo che non solo gli ebrei ma l'intera umanità potevano raggiungere la salvezza seguendo la sua ascesi contro-tradizionale. Ogni istituzione sociale, politica e religiosa doveva essere abbattuta ed intesa semplicemente come un ostacolo da superare se si voleva la salvezza. Il lavoro di distruzione nella filosofia frankista doveva essere compiuto in maniera radicale come una discesa dell'individuo nelle più infime profondità dell'abominazione. Vecchie idee gnostiche e manichee unite a spinte sovversive e rivoluzionarie ebraiche trovavano nell'ideologia frankista il loro humus e che vennero elaborate e trascritte nei tre libri principali - da allora il credo di ogni frankista - che sono "Il Libro delle Parole del Signore" (Ksiega slòw panskich) , "Il Libro dei Sogni del Signore (Ksiega snòw pansicki) e "La cronaca del Signore" (Kronika Panska) (*).

"Io non sono venuto ad innalzare - proclamerà il furioso messia militante - sono venuto a distruggere e a degradare tutte le cose finchè esse non siano scese così in basso che più in basso non potrebbero scendere. La strada per l'abisso è terrificante e spaventosa. Anche nostro padre Jacob aveva paura di ciò e non osava salire la strada celeste. Essa consiste di due parti convergenti che si incontrano alle estremità , una parte conduce verso il basso, l'altra verso l'alto, e non vi è ascensione se prima non si è scesi. Così il mondo doveva essere in attesa di un altro Jacob." sostenendo che "la via conduce giù nell'abisso ed ognuno deve avere un cuore da leone e non avere paura , poichè io proseguirò la marcia. E così sono stato davanti a voi, ignorante e rozzo. Io sono stato scelto perchè sono le tenebre dalle quali scaturisce la luce! E' stato detto: "Una stella uscì da Giacobbe". Questa stella è esistita fin dai primordi e da allora è caduta sempre più in basso. Tutte le cose spregevoli ed odiose sono in suo potere ed essa è la porta attraverso la quale io vi guiderò" (7)

La contro-ascesi satanica di Jacob Frank consisteva in una serie di riti 'rovesciati' dove canti e danze estatiche si accompagnavo da un battere incessante di mani, simili a quelli delle danze hassidiche, ma con la partecipazione delle donne della comunità e con un rituale orgiastico alla fine che ricordava la copula 'mistica' di alcune comunità eretiche dei primi secoli del Cristianesimo. La funzione religiosa della setta frankista cominciava con Frank inginocchiato che fissava due candele accese su una panca di legno e proseguiva con un rito dove un chiodo infisso nel mezzo puntava una croce in tutte le direzioni.

"I Kjlysti avevano riti analoghi con danze simili a quelle dei Dervisci, con lo spegnimento rituale delle luci e "il peccato comune" o "l'amore di Cristo", così chiamato perchè si supponeva che lo Spirito Santo congiungesse le coppie. La nudità rituale che simboleggiava l'innocenza di Adamo prima della caduta era praticata pure dalle "Sorelle e Fratelli del Libero Spirito". La loro messa era celebrata da un sacerdote nudo e accompagnato con molti canti ed espressioni di gioia da una congregazione parimenti nuda. Ogni tipo di rapporto sessuale anche l'incesto, era loro permesso, poichè , alludendo al detto di S. Paolo: "Per il puro ogni cosa è pura" , non pensavano di peccare qualsiasi cosa facessero, proprio, come gli tsaddik, che spesso parlavano come se fossero stati discepoli di Mastro Eckart. Un importante appuntamento settimanale del rituale frankista era il ricevimento del venerdì sera della "Regina Sabbath" in cui gli uomini , cantando la preghiera "Lekhu doidi likrass kallo!" ( ebraico per "Vieni, mio amato, incontro alla sposa") , danzavano attorno ad una giovane donna a petto nudo che era coronata dei sacri paramenti della sinagoga e poi si lanciavano su di lei." (8)

Autoritarismo, schema gerarchico, organizzazione piramidale con la figura del Messia al centro saranno assieme ai riti orgistici il cuore e la forza motrice dell'organizzazione creata da Frank il quale domanderà al re di Polonia l'assegnazione di un territorio in Galizia orientale dove stabilirsi con i suoi seguaci e fondare una sorta di stato-vassallo di cui ovviamente lui sarebbe stato il solo capo indiscusso. Come scriverà Mandel si trattava di un sionismo senza Sion, come quello che prenderà il nome di Territorialismo all'inizio del Novecento. E se da un lato i frankisti avevano le loro ragioni di odiare i rabbini ortodossi dall'altro lato essi invocarono nella Polonia cristiana l'aiuto delle autorità ecclesiastiche dichiarandosi "anti-talmudisti" e ricevendoni notevoli favori.

Le scomuniche della comunità ebraica vennero vanificate dall'intervento di autorevoli prelati come il vescovo Dembowski di Kamenets-Podolsk, noto persecutore di ebrei, che ordinerà il rilascio di alcuni frankisti e l'apertura di una sorta di ordalia (una disputa teologica) tra loro e i rabbini della comunità.

L'organizzazione della comunità frankista fu, com'era ovvio visto le premesse, strutturata attorno ad un rigido militarismo soprattutto dopo che venne acquistato il castello del duca di Isemburg e decise nel 1788 di risiedere stabilmente nella fortezza-feudo tedesca Offenbach nei pressi di Francoforte sul Meno. Frank istitui' veri e propri accampamenti militari clandestini altamente disciplinati con diversi ranghi e gradi sia per gli uomini che per le donne, con addestramento al combattimento e regolari manovre. Decenni più tardi gli adepti di Frank continuarono, nei ranghi degli ussari, degli ulani o dei cosacchi, a vestire le loro uniformi rosso fuoco con le quali accompagnarono il feretro del loro 'messia' alla tomba.

Infine, ed è questo il successivo passaggio 'teologico' che caratterizzerà la dottrina della setta, Jacob Frank eleverà al rango di "Signora delle Signore" la propria figlia, Eva. Trasfigurando il significato cattolico della Madonna Nera di Czenstokhova Jacob Frank pose - una volta passati al cattolicesimo per opportunismo - al lato del culto alla Vergine Maria il culto verso la di lui figlia Eva alla quale venivano delegati speciali poteri per la salvezza delle anime.

Incarnazione del male, autocrate autoritario e dissoluto, visionario messianico Jacob Frank rappresenterà per l'ebraismo orientale una specie di meteora al cui passaggio tremeranno le più solide certezze teologiche e le istituzioni tradizionali. Il movimento frankista , alla morte del suo fondatore, perderà molta della sua influenza e tanti dei suoi seguaci cominceranno a emigrare. Ne ritroveremo comunque attivi diversi sia nelle fasi salienti della Rivoluzione Francese sia sotto l'impero asburgico e infine negli Stati Uniti d'America dove sarà frankista il giudice della corte suprema statunitense e fervente sionista Louis Brandeis (che manteneva un ritratto di Eva Frank nel suo ufficio venerandone l'immagine quasi come un'icona). Un altro membro del Tribunale Supremo statunitense, Benjamin N. Cardozo, aveva avuto tra i propri antenati eminenti sostenitori di Sabbatai Zevi. La catena 'contro-iniziatica' sabbatea-frankista continua ancora oggi, come sempre occultamente, a tessere le fila di un movimento "magico-sovversivo" dai tratti satanici e rivoluzionari agitando , dietro le quinte, il palcoscenico della politica mondiale.



Note -
1) Heiko Haumann - "Storia degli Ebrei dell'Est" - ediz. "SugarCo" , Milano 1990;

2) si consulti per maggiori informazioni Gershom Scholem - "Le grandi correnti della mistica ebraica" - ediz. "Il Saggiatore", Milano 1965;

3) Heiko Haumann - op. cit. ;

4) Arthur Mandel - "Il Messia militante ovvero la fuga dal Ghetto - La storia di Jacob Frank e del Movimento frankista" - ediz. Archè - Milano 1984;

5) Heinrich Heine - "Uber Polen" in Werke 2 voll. - a cura di Wolgang Preisendaz - Francoforte 1968;

6) Nathan Birnbaum - "Was sind Ostjuden? Zur ersten information" - Vienna 1916;

* - soltanto del primo libro è stata conservata una copia manoscritta nella biblioteca dell'Università di Cracovia mentre degli altri due si conoscono soltanto alcuni frammenti attraverso citazioni. Secondo alcuni esisteva anche un quarto libro "Le profezie del Profeta Isaia Membro del Santo Sinedrio così come rivelate dal Grande Shaddai, Signore della Magia Bianca" simbolicamente scritto con inchiostri rossi o verdi in polacco e del quale comunque si sono perse le tracce.

7) Arthur Mandel - op. cit. ;

8) Arthur Mandel - op. cit. ;

Spetaktor
31-03-09, 18:29
Il trattato del ribelle
di Dagoberto Husayn Bellucci - 22/03/2009

Fonte: Arianna Editrice [scheda fonte]




"Il Ribelle non è un soldato. Non conosce le forme della vita militare nè la sua disciplina. La sua vita è contemporaneamente più libera e più dura della vita militare. I Ribelli vengono reclutati tra quanti sono decisi a lottare per la libertà anche in condizioni disperate." (E. Junger - "Trattato del Ribelle")

"Ma che sarà, che cosa t'offrirà
quest'altra storia, quest'altra novità
l'unico rischio è che sia tutto finto
e che sia tutta pubblicità!...


Ma che ne sai, se non ci provi mai
che rischi corri se non vuoi volare
coi piedi a terra, legato alla ragione
ti passa presto, la voglia di sognare!

Ma è quello che vogliono da te
già appena nati ci hanno abituati
a non pensare, ma a darcene l'illusione
e sempre con la scusa della ragione!...

E anche se fosse solo finzione
solo il pretesto per fare una canzone!
vale la pena almeno di tentare
se è un'occasione per poter volare
allora non la sprecare, prova a volare!...

Attenzione-attenzione! Comunicato ufficiale!
parla l'organo del partito, non lasciatevi suggestionare!
Quella voce che vi invita a volare
è di un maniaco sabotatore!...
Spegnete la radio adesso
giradischi e registratori, presto!... presto!...

Ma la radio va e non si fermerà
ti prenderà per mano ti insegnerà a volare
visti dall'alto i draghi del potere
ti accorgi che son draghi di cartone!...

E anche se fosse solo finzione...

Attenzione-attenzione! A tutte le persone serie!
consapevoli, equilibrate, non lasciatevi suggestionare!
abbiamo ben altri progetti per voi
uomini del 2000, saggi e civili
perciò prestate attenzione
solo alla voce della ragione!...

Ma la radio va e non si fermerà ti prenderà per mano, ti insegnerà a volare, visti dall'alto i draghi del potere ti accorgi che son draghi di cartone!...

Ma non lo vedi sono di cartone
se resti a terra che vuoi capire
con la scusa di schiarirtele
ti confonderanno sempre più le idee
ti manderanno allo sbaraglio in questa
farsa, nel ruolo di comparsa!...

Ma basta che voli in alto
ma basta che ti alzi un poco
e forse scopri che quello che ti faceva
paura era soltanto un gioco!
e adesso, hai l'occasione per poter
volare, allora, non la sprecare, prova a volare!...

Prova ma che ne sai
se non ci provi mai non puoi
sapere se vale o no la pena
di tentare, è un'occasione
per volare, per volare!...

Adesso basta! Fatelo stare zitto!
Abbiamo troppo sopportato!
Abbiamo troppo tollerato!
E' un provocatore! Fatelo tacere!
....Fatelo tacere!...."


(Edoardo Bennato - "Ma che sarà" - album "Sono solo canzonette" 1980)





"Chi va dicendo in giro
che odio il mio lavoro
non sa con quanto amore
mi dedico al tritolo,
è quasi indipendente
ancora poche ore
poi gli darò la voce
il detonatore.

Il mio Pinocchio fragile
parente artigianale
di ordigni costruiti
su scala industriale
di me non farà mai
un cavaliere del lavoro,
io sono d'un'altra razza,
son bombarolo.

Nello scendere le scale
ci metto più attenzione,
sarebbe imperdonabile
giustiziarmi sul portone
proprio nel giorno in cui
la decisione è mia
sulla condanna a morte
o l'amnistia.

Per strada tante facce
non hanno un bel colore,
qui chi non terrorizza
si ammala di terrore,
c'è chi aspetta la pioggia
per non piangere da solo,
io sono d'un altro avviso,
son bombarolo.

Intellettuali d'oggi
idioti di domani
ridatemi il cervello
che basta alle mie mani,
profeti molto acrobati
della rivoluzione
oggi farò da me
senza lezione.

Vi scoverò i nemici
per voi così distanti
e dopo averli uccisi
sarò fra i latitanti
ma finché li cerco io
i latitanti sono loro,
ho scelto un'altra scuola,
son bombarolo."



( Fabrizio De Andrè - "Il Bombarolo" - album "Storia di un impiegato" 1973) Testo fondamentale di una stagione , quella dell'immediato primo dopoguerra mondiale, il "Trattato del Ribelle" di Junger ha il dono di restituirci un'immagine, che è anche uno stilema di battaglia, del combattente per la libertà, di chi - nel bailamme generale della situazione presente - voglia lottare contro il sistema senza cedere di un millimetro alle lusinghe del potere qualunqu'esso sia e sotto qualsivoglia spoglie si celi. Un'opera essenziale ancor più di quanto non lo fosse quando venne scritta e di quando venne pubblicata (nel 1951) adatta ai tempi moderni. Il Ribelle di jungheriana memoria è l'uomo della società contemporanea che rivendica il diritto a determinare autonomamente la propria vita opponendosi al controllo capillare del Potere attraverso una presa di coscienza che lo porterà ad una scelta senza ritorno: passare al bosco, dissociandosi per sempre dalla società, e varcare il meridiano zero. E' dentro questi schemi che si sviluppa tutto il volume e prende vita la "ribellione" jungeriana al potere: Junger , appartenendo alla sua epoca, individua il momento significativo di questa presa di coscienza individuale nel rifiuto della scheda elettorale (mediante astensione) o nel voto contrario che dovrebbe innescare una specie di sabotaggio del meccanismo elettorale da sempre strumento di qualsiasi potere e, particolarmente, dei poteri totalitari. La domanda è opportuna: non è forse la democrazia moderna, come la conosciamo attualmente in Occidente, il regime totalitario per eccellenza? Non è forse proprio l'utopia democratica , con le sue regole, le sue norme, le sue leggi, a creare le condizioni per la più tangibile forma di controllo e asservimento di un popolo? Scritto in un'epoca dominata dai grandi sistemi totalitari , nel momento di massimo scontro tra i sistemi instaurati nell'Europa occidentale dal Fascismo e ad Est dal Comunismo, il Ribelle jungeriano mal si adatterebbe alla prevaricazione occulta che viene propinata quotidianamente - attraverso una variopinta gamma di mode e costumi, musiche e arti, modelli di riferimento e stereotipi culturali e sociali funzionali alla conservazione e al rafforzamento del Potere democratico - contro il singolo individuo nelle società democratiche moderne. Ecco perchè il "Trattato" risulta estremamente attuale e condivisibili ne sono le linee guida e le indicazioni per una prassi politica che voglia seriamente fuoriuscire dagli schemi; da tutti gli schemi. Occorre dirlo con chiarezza e senza nascondersi: nella società dell'omologazione consumista e dell'assimilazione, nell'insieme disorganico di soggetti deambulanti depauperizzati da decenni di rincoglionimento massmediatico e dal fallimento delle ideologie del Novecento, l'unico modello autenticamente rivoluzionario riproducibile e adeguato alla 'battaglia' senza schemi e senza regole rimane l'Anarca di jungeriana memoria. L'Anarca è il singolo braccato dal vuoto post-nichilista della società senza valori contemporanea. E' il ribelle che sceglie , quale atto volontario, di darsi alla macchia per non accettare compromessi con un potere troppo forte e troppo tecnicamente superiore per essere affrontato a viso aperto, nell'arena politica o elettorale. E' il gesto affatto disperato ma lucido, razionalmente e fanaticamente lucido, di colui che - da Uomo Libero - rifiuta le imposizioni e le regole di un sistema che avverte iniquo e ingiusto e i limiti imposti da un ordine sociale e politico che quotidianamente esige un controllo sempre maggiore delle attività individuali. Probabilmente Junger non avrebbe mai immaginato che all'inizio del terzo millennio il suo "Ribelle" potesse ancora rappresentare un modello di riferimento per quanti hanno ancora la forza, il coraggio e la consapevolezza di "dire no". Ma vediamo subito di chi stiamo trattando, chi è questo "ribelle" e quale dovrà essere il suo ruolo di sabotatore dell'ordine costituito, di disturbatore del potere, di nemico delle convenzioni e avversario irriducibile di qualunque compromesso. "Chiamiamo (...) Ribelle chi nel corso degli eventi si è trovato isolato, senza patria, per vedersi infine consegnato all'annientamento. Ma questo potrebbe essere il destino di molti, forse di tutti - perciò dobbiamo aggiungere qualcosa alla definizione: il Ribelle è deciso a opporre resistenza, il suo intento è dare battaglia, sia pure disperata. Ribelle è dunque colui che ha un profondo, nativo rapporto con la libertà, il che si esprime oggi nell'intenzione di contrapporsi all'automatismo e nel rifiuto di trarne la conseguenza etica, che è il fatalismo. Considerandolo sotto questo aspetto, non avremo più dubbi circa il significato che il passaggio al bosco assume non soltanto nel pensiero ma anche nella realtà di questi nostri anni." Ecco il ribelle jungeriano, l'anarca, il dissolutore di ogni ordine e il nemico implacabile di qualunque potere costituito. E' un sovversivo, un sabotatore, un nemico di questa ipocrita quiete sociale che in realtà serve a mascherare, proteggere e definire ogni tipo di potere e identifica il Sistema quale moderno leviatano, forma ultima di qualsiasi totalitarismo (un totalitarismo rovesciato quello democratico dove viene lasciato all'individuo il diritto , anzi potremmo dire che è tutta una proclamazione più o meno solenne, in pompa magna, di 'diritti' alla più assoluta libertà....un dispotismo di segno 'rovesciato' dove alla coercizione e alla limitazione delle libertà si sono sostituite l'obnubilazione, l'omologazione, il controllo capillare di informazioni che rappresentano nè più nè meno l'essenza ultima delle moderne democrazie). La democrazia ha le sue regole e le sue leggi, i suoi meccanismi di dominio e i suoi strumenti di controllo: nessun individuo all'interno di un moderno sistema democratico potrebbe mai sfuggire a questa nuova forma di totalitarismo. Non serve alla democrazia imporre divieti nè estendere più di quanto non sia necessario stati d'emergenza tipici strumenti repressivi delle dittature e dei regimi assolutistici di ogni epoca e tempo: la democrazia ha i suoi strumenti di normalizzazione e ne fa un uso spregiudicato contro quella che viene poi scambiata tra la massa belante , le pecore matte della contemporaneità contorta e complessata, come un'esercizio di libertà e una prova di "tolleranza". I sistemi democratici contemporanei hanno esteso la loro sfera di influenza alla vita privata dell'individuo in modo talmente affabile, in maniera completamente soft, da far credere e instillare nelle menti all'ammasso degli individui - dai singoli ai gruppi più o meno politicamente organizzati - di vivere in oasi di libertà, di essere addirittura padroni della propria esistenza, di poter "osare l'inosabile" in quanto gli spazi di manovra consentiti si sono apparentemente moltiplicati ed i palcoscenici (a cominciare da quelli offerti dai mass media, strumenti demonicamente perfetti e realtà attive nell'esercizio di un controllo spregiudicato e multiforme, finendo alle opportunità di carriera, di successo, di popolarità offerte a mani basse all'utile idiota di turno) ove dar sfogo al libero esercizio della propria "trasgressione" hanno avuto un incremento pari alle mode demenziali dell'imbecillità di massa contemporanea. Diciamocelo pure: chi nella società rovesciata moderna non ha un suo 'spazio' di manovra e di espressione? Qual'é il limite attualmente tra il lecito e l'illecito se ci hanno mostrato che "trasgredire è bello" e va pure di moda? I rivoluzionari potenziali sulla scena si conterebbero 'tendenzialmente' a milioni. Ma, tra il dire e il fare, c'é l'illusione che questo pseudo-ribellismo non sia nient'altro che l'ennesimo prodotto del potere, che alimenti il gioco del potere, che ne sia addirittura un elemento costituente, una sorta di valvola di sfogo concessa docilmente , e in determinati momenti storici, alle pretese 'ribellistico-agitatorie' delle individualità disintegrate che compongono il quadro disorganico delle società moderne. E' una sensazione che, passati gli anni del "tutto e subito" di sessantottina memoria, l'epoca tragica e sanguinosa della stagione della strategia della tensione e del terrorismo, simili esperienze hanno prodotto gli effetti desiderati dal Potere: ridurre al minimo qualunque forma di autentica ribellione, qualsiasi progettualità rivoluzionaria, ogni tentativo , dal basso, di cambiare gli eventi. Tutto quanto avviene è unidimensionale: non è dettato dalle scelte dei singoli individui; è una concessione del potere che ingrassa e alimenta gli strumenti di controllo del potere stesso. Niente accade dunque per caso e niente al di fuori del controllo. Nulla sfugge all'occhio vigile del Grande Fratello di Orwelliana memoria, la riduzione dell'individuo a numero tra i numeri, massa nella massa, la dispersione dei valori e l'annullamento delle coscienza, l'assimilazione dei singoli nelle dinamiche socio-culturali e politiche della società ne sono la più evidente riprova. Il potere ingrassa sè stesso e si alimenta, triturando, masticando, digerendo e infine espellendo se necessario qualunque moda , qualsiasi costume, qualsivoglia ideale o volontà possa metterne in discussione l'esistenza. Ma se , come detto, ribellarsi è giusto come dovrà agire allora il Ribelle per non cadere vittima anch'esso di questo "grande gioco" degli specchi dove tutto sembra permesso purchè funzionale all'obiettivo di rafforzare e preservare il potere stesso? "Il Ribelle, dunque, deve possedere due qualità. - scrive Junger - Non si lascia imporre la legge da nessuna forma di potere superiore nè con i mezzi della propaganda nè con la forza. Il Ribelle inoltre è molto determinato a difendersi non soltanto usando tecniche e idee del suo tempo, ma anche mantenendo vivo il contatto con quei poteri che, superiori alle forze temporali, non si esauriscono mai in puro movimento. A queste condizioni, potrà affrontare il rischio del passaggio al bosco. (...) Nell'epoca del nichilismo, la nostra epoca, si è diffusa l'illusione ottica per cui il movimento sembra acquistare importanza a spese dell'immobilità. In realtà tutto il potere tecnico dispiegato oggi altro non è che un effimero bagliore dei tesori dell'essere. L'uomo che riesce a penetrare nelle segrete dell'essere, anche solo per un fuggevole istante , acquisterà sicurezza: l'ordine temporale non soltanto perderà il suo aspetto minaccioso , ma gli apparirà dotato di senso. Chiamiamo questa svolta passaggio al bosco e l'uomo che la compie Ribelle." Il passaggio al bosco non come forma di anarchismo - sebbene chi lo compia potrà sempre apparire a lorsignori del potere come un anarchico - ma come autentica ribellione all'ordine e alla quiete che uccidono le coscienze, distruggendo i sogni, rendendo vane le speranze e annichilendo la dignità umana. Come rileva lo stesso autore "la dottrina del bosco è antica quanto la storia dell'uomo, e forse persino più antica. (...) Il bosco è segreto. Heimlich , segreto, è una di quelle parole della lingua tedesca che racchiudono in sè anche il proprio contrario. Segreto è l'intimo, ben protetto focolare, baluardo di sicurezza. Ma nello stesso tempo è anche ciò che è clandestino, assai prossimo in quest'accezione all'Unheimliche, l'inquietante, il perturbante. (...) In questa luce il bosco è la grande casa della morte, la sede del pericolo di annientamento. Il compito della guida spirituale è di condurvi per mano il discepoli per liberarlo dalla paura. Il bosco lo fa morire e risorgere simbolicamente. A un passo dall'annientamento c'é il trionfo. Chi ha inteso questo , sa innalzarsi al di sopra della violenza temporale. L'uomo impara che questa violenza non ha alcun potere su di lui,m anzi è destinata unicamente a confermarlo nel suo valore supremo." Chi vive nella paura, chi vive nel timore non potrà mai essere realmente un uomo libero. Occorre andare dunque incontro alla morte metafisica e rischiare la morte fisica per risorgere a nuova gloria e comprendere pienamente le dinamiche che faranno del singolo un Ribelle colui che non avrà paura ad opporsi, a sfidare, a condurre fino al punto estremo (il punto di non ritorno rappresentato dal meridiano zero) la sua azione. "La grande solitudine dell'individuo è uno dei segni che contraddistingiono il nostro tempo. Egli è circondato , anzi assediato, dalla paura che lo stringe sempre più d'appresso". Occorre imparare a coabitare con la solitudine per dare battaglia. E' questa una regola principale di cui dovrà tener conto il Ribelle: abbattere la solitudine costruita dalla società per vivere , intimamente, nella solitudine individuale che alimenterà l'azione. Non esistono amici, non devono esistere legami familiari nè sentimentali di sorta per colui che deciderà di effettuare il passaggio nel bosco in piena consapevolezza. Il Ribelle deve sapere prim'ancora di agire quali sono i rischi che dovrà affrontare. E dovrà svestirsi di tutte le sue paure per effettuare il passaggio , sorta di vera e propria trasmutazione da uno stato di semi-libertà o pseudo-libertà ad una condizione di libertà assoluta, che non richiederà una fede assoluta, una morale, un'etica prestabilite ma l'assunzione , in sè e per sè, di valori autoimposti, liberamente accettati e condizionanti. "Il motto del Ribelle è : "Hic et nunc" - essondo il Ribelle uomo d'azione, azione libera e indipendente. (...) Al Ribelle non è permessa l'indifferenza, essendo essa il segno di un'epoca passata, al pari della neutralità dei piccoli Stati o della reclusione in fortezza per delitti politici. Il passaggio al bosco induce a decisioni più gravi. Compito del Ribelle è definire la misura di una libertà che sia valida per un'epoca futura a dispetto del Leviatano. (...) La resistenza del Ribelle è assoluta, non conosce neutralità nè remissione, nè reclusione in fortezza. Il Ribelle non si aspetta che il nemico accetti i suoi ragionamenti nè, tanto meno, che si comporti secondo le regole della cavalleria. Oltretutto sa che, per quanto lo riguarda, la pena di morte non verrà sospesa." La lotta dunque sarà impari e senza tregua ma sarà quella che il Ribelle , non il sistema, imporrà sul terreno di scontro avversario con le modalità che lui intenderà adottare e i mezzi, gli strumenti, le regole che lui deciderà di scegliere, cambiare, modificare. E' il Ribelle che decide quale tattica di combattimento, quale metodologia di sabotaggio, quale strategia militare potrà utilizzare per mettere a segno i suoi colpi. La prospettiva bellica è invertita: non è uno scontro tra forze regolari, non vi sono schemi prestabiliti, regole da seguire come tra due schieramenti in armi su un campo di battaglia. Il campo di battaglia è ovunque il ribelle decida di colpire, in qualunque momento, a qualunque ora, in qualsiasi condizione e con qualsivoglia strumento. E' il suo vantaggio , la sorpresa, e la sua forza. E il ribelle saprà come servirsene per assestare , al momento opportuno, i colpi più duri al nemico. Il passaggio al bosco ha straordinariamente agevolato il suo compito e moltiplicato la sua forza ed il ribelle, conscio di questo vantaggio, non si lascerà sfuggire l'occasione e saprà calibrare scegliendo i tempi, i modi, gli strumenti. "Per quel che riguarda il luogo, il bosco è dappertutto: in zone disabitate e nelle città, dove il Ribelle vive nascosto oppure si maschera dietro il paravento di una professione. Il bosco è nel deserto, il bosco è nella macchia. Il bosco è in patria e in ogni luogo dove il Ribelle possa praticare la resistenza. Ma il bosco è soprattutto nelle retrovie del nemico stesso. Il Ribelle non si lascia abbagliare dall'illusione ottica che vede in ogni aggressore un nemico della patria. Egli (...) conduce la sua guerriglia lungo i binari e le vie di rifornimento, minaccia ponti, cavi e depositi. Il Ribelle organizza la rete di informazioni, il sabotaggio, la diffusione delle notizie tra la popolazione. E si ritrae nelle zone impervie e nell'anonimato per riapparire non appena il nemico dia segni di cedimento. Egli diffonde una continua agitazione, provoca il panico notturno. (....) Il Ribelle non dispone di grandi mezzi di combattimento ma sa come mettere a segno un colpo audace per distruggere armi che valgono milioni: ne conosce le debolezze tattiche, i punti di minor resistenza, l'infiammabilità. Inoltre più liberamente della truppa , può scegliere il luogo dell'azione e stabilirsi dove valuta che un minimo di forze sia sufficiente a provocare guasti ingenti - ai valichi, lungo le arterie che traversano terreni accidentali, in posizioni molto distanti dalle basi." Questo è il Ribelle per autonomasia. Un sabotatore certo. Un nemico delle regole e un maestro del colpo improvviso, imprevisto. E' quest'immagine del Ribelle , dell'anarca, di Jungeriana memoria che occorre riconsiderare anche alla luce dei tempi e delle problematiche della società moderna , dei suoi sistemi di controllo sofisticati, del suo plebiscitario consenso di massa ottenuto attraverso le seduzioni e le fascinazioni di mode effimere e stereotipi validi per qualche mezza stagione. La 'partita' non è ancora chiusa per chi vorrà opporre una resistenza senza sosta. Senza fretta ma senza tregua perchè la politica sarà comunque e sempre l'arte dell'impossibile!

Spetaktor
03-04-09, 18:58
Vertice Lega Araba: muore l'unità araba?
di Dagoberto Husayn Bellucci - 01/04/2009

Fonte: Arianna Editrice [scheda fonte]




Il ventunesimo vertice dei capi di Stato della Lega Araba svoltosi il 30 e 31 marzo scorsi a Doha ha messo sostanzialmente in rilievo le divisioni e l'incapacità dei paesi arabi di trovare punti comuni sulle tante vertenze e crisi regionali in agenda presenti nell'area geopolitica e strategica del Vicino Oriente. In particolare a Doha sono naufragate definitivamente le speranze di trovare punti d'intesa su alcune delle questioni più urgenti che interessavano in particolar modo i paesi del Golfo: l'Arabia Saudita che si presentava con una bozza d'intesa per una riconciliazione regionale ha sostanzialmente visto respinte le sue proposte.

Al vertice dell'organizzazione degli stati arabi , come già successo in altre occasioni, è mancata la volontà di mettere sul tappeto i veri problemi che rappresentano la principale incognita per il futuro dell'intero Vicino Oriente primo fra tutti la divisione storica esistente all'interno dei singoli Stati membri del sodalizio che - arrivato alla sua ventunesima assise internazionale - rappresenta oramai da tempo solamente gli interessi di alcuni governi arabi dominanti la scena in particolar modo quelli collegati direttamente a Riyad che fanno capo al Consiglio Supremo del Golfo ovvero i vari emirati arabi e le piccole petrolmonarchie determinanti l'economia regionale e insensibili dinanzi ai problemi posti anche all'ultimo vertice dai paesi più poveri o attraversati da profonde crisi locali.

Sintomo di questo malessere anche la mancata partecipazione ai lavori d'apertura del presidente egiziano Hosni Mubarak che rappresenta lo stato arabo numericamente più importante e tradizionalmente il principale vettore della politica di cooperazione all'interno della Lega Araba. La presenza di Mubarak ai lavori dell'ultimo vertice e il suo discorso hanno peraltro confermato le divergenze tra Egitto e Qatar e ulteriormente appesantito il clima , già teso, della vigilia caratterizzato da numerose polemiche: dalla presenza del leader sudanese Bashir (contro il quale è stato emesso un mese e mezzo or sono un mandato d'arresto internazionale dal tribunale de L'Aja per i "crimini di guerra" commessi nel Darfur) al contenzioso iracheno (con il consiglio degli Ulema che al vertice di Doha ha accusato l'esecutivo di Baghdad di essere "parte del problema" dell'instabilità nel vicino Iraq che ha fatto registrare negli ultimi due mesi un escalation di attentati senza precedenti nel silenzio più assoluto dei mass media internazionali con almeno 252 nel solo mese di marzo); dal problema palestinese (tragicamente ritornato in primo piano dopo l'aggressione sionista alla striscia di Gaza) alle ennesime polemiche libano-siriane per finire con alcune voci di corridoio secondo le quali il presidente siriano Bashar el Assad sarebbe pronto ad incontrare il presidente americano Obama atteso intanto nella capitale saudita a giorni.

Il vertice che si è chiuso a Doha in queste ore ha mostrato una volta di più l'inutilità di queste assisi inter-arabe, la frammentazione dei paesi membri della Lega Araba, la loro litigiosità che continua a paralizzare l'attività diplomatica di un'organismo che ha perso molte delle sue funzioni e prerogative a sessantaquattro anni dalla sua fondazione (avvenuta a Alessandria d'Egitto nel 1945).



In questo contesto appaiono significative le nuove polemiche siro-libanesi che hanno caratterizzato l'intervento del premier di Beirut, Fouad Siniora, e che confermano la linea dura scelta dai rappresentanti del filo-occidentale "14 Marzo" , la maggioranza di governo sotto controllo a stelle e strisce del cosiddetto "fronte di Bristol" dal nome dell'hotel di Beirut dove venne sancito il patto d'azione tra la Corrente Futura di Sa'ad Hariri, la Falange di Amin Gemayel, le Forze Libanesi di Samir Geagea e il PNSP i social-progressisti del druso Waalid Jumblatt.

Mentre da un lato il Presidente della Repubblica libanese, Gen. Michel Souleiman, si esprimeva ai rappresentanti dei paesi arabi sottolineando le "ottime relazioni con la Siria" e la ritrovata "normalità" nei rapporti tra i due vicini, Siniora lanciava nuovi attacchi in direzione del governo di Damasco e del suo leader Assad. Siniora ha affermato che molte questioni devono ancora trovare una soluzione prima di definire i rapporti tra i due Stati confinanti "ottimali". In un intervista rilasciata al quotidiano panarabo "Al Sharq al Awsat" il premier libanese ha sottolineato come vi siano problemi ancora aperti tra i quali la demarcazione delle frontiere comuni: "noi non vogliamo e non dobbiamo essere una spina nel fianco della Siria e vice versa" sostenendo però che "la Siria si deve abituare all'idea che il Libano è un paese indipendente" contestando nettamente quanto affermato ventiquattr'ore prima dal suo Presidente che aveva avuto un incontro definito "cordiale" con il suo collega siriano Bashar el Assad.

Al contrario secondo il Capo dello Stato , che non ha commentato le dichiarazioni del premier libanese, le relazioni con Damasco attraversano un momento "positivo" di reciproca comprensione e fruttuosa collaborazione. Il Presidente ha anche sottolineato l'aiuto dato al Libano dai paesi arabi in questi ultimi mesi per ritrovare la via del dialogo e della riappacificazione nazionale ringraziando in particolare il Qatar , organizzatore del vertice, di aver contribuito al ritorno alla normalità dopo anni di tensioni.

Souleiman a margine del vertice ha incontrato anche i suoi omologhi venezuelano , Hugo Chavez, brasiliano, Ignazio Lula da Silve e paraguayano , Fernando Lugo ospiti a Doha nel quadro del secondo summit internazionale tra i paesi della Lega Araba e quelli del Sud America. Secondo il Presidente libanese "questi incontri tra paesi arabi e sudamericani smentiscono perfettamente tutta la propaganda e gli slogans su "scontri tra civiltà e religioni" e provano che l'umanità intera , soprattutto in tempi di difficoltà economiche globali, si può ritrovare unita su basi di collaborazione e solidarietà per sconfiggere l'oppressione al di là delle differenze di religione, razza o colore. Si tratta del miglior esempio di un incontro tra la civiltà arabo-islamica e la gloriosa civiltà latino-americana , che si inscrive a pieno titolo nella tradizione e nella cultura cristiana, per migliorare le loro relazioni e coordinare un'azione comune" sottolineando l'importanza che riveste un paese come il Libano che "può posizionarsi , attraverso la sua particolarità multietnica e multiconfessionale, come stato arabo e per l'alta percentuale di emigrati libanesi nell'America Latina , come un trait d'union tra le due comunità."

Il Presidente ha inoltre qualificato quest'incontro come "un'occasione importante per lottare uniti in favore dei valori e degli obiettivi comuni , cominciando dalla giustizia politica e sociale, la pace e la partecipazione all'elaborazione di risoluzioni internazionali equilibrate" nelle sedi opportune. "Il Libano - ha concluso il suo intervento il Gen. Souleiman - , la cui essenza è fondata sulla convivialità e l'intesa , ha annunciato in passato dalla tribuna dell'Onu il suo desiderio di essere consacrato come osservatore internazionale del dialogo tra le culture e le religioni" sottolineando che sarà possibile , lavorando nel campo della politica e della cultura, lavorare di comune accordo con i partner sudamericani contro l'occupazione israeliana dei territori arabi , per la causa palestinese e contro la minaccia permanente sionista contro il Libano ribadendo gli sforzi finora compiuti dal paese dei cedri per adempiere alla risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che sancì la tregua tra Hizb'Allah/Libano e israeliani nell'agosto 2006.



A margine di un vertice grigio che non ha risolto alcuno dei molti problemi che attraversano la regione vicinorientale il secondo incontro tra stati arabi e sudamericani è risultato, infine, la sola nota positiva sulla strada della reciproca collaborazione, cooperazione e solidarietà tra aree geopolitiche e strategiche vitali nella definizione di un nuovo mondo multipolare che dovrà inevitabilmente sostituire la visione unipolare e unidimensionale che ha caratterizzato dalla fine degli anni ottanta la politica estera aggressiva e terroristica degli Stati Uniti d'America costretti oggi a rivedere profondamente le proprie strategie ed i propri interessi, le loro linee guida dettate fino a pochi mesi or sono dalle teorizzazioni neo-conservatrici sullo "scontro tra le civiltà" e le guerra "preventive" e "assimmetriche" tanto care all'amministrazione Bush.

Come ha sostenuto il presidente venezuelano Hugo Chavez e ribadito anche durante i lavori del vertice con i partner arabi "è arrivato il tempo dei grandi cambiamenti della politica internazionale".

* Direttore Responsabile Agenzia Stampa "Islam Italia"

da Nabathiyeh (Libano Meridionale)

Spetaktor
03-04-09, 18:59
Sorvoli aerei israeliani sulle elezioni libanesi
di Dagoberto Husayn Bellucci - 03/04/2009

Fonte: Arianna Editrice [scheda fonte]




Caccia israeliani irrompono con il loro fragore sulla campagna elettorale libanese: nella mattinata di mercoledì 1.o aprile sedici caccia dello stato ebraico hanno violato lo spazio aereo libanese sorvolando diverse zone del paese. Non è una novità considerando che, dall'entrata in vigore della tregua tra Hizb'Allah e l'entità criminale sionista decretata il 15 agosto 2006 al termine di 34 giorni di bombardamenti, l'aviazione israeliana ha spesso ripetutamente violato lo spazio aereo del paese dei cedri. A denunciare la nuova incursione è stato direttamente il comando militare delle forze armate libanesi sottolineando, in un comunicato diramato alla stampa e inviato al comando dell'Unifil alla base di Nakhoura (a sud di Tiro), che una decina di jet militari israeliani hanno sorvolato lo spazio aereo del paese per oltre un'ora, compiendo voli sui principali centri del sud scattando foto e dirigendosi infine verso la Beka'a settentrionale. Altri sei aerei con la stella di Davide invece avrebbero sorvolato le coste libanesi dal confine palestinese fino a Sidone dirigendosi infine verso oriente.

Fatto non nuovo, come si è detto più volte e sottolineato, che non ha provocato particolare inquietudine tra le popolazioni libanesi del sud abituate a queste incursioni aeree ma che cade nel giorno in cui Hizb'Allah ha presentato all'opinione pubblica i suoi candidati per la prossima campagna elettorale e nello stesso momento in cui il segretario generale , Sayyed Hassan Nasrallah, dichiarava quale fossero gli obiettivi del suo partito per le prossime consultazioni legislative previste per il 7 giugno prossimo.

"Israele" irrompe così sulla scena elettorale libanese e , non casualmente, proprio nel giorno in cui Hizb'Allah dava alla stampa i nominativi dei suoi candidati diramando il suo programma politico che sarà disponibile fra qualche giorno e del quale ha comunque anticipato le linee-guida il segretario generale parlando dai microfoni della televisione "al Manar".

Sayyed Hassan Nasrallah, ha annunciato i nomi dei candidati nelle circoscrizioni elettorali dove il suo partito si presenterà al fianco di 'Amal. Tra i nomi nuovi presentati dal Partito di Dio spiccano quelli del dr. Nawaf Moussawi, responsabile delle relazioni estere di Hzb, che sarà candidato nella circoscrizione di Tiro (Libano meridionale), quello del dr. Alì Fayad, responsabile del centro studi strategici di Hzb che si presenterà nella circoscrizione meridionale di Maryajoun-Hasbaja e infine quello del dr. Hussein Moussawi, responsabile per le municipalità del consiglio politico del partito che si presenterà invece nella circoscrizione di Ba'albak-Hermel nella Beka'a settentrionale. I tre volti nuovi presentati dal partito sciita libanese sostituiranno i deputati Hassan Houballah, Mohammad Haidar e Alì Takch. Riconfermati invece i nomi di Mohammad Ra'ad (capogruppo parlamentare del Blocco della Fedeltà alla Resistenza) che correrà nella circoscrizione di Nabatiyeh, del ministro del lavoro Mohammad Fnesh (a Tiro), di Hassan Fadlallah (a Bint 'Chbeil), di Hussein Hajj Hassan, Nawar Sahili e Alì Mekdad ( tutti per la circoscrizione di Ba'albak-Hermel) , di Amin Cherry (a Beirut II) e infine di Alì Ammar (a Ba'abda nei quartieri meridionali della capitale Beirut).

Nasrallah in occasione della presentazione dei candidati del partito ha sottolineato che "le prossime elezioni hanno un'enorme importanza" perchè "da questa consultazione sorgerà una nuova Camera dei deputati ed un nuovo Governo ossia un rinnovamento radicale della vita politica libanese. L'Assemblea parlamentare è essenziale per l'elezione presidenziale, per l'intera legislatura e per il voto di fiducia." indicando che "l'obiettivo di Hizb'Allah è quello di ottenere con le forze dell'Opposizione Nazionale la maggioranza dei seggi. Questa vittoria significherà il consolidamento di alcune opzioni fondamentali a livello nazionale, politico ed economico. La vittoria dell'opposizione - secondo Nasrallah - aprirà le porte ad un partenariato nazionale al contrario di un successo dell'attuale maggioranza. Il nostro obiettivo è quello di ottenere il maggior numero possibile di seggi per l'opposizione. Non vogliamo seggi per il partito ma per l'insieme della coalizione." precisando che Hizb'Allah ha accettato di diminuire il suo "blocco della fedeltà alla resistenza" di alcuni seggi a vantaggio di alcuni alleati rispondendo ad alcune ilazioni della stampa secondo la quale questa mossa politica sarebbe stata dettata da una perdita di popolarità del partito stesso: "alcuni quotidiani e alcune televisioni hanno raccontato che Hizb'Allah stia perdendo in popolarità, vedranno dopo il 7 giugno quanto sbagliati si dimostreranno i loro calcoli" ha affermato Nasrallah precisando che qualsiasi dubbio in merito a questa scelta elettorale è stato rimosso e le risposte alle domande degli analisti libanesi ed arabi in merito a quest'opzione hanno trovato già le loro risposte.

Nasrallah ha rigettato l'idea di un "partito-guida" dell'opposizione sottolineando alla televisione "al Manar" che "esiste una coalizione di forze politiche che hanno obiettivi comuni e che scenderanno in campagna elettorale per guadagnare quanti più seggi possibile sulla base di programmi comuni e un'unità d'intenti che non è in discussione" e sottolineando che quest'idea viene propagandata e sbandierata dalle forze della maggioranza al potere per presentare i partiti alleati del Blocco della Fedeltà alla Resistenza dei partiti sciiti come dei "satelliti": "se ciò accade nell'altro campo questo non avviene da noi dell'opposizione. Noi di Hizb'Allah non abbiamo mai preteso di discutere la definizione delle liste elettorali dei partiti alleati. Non abbiamo mai imposto alcuna ingerenza per le candidature degli altri partiti nè posto veti contro alcun nominativo. Rispettiamo i nostri alleati e i candidati designati dalle segreterie dei loro partiti. Le nostre alleanze sono sempre state trasparenti e chiare e non esistono nè esisteranno mai manovre occulte". Infine parlando del criterio di selezione delle candidature del partito ha sottolineato come "sia uscite dalla volontà del comitato centrale del Partito. Hizb'Allah non è una famiglia nè un clan ma un partito politico" stimando che un seggio parlamentare all'Assemblea Nazionale "non deve costituire una ricompensa o un premio di consolazione per nessuno ma deve rappresentare esclusivamente un posto di responsabilità." e dichiarando che sarà il capogruppo parlamentare , dr. Mohammad Ra'ad, che renderà pubblico entro pochi giorni il programma elettorale del partito che è già pronto e che tratterà soggetti essenziali quali la riforma politica, lo sviluppo equilibrato, la riforma amministrativa del paese così come la decentralizzazione amministrativa e il rilancio di alcuni settori dell'economia nazionale oltre alle questioni relative alla sicurezza nazionale e a quelle della difesa dei confini meridionali.

Dr. Mohammad Ra'ad che era intervenuto due giorni or sono in occasione di un meeting del partito ad Arnoun per sottolineare una volta di più il senso profondo della campagna elettorale che Hizb'Allah si stava approntando ad affrontare sostenendo che "colui che si desidera edificare una concezione nuova dello Stato deve essere pronto anche a versare il suo sangue per questo. E' ciò che noi faremo mentre gli altri continuano a recitare il ruolo e giocare a fare gli spettatori. Noi siamo chiamati ad un impegno che è una missione: la costruzione di un nuovo Stato forte, omogeneo e giusto che sia capace di far fronte a tutte le minacce ed i pericoli che corre il paese, assicurando al nostro popolo l'impegno e la garanzia della Resistenza e rifiutando la carità altrui. Il nostro popolo non potrà mai sentirsi validamente protetto se tutte le risorse nazionali provengono dalla carità internazionale" e soprattutto definendo "inaudita e assurda" l'idea secondo la quale le regioni meridionali e quelle della Beka'a (a maggioranza sciite) siano "ricompensate" con gli spiccioli di questa questua "privandole dei loro diritti elementari e delle basi per uno sviluppo organico" perchè - a dire dei settori più oltranzisti dell'attuale maggioranza al potere - "rappresenterebbero settori poco interessanti per gli investimenti".
Il dr. Ra'ad ha sostenuto che deve finire "il tempo del clientelismo e delle mafie degli investimenti" e che il nuovo Libano che uscirà dalla consultazione di giugno dovrà prepararsi per un'era di "trasparenza e chiarezza nelle relazioni tra Stato e popolo, di equilibrio tra poteri istituzionali e rappresentanze economiche e di sviluppo economico e benefici per tutti i libanesi senza discriminazioni etniche o religiose" e sottolineando come fino a questo momento la maggioranza dei progetti di sviluppo realizzati nelle regioni sciite del sud e della Beka'a settentrionale "siano il risultato di iniziative estemporanee di imprenditori originari di queste aree emigrati all'estero.".

Iniziative giudicate essenziali ma insufficienti fintanto che "nel sud come nella Beka'a" non siano assicurate e garantite le infrastrutture necessarie per quanto concerne "le comunicazioni, le strade, le risorse idriche e quelle dei mezzi di produzione" fino a questo momento secondo Ra'ad abbandonate all'iniziativa dei privati da un governo centrale inesistente che ha abbandonato a sè stessi centinaia di migliaia di libanesi.

Hizb'Allah dunque si presenta ai nastri di partenza di una campagna elettorale che si preannuncia già come infuocata con le carte in regola e la determinazione necessarie per sbaragliare la maggioranza filo-occidentale al potere: un programma di governo, una lista di candidati affidabili, un'idea di riforma dello Stato e la garanzia che - una volta al potere - il Partito di Dio assicurerà sia un più omogeneo sviluppo economico di infrastrutture e investimenti sia l'essenziale stabilità politica che serve per la direzione dell'amministrazione di un paese per troppi anni, decenni, abbandonato a se stesso.

*Direttore Responsabile Agenzia di Stampa "Islam Italia"
da Nabathyyeh (Libano Meridionale)

LupaNera
06-04-09, 15:17
EVA HENGER HA RAGIONE!

di Dagoberto Husayn Bellucci

"e quindi tiro avanti e non mi svesto dei panni che son solito portare:
ho tante cose ancora da raccontare per chi vuole ascoltare e a culo tutto il
resto!"

(Francesco Guccini - "L'Avvelenata")

In lontananza abbiamo preso atto di una dichiarazione che, ci sia consentito,
ci trova pienamente d'accordo: Eva Henger - si proprio lei, ex miss Ungheria ed
ex pornodiva del cinema hard italiano che sappiamo peraltro in 'dolce attesa'
(auguri alla nascitura!) - ha sostenuto durante una trasmissione del
"Chiambretti Night" ( peraltro intrattenimento egregiamente condotto con savoir
faire da Piero Chiambretti al quale non mancherà 'audience' fintanto che
continuerà ad invitare 'giunoniche' bellezze e polemisti di 'collaudata'
esperienza quali l'ultimo Sgarbi ) in onda su Italia Uno che sia "più
imbarazzante partecipare a un reality che a un film porno".

Premesso che c'è un limite alla demenza oltre il quale non è consentito
'sindacare' - si entra nel girone infernale dell'Ottavo Padiglione degli
Spedali Riuniti di Livorno per 'capirci' - onestamente troviamo a dir poco
'stucchevoli' e noiosi i "reality" che hanno sommerso la televisione, pubblica
e privata, italiota: dal Grande Fratello (che peraltro specula, come posto in
rilievo un anno fa da un blitz fiammista, sul diritto alla casa 'relegando'
dieci o più imbecilli all'interno di una ossessionante tour de force che , 24
ore su 24, per tre mesi inevitabilmente mette in evidenza i lati peggiori di
pseudo-protagonisti , il nulla elevato assurto a "leggenda" -...con tanto di
lauta ricompensa al vincitore o alla vincitrice finale ma soprattutto ingaggi
dorati per i più 'furbi' ...escluso Tarricone dei "protagonisti" in serie
fuoriusciti da quella specie di "casa/casino" diventa difficile stilare una
classifica del 'meno' peggio - demenzialità capovolta della contemporaneità
inesistente su un piano fattuale in cerca di 'gossip' più o meno virtuali) alla
Fattoria, dall'Isola dei Famosi alla Talpa via via fino agli "Amici" di Maria
De Filippi, all' "X Factor" e ai ballerini della Carlucci di "Ballando sotto
le stelle" che - in tempi di crisi economica e di affanni per arrivare a fine
mese per la stragrande maggioranza degli italiani - 'appare' più come una presa
per il culo che altro.

Tant'é 'queste' sono le 'proposte' che da un lato la Rai dall'altro lato
Mediaset propinano oramai a tamburo battente agli italiani. Italiani che da
popolo di "santi, poeti, navigatori ed eroi" si stanno letteralmente
trasformando in un popolo di "naufragi", "canzonettisti" , "ballerini" e
aspiranti "vip" che , fuor di metafora, potrebbe suonare più come un "very
importan prostitute" che non altro...

Diciamocelo francamente: dopo il mare di veline e letterine, di miss e di
"belle cantanti che farebbero meglio a fare compagnia" - Battiato l'aveva vista
lunga trent'anni or sono - ci mancava la suggestionante marea di aspiranti
"qualcuno" (...indiscutibilmente 'azzeccata' l'ultima canzone di Caparezza..."
io diventerò qualcuno..." e altrettanto 'reale' il video in questione...si, in
effetti, ci mancherà che venga tolto il diritto di voto - non ne sentiremo
'comunque' la 'mancanza' per quanto ne abbiamo 'usufruito' ...praticamente
mai...- e sostituito con il televoto...per la felicità dei Gerry Scotti di
turno e per l'eccitazione febbrile dei Fede di ogni risma e colore politico in
attesa - 'bandierine' in mano - di pronunciare il nome di un'improbabile
vincitore 'elettorale'...) ad 'alzare' il livello peraltro bestiale della
televisione italiana.

Che poi non ci si venga a stupire delle ondate migratorie che hanno 'colpito'
l'italietta post-ideologica della seconda repubblica considerando che certi
'programmi' e certe 'tentazioni' arrivano, via etere, anche al di là dei
confini nazionali, travalicando monti e mari, dalla vicina Albania alla Russia,
dal Marocco al Libano e fino al sud America e all'Africa equatoriale. Se
trent'anni or sono c'era una certa Raffaella Carrà che si divertiva con un
"barattolino" o una sfera di vetro a chiedere ai teleutenti avidi di denaro il
numero del contenuto (fossero sassi, biglie o palline poco importa...andiamo a
'memoria' e ciò basti e avanzi); se all'epoca un certo Boncompagni lanciava
Ambra Angioni (riscattatasi al fianco di Crozza...'eccellente' la sua
imitazione della giornalista di un improbabilissimo quanto ironico "Tg Red" ....
gli 'sbavi' e gli amplessi più o meno mimati per D'Alema sono quelli che con
ogni probabilità avvengono nella realtà delle redazioni 'serie' dietro a questo
o a quell'altro politico di turno...foss'anche l'ultimo degli idioti ad
occupare uno scranno parlamentare o il penultimo dei bischeri a sedere in un
qualche sottosegretariato di un qualunque ministero) e le di lei allora
'adolescenziali' colleghe di "Non è la Rai" ; l'espansione dell'idiozia
dell'opportunità "a portata di mano" (...anche, soprattutto, di
qualcos'altro...) della carriera facile facile e degli altrettanto facili
contratti ha visto aumentare , ad una domanda crescente (c'é forse da chiedersi
per quale motivo trentamila aspiranti veline hanno partecipato alle selezioni
dell'ultimo 'concorso' indetto da Canale 5? o c'é da domandarsi per quale
motivo i partecipanti alle selezioni di "X Factor" contavano anche dei senza
voce privi di qualsiasi requisito basilare per poter solo aspirare ad entrare ,
anzi meglio a vedere da lontano, uno studio di registrazione?) corrisponde
naturalmente una crescente offerta, a dismisura il numero di cosiddetti reality
che poi di "reale" hanno tutto e niente.

E allora? Al di là di qualsivoglia giudizio moralistico che ci starebbe come
il cavolo a merenda in un paese dove il migliore c'ha la rogna sottolineiamo e
apprezziamo le ultime dichiarazioni della Signora Eva Henger che ha 'spaccato'
il vaso di pandora del gossippismo italiota e quello dell'ipocrisia perbenista
borghese (che di notte va a puttane e di giorno critica e censura) sostenendo
che "nei reality possono riprenderti anche negli atteggiamenti più intimi" e -
soprattutto - che "il pudore non è solo la nudità ma i sentimenti" che nei
reality ovviamente sono inesistenti perchè mediati da un'obiettivo essenziali
valido per tutti i 'protagonisti' di turno: parlatene male, parlatene bene
purchè ne parliate!

Dunque che cosa ci sarebbe di 'scandaloso' nell'affermazione della Henger
secondo la quale sia più imbarazzante un reality di un film porno? Niente! Ed
ha perfettamente colto nel 'segno' quando ha aggiunto di "non parlare" della
propria "sessualità in pubblico" anche perchè a parlar sempre di sesso dopo un
pò viene a 'noia'...è un'arte che dev'essere praticata...le parole in quel
campo lasciano il tempo che trovano...cioè zero!

Concludiamo con una 'chiosa' sull'ex attrice hard ungherese: sotto il vestito
forse niente...ma dentro sicuramente c'é qualcosa: sentimenti ed emozioni! Di
questo ne siamo sicuri...come ha dimostrato parlando, nella stessa puntata del
programma di Italia 1, di Moana Pozzi per la quale valgano queste affermazioni
della Henger:
“Moana era molto sola - ha ricordato la Henger - Amava molto se stessa, la
sua immagine, sulla quale lavorava in continuazione. Negli ultimi giorni,
tuttavia, le mancavano gli affetti, forse quello della famiglia, che è arrivato
troppo tardi. Era molto corteggiata, aveva molti amori, ma forse si è
innamorata anche degli amori sbagliati. La prima volta la incontrai in un
locale e non mi piacque. Quando la vidi il giorno dopo, senza trucco, al
naturale, era bellissima. Era molto semplice. Ti trasmetteva tranquillità”.
"La solitudine del porno"....potremmo intitolarci un libro....o
un'enciclopedia! Ci 'penseremo'....


31/03/2009

http://www.italiasociale.org/alzozero09/az310309-7.html

Massimo Piacere
06-04-09, 15:42
Eva sempre nel cuore! :D

Spetaktor
06-04-09, 15:44
Eva sempre nel cuore! :D

i vecchi amori non si scordano mai...:446::D

Spetaktor
06-04-09, 15:45
DIVAGAZIONI MUSICALI...PERCHE' SANREMO E' SANREMO...


di Dagoberto Husayn Bellucci



"Mi alzo al mattino con una nuova illusione
prendo il 109 per la rivoluzione,
e sono soddisfatto
un poco saggio un poco matto
penso che fra vent'anni
finiranno i miei affanni

Ma ci ripenso però
mi guardo intorno per un po'
e mi accorgo che son solo
in fondo è bella però
la mia età e io ci sto

Si dice che in America tutto è ricco tutto è nuovo
puoi salire in teleferica
sui grattacieli e farti un uovo
io invece cerco il Rock’n Roll al bar e nel metrò
cerco una bandiera diversa
senza sangue e sempre tersa

Ma ci ripenso però
mi guardo intorno per un po'
e mi accorgo che son solo
in fondo è bello però
il mio paese e io ci sto

Mi dicono alla radio
"Statti calmo e statti buono
non esser scalmanato, stai tranquillo e fatti uomo"
ma io con la mia guerra voglio andare ancora avanti
e costi quel che costi la vincerò,
non ci son santi

Anche se invece però
mi guardo intorno ancora un po'
e mi accorgo che son solo
ma in fondo è bella però
la mia guerra e io ci sto

Cerco una donna che sia la meglio
che mi sorrida al mio risveglio
e che sia bella come il sole d'agosto
intelligente si sa

Ma in fondo è bella però
la mia donna e io ci sto"


(Rino Gaetano - "E io ci sto" - album "E io ci sto" 1980)


"Chi mi dice ti amo
chi mi dice ti amo
ma togli il cane
escluso il cane
tutti gli altri son cattivi
pressoché poco disponibili
miscredenti e ortodossi
di aforismi perduti nel nulla
chi mi dice ti amo
chi mi dice ti amo
se togli il cane
escluso il cane
non rimane che gente assurda
con le loro facili soluzioni
nei loro occhi c'è un cannone
e un elisir di riflessione"
(Rino Gaetano - "Escluso il cane" album "Aida" 1977)







Tra una notizia da un Libano in piena campagna elettorale e un'eco 'recepito' dalla terra di nessuno della contemporaneità post-nichilista occidentale, tra una sigaretta ed un caffè, quattro chiacchiere al bar con i 'soliti' amici sciiti e due 'ciance' con la studentessa dell'ultimo anno di filosofia che divaga sul senso della vita ci 'occuperemo' anche di 'musica' e 'canzoni' ...

Al di là della nostra predilezione per uno 'stile' musicale che rimane 'prerogativa' di pochi "eletti" (dal gelido distacco intellettual-misticheggiante di Franco Battiato ..."com'é misera la vita negli abusi di potere"... al menefreghismo romantico di Luca Carboni passando per la 'poetica' di Fabrizio De Andrè, lo 'stonellio' d'alta scuola di Angelo Branduardi , le 'discese' nel vuoto nichilista di Piero Ciampi...."te lo faccio vedere chi sono io", gli inni alla vita di Augusto Daolio e dei Nomadi..."grazie alle stagioni a tutte le stagioni", la 'militanza' musicale di Loredana Bertè..."gli eroi gli eroi li abbiamo ammazzati noi", la superiorità austera e altezzosamente 'demodè' di Milva..."Alexanderplatz aufwidersen...c'era la neve...", il "canto libero" di Lucio Battisti, la 'sensualità' 'accorta' e 'finto-adolescenziale' della gabbrigiana Nada ..."non so ballare niente nè un tango nè un valzer, non so ballare niente mi dondolo in disparte, la vita è una mossa..." ...ci 'ripromettiamo' la lettura del suo ultimo volume e ancora la rabbia 'avvinazzata' di Francesco Guccini e della sua "locomotiva" o la melodica di Cesare Cremonini ..."fidati di me non sono un latin-lover"...) consideriamo la musica 'leggera' italiana tra le più 'interessanti' testimonianze delle inversioni della società contemporanea , punto d'osservazione 'privilegiato' e ultimo rifugio di 'rari' esemplari del Genio artistico nazionale

Impossibilitati da una visione 'organica' dell'ultima rassegna canora del festival sanremese, giunta alla sua 59esima edizione, ci siamo 'contentati' dell'ascolto 'computatorio' dei 'brani' in gara ....inframezzati dal marziale rumore dei suoni dell'ultima produzione Hizb'Allah e dai "rumori lontani" di echi e 'sound' "born in Usa" che da queste parti non mancano mai... e dobbiamo sottolineare di comprendere perfettamente il perchè del boom di ascolti suscitato dalla conduzione, immaginiamo istrionico-ironica, del duo Paolo Bonolis/ Luca Laurenti (peraltro 'discreto' 'vocalist' che ci pare abbia deliziato il pubblico in sala e quello televisivo dando prova delle proprie qualità canore). Erano anni che il Festival di Sanremo non riusciva a sfondare il muro dell'audience dei 12 milioni di spettatori: dopo periodi di transizione e grigiore 'pare' che il 'miracolo' sia riuscito alla collaudata coppia di presentatori/comici romani.

Tant'é Sanremo edizione 2009 sembra aver riaperto le porte alla grande musica e ai grandi nomi della canzone italiana in un'alternanza di brani vecchi e nuovi proposti in modo eccellente dagli ultimi 'giganti' del pop italiano. In particolar modo la terza serata del Festival, quella che ha visto esibirsi sul palco dell'Ariston vecchie glorie della musica nazionale e nuove voci, ha sbaragliato ,così 'sembra', la concorrenza, lasciando una 'spanna' di differenza (con un 44% di 'gradimento' per la rete ammiraglia della Rai contro il 16% scarso 'raccattato' da Canale 5) ai tre canali Mediaset. A 'sentire' molti "addetti ai lavori" una serata che rimarrà nella storia della competizione sanremese con le cover rock e soul e i grandi brani re-interpretrati magistralmente da Riccardo Cocciante e Pino Daniele, Zucchero e i Sorapis, Lucio Dalla e Gino Paoli (...'assenti' da una vita dal palco sanremese...) Roberto Vecchioni e Burt Bacharach, Massimo Ranieri, Ornella Vanoni per un cast musicale d'eccezione di voci e volti storici della canzone italiana mai visto tutt'assieme sul palco dell'Ariston che ha sicuramente contribuito ad innalzare il livello della kermesse ridando lustro ad un festival da 'troppi' considerato 'antiquato'.... In Italia a 'sentire' in 'giro' nessuno guarda Sanremo....come siano possibili poi i record degli ascolti rimane un mistero insondabile ...specialmente se ciò fosse corrispondente alla 'realtà' fattuale...

Tornando al Festival 'interessante' c'é sembrata anche l'apertura della quarta serata dedicata alla musica lirica con la presenza del soprano Dimitra Theodossiou e quella del tenore Gianluca Terranova...in controtendenza rispetto all'eccessiva ricerca di "novità" e "modernismo" acchiappa-adolescenti delle ultime edizioni. Se musica dev'essere che lo sia compreso 'anche' - se non soprattutto - uno spazio più che legittimo per la musica classica. Non abbiamo 'visto' , ... 'peccato'..., la 'performance' delle conigliette di "Playboy" invitate da Bonolis assieme al loro 'patron' ...il giudeo Hugh Hefner...che, a 'memoria', dovrebbe aver superato l'ottantina.... nè il 'contributo' del ballerino Daniel Ezralow (...'dice' coreografo 'speciale' della trasmissione "Amici" di Maria De Filippi...mai 'visionata' ....) tant'é da un 'giudeo' all'altro ...non ci siamo 'persi' niente...evidentemente era la serata "kosherizzata" se consideriamo che , fra gli 'altri', ha tenuto 'banco' il buffone di corte del cinema nazionalpopolar-olocuastico Roberto Benigni (....ci 'piaceva' ai tempi dell'Inno del corpo sciolto o in "Non ci resta che piangere"....'dopo' è arrivato il 'gran salto' sion-hooliwoodiano de "La vita è bella" e abbiamo 'smesso' di seguire il 'guitto' di Sion.... non 'male' , affatto, comunque la sua reentrè sulle scene teatrali con la Divin Commedia di dantesca memoria...).

'Veniamo' ai cantanti in gara sui quali finora non abbiamo 'speso' parola: che dire...ha vinto Marco Carta....mah...
Su youtube abbiamo 'cercato' di aggiornarci sulle canzoni e sui loro interpreti: non male 'affatto' Dolcenera che si esibiva 'affiancata' da Syria; di un certo 'interesse' la proposta musicale dei Gemelli Diversi (...vabbè 'tralasceremo' su quel 'passaggio' 'politico' sul Duce...) , egregia come sempre la performance di Fausto Leali , da dimenticare Patty Pravo affiancata da un trio di musicisti americani che probabilmente si saranno domandati il perchè della loro partecipazione, bocciato anche Francesco Renga (...canzone comunque 'difficile'...) , superlativo Marco Masini (...eh si è proprio un paese di ladri... non avrà 'scoperto' niente ma 'onore' al merito...), non pervenuti Al Bano e Sal Da Vinci.

Uno 'spazio' più ampio merita senz'altro quella che , a nostro 'insindacabile' giudizio, rimane la miglior proposta di tutto il 59esimo Festival di Sanremo: ottimamente portata sul palco da Francesco Tricarico "Il bosco delle fragole" riteniamo sia l'ennesimo 'capolavoro' - dissacrante e esistenzialista momento di amara auto-ironia - del cantautore milanese vincitore del premio Mia Martini...perchè , senza forse e senza virgolette stavolta, " « La verità è che la musica mi ha salvato, / quando ero piccolo la musica mi ha salvato, / e me ne stavo seduto sul mio prato ad ascoltare il mangia-dischi cantare... / La verità è che la musica mi ha salvato, / quando ero piccolo la musica mi ha salvato, / e ascoltavo mia madre parlare, mio fratello a giocare e l'universo girare, / e me ne stavo da solo a sognare in ripostiglio a giocare con i soldatini a giocare » (Francesco Tricarico - "La Musica") ....

E poi ancora Povia con la pioggia di polemiche che hanno 'accompagnato' la sua "Luca era gay" (...vabbè ma ...chi se ne frega no?...) e Iva Zanicchi (...grinta da vendere e provocazione musicale 'intelligente'...) mentre una sottolineatura d' "obbligo" si merita la scelta della co-conduttrice caduta sull'italianissima Alessia Piovan ... dopo siliconate e mezze calzette straniere infine la presenza di una bella vicentina non 'guastava' ...per lo meno ha dimostrato di saper parlare...e non 'solo'.


Del resto 'vista' l'ultima vincitrice della sezione nuove proposte di Sanremo , 'tale' Arisa' (....da 'quale' 'micro-cosmo' cerebrale è 'saltata' fuori una così...mah...) pseudonimo di Rosalba Pippa....(...di nome e di 'fatto'...) continueremo a 'preferire' video, musica, 'parole' e sensualità 'fascinosa di una Dolcenera .... "tant'é" se in politica Silvio Berlusconi viene considerato uno "statista" , Gianfranco Fini una "carica istituzionale", se Viva Alter Veltroni è un "comunista" e Franceschini il "leader" dell'Opposizione, se Fabrizio Corona non 'piace' e Emilio Fede è un giornalista....ci può stare anche 'una' Arisa con la sua 'canzoncina' mongoloide.... "Sincerità" ....mah....


Perchè Sanremo? Perchè a forza di 'ripeterci' forse 'qualcosa' resterà o 'forse' perchè - come sottolineava lucidamente trent'anni or sono Edoardo Bennato - in fondo "sono solo canzonette"...o no?

'Lasciamo' i nostri 'attenti' lettori con il testo de "Il bosco delle fragole" 'certi' di aver suscitato il loro disincantato 'interesse'....dedicandone musica e parole ad una affascinante "conoscente" (...'oggi' ci 'conosciamo' ...domani chissà...) 'lasciata' in quel di Modena che 'continuerà' indiscutibilmente a non 'capirci' niente del nostro 'sgangherato' percorso esistenziale (..."ma che razza di fascista sei?" ci sentimmo domandare qualche mesi or sono al nostro primo 'incontro'... già...chissà che 'razza' di "fascista" rappresenteremmo per l'ottusità contemporanea e il mondo stereotipato delle pecore matte della società del non valore dei senza identità ...) e delle nostre 'fascinazioni' musicali (...su Carboni comunque ci troviamo d'"amore e d'accordo" ....in fondo "ci vuole un fisico bestiale per fare quello che ti pare" ...o no?)....

" Tra di noi chi paga sono solo io
e del resto non fa nulla
forse forse erano meglio le fragole
tu ti eri solo perso.
Sono bello sono bellissimo
sono bravo sono bravissimo
sono solo sono solissimo
però poi mi sono dato un limite
non ho spinto più sulle favole
sono rimasto solo senza alibi
e ho sognato un bosco senza fragole
e son caduto su di te.
Pene dell’inferno per me
non voglio pene senza fine per te
ma solo bene e certezze per te
non ho non è non ha non ho.
Sono cane cane canissimo
sono furbo furbo furbissimo
sono solo solo solissimo
però poi mi sono dato un alibi
la paura paura di vivere
non posso star solo senza vincere
perchè morir senza le fragole
e son caduto su di me
delusa?
Pene dell’inferno per me
non voglio pene senza fine per te
ma solo bene e certezze per te
non ho non è non ha non ho
Pene dell’inferno per me
non voglio pene senza fine per te
ma solo bene e certezze per te
non ho non è non ha non ho
Non è non è non è che non ti capisca
però però non ho tempo
domani domani domani chi sa?"

A chi ci odia, a chi ci ama, a chi se ne frega.... a quanti abbiamo rovinato la vita...a quanti ce l'hanno rovinata.... a chi ci conosce e ci 'segue' da una 'vita'...a quanti conoscendoci ci detestano...a quanti senza neanche conoscerci ci disprezzano...'dedichiamo'...perchè anche noi non riusciamo a stare "soli senza vincere"....


DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI

Direttore Responsabile Agenzia di Stampa "Islam Italia"
da Nabathiyeh (Libano Meridionale)

Spetaktor
06-04-09, 20:28
L'ALBA DELLA CONSAPEVOLEZZA - LA RIVOLUZIONE ISLAMICA IRANIANA CONTRO L'OPPRESSIONE IMPERIALISTA E L'USURPAZIONE SIONISTA DELLA PALESTINA


- di Dagoberto Husayn Bellucci


( "Israele" è il nemico dell'umanità, è il nemico dell'uomo. E' "Israele" la causa dei contrasti che sorgono ogni giorno. E' "Israele" che sottomette i nostri fratelli del Libano meridionale a duri scontri. "Israele" dovrebbe essere messo in guardia: il suo padrone e protettore ha perso ogni credibilità nel mondo e quindi è megli si faccia da parte, rinunci quindi alle sue mire sull'Iran e su tutti i paesi musulmani e ritiri i suoi agenti da quelle contrade")

(Imam Sayyed Ruhollah al Musavi al Khomeini)




L'undici novembre 1978 , giorno dell'Asciurà sciita nel quale viene ricordato e celebrato il martirio dell'Imam al Hussein (a.s.), venti milioni di iraniani si riversarono nelle strade, nelle piazze, davanti ai palazzi del potere di tutto l'impero persiano per ricordare la tragedia di Karbala - motivo ispiratore della Rivoluzione e perenne monito contro gli oppressori e gli affamatori dell'umanità - sfilando in lunghe processioni e cortei al grido "Allah u'akbar!" (Dio è il più grande). I palazzi del potere della capitale Teheran tremarono di fronte a questo slogan gridato ad una sola voce da un intero popolo , ripetuto da milioni di persone, issato su cartelli e manifesti improvvisati da una moltitudine che testimoniava a questo modo il proprio appoggio alla rivoluzione islamica diretta dall'Ayatollah Sayyed Ruhollah al Musavi al Khomeini presto diventato "l'Imam" (la Guida) di una delle più straordinarie rivoluzioni di popolo che la storia del XXmo secolo e di tutti i secoli ricordi.

Una rivoluzione islamica non si era mai vista fino ad allora: alcuni timidi tentativi di unire l'Islam ad altre ideologie secolari erano stati avanzati, con alterne fortune, da altri statisti e leader politici soprattutto nel mondo arabo dove prima Gamal Nasser in Egitto e successivamente i nazionalisti del Ba'ath in Siria ed Iraq ed il colonnello Muhammar Gheddafi in Libia avevano provato a coniugare la religione dei padri, sfruttandone la valenza politica, per porla al servizio delle ideologie colonialiste importante dall'Europa dell'Est (il socialismo marxista) o dell'Ovest (il nazionalismo). Tra questi tentativi sicuramente il più vicino a raggiungere un equilibrio tra sfera laica e religiosa, tra potere temporale e spirituale era stato probabilmente il leader libico che, preso il potere a Tripoli nel 1969 con un colpo di stato, aveva inteso dare una forma costituzionale alle sue teorie pubblicate nella seconda metà degli anni settanta nei tre volumi de "Il Libro Verde".

La Rivoluzione Islamica iraniana fu qualcosa di completamente diverso per modalità e per cultura religiosa e nazionale del popolo iraniano: una rivolta estesa a tutte le classi sociali (esclusa probabilmente quella porzione di aristocratici legati a doppia mandata al trono del pavone di Reza Pahlevi, lo shahinshah che si era proclamato solennemente "re dei re", indegno erede delle grandi dinastie persiane di Ciro il Grande e Dario) che utilizzava la moderna tecnologia e i sistemi di comunicazione di massa per diffondere i propri proclami ed incitare alla lotta gli insorti (con la diffusione radiofonica e clandestina dei discorsi incisi su audiocassette dell'Imam Khomeini che circolavano nelle moschee, nelle abitazioni, nei locali di ritrovo delle organizzazioni rivoluzionarie) per tornare ad un passato nel quale , al nazionalismo 'farsi' , si univa la spiritualità sciita repressa e duramente colpita dall'azione laicizzante e "modernizzatrice" in senso "yankee" dell'imperatore sempre più burattino nelle mani di Washington e preda di autentici deliri da onnipotenza.

In quello storico giorno di novembre la voce di protesta del popolo iraniano - soffocata nel sangue dai mazzieri della Savak , autentici squadroni della morte sul modello di quanto gli americani avevano creato e istituito nell'America Latina e al servizio permanente ed effettivo della casta di intoccabili al potere che favoriva clientelismi, corruzione, spaccio di sostanze stupefacenti (ne fu coinvolta direttamente la sorella dello Shah) che nella persona dello shah Reza Pahlevi trovava il suo asse portante (una figura mediocre che aveva ereditato l'impero di Persia dal padre Reza Khan militare di carriera di tendenze filo-tedesche schieratosi con l'Asse durante la seconda guerra mondiale) e il baricentro di qualunque traffico illecito favorito, finanziato e sostenuto dal Grande Satana a stelle e striscie al quale aveva votato l'anima inserendo il paese , fin dall'immediato secondo dopoguerra mondiale, in una serie di alleanze regionali assieme a Iraq e Turchia che doveva rendere l'Iran il gendarme regionale del Vicino Oriente degli interessi e delle strategie di Washington - travalicò i confini nazionali e destò dopo molti anni di sopprusi e violenze il lungo sonno degli oppressi (i mustadhafin) sciiti.

Il ricordo di Karbala, il mito di Karbala - realtà viva nell'animo e nello spirito di milioni di iraniani - era vivo e si risvegliava più possente che mai per destare i diseredati e la popolazione dell'Iran vittima delle nuove forme di colonialismo e della tirannia facendo tremare gli oppressori di ogni latitudine e longitudine: la Rivoluzione Islamica iraniana iniziava la sua marcia per l'edificazione di uno Stato più giusto e la creazione di un centro rivoluzionario permanente che avrebbe inciso , con le sue decisioni politiche e la sua influenza religiosa, sui destini del Vicino Oriente nei successivi trent'anni.

I colonialisti occidentali che per tanti anni avevano tenuto i popoli dell'Oriente sotto il loro tallone - sottomettendo le volontà e le aspirazioni di interi popoli e lasciando milioni di individui nell'ignoranza e nell'indigenza più dure , rapinando le loro ricchezze per ingrassare le multinazionali del petrolio e l'economia del mondo autoproclamatosi unico detentore di una forma di nuova "civilizzazione" (quella moderna tecnologica e scientifica, capitalistica e consumista, incarnata dall'American way of life e dalla superpotenza d'oltreoceano uscita trionfante dal secondo conflitto mondiale dopo aver distrutto e diviso, depredato e umiliato i popoli europei) - non riuscirono a comprendere questa nuova ondata rivoluzionaria che nel breve volgere di pochi mesi avrebbe contagiato l'intero mondo islamico dal Marocco alla Cina riflettendo un'etat d'esprit atteso da milioni di musulmani dopo le clamorose sconfitte del pan-arabismo di nasseriana memoria, la debacle militare subita dagli eserciti d'Egitto, Siria e Giordania nel 67 con la conquista sionista di Gerusalemme (al Qods = la Santa) e l'apparente trionfo negli anni settanta del mondo bipolare , diviso, schiacciato, sottoposto ai diktat del condominio planetario USA/URSS sancito ufficialmente con i Trattati di Helsinky del 1977.

La vittoria della Rivoluzione Islamica sarà l'"alba della consapevolezza" per il popolo iraniano e il frutto della lotta iniziata nel lontano giugno 1963 dall'Imam Khomeini e dal clero sciita, culminata con la sconfitta ed il crollo del regime oppressore dei Pahlevi e la cacciata del tiranno.

La resistenza del popolo iraniano contro la tirannia dell'imperatore , servo di Washington e alleato di Tel Aviv, unico capo di stato del mondo islamico ad aver sancito un trattato d'alleanza militare con l'emporio criminale sionista occupante la Terrasanta e sostenuto a livello finanziario e militare dalle ingenti forniture di mezzi militari d'avanguardia provenienti dagli arsenali americani e con l'assistenza dei tecnici dell'intelligence Usa (la Cia sarà operativa in Iran fin dall'immediato dopoguerra mondiale) e di quella israeliana (Mossad e Savak, la polizia segreta dello shah, coopereranno attivamente in funzione "anticomunista" e l'Iran rappresenterà l'asse portante , per molti decenni, del sistema di alleanze voluto da Washington nella regione per frenare l'espansionismo sovietico e il ruolo dei partiti comunisti , al servizio di Mosca, che aspiravano a rovesciare la monarchia).

La Rivoluzione Islamica sarà anti-imperialista sia verso Est che verso Ovest, rifiutando tanto il capitalismo occidentale rappresentato dagli Stati Uniti quanto il modello socialista sovietico incarnato dall'URSS, e anti-sionista. Questa potente rivoluzione che abbatterà uno dei più dispotici regimi creati dagli americani a salvaguardia dei propri interessi e di quelli degli affamatori della terra (le lobbie's del petrolio e quelle della finanza che investiranno pesantemente durante tutti gli anni cinquanta e sessanta nel progetto di riforma sociale , definito "rivoluzione bianca", varato dallo shah a metà anni sessanta) non aveva però il solo obiettivo di distruggere il "leviatano" imperialista rappresentato dal regime dei Pahlevi. La Rivoluzione si basava sull'ideologia islamica, sui principii dell'Islam shi'ita e sugli insegnamenti del Sacro Corano. L'Islam , religione di pace e di fratellanza universali, esorta gli uomini a seguire e ad agire con saggezza e sulla retta strada , a non covare risentimenti e vendette e ricercare la verità. Ma questi comandi di praticare il perdono e l'indulgenze sono riferiti alla società islamica: mentre il Corano invita alla tolleranza nei rapporti tra i propri fratelli di fede e nei confronti degli umili ed oppressi di qualunque religione è altrettanto duro e determinato quando si tratta di confrontarsi con i nemici della dignità umana, oppressori, usurpatori, predatori delle ricchezze dei popoli.

E' considerando attentamente queste premesse che il significato assunto dalla Rivoluzione Islamica iraniana è assai profondo: essa si leva , in tutto il suo fragore e con tutta la sua potenza, contro i nemici della pace e della stabilità mondiale, contro gli affamatori del pianeta, contro chiunque eserciti la tirannia e l'oppressione, contro invasori e occupanti stranieri. Il capitalismo occidentale, il marxismo orientale, il materialismo ateo dei paesi del blocco comunista dell'est come quello laico del blocco consumista dell'ovest sono sistemi agli antipodi della concezione islamica perchè ognuno di essi, assumendo diverse forme ma non diversi per essenza, tende a ridurre l'individuo, l'essere umano, in schiavitù mediante assuefazione, coercizione, obnubilamento, massificazione, oppressione e distruggendone i valori spirituali e nazionali.

Il Corano invita coloro che sono oppressi ad abbattere ogni forma di tirannia e contrastare qualunque soppruso spezzando le catene della schiavitù. Caratteristica delle società materialiste sarà la divisione classista rifiutata dal sistema e dalla visione del mondo islamici: così come nell'Iran pre-rivoluzionario la società era sottomessa e un numero limitato di individui avevano accesso ai servizi e al benessere (dilapidando le ricchezze nazionali tra sfarzi e ozi, nel jet-set internazionale e nella mondanità di cui si bearono lo shah e la di lui consorte Farah Dibah per decenni) il Sacro Corano invita all'edificazione di una società più equa, alla ripartizione delle ricchezze, all'uguaglianza sociale (non in senso marxista) e ad una reale solidarietà tra tutti i componenti della comunità nazionale.

In Iran al tempo dello shah erano perfettamente presente le principali caratteristiche della società consumista occidentale unite al dispotismo e all'oppressione militari tipici dei regimi dittatoriali delle società del 'socialismo reale' dell'Europa orientale. Milioni di iraniani versavano nella più completa indigenza: povertà , malattie, ignoranza e umiliazioni erano inferte senza pietà alle classi più deboli dagli sgherri del regime che assicuravano con la violenza la stabilità del trono. La resistenza del popolo iraniano contro questa dinastia perversa e prevaricatrice dimostrò che il regime Pahlevi non era nient'altro che un docile strumento nelle mani dei colonialisti e schiavisti a stelle e strisce.

Le tappe della Rivoluzione Islamica, che dagli avvenimenti di Qom nel 1963 arriveranno fino al gennaio 1979 quando il tiranno abbandonò il paese che avrebbe salutato trionfante il rientro in patria dell'Imam Khomeini, dimostreranno sempre una lucida volontà dei rivoluzionari ed una determinazione instancabile degli insorti per abbattere quest'autentico leviatano al di là delle loro stesse vite andando oltre qualsiasi previsione fino ad allora elaborata dai vari centri studi strategici internazionali. Il crollo del regime dei Pahlevi fu rapido e inaspettato, la Rivoluzione colse impreparati larghi settori della politica mondiale e molti uomini di cultura occidentali , tra questi gran parte della cosiddetta "intellighenzia" di 'sinistra' , che non compresero - nè ne avevano gli strumenti - l'essenza reale del movimento rivoluzionario islamico iraniano.

Mentre una parte della sinistra europea - accecata dalle utopie rivoluzionarie guevariste e viet-cong e illusasi con le false ribellioni sessantottine funzionali al rafforzamento delle democrazie borghesi - incomincerà ad idolatrare l'Imam Khomeini e sostenere i rivoluzionari islamici (senza comprendere assolutamente niente di questa "rivoluzione conservatrice" in vesti islamiche che caratterizzerà l'azione rettificatrice dell'Imam e dei vertici del clero sciita fin dai primi mesi del 79) le potenze mondiali che fino ad allora si spartivano e dividevano i destini planetari si interrogavano su quale sarebbe stata la nuova politica dell'Iran post-imperiale, sulla figura di questo anziano religioso che osava sfidare il mondo in nome di Allah l'Onnipotente riportando , apparentemente, indietro gli orologi della storia di un popolo di quasi 40 milioni di individui che - in un trentennio - avrebbe superato le 70 milioni di unità.

Un Islam che sarà politico - secondo l'Imam - perchè altrimenti non sarà mai "Islam". Un Islam che è religione di lotta e di sacrificio contro l'oppressione e la tirannia. L'Islam sciita entrerà , con la vittoria delle forze rivoluzionarie a Teheran nel febbraio 79 e la costituzione della Repubblica Islamica dell'Iran, con tutta la sua forza e il suo carico di saggezza, con la sua dottrina e la sua filosofia ma anche con rabbia e determinazione, sul palcoscenico della storia mondiale per sfidare sia il sistema bipolare presente che il neocolonialismo razzista e sciovinista israeliano avversato fin dai primi anni di studi a Qom dall'Ayatollah come uno dei più dispotici e iniqui regimi della terra.

"La proclamazione della giornata di Qods interessa non solo questa città ma tutto il mondo. - sosterrà nel messaggio rivolto al popolo musulmano dell'Iran nel 1979 l'Imam Khomeini - E' il giorno della lotta dei diseredati contro i potenti; della lotta dei popoli oppressi dall'America e da altri despoti contro le superpotenze. E' il giorno in cui i diseredati devono mobilitarsi contro i potenti al fine di umiliarli. E' il giorno in cui i fedeli si distinguono dagli ipocriti. I fedeli ossia coloro che agiscono così come si deve agire, dedicando questa giornata alla celebrazione di Qods. Quanto agli ipocriti , che hanno rapporti occulti con le superpotenze e che segretamente intrattengono legami di amicizia con "Israele", o rimangono indifferenti o impediscono ai popoli di celebrare questa giornata. E' il giorno in cui il destino dei popoli oppressi deve essere definito. Essi devono affermare la propria esistenza nei confronti dei potenti. Così come l'Iran è insorto umiliando i potenti , insorgano tutti i popoli, gettando nell'immondezzaio della storia coloro che sono l'origine della corruzione. E' il giorno in cui si devono regolare i conti con coloro che in Iran sono ancora legati all'ex regime e con coloro che in altre regioni, ed in particolare nel Libano, tramano complotti a vantaggio di regimi corrotti e delle superpotenze. E' il giorno in cui dobbiamo impegnarci per la liberazione di Gerusalemme e dei fratelli libanesi. E' il giorno in cui tutti i diseredati devono essere liberati dall'artiglio dei potenti; in cui l'intera comunità musulmana deve affermare la propria esistenza, mettendo in guardia le superpotenze e coloro che ad esse sono ancora legati, sia in Iran che in altri luoghi. E' il giorno in cui questi cosiddetti "intellettuali" , che hanno rapporti nascosti con l'America ed i suoi agenti, devono essere ammoniti che, se non cesserranno di compromettersi provocatoriamente, saranno duramente colpiti. Abbiamo temporeggiato, siamo stati indulgenti, sperando che ponessero fine al loro agire diabolico. Se tuttavia questo non avverrà , diremo noi l'ultima parola, facendo loro comprendere che il regime trascorso non può tornare al potere, che l'America e le superpotenze non possono più governare l'Iran. In questa giornata di Qods bisogna mettere in guardia le superpotenze di porre fine al giorno in cui hanno sottoposto i diseredati e di starsene al loro posto. (...) In questa giornata di Qods si annuncia a questi malvagi che vogliono soppiantare i popoli e far largo alle superpotenze che i loro disegni saranno infranti: i tempi sono cambiati. E' il giorno dell'Islam, il giorno in cui l'Islam dev'essere vivificato - e noi lo vivificheremo - in cui nei paesi musulmani devono essere messe in pratica le prescrizioni islamiche. E' il giorno in cui si ammoniscono le superpotenze: l'Islam non è più disposto a sottostare alla vostra egemonia, esercitata tramite i vostri emissari malvagi. E' il giorno della vivificazione dell'Islam. (...) I governo di tutto il mondo sappiano che l'Islam non accetta la sconfitta. (...) La giornata di Qods non è soltanto il giorno dei Palestinesi. E' il giorno dell'Islam, del governo islamico, è il giorno in cui la Repubblica Islamica deve innalzare il proprio vessillo in tutto il mondo.(...) Coloro che non aderiscono alla celebrazione di Qods sono contrari all'Islam e favorevoli ad "Israele": coloro che vi prendono parte sono favorevoli all'Islam e ostili ai suoi oppositori, tra cui in prima fila l'America e "Israele". (1)



DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI

Direttore Responsabile Agenzia Stampa "Islam Italia"

da Nabathiyeh (Libano meridionale)


Note -

1) - "Messaggi dell'Imam Khomeini in occasione della celebrazione della giornata di Qods - Gerusalemme" - ediz. a cura del Centro Culturale Islamico Europeo - Ambasciata della Repubblica Islamica dell'Iran a Roma - Roma 1982;

Spetaktor
06-04-09, 20:29
IL MONOTEISMO DI MERCATO - LA SOCIETA' DELL'OMOLOGAZIONE DI MASSA


di Dagoberto Husayn Bellucci


"Oggi è un giorno che vale la pena guardarsi alle spalle,
e anche uno specchio può andare bene.
Per liberarsi dalle catene, dalle montagne venire a valle,
anche uno specchio va bene...(...)
Tu da che parte stai?
Stai dalla parte di chi ruba nei supermercati?
O di chi li ha costruiti? Rubando?"


( Francesco De Gregori - "Chi ruba nei supermercati" - album "Canzoni d'amore" 1992)



"...questa società senza-dio opera in modo estremamente efficiente, quantomeno ai suoi più alti livelli gerarchici. Impiega qualunque mezzo a sua disposizione, sia esso scientifico, tecnico, sociale o economico. Esercita un pressochè completo dominio nelle organizzazioni internazionali, sui circoli finanziari, nel campo delle comunicazioni di massa..."


(Padre Pedro Arrupe dell'Ordine dei Gesuiti al Concilio Ecumenico del 17 dicembre 1965)




Storicamente il mercato è il luogo destinato all'interscambio economico/commerciale e alle transazioni monetarie di una società all'interno della quale operano diversi soggetti ai quali deve spettare la suddivisione del lavoro. Fin dai tempi più remoti, in tutte le società umane, da questa suddivisione dei ruoli e delle responsabilità dipendeva il funzionamento e la pace sociale di una comunità: dalla preistoria fino all'epoca del baratto arrivando alle prime società industriali questa ripartizione del mercato del lavoro garantiva il perfetto funzionamento della vita economica delle nazioni.

Sicuramente vi furono distinte fasi di sviluppo delle regole dell'economia di mercato: dallo scambio e dal baratto si passò all'intermediazione commerciale per mezzo dell'introduzione della moneta che servì come strumento per ridurre ad un denominatore comune i prodotti del lavoro differenti per quantità e qualità. Fino a quest'epoca il mercato rappresenterà un semplice mezzo di comunicazione e di interscambio tra i popoli. L'obiettivo materiale della vita sociale risiede nella definizione che viene data del mercato, delle sue regole, del suo ruolo all'interno della società, del suo rapporto con lo Stato (o delle istituzioni che amministrano politicamente la vita di una comunità) e delle interazioni che esso esercita sulla morale (implicita o esplicita) , sulla spiritualità e sulle dinamiche di sviluppo di una Nazione.

"Il fattore economico - scrive Sergio Gozzoli - ebbe sempre un'importanza essenziale - anche se variabile da epoca a epoca, da popolo a popolo, da civiltà a civiltà - accanto agli altri fattori fondamentali di storia: le umane passioni, i caratteri dei popoli, la omogeneità o eterogeneità biologica dei corpi sociali, il loro tipo di cultura, l'organizzazione politica e militare, il clima, le risorse e la natura del territorio, il gioco della sorte. Ma altrettanto certo è che il peso del fattore economico non fu mai tanto determinante nella storia quanto lo è andato diventando , in misura crescente, negli ultimi cinque-sei secoli. (...) Nel graduale processo di trasformazione dell'economia europea - e poi mondiale - dal Medioevo ai giorni nostri, è possibile individuare, se si fa astrazione dalle economie "chiuse" del mondo feudale, cinque momenti diversi. Si tratta non tanto di periodi cronologicamente successivi, quanto di 'fasi' di organizzazione economica che spesso coesistono e si sovrappongono , con larghi scarti di tempo - talvolta secoli - fra Paese e Paese. 1) Una fase di capitalismo mercantile (dal 1000 al 1800) , incentrata sulla figura del mercante avventuriero (talvolta mercante-guerriero) (...) 2) Una fase di capitalismo bancario-commerciale (dal 1250 al 1690) , incentrata sulla figura del mercante-banchiere. (...) 3) Una fase di capitalismo bancario (dal 1650 al 1850) , incentrata sulla figura del banchiere vero e proprio. (...) 4) Una fase di capitalismo industriale (dal 1770 al 1890) , incentrata sulla figura del capitano d'industria. (...) 5) Un fase, più complessa, di capitalismo finanziario (dal 1850 ai giorni nostri) inglobante una più breve fase di capitalismo industriale monopolistico (dal 1890 al 1945) ed una di capitalismo misto (dal 1930 ad oggi), incentrata comunque sempre sulla figura dominante del banchiere internazionale.". (1)


Ora nel percorso storico intrapreso dall'economia di mercato e nelle diverse fasi di sviluppo capitalistico delle società - che porteranno alla creazione degli attuali meccanismi di omologazione planetaria propri dell'epoca della Globalizzazione - possiamo identificare le dinamiche discendenti tipiche di una società materialista che ha convertito il mercato in una sorta di nuova religione idolatrica che ha quale obiettivo fondamentale l'omologazione di massa e la regolarizzazione/standardizzazione delle relazioni sociali, personali e nazionali nelle quali risiedono - su di un piano meramente essoterico - le sorgenti determinanti la gerarchia ed il potere.

Non è la sede opportuna questa per analizzare le mutazioni storiche, peraltro sinteticamente riassunte nello scritto del Gozzoli, che porteranno alla mercantilizzazione della vita ma occorre soffermarci proprio su alcuni degli aspetti più rilevanti dei meccanismi che hanno segnato il passaggio dall'epoca medievale a quella moderna: segnaliamo quindi le conseguenze economiche, politiche e spirituali della fase ultima di questo ciclo discendente che ha il suo apice nell'affermazione di massima della società edonistica statunitense e nell'entropia ideale di talune teorizzazioni dei centri di studi strategici d'oltreoceano fra i quali occorre segnalare il ricorso , peraltro smentito categoricamente dai successivi avvenimenti storici, ad una formula di cui si abuserà per un biennio (tra il 1989 e il 1990) secondo la quale l'umanità sarebbe giunta alla "fine della storia" (Francis Fukuyama) , 'espressione' e metafora di un 'ciclo' che si chiude fuoriuscita da questo teorico del Dipartimento di Stato Usa il cui volume ottenne indubbiamente una certa notorietà per il tempismo con cui sembrava rispondere agli interrogativi della politica mondiale all'indomani del crollo dei regimi del socialismo 'reale' dell'Europa Orientale.

Mondo unipolare, unidimensionalità della visione del mondo, affermazione su scala internazionale dei valori della democrazia e del parlamentarismo, vittoria del capitalismo finanziario "made in Usa" sull'"impero del male" sovietico, fuoriuscita di intere nazioni dalla sottomissione del totalitarismo di stampo marxista con conseguente - ipotizzata e bramata dai timonieri del Sistema Mondialista - reductio ad unum dell'umanità su basi economicistico-materialistiche. L'utopia mondialista all'apice del suo momento di espansione preannunciava la nascita di un modello di sviluppo unipolare valido per l'intera umanità senza porsi alcun problema d'ordine sociale, senza valutazioni di carattere politico, escludendo dal quadro geopolitico e strategico della nuova egemonia planetaria statunitense sia i valori nazionali, sia le differenze razziali che le divisioni ed i settarismi confessionali. Il mondo inteso, secondo Washington, come un enorme villaggio globale: la società della massificazione delle coscienze e dell'omologazione di mode, costumi, fabbisogni, desideri e aspirazioni.


Un'utopia pericolosa che avrebbe comportato l'affermazione di un monoteismo di mercato che nasce come espressione massima del totalitarismo del liberismo e della democrazia (concetti distinti ma sinonimi che si ritrovano affiancati nella dizione di Liberal-democrazia propria delle società occidentali moderne) e che si contraddistingue essenzialmente per una assoluta volontà dissolutiva di qualunque rispetto della dignità umana ed opera con una volontà demoniaca per la mutilazione, la frammentazione e la divisione classista delle società. L'essere umano delle società globalizzate deve sparire per lasciare il posto ad un tipo infra-umano privato di aspirazioni superiori, aneliti verso dimensioni trascendenti dell'esistenza o ideali eroici nazionali o razziali. L'uomo ad una dimensione del mondialismo è una larva che vegeta nel presente senza personalità, senza carattere, soprattuto privo di storia e di un passato condiviso. E' un non-essere, sorta di alienato mentale, lobotomizzato e irretito dalla dimensione esclusivamente materiale della società moderna all'interno della quale viene chiamato ad operare in funzione di e per interessi riconducibili ad aziende multinazionali, organismi transnazionali, istituzioni e autorità internazionali. Tutto quanto è riconducibile ad un passato più o meno glorioso, qualsiasi concetto comunitarista, qualunque affermazione deterministica in una direzione metapolitica dovranno essere cancellate per lasciare spazio al circuito mondialista della produzione, del profitto, del consumo, del benessere, del libero mercato, del mondo dei sogni della società contemporanea.

Si potrebbe affermare che questa visione arida e vuota della società , dell'essere umano, della vita stessa siano il prodotto di una cavalcata verso il nulla , una marcia a tappe sui gelidi camminamenti del nichilismo contemporaneo, intrapresa dall'uomo moderno - in particolar modo dall'uomo occidentale - a partire da un dato avvenimento storico (l'Umanesimo, la Riforma, l'Illuminismo, le dichiarazioni sui diritti dell'uomo delle rivoluzioni statunitense e francese, le rivoluzioni nazionali del XIXmo o i successivi sconvolgimenti bellici del XXmo secolo); allo stesso modo potrebbe perfino risultare semplice ricondurre alla vittoria delle democrazie occidentali, all'affermazione del capitalismo finanziario su scala internazionale o alla post-modernità rappresentata dalla visione globale e materiale del pianeta i momenti storici entro i quali comprendere origini e dinamiche della Globalizzazione. Sarebbero analisi legittime ma incomplete. Crediamo difatti che queste dinamiche omologanti e massificanti fossero in essere già comprese nelle teorizzazioni dei principali assertori del libero mercato quindi all'origini stesse del processo di industrializzazione, modernizzazione tecnologico-scientifica e successiva robottizzazione delle società. Già Adam Smith scriveva che "le grandi linee del mondo economico attuale non sono state tracciate seguendo un piano organico di un organizzatore nè deliberatamente eseguite per una società intelligente, ma rispondono esclusivamente all'istinto di accumulazione di un'umanità abbrutita, ad una massa di individui che obbediscono soltanto alla forza istintiva e incosciente della persecuzione di un fine materiale." ( * )

Osservando gli studi dei principali economisti da Smith a F. von Hayek - passando per Bastiat e Friedman - risulterà lapalissiana la sconsacrazione e la negazione di qualsiasi opzione distinta da quella materiale: qualunque nozione di progetto viene sistematicamente rimessa in causa e messa alla berlina dai teorici del Liberalismo selvaggio. Milton Friedman per esempio scriverà : "I prezzi che emergono dalle transazioni volontari tra compratori e venditori - ossia il libero mercato - sono capaci di coordina re l'attività di milioni di persone, ognuna delle quali solo riconoscerà il suo proprio interesse, in modo tale che migliorerà la situazione di tutti. Il sistema dei prezzi compie questo percorso senza alcuna necessità di una direzione centrale, senza che sia necessario che le persone si scambino opinioni in merito, che se ne discuta o che sia un processo amato o meno. L'ordine economico è un'emergenza , è la conseguenza non intenzionale e involontaria delle azioni di una moltitudine di individui mossi esclusivamente dal loro proprio interesse. Il sistema dei prezzi funzione così bene e tanto efficacemente che la maggior parte del tempo non siamo così coscienti del suo stesso funzionamento." ( ** )

E Hayek di rimando affermerà che "in una società complessa l'essere umano non avrà altra scelta che adattarsi da sè alle forze cieche del processo sociale."

Ora occorre domandarsi: quando è cominciata questa dissociazione tra l'essere umano e le sue aspirazioni, vocazioni, i suoi ideali? In quale momento storico l'homo oeconomicus nasce e comincia a espandere il verbo del liberalismo? Quali sono i tratti discendenti che hanno caratterizzato questa discesa nel baratro del più vuoto materialismo e della commercializzazione delle coscienze? Possiamo identificare con il cosiddetto Rinascimento , la nascita della civiltà moderna fondata sul predominio della quantità e della ragione strumentale, cartesiana, ovvero con la creazione di una religione dei mezzi e l'affermazione della ragione , della riflessione, al di sopra delle dimensioni primordiali del senso della vita e dell'esistenza umana.

Smith alla fine del XVIIImo e Karl Marx a metà del XIXmo secolo analizzarono il capitalismo nell'epoca della sua espansione arrivando a prospettive distinte: al primo - definito "il padre dell'economia politica" svilupperà nel suo libro più importante "Indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni" (1776) una teoria della crescita economica chiamata "classica" che fino ai giorni nostri è stata la principale direttrice di marcia del materialismo economico denominato liberalismo. Secondo la tesi di Adam Smith se ciascuno si lascerà guidare dai propri interessi personali di lucro si potrà realizzare l'interesse generale di una società. Una mano invisibile assicurerà lo sviluppo organico della società. Karl Marx, settant'anni più tardi, affermerà che il capitalismo così concepito sicuramente creerà ricchezze e stimolerà lo sviluppo della tecnica (e ne "Il Capitale" l'economista ebreo nipote del rabbino di Treviri non nasconderà affatto la sua ammirazione per il dinamismo prometeico del sistema capitalistico) ma allo stesso tempo darà vita e farà sorgere terribili disuguaglianze sociali e miseria su vasta scala.

Attualmente possiamo dire che - indipendentemente da quali siano state le caratteristiche di sviluppo del sistema capitalismo (trasformatosi in turbo-capitalismo globale con l'epoca dell'informatica e delle transazioni on line di capitali , con l'egemonia delle multinazionali e la costituzione di un sistema monetario internazionale virtuale) - la crescente polarizzazione della ricchezza nelle mani di una minoranza e l'aumento di condizioni di miseria tra sempre più ampie fasce sociali caratterizzano i tempi moderni quasi a rappresentare un'ineludibile destino per settori sempre più vasti dell'umanità sia quella del Terzo o Quarto mondo sia quella del mondo cosiddetto "industrializzato" e capitalistico che vede avanzare al suo interno, dentro ai meccanismi di sfruttamento tipici del sistema capitalista, una miseria abnorme che si pone fianco a fianco di una ricchezza materiale patrimonio esclusivo di una casta di pochi eletti. Questa situazione tragica di sfruttamento dell'individuo all'interno delle società capitalistiche rappresenta l'ultima fase , discendente, del modello consumistico ed edonistico occidentale: le sacche di povertà aumentano soprattutto in quelli che , una volta - venti/trent'anni or sono - , erano definiti come i ceti medi.

Ora ci domandiamo ancora: chi ha dato la previsione più vicina alla realtà sul futuro del sistema capitalista? Adam Smith che affermava che se ognuno soddisfaceva i propri interessi si sarebbe soddisfatto l'interesse generale o Karl Marx che nell'analisi dei meccanismi di accumulazione capitalistici intravedeva l'apertura di vaste zone d'ombra di miseria e sottosviluppo? Noi diciamo che nè l'uno nè l'altro hanno saputo indicare esattamente i percorsi del capitalismo nella loro interezza: il capitalismo globale del XXImo secolo è ancor più tragico di quanto non fosse stato immaginato dalle più nere previsioni del più feroce nemico del sistema capitalista di ottocentesca memoria.

Quello attuale è un capitalismo di sfruttamento allo stato puro, un disordine economico senza vie d'uscita, che è stato disegnato sulla carta e attuato in maniera disorganica dagli apprendisti stregoni della Globalizzazione economica. Alla unidimensionalità materialistica dell'esistenza si è andata sommando una omologazione intransigente di usi e costumi che non ha apportato miglioramenti al sistema consumista ma ne ha alterato e invertito il senso: alla produzione per il consumo si è sostituito il consumo indotto dalla produzione così come alla ricchezza reale progressivamente è andata sostituendosi una ricchezza virtuale.

Integrazione economica mondiale, assimilazione culturale, laicizzazione e sconsacrazione della società sono alcuni dei principali obiettivi del Sistema o, per dirla con Gozzoli, "si tratta in sostanza di uno scontro mortale fra il Potere economico e la Società politica, fra la Ragione e la Storia, fra una astrazione intellettualistica e la umana natura: in termini pratici , della lotta fra gli interessi di Casta e i destini dei Popoli; in termini emblematici , della lotta fra la Borsa e la Spada." ( noi diremmo dello scontro metapolitico tra l'Oro e il Sangue ndr) ovvero di uno "scontro mortale" che "tuttavia (...) per l'intima coerenza alla sua stessa impostazione utopica, tende a rifiutare - fin dove possibile - l'aspetto "duro" dello scontro. Se quindi nella battaglia oramai storicamente aperta il nucleo originario mondialista fa da cuneo d'attacco e da cuspide vettoriale all'intero processo, il supporto sostanziale è offerto da una ideologia di contorno persuasiva e seducente che dovrebbe consentire una conquista "dolce" - se non proprio pacifica - delle masse mondiali, disarmandole subdolamente della loro cultura, della loro storia e della volontà politica di dominare il proprio destino."

Sono questi aspetti 'seducenti' della Globalizzazione, queste armi di seduzione di massa onnicomprensive, che affascinano e irretiscono individui e società rendendole volubili alle sirene suadenti del libero scambio, dell'economia di mercato, della nuova religione del monoteismo di mercato che innalza ovunque vitelli d'oro per schiavizzare masse sempre più cieche e sorde di individui, disarticolandone l'esistenza e destabilizzandone l'identità.

"Da buoni illuministi - gli apprendisti stregoni del sistema mondialista ndr - (...) essi non credono che l'uomo abbia una sua natura data, immutabilmente plasmata da fattori genetici innati, ma utopisticamente credono nell'ambiente come elemento formativo sia dell'individuo che dell'intera umanità. Essi credono fideisticamente - lo crede la loro ideologia - che abituando gli uomini a pensare e a vivere in un certo modo, anche i loro figli penseranno e vivranno in quel modo. Per sempre. Essi credono cioè nella incontrastabile forza plasmatrice dell'"educazione" e nella ereditarietà dei caratteri acquisiti - caratteri culturali inclusi. Ora, che questa credenza sia antiscientifica è verissimo, e i suoi fanatici cultori pagheranno un pesante scotto alle loro illusioni, trascinando forse nella rovina l'intera umanità. Altrettanto vero, però, è che non si può disconoscere l'importanza dei fattori persuasivi, palesi ed occulti, nell'orientare convincimenti, idee, scelte e comportamenti degli individui nel corso della loro vita: quindi, nell'ambito della intera generazione che subisce tali fattori. Su questa forza, oltre che sui potentissimi strumenti di condizionamento finanziario sulla economia e sulla politica dei diversi Paesi, si basa la strategia della rete: il potere mondiale passa attraverso il dominio sui Governi; il dominio sui Governi passa attraverso il controllo delle loro economie e attraverso l'equilibrio delle forze che genera la reciproca paura; il controllo delle economie passa attraverso la programmazione produttiva e di mercato; la programmazione di mercato passa attraverso la pianificazione demografica; la pianificazione demografica passa attraverso la conquista e la assimilazione delle diverse culture dei popoli; la assimilazione delle loro culture passa attraverso la corruzione, l'alienazione ed il sovvertimento dei loro costumi. Sono i modelli comportamentali ed i valori esistenziali di fondo il terreno sul quale si gioca la partita." (2)


Una 'partita' che l'Occidente ha perso prim'ancora di combattere. Lasciamo ai nostri lettori di analizzare il seguente articolo, estratto da un quotidiano on-line gestito dai senza fissa dimora di Bologna....Iniziative contro la miseria più nera che devono far riflettere nella società della massificazione e dell'omologazione che ha prodotto e continua a generare nuove forme di povertà e miserie morali e materiali finendo per rendere precario qualunque rapporto. La precarietà dal mondo del lavoro a fattore caratterizzante i primi anni del Terzo Millennio. La precarizzazione del mondo del lavoro riflette la vulnerabilità dei mercati, l'incertezza del futuro, l'instabilità del presente.
Sono 'sintomi' di una malattia che - come era inevitabile aspettarsi e com'era stato ampiamente previsto da diverso tempo - si andrà estendendo a macchia d'olio assumendo contorni sempre più indefiniti: dalla precarizzazione del lavoro alla precarizzazione dell'esistenza il passo è breve. Muore l'individuo e muoiono le società dei senza Dio della contemporaneità post-modernista.

"Vuoto di senso crolla l'Occidente/ soffocherà per ingordigia e assurda sete di potere/ e dall'Oriente orde di fanatici" (Franco Battiato - "Zai Saman")


" Il Buy nothing day è un'iniziativa che
nasce in Canada nel 1992 ad opera
della Adbuster Media Fondation con
lo scopo di creare un'occasione di
riflessione sui nostri consumi e sulle
implicazioni del nostro essere consumatori.
In Italia invece il Buy
nothing day è stato introdotto per la
prima volta tre anni fa, promosso
delle riviste Altroconsumo e Terre di
Mezzo, le quali ogni anno, insieme
ad altre associazioni e gruppi locali
che si occupano di consumo etico e
di commercio solidale, cercano di
rinnovare e ricordare questo appuntamento
a tutti i consumatori.
Nel Nord America non a caso questa
giornata si celebra l'ultimo venerdì
di novembre, alla vigilia del
Thanksgiving, il "giorno del ringraziamento",
che corrisponde - dal
punto di vista consumistico - al
nostro Natale; mentre in Europa
coincide con l'ultimo sabato dello
stesso mese, giorno maggiormente
deputato allo shopping in questa
parte del Mondo.
Sono tanti i significati che sottendono
a questa iniziativa simbolica e i
messaggi che si cerca di trasmettere
attraverso essa. Il Buy nothing day
commemora in primo luogo le vittime
delle politiche orientate alla
massificazione dei consumi: le popolazioni
del Sud del Mondo, soffocate
del neoliberismo e dalla globalizzazione
dei mercati; l'ambiente, progressivamente
devastato da rifiuti e
inquinamento; nonché noi tutti, vittime
più o meno consapevoli del
continuo invito a spendere veicolato
ogni giorno dai vari mass-media,
che propongono modelli di vita
irraggiungibili per la maggior parte
della popolazione.
Questa iniziativa è volta, inoltre, a
far prendere coscienza ai vari consumatori
del fatto che non solo non
esistono le risorse necessarie per
consentire a tutti gli abitanti del
nostro pianeta lo stesso tenore di
vita, per cui la maggior parte della
popolazione mondiali ne viene automaticamente
privata, ma che tali
risorse si stanno progressivamente
esaurendo.
La Giornata del non acquisto non
vuole quindi essere un attacco
incondizionato all'economia e al
commercio, ma è più che altro un
modo per promuovere un consumo
più critico e responsabile, per scalfire
il principale messaggio veicolato
dal capitalismo, secondo cui l'aumento
della produzione determina
un aumento di benessere, facendo
credere che questo sia inscindibile
dalla crescita economica." (3)


DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI

Direttore Responsabile Agenzia di Stampa "Islam Italia"






Note -


1) Sergio Gozzoli - "Sulla pelle dei popoli - viaggio nel labirinto del potere mondialista" - "L'Uomo Libero" - rivista trimestrale, n. 27 Giugno 1988;

*) Adam Smith - "Indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni";

**) Milton Friedman - "Free to choose" (1991) ;

2) Sergio Gozzoli - op. cit. ;

3) Marika Puicher - "Giù le mani dal portafoglio" - da "Piazza Grande" - Anno 13 , nr 130 (Dicembre 2006/Gennaio 2007) Giornale dei senza fissa dimora di Bologna (in rete si veda www.piazzagrande.it )

Spetaktor
06-04-09, 20:30
JIHAD AL BINA'A - L'ORGANIZZAZIONE PER LA RICOSTRUZIONE DI HIZB'ALLAH


di Dagoberto Husayn Bellucci


Nell'ottobre 2006 , quarantacinque giorni dalla fine dell'aggressione sionista, incontrammo nei suoi uffici il dr. Adnan Sammour - responsabile dell'organizzazione per la ricostruzione del partito sciita libanese di Hizb'Allah nel Libano meridionale - che ci ricevette nella sede centrale di Derdghayah (qualche km a nord-est di Tiro) di "Jihad al Bina'a". Unitamente ad altri responsabili di questa essenziale struttura, incontrati nello stesso periodo tra le macerie ancora fumanti dei quartieri sciiti di Beirut sud e nella Beka'a settentrionale a Ba'albak, il dr. Sammour oltre ad illustrarci la struttura, la storia e l'attività di "Jihad al Bina'a" fece il punto della situazione post-bellica e ci consegnò diversu opuscoli e documenti relativi alle iniziative più importanti e ai lavori di ricostruzione edilizia affidati dal partito alla sua associazione. Riportiamo di seguito una sintesi dell'intervista allegandovi notizie e informazioni su Jihad al Bina'a.

"Jihad al Bina'a" letteralmente "Sforzo per la Ricostruzione" è un'associazione non governativa filiazione di Hizb'Allah. I quadri dirigenti sono tutti membri del partito sciita di Sayyed Hassan Nasrallah. L'organizzazione per la ricostruzione sciita opera prevalentemente nelle aree a maggioranza sciita ma ha diversi uffici e sedi anche nel resto del paese: nel nord, sulla costa, nel Monte Libano, nello Chuf druso.

La sede centrale dell'associazione è a Haret Hreik nel cuore della periferia meridionale di Beirut ed è rimasta vittima dei bombardamenti alleati dell'estate 2006 come tutti i principali enti collegati direttamente o indirettamente al partito di Dio. Lungo la cosiddetta "linea blu", la linea di demarcazione della frontiera tra il Libano e la Palestina occupata, Jihad al Bina'a è presente nei principali centri compresi i villaggi a maggioranza cristiana di 'Rmeish, Ain 'Ebel, Safad Battikh, Rashayam Fakkhar e Deir Mimas.

La principale sezione distaccata dell'organizzazione per la ricostruzione oltre a quella di Derdghayah (nel sud) ha sede a Ba'albak nella Beka'a settentrionale 'santuario' di Hizb'Allah. A Jihad al Bina'a sono collegate due compagnie edilizie "Foussoul Company" e "Al Raed Company" rispettivamente operative nella Beka'a e nel Libano meridionale.

La nascita di Jihad al Bina'a è direttamente collegata agli sviluppi bellici della situazione libanese durante il conflitto civile. L'organizzazione nacque infatti nel 1985 nel quartiere sciita di Bir el Abad (Beirut sud) dopo che un'attentato terroristico organizzato dalla Cia statunitense fece crollare un edificio provocando la morte di 85 civili. La ricostruzione di quel palazzo fu la prima iniziativa di ricostruzione dell'organizzazione che da allora non ha mai smesso di sostenere lo sviluppo edilizio nei villaggi del Libano meridionale e nelle zone a maggioranza sciite in particolar modo rendendosi attiva dopo le aggressioni sioniste del 1993, del 1996 (operazione "Grappoli di furore" che portò ai massacri indiscriminati di Cana, Mansour e Nabathiyeh) la liberazione del sud nella primavera 2000 e quattro anni fa dopo l'ennesimo conflitto con l'entità sionista che provocò la distruzione di quasi trentamila abitazioni, la morte di oltre 1400 civili e il ferimento di altre 3500 persone.

Anche l'organizzazione per la ricostruzione conta tra le proprie fila numerosi martiri assassinati dal fuoco sionista: si ricordano quì brevemente l'ingegner Nizar Saleh e i suoi collaboratori Mohsen Bjeiji, Mohammad Taleb, Lufti Madi, Bassam Aknan trucidati sul loro posto di lavoro dagli israeliani nella regione dello Jabal Amel.

Numerose le branche d'attività e le sezioni operative in cui si suddivide la struttura generale dell'organizzazione: esistono dipartimenti tecnici, produttivi, agricoli, amministrativo-finanziari e i tre centri per le aree a maggioranza sciite della Beka'a , del Sud e della periferia meridionale della capitale Beirut. Il dipartimento di studi si occupa della specializzazione in ingegneria per l'architettura, gli studi civili, la meccanica, l'elettricità e l'idraulica. E' in questo dipartimento che sono formati i quadri dirigenti di Jihad al Bina'a.

I finanziamenti, come ci confermò nella nostra visita l'ing. Sammour, sono derivati dalle attività di collegamento con enti ed istituzioni private libanesi all'estero. A Jihad al Bina'a arrivano aiuti privati da tutto il mondo. L'organizzazione è volontaristica e recluta in tutti i principali centri sciiti del paese soprattutto quando si tratta di fronteggiare emergenze post-belliche. Tra i principali interventi di ricostruzione uno dei più importanti riguarda la rete scolastica: i progetti edili in questo settore sono collegati al progetto "Imam al Mahdi (a.s.) schools" per l'edilizia scolastica che ha visto nascere istituzioni religiose private nelle località del sud (Charkieh, Majadel, Tiro, Ain Kana, Ghazieh, Ain Mezrab) a Beirut ( Ouzahi, Bir Hassan) e nella Beka'a (Bezzaleya e Chmestar).

L'attività di ricostruzione per quanto riguarda le abitazioni ad uso privato è stata celere e ha interessato numerose zone del paese: dal Jabal Amel alla Beka'a settentrionale fino ai villaggi del sud sottoposti al fuoco sionista. Interi villaggi rasi al suolo dai bombardamenti israeliani sono stati ricostruiti: dalle abitazioni civili agli esercizi commerciali, dalle strade alle scuole fino agli ospedali. "Israele" non ha risparmiato con i suoi raid terroristici niente distruggendo tutto quanto ha trovato sulla sua strada: ponti, infrastrutture, strade e autostrade.

Dopo l'aggressione del 1993 il numero dei villaggi colpiti fu di 90 , il numero delle case ristrutturate oltre 5000. Dopo l'operazione "Grappoli di furore" lanciata dall'esecutivo sionista diretto da Shimon Peres (il nobel per la "pace" di Oslo) il numero dei villaggi colpiti fu di 102 , 4217 le infrastrutture ad uso abitativo ricostruite e 803 le attività commerciali ripristinate da Jihad al Bina'a. Dopo l'ultima aggressione di quattro anni fa i numeri sono quadruplicare forse quintuplicare. Jihad al Bina'a comunque ha sempre rimesso in piedi ciò che i sionisti distruggevano.

Altro settore specializzato del quale si occupa l'organizzazione è quello della costruzione o riabilitazione dei luoghi religiosi: 44 costruiti e oltre 60 quelli rimessi a nuovo in particolar modo nella Beka'a dove sono stati eretti i santuari dedicati a Sayda Khawla , sorella dell'Imam Hussein (a.s.), sito a Ba'albak e l'importante mausoleo dedicato al martire Sayyed Abbas Moussawi , segretario generale di Hizb'Allah martirizzato nel febbraio 1992 assieme alla moglie, al figlio e ad alcune guardie della sicurezza. Il mausoleo sorge nel villaggio di Nabih Chit.

Centri culturali e sanitari costituiscono un'altro settore d'intervento di Jihad al Bina'a: dall'Accademia culturale e sociale di Khatem al Anbia'a a Beirut alle Hussayniat intitolate all'Imam Khomeini a Ba'albak e all'Imam al Mahdi (a.s.) a Ain el Tineh nella Beka'a fino alle imponenti costruzioni di ospedali che hanno interessato numerose regioni del paese: a Toul nel sud (ospedale di Sheick Ragheb Harb martire della Resistenza Islamica), a quello di Nabathiyeh passando per il centro medico Batoul di Hermel (Beka'a) e ai sanatori di Kherbet, Machghara, Yohmour, Kasernaba e Kafersala tutti nella Beka'a.

Essenziale anche l'attività svolta nel settore agricolo dove Jihad al Bina'a ha costruito e realizzato numerosi progetti con simposi e sessioni tecnico-scientifiche annuali e numerosi interventi nelle fattorie del sud e della Beka'a. Il Comitato Agricoltura dell'organizzazione è diviso in due dipartimenti che si sono occupati anche della costruzione dei centri-studi tecnici nati a Doures e Hermel nella Beka'a. Sotto l'egida del Ministero dell'Agricoltura sono annualmente svolte esibizioni che si occupano di fare il punto della situazione tecnica e scientifica e presentare all'opinione pubblica i successi conseguiti nel campo dell'agricoltura da Jihad al Bina'a.

Anche questo è Hizb'Allah! Anche questa è l'attività al fianco del popolo svolta da decenni dalle sue organizzazioni. Anche questa è "resistenza"!


DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI

Direttore Responsabile Agenzia Stampa "Islam Italia"

da Nabathiye (Libano Meridionale)

SAVONAROLA
20-04-09, 13:20
A parte qualche articolo di politica mediorientale, più o meno condivisibili, non mi è chiaro cosa c'entrino questi scritti con l'eurasiatismo.

SAVONAROLA
20-04-09, 13:23
EVA HENGER HA RAGIONE!

di Dagoberto Husayn Bellucci

"e quindi tiro avanti e non mi svesto dei panni che son solito portare:
ho tante cose ancora da raccontare per chi vuole ascoltare e a culo tutto il
resto!"

(Francesco Guccini - "L'Avvelenata")

In lontananza abbiamo preso atto di una dichiarazione che, ci sia consentito,
ci trova pienamente d'accordo: Eva Henger - si proprio lei, ex miss Ungheria ed
ex pornodiva del cinema hard italiano che sappiamo peraltro in 'dolce attesa'
(auguri alla nascitura!) - ha sostenuto durante una trasmissione del
"Chiambretti Night" ( peraltro intrattenimento egregiamente condotto con savoir
faire da Piero Chiambretti al quale non mancherà 'audience' fintanto che
continuerà ad invitare 'giunoniche' bellezze e polemisti di 'collaudata'
esperienza quali l'ultimo Sgarbi ) in onda su Italia Uno che sia "più
imbarazzante partecipare a un reality che a un film porno".

Premesso che c'è un limite alla demenza oltre il quale non è consentito
'sindacare' - si entra nel girone infernale dell'Ottavo Padiglione degli
Spedali Riuniti di Livorno per 'capirci' - onestamente troviamo a dir poco
'stucchevoli' e noiosi i "reality" che hanno sommerso la televisione, pubblica
e privata, italiota: dal Grande Fratello (che peraltro specula, come posto in
rilievo un anno fa da un blitz fiammista, sul diritto alla casa 'relegando'
dieci o più imbecilli all'interno di una ossessionante tour de force che , 24
ore su 24, per tre mesi inevitabilmente mette in evidenza i lati peggiori di
pseudo-protagonisti , il nulla elevato assurto a "leggenda" -...con tanto di
lauta ricompensa al vincitore o alla vincitrice finale ma soprattutto ingaggi
dorati per i più 'furbi' ...escluso Tarricone dei "protagonisti" in serie
fuoriusciti da quella specie di "casa/casino" diventa difficile stilare una
classifica del 'meno' peggio - demenzialità capovolta della contemporaneità
inesistente su un piano fattuale in cerca di 'gossip' più o meno virtuali) alla
Fattoria, dall'Isola dei Famosi alla Talpa via via fino agli "Amici" di Maria
De Filippi, all' "X Factor" e ai ballerini della Carlucci di "Ballando sotto
le stelle" che - in tempi di crisi economica e di affanni per arrivare a fine
mese per la stragrande maggioranza degli italiani - 'appare' più come una presa
per il culo che altro.

Tant'é 'queste' sono le 'proposte' che da un lato la Rai dall'altro lato
Mediaset propinano oramai a tamburo battente agli italiani. Italiani che da
popolo di "santi, poeti, navigatori ed eroi" si stanno letteralmente
trasformando in un popolo di "naufragi", "canzonettisti" , "ballerini" e
aspiranti "vip" che , fuor di metafora, potrebbe suonare più come un "very
importan prostitute" che non altro...

Diciamocelo francamente: dopo il mare di veline e letterine, di miss e di
"belle cantanti che farebbero meglio a fare compagnia" - Battiato l'aveva vista
lunga trent'anni or sono - ci mancava la suggestionante marea di aspiranti
"qualcuno" (...indiscutibilmente 'azzeccata' l'ultima canzone di Caparezza..."
io diventerò qualcuno..." e altrettanto 'reale' il video in questione...si, in
effetti, ci mancherà che venga tolto il diritto di voto - non ne sentiremo
'comunque' la 'mancanza' per quanto ne abbiamo 'usufruito' ...praticamente
mai...- e sostituito con il televoto...per la felicità dei Gerry Scotti di
turno e per l'eccitazione febbrile dei Fede di ogni risma e colore politico in
attesa - 'bandierine' in mano - di pronunciare il nome di un'improbabile
vincitore 'elettorale'...) ad 'alzare' il livello peraltro bestiale della
televisione italiana.

Che poi non ci si venga a stupire delle ondate migratorie che hanno 'colpito'
l'italietta post-ideologica della seconda repubblica considerando che certi
'programmi' e certe 'tentazioni' arrivano, via etere, anche al di là dei
confini nazionali, travalicando monti e mari, dalla vicina Albania alla Russia,
dal Marocco al Libano e fino al sud America e all'Africa equatoriale. Se
trent'anni or sono c'era una certa Raffaella Carrà che si divertiva con un
"barattolino" o una sfera di vetro a chiedere ai teleutenti avidi di denaro il
numero del contenuto (fossero sassi, biglie o palline poco importa...andiamo a
'memoria' e ciò basti e avanzi); se all'epoca un certo Boncompagni lanciava
Ambra Angioni (riscattatasi al fianco di Crozza...'eccellente' la sua
imitazione della giornalista di un improbabilissimo quanto ironico "Tg Red" ....
gli 'sbavi' e gli amplessi più o meno mimati per D'Alema sono quelli che con
ogni probabilità avvengono nella realtà delle redazioni 'serie' dietro a questo
o a quell'altro politico di turno...foss'anche l'ultimo degli idioti ad
occupare uno scranno parlamentare o il penultimo dei bischeri a sedere in un
qualche sottosegretariato di un qualunque ministero) e le di lei allora
'adolescenziali' colleghe di "Non è la Rai" ; l'espansione dell'idiozia
dell'opportunità "a portata di mano" (...anche, soprattutto, di
qualcos'altro...) della carriera facile facile e degli altrettanto facili
contratti ha visto aumentare , ad una domanda crescente (c'é forse da chiedersi
per quale motivo trentamila aspiranti veline hanno partecipato alle selezioni
dell'ultimo 'concorso' indetto da Canale 5? o c'é da domandarsi per quale
motivo i partecipanti alle selezioni di "X Factor" contavano anche dei senza
voce privi di qualsiasi requisito basilare per poter solo aspirare ad entrare ,
anzi meglio a vedere da lontano, uno studio di registrazione?) corrisponde
naturalmente una crescente offerta, a dismisura il numero di cosiddetti reality
che poi di "reale" hanno tutto e niente.

E allora? Al di là di qualsivoglia giudizio moralistico che ci starebbe come
il cavolo a merenda in un paese dove il migliore c'ha la rogna sottolineiamo e
apprezziamo le ultime dichiarazioni della Signora Eva Henger che ha 'spaccato'
il vaso di pandora del gossippismo italiota e quello dell'ipocrisia perbenista
borghese (che di notte va a puttane e di giorno critica e censura) sostenendo
che "nei reality possono riprenderti anche negli atteggiamenti più intimi" e -
soprattutto - che "il pudore non è solo la nudità ma i sentimenti" che nei
reality ovviamente sono inesistenti perchè mediati da un'obiettivo essenziali
valido per tutti i 'protagonisti' di turno: parlatene male, parlatene bene
purchè ne parliate!

Dunque che cosa ci sarebbe di 'scandaloso' nell'affermazione della Henger
secondo la quale sia più imbarazzante un reality di un film porno? Niente! Ed
ha perfettamente colto nel 'segno' quando ha aggiunto di "non parlare" della
propria "sessualità in pubblico" anche perchè a parlar sempre di sesso dopo un
pò viene a 'noia'...è un'arte che dev'essere praticata...le parole in quel
campo lasciano il tempo che trovano...cioè zero!

Concludiamo con una 'chiosa' sull'ex attrice hard ungherese: sotto il vestito
forse niente...ma dentro sicuramente c'é qualcosa: sentimenti ed emozioni! Di
questo ne siamo sicuri...come ha dimostrato parlando, nella stessa puntata del
programma di Italia 1, di Moana Pozzi per la quale valgano queste affermazioni
della Henger:
“Moana era molto sola - ha ricordato la Henger - Amava molto se stessa, la
sua immagine, sulla quale lavorava in continuazione. Negli ultimi giorni,
tuttavia, le mancavano gli affetti, forse quello della famiglia, che è arrivato
troppo tardi. Era molto corteggiata, aveva molti amori, ma forse si è
innamorata anche degli amori sbagliati. La prima volta la incontrai in un
locale e non mi piacque. Quando la vidi il giorno dopo, senza trucco, al
naturale, era bellissima. Era molto semplice. Ti trasmetteva tranquillità”.
"La solitudine del porno"....potremmo intitolarci un libro....o
un'enciclopedia! Ci 'penseremo'....


31/03/2009

http://www.italiasociale.org/alzozero09/az310309-7.html


Questo mi sembra a dir poco delirante. :confused:

Combat
20-04-09, 17:04
Ma infatti alcuni articoli non c'entrano nulla, è una discussione che Spetaktor ha dedicato a Bellucci ed i suoi articoli...

Spetaktor
20-04-09, 18:01
Il perchè di questa discussione?
1-è un collaboratore di Eurasia
2-è un amico di molti di noi
3-è un 'afficionados' del vecchio POL
4-volevo offrire una "vetrina" ai suoi articoli visti i problemi con alcuni siti
5-fanno un po di colore :446:

cmq ora non li posto visto che c'è il sito nuovo
www.dhb.altervista.org

Louis Ferdinand
20-04-09, 18:04
Il perchè di questa discussione?
1-è un collaboratore di Eurasia
2-è un amico di molti di noi
3-è un 'afficionados' del vecchio POL
4-fanno un po di colore :446:

5 -Bellucci sei tu.

Ho indovinato :) ?

SAVONAROLA
20-04-09, 18:57
Ma infatti alcuni articoli non c'entrano nulla, è una discussione che Spetaktor ha dedicato a Bellucci ed i suoi articoli...

Grazie della puntualizzazione mi stavo domandando se quella nota pornodiva fosse diventata eurasiatista :D

Onestamente non saprei cosa e come commentare! :33:

SAVONAROLA
20-04-09, 18:58
Il perchè di questa discussione?
1-è un collaboratore di Eurasia
2-è un amico di molti di noi
3-è un 'afficionados' del vecchio POL
4-volevo offrire una "vetrina" ai suoi articoli visti i problemi con alcuni siti
5-fanno un po di colore :446:

cmq ora non li posto visto che c'è il sito nuovo
www.dhb.altervista.org


Grazie anche a te per le precisazioni. Darò un'occhiata a quel sito magari più tardi poi ti saprò dire.

Spetaktor
20-04-09, 19:16
5 -Bellucci sei tu.

Ho indovinato :) ?

no, no...assolutamente...lungi da me :446:

Louis Ferdinand
20-04-09, 22:13
no, no...assolutamente...lungi da me :446:

Siamo fra gentiluomini....non occorre aggiungere altro.....:D

Spetaktor
21-04-09, 00:52
Siamo fra gentiluomini....non occorre aggiungere altro.....:D

guarda che non sono veramente Bellucci. :33:

Spetaktor
21-04-09, 00:53
soprattutto se fossi Dago non mi citerei nella firma...sarebbe troppo tamarro!

SAVONAROLA
21-04-09, 09:52
Presa visione del sito indicatomi posso dire solo di averne ricevuto una pessima impressione. A parte qualche articolo di politica mediorientale avendo visto quanto riportato nella sezione Questione Ebraica mi sono fatto un'idea più che sufficiente del personaggio in questione.
Inviterei il signor Bellucci marxisticamente a farsi una diversa idea del problema ebraico rileggendo gli scritti di Karl Marx ed evitando deliranti affermazioni negazioniste e antisemitiche di cui il blog in questione è un'autentico dizionario.
Tali posizioni oltre modo spregevoli non avvalorano gli studi eurasiatisti in Italia ma ne danneggiano la causa. Chiedo quindi pertanto , visto che anche il sito "Eurasia" riporta tranquillamente scritti del suddetto personaggio, se costui faccia o abbia fatto parte in alcun modo della redazione della rivista o sia appartenente al Coordinamento che ad essa credo faccia riferimento (C.P.E.).
Ciò sarebbe più che sufficiente per comprendere con chi avrei realmente a che fare. Se fosse possibile desidererei non vedere più pubblicazioni del Bellucci in ambito eurasiatista.
Grazie per l'attenzione.

SAVONAROLA
21-04-09, 10:05
Un'altra breve considerazione a margine di uno scritto di Dagoberto Bellucci sulla recente conferenza sul razzismo di Ginevra (che è anche il primo presente nella sezione Questione Ebraica): il nazbullah italo-libanese - a dir poco delirante - afferma e riporta tesi negazioniste che fanno il palo con quanto visto proprio ieri durante l'assise svizzera con il discorso pronunciato da Ahmadinejad.
Mi domando se queste tesi siano comuni agli eurasiatisti italiani e soprattutto, visto il consenso che vedo riscuotere anche in questo sito dagli scritti di Bellucci, quale sia la valenza geopolitica di articoli dichiaratamente antisemiti quali quelli presenti nel sito in questione.
Per tacere poi sui deliri riguardanti pornodive, veline e altre storie più o meno boccaccesche che ho letto su qualche motore di ricerca avrebbero interessato il personaggio in questione. Vorrei semplicemente capire cosa c'entri con l'eurasiatismo italiano tutto ciò premesso che , per fortuna, gli studi eurasiatisti e l'ideologia ad essi collegata non iniziano nè finiscono con Hitler ed Haushofer e tantomeno proseguono con i loro emuli nazi-islamici italiani, libanesi , iraniani o di qualunque altra parte del pianeta.

Anton Hanga
21-04-09, 11:59
Il dottor Bellucci non ha certo bisogno di avvocati ma posso confermare che la sua visione del mondo e' assolutamente in linea con quella dell'eurasiatismo cosi' come i suoi articoli sul Libano e il vicino oriente sono assolutamente validi e oggettivi, anche perche' sono fatti vissuti in prima persona. Bellucci e' un collaboratore di diverse testate giornalistiche e siti internet che non hanno mai avuto da ridire su cio' che scrive.

Per quanto riguarda la visione dell'ebraismo e del sionismo Bellucci, come tutti, ha il diritto di avere le opinioni che vuole e di dcomentarsi come meglio crede e non credo che Marx sia la "bibbia" per quanto riguarda la questione ebraica se non per il fatto che sia ebreo lui stesso. Non siamo in Francia o in Germania per fortuna dove anche solo discutere di questo e' reato. Mi domando invece chi sia lei, signor Savonarola, a venire qui e utilizzare questi toni da commissario politico o inquisitore, gia' visti su Indymedia e siti similari.

Questo forum e' libero a tutti purche' ci sia il rispetto degli altri e non si esca dall'oggetto cioe' l'eurasistismo, la rivista Eurasia e la visione del mondo multipolare. Quello che fa Bellucci nella vita privata non ci interessa e non ci riguarda.

Combat
21-04-09, 16:13
Proprio lei Savonarola, ha elogiato l'eurasiatismo in quanto realista, pragmatico, attinente alla geopolitica... ora non passi dall'altro campo, fra quelli che cercano la polemica per forza pur di screditare e fare cattiva pubblicità... l'eurasiatismo italiano è venato di diverse anime, anche molto diverse, che hanno in comune la visione geopolitica e idee forti e chiare, la sovranità continentale fra tutte.

Ierocle
21-04-09, 16:49
Un'altra breve considerazione a margine di uno scritto di Dagoberto Bellucci sulla recente conferenza sul razzismo di Ginevra (che è anche il primo presente nella sezione Questione Ebraica): il nazbullah italo-libanese - a dir poco delirante - afferma e riporta tesi negazioniste che fanno il palo con quanto visto proprio ieri durante l'assise svizzera con il discorso pronunciato da Ahmadinejad.
Mi domando se queste tesi siano comuni agli eurasiatisti italiani e soprattutto, visto il consenso che vedo riscuotere anche in questo sito dagli scritti di Bellucci, quale sia la valenza geopolitica di articoli dichiaratamente antisemiti quali quelli presenti nel sito in questione.
Per tacere poi sui deliri riguardanti pornodive, veline e altre storie più o meno boccaccesche che ho letto su qualche motore di ricerca avrebbero interessato il personaggio in questione. Vorrei semplicemente capire cosa c'entri con l'eurasiatismo italiano tutto ciò premesso che , per fortuna, gli studi eurasiatisti e l'ideologia ad essi collegata non iniziano nè finiscono con Hitler ed Haushofer e tantomeno proseguono con i loro emuli nazi-islamici italiani, libanesi , iraniani o di qualunque altra parte del pianeta.


Non ritiene contraddittorio qualificare Bellucci simultaneamente come "antisemita" e come "italo-libanese"?
Quello libanese è un popolo semitico sia per la sua origine etnica (fenicia) sia per la lingua che parla (l'arabo).

LupaNera
22-04-09, 02:48
Presa visione del sito indicatomi posso dire solo di averne ricevuto una pessima impressione. A parte qualche articolo di politica mediorientale avendo visto quanto riportato nella sezione Questione Ebraica mi sono fatto un'idea più che sufficiente del personaggio in questione.
Inviterei il signor Bellucci marxisticamente a farsi una diversa idea del problema ebraico rileggendo gli scritti di Karl Marx ed evitando deliranti affermazioni negazioniste e antisemitiche di cui il blog in questione è un'autentico dizionario.
Tali posizioni oltre modo spregevoli non avvalorano gli studi eurasiatisti in Italia ma ne danneggiano la causa. Chiedo quindi pertanto , visto che anche il sito "Eurasia" riporta tranquillamente scritti del suddetto personaggio, se costui faccia o abbia fatto parte in alcun modo della redazione della rivista o sia appartenente al Coordinamento che ad essa credo faccia riferimento (C.P.E.).
Ciò sarebbe più che sufficiente per comprendere con chi avrei realmente a che fare. Se fosse possibile desidererei non vedere più pubblicazioni del Bellucci in ambito eurasiatista.
Grazie per l'attenzione.


e tu chi sei per chiedere una cosa simile?

LupaNera
22-04-09, 02:50
Il dottor Bellucci non ha certo bisogno di avvocati ma posso confermare che la sua visione del mondo e' assolutamente in linea con quella dell'eurasiatismo cosi' come i suoi articoli sul Libano e il vicino oriente sono assolutamente validi e oggettivi, anche perche' sono fatti vissuti in prima persona. Bellucci e' un collaboratore di diverse testate giornalistiche e siti internet che non hanno mai avuto da ridire su cio' che scrive.

Per quanto riguarda la visione dell'ebraismo e del sionismo Bellucci, come tutti, ha il diritto di avere le opinioni che vuole e di dcomentarsi come meglio crede e non credo che Marx sia la "bibbia" per quanto riguarda la questione ebraica se non per il fatto che sia ebreo lui stesso. Non siamo in Francia o in Germania per fortuna dove anche solo discutere di questo e' reato. Mi domando invece chi sia lei, signor Savonarola, a venire qui e utilizzare questi toni da commissario politico o inquisitore, gia' visti su Indymedia e siti similari.

Questo forum e' libero a tutti purche' ci sia il rispetto degli altri e non si esca dall'oggetto cioe' l'eurasistismo, la rivista Eurasia e la visione del mondo multipolare. Quello che fa Bellucci nella vita privata non ci interessa e non ci riguarda.

.

SAVONAROLA
22-04-09, 19:20
Il dottor Bellucci non ha certo bisogno di avvocati ma posso confermare che la sua visione del mondo e' assolutamente in linea con quella dell'eurasiatismo cosi' come i suoi articoli sul Libano e il vicino oriente sono assolutamente validi e oggettivi, anche perche' sono fatti vissuti in prima persona. Bellucci e' un collaboratore di diverse testate giornalistiche e siti internet che non hanno mai avuto da ridire su cio' che scrive.

Per quanto riguarda la visione dell'ebraismo e del sionismo Bellucci, come tutti, ha il diritto di avere le opinioni che vuole e di dcomentarsi come meglio crede e non credo che Marx sia la "bibbia" per quanto riguarda la questione ebraica se non per il fatto che sia ebreo lui stesso. Non siamo in Francia o in Germania per fortuna dove anche solo discutere di questo e' reato. Mi domando invece chi sia lei, signor Savonarola, a venire qui e utilizzare questi toni da commissario politico o inquisitore, gia' visti su Indymedia e siti similari.

Questo forum e' libero a tutti purche' ci sia il rispetto degli altri e non si esca dall'oggetto cioe' l'eurasistismo, la rivista Eurasia e la visione del mondo multipolare. Quello che fa Bellucci nella vita privata non ci interessa e non ci riguarda.

Non credo di dover fornire le mie generalità a nessuno anche perchè mi sono cominciato ad interessare di eurasiatismo da poco e ho deciso di iscrivermi su questo forum perchè mi è sembrato interessante.
Non intendevo scatenare queste polemiche nè ho preteso niente di particolarmente strano richiedendo di non pubblicare articoli che con la tematica del forum non hanno niente a che vedere. Non pretendo , come vedo da altri, di essere immune da errori o di possedere verità intoccabili , sono quì per apprendere ma anche per commentare e certi discorsi li ho trovati veramente nauseanti.
Ora se Bellucci, come mi scrive, ha una visione perfettamente in linea con quella eurasiatista del forum evidentemente riconsidererò se o meno frequentarlo.
Mi dispiace ma rimango della mia idea: senza bisogno di scomodare parallelismi storici o figure del passato perchè non serve assolutamente ed è fuori luogo (non sono un commissario politico ma un libero cittadino che ha le proprie idee e vorrebbe liberamente esporle). Non ho neanche la più pallida idea infine di cosa sia il sito citato(Indymedia) e del perchè sia stato tirato in ballo.

SAVONAROLA
22-04-09, 19:22
Proprio lei Savonarola, ha elogiato l'eurasiatismo in quanto realista, pragmatico, attinente alla geopolitica... ora non passi dall'altro campo, fra quelli che cercano la polemica per forza pur di screditare e fare cattiva pubblicità... l'eurasiatismo italiano è venato di diverse anime, anche molto diverse, che hanno in comune la visione geopolitica e idee forti e chiare, la sovranità continentale fra tutte.


Grazie delle precisazioni e del suo stile garbato di porsi nei miei confronti. Molto bene: vedrò se continuare ad intervenire ed eventualmente anche di capire meglio le idee di questo signore magari leggendo più attentamente tutti gli articoli presenti nel sito fermo restando che il primo impatto avuto è stato sicuramente negativo. Con rispetto saluto.

SAVONAROLA
22-04-09, 19:26
Non ritiene contraddittorio qualificare Bellucci simultaneamente come "antisemita" e come "italo-libanese"?
Quello libanese è un popolo semitico sia per la sua origine etnica (fenicia) sia per la lingua che parla (l'arabo).

Mio caro Ierocle, il senso alle parole è la storia a darlo e "antisemita" è chi odia e disprezza gli ebrei in quanto popolo.
Non credo che c'entri molto la questione delle eventuali origini libanesi di Bellucci o la sua adesione alla religione islamica considerando che - dai toni usati in alcuni scritti che ho avuto modo di leggere - si capisce immediatamente quale sia l'idea del giornalista e scrittore di origine toscana naturalizzato libanese.
Non modifico quanto già scritto.

SAVONAROLA
22-04-09, 19:27
e tu chi sei per chiedere una cosa simile?

Un semplice utente iscritto da poco a questo forum. E voi chi siete per reagire così? L'avvocato difensore di Bellucci? Mi pare ne abbia parecchi su questo forum il che mi induce ancor più a riconsiderare la mia partecipazione a Eurasiatisti.

Combat
22-04-09, 20:34
Mio caro Ierocle, il senso alle parole è la storia a darlo e "antisemita" è chi odia e disprezza gli ebrei in quanto popolo.
Non credo che c'entri molto la questione delle eventuali origini libanesi di Bellucci o la sua adesione alla religione islamica considerando che - dai toni usati in alcuni scritti che ho avuto modo di leggere - si capisce immediatamente quale sia l'idea del giornalista e scrittore di origine toscana naturalizzato libanese.
Non modifico quanto già scritto.

Non credo che si possa accettare una definizione così semplicistica e imprecisa di "antisemitismo", viste poi le posizioni di Israele a riguardo che accusa chiunque di esserlo, anche eminenti ebrei.... ma altri su questo forum potranno spiegare bene la questione

Colonna
22-04-09, 21:14
Inviterei il signor Bellucci marxisticamente a farsi una diversa idea del problema ebraico rileggendo gli scritti di Karl Marx ed evitando deliranti affermazioni negazioniste e antisemitiche di cui il blog in questione è un'autentico dizionario.

Come può essere un Islàmico antisemita (essendo i libanesi gran parte semiti e di religione abramitica)? Non mi risulta che qualcuno abbia mai negato la repressione degli ebrei durante il Terzo Reich (semmai si contestano le modalità e l'uso strumentale di quel concentrazionismo, quale mito fondatore di Israele). Io non sono giudeofobico per cui non divido il mondo in ebrei e non-ebrei (questo lo fanno i sionisti). Mi limito a constatare quanto sia distruttiva e controproducente per l'Europa, l'Asia e l'Africa, la presenza di Israele.

LupaNera
23-04-09, 01:56
Un semplice utente iscritto da poco a questo forum. E voi chi siete per reagire così? L'avvocato difensore di Bellucci? Mi pare ne abbia parecchi su questo forum il che mi induce ancor più a riconsiderare la mia partecipazione a Eurasiatisti.

ma chi se ne frega?

Ierocle
23-04-09, 12:12
Mio caro Ierocle, il senso alle parole è la storia a darlo e "antisemita" è chi odia e disprezza gli ebrei in quanto popolo.
Non credo che c'entri molto la questione delle eventuali origini libanesi di Bellucci o la sua adesione alla religione islamica considerando che - dai toni usati in alcuni scritti che ho avuto modo di leggere - si capisce immediatamente quale sia l'idea del giornalista e scrittore di origine toscana naturalizzato libanese.
Non modifico quanto già scritto.


Carissimo Savonarola, il senso di certe parole viene manipolato e falsificato da chi ha interesse a farlo. (Vedo che Lei si è richiamato al marxismo; ebbene, rilegga gli scritti di linguistica del Maresciallo Stalin).

"Semita", per esempio, se vogliamo citare un autorevolissimo lessicografo come Giacomo Devoto, è sostantivo che designa chi appartiene "a una popolazione del gruppo etnico-linguistico dei Semiti".
Ebbene, se anticamente facevano parte del gruppo semitico gli Accadi (Assiri e Babilonesi), i Cananei e gli Aramei (fra i quali per l'appunto i Fenici) e gli Arabi, attualmente i Semiti sono soprattutto gli Arabi.
Quanto agli Ebrei, si tratta di un gruppo linguisticamente ed etnicamente eterogeneo, tra i quali solo una minoranza (da alcuni decenni a questa parte) parla quella neolingua d'origini semitiche che è il neoebraico assurto a lingua ufficiale dell'entità criminale sionista.
Ma neanche per quanto concerne le loro origini etniche la stragrande maggioranza degli Ebrei odierni può esser detta "semita", in quanto si tratta dei discendenti di popolazioni non semitiche convertite in vari periodi storici al giudaismo.

Ne dedurrei che, se volessimo usare l'epiteto di "antisemita" nel significato conforme all'etimologia, dovremmo qualificare come "antisemita" proprio i sionisti, i quali, mentre brandiscono come una clava l'accusa di "antisemitismo" contro chi non si adegua alla loro volontà, praticano un antisemitismo reale e non immaginario allorché opprimono e massacrano una popolazione d'origine semitica quali i Palestinesi.

LupaNera
23-04-09, 13:18
L'INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DELL'ESSERE




di Dagoberto Husayn Bellucci,

25 marzo 2009


"Adoro la delicata ombra di Colei che desidera che io esista"

( dal film "Ipotesi di Complotto" con Mel Gibson e Julia Roberts )


"Ci han trattenuto in hotel / tra spiaggia e birra analcoolica/ e che personalità bassa/ se credi solo nei media"


(da "La Traversata dell'Estate" di Tiziano Ferro)



La quintessenza della Politica , quella con la P maiuscola, come della Vita è rappresentata insidacabilmente dall'interazione che un soggetto (sia che si tratti di un singolo sia che parliamo di un movimento o di un partito) compie in funzione e di e verso altri soggetti suoi 'simili'....si tratta di azione sinergica mirante obiettivi comuni.


La 'prassi' politica, l'abc elementare dell'attivismo e della militanza, insegna che al di là delle affermazioni di identità (...premesse necessarie per 'conoscere' sè stessi e confrontarsi 'adeguatamente' con chiunque...considerando che la mancanza di identità comporta una inevitabile quanto palese assenza di altre essenziali caratteristiche proprie dell'individualità contorta e rovesciata del tipo umano contemporaneo...) e di improbabili 'approcci' ideali a questa o quest'altra "teoria" diviene necessaria una ricognizione interiore che abbia quale 'oggetto' il rovesciamento e la proiezione della propria "divisa-militante" sull'altro.


L'altro genericamente parlando come sorta di specchio riflesso del proprio "Io" o, per esser più esatti, quale pietra di 'paragone' alla quale ci si deve riferire quale 'metro' di misura ed eventualmente per ottenere o meno l'approvazione altrui. Ora , premesso ciò, possiamo dire che stiamo al di là dell'approvazione o disapprovazione 'ideologica' altrui ( verso le quali non abbiamo mai provato alcuna 'attenzione' ...non ne abbiamo neanche mai avuto 'bisogno' 'fortunatamente' ...'certi' - la certezza che ci viene da una condizione esistenziale che è organicamente 'conforme' alle 'premesse' 'ideali' che hanno sempre caratterizzato la nostra 'azione' ... - dell'insindacabile verità , lapalissiana, del nostro percorso di vita ) , della ragionevole 'critica' e dell'altrettanto indispensabile 'polemica' che suscitano spesso e sovente le nostre affermazioni ( "ma s'io avessi previsto tutto questo/ dati causa e pretesto le attuali conclusi/ credete che per questi quattro soldi , questa gloria da stronzi , avrei scritto canzoni/ vabbè lo ammetto che mi son sbagliato e accetto il crucifige e così sia/ chiedo tempo son della razza mia e per quanto grande sia il primo che ha studiato" ci ricordano lucidamente Francesco Guccini e Luca Carboni ne "L'Avvelenata" ....."e un cazzo in culo/accuse di arrivismo/ dubbi di qualunquismo son quello che mi resta" ) dando 'lustro' a qualcuno tra i 'tanti' "eterni fuorigioco" deambulanti nella Destra Radicale , al moralismo ipocrita delle comari dell'imbecillità finto-islamica che - "chi è senza peccato scagli la prima pietra" sentenzierà il Messia contro falsi bigotti e farisei di ogni 'risma' e latitudine - tra i neo-convertiti italioti paiono moltiplicarsi all'infinito (...quelli che..."il Corano dice, il Corano afferma" ...pronti a qualsiasi 'processo' in nome di Verità "annusate" qua e là , alla 'rinfusa', e mai realmente vissute..perchè - in ultima analisi - la Vita non è ciò che si 'apprende' ma quanto si mette in pratica e quanto di essa si 'metabolizza' ...uniformità tra conoscenza e azione, tra ciò che è teorico e quanto diviene pratica quotidiana...al di là delle paraplegiche genuflessioni senza 'intesa' e di sporadiche prese di coscienza che, a 'tratti', raddrizzano giudizi e vedute...) e di qualsiasi 'bisogna' di chi infine inesistendo su un piano reale cerca compensazioni virtuali scandendo o ritmando all'infinito gli "esacrez l'infame" di 'sempre'... (...."voi critici/voi personaggi austeri/militanti severi chiedo scusa a vossia...vendere o no non passa tra i miei rischi...se son di umore nero allora scrivo frugando dentro alle nostre miserie/ di solito ho da far cose più serie/ costruir su macerie o mantenermi vivo"...).


Quest'articolo dunque perchè? E soprattutto per 'chi'? Per noi stessi e per gli 'altri'...per chi vorrà o meno 'capire' - sempre che qualcosa ci sia da 'capire' (..."e non c'é niente da capire"...) - o da 'spiegare' considerando che non ci 'scalfiranno' ennesime critiche e cazzate in serie che chi vorrà potrà 'scarabocchiare' a destra e a manca...

Non c'é niente da spiegare , cominciamo a chiarirlo subito, perchè al di là di qualunque 'sentimentalismo' non abbiamo mai affrontato la Politica esclusivamente come una 'pratica' nè come una routine e tantomeno come una scala per improbabili 'ascensioni' verso altrettanto impossibili "poltrone"(..."non potrò mai far carriera nel giornale della sera / anche perchè finirei in galera..." ci ha 'insegnato' Edoardo Bennato molti 'secoli' or sono...)...la Politica è e rappresenta per noi una condotta di vita, una visione del mondo, un tutto organico entro il quale confluire - anima, corpo e spirito - e far convergere emozioni, passioni, carattere e volontà.


Il tutto o il niente: questa la nostra idea della Politica e della Vita conforme all'altrettanto premessa , insidacabile, che la Politica rappresenti l'arte dell'impossibile e l'arena di combattimento di forze contrapposte , come la guerra del resto, dove spesso gli opposti si attraggono e si respingono sulla base di interessi contingenti. Niente di più ma niente di meno.


Dunque al di là degli incontri 'casuali' (...e considerando che niente avviene "per caso"...il 'caso' non esiste...) e di inevitabili incidenti 'di percorso' (...necessari anche , soprattutto, per rimettersi in careggiata e effettuare adeguate 'ripartenze' ...tutto , anche ciò che apparentemente sembri influire negativamente, diviene 'utile' e funzionale se esistono adeguate premesse....Maurizio Lattanzio , unico sodale e concretamente unico Combattente di 'razza' incontrato in tanti anni di militanza, il Grande Guascone di Popoli ci ha 'insegnato' che gli errori stanno sempre all'inizio di ogni discorso, a volte a metà , quasi mai alla fine...dunque occorrono anche le 'adeguate' premesse in qualsiasi rapporto/relazione...e i necessari 'anticorpi' atti alla digestione e eventuale evacuazione di tossine pericolose...) restiamo fermamente convinti della necessità di confrontarci con le realtà circostanti e rimetterci in gioco anche , soprattutto, verso determinati ambienti politici per i quali occorrerebbe un'efficace opera di radicale revisione a cominciare dai 'fondamentali'.


E' in questa direzione che muoviamo alla 'cerca' del nulla ovvero nell'infinito agitarsi di soggetti, cani-sciolti e lupi solitari, rimasti privi di quelle pseudo-certezze e di ogni altarino preconfezionato disintegratosi dopo il tracollo delle ideologie "storiche" che hanno segnato il Novecento e la disfatta della società contemporanea sempre più lacerata e divisa, in preda alle convulsioni post-moderniste che quale "segno dei tempi" rappresentano l'agitazione senza fine di un percorso di segno 'rovesciato'...viviamo nell'epoca del Nichilismo puro e dobbiamo accettarne i contraccolpi quali siano e con gli effetti tsunamici che potranno provocare in ognuno di noi.


E tra lupi solitari, cani sciolti, randagi di ogni risma e colore politico, tra camerati in "affanno" e compagni in crisi - in un sottobosco di posizioni ideologiche e culturali che spaventerebbe qualunque dogmatico e mettere a dura prova qualsiasi sociologo uso a confrontarsi con figure stereotipate e uniformi - si è svilppato il crogiuolo/calderone di 'fascinazioni' più o meno 'esotiche' e 'esoteriche' dove s'incontrano, scontrano e uniscono Hitler e Guenon, Evola e Mussolini, Stalin e Pol Pot, la geopolitica di Haushofer e l'eurasiatismo contemporaneo, Bombacci e Khomeini, Berto Ricci e Preziosi, il nichilismo e la questione ebraica, Piero Ciampi e Luca Carboni, Saddam Hussein e Nasrallah, Chavez e Che Guevara fino all'affermazione di massima che , si è proprio così, il Nazionalsocialismo fu "Guenon più le divisioni corazzate" e l'espressione compiuta del Fascismo così come il comunismo aristocratico di Freda si incrocia , vent'anni dopo, con le lucidissime coordinate progettuali mirabilmente elaborate da Maurizio Lattanzio su "Avanguardia" prima e "Islam Italia" poi che 'nasce' la "Chiesa" di tutte le eresie rappresentata da quel "fascismo immenso e rosso" che ci ha 'trasportati' per un quarto di secolo traghettandoci , nel mare in tempesta della quotidianità vuota e inutile, verso i 'lidi' libanesi e le 'magie' persiane (...." ), conducendo la nostra persona all'interno di tre conflitti bellicci (dalla Croazia agli inizi novanta allo stesso paese dei cedri nella metà degli stessi novanta e un decennio più tardi) qualche inevitabile perquisizione domiciliare, un paio di procedimenti giudiziari, qualche fermo e dulcis in fondo la 'scoperta' dell'azzardo politico.... (la vita è un azzardo...sempre....occorre 'solo' conoscere le regole del 'gioco'...e saper 'giocare' con ironia e alla bisogna con determinazione).


In questa 'traversata' burrascosa (..."la traversata dell'estate" canta Tiziano Ferro...) dove identità e nomi, indirizzi e contatti si accavallano e si perdono in un susseguirsi di scoperte, emozioni e sensazioni abbiamo avuto il 'piacere' di "sbattere" - più o meno con un inizio affatto 'felice'....non volevamo neanche saperne di rispondere ad un messaggio preliminare su uno dei diversi forum 'politici' 'frequentati per 'gioco' o per 'noia' ... - in una Lupakkiotta aretina...che , nel volgere di pochissimo tempo, è divenuta la nostra "piccola fan" per eccellenza ma soprattutto una Camerata di prim'ordine verso la quale continuiamo a nutrire un profondo rispetto e una altrettanto radicata stima.


A questa 'Lupa' non dobbiamo nulla della nostra identità ma tutto sul piano del cameratismo e della reciproca 'sintonia' : senza dubbio alcuno la sola degna di venir annoverata nell'elenco dei nostri pochi, rari, 'sodali'... alla quale abbiamo 'insegnato' soprattutto a diffidare, sempre, e a 'selezionare'...(...peraltro era ben 'predisposta' a questa che dovrebbe essere una regola di vita ed una prassi ordinaria nell'azione politica ...). "Non mi fido di voi, non fidatevi di me" utilizzando l'efficacissima massima con la quale ci si presentò , quasi un ventennio fa, Maurizio Lattanzio. Abbiamo 'constatato' che questa 'formula' , oltre che efficace, 'aiuta' molto più di quanto non 'sembri' a prima vista a 'distillare' e 'comprendere' chi si ha davanti... Una regola di 'vita' auto-imposta e sempre attuata con successo.


Che aggiungere d'altro? Tutto e niente (..."ti giuro che i segreti ed i ricordi non li venderò mai"...) se non la certezza che , ovunque ci troveremo, avremo vicino la "delicata ombra" di colei che desidererà che noi esistiamo e verso la quale ricambiamo , sicuramente 'fascinati' anche dalla di lei bellezza esteriore (riflesso di una grazia interiore insindacabile e di un temperamento , un carattere ed una volontà fuori dal 'comune' ...'comprendiamo' anche chi le vive 'accanto') , un 'debito' di riconoscenza sincera che oltrepassa forme e percezioni...perchè , come abbiamo avuto modo di dirle più volte, apparteniamo ad un'altra "Razza" e ad un altro mondo (...mondi lontanissimi...sentenzierà Franco Battiato...'anche' "La Cura" è un testo che ci sentiamo di apprezzare ...probabilmente una delle più 'azzeccate' canzoni d'amore degli ultimi vent'anni...).


"E se mi supplicassi di tradirti io non cederei mai" canta Tiziano Ferro ne "La Traversata dell'Estate" ....è così , dev'essere così, "che tutto quel che accade è amore".


Odio e amore, guerra e pace, sangue e sudore, idee e sensazioni, rabbia e dolore....chiamatele - se volete - 'emozioni' questo (per tutti) è semplicemente un "atto dovuto" verso chi non ci ha mai abbandonato, restandoci vicino, fedelmente, silenziosamente, affettuosamente....


Se l'amicizia (alla quale non abbiamo mai 'creduto'..) esiste allora (dopo anni di ostinata certezza che non siano possibili neanche i 'presupposti' di tale sentimento tra i diversi sessi) possiamo affermare che abbiamo trovato "una donna per amico" come cantava un 'certo' Lucio Battisti trent'anni or sono....E non è 'poco' di questi tempi.


Tutto il resto , come sempre, è 'noia'.



DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI



http://www.gerusalemmeterrasanta.org/insostenibile_leggerezza.htm

http://dhb.altervista.org/essere.htm


;)

LupaNera
23-04-09, 13:27
Le dimensioni del presente
di Dagoberto Husayn Bellucci - 22/04/2009

Fonte: Arianna Editrice [scheda fonte]




"Messo a dura prova anche un pragmatico convinto
fissa il mondo e perde molto tempo come me
l’evidenza degli eventi che rinneghi
favorisce il trascorrere del tempo
e il logorio che lo pervade

Dipendenza da dominio del mio tempo
Madre della smania mia di anticipare il tempo stesso"

(Tiziano Ferro/Franco Battiato - "Il Tempo stesso" - album "Alla mia età"
2008)


La realtà metafisica conosce anche le dimensioni di spazio e tempo secondo
quella che è una delle proiezioni dell'individuo nel cosmo. E' necessario
riconoscere una cognizione di causa ed effetto ai due valori di riferimento
spaziali e temporali così come , analogamente, secondo i principii tradizionali
esiste una connessione tra macro-cosmo e micro-cosmo , influenza di origine
sovrumana che 'ordina' e regola la direzione di marcia di individui, esseri
viventi, creato.

In questo contesto affronteremo la questione relativa al valore del tempo
nello spazio e viceversa come presupposto per analisi anche di carattere
sociologico sull'accelerazione dei tempi e dei ritmi tipica delle società
contemporanee. Esiste infatti un processo di sovversione generale dei
meccanismi di riconoscimento temporali e spaziali, con una frenesia ed
un'incalzante materializzazione dell'esistenza umana che hanno reso sconosciute
all'uomo moderno le dimensioni dei valori trascendenti.

L'affermazione di massima secondo il quale "il tempo è denaro" rappresenta la
stratificazione su basi materialiste di cognizioni appartenenti al mondo della
tradizione primordiale. Scrive in proposito Renè Guènon: "Lo spazio, così come
il tempo, è una delle condizioni che definiscono l'esistenza corporea,
condizioni che sono però diverse dalla "materia" , o meglio dalla quantità,
benchè con questa si combinino naturalmente; esse sono meno "sostanziali"
quindi più vicine all'essenza, ed è questo in effetti ciò che implica
l'esistenza in esse di un aspetto qualitativo..." (1)

Noi affermiamo l'inscindibile legame tra spazio e tempo ovvero che
l'estensione di essi non può essere interpretata esclusivamente su di una
dimensione della quantità bensì sul valore della loro qualità smentendo, con lo
stesso studioso tradizionalista francese, una delle principali antinomie
cosmologiche kantiane secondo la quale occorrerebbe riconoscere "se il mondo è
infinito o se è limitato nello spazio"; questione assolutamente priva di senso
laddove è impossibile che lo spazio si estenda al di là del mondo per
contenerlo perchè altrimenti si tratterebbe di uno "spazio vuoto" ed il vuoto
non può contenere alcunchè.

Guènon legittimamente afferma che nel solo ambito della manifestazione
corporea "si potrà dire che lo spazio è coesistivo a tale mondo essendone una
delle condizioni" quindi "questo mondo non è più infinito dello spazio
stesso".

Nel capitolo dedicato a "Le determinazioni qualitative del tempo" della sua
opera più interessante Guènon scrive: "Il tempo appare ancor più lontano dello
spazio dalla quantità puro: si può parlare sia di grandezze temporali sia di
grandezze spaziali, ed entrambe fanno parte della quantità continua (...).
(...) Quel che si misura in realtà non è mai una durata, bensì lo spazio
percorso in questa durata da un certo movimento di cui si conosce la legge;
poichè questa legge si presenta come una relazione fra il tempo e lo spazio ,
quando si conosce la grandezza dello spazio percorso si può dedurre quella del
tempo impiegato a percorrerlo; per quanti artifici si adoperino, non vi sono,
in definitiva, altri mezzi per determinare le grandezze temporali." (2)

E' di notevole interesse la sottolineatura guènoniana circa la vicinanza del
tempo alla sfera qualitativa in rapporto al dato fattuale che , se i fenomeni
corporei sono i soli che si situano sia nello spazio che nel tempo, quelli
d'ordine mentale - studiati dalla psicologia - mancando completamente di un
carattere spaziale si situano ugualmente nel tempo ciò permette di dedurre che
il mentale - per la sua caratteristica di appartenere ad una manifestazione
sottile - è più prossimo all'essenza del corporeo il che ci fa comprendere
perchè la natura del tempo , suscettibile di una tale estensione e capace di
condizionare le manifestazioni mentali, sia maggiormente qualitativa di quella
dello spazio.

Come già Evola (3) lo stesso Guènon rileva l'impossibilità da parte di
psicofisiologi e psichiatri di cercare elementi quantitativi nei fenomeni
mentali - trattandosi al massimo di alcune loro concomitanze corporee - e
sottolinea "l'idea assurda di una psicologia quantitativa" che rappresenta "il
gradino più basso dell'aberrazione "scientistica" moderna!"

Sottolineando ancora una certa simmetria tra spazio e tempo Guènon ci invita
a considerare come nell'ordine della qualità esista una corrispondenza fra il
simbolismo spaziale e quello temporale e già il fatto stesso che si trati di
simbolismo induce a considerare che è la qualità che interviene in modo
essenziale tra i due valori ricordando come il simbolismo zodiacale - da un
punto di vista iniziatico - abbia da sempre influenzato le applicazioni
ritualistiche durante lo svolgimento del ciclo annuale in tutte le
manifestazioni di religiosità procedenti dalla Tradizione informale e ordinate
da una visione conforme ai principii primordiali tradizionali.

"La vera rappresentazione del tempo - scrive Guènon (4) - è quella fornita
dalla concezione tradizionale dei cicli, concezione che, beninteso, è
essenzialmente quella di un tempo "qualificato" (...)." formulando alcune
considerazioni proprie della dottrina dei cicli cosmici (5) secondo cui non
solo "ciascuna fase di un qualsiasi ciclo temporale possiede una sua qualità
propria che influisce sulla determinazione degli avvenimenti, ma che la stessa
velocità con cui questi avvenimenti si svolgono è qualcosa che parimenti
dipende da queste fasi" risultando cioè di ordine qualitativo.

D'altronde se prendiamo la direzione discendente di svolgimento di un ciclo,
aspetto cronologico di un processo di manifestazione che è implicito
nell'allontanamento graduale di una data forma o di una data civiltà -
originariamente collegate ad una Tradizione conforme - dal Principio, non
possiamo non sottolineare alcune somiglianze con un'analogia spaziale assai
interessante ovvero l'aumento di velocità degli avvenimenti all'approssimarsi
della fine di un ciclo può esser paragonato all'accelerazione di caduta dei
corpi pesanti in movimento come indica Guènon poco dopo "il cammino
dell'umanità attuale assomiglia in realtà al percorso d'un corpo in movimento
lanciato in una discesa, e che accelera sempre più quanto più si avvicina al
basso".

Anche queste considerazioni sul valore qualitativo di tempo e spazio devono
configurarsi come una proiezione analitica sulle condizioni di degrado e di
involuzione comprese , e nel tempo intervenute, nelle società moderne
sottoposte ad una vorticosa spinta verso il basso , nel regno della materia, al
di là di momentanee e incerte reazioni di segno contrario. Noi , senza fretta
ma senza tregua, abbiamo 'fissato' un ruolino di 'marcia' a scadenze
"flessibili".

Senza 'smanie' nè incertezze centreremo i nostri obiettivi e daremo
'coordinate' esistenziali a quanti vorranno procedere su percorsi organici
nella ricognizione antropologico-politica 'terminale' . E' un atto 'dovuto'
perchè occorre sempre fare ciò che deve essere fatto indipendentemente
dall'approvazione o disapprovazione altrui.


Note -

1) Renè Guènon - "Il regno della Quantità e i Segni dei Tempi" - ediz.
"Adelphi" - Milano (1.a ediz. 1982);

2) Renè Guènon - ibidem;

3) Julius Evola - "Maschera e volto del neospiritualismo moderno" - ediz.
"Mediterranee" - Roma;

4) Renè Guènon - op. cit. ;

5) si veda in proposito di Renè Guènon - "Considerazioni sulla dottrina dei
cicli cosmici" in "Rivista di Studi Tradizionali", 11 - Aprile-Giugno 1964;


http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=25810

SAVONAROLA
23-04-09, 18:26
Non credo che si possa accettare una definizione così semplicistica e imprecisa di "antisemitismo", viste poi le posizioni di Israele a riguardo che accusa chiunque di esserlo, anche eminenti ebrei.... ma altri su questo forum potranno spiegare bene la questione


Personalmente e marxisticamente devo far notare che esitono dei distinguo tra "anti-sionismo" , posizione politica legittima e sicuramente affine ad una visione anti-capitalista e anti-imperialista proprie della visione marxista delle relazioni internazionali, e "anti-semitismo".

Israele rappresenta certamente un protettorato degli interessi capitalistici americani nella regione mediorientale ed anche una nazione militarista che ha sempre risolto le proprie crisi interne rivolgendo militarmente le proprie attenzioni contro i vicini paesi arabi.

SAVONAROLA
23-04-09, 18:29
Come può essere un Islàmico antisemita (essendo i libanesi gran parte semiti e di religione abramitica)? .

Gli islamici non sono tutti semiti (turchi ed iraniani non lo sono per esempio). E comunque , fermo restando che Hezbollah è una creatura iraniana in terra libanese e che i suoi leader sono antisemiti dichiarati, il signor Bellucci islamico o no, libanese o meno, resta un antisemita al pari dei suoi amici sciiti (Ahmadinejad compreso).

SAVONAROLA
23-04-09, 18:31
Non mi risulta che qualcuno abbia mai negato la repressione degli ebrei durante il Terzo Reich (semmai si contestano le modalità e l'uso strumentale di quel concentrazionismo, quale mito fondatore di Israele).

Gentile forumista vorrebbe essere più chiaro in merito a questa sua affermazione? Cosa significa che "si contestano le modalità...di quel concentrazionismo"?
Lei nega forse la shoah? Vorrei una risposta chiara ad una domanda altrettanto chiara. Grazie.

SAVONAROLA
23-04-09, 18:38
Carissimo Savonarola, il senso di certe parole viene manipolato e falsificato da chi ha interesse a farlo. (Vedo che Lei si è richiamato al marxismo; ebbene, rilegga gli scritti di linguistica del Maresciallo Stalin).

"Semita", per esempio, se vogliamo citare un autorevolissimo lessicografo come Giacomo Devoto, è sostantivo che designa chi appartiene "a una popolazione del gruppo etnico-linguistico dei Semiti".
Ebbene, se anticamente facevano parte del gruppo semitico gli Accadi (Assiri e Babilonesi), i Cananei e gli Aramei (fra i quali per l'appunto i Fenici) e gli Arabi, attualmente i Semiti sono soprattutto gli Arabi.
Quanto agli Ebrei, si tratta di un gruppo linguisticamente ed etnicamente eterogeneo, tra i quali solo una minoranza (da alcuni decenni a questa parte) parla quella neolingua d'origini semitiche che è il neoebraico assurto a lingua ufficiale dell'entità criminale sionista.
Ma neanche per quanto concerne le loro origini etniche la stragrande maggioranza degli Ebrei odierni può esser detta "semita", in quanto si tratta dei discendenti di popolazioni non semitiche convertite in vari periodi storici al giudaismo.

Ne dedurrei che, se volessimo usare l'epiteto di "antisemita" nel significato conforme all'etimologia, dovremmo qualificare come "antisemita" proprio i sionisti, i quali, mentre brandiscono come una clava l'accusa di "antisemitismo" contro chi non si adegua alla loro volontà, praticano un antisemitismo reale e non immaginario allorché opprimono e massacrano una popolazione d'origine semitica quali i Palestinesi.



Lei , caro Ierocle, ha sicuramente fondati motivi per ritenere che i sionisti utilizzino come una clava l'accusa di "antisemitismo" contro chi non si adegua alle loro volontà ed è certamente vero che esistono pressioni molto forti da parte di ambienti sionisti estremistici nei confronti di molte personalità del mondo della politica , della cultura finanche della religione.
Non nego assolutamente che etimologicamente l'epiteto "antisemita" possa essere errato: affermo casomai che tale dizione ha una sua ragion d'essere storico/ideologica che affonda le sue radici nella Tradizione Cristiano-cattolica per trovare una sua collocazione naturale nel vocabolario politico dei movimenti razzisti e fascisti nati durante le due guerre mondiali.
Nell'attuale contesto storico tale dizione è divenuta parte integrante dei gruppi radicali islamici e di quelle nazioni - Iran su tutte - ostili all'esistenza e alla presenza di Israele nel Medio Oriente sul quale mi sono già espresso poc'anzi.

SAVONAROLA
23-04-09, 18:42
ma chi se ne frega?


Un modo davvero educato di rivolgersi ad un interlocutore. Complimenti.
Se tale è il livello di alcuni , fortunatamente non tutti, i forumisti eurasiatisti questo la dice davvero lunga su cosa sia e da chi sia rappresentato l'eurasiatismo in Italia.
Ammesso poi e non concesso che lei sia un esponente del movimento eurasiatista italiano :33:

SAVONAROLA
23-04-09, 18:45
L'INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DELL'ESSERE




di Dagoberto Husayn Bellucci,

25 marzo 2009


"Adoro la delicata ombra di Colei che desidera che io esista"

( dal film "Ipotesi di Complotto" con Mel Gibson e Julia Roberts )


"Ci han trattenuto in hotel / tra spiaggia e birra analcoolica/ e che personalità bassa/ se credi solo nei media"


(da "La Traversata dell'Estate" di Tiziano Ferro)



La quintessenza della Politica , quella con la P maiuscola, come della Vita è rappresentata insidacabilmente dall'interazione che un soggetto (sia che si tratti di un singolo sia che parliamo di un movimento o di un partito) compie in funzione e di e verso altri soggetti suoi 'simili'....si tratta di azione sinergica mirante obiettivi comuni.


La 'prassi' politica, l'abc elementare dell'attivismo e della militanza, insegna che al di là delle affermazioni di identità (...premesse necessarie per 'conoscere' sè stessi e confrontarsi 'adeguatamente' con chiunque...considerando che la mancanza di identità comporta una inevitabile quanto palese assenza di altre essenziali caratteristiche proprie dell'individualità contorta e rovesciata del tipo umano contemporaneo...) e di improbabili 'approcci' ideali a questa o quest'altra "teoria" diviene necessaria una ricognizione interiore che abbia quale 'oggetto' il rovesciamento e la proiezione della propria "divisa-militante" sull'altro.


L'altro genericamente parlando come sorta di specchio riflesso del proprio "Io" o, per esser più esatti, quale pietra di 'paragone' alla quale ci si deve riferire quale 'metro' di misura ed eventualmente per ottenere o meno l'approvazione altrui. Ora , premesso ciò, possiamo dire che stiamo al di là dell'approvazione o disapprovazione 'ideologica' altrui ( verso le quali non abbiamo mai provato alcuna 'attenzione' ...non ne abbiamo neanche mai avuto 'bisogno' 'fortunatamente' ...'certi' - la certezza che ci viene da una condizione esistenziale che è organicamente 'conforme' alle 'premesse' 'ideali' che hanno sempre caratterizzato la nostra 'azione' ... - dell'insindacabile verità , lapalissiana, del nostro percorso di vita ) , della ragionevole 'critica' e dell'altrettanto indispensabile 'polemica' che suscitano spesso e sovente le nostre affermazioni ( "ma s'io avessi previsto tutto questo/ dati causa e pretesto le attuali conclusi/ credete che per questi quattro soldi , questa gloria da stronzi , avrei scritto canzoni/ vabbè lo ammetto che mi son sbagliato e accetto il crucifige e così sia/ chiedo tempo son della razza mia e per quanto grande sia il primo che ha studiato" ci ricordano lucidamente Francesco Guccini e Luca Carboni ne "L'Avvelenata" ....."e un cazzo in culo/accuse di arrivismo/ dubbi di qualunquismo son quello che mi resta" ) dando 'lustro' a qualcuno tra i 'tanti' "eterni fuorigioco" deambulanti nella Destra Radicale , al moralismo ipocrita delle comari dell'imbecillità finto-islamica che - "chi è senza peccato scagli la prima pietra" sentenzierà il Messia contro falsi bigotti e farisei di ogni 'risma' e latitudine - tra i neo-convertiti italioti paiono moltiplicarsi all'infinito (...quelli che..."il Corano dice, il Corano afferma" ...pronti a qualsiasi 'processo' in nome di Verità "annusate" qua e là , alla 'rinfusa', e mai realmente vissute..perchè - in ultima analisi - la Vita non è ciò che si 'apprende' ma quanto si mette in pratica e quanto di essa si 'metabolizza' ...uniformità tra conoscenza e azione, tra ciò che è teorico e quanto diviene pratica quotidiana...al di là delle paraplegiche genuflessioni senza 'intesa' e di sporadiche prese di coscienza che, a 'tratti', raddrizzano giudizi e vedute...) e di qualsiasi 'bisogna' di chi infine inesistendo su un piano reale cerca compensazioni virtuali scandendo o ritmando all'infinito gli "esacrez l'infame" di 'sempre'... (...."voi critici/voi personaggi austeri/militanti severi chiedo scusa a vossia...vendere o no non passa tra i miei rischi...se son di umore nero allora scrivo frugando dentro alle nostre miserie/ di solito ho da far cose più serie/ costruir su macerie o mantenermi vivo"...).


Quest'articolo dunque perchè? E soprattutto per 'chi'? Per noi stessi e per gli 'altri'...per chi vorrà o meno 'capire' - sempre che qualcosa ci sia da 'capire' (..."e non c'é niente da capire"...) - o da 'spiegare' considerando che non ci 'scalfiranno' ennesime critiche e cazzate in serie che chi vorrà potrà 'scarabocchiare' a destra e a manca...

Non c'é niente da spiegare , cominciamo a chiarirlo subito, perchè al di là di qualunque 'sentimentalismo' non abbiamo mai affrontato la Politica esclusivamente come una 'pratica' nè come una routine e tantomeno come una scala per improbabili 'ascensioni' verso altrettanto impossibili "poltrone"(..."non potrò mai far carriera nel giornale della sera / anche perchè finirei in galera..." ci ha 'insegnato' Edoardo Bennato molti 'secoli' or sono...)...la Politica è e rappresenta per noi una condotta di vita, una visione del mondo, un tutto organico entro il quale confluire - anima, corpo e spirito - e far convergere emozioni, passioni, carattere e volontà.


Il tutto o il niente: questa la nostra idea della Politica e della Vita conforme all'altrettanto premessa , insidacabile, che la Politica rappresenti l'arte dell'impossibile e l'arena di combattimento di forze contrapposte , come la guerra del resto, dove spesso gli opposti si attraggono e si respingono sulla base di interessi contingenti. Niente di più ma niente di meno.


Dunque al di là degli incontri 'casuali' (...e considerando che niente avviene "per caso"...il 'caso' non esiste...) e di inevitabili incidenti 'di percorso' (...necessari anche , soprattutto, per rimettersi in careggiata e effettuare adeguate 'ripartenze' ...tutto , anche ciò che apparentemente sembri influire negativamente, diviene 'utile' e funzionale se esistono adeguate premesse....Maurizio Lattanzio , unico sodale e concretamente unico Combattente di 'razza' incontrato in tanti anni di militanza, il Grande Guascone di Popoli ci ha 'insegnato' che gli errori stanno sempre all'inizio di ogni discorso, a volte a metà , quasi mai alla fine...dunque occorrono anche le 'adeguate' premesse in qualsiasi rapporto/relazione...e i necessari 'anticorpi' atti alla digestione e eventuale evacuazione di tossine pericolose...) restiamo fermamente convinti della necessità di confrontarci con le realtà circostanti e rimetterci in gioco anche , soprattutto, verso determinati ambienti politici per i quali occorrerebbe un'efficace opera di radicale revisione a cominciare dai 'fondamentali'.


E' in questa direzione che muoviamo alla 'cerca' del nulla ovvero nell'infinito agitarsi di soggetti, cani-sciolti e lupi solitari, rimasti privi di quelle pseudo-certezze e di ogni altarino preconfezionato disintegratosi dopo il tracollo delle ideologie "storiche" che hanno segnato il Novecento e la disfatta della società contemporanea sempre più lacerata e divisa, in preda alle convulsioni post-moderniste che quale "segno dei tempi" rappresentano l'agitazione senza fine di un percorso di segno 'rovesciato'...viviamo nell'epoca del Nichilismo puro e dobbiamo accettarne i contraccolpi quali siano e con gli effetti tsunamici che potranno provocare in ognuno di noi.


E tra lupi solitari, cani sciolti, randagi di ogni risma e colore politico, tra camerati in "affanno" e compagni in crisi - in un sottobosco di posizioni ideologiche e culturali che spaventerebbe qualunque dogmatico e mettere a dura prova qualsiasi sociologo uso a confrontarsi con figure stereotipate e uniformi - si è svilppato il crogiuolo/calderone di 'fascinazioni' più o meno 'esotiche' e 'esoteriche' dove s'incontrano, scontrano e uniscono Hitler e Guenon, Evola e Mussolini, Stalin e Pol Pot, la geopolitica di Haushofer e l'eurasiatismo contemporaneo, Bombacci e Khomeini, Berto Ricci e Preziosi, il nichilismo e la questione ebraica, Piero Ciampi e Luca Carboni, Saddam Hussein e Nasrallah, Chavez e Che Guevara fino all'affermazione di massima che , si è proprio così, il Nazionalsocialismo fu "Guenon più le divisioni corazzate" e l'espressione compiuta del Fascismo così come il comunismo aristocratico di Freda si incrocia , vent'anni dopo, con le lucidissime coordinate progettuali mirabilmente elaborate da Maurizio Lattanzio su "Avanguardia" prima e "Islam Italia" poi che 'nasce' la "Chiesa" di tutte le eresie rappresentata da quel "fascismo immenso e rosso" che ci ha 'trasportati' per un quarto di secolo traghettandoci , nel mare in tempesta della quotidianità vuota e inutile, verso i 'lidi' libanesi e le 'magie' persiane (...." ), conducendo la nostra persona all'interno di tre conflitti bellicci (dalla Croazia agli inizi novanta allo stesso paese dei cedri nella metà degli stessi novanta e un decennio più tardi) qualche inevitabile perquisizione domiciliare, un paio di procedimenti giudiziari, qualche fermo e dulcis in fondo la 'scoperta' dell'azzardo politico.... (la vita è un azzardo...sempre....occorre 'solo' conoscere le regole del 'gioco'...e saper 'giocare' con ironia e alla bisogna con determinazione).


In questa 'traversata' burrascosa (..."la traversata dell'estate" canta Tiziano Ferro...) dove identità e nomi, indirizzi e contatti si accavallano e si perdono in un susseguirsi di scoperte, emozioni e sensazioni abbiamo avuto il 'piacere' di "sbattere" - più o meno con un inizio affatto 'felice'....non volevamo neanche saperne di rispondere ad un messaggio preliminare su uno dei diversi forum 'politici' 'frequentati per 'gioco' o per 'noia' ... - in una Lupakkiotta aretina...che , nel volgere di pochissimo tempo, è divenuta la nostra "piccola fan" per eccellenza ma soprattutto una Camerata di prim'ordine verso la quale continuiamo a nutrire un profondo rispetto e una altrettanto radicata stima.


A questa 'Lupa' non dobbiamo nulla della nostra identità ma tutto sul piano del cameratismo e della reciproca 'sintonia' : senza dubbio alcuno la sola degna di venir annoverata nell'elenco dei nostri pochi, rari, 'sodali'... alla quale abbiamo 'insegnato' soprattutto a diffidare, sempre, e a 'selezionare'...(...peraltro era ben 'predisposta' a questa che dovrebbe essere una regola di vita ed una prassi ordinaria nell'azione politica ...). "Non mi fido di voi, non fidatevi di me" utilizzando l'efficacissima massima con la quale ci si presentò , quasi un ventennio fa, Maurizio Lattanzio. Abbiamo 'constatato' che questa 'formula' , oltre che efficace, 'aiuta' molto più di quanto non 'sembri' a prima vista a 'distillare' e 'comprendere' chi si ha davanti... Una regola di 'vita' auto-imposta e sempre attuata con successo.


Che aggiungere d'altro? Tutto e niente (..."ti giuro che i segreti ed i ricordi non li venderò mai"...) se non la certezza che , ovunque ci troveremo, avremo vicino la "delicata ombra" di colei che desidererà che noi esistiamo e verso la quale ricambiamo , sicuramente 'fascinati' anche dalla di lei bellezza esteriore (riflesso di una grazia interiore insindacabile e di un temperamento , un carattere ed una volontà fuori dal 'comune' ...'comprendiamo' anche chi le vive 'accanto') , un 'debito' di riconoscenza sincera che oltrepassa forme e percezioni...perchè , come abbiamo avuto modo di dirle più volte, apparteniamo ad un'altra "Razza" e ad un altro mondo (...mondi lontanissimi...sentenzierà Franco Battiato...'anche' "La Cura" è un testo che ci sentiamo di apprezzare ...probabilmente una delle più 'azzeccate' canzoni d'amore degli ultimi vent'anni...).


"E se mi supplicassi di tradirti io non cederei mai" canta Tiziano Ferro ne "La Traversata dell'Estate" ....è così , dev'essere così, "che tutto quel che accade è amore".


Odio e amore, guerra e pace, sangue e sudore, idee e sensazioni, rabbia e dolore....chiamatele - se volete - 'emozioni' questo (per tutti) è semplicemente un "atto dovuto" verso chi non ci ha mai abbandonato, restandoci vicino, fedelmente, silenziosamente, affettuosamente....


Se l'amicizia (alla quale non abbiamo mai 'creduto'..) esiste allora (dopo anni di ostinata certezza che non siano possibili neanche i 'presupposti' di tale sentimento tra i diversi sessi) possiamo affermare che abbiamo trovato "una donna per amico" come cantava un 'certo' Lucio Battisti trent'anni or sono....E non è 'poco' di questi tempi.


Tutto il resto , come sempre, è 'noia'.



DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI



http://www.gerusalemmeterrasanta.org/insostenibile_leggerezza.htm

http://dhb.altervista.org/essere.htm


;)




Presa visione di quest'ennesimo papiro delirante del dottor Bellucci posso solo continuarne a pensare un gran male.

Lupa Nera? E' forse lei la signorina di cui scrive il delirante nazi-islamico litalo-ibanese? :53081:

Si spiegherebbero allora molte cose compresa la sua difesa d'ufficio dello sciita antisemita legato agli Hezbollah e all'Iran.:cool:

SAVONAROLA
23-04-09, 18:47
Le dimensioni del presente
di Dagoberto Husayn Bellucci - 22/04/2009

Fonte: Arianna Editrice [scheda fonte]




"Messo a dura prova anche un pragmatico convinto
fissa il mondo e perde molto tempo come me
l’evidenza degli eventi che rinneghi
favorisce il trascorrere del tempo
e il logorio che lo pervade

Dipendenza da dominio del mio tempo
Madre della smania mia di anticipare il tempo stesso"

(Tiziano Ferro/Franco Battiato - "Il Tempo stesso" - album "Alla mia età"
2008)


La realtà metafisica conosce anche le dimensioni di spazio e tempo secondo
quella che è una delle proiezioni dell'individuo nel cosmo. E' necessario
riconoscere una cognizione di causa ed effetto ai due valori di riferimento
spaziali e temporali così come , analogamente, secondo i principii tradizionali
esiste una connessione tra macro-cosmo e micro-cosmo , influenza di origine
sovrumana che 'ordina' e regola la direzione di marcia di individui, esseri
viventi, creato.

In questo contesto affronteremo la questione relativa al valore del tempo
nello spazio e viceversa come presupposto per analisi anche di carattere
sociologico sull'accelerazione dei tempi e dei ritmi tipica delle società
contemporanee. Esiste infatti un processo di sovversione generale dei
meccanismi di riconoscimento temporali e spaziali, con una frenesia ed
un'incalzante materializzazione dell'esistenza umana che hanno reso sconosciute
all'uomo moderno le dimensioni dei valori trascendenti.

L'affermazione di massima secondo il quale "il tempo è denaro" rappresenta la
stratificazione su basi materialiste di cognizioni appartenenti al mondo della
tradizione primordiale. Scrive in proposito Renè Guènon: "Lo spazio, così come
il tempo, è una delle condizioni che definiscono l'esistenza corporea,
condizioni che sono però diverse dalla "materia" , o meglio dalla quantità,
benchè con questa si combinino naturalmente; esse sono meno "sostanziali"
quindi più vicine all'essenza, ed è questo in effetti ciò che implica
l'esistenza in esse di un aspetto qualitativo..." (1)

Noi affermiamo l'inscindibile legame tra spazio e tempo ovvero che
l'estensione di essi non può essere interpretata esclusivamente su di una
dimensione della quantità bensì sul valore della loro qualità smentendo, con lo
stesso studioso tradizionalista francese, una delle principali antinomie
cosmologiche kantiane secondo la quale occorrerebbe riconoscere "se il mondo è
infinito o se è limitato nello spazio"; questione assolutamente priva di senso
laddove è impossibile che lo spazio si estenda al di là del mondo per
contenerlo perchè altrimenti si tratterebbe di uno "spazio vuoto" ed il vuoto
non può contenere alcunchè.

Guènon legittimamente afferma che nel solo ambito della manifestazione
corporea "si potrà dire che lo spazio è coesistivo a tale mondo essendone una
delle condizioni" quindi "questo mondo non è più infinito dello spazio
stesso".

Nel capitolo dedicato a "Le determinazioni qualitative del tempo" della sua
opera più interessante Guènon scrive: "Il tempo appare ancor più lontano dello
spazio dalla quantità puro: si può parlare sia di grandezze temporali sia di
grandezze spaziali, ed entrambe fanno parte della quantità continua (...).
(...) Quel che si misura in realtà non è mai una durata, bensì lo spazio
percorso in questa durata da un certo movimento di cui si conosce la legge;
poichè questa legge si presenta come una relazione fra il tempo e lo spazio ,
quando si conosce la grandezza dello spazio percorso si può dedurre quella del
tempo impiegato a percorrerlo; per quanti artifici si adoperino, non vi sono,
in definitiva, altri mezzi per determinare le grandezze temporali." (2)

E' di notevole interesse la sottolineatura guènoniana circa la vicinanza del
tempo alla sfera qualitativa in rapporto al dato fattuale che , se i fenomeni
corporei sono i soli che si situano sia nello spazio che nel tempo, quelli
d'ordine mentale - studiati dalla psicologia - mancando completamente di un
carattere spaziale si situano ugualmente nel tempo ciò permette di dedurre che
il mentale - per la sua caratteristica di appartenere ad una manifestazione
sottile - è più prossimo all'essenza del corporeo il che ci fa comprendere
perchè la natura del tempo , suscettibile di una tale estensione e capace di
condizionare le manifestazioni mentali, sia maggiormente qualitativa di quella
dello spazio.

Come già Evola (3) lo stesso Guènon rileva l'impossibilità da parte di
psicofisiologi e psichiatri di cercare elementi quantitativi nei fenomeni
mentali - trattandosi al massimo di alcune loro concomitanze corporee - e
sottolinea "l'idea assurda di una psicologia quantitativa" che rappresenta "il
gradino più basso dell'aberrazione "scientistica" moderna!"

Sottolineando ancora una certa simmetria tra spazio e tempo Guènon ci invita
a considerare come nell'ordine della qualità esista una corrispondenza fra il
simbolismo spaziale e quello temporale e già il fatto stesso che si trati di
simbolismo induce a considerare che è la qualità che interviene in modo
essenziale tra i due valori ricordando come il simbolismo zodiacale - da un
punto di vista iniziatico - abbia da sempre influenzato le applicazioni
ritualistiche durante lo svolgimento del ciclo annuale in tutte le
manifestazioni di religiosità procedenti dalla Tradizione informale e ordinate
da una visione conforme ai principii primordiali tradizionali.

"La vera rappresentazione del tempo - scrive Guènon (4) - è quella fornita
dalla concezione tradizionale dei cicli, concezione che, beninteso, è
essenzialmente quella di un tempo "qualificato" (...)." formulando alcune
considerazioni proprie della dottrina dei cicli cosmici (5) secondo cui non
solo "ciascuna fase di un qualsiasi ciclo temporale possiede una sua qualità
propria che influisce sulla determinazione degli avvenimenti, ma che la stessa
velocità con cui questi avvenimenti si svolgono è qualcosa che parimenti
dipende da queste fasi" risultando cioè di ordine qualitativo.

D'altronde se prendiamo la direzione discendente di svolgimento di un ciclo,
aspetto cronologico di un processo di manifestazione che è implicito
nell'allontanamento graduale di una data forma o di una data civiltà -
originariamente collegate ad una Tradizione conforme - dal Principio, non
possiamo non sottolineare alcune somiglianze con un'analogia spaziale assai
interessante ovvero l'aumento di velocità degli avvenimenti all'approssimarsi
della fine di un ciclo può esser paragonato all'accelerazione di caduta dei
corpi pesanti in movimento come indica Guènon poco dopo "il cammino
dell'umanità attuale assomiglia in realtà al percorso d'un corpo in movimento
lanciato in una discesa, e che accelera sempre più quanto più si avvicina al
basso".

Anche queste considerazioni sul valore qualitativo di tempo e spazio devono
configurarsi come una proiezione analitica sulle condizioni di degrado e di
involuzione comprese , e nel tempo intervenute, nelle società moderne
sottoposte ad una vorticosa spinta verso il basso , nel regno della materia, al
di là di momentanee e incerte reazioni di segno contrario. Noi , senza fretta
ma senza tregua, abbiamo 'fissato' un ruolino di 'marcia' a scadenze
"flessibili".

Senza 'smanie' nè incertezze centreremo i nostri obiettivi e daremo
'coordinate' esistenziali a quanti vorranno procedere su percorsi organici
nella ricognizione antropologico-politica 'terminale' . E' un atto 'dovuto'
perchè occorre sempre fare ciò che deve essere fatto indipendentemente
dall'approvazione o disapprovazione altrui.


Note -

1) Renè Guènon - "Il regno della Quantità e i Segni dei Tempi" - ediz.
"Adelphi" - Milano (1.a ediz. 1982);

2) Renè Guènon - ibidem;

3) Julius Evola - "Maschera e volto del neospiritualismo moderno" - ediz.
"Mediterranee" - Roma;

4) Renè Guènon - op. cit. ;

5) si veda in proposito di Renè Guènon - "Considerazioni sulla dottrina dei
cicli cosmici" in "Rivista di Studi Tradizionali", 11 - Aprile-Giugno 1964;


http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=25810



Non mi soffermerò neanche a leggere quest'ennesimo articolo, avevo gentilmente richiesto non ne fossero più pubblicati se non inerenti l'eurasiatismo.

Vedo che inutilmente la mia richiesta è caduta nel vuoto.

Ierocle
23-04-09, 20:01
Lei , caro Ierocle, ha sicuramente fondati motivi per ritenere che i sionisti utilizzino come una clava l'accusa di "antisemitismo" contro chi non si adegua alle loro volontà ed è certamente vero che esistono pressioni molto forti da parte di ambienti sionisti estremistici nei confronti di molte personalità del mondo della politica , della cultura finanche della religione.
Non nego assolutamente che etimologicamente l'epiteto "antisemita" possa essere errato: affermo casomai che tale dizione ha una sua ragion d'essere storico/ideologica che affonda le sue radici nella Tradizione Cristiano-cattolica per trovare una sua collocazione naturale nel vocabolario politico dei movimenti razzisti e fascisti nati durante le due guerre mondiali.
Nell'attuale contesto storico tale dizione è divenuta parte integrante dei gruppi radicali islamici e di quelle nazioni - Iran su tutte - ostili all'esistenza e alla presenza di Israele nel Medio Oriente sul quale mi sono già espresso poc'anzi.

Carissimo Savonarola, sono costretto a contraddirLa un'altra volta. L'antisemitismo non può affondare le proprie radici in una tradizione come quella cattolica, che riconduce proprio a Sem, attraverso Jesse, le origini della Madre di Gesù. Il quale parlava l'aramaico, cioè una lingua semitica.

E neanche i "movimenti razzisti e fascisti nati durante le due guerre mondiali" possono essere propriamente chiamati antisemiti. Basterebbe infatti considerare l'alto numero di Arabi (ossia di Semiti) che militarono in formazioni fasciste, filofasciste e nazionalsocialiste.

Tanto meno sono antisemiti i "gruppi radicali islamici" e la Repubblica Islamica dell'Iran. Se non altro per il fatto che la religione alla quale si richiamano si fonda su un Libro sacro rivelato in una lingua semitica, ossia l'arabo.

La loro ostilità alla presenza e all'esistenza dell'entità criminale sionista non ha nulla a che fare con l'antisemitismo. Tale entità, infatti, è stata fondata da gruppi di invasori che nella loro stragrande maggioranza avevano origini etniche extrasemitiche e non parlavano nemmeno l'ebraico.

Combat
23-04-09, 21:49
(e i concetti che lei, savonarola, stava portando avanti, ossia tacciare di antisemitismo qualcuno sono piuttosto affini alle modalità con cui israele tratta quelli che ritiene nemici... iraniani o americani antisionisti di sorta...)

Colonna
23-04-09, 21:53
Gentile forumista vorrebbe essere più chiaro in merito a questa sua affermazione? Cosa significa che "si contestano le modalità...di quel concentrazionismo"?
Lei nega forse la shoah? Vorrei una risposta chiara ad una domanda altrettanto chiara. Grazie.

Si contestano cifre e modalità con cui sarebbe avvenuta la cosiddetta "Shoah", che è totalmente differente dal negare. Nessuno ha mai negato l'uccisione di ebrei, dissidenti politici ed altre etnie rinchiuse nei campi di concetramento. Per cui il negazionismo non è esiste, s'informi, si documenti, prima di muovere il J'accuse. Poichè la tragedia degli ebrei durante il secondo conflitto mondiale è diventata uno dei miti fondanti d'Israele, deve essere garantita la possibilità, indipendentemente dalla collocazione politica di indagare scientificamente sulle costruzioni (spesso fantasiose) create per condizionare l'opinione pubblica e ricattare gli Stati Europei.
Anche per rispetto nei confronti di chi è vittima di questa strumentalizzazione. Detto ciò, agitare lo spauracchio dell'antisemitismo è ormai una tattica obsoleta e impotente, visto che il presidente Iraniano può concedersi di affrontare a viso aperto la Comunità Internazionale e lo stesso Israel (o New Khazar empire), senza alcun timore.

Spetaktor
23-04-09, 22:54
x l'egregio sig.Savonarola
c'è un 3d apposito in cui vengono postati gli articoli di Bellucci. Se lei ha interesse nel leggerli acceda a questo link, altrimenti faccia finta che non esista la pagina.
Non mi pare un ragionamento particolarmente difficile.
Oppure esiste un'altra opportunità: chieda di diventare moderatore e censuri il 3d.

LupaNera
24-04-09, 02:14
Un modo davvero educato di rivolgersi ad un interlocutore. Complimenti.
Se tale è il livello di alcuni , fortunatamente non tutti, i forumisti eurasiatisti questo la dice davvero lunga su cosa sia e da chi sia rappresentato l'eurasiatismo in Italia.
Ammesso poi e non concesso che lei sia un esponente del movimento eurasiatista italiano :33:

non c'entra niente l'educazione, a meno che al sig. savonarola non piaccia un'educazione borghese di facciata.
In quel caso la manderò gentilmente ed educatamente a quel bel paese, dove sono sicura che non troverà ancora questi 'odiosi' articoli di Bellucci.
Credo che nessuno qui debba ancora giustificarsi o perder tempo per rispondere alle provocazioni di un cafone sig. nessuno quale è lei.

Personalissima posizione di LupaNera.

Au revoir :ciaociao:

SAVONAROLA
24-04-09, 09:11
Visto i toni di alcune risposte e non avendo tempo al momento di rispondere a tutti quanti in modo da non lasciare dubbi circa la mia idea e quali siano le mie posizioni in merito all'antisemitismo credo necessario l'inserimento di questo importante documento sonoro che ripropone un discorso di V.J.Lenin contro l'antisemitismo.


http://www.youtube.com/watch?v=VSFO3ZSoe2g


Lenin affermava che: l’antisemitismo è il comunismo degli imbecilli!

Buona giornata a tutti.

SAVONAROLA
24-04-09, 09:25
non c'entra niente l'educazione, a meno che al sig. savonarola non piaccia un'educazione borghese di facciata.
In quel caso la manderò gentilmente ed educatamente a quel bel paese, dove sono sicura che non troverà ancora questi 'odiosi' articoli di Bellucci.
Credo che nessuno qui debba ancora giustificarsi o perder tempo per rispondere alle provocazioni di un cafone sig. nessuno quale è lei.

Personalissima posizione di LupaNera.

Au revoir :ciaociao:



Perderò un'ultima volta tempo per risponderLe. Di tutti i forumisti sicuramente Lei rappresenta la quintessenza della maleducazione.

Non avendoLa offesa non comprendo assolutamente le ragioni per cui si senta in dovere di dare del "cafone" a qualcuno o , accusa infondata e palesemente fascista, di "educazione borghese di facciata".

Giusto per sua informazione il sottoscritto ha alle spalle un trentennio abbondante di militanza nella sinistra extra-parlamentare e, nello specifico, nel movimento di Lotta Comunista che fin dai suoi albori ha studiato la questione delle relazioni internazionali e la geopolitica.

"Educatamente e gentilmente a quel bel paese" ci vada Lei con tutti i nazi-fascisti antisemiti che le piacciono tanto. :ciaociao:

SAVONAROLA
24-04-09, 09:27
Stalin dichiarò nel 1931 a proposito dell'antisemitismo:

"E' la piu' pericolosa sopravvivenza del cannibalismo"


Di nuovo buona giornata a tutti quanti.

Spetaktor
24-04-09, 09:36
il sig.Savonarola ha uno stile polemico "riconoscibile". Ci ricorda qualcuno...

se poi ricordiamo che ha riconosciuto in "carlomartello" un eurasiatista, ci domandiamo: non siamo difronte ad un alter-ego?

Colonna
24-04-09, 09:46
Visto i toni di alcune risposte e non avendo tempo al momento di rispondere a tutti quanti in modo da non lasciare dubbi circa la mia idea e quali siano le mie posizioni in merito all'antisemitismo credo necessario l'inserimento di questo importante documento sonoro che ripropone un discorso di V.J.Lenin contro l'antisemitismo.


http://www.youtube.com/watch?v=VSFO3ZSoe2g


Lenin affermava che: l’antisemitismo è il comunismo degli imbecilli!

Buona giornata a tutti.


:gratgrat: E' evidente il tentativo di appioppare l'etichetta di antisemitismo laddove questo non esiste. Se argomentare non è necessario, allora limiti la sua presenza su questo forum.

Combat
24-04-09, 09:54
E' noioso dover leggere queste stupidaggini, sul nazifascismo o lenin. O accuse campate in aria e senza motivo in perfetto stile Grande Fratello.
basta.

Combat
24-04-09, 09:58
:gratgrat: E' evidente il tentativo di appioppare l'etichetta di antisemitismo laddove questo non esiste. Se argomentare non è necessario, allora limiti la sua presenza su questo forum.

In effetti è stato detto che lo stesso concetto antisemitismo è una fesseria usata dai sionisti.

E' stato accennato a come i sionisti utilizzino propagandisticamente la questione olocausto (su questo ci si può leggere anche N. Finkelstein "L'industria dell'olocausto" , l'autore è americano ed ha avuto i genitori nei campi)

Per quale motivo si fanno orecchie da mercante e si continua ad accusare tutti si cretinate varie?

Non credo ci sia null'altro da aggiungere.

Louis Ferdinand
24-04-09, 09:58
Visto i toni di alcune risposte e non avendo tempo al momento di rispondere a tutti quanti in modo da non lasciare dubbi circa la mia idea e quali siano le mie posizioni in merito all'antisemitismo credo necessario l'inserimento di questo importante documento sonoro che ripropone un discorso di V.J.Lenin contro l'antisemitismo.



Lenin affermava che: l’antisemitismo è il comunismo degli imbecilli!

Buona giornata a tutti.


Non sei interessato all' Eurasiatismo
Fai solo illazioni sull' antisemitismo :chefico: Ti faccio una domanda
cortese e chiara , chiedo una risposta altrettanto cortese e chiara :
Cosa fai quà ? :mmm:

Buona giornata.

LupaNera
24-04-09, 11:01
Perderò un'ultima volta tempo per risponderLe. Di tutti i forumisti sicuramente Lei rappresenta la quintessenza della maleducazione.

ahahahah!!!ONORE!:gluglu:


Non avendoLa offesa non comprendo assolutamente le ragioni per cui si senta in dovere di dare del "cafone" a qualcuno o , accusa infondata e palesemente fascista, di "educazione borghese di facciata".

e chi saresti se non un cafone che si permette di intervenire in questa discussione e pretendere che gli articoli di Bellucci non vengano più postati o che esiga, da parte del coordinamento, un prendere le distanze da quello che lui scrive???


Giusto per sua informazione il sottoscritto ha alle spalle un trentennio abbondante di militanza nella sinistra extra-parlamentare e, nello specifico, nel movimento di Lotta Comunista che fin dai suoi albori ha studiato la questione delle relazioni internazionali e la geopolitica.

:postridicolo:
e con ciò?cafone ed ignorante resti.


"Educatamente e gentilmente a quel bel paese" ci vada Lei con tutti i nazi-fascisti antisemiti che le piacciono tanto. :ciaociao:


eh eh eh.....non si dicono queste parole....cafoncello...:gluglu:

Prinz Eugen
24-04-09, 11:41
il sig.Savonarola ha uno stile polemico "riconoscibile". Ci ricorda qualcuno...

se poi ricordiamo che ha riconosciuto in "carlomartello" un eurasiatista, ci domandiamo: non siamo difronte ad un alter-ego?

Figuriamoci, non saprebbe risultare così formale nello scrivere.

Sono le posizioni più classiche dei vostri compagni di strada marxisti, stupisce che non siate abituati a conoscerli. Sorprenderebbe anche sentire da loro cose diverse.

Colonna
24-04-09, 11:45
Sono le posizioni più classiche dei vostri compagni di strada marxisti, stupisce che non siate abituati a conoscerli. Stupirebbe anche sentire da loro cose diverse.

Posizioni classiche o no, sono tranquillamente confutabili. E il tuo intervento è fuori luogo.

Prinz Eugen
24-04-09, 12:00
Posizioni classiche o no, sono tranquillamente confutabili. E il tuo intervento è fuori luogo.

E' fuori luogo perché potrebbe sembrare un tentativo di dissuasione dal cercare una sponda inefficace presso chi ha poco o nulla a che spartire. E invece non è un problema che mi assilli.

Colonna
24-04-09, 12:01
E' fuori luogo perché potrebbe sembrare un tentativo di dissuasione dal cercare una sponda inefficace presso chi ha poco o nulla a che spartire. E invece non è un problema che mi assilli.

Grazie, tanti saluti.

José Frasquelo
24-04-09, 12:03
nel movimento di Lotta Comunista


Tutto si spiega adesso.. :1181:

José Frasquelo
24-04-09, 12:06
Sono le posizioni più classiche dei vostri compagni di strada marxisti,

Ecco un altro che piuttosto di ascoltare preferisce provocare. Mah...

Prinz Eugen
24-04-09, 12:19
Ecco un altro che piuttosto di ascoltare preferisce provocare. Mah...

In effetti quel "vostri compagni" suona polemico. Riformulo:

Non è necessario immaginare il complotto di chi viene apposta a seminare zizzania per scontrarsi con un'ortodossia classista non disposta a cedere su caratterizzazioni etniche.

Combat
24-04-09, 12:33
etniche?

Prinz Eugen
24-04-09, 12:35
etniche?
Non è a me che devi rispondere che chiami le cose col loro nome, se mai a quelli cui stai rovinando il giocattolo.

Colonna
24-04-09, 12:37
In effetti uel "vostri compagni" suona polemico. Riformulo:

Non è necessario immaginare il complotto di chi viene apposta a seminare zizzania per scontrarsi con un'ortodossia classista non disposta a cedere su caratterizzazioni etniche.


L'ortodossia classista-occidentale, prima dell'indisposizione a cedere a caratterizzazioni etniche, ha le medesime radici nel materialismo e nel razionalismo. Per questo motivo è irrealizzabile, non a caso "SAVONAROLA" proviene da "Lotta Comunista". Il Socialismo compiuto è molto distante dalle idee originarie di Carlo Marx (e al suo disprezzo nei confronti della Russia) e non è immune da influenze culturali dei popoli coinvolti.

Prinz Eugen
24-04-09, 12:40
L'ortodossia classista-occidentale, prima dell'indisposizione a cedere a caratterizzazioni etniche, ha le medesime radici nel materialismo e nel razionalismo. Per questo motivo è irrealizzabile, non a caso "SAVONAROLA" proviene da "Lotta Comunista". Il Socialismo compiuto è molto distante dalle idee originarie di Carlo Marx (e al suo disprezzo nei confronti della Russia) e non è immune da influenze culturali dei popoli coinvolti.

Infatti non si parlava di metallica forma spartana e oggettiva prassi bolscevica nel contesto della barbarie orientale ma di illuminato marxismo-leninismo italiano.

Combat
24-04-09, 12:45
Non è a me che devi rispondere che chiami le cose col loro nome, se mai a quelli cui stai rovinando il giocattolo.

non ho capito, ma non importa.

Prinz Eugen
24-04-09, 12:48
non ho capito, ma non importa.

Le categorie cui fai riferimento sono in contraddizione con le dialettiche storiche della lotta di classe.

Colonna
24-04-09, 13:17
Infatti non si parlava di metallica forma spartana e oggettiva prassi bolscevica nel contesto della barbarie orientale ma di illuminato marxismo-leninismo italiano.

Sì ma un ambiente può produrre anche soggetti interessanti con cui interloquire senza scadere nella provocazione e nel litigio.

Prinz Eugen
24-04-09, 14:07
Sì ma un ambiente può produrre anche soggetti interessanti con cui interloquire senza scadere nella provocazione e nel litigio.

In questo senso Savonarola mi sembra già miracolosamente educato rispetto alla norma.

Anton Hanga
24-04-09, 15:06
Gli stessi marxisti Preve e La Grassa affermano quanto si sta discutendo , ovvero che l'"ortodossia" marxista e' un vicolo cieco che non va da nessuna parte o al limite porta a forme di astrazione tali che si finisce per stare dalla parte dei nemici che si intendeva combattere.

Discorso diverso e' dire che del marxismo, o meglio degli scritti di Marx, non tutto e' fuffa anzi alcuni sono molto utili a capire il presente e le logiche del capitalismo. Poi ci sara' sempre il Prinz Eugen di turno che dira' che le poche cose buone dette da Marx le dicevano gia' altri autori molto tempo prima, ma questo non ci interessa perche' lui parla da una logica di gruppo ovvero "destra radicale" che va a contrapporsi necessariamente all'altro gruppo "sinistra radicale", mentre per quanto ci riguarda il discorso piu' che ideologico e' tattico.

Comunque saranno tutti d'accordo nel considerare che della visione marxista e degli studiosi marxisti, quello che e' sicuramente da prendere ad esempio e' il "metodo", ovvero l'approccio razionale ai problemi, cosa che manca totalmente nel campo dell'estrema destra dove si passa dall'esaltazione fanatica al pessimismo nichilista senza mai riuscire a tenere dritto il timone.

SAVONAROLA
24-04-09, 16:00
Non comprendo quale sorta di "sancta sanctorum" abbia violato descrivendo come "antisemiti" ("ostili agli ebrei" Dizionario Garzanti) gli scritti di questo dr. Bellucci (mai definito peraltro "semita" come vorrei far notare al forumista Ierocle).

Ho semplicemente commentato quanto letto dandone un giudizio negativo e motivandone le ragioni. Non mi sono permesso di offendere nessuno nè di esprimere valutazioni spregiative delle opinioni o idee altrui.

Altri, al contrario, non hanno lesinato offese nei miei confronti. Valuterò pertanto se o meno continuare a scrivere su questo forum che - forse non a torto - carlomartello ha descritto come appannaggio di più o meno ex appartenenti all'area dell'estrema destra neofascista.

SAVONAROLA
24-04-09, 16:07
In merito alle accuse di non voler discutere di "eurasiatismo" e di politica internazionale faccio inoltre notare che sono intervenuto , aprendo anche nuove discussioni, su diversi argomenti inerenti la politica internazionale, il ruolo di Russia, Corea del Nord e Turchia ecc ecc.

Non accetto lezioni da professorini antisemiti o donzelle sbarbatelle appena ventenni che poco o niente conoscono della geopolitica e dello sviluppo delle relazioni internazionali peraltro affrontato con estremo rigore e marxistica lucidità dal compagno Arrigo Cervetto del quale - per chi tra di voi lo riterrà utile - consiglio "L'Imperialismo Unitario"; visione marxista della politica internazionale dalla fine del 2.o conflitto mondiale al conflitto in Vietnam massima espressione all'epoca dell'aggressione capitalistico-imperialista nei confronti di una nazione del Terzo Mondo.

Valuterò dal tono delle risposte quale decisione assumere in merito o meno alla permanenza in un forum che si definisce "eurasiatista" ma che , forse (e questo forse è già di troppo), non vorrei nascondesse posizioni di destra radicale di chiaro stampo antisemita.

Auguro comunque buon lavoro al moderatore e buone discussioni a tutti.

Combat
24-04-09, 16:23
1) E' buffo che per accusare ancora di antisemitismo qualcuno che non ne riconosce neanche il significato, lei si trovi d'accordo con un sostenitore della superiorità della razzia bianca come carlomartello

2) Si senta libero di fare la scelta che preferisce

3) Non so qual'è la posizione sull'imperialismo di Cervetto, per quanto mi riguarda apprezzo quella di La Grassa:

"Come ho appena sostenuto, è intanto necessaria l’analisi dei rapporti di forza geopolitici tra il
polo ancora preminente e gli altri di cui cresce la potenza e dunque la capacità di contestazione del
primato americano. Si creerebbero assai maggiori fastidi ai dominanti – che non sono semplicemente
le classi o gruppi sociali al vertice di una società capitalistica sempre pensata, non dai soli marxisti,
nei termini di una formazione sociale in generale, di cui studiare cioè la struttura dei rapporti tra
i suoi strati disposti in verticale, mentre è oggi invece decisivo indagare i gruppi al vertice di formazioni
particolari in crescente contrasto nel mondo – se fossimo in grado, dopo attenta valutazione
del fondamento oggettivo dei conflitti tra queste formazioni, di acuire le loro contraddizioni, favorendo
l’avvento più rapido possibile dell’aperto policentrismo. Non siamo in grado di farlo; se lo
credessimo, ci comporteremmo come le famose “mosche cocchiere”. Tuttavia, poiché è necessario
assolvere come meglio si può il compito ritenuto primordiale nell’epoca in cui si è presenti (cioè
vivi e attivi) – che è la fase di gestazione degli eventi futuri più immediati – diventa improrogabile,
con atteggiamento politico che prende posizione, approfondire la conoscenza della “realtà” attuale e
delle tendenze in essa supposte esistenti per quanto concerne la configurazione dei rapporti di forza
a livello mondiale: quella configurazione che, appunto, presumo tenderà al multipolarismo.
Non però ancora al policentrismo; dunque sbaglia chi, con i vecchi schemi della lotta antimperialistica
– tipica della fase precedente la prima guerra mondiale – lancia oggi l’accusa di voler favorire
un imperialismo contro un altro. Il nostro appoggio, lo ripeto, conta quando il “due di coppe”
(“quando la briscola è a spade”); per quel che ci compete, però, l’indagine teorica conduce ad accordare
la preferenza a qualsiasi politica in grado di imprimere, direttamente o indirettamente, una
spinta oggettiva al rafforzamento delle potenze in crescita contro l’attuale polo ancora predominante
(Stati Uniti). Lo ribadisco: senza alcun preconcetto antiamericano, che non mi appartiene, avendo
sempre avuto apprezzamento per questo paese, per la sua cultura (alla quale mi sono abbeverato);
non invece, mi dispiace, per la sua “democrazia”, una invenzione ideologica dei nostri dominanti
europei, servi di quelli americani. Né tanto meno per l’arroganza e lo spirito di sopraffazione, che
raggiungono i loro vertici massimi proprio nella politica statunitense e in quella del suo sicario prediletto:
Israele. Nemmeno mi faccio incantare da “San Obama” e dai necessari adeguamenti tattici
in quest’epoca in cui è fallito il disegno “imperiale” di quel paese."

Prinz Eugen
24-04-09, 16:45
Discorso diverso e' dire che del marxismo, o meglio degli scritti di Marx, non tutto e' fuffa anzi alcuni sono molto utili a capire il presente e le logiche del capitalismo. Poi ci sara' sempre il Prinz Eugen di turno che dira' che le poche cose buone dette da Marx le dicevano gia' altri autori molto tempo prima, ma questo non ci interessa perche' lui parla da una logica di gruppo ovvero "destra radicale" che va a contrapporsi necessariamente all'altro gruppo "sinistra radicale", mentre per quanto ci riguarda il discorso piu' che ideologico e' tattico.
Mai sminuito Marx. Impossibile svalutare il ruolo di colui che ha tradotto nella maniera più efficace nella storia il fermento messianico anelante al Reich der Freiheit e alla "società senza Stato".

Prinz Eugen
24-04-09, 16:49
Se posso anticipare una prevedibile obiezione, lo so anch'io che parlare di "efficacia" riguardo il socialismo scientifico somiglia a uno scherzo di cattivo gusto.

DharmaRaja
24-04-09, 18:29
Anche volendo trovare un appoggio teorico in qualche modo "socialista" riguardo un'organizzazione socio-economica che eviti lo strapotere della logica privatista che alla lunga conduce alla sovranità dell'economia sulla politica (anzichè l'auspicato contrario), si potrebbe optare per teorici migliori e meno sgradevoli rispetto a Marx, il quale è pur sempre l'esaltatore, tra le altre cose, del "ruolo rivoluzionario della borghesia", prodromo di quello della plebe:

“La borghesia ha avuto nella storia una parte essenzialmente rivoluzionaria. Dovunque è giunta al dominio essa ha distrutto tutte quelle condizioni di vita, che erano feudali, patriarcali, idilliche. Essa ha distrutto senza pietà tutti quei legami multicolori, che nel regime feudale avvincevano gli uomini ai loro naturali superiori, e non ha lasciato tra uomo e uomo altri vincoli a eccezione del nudo interesse, e dello spietato pagamento in contanti. Essa ha spento i santi timori dell’estasi religiosa, l’entusiasmo cavalleresco […] immergendo il tutto nell’acqua gelida del calcolo egoistico. Ha risolto la dignità personale in un semplice valore di scambio; e alle molte e varie libertà acquisite e consacrate in documenti, essa ha sostituito la sola e unica libertà del commercio, di dura e spietata coscienza.”

dal “Manifesto del Partito Comunista”

Prinz Eugen
24-04-09, 18:48
Poi ci sara' sempre il Prinz Eugen di turno che dira' che le poche cose buone dette da Marx le dicevano gia' altri autori molto tempo prima,
Contavo ci arrivassimo ma mi tocca indagare: quali sarebbero queste "poche cose buone dette da Marx" - dal tuo punto di vista?


Comunque saranno tutti d'accordo nel considerare che della visione marxista e degli studiosi marxisti, quello che e' sicuramente da prendere ad esempio e' il "metodo", ovvero l'approccio razionale ai problemi, cosa che manca totalmente nel campo dell'estrema destra dove si passa dall'esaltazione fanatica al pessimismo nichilista senza mai riuscire a tenere dritto il timone.

Si dice spesso che Marx offra dei preziosi strumenti di analisi. Vediamo un po'.

Marx considera il capitalismo una necessaria fase di emancipazione nella dialettica storica delle forze di produzione: quella chiamata a fare piazza pulita delle realtà locali arretrate preparando il terreno alla realizzazione di una società universalmente omogenea senza Stato e senza classi. La grandezza della borghesia consiste nell'abbattimento delle frontiere e di ogni forma arcaica di esistenza che essa effettua attraverso la forza dissolvente del denaro e del mercato.

E' una analisi acutissima e lucidissima. Rimane solo da condividere o meno il giudizio di valore inequivocabilmente positivo che egli esprime al riguardo.

DharmaRaja
24-04-09, 19:38
Marx considera il capitalismo una necessaria fase di emancipazione nella dialettica storica delle forze di produzione: quella chiamata a fare piazza pulita delle realtà locali arretrate preparando il terreno alla realizzazione di una società universalmente omogenea senza Stato e senza classi. La grandezza della borghesia consiste nell'abbattimento delle frontiere e di ogni forma arcaica di esistenza che essa effettua attraverso la forza dissolvente del denaro e del mercato.

Date le premesse non si può non riconoscere, in questo senso, la coerenza marxista ben maggiore (rispetto ai marxisti antimperialisti) di un Toni Negri, convinto della necessità e della positività del processo mondialista che asfalti ogni tradizione e memoria onde ottenere un'unica massa globale, unirazziale e proletarizzata di gremlin da scatenare contro l'unico Padrone Globale (il Financial Times che pubblica suoi articoli, presumibilmente).
Per questo dico che, non mancando di certo altri teorici "socialmente" orientati anche più vicini ai nostri lidi, si potrebbe anche bypassare Marx a favore di autori meno equivoci.. anche perché a parte un paio di previsioni azzeccate sui meccanismi dell'economia (accanto a molte fallite) cosa c'è di condivisibile nell'opera di Karl Marx?

Logomaco
24-04-09, 19:40
E' una analisi acutissima e lucidissima. Rimane solo da condividere o meno il giudizio di valore inequivocabilmente positivo che egli esprime al riguardo.


Marx gli da valore inequivocabilmente positivo in quanto progressista.
Ma per un antiprogressista, al di là delle sfumature, non può essere che negativo.

DharmaRaja
24-04-09, 19:59
Comunque saranno tutti d'accordo nel considerare che della visione marxista e degli studiosi marxisti, quello che e' sicuramente da prendere ad esempio e' il "metodo", ovvero l'approccio razionale ai problemi, cosa che manca totalmente nel campo dell'estrema destra dove si passa dall'esaltazione fanatica al pessimismo nichilista senza mai riuscire a tenere dritto il timone.
La necessità di un approccio razionale e posato di contro alle dinamiche gruppettare da ungabunga tribali legati al feticcio ideologico del momento è sicuramente condivisibile (perlomeno per quanto riguarda un'élite politica, gli 'intellettuali'), e in questo è poco ma sicuro che una analisi più "scientifica" delle cose aiuta. C'è però anche da considerare che se la stragrande parte di quanto detto da Marx non sta né in cielo né in terra sia per quanto riguarda la diagnosi dei problemi dell'uomo sia quella delle soluzioni, è proprio perché limitandosi al materialismo (tale era la sua concezione distorta di 'razionalità') ha del tutto perso di vista il fattore umano e la natura umana stessa, le cui verità (comprensibili con un genere di approccio che, questo sì, i materialisti definirebbero del tutto irrazionale) non a caso non coincidono minimamente con quanto lui, da ebreo economista con deformazione professionale, teorizzò.
La razionalità come mezzo (laddove applicabile) è benvenuta, ma quando si tratta dell'ordine dei fini parliamo di questioni che non possono essere evinte da un mero ragionamento aritmetico alla portata di chiunque, bensì abbisognano di essere risolte (e qui sta la vera riprova del discorso antidemocratico) da determinati individuali la cui natura propria è compatibile, armonica, analoga che dir si voglia, a quella che è la risposta, e quindi il fine verso il quale ordinare tutto il resto in virtù di mezzo.

Quindi viva la geopolitica, il pragmatismo, la logica di potenza e le divisioni corazzate, basta non dimenticare che queste ci forniscono solo il "come" di un "perché" nel cui regno il ragionamento (e quindi la 'razionalità' nel senso marxista e materialista in generale) vale meno di zero.

Anton Hanga
24-04-09, 22:19
Contavo ci arrivassimo ma mi tocca indagare: quali sarebbero queste "poche cose buone dette da Marx" - dal tuo punto di vista?
Si dice spesso che Marx offra dei preziosi strumenti di analisi. Vediamo un po'.
Marx considera il capitalismo una necessaria fase di emancipazione nella dialettica storica delle forze di produzione: quella chiamata a fare piazza pulita delle realtà locali arretrate preparando il terreno alla realizzazione di una società universalmente omogenea senza Stato e senza classi. La grandezza della borghesia consiste nell'abbattimento delle frontiere e di ogni forma arcaica di esistenza che essa effettua attraverso la forza dissolvente del denaro e del mercato.
E' una analisi acutissima e lucidissima. Rimane solo da condividere o meno il giudizio di valore inequivocabilmente positivo che egli esprime al riguardo.

Faccio una risposta unica perche' comunque non intendevo fare l'apologia di Marx ma appunto affermare quanto affermi tu, cioe' che la parte analitica di Marx e del marxismo e' lucida e coerente, perche' poggia sugli stessi presupposti del capitalismo, ovvero la visione materialista. Quindi diciamo che, semplificando, la pars destruens e' salvabile, mentre per quanto riguarda la pars construens qui assistiamo semplicemente ad una serie di visioni, profezie non verificatesi e giudizi di valore che ovviamente non condivido. Memorabili sono la famosa russofobia di Marx, cosi' come l'ammirazione incondizionata per gli Stati Uniti e l'Inghilterra, derivante da quanto detto sopra.

Prinz Eugen
24-04-09, 22:23
Quindi viva la geopolitica, il pragmatismo, la logica di potenza e le divisioni corazzate, basta non dimenticare che queste ci forniscono solo il "come" di un "perché" nel cui regno il ragionamento (e quindi la 'razionalità' nel senso marxista e materialista in generale) vale meno di zero.
Questo paradigma realistico - 'tucidideo' - della storia intesa come confronto fra potenze, se pure ha orientato tanta prassi degli imperi comunisti d'Oriente (l'Unione sovietica staliniana come la nuova Cina), risulta preziosissimo e indispensabile quanto nello stesso tempo fortemente estraneo all'orizzonte marxiano e alla sua interpretazione della storia in termini di modi di produzione e di lotta fra classi: orizzonte interamente despazializzato e negante qualsiasi confronto "orizzontale" fra compagini politiche alternativo a quello "verticale" che sarebbe in atto all'interno di ciascuna società fra classe dominante e classi subalterne.

Anton Hanga
24-04-09, 22:49
Non comprendo quale sorta di "sancta sanctorum" abbia violato descrivendo come "antisemiti" ("ostili agli ebrei" Dizionario Garzanti) gli scritti di questo dr. Bellucci (mai definito peraltro "semita" come vorrei far notare al forumista Ierocle).
Ho semplicemente commentato quanto letto dandone un giudizio negativo e motivandone le ragioni. Non mi sono permesso di offendere nessuno nè di esprimere valutazioni spregiative delle opinioni o idee altrui.
Altri, al contrario, non hanno lesinato offese nei miei confronti. Valuterò pertanto se o meno continuare a scrivere su questo forum che - forse non a torto - carlomartello ha descritto come appannaggio di più o meno ex appartenenti all'area dell'estrema destra neofascista.

Ah ecco, se lo dice carlomartello... :gratgrat:

Ricordo che anche Marx scrisse un saggio che si intitola "La questione ebraica" sara' pure lui antisemita?

Anton Hanga
24-04-09, 22:51
Questo paradigma realistico - 'tucidideo' - della storia intesa come confronto fra potenze, se pure ha orientato tanta prassi degli imperi comunisti d'Oriente (l'Unione sovietica staliniana come la nuova Cina), risulta preziosissimo e indispensabile quanto nello stesso tempo fortemente estraneo all'orizzonte marxiano e alla sua interpretazione della storia in termini di modi di produzione e di lotta fra classi: orizzonte interamente despazializzato e negante qualsiasi confronto "orizzontale" fra compagini politiche alternativo a quello "verticale" che sarebbe in atto all'interno di ciascuna società fra classe dominante e classi subalterne.

Beh pero' gia' Lenin aveva messo una pezza parlando di "conflitto interimperialistico"...

Colonna
24-04-09, 23:54
Quindi viva la geopolitica, il pragmatismo, la logica di potenza e le divisioni corazzate, basta non dimenticare che queste ci forniscono solo il "come" di un "perché" nel cui regno il ragionamento (e quindi la 'razionalità' nel senso marxista e materialista in generale) vale meno di zero.

:103: Спасйбо!

Prinz Eugen
25-04-09, 00:10
Beh pero' gia' Lenin aveva messo una pezza parlando di "conflitto interimperialistico"...

Lenin non è già più Marx. E rientra bene nella temperie primonovecentesca di quel realismo che ha dato luogo fra l'altro anche alla scuola sociologica italiana (Pareto e la sua circolazione delle élite): con Lenin subentra un volontarismo che contraddice i meccanismi deterministici della coscienza di classe marxiana (non più lasciata a sé stessa ma ora ridestata da un'avanguardia politica di rivoluzionari di professione) e che non concepisce più il socialismo come l'ineluttabile esito del capitalismo più avanzato, ma come qualcosa che può essere attivamente realizzando bruciando le tappe anche attraverso la rivoluzione in un Paese arretrato come la Russia.

E' vero che Lenin presta grande attenzione al "conflitto interimperialistico". Ma in positivo il suo antimperialismo sembra vertere soprattutto sul principio di autodeterminazione delle nazioni oppresse.

L'impressione è che la ricostituzione di un compatto behemoth continentale sotto Stalin debba più a Ivan il Terribile che alle elaborazioni della tradizione marxista-leninista.

Colonna
25-04-09, 00:15
L'impressione è che la ricostituzione di un compatto behemoth continentale sotto Stalin debba più a Ivan il Terribile che alle elaborazioni della tradizione marxista-leninista.

Esatto :giagia:

Ierocle
25-04-09, 11:36
Non comprendo quale sorta di "sancta sanctorum" abbia violato descrivendo come "antisemiti" ("ostili agli ebrei" Dizionario Garzanti) gli scritti di questo dr. Bellucci (mai definito peraltro "semita" come vorrei far notare al forumista Ierocle).

(...).

Carissimo Savonarola, Lei mi cita la definizione del lemma "antisemita" fornita dal Dizionario Garzanti.

Mi permetta di replicarLe con un illuminante brano del Maresciallo Stalin: "I singoli gruppi sociali (...) si sforzano di utilizzare la lingua nei propri interessi, di imporle il proprio lessico particolare, i propri termini, le proprie espressioni particolari".

Qual è dunque il gruppo che, "nei propri interessi", ha falsificato il vocabolo "antisemita", attribuendogli il significato accolto dai vocabolari e da coloro che li consultano in maniera acritica?
Non sarà, per caso, quel gruppo che Abram Leon, marxista ed ebreo, definisce nei termini di "popolo-classe"?

Ierocle
25-04-09, 11:51
Carissimo Savonarola, Lei mi cita la definizione del lemma "antisemita" fornita dal Dizionario Garzanti.

Mi permetta di replicarLe con un illuminante brano del Maresciallo Stalin: "I singoli gruppi sociali (...) si sforzano di utilizzare la lingua nei propri interessi, di imporle il proprio lessico particolare, i propri termini, le proprie espressioni particolari".

Qual è dunque il gruppo che, "nei propri interessi", ha falsificato il vocabolo "antisemita", attribuendogli il significato accolto dai vocabolari e da coloro che li consultano in maniera acritica?
Non sarà, per caso, quel gruppo che Abram Leon, marxista ed ebreo, definisce nei termini di "popolo-classe"?

Dimenticavo i dati bibliografici della citazione del Maresciallo:

Stalin, Il marxismo e la linguistica, Edizioni Rinascita, Roma 1952, p. 19.

SAVONAROLA
25-04-09, 16:11
Per chi interessato ad approfondire le tematiche marxiste , anche di politica internazionale, consiglio vivamente questo sito:


http://www.marxists.org/italiano/cervetto/index.htm

SAVONAROLA
25-04-09, 16:14
L'ortodossia classista-occidentale, prima dell'indisposizione a cedere a caratterizzazioni etniche, ha le medesime radici nel materialismo e nel razionalismo. Per questo motivo è irrealizzabile, non a caso "SAVONAROLA" proviene da "Lotta Comunista". Il Socialismo compiuto è molto distante dalle idee originarie di Carlo Marx (e al suo disprezzo nei confronti della Russia) e non è immune da influenze culturali dei popoli coinvolti.

Lotta Comunista che, vorrei solo ricordarLe, è sempre stata all'avanguardia per ciò che concerne le analisi di politica internazionale e - se permette - anche la militanza territoriale contro il Grande Capitale affaristico italiano.

SAVONAROLA
25-04-09, 17:07
Il perchè di questa discussione?
1-è un collaboratore di Eurasia
2-è un amico di molti di noi
3-è un 'afficionados' del vecchio POL
4-volevo offrire una "vetrina" ai suoi articoli visti i problemi con alcuni siti
5-fanno un po di colore :446:

cmq ora non li posto visto che c'è il sito nuovo
www.dhb.altervista.org

Gentile forumista
vedo soltanto adesso questa risposta e le chiedo telegraficamente:
1 - il dr. Bellucci è ancora collaboratore di Eurasia?
2 - questo rapporto di amicizia non rende comunque validi molti degli articoli pubblicati in questa sezione ai fini di una comprensione della politica internazionale;
3 - onestamente non ho compreso questa sua affermazione quindi eviterò di risponderle e sorvolerò.
4 - immagino i motivi per i quali siano stati rifiutati (appunto i toni dichiaratamente antisemiti degli scritti in questione).
5 - anche se non hanno niente a che vedere con l'eurasiatismo e la geopolitica in generale? Quale senso avrebbero i deliri su pornodive e personaggi dello spettacolo o della musica in un forum di Eurasiatisti?

Eviterei ulteriori polemiche, e richieste di evitare di dare spazio a questo materiale negazionista, e per tornare alle tematiche della politica internazionale consiglierei invece di prendere spunti - ve ne sono di interessanti - da questo sito:


http://www.geopolitica.info/

SAVONAROLA
25-04-09, 17:14
Gli stessi marxisti Preve e La Grassa affermano quanto si sta discutendo , ovvero che l'"ortodossia" marxista e' un vicolo cieco che non va da nessuna parte o al limite porta a forme di astrazione tali che si finisce per stare dalla parte dei nemici che si intendeva combattere.

Discorso diverso e' dire che del marxismo, o meglio degli scritti di Marx, non tutto e' fuffa anzi alcuni sono molto utili a capire il presente e le logiche del capitalismo. Poi ci sara' sempre il Prinz Eugen di turno che dira' che le poche cose buone dette da Marx le dicevano gia' altri autori molto tempo prima, ma questo non ci interessa perche' lui parla da una logica di gruppo ovvero "destra radicale" che va a contrapporsi necessariamente all'altro gruppo "sinistra radicale", mentre per quanto ci riguarda il discorso piu' che ideologico e' tattico.

Comunque saranno tutti d'accordo nel considerare che della visione marxista e degli studiosi marxisti, quello che e' sicuramente da prendere ad esempio e' il "metodo", ovvero l'approccio razionale ai problemi, cosa che manca totalmente nel campo dell'estrema destra dove si passa dall'esaltazione fanatica al pessimismo nichilista senza mai riuscire a tenere dritto il timone.


Che l'ideologia marxista sia un vicolo cieco questo non è completamente vero anche se riconosco alcuni limiti in talune elaborazioni di scuola marxista spesso lontane dalla realtà socio-economica e politica.
In quanto all'approccio razionale, direi scientifico, della politica il Marxismo ha sicuramente il pregio di aver saputo cogliere distintamente ed analizzare i meccanismi di sfruttamento del sistema capitalistico e imperialistico mondiale traendone una chiara visione delle relazioni intercapitalistiche tra i diversi Stati.

SAVONAROLA
25-04-09, 17:18
La necessità di un approccio razionale e posato di contro alle dinamiche gruppettare da ungabunga tribali legati al feticcio ideologico del momento è sicuramente condivisibile (perlomeno per quanto riguarda un'élite politica, gli 'intellettuali'), e in questo è poco ma sicuro che una analisi più "scientifica" delle cose aiuta. C'è però anche da considerare che se la stragrande parte di quanto detto da Marx non sta né in cielo né in terra sia per quanto riguarda la diagnosi dei problemi dell'uomo sia quella delle soluzioni, è proprio perché limitandosi al materialismo (tale era la sua concezione distorta di 'razionalità') ha del tutto perso di vista il fattore umano e la natura umana stessa, le cui verità (comprensibili con un genere di approccio che, questo sì, i materialisti definirebbero del tutto irrazionale) non a caso non coincidono minimamente con quanto lui, da ebreo economista con deformazione professionale, teorizzò.
La razionalità come mezzo (laddove applicabile) è benvenuta, ma quando si tratta dell'ordine dei fini parliamo di questioni che non possono essere evinte da un mero ragionamento aritmetico alla portata di chiunque, bensì abbisognano di essere risolte (e qui sta la vera riprova del discorso antidemocratico) da determinati individuali la cui natura propria è compatibile, armonica, analoga che dir si voglia, a quella che è la risposta, e quindi il fine verso il quale ordinare tutto il resto in virtù di mezzo.

Quindi viva la geopolitica, il pragmatismo, la logica di potenza e le divisioni corazzate, basta non dimenticare che queste ci forniscono solo il "come" di un "perché" nel cui regno il ragionamento (e quindi la 'razionalità' nel senso marxista e materialista in generale) vale meno di zero.


Sostanzialmente un intervento pacato e in parte condivisibile. Nessuno ha mai negato i limiti del marxismo - e di tutte le ideologie del Novecento - ma , casomai, mi sono limitato a far notare come anche l'antisemitismo, di ciò mi sono lamentato, sia abbagliante e fuorviante quando si voglia considerare razionalmente la politica mondiale, le sue regole, la sua complessità.
Anche , direi in particolare, qualora si prendesse in esame lo stato d'Israele verso il quale mi sono già espresso in precedenza.

SAVONAROLA
25-04-09, 17:21
Ah ecco, se lo dice carlomartello... :gratgrat:

Ricordo che anche Marx scrisse un saggio che si intitola "La questione ebraica" sara' pure lui antisemita?


Non conosco nè ho alcuna idea delle posizioni del forumista carlomartello - mi è stato fatto notare sia un "suprematista bianco" e già questo mi induce a riconsiderarlo come interlocutore (anche se ammetto la sua preparazione in merito alla politica internazionale specialmente per ciò che riguarda la Russia) - ho semplicemente rilevato ciò che lui aveva affermato altrove in merito alle posizioni da "destra radicale" di molti degli esponenti del movimento eurasiatista italiano.

In merito chiedo lumi. Grazie

Anton Hanga
25-04-09, 17:22
L'impressione è che la ricostituzione di un compatto behemoth continentale sotto Stalin debba più a Ivan il Terribile che alle elaborazioni della tradizione marxista-leninista.


"Nella costruzione del nuovo regime fu necessario usare materiali del regime distrutto. Il nuovo regime sovietico non balzò fuori con cristallina purezza dopo la conquista del potere da parte del partito bolscevico. La sua fisionomia si delineò gradualmente, attraverso conflitti, sbandamenti, accelerazioni e frenate, fino al consolidamento definitivo nel sistema stalinista, che a molti rivoluzionari apparve come una riesumazione dell'impero di Ivan il Terribile o di Pietro il Grande, sostanziale alterazione del mito rivoluzionario bolscevico."

Emilio Gentile, Fascismo, storia e interpretazione, Laterza 2002, pp. 105-106.

SAVONAROLA
25-04-09, 17:27
Carissimo Savonarola, Lei mi cita la definizione del lemma "antisemita" fornita dal Dizionario Garzanti.

Mi permetta di replicarLe con un illuminante brano del Maresciallo Stalin: "I singoli gruppi sociali (...) si sforzano di utilizzare la lingua nei propri interessi, di imporle il proprio lessico particolare, i propri termini, le proprie espressioni particolari".

Qual è dunque il gruppo che, "nei propri interessi", ha falsificato il vocabolo "antisemita", attribuendogli il significato accolto dai vocabolari e da coloro che li consultano in maniera acritica?
Non sarà, per caso, quel gruppo che Abram Leon, marxista ed ebreo, definisce nei termini di "popolo-classe"?


Conosco gli scritti in questione e le idee di Abram Leon in merito al "popolo-classe" rappresentato dagli ebrei nell'insieme dei processi evolutivi di trasformazione delle società europee da feudali a capitaliste.
Non pensa Ierocle che questa sua risposta appartenga alle categorie del più vetero-complottismo che identificava negli ebrei dei capri espiatori?

Che esista una influenza molto forte di ambienti sionisti anche nel mondo dell'editoria è indiscutibile; che siano riusciti a imporre un proprio lessico particolare è al contrario tutto da dimostrare. E , ciononostante, la dizione "antisemita" assunse fin dalla seconda metà del secolo decimonono identico valore in Europa e nel resto del pianeta pertanto tale è il suo significato intrinseco di "ostilità verso gli ebrei".

SAVONAROLA
25-04-09, 17:33
Per concludere a questo punto chiedo gentilmente se

a) espressioni quali "emporio criminale sionista", "sinagoga di Satana", "kippizzazione della politica italiana" et simili , qua e la utilizzate dal Bellucci, vi trovino o meno concordi;
b) se gli eurasiatisti italiani si riconoscono nelle corrispondenze piuttosto deliranti e fanatiche del nazista sciita italo-libanese;
c) quali siano le vostre posizioni circa "Talmud", "Protocolli dei Savi Anziani di Sion" e altri libelli tipici della pubblicistica antisemita citati dall'autore in questione e quindi se anche l'eurasiatismo si riconosce o meno nell'affermazione di massima circa l'esistenza di un "complotto giudaico-massonico" mondiale;

Ultimo punto che reputo essenziale è ribadire la richiesta di evitare spazi inopportuni per materiale giornalistico che non sia direttamente collegato alle tematiche proprie del forum.

Grazie.

Combat
25-04-09, 17:37
Guardi sul forum ci sarà spazio per diversi tipi di contributi, anche perchè solo in questo modo lo si può rendere vitale e stimolante...non chiudendo le porte e censurando idee come ci hanno abituato i padroni democratici..anche questa estenuante discussione ha avuto il suo spazio

Anton Hanga
25-04-09, 17:46
Non conosco nè ho alcuna idea delle posizioni del forumista carlomartello - mi è stato fatto notare sia un "suprematista bianco" e già questo mi induce a riconsiderarlo come interlocutore (anche se ammetto la sua preparazione in merito alla politica internazionale specialmente per ciò che riguarda la Russia) - ho semplicemente rilevato ciò che lui aveva affermato altrove in merito alle posizioni da "destra radicale" di molti degli esponenti del movimento eurasiatista italiano.
In merito chiedo lumi. Grazie


Allora chiariamo che il "movimento eurasiatista italiano" non e' un partito politico con tanto di tesserati ma una semplice corrente di pensiero, culturale, filosofica e politica, composta da una eterogeneita' di soggetti provenienti dalle piu' disparate aree politiche: destra, sinistra, centro, ecc.. Quello che unisce e' il riconoscersi nella visione portata avanti dalla Rivista di studi geopolitici Eurasia, il cui direttore e' Tiberio Graziani. Il dottor Bellucci mi risulta aver collaborato con alcuni articoli sul vicino oriente e alcune interviste ad esponenti di partiti politici libanesi.

Ma io non capisco perche' lei signor Savonarola non va a comprarsi la rivista cosi' da poter valutare personalmente se e' una rivista di "destra radicale" oppure no, invece di stare a fare domande in questo forum che non e' certo il forum ufficiale della rivista ma solo un luogo di discussione di alcuni lettori e simpatizzanti, molti estranei e diversi noti provocatori e mitomani tra cui il signor carlomartello.

Le pornodive e altri elementi folcloristici che tanto turbano il suo sonno, li ha messi in mezzo lei signor Savonarola riportandoli da non meglio specificati siti internet che praticano gossip da due soldi. Se qualche discussione riguardante i suddetti argomenti venisse aperta qui dentro penso che verrebbe prontamente cancellata dal moderatore.

Per favore la smetta di fare domande a cui oltretutto non sappiamo rispondere, non essendo noi ne' Bellucci ne' altri membri della redazione ma solo anonimi simpatizzanti, la prego di chiedere direttamente a Bellucci se e' un antisemita oppure no (trova l'email sul suo sito) e al direttore della rivista Eurasia se questa e' di destra oppure no. Grazie.

Ierocle
26-04-09, 10:55
Per concludere a questo punto chiedo gentilmente se

(...)

c) quali siano le vostre posizioni circa "Talmud", "Protocolli dei Savi Anziani di Sion" e altri libelli tipici della pubblicistica antisemita (...)
Grazie.


Carissimo Savonarola, Lei è davvero convinto che "Talmud" sia il titolo di un libello antisemita?

SAVONAROLA
26-04-09, 11:14
[QUOTE=Anton Hanga;78930]Allora chiariamo che il "movimento eurasiatista italiano" non e' un partito politico con tanto di tesserati ma una semplice corrente di pensiero, culturale, filosofica e politica, composta da una eterogeneita' di soggetti provenienti dalle piu' disparate aree politiche: destra, sinistra, centro, ecc.. Quello che unisce e' il riconoscersi nella visione portata avanti dalla Rivista di studi geopolitici Eurasia, il cui direttore e' Tiberio Graziani. Il dottor Bellucci mi risulta aver collaborato con alcuni articoli sul vicino oriente e alcune interviste ad esponenti di partiti politici libanesi.

QUOTE]

Grazie per questa prima precisazione. Dunque anche l'antisemitismo del dottor Bellucci appartiene al bagaglio culturale dell'eurasiatismo che, partito politico o semplice corrente di pensiero culturale che sia, si riconosce in una rivista "Eurasia" che ne è , se ho compreso bene, l'organo ufficiale.

Conoscevo il sito di Eurasia, vedrò di informarmi meglio sulla rivista e sulla composizione esatta della redazione della rivista.

Ierocle
26-04-09, 11:16
Conosco gli scritti in questione e le idee di Abram Leon in merito al "popolo-classe" rappresentato dagli ebrei nell'insieme dei processi evolutivi di trasformazione delle società europee da feudali a capitaliste.
Non pensa Ierocle che questa sua risposta appartenga alle categorie del più vetero-complottismo che identificava negli ebrei dei capri espiatori?

Che esista una influenza molto forte di ambienti sionisti anche nel mondo dell'editoria è indiscutibile; che siano riusciti a imporre un proprio lessico particolare è al contrario tutto da dimostrare. E , ciononostante, la dizione "antisemita" assunse fin dalla seconda metà del secolo decimonono identico valore in Europa e nel resto del pianeta pertanto tale è il suo significato intrinseco di "ostilità verso gli ebrei".


Carissimo Savonarola, non sono un complottista: né vetero-, né neo-. Il fatto che esistano dei complotti non mi induce a spiegare tutto con i complotti. Perciò, se la mia risposta Le è sembrata ispirata da complottismo, si sbaglia.

Per quanto riguarda il termine "antisemita", io continuo ad usarlo secondo il suo valore etimologico ("etymos, -on" significa "autentico, genuino"), che indica una ostilità nei confronti dei Semiti, quindi degli Arabi (che attualmente rappresentano il 90% della famiglia semitica) e non degli Ebrei (che nella loro stragrande maggioranza non sono semiti).

Se Lei vuole intendere le parole secondo il loro significato non autentico e non genuino, faccia pure. Ma in tal modo si rende complice della falsificazione.

Ma la verità, per un marxista, non dovrebbe essere rivoluzionaria?

SAVONAROLA
26-04-09, 11:20
Ma io non capisco perche' lei signor Savonarola non va a comprarsi la rivista cosi' da poter valutare personalmente se e' una rivista di "destra radicale" oppure no, invece di stare a fare domande in questo forum che non e' certo il forum ufficiale della rivista ma solo un luogo di discussione di alcuni lettori e simpatizzanti, molti estranei e diversi noti provocatori e mitomani tra cui il signor carlomartello.

Le pornodive e altri elementi folcloristici che tanto turbano il suo sonno, li ha messi in mezzo lei signor Savonarola riportandoli da non meglio specificati siti internet che praticano gossip da due soldi. Se qualche discussione riguardante i suddetti argomenti venisse aperta qui dentro penso che verrebbe prontamente cancellata dal moderatore.

Per favore la smetta di fare domande a cui oltretutto non sappiamo rispondere, non essendo noi ne' Bellucci ne' altri membri della redazione ma solo anonimi simpatizzanti, la prego di chiedere direttamente a Bellucci se e' un antisemita oppure no (trova l'email sul suo sito) e al direttore della rivista Eurasia se questa e' di destra oppure no. Grazie.

Ringrazio anche per queste nuove informazioni. Dunque questo è il forum dei simpatizzanti e lettori di Eurasia.
Il forumista carlomartello, da me citato precedentemente, si era - mi sembra - definito come fautore o sostenitore di una corrente eurosiberiana interna all'eurasiatismo questo avevo compreso.

Infine, giusto per correttezza, sottolineo come "pornodive ed elementi folcloristici" siano stati inseriti dalla forumista LupaNera che ha inserito un articolo ad inizio discussione peraltro commentato in maniera colorita da altri "amici" del dr. Bellucci. Non ho proprio riportato alcunchè nè ho visionato siti di gossip (che a quanto pare devono esistere e sui quali chiederò ad amici e conoscenti eventuali informazioni).

Non giochiamo a confondere. Grazie.

SAVONAROLA
26-04-09, 11:23
Chiederò informazioni direttamente al direttore di Eurasia, quando e se riuscirò a trovare la rivista in edicola o in libreria o altrove, sulla linea ideologica eurasiatista.
Mi spiace invece deludere il forumista Anton Hanga ma nel sito riportato non compare alcuna mail del dottor Bellucci al quale , in ogni modo, non avrei alcuna intenzione di scrivere.

SAVONAROLA
26-04-09, 11:26
Carissimo Savonarola, Lei è davvero convinto che "Talmud" sia il titolo di un libello antisemita?


Il Talmud è un libro sacro degli ebrei da quanto mi consta ed è spesso stato utilizzato dalla propaganda antisemita sia nazionalsocialista che fascista per screditare la religione ebraica.
I Protocolli dei savi anziani di sion sono invece semplice paccottiglia antisemita ed un noto e dichiarato falso inventato dalla propaganda zarista alla fine del secolo decimonono.
La invito a consultare , a proposito, il volume "I falsi Protocolli" di Sergio Romano.

SAVONAROLA
26-04-09, 11:29
Guardi sul forum ci sarà spazio per diversi tipi di contributi, anche perchè solo in questo modo lo si può rendere vitale e stimolante...non chiudendo le porte e censurando idee come ci hanno abituato i padroni democratici..anche questa estenuante discussione ha avuto il suo spazio

Ringrazio il moderatore per le precisazioni necessarie. Non era mia intenzione ergermi a censore di chicchesia ma prendere le distanze da determinate tesi negazioniste ed antisemite e capire la relazione eventuale tra esse e alcuni collaboratori o simpatizzanti eurasiatisti.

Mi informerò in merito direttamente acquistando la rivista "Eurasia". Poi vi farò sapere. Buona domenica a tutti quanti, fin quando non avrò visionato il vostro organo ufficiale prometto di evitare nuovi interventi polemici.

Combat
26-04-09, 11:39
http://www.eurasia-rivista.org/cogit_content/numeri/EkFlyppplyGQMtXajr.shtml

ecco l'ultimo numero, si può acquistare anche online.

(non la chiamerei proprio rivista ufficiale o organo ufficiale, Eurasia è una rivista accademica, non un giornale di partito)


Se poi si vuole informare anche tramite una "rivista" di tutt'altro tipo, totalmente distinta da Eurasia (che ripeto è una rivista di studi geopolitici) può leggersi i numeri online di opposta direzione (www.oppostadirezione.altervista.org)

Ierocle
26-04-09, 11:42
Il Talmud è un libro sacro degli ebrei da quanto mi consta ed è spesso stato utilizzato dalla propaganda antisemita sia nazionalsocialista che fascista per screditare la religione ebraica.
I Protocolli dei savi anziani di sion sono invece semplice paccottiglia antisemita ed un noto e dichiarato falso inventato dalla propaganda zarista alla fine del secolo decimonono.
La invito a consultare , a proposito, il volume "I falsi Protocolli" di Sergio Romano.


Carissimo Savonarola, conosco bene sia i Protocolli dei Savi di Sion sia la letteratura che riguarda tale testo. Ho letto tanto i Falsi Protocolli di Sergio Romano quanto i Veri Protocolli di Volskij.

Per quanto riguarda il Talmud, mi fa piacere che Lei non lo ritenga più un "libello antisemita", ma lo consideri per quello che realmente è, ossia "un libro sacro degli ebrei", anche se l'attributo "sacro" è estremamente improprio.

Quanto a screditare la religione ebraica, penso che il Talmud basti a se stesso, dati i precetti che esso contiene. Per Sua edificazione, le riporto due pareri rabbinici contenuti in un trattao talmudico: 1) "Quando un uomo ha rapporti omosessuali con un bambino al di sotto dei 9 anni d'età, non è da condannare." (Talmud, Sanhedrin, 54b,55a); 2) "I rapporti sessuali con un bambino al di sotto degli 8 anni d'etàsono leciti." (Talmud, Sanhedrin, 69b).

SAVONAROLA
26-04-09, 11:44
Carissimo Savonarola, non sono un complottista: né vetero-, né neo-. Il fatto che esistano dei complotti non mi induce a spiegare tutto con i complotti. Perciò, se la mia risposta Le è sembrata ispirata da complottismo, si sbaglia.

Per quanto riguarda il termine "antisemita", io continuo ad usarlo secondo il suo valore etimologico ("etymos, -on" significa "autentico, genuino"), che indica una ostilità nei confronti dei Semiti, quindi degli Arabi (che attualmente rappresentano il 90% della famiglia semitica) e non degli Ebrei (che nella loro stragrande maggioranza non sono semiti).

Se Lei vuole intendere le parole secondo il loro significato non autentico e non genuino, faccia pure. Ma in tal modo si rende complice della falsificazione.

Ma la verità, per un marxista, non dovrebbe essere rivoluzionaria?


Il marxismo è un metodo scientifico e razionale per interpretare le correnti storiche , l'economia e la politica mondiali. E' anche un'ideologia che, come tutte le ideologie, ha probabilmente fallito molti dei suoi obiettivi nel corso del Novecento ciononostante realizzando profondi mutamenti nell'evoluzione della società in senso rivoluzionario e riformista.

Premesso ciò non era mia intenzione accusarla di "complottismo" ma rilevare come il suo approccio alla discussione fosse risultato conforme alla metodologia classica del complottismo. Ritiro dunque quanto scritto in precedenza e le rispondo: voi potrete intendere un termine nel suo senso , utilizzando il suo valore etimologico come affermate.
Ma non crede, così facendo, di andare a combattere una battaglia linguistica contro i mulini a vento?
"Antisemitismo" è e rimane "ostilità verso gli ebrei". A nessuno verrebbe mai in mente di utilizzarlo per "ostilità verso gli arabi" (pure semiti come giustamente sottolineate).
Continuerò dunque ad utilizzarlo secondo il suo uso corrente e tradizionale di ostilità verso gli ebrei senza per ciò rendermi partecipe di alcuna falsificazione nè storica nè culturale.
La verità è rivoluzionaria. La verità è anche non modificare il senso delle parole.

SAVONAROLA
26-04-09, 11:46
http://www.eurasia-rivista.org/cogit_content/numeri/EkFlyppplyGQMtXajr.shtml

ecco l'ultimo numero, si può acquistare anche online.

(non la chiamerei proprio rivista ufficiale o organo ufficiale, Eurasia è una rivista accademica, non un giornale di partito)


Se poi si vuole informare anche tramite una "rivista" di tutt'altro tipo, totalmente distinta da Eurasia (che ripeto è una rivista di studi geopolitici) può leggersi i numeri online di opposta direzione (www.oppostadirezione.altervista.org)


Molto bene. Nei prossimi giorni vedrò di acquistarne qualche copia prendendo contatti direttamente con la redazione. Grazie.

SAVONAROLA
26-04-09, 11:54
Carissimo Savonarola, conosco bene sia i Protocolli dei Savi di Sion sia la letteratura che riguarda tale testo. Ho letto tanto i Falsi Protocolli di Sergio Romano quanto i Veri Protocolli di Volskij.

Per quanto riguarda il Talmud, mi fa piacere che Lei non lo ritenga più un "libello antisemita", ma lo consideri per quello che realmente è, ossia "un libro sacro degli ebrei", anche se l'attributo "sacro" è estremamente improprio.

Quanto a screditare la religione ebraica, penso che il Talmud basti a se stesso, dati i precetti che esso contiene. Per Sua edificazione, le riporto due pareri rabbinici contenuti in un trattao talmudico: 1) "Quando un uomo ha rapporti omosessuali con un bambino al di sotto dei 9 anni d'età, non è da condannare." (Talmud, Sanhedrin, 54b,55a); 2) "I rapporti sessuali con un bambino al di sotto degli 8 anni d'etàsono leciti." (Talmud, Sanhedrin, 69b).



Non ho conoscenza del volume "I veri Protocolli" di tal Volskij anche se mi risulta difficile credere che esista realmente qualcuno - che non sia un antisemita, un nazista o un complottista - che possa prendere per "veri" questi strumenti della propaganda zarista screditati e esecrati giustamente a livello mondiale.

Il Talmud non ho avuto modo di visionarlo direttamente ma ne conoscevo a grandi linee il contenuto. Vedo e leggo quanto sopra e inorridisco al solo pensiero di averlo definito " testo sacro".

Se quanto riportato dovesse corrispondere a realtà ( mi informerò presso un compagno nato in una famiglia ebrea della zona in merito al contenuto esatto del volume in questione ) non potrei che darle ragione sul discredito inevitabile e sulla condanna conseguente di un simile testo.

SAVONAROLA
26-04-09, 11:57
Prima di lasciarvi vorrei sapere se vi riconoscete come movimento eurasiatista in questa definizione che dell'eurasiatismo fornisce Wikipedia:


L'eurasiatismo è una corrente di pensiero che si sviluppò tra l'emigrazione "bianca" dei Russi negli anni '20. Essa concerne l'interpretazione della storia russa e le relazioni di civiltà tra la Russia e l'Europa. Suoi principali esponenti furono Nikolaj Trubeckoj, Pëtr Savickij e Georgij Florovskij.





Genesi e storia [modifica]
Solitamente s'indica quale precursore dell'eurasiatismo Konstantin Leont'ev, autore di Vizantism i slavjanstvo (1875). In tale opera, Leont'ev sostiene che la civiltà russa è modellata sull'idea-forza di "bizantinismo", i cui elementi dominanti sono l'autocrazia ed il cristianesimo ortodosso. Il bizantinismo, così com'è inteso da Leont'ev, è radicalmente opposto al razionalismo di matrice occidentale, un influsso nefasto e distruttore tanto per l'Europa stessa quanto per i popoli che vi entrano in contatto: perciò l'invito rivolto alla Russia è quello d'unirsi ai popoli asiatici, ancora integri dal progressismo e dall'imborghesimento. Quest'ultimo elemento collega in maniera fondamentale Leont'ev ai tre fondatori dell'eurasiatismo: il linguista Nikolaj Trubeckoj (1890-1938), lo storico Georgij Vernadskij (1887-1973) e l'economista Pëtr Savickij (1895-1965). Tutti e tre gl'intellettuali esularono dalla Russia a seguito dell'affermazione dei bolscevichi e, singolarmente o collegialmente, cominciarono ad interrogarsi sulla storia e la cultura russe, giungendo ad elaborare la dottrina eurasiatista. In controtendenza con tutta la storiografia russa ed europea dell'epoca e dei secoli precedenti, questi pensatori affermarono che la dominazione mongola era stata decisiva e positiva per la creazione dell'identità russa. Grazie a quell'esperienza, i Russi ed i popoli circostanti si erano trovati uniti in una medesima civiltà eurasiatica. La loro unità culturale doveva rispecchiarsi nell'integrazione politica, precondizione necessaria per resistere all'influsso omologatore occidentale. Questa posizione trovò presto sostenitori tra altri intellettuali russi esuli in Europa, quali il teologo Georgij Florovskij (1893-1973) ed il musicologo Pëtr Suvčinskij (1892-1985).


"L'ultimo eurasiatista" [modifica]
Così fu ribattezzato - col suo assenso - lo storico ed antropologo russo Lev Gumilëv (1912-1992), figlio dei celebri poeti Nikolaj Gumilëv e Anna Achmatova. Egli, infatti, pur nel clima sostanzialmente ostile della cultura sovietica (Gumilëv aveva origini aristocratiche, e perciò passò molti anni in carcere o ai lavori forzati), studiò a fondo il contributo delle civiltà turaniche nel quadro della storia russa ed eurasiatica. Sopravvisse di soli pochi mesi alla fine del regime bolscevico (tra l'altro, opponendosi alla dissoluzione dell'Unione Sovietica), ma furono sufficienti per acquisire una grande notorietà per sé e per l'eurasiatismo, tanto che oggi in Russia è idea comune tanto tra la classe intellettuale quanto tra la gente comune, che la loro civiltà non sia né europea né asiatica, ma per l'appunto "eurasiatica".


Il neo-eurasiatismo [modifica]
Dopo la fine del regime comunista e la dissoluzione dell'Unione Sovietica, il filosofo russo Aleksandr Dugin ha recuperato l'eurasiatismo, coniugandolo con lo studio della geopolitica. Da tale commistione è nato il "neo-eurasiatismo": esso sottolinea la necessità dell'integrazione politica e strategica dei paesi postsovietici - l'Eurasia - non più in funzione antieuropea, bensì anti-statunitense. Gli USA ed il loro progetto universalista sono infatti la minaccia additata dai neo-eurasiatisti, mentre l'Europa (al pari di India, Cina, Giappone e Iran) è un'interlocutrice e potenziale alleata in virtù del comune interesse per un ordine mondiale multipolare.

Combat
26-04-09, 11:58
Il marxismo è un metodo scientifico e razionale per interpretare le correnti storiche , l'economia e la politica mondiali. E' anche un'ideologia che, come tutte le ideologie, ha probabilmente fallito molti dei suoi obiettivi nel corso del Novecento ciononostante realizzando profondi mutamenti nell'evoluzione della società in senso rivoluzionario e riformista.

Premesso ciò non era mia intenzione accusarla di "complottismo" ma rilevare come il suo approccio alla discussione fosse risultato conforme alla metodologia classica del complottismo. Ritiro dunque quanto scritto in precedenza e le rispondo: voi potrete intendere un termine nel suo senso , utilizzando il suo valore etimologico come affermate.
Ma non crede, così facendo, di andare a combattere una battaglia linguistica contro i mulini a vento?
"Antisemitismo" è e rimane "ostilità verso gli ebrei". A nessuno verrebbe mai in mente di utilizzarlo per "ostilità verso gli arabi" (pure semiti come giustamente sottolineate).
Continuerò dunque ad utilizzarlo secondo il suo uso corrente e tradizionale di ostilità verso gli ebrei senza per ciò rendermi partecipe di alcuna falsificazione nè storica nè culturale.
La verità è rivoluzionaria. La verità è anche non modificare il senso delle parole.

"l'ignoranza è forza, la guerra è pace, la libertà schiavitù" anche Orwell, per esempio, spiegava come la cultura egemone usi termini e concetti a suo piacimento per preservare il proprio dominio.

Combat
26-04-09, 12:02
http://www.continente.altervista.org/continente-eurasia%20settembre2005%20a.1%20nr.1.pdf

Deve leggersi questo numero di Continente Eurasia, ci sono vari saggi sulla storia dell'eurasiatismo.

Ierocle
26-04-09, 12:03
Il marxismo è un metodo scientifico e razionale per interpretare le correnti storiche , l'economia e la politica mondiali. E' anche un'ideologia che, come tutte le ideologie, ha probabilmente fallito molti dei suoi obiettivi nel corso del Novecento ciononostante realizzando profondi mutamenti nell'evoluzione della società in senso rivoluzionario e riformista.

Premesso ciò non era mia intenzione accusarla di "complottismo" ma rilevare come il suo approccio alla discussione fosse risultato conforme alla metodologia classica del complottismo. Ritiro dunque quanto scritto in precedenza e le rispondo: voi potrete intendere un termine nel suo senso , utilizzando il suo valore etimologico come affermate.
Ma non crede, così facendo, di andare a combattere una battaglia linguistica contro i mulini a vento?
"Antisemitismo" è e rimane "ostilità verso gli ebrei". A nessuno verrebbe mai in mente di utilizzarlo per "ostilità verso gli arabi" (pure semiti come giustamente sottolineate).
Continuerò dunque ad utilizzarlo secondo il suo uso corrente e tradizionale di ostilità verso gli ebrei senza per ciò rendermi partecipe di alcuna falsificazione nè storica nè culturale.
La verità è rivoluzionaria. La verità è anche non modificare il senso delle parole.


Se il senso delle parole è stato modificato, è un atto rivoluzionario restituire ad esse il loro significato originario, specialmente quando il significato artefatto è funzionale al dominio e all'interesse di ben determinati gruppi di potere.

LupaNera
26-04-09, 15:03
ma non era un thread per gli articoli di Dagoberto Bellucci?

Spetaktor
26-04-09, 18:27
ma non era un thread per gli articoli di Dagoberto Bellucci?

zitta, non parlare di quel naziislamico antisemita! :piango:

LupaNera
29-04-09, 12:38
up!:)

LupaNera
29-04-09, 12:39
L'ANTIGIUDAISMO CATTOLICO



NOTE INTRODUTTIVE

di Dagoberto Husayn Bellucci



L'autore, italiano di nascita, convertito all'Islam, residente in Libano,

è Direttore Responsabile dell'Agenzia di Stampa "Islam Italia"




--------------------------------------------------------------------------------

La Redazione di TerraSantaLibera.org, pur non sottoscrivendo certune affermazioni dell'autore,

in materia di esegesi e magistero, considera comunque interessante tale ricerca e analisi,

tanto più trattandosi di opera composta da persona di confessione islamica.


--------------------------------------------------------------------------------




"Le conversioni dall'ebraismo ad altre religioni non rappresentano un
fenomeno nuovo nella storia del popolo d'Israele; esse si verificarono già ai
tempi dello Stato Ebraico, dovunque gli ebrei vissero dispersi fra gli altri
popoli... Fu tra gli apostati perfino il figlio dell'arabarca Alessandro, capo
della comunità ebraica di Alessandria, il quale, ottenne poi, come premio per
aver cambiato il Dio ebreo con gli Dei latini, gli onori dello Stato romano:
fenomeno che è d'altronde tipico. I neofiti ebrei hanno sempre raggiunto in
tutte le altre religioni un'alta situazione sociale, in numero veramente
grande."

(A. Ruppin - storico ebreo nel volume "Gli Ebrei d'oggi" ediz. Fratelli Bocca
- Milano)


"La singolarità unica del giudaismo sta in ciò che esso è , insieme e
indissolubilmente, una nazione ed una religione, anche negli stessi giudei
increduli, per il "messianismo" talmudico in essi persistenti. Ancora più
strano e singolare: il giudaismo è una nazione equivoca e insieme una religione
equivoca. Nazione equivoca, perchè, al medesimo tempo, è se stesso ed è un
altro, quante altre nazioni del mondo, dove si è stabilito: giudaismo italiano,
francese, tedesco, inglese, americano, polacco, e via dicendo; onde il giudeo
gode di due nazionalità. (...) Religione equivoca, perchè, se ha il vanto di
essere stata l'unica vera religione - cioè il giudaismo dell'Antico Testamento,
figura e preambolo del Nuovo, preparazione quindi del Cristianesimo - è
ormai, in realtà, una religione profondamente corrotta: il giudaismo del
Talmud, antitesi del cristianesimo".

(Articolo da "La Civiltà Cattolica" - organo dei padri gesuiti - 15 maggio
1938)



Abbiamo sempre apprezzato sul piano dottrinario , nella valenza dei suoi
principi teorici e dei suoi insegnamenti pratici, l'elaborazione anti-giudaica
espressa dal Cristianesimo originario ovvero dalla scuola dei Padri della
Chiesa Cattolica Apostolica Romana.

Storicamente la disputa teologica tra Ebraismo e Cristianità si sviluppa
quale espressione di un conflitto "di interessi" teologici interno alle
comunità ebraiche , in particolar modo di quelle del Mediterraneo levantino,
originato dall'apparizione messianica sulla palcoscenico della storia
dell'umanità dalla figura di Gesù Cristo il Nazareno.

Ora, che i giudei , autoproclamatisi "popolo eletto" predestinato al dominio
universale, non abbiano riconosciuto l'Ultimo Profeta loro inviato
dall'Onnipotente - condannandolo a morte per blasfemia - risulterà in questa
sede questione di secondaria importanza e fatto storicamente irrilevante (e
comunque inerente esclusivamente il piccolo popolo israelita disperso per mille
contrade e mischiato a decine di popoli) se non fosse per l'evoluzione
successiva che avranno e per le ripercussioni politico-sociali che assumeranno
nel corso dei secoli.

L'antigiudaismo di matrice cattolica si affermerà fin dai primi secoli della
nuova era come una netta recisione tra un prima ed un dopo: la Chiesa di Roma
nasce in contrapposizione con l'antica "Israele" , come nuovo patto tra
l'Essere Supremo ed il suo nuovo popolo in opposizione e antitesi categorica
con l'antica alleanza sigillata da "yahvè" con gli israeliti. La nuova Chiesa
afferma verità dogmatiche che trovano il loro sostegno ideologico
nell'interpretazione data della vita, degli insegnamenti e della figura del
Cristo Re ("rex iudaeorum" ma anche "figlio di Dio", Agnello che toglie i
peccati del mondo e Redentore dell'umanità secondo il Magistero evangelico)
che sarà trasmessa da Paolo di Tarso , dagli evangelisti e in particolare
dall'esegesi dei Padri della Chiesa.

Nel Vangelo di San Giovanni la polemica antigiudaica è evidente fin dalla
narrazione storica delle rivolte ebraiche dell'epoca della dominazione romana
sulla Palestina che sono ricondotte ad un conflitto tra Gesù , il Messia atteso
secondo le scritture, e il popolo ebraico. In questa disputa il ruolo lasciato
al governatore romano , Ponzio Pilato, è relativo poichè esso appare come un
soggetto in balia del Gran Sinedrio e dei capi del popolo giudeo: non è affar
suo l'emanazione della sentenza di vita o di morte del "condannato" Gesù perchè
tale decisione è inerente alle sole leggi ebraiche, studiate, gestite e
applicate dai dottori della legge ebrei e valide esclusivamente per il popolo
ebraico. La condanna a morte del "falso messia" è una questione interna a
"Israele" entro la quale non deve interferire alcuna legislazione "straniera"
nè hanno poteri , nè potrebbero averne considerando la rigida legislazione
ebraica, autorità che non siano espressione della casta sacerdotale rabbinica
che controlla il Tempio.

"Pilato allora disse loro: prendetelo e giudicatelo secondo la vostra legge"
(Giovanni). Nel racconto evangelico al procuratore e magistrato romano non
rimane che rimandare alle leggi ebraiche e alla volontà dei capi supremi del
Sinedrio l'ultima parola sulla sorte del Nazareno; giudei che non avevano
potere di emissione di una condanna , come si evince dal testo ( "Gli dissero i
giudei: a noi non è lecito far morire nessuno" ) , ma che in assenza di un
verdetto romano si assumeranno tutta la responsabilità del crimine poichè
Pilato (lavandosene le mani) affida ad essi l'esecuzione: "Devo crucifiggere il
vostro re? Risposero i pontefici: "Non abbiamo altro re che Cesare" Allora
(Pilato) lo consegnò loro affinchè fosse crocifisso".

Gli ebrei dunque risultano responsabili materiali del crimine (poi deicidio
secondo la formula cristiano-cattolica) e nel Vangelo di Giovanni la cesura
netta tra la nascente Chiesa di Cristo e il popolo dei "sepolcri imbiancati" -
cieco e sordo - d'"Israele" si afferma anche nella formulazione del racconto
della vita di Gesù che diviene l'esplicarsi della Parola, del Logos Dio dinanzi
al quale il popolo ebraico viene a trovarsi in una posizione di opposizione e
contrasto, estromesso per sempre dall'alleanza e destinato alla perdizione
perpetua.
Il popolo ebraico da "popolo eletto" si trasforma in figlio del demonio ,
espropriato dei benefici di appartenere ad una comunione mistica, speciale, con
l'Altissimo. Il Cristianesimo si presenta dunque come la nuova comunità dei
"figli della luce" in contrapposizione con i "perfidi giudei" , "figli delle
tenebre", negatori della divinità del Cristo, della sua missione salvifica e
del suo ruolo escatologico di "axis mundi".

E' opportuno ricordare che la creazione del mito del "popolo eletto" per gli
ebrei sia parallela al passaggio che storicamente aveva segnato per "Israele"
la trasformazione da uno stato nomade ad uno stazionario, conseguenza di una
speranza di riscatto dopo i periodi di deportazione e schiavitù patiti sotto
gli egiziani prima ed i babilonesi poi.
Non di meno bisogna ricordare come , in origine, la forma tradizionale
ebraica si riconnette alla Tradizione Primordiale, la cui origine metafisica e
non umana opererà una indubbia azione disciplinare e rettificherà le tendenze
perverse e dissolutrici presenti nel 'corpus' razziale ebraico.

Il processo, la fase, di decadenza dell'Ebraismo - comune ad altre forme
tradizionali e riferibile ad un periodo storico compreso tra l'VIII e il VI
secolo a.C. - propizieranno una discesa nel mondo informe della Sovversione e
per i giudei risulteranno decisivi - su di un piano metastorico - per
l'assunzione profana e materiale , 'rovesciata' , dei principi tradizionali in
particolar modo per ciò che concerne la pretesa/presunta elezione divina del
popolo ebraico: "Questo tema - scrive Claudio Mutti (1) - che nell'ebraismo
antico era stato contenuto, bene o male, entro il quadro organico di una
tradizione, subì, col degenerare della tradizione in un tradizionalismo
residuale, un processo di materializzazione, dando luogo ad un razzismo
intransigente e ad un risentimento smisurato nei riguardi dei non ebrei. (...)
...la fine politica degli ebrei, la loro dispersione, la loro condanna in
quanto popolo deicida fecero scattare, come un'idea di rivalsa e una speranza
di "revanche", la teoria di Israele quale popolo destinato al comando
universale. La volontà di dominio mondano, prodotta e giustificata dalla
laicizzazione del tema biblico della scelta di Israele quale "popolo di Dio" ,
si legò ad un desiderio sfrenato di ricchezza materiale e a una pronunciata
propensione per il mercato..." .

A questa speranza di riscatto, a questa "revanche" giudaica, si era cercato
di dare una garanzia ricorrendo oltretutto al mito sovrannaturale della "terra
promessa" che diventerà una certezza insindacabile perchè è direttamente Dio
che assicura e promette. Tale è il fondamento del patto stipulato da Yahvè -
dio esclusivo e geloso degli ebrei - con il patriarca Abramo ma l'"elezione"
dovrà essere conquistata dal popolo ebraico attraverso un comportamento che sia
equo e giusto; per i giudei quest'impegno etico originariamente assunto come
garanzia di rinnovamento dell'alleanza verrà invece metabolizzato - di
generazione in generazione - alla lettera nel senso di un immutabile ed
esclusiva continuità: ab aeterno "Israele" , disperso tra le genti ostili e
straniere, ha la certezza di possedere un "patto speciale" con l'Onnipotente ,
certezza di vittoria e speranza di riscatto per il dominio universale giudaico
sul mondo.

L'antigiudaismo cattolico diventato il Cristianesimo religione di Stato
affermerà - con l'Editto di Tessalonica del 380 - l'infallibilità dei dogmi
della nuova fede : "Vogliamo che tutti i popoli a noi soggetti seguano la
religione che l'apostolo Pietro ha insegnato ai romani...si creda nell'unica
divinità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo in tre persone uguali. Chi
segue questa norma sarà chiamato cristiano cattolico ( che deriva
dall'espressione greca katà òlou = "in tutto", "su tutto" ) , gli altri invece
saranno stolti, eretici, nè le loro riunioni potranno essere chiamate vere
chiese; essi incorreranno nei castighi divini ed anche in quelle punizioni che
noi riterremo di infliggere loro.".

All'esclusivismo razzial-religioso ebraico si contrappone l'esclusivismo
dogmatico della nuova dottrina ri-elaborata e studiata dai Padri della Chiesa
trionfante innestatasi nella romanità. Il nemico per la nuova istituzione
ecclesiastica che si era proclamata la sola interprete dei Testi Sacri
diventerà chiunque proclami una dottrina difforme: l'eretico, lo gnostico, il
ricercatore solitario di Verità metafisiche ma principalmente l'Ebreo al quale
spesso sono imputate colpe e crimini teologici altrui.
L'ebreo, istigatore di menzogna per eccellenza , diventerà la fonte
primordiale di tutte le eresie , di tutti gli agnosticismi, di qualunque idea
contrastante quella ufficiale.

Vediamo come si modificherà , nel pensiero dei primi Padri della Chiesa,
l'immagine dell'Ebreo: da deicida a ispiratore e istigatore di dottrine false e
spergiuri:
"L´Ebreo è una vergogna" sentenzia San Basilio (2) , "I loro sovrani son
dei criminali, i loro giudici dei furfanti...essi sono 99 volte peggiori dei
non giudei" dichiara
Efrem ,dottore della Chiesa, (3) , San Attanasio li definisce "...persino
peggiori del diavolo" (4) mentre per Sant'Agostino "Esistono due tipi di
uomini, i cristiani e gli ebrei", "la luce e il buio", "peccatori",
"assassini", "immondizia rimestata" (5).
Gli ebrei però devono esistere: nella persecuzione che essi dovranno subire
per la loro colpa eterna (il Deicidio) secondo Sant'Agostino vi è la prova ,
l'incarnazione, della maledizione divina che li condanna alla dispersione
eterna. La Chiesa ordinerà quindi che siano divisi dal consorzio dei cristiani,
che ad essi - figli del demonio e elementi di perdizione - siano rese illecite
diverse attività: inizia l'epoca dei divieti imposti direttamente dalle
autorità ecclesiastiche.
Sarà proibito ai giudei di mangiare a tavola con i cristiani e avere rapporti
sessuali con essi (Sinodo di Elvira 306 d.C.), ricoprire cariche pubbliche
(Sinodo di Clermont , 535 ), circolare liberamente durante le liturgie della
pasqua cristiana (Sinodo di Orlèans, 538), abitare vicino ai cristiani (Sinodo
di Narbone , 1050) divieto questo che spesso si accompagnava con l'obbligo per
gli ebrei di risiedere in aree ben individuabili e delimitate (sancito
definitivamente dal Sinodo di Breslavia del 1267) che daranno vita ai famosi
"ghetti" ebraici , sorti un pò ovunque in tutta Europa, peraltro
corrispondenti ai 'desiderata' delle stesse autorità rabbiniche che assumevano
così direttamente la direzione delle faccende e della vita sociale dei loro
correligionari obbligandoli ad adempiere alle prescrizioni talmudico-
legislative.
"Il Talmud - scrive Maurizio Lattanzio (6) - è la raccolta giurisprudenziale
costituita dall'esegesi e dal commento rabbinico del Vecchio Testamento; la
codificazione dei rabbini diventerà quindi la depositaria dell'identità
cultural-razziale dell'ebraismo. Secondo l'ebreo Graetz, storico del giudaismo,
"il Talmud è stato il simbolo che ha tenuto assieme i Giudei dispersi nei vari
paesi, custodendo l'unità del Giudaismo". Un altro ebreo, I. Epstein, scrive:
"...ed è il Talmud che ha formato le dottrine religiose e morali del giudaismo
odierno". Senz'altro interessante la considerazione di alcuni passi del Talmud:
"Il Messia darà agli Ebrei il dominio del mondo, al quale serviranno e saranno
sottoposti tutti i popoli". (7) Oppure "Il Santissimo parlò così agli
Israeliti: Voi mi avete riconosciuto come unico dominatore del mondo, e perciò
io vi farò gli unici dominatori del mondo". (8) E, ancora: "Tutti i popoli
verranno al monte del Signore e al Dio di Giacobbe e saranno soggiogati dagli
Israeliti" (9). L'etica talmudica , nel corso dei secoli, si sedimenterà
nell'anima razziale del popolo ebraico, facendone il principale supporto
antropologico delle forze dell'Anti-tradizione e il più efficace propagatore
storico dei processi sovversivi che da essa si esprimono."


Nel 1215 un decreto del IV Concilio Lateranense che incitava i cristiani alla
lotta contro le eresie introdurrà per gli Ebrei il segno distintivo di
riconoscimento stabilendo "...che questa gente dell'uno e dell'altro sesso in
tutte le province cristiane e per sempre debba distinguersi in pubblico per il
loro modo di vestire dal resto della popolazione". Una misura protettiva
peraltro copiata dai nuovi 'concorrenti' teologici (i musulmani) che in
diverse nazioni governate dall'Islam avevano inserito questo contrassegno
distintivo per i "ebrei e cristiani" (in Persia era già in uso).

Per quanto concerne la questione del "ghetto" occorre ricordare come
quest'area protetta, al di là della 'evidenza' spaziale di un concentramento di
soggetti di razza e religione ebraica, dovesse risultare gradita principalmente
alle stesse autorità rabbiniche che - spesso - ne richiesero la creazione e ne
plaudivano l'applicazione come la più efficiente barriera fisica, un muro
divideva le genti ebree dalle cristiane, per preservare la "purezza razziale"
ed il 'sangue' d'Israele.

La dizione di 'ghetto' (e il conseguente termine che assumerà carattere
negativo di "ghettizzazione") deriva dall'area , sita in Venezia, dove nel 1516
venne creato il quartiere ebraico della città lagunare: si trattava di una
vecchia fonderia dove venivano "gettati" i metalli, da quì il nome "geto" in
dialetto veneziano poi 'italianizzato' in Ghetto.
Con la Controriforma del XVImo secolo i ghetti ( = quartieri ebraici)
sorgeranno un pò ovunque in tutta Europa. Il Pontefice Paolo IV, con la bolla
'Cum nimis absurdum' del 12 luglio 1555 , deciderà di separare per sempre gli
ebrei dai cristiani sentenziando la divisione e la restrizione del popolo
ebraico in aree protette chiuse da cancelli "poichè è assurdo e sconveniente
massimamente che gli ebrei, condannati da Dio alla schiavitù eterna, possano
essere tollerati nella loro coabitazione in mezzo a noi con la scusa della
protezione dell'amore cristiano.".

La segregazione del popolo ebraico in specifici quartieri verrà
successivamente ribadita dalle bolle pontificie di Pio V (1566) e di Clemente
VIII (1593) mentre Pio VI nel 1775 deciderà per la condanna a morte di chiunque,
ebreo, sia trovato di notte all'esterno del ghetto.

L'antigiudaismo cattolico - del quale l'opera e l'attività di Giovanni
Preziosi (10) , massimo studioso della questione ebraica ed ex membro del clero
cattolico , sarà una naturale prosecuzione - nella seconda metà dell'ottocento
reagirà all'aggressione giudaico-massonica contro la Chiesa Cattolica,
perpetrata attraverso e per mezzo del "risorgimento tricolore" delle coccarde
massoniche avversarie irriducibili del potere temporale del Papa-Re (non
'casualmente' il Risorgimento italiano sarà essenzialmente un vero e proprio
"risorgimento ebraico" con la schiusura dei ghetti e la creazione di uno Stato
nazionale a-cattolico, laico e secolarizzato sul modello transalpino della
'rivoluzione' dei lumi del 1789) , attraverso l'opera dei padri gesuiti che nel
loro organo ufficiale , "La Civiltà Cattolica", delineeranno la dimensione
occulta dei moti risorgimentali ponendo in luce la parte essenziale giocata
nelle cosiddette 'rivoluzioni nazionali' dall'elemento ebraico.

A Prato , con tanto di autorizzazione ecclesiastica, nel 1889 verrà quindi
data alle stampe una selezione di "articoli de La Civiltà Cattolica" (11) sotto
il titolo di "Della questione giudaica in Europa" dove il giudaismo viene
legittimamente e prove inconfutabili alla mano ritenuto responsabile di aver
ordito la trama della "formidabile rivoluzione" (la rivoluzione francese) che
con la proclamazione universale dei diritti dell'uomo ha sancito e aperto la
strada alla laicizzazione dello Stato alias giudaizzazione delle società
cristiane.

Negli articoli de "La Civiltà Cattolica" sono auspicate drastiche misure di
contenimento del virus ebraico, vera e propria infezione che si è insinuata ai
vertici delle Istituzioni nazionali del neonato stato italiano, in particolare
la confisca dei beni degli ebrei poichè "la maggior parte de' tesori che i
giudei posseggono , è roba di malo acquisto: colla frode, coll'usura, colle
truffe l'hanno messa insieme e se non si pone un termine allo scandaloso loro
accumulamento fra poche decine d'anni , quasi tutto il capitale mobile e
immobile de' cristiani sarà preda loro" (12) misura che andrebbe accompagnata
dall'espulsione dal corpo nazionale dell'elemento ebraico visto che "se non si
rimettono gli ebrei al posto loro, con leggi umane e cristiane sì, ma di
eccezione, che tolgano loro "l'uguaglianza civile", a cui non hanno diritto,
che anzi è perniciosa non meno ad essi che ai cristiani, non si farà nulla o si
farà ben poco..." sentenziando che "gli Ebrei moderni sono il flagello della
giustizia di Dio e che tutto il dolce del liberalismo finisce per attirarle fra
le strette della vorace piovra del giudaismo" (13).

Un altro autorevole esponente della Confraternità del Gesù, padre F.S.
Rondina, paragonerà il giudaismo ad una sorta di piovra che aumenta a dismisura
come il suo potere economico in seno alle istituzioni: "E' un polipo che cò
cuoi smisurati tentacoli tutto abbraccia...ha lo stomaco nelle banche..i suoi
succhiatoi dappertutto: negli appalti e nei monopoli, negli istituti di credito
e nelle banche, nelle poste e nei telegrafi, nelle società di navigazione e
nelle ferrovie, nelle casse comunali e nelle finanze degli Stati" (14)


Concludiamo questo preliminare e affatto esaustivo intervento
sull'antigiudaismo cattolico (15) ricordando con Giovanni Preziosi:
"S.Agostino nella "Città di Dio" (VII , II) riferisce questo giudizio di
Seneca sugli ebrei: Scelleratissima gente , che aveva saputo diffondersi e
imporsi da per tutto: vinti, avevano, dettato leggi al vincitore. A distanza di
duemila anni, la situazione non è certo migliorata" (16)

"Uomini siate e non pecore matte, sì che 'l giudeo tra voi, di voi non rida" (Dante, Divina Commedia)



DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI

L'autore, italiano di nascita, convertito all'Islam, residente in Libano,

è Direttore Responsabile dell'Agenzia di Stampa "Islam Italia".



La Redazione di TerraSantaLibera.org, pur non sottoscrivendo certune affermazioni dell'autore in materia di esegesi e magistero, considera comunque interessante tale ricerca e analisi,

tanto più trattandosi di opera composta da persona di confessione islamica.



--------------------------------------------------------------------------------


NOTE -


1 - Claudio Mutti - "Ebraicità ed ebraismo" - "I Protocolli dei Savi Anziani
di Sion" - ediz. di "Ar" - Padova , 1976;


2 - Basilio, Homiliae 9 in Exameron, 6

3 - Citazione tratta da Schneider, Das Friihchristentum, p. 17.

4 - Cfr. nota 32.

5 - Cfr. a questo riguardo pp. 511 ss.

6 - Maurizio Lattanzio - articolo "Il Mondialismo" , "Orion" nr. 15 del
Dicembre 1985 poi ripubblicato da "Avanguardia";

7 - Talmud Babilonese - Trattato Schalb. fol. 120, c.l. e Trattato Shanedrin,
fol. 88 c.2, fol. 99 c.l. ;

8 - Talmud - Chenga fol. 3.3 ;

9 - Talmud - Commento a Isaia, fol. 4 e c. 2 ;

10 - di Giovanni Preziosi si vedano : "L'Internazionale Ebraica - I
Protocolli dei Savi Anziani di Sion" (ediz. 'La Vita Italiana' - Roma 1921 e
1938) ripubblicati per le ediz. "Mondadori" - Milano nel 1944; i volumi "Come
il giudaismo ha preparato la guerra" (ediz. 'Tumminelli e C.' - Roma 1939) ,
"Giudaismo, Bolscevismo, Massoneria, Plutocrazia" (ediz. 'Weiblingen' -
Hoenstaufhen 1944) -

11 - E' stata invece ripubblicata la raccolta degli scritti del 1938 apparsi
sullo stesso organo dei Gesuiti e recanti medesimo titolo disponibile per i
quaderni della sezione "Judaica"editi dalle edizioni "Effepi" di Genova nel
2003;

12 - "Della Questione Giudaica" - ediz. "La Civiltà Cattolica" - Prato (Fi)
1891;

13 - ibidem;

14 - Articolo da "La Civiltà Cattolica" anno 1892 - serie MXXII ;

15 - si consulti in proposito anche di Roberto Farinacci - "La Chiesa e gli
Ebrei" (1938) ripubblicato dalle edizioni "Sentinella d'Italia" - Monfalcone
nei primi anni ottanta;

16 - Giovanni Preziosi - articolo "Il Giudaismo definito da "La Civiltà
Cattolica" del 15 ottobre 1938 - Appendice (Pagine Sparse) del volume "Come
il giudaismo ha preparato la guerra" - ediz. "Tumminelli e C." - Roma 1939;


http://www.jerusalem-holy-land.org/DHB-AntigiudaismoCattolico.htm

LupaNera
29-04-09, 12:43
A MARGINE DI UNA CONFERENZA SUL RAZZISMO :



RIFLESSIONI SULLA QUESTIONE GIUDAICA



di Dagoberto Husayn Bellucci

Direttore Responsabile dell'Agenzia di Stampa "Islam Italia"



Libero corrispondente dal Libano per TerraSantaLibera.org




--------------------------------------------------------------------------------




--------------------------------------------------------------------------------

Il fragore suscitato dalle legittime, realistiche e 'pertinenti' dichiarazioni anti-israeliane del Presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, in occasione dell'assise internazionale delle Nazioni Unite contro il Razzismo ci impongono una riflessione 'doverosa' sulla natura del Sionismo, quale movimento politico e organizzazione/entità statale d'esproprio territoriale della Terrasanta palestinese, e sulla 'valenza' del cosiddetto "antisemitismo" ovvero della dicotomia radicale esistente tra universo giudaico e resto del pianeta.



Non staremo in questa sede a commentare i comportamenti tenuti dai ministri degli Esteri e dai delegati dell'Unione Europea presenti a Ginevra nè ci 'interessa' quali siano state le reazioni suscitate dalle parole del Capo di Stato iraniano o le dichiarazioni di esponenti più o meno 'autorevoli' delle diverse kehillah 'sparpagliate' per il Vecchio Continente , basti e avanzi rilevare l'alto tasso di kippizzazione al quale è arrivata la politica europea 'sbracatamente' prona ai diktat sionisti e servile in qualsivoglia occasione a sostenere i desiderata della lobby kosher.



Ahmadinejad ha dichiarato che "Israele" è uno "stato razzista", che ha occupato i territori della Palestina storica mediante il ricatto dell'olocausto e attraverso il terrorismo, perpetrando crimini efferati dalla sua costituzione fino ai giorni nostri e , per aver affermato queste lapalissiane verità - dati di fatto incontrovertibili e indiscutibili sotto qualunque profilo storico, etnico-razziale, religioso, culturale e politico - , è stato additato dai censori dalla stella di Davide di ogni latitudine all'esecrazione mondiale, etichettato quale novello Hitler e dittatore di uno "stato canaglia", la Repubblica Islamica dell'Iran , contro il quale - parole del presidente israeliano Peres e del premier Nethanyauh (due terroristi responsabili dei massacri in Libano e Palestina di centinaia di innocenti e mandanti di crimini perpetrati dal Mossad contro esponenti della Resistenza in Palestina e in altri Stati arabi) - si ipotizzano "ritorsioni" manu militari ...anni di 'minacce' inutilmente rivolte al vento anche perchè , sia detto per 'inciso', non c'é trippa per i gatti... interminabile sequela di demenziali bla bla bal rivolti da Tel Aviv contro Teheran ai quali siamo, 'oramai', 'abituati'.



Al di là di ciò che blaterano i sionisti vediamo di 'ricapitolare' alcune brevi analisi circa l'entità criminale sionista. Il Sionismo , movimento della borghesia ebraica europea sorto alla fine del XIXmo secolo, rappresenta storicamente l'escrescenza organizzata ideologicamente del tradizionale messianismo ebraico inteso quale rappresentazione su di un piano ideale dell'utopistico ritorno ad una terra promessa quale escatologica finalizzazione dell'anima religiosa ebraica.



Il Sionismo si palesa quale rappresentante dell'ala laico-militarista , di stampo originariamente socialista, dei settori benestanti delle diverse comunità giudaiche europee e mondiali. A questo movimento nazionalista, revanscista, reazionario e dai tipici connotati colonialistici di fine XIXmo secolo si sono andate sommando altre realtà distinte del Giudaismo: settori oltranzisti 'religiosi', 'raccattati' in particolar modo tra gli ebrei askhenaziti dell'Europa orientale, ambienti della finanza ebraica mondialista, settori del sotto-proletariato ebraico e ambienti della sinistra sionista.



Inutilmente riproponiamo le dichiarazioni dei principali esponenti del Sionismo - da Theodore Herzl ai più recenti Tzipi Livni o Ehud Barak avremmo un secolo abbondante di atavico odio e la continua rivendicazione e legittimazione del terrore quale strumento di 'normalizzazione' dei rapporti di forza con il mondo arabo - che peraltro sono disponibili sia in rete ('tanto' c'é "Internet" che vi 'dice' chi siete , cosa siete, che cazzo fate e che cazzo farete ... 'tze') che in diversi peraltro utilissimi testi di analisi tra i quali ricordiamo e 'consigliamo' l'ottimo lavoro di Roger Garaudy sui "miti fondatori della politica israeliana" disponibile per le edizioni Graphos di Genova.



Sarebbe la 'conta' delle cazzate in serie messianico-scioviniste distribuite nel corso di un secolo abbondante dai portavoce , più o meno 'delegati' (il vero potere risiede nel Kahal = il Gran Sinedrio ebraico, istituzione sovranazionale, semi-occulta o 'discreta' per dirla con Jacques Bordiot e responsabile della direzione su scala internazionale degli affari del Giudaismo mondiale) , di "Israele".



Ciò non di meno risulterebbe 'conforme' considerando l'incredibile serie di palesi affermazioni di chiaro stampo xenofobo (non 'razziale' si badi 'bene' la 'differenza' per chi ci 'arriva') dei principali esponenti - laici o religiosi - del movimento sionista: sono gli ebrei per primi a parlare apertamente di razza ebraica, di nazione ebraica a rivendicare una superiorità razziale ed etnica rispetto al resto dell'umanità non ebraica.



E sono gli stessi ebrei a legittimare questo fanatismo razziale su base religiosa.

Essi hanno elaborato e diffuso per oltre un secolo queste farneticazioni al solo scopo di raggiungere i propri obiettivi perseguiti instancabilmente dalla politica sionista e necessari a dare una base 'spirituale' , meglio 'sacrale', alla creazione di un emporio terroristico che ha scatenato da sessant'anni tutte le forme possibili di violenza contro i vicini arabi elaborando qualunque dispositivo segregazionista e suddividendo la stessa popolazione ebraica in cittadini di serie "a" e di serie "minori" come si è visto nel caso degli ebrei etiopi falasha , manodopera operaia o addetti alla repressione militare anti-araba ('sgherri' e aguzzini di 'complemento') considerati dal Tribunale Supremo dei Culti Religiosi, alias Rabbinato di Gerusalemme, "impuri" o non propriamente di "razza pura".



Ci sono poi le coppie miste che in "Israele" non se la passano affatto bene: oltre 15mila soggetti costretti, tra l'altro, a convolare a nozze nella vicina isola di Cipro perchè per la religione razziale ebraica questi 'incroci' sono - prim'ancora che sconsigliati e aborriti - o rappresenterebbero dei veri e propri suicidi e atti contrari all'esclusivismo del sangue dei figli di Sion secolarmente e gelosamente custodito dalle autorità ebraiche.



Gli ebrei hanno ottenuto un focolare nazionale in Palestina e hanno costituito il loro mattatoio che ammette solo ed esclusivamente elementi di razza ebraica e sogna l'espulsione di tutti i non ebrei. Il Sionismo con la creazione dell'entità statale denominata "Israele" si è servito della religione per avvalorare i due miti fondanti (quello del "popolo eletto" e quello della "terra promessa") su basi nazionaliste e sulla supposizione dell'esistenza di un'unica razza ebraica 'pura'.



"Il sionismo cerca di riunire in Palestina tutti gli ebrei del mondo. Un fatto simile costituisce nel suo genere , un primo precedente nella storia umana. Ne consegue che il fatto di eccitare i sentimenti religiosi al fine di creare un nazionalismo illusorio per raggiungere i propri obiettivi , come fa il sionismo, rappresenta il primo paradosso che tutti devono osservare, perchè la religione è profondamente diversa dal nazionalismo.



La prova del sofisma circa il concentramento in Palestina degli ebrei del mondo , si rivela nel comportamento stesso degli ebrei, i quali si rifiutano di avventurarsi in questo sogno leggendario.



Per tale ragione Alain Tailor confermava nel suo "Israele oggi" che soltanto l'uno per cento degli ebrei degli Stati Uniti erano emigrati verso la Palestina e che in Israele vivono solo il 20% degli ebrei del mondo.



La religione è un fatto interiore diverso dal nazionalismo e dalla razza. Tutti gli sforzi compiuti dal movimento sionista internazionale hanno potuto convincere soltanto una piccola minoranza ebraica ad accettare i propri obiettivi, che erano causa di catastrofi, stragi e della dispersione degli arabi, poichè l'arrivo in Palestina di ogni ebreo significa l'espulsione di un arabo dalla propria terra e la privazione dei più elementari bisogni di vita." (1)



A maggior ragione se c'é qualcosa di controverso nell'affermazione d'identità ebraica è storicamente l'incertezza che regna sovrana anche all'interno delle stesse comunità giudaiche circa 'origini' e ''discendenza' di molti esponenti dell'ebraismo mondiale, della 'purezza' del sangue - per fare un solo esempio - dei giudei di origine kazhara delle regioni del Volga convertitisi al giudaismo e dell'accettazione o meno di rarissimi casi di 'conversi' (l'ebraismo esclude conversioni considerandosi religiose su basi razziali).



Esiste anche in proposito un mito da sfatare quello del "popolo eletto" in quanto "puro" per 'discendenza': gli ebrei , sparsi tra i popoli nei periodi diasporici , si mescolarono con altri popoli come del resto fecero tutti i popoli del globo terrestre. Ciononostante l'affermazione, reiterata ad ogni occasione, di una purezza del sangue (...non 'esiste'...al massimo hanno 'emo-contaminato' altrui popoli...) ebraico resiste.



L'Enciclopedia Britannica (Vol. 12 p. 1054-1965) definisce i termini di "razza ebraica" così: "Le verità rivelate dall'antropologia naturale dimostrano , in contrasto col punto di vista generale, l'inesistenza di una razza ebraica" con buona pace degli assertori di una 'purezza razziale' giudaica peraltro fortemente 'inquinata' da processi storici, dinamiche emigratorie, conversioni più o meno (ed anche più o meno 'vere') forzate ad altri culti e tentativi - deprecabilissimi - di "arianizzazione" di soggetti ebrei.

Noi insistiamo a sostenere l'esistenza di uno 'spirito' ebraico che pervade di sè l'anima dei popoli non ebraici e rappresenta il principale veicolo d'infezione anti-tradizionale.



Gli ebrei , per quanto ci 'concerne', non hanno una 'storia' , nè una 'direzione' (escludendo quella discendente di tipo sovversivo) o per esser più 'chiari' 'questi' non sanno da dove vengono, da quanto 'vagano' , dove vanno e a 'malapena' (...ne 'dubitiamo' fortemente...) , 'forse', arrivano a 'sapere' che cazzo vogliono.



Nei confronti del mondo non ebraico in Terrasanta i sionisti considerano necessaria la tabula rasa: una sorta di soluzione finale al 'rovescio' ovvero la disintegrazione dell'identità nazionale palestinese e la soppressione dell'autorità araba sui territori che essi considerano biblicamente parti integranti del loro "focolaio nazionale" (i cui confini non casualmente non sono mai stati 'fissati' da alcun esecutivo israeliano e dunque sono 'labili' in vista di eventuali , future, occupazioni militari) ossia le terre comprese dal Nilo all'Eufrate 'sogno' dell'Eretz Israel della Grande Israele biblica come 'disegnato' sullo straccio nazionale che hanno issato quale drappo identitario (le due strisce azzurre rappresentanti appunti i due fiumi al centro dei quali si 'situa' la stella di Davide anche noto come Sigillo di Salomone).



Le premesse per l'occupazione campale sionista della Palestina, come visto, risiedono nella natura stessa del movimento sionista: xenofobo, sciovinista, negazionista delle identità non ebraiche, colonialista e affermatore di istanze tipicamente suprematiste di chiara impronta religioso-messianica.



Non sottolineare questi dati sarebbe un errore di valutazione del Sionismo quale movimento politico derivato da una cultura religiosa improntata sulla dicotomia razzial-spirituale tra mondo ebraico e universo non ebraico che si rifletterà chiaramente nelle teorie ideologiche, nelle scelte strategiche, nelle modalità e nell'attuazione pratica della politica di espulsione decretata dai dirigenti sionisti nei confronti dei palestinesi e delle popolazioni arabe all'indomani della proclamazione dell'entità criminale sionista.



Il modus operandi sionista, dunque, fin dalle origini del movimento politico e a partire dalla costituzione dell'enclave statale ebraica in Palestina - denominata "Israele" - si palesa come una forma di colonialismo aggressivo di annientamento dei diritti naturali della popolazione autoctona arabo-palestinese.



In un suo libro di memorie l'economista israeliana Tamar Gozansky (2) riporta come l'allora presidente dell'Agenzia Ebraica , David Ben Gurion, aveva le idee sostanzialmente chiare nei confronti del "problema palestinese" come riferì il dr. Magns in una testimonianza resa davanti alla Commissione segreta incaricata di investigare sui rapporti fra arabi ed ebrei in Palestina. Discutendone con due esponenti palestinesi Ben Gurion dichiarò: "E' impossibile arrivare alla comprensione reciproca se non sulla base di 8 milioni di ebrei con Israele come centro: Erez Israel, Transgiordania, Siria meridionale, Sinai. Non meno di 8 milioni. Ovviamente gli ebrei dimostreranno simpatia verso gli arabi e spirito di giustizia nel momento in cui diverranno i dominatori del paese".



Quale "spirito di giustizia" abbiano dimostrato ai palestinesi gli ebrei lo si può semplicemente 'dedurre' da qualche nome , giusto per ricordarci i principali luoghi dove l'odio atavico giudaico ha colpito con estrema barbarie le popolazioni locali: Deir Yassin, Duwayima, Acri, Chaifa, Lydda per rimanere ai villaggi e alle città palestinesi centro di eccidi indiscriminati nel solo conflitto arabo-israeliano del 1948 senza dimenticarci le successive operazioni 'sporche' direttamente o indirettamente approvate, sostenute, fomentate o perpetrate dai comandi militari israeliani in Libano e nei Territori Occupati da Ta'al el Za'atar a Sabra e Chatila, da Cana a Gaza.



E come si vede non stiamo parlando di avvenimenti lontani nel tempo: i massacri quotidiani, la mattanza sistematica compiuta solamente quattro mesi or sono dagli sgherri di "tsahal" ai danni della popolazione civile della striscia di Gaza, rappresentano un monito ed un'avvertimento a non abbassare mai la guardia per i movimenti di resistenza nazionali arabi dinanzi ad un nemico che ha fatto del terrorismo di stato , dell'omicidio rituale di massa (come si vedrà spesso le stragi compiute dai sionisti coincideranno con qualche celebrazione di tipo storico-religioso della tradizione ebraica in particolare le feste del Purim , che ricorda la mattanza di oltre 70mila tra arabi e persiani ai tempi della regina ebrea di Persia - Esther - attualmente vissuta e celebrata nell'enclave sionista come carnevale ; o la Pesah la pasqua ebraica) e della soppressione manu militari di innocenti il proprio 'standard' metodologico.



Ancora vediamo da un altro volume di uno storico israeliano, Joseph Heller (3), che la volontà di estirpare , mediante annessione territoriale ed espulsione di massa, i palestinesi era presente fin dalle origini nella strategia sionista.



"L'opera di Heller consiste in una raccolta di documenti sulle scelte e le discussioni che si svolsero in campo sionista in quegli anni cruciali , e in un saggio introduttivo assai accurato. A commento dei testi Heller sottolinea in particolare i seguenti aspetti: che il movimento sionistico era impegnato ad ottenere uno Stato ebraico, nel quadro del Commonwealth imperiale, sull'intera Palestina (nella terminologia sionista di allora : Erez Israel maaravit = la Terra di Israele Occidentale); che per il pieno raggiungimento di tale obiettivo si considerava indispensabile il trasferimento altrove della popolazione araba locale; che su queste finalità convergevano tanto l'Organizzazione Sionistica vera e propria quanto la Nuova Organizzazione Sionistica, ovvero l'estrema destra di V.Z. Jabotinsky che in nome della revisione militaristica e statalistica del programma, si organizzò in forma autonoma e separata dal 1935 al 1946. I progetti di espulsione della popolazione palestinese emergono chiaramente. Scrive Heller: "Ancora agli inizi della seconda guerra mondiale la direzione sionista, sotto la guida di Weizmann, era convinta che bisognasse richiedere ancora una volta l'acquisizione dell'intera Erez Israel per gli ebrei, obiettivo raggiungibile per mezzo dello spostamento della popolazione araba locale, in paesi arabi con l'appoggio finanziario e politico americano". E aggiunge che M. Shertocj (Sharett) allora capo del Dipartimento politico dell'Agenzia Ebraica , aveva precisato il progetto auspicando uno Stato ebraico di tre milioni di abitanti sulle due rive del Giordano." (4)



Serve dunque altro a documentare che il progetto sionista di conquista della Palestina prevedesse il ricorso al terrore indiscriminato - come poi venne realmente attuato a Deir Yassin e altrove - e l'espulsione / sradicamento dell'identità nazionale palestinese? Noi diciamo che occorre saper 'leggere' la storia e comprendere la direzione degli avvenimenti che , dal documento programmatico sionista dei "Protocolli dei Savi Anziani di Sion" fino ai giorni nostri, ha 'confermato' una volontà di dominio ebraico sulle nazioni 'goyim' = non ebraiche ed in particolar modo la traiettoria , lucidamente seguita con astuzia, tenacia e il ricorso a qualsiasi sotterfugio compreso la consacrazione 'religiosa' a dogma del "dramma degli ebrei" - parafrasando Paul Rassinier - durante il secondo conflitto mondiale alias secondo la vulgata sterminazionista il cosiddetto presunto sterminio di sei milioni di soggetti di razza/religione ebraica ovvero l'Olocausto nuova religione laica al quale la Lobby ha consacrato una mitologizzazione tale da piegare a questa pseudo-verità esecutivi nazionali e governi dei quattro angoli del pianeta, istituzioni sovranazionali laiche e religiose, organizzazioni statali e tutta la storiografia e la cultura occidentale contemporanea.



Ahmadinejad che cos'avrebbe dichiarato di così 'aberrante'? Quando lo stesso David Ben Gurion con cinica lucidità dichiarò: "Perchè mai gli arabi dovrebbero volere la pace? Se fossi un dirigente arabo non firmerei mai (la pace) con Israele. E' normale: abbiamo preso il loro paese. Certo, Dio ce lo ha promesso, ma in cosa li può interessare ciò? Il nostro Dio non è il loro. E' vero che siamo originari di Israele, ma la cosa risale a duemila anni fa: in che cosa li riguarda? Ci sono stati l'antisemitismo, i nazisti, Hitler, Auschwitz: ma è stata colpa loro? Loro vedono solo una cosa: siamo venuti ed abbiamo rubato il loro paese. Perchè mai dovrebbero accettare questo fatto?" (5)



Già perchè mai gli arabi dovrebbero accettare gli ebrei e il loro accampamento territoriale in Palestina?



Ora ci si dirà che abbiamo 'esagerato' nei 'toni' di questo nostro intervento relativo alla conferenza sul razzismo di Ginevra, alle dichiarazione del Presidente iraniano Ahmadinejad e alla questione maledetta...noi affermiamo l'antigiudaismo militante. Ahmadinejad è il Capo di Stato di una nazione sovrana che non si piegherà al ricatto mondialista nè alle pressioni sioniste-statunitensi.

E' un punto di riferimento per chiunque , nella società rovesciata contemporanea, voglia affermare la sua alterità radicale a "Israele" e al lobbismo ebraico e non ha certo bisogno di 'avvocati difensori' ...si 'difende' più che 'bene' da sè...anzi quando può - e lui può - 'attacca'!



La Repubblica Islamica dell'Iran - sostenitrice delle Resistenze nazionali e islamiche di Hamas in Palestina e Hizb'Allah in Libano - rimane , a trent'anni dalla sua costituzione il principale referente planetario del fronte antisionista e antiimperialista al di là delle 'ciance' e delle più o meno invertebrate dichiarazioni di esponenti politici di qualunque fazione e nazione.



'Noi' ovviamente e provocatoriamente abbiamo 'esagerato' perchè, in 'fondo', siamo 'esagerati'...

Ce lo possiano 'permettere'.



Il mondo si divide in due categorie: chi ha la pistola carica e chi scava.

La Repubblica Islamica dell'Iran ha 'armi' puntate contro chiunque perchè - ricordando quanto ci sottolineò a Qom molti anni or sono il massimo dirigente del principale organismo per la diffusione della dottrina sciita nel mondo , Ayatollah Taskhiri, "noi siamo uomini di pace e come tutti gli uomini di pace siamo pronti alla guerra". "Israele" e i 'sostenitori' più o meno occulti del Sionismo 'scavano' ancora.







Dagoberto Husayn Bellucci



Direttore Responsabile Agenzia di Stampa "Islam Italia"



libero corrispondente dal Libano per TerraSantaLibera.org



Link a questa pagina :

http://www.terrasantalibera.org/riflessioni_Durban_DHB.htm





Note -



1) AaVv - "Il sionismo è un movimento razzista ed espansionista" - ediz. "East" - Roma - 1.a edizione 1971;



2 - Tamar Gozansky - "Lo sviluppo del capitalismo in Palestina" (in ebraico Hitpatchu Hacapitalism bePalestina) "Formation of Capitalism in Palestine" - ediz. "University Publishing Projects - Israele 1986 pp. 274;



3 - Joseph Heller - "La lotta per lo stato ebraico - La politica sionista negli anni 1936-1948" - ediz. a cura del Centro per l'approfondimento degli Studi di storia ebraica intitolato a Zalman Shazar (terzo presidente israeliano) in ebraico "Bemavak leMedina - Hamediniut hazionit beshanim 1936-1948" - Gerusalemme - Israele 1984;



4 - Aa.Vv. - "Dossier Palestina - Nakba - L'espulsione dei palestinesi dalla loro terra" - ediz. "Ripostes" - Salerno 1988;



5) N. Goldmann - "Le paradoxe juif" - Paris 1976;


http://www.jerusalem-holy-land.org/riflessioni_Durban_DHB.htm

LupaNera
29-04-09, 13:11
ma guarda un pò....ma che bella pubbicità in alto a destra quando si apre il thread....

:gratgrat:

LupaNera
29-04-09, 13:13
L'ORDINE DEI CAVALIERI TEUTONICI (DER DEUTSCHE RITTERORDEN)



I monaci-guerrieri dalle crociate in Terrasanta alle steppe dell'Europa Nord-Orientale



di Dagoberto Husayn Bellucci



Dimenticato dalla storiografia ufficiale e per certi versi spesso ignorato anche dagli storici del periodo medioevale , più inclini a focalizzare le loro ricerche e analisi soprattutto sull'Ordine dei Templari, al di là di una sorta di oblio al quale venne confinato l'Ordine Teutonico rappresenta senza alcun dubbio l'esempio più lampante di ciò che rappresentava l'ideale della Cavalleria al pari della vocazione - evidentemente non esclusiva dei templari loro "fratelli maggiori" - degli ordini cavallereschi di edificare strutture para-statali ed istituzioni che sono alla base dell'idea di nazione e nazionalismo dell'Europa.

Impossibile infatti comprendere nel loro percorso storico una realtà quale quella dell'Ordine Teutonico: monaci-guerrieri, crociati in Terrasanta, difensori della cristianità ma anche saggi diplomatici e affaristi nel Vicino Oriente e successivamente civilizzatori delle regioni baltiche e della Prussia dove combatterono con spietata crudeltà ma spirito di sacrificio inimitabile le popolazioni slave dell'Europa orientale creando i fondamenti dell'identità nazionale germanica.

Per capire l'evoluzione storica di quest'ordine militar-religioso creato nel XIIImo secolo occorre effettuare preliminarmente un viaggio a ritroso nell'anima tedesca, un ritorno alle origini della civiltà germanica, senza il quale difficilmente riuscirebbe facile esaminare e comprendere le successive vicende che portarono l'Ordine Teutonico a edificare un vero e proprio Stato di monaci-combattenti nel cuore dell'Europa nord-orientale.

"I germanici sono dei maschi. Essi sono perfino così virili che, presi isolatamente, sfuggono ad ogni influenza del governo. - dichiarò il cancelliere Bismark a Bluntschli nel 1868 - Ciascuno d'essi vuole conservare intatto il proprio individualismo..." ribadendo quale fosse la vera anima del tedesco durante un discorso tenuto nel 1895 ad una delegazione della Stiria nel quale osservò che "Il germanico ha un carattere da monaco in perpetua disputa con tutti i suoi simili."

Occorre pertanto comprendere a fondo le parole del Cancelliere di Ferro considerando che la mentalità eccessivamente individualista dei principi e dei signori feudali tedeschi che amministrarono gli stati del Sacro Romano Impero Germanico derivava interamente dai loro antenati: erano i capi delle Mannerbunde germaniche e la loro autorità. Un'autorità che opponeva costantemente il principio delle "libertà germaniche" alla politica d'unificazione imperiale romana prima e tedesca successivamente.

Le mannerbunde possono definirsi come sorta di confraternite di uomini liberi uniti dal vincolo del sangue e raccolte attorno ad un capo.

"Gli storici - scrive René Alleau - hanno spesso denunciato il comportamento servile del "soggetto" tedesco (Untertan) riguardo la superiorità sociale incarnata dai capi (Obrigkeit) , senza ben comprendere , sembrerebbe, che questo eccesso di disciplina e di virtù d'obbedienza provengono da miti lontani e oscuri, principalmente, dalla dipendenza sacrificale del fratello d'armi delle Mannerbunde, attraverso il rapporto con il "capo" e il "signore". Costui incarnava così la presenza e l'esempio del maestro dell'iniziazione cavalleresca nella "comunione attraverso il ferro, il fuoco e il sangue" rappresentante simbolicamente ogni forma di lotta, nelle antiche tradizioni pagane, germaniche e nordiche, come nella regione indoeuropea degli Ariani. Davanti alle porte della morte , il guerriero ariano (il cui prototipo resta Arjuna nella Bhagavad-Gità) non si trovava impegnato solamente in una battaglia esteriore , ma nelle prove interiori di un processo iniziatico." (1)

Come si ricorderà Arjuna , il guerrierio ario, si interroga prima della battaglia nella quale dovrà affrontare i propri parenti: è una prova iniziatica di fedeltà alla propria natura quella che vede impegnato l'eroe mitologico che , archetipo del combattente di 'razza', sarà d'esempio per i cavalieri degli ordini militari religiosi nati con le crociate in Terrasanta ( i cavalieri del Tempio, gli Ospitalieri di San Giovanni di Gerusalemme ed i Teutonici) i quali eserciteranno una profonda influenza , sia nel Vicino Oriente che nell'Europa cristiana, fino all'epoca del Rinascimento.

Ritornando all'origine della cavalleria germanica questa si ritrova sicuramente nelle Mannerbunde, società come detto di uomini liberi che Tacito ha descritto in questo modo: "Ciascun capo ha la sua banda che deve armare e nutrire , con la quale marcia in battaglia. I fedeli sono uniti da intimi legami e vi è infamia per il guerriero che sopravvive al suo capo morto in battaglia."

"Il signore o il 'capo' della Mannerbunde incarnava la potenza di vita della terra, sacra e ancestrale, cui ritornavano i caduti e che essi bagnano e fecondano magicamente del sangue versato. Questo sangue, per così dire, ritorna su sè stesso ed a se stesso come testimonia il celebre grido di battaglia dei Beaumanoir de Lavardin: "Bois ton sang, Beaumanoir!" Questa struttura mitica "chiusa" della Mannerbunde feudale , risponde, esattamente, a tutto ciò che si conosce degli ordini cavallereschi e delle società segrete. Così , giustamente, il miglior specialista tedesco delle società segrete , Eugen Lennhoff, ricorda quei "caratteri essenzialmente aristocratici di queste organizzazioni , per paradossale che possa sembrare". (2)

Un'organizzazione a carattere aristocratico, con una tendenza naturale a difendere i propri privilegi contro l'autorità, che accrebbe l'istinto di questi uomini-liberi a costituirsi in organismi militari , ordini cavallereschi ante litteram, che avevano la finalità di protezione della comunità, di garantire i diritti dei suoi appartenenti e sviluppare quelle che erano le prime forme sociali nate in territorio tedesco.

"Legati tra loro , sia dal mistero dei riti, sia dal giuramento d'obbedienza o di segreto, per la forza dell'idea o , semplicemente, dal timore di cadere in qualche Vehme sollevata contro loro, gli iniziati vivono e agiscono senza contatti immediati con la folla dei profani. Se aspirano ad espandersi, questo avviene nel più lungo tempo possibile e nella misura in cui sia utile procurare il contributo di forze nuove o sperimentate. Da questo bisogno di estensione deriva spesso la necessità di costruire all'interno dell'organizzazione un tipo di sistema gerarchico , la cui struttura diviene a sua volta il segreto di qualcuno di loro." (3)

E' da queste organizzazioni iniziatico-guerriere che si sviluppa l'ideale della cavalleria in seno all'anima tedesca realizzando un'efficace trasmissione di insegnamenti esoterici, organizzazione sociale e comunitaria, valori e norme generali che costituiranno quel fil rouge che lega le Mannerbunde del germanesimo originario alle confraternite dei monaci-guerrieri nate in epoca medioevale.

"Tra il rituale germanico ed il rituale della Cavalleria , la continuità non è dubitabile" scrive Marc Bloch (4). Una realtà che avrebbe influenzato in modo straordinario sia i Templari (sviluppatisi però maggiormente nel solco della cristianità latina) che i Teutornici per i quali esisteva esclusivamente la "via" indicata dai principii ispiratori dell'Ordine: le armi, la fede, l'onore, la dignità erano sufficienti a garantire al combattente la garanzia di appartenere ad un'autentica confraternita di sangue e d'ideali, una sorta di avanguardia della Cristianità votata all'estremo sacrificio e pronta a servire le direttive dei suoi Gran Maestri. L'Ordine cavalleresco era una sorta di elitè combattente di monaci-guerrieri (sul modello degli ordini cavallereschi islamici) , dei "commandos speciali" per utilizzare una formula moderna indicante la 'crema' di ogni esercito moderno.

Lo spirito cavalleresco (5), che si uniformava a rigide regole monastiche unite a esercizi militari, 'scolpiva' il monaco-combattente dell'Ordine: sul modello degli antichi spartani e delle città-stato elleniche nasceva una macchina bellica che avrebbe affascinato e conquistato la miglior gioventù e l'aristocrazia europea del periodo medioevale dando un sigillo di autorità alle aspirazioni dei rampolli delle monarchie, ordinando sacerdoti-guerrieri capaci di conquistare il mondo e volontari per le crociate che interessarono la Cristianità e l'Europa in armi (si vedrà come la spinta ad Est dei Teutonici che avrebbe contrassegnato fino alla 2.a Guerra Mondiale lo spirito tedesco

sia da intendere proprio come un'autentica "crociata" contro le popolazioni infedeli del mondo slavo e i baltici pagani dell'epoca così come , non casualmente, lo slogan della "crociata antibolscevica" sarà ripresa da Hitler nel corso dell'ultimo conflitto mondiale come necessaria ad assicurare lo 'spazio vitale' a Oriente per il popolo tedesco).

Uno spirito quello dell'Ordine cavalleresco che si nutriva di riti e formule segrete, di iniziazioni, di onore e fedeltà, di restare "fedeli alla propria natura" di volontari-combattenti , alimentando una pratica di trasmissione di una serie di ideali e valori che erano visibili al novizio proprio attraverso una vera e propria iniziazione occulta.

"...una iniziazione che ricorda con i suoi gesti e le formule appropriate l'iniziazione ai Misteri d'Eleusi o a quelli del culto di Mithra, quelli dei muratori costruttori di cattedrali e, in maniera più generale, le confraternite, i mestieri o corporazioni." (6)

L'Ordine Teutonico o per essere più esatti l'Ordine Teutonico di Santa Maria di Gerusalemme, nacque dall'esigenza di assicurare una valida protezione per i pellegrini d'origini tedesche che si recavano nella Terrasanta conquistata dalle armate crociate. Per molto tempo questa presenza fu molto modesta. Gli storici considerano che fu attorno al 1198 che avverrà la vera trasformazione in ordine militare di una preesistente istituzione religiosa a carattere ospedaliero creata nel XIImo secolo con il nome di Ospedale di Santa Maria di Gerusalemme e sul modello di quanto già creato nei territori della Palestina dall'Ordine del Tempio e soprattutto dagli Ospitalieri di San Giovanni (divenuti Sovrano Militare Ordine di Malta nel corso dei secoli).

L'istituzione dell'ordine ospitaliero di S.Maria di Gerusalemme rimonterebbe alla prima crociata , intorno al 1100, per l'opera di un di mercante di Brema o forse Lubecca e di sua moglie che avrebbero accolto un cavaliere tedesco ferito cominciando così un'attività di soccorso e aiuto che interessò principalmente pellegrini e successivamente cavalieri provenienti dalle zone germanofone.

Un documento pontificio , di incerta autenticità, avrebbe posto in data 9 dicembre 1143 l'autorità dell'ospedale 'tedesco' sotto l'autorità dell'Ordine degli Ospitalieri di San Giovanni fermo restando che l'istituzione doveva rimanere diretta da un priore di origini tedesche. Altri storici parlano del 1118 tuttavia restano piuttosto oscure le origini della fondazione iniziale dell'ordine di Santa Maria dei tedeschi di Gerusalemme. Verosimilmente comunque appare certo che la trasformazione da ordine ospitaliero a ordine militare sia avvenuta su imitazione dell'Ordine del Tempio che, nonostante le sue origini mal conosciute e misteriose, comparve come ordine militare attorno al 1118-19. Tant'è per i primi decenni della sua esistenza la storia dell'Ordine Teutonico fu abbastanza insignificante continuando ad adoprarsi per aiutare pellegrini e cavalieri di origini germaniche molto meno numerosi di quelli provenienti da Italia e Francia.

Fu con la Terza Crociata (1187-1191) che i tedeschi si insediarono stabilmente in Terrasanta: bandita da Gregorio VIII e organizzata sotto la spinta del suo successore, Clemente III questa nuova spedizione militare verso la Terrasanta vedrà l'Imperatore Federico I Barbarossa allestire un'armata che via terra avrebbe dovuto portare oltre sessantamila cavalieri e trecentomila fanti d'origini tedesche a marciare verso Gerusalemme attraversando l'Ungheria e i territori dell'Impero bizantino, attraversando lo stretto del Bosforo e penetrando in Asia Minore. L'imperatore non giunse mai in Palestina: annegò attraversando il fiume Kalykadnos (Salef) in Cilicia. Fu Federico di Svevia a guidare il resto dell'armata verso Acri dov'era sbarcato nell'autunno 1189 un'altro contingente germanico.

Dopo la conquista di Acri, avvenuta il 13 luglio del 1191, al termine di un assedio di quasi due anni l'ospedale tedesco venne trasferito all'interno della città dove avrà la sede l'Ordine fino alla caduta avvenuta nel 1311. A differenza di quanto avvenne per i templari i Teutonici manterranno da allora e in avanti una sostanziale simbiosi con l'Impero germanico e ottimi rapporti con la Santa Sede dalla quale , come ordine religioso, dipendevano.

Fu papa Innocenzo III (1198-1216) a definire con uno statuto speciale la natura militare dei Teutonici: sottoposti alla regola degli ospitalieri per tutto quanto concerneva l'azione caritatevole e di soccorso, indicava per i fratelli-cavalieri dalla croce nera una identica regola monastica simile a quella dell'Ordine del Tempio. In quel periodo l'Ordine contava , oltre alla sua sede ad Acri, cinque case in Terrasanta a Gaza, Giaffa, Ascalona, Rama e Zamsi. Nel 1197 l'Ordine Teutonico si stabilì a Palermo e a Barletta i due porti dove si imbarcavano la maggioranza dei pellegrini tedeschi diretti in Palestina.

In breve tempo l'Ordine aumentò i suoi possedimenti con la creazione di una commenda a Sonntag in Stiria e di diversi ospedali: ad Halle in Turingia (1200), Bolzano (1202), Praga (1204) Reichenbach in Assia (1207). Vennero create nuove commende a Vienna (1207), Norimberga (1209), Aichach e Ratisbona in Baviera (1210). Nel 1206 venne fondata una seconda casa in sicilia, a Polizzi, e dal 1209 a causa della quarta crociata i teutonici si stabilirono in Grecia nel sud del Peloponneso. (7)

La nomina di Hermann von Salza alla guida dell'Ordine di cui sarà Gran Maestro per un trentennio (1209-1239) suggellerà l'alleanza con l'Impero. Abilissimo diplomatico, uomo di guerra e valente organizzatore von Salza impremerà una svolta importante nel destino dei cavalieri teutonici dando inizio ad una collaborazione proficua con la famiglia degli Hohenstaufen per la quale più volter sarà chiamato a fare da intermediario nelle dispute tra Federico II e il Pontefice.

Von Salza sarà anche il principale artefice del progetto per la costituzione in Ungheria di un'entità territoriale amministrata e inquadrata nell'ordine teutonico manifestando così una prima inclinazione - che avrebbe suscitato e contrassegnato l'Ordine nei secoli successivi - ed un interesse per l'Europa ed i territori ancora sotto il dominio di popoli pagani quali erano i Carpazi. Più tardi, come vedremo, i teutonici fronteggiarono e civilizzarono le popolazioni indigene al di là dell'Oder e della Vistola, scontrandosi con i prussiani e i popoli del Baltico vale a dire nelle regioni in cui erano fortemente in gioco gli interessi del Sacro Romano Impero.

Nel 1217 il Gran Maestro rientrò in Palestina dove prese parte alla quinta crociata indetta da Innocenzo III. Le operazioni militari cominciarono nel novembre con una cavalcata in Galilea quindi i crociati andarono a porre l'assedio davanti al monte Tabor. Nel novembre 1219 cadde in mani crociate Damietta: il Gran Maestro dei Teutonici sarà in prima fila nelle trattative diplomatiche con il sultano dell'Egitto Malik al Khamil che offriva Gerusalemme in cambio della restituzione di Damietta. L'intransigenza del legato papale fece saltare l'accordo che comunque sarebbe stato realizzato un decennio più tardi all'indomani della nuova crociata alla quale partecipò direttamente Federico II accolto come un trionfatore dai principi cristiani d'Oriente e come principale alleato, protettore e sovrano dai cavalieri teutonici. La sede dell'Ordine venne trasferita presso il castello di Montfort e Federico II sarebbe stato incoronato a Gerusalemme tra l'esultanza dei suoi cavalieri teutonici che ripeterono il cerimoniale simbolico della proskynesi come già avevano fatto in occasione dell'arrivo dell'imperatore ad Acri.

L'Ordine Teutonico antepose sempre , a dispetto del legame che li univa alla Santa Sede, la fedeltà all'imperatore e l'ubbidienza alla casa regnante Hohenstaufen. Un connubio che avrebbe portato vantaggi per entrambe le due istituzioni e rafforzato l'unità imperiale e il sentimento nazionale tedesco.

La fine della presenza teutonica in Palestina , come quella dei loro fratelli maggiori templari, coincide con l'ultimo sforzo della cristianità in terra d'Oriente di resistere alle intemperie e ai disordini che avevano contrassegnato l'intero XIIImo secolo nella regione. Costretti ad affrontare sia l'invasione mongola che la tenaglia musulmana le truppe cristiane sbandarono progressivamente non approfittando nè dei dissidi che esistevano in campo avversario nè delle numerose offerte di negoziati provenienti dai sultani. L'ultima roccaforte crociata , Acri, cadde nel maggio 1291. La resistenza dei templari, dei teutonici e dei cavalieri di San Giovanni venne spezzata dalle truppe del nuovo sultano Al Ahraf Khabil: finiva l'epopea crociata e la presenza militare dei cristiani in Palestina. Oltre trentamila cristiani persero la vita nel corso dei combattimenti per la difesa finale mentre i Teutonici rimasti con altri cavalieri superstiti raggiunsero Cipro e da lì Venezia dove nell'aprile 1292 venne eletto nuovo Gran Maestro Konrad von Feuchtwangen. Il grande sogno di un oriente latino e cristiano svaniva: i restanti possedimenti (Tiro, Sidone, Beirut, Chatel-Pelerin) vennero abbandonati l'estate seguente. La sede dell'Ordine venne trasferita a Marienburg nel 1309 e tale rimarrà fino al 1457 quando passerà a Konigsberg. Iniziava per l'Ordine Teutonico una nuova era: quella della spinta civilizzatrice verso Est.

I territori che si apriva a oriente del Sacro Romano Impero Germanico erano abitati da popolazioni pagane. Dalle foci dell'Oder fino al golfo di Finlandia nelle steppe gelide che venivano bagnate dal corso di fiumi poderosi l'Ordine dei cavalieri teutonici avrebbe portato la sua missione civilizzatrice spingendosi ai confini con la Russia e nei settori settentrionali della Polonia. Dalla Vistola al Niemen si estendevano le zone abitate da popolazioni vetero-prussiane , provenienti da nord e insediatisi in quell'area fin dal IV secolo d.C. A nord e a sud-est del territorio dei vetero-prussiani si estendeva il paese dei lituani, dei lettoni e degli estoni. I primi due erano popoli indoeuropei mentre gli estoni (eestlased) simili per lingua ai loro vicini che vivevano oltre il golfo di Finlandia (ugro-finnici), abitavano quelle zone fin dal I millennio a.C.

Guerre e faide di tribù, scontri, battaglie e cambi di alleanze contrassegnavano questa impervia regione d'Europa dove avevano interessi sia i re di Danimarca che quello di Polonia, numerosi principi tedeschi ma anche russi e dove le popolazioni locali si ribellavano con frequenza seminando il terrore tra le popolazioni tedesche della Livonia e della Pomerania ma anche per i principati della Polonia settentrionale. Nel 1225-26 venne invocato dal duca Conrad di Mazovia l'aiuto dei Teutonici. Fallita l'esperienza del Burzenland creato anni prima in terra di Transilvania l'Ordine Teutonico poteva ora dimostrare tutto il suo valore nella conquista dei territori a Est dell'Impero. La conquista della Prussia durerà una sessantina d'anni (1226-1283) nei quali , tra alterne fortune, i cavalieri si assicurarono il territorio di Kulm in Prussia nel quale vennero fondate le prime città creando un validissimo e agevole sistema di difesa che avrebbe garantito l'espansione tedesca a Oriente: Thorn, Nessau, Thorn furono i primi avamposti teutonici e le prime città nate fin dal 1230.

La campagna del 1233-34 vedrà i crociati scontrarsi con i prussiani lungo le rive del fiume Sigurna vicino a Christburg sul territorio in cui i teutonici costruiranno le fortezze di Kulmsee e di Rehden controllando l'intera Pomesania e partendo da lì, in rapide campagne militari, negli anni successivi per attaccare la Pogesania sottomessa non senza fatica nel 1237. Due anni più tardi vennero conquistati anche i distretti di Warmia, Natangia e Bartonia dove l'Ordine iniziò la costruzione di nuovi castelli e fortezze (a Kreutzberg, Heilsber, Braunsberg, Bartenstein, Rossel e Weissenburg). Qualche anno dopo i teutonici intervennero anche in Livonia per contrastare le ribellioni delle tribù pagane dei lituani che minacciavano da sud-est i confini dello Stato teutonico che andava oramai palesandosi come una realtà di fatto.

Una nuova minaccia, stavolta proveniente da Oriente, fu qualche anno dopo rappresentata dall'invasione tartara che nell'inverno 1236-37 aveva portato i mongoli in Russia. Lo scontro tra le forze crociate e i nuovi invasori orientali avvenne a Liegnitz nella Slesia il 9 aprile 1241. Malgrado l'afflusso di combattenti provenienti dall'Italia (la notizia non suscitò infatti alcun clamore tra i principi francesi) e inviati da Federico II a dar manforte al re di Polonia e ai suoi fedeli teutonici il campo cristiano venne sbaragliato. Ma i tartari avevano anch'essi subito perdite pesanti e dopo una breve incursione distruttrice in Ungheria si ritirarono in Russia rinunciando ai loro progetti espansionistici.

L'invasione dei tartari ebbe ripercussioni nella stessa Prussia dove le popolazioni indigene si sollevarono occupando numerose fortezze e massacrando migliaia di abitanti. Il papa predicò allora una crociata contro il duca di Pomerelia alleatosi con i vetero-prussiani e nel 1242 i cavalieri teutonici ripresero il controllo della fortezza di Sartowitz e di Nakel mentre nell'aprile di quell'anno in Livonia per fermare l'avanzata dei russi verso il Baltico si sacrificarono in un'epica battaglia perduta sulle rive gelate del lago Peipous. Due anni più tardi ripresero i combattimenti che videro ancor più estendersi il dominio teutonico nelle regioni prussiane anche attraverso nuovi accordi e ampie donazioni concesse dai lituani tra il 1251 e il 1257.

Il nuovo Gran Maestro dei teutonici, Popon d'Ostierna, che era stato antico Maestro provinciale di Prussia, conosceva le insidie che rappresentavano quelle popolazioni bellicose ai confini del nuovo organismo statale retto dall'Ordine così una nuova campagna militare tra il 1254-55 assicurerà il controllo della Sambia dove venne costruita una nuova città Konigsberg. Due anni più tardi fu il turno della Nardrovia e della Scalovia che ancora resistevano. Nel 1259 infine l'Ordine riprese le ostilità contro i lituani che , in superiorità numerica, riportarono una vittoria sulle truppe teutoniche a Durbe nel luglio 1260. Davanti all'insurrezione generale in Livonia e Lituania il nuovo papa, Alessandro IV, predicò una nuova crociata: i lituani alleatisi con i samogiti attaccarono l'anno dopo la Mazovia assediando le principali città dell'Ordine nella Warmia.

La situazione si raddrizzò soltanto nel 1262 quando venne nominato nuovo Gran Maestro Anno di Sangershausen al quale spetterà il compito di riportare ordine manu militari nelle zone devastate che subirono nuove incursioni avversarie fino al 1265. Una pace venne sancita tre anni più tardi - dopo l'arrivo di un contingente di crociati accorsi a dar manforte dal Brandeburgo, dalla Turingia e dalla Boemia - e costò al nuovo duca di Pomerelia la cessione ai teutonici del territorio di Mewe sulla riva sinistra della Vistola. Nel 1272-73 i teutonici ripresero l'offensiva in Natangia e Pogesania e gli abitanti della Warmia, della Natangia fecero atto di sottomissione.

In Livonia tuttavia rimaneva una situazione di generale incertezza: i trattati erano continuamente rimessi in discussione da alleanze spesso di convenienza tra lituani e russi, vetero-prussiani e estoni, lettoni e polacchi. Nel decennio successivo l'Ordine ristabilì la calma e pacificò la zona. All'inizio del nuovo secolo un'alleanza con i polacchi assicurò ai teutonici il controllo di Danzica (1309) e due anni più tardi l'Imperatore Enrico VII diede come feudo ai teutonici l'intera Pomerelia. L'insediamento teutonico in quella regione toglieva ai polacchi qualsiasi accesso diretto al mare e li condannava a restare una potenza continentale: fu questo il motivo principale per cui incominciarono le prime scaramucce nel 1316 e successivamente nel 1328 quando si trasformarono in guerra aperta. Le forte dell'Ordine vennero assediate, i villaggi incendiati e nel conflitto tra Polonia e Teutonici si inserì anche una lotta intestina per la corona polacca che vide sollevarsi il re di Boemia. Trattati e alleanze successive calmarono comunque la situazione che rimaneva comunque sempre tesa e si inasprì per la scomunica emessa dal tribunale pontificio che colpì il Gran Maestro e tutti i partecipanti al conflitto con la Polonia (1339).

Indebolitisi dall'estenuante braccio di ferro militare e diplomatico con i polacchi i teutonici si rifaranno contro i lituani vinti a Dablawken nell'agosto 1338 , sconfitti nuovamente davanti alla fortezza di Veliona tre anni più tardi e successivamente - con l'aiuto fornito dal re di Danimarca - assoggettati nel 1346 dopo un trattato che garantiva la maggior parte dei possedimenti dell'Estonia all'Ordine.

Nel 1348 un nuovo scontro avvenne nella piana di Anken (Oukaim) e nuove incursioni russe-lituane colpirono la Prussia e la Warmia nel 1349 e nel 1353-54. Tra nuove ribellioni sedate e territori persi e riannessi si giunse al 1370 quando furono condotte nuove campagne militari contro l'alleanza nemica che univa lituani, samogiti, russi e tartari. Il nuovo secolo segnò l'apogeo militare e politico dell'Ordine ma anche l'inizio della fine. Al massimo della sua potenza i teutonici controllavano la Prussia, la Livonia, Curlandia, la Semgallia e la città di Danzica che dava all'Ordine una potenza navale non irrilevante e provocherà malumori tra le città della Lega Anseatica che risulteranno decisivi per seminare sedizione e nuovi conflitti interni. Di questi si approfittarono sia i polacchi che i samogiti ed i loro alleati occasionali, russi e tartari , che nell'estate del 1410 infliggeranno una sconfitta rimasta storica ai cavalieri dalla croce nera: Tannenberg.

Nella notte tra il 14 e il 15 luglio 1410 a Tannenberg i due eserciti si scontrarono: sessantamila le vittime in campo polacco, almeno quarantamila nelle fila dell'Ordine cioè i due/terzi degli effettivi. "L'eco della battaglia di Tannenberg ha segnato profondamente la memoria collettiva dei tedeschi, dei polacchi e degli slavi in generale. Per i polacchi la battaglia di Grunwald - è così che essi la indicano,. dato che era a Grunwald che Ladislao Jagellone aveva stabilito il suo quartier generale - appartiene ai grandi avvenimenti della storia polacca e non c'é città polacca che, ancora oggi, non abbia la sua via Grunwald ( UIica Grunwaldska). Per i tedeschi la sconfitta di Tannenberg non fu soltanto la disfatta dell'ordine teutonico, ma di tutto il mondo tedesco alle prese con il mondo slavo. L'affronto della battaglia di Tannenberg - die Schmach der Tannenbergschlacht - non sarà lavato che negli ultimi giorni del mese di agosto del 1914 con la vittoria di Hindenburg e di Ludendorff sui russi, nelle vicinanze del villaggio di Hohenstein; e sarà proprio Hindenburg che insisterà, presso Guglielmo II, capo della casata degli Hohenzoller - e a questo titolo erede lontano dell'ultimo gran maestro dell'ordine teutonico - affinchè fosse dato il nome di Tannenberg alla vittoria che egli aveva appena conseguito." (8)

Comincerà da quel momento un lento declino alternato a momenti di rinascita che , tra alterne fortune, vedranno l'Ordine passare sotto il diretto controllo della casa regnante d'Austria-Ungheria, gli Asburgo, per la quale essi - come ordine ospitaliero - continuarono la loro opera di assistenza su tutti i fronti fino al primo conflitto mondiale.



DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI





NOTE -

1) Renè Alleau - "Le origini occulte del Nazismo - Il Terzo Reich e le società segrete" ediz. "Mediterranee" - Roma 1989;

2) Renè Alleau - ibidem;

3) Eugen Lennhoff - "Politische Geheimbunde" - Vienna-Monaco-Zurigo 1966

4) Marc Bloch - "La Societè Fèodale" - (Traduz. italiana "La società feudale" , Einaudi , Torino 1955);

5) si veda in proposito Jacques Le Goff - "Il meraviglioso e il quotidiano nell'Occidente medioevale" - ediz. "Laterza" - Bari 1983 e V.E. Michelet - "Il segreto della cavalleria" , ediz. "Basaia" , Roma 1985;

6) Gustave Cohen - "Histoire de la Chavalerie en France au Moyen Age", Paris 1949;

7) M. Tumler/ U. Arnold - "Der Deutschen Orden von seinem Ursprung bis zur Gegenwart" - Bad Munstereifel , 1992;

8) Henry Bogdan - "Cavalieri Teutonici" ediz. Piemme - Casale Monferrato (Al) 1998;



02/03/2009

http://www.italiasociale.org/storia07/storia020309-1.html

Malaparte
29-04-09, 13:29
ma guarda un pò....ma che bella pubbicità in alto a destra quando si apre il thread....

:gratgrat:

Ah, il turismo in Israele è proibito agli eurasiatisti? :D

LupaNera
29-04-09, 13:36
Ah, il turismo in Israele è proibito agli eurasiatisti? :D

no, che c'entra?
dico il thread....aprine un'altro e trovi un'altra pubblicità...
apri quello di Dago e ti scappa fuori sta roba....:D

sitoaurora
29-04-09, 23:29
L'ORDINE DEI CAVALIERI TEUTONICI (DER DEUTSCHE RITTERORDEN)

http://www.cinemedioevo.net/Film/AC/alexnev02.jpg

SAVONAROLA
30-04-09, 17:31
Ho infine avuto modo e tempo per documentarmi sulla composizione della redazione della rivista "Eurasia" e , con mio grande sconcerto, ho avuto la spiacevole sorpresa di sapere che l'indirizzo della rivista (Viale Osacca 13 - Parma) corrisponde esattamente a quello di una casa editrice "All'Insegna del Veltro" diretta dal neo-nazista Claudio Mutti già responsabile delle omonime edizioni per i cui titoli ha sfornato , fra gli altri, il noto libello antisemita dei "Protocolli dei savi anziani di sion" assieme ad altro ciarpame negazionista ("Il rapporto Leuchter") e un altro testo - del quale ignoravo l'esistenza - a firma Volsky intitolato "I veri Protocolli" che fin dal titolo mi autorizza a credere si tratti della solita propaganda nazistoide.

Claudio Mutti è inoltre un personaggio storico della galassia dell'estrema destra neonazista e antisemita , arrestato - mi risulta - per la strage di Bologna e noto nella Sinistra Rivoluzionaria per i suoi trascorsi in organizzazioni "civetta" create dai fascisti durante gli anni sessanta e sessanta per attirare militanti in buona fede dal marxismo all'estrema destra. E' stato per anni uno dei principali collaboratori del famigerato teorico della "disintegrazione del sistema" , condannato per Piazza Fontana e fondatore di movimenti razzisti Franco Freda. Questo basta e avanza per provare profondo disgusto e vergogna.

Considerando che su questo forum - che si definisce "di amici e simpatizzanti dell'eurasiatismo" - si fa riferimento al trimestrale di "studi geopolitici" di cui sopra , fra i cui redattori figura oltre al nazi-sciita Dagoberto Hussein Bellucci pure il suddetto Claudio Mutti, e che l'eurasiatismo italiano è rappresentato da personaggi di questo livello ne concludo che si tratti dell'ennesimo movimento-truffa utilizzato dagli estremisti neri per cooptare all'interno delle loro formazioni compagni che non soltanto si renderebbero complici di reati penalmente punibili dalla Costituzione italiana ma pure dell'attività di proselitismo dell'estremismo neofascista in Italia.

Prendo atto che quelle propagandate fino ad ora su questo forum siano niente meno che le posizioni terzomondiste di una corrente filo-russa e filo-islamica dell'estremismo di destra italiano e mi sorprende oltremodo aver constatato che, fra i collaboratori fissi, del trimestrale in questione figuri anche il professor Costanzo Preve un tempo mente illuminata e valido teorico del marxismo italiano attualmente a braccetto con la peggior feccia neonazista presente in circolazione.

Tolgo definitivamente il disturbo ripromettendomi qualsiasi azione per ostacolare questi squallidi tentativi d'infiltrazione a sinistra che , mi sia consentito, sono la fotocopia posticcia di altre iniziative analoghe partorite dai teorici alla Mutti e alla Bellucci in altri tempi e in altre situazioni.

Viva il 1.o Maggio Rivoluzionario e Antifascista!
Viva il proletariato e il comunismo!
Il Fascismo - vecchio e nuovo - non passerà!

Addio e vergognatevi!

Comunardo°
30-04-09, 17:45
Ho infine avuto modo e tempo per documentarmi sulla composizione della redazione della rivista "Eurasia" e , con mio grande sconcerto, ho avuto la spiacevole sorpresa di sapere che l'indirizzo della rivista (Viale Osacca 13 - Parma) corrisponde esattamente a quello di una casa editrice "All'Insegna del Veltro" diretta dal neo-nazista Claudio Mutti già responsabile delle omonime edizioni per i cui titoli ha sfornato , fra gli altri, il noto libello antisemita dei "Protocolli dei savi anziani di sion" assieme ad altro ciarpame negazionista ("Il rapporto Leuchter") e un altro testo - del quale ignoravo l'esistenza - a firma Volsky intitolato "I veri Protocolli" che fin dal titolo mi autorizza a credere si tratti della solita propaganda nazistoide.

Claudio Mutti è inoltre un personaggio storico della galassia dell'estrema destra neonazista e antisemita , arrestato - mi risulta - per la strage di Bologna e noto nella Sinistra Rivoluzionaria per i suoi trascorsi in organizzazioni "civetta" create dai fascisti durante gli anni sessanta e sessanta per attirare militanti in buona fede dal marxismo all'estrema destra. E' stato per anni uno dei principali collaboratori del famigerato teorico della "disintegrazione del sistema" , condannato per Piazza Fontana e fondatore di movimenti razzisti Franco Freda. Questo basta e avanza per provare profondo disgusto e vergogna.

Considerando che su questo forum - che si definisce "di amici e simpatizzanti dell'eurasiatismo" - si fa riferimento al trimestrale di "studi geopolitici" di cui sopra , fra i cui redattori figura oltre al nazi-sciita Dagoberto Hussein Bellucci pure il suddetto Claudio Mutti, e che l'eurasiatismo italiano è rappresentato da personaggi di questo livello ne concludo che si tratti dell'ennesimo movimento-truffa utilizzato dagli estremisti neri per cooptare all'interno delle loro formazioni compagni che non soltanto si renderebbero complici di reati penalmente punibili dalla Costituzione italiana ma pure dell'attività di proselitismo dell'estremismo neofascista in Italia.

Prendo atto che quelle propagandate fino ad ora su questo forum siano niente meno che le posizioni terzomondiste di una corrente filo-russa e filo-islamica dell'estremismo di destra italiano e mi sorprende oltremodo aver constatato che, fra i collaboratori fissi, del trimestrale in questione figuri anche il professor Costanzo Preve un tempo mente illuminata e valido teorico del marxismo italiano attualmente a braccetto con la peggior feccia neonazista presente in circolazione.

Tolgo definitivamente il disturbo ripromettendomi qualsiasi azione per ostacolare questi squallidi tentativi d'infiltrazione a sinistra che , mi sia consentito, sono la fotocopia posticcia di altre iniziative analoghe partorite dai teorici alla Mutti e alla Bellucci in altri tempi e in altre situazioni.

Viva il 1.o Maggio Rivoluzionario e Antifascista!
Viva il proletariato e il comunismo!
Il Fascismo - vecchio e nuovo - non passerà!

Addio e vergognatevi! Premetto di non essere "eurasiatista", ma possibile che voi comunisti vi sappiate riempire la bocca sempre e solo di antifascismo? Ma non vi stancate mai? Ah, cosa fareste senza l'antifascismo...:sese:

Spetaktor
30-04-09, 18:10
Ho infine avuto modo e tempo per documentarmi sulla composizione della redazione della rivista "Eurasia" e , con mio grande sconcerto, ho avuto la spiacevole sorpresa di sapere che l'indirizzo della rivista (Viale Osacca 13 - Parma) corrisponde esattamente a quello di una casa editrice "All'Insegna del Veltro" diretta dal neo-nazista Claudio Mutti già responsabile delle omonime edizioni per i cui titoli ha sfornato , fra gli altri, il noto libello antisemita dei "Protocolli dei savi anziani di sion" assieme ad altro ciarpame negazionista ("Il rapporto Leuchter") e un altro testo - del quale ignoravo l'esistenza - a firma Volsky intitolato "I veri Protocolli" che fin dal titolo mi autorizza a credere si tratti della solita propaganda nazistoide.

Claudio Mutti è inoltre un personaggio storico della galassia dell'estrema destra neonazista e antisemita , arrestato - mi risulta - per la strage di Bologna e noto nella Sinistra Rivoluzionaria per i suoi trascorsi in organizzazioni "civetta" create dai fascisti durante gli anni sessanta e sessanta per attirare militanti in buona fede dal marxismo all'estrema destra. E' stato per anni uno dei principali collaboratori del famigerato teorico della "disintegrazione del sistema" , condannato per Piazza Fontana e fondatore di movimenti razzisti Franco Freda. Questo basta e avanza per provare profondo disgusto e vergogna.

Considerando che su questo forum - che si definisce "di amici e simpatizzanti dell'eurasiatismo" - si fa riferimento al trimestrale di "studi geopolitici" di cui sopra , fra i cui redattori figura oltre al nazi-sciita Dagoberto Hussein Bellucci pure il suddetto Claudio Mutti, e che l'eurasiatismo italiano è rappresentato da personaggi di questo livello ne concludo che si tratti dell'ennesimo movimento-truffa utilizzato dagli estremisti neri per cooptare all'interno delle loro formazioni compagni che non soltanto si renderebbero complici di reati penalmente punibili dalla Costituzione italiana ma pure dell'attività di proselitismo dell'estremismo neofascista in Italia.

Prendo atto che quelle propagandate fino ad ora su questo forum siano niente meno che le posizioni terzomondiste di una corrente filo-russa e filo-islamica dell'estremismo di destra italiano e mi sorprende oltremodo aver constatato che, fra i collaboratori fissi, del trimestrale in questione figuri anche il professor Costanzo Preve un tempo mente illuminata e valido teorico del marxismo italiano attualmente a braccetto con la peggior feccia neonazista presente in circolazione.

Tolgo definitivamente il disturbo ripromettendomi qualsiasi azione per ostacolare questi squallidi tentativi d'infiltrazione a sinistra che , mi sia consentito, sono la fotocopia posticcia di altre iniziative analoghe partorite dai teorici alla Mutti e alla Bellucci in altri tempi e in altre situazioni.

Viva il 1.o Maggio Rivoluzionario e Antifascista!
Viva il proletariato e il comunismo!
Il Fascismo - vecchio e nuovo - non passerà!

Addio e vergognatevi!

ciao carlomartello,
ti ringraziamo per il contributo.
:ciaociao:

Comunardo°
30-04-09, 18:20
ciao carlomartello,
ti ringraziamo per il contributo.
:ciaociao: Ma carlomartello chi? L'eurosibbberiano? :D Adesso capisco i suoi commenti deliranti.

José Frasquelo
30-04-09, 19:25
ciao carlomartello,
ti ringraziamo per il contributo.
:ciaociao:

Non penso sia carlomartello purtroppo.

LupaNera
30-04-09, 19:50
Ho infine avuto modo e tempo per documentarmi sulla composizione della redazione della rivista "Eurasia" e , con mio grande sconcerto, ho avuto la spiacevole sorpresa di sapere che l'indirizzo della rivista (Viale Osacca 13 - Parma) corrisponde esattamente a quello di una casa editrice "All'Insegna del Veltro" diretta dal neo-nazista Claudio Mutti già responsabile delle omonime edizioni per i cui titoli ha sfornato , fra gli altri, il noto libello antisemita dei "Protocolli dei savi anziani di sion" assieme ad altro ciarpame negazionista ("Il rapporto Leuchter") e un altro testo - del quale ignoravo l'esistenza - a firma Volsky intitolato "I veri Protocolli" che fin dal titolo mi autorizza a credere si tratti della solita propaganda nazistoide.

Claudio Mutti è inoltre un personaggio storico della galassia dell'estrema destra neonazista e antisemita , arrestato - mi risulta - per la strage di Bologna e noto nella Sinistra Rivoluzionaria per i suoi trascorsi in organizzazioni "civetta" create dai fascisti durante gli anni sessanta e sessanta per attirare militanti in buona fede dal marxismo all'estrema destra. E' stato per anni uno dei principali collaboratori del famigerato teorico della "disintegrazione del sistema" , condannato per Piazza Fontana e fondatore di movimenti razzisti Franco Freda. Questo basta e avanza per provare profondo disgusto e vergogna.

Considerando che su questo forum - che si definisce "di amici e simpatizzanti dell'eurasiatismo" - si fa riferimento al trimestrale di "studi geopolitici" di cui sopra , fra i cui redattori figura oltre al nazi-sciita Dagoberto Hussein Bellucci pure il suddetto Claudio Mutti, e che l'eurasiatismo italiano è rappresentato da personaggi di questo livello ne concludo che si tratti dell'ennesimo movimento-truffa utilizzato dagli estremisti neri per cooptare all'interno delle loro formazioni compagni che non soltanto si renderebbero complici di reati penalmente punibili dalla Costituzione italiana ma pure dell'attività di proselitismo dell'estremismo neofascista in Italia.

Prendo atto che quelle propagandate fino ad ora su questo forum siano niente meno che le posizioni terzomondiste di una corrente filo-russa e filo-islamica dell'estremismo di destra italiano e mi sorprende oltremodo aver constatato che, fra i collaboratori fissi, del trimestrale in questione figuri anche il professor Costanzo Preve un tempo mente illuminata e valido teorico del marxismo italiano attualmente a braccetto con la peggior feccia neonazista presente in circolazione.

Tolgo definitivamente il disturbo ripromettendomi qualsiasi azione per ostacolare questi squallidi tentativi d'infiltrazione a sinistra che , mi sia consentito, sono la fotocopia posticcia di altre iniziative analoghe partorite dai teorici alla Mutti e alla Bellucci in altri tempi e in altre situazioni.

Viva il 1.o Maggio Rivoluzionario e Antifascista!
Viva il proletariato e il comunismo!
Il Fascismo - vecchio e nuovo - non passerà!

Addio e vergognatevi!


Bla bla bla!
ciaooooooooo :ciaociao::ciaociao::ciaociao:

Anton Hanga
30-04-09, 19:51
Tolgo definitivamente il disturbo ripromettendomi qualsiasi azione per ostacolare questi squallidi tentativi d'infiltrazione a sinistra che , mi sia consentito, sono la fotocopia posticcia di altre iniziative analoghe partorite dai teorici alla Mutti e alla Bellucci in altri tempi e in altre situazioni.
Viva il 1.o Maggio Rivoluzionario e Antifascista!
Viva il proletariato e il comunismo!
Il Fascismo - vecchio e nuovo - non passerà!
Addio e vergognatevi!

:paura:
:conf:
:gratgrat:

:crepapelle: :crepapelle: :postridicolo: :postridicolo:


:gluglu::gluglu:
:ciaociao:

LupaNera
30-04-09, 19:52
ciao carlomartello,
ti ringraziamo per il contributo.
:ciaociao:

ancora lui?
mettiamoci alla ricerca di una buona clinica psichiatrica poverino....:piango:

LupaNera
30-04-09, 19:53
festeggiamo tutti l'uscita di scena del POMAROLA!
saluti anche da DHB!

Prinz Eugen
30-04-09, 20:26
ancora lui?
mettiamoci alla ricerca di una buona clinica psichiatrica poverino....:piango:

No. Decisamente no. Ma fa piacere pensarlo.

DharmaRaja
30-04-09, 20:35
[...] diretta dal neo-nazista Claudio Mutti [...] mi autorizza a credere si tratti della solita propaganda nazistoide. [...] della galassia dell'estrema destra neonazista e antisemita [...] uno dei principali collaboratori del famigerato teorico della "disintegrazione del sistema" , condannato per Piazza Fontana e fondatore di movimenti razzisti Franco Freda. [...] nazi-sciita Dagoberto Hussein Bellucci [...] corrente filo-russa e filo-islamica dell'estremismo di destra italiano [...] attualmente a braccetto con la peggior feccia neonazista presente in circolazione
Mi hai quasi fatto bagnare.
Vieni qui caballero :1138:

Spetaktor
30-04-09, 20:46
Non penso sia carlomartello purtroppo.

solo lui poteva scambiare se stesso per un eurasiatista.
misteri delle mille personalità!

Orwell
30-04-09, 21:34
Davvero si rimane stupiti da come quesa discussione è iniziata e da come sta finendo: se ll'inizio potevo essere d'accordo con Savonarola sulla scarsa attinenza dei testi di Bellucci al tema dell'eurasiatismo, adesso non capisco il suo atteggiamento "antifascista". Ma poi, che senso ha?:gratgrat:

Combat
30-04-09, 21:34
Ma quale antifascismo.

Ogni tanto, nell’immenso mare di internet, ci imbattiamo in lunghissimi e dettagliati dossier che si pongono come scopo quello di combattere il “pericolo fascista” o meglio ancora di “smascherare i fascisti” che pare siano annidati ovunque. Come forse sarà più chiaro dopo averci riflettuto, sono manifestazioni di poco conto e poca importanza, ma visti gli sforzi che vengono impiegati per costruire questi veri papiri di fanta-politica, ci pare utile soffermarcisi sopra, anche per delinearne i significati, le cause e le conseguenze politiche; queste possono essere molto interessanti e rilevatrici della situazione culturale-politica odierna.
Partiamo da un dato di fatto facilmente riscontrabile da chiunque: tutti questi dossier sono costruiti avendo come scopo il voler smascherare il vero pensiero celato dietro questo o quel gruppo, questo o quel concetto. Praticamente, portano avanti le loro insinuazioni soltanto accusando la vittima di nascondere il proprio vero pensiero. Non è difficile capire che in tale modo si può accusare qualsiasi persona di qualsiasi cosa, soltanto premettere che il colpevole dice una cosa ma ne pensa un'altra, è ammettere di costruire le proprie accuse su un non-detto, sulla critica di posizioni mai espresse. Questa è appunto un processo alle intenzioni, totalmente campato in aria, o meglio ancora, questa è psico-polizia. Siamo ai livelli di un sistema orwelliano, un Grande Fratello dove il controllo, la delazione, e le accuse infondate sono il normale agire per indirizzare il sistema culturale e politico nei binari desiderati, demonizzare chi viene sentito come “pericoloso” per lo “status quo”, accomunandolo a frange manovrate dall’alto e condannabili. Con tale metodo, di processo alle intenzioni o psico-polizia che dir si voglia, si potrebbe costruire un dossier in cui Darwin risulti creazionista (in quanto ha sempre celato il suo vero pensiero teorizzando l’evoluzionismo) oppure il Papa sia in realtà un ateo infiltrato. Non ci vuole tanto a questo punto per capire il valore (in termini di correttezza, affidabilità, conoscenza) di questi processi inquisitori.
In realtà oggi l’antifascismo è un esercizio di codardia e pigrizia intellettuale ed intellettiva. Si combatte un nemico che non esiste più, da una posizione di assoluto vantaggio: tutti oggi sono antifascisti, questo è la base dell’odierna società di massa, forse l’unico valore condiviso ovunque. Ben diversa è stata la posizione degli antifascisti al tempo del fascismo: in una società fascista (ma vale per ogni tipo di società), fare opposizione ha ben altro significato di quanto ne abbia oggi. Senza neanche contare che l’antifascismo ha avuto anche allora diversi significati, per esempio pensiamo agli anni 30, periodo in cui la dottrina del Partito Comunista era quella del “social-fascismo”: secondo il P.C. tutto il panorama politico non comunista, dai socialisti (dai quali i comunisti nascono!!!), passando per i fascisti, fino ai democratici, era da considerare alla stessa stregua; una concezione del genere presupponeva la fine dell’antifascismo in senso proprio. E coerentemente con questo, pensiamo anche a come l’antifascismo è stato a tratti distinto al suo interno, come ci ricorda la Grassa (1), il quale distingue fra “l’antifascismo che fa schifo” dei moderati che volevano esclusivamente cambiare governo, sottomettendosi agli americani, e quello di chi invece lo riempiva di tematiche sociali, utilizzando la lotta a quella determinata amministrazione per portare avanti le proprie idee.
Essere antifascisti oggi, quando il fascismo è morto e sepolto, quando i pochi gruppi che vi si richiamano sono accettati costituzionalmente e hanno sempre agito a doppio nodo con servizi segreti e direttive Usa (come del resto quasi tutto il panorama politico italiano) è un voler fare una battaglia comoda, facile… si potrebbe girare una nuova versione della famosa pubblicità che recita “ti piace vincere facile?” con protagonista qualcuno che si professa antifascista. Ma le battaglie che contano non sono mai facili. Immaginiamoci un antifascista ai tempi del fascismo, che volendo lottare contro quel regime, si scaglia invece contro la morta e sepolta Italia liberale giolittiana. Cosa penseremmo di un antifascista che va a caccia di golittiani? Perché è questo quello che avviene oggi. Nel 1945 i “fascismi” sono stati sconfitti e l’Europa (il mondo intero) si è allineata culturalmente, politicamente, socialmente con gli Stati Uniti d’America, unici veri vincitori della seconda guerra mondiale; il sistema economico di sviluppo che si è imposto è quello statunitense e oggi chi contesta l’attuale situazione deve fare i conti con questo. Che senso ha, per chi si pone in antagonismo alla situazione attuale, andare a caccia di fascisti? L’unica risposta potrebbe essere che in realtà chi si professa antifascista, e quindi continua a combattere contro un nemico eliminato e sconfitto, sia l’avanguardia del sistema dominante, sia il più irriducibile filo americano, che come il famoso giapponese, continua a combattere la sua solitaria guerra mentre il resto del mondo è totalmente cambiato. Se fosse soltanto questo, sarebbe triste e ridicolo, ma la realtà è ancora diversa.
Infatti in realtà il concetto di fascismo (ed allo stesso tempo quello di antifascismo) è totalmente cambiato rispetto al significato originale. Qui ci preme sottolineare come questo significato (originale) è, riguardo al tema di questo scritto, totalmente superfluo; tutto quello che è stato detto, come si è potuto notare, non ha nessun giudizio di valore sul fascismo che lasciamo volentieri agli storici ed agli studiosi. L’importante è notare come oggi “fascismo” sia un termine dispregiativo universalmente valido; e questo è, per chiunque sia interessato a capire il significato delle cose, nettamente negativo. Qualunque idea, concetto, termine esuli il suo significato originale per essere utilizzato fuori contesto e quindi fuori logica per intendere le cose più disparate, è un ostacolo alla comprensione ed all’intelligenza: non è un caso se nel sistema orwelliano di “1984” il Grande Fratello cambi il significato dei termini convincendo la popolazione che “La guerra è pace, l’ignoranza è forza, la schiavitù è libertà”.
L’ antifascismo oggi è un imperativo del Grande Fratello planetario e considerarsi antifascisti è essere dei fedeli seguaci di questo sistema. Ma ad un livello più basso, l’accusatodi essere fascista oggi, non è altro che il cattivo della situazione, lo stronzo, quello che vuole vedere un programma alla tv che a noi non piace, quello che ha idee diverse dalle mie ecc.. Cosa penseremmo se qualcuno ci venisse a dire che politicamente è “anti-cattivista”, “anti-stronzista”? Che lotta contro il male come l’Uomo Tigre?
Il Male appunto. Tirando le somme della questione pare lampante come l’antifascismo sia stato imposto quale religione civile dall’unica potenza egemone uscita dalla seconda guerra mondiale, uscita vincitrice proprio contro il “Fascismo” (poco più tardi anche contro il “Comunismo”): gli USA. Questa, allargando il suo dominio fisicamente, culturalmente, politicamente ai quattro angoli del globo, ha costruito tutto un armamentario di idee e concetti per difendere lo status quo e per mettere in atto quella diversità che da sempre guida la politica americana; infatti gli Stati Uniti, come sappiamo dai numerosi studi in questione, si considerano diversi, in qualche modo eletti a guidare il mondo: “una nazione universale che persegue idee universalmente valide” dice il presidente Jefferson. E’ questo “destino manifesto” che giustifica il dominio planetario- globalizzatore degli States e che, appunto, ha come uno dei pilastri il moderno anti-fascismo. E’ sommamente “americanista” distinguere semplicisticamente (e interessatamente) la società attuale in buoni e cattivi, così che fra i primi figurino sempre i “liberatori” occidentali in lotta perenne contro l’asse del male ( i cui “membri” sono a prescindere fascisti, qualunque sia la loro provenienza (1) ). In realtà è proprio la sovranità-libertà dei continenti ad essere il pericolo da scongiurare nel progetto globalizzatore della super-potenza americana: attraverso basi militari, attraverso i mass media e tramite la scelta delle elite politiche, la cultura ed il dominio americano, che è l’attuale status quo, vengono perpetuati. Non è un caso che in un paese che ha fatto della lotta al fascismo (quello originale) un tratto distintivo, come è la Russia, le organizzazioni che hanno l’unico scopo di combattere l’inesistente fascismo odierno, sono considerate dal ministero degli interni, pericolose e da combattere in quanto controllate da potenze straniere (indovinate un po’ chi?) per destabilizzare la Russia stessa.
Per tutti questi motivi chi oggi fa della battaglia antifascista (semplice, vincente, trendy, ma totalmente fuori tempo e diretta dal dominante americano) la propria battaglia, è da considerare senza dubbio alcuno, un collaborazionista degli Stati Uniti; un conservatore, un difensore dell’attuale status quo, che pur di perpetuare il dominio planetario dell’unica super potenza rimasta (ma che speriamo possa presto essere frenata, creando un equilibrio multipolare, dal ritorno della Russia e dallo sviluppo della Cina), si erge a combattente di una guerra che in realtà non ha significato se non per il centro mondiale del potere economico, politico e culturale.

Matteo Pistilli

(1) “Bricolage” di Gianfranco La Grassa: http://files.splinder.com/5cc3bced6329c62a7cdcc7e437b64df4.pdf
(2) Leggere a riguardo http://www.cpeurasia.org/?read=7479

Orwell
30-04-09, 21:37
Parlare oggi di antifascismo e anticomunismo non ha senso! Sono categorie storico-politiche che sono andate in soffitta!

Italicvs
30-04-09, 21:47
Questo purtroppo è il destino dei non allineati ovvero quello di essere inseriti, dai denigratori, in uno dei due estremismi opposti (fascismo e comunismo).

Orwell
30-04-09, 22:00
Oggi il divario esiste tra chi appoggia (volente o nolente) l'americanismo dilagante e chi si oppone ad una direzione storica imposta e che tuttavia non è ineluttabile.

José Frasquelo
01-05-09, 00:37
Esatto!

Prinz Eugen
01-05-09, 02:57
Il ruolo storico della borghesia e del capitalismo consiste in Marx nello spianare quelle forme ritenute "arcaiche" di esistenza che qui altri al contrario intendono preservare o in qualche modo attualizzare. C'è da chiedersi per quale ragione un marxista coerente dovrebbe osteggiare geopoliticamente la globalizzazione anziché esigere che venga condotta a compimento, contenendo già essa in sé il rovesciamento dialettico che ne risolverebbe le rimanenti contraddizioni.

L'unico fake qui è il preteso marxista che ritenesse di doversi opporre alla direzione storica impressa dalle forze dissolventi del mercato (dissolventi quelle "catene" che persistono frenando la maturazione del capitalismo, preludio necessario alla società senza Stato e senza classi). Può darsi esistano elementi confusi che contrappongono le realtà tradizionali e comunitarie al livellamento globale, e nello stesso tempo si dicono marxisti. Ma possono dirsi tali soltanto forzando le parole. Non lo sono senz'altro più di me che di Marx condivido le analisi arrivando a scelte di valore opposte, mantenendo però intatta la sua impostazione - le originarie antitesi da lui lucidamente fissate circa il fenomeno storico dell'affermazione del capitalismo - anziché stravolgerle.

carlomartello
01-05-09, 03:02
Non penso sia carlomartello purtroppo.

Infatti, comunque non c'è problema, i posts con le accuse e le offesa gratuite adesso li segnaliamo all'Amministrazione.
Così prima o poi la si finirà di tirarci in ballo a spoposito come sulla vecchia Pol.

carlomartello

Spetaktor
01-05-09, 12:07
Infatti, comunque non c'è problema, i posts con le accuse e le offesa gratuite adesso li segnaliamo all'Amministrazione.
Così prima o poi la si finirà di tirarci in ballo a spoposito come sulla vecchia Pol.

carlomartello

mammamia quanto sei sbirro..fai il duro e poi vai a piangere da mammà!!:piango:

José Frasquelo
01-05-09, 12:20
Infatti, comunque non c'è problema, i posts con le accuse e le offesa gratuite adesso li segnaliamo all'Amministrazione.
Così prima o poi la si finirà di tirarci in ballo a spoposito come sulla vecchia Pol.

carlomartello

Poveriiiinoooo!

José Frasquelo
01-05-09, 12:29
Il ruolo storico della borghesia e del capitalismo consiste in Marx nello spianare quelle forme ritenute "arcaiche" di esistenza che qui altri al contrario intendono preservare o in qualche modo attualizzare. C'è da chiedersi per quale ragione un marxista coerente dovrebbe osteggiare geopoliticamente la globalizzazione anziché esigere che venga condotta a compimento, contenendo già essa in sé il rovesciamento dialettico che ne risolverebbe le rimanenti contraddizioni.

Ma dipende se uno considera Marx il profeta di un' ortodossia, o semplicemente uno filosofo, che può essere superato nell'analisi e messo in discussione nelle considerazioni. La storia ha dimostrato come alcune delle considerazioni marxiane fossero del tutto errate. In special modo la questione che un maggiore sviluppo economico avrebbe portato più celermente alla rivoluzione.

LupaNera
05-05-09, 01:18
Il delitto non invecchia
di Dagoberto Husayn Bellucci - 04/05/2009

Fonte: Arianna Editrice [scheda fonte]



"Ultimamente sei tu a decidere la strada
Io resto dietro di te
raccolgo i sassi rotondi in una scatola quadrata, ho un passatempo inutile
Sinceramente da un po’ si vive alla giornata
non posso dire di no
usciamo fuori dal quartiere una volta al mese solo di sabato
ma pensa che coincidenza...
Chiedi un autografo all’assassino
guarda il colpevole da vicino
e approfitta finché resta dov’é
toccagli la gamba fagli una domanda
cattiva, spietata
con il foro di entrata, senza visto di uscita
E’ stato lui, io lo so
non credo alla campana degli
innocentisti perchè
anticamente ero io un centurione con la spada e non lo posso difendere
Mi ricordo quando ci fu Galileo e Giovanna D’Arco
ero presente in piazza,
provavo immenso piacere
mi sentivo bene a vedere come si muore,
sono di un’altra razza
Chiedi un autografo all’assassino
guarda il colpevole da vicino
e approfitta finche’ resta dov’é
toccagli la gamba fagli una domanda, ancora
chiedi un autografo all’assassino
chiedigli il poster e l’adesivo
e approfitta finche’ resta dov’è
toccagli la gamba
fagli una domanda
cattiva
spietata
è la mia curiosità impregnata
di pioggia televisiva
comincia un’altra partita...."

( Samuele Bersani - "Cattiva" - album "Caramella smog" - 2003 )



C'era una volta.... non è l'inizio di una 'fiaba' ...semplicemente il 'ricordo' 'vola' ad un'altra 'epoca', 'apparentemente' lontana anni-luce dall'attuale, nella quale ci siamo dilettati con la lettura di qualche ottimo classico d'autore della letteratura poliziesca... i 'gialli' Mondadori hanno 'scandito' - assieme alla "Settimana Enigmistica" e alla "Selezione del Reader's Digest" (...si ...proprio il 'bollettino' filo-sionista "made in Usa"...) ... arrivavano a domicilio con una 'tempistica' perfetta...altri 'tempi' ...oggi neanche l'abbonamento 'garantisce' tempi 'conformi' di spedizione e soprattutto di arrivo a destinazione - un 'tempo' della nostra 'adolescenza'...era l'epoca del mostro di Firenze che, si 'vede', dev'aver 'acceso' la nostra 'fantasia'.... (...come 'dimenticare' oltretutto la figura di quel "sant'uomo" di Pietro Pacciani?...il contadino di Mercatale...e i 'compagni di merende'... 'miti' 'rovesciati' di un'Italia provinciale e più semplice che non esiste più...figure da romanzo 'giallo' all'amatriciana , di quinta categoria...protagonisti , forse involontari forse no, di una storia più grande di loro...sicuramente bonarie 'apparizioni' di "orchi" da paese... )


In realtà dovremmo parlare soprattutto di "noir" - alla 'francese' - o , meglio ancora sarebbe da utilizzare la dizione tedesca di "kriminalroman". Il 'giallo' è un genere di narrativa popolare di successo nato attorno alla metà del XIXmo secolo e sviluppatosi soprattutto nel Novecento. Oggetto principale della letteratura 'gialla' è sempre la descrizione di un crimine e dei personaggi che ne sono coinvolti - vittime e criminali, 'attori' e 'spettatori'... ( "...ma che film la vita tutta una sorpresa/ attore e spettatore/ tra gioia e dolore/ nel buio e nel colore..." cantava Augusto Daolio nella sua "Ma che film la vita"...) - mentre prende il nome di poliziesco quando , accanto a questi elementi , ha un ruolo centrale la narrazione delle indagini, i dettagli dell'inchiesta che portano alla luce tutti i differenti elementi della vicenda criminale.

Il 'genere' della 'giallistica' si divide tradizionalmente in diversi sottogeneri : dal poliziesco (il giallo 'classico') alla letteratura di spionaggio, dal 'noir' al thriller (quest'ultimo a sua volta suddiviso in più filoni fra i quali il legal-thriller e il medical-thriller che tanta fortuna hanno avuto in tv con le serie "C.S.I.", "C.S.I. -Miami" e l'italiana "R.I.S."...un successo quello delle serie 'medical-thriller' già decretato da anni dal grande schermo e che ha portato alla diffusione di trasmissioni, quali l'italiana "real-CSI" , dove sono illustrati metodi d'indagine e ricerche della polizia scientifica applicate ad episodi realmente accaduti che hanno avuto un più o meno vasto eco tra l'opinione pubblica di questo o quel paese).

Il termine italianissimo di "giallo" usato per designare il romanzo poliziesco è proprio della lingua italiana e si deve, come 'detto', alla collana de "Il Giallo Mondadori" , ideata da Lorenzo Montano e pubblicata da Arnoldo Mondadori a partire dal 1929 in piena epoca fascista. La dizione "giallo" , da colore della copertina degli agili romanzi proposti settimanalmente oramai da ottant'anni dalla casa editrice milanese, ha così finito per sostituire rapidamente il termine classico di "poliziesco" rimasto immutato invece nei paesi soprattutto di lingua inglese (crime-novel) e francese (roman policier).

Giuseppe Petroni analizzando le diverse forme linguistiche di come viene chiamato il giallo scrive:
« Noi, gli italiani, quando non lo chiamiamo giallo (che è riferimento a una copertina) diciamo romanzo poliziesco, come i francesi che parlano anche di roman policier. I tedeschi invece lo dicono Kriminalroman, che abbreviamo in Krimi. Gli anglosassoni hanno una scelta più varia: parlano di detective fiction, mystery (o mystery story), di detective story o detective novel (un termine che si trova anche in tedesco: Detektivroman), di crime o crime story. Le lingue slave usano tutti questi termini: detectivnji roman (in russo), detektivski roman (in sloveno, abbreviato in detektivka), detektivní román (in ceco, abbreviato anche qui in detektivka) ma usano anche kriminal (polacco parlato) e dicono ancora roman tajn (romanzo-mistero, russo) e ancora cernà knihovna (biblioteca nera, nome di una collana), o powiesc sensacjna (storia a sensazione, polacco). » (1)


Parlare di 'romanzi gialli' senza occuparci - en passant - di una storia della letteratura poliziesca risulterebbe 'insufficiente' e sostanzialmente inefficace non fosse altro per i nomi degli autori ed alcuni titoli di larga popolarità che hanno contraddistinto questo genere. E' probabile che si possa far coincidere la nascita di questa letteratura di successo con la pubblicazione, nel 1841, del volume "I delitti della via Morgue" di Edgar Allan Poe , celebre romanziere britannico che darà vita al personaggio di Auguste Dupin primo esemplare , e se vogliamo antesignano, dell'investigatore dalle enormi capacità deduttive e da una logica acuta e serrata che gli permetteranno di risolvere i casi criminali senza recarsi neanche sul luogo del crimine ma soltanto attraverso la lettura dei resoconti giornalistici.

E' sicuramente a questo primo 'investigatore del crimine' che si rifarà , qualche anno più tardi , il noto Arthur Conan Doyle nel creare il ben più famoso Sherlock Holmes, protagonista del romanzo "Uno studio in rosso" (1887) che contende a "La pietra di luna" di Wilkie Collins (1867) il titolo di primo romanzo giallo mai pubblicato.

Da allora il genere ha conosciuto sempre più fortuna, sia di pubblico che di critica, diventando una pietra miliare della letteratura romanzesca internazionale finendo per spaziare anche in ambiti più o meno affini quali lo spionaggio internazionale, i thriller e anche parte della letteratura horror-poliziesca.

Innumerevoli gli autori - di ogni parte del mondo - che si sono dedicati con eccellenti risultati alla letteratura 'gialla'; dall'inglese Agatha Christie (ideatrice dei personaggi dell'ispettore belga Hercule Poirot e di Miss Marple) al belga George Simenon (inventore del commissario Maigret), a Rex Stout (il 'padre' di Nero Wolfe) senza dimenticarci di chi, più di ogni altro, porterà al successo cinematografico i principali romanzi criminali del XXmo secolo ovvero il britannico Alfred Joseph Hitchcock (2) di cui ricordiamo quì brevemente alcuni successi: "L'uomo che sapeva troppo" (1934), "Il club dei trentanove" (1935), "Rebecca, la prima moglie" (1940), "L'ombra del dubbio" (1943), "Notorius" (1946), "Il delitto perfetto" (1954), "La donna che visse due volte" (1958), "Intrigo Internazionale" (1959), "Psyco" (1960) e Frenzy (1972).

A proposito di George Simenon - di cui si ricordano quì i sentimenti filo-fascisti (3) - sottolineiamo una dichiarazione , rilasciata in un'intervista concessa a Giulio Nascimbeni nel maggio 1985 nella quale - il creatore del commissario più famoso d'Europa - dirà: "...a Maigret ho dato un'altra regola: non bisognerebbe mai togliere all'essere umano la sua dignità personale. Umiliare qualcuno è il crimine peggiore di tutti.". 'Concordiamo'...
Tra i diversi 'generi' ed autori di romanzi 'gialli' ....continueremo a chiamarli utilizzando 'sempre' il termine italiano per una questione 'affettivo-romantica'...ci siamo 'dilettati' soprattutto con quello dell'hard boiled school ...la 'scuola dei duri' americani... ovvero il genere americano per eccellenza nato a partire dagli anni Venti da una serie di romanzi spesso scritti da ex agenti in pensione, poliziotti o detective privati e pubblicati su una rivista , "Black Mask" di cui fu direttore il capitano Joseph T. Shaw "convinto di dover diffondere un nuovo tipo di narrativa poliziesca che non si rifacesse ai vecchi, frusti, monotoni schemi tradizionali, al delitto come evento gratuito, alla ricerca del colpevole come gioco di pazienza, alla letteratura come mera evasione della realtà. Nell'assumere la direzione della rivista mai prima letta il capitano Shaw aveva dichiarato di voler cambiare tutto, e aveva mantenuto la promessa." (4)
E' 'tipico' del genere hard boiled l'utilizzo del "detective privato" che usa , nella sua indagine, metodi spesso non meno violenti di quelli usati dal/dai delinquenti ai quali dà la caccia. Realista, appassionante a colpi di scena continui il giallo 'hard boiled' si contrappose fin dalla sua nascita alla più tradizionale, pacata e quasi manichea letteratura gialla britannica. Tra i principali esponenti del filone "hard boiled" ricordiamo Dashiell Hammet , James M. Cain, James Hadley Chase e - su tutti - 'inevitabilmente' Raymond Chandler al quale si deve la nascita del 'detective' per eccellenza, lo stereotipo di ogni detective, il 'duro' dal cuore tenero : Philip Marlowe

Raymond Chandler 'dunque' con il 'suo' Marlowe ....autore e personaggio di quell'America 'profonda' , a metà tra provincia e impero, non ancora - siamo a cavallo tra gli anni Trenta e i Quaranta - diventata la superpotenza dominante l'Occidente eppure già motore e guida del capitalismo internazionali. Chandler riproduce nei suoi romanzi anche 'spaccati' duri e crudi della società americana, di quella del benessere di Hooliwood, della 'noia' dei privilegiati ricchi parassiti dalle sontuose ville sopra Los Angeles, di quel mondo falso, apparentemente 'patinato' all'esterno per nascondere il marcio che 'cova' dentro...

E' quanto fa dire al suo protagonista alla fine de "Il grande sonno" (probabilmente il romanzo più importante e anche quello al quale siamo maggiormente 'affezionati' ...non foss'altro per averne apprezzata la versione cinematografica portata al successo da un grande Robert Mitchum al cui fianco ricordiamo un'affascinante e giovanissima Joan Collins , agli inizi della sua carriera e non ancora la 'diva' di "Dallas" poi nota al pubblico di mezzo mondo...) quando Marlowe , con un filo d'amarezza, sentenzia : "Che importa dove si giace, quando si è morti? In fondo a uno stagno melmoso o in una torre di marmo sulla vetta di una montagna? Si è morti, si dorme il grande sonno, non ci si preoccupa più di certe miserie. L'acqua e il petrolio sono come il vento e l'aria, per noi. Si dorme il grande sonno, senza badare se si è morti male, si si è caduti nella sporcizia. Quanto a me , facevo parte di quella sporcizia, ora." (6)

"Il Grande Sonno" (The Big Sleep) , del 1939, è in assoluto l'esordio di Marlowe come protagonista dei romanzi di Chandler (il primo dei quali , "Il Testimone", apparso nel '34 non vedrà Marlowe come protagonista anche se , ripubblicato nel '50, questo nome comparirà in una raccolta di volumi dei vecchi racconti della rivista 'Black Mask'). E non sarà il solo romanzo nè la sola storia dei quali Marlowe sarà il protagonista indiscusso: da "Addio, mia amata" (1940) a "Finestra sul vuoto" (1942), da "In fondo al lago" (in realtà il titolo originale era "The Lady in the Lake" ma questa sarà la traduzione italiana utilizzata come titolo nel '43) a "Troppo Tardi" (1949) , da "Il lungo addio" (1953) a "Ancora una notte" (1958) fino all'ultimo , incompleto, "La matita" del 1960 pubblicato postumo dopo la scomparsa del suo autore.

L'America di Marlowe è a metà strada fra il Laurel Canyon Boulevard e un caffè malfamato di Tijuana dove ambienterà "Il lungo addio" una storia di un'amicizia che farà dire al suo autore, Chandler, "non m'importa che Marlowe risulti un sentimentale, in fondo lo è sempre stato. La sua durezza è stata più o meno un bluff..."

E' un'America che non avrà ancora 'maturato' il suo ruolo imperialistico ma che si 'accinge' a farlo con tutta la sua potenza, con tutta la potenza del suo oro, della sua finanza, di Wall Street. Ed è anche un'America , quella descritta da Chandler, che si rappresenta per quello che è: ricca quanto decadente, potente quanto immorale, pericolosa proprio perchè immorale e senza scrupoli.

"A Marlowe non importa un cavolo di chi sia il presidente degli Stati Uniti - scriverà Chandler a Dale Warren il 7 gennaio 1945 - E neppure a me importa, dato che sarà sempre un politicante. Un uccellino mi ha inoltre bisbigliato che potrei scrivere un buon romanzo sul proletariato: nel mio mondo limitato non esiste un animale del genere e, se esistesse, sarei l'ultimo ad amarlo, visto che per tradizione e lungo studio sono uno snob assoluto. Marlowe ed io non disprezziamo le classi superiori perchè fanno il bagno e possiedono denaro; le disprezziamo perchè sono fasulle..." (7)

Il denaro rende volgari ...e falsi. L'America di Chandler - e del suo 'pupillo' Marlowe - è quella decadente , già consumata dall'alcool , dal sesso e dai vizi di una classe superiore espressione dell'establishment statunitense (...senza storia, senza origini, privo di nobiltà e di grandezza, senza un passato e condannato a non aver futuro...) ..predestinata alla morte nichilistica della contemporaneità post-modernista...già qualcosa di difforme e diverso da quella stessa America cantata da Piero Ciampi - cantautore livornese e poeta del Nulla , nonchè nostro zio per parte di madre - il quale sosteneva:

"...Alberto Camus sosteneva che l'America è una colonia di terremotati mentali...Alberto Moravia con le sue lesbiche (e la sua astuzia) , dice che l'America è forse il paese del destino. Intanto Jack Kerouac me l'hanno ammazzato a 47 anni dopo aver scritto "I sotterranei". Non c'é più l'America. Non c'é più, non c'é più, non c'è più, non c'é più...Non c'é più l'America."

Analizzando la metodologia dell'autore di gialli Chandler scriverà: "Il materiale di cui si serve l'autore di gialli è il melodramma, e cioè un'esagerazione di violenza e di paura che va oltre quello che normalmente si prova nella vita. (...) I mezzi che lo scrittore adoperano sono realistici, nel senso che cose simili accadono a persone così, in luoghi così; ma questo realismo è superficiale. Il potenziale emotivo è sovraccarico, la compressione del tempo e degli eventi è una violazione della legge delle probabilità, e sebbene cose così accadano, non accadano tanto presto nè in così stretto limite logico a un gruppo di persone così strettamente raggruppate." (8)

Ora qualcuno si potrà domandare che "c'azzeccano" Chandler e Marlowe, la letteratura gialla e i romanzi polizieschi, Piero Ciampi e il nichilismo...
Noi analizziamo la società 'sgangherata' e massificata contemporanea , le sue 'derive' esistenziali, il suo incedere a passi da gigante - senza meta e senza scopo - verso l'autodisintegrazione, la decomposizione ontologica dell'attualità nichilista che ha schiantato e reso inutili vite ed esistenze sospese nel nulla...

Considerando l'attuale , quotidiano, contorto 'stillicidio' di 'casi' da romanzo giallo; il vulnerabile istinto 'omicida' affiorante in sempre più vaste porzioni della società italiana, l'inenarrabile serie di delitti a sfondo più o meno criminale, la formazione di psicopatologie 'borderline' in un sempre maggior numero di individui dalle identità 'rovesciate' e l'esplosione demenziale dei crimini di matrice "occultistico-satanista" (..."in quest'epoca di pazzi / ci mancavano gli idioti dell'orrore" '...anche 'quì' Franco Battiato l'aveva 'vista' 'lunga'...) ricollegabili a sette e congreghe che , piaccia o 'meno' , si rifanno al culto del demonio o al Satanismo tout court tra alcool, droghe e riti inebrianti d'iniziazione nonchè i casi massmediali saliti prepotentemente alla ribalta (da Pietro Maso a Verona ai 'fidanzatini' , Erika e Omar, di Novi Ligure; dal caso Franzoni a Cogne al delitto dell'Olgiata fino ai più recenti delitti di Garlasco, di Erba e di qualsivoglia prossimo venturo crimine 'premeditatamente' o meno commesso in una qualunque delle località della profonda provincia italiana) indiscutibilmente anche questa 'ricognizione' analitica sul delitto risulterà 'conforme' ad un percorso di milizia che intenda considerare tutti i processi degenerativi della società moderna senza quì soffermarci sulla 'moda' demenziale del "pubblico" non-pagante 'assiepato' davanti alle abitazioni delle tragedie o , peggio ancora, in 'fila indiana' con tanto di 'numerino' (...come al super-mercato...deficienza contemporanea spettatrice del nulla e 'fascino' capovolto dell'horror in versione 'live'...) in attesa della nuova udienza di questo o quel processo .... 'Colpevoli' tutti...a cominciare dai giornalisti....'sciacalli' del dolore e 'iene' del lutto...irrispettosi dinanzi alla morte e alle sofferenze...sempre in 'cerca' di scoop da confezionare...da appendere senza pensarci neanche troppo sù...


----continua----

LupaNera
05-05-09, 01:19
--------continua-------
In merito alle 'cause' , ai 'moventi', ovvero a ciò che 'muove' l'istinto omicida , al di là dei crimini passionali o di quelli a sfondo ideologico-politico, possiamo sottolineare l'affatto vortiginoso aumento dei casi "abnormi" determinati da psicopatologie 'deviate'. In merito scrive Angela Spadafora:
" Per molto tempo la psicopatologia borderline ha avuto incerta collocazione nosografica, ed è stata considerata come uno stato al confine fra l'area psicopatologica delle psicosi e quella delle nevrosi, assumendo cosi anche la definizione di “schizofrenia pseudonevrotica o di “sindrome marginale". E’ solo a partire dalla pubblicazione nel 1980 del DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders) III edizione dell’American Psychiatric Association (APA) che la psicopatologia borderline è stata inquadrata tra i disturbi di personalità.
Tale disturbo è attualmente oggetto di molta attenzione e di molte controversie sia in ambito psichiatrico e psicoterapeutico per i problemi eziopsicopatogenetici, diagnostici e di cura che pone, sia in ambito criminologico per la sua possibile ricaduta sociale e rilevanza giuridica. Inoltre, è da notare che nel corso degli ultimi decenni la sua incidenza statistica è apparsa in sensibile aumento. Si calcola che circa il 3% della popolazione è affetta dalla forma clinica completa e che una percentuale molto più alta manifesta forme cliniche parziali.
Il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali colloca la patologia borderline (DBP) sull’asse II, all’interno del “gruppo b” dei disturbi di personalità. Il DBP, nello specifico, appartiene al cluster definito “drammatico-imprevedibile” , in cui rientrano altresì altri tre disturbi di personalità: narcisistico, istrionico, antisociale. Caratteristica comune a tutti i disturbi del cluster b è l’elevata emotività. In particolare, i portatori di DBP, che statisticamente sono più frequentemente donne, presentano un’ estrema sensibilità e una marcata emotività, caratteristiche queste che possono essere causa di enormi sofferenze non solo per l’individuo disturbato, ma anche per la società.
Il DSM IV (1994) definisce il DBP come «una modalità pervasiva di instabilità delle relazioni interpersonali, dell’immagine di sé e dell’umore e una marcata impulsività, comparse nella prima età adulta e presenti in vari contesti». Difficoltà nelle relazioni interpersonali, disturbi dell'identità, instabilità affettiva e deficit del controllo degli impulsi caratterizzano, dunque, costantemente la vita psichica dei portatori di questo gravissimo disturbo, per i quali, non a caso, è usata la definizione di “soggetti stabilmente instabili”.
Il DSM IV-TR (2000) elenca nove criteri diagnostici, di cui è necessaria la presenza simultanea di almeno cinque per poter diagnosticare un DBP; per cui due soggetti portatori di questo disturbo possono avere in comune uno solo di questi criteri ed avere un quadro clinico molto diverso. Tali criteri diagnostici sono:
1. sforzi disperati di evitare un reale o immaginario abbandono. I portatori di DBP avvertono se stessi come fragili ed indifesi, bisognosi di ricevere costantemente rassicurazioni e protezione da parte degli altri. Anche solo l’idea che una relazione significativa possa essere interrotta può far precipitare questi soggetti in uno stato di angoscia devastante, che può anche dar luogo a vissuti dissociativi. La paura, spesso immotivata, di essere abbandonati può nascere dalla percezione distorta di un comportamento altrui: già una semplice disattenzione o un “no”possono essere avvertiti da questi soggetti come un indice di abbandono e rifiuto totale.
2. un quadro di relazioni interpersonali instabili e intense, caratterizzate dall’alternanza tra gli estremi di iperidealizzazione e svalutazione. Il borderline tende, anche grazie alla sua capacità di affascinare (è, generalmente, considerato un individuo piacevolmente “strano”) e di manipolare gli altri, ad intrecciare rapidamente intense relazioni interpersonali, ma, oscillando perennemente tra due visioni antitetiche dell’altro, finisce inevitabilmente con il comprometterle. Per questo soggetto la vita è fatta di estremi: l’altro da sè è, a tratti, "tutto cattivo" o "tutto buono”. Non esistono soluzioni di compromesso: egli odia o ama. Questa valutazione è però fortemente instabile, nel senso che la stessa persona valutata dal Border in un determinato modo, può, in un momento immediatamente successivo, essere valutata in modo opposto. Per es. è frequente che idealizzi il partner o un nuovo amico già al primo incontro e che lo faccia cadere dal piedistallo su cui lo ha posto entro pochissimo tempo. Ovviamente, un tal modo di rapportarsi mette a dura prova la capacità di sopportazione del prossimo, e quindi può dare origine a sentimenti di rifiuto, i quali non fanno altro che rafforzare gli assunti di base della psicologia “border”, per cui “il mondo è cattivo e lui è inaccettabile”.
3. alterazione dell’identità: immagine di sé e percezione di sé marcatamente e persistentemente instabili. Si parla di diffusione del Sé. Il borderline ha un’immagine oscillante della propria identità (non sa bene cosa sia e come sia), e da questa situazione consegue la messa in atto di comportamenti altamente contraddittori. Inoltre, è proprio la marcata e persistente instabilità dell’immagine e della percezione di sé a far si che il soggetto fatichi ad effettuare una scelta lavorativa e a stabilire il proprio orientamento sessuale o politico. Non sono rari i tentativi di compensazione di tale deficit posti in essere da tali soggetti. Molti, proprio per crearsi un’identità stabile, decidono di affiliarsi a gruppi spiccatamente caratterizzati, come gruppi religiosi o politici estremisti, sette sataniche, gruppi “alternativi”. Questi, apparentemente percepiti come soggetti “anticonformisti”, sono, in realtà, soggetti che hanno un gravissimo problema di identità, che cercano in questi gruppi proprio ciò di cui risultano carenti, cioè il proprio ruolo nella società ed il senso di un Sé altrimenti incline alla frammentazione.
4. impulsività in almeno due aree che sono potenzialmente dannose per il soggetto, quali abbuffate compulsive, guida spericolata, promiscuità sessuale senza attenzione a rischi di infezioni o di gravidanze indesiderate, cleptomania, abusi di alcool e droghe, spese eccessive.
Diversi sono gli ambiti in cui il Border può perdere di controllo, dando luogo a condotte altamente autodistruttive. Ciò accade perché, di solito, tale soggetto conduce una vita sregolata: infatti, è spesso un consumatore abituale, ma non fedele di sostanze stupefacenti ed un iperassuntore di bevande alcoliche; è sessualmente iperattivo, anche se la sua non è quasi mai una sessualità adulta, prediligendo a questa, il più delle volte, una sessualità perversa o promiscua e la masturbazione; ha spesso una condotta alimentare abnorme, caratterizzata da frequenti abbuffate.
5. ricorrenti minacce, gesti, comportamenti suicidari, o comportamento automutilante. I borderline sono quasi sempre gravemente autoaggressivi e autolesionisti fino al tentativo di suicidio. I comportamenti automutilanti più frequenti consistono in graffi, tagli cutanei superficiali e ustioni. Queste condotte sono motivate principalmente dall’esigenza di attenuare o porre fine ad una situazione di angoscia e vuoto interiore diventata insostenibile.
6. instabilità affettiva dovuta a una marcata reattività dell’umore (rapide oscillazioni del tono emotivo fra depressione, euforia, irritabilità e ansia). L’affettività del borderline è estremamente condizionata dalla variazione dell’ambiente esterno e delle dinamiche relazionali: al variare delle situazioni ambientali e relazionali segue un repentino adattamento dell’umore. E’ per questi motivi che si dice che il borderline è stato-dipendente.
7. cronici sentimenti di vuoto interiore e di noia. Questi sentimenti, uniti spesso ad un profondo senso di colpa di cui spesso si ignora l'origine, fanno da sfondo a tutta l’esistenza del borderline. Ed è questa cronica ed angosciosa sensazione di vuoto interiore che spinge molti di questi soggetti a ricercare costantemente qualcosa da fare, quasi come se si dovesse “riempire” un enorme buco, che rimane però incolmabile.
8. rabbia inappropriata, intensa e/o incontrollata. I borderline sono persone arrabbiate con se stesse e con il mondo. Questa rabbia può manifestarsi con diverse espressioni cliniche, come: esplosioni di rabbia transitoria ed incontrollabile, permalosità eccessiva, ostilità e rancore omnipervasivi. Questa è l’emozione che può risultare più disturbante per le relazioni interpersonali. Essa è, infatti, la causa più frequente del passaggio all’atto, che si realizza con condotte auto ed etero-aggressive incontrollabili. E’ da tener presente che le condotte eteroaggressive possono essere tanto fisiche, quanto verbali.
9. ideazione paranoide, o gravi e ricorrenti sintomi dissociativi (depersonalizzazione, derealizzazione, amnesie lacunari, stati oniroidi di coscienza) transitori, legati allo stress. I soggetti borderline possono andare incontro, in situazioni di forte stress, a brevi e transitori episodi psicotici. La tendenza a vedere gli altri come “totalmente buoni” o “totalmente cattivi” può condurre questi soggetti, in situazioni particolarmente stressanti, a guardare con sfiducia e sospettosità agli altri, e ad interpretare le loro motivazioni come malevole e persecutorie nei propri confronti. I sintomi dissociativi più frequenti sono la depersonalizzazione e la derealizzazione: cioè il soggetto può avere rispettivamente la sensazione di aver perso il “contatto” con il proprio corpo e/o con la realtà. Gli episodi psicotici brevi e transitori cui può andare ricorrentemente incontro il borderline sono determinati dal fatto che esso ha, di per sé, un contatto molto labile con la realtà. E’ di certo in grado di leggere e di conoscere la realtà (altrimenti sarebbe uno psicotico), si dice infatti che ha un esame “sufficiente” della realtà, ma ne ha una rappresentazione del tutto personale.
Sono stati compiuti numerosissimi studi relativi all’eziopatogenesi del disturbo borderline di personalità e diverse sono state le ipotesi formulate nel corso del tempo. Alcuni studiosi hanno posto l’attenzione sulle componenti genetiche e costituzionali, facendo riferimento ad una congenita debolezza strutturale del soggetto; altri hanno posto in rilievo l’incidenza dei traumi psicologici subiti in età infantile; altri ancora hanno focalizzato l’attenzione sulle componenti ambientali, facendo, in particolare, riferimento all’esistenza di relazioni intrafamiliari patologiche. Oggi si tende ad una visione multifattoriale dell’ eziopatogenesi di questo disturbo: abusi di qualunque genere (psichici, fisici e/o sessuali) subiti durante l’infanzia nell’ambito familiare possono favorire, in soggetti biologicamente vulnerabili, lo sviluppo di un DBP. La teoria multifattoriale riceve sostegno dai dati empirici; infatti, è stato statisticamente rilevato che un’alta percentuale di soggetti con DBP ha effettivamente subito nei primi anni di vita gravi traumi psicologici, principalmente determinati da maltrattamenti, abbandoni e/o abusi sessuali, in ambito familiare, e che, in un certo numero di casi, esiste una predisposizione familiare verso lo spettro dei disturbi affettivi. Risultano cosi comprensibili alcuni sintomi del disturbo, come la paura dell’abbandono ed i comportamenti impulsivi ed auto-eteroaggressivi. In particolare, è comprensibile che soggetti abusati in età infantile sviluppino cronici sentimenti di ansia “senza oggetto”, irritabilità e rabbia e che tendano, in età adulta, a reagire a stimoli sociali oggettivamente neutri, ma da essi percepiti come potenzialmente lesivi, con imprevedibili reazioni abnormi, volte a neutralizzare e/o punire gli altrui potenziali comportamenti dannosi. E’ evidente però che una siffatta modalità comportamentale finisce inevitabilmente con il compromettere gravemente sia le relazioni affettive, che le situazioni lavorative del soggetto.
Per le caratteristiche di instabilità e di facilità di passaggio all’atto (acting-out), il disturbo borderline è, insieme al disturbo antisociale di personalità, il disturbo mentale che maggiormente attrae l’interesse degli studiosi della criminologia. In caso di condotte delinquenziali, i borderline tendono ad essere estremamente aggressivi e violenti e, avendo solo una “visione d’oggetto parziale” delle altre persone, possono diventare molto pericolosi. Per alcuni studiosi, infatti, il portatore di DBP, in genere, non percepisce le altre persone come esseri con propri bisogni ed aspirazioni, bensi come porzioni d’oggetto, ciascuna strumentale unicamente al soddisfacimento di un suo specifico bisogno: cosi, per esempio, un dato individuo sarà in parte funzionale all’appagamento di un suo bisogno narcisistico di sottomissione psicologica dell’altro, un altro sarà in parte funzionale al soddisfacimento di un suo bisogno sessuale, un altro ancora sarà in parte funzionale al suo bisogno di protezione. Per il borderline ogni tipo di relazione sociale viene, cosi, ad essere “sessualizzata”, essendo ognuna finalizzata al raggiungimento del piacere legato al bisogno del momento, il quale non è, di per sé, di natura necessariamente sessuale, anzi non lo è quasi mai, essendo quasi sempre il fine ultimo del borderline semplicemente quello di esercitare il proprio potere sull’altro. La capacità di questo soggetto di accedere, in virtù del suo (spesso) ottimo livello intellettivo e della sua spiccata sensibilità, che lo porta ad intuire in modo immediato gli altrui pensieri ed interessi, facilmente al prossimo, e conseguentemente di plasmarsi interamente su di esso al fine di manipolarlo, unita alla freddezza con cui, conseguentemente alla caratteristica “visione d’oggetto parziale”, percepisce le sofferenze altrui, ed alla violenza ed imprevedibilità con cui si realizza il passaggio all’atto, fa di questi il “prototipo del predatore”. Non è, infatti, un caso che famosi pluri-omicidi e serial killers presentino caratteristiche tipicamente borderline, come l’angoscia abbandonica, l’alterazione dell’identità, la marcata impulsività, gli intensi sentimenti di rabbia, l’angoscia cronica senza oggetto che decade al momento del passaggio all’atto. Inoltre, nell’infanzia e nell’adolescenza della quasi totalità dei serial killers è possibile riscontrare vissuti di rifiuto-abbandono ed abusi intrafamiliari di ogni tipo, che vanno dalle torture fisiche e sessuali alle umiliazioni emotive. Si pensi, per esempio, a Jeffrey Dahmer, il "Cannibale di Milwakee", omosessuale, trascurato dai genitori, che uccideva e mangiava i suoi amanti per “poterli tenere sempre con sé”, a Ted Bundy, il “Killer delle studentesse”, ragazzo di bell’aspetto, capace di relazionarsi in modo molto suggestivo, che adescava con vari stratagemmi e poi uccideva a colpi di spranga, rami e sassi ragazze che ricordavano in vario modo la fidanzata da cui era stato lasciato quando era ancora molto giovane, a John Wayne Gacy, il “Pagliaccio assassino”, omosessuale, cresciuto da un padre alcolista e violento che passava buona parte del tempo a deridere il figlio, acuto uomo d’affari che nel tempo libero si travestiva da clown per i bimbi malati, ma che poi in privato torturava, violentava ed uccideva proprio minorenni. In sede di valutazione psichiatrico-forense si tende a considerare, in linea generale, il DBP, come del resto gli altri disturbi della personalità, come giuridicamente non rilevante: infatti, un conto è la diagnosi clinica, un altro è come e quanto questa incida sull'imputabilità del soggetto. Non va, infatti, dimenticato che l’infermità mentale è un concetto legale, non una diagnosi psichiatrica. Tuttavia, potendo, tale disturbo, incidere pesantemente sulla capacità di volere del soggetto portatore, può capitare che, nel caso concreto, esso dia luogo al riconoscimento di una sitazione di infermità totale o parziale di mente. In Italia, un esempio di pluri-omicida, cui è stato diagnosticato un DBP, caratterizzato da scarso controllo degli impulsi e dispersione dell’identità, giuridicamente rilevante, è Luigi Chiatti, il “Mostro di Foligno”. Questi, abbandonato dalla madre ed adottato in tenera età, uccise, negli anni ‘90 del secolo scorso, due minorenni e sfidò con lettere anonime la polizia. In sede d’appello gli venne riconosciuta la seminfermità mentale e fu condannato a trent’anni di reclusione." (8)

Non staremo quì 'ulteriormente' - basti e 'avanzi' questo articolo dell'amica Spadafora ( alla quale 'peraltro' avevamo sottolineato come ,utilizzando le sopraccennate 'categorie' di riferimento e/o identificazione per delineare un soggetto "borderline" alias criteri diagnostici, 'difficilmente' l'avremmo 'scampata' ) - a disintegrare gli 'altrui' attributi con trattati di medicina legale, psico-disquisizioni o altre considerazioni clinico-investigative...quanto scritto dovrebbe sufficiente bastare a dare comunque un'idea del livello di inversione e contrazione delle identità nel quale sono precipitati i soggetti 'deambulanti' nelle società contemporanee...

Tant'è continueremo malgrado tutto a 'preferire' 'vecchi' personaggi della televisione italiana ai loro pallidi epigoni più o meno 'derivati' dalla letteratura poliziesca e tradotti nel piccolo schermo in serie , anche 'fortunate' (...tutto fa 'brodo' nello 'scatolotto' demoniaco-compulsivo che inonda di volgarità e mode 'malate' la società moderna...): dal commissario Ambrosio (con un grande Ugo Tognazzi) al Monnezza (magistrale Thomas Milian) che almeno aveva la capacità 'volgare' di strapparci un sorriso...
Impossibile invece qualsiasi 'fascinazione' per 'serie' tv quali "il commissario Montalbano", "Distretto di Polizia", "Carabinieri", "Don Matteo", "il commissario Rocca" et simili...di quanto 'proposto' più o meno recentemente dal duopolio Rai/Mediaset 'salviamo' , 'forse' , "Nebbie e Delitti" del quale abbiamo 'apprezzato' l'ottima interpretazione - 'rivalutato' 'invecchiando'...- di Luca Barbareschi nella parte del commissario Soneri...e ovviamente la sempre 'deliziosa' Natasha Stefanenko...'almeno' c'abbiamo 'capito' qualcosa ....se non 'altro' si svolgeva in 'terre' a noi poco lontane...Ferrara e dintorni....non nella "Grande Mela" o nei soliti american-pub , fumosi e con le 'classiche' ballerine di lap-dance come ci hanno 'propinato' i più recenti telefilm 'investigativi' americani ...(...oramai siamo 'abbondantemente' nauseati dall'offerta...)... 'meglio' allora i 'tedeschi' (Derrick su tutti).

Modelli stereotipati di 'occidentalizzazione' o , per dirla con Serge Latouche, del "trionfo di un modello universale, quasi una megamacchina tecnico-scientifica che impone al di fuori di qualsiasi possibilità di controllo i propri imperativi mercantili..." (9) ... 'anche' nel delitto, anche nel crimine. L'istinto omicida rimane una 'possibilità' latente, sempre 'ridestabile', in ogni singolo individuo della società occidentale di massa...malata e 'contorta'.

Che dire infine....perchè un'analisi sul delitto? Perchè, in fondo, il delitto...non invecchia. Mai.


DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI

Direttore Responsabile Agenzia Stampa "Islam Italia"


---continua---

LupaNera
05-05-09, 01:20
Note -

1 - Giuseppe Petronio - "Il punto su: il romanzo poliziesco" - ediz. "Laterza" - Bari 1985;
2 - per una breve bibliografia sul cinema di Alfred Hitchcock si veda:
Alberto Boschi. Alfred Hitchcock. Intrigo internazionale. Torino, Lindau, 2005.
Giorgio Gosetti. Alfred Hitchcock. Milano, Il Castoro, 2002.
Sidney Gottlieb. Hitchcock secondo Hitchcock. Idee e confessioni del maestro del brivido. Milano, Baldini Castoldi Dalai, 2003.
Paolo Marocco. Vertigo di Alfred Hitchcock. Lo sguardo dell'ozio nell'America del lavoro. Genova, Le Mani, 2003.
Stephen Rebello. Come Hitchcock ha realizzato Psycho. Milano, Il Castoro, 2008.
Cosetta Saba. Alfred Hitchcock. La finestra sul cortile. Torino, Lindau, 2001.
François Truffaut. Il cinema secondo Hitchcock. Milano, Net, 2002
(*) si noti in proposito l'asfittica presenza di 'elementi' di razza ebraica decisamente 'onnipresenti' nella cinematografia - specialmente di quella hooliwoodiana - come rilevato anche dall'ottimo volume di Gianantonio Valli - "Dietro il sogno americano - Il ruolo dell'ebraismo nella cinematografia statunitense" - ediz. "Seb" - Milano. In merito all'influenza ebraica nella cinematografia statunitense e al dominio assoluto dell'elemento ebraico , che controlla praticamente l'intera produzione e la rete distributiva della cinematografia di Hooliwood scrive il Valli:
"Se da una parte tutte le maggiori case di produzione hollywoodiane sono strettamente in mani ebraiche (ma lo sono anche catapecchie cinematografiche come la Producers Releasing Company, del ragioniere Leon Fromkess), ebraiche sono anche le prime banche che finanziano l'industria filmica.
L'unica, parziale eccezione è rappresentata dalla Bank of Italy, fondata nel 1904 a San Francisco da Amedeo Peter Giannini, un immigrato italiano nato nel 1870 a San Josè. Dotato di un talento e di una forza d'animo eccezionali, dopo il praticantato bancario egli ottiene i primi capitali per la sua impresa dai fratelli Herman Wolf ed lsaiah Wolf Hellman, due dei più potenti banchieri della California (il secondo è inoltre il fondatore, nel 1872, della prima sinagoga del B’nai B’rith di San Francisco). (...) Quando la Bank of Italy rileva la fallita Bowery and East River Bank di New York, è ancora Sol Lesser a consolidare la banca di Giannini attraverso il coinvolgimento di Attilio nelle attività finanziarie delle compagnie di produzione. In tal modo «Doc» diviene la prima fonte di capitale per Marcus Loew, Lewis Selznick, Florenz Ziegfeld e dozzine di altri impresari ebrei, sia teatrali che cinematografici: «una collaborazione tra outsiders», la definisce Neal Gabler.
Fondata nel 1919, la Loews Incorporated vede l'interessamento anche di altri banchieri. Come abbiamo accennato parlando della MGM, è per questo motivo che nella direzione della Loew compaiono i «gentili» W.C. Durant, dirigente della General Motors, e H. Gibson, presidente della Liberty National Bank.
Un altro banchiere perno dello sviluppo dell'industria cinematografica americana è Otto Hermann Kahn. Nato nel 1867 a Mannheim dal banchiere Bernard Otto, dopo un periodo di lavoro nella filiale londinese della Deutsche Bank, nel 1893 è nominato direttore della filiale newyorkese della Speyer & Co. Tre anni più tardi egli sposa Addie Wolff, figlia di Abraham, socio nella Kuhn Loeb & Co., nella quale banca viene assunto l'anno seguente - «verosimilmente per il fatto che era stata fondata da ebrei come lui», ci informa piamente il Gabler - divenendone un'autorità.
In tempo rimarchevolmente breve, da impiegato Otto diviene alto dirigente e socio. Dal 1903 al 1917 è presidente del Consiglio di Amministrazione della Metropolitan Opera Company. Adolph Zukor, già finanziato da Pierpont Morgan, lo contatta intorno al 1919 tramite suo fratello Felix Kahn, proprietario di una delle più estese catene teatrali newyorkesi. Quando la Paramount apre la sua campagna di acquisti di teatri (nel 1921 possiede od ha costruito ben trecentotre locali di prima visione), Felix cede la sua catena, venendo cooptato nella casa e divenendone uno dei massimi dirigenti, oltre che amico intimo di Zukor. Alla fine degli anni Venti, delle quindicimila sale cinematografiche sparse sul territorio degli Stati Uniti, la Paramount ne controlla un terzo.
Cosi si esprime ancora il Gabler: «Zukor aveva una forte affinità con i Kahn. I due fratelli erano apostati dal giudaismo, senza speranza di assimilazione, sebbene essi fossero in proposito più decisi che non Zukor. Otto aveva completamente rigettato il giudaismo e si era fatto episcopaliano. Essi affettavano uno stile di vita "imperiale", pensando di consolidare in tal modo il loro status di gentleman. Ed ancora credevano nelle arti come mezzo di mobilità sociale. In effetti, sembra che Otto Kalm si riferisse a Zukor quando, pochi anni più tardi notificò ad un gruppo di soggettisti e produttori che "nell'arte come in ogni cosa il popolo americano ama essere guidato in alto e in avanti", continuando poi a riferirsi "alla grande importanza ed alla potenzialità del cinema come industria, influenza sociale ed arte"».

Un gustoso aneddoto sul suo conto merita a questo punto di essere riportato. Fattosi protestante, Kahn cerca per anni di ignorare e di far ignorare la sua origine ebraica. Passando un giorno per la Quinta Strada in compagnia dell'umorista ebreo Marshall Wilder, affetto da una gobba pronunciata, egli indica al compagno la chiesa della quale è assiduo fedele, dicendogli: «Marshall, sai che una volta ero ebreo?». «Sì, Otto» - è la risposta di Wilder, evidentemente memore del fatto che olim haebreus semper haebreus - «e anch'io una volta ero gobbo».
Come la Kuhn, Loeb & Co. per la Triangle (insieme a Rockefeller) e per Zukor, cosi altri banchieri ebrei finanziatori dei tycoons hollywoodiani sono S.W. Straus per Carl Laemmle e Goldman, Sachs & Co. per i fratelli Warner.
Solo Williarn Fox avrebbe «osato» accordi con banchieri «gentili» non legati alla finanza ebraica, e subito l'A T & T, Halsey, Stuart & Co. ed altri finanzieri avrebbero cospirato per sottrargli il potere di controllo sulla filmografia sonora, campo nel quale Fox si trovava allora all'avanguardia e nel quale essi avevano investito considerevoli mezzi finanziari.
La crisi dell'ottobre 1929 costringe le grandi case a fare ricorso alla Chase National Bank di Rockefeller, oppure alla Atlas Corporation di Morgan, che impongono una drastica politica di organizzazione e sottomettono alla fine la produzione al loro diretto controllo.
«Il 1935» - scrive Sadoul - «è l'anno in cui le conseguenze della crisi economica e della nuova "guerra dei brevetti sonori" portano ad un rafforzato controllo dei grandi gruppi finanziari sulla città del cinema. Otto Grandi regnano ormai su Hollywood; cinque "maggiori": la Paramount, la Warner, la Loew-MGM, la Fox e la RKO insieme con tre "minori": la Universal, la Columbia e la United Artists. Le cinque case maggiori totalizzano l'88 per cento del giro d'affari, sono proprietarie di 4.000 grandi cinematografi-chiave e producono l'80 per cento delle superproduzioni. Insieme con le tre case minori, monopolizzano il 95 per cento della distribuzione. Questi Otto Grandi sono consociati nella Motion Picture Producers of America (MPPA) e a loro volta sono controllati - il più spesso a due o tre mandate - dal gruppo Rockefeller o dal gruppo Morgan. Per di più, alcune di esse sono legate a W. Randolph Hearst, a Du Pont De Nemours, alla General Motors, alla General Electric e a varie grandi banche. L'alta finanza americana, direttamente proprietaria di Hollywood, sceglie attraverso i suoi fiduciari i soggetti dei film, che, prima di venir realizzati da un cineasta, debbono piacere ad una manciata di finanzieri».
I veri padroni degli oligopoli cinematografici rappresentati dalle maggiori case di produzione sono ancor oggi i grandi finanzieri di Wall Street (anch'essi nella maggior parte di ascendenza ebraica). I maggiori trust finanziari e bancari statunitensi, le «Big Three», sono ancor oggi i gruppi Rockefeller, Morgan, e la Kuhn Loeb & Co.
Come continua Georges Sadoul, l'attività dei monopoli cinematografici di Hollywood sarà da allora prevalentemente diretta da fini commerciali: «I dirigenti, che sono praticamente i delegati dell'alta finanza, stabiliscono con precisione quanto deve rendere ogni film e se il bilancio risulta in deficit tutti quelli che hanno concorso a crearlo (attori, directors e producers) si troveranno presto o tardi licenziati. I finanziatori americani padroni di Hollywood liquidano spietatamente questi executives, che sembrano tanto potenti, non appena il bilancio delle grandi case da essi dirette si rivela passivo».
Tuttavia, nota sempre Sadoul, in talune circostanze i finanzieri di Wall Street autorizzano delle spese «disinteressate». Uno degli esempi più chiari si manifesta nel primo decennio del dopoguerra.
Nel 1948 la Fox è la prima a lanciare un film anticomunista, «La cortina di ferro», in appoggio alla guerra fredda. Con una contemporaneità significativa, la manovra propagandistica viene ripresa largamente dalla stampa, dalla televisione e dalle case editrici. Film senza alcuna qualità artistica, «La cortina di ferro» provoca subito, sia negli USA che all'estero, vive proteste. Il suo mancato successo commerciale non impedisce tuttavia ad Hollywood di continuare a produrre per sei o sette anni numerose pellicole anticomuniste - con eguale insuccesso.
«Per la Fox, la MGM, la Warner, la RKO, la Paramount questa serie costituì certamente un deficit di molti milioni di dollari. Ma lo sforzo delle cinque majors fu disinteressato soltanto in apparenza, poiché queste grandi case erano in effetti legate anima e corpo agli interessi dei gruppi Morgan e Rockefeller, alle grandi fabbriche di armi e di forniture militari o di bombe atomiche che gravitano intorno alle ditte Kodak, Du Pont de Nemours, General Motors, General Electric, etc.».
(crf - Gianantonio Valli - "Dietro il sogno americano")

3 - A conferma di questa 'tendenza' e delle simpatie per l'Asse dell'autore di Maigret ricordiamo come il fratello di Georges Simenon - Christian - si era arruolato nella Legione Straniera nell'immediato dopoguerra in quanto condannato a morte in contumacia per collaborazionismo. Christian Renaud (alias Simenon) morirà con il grado di caporale in un'imboscata a That Khe et Dong Kue il 31 ottobre 1947

4 - Oreste del Buono - "Un uomo migliore per un mondo peggiore" introduzione al volume Raymond Chandler - "Tutto Marlowe Investigatore" - vol. 1 (1934-1943) - Ediz. "Arnoldo Mondadori" - Milano 1988;

6 - Raymond Chandler - "Il Grande Sonno" - in "Tutto Marlowe investigatore" , Vol. 1 (1934-1943) - ediz. "Mondadori" - Milano 1988;

7 - Raymond Chandler - ibidem ;

8 - Angela Spadafora - "Psicopatologia borderline - DBP: Criteri diagnostici, eziopatogenesi ed implicazioni criminologhe" - Link a questo sito internet:

http://www.vibrissebollettino.net/marcocandida/archives/2007/04/dbp_criteri_dia.html

9 - Serge Latouche - "L'occidentalizzazione del mondo" - ediz. "Bollati Boringhieri" - Torino 1992;



http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=26017

LupaNera
11-05-09, 15:08
Un film al giorno: "Ipotesi di complotto"
di Dagoberto Husayn Bellucci - 09/05/2009

Fonte: Arianna Editrice [scheda fonte]


"Un complotto se è ben fatto è anche indimostrabile"

(Jerry Fletcher/Mel Gibson a Alice Sutton/Julia Roberts dal film "Ipotesi di
complotto")


"Ipotesi di complotto" ovvero come rendere un film d'azione un capolavoro
cinematografico del genere "complottistico-spy-story". Per la regia di Richard
Donner e la sceneggiatura di Brian Helgeland con un superlativo Mel Gibson ed
un'affascinante Julia Roberts questo film rappresenta probabilmente il
'viatico' più 'efficace' per una rapida comprensione dei meccanismi di
controllo sistemico della società massificata statunitense ed uno spaccato
verosimile della contemporaneità post-nichilista della società moderna alias
One World mondialista.

Prodotto e distribuito dall'ebraica Warner Bros "Ipotesi di complotto" narra
la storia di un taxista di Jew York - la "Grande Mela" delle nevrastemie e
delle paranoie dell'individuo moderno e delle sue contraddizioni laceranti - e
delle sue manie complottiste: Jerry Fletcher (Mel Gibson) è letteralmente
ossessionato da qualunque possibile complotto , ne scorge l'ombra in ogni dove,
riesce a distinguerne esecutori e complici, disegna trame più o meno occulte
che scorge dietro a qualsiasi notizia di politica interna o internazionale,
ritaglia avidamente dai quotidiani e da ogni possibile rivista qualsiasi
informazione inerente episodi curiosi della vita di capi di Stato, dirigenti
dell'amministrazione Usa , finanzieri, banchieri.

Apparentemente , le 'apparenze' ...ingannano, sembra un matto qualunque, uno
schizzato, un paranoico fuoriuscito da qualche clinica psichiatrica e messo
casualmente alla guida di un taxi giallo a scorazzare per le strade della più
importante città degli 'States' ma intanto raccoglie notizie e informazioni,
crea un vero e proprio archivio con migliaia di titoli su qualsiasi aspetto
della vita sociale, politica o economica d'America pronto a riferirlo alla sola
persona che sembra , o che almeno lui ritiene, disposta ad ascoltarlo: Alice
Sutton (Julia Roberts) procuratore presso il Ministero della Giustizia.

Jerry ha le idee chiare sulla società statunitense: sono 'loro' che dirigono
tutto, 'loro' che hanno il potere di decidere e programmano il futuro, 'loro'
che pianificano complotti, ordiscono trame e pilotano il corso degli eventi.
'Loro' sono i signori del Sistema: uomini potenti, uomini dell'Establishment.
Lavorano nell'amministrazione al lato del Presidente, hanno studi e attici di
lusso nelle capitali d'America, siedono ai vertici dei consigli di
amministrazione di qualche multinazionale o dirigono un ufficio di uno dei
differenti centri studi strategici. 'Loro' sono , soprattutto, i massimi
dirigenti di qualche servizio segreto, gli uomini dell'Intelligence, di una
delle tante 'intelligence' di cui è 'costellata' la società statunitense non
importa se si chiami NSA, CIA, FBI o pinco pallo...

'Loro' sono anche i controllori delle informazioni, del flusso di notizie che
da una parte all'altra del pianeta initerrottamente invadono le redazioni dei
principali quotidiani: sono i dirigenti delle agenzie di stampa internazionali,
i 'censori' della verità, moderni inquisitori sistemici. Sono 'loro' i
livellatori del pensiero unico mondialista al quale spetta il compito di
mantenere in equilibrio costante il 'dosaggio' di mezze verità frammentate a
menzogne artificialmente prodotte per inebetire e deviare l'attenzione dei
'consumatori' alias l'opinione pubblica o , per intenderci, il popolo "pecora
matta" , l'individuo anonimo e amorfo della società massificata.

"Flussi "culturali" a senso unico - scrive Serge Latouche (1) - partono dai
vari paesi del Centro e inondano il pianeta: immagini, parole, valori morali,
norme giuridiche, codici politici, criteri di competenza si riversano dalle
unità creatrici sul Terzo mondo tramite i mezzi di comunicazione di massa
(giornali, radio, televisione, cinema, libri, dischi, videocassette).
L'essenziale della produzione mondiale di "segni" è concentrata nel Nord oppure
viene fabbricato in officine da esso controllato, secondo le sue norme e
modalità. Il mercato dell'informazione è quasi monopolio di quattro agenzie:
Associated Press e United Press (Stati Uniti), Reuter (Gran Bretagna) e France-
Presse. Tutte le radio, tutte le catene di televisione, tutti i giornali del
mondo sono abbonati a queste agenzie. Il 65% delle "informazioni" mondiali
partono dagli Stati Uniti. Dal 30 al 70 per cento delle trasmissioni televisive
è importato dal Centro. (...) La transnazionalizzazione delle comunicazioni via
satellite e l'informatica accentueranno ulteriormente l'uniformità dei modelli
e la dissimetria dei flussi. Si può parlare in proposito di un imperium
culturale dei paesi ricchi a condizione di coglierne bene il meccanismo. E'
attraverso il dono e non la spoliazione (o il saccheggio caro ai terzomondisti)
che il Centro risulta investito di uno straordinario potere di dominazione."

Anche un film 'dunque', specialmente se prodotto dal 'Centro', potrebbe
risultare funzionale ad una immissione di modelli culturali di consumo , a mode
e dinamiche di emulazione, infatuazione che producono nei paesi 'riceventi'
l'assimilazione e l'omologazione di massa. "Ipotesi di complotto" in questo
senso 'insegna' a guardare oltre alla realtà degli avvenimenti e pone diversi
interrogativi a chi saprà 'trarne' l'esatta interpretazione al di là di una
narrazione roccambolesca da thriller tipicamente yankee.

La storia: Jerry è innamorato segretamente di Alice il cui padre, giudice
federale, è stato misteriosamente ucciso anni prima. Jerry conosce ogni
dettaglio della vita di Alice, la segue nell'ombra, la pedina senza farsi
notare, ne segue carriera e qualunque singolo avvenimento quotidiano. Jerry è
considerato un visionario, un mitomane, un paranoico...quanto racconta ha del
surreale, del folle..Un giorno viene rapito dal dr. Jonas ,uno psichiatra al
servizio di una delle diverse agenzie del governo americano, rischia di morire
ma riesce a farla franca dopo che i suoi aguzzini riescono ad iniettargli un
siero che ne altera l'equilibrio psichico già precario.

La vicenda del controllo mentale al quale è sottoposto Jerry non è
esclusivamente finzione cinematografica. Anzi... il programma di controllo
mentale denominato MK ULTRA , creato fin dall'immediato secondo dopoguerra
mondiale dai servizi d'intelligence statunitensi - la CIA - ne sarebbe la
'riprova'. In proposito rileviamo come

<<Poco prima della Seconda Guerra Mondiale, notizie su esperimenti orribili
arrivarono da tutte le parti del mondo. Corpi di animali senza testa venivano
tenuti in vita, e sole teste condannate a continuare a vivere. Ma le allusioni
ed i frammenti di notizie non bastarono per allarmare il mondo. (...). Tramite
cuori artificiali veniva pompato il sangue saturo di ossigeno nei cervelli. Si
vedevano teste di animali fiutare odori, sentire sapori, muovere gli occhi e
respirare, teste il cui cervello funzionava - e tutto senza tronco e senza
cuore. E nel solo tronco, sul quale era stato impiantato un sistema di tubi, il
cuore continuava a battere perché il cervello, che avrebbe dovuto assicurare
gli stimoli naturali, era stato sostituito da un motore. (...). Le notizie su
macabre operazioni, sulla creazione di esseri con cervelli automatici,
stimolati da una distanza di cento metri con impulsi elettrici, continuavano ad
essere giudicate come nate dalla fantasia. Ma oggi, quasi un secolo dopo i
falliti esperimenti del francese Jean Laborde, queste storie assumono
improvvisamente una forma concreta: il professore americano Robert White
presenta al mondo un sensazionale esperimento... Con i suoi trapianti
sensazionali di teste, egli ha iniziato una nuova epoca nel campo della
chirurgia del cervello. Tutto è cominciato con un esperimento riuscito dove la
testa di una scimmia, Reso, è stata trapiantata sul corpo di un’altra. >>
<<Questo neurochirurgo che lavora con un gruppo di esperti nel ‘Centro Studi
sul Cervello’ dell’Università di Cleveland (Ohio), ha dato alla serie di cento
esperimenti di questo genere il nome di ‘allenamento indispensabile per l’
intervento sull’uomo’. Egli è convinto che quelle teste funzionino come tutte
le altre e crede fermamente di non essere lontano dal suo traguardo: il
trapianto di una testa..." >>(Jean Baptiste Delacour, Di ritorno dall’aldilà,
Mondadori, Milano 1996, pagg. 201-203). Nel 1971 il professor White pubblicava
i suoi risultati. Ma siamo solo all’inizio di questi esperimenti da incubo.
Jean Baptiste Delacour, dal quale sono stati riportati i fatti descritti,
continua: <<Molti di noi volteranno le spalle, inorriditi, riflettendo su
queste descrizioni. Sono, però, successe delle cose più terrificanti. Belve
umane, che trattavano la vita di un uomo come un pezzo di legno morto, mostri,
per cui l’esperimento contava più di ogni sentimento umanitario, hanno
realizzato sull’uomo ciò che era stato sperimentato con animali. Ora, dopo che
sono successe queste cose orribili, non vogliamo approfondire i particolari del
dove e del come; dobbiamo, invece, parlare dei risultati, di quello che teste
umane hanno provato e descritto, teste umane che non avevano più corpo, a cui
era stato rubato il corpo nell’esecuzione di qualche folle sentenza; teste,
montate su un sistema di tubi nel quale scorreva una soluzione ideata con
grande abilità, la cui circolazione veniva tenuta in moto tramite quei tubi>>.
La testimonianza che segue supera di gran lunga qualsiasi fantasia horror:
<<Sapevo che tutto era finito. Mi ero detto che tutto sarebbe passato presto e
poi... Ho sentito tutto quanto avete detto, come mi avete insultato fino all’
ultimo momento. Ho visto tutto, quando dopo avete sollevato la mia testa. Ho
sentito tutto finché in me c’era ancora una goccia del mio sangue. E poi, d’un
tratto, ho cominciato a pensare di nuovo... perché in me scorreva dell’altro
sangue. (...). Ora sono qua e ho la sensazione di esistere e, nello stesso
tempo, di non esistere più. So che tutto è finito. Terribile... terribile...
Sto soffrendo. Lasciatemi morire... Non ho più né corpo né braccia né gambe. Ma
sento quello che dite, vi sento ridere, e soffro...>>. <<Questo - spiega ancora
Delacour - è un frammento di un rapporto che è stato scritto su un tale
esperimento...>> (Ibid., pagg. 205-206). Orrori di una scienza asservita al
Male. E oggi a che punto è la ricerca di queste belve umane? Ma soprattutto
quanto vale un essere umano? L’uomo vale molto poco in certe parti del nostro
pianeta. Come diceva un misterioso interlocutore a Blondet: <<…i corpi umani
diventano low cost stuff. Disposable commodities. In certe zone del mondo vale
già pochissimo, la materia prima umana>>. Esperimenti non meno terrificanti
vengono effettuati su ignari cittadini da certe Agenzie di Intelligence. Un
documento che ha dell’incredibile (pubblicato da "Nexus. New Times" ediz.
Italiana, n.6, Luglio-Agosto 1996), elenca tutta una serie di fatti per una
causa contro l’Agenzia di Sicurezza Nazionale statunitense, National Security
Agency (NSA). L’originale del documento in questione, avverte la citata
rivista, è depositato presso la Corte di Washington, DC, intentata da John St
Clair contro la NSA, Ft George G. Mead, Maryland (Causa Civile 92-0449). Quanto
detto dal documento-denuncia oltrepassa ogni possibile limite. Viene affermato,
in pratica, che nell’ambito del programma di controllo per la sicurezza
nazionale: <<Il DOMINT della NSA, -riporto dalla citata rivista-, ha la
capacità di… condurre operazioni di controllo psicologico occulto… tiene sotto
controllo tutti i PC ed altri computer venduti negli USA… (…). La NSA dispone
di attrezzature elettroniche esclusive che analizzano a distanza l’attività
elettrica negli esseri umani; (…). La NSA registra e decodifica mappe del
cervello individuali (relative a centinaia di migliaia di persone)… (…).
Discorsi, suono a 3D ed audio subliminali possono essere inviati alla corteccia
auditiva del cervello del soggetto… e immagini… alla corteccia visiva: l’RNM
può alterare le percezioni, gli stati d’animo ed il controllo motorio…>>.
Sembrano cose da fantascienza e parrebbe incredibile che possano avvenire fatti
del genere. "Nexus" pubblica una bibliografia relativa a lavori scientifici di
non facile reperibilità, che provano che esistono testi molto interessanti in
relazione a quanto il querelante asserisce. Ne riporto di seguito alcuni:
"Brain Control", di Elliot S. Valenstein. (ESB; controllo degli individui).
"Modern Bioelectricity" (Induzioni audio nel cervello con le onde EM; le
coperture del DoD; EEG a distanza). "Neurophysiology", di Sudhansu Chokroverty,
(Magnetofosfene; immagini dirette alla corteccia visiva). "The Mind of Man", di
Nigel Calder (Ricerche sul cervello dell’Intelligence statunitense). "US News &
World report", 2 gennaio 1984, (Stimolazione cerebrale con onde EM; alta
tecnologia della comunità dell’Intelligence). Ecc. Che i servizi di
Intelligence statunitensi avessero effettuato esperimenti su un gran numero di
ignari americani non è una novità. La stampa europea iniziò a parlarne il 24
gennaio del 1976. Tra i tanti misfatti di cui si incolpa, in particolare la
CIA, vi è anche quello che accusa l’Agenzia di essere ricorsa all’intrusione,
nel cervello di un imprecisato numero di persone, di impianti intracerebrali
miniaturizzati per controllarne e dirigerne la mente. La cosa non sembra essere
improbabile come potrebbe sembrare. Gli studi della CIA si diressero anche
sulla psico-elettronica. Questo tipo di esperimenti interessò particolarmente
il neurofisiologo della Yale University Jose Delgado che affermò nel 1966 che:
<<il movimento, le emozioni e il comportamento potevano essere controllati da
forze di natura elettrica>> il che lo portò alla ripugnante osservazione che
<<gli esseri umani possono essere controllati come i robot, premendo dei
bottoni>>. Il successivo salto di qualità portò alle microonde e al loro uso
per ottenere effetti più marcati di influenzamento della mente umana. Che la
CIA avesse effettuato esperimenti su un gran numero di ignari americani non è
una novità. La stampa europea iniziò a parlarne il 24 gennaio del 1976. Quel
giorno, scrive il giornalista Marcello Coppetti, sul n. 108 del Giornale dei
Misteri: <<Un dispaccio dell’ANSA da New York (vedere ANSA N. 65/1 delle 10,46)
informava che la signora Elizabeth Barret aveva accusato le autorità federali
di averle ucciso il padre nel 1953 compiendo su di lui esperimenti segreti…
Accusò anche lo Stato di New York perché, secondo la donna, l’Istituto
psichiatrico, nel quale il padre si era ricoverato per riprendersi da uno stato
depressivo, aveva sede a New York e aveva firmato un contratto segreto nel 1951
col Centro chimico dell’esercito, che ha sede nel Maryland>>. Un numero
incalcolabile di persone è stato usato come cavie da laboratorio, per una vasta
gamma di esperimenti orribili, che includono anche armi batteriologiche. Sul n.
6 della rivista "XFACTOR", a tal proposito, si legge: <<Forse non si saprà mai
quali e quanti test di guerra batteriologica conducano gli Stati Uniti, ma
questa serie di incidenti indica il tipo di esperimenti effettuati: -1952. Nubi
di gas innocui liberate su sei città statunitensi e canadesi. -1955. Epidemia
di pertosse scatenata dalla CIA a Tampa Bay, in Florida. –1956. Zanzare
portatrici di febbre gialla rilasciate in Georgia e Florida. –1965. Detenuti di
Filadelfia sottoposti a diossina, componente chiave del defoliante Agente
Arancio. –1968. La CIA versa sostanze chimiche nelle condotte dell’acqua di un
edificio del governo a Washington per verificare la pericolosità di un
avvelenamento dell’acqua potabile. –1980. Iniezioni di ormoni a profughi di
sesso maschile di Haiti detenuti a Miami e Puerto Rico per provocare la
ginecomastia. –1985. Epidemia di febbre di Dengue in Nicaragua dopo numerose
missioni americane di ricognizione. –1987. Il Dipartimento della Difesa degli
Stati Uniti ammette che in 127 centri sparsi nel Paese continuano gli
esperimenti batteriologici>>. Secondo taluni l’AIDS sarebbe un prodotto della
guerra batteriologica. L’esercito USA, nel 1969, ricevette un budget di 10
milioni di dollari, per ricercare un agente batteriologico nuovo, capace di
distruggere il sistema immunitario. Esperimenti come quelli riportati in questo
articolo assieme ad altri di identica gravità, furono condotti, per oltre 40
anni, su una gran quantità di cittadini inermi e inconsapevoli, da parte dei
servizi segreti americani e portano tutti al famigerato programma MK-ULTRA, che
consisteva in una serie di tecniche occulte ed esperimenti illegali, condotti
anche con vari tipi di droghe ed altro ancora e volti al controllo e
manipolazione del cervello. Il famigerato progetto ebbe origine all’inizio
degli anni ’50 e fu poi interrotto negli anni ’60 per il grosso scandalo
scoppiato grazie alle rivelazioni pubblicate dalla stampa. L’inchiesta che
venne aperta non concluse nulla. A capo della Commissione senatoriale
incaricata di indagare vi era Nelson Rockefeller. A questo punto è naturale
chiedersi se il programma MK-ULTRA è stato definitivamente messo da parte...."
(2)

LupaNera
11-05-09, 15:08
Ma riprendiamo la narrazione 'cinematografica' ...il complotto è 'svelato':
il governo degli Stati Uniti recluta dei senza-identità, dei 'vuoti' a perdere,
dei comuni mortali senza storia nè passato nè futuro per manometterne e
controllarne le funzioni cerebrali, veicolando e manipolando le menti,
utilizzando l'inconscio individuale e infine addestrandoli a diventare killer
per i lavori sporchi di qualche 'agency'. Anche il padre di Alice è rimasto
vittima di questi esperimenti da laboratorio (...che 'siano' solo 'finzione'
filmica non ne saremmo affatto 'certi'...consigliamo in proposito di
'visionare' anche il film tedesco "Das experiment" (3) di Oliver Hirschbiegel ,
uscito in Italia con il titolo "L'esperimento - Cavie da laboratorio" ...).

"Alice inizia a capire che forse non sono tutte menzogne quelle teorie di
complotto che si e' lasciata raccontare, e tramite il suo ufficio cerca di far
luce sulla vera identita' del Dr. Jonas, ma non riesce a venirne a capo. Jerry
si rifà vivo con Alice e la porta nel suo appartamento spiegandole
ulteriormente perche' i servizi segreti lo vogliono morto, la CIA lo intercetta
irrompendo con una squadra d' assalto. I due fuggono tramite un'uscita segreta
posta nella, camera da letto, temporaneamente si rifugiano a casa di Alice, la
quale aveva visto una sua foto mentre a cavallo correva appesa al muro. Durante
un colloquio con Jonas il giorno precedente, Alice viene a sapere da lui che
Jerry era un killer programmato tramite un metodo di ipnosi e droghe
(possibilmente il programma della CIA chiamato MKULTRA) e che fu lui ad
uccidere suo padre. Ad Alice era stata da poco tolta l'indagine sull'uccisione
del padre dopo che un colpevole era stato mandato all'ergastolo, e mentre si
trovano a casa sua vuole sapere da Jerry se e' veramente lui l'assassino che
sta cercando, ma egli e' troppo confuso e traumatizzato dai trattamenti della
CIA che non riesce a ricordare niente, Alice e' arrabbiata e lo caccia via.
Jerry contatta Alice per organizzare un incontro, Jonas capisce le sue
intenzioni e fa seguire la sua auto per scovarlo, eventualmente viene catturato
una seconda volta e portato nello stesso posto dove era fuggito
miracolosamente. Alice si ricrede dopo aver veramente capito a che gioco lo
psichiatra sta giocando, e con l'aiuto di un agentde dell' FBI che cerca di
arrestare Jerry, lo trovano semi inconscio nell'edificio con le ciminiere.
Entrambe scappano dalla citta' per rifugiarsi nella proprieta' dove Alice
correva con i cavalli, li Jerry ha un flashback e ricorda di aver rinunciato ad
uccidere il padre proprio perche' aveva visto lei a cavallo e ne era rimasto
incantato; ma ancora una volta la CIA li intercetta ed un gruppo di uomini
calandosi da un elicottero li circonda dentro la stalla dei cavalli. Jonas
vuole assicurarsi che Jerry venga ucciso e se ne fa carico sparandogli da
vicino. Jerry cade a terra privo di sensi, allora Alice ne approfitta
impugnando una pistola ed uccide Jonas cercando di difenderlo. Qualche mese
piu' tardi Alice e' al cimitero mentre visita la tomba di Jerry, poi la si vede
a cavallo mentre galoppa, alla fine della strada si vede l'agente dell'FBI che
ha cercato di aiutarli e Jerry seduto di dietro con un braccio fasciato. Mentre
se ne va Alice trova attaccata alla sua sella la spilla del sindacato dei
guidatori, identica a quella che Jerry le aveva regalato durante la loro fuga,
li sorridendo, capisce che e' ancora vivo." (4)

Abbiamo , per questa nostra 'ricognizione' d'analisi sul film "Ipotesi di
complotto", lasciato abbondantemente la parola ad alcuni articoli 'recuperati'
nella 'rete informatica' alias Internet.... inutile ripetere quanto già scritto
in maniera esauriente da altri ...

Possiamo soltanto aggiungere quanto 'appreso' in anni di studio e ,
'soprattutto' , pratica 'quotidiana' ...come lucidamente ci 'spiegò' quasi
vent'anni or sono Maurizio Lattanzio quando un individuo diventa 'scomodo' al
Sistema non restano che tre possibilità: utilizzare i 'consueti' strumenti di
repressione (mediante la reclusione carceraria), dichiararlo pazzo
(eliminazione 'sociale') , ucciderlo (eliminazione 'fisica'). Delle tre
'opzioni' dobbiamo constatare come la più efficace, ed anche quella
maggiormente utilizzata, risulta essere la seconda... Incarcerare qualcuno o
eliminarlo oltre a risultare estremamente pericoloso (...c'é sempre il rischio
di creare "martiri" da 'emulare'...) per i 'censori' del pensiero sistemico
potrebbe infatti sempre lasciare aperti spazi d'indagine, filoni di inchiesta,
prove.

L'eliminazione dal 'corpo sociale', l'annullamento dell'individuo all'interno
delle società di massa dunque deve inevitabilmente passare per la sua
esclusione mediante la dichiarazione di "asocialità" preludio alla 'sentenza'
di infermità mentale. L'uso strumentale della repressione/annullamento
psichiatrico in politica del 'resto' non è propriamente una novità: fin
dall'epoca della Rivoluzione Francesi sorsero i 'sanatori' per malati di mente
mentre la pratica di sorveglianza/controllo ad personam venne abbondantemente
utilizzata dalle autorità e dal Potere fin dalle epoche alto-medioevali (5). Un
'pazzo' potrà pur sempre urlare le sue verità ai quattro venti, ululare di
notte alla luna, scrivere quanto riterrà più giusto ma per gli 'altri' , per i
'normali' , per l'uomo comune della società contemporanea sarà e resterà sempre
"un pazzo".

Come già Ezra Pound (internato a fine guerra dagli alleati nel campo di
concentramento di Coltano presso Pisa e dichiarato 'pazzo') come Adolf Hitler
("un folle" secondo la percezione 'stereotipata' della massa contemporanea),
come Giovanni Preziosi (un "fanatico antisemita")...come Maurizio Lattanzio
(....che ha 'osato' "signoreggiare" il "vortice psichico" nello sgangherato
crepuscolo post-nichilista di questi anni senza storia nè dimensione...)....
Chiedetevi qual'è il 'limes' , quale sia lo spartiacque 'accettabile' ( ...o
'accettato' dal 'Sistema'...che è tutt' 'altra' questione...), la dicotomia tra
"fanatico" e "pazzo"...tra militanza politica radicale , lucida e fanatica...e
'follia'... E soprattutto provate a domandarvi 'chi è' che 'decide' questo
labilissimo 'confine' entro il quale si potrebbero situare una miriade di
soggetti più o meno 'contorti' e più o meno 'rovesciati' al fianco dei quali ,
e non 'casualmente', verrebbero de facto inseriti i soldati-politici
consapevoli di 'cavalcare nel nulla' della contemporaneità post-modernista
senza senso, senza logica, senza speranza....

Non casualmente infatti scrive Giuseppe Cosco, autore d'area cattolico-
tradizionalista ...(...non si potrà dire che è un "fondamentalista islamico"...
tze): "Un documento (pubblicato da "Nexus. New Times" ediz. Italiana, n.6,
Luglio-Agosto 1996) elenca tutta una serie di prove per una causa contro
l'Agenzia di Sicurezza Nazionale statunitense, National Security Angency (NSA).
L'originale del documento in questione, avverte la citata rivista, è depositato
presso la Corte di Washington, DC, intentata da John St Clair contro la NSA, Ft
George G. Mead, Maryland (Causa Civile 92-0449). Quanto affermato dal documento-
denuncia oltrepassa ogni possibile limite. Viene affermato, in pratica, che
nell'ambito del programma di controllo per la sicurezza nazionale: "Il DOMINT
della NSA, -riporto dalla citata rivista-, ha la capacità di assassinare di
nascosto cittadini americani, nonché di condurre operazioni di controllo
psicologico occulto… tiene sotto controllo tutti i PC ed altri computer venduti
negli USA… Il campo bioelettrico di un soggetto può essere individuato a
distanza in modo che tale soggetto sia controllato ovunque si trovi. …Il SIGINT
(Signal intelligence) della NSA usa la stimolazione EMF del cervello per il
controllo neurale a distanza (RNM)… La NSA dispone di attrezzature elettroniche
esclusive che analizzano a distanza l'attività elettrica negli esseri umani; la
loro mappatura del cervello generata dal computer può controllare in
continuazione tutte le attività elettriche del cervello. La NSA registra e
decodifica mappe del cervello individuali (relative a centinaia di migliaia di
persone)… L'RNM rappresenta il più efficiente metodo di sorveglianza e
spionaggio… Discorsi, suono a 3D ed audio subliminali possono essere inviati
alla corteccia auditiva del cervello del soggetto… e immagini… alla corteccia
visiva: l'RNM può alterare le percezioni, gli stati d'animo ed il controllo
motorio… La NSA dispone di kit di installazione per l'irrorazione di droghe in
impianti idraulici e di aerazione degli edifici dei soggetti (gas narcotizzanti
o utili al lavaggio del cervello)…". Sembrano cose da fantascienza e parrebbe
incredibile che possano avvenire fatti del genere. "Nexus" pubblica una
bibliografia relativa a pubblicazioni scientifiche di non facile reperibilità,
che provano che esistono testi molto interessanti in relazione a quanto il
querelante asserisce. Ne riporto di seguito alcuni: -Brain Control, di Elliot
S. Valenstein. ESB; controllo degli individui. -Modern Bioelectricity.
Induzioni audio nel cervello con le onde EM; le coperture del DoD; EEG a
distanza. -Neurophysiology, di Sudhansu Chokroverty, Magnetofosfene; immagini
dirette alla corteccia visiva. -The Mind of Man, di Nigel Calder. Ricerche sul
cervello dell'Intelligence statunitense. -US News & World report, 2 gennaio
1984. Stimolazione cerebrale con onde EM; alta tecnologia della comunità
dell'Intelligence (p.38). Ecc. Scrive ancora John St Clair nel documento: "La
NSA controlla le informazioni disponibili relative a questa tecnologia e
impedisce la divulgazione pubblica della ricerca scientifica…". Che la CIA
aveva effettuato esperimenti su un gran numero di ignari americani non è una
novità. La stampa europea iniziò a parlarne il 24 gennaio del 1976. Quel
giorno, scrive il giornalista Marcello Coppetti, sul n. 108 del Giornale dei
Misteri: "Un dispaccio dell'ANSA da New York (vedere ANSA N. 65/1 delle 10,46)
informava che la signora Elizabeth Barret aveva accusato le autorità federali
di averle ucciso il padre nel 1953 compiendo su di lui esperimenti segreti…
Accusò anche lo Stato di New York perché, secondo la donna, l'Istituto
psichiatrico, nel quale il padre si era ricoverato per riprendersi da uno stato
depressivo, aveva sede a New York e aveva firmato un contratto segreto nel 1951
col Centro chimico dell'esercito, che ha sede nel Maryland".
Un numero incalcolabile di persone è stato usato come cavie da laboratori per
una vasta gamma di esperimenti orribili che includono anche armi
batteriologiche. Sul n. 6 della rivista "XFACTOR", a tal proposito, si legge:
"Forse non si saprà mai quali e quanti test di guerra batteriologica conducano
gli Stati Uniti, ma questa serie di incidenti indica il tipo di esperimenti
effettuati: -1952. Nubi di gas innocui liberate su sei città statunitensi e
canadesi. -1955. Epidemia di pertosse scatenata dalla CIA a Tampa Bay, in
Florida. -1956. Zanzare portatrici di febbre gialla rilasciate in Georgia e
Florida. -1965. Detenuti di Filadelfia sottoposti a diossina, componente chiave
del defoliante Agente Arancio. -1968. La CIA versa sostanze chimiche nelle
condotte dell'acqua di un edificio del governo a Washington per verificare la
pericolosità di un avvelenamento dell'acqua potabile. -1980. Iniezioni di
ormoni a profughi di sesso maschile di Haiti detenuti a Miami e Puerto Rico per
provocare la ginecomastia. -1985. Epidemia di febbre di Dengue in Nicaragua
dopo numerose missioni americane di ricognizione. -1987. Il Dipartimento della
Difesa degli Stati Uniti ammette che in 127 centri sparsi nel Paese continuano
gli esperimenti batteriologici". Secondo taluni l'AIDS sarebbe un prodotto
della guerra batteriologica. L'esercito USA, nel 1969, ricevette un budget di
10 milioni di dollari, per ricercare un agente batteriologico nuovo, capace di
distruggere il sistema immunitario. " (6)


Noi conosciamo esattamente quali sono i rischi per chi, individuo cosciente
e consapevole ( Ribelle Anarca jungheriano o Uomo differenziato di evoliana
memoria ) , saprà assumersi la responsabilità di sfidare l'attuale vuoto
cosmico e l'apparente 'normalità' che il Sistema si è auto-imposto soffocando
nella razionalità e nella tecnica le società dei senza-storia deambulanti nel
Terzo Millennio.. Il 'rischio' è enorme....ma occorre 'rischiare' fino alla
fine...sempre!

Già un giorno, ne siamo 'certi' , qualcun'altro ci 'inserirà' di 'diritto'
in quest'elenco - che potrebbe , affondando nella memoria storica ad altre
autorevoli figure della politica come della filosofia ...impossibile
'dimenticare' Friedrich Nietzsche...un 'gigante'..., risultare infinito... -
....non 'preoccupatevi' ...non siamo 'pazzi'.... i 'pazzi' sono 'pericolosi'
...

E noi...non 'siamo' pericolosi....anche perchè il pericolo è pur sempre un
dubbio... o no?

In 'conclusione' possiamo soltanto sottolineare che , si in 'fondo', ha
ragione Jerry Fletcher / Mel Gibson quando dichiara che "mangiare pollo fritto
del Kentucky è come far parte di un complotto contro se stessi."....
'Ovviamente' Noi non siamo mai entrati dentro ad un McDonalds nè a qualunque
altra mega-catena alimentare fast-food....



DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI

Direttore Agenzia di Stampa "Islam Italia"



Note -

1 - Serge Latouche - "L'occidentalizzazione del mondo" - ediz. "Bollati
Boringhieri" - Torino 1992;

2 - Articolo "Orrori di una scienza asservita al male" - dal sito internet
www.amolenuvolette.it Per ulteriori informazioni sul programma MK Ultra della
CIA consigliamo anche l'ottimo volume di Maurizio Blondet - "Complotti Vol. 1 -
Stati Uniti e Gran Bretagna" - ediz. "Il Minotauro" - Milano 1995)

3 - "Das Experiment" - Trama: "Alcune persone sono reclutate per uno strano
esperimento: divise in due gruppi, carcerieri e prigionieri, saranno rinchiusi
in uno spazio apposito, isolati dal resto del mondo e costantemente monitorati.
Le regole sono semplici: tutti i partecipanti sono volontari e non è possibile
in alcun modo abbandonare l'esperimento. La tensione si rivela ben presto
difficile da sostenere e la tensione aumenta, fino a che la situazione degenera
completamente. L'esperimento rivelerà fino a che punto può spingersi il
comportamento umano quando non condizionato dai vincoli imposti dalla società
esterna" (dal sito www.mymovies.it)

4 - Trama dal sito http://it.wikipedia.org/wiki/Ipotesi_di_complotto

5 - In proposito consigliamo di Michel Foucault - "Sorvegliare e punire -
Nascita della prigione" - ediz. "Einaudi" - Torino

6 - Giuseppe Cosco - articolo - "La Guerra Segreta - La CIA controlla
Internet?" - presente in rete a questo indirizzo informatico: http://users.
libero.it/tempusfugit/laguerra.htm

Combat
29-05-09, 12:13
chi mi spiega cos'è un linkbacks?

Massimo Piacere
29-05-09, 13:41
chi mi spiega cos'è un linkbacks?

Linkback - Wikipedia, the free encyclopedia (http://en.wikipedia.org/wiki/Linkback)

Spetaktor
30-05-09, 01:03
Recensione Libraria - VITTORIO SGARBI : "LA MIA VITA"

di Dagoberto Husayn Bellucci


" Dicono di me,
che sono un bastardo, bugiardo e lo fanno senza un perchè…
Dicono di me,
che sono una strega drogata e truccata e piena di sè…
E dicono di me,
che sono una stupida frase da dire davanti a un caffè…"


( Cesare Cremonini - "Dicono di me" - Album "Il primo bacio sulla luna" - 2008)


" Il non parlare mai di sé è un’ipocrisia molto distinta"

( Friedrich Nietzsche - Aforismi)


« Ho speso un sacco di soldi per alcol, donne e macchine veloci... Tutti gli altri li ho sperperati. »

(George Best - Insuperabile centravanti del Manchester United e della nazionale nord irlandese)


"Oggi sono arrivato al presenzialismo sublime: ci sono anche se non ci sono"

(Vittorio Sgarbi)


Istrionico, narcisista, autentico 'animale' da palcoscenico Vittorio Sgarbi rappresenta da quasi un ventennio una delle poche 'certezze' della televisione demenziale italiota incapace di produrre qualcosa di 'originale' (...bei 'tempi' quelli della comicità irriverente di un giovanissimo Paolo Villaggio/Professor Franz "tedesco di Germania", di Beppe Grillo e del duo comico Cochi Ponzoni/Renato Pozzetto..."a me mi piace il mare"...assolutamente da 'riascoltare'..."In occasione dell'estate/
e nonostante la stagione/ ho comprato dei regali/ un canotto e l'ombrellone..."...) e soprattutto di non 'visto'.

Con la scusa dell'"anticonformismo" anche la televisione pubblica italiana si è 'conformata' alla demenzialità capovolta della comicità alienante di 'massa' propinataci da anni dalle reti Mediaset (... "Zelig", "Colorado Caffè"...) le quali, peraltro, hanno anche il grave torto di aver rinunciato all'sitrionismo devastatorio di una "primadonna" televisiva quale Vittorio Sgarbi... tant'è...'rideteci' voi con Rossella Brescia (...'magari' ci sarebbe 'altro' da 'farci' che 'ridere'...)...

Una recensione di un'autobiografia di Vittorio Sgarbi non era, dobbiamo ammetterlo, nei 'programmi'...c'è voluta una 'trasferta' in terra giuliana (... alla 'cerca' peraltro dell'"Elogio della follia" di Erasmo da Rotterdam - un sempreverde tra i capolavori della letteratura mondiale del quale ci ripromettiamo una prossima ricognizione scrittoria - e in 'visita' ad un 'sodale di vita' , il camerata Orsini, dirompente, consapevole e soprattutto irriducibile fancazzista della prima ora... Bagozzi invece no...'dice' che 'lavora'...mah...) per prendere visione dello scritto sgarbiano uscito nell'aprile 1991 per i titoli della "Condè Nast" e come supplemento al numero 11 di "Vanity Fair" (...una 'garanzia' di 'qualità'...).

"Correva l'anno 1961 , quando compresi che sarei diventato un personaggio storico"...con queste parole si apre il volume autobiografico di Vittorio Sgarbi non ancora diventato l'insuperabile e dirompente fustigatore della procura milanese , del pool "mani pulite", dell'accoppiata Di Pietro-Colombo e del loro 'mandante' procuratore Saverio Borrelli...questi sarebbero arrivati solo un paio di anni più tardi quando all'istrionico ferrarese sarà concessa piena libertà d'azione con la conduzione del programma "Sgarbi quotidiani" su Canale 5.

"Un individuo - prosegue l'autore - acquista coscienza di sè quando compra il suo primo libro, e io già a nove anni compravo libri di Eugenio Montale, Giuseppe Ungarelli e Charles Baudelaire. Evidentemente avevo capito che la letteratura, a scuola sinonimo di noia, nella vita poteva essere un piacere" ...

Indiscutibilmente molto difficile poter dar torto all'estense protagonista della propria biografia ...Baudelaire ed i suoi "fleurs du mal" hanno rappresentato una adorabile tentazione letteraria per chiunque 'non conforme' soggetto alla 'cerca' del nulla...

"Satana è all’inferno per te.
Ed è più moderno di te
Avremo divani fondi come tombe
Stando a quanto dice Baudelaire
Cristo muore in croce per me
Pietro brucia in croce per te
Santa è la bellezza
Tanta è la paura
Fai come faceva Baudelaire
Pasolini è morto per te
Morto a bastonate per te
Nello stesso istante
In qualche altra spiaggia
Si è fatto l’amore
Uniti contro il mondo
E’ necessario credere
Bisogna scrivere
Verso l’ignoto tendere
Ricordati Baudelaire
Caravaggio è morto per te
Luigi Tenco è morto per te
Nei fiori dei campi
Vive Piero Ciampi
Bisogna studiare Baudelaire
Saffo s’è ammazzata per noi
Socrate suicida per noi
Vivere per sempre
Ci vuole coraggio
Datti al giardinaggio dei fiori del male
E’ necessario vivere
Bisogna scrivere
All’infinito tendere
Ricordati Baudelaire. Baudelaire. Yeah."

Il sopracitato testo musicale - stavolta utilizzato come 'intermezzo' scrittorio - produzione del gruppo musicale Baustelle racchiude un'atmosfera e risulta un'efficace ricognizione dei 'maledetti' di ogni tempo (nell'arte, nella letteratura, nella musica di sempre)....la sola citazione di nostro zio , Piero Ciampi da Livorno, ci conferma la validità del brano in questione..

"Non ha ancora vissuto i suoi primi quarant'anni - si legge nella nota introduttiva , si presume editoriale, che compare quale retropagina dell'autobiografia sgarbiana - ma ha già scritto , per "Vanity Fair" ,l'auotbiografia. Forse, insinuerà chi gli vuole male, è così vanitoso che non riesce ad aspettare di avere l'età giusta. Ma "Vanity Fair", concedendo a Vittorio Sgarbi più fiducia, la pensa diversamente: su di lui, giovane critico d'arte ormai diventato un divo, se ne sono dette tante che è giusto gli sia venuta la voglia di raccontare in prima persona la sua vita e le sue prodezze". Una decisione 'vincente' a vederla con diciotto anni di ritardo quella dei redattori della principale rivista di moda e spettacolo nazionale.

Il volume autobiografico di Vittorio Sgarbi si 'snoda' attraverso cinque capitoli: "Infanzia e Formazione", "L'amore", "Amici e Nemici", "L'Arte e gli Affari", "Io, Uomo di massa". Un'ottantina di pagine per una prima 'disamina' della propria esistenza non sono poche, nè troppe. Sono 'giuste'.

L'infanzia sgarbiana è contrassegnata dalla noia e dalla tortura della prigionia collegiale: "Benchè il liceo si trovasse in una villa con eleganti stucchi al soffitto - scrive l'autore -, non mi accorsi mai della sua bellezza. Mi sembrò sempre e soltanto un posto orribile e tristissimo. Entrai, ma fin dal primo giorno cominciai a meditare l'evasione." anche perchè, come ricorda poco dopo il critico d'arte più irriverente e famoso d'Italia, "tra i compagni di scuola c'erano gli omosessuali latenti e quelli palesi" e "poi c'erano i preti, uno che sembrava una ballerina, un altro un eunuco".

Sgarbi ricorderà qualche pagina più avanti la figura dell'amico Luca Vistoli ("unico emiliano e unico amante delle donne e dello scherzo in mezzo a questi veneti tutti un pò ipocriti, checche tendenti") e si vede che con i veneti doveva poco 'amalgamare' fin da giovanissimo se si soffermerà su una reazione di entrambi , rei non confessi di un ennesimo scherzo commesso ai danni del professore di ginnastica, sottolineando poco dopo: "E noi come innocenti, non essendolo, uscimmo indignati dicendo: "Ci sono tutti questi veneti e se la prende proprio con noi due?"."

I capitoli sull'infanzia e quello terminale sulla sua immagine di 'uomo di massa' sono onestamente i più 'interessanti'...piuttosto 'deludente' invece quello sull'amore che Sgarbi dedica al suo rapporto adolescenzial-giovanile con l'altro sesso. Ritorniamo alla 'narrazione' del periodo collegiale: "Finito il pranzo (...) venivamo spediti in cortile, dove cominciava la ricreazione più lunga. Durava dall'una e mezza alle due e un quarto, e ognuno di noi poteva partecipare ai giochi: soprattutto il calcio, che io odiavo. Quindi passeggiavo con aria mesta leggendo Baudelaire anche nel cortile".

Personalmente abbiamo passato la nostra infanzia a sbucciarci quotidianamente le ginocchia sull'asfalto polveroso di Piazza Magenta a Livorno , tirando calci a qualsiasi cosa rotolante somigliasse ad un pallone...non possiamo quindi 'concordare' con l'idiosincrasia sgarbiana verso il 'football' anche se sottolineiamo quanto, in merito all'uso strumentale 'sistemico' dello sport in generale e del calcio in particolare , scriverà Franco Giorgio Freda nella sua "Disintegrazione" ...in fondo già i romani avevano 'capito' che 'panem et circensis' rappresentavano due strumenti del Potere.

A proposito della funzione 'sociale' del calcio - e degli sport in generale (specialmente quelli di 'massa') - dobbiamo rilevare l'incredibile livellamento ontologico sopravvenuto negli ultimi vent'anni anche tra i 'protagonisti' del "gioco più bello del mondo"...'finita' l'epoca di George Best (...inarrivabile...) e Paul Gascoigne, di Diego Armando Maradona (...il più forte attaccante di tutti i tempi...el pibe de Oro...'visto' in azione durante una partita di qualificazione di Coppa Italia tra Livorno e Napoli ...in assoluto , senza 'ma' e senza 'se', il fuoriclasse per autonomasia...) e di Karl Heinz Rummenigge (...un tempo siamo stati 'anche' interisti...)...per non parlare - andando indietro nel tempo - di insuperabili campioni (... 'Beppe' Meazza, Benito 'Veleno' Lorenzi, Carlo Parola, il Grande Torino di Valentino Mazzola, il Milan 'svedese' del trio Gre-No-Li, la Juventus di Silvio Piola , la 'Nazionale', fascistissima, due volte campione del mondo del piemontese Vittorio Pozzo ma anche un 'certo' Mario Magnozzi, detto motorino, capace di portare la maglia amaranto del Livorno ad una finale per il titolo persa contro l'Intern nel 1920 , di 'contare' 29 presenze e 13 reti in azzurro e ottenere una promozione in B da allenatore durante la stagione 54-55...altri 'uomini' e altri 'tempi'...) che hanno contrassegnato la storia del calcio italiano.

Oggi l'unico 'Protagonista' con la "P" maiuscola, in campo e fuori, rimane Antonio Cassano il fuoriclasse blucerchiato...ci dedicheremo anche alla recensione scrittoria della sua biografia... Mourinho è una 'new entry' , peraltro 'interessante', della serie A... il resto onestamente è di una noia mortale...poche primedonne, rari campioni e pochissimi che di calcio ci 'azzeccano' qualcosa (...affidare i commenti di una partita di calcio a Salvatore Bagni è come lasciare l'aula magna della Sorbona in mano a Totti...un crimine...ma , tant'è, alla Rai si vede non hanno di 'meglio'...)....Del 'resto' non è che, dall'altra 'parte', a Mediaset siano messi 'meglio'...c'è ancora Giampiero Mughini che 'spara' (...cazzate...) infierendo contro il povero Maurizio Mosca...che - fuor di metafora - è come sparare sulla croce rossa...

Il calcio di oggi ....business e miliardi...molto meglio ciclismo (..doping a 'parte'...), rugby e pugilato...sport 'veri'.

Sgarbi odiava comunque il calcio perchè, come sottolineerà, "già all'epoca , avevo colto la profonda affinità tra Cesare Pavese e Patty Pravo e che leggevo "Lavorare stanca" ascoltando Patty Pravo" mettendosi in contrasto con le 'istituzioni' scolastiche e con chi ne rappresentava l'autorità ("i preti - scriverà - fortificarono la mia reattività"). "Avevo la certezza che leggere fosse per me comunque l'unico modo di essere libero" .

Che l'idiosincrasia tra il giovane Vittorio Sgarbi e la pretaglia fosse al limite si evince anche quando , ricordando un esame di riparazione (...noi non ne abbiamo mai 'dati'...un pò perchè forse li avevano già aboliti a metà anni ottanta...un pò perchè...soprattutto...non c'era un cazzo da 'riparare'...) , scrive: "I preti avevano dimostrato di avercela con me anche rimandandomi in geografia. (...) Mi fecero domande assurde (tipo "Quante pecore ci sono in Argentina?")." (...non si 'preoccupi' Sgarbi...anche a noi hanno fatto domande 'assurde'...da una 'vita' continuano a farcele un pò tutti.... ricordiamo un esame di terza media a Carpi nel quale ci sentimmo chiedere la storia degli assiri, dei babilonesi, degli ittiti...dopo aver 'preparato' ...più o meno prendendo a pedate quotidianamente il solito pallone...la "rivoluzione russa"....tant'è se 'contabilizzassimo' tutte le vere o presunte 'ingiustizie' - scolastiche e non - 'subite'...non finiremmo di scriverci una Treccani ...).

Infine arriviamo all'epoca delle cosiddette 'contastazioni studentesche': "Era il 1967 o '68, giusto in tempo per vivere, partecipare, ammirare e guardare con curiosità il movimento degli studenti. Un libro che girava in quegli anni era del figlio di Charlie Chaplin e veniva pubblicato dall'editore Longanesi, si chiamava "Come era buona l'erba del mio giardino". Io lo leggevo ma non fumavo l'erba nè niente del genere, come ho già avuto modo di dire, nessuna droga può farmi niente (se la cocaina mi vede, si eccita lei)"... Condividiamo. Neanche noi abbiamo mai avuto bisogno di 'stupefacenti' di qualsivoglia sorta o genere...'siamo' stupefacenti di nostro!

"Il Settanta - prosegue Sgarbi nella sua narrazione personale - per me è questo: la fine del liceo con una maturità letteraria fortificata dalla soddisfazione ed esaltazione della professoressa di italiano, la mia più convinta sostenitrice. Niente è più importante di qualcuno che , con fondate ragioni, crede fortemente in noi". Verissimo fino ad un certo punto...se si è consapevoli di valere 'qualcosa' si arriva ad un punto in cui non si ha alcun interesse per l'approvazione o disapprovazione altrui ...anche senza riflettori massmediatici o televisivi...si è per quello che si pensa, per chi siamo stati e per ciò che abbiamo fatto, facciamo o faremo.

Del capitolo sugli amori giovanili del futuro critico d'arte più rompipalle d'Italia 'salviamo' questa dichiarazione (...o 'pensiero' che dir si voglia...) sul concetto di "Amore". Scrive Sgarbi : "L'amore è un fatto di energie: di capacità di sprecare energie per una cosa in fondo così semplice e inutile. Per amare bisogna avere molto tempo a disposizione. Per questo l'amore è spesso legato a un periodo della vita in cui si ha molto tempo da perdere , e cioè l'adolescenza".

Noi 'perdiamo' ancor oggi molto tempo....e amiamo indifferentemente da nozionismi e 'semplicismi' di ogni sorta. Non lo riteniamo 'inutile' perchè - di 'utile' - c'è rimasto ben poco in piedi... Anche se è vero , come scrive poco dopo Sgarbi, che " chiameremo il "pensiero dominante" la passione amorosa quando occupa tutto lo spazio della mente". In 'fondo' se non occupasse tutto lo spazio non sarebbe probabilmente vero amore.

"Molte persone che mi vedono in televisione - prosegue l'autore - sempre aggressivo e polemico si domandano: ma Sgarbi è davvero capace di amare? Naturalmente è difficile spiegare che non esiste un essere umano che non ha provato amore, e che perciò anch'io ualche volta sono stato innamorato. Ha scritto una volta Alfred Jarry: "L'amore è una nota senza importanza perchè si può ripetere all'infinito". L'esperienza amorosa è in effetti sempre uguale a se stessa: ognuno pensa di vivere un'esperienza d'amore unica, ma non si rende conto che le esperienze d'amore sono tutte uguali.". Per quest'asserzione dovremmo 'sparare' in mezzo agli occhi al 'buon' Vittorio Sgarbi...ma considerando che porta anche gli occhiali (e che per questo non sarebbe 'resistito' mezz'ora nella Repubblica Democratica di Kampuchea alias Cambogia di Pol Pot...metallica forma spartana di nazionalcomunismo 'reale') , che ha fama di 'viveur' , che ha collezionato una indiscutibile 'lista' di relazioni (...Cassano 'scrive' - o gli hanno 'scritto'...tant'è poco 'conta' - di aver avuto oltre 600 donne... noi ci 'contentiamo' di molto meno...ancora a tre zeri non siamo arrivati...del 'resto' non siamo ricchi nè calciatori...e non facciamo parte di alcun jet-set...però siamo lì...più o meno...in 'dirittura' d'arrivo...) , che si è costruito un'immagine da dandy 'de noartri' , con la sua aria intellettuale, il ciuffo 'ribelle', che rappresenta l'archetipo per eccellenza del narcisismo televisivo , in parte anche l'individualismo esasperato tipico della società rovesciata contemporanea ed è probabilmente lo stereotipo del provocatore massmediale 'professionista'...siamo 'buoni' e 'sorvoliamo'...

Sulla concezione sgarbiana degli amici e dei nemici interessante, ed acuta, analisi ad inizio capitolo laddove l'autore sostiene che "i veri amici si vedono nel momento della fortuna, al contrario del luogo comune che vuole che si vedano soltanto nelle avversità. Nella sfortuna ti chiamano i beccamorti per dimostrarti la loro solidarietà. Quelli invece che resistono quando tu sei potente sono i veri amici. Sanno superare l'invidia e la sofferenza di vedere che tu hai più denaro, più successo e più riconoscimenti.".

Probabilmente è vero...probabilmente no...non lo sappiamo , e forse non lo sapremo mai, anche perchè non siamo mai stati nè ricchi nè potenti e francamente non lo saremo mai anche se, quella dell'individia altrui, è una 'costante' che ci ha accompagnato da una vita... Molti ci odiano perchè ci invidiano.In tanti , 'pare', ci odiano perchè esistiamo. Altri ci invidiano perchè scriviamo. Fondamentalmente però i più ci 'rompono' più semplicemente le palle perchè non hanno un cazzo di meglio da fare.

Tornando al volume in questione rileviamo, dal capitolo dedicato ad "arte e affari", quest'affermazione dell'autore: "Le donne in certi casi sono molto utili, perchè creano situazioni strane, fanno fare cose capricciose o stravaganti, che spesso finiscono per rivelarsi proficue.". Assolutamente vero...è , probabilmente, il 'bello' della femminilità... stravaganza e fascino, erotismo e complicità, ammiccamenti e capricci... L'universo femminile è apparenza ammaliatrice, demoniaca tentazione e inarrivabile sensualità. Altrimenti non 'servirebbero'...

In merito allo Sgarbi 'critico d'arte' , di cui ben poco risalta nell'autobiografico scritto in questione, sottolineiamo quanto scrive laddove sostiene che "nell'arte antica, infatti, le cose sono molto più complicate che nell'arte contemporanea, e anche molto più avventurose ed emozionanti. E' necessaria la cultura, la conoscenza e la varietà d'informazioni, e soprattutto un occhio molto allenato a distinguere un'opera importante da una crosta. L'arte contemporanea , invece, non poggia sul vedere ma sul sapere, perchè per stabilire se un quadro è autentico occorre il certificato di un critico o dell'artista, e il caso è chiuso. L'arte contemporanea privilegia insomma l'idea rispetto alla cosa (perchè sia, "basta la parola"), e questa sottrazione della visione alle arti visive costituisce la grande mutilazione dell'arte dei nostri tempi." ....poi c'è anche chi non ci 'azzecca'...- per dirla alla Di Pietro - come la sovrintendenza per i beni culturali di Pisa che venne tenuta in 'scacco' e ridicolizzata da tre 'baldi' giovanotti della Livorno-bene agl'inizi degli anni ottanta in quel capolavoro di presa per i fondelli che , tutti lo ricorderanno, fu l'"affaire" delle teste di Modì...tre sculture fatte con il trapano Black&Decker...attribuite dai critici d'arte dell'epoca (Vera Durbè e altri) nientepopò di meno che al Grande Amedeo Modigliani (...giudeo , livornese, artista strampalato, morto povero in una Parigi dov'era andato a cercar fortuna ed una vita bohemienne...comunque artista con la A maiuscola per quanto , volentieri, avremmo inserito in un catalogo di una mostra sull'"arte degenerata" tutta o quasi tutta la sua produzione... del 'resto' l'ebraicità di Modigliani è indiscutibile così come la sua 'vicinanza' a dottrine cabalistiche di cui sono stati ritrovati alcuni 'segni' qua e là in talune sculture...).

Comunque sulla disciplina della storia dell'arte ha pienamente ragione Sgarbi quando sottolinea che "contrariamente a ogni altra disciplina la storia dell'arte prevede il movimento. (...) In questo senso la disciplina che è rimasta ancora ottocentesca è la storia dell'arte. Tutto il sapere è riproducibile. Si può essere il più grande letterato del mondo stando in una stanza di venti metri quadri ...Con l'arte questo è impossibile.". L'arte è anche movimento, direzione, dinamismo.

L'ultimo capitolo della sua autobiografia Vittorio Sgarbi lo dedica a sè stesso quale "uomo di massa". Sgarbi 'sbaglia' ....dovrebbe definirsi "uomo di notorietà", "personaggio famoso", "celebrità"...non certo "di massa". Scriverà che , alcune conferme avute dal riconoscimento della sua attività di critico d'arte, "cambiarono la mia psicologia , che era stata fino a quel momento fragile e aggressiva (molto più di adesso), timoroso com'ero di non vedermi riconosciuto.". C'è in quest'ammissione un fondo di 'responsabile' certezza sui propri limiti...se Sgarbi ha avuto bisogno di 'certezze' dall'approvazione e dal riconoscimento altrui per nostra fortuna noi non ne abbiamo...

"La tv mi è stata molto utile per liberarmi dall'ossessione dei nemici e delle cospirazioni... - prosegue - Dieci milioni di amici anonimi contro mille o duemila nemici conosciuti sono molto confortanti, perchè chi ti ama senza avere motivo per farlo ha una reazione spontanea alle tue parole, senza preconcetti per l'appartenenza a questo o a quel gruppo."...anche questo è un 'limite' ...

"L'uomo di successo - secondo Sgarbi - fa una presenza (spesso venendo anche pagato per questo), mentre chi ha bisogno di mettersi in vista fa, appunto, il "presenzialista", ovvero consuma un'immagine che non ha e per questo non viene nemmeno pagato."...non possiamo 'dirlo' perchè noi non siamo "di successo" nè "presenziamo" a un beneamato cazzo di niente nè, tantomeno, ci sarà mai qualcuno disposto a chiamarci in televisione...sarebbe un 'rischio' troppo alto anche per una tv locale (...un 'tempo', alcuni anni fa, poteva sempre succedere...poi è 'mutata' l'opinione - forse hanno 'capito' - che avevano di noi...) Poco male.

"Alcune forma di ritrosia (...) sono a volte forme di iperpresenzialismo. (...) Molti hanno paura di essere dimenticati. (...) Se poi uno crede di dire cose tali, per cui ritiene giusto che altri conoscano il suo pensiero (...) il suo bisogno di essere sempre dappertutto aumenta..." A noi francamente non interessa che altri conoscano il nostro pensiero...l'importante sarà che, un domani più o meno lontano, ci sia chi lo traduca in azioni. Sarebbe già , abbondantemente, un 'successo'...

"Ma il bello, naturalmente, è proprio arrivare a quel presenzialismo sublime per cui ci si accorge che tu non ci sei, e si parla comunque di te. Quello è il massimo."

Verità sacrosanta. Noi , ovviamente, da una vita 'lasciamo fare'....

Un'altra verità sacrosanta è quella che Sgarbi descrive circa la costrizione delle 'regole' del lavoro ..."Quanto coloro che sono costretti a lavorare si riuniscono per soffrire, conviene invece dormire. Improvvisamente alla mattina tutti fanno le stesse cose, tutti fanno le stesse file; e quel riunirsi è un riunirsi sacrificale, cioè il riunirsi della sofferenza. Dunque va evitato. Io dormo quando gli altri si muovono. Alla sera invece il riunirsi è un tripudio, non fatica."

Infine una sottolineatura sul suo ruolo di conferenziere merita la citazione: "Di fronte a una domanda imprevista e non stupida, capita di rispondere e dire cose che crescono, nascono e vengono elaborate proprio mentre le si sta dicendo. Talvolta non sono cose straordinarie, ma certamente fanno fare alla mente un passo in avanti. Una sera, facendo una conferenza, dissi che io non preparo mai le conferenze perchè le mie conferenze coincidono con il movimento della vita. Non sono rielaborazioni di cose che ho già detto da un'altra parte, ma nascono e si sviluppano nel momento stesso in cui vengono pronunciate."

'Norma' che abbiamo sempre 'seguito' anche perchè qualunque , le nostre sono 'rare' ma una tantum ci sono, apparizione 'conferenzieristica' dev'essere originaria, nè può ricollegarsi a qualcosa di detto altrove o in altre occasioni...talvolta capita di far riferimenti a questa o quella citazione , a questo o a quell'episodio ma la sostanza ed i contenuti di un dibattito pubblico devono dimostrare originalità e originarietà che non sono completamente la stessa cosa.

Perchè , 'dunque' , una recensione all'autobiografia di Vittorio Sgarbi? Semplicemente perchè ci 'piace' l'arrogante istrionismo di uno degli ultimi autentici anti-conformisti televisivi...personaggio di rottura e rompicoglioni d'esperienza...certificata e garantita!


DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI

Direttore Responsabile Agenzia di Stampa "Islam Italia"

Spetaktor
30-05-09, 01:03
AUTOBIOGRAFICA


di Dagoberto Husayn Bellucci



" Le mie parole sono sassi
precisi aguzzi pronti da scagliare
su facce vulnerabili e indifese
sono nuvole sospese
gonfie di sottointesi
che accendono negli occhi infinite attese
sono gocce preziose indimenticate
a lungo spasimate e poi centellinate, sono frecce infuocate che il vento o la
fortuna sanno indirizzare
Sono lampi dentro a un pozzo, cupo e abbandonato
un viso sordo e muto che l'amore ha illuminato
sono foglie cadute
promesse dovute
che il tempo ti perdoni per averle pronunciate
sono note stonate
sul foglio capitate per sbaglio
tracciate e poi dimenticate
le parole che ho detto, oppure ho creduto di dire
lo ammetto
strette tra i denti
passate, ricorrenti
inaspettate, sentite o sognate...
Le mie parole son capriole
palle di neve al sole
razzi incandescenti prima di scoppiare
sono giocattoli e zanzare, sabbia da ammucchiare
piccoli divieti a cui disobbedire
sono andate a dormire sorprese da un dolore profondo
che non mi riesce di spiegare
fanno come gli pare
si perdono al buio per poi ritornare
Sono notti interminate, scoppi di risate
facce sopraesposte per il troppo sole
sono questo le parole
dolci o rancorose
piene di rispetto oppure indecorose
Sono mio padre e mia madre
un bacio a testa prima del sonno
un altro prima di partire
le parole che ho detto e chissà quante ancora devono venire...
strette tra i denti
risparmiano i presenti
immaginate, sentite o sognate
spade, fendenti
al buio sospirate, perdonate
da un palmo soffiate "

( Samuele Bersani - "Le mie parole" - album "Che vita - Il meglio di Samuele
Bersani" - 2002 )

"In guerra e in amore tutto è permesso"
(Robert Brasillach - Scrittore, giornalista e critico cinematografico
francese. Fascista. Accusato, processato e assassinato dal regime democratico
per "collaborazionismo") (1)
"Ci vuole un fisico speciale per fare quello che ti pare/ perchè di solito a
nessuno vai bene così come sei"
( Luca Carboni - "Ci vuole un fisico speciale" - album "Carboni" - 1992 )

Nella buona o nella cattiva sorte, al di là del bene e del male e oltre
qualsivoglia sorta di approvazione o disapprovazione altrui ci siamo , oramai
da 'tempo', 'dedicati' al "mestiere" di scrivere e raccontare i 'fatti' della
vita...della nostra come delle vite altrui , cercando di 'interagire' laddove
'indispensabile' con i soggetti antropologicamente in 'ordine' che - come fogli
di pagina di 'memorie' di un libro , a volte aperto, tal'altre volte socchiuso
o riposto - hanno intersecato la direzione dei loro sentieri politico-
esistenziali al nostro...
Al di là di qualunque alibistica premessa continuiamo a 'giocarci' la vita
(...la 'pelle' sullo 'zero' ...), tra ironia scanzonata e rabbia compressa
(...."..Ma che film la vita tutta una tirata /storia infinita a ritmo serrato
/da stare senza fiato/Ma che film la vita tutta una sorpresa /attore,
spettatore tra gioia e dolore /tra il buio ed il colore.." parafrasando il
compianto e inarrivabile Augusto Daolio...), sulla 'cattiva strada' in una
corsa senza fine, a perdifiato (...ci 'ricorda' Franz Di Cioccio della PFM in
"chi ha paura della notte"...), senza più traguardi da tagliare nè mete da
raggiungere, fra una canzone ed una poesia, attraverso 'sfumature' di colori
che vanno dal nero-bruno 'ideologico' al verde 'religioso', dal rosa di
un'amore all'azzurro di un'emozione frammisti ad un rosso di una passione
sempre da 'aggiornare' (...un'altra "primavera in anticipo"...), ad un amaranto
'calcistico' da 'difendere' (...sempre e comunque perchè..."amaranto eterno
fascino: realtà di un amore senza confine" come recitava uno striscione
'storico' all'Ardenza venticinque anni or sono...) per sfumare infine in un
candido bianco riflesso 'sfuggente' di una quiete inarrivabile o , forse più
semplicemente, mai 'cercata' fino in fondo... (...del 'resto' ..."ci sono
troppe sfumature anche nel colore delle scottature / le abrasioni che questa
vita ci da" canta Sergio Caputo...).
Così tra un'azzardo e l'altro (...la vita è un azzardo...), giocando con la
nostra identità e con le altrui 'debolezze', rimettendoci sempre in discussione
quando necessario (..."mai dire mai"...) - la qualcosa non ci ha mai spostato
di un millimetro nemmeno il pacchetto di Muratti Ambassador o Winston blu che
quotidianamente consumiamo... - , 'tendiamo' e 'rinverdire' l'inarrivabile
prosa lattanziana cercando di perpetuarne le 'micidiali' , lucide e
'devastanti' , traiettorie scrittorie...
La politica come arte dell'impossibile. Le idee come motori-immobili che
muovono il mondo. La 'disciplina' auto-imposta quale divisa interiore dei
soldati-politici del Terzo Millennio in 'marcia' nella vuota contemporaneità
nichilistica perchè , come scrive Evola "...devesi riconoscere (...) che la
devastazione che abbiamo d'intorno è di carattere soprattutto morale. Si è in
un clima di generale anestesia morale, di profondo disorientamento, malgrado
tutte le parole di ordine, in uso in una società dei consumi e della
democrazia...(...) Nulla ha imparato dalle lezioni del recente passato chi si
illude , oggi, circa le possibilità di una lotta puramente politica e circa il
potere dell'una o dell'altra formula o sistema, cui non faccia da precisa
controparte una nuova qualità umana." (2)
In questo segmento spazio-temporale da età oscura dunque 'occorre' restare
fedeli a sè stessi e alla propria natura 'scegliendo' il proprio fronte di
'combattimento'. La nostra è una 'scelta' irreversibile contraddistinta da
un'insieme 'organico' di 'fascinazioni' 'coerentemente' sovrapposizionate l'una
all'altra quali idee-guida e 'strumenti' di resistenza...
Tutto e Niente... alla 'rinfusa' , un pò di 'bailamme' ideologico tra
nazionalcomunismo e Islam, nichilismo e fascismo, tradizione e rivoluzione ma
sempre indiscutibilmente con una direzione di marcia precisa e conforme alle
premesse ideali e ai presupposti razzial-spirituali della nostra identità in
'ordine' con la visione razzista evoliana seconda la quale "...la razza non si
riduce ad una mera entità biologica. Non soltanto "corpo" è l'essere umano, ma
anche anima e spirito. (...) Circa i rapporti fra razza, corpo e spirito anche
in molte forme di razzismo contemporaneo non si trovano sempre delle idee
chiare: anzi, talvolta sono da constatarsi delle deviazioni pericolose, dalle
quali, naturalmente, gli avversari del razzismo si affrettano a trarre il
massimo profitto possibile. Dal nostro punto di vista, bisogna prender
recisamente posizione contro quel razzismo che considera ogni facoltà
spirituale e ogni valore umano come semplice effetto della razza biologicamente
intesa, operando così una mortificante deduzione di ciò che è superiore da ciò
che è inferiore - più o meno nello stesso spirito del darwinismo e della
psicanalisi ebraica. (...) - infatti continua Evola (3) : La razza è una
forza profonda che si manifesta sia nell'ambito corporeo (razza del corpo), sia
nello ambito animico-spirituale (razza interna, razza dello spirito). La purità
di razza, in senso completo, si ha quando queste due manifestazioni si
corrispondono, vale a dire quando la razza del corpo è conforme alla razza
dello spirito o razza interna...Si noti intanto il lato rivoluzionario di
questo punto di vista. L'affermazione che esiste una razza dell'anima e dello
spirito va a contradire il mito egualitario e universalista che afferma la
"neutralità" dei valori, va insomma ad affermare il principio ed il valore
della differenza anche sul piano spirituale. (...) La razza dell'anima riguarda
tutto ciò che è forma del carattere, sensibilità, inclinazione naturale,
"stile" nell'agire e nel reagire, attitudine di fronte alle proprie esperienze.
Si è dunque nel dominio della psicologia e della tipologia: la scienza dei tipi
qui si sviluppa in un razzismo tipologico o tipologia razzista, disciplina alla
quale il Clauss ha dato il nome di psicantropologia. Da questo punto di vista,
la definizione di razza è quella già ricordata: "un gruppo umano definito non
dal possesso di queste o quelle caratteristiche psichiche e corporee, ma dallo
stile che si manifesta attraverso di esse.".".....con buona 'pace' per i tanti
fautori del razzismo biancocentrico (...'xenofobia'...) padan-berlusconian-
destrorsi.
Indipendentemente dalle 'impressioni' 'suscitate' (...e spesso 'provocate'
ad 'arte' ... occorre anche 'deviare' l'attenzione dei controllori-sistemici su
'altro'....del 'resto' non siamo mai 'soli'....) e da momentanee 'tregue' (....
"barcollo ma non mollo"... 'talvolta' 'capita' per necessità o , più spesso,
per riordinare le idee e mettere un pò di quiete alle 'pulsioni' infra-umane
'affioranti' ai 'lati'....), dai momenti di 'raccoglimento' e dagli 'spazi' di
meditazione, restiamo fedeli a un motto in 'auge' ai tempi della Repubblica
Sociale Italiana: "duri a morir noi qui restiamo perchè noi siamo quelli che
siamo".
Quanti vorranno 'seguirci' (....un 'camminamento' scosceso ....il passaggio
della post-modernità ovvero l'attraversamento del nulla , verso il niente
...'caronti' di anime perse in una condizione di inesistenza...) troveranno
l'occasione di una, dieci, cento e più 'critiche' o avranno 'abbondantemente'
modo di 'confondersi' perchè Noi non diamo 'indicazioni' ...casomai , se
richieste, 'talune' 'contro-indicazioni'...che non fanno mai 'male'.
'Operiamo' (....'analisti' e 'dottori' della diagnosi terminale della razza
indoeuropea e 'chirurghi' delle escrescenze cancerogene della società
rovesciata di massa...) nella certezza , assolutamente insindacabile, di "fare
ciò che deve essere fatto".
Le 'ricognizioni' d'analisi sulla società contemporanea di massa,
l'apologetica del Nazionalsocialismo quale ultima manifestazione temporale del
mondo della Tradizione nell'Europa degli Arii, lo studio della questione
ebraica quale 'premessa' indiscutibile per qualunque tentativo di 'squarciare'
il velo dell'omertà sistemica che legittima e 'santifica' il rovesciamento di
tutti i valori e lo 'stupro' di ogni ideale; rappresentano - unitamente
all'Islam quale Religione Rivelata - 'Sigillo della Profezia' abramitica -e
alla Shi'a duodecimana di matrice 'khomeinista' i 'pilastri' della nostra
alterità al Sistema Mondialista e le coordinate progettuali di 'base' della
'scansione' anti-imperialista e anti-sionista, anti-plutocratica e anti-
democratica, che caratterizzerà inevitabilmente il 'fronte' di combattimento
dei ribelli contro il mondo moderno per gli anni a venire.
A questa 'dimensione' irrinunciabile di opposizione radicale al mondo della
contro-tradizione aderiranno tutti coloro che , in ordine con una visione
tradizionale, rifiuteranno le logiche di contrapposizione sistemiche tra
l'Occidente ed il mondo islamico riconoscendo nella 'questione maledetta'
rappresentata dalla 'prassi' ebraica di disgregazione ontologica, schiantamento
razziale, sfiguramento ideale , spoliazione economico-finanziaria e
disintegrazione socio-politica delle nazioni non ebraiche (specificamente di
quelle 'arie') il principale vettore (motore-immobile o 'agente' "occulto") ,
...autentico 'virus'..., di inquinamento sovversivo del mondo moderno.
'Noi' 'scandiremo' semplicemente i 'tempi' in attesa della fine (...."lunga
sarà la fine" ci 'ricorda' il sulfureo Franco Battiato...) 'cogliendo' i nessi,
le connessioni, le interazioni di fatti ed avvenimenti, di 'storie' e di
'memorie', affioranti dalla quotidianità rovesciata e contorta della sub-
umanità deambulante nel terzo millennio.. Non mancheranno nè gli 'spunti'
d'analisi nè i 'destinatari' di 'parole stonate' , fuori dagli schemi,
dall'ordinario, dal 'comune' ....parole appunto...parole che - 'auspichiamo' -
qualcuno, un domani, tramuterà in azioni. Per 'ora' ci 'limiteremo' a rivestire
i 'panni' che siam soliti portare (parafrasando 'stavolta' Francesco
Guccini...'L'Avvelenata'...straordinaria metafora dell'individualità
nichilistico-rivoluzionaria 'attiva'...) ...scriviamo perchè è quello che
sappiamo 'fare' da una vita....'piaccia' o 'meno'. Quando decideremo di 'agire'
sapremo dove, come, con chi e - soprattutto - contro chi.
'Intanto' tirem innanz perchè , in 'questo' ci è "maestro" Tiziano Ferro,
"... guardo negli occhi il nemico mio peggiore e non lascio che mi guidi il
rancore. Uno: guardo avanti sempre e non mi arrendo. Due: se ti dico tu sei il
top sto mentendo..." (dalla canzone "per un pò sparirò" compresa nell'ultimo
album del cantautore di Latina) .
Non 'serve' necessariamente 'leggersi' Evola o Guènon per 'comprendere' le
articolazioni sovversive della società contemporanea come non 'serve'
essenzialmente neanche 'capire' il messaggio rivoluzionario de "La
Disintegrazione del Sistema" di Franco Giorgio Freda o metabolizzare l'organica
ricognizione analitica del soldato politico Maurizio Lattanzio e del suo "Stato
e Sistema" per 'andare' contro la corrente sistemica... Diciamo che queste
elaborazioni scrittorie 'aiutano'... 'Scommettiamo' che Luciano Liboni, il
Lupo, non ha 'mai' 'sfogliato' alcuna delle pagine dei sopracitati 'testi' di
'condotta' tradizionale e di 'prassi' anti-sistemica in vita
sua...'eppure'...'lucida' follia e 'incendio' nichilista ....una 'settimana di
fuoco'...contro tutto e tutti...a testa bassa...fino all'ultimo respiro!
'Dateci' dieci Liboni e avremmo già conseguito una vittoria schiacciante....
Tant'è... 'muoviamo' nel 'nulla' che si può fare e , soprattutto, nel 'niente'
che si vuole fare...
'Noi'... epigoni di un mondo in inevitabile via d'estinzione restiamo ancora
quì..."in piedi tra le rovine"
"Io sono il professore della rivoluzione/ della pirateria io sono la
teoria/ il faro illuminante".... senza 'se' e senza 'ma'.
Articolo o 'testamento'? .... Non 'preoccupatevi' "troppo"...mai stati meglio
prima d'ora.
Au revoir.

DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI

Direttore Responsabile Agenzia di Stampa "Islam Italia"

Nota -

1 - "Dopo lo sbarco in Normandia, Brasillach si rifiutò di fuggire all’estero
e si nascose nel Quartiere latino. Nel settembre del 1944, essendo stata
proditoriamente arrestata sua madre, si costituì alla Prefettura di polizia di
Parigi.
Il nuovo governo francese guidato dal generale De Gaulle procedette
immediatamente contro i rappresentanti del governo di Vichy e dei
collaborazionisti. La prima condanna fu pronunciata nell’ottobre del 1944
contro l’editore della rivista antisemita Aujourd’hui, Georges Suarez ed
eseguita il 9 novembre del 1944. Sempre nel 1944 ebbe luogo il processo contro
il direttore politico (1928-1943) della rivista antisemita Gringoire, Henri
Béraud. Di conseguenza, Brasillach fu arrestato immediatamente e rinchiuso
nella prigione di Fresnes (attuale Val-de-Marne) dove attese il suo processo,
che ebbe luogo nel gennaio del 1945 davanti alla corte di assise della Senna.
Il giorno stesso fu condannato a morte dopo un processo-farsa durato venti
minuti. La sua difesa fu affidata a Jacques Isorni, che fu pure, qualche mese
più tardi, difensore del maresciallo Pétain.
Nei giorni che seguirono, una petizione di famosi intellettuali tra i quali
Paul Valéry, Paul Claudel, François Mauriac, Daniel-Rops, Albert Camus, Marcel
Aymé, Jean Paulhan, Roland Dorgelès, Jean Cocteau, Colette, Arthur Honegger,
Maurice de Vlaminck, Jean Anouilh, Jean-Louis Barrault, Thierry Maulnier ecc.,
sostenuta anche dagli studenti parigini e molti accademici, implorò al generale
De Gaulle la grazia per il condannato a morte. Il generale respinse la domanda
e all'alba del 6 febbraio Brasillach fu fucilato al forte di Montrouge. Fu
sepolto nel cimitero di Charonne, nel XX arrondissement di Parigi.
Ogni anno, il 6 febbraio, gli aderenti al Circolo franco-ispanico depongono
una corona sulla sua tomba. Durante la detenzione scrisse Lettre à un soldat de
la classe 60 (Lettera a un soldato della classe 40 nella traduzione italiana),
sorta di testamento spirituale rivolto al nipote Jacques Berdèche e di
autodifesa, e soprattutto i Poemi di Fresnes, considerati dalla critica la sua
più alta produzione poetica."
( dal sito Internet - Wikipedia Italia - Biografia di Robert Brasillach
all'indirizzo 'on-line' : Robert Brasillach - Wikipedia (http://it.wikipedia.org/wiki/Robert_Brasillach) )
2 - Julius Evola - "Orientamenti" - edizioni "Settimo Sigillo - Roma 1994;
3 - Julius Evola - "Indirizzi per una educazione razziale" - edizioni di "Ar"
- Padova 1979;

LupaNera
03-06-09, 01:00
"NON HO MAI AVUTO E NON AVRO' MAI PACE" - GIOSUE' CARDUCCI UN GIGANTE DELLA CULTURA ITALIANA



di Dagoberto Husayn Bellucci


"Nè vi riveggo mai, toscani colli, ove il mio canto nacque, Che dal lago del cor non mi rampolli il pianto..."

("Per Val d'Arno)



"Io non ho , non ho mai avuto e non avrò mai pace...La mia sorte è di soffrire sempre, senza che io lo mostri e senza che nessuno sappia e s'accorga che io soffra. Almeno avessi la posa della pietà. ..Io porto con me il peccato originale del mio temperamento: son condannato a non aver mai pace o riposo in alcuna o idea o concezione o parte o persona. ..Mi mangio in silenzio, il mio forte cuor; ed è pasto degno di me..."

(G. Carducci - Lettera a Lina 1875)



Tendenzialmente e accidiosamente sospettosi di natura e ostili a qualsivoglia mondanità abbiamo sempre provato un certo disinteresse per la storia patria del XIXmo secolo in particolar modo per l'epoca cosiddetta "risorgimentale" innalzata ad ogni piè sospinto alle cronache ed alla facile celebrazione da qualsiasi governo 'tricolore' (liberale, fascista o democratico e antifascista). 'Discutere' la legittimità del processo di unità nazionale italiota assume valenza assolutamente negativa soprattutto agli occhi 'istituzional-sistemici' di un paese che , tra Mazzini e Garibaldi, ha innalzato in ogni centro - di grandi, medie o minuscole dimensioni - della penisola monumenti equestri all'"eroe dei due mondi" e al "carbonaro" giovineitaliano celebrandone in tutte le salse ed in tutti i contesti le 'gesta' e proclamandone più o meno solennemente i nomi con l'intestazione di vie o piazze di qualunque contrada d'Italia.

Poco interessati a questa 'tricolor-massonica' celebrazione dei 'risorgimentali' padri della "patria" dobbiamo invece ammettere di esserci sovente soffermati sulla valenza storica dei cosiddetti 'moti risorgimentali' (...di 'segno' indubbiamente discendente e sovversivo...) e in particolare sul confronto dell'epoca precedente l'unificazione nazionale e la successiva: i regni pre-unitari (dal Lombardo-Veneto ai ducati emiliani di Parma e Modena, dal Granducato di Toscana allo Stato pontificio fino al Regno delle Due Sicilie) avevano economicamente e politicamente assetti meno 'sgangherati' e sostanzialmente più conformi alle vicende nazionali rappresentando dignitosamente l'autentica anima ed identità dei popoli e le culture "dialettal-regionali" proprie di ognuna delle nazioni in questione.

Probabilmente solamente lo Stato sabaudo alias Regno di Sardegna aveva da guadagnare con l'unità risorgimentale come effettivamente accadrà all'indomani della seconda guerra d'indipendenza e le successive annessioni della Lombardia , strappata agli austro-ungarici, e dei ducati emiliani. L'impresa dei "mille" di garibaldina memoria infine sancirà , assieme alla spedizione militare piemontese contro le Marche e l'Umbria e l'annessione della Toscana e dell'ex regno borbonico conquistato manu militari dal massone "eroe dei due mondi", la successiva completa evoluzione in senso nazionale delle dinamiche annessionistico-unitarie.

Tant'è da quando la Lega Nord - movimento senza alcuna valenza politica e privo di senso storico, erede dell'invidia 'settentrionalista' contro il Meridione d'Italia e rappresentante gli interessi della piccola borghesia bottegaia e dell'imprenditoria 'fai da te' dei vari siur Brambilla sparpagliati per tutta la valle del Po - ha 'smesso' la sua polemica anti-italiana e anti-romana (...del 'resto' sono un partito "di lotta e di governo"....sbracate polemiche anti-immigratorie e anti-islamiche in piazza e doppiopetto grigio in parlamento dove 'lorsignori' padani si rubano , nè più nè meno al pari di tutti gli altri loro 'italianissimi' colleghi, lo stipendio a fine mese... 'sbraitate' contro Roma-ladrona un giorno si e uno anche ma dalla 'trogolaia' romana non riuscite a 'staccarvi'...) possiamo sottolineare l'assoluta , lapalissiana, verità storica secondo cui il risorgimento italiano non rappresentò nient'altro che un 'traghettamento' sovversivo 'necessario' alle forze della Contro-Chiesa per imporre la loro direzione di marcia agli avvenimenti storici italiani ed europei.

Come abbiamo spesso ricordato il risorgimento italiano fu un vero e proprio risorgimento ebraico e l'affermazione delle forze anti-tradizionali della Frammassoneria, del laicismo, del liberalismo-nazionalista di illuministica memoria e del socialismo scientifico che , di lì a poco, in tutta Europa avrebbe cominciato a mutare le proprie forme di lotta sulla base dei principii politici e della dottrina della lotta di classe di marxistica derivazione.

Bossi&compagnia 'bella' non hanno inventato assolutamente niente: non ci vuole un 'genialoide' per comprendere a chi apparteneva la mano invisibile che diresse i moti risorgimentali nè quali classe sociali o ambienti razzial-religiosi si siano largamente avvantaggiati dall'unificazione nazionale...del 'resto' , da toscani di origine controllata e pure garantita , tutte le 'diatribe' nord-sud, polentoni-terroni, Milano-Roma/Napoli ...onestamente ci hanno sempre 'interessato' poco...sarà che noi toscani siamo di una razza a parte, sarà che stiamo al centro della penisola, sarà che - soprattutto - siamo superiori ( ...o tali ci 'sentiamo'...) indipendentemente da dove sia collocata la capitale politica o economica di questo cazzo di paese ....

Un metro sopra tutto e tutti perchè ....la cultura , la lingua, l'arte, la storia della Toscana sono , insindacabilmente, patrimonio collettivo nazionale e rappresentano probabilmente il più grande lascito all'intera umanità di visioni idiliache e straordinarie intuizioni di uomini che fecero grande la nostra terra (...Dante, Petrarca, Boccaccio, Michelangelo Buonarroti, Galileo Galilei, Leonardo Da Vinci....potremmo continuare all'infinito fino ai giorni nostri....ma ci fermiamo a questi 'Giganti'.... e se Livorno , la Sionne d'Italia , dove siamo nati ha dato alla luce fior di marmaglia giudaica ed è stata sede di fondazione del Partito Comunista d'Italia nel lontano 1921 possiamo sempre 'ricordare' che un secolo prima di Preziosi già un livornese, Francesco Domenico Guerrazzi, aveva messo in guardi i 'gentili' sulla nefasta influenza giudaica sottolineando - a proposito degli ebrei livornesi - "a qual numero assommino è cosa incerta, avvegnachè l'eterno loro sospetto li consiglia a dissimularlo"....)... Maledetti toscani scriverà il giudeo Malaparte.... sempre maledetti! Irriverenti e rompicoglioni...

Tant'è Giosuè Alessandro Giuseppe Carducci nasce il 27 luglio 1835 a Castagneto nella maremma pisana e più precisamente nella frazione di Bolgheri (...."i cipressi che a Bolgheri alti e schietti van da San Guido in duplice filar...") antico feudo dei conti della Gherardesca. Anni giovanili contrassegnati per il futuro 'maledetto' della poesia e della cultura italiana dall'amore per la libertà, per una spensieratezza, per un vagabondar per campi e aie per le sterminate brughiere della Maremma. Carducci è un 'enfant prodige': a otto anni viene avviato dal padre Michele - un passato da carbonaro e cospiratore , peraltro condannato a un mese di carcere nell'aprile 1831 dal Tribunale di Pisa, di fede repubblicana socialisteggiante - allo studio della lingua latina e alla lettura dei classici: l''Eneide', l''Iliade', la 'Gerusalemme liberata' saranno tra le prime letture assieme alle liriche del Manzoni. Dalla madre invece apprenderà le Tragedie dell'Alfieri. Un simile 'indottrinamento' avrebbe ben presto dato i suoi frutti: Carducci crescerà invasato e completamente ubriacato "da furore repubblicano e rivoluzionario" e , come ricorderà anni dopo, "in brigata cò miei fratelli e con altri ragazzi del vicinato, organizzavo sempre repubbliche e repubbliche sempre nuove" che finivano, inevitabilmente, in aspre battaglie "a colpi di sassi e bastoni".

Quanti di voi non si sono 'divertiti' a menar le mani con i compagni di gioventù dividendosi in 'bianchi' (o rossi) e neri, guelfi e ghibellini, prendendosi a legnate e a sassate , creando squadre d'assalto immaginarie e trincee da difendere e/o conquistare? C'era sempre il "cicciopalla" di turno che ci prendeva sotto ma tant'è ....altri tempi e altra gioventù...'oggi' playstation, videogiochi e rincoglionimento massmediatico davanti alla televisione ....salvo poi creare baby-gang di bulli ....il bullismo imperante nelle scuole concepito come la versione tricolor-italiota di quello televisivamente rappresentato da decenni dai film a stelle e strisce ....trasposizione italiota della società violenta e senza regole dell'american 'style'...Haarlem a Milano Bovisa e Brooklyn a Pietralata... meglio, molto meglio, i 'tempi andati' ....

Tra svaghi e letture a undici anni , nel 1846, Carducci abbozza i suoi primi versi e due anni più tardi, con la nuova ondata di moti risorgimentali, seguirà il padre che , ritornando alla sua vecchia passione carbonara, si metterà alla testa di un corteo contadino , sfociato in sommossa, contro il conte della Gherardesca...Un sommovimento rivoluzionario durato poco: quando i piemontesi verranno sconfitti a Novara gli austriaci riprenderanno in mano Firenze e le redini del Granducato il padre si ritroverà costretto a lasciare Bolgheri per trasferirsi a Laiatico nel volterrano e infine a Firenze. Nel periodo fiorentino Giosuè inizia a conoscere le donne, l'amore e avrà per maestri alcuni rettori tra i quali si distinguerà padre Geremia Barsottini che lo indirizzerà ancor più verso la lettura dei classici e dei poeti d'oltralpe (Hugo, Lamartine, Heine) dei quali si sentiranno le influenze soprattutto nel primo periodo di composizioni poetiche alle quali Carducci alternerà la collaborazione - arrivato all'Università - con la rivista "Letture di famiglia" periodico popolare diretto da Pietro Thouar.

In questo periodo (1854-55) pubblicherà un'antologia italiana "L'Arpa del popolo", scelta di poesie religiose morali e patriottiche, uscita a Firenze nel 1855 e il suo nome inizia a diventare popolare nella ristretta cerchia degli intellettuali e letterati toscani particolarmente per le fuoriose polemiche con i vari Chiarini, Tozzetti e Gargani (con i quali formerà un sodalizio chiamato, con una certa dose di ironia, "degli amici pedanti"). Tra una polemica letteraria ed un esame trascorreranno anche gli anni dell'università e nel 1856 Giosuè prenderà infine il diploma di idoneità alla Scuola Normale di Pisa con una dissertazione su "...la poesia cavalleresca dal Medio Evo al mezzogiorno d'Europa".

Dopo aver ottenuto una nomina come insegnante di retorica al ginnasio di San Miniato al Tedesco ed aver contratto una serie di debiti presso l'osteria del paese Carducci si deciderà a dare alle stampe il suo primo volume di poesie "Rime" nell'estate 1857.

Gli anni compresi tra il 1856 e il 1861 sono colmi di avvenimenti che condizioneranno la sua lunga vita di poeta e di uomo: la sera del 4 novembre '57 si suiciderà il fratello Dante. Una morte rimasta misteriosa con un susseguirsi di voci che indicherebbero invece nel padre l'assassino o, come più probabile e come attesta la storiografia ufficiale, un suicidio per amore. Giosuè scriverà anni dopo: "Dante morì per noia della vita, non per amore , e se amore vi entrò, fu solo per piccolissima cagione".

Pochi mesi dopo il tragico avvenimento morirà anche suo padre Michele, Giosuè - avvertito in ritardo - non farà neanche a tempo a rivederlo. Un evento sereno, dopo tanti lutti e sciagure familiari, contrassegna la vita di Carducci: il 7 marzo 1859 si sposa con Elvira Menicucci: dopo la cerimonia, lasciata la sposa, Giosuè se ne andrà a spasso con i testimoni (Chiarini e Targioni Tozzetti) a disquisire di poesia. In quell'epoca ha fondato un periodico letterario "Il Poliziano" che si ripropone di "riaccendere nei giovani italiani l'amore di una letteratura veramente italiana". La rivista chiuderà dopo soli sei numeri per mancanza di fondi.

Nello stesso periodo scoppia la seconda guerra d'indipendenza: il temperamento rivoluzionario, il carattere sanguigno e le idee dell'uomo prenderanno il sopravvento. Giosuè vorrebbe, come l'altro fratello Valfredo, partire per raggiungere i volontari al fronte ma deve badare alla moglie, alla madre a lla figlia Beatrice (Bice) nata pochi mesi prima. A Beatrice seguiranno ben presto Laura, Libertà (Titti) e infine Dante (1867) unico maschio al quale sarà dato il nome dello zio suicida.

Non potendo partecipare direttamente alle vicende belliche Carducci ne tesserà le lodi ed esprimendo i suoi sentimenti patriottici con componimenti indimenticabili: "A Vittorio Emanuele" , "A Giuseppe Garibaldi", "Montebello", "Gli austriaci in Piemonte", "Palestro" e altri. Una sua lirica , intitolata "Alla croce di Savoia" , commissionatagli dal ministro Salvagnoli, verrà messa in musica e cantata al Teatro della Pergola a Firenze ottenendo un enorme successo di pubblico e di critica. Poco dopo arriverà anche la nomina a professore di Letteratura italiana e latina al liceo di Pistoia mentre nell'agosto 1860 riceverà direttamente dal primo ministro della Pubblica Istruzione del Regno d'Italia unificato , Terenzio Mamiani, la cattedra di Eloquenza presso l'Università di Bologna dove Carducci giungerà il 10 novembre fermandosi nella città felsinea per il resto della propria vita.

Nel 1863 mentre è intento a correggere le bozze dell'opera poetica volgare del Poliziano , curata personalmente per l'editore Barbera, Carducci riceve la notizia del ferimento di Garibaldi sull'aspromonte. Sdegnato scriverà l'opera "Dopo Aspromonte" in cui accanto ad elogiativi versi per l'eroe dei due mondi si lancerà in strali contro il potere pontificio ed il suo difensore, l'imperatore francese Napoleone III.



Uomo del suo tempo, polemista eccezionale, Carducci è ancora repubblicano a quell'epoca e non perderà l'occasione per dimostrare la sua visione atea con la composizione dell'inno "A Satana" del 1869. Più tardi lo stesso Carducci, passato a sentimenti monarchici e moderando la sua indole sempre rabbiosa e burbera, definirà quel poema "una chitarronata" che comunque gli provocherà non pochi problemi. Alcune strofe dell'inno diventarono comunque proverbiali per intere generazioni di liberi pensatori e di ribelli : "Via l'aspersorio/ Prete, e il tuo metro!/ No, prete Satana/ non torna indietro!" oppure laddove scrive "Salute, o Satana/ o ribellione/ o forza vindice/de la ragione".

Definito dal mazziniano Quirico Filopanti come una "orgia intellettuale" l'inno a Satana rimane una delle composizioni più politicamente scorrette del Carducci che , rispondendo all'amico repubblicano, peraltro unico superstite all'epoca della Repubblica romana, scriverà "Certo io non intesi fare cosa di parte; non un evangelio, non un catechismo, nè un salmo per chi che sia. Tanto era lontano dal pensiero della propaganda che stampai l'inno due anni appresso e in poche copie, che regalai a pochi amici.". L'Inno sarà comunque ripubblicato nel dicembre 1869 , in occasione dell'apertura del Concilio ecumenico Vaticano I , sul "Popolo" di Bologna suscitando immenso scalpore e critiche da ogni parte.

Come scriverà nel 1875 in una missiva indirizzata a Lina "Io sostengo nella persona mia la potenza e la dignità del pensiero e dell'arte...La superbia mia cresce e raggiunge oramai le proporzioni di quella del mio eroe Satana...Oramai a questi tempi, mancando ogni altra cosa, la superbia è il solo sale che preservi le carni di noi porci dalla corruzione". Posizioni apparentemente estreme che andranno moderandosi nel corso degli anni portando il Carducci a rivedere gran parte delle proprie idee politiche e a tendere a maggior magnanimità verso il confronto dialettico.

Ma di lì a qualche anno i sentimenti filo-monarchici del Carducci prenderanno il sopravvento. Merito, forse, della Regina Margherita che lo volle andare a conoscere e incontrare durante una visita dei reali a Bologna nel 1876 e che lo accolse con queste parole "Sono tanto lieta di conoscerla personalmente...Io sono una delle sue più ardenti ammiratrici!"

Il nazionalismo della prima ora del Grande Poeta si unirà alla nuova infatuazione monarchica. Carducci il 4 dicembre 1890 viene nominato senatore e mentre i repubblicani non gli risparmieranno violente invettive e l'accusa di essersi venduto alla monarchia e di fare "il poeta di corte" dall'altro lato aumenteranno i suoi componimenti a tinte patriottiche. E' di quel periodo il suo discorso "Per il tricolore" in cui proclamerà che "L'Italia è risorta nel mondo per sè e per il mondo: ella, per vivere, deve avere idee e forze sue, deve esplicare un officio suo civile e umano, un'espansione morale e politica.".

Con la nomina a senatore del Regno Carducci inizierà a frequentare con una certa assiduità la capitale dalla quale fino a quel momento si era tenuto piuttosto lontano ed è in quest'ultimo periodo della sua vita che incontrerà e si legherà alla fazione del Crispi, uomo forte del regime al quale, nel marzo 1891, deciderà di intitolare un nuovo circolo monarchico nella 'sua' Bologna. L'iniziativa provocherà un ondata di sdegno nella città felsinea, di fede repubblicana e socialisteggiante, e tra gli studenti i quali accoglieranno il professore presso l'aula magna dell'ateneo bolognese sommergendolo di fischi: Carducci replicherà provocando ancor più i contestatori e irridendoli.

Nel gennaio 1896 l'ateneo bolognese per festeggiare i suoi 35 anni di insegnamento a Bologna gli decreta pubbliche onoranze: a festeggiare Carducci interverranno vecchi e nuovi allievi (Pascoli, Severino, Valmigli) e lui terrà una lezione sull'Ulisse dantesco rimasta sugli annali dell'università felsinea.

Negli ultimi anni del secolo il poeta vivrà un'esistenza solitaria, ritirandosi sempre più a vita privata ma continuando a lavorare e comporre: nel 1901 esce un volume semplicemente intitolato "Poesie" mentre cinque anni più tardi, oramai immobilizzato su di una sedia a rotelle nel suo studio di casa a Bologna, si vedrà consegnare dall'ambasciatore svedese , barone de Bildt, l'assegnazione del Premio Nobel per la Letteratura e assieme i complimenti del Re-letterato di Svezia (il quale si era dedicato personalmente alla traduzione in svedese della "Gerusalemme liberata" del Tasso). Questo riconoscimento del sovrano svedese verrà apprezzato dall'ormai settantunenne Carducci che riuscirà a replicare, borbottando un pò, all'ambasciatore invitandolo a salutare "il popolo svedese nobile nei pensieri e negli atti".

Giosuè Carducci indiscutibilmente un Grande della Letteratura e della Cultura italiana.





DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI

Direttore Responsabile Agenzia di Stampa "Islam Italia"

Alice Messenger ;-) chatti anche con gli amici di Windows Live Messenger e tutti i telefonini TIM!

LupaNera
03-06-09, 01:04
Recensione Libraria - ROBERTO FARINACCI - "LA CHIESA E GLI EBREI"

di Dagoberto Husayn Bellucci




Pubblicato nel 1987 per le edizioni "Sentinella d'Italia" il volume "La Chiesa e gli ebrei" di Farinacci costituisce un documento storico di assoluto valore ed una oggettiva ricognizione d'analisi sulla questione ebraica oltre a rappresentare un indiscutibile lascito che il capo del fascismo cremonese, peraltro tra i pochi gerarchi ad occuparsi della questione 'maledetta' sostenendo le iniziative di Giovanni Preziosi e della sua "Vita Italiana", indirezzerà all'inaugurazione annuale dell'Istituto di Cultura Fascista in data 7 novembre 1939. Il volume difatti ripropone i passi salienti della conferenza tenuta da Farinacci (Isernia 16.10.1892/ Vimercate 28.04.1945) in quella occasione. Trattasi di un approfondito intervento del più convinto assertore dell'alleanza con la Germania nazionalsocialista, lui duro e puro della prima ora del movimento fascista, segretario del PNF a metà degli anni Venti (tra il febbraio 25 e il marzo 26) e tra l'altro fondatore del periodico "Cremona Nuova" (1922) poi trasformatosi ne "Il Regime Fascista" (1929) nel quale sovente saranno esposte tesi anti-ebraiche ed anti-massoniche (peraltro con molta probabilità lo stesso Farinacci fu membro del Grande Oriente d'Italia di Palazzo Giustiniani). Il volume pubblicato da Sentinella d'Italia si apre con una breve ricostruzione di Antonio Guerin che ricorda gli ultimi istanti di vita del capo del fascismo cremonese e con un'introduzione curata da Giovanni Marden dal titolo "Gli ebrei: vittime e carnefici" nel quale si sostiene che "anche l'antisemitismo è stato ed è funzionale ad un sistema che ha creato un mondo assolutamente mostruoso e disumano in cui gli ebrei sono riusciti a svolgere, contemporaneamente, la parte della vittima e quella del carnefice".Il sistema politico della democrazia e dell'antifascismo edificato in Italia all'indomani della seconda guerra mondiale e del conflitto civile che divise gli italiani in "buoni" (ovviamente i vincitori 'partizan-resistenziali' di ogni risma, ideologia e colore politico, sostenuti dagli americani e dalla plutocrazia mondiale e responsabili per 45 anni del ladrocinio di Stato alias "Tangentopoli" peraltro mai terminato nè terminabile considerando che i nuovi arrivati sono gli stessi di ieri riciclatisi sotto altre 'sigle' partitocratiche) e "cattivi" (come sempre gli sconfitti, i vinti, rei di ogni nefandezza secondo la storiografia imperante e dominante creata ad arte dai vincitori). I cosiddetti tentativi 'revisionistici' di ridare un diritto di parola e di 'cittadinanza' a coloro che militarono nella RSI - 'percepita' sempre come una "parte sbagliata", un "errore" e soprattutto un marchio d'infamia - attuati anche recentemente dalle principali cariche dello Stato non devono assolutamente farci dimenticare chi siamo, da dove veniamo e soprattutto quali sono stati i percorsi esistenziali - vite 'bruciate' - di migliaia, centinaia di migliaia, di ex volontari, soldati ed ufficiali, combattenti della Repubblica del Nord, fedeli ad un'idea di Patria che i vincitori hanno calpestato prima e cancellato poi in nome della democrazia e della sudditanza ai nuovi padroni a stelle e strisce che, a distanza di sessantaquattro anni, continuano a mantenere le loro basi militari - indisturbati come ieri - sul nostro territorio nazionale, pretendendo uomini e mezzi per le loro guerre imperialiste in Iraq e Afghanistan e sottoponendo il paese ad una sovranità limitata intollerabile a distanza di oltre mezzo secolo dagli avvenimenti bellici del secondo conflitto mondiale. A lorsignori del potere (bianco, rosso, rosa, azzurro e di qualsivoglia altro colore 'politico' dominante) opponiamo una volta di più il nostro "me ne frego" certi di avere dalla nostra una storia ed un'identità che, piaccia o meno, appartiene anche alle vicende ed alle caratteristiche di italiani che fecero grande la Patria quella con la 'P' maiuscola. Scrive Giovanni Marden parlando del vittimismo ebraico: "Sono troppo poco ebreoi per essere antisemita. Può sembrare un paradosso ma non lo è: già Otto Weininger, ebreo anch'egli, aveva scritto in "Sesso e carattere" (...da 'rileggere' assolutamente...ndr) che l'antisemita odia nell'ebreo la parte peggiore di se stesso. Il ragionamento si può applicare anche al vecchio antisemitismo cristiano: è o non il cristianesimo una setta eretica dell'ebraismo? Non vi è dubbio che lo sia e sin dall'inizio non fece che scagliarsi con estrema violenza, non solo verbale, contro il tronco da cui era sorta. Lo stesso Gesù disse agli ebrei: "Voi avete per padre il diavolo e volete soddisfare i desideri del padre vostro; egli fu omicida fin dal principio e non perseverò nella verità perchè in lui non c'era verità; quando mentisce parla di quel che gli è proprio , perchè è bugiardo e padre della menzogna.". Ora se da un lato l'antigiudaismo cattolico - al quale peraltro sovente abbiamo fatto riferimento - è stato tra i principali insegnamenti dottrinari della nostra formazione dobbiamo sottolineare che non sia affatto vero quanto afferma il Weininger sul concetto di "antisemita" relativo a soggetti 'antropologicamente' 'contorti', e dell' "antisemitismo" come 'specchio' di un "io" disturbato alla 'cerca' di psicologiche 'affermazioni' esteriori ossia di riversare sull'ebreo, l'ebraismo o tutto quanto appartenga alla religione/razza israelitica determinati comportamenti e/o vere e proprie 'turbe' psico-sociali. Intanto vi è da considerare che già Sartre aveva definito l'antisemitismo come "il socialismo degli imbecilli"...ora puntualizziamo: non siamo 'nemici dei giudei' in quanto affetti da chissà quali 'tare' (...probabilmente talune qua e là ci saranno 'pure'...mai 'pensato' di essere "normali"...nè ci 'teniamo' troppo a dimostrarlo...) nè per "mancanze" (...non 'esiste'...). E non "odiamo" gli ebrei in quanto il sentimento dell'odio è pur sempre una condizione - come l'amore del resto - transitoria. Sarebbe un imperdonabile 'mancanza' di lucido realismo e di perseveranza oltre a rappresentare un'insufficiente motivazione di tipo psico-analitico. L'ebreo è per noi il "nemico dell'uomo" in quanto rappresenta il principale vettore di dissoluzione , sovversione e disintegrazione delle società tradizionali. L'ebraismo religione uno strumento utilizzato secolarmente da una casta fanatica per odiare il genere umano non ebraico. Il giudaismo razziale un'invenzione utile e millenaria che è servita a dividere il popolo d'"Israele" rispetto al resto dell'umanità. Il sionismo il germe ultimo di un parossistico concetto fondamentalista per sottomettere l'umanità ai diktat di una minoranza accetata dalla follia di una pretesa/presunta - sempre riconfermata e ribadita dagli esponenti della Sinagoga - "superiorità ebraica". Infine va ricordata l'attitudine vendicativa, fuoriosamente rabbiosa e cieca, delle masse ebraiche di prendersi rivincita del resto dei popoli della terra considerati tradizionalmente dagli ambienti "kippizzati" al pari di "animali da soma", "bestie", "sterco" ecc ecc. "Gli ebrei ortodossi , peraltro, non facevano nulla per rendersi simpatici ai cristiani - prosegue nella sua introduzione il Marden - e ricambiavano cordialmente l'antipatia, come si evince dalla lettura della preghiera "Shmone-Esrè": "Gli apostati non avranno scampo e l'impero dell'orgoglio sarà rapidamente sradicato. I Nazareni e i Minim (=i pagani) periranno in un istante , saranno cancellati dal libro della vita e non saranno annoverati tra i giusti. Sia benedetto l'Eterno che umilia gli orgogliosi." Quando la setta degli eretici divenne religione universale allora furono gli ebrei a far la parte degli eretici e santi, papi, sacerdoti e semplici devoti si diedero un bel da fare a perseguitare la stirpe d'Abramo che, oltre al difetto di non volersi convertire, portava sulle spalle la non indifferente accusa di deicidio." Va sottolineato come la 'reazione' della Chiesa cattolica 'procederà' semplicemente, ma 'efficacemente' - almeno fino ad un periodo compreso entro il XVIIImo secolo - , all'espulsione dell'elemento ebraico dal consorzio civile, dalla società, dalle istituzioni delle nazioni cristiane allo stesso identico modo in cui - dall'altra sponda del Mediterraneo - i musulmani procederanno a ridurre i giudei in istato di "sottomissione" riservato dalla religione islamica ai "dhimmi" (tra i quali figurano pure gli stessi cristiani e tutti i fedeli monoteisti). Trattasi di 'legittima difesa', di re-azione ad un'azione contraria di sovvertimento e disintegrazione operata dagli ambienti giudaici fin dall'inizio dell'evangelizzazione cristiana che, come si vedrà, sarà caratterizzata da una spietata lotta alle eresie (fomentate e create ad arte da soggetti spesso di razza ebraica). Pretendere di lasciare 'campo libero' e donare 'disco verde' all'azione negativa del Giudaismo sarebbe come riconoscere all'Ebreo il diritto di sottomettere, sterminare e cancellare dalla faccia della terra ogni elemento non ebraico vivente...il che , 'francamente' , ci sembra piuttosto 'demenziale'. Non sottoscriviamo le dichiarazioni fondamentalmente anti-ecclesiastiche del Marden in merito a presunte colpe dei vertici cattolici del passato casomai , al contrario, sottolineiamo la 'direzione' discendente - modernista e filo-giudaica - assunta dalle attuali autorità vaticane che, a partire dal Concilio Vaticano II.o , hanno aperto le porte della Chiesa cattolica a ebrei e ebraicizzanti di ogni risma sprofondando l'istituzione vaticana in un ruolo subalterno ai poteri temporali sovranazionali e eliminandone l'influenza dal consorzio civile...la Chiesa di Roma sopravvive a se stessa nel vano tentativo di 'salvare un salvabile' di forme e tradizioni divenute estranee - spesso e volentieri - agli stessi fedeli cattolici. Indiscutibilmente , nella società rovesciata di massa, si è perso il 'senso' , la 'direzione' e l'utilità di ritualità canoniche avvertite come "orpelli" di un passato peraltro "noioso" e "oscuro" (....esiste una letteratura 'demonizzante' l'Inquisizione e l'epoca medioevale che da decenni 'insiste' nel colpire ripetutamente il Vaticano...). In questa 'discesa' senza fine, un baratro di valori e di idee, il Giudaismo trionfante si erge ponendosi quale "fonte" di "verità" (....del 'resto' l'abbiamo scritto da sempre...società rovesciate della contemporaneità modernista...) e , attraverso la vulgata 'sterminazionista' olocaustica, utilizzando il tradizionale vittimismo ebraico induce l'umanità intera - specialmente quella europea ed occidentale - a sottomettersi alle proprie 'forche caudine' , alla lex judaica, che destabilizza le nazioni, dirige i governi, comanda ed ordina, detta le sue condizioni agli Stati ed alle entità sovranazionali .... Già ma queste cose è sempre meglio non 'dirle'....altrimenti si prende dell'"antisemita"...ora poi che il preteso "sterminio" di sei milioni di soggetti di razza/religione israelitica durante l'ultimo conflitto mondiale alias Olocausto è stato 'equiparato' "ufficialmente" dal Papa Benedetto XVImo ad una 'bestemmia' contro Dio (...la 'canonizzazione' del 'nulla'...o per essere esatti la menzogna elevata a dogma insindacabile...) ci attendiamo lo "sterminio" dei 'negazionisti' anche per "blasfemia". Torniamo a Farinacci il quale, in occasione della conferenza presso l'Istituto di Cultura Fascista, sarà esemplarmente chiaro in merito alla questione 'maledetta': "Gli ebrei in Italia - quando dico ebrei intendo parlare della moltitudine e trascurare le eccezioni - non presero mai posizione decisa contro l'Internazionale ebraica. Non solo, ma inviarono i loro rappresentanti a Ginevra, sede del Parlamento internazionale ebraico. Non solo, ma si stampò e si disse più volte dagli stessi giudei che essi rappresentando una razza diversa dalla nostra, inconfondibile ed inassimilabile, e che essi non riconoscevano nessun principio di nazionalità fuori del loro, ed essi lo esaltarono, questo principio, con la campagna a favore del sionismo. Per gli ebrei noi non eravamo che dei Goim, degli spregevoli esseri zoologici. La conquista dell'Impero ci ha imposto di affrontare subito il problema dell'integrità della nostra razza. E giacchè la questione doveva essere affrontata, la soluzione non poteva essere che totalitaria. Ed abbiamo accettato in pieno la tesi degli ebrei, che noi siamo diversi da loro e che "come l'olio non si mescola con l'acqua, così Israele non si mescola con gli altri popoli". E allora, perchè oggi gli ebrei si lamentano ed i giudei onorari si conturbano? Non ci occuperemmo più di loro se non ci avesse sorpreso l'atteggiamento della Chiesa ufficiale che è in antitesi stridente con tutta la storia del cattolicesimo. Noi cattolici fascisti consideriamo il problema ebraico un problema strettamente politico e non religioso, e in materia politica ognuno ha e difende le sue idee. Ma diciamo a conforto della nostra anima che se, come cattolici, siamo divenuti antisemiti , lo dobbiamo agli insegnamenti che ci provengono dalla Chiesa attraverso venti secoli." Indiscutibilmente Farinacci ha pienamente ragione nell'affermare che saranno gli insegnamenti secolari della Chiesa di Roma a dare il disco verde all'azione di reazione anti-ebraica condotta contro gli ambienti sionisti italiani dal Fascismo con la proclamazione e l'instaurazione delle cosiddette "leggi razziali" e ricorda legittimamente le parole con le quali il Duce, analizzando la rivoluzione giudeo-bolscevica del 17 (il Golpe ebraico di Lenin), scriverà su "Il Popolo d'Italia" : "Chi possiede le casseforti dei popoli dirige la loro politica. Dietro i fantocci di Parigi, sono i Rothschild, i Warburg, gli Schiff, i Guggenheim, i quali hanno lo stesso sangue dei dominatori di Pietrogrado e di Budapest. La razza non tradisce la razza.". Questione razziale, questione di sangue e affinità di sangue. Ma anche di potenza dell'oro, di plutocrazia, della metafisica/metastorica guerra tra forze della Tradizione e della Sovversione incarnatesi dall'una e dall'altra parte della barricata nei Fascismi europei, nelle Rivoluzioni Nazionali degli anni Venti e Trenta che costituirono i motori-ideologici della rinascita dei popoli europei e - di contro, all'opposto - nelle demoplutocrazie occidentali , nel giudeo-bolscevismo e nelle forze anti-tradizionali eterodirette dall'Internazionale Ebraica. "Il bolscevismo - aveva scritto Mussolini - è difeso dalla plutocrazia internazionale. Questa è la verità sostanziale. La plutocrazia internazionale dominata e controllata dagli ebrei, ha un suo interesse supremo a che tutta la vita russa acceleri sino al parossismo il suo processo di disintegrazione molecolare." Senza 'se' e senza 'ma'....Niente da 'eccepire', nient'altro da 'aggiungere' nè da sottolineare. Parla il Duce del Fascismo italiano. Farinacci dopo aver esposto tutta una serie di disposizioni ecclesiastiche contro l'elemento ebraico a partire dall'interpretazione canonica del ruolo di agente sovvertitore del Giudaismo , ricordato le disposizioni dei Pontefici nel primo periodo della storia della Chiesa di Roma ed i successivi editti , la separazione degli ebrei dai cristiani prescritta dai concili di Vannes (465), di Agde (506), di Orleans (538) di Macon (538), di Toledo (633 e 655) , le invettive anti-ebraiche di papa Innocenzo III (1199) arriverà a sottolineare il ruolo di Roma quale "anti-Gerusalemme" per eccellenza. La città eterna, già sede imperiale e poi pontificia, come antitesi vivente del cosmopolitismo ebraico. "Tutti gli Stati - dichiara Farinacci - , fino alla rivoluzione francese, ispirarono la loro legislazione a quella della Chiesa , e molti l'aggravarono espellendo gli ebrei, confiscando le loro proprietà e annullando i loro crediti, oppure espellendoli, negando la libertà del loro culto, forzandoli al battesimo, costringendoli ad ascoltare le prediche o raccogliendoli negli ospizi dei catecumeni. Si susseguirono divieti contro la edificazione delle Sinagoghe e per la esclusione degli ebrei dai pubblici uffici, dalle scuole, dall'acquisto di gradi accademici, dall'esercizio delle professioni e del commercio. Tutto in armonio con le disposizioni sancite dalla Chiesa attraverso i concili e le bolle pontificie. Fu la rivoluzione francese che, proclamando l'uguaglianza di tutti gli uomini , emancipò gli ebrei , e li fece cittadini, e donò a loro indebitamente uno stato, una sovranità, una dignità, che sono beni solo per chi li conquista (....). La razza giudaica ha sempre detestato i Goim, i Gentili, ed essendo inferiore in tutte le virtù che hanno eletto al comando i popoli ariani, proprio per questo ha sempre sperato e spera ancora di vederli prostrati dall'ira del loro Dio, vendicatore e protettore, proprio per questo essa maledice, sfruttandola , la storia gloriosa della civiltà nostra. Roma è ancora e sempre l'anti-Gerusalemme. In realtà i giudei, essendosi proclamati gli schiavi favoriti di Dio, odiano gli uomini che non vogliono essere schiavi , ma figli ed artefici della divinità.". Farinacci sottolinea l'anti-giudaismo costante della Chiesa di Roma e il ruolo di difensori della dottrina canonica e della Tradizione dei padri gesuiti che nella loro rivista, "La civiltà cattolica", avevano fin dall'avvento dell'unità nazionale "risorgimentale" messo in guardia l'opinione pubblica sulla scalata ai posti di potere principali nel nuovo Regno laico e secolare da parte di framassoni e giudei e - per primi - avevano indicato "ai cattolici il giudaismo come "la nazione equivoca" e insieme come "la religione equivoca". Di equivocità è sicuramente inopportuno parlare anche solo dando un'occhiata alle massime d'Israele, citate dal capo del fascismo cremonese durante quella storica conferenza, e che riportiamo per le "pecore matte" della contemporaneità rovesciata che considerano la "questione ebraica" 'insignificante' e/o 'irrilevante' ai fini politici, storici e di affermazione di una identità o la salvezza di una civiltà quale quella ario-italica mediterranea: "Voi israeliti siete chiamati uomini, mentre le nazioni del mondo non sono da chiarmarsi uomini, ma bestiame" (Talmud, Baba Mezia, Fol. 114, col. 2)"La progenie di uno straniero (cioè di un non ebreo) è come progenie di animali" (Jebamorth, Fol. 94, col.2)"Il Messia darà agli ebrei il dominio del mondo , al quale serviranno e saranno sottoposti tutti i popoli""Il migliore fra i non ebrei , uccidilo!""E' proibito dare a prestito ai non ebrei senza usura""Che cosa è una prostituta? Ogni donna che non sia ebrea" Domandandosi perchè la Chiesa del 39 "cambiava rotta" Farinacci (...fosse vissuto alla nostra epoca probabilmente si sarebbe fatto 'islamico' o comunque avrebbe dovuto rivedere molte delle proprie convinzioni...) si chiede infine: "Perchè oggi i comunisti, i massoni, i democratici, i nemici dichiarati della Chiesa, le offrono oggi i loro servizi e le dispensano lodi? Per servirsene contro il Fascismo? Ma il Fascismo è amico della Chiesa, perchè cattolico e romano. E non a parole: noi l'amicizia l'abbiamo dimostrata con i fatti. Il Fascismo ha dato alla Chiesa quello che nessun altro governo liberale o conservatore o democratico aveva mai concesso. Questi nostri interrogativi creano a noi cattolici una profonda tragedia spirituale. Noi non possiamo nel giro di poche settimane rinunciare a quella coscienza antisemita che la Chiesa ci ha formato lungo i millenni. Ma supereremo questa nostra tragedia , coscienti della nostra missione politica. Noi ricorderemo che lo spirito cristiano è l'energia più alta che sostiene gli uomini e i popoli europei e li conduce al combattimento per il servizio di Dio. E non vorremmo che la Chiesa perdesse la sua integrale missione educatrice occupandosi di questioni politiche che spettano solo al Fascismo." 'Peccato' che i fatti storici abbiano dato torto al capo del fascismo cremonese....ricordiamo un 'certo' Cardinale Schuster.... 'epilogo' di un abbraccio mortale che i poteri vaticani intrapresero , già precedentemente al secondo conflitto mondiale, con le democrazie, le plutocrazie, il liberalismo e il bolscevismo e che - soltanto vent'anni dopo la fine della Totalkampf nazionalsocialista e fascista per l'Ordine Nuovo europeo - avrebbero portato ai postulati anti-tradizionali e contrari alla stessa dottrina canonica vaticana del Concilio Vaticano II.o. "Uomini siate e non pecore matte/ si che di voi tra voi 'l giudeo non rida" (Dante Alighieri)



DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI
Direttore Responsabile Agenzia Stampa "Islam Italia"

LupaNera
03-06-09, 01:11
L'ANTIGIUDAISMO IN ITALIA DEL PRIMO-NOVECENTO


di Dagoberto Husayn Bellucci


"Nessuna persona , sia scrittore o uomo politico o diplomatico, può dirsi matura finchè non abbia affrontato a fondo il problema ebraico." (Wickham Steed - Giornalista e scrittore britannico)



"La razza, nell'ebreo, è lungi dall'essere un puro dato biologico e antropologico. La razza è la legge. Questa, intesa come una forza formatrice dall'interno e in un certo senso perfino dall'alto, nell'ebreo fa tutt'uno con quella." (Giovanni Preziosi - articolo "Dieci punti fondamentali del problema ebraico" da "La Vita Italiana" del 15 agosto 1937)


"Il problema ebraico universale lo si risolve in un modo solo: creando in qualche parte del mondo, non in Palestina, lo Stato ebraico: lo Stato nella piena significazione della parola, in grado quindi di rappresentare e tutelare per le normali vie diplomatiche e consolari tutte le masse ebraiche disperse nei diversi Paesi" (Benito Mussolini - 16 Febbraio 1938)



L'affermazione dei moti di stampo liberale ed il conseguimento dell'unità nazionale italiana nella seconda metà del XIXmo secolo schiusero, assieme ai ghetti, le porte all'azione dissolutiva e disgregatrice della piovra massonico-ebraica che , da quel momento, cominciò la sua scalata alle principali istituzioni del nuovo Regno d'Italia nato per volontà della casa regnante sabauda e per l'attività anti-clericale e ostile alle monarchie cosiddette 'assolutistiche' dell'ancien regime che governavano gli Stati pre-unitari della nostra penisola. Quanto efficace sarà l'azione devastatrice dell'elemento giudeo-massonico e la sua erosione delle principali istituzioni del neonato Regno unitario lo illustra efficacemente Giovanni Preziosi, massimo studioso della 'questione maledetta' e attento osservatore dell'azione sovversiva condotta con lucido cinismo dall'elemento ebraico in Italia, il quale afferma: "notiamo soprattutto, quello che gli ebrei stessi ammettono: che in nessun paese essi si sono trovati e si trovano a loro agio tanto quanto in Italia. Essi , pur essendo fra noi una minuscola minoranza - intorno ai cinquantamila (*) - posseggono in Italia una posizione predominante, in quanto sono preposti alle direttive dei centri nervosi della vita nazionale. Basta per accorgersene, dare all'intorno un'occhiata anche fugace. Gli ebrei sono in Italia alla testa della grande banca; danno una percentuale altissima di membri ai consigli di amministrazione delle nostre Società Anonime; sono numerosi tra i membri del Senato e della Camera dei Deputati; occupano i primi e più importanti posti nelle nostre amministrazioni di Stato. Nel campo dell'insegnamento sono numerosissimi, e alcune facoltà delle nostre Università sono divenute una loro privativa. Hanno nelle mani quasti tutte le case editrici librarie d'Italia. Molta parte dei giornali quotidiani sono nelle loro mani, e non è un mistero per nessuno l'incetta che, proprio in questi mesi, la banca ebraica sta facendo di quelli fra i maggiorni nostri giornali che erano fuori del suo controllo. Si aggiunga, che i maggiori e più influenti demagoghi, come i più attivi agitatori della classe lavoratrice, sono ebrei o sotto l'influenza ebraica. Nè si dimentichi che tutte le iniziative affaristiche, anche quelle a tinta patriottica, hanno alla loro testa un ebreo. (...) All'attento osservatore non può di certo sfuggire la graduale applicazione del fine ebraico di conquista, così come è delineato nei "Protocolli dei Savi Anziani di Sion" sulla stampa; leggi demagogiche per l'occupazione dei terreni; spoliazione dei proprietari, lusso sfrenato; enorme diffusione della letteratura pornografica; occupazione delle fabbriche; comportamento dei contadini nell'Emilia, nel Veneto, in Piemonte, ecc; sementi impedite; bestiame fatto morire di fame; aumenti di mercede sempre superati dagli aumenti dei prezzi. Come si vede il piano ebraico è stato ed è in pieno svolgimento. (...) L'agente maggiore d'Israele per l'attuazione del terribile piano è stata ed è la banca. Invero la banca internazionale ebraica , a mezzo dei suoi complici, ha operato in Italia conformemente alle sue caratteristiche generali; mettendo, cioè, la banca nazionale sotto il dominio dell'alta finanza ebraica internazionale...." (1) Che l'influenza della Giudeo-massoneria sia stata notevole sul "risorgimento" italiano - un vero e proprio 'risorgimento ebraico' come lucidamente evidenzia Carlo Alberto Roncioni (2) - e più vastamente sull'insieme della grande cospirazione anti-tradizionale ed anti-ecclesiastica propria delle cosiddette 'rivoluzioni nazionali' dell'ottocento resta indiscutibilmente una delle lapalissiane verità storiche che si evince anche solo dalla semplice constatazione di chi , fra le diverse classi o categorie sociali, otterrà i maggiori benefici: gli ebrei come gruppo razzial-religioso e i massoni quale organizzazione segreta muoveranno i fili , dietro le quinte, delle attività delle diverse forze (carboneria, Giovane Italia/Giovane Europa d'ispirazione mazzianiana, gruppi studenteschi liberali, formazioni monarchiche 'costituzionaliste' e movimenti socialisteggianti d'ogni risma e latitudine) sovversive 'agenti' quali vettori di disgregazione e disintegrazione dell'ancien regime. La scalata di turbe ebraiche e soggetti appartenenti alla frammassoneria ai principali posti nelle amministrazioni pubbliche, ai vertici della politica e dell'economia, del sistema finanziario-bancario e di quello militare, all'interno delle diverse redazioni della stampa; confermano quest'azione coscientemente svolta - e rivendicata anche più volte ed in ogni occasione - dalle forze giudaico-massoniche contro i simboli dell'Antico Regime pre-unitario (la Chiesa, l'Aristocrazia, la visione tradizionale e la tripartizione dei poteri, procedente dalla visione organicistica dell'epoca medievale, che assegnava la guida e la direzione degli Stati pre-unitari a monarchie riconosciute "per volontà divina"). La ricognizione d'analisi che stavolta riserviamo alla diffusione in Italia di sentimenti anti-giudaici nel primo Novecento, epoca immediatamente precedente all'avvento del Fascismo, deve tener conto di queste premesse storiche e dell'attività di erosione condotta con spregiudicato cinismo e arrivistico opportunismo dagli avvoltoi della cricca giudaico-massonica immediatamente dopo la proclamazione del Regno d'Italia e la sua unità nazionale (1861). Saranno soprattutto qualificati ambienti del mondo cattolico, i padri gesuiti e altre confraternite cristiane, e quelli nazionalisti che , a partire dal 1880 circa, inizieranno un tentativo di reazione dinanzi all'attivismo predatorio esercitato sulla vita sociale e politica nazionale da parte delle forze sovversive. "Con il '900 - scrive in proposito lo storico Renzo De Felice (3) - all'antisemitismo cattolico, o meglio clericale, venne progressivamente affiancandosi quello dei nazionalisti e quello dei sindacalisti rivoluzionari e fascisti. Questo nuovo antisemitismo fu però e rimase di gran lunga inferiora a quello clericale, tributario verso di esso di tutta una serie di argomenti (l'ebreo anticristiano, l'ebreo massone, l'ebreo sanguisuga della ricchezza nazionale, e giù giù nel tempo l'ebreo antinazionale, l'ebreo bolscevico ecc. ecc.)". In quanto 'originario' l'anti-giudaismo cattolico 'contrassegnerà' indiscutibilmente l'epoca oggetto del nostro studio. In quel periodo saranno soprattutto i quotidiani o le riviste cattoliche a sostenere una legittima difesa della dottrina cattolica evidenziando l'esasperante, asfittica, preponderanza dell'elemento ebraico nella vita sociale e politica del nuovo regno "laico" nato dal risorgimento. Scriverà nel numero dell'ultima domenica di settembre del 1885 la rivista "Il Fanfulla della Domenica" che "Gli ebrei (...) stretti in una catena di massoneria religiosa, morale e sociale , non hanno alcuna nazionalità (...) non sono membra del nostro corpo europeo...sono escrescenze, tumori sparsi qua e là ad intoppare la libera circolazione dei nostri umori e delle nostre forze." Sospinti anche dall'affaire Dreyfus , scoppiato oltralpe sul finire del secolo, i circoli cattolici e nazionalisti continuarono i loro attacchi contro la piovra ebraico-massonica che stava soffocando il vivere sociale e la politica italiana. Il quotidiano cattolico "L'Avvenire" del 25 settembre 1899 , in un articolo intitolato "Piccole note", si lanciò in una lunga disamina degli avvenimenti francesi definendo il noto scrittore Elemire Zola - che aveva preso le difese del capitano di origini ebraiche coinvolto in una vicenda di alto tradimento e cospirazione contro la patria - come "il lurido romanziere" e attaccando il quotidiano bolognese "Il Resto del Carlino" - che aveva sostenuto l'innocenza del Dreyfus - bollandolo come "giornale giudaico" non senza ragione (all'epoca direttore responsabile del principale quotidiano felsineo era Amilcare Zamorani di origini israelitiche). Lo stesso organo dei padri gesuiti , "La Civiltà Cattolica", insisteva nello stesso periodo sulla colpevolezza dell'ufficiale francese. Il direttore della rivista cattolica, padre Raffaele Ballerini, sosteneva che Dreyfus si era potuto salvare soltanto perchè "la stampa era in mano agli ebrei, stranieri per spirito ad ogni nazione". Agli inizi del nuovo secolo dunque la questione ebraica era attentamente studiata e posta al centro del dibattito politico e culturale italiano anche dai nuovi organi di stampa nazionalisti che si andavano affiancando a quelli cattolici: "La Lupa" , settimanale diretto da Paolo Orano - che sarà destinato ad avere un ruolo importante anche durante il periodo fascista con la pubblicazione nel 1937 del libro "Gli Ebrei in Italia" - , insisteva sulla vecchia accusa del 'sangue' ovvero sugli omicidi rituali ebraici - di cui si accertarono nuovi casi soprattutto nelle provincie orientali dell'Impero asburgico ed in altre zone dell'Europa Orientale - e sulla vecchia pratica usurocratica dello strozzinaggio e del prestito con interesse esercitata secolarmente dall'elemento giudaico. "La Lupa" sosteneva inoltre una campagna contro la giudaizzazione delle cariche pubbliche arrivando a sostenere, legittimamente e portando diverse statistiche, che "le università sono infestate, a tutto danno di intelligenze vive e libere , da elementi ebraici." (nr. 40 del 1911). Nella stessa epoca Giovanni Preziosi, ancora in abiti talari come missionario dell'Opera Bonomelli, andrà negli Stati Uniti d'America in un'esperienza che lo metterà a contatto diretto con la realtà dell'ebraismo americano di cui traccia sintetici ma comunque non irrilevanti profili nelle sue opere e che avviarono il futuro direttore della "Vita Italiana" alla creazione di una rivista ("La Vita Italiana" nasce come "La Vita Italiana all'estero" nel 1913 per poi assumere il titolo che manterrà per oltre un trentennio due anni dopo). Un altro nazionalista , Giovanni Papini, darà alle stampe una sua "Storia di Cristo" nel 1921 nel quale esalterà il popolo cristiano in contrapposizione a quello ebraico il quale - per la sua colpa originaria (il deicidio) - è costretto in eterno a vagare separato dal resto dell'umanità , senza patria fino alla fine dei tempi. Papini come si ricorderà sarà anche l'autore , durante l'epoca fascista, di un volume , "La leggenda del Gran Rabbino" (1935) nella quale continuerà a sostenere la radicale dicotomia esistente tra cristianità ed ebraismo, tra cristiani ed ebrei. Lo stesso Papini quattro anni prima aveva pubblicato "Gog" , poi ristampato nel 1943, un romanzo nel quale si sostiene i rischi delle derive assimilazioniste e del meticciato razziale. In questa fase 'preparatoria' all'avvento del movimento fascista nell'immediato primo dopoguerra mondiale saranno soprattutto autori ed editori d'ispirazione cattolica e nazionalista a tenere alta la bandiera dell'antigiudaismo in Italia che verrà successivamente ripresa da Giovanni Preziosi e dai suoi collaboratori sulla rivista "La Vita Italiana" (il primo a parlare apertamente di congiura ebraica sarà l'economista Maffeo Pantaleoni, collaboratore del Preziosi ed esperto di problemi monetari). Nel 1921 il volume dei "Protocolli dei Savi Anziani di Sion" - pubblicati originariamenti per la prima volta in Russia nel 1903 su un giornale di destra "Znamja" e editi due anni dopo in volume dal mistico ortodosso Sergeji Nilus - verrà pubblicato in lingua italiana da mons. Umberto Benigni con il titolo "I documenti della conquista ebraica del mondo" sulla rivista "Fede e Ragione" e dallo stesso Preziosi per i titoli de "La Vita Italiana". "Uomini siate e non pecore matte si che di voi , tra voi, 'l giudeo non rida" ci 'ricorda' il Sommo Poeta Dante Alighieri. La Questione ebraica rimane questione centrale della vita politica, sociale, economica, morale, religiosa, culturale e razziale delle nazioni. Tutte.

DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI
Direttore Responsabile Agenzia di Stampa "Islam Italia"



Note - (*) - Il Livi per il 1910 li calcolava in 35.798 Crf. Livio Livi : "Gli ebrei alla luce della statistica: Caratteristiche antropologiche ed individualità etnica" - Libreria della Voce, Firenze. 1 - Giovanni Preziosi - articolo "Gli ebrei nelle amministrazioni dello Stato Italiano nel 1920" da "La Vita Italiana" del 15 Agosto 1922; 2 - si veda di Roncioni "Il potere occulto" - ediz. "Sentinella d'Italia" - Monfalcone (Go) 1974 3 - Renzo De Felice - "Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo" - ediz. "Einaudi" - Torino 1988;

LupaNera
03-06-09, 01:19
ARTHUR SCHOPENAUER - IL MONDO COME VOLONTA' E RAPPRESENTAZIONE



di Dagoberto Husayn Bellucci


« La vita umana è come un pendolo che oscilla incessantemente tra il dolore e la noia,
passando per l'intervallo fugace, e per di più illusorio, del piacere e della gioia. »



Una ricognizione analitica sui grandi pensatori del passato europeo impone un inizio 'magistrale' attraverso la rilettura e uno 'spaccato' della filosofia introspettiva di uno dei massimi filosofi tedeschi dell'Ottocento: Arthur Schopenhauer. Pur non 'disponendo' della 'sufficienti' "basi" (...'occorre' ovviamente la 'laurea' per la 'percezione' rovesciata' dei deambulanti della società contemporanea di massa ...) "necessarie" per un'analisi organica del pensiero di questo gigante della filosofia e sostanzialmente , da sempre, poco 'inclini' a provar 'rispetto' verso il pensiero filosofico in generale - la filosofia di vita d'altronde ha inequivocabilmente 'attirato' da sempre maggiormente la nostra attenzione rispetto a quella 'scarabocchiata' dai 'pensatori' di ogni epoca e di ogni tempo - e rimarcando una nostra accidiosa idiosincrasia nei confronti di tutto ciò che non ha un assoluto rilievo 'politico' possiamo sicuramente ''tentare' anche un prioritario esame , più o meno 'accurato', delle basi del pensiero schopenhaueriano.

Nato a Danzica il 22 febbraio 1788 Schopenhauer sarà un'osservatore attento, seppur distaccato e disincantato (...come , in fondo, dargli 'torto'...), delle vicissitudini della sua epoca e dei comportamenti umani verso i quali non nutrirà particolari dimostrazioni di attaccamento ritirandosi, ben presto, a vita privata, rifiutando la mondanità (lui figlio di un ricco mercante e di una scrittrice) e i contatti umani e aumentando progressivamente una vita di solitudine nella quiete berlinese (dove si trasferirà nel 1811 al termine degli studi terminati a Weimar) prima di raggiungere Francoforte sul Meno dove confermerà abbondantemente la fama di irriducibile misantropo fra i suoi simili preferendo lunghe passeggiate e solitarie letture ai 'salotti' mondani e circondandosi di pochi intimi fra i quali figurerà anche il compositore Richard Wagner.

'Indiscutibilmente' Schopenhauer ci 'piace'....questa alterità aristocratica di un sapere 'coltivato' e centellinato - 'dosato' anche nelle poche, ma fondamentali, opere pubblicate (...'inutile' produrre quantità 'spasmodiche' di pensieri che 'accumulano' solamente 'carta-straccia' da ardere...) - 'riflette' uno 'stile' ed un temperamento dell'uomo di razza di un'epoca andata definitivamente perduta... Altri uomini e altri tempi..

Acuto rappresentatore di un'epoca in trasformazione pur disinteressandosi degli avvenimenti politici che di lì a qualche anno avrebbero scosso i principali stati tedeschi Schopenahuer frequenterà corsi di fisica,matematica,chimica,magnetismo,anatomia e fisiologia prima di laurearsi a Jena nel 1813 con una tesi "Sulla quadruplice radice del principio di ragion sufficiente" premessa all'elaborazione e alla pubblicazione, sette anni più tardi, della sua opera più importante "Il mondo come volontà e rappresentazione" che avrà scarsissimo successo tra i suoi contemporanei e verrà valorizzata solamente un ventennio più tardi.

E' questo uno dei periodi di maggior interesse e di intenso lavoro per Schopenhauer che, oltre a frequentare la galleria d'arte e la biblioteca di Dresda dove si era nel frattempo trasferito dal 1814, comincerà letteralmente a divorare una serie di classici latini (Virgilio, Orazio e Seneca), di classici dell'epoca rinascimentale italiana (studiandosi Macchiavelli) di quelli della letteratura tedesca e , più vastamente, della filosofia di ogni epoca riscoprendo Aristotele, Giordano Bruno, Bacone, Hobbes, Locke, Hume e ovviamente Platone e l'arci-odiato Kant.

Nel 1839 Schopenhauer vincerà un concorso indetto dalla Società delle Scienze di Oslo in Norvegia con un trattato "Sulla libertà del volere umano". Dopo una brevissima parentesi come docente universitario a Berlino, dalla quale fuggirà nel 1831 quando in città scoppierà il colera, dal 1833 deciderà di fermarsi a Francoforte sul Meno dove continuerà una vita di solitudine, rimanendo sempre celibe e dove si spegnerà il 21 settembre 1860 all'età di 72 anni. La sua affermazione arriverà in tarda età, nel 1851, con il volume "Parerga e paralipomena" che - almeno nelle intenzione dell'autore - doveva rappresentare una continuazione ed un completamento de "Il mondo come volontà e rappresentazione" ma che fu accolto dalla critica dell'epoca come un'opera a sè e valse almeno a far conoscere le opere precedenti ad un più vasto pubblico.


Tra le sue opere principali si ricordano la traduzione tedesca dello spagnolo "Oràculo manual y arte de prudencia" di Graciàn (proposto all'editore Brockhaus nel 1828 ma apparsa postuma), "Sulla vista e i colori" (titolo originale: "Über das Sehen und die Farben") del 1816, "Il mondo come volontà e rappresentazione" (titolo originale: "Die Welt als Wille und Vorstellung") pubblicato tra il 1818 e il 1819 e con un secondo volume al quale Schopenhauer si dedicherà venticinque anni più tardi e che sarà pubblicato nel 1844, "Sul volere nella natura" (titolo originale: "Über den Willen in der Natur") del 1836, "Sulla libertà del volere umano" (titolo originale: "Über die Freiheit des menschlichen Willens") pubblicato tre anni più tardi e infine come già ricordato il trattato "Sul fondamento della morale" (titolo originale: "Über die Grundlage der Moral") del 1840 al quale seguirà "Parerga e paralipomena" (titolo originale: "Parerga und Paralipomena") nel 1851 ultimo lavoro del filosofo di Danzica.

Usciranno invece posti i trattati su "L'arte di ottenere ragione", "L'arte di invecchiare", "L'arte di trattare le donne", "L'arte di insultare", "L'arte di conoscere se stessi", "L'arte di essere felici" e "L'arte di farsi rispettare".

Spetaktor
11-06-09, 21:00
ETICA ARIA di Julius Evola


di Dagoberto Husayn Bellucci


"Giù dalla torre
butterei tutti quanti gli artisti
perché le trombe del giudizio suoneranno
per tutti quelli che credono in quello che fanno.
Per gli spartani
una volta era uguale
buttavano giù da una rupe
quelli che venivano male.
Giù dalla torre
butterei tutti quanti i teatranti
e nostra signora dei turchi
specchio delle mie brame, chi è fra noi il più bravo del reame.
E salverei
chi non ha voglia di far niente
e non sa fare niente
chi non ha voglia di far niente.
Giù dalla torre
butterei tutti quanti i registi
gli attori e gli elettrodomestici
per la vigilia della distruzione.
Ritorneranno dinosauri antidiluviani
una razza di super-rettili
che si mangerà scialalalalalà.
I presentatori
specie quelli creativi
che giocano ai quiz elettronici
si mangerà chi fa ma non sa quel che fa.
Si salverà
chi non ha voglia di far niente
e non sa fare niente
che non ha voglia di far niente."

(Franco Battiato - "La Torre" - album "L'arca di Noè" - 1982)






Pubblicati una prima volta tra il 1942-43 nel periodo determinante le sorti
del secondo conflitto mondiale e successivamente ristampati dal Centro Studi
Evoliani di Genova sul finire degli anni settanta i saggi compresi nel
volumetto "Etica Aria" (edizioni curate dalla Libreria Europa e stampate nel
1987) ci offrono una 'miscellanea' senz'altro interessante sul pensiero del
Barone nel periodo di massima produzione e di indubbio valore politico che,
come lucidamente sottolinea nella premessa all'edizione romana in questione il
prof. Renato Del Ponte, dev'essere compreso a cavallo tra l'epoca
immediatamente precedente il conflitto mondiale (autentica "Totalkampf"
rivoluzionaria che ha 'deciso' il destino dell'Europa e dei popoli europei e le
sorti della politica mondiale fino ai giorni nostri affermando la supremazia
statunitense e i diktat sinagogico-sionisti sulla stragrande maggioranza delle
nazioni di tutti i continenti) e i primi anni cinquanta ovvero "il nodo attorno
a cui far ruotare l'insieme del suo pensiero (...) può collocarsi fra il 1937
ed il 1951 , vale a dire fra l'uscita della prima edizione del "Mito del
Sangue" e la seconda edizione riveduta della "Rivolta contro il mondo moderno".
Tuttavia , è forse possibile distinguere un nucleo ulteriore, quello in cui la
purezza della teoria si stempera in un complesso di indicazioni cariche di
riflessioni nel contempo esistenziali ed etiche fra il 1941 ed il 1943, fra
l'uscita di "Sintesi di dottrina della razza", quella della "Dottrina del
risveglio" (Bari, settembre 1943) ed il sinora ignoto articolo redatto nei
primi tempi della R.S.I. "Liberazioni" , del novembre 1943. E' dall'ambito
della feconda produzione di questo essenziale periodo che abbiamo tratto i tre
saggi di questa breve raccolta di "Etica Aria"." (1)

Abbiamo sempre pensato che l'Evola filosofo e studioso della Tradizione ario-
romana e delle tradizioni religiose o spirituali orientali abbia sicuramente
lasciato un'impronta fondamentale nella cultura italiana ed europea al pari del
suo omologo francese Renè Guènon. L'integrazione dello studio delle dottrine
indù, del tantrismo, dello Zen e di altre scuole filosofico-mistiche orientali
con la riscoperta ed il successivo tentativo/approccio di rivitalizzare la
Tradizione Ario-romana (compiuto dal Barone nei primissimi anni dall'avvento
del Fascismo per dare una 'dritta' ed un 'corpo' spirituale - o per essere
esatti un'anima - alla struttura dello Stato dell'ordine e della disciplina
sognato da Mussolini e dal movimento fascista) mediante il Gruppo di Studi di
Ur e la pubblicazione del testo "Imperialismo Pagano" , rappresentano
senz'altro uno dei principali 'lasciti' culturali del pensiero evoliano
destinati ad influenzare e preparare le future generazioni di quella schiera di
"uomini differenziati", "di altra razza", che Evola bramava di veder ritornare
a dirigere le sorti ed i destini dell'italica nazione...

Per ciò che invece concerne l'Evola pensatore-politico dobbiamo invece
ammettere che vi sono ancora parecchie 'zone d'ombra' ...un percorso ancora da
'decifrare': se la continuità ideale "Rivolta contro il mondo moderno"/"
Cavalcare la tigre"/"La disintegrazione del sistema" di frediana memoria/
"Stato e Sistema" di Maurizio Lattanzio rappresentano per noi un'assoluto
'catechismo' basilare per la formazione di soldati-politici 'coscienti' della
loro funzione e del loro ruolo di continuatori-trasmettitori di valori
impersonali destinati a rimanere in eterno ('consegne' di vita e 'esempi
scrittorii' assoluti di riferimento per chi , partendo dai valori del mondo
della Tradizione, volesse 'affrontare' sufficientemente 'preparato' il gelido
camminamento dell'attualità nichilistica) ; restano da considerare talune
'derive' o quantomeno alcune "direzioni" politiche assai discutibili
dell'ultimo periodo (Evola come si ricorderà scomparirà nella metà dei
settanta) comprese alcune dichiarazioni 'positive' rispetto all'emporio
criminale sionista occupante la Terrasanta palestinese alias "stato d'Israele"
del quale il filosofo della romanità ha tessuto le 'lodi' quale "organizzazione
statal-militare"...

Tant'è Evola rimane un pensatore assoluto per quanto concerne i valori del
mondo della Tradizione ed un imprescindibile punto di riferimento per le nuove
(e pure le 'vecchie') generazioni in particolar modo per quanto riguarda la
lungimiranza della visione aristocratico-tradizionale (...noi non siamo "nobili
decaduti" - come ci ha 'insegnato' una 'vita' fa il soldato-politico Maurizio
Lattanzio - ma casomai "aristocratici della decadenza" ...che è tutt'altra
'cosa'...) dello Stato che in Evola risulta coerente e conforme ad una
particolare concezione organica della vita, dell'uomo e della sua
organizzazione sociale.

"Evola - scrive Gennaro Malgeri (2) - al problema dello Stato e della crisi
del politico ha dedicato più d'una riflessione tanto in questo dopoguerra
quanto - e con maggiore incisività - negli anni Trenta, sembrandogli che la
nuova scienza dello Stato stesse per fare finalmente giustizia del manicheismo
che aveva imprigionato la coscienza politica europea. Nel momento di massimo
trionfo dei movimenti nazionali tra le due guerre, Evola, con la consueta
lungimiranza prese a riflettere sulla caduta dell'idea di Stato il cui
momentaneo arresto non doveva assolutamente offrire illusioni sull'avvenire dal
momento che comunque continuava a restare in piedi, non soltanto nell'ambito
della scienza giuridica, una concezione del mondo che alla cosiddetta nuova
scienza dello Stato prima o poi avrebbe dato il colpo di grazia.(...)
L'obiettivo della nuova scienza dello Stato- al quale tanto Evola che
Costamagna diedero un originale apporto teorico - era il "bene comune" , idea
impugnata dall'interpretazione individualistica, confusa con l'idea della
felicità e dell'utilità , disciolta nella valutazione atomica e aritmetica
degli interessi dei singoli. (...) Per Evola, sgombrato il campo dalle varie
concezioni positiviste, economicistiche, razionalistiche e definito il "mondo
organico" come "un mondo nel quale ogni essere e ogni attività aveva il posto
che gli spettava e manteneva così la propria qualità specifica e la propria
funzione relativamente indipendente nell'ordine del tutto", sostiene che il
tipo di "organizzazione" che discende dall'ideale organico e che miri ad
un'unità avente per elementi gli uomini , "dovrà più o meno riprodurre quegli
stessi rapporti gerarchici , che definiscono la stessa entità umana, che non
sono indeterminati e generici, ma precisi, palesandosi nella distinzione e
simultanea coordinazione di quattro potenze: la potenza della vitalità pura, la
potenza dell'economia organica generale (...), la potenza della volontà, la
potenza dello spirito." (2)

Per 'introdurre' il lettore ai saggi di "Etica Aria" ( i quali spaziano da
considerazioni sulla subpersonalità bolscevica alla mistica combattente
giapponese , dalla 'devotio' ario-romana all'interessante serie di ricognizioni
d'analisi sul "diritto sulla vita" che Evola risolve partendo dalla formula
latina "jus vitae necisque" che equivale alla potestà di accettazione
dell'esistenza umana ovvero di porre fine volontariamente ad essa e che - al di
là di considerazioni d'ordine morale , proprie del resto della visione
monoteistica ebraico-cristiano-islamica - secondo l'autore devono procedere da
una considerazione essenziale ovvero la 'disponibilità' di accampare 'diritti'
su ciò che realmente si possiede sottolineando che "il diritto di por fine alla
propria vita è quindi condizionato dalla misura in cui questa vita possa esser
detta davvero "mia"." ....lasciamo ai lettori di addentrarsi nell'analisi
evoliana...) crediamo necessario sottolineare la lucidità e la giustezza
d'analisi con le quali Evola , una volta di più, sottolinea l'imprescindibile
'obbligo' per l'uomo di 'razza' di rimanere "fedele alla propria natura".

E' questo il titolo dell'ultimo saggio che compare nell'edizione romana e che
andremo ad analizzare. Scrive Evola: "Oggi quanto mai bisognerebbe persuadersi,
che anche i problemi sociali, nell'essenza, rimandano sempre a problemi etici e
di visione generale della vita. Chi pensa di risolvere i problemi sociali su di
un piano puramente tecnico, rassomiglierebbe ad un medico che s'intendesse
unicamente a combattere i sintomi epidermici di un male , invece di indagare e
colpirne la radice profonda. La gran parte delle crisi, dei disordini, delle
disequazioni che caratterizzano la società occidentale moderna se, in parte,
dipendono da fattori materiali, almeno in egual misura dipendono anche dal
silenzioso sostituirsi di una visione generale della vita ad un'altra, da una
nuova attitudine rispetto a se stessi e al proprio destino, che è stata
celebrata come una conquista, laddove essa rappresenta una deviazione e una
degenerescenza."

Evola intende soffermarsi sulla dicotomia radicale che oppone la visione
moderna, l'etica attivistico-compulsoria della modernità, dell'uomo moderno e
dei suoi ritmi di vita 'frenetici' (...l'agitazione del nulla per il nulla in
uno spazio senza tempo nè fine che ci 'ricorda' - tra le tanti possibili
metafore contemporanee - i raduni 'orgiastico-psichedelici' all'ombra di
'stupefacenti' chimici definiti comunemente dall'opinione pubblica sistemica
con il termine di 'rave-party'... lo 'sballo' del sabato sera elevato a
potenza...il rincoglionimento di massa per vivere 'attimi' di puro dominio
estatico...sottomessi ad 'influenze' 'altre'....) alla dottrina tradizionale ed
aria relativa alla "propria natura".

"In tutte le civiltà tradizionali - in quelle che la vuota presunzione
"storicistica" considera "superate" e che l'ideologia massonica giudica
"oscurantistiche" - il principio di una fondamentale uguaglianza della natura
umana fu sempre ignorato e fu considerato come una visibile aberrazione. Ogni
essere ha, con la nascita, una "natura propria", il che equivale a dire, un suo
volto, una sua qualità, una sua personalità, anche se più o meno
differenziata.".

Niente da 'eccepire': l'egualitarismo di settecentesca e illuministica
'memoria' è il 'progenitore' della visione materialista e comunista del mondo:
livellamento verso il basso, normalizzazione tecnicistico-scientistica,
omologazione di massa che conduce inevitabilmente alla soppressione delle
migliori virtù individuali e infine all'One World, mondo 'rovesciato'
dell'effimero e dell'ibrido meticciamento - anche 'razziale' - con la
disintegrazione di qualsivoglia scala di valori e l'annullamento di una
meritocrazia sconosciuta alla concezione moderna tanto a quella di stampo
marxista quanto a quella d'ispirazione liberal-democratica... E' il melting-pot
(la società massificata della reductio ad unuum) il modello di riferimento
della modernità e l'obiettivo degli apprendisti stregoni dei laboratori sociali
del Sistema mondialista.

Il "restare fedeli alla propria natura" appartiene invece alla Tradizione.
"Il cardine dell'etica tradizionale - prosegue Evola - è esser sè e restar
fedeli a se stessi. Ciò che si "è" , bisogna riconoscerlo e volerlo, anzichè
cercar di realizzarsi diversi a quel che si è. Ciò non significa per nulla
passività e quietismo. Esser se stessi è sempre, in una certa misura, un
compito, un "tener fermo". Implica una forza, una drittura, uno sviluppo. Ma
questa forza, questa drittura, questo sviluppo, qui hanno una base, prolungano
disposizioni innate, si legano ad un carattere, manifestano tratti di armonia,
di coerenza con se stessi, di organicità."

Molto meglio dunque, secondo l'etica tradizionale del restare fedeli alla
propria natura, un commerciante o un artigiano che riconoscono in se doti
commerciali o artigianali di un soldato affatto preparato ad affrontare la vita
militare; sicuramente più nobile un contadino che sappia riconoscere le proprie
virtù e 'coltivarle' - di generazione in generazione trasmettendo peraltro
'segreti' di un lavoro a contatto con la natura che è anche 'scienza' della
vita e dei suoi cicli - che un re o un nobile privo di qualsivoglia doti
aristocratiche, dissoluto o incerto, inattendibile e irresponsabile che
condurrebbe inesorabilmente alla rovina il paese, il popolo e/o lo Stato che si
troverebbe a dirigere.

"Nel riconoscere la propria natura, l'uomo tradizionale riconosceva anche il
suo "luogo" , la propria funzione e i giusti rapporti di superiorità e di
inferiorità. Le caste, o gli equivalenti delle caste, in via di principio,
prima di definire dei gruppi sociali, definivano delle funzioni, dei modi
tipici di essere e di agire. Il fatto della corrispondenza delle tendenze
innate ed accettate e della natura propria dei singoli a queste funzioni
determinava l'appartenenza alla casta corrispondente, di modo che nei doveri
propri alla sua casta ognuno poteva riconoscere l'esplicazione normale della
sua stessa natura."

La controparte etica del rimanere fedeli alla propria natura - come scrive
Evola - è anche, soprattutto, il ridurre al minimo la possibilità che la
nascita sia realmente 'casuale'. Un tempo essere di un certo lignaggio -
nascere nobili, far parte di una aristocrazia - rappresentava una conquista ed
insieme un onore ai quali corrispondevano doveri e diritti precisi. Tanto più
si era aristocratici quanto più aumentavano responsabilità e doveri. Era , anzi
trattavasi, di questione di 'stile' e di 'razza' l'appartenenza ad una data
casta, ad una data nobiltà. In particolar modo si può considerare
l'appartenenza ad una data casta come il risultato di innate doti, di
temperamento, carattere, di virtù proprie dell'uomo di 'razza', di elementi
superiori di una comunità, dei meritevoli e di chi si era distinto dal resto
della popolazione aderendo ad una visione del mondo metastorica e seguendo i
propri elementari istinti.

La superiorità dell'uomo in ordine con i principii tradizionali è data
dall'accettazione della propria natura, dal restare fedeli a se stessi e alla
propria inclinazione naturale.
"Il mondo moderno - scrive però Evola - , tuttavia, di massima, ha seguito
proprio la via opposta, la via di una sistematica trascuranza della natura
propria, la via dell'individualismo, dell'"attivismo" e dell'arrivismo.
L'ideale qui non è più l'esser quel che si è , bensì il "costruirsi" ,
l'applicarsi ad ogni specie di attività, a caso, ovvero per considerazioni
affatto utilitarie. Non più attuare in seria aderenza, fedeltà e purità, il
proprio essere, bensì usare ogni forza per divenire quel che non si è.".

D'altronde parliamo del 'regno' della materia per eccellenza. Di una società
moderna che ha innalzato quali valori l'individualismo sfrenato, l'arrivismo
più 'avvoltoico', l'iper-compulsoria attività contorta dell'uomo-massificato
contemporaneo alla vana ricerca di un qualcosa che non sa nè riesce più a
riconoscere.

"L'individualismo, essendo a base di una tale veduta, cioè l'uomo atomizzato,
senza nome, senza razza e senza tradizione, si è avanzata logicamente la
pretesa dell'eguaglianza...". Il mondo moderno ha 'rovesciato' la percezione
dell'uomo di se stesso , liberando ogni sorta di pulsioni verso il basso, verso
la materia, tendendo ad escludere ovviamente qualunque riconoscimento di una
sfera 'spirituale' ed emozionale a vantaggio di un crogiuolo sensistico-
materialista che è la risultante di un meticciamento tra il lato scientifico e
tecnico della modernità e l'affermazione, 'dilatazione', di "intemperie"
emotivo-passionali (tellurico-lunari manifestazioni del nulla) che hanno reso
l'individuo moderno una facile preda per qualsivoglia 'etats d'esprit' , stati
dell'animo, dei quali le differenti correnti spiritistico-occultistiche, la
'moda' della religiosità "new age" e le derive sataniste sono nient'altro che
le manifestazioni ultime.

"A questa opposizione fondamentale in tema di etica e di visione generale
della vita - conclude Evola - dovrebbero badare, in maggior misura di quanto
finora accada, coloro che oggi si occupano di problemi sociali e parlano di
"giustizia sociale", se essi debbono veramente venire a capo dei mali contro
cui in buona fede combattono."

'Talvolta' , 'spesso' in questo scorcio di ciclo cosmico 'terminale', occorre
'risolvere' il male, estirpandolo, alla radice... per evitare 'contagi'
dannosi.


Nella contorta e deficiente società massificata moderna esistono una serie
indescrivibile di soggetti (...maschili quanto femmilili...) 'sfuggenti',
irresponsabili di se stessi e della loro stessa vita, insufficienti a se stessi
e agli altri. Gli uomini-massa contemporanei sono "pecore matte" belanti nel
cortile sistemico della contemporaneità rovesciata: riflettono 'stili' di vita
'contrari', opposti, ai principii tradizionali. Rappresentano la quintessenza
della decadenza e assurgono ai massimi livelli di demenzialità(...'record' di
idiozia frantumati oramai quotidianamente...) propri di una serie di
'mancanze' 'basilari' e di 'devianze' ontologico-caratteriali...

Auspichiamo a questo punto la 'lettura' dello scritto evoliano e,
soprattutto, una sua 'adeguata' metabolizzazione...


DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI

Direttore Responsabile Agenzia di Stampa "Islam Italia"

Note -


1 - Renato Del Ponte - Premessa alla seconda edizione di "Etica Aria" - ediz.
"Europa" - Roma 1987;

2 - Gennaro Malgeri - "Modernità e Tradizione - Aspetti del pensiero
evoliano" - ediz. "Settimo Sigillo" - Roma 1987;

Spetaktor
12-06-09, 21:42
BRITNEY SPEARS - ELOG OF NOTHINGadminDagoberto of Husayn Bellucci) “… and how many beautiful singers of presence that would be better to make the company …” (Franco Battiato - “Music is tired” - album “Lost Horizons” - 1983)
“Women do not have hardly anything to say but say it in a way so delicious”
(Oscar Wilde - Aforismi) “I love women, especially women girls who do not understand anything I want the good ones also the same idiot …” (Luca Carboni - “loving women” - album “… Meanwhile, Dustin Hoffman and not a mistake film - 1984)

The company reversed contemporary ‘living’ and mode of consumption, cultural models of reference and ‘mild’ baked in large quantities by the film, music and television. These are products of ‘nothing’ that is, for millions of teen-ager’s (Anglo-Saxon term that has replaced the system among the Italic “teenagers”), the main points of reference ed’imitazione. Actors, actresses, singers and all that is’ spread ‘from the “magic scatolotto aliases television (tissues, VELETTE, letterine, presenters, presenters, comedians, dancers, Cazzaro of every gender and’ race ‘) are the new idols of a youth depauperizzata of values and ideals for which the mental alienation becomes a constant and a daily ‘fascinating’. Systems in a systematic gripping the younger generation that is the role played by the models of reference proposed by the mass media took a major way for even those who tomorrow will be the behavior, customs, consumption, and especially the way of thinking and to act accordingly subject of future ambulatory dell’effimero company in next future.

Analyzing the contemporary ‘contorta’ of modernity is the most interesting to ‘writer’ who happen - nell’attraversamento cycle terminal this black Kali Yuga or Iron Age as it were, the absolute desecration and total reversal of all values - it intends to ‘confront’ face to face with reality and, if ‘properly’ prepared wished ‘live’ scans the space-time fast-paced and exciting ‘fury’ nichilistica.

E ‘un’ exercise ‘dangerous (… “remain standing among the ruins” …) but still’ fit ‘as “training” “psycho-physical aptitude’ for the training of soldiers and political ‘aware’ of this and its’ pitfalls’. So the music …. With its myths and its function alienator / approval.

We have already had occasion, on other occasions, the ‘practice’ on the review of music albums or ‘prose’ analytical-articolistica compositions of us authors’ dear ‘: Franco Battiato, Piero Ciampi, Luca Carboni, Tiziano Ferro, Fabrizio De Andrè, Francesco De Gregori, Guccini ei Nomadi … today we will talk instead of Britney Spears, a decade on the ‘crest of the’ music world with ups and downs, marriages’ out ‘(… the’ offer ‘happy’ s Accession to shi’ismo … you ‘find’ ‘good’ …) true and false, drug problems, expectations of ‘prolistico’, fall and impact of ’style’, returns to a large dusting on stage, a critical Iosa suspected chili of ‘too’ (… just ‘bad’ … it ‘like’ false-thin ..) the whole ’surrounded’ by an image that makes it absolutely one of the ‘reginette’ undisputed pop music …

The set of mundane events-gossippistici the ’sbracate’ and ’smutandamenti’, the inordinate ‘leaks’ compulsorio and activity of the’ character ‘are obviously part of a’ Britney fenomento ‘(… the’ trash ‘like’ condition ‘of life …) to which they must join a musical production of quint’ordine and seventh level, and an irresistible transformism that follow - more or less’ faithful’ to wake - and perpetuate the model of the eighties Madonna maximum archetype of female vanity and ambition modern seduction and sex appeal ’soft-gay’ for all ‘flavors’ of’ transgression ” stage ‘and the fiction film that transformed the Italian-American Maria Veronica Ciccone in a mix ‘explosion’ of elegance and rudeness, ranging from a youthful sexuality ‘rockeggiante’ set to ’style’ to a new age spirituality kosher-which was mentioned in chronicles often mundane or fashion magazines and music. Madonna unquestionably an ‘incomparable’. Britney in the footsteps of a ‘giant’ …

But we try to ’sum’ from ‘prehistory’ of the phenomenon of music - for ‘convention’ - call it “rock” and which, like it or not, is also the strand-pop that has had so much success starting from the eighties . To understand this phenomenon because “Britney” should be ’start’ by fundamental or, to be more exact, to analyze the historical development that in half a century has marked the film industry, the production of music and especially of ‘myths’ and his gait steady as the central reference model for contemporary societies.

This means we need to tell the story of the ‘deviation’ system operated through the ‘disarray’ generation product by inclusion in modern societies by rock music and its protagonists: from Elvis Presley in the fifties to the Beatles and Rolling Stones in the next decade through the punk hard-core (and more largely all music ‘politicized contestatario’-time) In the Septuagint up to explosion of British pop with Duran Duran or Spandau Ballet in the eighties.

E ‘un’ fil-rouge ‘which, in a straight line, leads us to the present day and conclusively as’ target’ always privileged youth. The ‘end’ of systemic models have leaked from the musical, since the second half of the fifties until today, is the change, transformation and depravity fashions, customs, attitudes, mental and behavioral generations of young people. The music industry, more than any other, ’seeks’ to young people …
“While approaching the end of the twentieth century - wrote Piero Mantero (1) -, grows ever more impressive use of music, especially among the younger generations. Radio, TV, video-clips, literally bombard the ether and the organs of hearing and visual listeners of musical notes. The boom has added video to the sounds that the image illustrates. (…) We are now familiar (el’assuefazione can be dangerous) to feel in the midst of pleasant musical and poetic interpretations, or unbridled obsessive rhythms, provocative images to look around, sometimes covered with purely demential implications. ”

We ‘let’ to highlight what influence is exerted in a uniform way among the young and less young, dall’assidua view of television music programs … “MTV” and “All Music” is’ contesting ‘the audience for years among adolescents and children … we are we too ‘distracted’ regulars …
Statements of ‘professionals’, producers and artists of contemporary world music’ show ‘more than any’ ciancio ‘as possible has been the influence of rock music on society and on the habits of the’ sheep matte ‘of modernity: “Pat Boone in The Roots of Rock’n'Roll, writes:” No one can say that the influence of rock’n'roll has been healthy and successful! It is like a flute player, a magician corrupted, leading a whole generation with its self-destruction. ” (…) The magazine “Rolling Stones” in particular states: “The rock is more than music, is the nerve center of a new culture ed’una youth revolution.” George Harrison, former member of the Beatles, said: “Music is the main interest of modern youth. Does not matter that the old did not listen, because in any case they are finished.. ” Graham Nash says in turn: “The pop music is a means of communication that affects the thinking of people that listen. I also believe that the musicians through the music, enjoy a great advantage. We could lead the world … we have at our disposal the necessary power. “. (…) Mick Jagger, Rolling Stones, which is nicknamed the ‘Lucifer rock’ declares: “We always work to direct the thought and the will of the people and most groups are equally” (see the “Beggars Banquet). In his best-seller ‘Do It’ (Do), the anarchist Jerry Rubin, writes: “Elvis has awakened our bodies, changing them completely, strongly penetrated inside of our bodies, the pace trascinante raised all the passions which were rejected and retained. The back seat of a car was the scene of the sexual revolution, while the car radio was used as a medium for this subversion. The rock marked the beginning of the revolution. We have gathered together a new political life as a psychedelic lifestyle. Our way of life, our acid freak our clothes, our rock music, here’s the real revolution. “(2)
This is not the ‘home’ or the time to analyze the specific influence of the explosive pop-rock a half century ago, its role as a subversive agent and instrument of destabilization of society, beginning with the U.S. and landed in those of Eastern Europe in the West first and then once ’shot down’ the wall ‘Communist’ Socialist ‘real’, because - in passing - we have already employed around the phenomenon of subliminal messages in music and their ‘Work’ on the human psyche. They are the preferred analysis of authoritative Catholic who, for years, working on this’ space ‘also produces’ effective’ documentation about the ‘risks’ produced by certain musical productions.

Some ‘gaps’, unfortunately only partly filled by the journalist (3), it would be necessary to fill especially with regard to many authors of the Italian music’ unexpected ‘or alleged’ such ‘(in regard Mauritius Lattanzio had already opened a’ front ’s investigation ‘years ago on the monthly “Vanguard” taking care of’ musical diversion ‘represented by’ mysticism sulphurous’ Franco Battiato … you ’see’ the article “Messages Sulfurea” nr published in the February 1993 monthly Trapani) …

We ‘find’ just a sequence subversive indisputable that from ‘delirium’ in American society produced by the phenomenon Presley (no subject … however nothing ‘Aryan’ …) in the fifties, has characterized the involvement of pop-rock music in the world turning modern rhythms and habits. The ‘target’ of these privileged ‘attention’ as seen subversive are adolescents … remember the scenes of collective hysteria of his concerts in America Elvis or the Beatles and Rolling Stones in England? These ’suggestions’ by mass were’ metabolizing ‘in subsequent decades, largely through the dissemination of media especially through television, entering the homes of millions of workers, ended up becoming the means par excellence of conditions habituation to the models’ cultural ‘overturned demential fashion, consumer products often useless and unnecessary purchases because “fashion”.

In this regard it would be impossible not to say a few words the influence exerted by the advertising for which often were subliminal messages conveyed industrial primordial attempts to mind control then also passed to the music and film.

Violation of consciousness through the subliminal messages is a reality that the psychiatrist Jean Paul Regimbal has studied and analyzed for years coming to give a clear enough to be able to openly talk about ideas’ dangerous’ even though obvious attempts to exploit / control human minds, “for more than thirty years - writes Regimbal (4) - a powerful revolution has taken shape without political parties, no election speeches, and even without an ideological manifesto setting out the aims and objectives of the new revolutionaries. For the first time in history, a profound social revolution, economic, moral and cultural chose to proclaim his radicalism through music, songs and groups “stars” of rock’n'roll. In the beginning everything was not taken seriously, because all s’immaginavano it would be more in fashion, which would have ended as they were finished, the charleston, the boogie-woogie and the twist. However, the socio-cultural phenomenon of rock’n'roll, appeared at the beginning of the’50s, it spread to the world as a wave of bottom mixed with mud, debris, blood and human sacrifices. Thirty years later the rock music has evolved to become the most powerful bodies of revolution, the minds and hearts ever come out from the bowels of hell. ”

Without using a similar ‘tone’ in demonizzante critique of modern music (…. Of which we are also ‘large’ ‘consumers’ …) we note, however, as it was relatively easy to’ drop ‘the age of the’ users’ of the message pop-rock over the years: If the Beatles and Rolling Stones (but also, in times of ‘disputes” global ‘, the jew aka Bob Dylan Robert Allen Zimmerman, Joan Baez, Janis Joplin, not to mention the’ cursed ‘Jim Morrison, whose tomb is still preferred destination of ‘pilgrimages’ … the’ rock ‘as’ inverted religion’ …) ‘attracted’ twenties in fact the mass rallies that resembled a real function ‘liturgical’ of opposite sign (marked by orgiastic rites and embraces the light of day under the influence of hallucinogenic substances, drugs and alcohol) since the early eighties groups’ pop ‘the most successful (Duran Duran, Spandau Ballet, the same Madonna) directed their message to fifteen years’ ecstatic’ (… remember the significance of a film entitled “marry Simon Le Bon” …) will be the “spice revolution” of the nineties that the ‘target’ user is lowered further: Spice Girls, Christina Aguilera, Britney Spears as models reference for young girls of ten to twelve years …

Unavoidable then the ‘implications’ are produced by a similar’ education ‘which aims at the end of childhood / adolescence first to communicate to certain negative values’ crescituri’ … The results are, moreover, there for all to show how abundantly ‘ chronicles’ daily from any corner of the peninsula Italiot … as we ‘try’ to ‘apply’ to ourselves the lessons lattanziani (…. The second Grand Gascon of Peoples there is a real “slang male terrorism” against women who taking / holding in / adoption of a frasario that the “fair sex” is simplistic and superficial ‘felt’ in terms of “slut”, “slut” and the like …. actually it is’ recognized ‘in the fear that of ‘confrontation’ with the women’s modern world …. ‘upper’ and ‘opposite’ to that of men … the rest live in the “female society” par excellence where the “be” wherever he is known to replaced the ‘have’ as a goal priority while the Spirit has overlapping and imposing de facto the most raw materials … companies’ reversed ‘Mass …) we note a general “imputtanimento” mass …

In fact, ’say’ to Britney Spears … the ‘reginetta pop’ world we ‘like’ because it represents and embodies a generation ‘worthy’ of these modern times: the generation ‘latest’ …. The void. And one can not say that it is a “stupid” (… we have never ‘thought’ … even when ‘rookie’ a decade ago, it ‘attitude’, while ‘Given the age’, with the teenager in the video for “Baby one more time “…) when ten-year career, from 1998 to date, has sold over 84 million records worldwide of which 31 million in the United States alone by placing eighth among women who have sold more in history the U.S. pop music market.
“In early 1999 he published his first album,” … Baby One More Time “, that only the United States has been awarded 14 platinum discs, and has sold 27 million copies worldwide.

The fame of the singer was consecrated by an appearance on the cover dell’importantissima music magazine “Rolling Stones”, in April 1999.
The picture unleashed some controversy and prompted the idea (also denied by its representatives) that the singer, then 17enne, had undergone plastic surgery operations to seno.In estate left by his first tour, the “… Baby One More Time Tour “. In December, he received four awards from Billboard, including that of “Female Artist of the Year”, and in January of 2000 he was awarded best pop artist rock newcomer to American Music Awards.

Also had two nominations for Grammy Awards of 2000, as Best New Artist, best emerging artist (won by Christina Aguilera), and Best Female Pop Vocal Performance for the single “… Baby One More Time” but did not collect victories. ” (6)

From that point on, it was a “ride” the triumphant success, for success, success of the female icon for the Third Millennium … six albums (including the last “Circus”, published December 2 last year, has established a record of almost absolute copies sold globally … to have a ‘vague’ idea of success dell’attesissimo album Return of the “entanto prodigy” of American pop music is enough to know that in a week from the album will reach half a million copies sold in the States, that there will be similar success in Europe where “Circus” reached in a few days after publishing the European summit of the European Top 100 Albums being the best selling of the Old Continent and that 27 of the same month d ‘output will be in first place in the ranking of global sales the United World Chart. At that time had only sold 1,104,343 copies in the U.S. …. a’ machine ‘industrial’ war ‘winning and perfectly tested …), dozens of individual , many fortunatissimi video, world tour, a series of perfumes’ trend ‘, gossippistiche appearances on major newspapers and magazines (which makes Britney, along with Madonna and Paris Hilton, one of the richest women and envied of America) even a video game on her and many “attempts to imitate” (… ‘almost’ one Week Enigmistica “pop music …).
We Britney ‘like’ … if only because s’ha ‘giocarsela’ ‘good’ in world ‘upside down’ of modern music … great to recover from any ‘trauma’ family by separation, loans’ prolistici ‘complex problems with alcohol and anything ‘propionate’ from the “star-system” of hooliwoodiana memory.

‘Play’ with its image in an unequivocally ‘great’ from true ‘faemina maximae’
Why Britney Spears? …. Why not?
The analytical survey on the company upside down mass contemporary ‘deserves’ a place of excellence also disruptive’ eccentricity ‘vulgar-glamor of Britney Spears will … why do some’ Kameraden ‘well thought of’ take up ‘even a virtual party (BNP Britney National Party …. ‘winning’ in the recent past elections Politicaonline also say ‘mostly’, thanks to the charming candidate ‘premier’ forumistico … Lupa Black uber alles) … is because if such a political party shall submit to elections’ real ‘(… and if not granted that they are …) would be extremely’ compliant ‘compared to the chasm of ideas that’ mark ‘the programs of parties and candidates’ serious’ policy will be Italiot … why - until’ time ‘candidates - we will even “revolutionary catechism” of anarchy-Marxist Sergeij Neçhaev … In ‘bottom’ are quite Oscar Wilde when he says to “believe in everything, provided it is sufficiently unbelievable” …. Britney Spears is amazing enough!

In ‘Waiting’ for a reconnaissance analysis of the revolutionary fury Neçhaev ‘follow’ with the blonde disincatato interest of the Pussycat Doll’s.

Spetaktor
14-06-09, 19:03
HEIL AHMADINEJAD!


di Dagoberto Husayn Bellucci


"L'Occidente è la democrazia e la democrazia è anarchia. Non vogliamo saperne
niente dell'Occidente e della sua anarchia"

(Ayatollah Sayyed al Musawi al Khomeini - Fondatore della Repubblica Islamica
dell'Iran e Guida Suprema della Rivoluzione Islamica)


Il voto iraniano, svoltosi regolarmente nella giornata di venerdì scorso a
Teheran e nelle altre città del paese, ha confermato una schiacciante vittoria
del presidente in carica Mahmoud Ahmadinejad e del fronte conservatore al
potere dall'estate 2005.

Con una prova di forza assoluta il Presidente ha trionfato sugli altri
candidati aggiudicandosi , secondo quanto riportato dal Ministero degli
Interni, un totale di 19.761.433 voti pari al 62.6% dei consensi tra gli
elettori chiamati alle urne.

Un voto storico che ha visto una massiccia partecipazione popolare pari a
circa l'85% degli aventi diritto; la più alta dall'instaurazione della
Repubblica Islamica dell'Iran - forma 'scolpita' di totalità organica perfetta
e sublime 'apparizione' ierofanica di "Stato Tradizionale" nel XXmo secolo - ,
nata trent'anni fa per volere del popolo iraniano e sotto la guida dell'Imam
Khomeini (che Dio lo abbia in gloria).

Agli altri candidati 'briciole' o, per essere esatti, i restanti voti: il
33,7% a Mir Hossein Mousavi , rappresentante e candidato del fronte cosiddetto
'riformista', il 2% all'ex comandante dei Basij-Pasdaran (i Guardiani della
Rivoluzione) , dr. Mohsen Rezai e ancor più staccato l'ex presidente della
Camera (Majlis) Mehdi Karroubi che ha totalizzato lo 0,9% delle preferenze.

Una vittoria attesa e ampiamente pronosticata quella di Mahmoud Ahmadinejad
secondo il quale il voto ha confermato la validità e solidità delle istituzioni
iraniane, l'alto livello di responsabile 'disciplina' politica del popolo e
l'insindacabile esattezza del percorso fino ad oggi perseguito dal suo Governo
contro tutto e tutti, nemici interni ed esterni, pressioni internazionali e
minacce americane e sioniste. Ahmadinejad ha definito l'esito del voto iraniano
come l'ennesima prova di maturità del popolo iraniano: "quasi quaranta milioni
di persone hanno partecipato a libere elezioni, hanno superato un grande test
democratico di fronte al mondo e hanno scelto il cammino del risveglio ,
l'orgoglio e la dignità" rifiutando i diktat della comunità internazionale, le
provocazioni degli agenti contro-rivoluzionari (...siano sunniti, wahabiti,
curdi, azeri, baluchi o rinnegati sciiti ...) ed il ricatto del terrorismo che
ha colpito, duramente, anche questa consultazione elettorale provocando venti
giorni fa la strage di Zahedan ai confini con il Pakistan.

Ahmadinejad sfidando ripetutamente la cosiddetta "comunità internazionale"
sull'affaire nucleare ha dimostrato al mondo che Teheran non arretrerà di un
millimetro per quanto concerne i propri interessi nazionali. Anche
immediatamente dopo l'esito del voto di venerdì Ahmadinejad ha ribadito che la
questione del nucleare iraniano "appartiene al passato" confermando così che
non ci sarà alcun cambiamento di rotta nella politica nucleare iraniana durante
il suo secondo mandato nè, onestamente, si capirebbe cosa ci sia o ci debba
essere da 'cambiare' considerando che Teheran ha sempre sostenuto il carattere
pacifico delle sue installazioni e degli esperimenti sinora effettuati nella
ricerca nucleare collaborando a più riprese con l'AIEA , l'Agenzia
Internazionale per l'Energia Atomica, in tutte le sedi e forme ritenute
opportune, aprendo i suoi stabilimenti agli ispettori inviati da Vienna e dando
il massimo delle garanzie per ciò che concerne l'uso pacifico.
Andassero a Dimona, nel deserto del Neghev occupato dai sionisti, a
'ispezionare'....
In merito alla questione delle reiterate e fondate, legittime e opportune
dichiarazioni del Presidente iraniano sulla farsa olocaustica, alias il mito
del preteso sterminio di sei milioni di soggetti giudei durante la seconda
guerra mondiale, Ahmadinejad ha sempre confermato la necessità di un processo
di revisione storica al fine di giungere ad un accertamento della verità e
perciò si è andato attirandosi le ire del Sistema giudaico-mondialista e quelle
dei mass media filo-sionisti - tutti, nel cuore dell'Occidente plutocratico,
controllati dalle centrali di propaganda e disinformazione di Washington e Tel
Aviv - ; 'garantendosi' l'appellativo "sistemico" e "diffamante" di "nuovo
Hitler" del Vicino Oriente.
Premesso che il Presidente ha le idee chiare e ha dimostrato sovente di
disinteressarsi delle critiche provenienti dai giullari giornalistico-
opinionistici della grande stampa mondiale e dei netwoork televisivi ;
riteniamo assolutamente insindacabile quanto fino ad oggi sostenuto in merito
alla "leggenda" olocaustica e irrilevanti e sostanzialmente inutili le
'petulanti' lamentazioni falso-scandalizzate e finto-piagnone delle pecore
matte della contemporaneità rovesciata e contorta.
Il Presidente non si discute! Il Presidente è il Presidente! Il 'resto' sono
'ciance' sioniste.
Nel frattempo , mentre la Guida della Rivoluzione Islamica - Grande Ayatollah
e Marjà et Taqlid Sayyed Alì al Khamine'ì - dichiarava che "la vittoria di
Ahmadinejad costituisce una benedizione divina" approvando i risultati usciti
dalle urne, scoppiava la protesta organizzata da bande mercenarie filo-
americane e filo-sioniste, contro-rivoluzionari di ogni risma e colore, agit-
prop al servizio della reazione e cani sciolti di ogni colore politico,
ideologico e religioso camuffati da sostenitori del candidato riformista Mir
Hossein Mussavi.
Riprendendo slogans tipicamente occidentali e 'sbraitando' di improbabili
'brogli elettorali' i facinorosi ed i teppisti contro-rivoluzionari hanno preso
d'assalto le strade e le piazze della capitale Teheran , occupando alcuni
uffici governativi e rapinando banche e negozi. Una protesta teppistico-mafiosa
eterodiretta dai nemici della Rivoluzione Islamica e sostenuta dagli ambienti
del Sionismo e dell'Imperialismo internazionali subito servilmente pronti a
'disegnare' mass-mediaticamente una situazione da guerriglia urbana in una
quanto mai 'agognata' "rivoluzione pacifica" contro il regime.
Una situazione di disordini e caos della quale si sono immediatamente
'felicitati' i giudei ed i giudaizzanti dei quattro angoli del pianeta, i
ruffiani massmediatici di Sion, l'amministrazione statunitense e i dirigenti
dell'emporio criminale sionista...'tutti' - Europa compresa - 'sbavanti' su
improbabili "cambiamenti" e "rivolte" popolari in terra d'Iran. Non esiste!
Il Presidente Ahmadinejad , parlando degli incidenti e delle agitazioni
contro-rivoluzionarie in corso in queste prime quarantott'ore dalle elezioni,
ha sostenuto che le proteste di quanti hanno messo in dubbio la correttezza del
voto iraniano "non sono importanti" e che "non provocheranno alcun problema".
"In Iran - ha sottolineato Ahmadinejad - c'è assoluta libertà e le elezioni
sono state pienamente corrette."
A Teheran l'ordine verrà ripristinato e la situazione normalizzata dai
Guardiani della Rivoluzione e dalla polizia in azione fin dalle prime
avvisaglie di disordini: non esiste, non esisterà mai nè potrà mai esistere
alcuna "rivoluzione pacifica" nella Repubblica Islamica dell'Iran.
La Repubblica Islamica rappresenta la forma spartana insindacabile e
inarrivabile di un archetipo di società tradizionale ispirata direttamente
dalla 'visione' repubblicano-platonica di "stato perfetto"; quintessenza dei
valori rivoluzionari ed espressione massima della volontà popolare e della
tenuta razziale di un intera nazione nonchè ierofanica presenza delineata dalle
coordinate coraniche e lucida ed inenarrabile 'concezione' proveniente dalla
dimensione spiritual-religiosa della dottrina shi'ita nella codificazione
esemplare delineata dal compianto Imam Khomeini nel suo "Governo Islamico".
Stato Tradizionale, Organizzazione rivoluzionaria popolare, Sovranità
Nazionale e Politica, Entità ierofanica, radicale espressione dei valori e
degli insegnamenti più sublimi dell'Islam nella sua versione shi'ita
duodecimana la Repubblica Islamica dell'Iran non si 'discute'....il paese degli
Ariya = ariani , culla della civiltà persiana, è la nostra Berlino... Se
qualcuno, chiunque, 'intendesse' delegittimare le autorità della Repubblica
Islamica dovrebbe lanciare contro l'Iran una riedizione della guerra totale (...
il mondo 'contro'...) scatenata dalle demoplutocrazie occidentali e dal giudeo-
bolscevismo contro la Germania Nazionalsocialista nel settembre 1939.
Ma oggi, a settant'anni di distanza dall'inizio della guerra totale lanciata
dall'Internazionale Ebraica contro l'Europa nazionalsocialista e fascista, chi
'seriamente' intende mettere in discussione la geometrica, lineare, esemplare
forma di Stato-Ideale rappresentata dalla Repubblica Islamica dell'Iran? Quali
nemici, quanti 'sodali', e chi - soprattutto - 'pensa' una simile follia che,
oltre a scaraventare l'intero Vicino Oriente nel baratro infernale di un
conflitto che potrebbe assumere dimensioni extra-regionali, risulterebbe in
primo luogo controproducente, inutile e eventualmente dannosa e negativa solo
per gli eventuali 'attaccanti' (...francamente non se ne vede nemmeno
l'"ombra"...)?
"Chi osa attaccarci se ne pentirà profondamente!" ha ribadito nella giornata
di ieri, domenica 14 giugno, il rieletto Presidente Ahmadinejad secondo il
quale non esiste all'orizzonte alcun pericolo: "Chi osa attaccare l'Iran? Chi
osa pensarci?" ha infine domandato affatto provocatoriamente rispondendo ad un
giornalista nel corso di una conferenza stampa....
Teheran non è Kabul! Teheran non è Baghdad! Teheran non è Belgrado!
'Provateci' se ne siete 'capaci'...noi ...diciamo di no!
Con Ahmadinejad fino alla Vittoria!
Hasta siempre Presidente!

DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI
Direttore Responsabile Agenzia di Stampa "Islam Italia"

Spetaktor
07-07-09, 21:34
BERLU(S)FIGA

- di Dagoberto Husayn Bellucci

“La fortuna è cieca ma la sfiga ci vede benissimo”

( Roberto Freak Antoni – cantante e leader degli Skiantos )

La sgangherata sequenza di avvenimenti che contrassegna l’attualità
contemporanea della politica italiota merita una ulteriore ricognizione
analitica dopo quanto avevamo già avuto occasione di scrivere all’inizio dello
“scandalo” berlusconian-puttanieristico ai primi di maggio o di quanto
sottolineato in merito alle elezioni europee di un mese or sono per le quali,
inequivocabilmente e assai facilmente ‘profeticamente’, avevamo parlato di
“dittatura sionista”.

Sottolineiamo che avevamo ‘azzeccato’ (…scommessa ‘facile’ d’altronde…) il
‘pronostico’ …la vittoria di questo o quel ‘conglomerato’ politico (..centro-
destra o centro-sinistra pari sono..) non avrebbe spostato di un millimetro le
‘carte’ della politica italiana ….il ‘mazzo’ è stabilmente e tranquillamente
nelle mani di Giuda.

Al di là di queste ulteriori considerazioni sull’esito elettoralistico che ha
sanzionato la sconfitta del centro-si(o)nistra (…sono riusciti anche a
‘perdere’ Sassuolo…un’impresa ‘ardua’ ma questi ce l’hanno ‘fatta’
…complimenti!) e l’avanzata dilagante della Lega Nord ben oltre il ‘limes’
naturale del Po e d’altro lato dell’Italia dei Valori del questurino mancato
Antonio Di Pietro…ci occuperemo oggi di una constatazione fattuale…Berlusconi
porta sfiga!

Già sembrerà strano ma il ‘cavaliere nero’, il ‘re mida’ di Arcore, il
“presidente-operaio/lavoratore/metalmeccanico/ferroviere ecc ecc” , l’
imprenditore che ha saputo edificare dal nulla imperi edilizi, calcistico-
sportivi, televisivi e creare dal nulla (…si fa per dire…) il “miracolo
italiano” di un partito-azienda prono ai suoi voleri/ordini , Forza Italia,
sicuramente non riesce a portare fortuna al paese. Crediamo che alcune
riflessioni si impongono al di là di un facile ‘complottismo’ che vede, quando
si tratta del ‘cavaliere’, trame giudiziario-politiche sempre dietro l’angolo
pronte a porre i bastoni tra le ruote all’azione di governo del soggetto
attorno al quale oramai da quindici anni ruota tutta la politica italiana.

Cominciamo ad analizzare l’ultimo anno da quando l’esecutivo berlusconiano è
operativo; nell’ordine abbiamo avuto: la crisi economica (…vabbè si dirà …”è
‘globale’”…), l’alluvione in Piemonte, il terremoto in Emilia, quello ben più
catastrofico dell’Abruzzo e, dulcis in fondo, la tragedia che pochi giorni or
sono ha colpito Viareggio.

E tralasciando ovviamente i ‘soliti’ , ‘noti’ , morti ‘ammazzati’ per
questioni di mafia (…ah già …la mafia “non esiste”…si ammazzeranno da soli…),
per morti ‘bianche’ sul lavoro, per mancanza di quella sicurezza nei quartieri
sbandierata a ogni piè sospinto durante le campagne elettorali proprio dai
forcaiol-legaioli alleati del premier e senza soffermarsi neanche su tutte le
altre ‘morti’ ammazzate su autostrade, strade, discoteche e viuzze italiote…
Elenchi interminabili di assoluta follia collettiva di una società rovesciata e
depauperizzata priva di valori , di etica, di morale… Il vuoto del post-
nichilismo, la società del nulla dove la vita non ‘conta’ né ha alcun valore.

Anche volendo tralasciare tutto ciò risulta sicuramente ‘preoccupante’ che
quest’esecutivo sia portator di jella ….Qualcuno potrà dire che abbiamo
‘esagerato’ …vabbè non è che il Silvio ‘nazionale’ sia stato fautore di miglior
sorte neanche ‘calcisticamente’ (..considerando il calcio una sorta di ‘risorsa
nazionale’ per la quale si potrebbero perfino manifestare ‘scintille’ di rabbia
pseudo-rivoluzionaria in seno ad una comunità oramai alla deriva ...) .
‘Ricordiamo’ una finale di un campionato del mondo (Berlusconi premier) ‘persa’
ai rigori negli States contro un Brasile non proprio insuperabile…e con il
nostro miglior calciatore dell’epoca – Roberto Baggio – ‘decisivo’ per il
raggiungimento del secondo posto…

‘Capita’ si dirà… coincidenze…Visto l’attuale momento nero del calcio
italiano (…destinato a non vincere in Europa per i prossimi 2-3 anni per lo
meno…) , visto l’andamento della Nazionale di Marcello Lippi (che di calcio ci
‘capisce’ e lo ha dimostrato ampiamente nell’ultima Confederations Cup …”tanto
alla fine vinciamo noi!” …si , si…abbiam ‘visto’) e visto che il tormentone
veline-velette-escort-femmine e quant’altro sul Cavaliere pare proprio
destinato a non arrestarsi …la situazione – ben al di là di qualsivoglia
‘ciancia’ complottistica (…ma poi che ‘complotti’ dovrebbero verificarsi in un
paese sottomesso ‘anema e core’ ai diktat sinagogico-sionisti? …un governo
‘tecnico’ del centro-sinistra? ‘film’ già visto …’altro’? onestamente non
sarebbe assolutamente ‘rilevante’…E’ Sion che ‘controlla’ e stabilisce chi
‘amministra’ la politica italiota…) – del paese rimane quella che è…status di
colonia a stelle e strisce , cloaca sistemica, laboratorio politico per
eventuali formule alchemico-politiche anti-immigratorie…

Avanguardia del Nulla della contemporaneità occidentale. Questo l’italietta
berlusconiana del Terzo Millennio. Quindi Noi, esportatori di ‘scintille’
rivoluzionarie provenienti dai lidi libanesi (verso i quali siamo in procinto
di ‘ritornare’…ci stiamo decisamente ‘meglio’ …) , ‘osserviamo’ la decadenza
circostante che attanaglia e sprofonda in un vuoto cosmico la società del nulla
italiota.

Il mondo si divide in due categorie: chi esporta la Rivoluzione e chi “es(c)
or-ta” mode e opinioni dell’imbecillità edonistico-
liberalcapitalista…Berlusconi…l’uomo dell’eterne promesse …

Promesse di nulla. Del nulla contemporaneo del mondo rovesciato occidental-
mondialista sottomesso ai diktat di Sion.

DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI

Direttore Responsabile Agenzia Stampa “Islam Italia”

Spetaktor
07-07-09, 21:34
"SCOMMESSE"


di Dagoberto Husayn Bellucci



"Io vendo promesse di ogni sorta
qualcuna la mantengo
di tutte le altre invece non mi importa
Io smisto monetine da gettare in fondo a un pozzo
o da grattare sulla patina dorata di un concorso a premi multimiliardari
diffidate dei falsari
e non incolpate me se ci gettate dei danari
Non ho colpa
se siete schiavi di una tombola
stracolma di tesori che distribuisce a vanvera
e vi coccola l’idea di impadronirvi della vincita
vivere di rendita
capita
ogni domenica
e se non hai mai vinto fino ad ora
sei stato sfortunato, amico
tenta ancora
Io vendo scommesse sul futuro
qualcuna vince molto
di tutte le altre invece non mi curo
e non ci sono meriti
non c’è una gerarchia
ma solo il cieco meccanismo di una…
lotteria!
E non posso che adeguarmi
non posso lamentarmi
se usate queste mie monete al posto delle armi
se tutti i vostri sogni li puntate in questo gioco
io vendo un’illusione in più
e non è poco
Una monetina a te
una a te
una monetina pure a te
così fanno 3
Una monetina per questa serata che non può finire
una per trovarti
e l’altra per sparire
Una monetina a te
una a te
un’altra monetina pure a lei
così fanno 6
Una monetina per sapere
che non ho sbagliato mondo
Adesso, le riconto
se no mi confondo
20… 21… 28…
Totip, Enalotto
Se non faccio il botto
mi butto sul Bingo
rimango convinto
che se anche non vinco
è soltanto questione di tempo
Poi terno, quaterna, cinquina
se vinco mi compro una casa in collina
una macchina buona e tre casse di rum
Se vinco da bere per tutti
tequila bum bum!
Io sono imparziale e non mi impiccio
se vinci prendi tutto
se perdi in fondo è solo qualche spiccio
Il rischio è minimo
la posta in gioco alta
prendi una moneta, amico e gratta
Credici, provaci
potresti fare tredici
se cedi il turno adesso sei pazzo riflettici!
Il tuo destino sta girando
Ora! sei stato sfortunato, amico
tenta ancora!
Una monetina a te
una a te una monetina pure a te
così fanno 3
Una monetina per questa serata che non può finire
una per trovarti
e l’altra per sparire
Una monetina a te
una a te un’altra monetina pure a lei
così fanno 6
Una monetina per poterti
dare quello che mi hai chiesto
Una per un viaggio
Ancora non è tutto
Una monetina per il Chiapas
Una per Filippo che è partito per Caracas
milioni di monete per il sogno di una terra dopo il mare
per chi malgrado tutto continua a navigare
Una monetina per la Cina
Una per il ponte sullo stretto di Messina
sperando che il calore della terra siciliana
possa sciogliere la nebbia fissa in Val Padana
Reggae
Una moneta
almeno una una moneta contro la sfortuna
una moneta
per cortesia una moneta e dopo vado via!
Una moneta
almeno una una moneta contro la sfortuna
una moneta
per cortesia una moneta e dopo vado via!"

(Daniele Silvestri - "Monetine" - album "Monetine" - 2008)

"...Non e' tempo per noi che non ci adeguiamo mai
Fuorimoda, fuoriposto, insomma sempre fuori dai
Abbiam donne pazienti rassegnate ai nostri guai
Non e' tempo per noi e forse non lo sara' mai
Non e' tempo per noi che non vestiamo come voi
Non ridiamo, non piangiamo, non amiamo come voi
Forse ingenui o testardi
Poco furbi casomai
Non e' tempo per noi e forse non lo sara' mai"

(Luciano Ligabue - "Non è tempo per noi" - album "Luciano" - 1990)





"....il mio nemico non ha divisa
ama le armi ma non le usa
nella fondina tiene le carte visa
e quando uccide non chiede scusa
il mio nemico non ha divisa
ama le armi ma non le usa
nella fondina tiene le carte visa
e quando uccide non chiede scusa..."
(Daniele Silvestri - "Il mio nemico" - album "Unò-Duè" - 2002)

La quintessenza dell'imbecillità contemporanea della società massificata e
omologata alla irriducibile e travolgente avanzata corrosiva di valori e
identità prodotta dal sistema liberalcapitalistico ci impone una riflessione di
'massima' sulle dinamiche livellatrici del pensiero unico globale o mondialista
che dir si voglia.
L'autocombustione anarco-nichilista del combattente di 'razza' - il Ribelle
jungeriano o il nichilista anarchico di Neçaev, la metafisica apparizione
combattente del soldato-politico basijj-pasdaran o l'insuperabile visione
eroica degli ultimi difensori di Berlino in fiamme, l'epigono tragico dei
martiri della Repubblica Sociale con l'indomito valore e l'assoluta sfida per
la morte dimostrata dai franchi tiratori fiorentini o la forma scolpita del
rivoluzionario khmer rosso della Kampuchea Democratica - 'stride' dinanzi al
lancinante vuoto cosmico della terra in 'abbandono' della contemporaneità
occidental-capitalistica...la terra di nessuno...frontiera esistenziale per
anime perse (...insuperabile 'descrizione' dell'attuale sfaldamento ontologico
sopravvenuto nell'Occidente giudaico-mondialista 'lasciata' dal testo ,
superlativo, di Luciano Ligabue nella sua canzone "Non è tempo per noi" ...."Ci
han concesso solo una vita/Soddisfatti o no qua non rimborsano mai/ E calendari
a chiederci se/ stiamo prendendo abbastanza abbastanza/ Se per ogni sbaglio
avessi mille lire/ Che vecchiaia che passerei/ Strade troppo strette e
diritte/ Per chi vuol cambiar rotta oppure sdraiarsi un po'/ Che andare va
bene pero'/ A volte serve un motivo, un motivo/ Certi giorni ci chiediamo e'
tutto qui?/ E la risposta e' sempre si'/ Non e' tempo per noi che non ci
svegliamo mai/ Abbiam sogni pero' troppo grandi e belli sai/ Belli o brutti
abbiam facce che pero' non cambian mai/
Non e' tempo per noi e forse non lo sara' mai..." ....struggente ballata in
stile rock-folkeggiante , 'nenia' mortale di un'interminabile sopravvivere a se
stessi....).
In questo rincorrersi di ore inutili, nella metafisica scomparsa di ogni
valore e nella morte di qualunque ideale, rabbia e rassegnazione sembrano
'rappresentare' le sole 'opzioni' possibili per i caratteri deboli del soggetto
deambulante nella cloaca massima del modello di consumo turbo-capitalistico
ovvero gli Stati Uniti d'America...così 'capita' di dover 'ascoltare' notizie
assurde di assurda idiozia di subumani di qualsiasi razza o religione 'dediti'
all'abbrutimento esistenziale - ...'alchimie' ontologiche dispersive... - tra
alcool, sesso e stupefacenti (...'altra' cosa il nichilismo 'passivo' di Piero
Ciampi o la melodica rabbioso rivoluzionario di Francesco Guccini... "com'è
bello il vino/ rosso rosso rosso/ bianco è il mattino/ sono dentro a un fosso/
E in mezzo all'acqua sporca/ godo queste stelle/ questa vita è corta/ è scritto
sulla pelle (...) vita vita vita/ sera dopo sera/ fuggi tra le dita/ spera,
Mira, spera"....insuperabile 'melodica' da Artista con la "A" maiuscola ..."ha
tutte le carte in regola per essere un artista..." ...inarrivabile determinismo
di una vita a precipizio 'segnata' da 'sempre'...). Subumani ai quali viene
lasciata l'ambiziosa pretesa di 'esistere' che, peraltro, spesso provoca
irreversibili corti circuiti dell'anima con conseguenti esplosioni di rabbia
repressa che compulsoriamente 'trascende' il 'quieto vivere' ....(da 'rivedere'
"Quel maledetto pomeriggio di un giorno da cani" magistralmente interpretrato
dal giudeo Michael Douglas).

Nella società rovesciata di massa dunque 'occorre' saperci stare evitando di
esser travolti dalla corrente....o, per esser più chiari, cercando di
'signoreggiare' il 'vortice' psichico. In questa realtà dove l'individuo è
stato ridotto a mero numero e i numeri si sono 'incolonnati' servilmente
formando la 'sequenza' matematico-comportamentale del gregge belante , il tipo
d'uomo al quale viene rivolta la nostra attenzione è colui che sa restare "in
piedi tra le rovine" di una decadenza annunciata, un soggetto alieno da
qualsivoglia pregiudizio ma anche scevro da qualunque moralismo ipocrita finto-
sistemico (...'prevaricante' in un paese che giudica , condanna e 'arresta' di
giorno per lesa maestà o 'convenienza' ogni sorta di vizio salvo poi
'scarcerare' , bramare e cercare 'ansiosamente' di notte identiche
'compensazioni' ...) o - evolianamente - un Essere differenziato o,
islamicamente, colui il quale saprà riconoscere la 'vita' quale un
interminabile battaglia....'fronte di combattimento' della Grande e della
Piccola Jihàd , di quello sforzo supremo sulla Strada del Divino.

Nella Sura di Assaf, il Sacro Corano così recita: "Dio apprezza coloro che
combattono schierati per la sua causa, come se fossero una solida
costruzione".

"La guerra - scrive Maurizio Lattanzio (1) - è la suprema affermatrice della
verità rivelata nella duplice forma della "grande guerra santa" e della
"piccola guerra santa".

Per comprendere esattamente il valore irriducibile di questo sinergico sforzo
sulla strada della Verità Rivelata riportiamo quanto già sostenuto da Julius
Evola il quale scriverà: "Questa distinzione si fonda su di un detto del
Profeta , che, al ritorno da un'impresa guerriera, affermò: "Dalla piccola
siamo tornati alla grande guerra santa.". In tale contesto la grande guerra
santa appartiene all'ordine spirituale. La piccola guerra santa è invece la
lotta fisica, materiale, la guerra combattuta nel mondo esterno. La grande
guerra santa è la lotta dell'uomo contro i nemici che egli porta in se stesso.
Più precisamente essa è la lotta dell'elemento soprannaturale nell'uomo, contro
tutto ciò che è istintivo, legato a passionalità caotica, soggetto alle forze
della natura." (2)

Una volta 'appresa' quest'arte nobile della ricerca del sè volta a
identificare la propria divisa militante il soggetto conforme , per requisiti
psico-fisico-attitudinali, comportamental-caratteriali e temperamento, saprà
'anche' 'esercitarsi' con 'maestria' nella nobile arte - ...noblesse oblige...-
di 'signoreggiare' il vortice...

In questo passaggio interminabile , camminamenti scoscesi lungo il saliscendi
esistenziale del Nulla contemporaneo, per molti soggetti decerebrati e
deambulanti (
vite' schiantate dalla troppa fretta di 'vivere' ) l'unico rifugio appare il
perdersi dentro , l'atomizzazione della propria esistenza portata
artificialmente a 'combustione' mediante l'assunzione di 'droghe' o
alcoolici.... I soldati-politici di 'razza' al contrario dovranno operare
attivamente nella società rovesciata facendo 'uso' (...anche 'abuso' se
necessario...) esclusivamente sulle e delle proprie forze perchè, parafrasando
Evola : "...qualunque cosa accada, le posizioni devono essere mantenute, perchè
in ogni caso parte essenziale deve essere l’eredità ideale di coloro che ieri,
pur sapendo perduta la battaglia, si tennero sul loro posto e combatterono."

Occorrerà anche l'azzardo (...soprattutto l'azzardo...perchè la vita è un
azzardo...). Anche la 'scommessa' su se stessi. Noi , 'scommettitori' sul
nulla, abbiamo anche imparato a 'vincere' puntando in alto, alzando
quotidianamente la 'posta' in 'gioco'.... E 'azzeccando' clamorosamente - e
sempre - ogni 'scommessa' importante: Hizb'Allah in Libano, Ahmadinejad in
Iran, il Livorno Calcio....

Un 'poker' d'Assi 'calato' con determinata, lucida, puntuale 'tempistica' sul
tavolo verde della 'vita': ....la 'quarta' 'carta' è ovviamente rappresentata
da una Donna (..con la "d" maiuscola 'ovvio'...) perchè come realisticamente
sottolineava una pubblicità di un 'gioco' "on line" qualche mese or sono
"quattro donne non sono poche...sono un poker!". Noi 'preferiamo' , per
'sicurezza', la 'scala reale'.... Puntiamo inevitabilmente sempre più in alto...
alzando ancora la 'posta'.

A Beirut il partito sciita filo-iraniano di Sayyed Hassan Nasrallah 'vince' ,
al di là e 'contro' ogni 'sentenza 'urno-elettoralistica' di sorta.
A Teheran il Presidente Mahmoud Ahmadinejad trionfa, indipendentemente dalle
'ciance' sioniste e dalla paraplegica 'protesta' dei kippizzati di ogni
latitudine.
All'Ardenza un Livo stratosferico 'annienta' in una doppia finale dominata in
lungo e in largo il Brescia, riconquistando una Serie A alla quale era
'destinato' ....insuperabile stilema di 'combattimento' sul terreno di gioco
infido e insidioso della serie cadetta.

La Donna infine come portafortuna.... perchè - per 'scommettere' 'bene' nella
vita ...e non solo - occorre anche un pò di 'fortuna'. Noi lo chiamiamo, da
sempre, 'fato'.

La vittoria arride agli audaci. Sempre!


DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI


Note -

1 - Maurizio Lattanzio - articolo "Islam ed Europa - Tracce di lettura" -
dal mensile "Avanguardia";

2 - Julius Evola - "La dottrina aria di lotta e vittoria" - ediz. di "Ar" -
Padova s.d.;

Spetaktor
07-07-09, 21:36
IL CATECHISMO RIVOLUZIONARIO


di Dagoberto Husayn Bellucci



"Il rivoluzionario è un uomo perduto in partenza. Non ha interessi
particolari, affari privati, sentimenti, relazioni, proprietà, non ha nemmeno
un nome. Tutto in lui è assorbito da un unico interesse che esclude tutti gli
altri, da un unico pensiero, una passione: la Rivoluzione. In fondo al suo
animo non solo a parole, ma anche con i fatti, ha spezzato i legami con
l'ordine pubblico e con il mondo civile tutt'intero, con tutte le leggi, le
convenienze, le convenzioni sociali e le regole morali di quel mondo. Il
rivoluzionario ne è un nemico implacabile e continua a vivere solo per
distruggerlo inesorabilmente."

(Sergej Gennadievìç Neçaev - "Il catechismo del rivoluzionario" 1869)

"Noi siamo dei fanatici, dei fanatici che mirano ad essere sempre più
lucidi!"

(Maurizio Lattanzio)

"Gli occhi azzurri della Rivoluzione brillano di crudeltà necessaria"

(Louis Aragon - "Le Front Rouge")

Premessa la nostra accidiosa idiosincrasia rispetto a qualsivoglia 'spasmo'
rivoluzionario agitatorio-terminale e la netta , categorica, cristallina
indisposizione caratterial-ideologico-militante nei confronti delle
'evanescenti' compulsioni pseudo-ribellistiche affioranti dalla porcilaia
occidentale rileviamo l'insindacabile liquefazione (...oramai siamo alla
'liquidazione'....'saldi' di fine stagione...) delle 'estreme' tanto della
politica nazionale quanto di quella continentale.

Estrema destra ed estrema sinistra , peraltro abbarbicate su posizioni
'retrò' dicotomiche (fascismo-antifascismo / nazionalismo-internazionalismo)
che 'supportano' l'una i fallimentari esiti terminali dell'altra, alla 'cerca'
del 'padrone'....( ..."la voce del padrone" splendido album di Franco
Battiato...): che si chiami D'Alema-Veltroni-Franceschini-Prodi o sia il
sempiterno Berlusconi; le estreme riflettono inevitabilmente , radicalizzandone
un pò (...quel poco che 'serve'...), i programmi e il modus operandi dei due
"grandi insiemi" della politica italiana.

L'estrema sinistra - ancora 'ferma' alla "difesa" dei diritti dei 'diversi'
di ogni 'razza', 'religione', 'sesso' ...(...van tutti bene purchè 'diversi'...
dall'internazionalismo marxista al transessualismo/transnazionalismo "senza
frontiere" arcobalenato-terzomondista...) - ha 'perso' un'occasione piuttosto
comoda (...la 'conta' dei "treni persi"...) per salire con una nutrita
pattuglia parlamentare a Strasburgo dividendosi demenzialmente in due partiti
di egual 'peso' politico, rilevanza sociale e risultanza elettoralistica...Non
fosse per questa sgangherata linea di 'condotta' il "listone" unico
"marxisteggiante" dei sinistrati di ogni risma e colore avrebbe sicuramente
'sfondato' recuperando i voti in libera uscita 'persi' dal Partito Democratico
di 'franceschiello'.... Tant'è non bastasse la lezione 'elettorale' ai due
soggetti partitici dell'estrema sinistra italiana si è 'aggiunto' , notizia
dell'ultim'ora, un terzo 'incomodo' con la nascista di "Sinistra Popolare" di
Marco Rizzo e all'indomani del suo 'strappo' con il segretario del PDCI ,
Oliviero Diliberto, per questioni , ...'pare'..., legate a vere/presunte
"frequentazioni massoniche".... (....Tafazzi , l'istrionico personaggio
inventato dal trio comico Aldo-Giovanni-Giacomo, non avrebbe saputo far di
meglio...autosmartellamento di coglioni 'ab aeternum'...).

L'estrema destra - anti-immigratoria, anti-islamica, anti-cinese, anti-turca,
anti-araba, anti-"voi abbronzati troppo sulla spiaggia di Gatteo Mare" -
cercando di cavalcare l'onda emotiva dei tanti , 'troppi', episodi di violenza
e di dissesto ambiental-metropolitano ( causati da una 'sproporzionata'
immissione di soggetti allogeni sul territorio nazionale ); ha finito per
'fotocopiare' pressochè totalmente le tesi xenofobe del principale partito
identitario continentale ovvero la Lega Nord.

Come hanno rilevato numerosi politologi all'indomani del voto europeo del 7
giugno scorso - e a maggior ragione del seguente turno amministrativo-
referendario di quindici giorni più tardi - "l'estrema destra in Italia è al
governo".... ciò che hanno raccolto le formazioni xenofobe dell'estrema destra
europea in Belgio, Olanda o Gran Bretagna (...la perfida Albione 'invia' per la
prima volta all'europarlamento un rappresentante di una formazione 'estremista'
...il British National Movement ...'auguri' all'eletto anche se non 'mutiamo'
di una virgola ciò che abbiamo sempre 'pensato'....Dio stramaledica gli
inglesi! ..."Bomben Bomben auf Engeland!" 'cantavano' i leggendari piloti
d'assalto delle squadriglie della Lutwaffen in azione...) da noi viene
'raccattato' abbondantemente dalla formazione dei salumieri e dei piccolo-
imprenditori, delle casalinghe e degli 'obreros' in crisi d'identità dalla
caduta del muro di Berlino , che ha segnato il tracollo dell'ideologia marxista-
leninista su scala globale, dalla formazione padan-conservatrice-liberista
della Lega Nord e dal suo proporsi come "forza di lotta e di governo".
Indiscutibilmente, per quanto lontana anni luce dalla nostra identità politica
e caratteriale, le propiste leghiste continuano a far 'presa' su una fetta
sempre più consistente dell'elettorato settentrionale spingendosi ben al di là
della linea 'gotica' elettorale del "dio Po" (...cazzate parodistiche in salsa
padana...).

Per il resto la politica italiota è 'questa' - 'splendidamente' rappresentata
musicalmente da Franco Battiato alcuni anni fa con la canzone "il ballo del
potere": "
Ti muovi sulla destra poi sulla sinistra/ resti immobile sul centro/ provi a
fare un giro su te stesso, un giro su te stesso(...) Fingi di riandare avanti
con un salto/
poi a sinistra con la finta che stai andando a destra/ che stai andando a
destra...." ovvero contorsioni partitocratiche di soggetti sfuggenti alla
'cerca' del potere, alla rincorsa di una poltrona - grande o piccola che sia -
all'ombra del potente di 'turno'...(e da un pò questo 'potente' si chiama
Silvio Berlusconi...il quale ha il merito e la capacità forse unica di aver
catalizzato l'attenzione della politica nazionale ed europea 'posizionandosi'
al centro del Sistema in funzione di 'asse' determinante le dinamiche di
contrapposizione dei "presidi secondari" ....quelli 'primari' ovvero le
consorterie giudaico-massoniche, i centri occulti, le lobbie's economico-
affaristico-finanziarie che realmente detengono il potere dietro le quinte
ovviamente si pongono al di sopra del 'giochino' elettoral-politico-
parlamentaristico e di qualunque Istituzione...tutt'al più , quando lo
decidono, ai 'lati' dei partiti per effettuare una marcatura 'a uomo' ....nel
PDL per fare un semplice esempio d'estrema attualità c'é 'Fiammetta' Nirenstein
che 'adempie' al ruolo di controllore sistemico-sionista e 'funge' da Ministro
degli Esteri in 'pectore' dell'esecutivo di centro-destra berlusconian-
padano...).
In questo scenario di 'sgangherata' decomposizione sociale e di
disintegrazione della politica, di assoluto vuoto cosmico relativo ai
meccanismi che determinano le manovre politiche italiote ed europee, occorre
'anche' ripartire dai 'fondamentali', da un sano "ABC" della Politica ...quella
con la 'P' maiuscola.
Al di là dei 'noti' e comunque fondamentali 'pensatori' e ideologi d'"area" ,
ovvero a parte la ricognizione analitica evoliana ("Rivolta contro il mondo
moderno" e soprattutto "Cavalcare la tigre") ed 'oltre' le superlative
'scintillanti' provocazioni politico-programmatiche contenute nei due testi
essenziali redatti da Franco Giorgio Freda con "La disintegrazione del sistema"
e da Maurizio Lattanzio con "Stato e Sistema" 'occorre' il 'recupero' di un
vero e proprio "catechismo rivoluzionario" anche di provenienza 'altra'.... Se
difatti mantiene una sua estrema , lucidissima, fattuale vericidità storica ed
una sua propedeutica funzionalità il principale testo di riferimento al quale
dovrebbero guardare tutti i soggetti antagonisti della cosiddetta "estrema
destra" o "destra radicale" ovvero l'hitleriano "Mein Kampf" (...'indicazioni'
di massima sul pericolo ebraico, affrontamento lucido e determinato del
problema democratico, analisi eccellente delle dinamiche di strangolamento
usurocratico-imperialistiche condotte dalle demoplutocrazie occidentali contro
l'Europa ed il suo centro-immobile alias la Germania...) e se, altrettanto
realisticamente, è impossibile fuoriuscire completamente dalle coordinate
ideali del pensiero mussoliniano e di quanto prodotto dai Grandi della cultura
antagonista del primo Novecento (Sorel, Pareto, Schmitt, Junger, la Rivoluzione
Conservatrice tedesca ma anche "il fascismo impossibile", immenso e rosso, di
Berto Ricci, i Marcello Gallian o Giovanni Preziosi e la sua "Vita Italiana")
occorre 'anche' 'saccheggiare' e riscoprire il filone di pensiero
rivoluzionario d'indirizzo 'anarchico' prodotto dalla Russia in ebollizione
rivoluzionaria di fine Ottocento.
"Il catechismo del rivoluzionario" di Sergej Neçaev risulterà quindi testo
'conforme' per una rielaborazione analitico-scrittoria di linee d'azione
'perdute' nei meandri della memoria storica , individuale e collettiva, di un
intero continente...
Sergey Gennadiyevich Nechayev (also Sergei Nechaev, Сергей Геннадиевич
Нечаев), nasce il 2 ottobre 1847 a Ivanovo in Russia. E' ricordato come uno dei
principali teorici dell'anarchismo rivoluzionario pre-sovietico ed il suo nome
viene sovente associato a quello del movimento nichilista russo del quale sarà
probabilmente precursore proprio grazie al 'programma' teorico-rivoluzionario
del "catechismo". Neçaev sarà considerato anche il principale fautore della
teoria della "violenza rivoluzionaria" quale metodo di lotta contro il potere
assolutistico zarista che fosse espressione combattente e avanguardistica di
una minoranza radicale tesi che riproporrà nel suo volume e che avrebbe
successivamente ispirato il grande Dostoevskij per la descrizione di Petr
Verchovenskij, il personaggio rivoluzionario del suo celebre romanzo su "I
demoni".
Il testo si snoda attraverso poche , fondamentali, indicazioni di 'battaglia'
- autentiche 'consegne' militari per i rivoluzionari di ogni tempo e luogo: le
regole generali dell'organizzazione, quelle per la rete organizzativa delle
sezioni, per il comportamento dei singoli militanti verso sè stessi ed i propri
compagni e verso la società circostante ed infine analizzando l'atteggiamento
della società verso il popolo.
Scrive Neçaev: "1. L'edificio dell'organizzazione poggia sulla fiducia nelle
persone. 2. L'organizzatore (già membro) sceglie fra le sue conoscenze cinque o
sei persone e, dopo aver parlato con ciascuno separatamente ed essersi
assicurato il suo consenso, le riunisce e costituisce un circolo segrete. (...
ovvero "come creare una cellula rivoluzionaria"...ndr). 3. Il meccanismo
dell'organizzazione è tenuto al riparo da occhi indiscreti: l'insieme dei
rapporti personali e delle attività al circolo è dunque un segreto per tutti,
tranne che per i membri e per il circolo centrale, al quale l'organizzazione
presenta un rapporto completo nelle date fissate. 4. Le attività dei membri
sono specializzate secondo un piano prestabilito, basato sulla conoscenza della
località, della classe sociale o dell'ambiente nel quale si svolge il lavoro
preparatorio. 5. Ogni membro dell'organizzazione crea subito intorno a sè un
circolo di secondo grado, nei cui confronti il primo circolo ha le attribuzioni
di circolo centrale, al quale tutti i membri dell'organizzazione (che sono
organizzatori rispetto ai circoli di secondo grado) forniscono tutte le
informazioni dei loro circoli perchè vengano trasmesse più lontano. 6. La
regola è di non agire direttamente su tutte le persone con cui si otterrebbe il
medesimo risultato se si agisse su di esse indirettamente , cioè con la
mediazione di terzi; questa regola deve essere rigorosamente osservata. 7. Il
principio generale dell'organizzazione è: non persuadere, cioè non formare
(aderenti), ma raggruppare le forze esistenti, escludere ogni discussione che
non abbia un rapporto con lo scopo. 8. Fra membri e organizzatore , ogni
questione che non abbia per oggetto l'attività dei circoli subordinati viene
evitata. 9. L'assoluta sincerità dei membri nei riguardi dell'organizzatore è
condizione del successo dell'attività. 10. Alla costituzione dei circoli di
secondo grado, i circoli preesistenti diventano dei centri rispetto a questi,
ricevolo lo statuto della Società e un programma preciso delle loro attività
nell'ambiente in cui si trovano."
Queste le prime dieci 'regole' per l'organizzazione....al di là di alcuni
'tratti' vagamente 'retrò' e di impianto paramassonico (...società segrete...
circoli....) risultano principii di base attuali e conformi per qualunque
organizzazione rivoluzionaria operante in qualsiasi perimetro geopolitico e
strategico della società rovesciata contemporanea di massa e nell'One World
mondialista ..
In merito all'organizzazione delle reti Neçaev prosegue indicando queste
'regole di condotta': "1. La missione delle sezioni è di raggiungere
l'indipendenza nel lavoro organizzativo e di adoperarla con solide garanzie di
sicurezza per l'opera comune. 2. La sezione è fondata da due o tre persone (...
di norma sono tre...ndr) , delegate dalla rete con l'approvazione del Comitato.
Queste, conformemente alle regole generali dell'organizzazione, riuniscono i
membri dei circoli che, secondo il Comitato, presentano i requisiti necessari
(...noi ancora siamo 'alla cerca' nel perimetro coloniale italiota di soggetti
'conformi'...ndr). I rapporti con la rete operante sono mantenuti dagli
organizzatori. 3. Gli individui scelti nei circoli per far parte di una sezione
si impegnano, sin dalla prima riunione: a) ad agire indissolubilmente,
collettivamente, sottomettendosi in tutto e per tutto al parere generale , e a
non lasciare la sezione se non per passare , dietro ordine del Comitato, a un
grado più elevato dell'organizzazione; b) ad avere a cuore soltanto l'interesse
della Società in tutti i loro rapporti col mondo esterno. 4. L'ingresso nelle
sezioni ha carattere continuativo e individuale. Quando il numero dei membri di
una sezione arriva a sei, questa per ordine del Comitato, si suddivide in due
gruppi. 5. Si elegge collettivamente una persona che si occupi, delle carte,
rediga i rapporti, riceva ed invii dov'è necessario i membri del Comitato e gli
altri delegati che hanno a che fare con tutta la sezione. La stessa persona
conserva i documenti, i titoli bancari e gli indirizzi (...i documenti 'meglio'
eliminarli...sempre! ndr). 6. Gli altri membri si incaricano del lavoro
preparatorio in questa o in quella classe sociale o ambiente, e si scelgono i
propri collaboratori fra persone organizzate secondo le regole generali. 7. La
massa delle persone organizzate secondo le regole generali è considerata e
adoperata come mezzo e strumento per realizzare le imprese e raggiungere lo
scopo della Società. Di conseguenza, il piano fondamentale di ogni faccenda o
azione intrapresa dalla sezione deve essere conosciuto solo dalla sezione;
quanto alle persone incaricate della sua esecuzione, esse non devono conoscere
la natura , ma soltanto i particolari dell'azione la cui esecuzione è loro
affidata. Per stimolare le loro energie, bisogna esporre loro in termini falsi
la natura dell'azione (...lo 'facciamo' da una 'vita' con ottimi risultati...
apparente 'difformi' dalle 'intenzioni' presentate ai nostri 'interlocutori'...
chi pensa di 'giocarci' non sa, spesso ...quasi sempre, di essere 'giocato'...
ndr). 8. Il Comitato viene messo a conoscenza del piano dell'azione progettata
dai membri , e soltanto col suo consenso si procede alla esecuzione. 9. Un
piano proposto dal Comitato viene eseguito immediatamente. (...) 10. La sezione
delega ad alcuni membri l'ispezione dei circoli subordinati e la costituzione
di nuove organizzazioni nelle località dove non ne esistano. 11. Il problema
dei fondi mette in primo piano: 1) le sottoscrizioni dirette , su stampati del
Comitato, fra i membri e i simpatizzanti, che certificano con la loro firma
l'ammontare dei contributi; 2. le sottoscrizioni indirette, con vari pretesti
confessabili fra gente appartenente a ogni classe sociale, anche non
simpatizzanti; 3. l'organizzazione di concerti e serate con scopi fittizi; 4.
varie iniziative in rapporto con privati; tutti gli altri mezzi, più grandiosi
sono fuori del raggio d'azione della sezion, in quanto superiori alle sue forze
(...) 12. Fra le condizioni necessarie per iniziare l'attività della sezione
sono: 1) la creazione dei nascondigli; 2) invio di membri abili e pratici in
mezzo ai venditori ambulanti , ai panettieri ecc. 3) contatti con i pettegoli
della città, con le prostitute e gli altri canali atti a raccogliere e
propagare voci e notizie; 4) rapporti con la polizia e con la cerchia degli ex
funzionari; 5) rapporti con gli ambienti cosiddetti criminali della società; 6)
influsso su personaggi altolocati mediante le loro mogli; 7) rapporti con il
mondo letterario (*); 8) mantenimento dell'agitazione con ogni mezzo
possibile."

Lapalissiana verità che ...tutti i 12 punti programmatico-operativi o
'consegne' di combattimento per la formazione e la gestione di una sezione-
cellula rivoluzionaria siano anche conformi al modus operandi utilizzato
attualmente, nel cuore della società mondializzata e globalizzata di massa del
Terzo Millennio dopo Cristo, anche dai controllori sistemici... i mezzi, gli
strumenti e le idee utilizzate centocinquant'anni or sono dai rivoluzionari
nichilistico-romantici e anarco-marxisteggianti di ogni risma e colore politico
sono stati largamente studiati, amalgamati, metabolizzati e 'digeriti' nei
'corsi' anti-rivoluzionari delle diverse scuole di formazione degli apparati
sistemici 'dunque'...non sarà casuale che molte indicazioni sovraesposte dal
Neçaev siano state poste in atto dalle forze contrarie repressivo-liberticide
del Sistema.
Altrettanto palese risulterà poi la 'metodica' indicata dal teorico anarco-
nichilista russo nel suo "catechismo" che 'ispirerà' anche altri 'elaborati'
fra i quali, indiscutibilmente, il documento programmatico-sovversivo de "I
Protocolli dei Savi Anziani di Sion" alias il programma di dominio ebraico
mondiale che presenta 'tratti' analoghi a quelli sopra descritti di manovalanza
rivoluzionaria...non 'casualmente' la rivoluzione sovversivo-bolscevica 'russa'
dei soviet sarà niente più che un 'golpe ebraico' attuato dalla minoranza
fanatica ma determinata e pronta ad assumere il potere del minuscolo Partito
Bolscevico di Vladimir Ilyich Ulyanov alias Lenin.
Tant'è Neçaev descrive le regole comportamentali del rivoluzionario
'enucleando' queste direttive: "il rivoluzionario disprezza ogni dottrinarismo
e ha rinunciato alle scienze profane, che egli lascia alle generazioni future
(...noi non gli lasceremmo neanche 'quelle'...ndr). Conosce un'unica scienza,
la scienza della distruzione. Per questo, e soltanto per questo, egli studia
attualmente la meccanica, la fisica, la chimica e perfino la medicina. Per
questo egli studia giorno e notte la scienza viva - gli uomini, i caratteri, le
situazioni e tutte le condizioni del regime sociale presente, in tutti gli
strati possibili. Lo scopo è uno soltanto: la distruzione rapida di questo
immondo regime.". Hic et nunc!
"La locuzione latina Hic et nunc, tradotta letteralmente, significa qui ed
ora.Questa espressione si usa per indicare che una cosa non ammette proroghe
nella sua attuazione. Tale locuzione è adoperata inoltre come sintetica quanto
aderente espressione della filosofia esistenzialista, per la quale l'uomo è
considerato nella fragilità della sua condizione finita. Essa si manifesta
proprio nell'individualità dell'uomo presente "hic et nunc", in un tempo (nunc)
ed uno spazio (hic) che non sono infiniti (cfr.Idealismo) e costituiscono la
causa stessa dell'infelicità umana." (1)

Cosa deve muovere un Rivoluzionario? Quali sono i suoi obiettivi? Qual'è il
suo modo di rapportarsi alla morale, all'etica, alle mode e costumi, alla
società che lo circonda con tutte le sue effimere 'certezze' e le sue
edonistiche illusioni?
Neçaev 'risponde' così: "Egli (..il rivoluzionario...ndr) disprezza
l'opinione pubblica. Disprezza e detesta la morale vigente nella società in
ogni suo motivo e manifestazione. Per lui è morale tutto ciò che contribuisce
al trionfo della rivoluzione; immorale e criminale tutto ciò che l'ostacola. Il
rivoluzionario è un uomo perduto, spietato verso lo Stato e verso la società
istruita in generale; da essa non deve dunque aspettarsi nessuna pietà. Fra lui
da una parte, lo Stato e la società dall'altra, esiste uno stato di guerra,
visibile o invisibile, ma permanente e implacabile - una guerra all'ultimo
sangue (...siamo in guerra anche quando dormiamo...anzi soprattutto quando si
dorme...sarà per questo che 4 ore son sufficienti per un riposo e continuiamo a
ingurgitare litri di caffè da quando 'esistiamo'? ...ndr). Egli deve imparare a
sopportare la tortura. Duro verso se stesso , deve essere duro anche verso gli
altri (...oggi non ce n'è necessariamente 'bisogno'..basta prenderli per i
fondelli che il 'risultato' è sempre 'centrato'...ndr). Tutti i sentimenti
teneri che rendono effeminati , come i legami di parentela, l'amicizia, l'amore
, la gratitudine, lo stesso onore, devono essere soffocati in lui dall'unica
fredda passione per la causa rivoluzionaria (...sarà per questo che non 'siamo'
nè potremo mai 'essere' anarco-marxisti?....o no?...ndr). (...) La natura del
vero rivoluzionario esclude ogni romanticismo, ogni sensibilità, entusiasmo e
infatuazione. Esclude anche l'odio e la vendetta personali. La passione
rivoluzionaria , diventata in lui una seconda natura, deve in ogni momento
essere unita a un freddo calcolo. Dovunque e sempre, egli deve essere non ciò
cui lo incitano le sue tendenze personali, ma ciò che l'interesse generale
della rivoluzione gli prescrive (di essere) .....(...anche - soprattutto - ciò
che 'gli altri' 'credono di aver capito che lui sia...ovvero 'diversioni'
necessarie per escludere e selezionare soggetti eventualmente 'conformi' da
demabulanti invertebrati e amorfi della società contemporanea di massa ....
ndr)."

"Nell'esecuzione dei piani così stabiliti , ognuno - possibilmente - deve
contare soltano su se stesso." prosegue Neçaev....mai 'pensato' il contrario.
In merito all'atteggiamento del rivoluzionario nei confronti della società
infine il teorico anarco-nichilista (....sembra di 'rileggere' il ribelle
jungeriano...determinazione e volontà , rabbia e rivolta 'lucidamente'
integrati in una forma scolpita di attivista/militante che assuma i tratti di
una sorta di "primula rossa" della quale nessuno esattamente 'sa' e soprattutto
di cui tutti pensano di 'sapere'....) russo scrive: "Il rivoluzionario si
introduce nel mondo politico e sociale, nel mondo cosiddetto istruito, e ci
vive, soltanto con la fede nella sua più completa e rapida distruzione. Non è
un rivoluzionario se ha pietà di qualcosa che appartenga a quel mondo. Egli
deve poter distruggere le situazioni, i rapporti o le persone di quel mondo; a
lui tutto e tutti devono essere ugualmente invisi. (...) Con lo scopo della
distruzione spietata, il rivoluzionario può - spesso anzi deve - vivere nella
società , facendosi passare per ciò che non è. Il rivoluzionario deve
introdursi ovunque, in tutte le classi, medie e inferiori, nella bottega del
mercante, in chiesa, nella casa signorile, nel mondo burocratico, militare,
letterario, nella polizia segreta (Terza Sezione) e perfino nel Palazzo
d'Inverno".
'Purtroppo' poi , come la storia dimostrerà alle 'estreme' , ci saranno anche
tanti...'troppi'...che finiranno per fare il classico doppiogiochismo , 'abili
e arruolati' di qualsivoglia servizio di sicurezza, apparato sistemico o forze
di pubblica sicurezza.... la classica eterogenesi dei 'fini' ...rovesciamento e
ribaltamento di obiettivi e volontà.
"Tutta questa società immonda - continua Neçaev - deve essere suddivisa in
varie categorie. La prima categoria comprende i condannati a morte senza
indugio. Che la Società compili l'elenco di questi condannati; il numero loro
assegnato dipenderà dalla loro capacità di nuocere al successo della causa
rivoluzionaria, di modo che i primi numeri passino avanti agli altri. (...) La
seconda categoria deve comprendere quegli individui ai quali si concede
provvisoriamente la vita, perchè con le loro azioni mostruose spingano il
popolo alla rivolta ineluttabile. Alla terza categoria appartiene il bestiame
altolocato, cioè gli individui che non si distinguono nè per intelligenza, nè
per energia; ma che, grazie alla posizione che occupano , godono di ricchezze,
di conoscenze , di influenze e di potere. Bisogna sfruttarli in tutti i modi,
imbrogliarli, disorientarli e, dopo essersi possibilmente impossessati dei loro
sporchi segreti, farne i nostri schiavi. Il loro potere, la loro influenza, le
loro conoscenze, la loro ricchezza e la loro forza diventeranno così un tesoro
inesauribile e un grande contributo per varie imprese. La quarta categoria è
quella dei politicanti ambiziosi e dei liberali di ogni colore. Con loro, si
può cospirare secondo il loro programma, facendo finta di seguirli ciecamente,
mentre in realtà li si assoggetta, ci si impadronisce di tutti i loro segreti,
li si compromette fino all'estremo limite, di modo che non abbiano più modo di
far marcia indietro, poi ci si serve di loro per gettare lo scompiglio nello
Stato. La quinta categoria comprende i dottrinari, i cospiratori, i
rivoluzionari , tutta gente che si abbandona a lunghi sproloqui orali e
scritti. Questi bisogna di continuo spingerli e trascinarli a fare pericolose
dichiarazioni pubbliche il cui risultato sarà di portarne la maggioranza a una
rovina definitiva e di dare invece a qualcuno una autentica formazione
rivoluzionaria. La sesta categoria , molto importante, comprende le donne, che
conviene dividere in due gruppi principali: le une - futili, stupide e senza
anima , di cui ci si può servire come della terza e della quarta categoria di
uomini; le altre - appassionate, devote, capaci che però non sono dei nostri
perchè non sono ancora giunte a un'autentica coscienza rivoluzionaria, concreta
e spassionat; infine le donne che sono interamente con noi; cioè completamente
iniziate e che accettano totalmente il nostro programma. Dobbiamo considerare
queste donne i nostri tesori più preziosi, del cui aiuto non possiamo fare a
meno."
Niente da aggiungere nè da 'eccepire'....semplicemente 'conforme' indirizzo
operativo per l'applicazione di un vero catechismo rivoluzionario...
Mao Tze Tung, fautore della rivoluzione culturale cinese e ideatore della
versione 'estremo-orientale' del Marxismo-Leninismo alias Maoismo, dichiarerà:
"Se si vuol fare la rivoluzione, ci deve essere un partito rivoluzionario.
Senza un partito rivoluzionario , senza un partito che si basi sulla teoria
rivoluzionaria marxista-leninista e sullo stile rivoluzionario marxista-
leninista è impossibile guidare la classe operaia e le larghe masse popolari a
sconfiggere l'imperialismo e i suoi lacchè" (2)
Ed ancora: "Senza teoria rivoluzionaria, senza conoscenza della storia, senza
una profonda comprensione del movimento nella sua realtà, nessun partito
politico può guidare un grande movimento rivoluzionaria alla vittoria." (3)

Spetaktor
07-07-09, 21:37
E ,dulcis in fondo, "La politica è il punto di partenza di ogni azione
pratica di un partito rivoluzionario e si manifesta nello sviluppo e nel
risultato finale delle azioni di questo partito. Ogni azione di un partito
rivoluzionario è l'applicazione della sua politica. Se non applica una politica
giusta , applica una politica erronea; se non applica coscientemente una data
politica, l'applica alla cieca. Ciò che noi chiamiamo esperienza è il processo
di applicazione di una politica ed il suo risultato finale. E' solamente
attraverso la pratica del popolo, cioè attraverso l'esperienza, che possiamo
verificare se una politica è giusta o errata. Ma la pratica degli uomini,
specialmente la pratica di un partito rivoluzionario e delle masse
rivoluzionarie, è legata necessariamente a una politica o all'altra. Di
conseguenza, prima di intraprendere qualsiasi azione, dobbiamo spiegare
chiaramente ai membri del Partito e alle masse la politica che abbiamo
formulato alla luce delle circostanze. Altrimenti, i membri del Partito e le
masse si allontaneranno dalla guida della nostra politica , agiranno alla cieca
e applicheranno una politica errata." (4)
'Peccato' che il marxismo-leninismo sia un prodotto di crani ebraici....la
rottamazione ideologica del marxismo ed il suo fallimentare esito su scala
globale ciononostante ci 'impongono' una doverosa ricognizione di analisi anche
sul pensiero maoista cinese...non 'dimenticando' ovviamente l'Angkar Padevat =
Organizzazione Rivoluzionaria dei khmer rossi e del loro capo , Pol Pot, ovvero
la metallica forma spartana della Kampuchea Democratica....(5)
Già....ma Noi - si 'chiederanno' i tanti "eterni fuorigioco" dell'estrema
destra italiota ed i loro 'compagni' dell'estrema si(o)nistra - siamo realmente
'nazionalsocialisti?....'fascinazioni' rivoluzionarie a parte ...affermiamo
l'insindacabile centralità della Razza quale vettore determinante un'identità
ontologica e la Questione Ebraica come eterno 'problema' della comunità
mondiale.... Il 'resto' sono 'ciance' sioniste.
Au revoir.

DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI
DIRETTORE RESPONSABILE AGENZIA DI STAMPA "ISLAM ITALIA"

Note-

(*) questo settimo punto del 12mo 'ordine' sulle regole generali per la rete
delle sezioni non pare trovarsi nel testo russo originario o consultato dal
traduttore italiano;

1) - da www.wikipedia.it
2) Mao Tze Tung - "Forze rivoluzionarie di tutto il mondo, unitevi,
combattete contro l'aggressione imperialista!" (Novembre 1948) da "Opere
Scelte" , Vol. IV.;
3) Mao Tze Tung - "Il ruolo del partito comunista cinese nella guerra
nazionale" - (Ottobre 1938) da "Opere Scelte" , Vol. II. ;
4) Mao Tze Tung - "Sulla politica concernente l'industria e il commercio" -
(27 Febbraio 1948) da "Opere Scelte" , Vol. IV. ;
5) si consulti in proposito il seguente indirizzo computatorio-internet :
http://angkarpadevat.splinder.com/

Spetaktor
07-07-09, 21:37
INTRODUZIONE AL REVISIONISMO OLOCAUSTICO - (....IN ATTESA DI UN 'FILM'...)


di Dagoberto Husayn Bellucci


"Lasciate dire; lasciatevi biasimare, condannare, imprigionare; lasciatevi
perdere, ma pubblicate il vostro pensiero. Non è un diritto, è un dovere. La
verità è tutto per tutti. Parlare è bene, scrivere è meglio; stampare è cosa
eccellente...Il vostro pensiero se buono è utile, se cattivo può essere
corretto e reso profittevole. Ma l'abuso?
Parola stolta; sono coloro che l'hanno inventata che abusano della stampa
pubblicando ciò che vogliono, ingannando, calunniando, e negando la risposta."

(Paul Louis Curier)



Gli studi revisionisti sul presunto/preteso "olocausto ebraico" da anni
rappresentano un importante fronte di indagine conoscitiva e di analisi
storiografica mirante lo smascheramento della pluridecennale prassi di
'inondazione menzognera' operata scientificamente a cominciare dall'immediato
secondo dopoguerra mondiale dalle centrali di disinformazione sioniste
internazionali.

L'efficacia della ricerca revisionista, volta non tanto a "negare" (come
spregiativamente gli storici "ufficiali" e sistemici sono usi a definire
chiunque si 'avventuri' con spirito di giustizia e di verità e in modo
disinteressato e sereno alle tesi revisioniste) l'esistenza storica della
persecuzione ebraica attuata legittimamente, 'giudiziosamente' e radicalmente
dal Governo nazionalsocialista della Germania del Terzo Reich, risulta conforme
ad una riflessione che sia onnicomprensiva della "questione maledetta"
considerando l'asfittica presenza di soggetti giudei e giudaizzanti nelle
principali redazioni di quotidiani, riviste e giornali a larga diffusione, nei
telegiornali nazionali e spesso in quelli locali e infine sulla rete web ovvero
all'interno del mondo virtuale dei cerebrolesi 'pippeggianti' sui tasti
computatorio-informatici che sono abituati da anni a procedere alla schedatura
"on-line" dei cosiddetti "antisemiti" stilando liste di proscrizione volte a
defenestrare dal "consorzio civile" i presunti autori di scritti o le case
editrici , i direttori di riviste e quotidiani che hanno loro concesso spazi di
verità.

Verità si badi bene intesa nel più alto senso del termine. E' questione di
verità storica quella che si va contrapponendo tra gli studiosi del
revisionismo e i loro - tanti , 'troppi' ...mai troppi a dire il vero -
denigratori asserviti ai diktat sinagogici e compiacenti alla Lobby. Perchè è
evidente, lapalissiano, che esista una Lobby ebraica nel nostro paese e che
eserciti la propria influenza con una 'marcatura a uomo' degna del miglior
terzino di tutti i tempi ( ...il pensiero 'corre' indietro con la memoria ad un
'certo' Claudio Gentile ed a due memorabili partite disputate contro Argentina
e Brasile durante l'edizione della Coppa del Mondo 1982...quella 'spagnola'...
Maradona e Zico letteralmente 'annullati' dalla rabbia, determinazione e sudore
del 'mastino' juventino..autentico segugio...).

La Lobby ebraica esiste ed è straordinariamente forte: determinata a
condizionare la vita culturale e più o meno indirettamente quella politica
dell'italiche genti , da anni questa consorteria di antichi usurai e
straccivendoli ha irretito, contaminato ed infine operato un vero e proprio
controllo capillare sulle politiche di esecutivi, istituzioni, organismi
statali, partiti politici, organizzazioni sindacali e industriali, sfere
vaticane e gerarchie ecclesiastiche.

Nessuno sfugge dal controlo sinagogico nell'italietta post-ideologica del
gossippismo e delle sbracate di una classe dirigente decadente, squallida,
irrilevante ed essenzialmente intercambiabile in qualunque momento: centro-
destra o centro-sinistra, Berlusconi e Prodi (o D'Alema, Veltroni, Franceschini
o chicchessia ulivico-diessin-sinistrato), post-fascisti e post-comunisti,
'nere' o 'rosse' che siano le 'carte' il 'mazzo' viene sempre 'deciso' e
'mischiato' dalla kehillah capitolina... Il Portico d'Ottavia quale 'Grande
Fratello' orwelliano della vita culturale e dell'opinionismo sistemico
nazionale...

La questione relativa alla storiografia revisionista risulta quindi
oggettivamente essenziale per spazzare via ogni possibile equivoco: da un lato
i giudei ed i giudaizzanti di ogni risma e latitudine, di qualsiavoglia colore
politico e di qualunque 'razza' ; dall'altro lato chi, coerentemente, ritiene
insopprimibile una battaglia di verità che intenda fuoriuscire dagli schemi del
'politically correct' che in I'tal'yà , similmente a quanto avviene nel resto
dell'Europa kippizzata a dovere e dell'Occidente 'under controll' , consiste
esclusivamente in una serie di esercizi più o meno quotidiani di inarrivabile
'stile' "ginnico-atletistico" da record olimpici...genuflessioni continue...

"Ciò che colpisce nello studio della vastissima letteratura consacrata allo
"sterminio" degli ebrei - scriveva venticinque anni fa Carlo Mattogno (1) - , è
l'enorme sproporzione che esiste tra un'accusa così grave e la fragilità delle
prove addotte a sostegno di essa. In effetti l'elaborazione e la realizzazione
di un "piano di sterminio" così gigantesco avrebbe richiesto una organizzazione
tecnica, economica e amministrativa assai complessa, come rileva Enzo Collotti:
"Ma è facile comprendere che una così imane tragedia non poteva essere
materialmente opera soltanto di poche centinaia o anche di poche migliaia di
uomini, non poteva realizzarsi senza un'organizzazione capillare che attingesse
aiuti e collaborazione nei settori più disparati della vita nazionale,
praticamente in tutti i rami dell'amministrazione, senza cioè la connivenza di
milioni di persone, che sapevano, che vedevano, che acconsentivano o che
comunque, anche se non erano d'accordo, tacevano e il più delle volte
lavoravano senza reagire a dare il loro contributo all'ingranaggio della
persecuzione e dello sterminio.".

Premesso la notoria prassi ebraica di sovvertimento delle società
"goiym=gentili=non ebraiche" , l'odio atavico riversato dagli ambienti ebraici
e sionistici contro il movimento hitleriano fin dai primi anni Venti risulta
conforme a verità storica il dato fattuale che indica nell'Internazionale
Ebraica il principale vettore disgregativo e degenerativo della vita sociale,
politica, economica della sedicente "repubblica di Weimar" nel periodo compreso
tra la fine della prima guerra mondiale e l'avvento del Terzo Reich. Le
principali organizzazioni ebraiche in Germania come nel resto d'Europa e negli
Stati Uniti d'America indicheranno nella Germania nazionalsocialista un nemico
da abbattere con ogni mezzo incitando alla 'canea' massmediatica quotidiani e
organi di stampa asserviti alle volontà della Lobby.

"Il preteso "piano di sterminio ebraico, oltre a non essere corroborato da
alcun documento è decisamente smentito dalla politica nazionalsocialista di
emigrazione ebraica , che in questa sede possiamo delineare nelle sue linee
essenziali. Nella lettera all'amico Gemlich del 16 settembre 1919 considerata
"il primo documento scritto della carriera politica di Hitler", egli riguardo
alla questione ebraica dichiara: "L'antisemitismo della ragione però deve
condurre alla lotta e all'eliminazione legale dei privilegi dell'ebreo, che
egli solo possiede a differenza degli altri stranieri che vivono tra di noi
(legislazione relativa agli stranieri). Ma il suo scopo finale (letztes Ziel)
dev'essere irremovibilmente soprattutto l'allontanamento degli ebrei (die
Entfernung der Juden).". Il 13 agosto 1920 Hitler pronunciò a Monaco il
discorso "Perchè siamo antisemiti?" ( Warum sind wir Anti-semiten?) in cui
ribadì che la conoscenza scientifica dell'antisemitismo doveva tradursi in
azione per condurre all'"allontanamento degli ebrei dal nostro popolo"
(Entfernung der Juden aus unserem Volke). Tale soluzione della questione
ebraica divenne il principio ispiratore del programma politico
nazionalsocialista e della sua dottrina razziale. Infatti, come rileva
Poliakov, "nè dai dogmi dei nazionalsocialisti nè dai loro testi principali,
conseguiva direttamente che vi dovesse essere una strage. 'Mein Kampf' , che
quasi a ogni pagina reca la parola "Ebrei" , tace sulla sorte loro riservata
nello Stato nazionalsocialista". Il programma ufficiale del Partito dichiarava
che "un Ebreo non può essere compatriota", nè, conseguentemente , cittadino,
mentre i commenti al programma esigevano più esplicitamente "l'espulsione degli
Ebrei e degli stranieri indesiderabili". L'allontanamento degli ebrei dal Reich
fu il cardine della politica ebraica di Hitler fin dalla sua ascesa al potere.
Il 28 agosto 1933 il Ministero dell'Economia del Reich stipulò coll'Agenzia
Ebraica per la Palestina il cosiddetto Haavara-Abkommen , un accordo (Abkommen)
economico per favorire il trasferimento (Haavara) degli ebrei tedeschi in
Palestina. Una nota del Ministero degli Esteri del 19 marzo 1938 auspicava la
liquidazione dell'accordo perchè , come si legge al punto 3, la Germania non
era più interessata a promuovere l'emigrazione degli ebrei ricchi coi loro
capitali , ma esisteva piuttosto un interesse tedesco "ad una emigrazione di
massa degli ebrei" (an einer jùdischen Massenauswanderung). Le leggi di
Norimberga del 15 settembre 1935 riaffermarono dal punto di vista legislativo
gli articoli 4 e 5 del programma del Partito elaborato a Monaco il 24 febbraio
1920. Lo scopo della legge sulla cittadinanza del Reich e di quella per la
difesa del sangue e dell'onore germanico era di separare ed isolare
dall'organismo tedesco il corpo estraneo ebraico in vista della sua prossima
espulsione..." (2)

Storicamente indimostrabile, fattualmente impossibile, ideologicamente
inconcepibile il presunto 'olocausto' di sei milioni di soggetti di razza o
religione giudaica non aveva alcun senso dal punto di vista della Germani
nazionalsocialista e da quello del suo Fuhrer considerando che i tedeschi
miravano essenzialmente all'espulsione dell'elemento ebraico dal tessuto
economico e dalla vita sociale del paese mediante l'emigrazione che venne
favorita in ogni modo anche durante i primi anni del conflitto quando non
mancheranno nuovi contatti con ambienti radicali del sionismo (fra questi la
Banda Stern).

I nazionalsocialisti ed i sionisti avevano, per evidenti diversissimi motivi,
identici obiettivi: alla Germania interessava l'espulsione degli ebrei dal
proprio territorio nazionale , obiettivo che coincideva con le speranze
sioniste di creare la loro 'homeland' ebraica in Terra Santa.

L'azione 'sinergica' nazionalsocialista-sionista ed i successivi accordi
ricercati da ambodue le parti rientravano in un rapporto di forza che vedeva
Hitler ed i vertici tedeschi in posizione determinante qualsivoglia
compromesso. Chiunque affermi il contrario, arrivando perfino a ricorrere ad
un'immagine demenziale che vuole un "Hitler sionista", è un falsificatore ed un
mestatore della storia. La Germania mirava a costruire un suo Reich svuotandolo
dagli elementi nocivi, alieni e nemici: per primi gli ebrei.

"Nell'aprile 1938 fu istituita a Vienna la "Zentralstelle fùr jùdische
Auswanderung" (Ufficio centrale per l'emigrazione ebraica) la cui direzione fu
affidata da Heydrich ad Adolf Eichmann. Qualche giorno dopo la cosiddetta
"notte dei cristalli" il 12 novembre 1938 , Gòrind riunì il Consiglio dei
ministri per far fronte alla difficile situazione che si era creata. (...) Per
superare le difficoltà economiche che comportava l'emigrazione ebraica, nel
dicembre 1938 Hitler approvò il piano Schacht: "La proposta discussa da Schacht
a Londra nel mese di dicembre con Lord Bearsted, Lord Winterton e il signor
Rublee fu, grosso modo, la seguente: il Governo tedesco avrebbe congelato i
beni degli ebrei , facendo di essi il fondo di garanzi per un prestito
internazionale , redimissibile in 20-25 anni. Supponendo che i beni degli ebrei
valessero un miliardo e mezzo di marchi, vi sarebbe stato un quantitativo di
valuta estera sufficiente per finanziare l'ordinata emigrazione degli ebrei del
Grande Reich nel corso di 3-5 anni." (....) La politica nazionalsocialista di
emigrazione ebraica procedeva però alacremente. Il 24 gennaio 1939 Gòring
promulgò un decreto che sanciva l'istituzione di una "Reichszentrale fùr
jùdische Auswanderung" (Centrale per il Reich per l'emigrazione ebraica).
Gòring riassumeva anzitutto lapidariamente il principio ispiratore della
politica nazionalsocialista: "L'emigrazione degli ebrei dalla Germania deve
essere promossa con ogni mezzo" (Die auswanderung der Juden aus Deutschland ist
mit allen Mitteln zu fòrdern)." (3)

Come si evince dalle iniziative promosse dai vertici nazionalsocialisti - che
proseguirono ripetiamo anche durante la seconda guerra mondiale , voluta,
preparata e scatenata dall'Internazionale Ebraica attraverso il sostegno alle
potenze demoplutocratiche dell'Occidente ed il ruolo determinante dell'elemento
ebraico ai vertici dell'Unione Sovietica - qualsiasi soluzione "genocida"
risultava inconcepibile anche , e non soltanto, per il dispendio di energie,
mezzi tecnici, finanziari e di qualsivoglia altro genere che questa
comportava.

Il problema che si pone quando si parla della verità storica, negata dagli
ambienti ebraici che hanno creato il 'mito' dell'olocausto dando un senso di
'sacralità' ad un evento che , per dimensioni e rilievo storico , se comparato
con altri massacri commessi durante il secondo conflitto mondiale risulterà
insignificante. Il presunto "olocausto" (perchè non chiamarlo con il suo vero
nome? perchè non definirlo semplicemente come 'strage' di qualche decina di
migliaia di soggetti di razza ebraica? perchè il ricorso ad una terminologia
'religiosa' se non solo ed esclusivamente per incidere sulle coscienze dei
tedeschi e dei popoli europei per i decenni a venire attraverso l'inoculazione
di un senso di colpa collettivo , morale, civile e di qualsivoglia altro genere
inteso a spezzarne definitivamente ogni resistenza?) è una leggenda.

Una leggenda utilissima alla fine della seconda guerra mondiale (autentica
Guerra d'aggressione giudaica contro l'Europa dell'Ordine Nuovo) per tutti:
utile alle due superpotenze uscite vittoriose da quell'immane tragedia, utile
ai sionisti per accelerare 'terroristicamente' i tempi dell'instaurazione,
fondazione e costituzione del loro "stato ebraico" in Palestina, utile per la
storiografia dei vincitori per occultare i loro tanti ignobili crimini, utile
infine per le anime belle del pacifismo internazionalista , i pacifi(n)ti di
tutti i colori possibili e immaginabili , 'arcobalenati' di ogni risma per
elevare a potenza la demonizzazione dell'esperienza politica, storica,
ideologica e militare del Terzo Reich Nazionalsocialista.

Ha scritto Paul Rassinier: "Nel 1950 scrivendo "La menzogna di Ulisse" ,
avevo classificato in tre categorie i testimoni (sic!) del fenomeno
"concentrazionario" che ivi studiavo: - coloro che nulla destinava ad essere
dei testimoni fedeli e che, senza alcuna intenzione peggiorativa, io definivo:
testimoni minori; - gli psicologi vittime di una tendenza , a mio avviso , un
poco troppo pronunciata per l'argomento soggettivo; - i sociologi, o reputati
tali. Non avev trovato storici, o qualcuno che, per lo meno, fosse degno di
questo nome. In guardia persino contro me stesso, per non essere accusato di
parlare di cose forse troppo lontane dalla mia esperienza personale, o nel
timore di cadere a mia volta nel difetto che rimproveravo agli altri, vale a
dire di rischiare qualche offesa alle regole della probità intellettuale, avevo
deliberatamente rinunciato a presentare un quadro completo della letteratura
"concentrazionaria" dell'epoca. (...) Più tardi , sostenuta e incoraggiata
dalla politica che ispirava i rapporti americano-russi, la letteratura
"concentrazionaria" , che a sua volta appoggia questa politica, non ha fatto
che cresceree perfezionarsi. Non è un segreto per nessuno che nella politica
degli Stati Uniti un certo numero di argomenti è unicamente destinato a non
tagliare radicalmente i ponti con la Russia: tra gli altri v'è il mito del
pericolo di una rinascita del nazismo e del fascismo in Europa. Stalin e Truman
(degno erede di Roosevelt) , di comune accordo hanno sfruttato a fondo questo
mito; il primo per impedire all'Europa di prendere coscienza di se stessa e
integrarsi alla Germania, il secondo per deficienza mentale. E Kruscev continuò
a giocare con Kennedy il gioco di Stalin con Truman...(...) Comunque, circa
verso il 1950 , rinacque e prese corpo nella mente di molti, l'idea che
l'Europa esisteva. Questa episodica presa di coscienza, già provocata un tempo
dall'ossessione delle guerre franco-tedesche, lo era, questa volta da un'altra
, a due facce complementari: da una parte la quasi certezza che divisa in se
stessa l'Europa era facile preda del bolscevismo, dall'altra che non vi era
Europa possibile senza l'integrazione della Germania. A Mosca come a Tel Aviv
si era sentito, già al suo primo soffio che questo vento veniva da lontano: se
si fosse scatenato in tempesta non avrebbe mancato di provocare l'unione
dell'Europa, il che per la Russia avrebbe significato l'isolamento, per Israele
la fine di quelle sovvenzioni di vitale importanza che le vengono versate a
titolo di riparazioni dalla Germania (Ben Gurion , ricevendo Gerstenmayer ,
Presidente del Bundestag, ha dichiarato , il 30 novembre 1962, che il loro
importo ammontava a 850 milioni di dollari all'1 aprile 1962: una
bazzecola!).". (4)

Basta o dobbiamo andare avanti per cercare ulteriori 'prove' che dimostrino
l'interessamento 'monetaristico' e politico di quanti si dimostravano più che
'attenti' controlori della necessità di soffiare il fuoco sotto i carboni
ardenti ed alimentare ad arte la vulgata sterminazionista? Una 'vulgata' fatta
diventare rapidamente verità storica, trasformatasi nel tempo in insindacabile
realtà ed infine - con 'avallo' vaticano - eretta a dogma infallibile e
indimostrabile ma come tale soprattutto indiscutibile della società
contemporanea , rovesciata e contorta di massa.

Aggiungere 'altro' crediamo sia oltremodo inutile anche in considerazione dei
lavori, tecnicamente più specialistici e storicamente più rilevanti, finora
prodotti dai vari Mattogno, Faurisson, Irving e da altre decine di coraggiosi
storici che hanno cercato di far cadere il velo dell'omertà sistemica su questa
leggenda , su un mito inarrivabile, che da oltre sessant'anni sta imprigionando
l'Europa, soffocandone le aspirazioni dei popoli e delle nazioni che di questo
vecchio e glorioso continente fanno parte a riprendersi la propria sovranità
nazionale, politica ed economica, ed uscire dal soffocante ed irritante ricatto
usurocratico della Lobby e dal controllo politico-militare della superpotenza a
stelle e strisce che continua a percepirci tutti come 'coloni' ...Sion userebbe
invece la dizione 'bestie da soma'.

Tant'è....noi aspettiamo volentieri il film 'olocaustico' preannunciato dalla
"reginetta del pop" Britney Spears che tanto tanto clamore e indignazione ha
provocato tra le comunità giudaiche di mezzo mondo.... Una volta 'tanto' saremo
'lieti' di vederne uno di questi 'capolavori' sterminazionisti.... Britney Uber
Alles!


DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI

DIRETTORE RESPONSABILE AGENZIA DI STAMPA "ISLAM ITALIA"



Note -

1 - Carlo Mattogno - "Il mito dello sterminio ebraico" - ediz. "Sentinella
d'Italia" - Monfalcone 1985;

2 - Carlo Mattogno - op. cit. ;

3 - Carlo Mattogno - op. cit. ;

4 - Paul Rassinier - "Il dramma degli ebrei" - edizioni "Europa" - Roma s.d.;

Spetaktor
07-07-09, 21:39
MUHAMMAR GHEDDAFI E IL SOCIALISMO NAZIONALE ARABO


di Dagoberto Husayn Bellucci


""Il nostro socialismo è un socialismo islamico, scaturito dalla tradizione
del nostro popolo, dalla sua religione e dai suoi principi. La giustizia
predicata dall'Islam è una giustizia assoluta, inglobante tutti gli aspetti
della vita umana, siano essi giuridici , sociali, internazionali o
semplicemente relativi a rapporti dell'uomo con se stesso."

( Gheddafi - "Il Libro Verde" )


"Noi siamo contro il capitalismo e il comunismo; di conseguenza basta con la
putrida ideologia del capitalismo, basta con il marxismo ingannatore."


( Gheddafi - "Il Libro Verde" )



L'analisi relativa al pensiero ed all'azione politica quarantennale
sviluppata in Libia dal Colonnello Muhammar Gheddafi 'reagisce' a differenti
'impulsi' concernenti un percorso ideologico ed una prassi politica 'conformi'
a premesse rivoluzionarie in ordine con i principii della Tradizione religiosa
e politica musulmana uniti ad una ambivalente 'attitudine' del Leader Maximo
della "Grande Jamāhīriyya Araba di Libia Popolare e Socialista" ieri
sostenitore a spada tratta del Panarabismo social-nazionalista di ispirazione
'nasseriana' successivamente - a partire dalla seconda metà degli anni Novanta
- avvicinatosi sempre più palesemente all'Occidente con il quale ha cercato di
ricucire 'antichi' rancori e nuove 'frizioni' riuscendo nell'intento di
riportare ad un livello sufficientemente accettabile le relazioni libiche con
l'Italia , vecchia potenza colonialista dello "scatolotto di sabbia" nord-
africano (..."la quarta sponda" di mussoliniana memoria...), e fuoriuscire
dalla 'black list' del Dipartimento di Stato statunitense e dall'elenco dei
paesi 'canaglia' o 'sponsor' del cosiddetto "terrorismo internazionale" dei
quali Washington annualmente 'aggiorna' o 'certifica' le 'intenzioni' (...il
criminale incallito 'uso' ad accusar le sue vittime e 'rivoltar' contro esse
presunte, pretese e mai dimostrabili azioni 'destabilizzanti' la pace di questa
o quella regione del pianeta...Washington ovvero la quintessenza del terrorismo
, gli Stati Uniti come centro planetario di tutti i complotti e gli intrighi
politici internazionali contro la pace, la 'White House' quale 'motore
immobile' delle vampate terroristico-incendiarie deflagranti le nazioni del
pianeta e puntate contro la libertà e l'indipendenza dei popoli...).

'Scrivere' della figura istrionica, egocentrico-lunatica e spesso
difficilmente 'comprensibile' all'occidentale rovesciata e contorta percezione
delle masse 'belanti' della moderna contemporaneità ci 'interessa' al di là
della distanza 'abissale' - 'anni luce' di siderale vuoto cosmico - che separa
la Libia 'islamo-social-nazionalista' del Colonnello di Tripoli dalla forma
scolpita perfetta e insindacabile della Repubblica Islamica dell'Iran al fianco
del quale , 'sottolineatura' d'obbligo e necessario 'ricordo' storico, Gheddafi
comunque si pose durante gli otto lunghi anni della Guerra Imposta da Saddam
Hussein (1980-88) 'adempiendo' ad una consegna rivoluzionaria ed insieme ad una
'congiuntura' geopolitica internazionale favorevole per l'instaurazione di
relazioni amichevoli.
Tripoli non è nè mai potrà essere Teheran ma rimane un esemplare punto di
riferimento per le masse islamiche dell'Africa sahariana settentrionale che -
anche durante le 'turbolenze' ed agitazioni che interesseranno questa regione
negli anni compresi tra la fine degli Ottanta ed i Novanta , con le rivolte
popolari in Tunisia e lo scatenamento della sanguinosa e criminale guerra
civile in Algeria seguente il colpo di stato dei militari filo-occidentali e la
messa al bando del F.I.S. , il Fronte Islamico di Salvezza , vincitore del
primo turno delle elezioni legislative del dicembre 1991 (1) - riconosceranno
nella politica ambivalente ( africana e vicino-orientale ) del colonnello
Gheddafi un vettore anti-imperialista ed un riferimento per future possibili
ondate rivoluzionarie miranti l'abbattimento dei regimi filo-occidentali che
dalla Mauritania all'Egitto si sono sottomessi ai diktat della superpotenza a
stelle e strisce accettando inique posizioni di lacchè dell'America e
miserevoli compromessi ed accordi quali quello che porterà nel settembre 1978
l'allora presidente egiziano Anwar el Sadat a firmare gli accordi di Camp David
con il criminale sionista Menachem Begin. (2)
In questo contesto , e prendendo spunto dalla recente visita italiana del
Colonnello Gheddafi ( che ha suscitato peraltro le ire della "kehillah"
capitolina e 'italica' ovvero la reazione demonizzante massmediatica della
tramissione televisiva "Sorgente di Vita" , appuntamento bisettimanale a cura
dell' UCEI - Unione delle Comunità Ebraiche Italia alias quindicinale
propaganda sionista 'mascherata' peraltro malamente da rubrica "religiosa" ),
non possiamo quindi esimerci da una ricognizione analitica relativa all'avvento
, quarant'anni or sono, della "rivoluzione verde" libica portata avanti
sull'esempio di quella nasseriana del '52 da un gruppo di militari denominato
"al Dubbat al-Wahdawiyin al-Ahrar" ("Gli Ufficiali Liberi Uniti").
La "rivoluzione" di Gheddafi prenderà le mosse il primo settembre 1969
sorprendendo tutti: gli abitanti della Libia, i britannici stazionanti nel
paese, le due superpotenze che si spartiscono il pianeta (Stati Uniti ed Unione
Sovietica). Alle prime ore dell'alba , attorno alle 6 del mattino, la Radio
Nazionale che a quell'ora solitamente trasmette la voce del muezzin per
invitare i fedeli alla preghiera o i versetti del Sacro Corano è interrotta da
marce militari e dalla voce di uno sconosciuto ufficiale che lancia il suo
proclama alla Nazione e al mondo intero: "Nel Nome di Dio , il Clemente il
Misericordioso. O Grande popolo libico! Per compiere la tua libera volontà ,
per realizzare le tue preziose aspirazioni, per rispondere ai tuoi reiterati
appelli al cambiamento e alla purificazione , al lavoro e alla iniziativa , e
nello spirito della rivoluzione e dell'assalto, le tue forze armate hanno
distrutto il regime reazionario, retrogrado e decadente..."
La voce che proclama l'avvenuto colpo di stato è quella di un tenente che il
mondo incomincerà a conoscere soltanto qualche mese più tardi: Muhammar
Gheddafi.
E' lui ad annunciare ai suoi connazionali la fine del regime monarchico e la
caduta di re Idriss, in quel momento assente, che ha governato il paese per
diciotto anni. Ed è lo stesso Gheddafi che si rivolge ai suoi concittadini per
invitarli alla rinascita in uno spirito nazionale che dovrà edificarsi nel
solco della tradizione religiosa musulmana e nella scia dell'ideologia
socialista panaraba del suo principale referente: il Gen. Gamal Abd'al
Nasser.
"Tendente le mani, aprite i cuori, dimenticate i rancori. Serrate le file
contro il nemico della nazione araba, il nemico dell'Islam, il nemico
dell'Uomo, a colui che ha bruciato i nostri luoghi sacri e calpestato il nostro
onore" prosegue il proclama di Gheddafi e dei suoi Ufficiali Liberi Uniti. Un
proclama bellicoso, in sintonia con l'epoca e con le premesse storiche dal
quale nasce l'ideologia - solo successivamente meglio elaborata e compiutamente
descritta nel volume "Il Libro Verde" sorta di 'breviario' in salsa islamo-
social-nazionalista del leader libico o , se vogliamo andare indietro con la
memoria, 'plausibile' seppur inarrivabile rispetto all'originale "Mein Kampf"
hitleriano 'redatto' dal Capo della Jamàhìrijja libica - che ispirerà , almeno
fino alla metà degli anni Novanta l'azione del Colonnello.
Come realisticamente ha sottolineato qualche osservatore le aspirazioni
'trascendenti' la realtà fattuale del leader libico 'cozzeranno'
spaventosamente e rovinosamente con le possibilità , in termini di risorse
umane, tecnologiche e militari con i disegni di grande espansionismo nord-
africano e le pretese di influenzare la scena nord-africana e quella del Vicino
Oriente di Gheddafi. Grandi idee, altrettanto ragionevolmente grandi progetti
politico-rivoluzionari ma 'racchiusi' nelle immense sabbie desertiche libiche e
'inevitabilmente' risultati disattesi per 'carenze' di base...'capita' anche
ai più Grandi di immaginare o pensare al di là delle loro possibilità...Se
Gheddafi fosse stato al potere al Cairo con una massa di sessanta milioni di
individui , gerarchicamente inquadrati e magneticamente 'fascinati' dalle
parole d'ordine nazionali e socialiste , islamiche e rivoluzionarie, avrebbe
senz'altro scatenato una legittima guerra di riconquista dei Luoghi Santi di Al
Qods e della Palestina 'ordinando' in una metallica forma spartana ed in un
Grande Imperium nord-africano le genti del Maghreb...tant'è si dovrà
'contentare' del ruolo di attore subalterno rispetto ad altre potenze regionali
nello scacchiere geopolitico, strategico e militare del Vicino Oriente
'ripiegando' infine su una politica africana che non troverà efficace 'sviluppo
storico'.
La mattina del 1 luglio 1969 le principali capitali mondiali accolsero con
stupore e con notevole preoccupazione le voci provenienti da Tripoli ed il
colpo di stato militare che aveva abbattuto in una notte la monarchia filo-
occidentale di re Idriss asservita mani e piedi agli interessi delle
multinazionali petrolifere e politicamente dipendente dal sostegno di
britannici e americani. A Washington, Mosca e al Cairo i governi furono presi
alla sprovvista: ci si attendevano sviluppi decisivi nella zona, anche un colpo
di stato ma di diversa 'estrazione' politica. La domanda che in quelle prime
ore circolerà tra le principali cancellerie mondiali sarà soprattutto una: chi
è Gheddafi? E soprattuto cosa vuole il nuovo padrone della Libia?
La risposta non tarderà ad arrivare. La fornirà lo stesso Colonnello
propugnano l'unità della Nazione Araba, chiamando attorno a sè i popoli del
mondo arabo-musulmano, cercando - nel corso degli anni - improbabili ,
impossibili, unioni con Egitto, Tunisia, Siria.
"A Tripoli, metropoli libica e antichissima capitale, molti dei circa
diecimila residenti stranieri, tra i quali gli americani della enorme base
aerea militare di Wheelus Field, si svegliano e fanno colazione vagamente
consci di quanto è accaduto nella notte. I cospiratori, guidati dal tenente
Abdel Salem Jallud, il più fedele aiutante di campo di Gheddafi, hanno adottato
la stessa tattica di quel maestro dello 'Inquilab' (colpo di stato militare) ,
Abdel Karim Kassem, quando rovesciò la monarchia irachena filo-occidentale
della famiglia hashemita a Baghdad nel luglio 1958. Il giorno precedente il
previsto colpo di stato, soldati di tre battaglioni corazzati ricevono il
permesso di effettuare esercitazioni notturne. Invece di fare le manovre,
giovani ufficiali e truppa guidano i loro mezzi fino a Tripoli. Molto prima
dell'alba sorprendono e disarmano la polizia tripolitana e le Forze di difesa
della Tripolitania (TRIDEF) in cui sono presenti militari inglesi. Poi si
dirigono alle sedi della radio e della televisione, edifici poco appariscenti
sulla vecchia strada panoramica costruita dagli italiani, che guarda sul porto.
Assicuratisi per radio che gli uomini di Gheddafi abbiano arrestato il
comandante delle CYDEF in Ciranaica e preso la sua base principale a Gurnada, e
che altri manipoli abbiano preso possesso della postazione, della sede dei
telegrafi e della radio a Bengasi, stabiliscono un contatto radio permanente
con la Cirenaica. Verso le 6 e 30 Radio Tripoli si collega con Bengasi per
diffondere il trionfante discorso di Gheddafi. A Wheelus Field, che si estende
dalla costa al deserto a est di Tripoli, il colonnello John Groom , comandante
della base, riceve la notizia da un attendente il quale gli dice a colazione
che la BBC parla di una "specie di rivoluzione" in Libia. In pochi minuti tutto
il personale americano è consegnato nella base e Groom telefona all'ambasciata
degli Stati Uniti. Su richiesta della nuova giunta i voli di addestramento sono
sospesi. Un giovane addetto diplomatico riferisce succintamente a Groom gli
eventi della notte con voce tremante. Intanto quelli del servizio informazioni
lavorano a pieno ritmo per tradurre al colonnello il proclama radiofonico dello
sconosciuto. Esso termina con parole che suonano come una chiamata alle armi,
secondo gli ufficiali dei servizi informazioni: "Così noi cotruiremo la gloria,
riporteremo in auge le nostre tradizioni, e vendicheremo l'onore ferito e il
diritto usurpato. O voi che avete visto la guerra santa di Omar el Mukhtar per
la Libia, l'arabismo e l'Islam...". " (3)
Omar el Mukhtar un nome che ritorna dal passato. Da un passato recente ,
contraddistinto dall'occupazione coloniale italiana e dalla normalizzazione
manu militari imposta alle tribù senusse della Libia dal Duce che , sul finire
degli anni Venti, invierà tra le dune del deserto sahariano il Gen. Rodolfo
Graziani ed un contingente militare a domare la rivolta diretta da questo eroe
, capo religioso e militare di un intero popolo.
Lo stesso Graziani avrà nei confronti di el Mukhtar un duplice sentimento di
odio/amore , rispettandolo come avversario al quale darà la caccia per mesi e
contemporaneamente sanzionandone le azioni 'ribellistiche' con una repressione
militare brutale che arriverà a creare inumani campi di concentramento nel
deserto ai confini con l'Egitto.
Scrive Angelo Del Boca : "Quando Omar al Mukhtar assume nel 1923, per delega
di Mohamed Idris, capo della Senussia, la guida della resistenza anti-italiana
in Cirenaica, ha già 63 anni e alle spalle una intera esistenza spesa ad
insegnare il Corano nella moschea di Zawihat al Gsur, un villaggio agricolo tra
Barce e Maraua. Il generale Graziani, che finirà per batterlo, ricorrendo ad
ogni mezzo, così lo descrive: «Di statura media, piuttosto tarchiato, con
capelli, barba e baffi bianchi, Omar al Mukhtar era dotato di intelligenza
pronta e vivace; era colto in materia religiosa, palesava carattere energico ed
irruente, disinteressato ed intransigente; infine, era rimasto molto religioso
e povero, sebbene fosse stato uno dei personaggi più rilevanti della
Senussia». Per essere stato delineato dall’avversario che lo porterà al
patibolo, il ritratto è sorprendentemente fedele e positivo, concorda con il
ritratto che altri hanno tracciato di lui. Ma c’è una dote di Omar che Graziani
sottace ed è il suo genio militare, che forse eguaglia o supera quello del
guerrigliero somalo Mohammed ben Abdalla Hassan, più noto come il Mad Mullah.
Omar al Mukhtar, infatti, non è soltanto uno splendido esempio di fede
religiosa, di vita semplice ed integerrima. È anche il costruttore di quella
perfetta organizzazione politico-militare che gli italiani riusciranno a
frantumare soltanto alla fine di un decennio di lotte e utilizzando mezzi
assolutamente straordinari. Con appena 2-3 mila uomini, ma in certi periodi
anche soltanto con mille, Omar riesce a tener testa a 20 mila uomini, dotati
dei mezzi più moderni ed efficienti, riforniti con larghezza e protetti dall’
aviazione. Quasi sempre all’offensiva - lo testimoniano i 53 combattimenti e i
210 scontri che si succedono nel decennio - Omar colpisce, poi si ritira e
svanisce nel nulla, creando nell’avversario, che ricerca invano una battaglia
risolutiva, rabbia e un senso di frustrazione. Nella conduzione della spietata
guerra per bande, Omar è favorito dalla natura impervia dei territori in cui
opera e dal sostegno incondizionato delle popolazioni del Gebel Akhdar che lo
riforniscono di uomini, armi, cibo e denaro. Si aggiunga che ad Omar giungono
regolarmente e in abbondanza aiuti di ogni genere dal vicino e compiacente
Egitto, dove hanno trovato rifugio e protezione l’emiro Mohamed Idris ed altri
capi della resistenza all’Italia. Quando, all’inizio del 1930, il regime
fascista affida al generale Graziani, che già ha sottomesso la Tripolitania e
il Fezzan, il compito di liquidare la resistenza in Cirenaica, il generale sa
perfettamente che non riuscirà a sconfiggere Omar al Mukhtar adottando soltanto
gli strumenti militari reperibili in colonia. Per vincere Omar è necessario
fargli il vuoto intorno, prosciugare le sue casse, tagliare le sue linee di
rifornimento con l’Egitto. D’intesa con il governatore generale della Libia,
maresciallo Badoglio, e con il ministro delle colonie, Emilio De Bono, il
generale Graziani organizza una serie di operazioni tese al soffocamento della
ribellione. Con la chiusura delle 49 zavie della confraternita religiosa
senussita e la confisca dei suoi ingenti beni (centinaia di case e 70 mila
ettari della miglior terra), Graziani toglie a Omar uno dei sostegni economici
più rilevanti. Con la mossa successiva, quella di trasferire parte delle
popolazioni del Gebel Akhdar verso la costa, Graziani confida di poter bloccare
il continuo reclutamento di guerriglieri. Presto si accorge che quest’ultima
operazione non fornisce i risultati sperati. Allora ricorre ad un estremo
rimedio: quello di trasferire l’intera popolazione delle regioni montane e
della Marmarica lontano dalla zona delle operazioni, per togliere alla
ribellione ogni residuo sostegno. Il trasferimento, che si compie con
indicibili sofferenze fra il luglio e il dicembre del 1930, riguarda oltre 100
mila libici, che vengono confinati in tredici campi di concentramento nel sud
bengasino e nella Sirtica, regioni notoriamente fra le meno ospitali, dove i
reclusi saranno falcidiati dal tifo petecchiale, dalla dissenteria bacillare,
dalla fame e dalla quotidiana razione di botte. A guerra finita, su 100 mila
confinati, 40 mila non torneranno più alle loro case. Per tagliare infine i
rifornimenti dall’Egitto, Graziani fa costruire una barriera di filo spinato,
larga alcuni metri e lunga 270 chilometri, dal porto di Bardia all’oasi di
Giarabub. Nell’estate del 1931, mentre viene sigillata ermeticamente la
frontiera con l’Egitto, Graziani è ormai convinto che Omar finirà per cadere
nella trappola. E in effetti il capo della guerriglia si trova a mal partito.
Gli sono rimasti soltanto 700 uomini, poche munizioni e pochissimi viveri. Con
i suoi audaci cavalieri riesce a mettere a segno ancora qualche colpo, ma l’11
settembre, avvistato dall’aviazione, viene circondato da forze soverchianti
nella piana di Got-Illfù. Omar cerca ancora di portare in salvo il suo
squadrone ordinandone il frazionamento. E infatti gran parte dei suoi uomini si
salva. Ma lui viene colpito da una fucilata al braccio e subito gli uccidono il
cavallo. Per Omar al Mukhtar è finita. Tradotto a Bengasi con il
cacciatorpediniere “Orsini”, il 15 settembre lo processano nel salone del
Palazzo Littorio. Il processo è soltanto una tragica farsa destinata a rendere
legale un assassinio. Mussolini ha già deciso per la pena capitale. Alla
lettura della sentenza, che lo condanna all’impiccagione, Omar al Mukhtar non
si scompone, dice: «Da Dio siamo venuti e a Dio dobbiamo tornare». L’indomani,
carico di catene, il settantenne Omar sale sul patibolo." (4)
Straordinariamente l'Italietta democratica ed antifascista , nata dalla
'resistenza', che per anni si è sforzata in tutte le 'salse' ed in ogni
occasione di denigrare, schernire, ironizzare o demonizzare a seconda delle
opportunità e necessità del sistema eretto dai vincitori 'partizan' e
soprattutto dai loro padroni , gli Stati Uniti d'America, si è dimenticata
completamente di ricordare la figura di quest'eroe nazionale libico che
combattè validamente e furiosamente i soldati di Mussolini.
Una 'dimenticanza' tanto più "sospetta" se si considera che esiste anche un
bellissimo ed avvincente film - intitolato "Il Leone del deserto" (5),
magistralmente interpretato da Anthony Quinn fenomenale nella parte di al
Mukhtar - finanziato dal leader libico Gheddafi nel 1979 con oltre 50 miliardi
di vecchie lire e diffuso e proiettato in tutto il mondo tranne in Italia in
quanto , alla faccia delle 'sbandierate' "libertà di stampa, opinione ecc ecc"
, considerato "lesivo dell'onore dell'esercito italiano".
Noi , che visionammo un quindicennio or sono la videocassetta e del quale ne
conserviamo copia , riteniamo insidacabilmente un ottimo film quello realizzato
in onore dell'eroe nazionale della Libia che, fin dagli anni Cinquanta, una
volta ottenuta l'indipendenza lo celebrerà dedicandogli ed erigendo monumenti
in suo onore ed intestandogli strade e piazze in ogni città e villaggio del
paese. Re Idriss prima e Gheddafi successivamente renderanno omaggio alla
resistenza eroica e gloriosa di questo combattente dell'Islam e sarà lo stesso
Colonnello a creare un mausoleo per Omar el Mukhtar a Bengasi.
La Libia di Gheddafi ricorderà immediatamente la figura di el Mukhtar fin
dall'avvento della Rivoluzione che , a partire dal 1.o settembre 1969, porterà
l'ex colonia italiana ad inserirsi di prepotenza nel "great game" geopolitico,
strategico e militare degli avvenimenti storici mediterranei, africani e vicino-
orientali.
Un'epoca nuova nasceva la mattina di quel lontano settembre 69 celebrata
annualmente dal regime libico come l'alba della resurrezione per un intero
popolo 'ordinato' militarmente e ideologicamente da una weelthanshauung =
visione del mondo direttamente ispirata dalla religione dei padri, l'Islam, che
- come sottolineerà sovente in molti discorsi e conferenze il leader maximo
alle masse libiche, "nelle nostre menti deve essere sempre presente la verità
secondo la quale (...) è la religione che procurò ai nostri antenati la gloria
dei loro tempi. Ancora al giorno presente le stelle vengono chiamate coi nomi
arabi che gli astrologhi arabi medioevali diedero ad esse. Ciononostante ,
alcuni ridono di questo fatto e disprezzano tutto quanto è arabo e musulmano"
(6).
Scrive Claudio Mutti: "Tutta l'azione di Gheddafi ha il carattere di un
gihàd, di una lotta intesa a "far rivivere il nostro retaggio" , a riproporre
cioè i valori della tradizione islamica. E' gihàd la rivoluzione culturale,
dove alla lotta contro "le ideologie importate, le idee capitalistiche ed
ebraico-comuniste" (*) , corrisponde la "rivoluzione all'interno di noi stessi,
affinchè possiamo incamminarci sulla giusta Via" (**); così come in un hadith
del Profeta , alla piccola guerra santa, combattuta contro il mondo esterno,
corrisponde la grande guerra santa, che è la lotta dell'uomo contro i nemici
che egli porta in se stesso. E non è un caso che di "rivoluzione culturale"
Gheddafi abbia parlato , per la prima volta, nel discorso pronunciato in
qualità d'Imam alla moschea di Tripoli il 19 dicembre 1971. Pronunciando tale
discorso , Gheddafi ha ravvivato una tradizione - dimenticata da diversi secoli
- secondo cui il Califfo, capo contemporaneamente spirituale e temporale,
guidava la preghiera dei fedeli e pronunciava un discorso alla moschea. E'
gihàd l'opera che la Libia rivoluzionaria svolge allo scopo di consolidare
l'unità della Nazione Islamica, una vera e propria "razza dello spirito" - umma
- i cui termini trascendono i confini del mondo arabo. E' gihàd la lotta per
l'unità araba, che ha cozzato finora contro le resistenze piccolo-
nazionalistiche dei paesi limitrofi, coi quali Gheddafi aveva proposto
l'unificazione politica. E' gihàd la lotta per l'instaurazione del socialismo
islamico, un socialismo "scaturito dalla tradizione del nostro popolo, dalla
sua religione e dai suoi principi" (***). E' gihàd la restaurazione della
shariyah, la legge religiosa elaborata in passata dagli ulamà ez-zàhir. E'
gihàd infine la lotta contro l'imperialismo sionista e russoamericano e il
relativo appoggio ai popoli e ai movimenti che si battono contro questa
oppressione." (7)
Gli anni Settanta ed Ottanta vedranno dunque il Colonnello Gheddafi impegnato
su più fronti nel sostenere le l'unità del mondo arabo, le resistenze nazionali
in Palestina ed in Libano con larghe intese al fianco di Yasser Arafat e
dell'OLP prima e in direzione dei movimenti islamici successivamente. In
particolare Gheddafi tenterà di promuovere l'idea nasseriana di un socialismo
nazionale arabo destinato , nelle intenzioni del suo ideatore, a 'fascinare' in
una comunità di popoli i diversi nazionalismi eredità dell'epoca colonialista
in una Grande Nazione Araba che , il leader libico, sogna di vedere forte,
armata e indipendente tanto dall'imperialismo statunitense quanto da quello di
matrice marxista e di proiezione sovietica. L'Urss fornirà relativi aiuti alla
Libia di Gheddafi soprattutto per i suoi interessi espansionistici nel
Mediterraneo miranti a contrastare le strategie di Washington in questa regione
geopolitica considerata vitale dal Cremlino durante gli anni della Guerra
Fredda.
"Un idea soprattutto ossessiona Gheddafi: l'unificazione di tutti i popoli di
lingua araba. Soltanto nella totale unità araba, egli dice, può esservi una
vera forza , e la fede islamica è necessaria a creare tale unità. Quasi tutto
ciò che Gheddafi ha detto , scritto o fatto sin dai giorni della scuola a Sebha
si spiega in rapporto a questo sogno. Per conseguirlo lo stato di Israele, che
Gheddafi considera come l'ultimo e più odioso trapianto coloniale
dell'Occidente nel corpo politico arabo, dev'essere eliminato e i quattro
milioni di palestinesi devono tornare nella loro patria d'origine, nella
storica Palestina. Qualsiasi contributo a quelle cause è onesto e giusto.
Qualsiasi opposizione a esse dev'essere sventata con l'astuzia o sradicata.
L'assassinio al Cairo del presidente Sadat il 6 ottobre 1981, quando Stati
Uniti e Israele contavano ancora su Sadat per rendere efficace il processo di
pace di Camp David, fu perciò visto da Gheddafi come una sua grande vittoria
personale, sebbene egli non avesse preso direttamente parte all'azione. Durante
le primissime settimane di consolidamento al potere, Gheddafi aveva già
cominciato a progettare ciò che riteneva avrebbe portato a una futura unità
araba. Il progetto doveva essere elaborato insieme con il suo idolo e mentore,
Nasser. Eventualmente vi sarebbe stato incluso anche il presidente del Sudan,
Jaafar al-Nimeiri, altro giovane ufficiale che aveva conquistato il potere
dell'enorme paese appena tre mesi prima di Gheddafi. I tre leader professavano
di credere agli stessi principi di "socialismo islamico" come trampolino per il
raggiungimento dell'unità araba. Il 27 dicembre 1969 , in una Tripoli che aveva
appena assimilato la realtà della propria rivoluzione, fu facile ai tre firmare
il patto di unità. Ai numerosi mezzi d'informazione del mondo arabo e agli
scettici osservatori in Israele e in Occidente essi dichiararono che lo scopo
del patto era "una stretta alleanza rivoluzionaria il cui obiettivo è sventare
gli intrighi imperialisti e sionisti". Al crepuscolo della presidenza di Nasser
nel 1970 , quando il movimento di guerriglia palestinese si rafforzò e sfidò re
Hussein per avere la supremazia in Giordania, sembravano non esserci divergenze
tra Egitto, Libia e Sudan. (...) Successivamente , a una riunione con Nasser e
Haykal, Gheddafi spiegò che aveva deciso d'inviare aiuti all'IRA per combattere
il colonialismo britannico. (...) Durante una discussione sulle superpotenze
l'argomento cadde su Henry Kissinger, consigliere per la sicurezza nazionale
USA, e su Alexei Kossighin, il premier sovietico. Gheddafi affermò che non
trovava differenza tra i due: entrambi sono nemici. "Ma Muammar, non possiamo
mettere Unione Sovietica e Stati Uniti sullo stesso piano" ribattè Nasser.
"L'Unione Sovietica può essere , come dici, uno stato ateo, ma è con noi. E gli
Stati Uniti, benchè cristiani, sono contro di noi.". Quando Haykal tentò di
convincere Gheddafi che il marxismo era una parte vitale del pensiero politico
contemporaneo, questi rifiutò di accettarlo. Solo l'Islam, disse, era valido
come teologia sociale completa, un sistema per tutte le stagioni." (8)

Spetaktor
07-07-09, 21:40
Spregiudicato, spesso arrogante al limite della irresponsabilità ed
inconsapevolezza e talvolta pure del ridicolo, il Colonnello Muhammar Gheddafi
ha rappresentanto per almeno un quarto di secolo l'ultimo baluardo del
panarabismo in un mondo in fase di profonda trasformazione che, dalla guerra
fredda tra le superpotenze all'interno della quale poteva ancora inserirsi
giocando sull'azzardo politico, finanziando organizzazioni rivoluzionarie
islamiche e socialiste arabe, arrivando a sostenere l'IRA nord-irlandese contro
l'odiata perfida Albione. Un politico di 'razza' che, senza remore e con
calcolata ma efficace 'azione' di disturbo e interposizione alle logiche
imperialistiche statunitensi e sioniste, riuscirà a 'traghettare' nel mare in
tempesta della fine della Guerra Fredda - con l'avvio di politiche
espansionistiche e delle guerre asimmetriche 'esportate' in nome della
'democrazia' e del libero mercato dall'amministrazione statunitense dal Sudan
all'Iraq, dall'Afghanistan alla Somalia, dalla Serbia fino ai confini con la
federazione russa ed il sostegno alle diverse 'rivoluzioni arancio-colorate' di
Georgia e Ucraina - la sua Jamāhīriyya fino al terzo millennio (9)
Indiscutibilmente Gheddafi, dispiaccia o meno alle 'comari' filo-sioniste di
ogni latitudine, rappresenta una figura storica di prim'ordine nel panorama
storico, politico, ideologico e militare del mondo arabo e islamico. Al di là
dei 'tanti' , pure 'troppi' , denigratori di ogni 'colore' e di qualsivoglia
'razza' noi sosteniamo che l'unità del mondo arabo ed islamico sia premessa
sostanziale per un effettivo risveglio ed una rinascita potente della Nazione
dell'Islam la quale , parafrasando le parole del compianto Imam Khomeini, potrà
spazzar via l'entità criminale sionista se solo "tutti i musulmani della terra
versassero un bicchier d'acqua" contro quest'emporio terroristico creato dalle
potenze imperialiste e dall'odio atavico dell'Internazionale Ebraica
all'indomani della guerra d'aggressione giudaica contro l'Europa dell'Ordine
Nuovo alias Seconda Guerra Mondiale.

"L'Islam , come sistema di pensiero ed organizzazione sociale, riflette le
condizioni storiche nelle quali si afferma. Si è dispiegato nel tempo e nello
spazio e per questo si è presentato come continuazione e culmine delle altre
religioni monoteiste. Il suo nucleo originario arabo si è esteso entro breve
tempo fino a comprendere un vasto impero dalla Cina alla Spagna. Diventanto
cosmopolita , la sopravvivenza dell'Islam venne a dipendere dalle specifiche
fortune ed istituzioni dei suoi innumerevoli seguaci. La storia e l'Islam si
intrecciano quindi in un viaggio segnato dall'espansione, da conquiste o da una
graduale regressione. (...) La fase che precede la comparsa del radicalismo
islamico fu dominata dalle lotte per l'indipendenza guidate e dirette da èlite
occidentalizzate., Gli obiettivi principali furono innanzitutto nazionalistici,
volti ad ottenere una democrazia parlamentare e l'adozione di codici civili e
penali di stampo europeo. Dopo il 1920 e il crollo finale dell'Impero Ottomano,
il riformismo islamico si affermò come movimento "per" la democrazia
parlamentare vista come soluzione radicale di tutti i problemi. (...) Le
interpretazioni moderniste della Shari'à avanzate inizialmente dai riformisti
islamici, vennero accolte dalle nuove istituzioni statali nate dai processi di
parziale o totale indipendenza. In questa nuova fase l'Islam non appariva più
come un sistema politico, economico o filosofico; cessò di essere la fonte del
diritto degli Stati. La religione fu considerata un sistema di credenza,
rappresentato da certi riti, come le preghiere del venerdì, il pellegrinaggio
alla Mecca, il digiuno e l'elemosina. L'Islam divenne così un patrimonio
culturale da preservare. (...) I regimi liberali non riuscirono ad affrontare i
problemi politici, economici, culturali e militari delle società islamiche. La
formula democratica risultò così ben presto screditata nella sua funzione di
veicolo dello sviluppo nazionale. Di fronte ad una prolungata crisi economica o
ad una schiacciante sconfitta militare il liberalismo parlamentare cominciò a
sgretolarsi. (...) Nel 1950 era ormai divenuto chiaro a tutti nel mondo
islamico che il tradizionale patriottismo del Salafismo e la democrazia
parlamentare multipartitica dovessero essere soppiantati dal socialismo e da un
nuovo tipo di nazionalismo militante. I partiti comunisti operanti in un certo
numero di paesi centro-islamici, particolarmente in Indonesia, Iran, Iraq,
Siria, Egitto e Sudan mostravano di essere attivamente presenti tra le file del
neonato movimento sindacale , nei comitati studenteschi e nelle manifestazioni
politiche. Anche le organizzazioni nazionaliste, come il partito arabo Ba'ath
in Siria, cominciarono a porre l'accento su obiettivi di tipo socialista nei
loro programmi. (...) La maggioranza dei paesi islamici era ancora in lotta per
ottenere la piena indipendenza , comporre le dispute sulle frontiere o
raccogliere la sfida del neocolonialismo. (...) In due decenni (1950-70) tutti
i paesi islamici, e tutto il Terzo Mondo, subirono cambiamenti senza precedenti
nelle loro strutture economiche, istituzioni politiche e sistemi culturali.
Questi mutamenti furono direttamente collegati alla crescente importanza dello
stato quale centro propulsore di rinnovamento e di trasformazione. (...) Fino
al 1970 il radicalismo islamico era più una corrente intellettuale che un
movimento politico. Alcuni suoi principi teorici, come l'assoluta sovranità di
Dio e le caratteristiche del Jihad (il combattimento sulla via di Dio) erano
stati presentati nell'India britannica come reazione alle ideologie secolari e
nazionaliste. Si ritiene in genere che risalga ad un certo numero di scritti di
al Mawdudi , pubblicati nel periodo tra le due guerre , il nuovo pensiero
islamico e del radicalismo. In Egitto il radicalismo islamico viene elaborato
come dottrina compiuta dopo lo scioglimento dei Fratelli Musulmani e la
realizzazione del programma politico di Nasser. Ad uno dei Fratelli Musulmani,
Sayyid Qutb (1906/1966), ne è stata giustamente attribuita la paternità. Per
quasi due decenni il pensiero di Qutb circolò solo nell'Egitto nasseriano o
nella Siria del partito Ba'ath, mentre in Iraq , Muhammad Baquir al-Sadr (morto
nel 1980) sviluppava la sua personale versione del radicalismo sciita. Il
radicalismo islamico nacque dalle particolari condizioni di certi paesi arabi.
(...) In Libia il nuovo regime militare abolì la monarchia nel 1969. (...) Il
leader della rivoluzione libica, il colonnello Mu'ammar Gheddafi, diede il via
ad un ampio programma di trasformazione socio-economica ed introdusse una nuova
ideologia , la teoria della Terza Internazionale. Il suo sistema politico,
basato sui comitati popolari e sulla democrazia diretta, ha virtualmente
nazionalizzato tutte le istituzioni religiose facendo divenire l'Islam la fonte
ultima di legittimazione del potere." (10)

Ad ogni popolo una sua 'via' , ad ogni comunità etnica un suo sistema
ideologico e politico di 'sviluppo' e di evoluzione, ad ogni nazione una
propria identità culturale che adempia e sia funzionale al raggiungimento degli
obiettivi di indipendenza politica, nazionale, sociale, economica.
Nel mondo arabo e islamico, nella Nazione Islamica, tutti questi obiettivi si
fondono inevitabilmente in un insieme di 'rappresentazioni' che - per quanto
difformi o lontane dall'originaria Teofania mohammadica - ad essa devono
guardare e con essa devono fare i 'conti'.
Al di là della Libia di Gheddafi occorre ribadire l'alterità , la radicale
dicotomia, l'opposizione netta e categorica tra il mondo dell'Islam e le
politiche imperialistiche, capitalistiche e di sfruttamento del mondo moderno
giudaizzato e giudaizzante del quale sono i principali affermatori ed i motori
'immobili' gli Stati Uniti d'America , la cloaca a stelle e strisce d'oltre-
oceano, la Gran Bretagna e l'entità criminale sionista occupante la Terrasanta
palestinese alias "stato d'Israele".
Noi la 'scelta' di 'campo' l'abbiamo già effettuata...da una vita...


DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI
DIRETTORE RESPONSABILE AGENZIA DI STAMPA "ISLAM ITALIA"

Note -

1 - Il 'golpe' militare algerino del gennaio 1992 rappresenta la più
evidente prova di 'crisi della democrazia' mai verificatasi in uno Stato
moderno ed in epoca a noi vicina. A seguito della profonda crisi economica che
segnò gli anni Ottanta ed investì tutti i paesi dell'Africa sahariana e
parallelamente alla crisi mondiale successiva al crollo dei regimi del
socialismo 'scientifico' dell'Europa Orientale - con la conseguente fine della
cosiddetta Guerra Fredda internazionale tra le due superpotenze (USA-URSS) - ,
i quali determinarono la proclamazione 'bushista' su una presunta entrata nel
cosiddetto 'One World' = Governo Mondiale sotto l'egida monopolista
statunitense , l'Algeria venne sconvolta da radicali cambiamenti al proprio
interno analogamente a quanto successe nella vicina ex Yugoslavia. Erede della
lunga guerra di liberazione anti-colonialista e anti-francese degli anni
Cinquanta che portò all'indipendenza del 1962 il sistema politico algerino non
riuscì a resistere all'onda lunga post-afghana che - anche a seguito della
prima guerra mondialista del petrolio lanciata dalla superpotenza a stelle e
strisce contro l'Iraq di Saddam Hussein che sollevò il risentimento e la rabbia
delle masse musulmane dal Maghreb ai confini della Cina - vedrà rientrare in
patria , dopo un decennio di addestramento e combattimenti nelle aspre montagne
del paese centro-asiatico migliaia di 'muhjiaheddin' , arruolatisi per il Jihad
= sforzo sulla strada di Dio anti-sovietico nelle file della Resistenza
Nazionale dell'Afghanistan. Molti di questi uomini rientrati in patria
trovarono sconcertato la situazione di sfacelo economico, degrado sociale e
morale che aveva nel frattempo contraddistinto lo sviluppo industriale
'sgangherato' del proprio paese all'interno del quale erano iniziate rivolte e
dissensi profondi che avevano lacerato il tessuto unitario che legava la classe
politica dirigente alla popolazione civile. Sfruttando la rabbia ed il
risentimento delle masse popolari cominciarono a guadagnar terreno in Algeria i
movimenti di estrazione islamista radicale sunnita. Il F.I.S. (Fronte Islamico
di Salvezza) riuscirà ad ottenere , nel primo turno delle elezioni legislative
algerine del dicembre 1991, un clamoroso successo che avrebbe aperto la strada
ad una possibile virata verso l'Islam del paese con i 'fantasmi' - evocati
assiduamente e quali spauracchi sempre 'utili' per la causa occidentale dal
regime militare algerino e 'massmedialmente' diffusi in Occidente dai governi
dell'Unione Europea e degli Stati Uniti - della possibile instaurazione , sulle
coste del Mediterraneo e di fronte all'Europa, di una "repubblica islamica"
sull'esempio iraniano. Uno scenario da brivido per l'Imperialismo
internazionale e per le centrali di disinformazione atlantico-sioniste dei
quattro angoli del pianeta nonchè per gli ex colonialisti francesi ed i loro
colleghi europei. Washington ed i suoi 'dominion's' europei ( Francia in primis
) daranno il disco verde ai militari di Algeri per imporre nel gennaio 1992 un
colpo di Stato , abolendo il secondo turno elettorale delle legislative,
instaurando leggi d'emergenza , assediando l'intera popolazione algerina in uno
Stato di polizia dittatoriale ed onnicomprensivo e mettendo al bando tutti i
partiti d'ispirazione religiosa a cominciare dal F.I.S. La successiva
sanguinosa guerra civile , durata sette anni, sarà segnata dall'energica
reazione dell'esercito , dall'instaurazione di un regime che si pretende
"rappresentante degli interessi popolari" ma che rappresenta nient'altro che
gli interessi della plutocrazia mondiale e retto da Muhammad Boudiaf e da uno
stillicidio di vittime con la frammentazione della galassia fondamentalista
islamica in due organizzazioni l'AIS (Esercito Islamico di Salvezza) creato dai
militanti del vecchio F.I.S. non sottoposti al regime carcerario (come si
ricorderà i principali leader , Abassi Madani e il suo vice Alì Belhadi furono
immediatamente arrestati e le sedi del partito sigillate e 'blindate' fin dalle
prime ore del golpe militare) e il GIA (Gruppo Islamico Armato) organizzazione
'palesatasi' come "ultra-fondamentalista" ed eterodiretta da servizi
d'intelligence stranieri fra i quali un ruolo non irrilevante sarà svolto dal
Mossad israeliano come dimostreranno numerosi dossier e documentazioni fornite
dai militanti del F.I.S. in esilio a Londra e in altre capitali europee. Alla
firma del cosiddetto 'armistizio' tra Stato e 'ribelli' il numero di vittime
della guerra civile sarà di oltre 160mila compresi numerosi stranieri fra i
quali i marinai della nave italiana "Lucina" sgozzati in una notte del 1994 da
'soggetti' "incappucciati" (...praticamente chiunque avesse intenzione di
soffiare sui bracieri già abbondantemente ardenti dell'estremismo religioso e
della reazione militare...). Sul ruolo pro-occidentale del regime di Algeri non
crediamo vi possano essere dubbi considerando che, dopo l'elezione a presidente
di Abdelaziz Bouteflika nell'aprile 1999, l'Algeria resterà tra i principali
partner dell'amministrazione statunitense avallando la cosiddetta "guerra al
terrorismo internazionale" della marionetta del Sionismo George W. Bush
all'indomani dell'attacco 'terroristico' dell'11 settembre 2001. La stessa
organizzazione "Amnesty International", consorteria giudaico-massonica
'delegata' dal Sistema a 'gendarme' giuridico su presunti abusi
nell'applicazione della giustizia, unitamente ad altre organizzazioni non
governative operanti nel paese hanno criticato aspramente il regime di Algeri
per il perpetuarsi delle torture nei confronti dei detenuti. La Guerra civile
algerina , sebbene passata sotto silenzio sui media internazionali, continua a
mietere vittime...una lunga scia di sangue.

2 - Oltre al riconoscimento e all'apertura di relazioni diplomatiche con
l'entità criminale sionista si imputa a Sadat l'indiscriminata caccia all'uomo
lanciata a partire dall'inizio del 1979 contro i militanti dell'organizzazione
islamica dei Fratelli Musulmani. Nel settembre 1981 Sadat allargherà la
repressione anche contro numerose organizzazioni di sinistra, contro il
movimento studentesco e perfino contro alcune organizzazioni della minoranza
cristiano-coopta ordinando 1600 arresti. Crisi economica, repressione dei
dissidenti, instaurazione di un regime dispotico, corruzione contrassegnarono
da allora la politica di Sadat che nell'ottobre 1981 verrà assassinato durante
una parata militare al Cairo da Khaleed al Istambul membro di un commando
militare del gruppo "al Jihàd" formato da ex militanti dei Fratelli Musulmani.
A succedergli al potere sarà l'attuale presidente Hosni Mubàrak , in odor di
massoneria e fautore di una politica di puro 'presenzialismo' per quanto
riguarda le vicende del Vicino Oriente, alleato oggettivo dell'entità criminale
sionista, sostenuto e foraggiato finanziariamente da Washington e nemico di
qualunque radicalismo d'ispirazione religiosa che reprimerà duramente sia
all'interno sia all'estero sostenendo la "resistenza" del Darfour contro il
governo musulmano di Khartoum nel vicino Sudan.
Per una biografia di Anwar el Sadat si consulti di Gilles Kepel, Le Prophète
et Pharaon, Parigi, Ed. du Seuil, 1984 (tr. it. Il Profeta e [sic!] il Faraone,
Roma, Laterza, 2005).

3 - John K. Cooley - "Muammar Gheddafi e la rivoluzione libica" - ediz.
"Corno" - Milano 1983;

4 - Angelo Del Boca - articolo "Omar el Mukhtar credente e stratega - Padre
della patria per i libici, pendaglio da forca per il fascismo, sconosciuto per
l'Italia di oggi" da "Nigrizia" - 01/04/1988;

5 - Il film in questione reca l'originale titolo inglese di "Lion of the
Desert" (1981) , diretto da Mustafa Akkad e con un cast eccezionale di attori
tra i quali, oltre al già citato Anthony Quinn nella parte di al Mukhtar
figurano: Oliver Reed (Gen. Graziani) , Irene Papas, Raf Vallone (il col.
italiano Diodiece), Rod Steiger (Mussolini), Gastone Moschin (nel ruolo del
maggiore Tomelli).
6 - Muhammar Gheddafi - "Il Libro Verde" -
(*) - discorso di Gheddafi del 16 Aprile 1973 ;
(**) - discorso di Gheddafi alla moschea di Tripoli del 19 dicembre 1971;
(***) - discorso di Gheddafi a Sabrata, Aprile 1972;

7 - Claudio Mutti - dalla premessa a "Gheddafi templare di Allah - La
Rivoluzione Libica nei discorsi di Mo'ammar El-Gheddafi" - edizioni di "Ar" -
Padova 1975 (pubblicazione curata dall'Associazione Italia-Libia in occasione
del VI anniversario della rivoluzione libica);

8 - John K. Cooley - op. cit. ;
9 - per una analisi dettagliata sul ruolo e la funzione geopolitica attuale
della Libia rimandiamo agli articoli di Claudio Mutti "La Libia e il
Mediterraneo" , "Gheddafi dal panarabismo al panafricanismo" e "La Libia, parte
della nazione araba e del mondo islamico" apparsi sul sito ufficiale del
trimestrale "Eurasia - Rivista di Studi Geopolitici" in data 11 Giugno 2009.

10 - Youssef M. Choueiri - "Il fondamentalismo islamico" - ediz. "Il
Mulino" - Bologna 1993;

Spetaktor
07-07-09, 21:41
Recensione Libraria - "IL GOVERNO ISLAMICO" - AYATOLLAH KHOMEYNI


di Dagoberto Husayn Bellucci


"Nessuno di loro (i militanti marxisti-leninisti ndr) ha combattuto e sofferto. Semmai hanno sfruttato per i loro scopi il dolore del popolo che combatteva e soffriva. Lei non è bene informata: buona parte della sinistra cui allude era all'estero durante il regime imperiale , ed è tornata soltanto dopo che il popolo aveva cacciato lo Scià. Un altro gruppo stava quì, è vero, nascosto nei suoi covi clandestini e nelle sue case, e soltanto dopo che il popolo ha dato il suo sangue sono usciti per servirsi di quel sangue. (...) Non hanno contribuito a nulla. Non hanno servito in alcun senso la rivoluzione. Alcuni hanno lottato, si, ma per le loro idee e basta, i loro scopi e basta, i loro interessi e basta. Non hanno pesato per niente sulla vittoria, non vi hanno portato niente. Non hanno avuto nessun rapporto col nostro movimento, non hanno esercitato nessuna influenza su di esso. No, le sinistre non hanno mai collaborato con noi: ci hanno messo i bastoni fra le ruote e basta. (...) E il mio punto di vista è che si tratti (...) di una sinistra (...) partorita e sostenuta dagli americani per lanciare calunnie contro di noi e sabotarci e distruggerci."

( Imam Khomeini - intervista concessa a Oriana Fallaci - da "Il Corriere della Sera" - 26 settembre 1979 )

"L'Islam è la religione dei combattenti che vogliono il diritto e la giustizia, la religione di quelli che esigono la libertà e l'indipendenza, e di quelli che non vogliono permettere agli infedeli di dominare sui credenti. Ma in nemici hanno descritto l'Islam in una luce diversa. Hanno impresso nella mente della gente comune un'immagine distorta dell'Islam e l'hanno introdotta perfino nelle accademie religiose. Lo scopo recondito del nemico era di spegnere la fiamma dell'Islam e di provocare la perdita del suo essenziale carattere rivoluzionario, di modo che i musulmani non potessero pensare a cercare di liberare se stessi e di rendere effettive tutte le norme della loro religione attraverso la creazione di un governo che garantisse la loro felicità nel quadro di una dignitosa vita umana. Si è detto che l'Islam non ha alcuna relazione con l'organizzazione della vita e della società o con la creazione di un governo di qualsiasi genere, e che si occupa soltanto delle norme concernenti le mestruazioni ed il parto. Esso può contenere alcune norme etiche. Ma, al di là di ciò, non ha alcun rapporto con problemi concernenti la vita e l'organizzazione della società. E' deplorevole che tutto ciò abbia avuto le sue conseguenze negative non soltanto sulla gente comune, ma anche tra persone di livello universitario e studenti di teologia. Costoro fraintendono l'Islam e non hanno alcuna conoscenza di esso. Per loro l'Islam è diventato tanto estraneo quanto lo è per gli stranieri. (...) Voi giovani, che siete i soldati dell'Islam, dovete esaminare più compiutamente le brevi asserzioni che vi sto facendo: per tutta la vostra vita, dovete far conoscere alla gente le leggi e le norme dell'Islam, e dovete fare questo con ogni mezzo a vostra disposizione: con gli scritti, coi discorsi e con le azioni. Istruite il popolo sulle catastrofi, le tragedie ed i nemici che hanno bloccato l'Islam fin dall'inizio. Non nascondete al popolo ciò che sapete e non lasciategli immaginare che l'Islam sia come il cristianesimo attuale, che non vi siano differenze tra la moschea e la chiesa...(...) In un'epoca in cui le tenebre predominavano sui paesi dell'Occidente , Dio fece delle leggi che rivelò al profeta più grande , Muhammad - che Dio lo benedica e lo salvi -, di modo che l'uomo potesse nascere nel loro ambito. Ogni cosa ha la sua morale e le sue leggi. (...) Nell'Islam, i diritti sono di alto livello, completi ed onnicomprensivi."

( Ayatollah Khomeyni - "Il Governo Islamico" )


La Repubblica Islamica dell'Iran è una forma 'scolpita' di Stato Tradizionale e Rivoluzionario, metallica forma spartana di società in ordine con i principii della Tradizione informale e legittimamente ispirata dalla legislazione islamica (Shariya) dalla quale procede e verso la quale ritorna la struttura statal-piramidale della Gerarchia 'ecclesiastica' shi'ita persiana.

L'Iran in quest'epoca crepuscolare e dissolutiva, all'interno delle società moderne - usurocraticamente 'condizionate' dai meccanismi perversi del sistema di affamamento capitalistico alias Globalizzazione dei mercati - e nell'attuale ciclo cosmico post-nichilista dello sconsacramento di ogni valore, del disconoscimento di qualunque ideale e della negazione di tutte le morali; rappresenta la più alta espressione di "Stato platonico", perfetta organizzazione ed elaborazione gerarchica di società tradizionale che si posiziona nei confronti del mondo moderno quale autentico vettore anti-imperialista e anti-modernista rivendicando alla Tradizione religiosa islamico-shi'ita ed al Nazionalismo persiano un posto nella storia recente oltre a rappresentare una pietra di paragone insindacabile per qualunque movimento politico che 'miri' alla disintegrazione del sistema occidentale di potere e di controllo globali ed alla fuoriuscita dai meccanismi ricattatori intercapitalistici del mercato cosiddetto globale.

I nemici della Repubblica Islamica dell'Iran di ieri, di oggi e di domani sono agenti-provocatori dell'imperialismo plutocratico statunitense, mercenari filo-sionisti, reazionari piccolo-borghesi o - tutt'al più - sciocche comparse di ambienti politici alla deriva, naufraghi di stagioni storiche superate dagli avvenimenti storici (deambulanti ed eterni fuorigioco incapaci di 'cogliere' i 'nessi' e le dinamiche storiche, culturali, geopolitiche e religiose di un sistema di rapporti di forza internazionali in profonda mutazione ed in trasformazione all'indomani del crollo dei regimi socialisti dell'Europa orientale e del tracollo ideologico marxista seguente la fine della cosiddetta Guerra Fredda tra Stati Uniti e Unione Sovietica).

Teheran è l'asse portante, axis mundi, della Tradizione in 'marcia' , centro di gravità permanente da oltre un trentennio delle forze rivoluzionarie e tradizionali islamiche, vettore 'puntato' contro il Mondialismo affamatore dei popoli e l'unidimensionalità vuota e post-ideologica espressa dalla società del nulla contemporanea della quale sono 'ispiratrici' e 'edificatrici' le forze più 'sottili' della Sovversione. La società moderna come villaggio globale 'rovesciato' all'interno del quale si situano - in posizione servilmente sottomessa a mode e costumi, 'idee' culturali e suggestioni di massa - i soggetti decadenti e depauperizzati della contemporaneità 'lacerata' dall'attraversamento 'sgangherato' dell'epoca oscura post-nichilista.

Ora per comprendere la valenza rivoluzionaria e tradizionale ed il ruolo di autentico vettore 'immobile' - "Agharti" di ogni resistenza contro il mondo moderno per i ribelli ed i diseredati del pianeta - della Repubblica Islamica dell'Iran è assolutamente necessaria una ricognizione d'analisi relativa alla specificità religiosa shi'ita ed al nazionalismo persiano unitamente ad un preliminare fase di studio del pensiero del suo fondatore (l'Imam Seyyed al Mousavi al Khomeini) attraverso la ri-lettura del suo testo essenziale sul "Governo Islamico" che ispirò e diede una forma 'ideologica' alla rivolta popolare di massa degli iraniani trionfalmente conclusasi con l'avvento della Rivoluzione Islamica nel gennaio 1979 e la proclamazione della Teocrazia sciita persiana.

Una 'ricognizione' scrittoria assolutamente insufficiente per un approfondimento ed una visione d'insieme organica delle idee, della politica e della filosofia di Khomeini quantunque risulti una premessa 'utile' per chi saprà 'cogliere' dalle 'indicazioni' politiche e dalla 'mirabile' traiettoria anti-imperialista e anti-sionista lucidamente e 'spregiudicatamente' seguita dai successori dell'Imam ( = la Guida ) alla direzione degli affari di politica interna ed estera, economica e sociale della Repubblica Islamica 'echi' 'lontani' di situazioni 'altre' delle quali furono protagoniste e avanguardie le nazioni europee in lotta contro gli stessi nemici che attualmente 'puntano' le loro 'armi' ( culturali, ideologiche, politico-sociali, militari e religiose ) contro Teheran.... ( ..."mondi lontanissimi"...).

L'Islam shi'ita ed il nazionalismo persiano...una storia relativamente 'antica' ma , sicuramente, un matrimonio felice che ha generato l'attuale identità etnico-spirituale di un'intera nazione e di un popolo 'fanaticamente' 'fascinato' da un sentimento patriottico che trova rarissimi analoghi casi e giunge dal XVImo secolo (in cui la Shi'ia divenne religione di Stato) fino ai giorni nostri in una continuità che ha reso esemplare il modello di riferimento nazionalista iraniano.

Scrive la professoressa Maria Scarcia Amoretti: "La storia dello sciismo in Iran è , come si è già ampiamente visto, strettamente collegata con quella dello sciismo iracheno. Non si tratta di una specifica dipendenza , bensì di un'ennesima manifestazione di una costante storica che vede l'Iraq come entroterra naturale della civiltà che si sviluppa sull'altopiano iranico e nel contempo come punto di smistamento verso l'Iran di stimoli o fenomeni provenienti da occidente (mondo semitico e mondo mediterraneo) vale a dire ellenismo, Giudaismo, Cristianesimo. Tale flusso verso e dall'Iraq non si interrompe neanche quando , con maggiore o minore atto d'arbitrio, vengono fissate frontiere politiche delimitanti spazi culturalmente contigui anche se geograficamente distinti. (...) Nessuna particolare conflittualità nel momento in cui, con la battaglia di Qàdisiyya (637) , il mondo iranico si apre all'Islam. Tuttavia non è un caso che la storiografia musulmana e non musulmana , interpreti l'esplosione di opposizione al regime ommiade , e poi la fisionomia , soprattutto culturale, del califfato abbaside, come il risultato di una sempre più consistente presenza di elementi iranici, non assimilati nè assimilabili, nel corpo sociale dello stato islamico. (...) L'Iran viene considerato oggi - a torto - la culla dello sciismo, prestandosi a un passato ivi remoto un dato che risale invece all'inizio del Cinquecento : l'assunzione del credo sciita imamita come religione di stato da parte della dinastia allora al potere, i Safavidi, e la successiva, lenta ma costante, conversione delle masse iraniane allo sciismo fino al suo farsi religione maggioritaria. Lo sciismo come elemento di identità protonazionale non funziona immediatamente. Bisognerà attendere l'invasione afghana del paese (1722-1732) , condotta, tra l'altro, in nome dell' "ortodossia" islamica , da capi tribali indubbiamente meno civilizzati, perchè si sviluppi una reazione, spesso genuinamente popolare, un senso d'appartenenza che porta poco a poco all'equazione sciismo-Iran: il 92% delle popolazioni dell'odierno stato iraniano è oggi sciita." (1)

Coniugando in una sintesi perfetta le preesistenti forme di spiritualità , lo Zoroastrismo (2) e i culti di derivazione mazdeistica (peraltro riconosciuti dall'Islam e nell'attuale Repubblica Islamica come manifestazioni di religiosità monoteistica), al tradizionale nazionalismo persiano, la nuova fede nell'Ahl ul Bayth ( = la Famiglia del Nobile Profeta Mohammad - la pace su di Loro ) e la weelthanshauung imperiale ( dal latino "Imperium" che sottende una visione del mondo in movimento, con il riconoscimento di un potere di tipo militare che, come denuncia il suffisso ' ium ' , ha una natura dinamica, conferendo al suo titolare , Stato o Autorità , la facoltà di impartire direttive e consegne irrevocabili alle quali è impossibile sottrarsi con il conseguente potere di sottoporre i recalcitranti e chiunque vi si opponga a pene coercitive di natura fisica o patrimoniale ) eredità di una civilizzazione tra le più antiche e fiorenti del mondo antico; in Iran si andrà a sviluppare nel corso del XVImo e fino al XVIIImo secolo un processo di unificazione dinamico mirante l'inclusione di elementi essenziali e caratteristici dell'antica società pre-islamica iraniana con l'iniezione all'interno del corpo sociale persiano della nuova spiritualità shi'ita in una fusione che determinerà gli sviluppi futuri della nazione iraniana avviando quel processo simbiotico che realizzerà la ordinato ad unum esemplarmente incarnatasi nell'attuale forma statale della Repubblica Islamica.
"La manifesta aspirazione a fare dell'ordine di valori di cui si è portatori il centro di gravità di un processo di unificazione mondiale, è stata sempre caratteristica costante di ogni forma tradizionale, di ogni religione e , più ampiamente, di ogni movimento di Idee ispirato ai valori della tradizione. - scrive Maurizio Lattanzio (3) - E' la 'ordinato ad unuum' , l'universalità - cioè il progetto di integrazione dei popoli nel quadro di un ordine gerarchico a contenuto etico-spirituale, modellato sui valori dell'Essere e culminante nella dimensione metafisica o Unità Principale (chi 'sa' mi intende...). Cio' avviene all'interno di differenziate e organiche forme tradizionali conformi alle vocazioni spirituali e alle conformazioni etiche delle diverse comunità umane."

Spetaktor
07-07-09, 21:42
Per comprendere questi processi di 'nazional-islamizzazione' shi'ita persiana occorre ricomprendere all'interno di questa Totalità Organica il ruolo che viene svolto in Iran dal clero sciita e la sua omogenea ripartizione all'interno di tutte le "classi" sociali con particolare riferimento ai ceti poveri dei diseredati sui quali farà leva l'ideologia khomeinista e sui quali 'seducentemente' faranno presa gli appelli delle masse rivoluzionarie iraniane alla rivolta contro lo shah e la sua effimera pretesa di ergersi a continuatore della antica tradizione imperiale proclamandosi "shahinsha" (il re dei re) instaurando un regime dispotico, repressivo e funzionale esclusivamente agli interessi della superpotenza statunitense dalla quale Reza Pahlevi (4) sarà 'delegato' ad assumere il ruolo di "gendarme del Golfo" in funzione anti-sovietica ed anti-comunista, contro i 'sussulti' rivoluzionari del mondo arabo in fermento (fin dai primi anni Cinquanta dopo la vittoria dei Liberi Ufficiali di Gamal Abdel Nasser in Egitto e l'affermazione ba'athista in Siria ed Iraq nel decennio successivo) e posizionandosi come oggettivo alleato dell'Imperialismo e del Sionismo internazionali nel quadro geopolitico, strategico e militare della Guerra Fredda ( il regime imperiale dei pahlevi non casualmente sarà per decenni il solo Stato musulmano a riconoscere l'entità criminale sionista occupante la Palestina , il sedicente "stato d'Israele", con il quale aprirà ufficialmente relazioni diplomatiche nel 1960 avviando , tre anni dopo, la cosiddetta "rivoluzione bianca" conforme ai desiderata occidental-imperialistici ed alle mire della plutocrazia mondialista sul 'trono del pavone' di Persia ).

Shi'ismo che, come scriverà legittimamente il prof. Franco Cardini " è un oggetto ancora abbastanza misterioso nelle conoscenze islamiche medie degli italiani, tuttavia la nebbia si sta dirandando; gli sciiti del sud dell’Iraq sono stati i protagonisti di una parte cospicua della storia recente di quel paese, e sono ormai note le vicende della persecuzione che hanno dovuto sopportare durante il regime di Saddam Hussein, così come quelle del loro ruolo nella resistenza all’aggressione statunitense del 2003. La storia dell’Islam shi’ita è particolarmente complessa e straordinariamente vivace sotto il profilo sia storico sia culturale. Una varietà di “differenze identitarie” da mantenere, da rispettare, da studiare, da conoscere." (5).

Niente da eccepire considerando il livello 'medio' della conoscenza 'scolastica' che 'affiora' rovinosamente anche dai media italiani e da una classe giornalistica nazionale servilmente prona ai diktat sistemico-sionistici 'evidenti' sulla carta-straccia da decenni di kippizzazione della cultura e della politica 'tricolori' di una nazione 'intesa' dal suo attuale presidente del Consiglio alla stregua di una "azienda"...

Risulta oltremodo 'conforme' sottolineare una volta di più la funzionalità dell'informazione italiana alle esigenze propagandistiche del padrone statunitense ed alle volontà del Sionismo internazionale (tutti, nessuno escluso, i quotidiani, le riviste e i mezzi di 'trasmissione' di notizie sono 'under controll' in questa 'rovesciata' "terra dei cachi" di italica memoria e di 'americana' cultura). Nè , ovviamente, deve stupire l'assoluta ignoranza relativa alla storia, alle vicende politiche o militari, dell'Iran...terra lontanissima - anni luce - dall'Occidente giudaico-mondialista. Ignoranza che si evidenzierà lapalissianamente anche negli ambienti 'intellettual-chic' della cosiddetta "sinistra europea" (quelli che si ritengono portatori di verità assolute ed insindacabili da sempre e che , da sempre, continueranno a non comprendere alcunchè delle dinamiche storiche e politiche delle nazioni sovrane nè dei destini 'generati' da forze 'altre' , superiori e metafisiche, che hanno agito ed avuto un ruolo determinante sugli avvenimenti iraniani degli ultimi cinquant'anni cominciando da quelli che porteranno al trionfo della Rivoluzione Islamica e all'edificazione della Teocrazia sciita) 'spiazzati' clamorosamente dalla vittoria khomeinista 'avvertita' da queste pecore matte si(o)nistre semplicisticamente come un'insurrezione di popolo di 'stampo' socialista determinata da organizzazioni e gruppuscoli estremisti marxisti che, nella realtà fattuale, ben poca cosa rappresentarono ed ancor meno influenza riuscirono ad esercitare nel corso degli eventi rivoluzionari:

"Un evento storico, soprattutto quando ancora non sono trascorsi tre anni da esso, non può mai essere fatto apparire in maniera diversa anche servendosi di una propaganda costruita ad arte, noi basandoci su questo dato di fatto , esamineremo, in modo succinto, gli elementi che hanno portato al trionfo della Rivoluzione Islamica sul regime dello Shah, fantoccio degli USA, affinchè risulti chiaro come i vari gruppuscoli che prima della Rivoluzione , conducevano la loro "lotta di organizzazione" , non hanno mai avuto un ruolo rilevante in questa grande vittoria, ma anzi, talvolta, hanno costituito un "elemento frenante" nella lotta delle masse islamiche. In base alla testimonianza di tutto il popolo iraniano, che da vicino è stato testimone degli eventi e così pure come possono provare tutto un insieme di documenti, film, fotografie, scritti e stampati, il fattore fondamentale e più importante del movimento popolare, nel distruggere il regime dello Shah , è stato "l'Islam", un Islam che ha istituito il più profondo legame fra l'Ommat (popolo, comunità islamica, in tutta l'ampiezza del suo significato) , e l'Emamat, rappresentata dalle autorità religiose e dalla presenza dell'Imam Khomeini. La direzione data al movimento rivoluzionario dagli ideali esclusivamente religiosi e l'apporto dei profondi sentimenti religiosi che caratterizzano profondamente il popolo iraniano , hanno creato nella società uno spirito rivoluzionario e le masse, in base alla loro fede islamica ed in base al principio del "dovere e necessità di seguire le Guide Religiose" , si sono ribellate. Queste masse , avendo adottato tattiche di lotta particolari al popolo musulmano dell'Iran, cosa che non trova simili riscontri nella storia del mondo, sconcertavano ogni giorno di più l'America e il regime dell Shah e s'avvicinavano alla vittoria. Nelle moschee si formavano cortei di milioni di persone, senza armi e a "mani nude" di fronte ai terribili mezzi a disposizione del regime, scandendo lo slogan "Dio è il più grande!" (Allah-u-Akbar). (....) Quando questa forma di lotta , con le sue nuove e particolari caratteristiche, prese corpo in Iran, anche le varie organizzazioni limitate ed isolate dalle masse, avevano delle pretese di lotta. Comunque, noi non vogliamo qui negare che il regime dello Shah abbia sofferti danni da questi gruppi e negare la loro lotta; però, non bisogna neanche disconoscere la vera ed evidente realtà e cioè: primo, l'insieme dei gruppi, negli ultimi tempi del regime dello Shah, conduceva la sua "lotta d'organizzazione e di gruppo" , isolato rispetto al movimento delle masse e la loro lotta , sia qualitativamente che quantitativamente, fu cosa di ben poco conto e non riuscirono mai a prendere in mano la direzione di una sia pur minima parte di questo movimento; secondo, il fossato fra gli scopi dei credenti musulmani, i quali si rifacevano alle loro Guide religiose, e gli scopi di gruppo di queste organizzazioni , era talmente profondo da non permettere a questi gruppi di lottare nelle file delle masse islamiche....(...) Nelle loro analisi interne, cioè limitate all'ambito del loro stesso gruppo, citano il fatto di non aver giocato un ruolo importante nella vittoria della Rivoluzione come un grave errore ed hanno fatto l'autocritica (ciò con metodi propri alla loro organizzazione); terzo, le sconfitte che queste organizzazioni di guerriglia, subirono nel 1971 e 1972 li escluse irrimediabilmente dalla lotta, per cui la loro lotta non andò mai oltre qualche piccolo attentato terroristico e il far scoppiare bombe in quartieri poveri. Grazie alla lotta dei diseredati iraniani e grazie al sangue versato dai seguaci dell'Imam Khomeini, le porte delle prigioni dello Shah furono aperte e quei signori tornarono in libertà." (6).

La Rivoluzione Islamica iraniana sarà la consacrazione della giustezza delle tesi contenute nel volume "Il Governo Islamico" nel quale l'Ayatollah Khomeini espone il suo punto di vista sull'attualità storica, sulla valenza rivoluzionaria e sull'esatta interpretazione del Testo Sacro islamico , il Corano, e gli Insegnamenti del Nobile Profeta Mohammad (la pace su di Lui e la sua Famiglia). E' un testo essenziale per comprendere la direzione di marcia di un intero popolo 'ordinato' gerarchicamente e inquadrato 'strategicamente' dalle Guide Religiose , dal clero sciita, che riconosceranno validità suprema alla principale novità introdotta da Khomeini nell'ambiente islamico sciita ovvero l'enunciato della dottrina della Walayat et Faqì = la Guida del Giuriesperto della quale analizzeremo contenuti e ragioni storiche, culturali oltre a quelle di natura più squisitamente teologico-dottrinaria proprie della fisionomia dell'Islam shi'ita.

"Il Governo Islamico" è il Governo del Giuriesperto, della massima autorità in fatto di legislazione coranica presente all'interno della gerarchia 'ecclesiastica' shi'ita.
Scrive l'Ayatollah Khomeini (di lì a pochi anni riconosciuto dall'intera comunità musulmana iraniana come "l'Imam" = la Guida in persiano "Rahbar"): "Il governo dell'esperto della legge è un chiaro concetto scientifico che può non richiedere alcuna prova, nel senso che chiunque conosca le leggi e la fede può vederne la natura assiomatica. Ma le condizioni della società musulmana, e in particolare le condizioni delle nostre accademie religiose, hanno allontanato questa conclusione dalle menti, al punto che ora è necessario dimostrarla nuovamente.".

L'Iran pre-rivoluzionario - occidentalizzato dalla dittatura pahlevi (che cercherà di seguire le orme a cinquant'anni di distanza di quanto avviato nella vicina Turchia da Kemal Ataturk e dal movimento laico e nazionalista dei Giovani Turchi, rappresentati dal partito "Ittihad ve Terakki" (Unione e Progresso), molti dei quali fuoriusciti dalla setta cripto-giudaica dei dummeh eredi dell'eresia messianica di Sabbatai Zevi del 1666) che andrà imponendo costumi e mode, musiche e cinematografia e quant'altra suggestione 'preconfezionata' dalla cloaca massima del capitalismo occidentale (gli Stati Uniti d'America) - rappresenterà un archetipo di società rovesciata e deviata , tipico della modernità contemporanea, all'interno della quale si svilupperanno 'tendenze' dissolutive l'antico ordine feudale miranti lo sgretolamento e lo sfaldamento sia dei rapporti di potere interni alla società persiana sia l'esclusione delle forze tradizionali che, di quel mondo 'antico', erano eredi e custodi, in primis il clero.
Il regime imperiale dei pahlevi sarà soprattutto l'esempio classico di un sistema dispotico e tirannico dominato da una cricca di nobili e aristocratici legati a doppio mandato al trono , incapaci di gestire i loro malaffari (una sorella dello shah, Ashraf, sarà riconosciuta come una delle maggiori trafficanti di stupefacenti dell'area) senza il ricorso alla brutalità senza fine e alla violenza di Stato commissionata agli sgherri della Savak indottrinati, addestrati e armati fino ai denti dai loro colleghi della CIA e del Mossad israeliano.
Per gli iraniani l'epoca precedente la Rivoluzione Islamica sarà l'epoca dell'ignoranza = in arabo la "Jihayjyyah" (come i musulmani designano il periodo precedente la missione profetica di Mohammad e l'avvento dell'Islam) mentre la vittoria delle forze rivoluzionarie iraniane viene ricordata dalla propaganda della Repubblica Islamica come "l'alba della consapevolezza" di un popolo capace di spezzare le catene della schiavitù e levarsi all'unisono al grido impetuoso e devastante di "La Gharbiyah La Sharkiyah Joumouriyah Islamiyah!" = Nè Occidente, Nè Oriente Repubblica Islamica! che accompagnerà le fasi più sanguinose della rivoluzione e la celebrazione della vittoria dell'11 febbraio 1979 quando verrà solennemente proclamata dall'Imam Khomeini la Repubblica Islamica dell'Iran.
"Fin dal principio - prosegue l'Imam - il movimento islamico venne tormentato dagli Ebrei , i quali diedero inizio alla loro attività reattiva inventando falsità contro l'Islam , attaccandolo e calunniandolo (*). Ciò è continuato fino ai nostri giorni. Poi sopravvenne la funzione di gruppo che possono essere considerati più malvagi del demonio e delle sue schiere. Questa funzione venne a galla con l'attività colonialista, che risale a più di tre secoli fa. I colonizzatori trovarono nel mondo musulmano l'obiettivo a lungo ricercato. Per soddisfare le loro ambizioni colonialistiche, i colonizzatori cercarono di creare le condizioni adatte all'annientamento dell'Islam. Non cercarono di trasformare i Musulmani in Cristiani dopo averli allontanati dall'Islam, perchè non credevano in alcuna delle due religioni. Volevano controllare e dominare, poichè, durante le Crociate, avevano acquisito la consapevolezza che il maggiore ostacolo che impediva loro di raggiungere i propri fini e poneva i loro disegni politici sull'orlo di un abisso era l'Islam con le sue leggi e il suo credo e con l'influenza che esso esercitava sul popolo attarverso la fede. Questa è la ragione per cui essi trattarono l'Islam ingiustamente e nutrirono cattive intenzioni nei suoi confronti. Le attività dei missionari , degli orientalisti e dei mezzi d'informazione - i quali sono tutti al servizio dei paesi colonialisti - hanno contribuito a deformare la realtà islamica in un modo che ha indotto molte persona , in particolare quelle colte, ad allontanarsi dall'Islam e ad essere incapaci di trovare una strada per raggiungerlo."
Inutile dire che quest'azione di contrasto sottile ma quotidiana continua ed è spaventosamente aumentata all'indomani dell'attacco "terroristico" dell'11 settembre 2001 ; momento 'spartiacque' nella storia contemporanea che 'segna' l'inizio della guerra d'aggressione occidentalista statunitense-sionista nei confronti delle Nazioni musulmane e l'avvio di un processo su scala globale di denigrazione, demonizzazione, controllo, repressione e eliminazione laddove possibile delle comunità musulmane, della fede islamica e dei movimenti-partiti di Resistenza Nazionali presenti dal Maghreb alla Cina nel continente eurasiatico. Una strategia deliberatamente elaborata e attuata dall'amministrazione statunitense Bush su 'imput' dell'Establishment giudaico-mondialista che controlla la politica economica, interna ed estera degli Stati Uniti d'America ( novella 'Terra Promessa' per gli Ebrei di tutto il pianeta (7) e stato sotto controllo sistemico per eccellenza ) attraverso i suoi organismi 'sovranazionali' e sovra-istituzionali, organizzazioni occulti o 'discrete', quali il Council on Foreign Relations, la Trilateral Commission e le diverse confraternite massoniche a cominciare dal B'Nai B'Rith - massoneria esclusivista ebraica - e dai gruppi di pressione lobbistici pro-sionisti quali l'AIPAC.
La soluzione per l'Imam Khomeini per porre fine a questa situazione di asservimento delle nazioni musulmane rispetto alle superpotenze e contro l'influenza nefasta dell'Occidente è quella di un ritorno all'Islam , al vero Islam anzi al Puro Islam mohammadiano. Esiste per l'Imam un "islam americano" fabbricato dalle centrali di controllo del Sistema di sfruttamento mondialista e funzionale agli interessi delle superpotenze e dell'Imperialismo: quest'Islam non è Islam. E' una parodia, ed anche una oscena parodia se vogliamo dirla tutta, è l'Islam wahabita dell'Arabia Saudita asservito alle logiche del divide et impera dell'Impero a stelle e strisce; è l'Islam dei regni e delle monarchie ereditarie del Marocco, della Giordania; è l'Islam massonico del presidente egiziano Hosni Mubarak che esclude dalla competizione elettorale la principale forza islamica dell'Africa del Nord (l'organizzazione dei Fratelli Musulmani creata da Hassan al Banna al Cairo sul finire degli anni Venti del secolo scorso); è l'Islam dei ruffiani dell'America e dei mercenari filo-sionisti della rete terroristica di Al-Qaeda nata durante l'aggressione sovietica all'Afghanistan tra i muhjaeddin che contrastavano l'Armata Rossa e per anni sostenuta e finanziata dai servizi di sicurezza statunitensi che , di fatto, ne sono i creatori e gli ideatori.
Quest'Islam non sono Islam. Non lo sono perchè non rappresentano le volontà di Dio nè quelle dei popoli e delle nazioni all'interno delle quali operano.
"Nell'Islam c'è forse monarchia, norma ereditaria o successione al trono? Come può accadere tutto questo nell'Islam, quando sappiamo che il regime monarchico è in contrasto con quello islamico e con il sistema politico islamico? L'Islam ha abolito la monarchia e la successione al trono. Quando fece la sua comparsa, l'Islam considerò illegali i sistemi sultanici di governo in Iran, Egitto, Yemen ed Impero Romano d'Oriente. Il Profeta, che Dio lo benedica e lo salvi, inviò dei messaggi all'Imperatore dei Romani Eraclio ed al re di Persia, esortandoli a lasciare il popolo libero di venerare solo Dio, poichè solo Dio è il sultano. La monarchia e la successione al trono costituiscono il sistema di governo sinistro e nullo contro cui incorse e combattè al-Husayn , il più grande dei martiri. Respingendo l'ingiustizia e rifiutando di sottomettersi alla sucessione ed al governo di Yazid, al Husayn avviò la sua storica rivoluzione. Nell'Islam, non esiste un sistema monarchico ereditario. Se alcuni considerano questo come un difetto dell'Islam, lasciate che dicano che l'Islam è difettoso. Uniti a questo difetto c'è il fatto che l'Islam ha trascurato di organizzare l'usura, ha ignorato la possibilità di bere bevande alcooliche ed ha trascurato di organizzare la fornicazione e l'abominio. Per correggere questi difetti e per riempire questi vuoti, le autorità di governo - i figli adottivi del colonialismo - fecero ricorso alle disposizioni legislative che regolavano tali questioni, traendo leggi dall'Inghilterra, dalla Francia, dal Belgio e dagli Stati Uniti. Sappiamo che tutto ciò è proibito nella nostra religione e che uno dei punti d'orgoglio del nostro Islam è che esso è esente da norme concernenti tali questioni. All'inizio della cosiddetta era costituzionale, il colonialismo britannico esercitò degli sforzi a due obiettivi: uno era quello di eliminare l'influenza russa in Iran; l'altro era quello di soppiantare ed espellere l'Islam dalla sfera di applicazione e di importare leggi occidentali al fine di sostituire quelle islamiche. Queste leggi straniere causarono molti problemi alla società musulmana." (8)

Il problema dell'extraterritorialità concessa dal regime pahlevi agli americani, sia ai rappresentanti diplomatici che ai numerosi militari presenti nel paese, fu tra le cause dello scatenamento della Rivoluzione Islamica agli inizi degli anni Sessanta. Nessuna nazione sovrana , nessuno Stato autenticamente e non semplicemente o nominalmente indipendente accetterebbe la limitazione della propria sovranità nazionale e una giurisdizione 'aliena' da quelle che sono le basi giuridiche della propria cultura in materia di magistratura e di ordinamento della giustizia.

L'Imam rileverà chiaramente quali saranno i principali scopi dei colonialisti (l'Italia democratica e antifascista nata dalla Resistenza è, unitamente al resto dei paesi dell'Unione Europea, una colonia a stelle e strisce, null'altro più che un 'avamposto' ed una base militare proiettata nel bacino mediterraneo in funzione delle logiche d'aggressione espansionistico-imperialistiche statunitensi come ampiamente dimostrò la guerra d'aggressione lanciata dall'amministrazione Clinton contro la Serbia nella primavera 1999 utilizzando , affatto 'casualmente', le basi NATO presenti sul nostro territorio...identica 'concessione' è stata fornita in fatto di rifornimenti di armi e 'smercio' di materiali bellici per le successive 'imprese belliche' alias guerre imperialistiche contro la sovranità eurasiatica e le nazioni islamiche dell'Afghanistan e dell'Irak...attualmente 'prestiamo' truppe d'occupazione ai padroni yankee 'stazionanti' nella regione di Herat a difesa degli interessi coloniali della Casa Bianca) affermando: "Le idee sparse dai colonialisti in mezzo a noi comprendono questa affermazione: "Nella legislazione islamica non c'è governo e, nell'Islam, non ci sono organizzazioni di governo. Ammettendo che vi siano delle importanti leggi nella Shari'a, queste leggi mancano degli elementi atti a garantire la loro messa in opera. Di conseguenza, l'Islam è legislatore e niente di più.". E' evidente che tali affermazioni sono una componente inseparabile dei piani dei colonialisti che cercano di tener lontani i musulmani dall'interessarsi di politica, di governo e di amministrazione. Queste affermazioni sono in conflitto con le nostre principali convinzioni. Noi crediamo nel governo e crediamo nella necessità , per il Profeta, di nominare un 'Khalìfa' dopo di lui, così come egli fece. Che cosa significa la nomina di un successore? significa forse una semplice spiegazione delle leggi? La semplice spiegazione delle leggi non richiede un successore. Per il Profeta , che Dio lo benedica e lo salvi, sarebbe stato sufficiente diffondere le leggi tra il popolo, poi raccoglierle in un libro e lasciarlo al popolo, affinchè lo consultasse dopo la sua morte. L'esigenza di un successore riguarda la messa in opera delle leggi, poichè nessuna legge viene rispettata se non c'è un esecutore. In tutto il mondo, la sola legislazione non è sufficiente e non può garantire la felicità del popolo. Deve esserci un'autorità esecutiva e, in qualsiasi nazione, l'assenza di una tale autorità è un fattore di carenza e di debolezza. Questa è la ragione per cui l'Islam decise di stabilire un potere esecutivo che rendesse effettive le leggi divine. La persona che detiene il potere è la stessa che rende effettive le leggi. Ciò è quanto fece il Profeta, che Dio lo benedica e lo salvi. Se non avesse agito in questo modo, non avrebbe trasmesso il suo messaggio. La nomina di un successore che rendesse effettive e difendesse le leggi e che diffondesse la giustizia tra il popolo fu un elemento che integrava e completava il messaggio del Profeta. (...) Un successore non è un trasmettitore delle leggi e non è neppure un legislatore. Un successore è necessario per la messa in opera delle leggi. E' qui che viene a galla l'importanza di formare un governo e di creare ed organizzare delle strutture esecutive. La fede nella necessità di formare un governo e creare tali organizzazioni è una componente inseparabile delle fede nell'autorità. Esercitare sforzi in questo senso ed andare alla ricerca di un tale obiettivo sono due aspetti della fede nell'autorità. Dovete presentare l'Islam così come dovrebbe essere presentato. Definite l'autorità così com'è. Dite alla gente: noi crediamo nell'autorità, perchè il Profeta , che Dio lo benedica e lo salvi, nominò un successore agli ordini di Dio; perchè crediamo nella necessità di formare un governo e perchè crediamo di rendere effettivi l'ordine ed il precetto divini di governare il popolo, sbrigare i suoi affari e provvedere ad esso. Lo sforzo per formare un governo procede di pari passo con la fede nell'autorità. Scrivete e propagate le leggi dell'Islam e non tenetele segrete. Impegnatevi ad applicare una norma islamica, abbiate fiducia in voi stessi e non dubitate della vittoria."

Sarà questa convizione radicale, questa volontà dinamica ed intransingente, questa ferma abnegazione nel seguire le indicazioni dell'Imam Khomeini che porteranno il popolo islamico dell'Iran ad abbattere il regime dispotico dei pahlevi ed instaurare a furor di popolo una Repubblica Islamica che è e rimane un "ideale metafisico nella realtà del XXImo secolo" o , per esser più esatti, Teofania gerarchica, Stato Organico, entità statale rivoluzionaria e tradizionale in ordine con i principii ed i precetti della Shi'ia duodecimana e con la dottrina islamica che risveglierà gli oppressi ed i diseredati del pianeta - tra le masse islamiche quanto tra i ribelli contro il mondo moderno - per invitarli ad un "Jihàd" (= sforzo sulla strada, sul sentiero, di Dio) continuo contro gli affamatori delle ricchezze mondiali, i fautori e gli esecutori dell'One World unipolare e unidimensionale del Mondialismo, i nemici della Verità, i negatori della Fede, i moderni neo-colonialisti a stelle e strisce ed i loro alleati sionisti.

"La Verità vi renderà liberi" sentenzierà Gesù , il Messia. Seguire la Verità significa, in quest'epoca rovesciata e dissoluta, riconoscere nell'Islam l'ultimo baluardo contro l'omologazione giudaico-statunitense del pianeta, la sua normalizzazione manu militari su basi imperialistiche ed il suo annullamento materialista determinato dall'affermazione di un turbo-capitalismo globale onnicomprensivo, alienante e depauperizzante. Il 'resto' è inutile 'ciarpame' scrittorio di 'aggeggi' funzionalmente aggregati alle schiere di Satana dai nemici dell'Uomo. Giudei e giudaizzanti di ogni latitudine, risma, razza e religione.

L'Occidente , tutto e - soprattutto - niente!



DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI

DIRETTORE RESPONSABILE AGENZIA DI STAMPA "ISLAM ITALIA"

Spetaktor
07-07-09, 21:42
Note -


1 - Biancamaria Scarcia Amoretti - "Sciiti nel mondo" - ediz. "Jouvence" - Roma 1994;


2 - "Religione ufficiale ben prima dell'avvento dell'Islam, lo zoroastrismo (o mazdaismo dal dio Mazda, o anche magismo dai "magi", i sacerdoti sacri) è stata per secoli la principale confessione di fede in Iran, quando ancora si chiamava Persia, prima di essere scacciata a ovest dalla religione di Allah e il suo profeta, e a est dagli influssi buddhisti provenienti dall'Estremo Oriente. Gli zoroastriani sono i seguaci di Zoroastro (Zartosht, Zarathustra), nato probabilmente intorno al 550 a.C. a Mazar-é-Sharif nell'odierno Afghanistan, sebbene diverse località in Iran oggi si contendano i natali di Zoroastro. La religione zoroastriana è stata una delle prime a postulare l'esistenza di un Dio unico e onnipotente, Ahura Mazda. La sua ossatura teorica si basa sul concetto di dualismo, secondo cui tutto è riconducibile alla contrapposizione perenne tra Bene e Male, Vohu Mano (spirito del Bene) e Ahem Mano (spirito del Male), giorno e notte, in una dialettica che divide e spiega il mondo e le sue cose. La purezza degli elementi è centrale nella teorica zoroastriana. Infatti tipicamente gli zoroastriani non usavano né seppellire i defunti né tanto meno cremarli, per non contaminare terra e aria; essi venivano esposti nelle cosiddette "torri del silenzio" e lasciati in pasto agli avvoltoi. Questa antica pratica oggi è stata sostituita con l'uso di casse in cemento in cui vengono rinchiusi i cadaveri. Legato all'atto della purificazione e alla sua importanza è l'elemento del fuoco che, sacro, arde perennemente nei templi esistenti, come nel tempio di Yazd in Iran, per l'appunto. Ricorrenti nel simbolismo zoroastriano sono anche le figure alate, molto ricorrenti soprattutto su antichi monumenti funebri del periodo preislamico. I diversi strati di piume che li caratterizzano simboleggiano la purezza del pensiero e dell'azione. Dell'antica diffusione della religione zoroastriana in Iran oggi non resta che un gruppo sparuto di 30 mila persone e le tante forme dell'arte persiana preislamica che ricordano, soprattutto nell'architettura, la vocazione persiana per la religione di Zoroastro. Zoroastriani se ne possono trovare soprattutto a Yazd, ma anche a Shīrāz, Tehran, Isfahān e Kermān; molti di essi, tuttavia, sono stati costretti a riparare in altri Paesi (per esempio in India) dopo la conquista islamica. Essi si distinguono ancora nell'abbigliamento. Questo vale soprattutto per le donne, che indossano abiti ricamati con colori crema, bianco e rosso, e pur non ricorrendo al chador iraniano, non rinunciano ad avvolgere il capo nell'hijab. Nonostante oggi sia relegata a religione di minoranza, lo zoroastrismo torna ad affascinare molti giovani, musulmani e non, che si accostano a conoscere l'antica fede preislamica e ne difendono l'essenza erigendola quasi a simbolo della propria iranicità."
( dal sito internet www.iran.it )

3 - Maurizio Lattanzio - articolo "Il Mondialismo" - dal mensile "Orion" nr 15 del Dicembre 1985 , ripubblicato dal mensile "Avanguardia" di Trapani nei primi anni Novanta;
4 - L'azione destabilizzante ed il ruolo di agente dissolutore dei tradizionali valori spirituali e del nazionalismo persiano ricoperto dallo 'shah' - Mohammaed Reza Pahlevi - risulta palese anche alla luce dell' "affaire Mossadeq". Nel 1951 l'Assemblea nazionale approvò un disegno di legge per la nazionalizzazione di tutti gli impianti petroliferi operanti nel Paese. Il governo del primo ministro Hasain Ala, contrario alla misura, viene fatto cadere, e si costitusce un governo di coalizione di tutti i gruppi nazionalisti capeggiato da Muhammad Mossadeq. Il nuovo governo avalla la nazionalizzazione della Compagnia anglo-iraniana del petrolio. Si apre così un lungo contenzioso internazionale. Nell'aprile 1952 Mossadeq si dimise dalla carica di primo ministro, ma un'ondata di manifestazioni popolari in suo favore, costrinsero lo scià a rinnovargli l'incarico e a concedergli poteri eccezionali. Gli Stati Uniti , intervenendo in prima persona negli affari interni iraniani, tentarono di mediare il contenzioso Gran Bretagna - Iran sul petrolio con l'intenzione , neanche troppo occultata, di succedere ai britannici fino a quel momento i veri detentori delle ricchezze petrolifere iraniane ( si tratterà del conseguenziale ri-equilibrio interno ai rapporti di forza intercapitalistici determinato dagli accordi di Bretton Wood del 1944 che sancirono il 'passaggio di consegne' tra il capitalismo finanziario britannico e quello plutocratico statunitense ). La trattativa fallirà miseramente e nell'ottobre 1952 si arriva alla rottura delle relazioni diplomatiche tra Londra e Teheran. Lo scià , contrario all'intransigenza di Mossadeq sulla questione petrolifera, prenderà la decisione di rimuoverlo dalla carica. Mossadeq si rifiuterà stavolta di dimettersi, forte dell'appoggio popolare e di quello del clero e delle organizzazioni nazionaliste, ed i suoi sostenitori daranno vita a violente manifestazioni di piazza culminate in scontri aperti con le forze di sicurezza imperiali che spingeranno lo scià a rifugiarsi a Roma. Dopo tre giorni di rivolta popolare, l'esercito riprese il controllo della capitale Teheran messa a ferro e fuoco dai sostenitori dell'ex premier. Mossadeq e alcuni suoi collaboratori saranno arrestati. Lo scià torna in patria e deciderà di porre alla guida del governo il generale Fazullah Zahedi , noto esponente della Massoneria e fantoccio degli interessi plutocratici americani. Gli americani appoggeranno il nuovo corso imperiale 'elargendo' un prestito di emergenza di oltre 45 milioni di dollari. Il colpo di stato dello shah, ideato ed attuato da elementi della CIA statunitense, consentirà al tiranno l'instaurazione di un regime repressivo che farà - nei successivi 27 anni - largo uso della tortura e del crimine contro gli oppositori politici (lo shah si esprimeva , sulla falsariga delle 'veline' provenienti dalle diverse amministrazioni statunitensi, a proposito delle opposizioni parlando dell'"alleanza" rosso-nera tra i comunisti, le sinistre ed il clero). La Savak, la polizia segreta dell'Iran imperiale dei pahlevi, collaborerà largamente con l'Intelligence Service statunitense e con il Mossad israeliano ed il regime manterrà inalterate le sue caratteristiche di stato-cuscinetto e base di lancio delle strategie americane e sioniste nell'Asia centrale e nel Vicino Oriente fino alla fine.
Per un quadro sintetico ma esaudiente della funzionalità del regime pahlevi alle logiche imperialistiche statunitensi si consulti il saggio di Francois Derivery "Massacri e repressione in Iran" presente nel volume "Il Libro nero del capitalismo" - ediz. "Tropea" - Roma 1999;

5 - Franco Cardini - prefazione al nostro "Conoscere l'Islam - Le basi della dottrina shi'ita" - ediz. "Il Cerchio" - Rimini 2005;

6 - "La vittoria del febbraio 1979 ed il ruolo dei vari gruppi politici" . Primo capitolo del volume "Terrore in Iran - Rivoluzione e Terrorismo in Iran" - pubblicazione a cura del Centro Culturale Islamico Europeo di Roma , 1983, direttamente collegato all'Ambasciata della Repubblica Islamica dell'Iran in Italia e ironicamente "dedicato ai difensori dei diritti umani in Italia" - come riporta il retrocopertina - sempre pronti a 'starnazzare' per qualunque causa interessi Stati, Nazioni o Movimenti politici legati a doppia mandata al Sionismo e all'Imperialismo internazionali ma silenziosamente assenti dal commentare, per anni, le notizie relative agli attacchi terroristici commessifin dai primi anni dall'avvento della Teocrazia sciita da questi gruppuscoli d'ispirazione marxista ( fra i quali i sedicenti "Muhjaheddin e Kalq" = "combattenti del popolo"...sic!...e il Tudeh = il Partito Comunista Iraniano) e sempre ripresentatisi opportunisticamente sulla scena iraniana mediante l'uso del terrorismo (lo stesso che ha recentemente colpito la città di Zahedan e il mausoleo dell'Imam Khomeini nelle periferie meridionali della capitale Teheran a seguito dell'attuale 'sommovimento' pseudo-legalitario che sta interessando il dopo-elezioni e la riconferma del Presidente Mahmoud Ahmadinejad alla presidenza della Repubblica Islamica). Costoro sono dei mercenari al servizio dell'imperialismo e del sionismo, nemici dell'Islam e della Repubblica Islamica come si evince nitidamente dalla loro partecipazione, durante la Guerra Imposta all'Iran dal regime ba'athista irakeno nel periodo 1980-88, al lato delle truppe di Saddam e dal mantenimento fino a qualche anno fa delle loro basi di addestramento sul territorio irakeno.
In proposito scrive 'Omar Amin nell'introduzione alla prima edizione de "Il Governo Islamico" dell'Imam Khomeini (ediz. "L.Ed.E." - Roma s.d.) : "Egualmente estranei alla cultura del popolo musulmano si sono dimostrati i comunisti del Tudeh e tutti i vari marxisti-leninisti (si tratta generalmente di studenti e intellettuali guadagnati al marxismo nel corso della loro permanenza in Occidente); e ciò non vale soltanto per i gauchistes dell'Iran, ma per tutti coloro che , in terra d'Islam, hanno preferito 'Il Capitale' al 'Corano'. Un ex attivista del partito comunista iracheno ha pubblicato su "Le Monde" una significativa autocritica - o meglio, una sincera dichiarazione di fallimento - , nella quale si dice fra l'altro: "Noi vedevamo nei nostri concittadini solo degli uomini alla ricerca di vitto e di alloggio, privi della minima dimensione spirituale. Noi ci preoccupavamo soltanto delle loro condizioni materiali d'esistenza, definite in termini occidentali. (...) Noi non avevamo mai voluto cogliere la natura specifica dell'Islam, dell'uomo musulmano, per il quale il sacro rimane, anche quando viene razionalmente respinto, la base , il fondamento dell'essere. Nessun settore della sua esistenza sfugge all'impregnazione religiosa, così profonda e viscerale che la si crederebbe innata (....). Il marxismo tende alla sua modernizzazione integrale, alla sua laicizzazione forzata, il che significherebbe in realtà la sua perdizione ontologica, la sua trasformazione in un altro essere - l'internazionalismo anonimo - , un essere sbiadito e adulterato, un sosia del consumatore occidentale, la sua copia conforme alle esigenze del mondo attuale, dello schiavismo macchinista." (N. Jamal ad-Din - "Communiste en pays d'Islam" - "Le Monde" 15 marzo 1979)

(*) - "Sarebbe facile citare molti fatti che dimostrano come gli Ebrei, certamente sempre a causa della ignoranza dell'arabo della totalità degli Europei, continuarono, di secolo in secolo, ad essere i loro informatori circa quanto riguardava l'Islam. Tuttavia spesso quegli informatori sapevano ben poco circa quanto veniva loro chiesto o ne davano deliberatamente notizie false. (...) Gli Ebrei, in epoca imprecisabile, ma probabilmente antica, incominciarono ad effettuare rappresaglie di particolare genere contro l'Islam (...). Si tratta per lo più di componimenti intitolati "dottrine", "teologie" e simili, nonchè di storielle comiche, come quella degli angeli ubriachi, nei quali appare evidentissimo lo scopo di mettere in ridicolo l'Islam (...). Il fine propostosi dai compositori di quelle parodie diffamatorie fu completamente raggiunto, poichè, oltre all'aver inculcato nella mente di moltissimi Europei un concetto non solo errato, ma grottesco dell'Islam, riuscirono a trarre in inganno persino un Pontefice che (...) inserì una delle favole pseudoislamiche in una sua solenne Lettera ufficiale e perdette tempo a farne la critica. La falsità dei componimenti dei quali ci stiamo occupanto è dimostrata in modo indiscutibile fin dal loro titolo, poichè sono presentati come libri sacri dell'Islam complementari del Corano, oppure come Trattati islamici di teologia. E' ben noto invece che, oltre al Corano, non esistono altri libri sacri islamici. (...) L'esame di questa curiosa e caratteristica letteratura ne rivela l'origine indubbiamente ebraica, poichè, oltre al contenere rifacimenti e adattamenti di note storielle talmudiche, essa corrisponde esattamente , tanto per l'intonazione generale quanto per la forma, e molti precisi particolari, alla analoga, nota letteratura ebraica anticristiana." ( da Aldobrandino Malvezzi - "L'Islamismo e la cultura europea" - ediz. 'Sansoni' - Firenze 1956 - pp 194-197) Nota a cura di Omar 'Amin al primo capitolo de "Il Governo Islamico" - ediz. LE.D.E - Roma s.d.

Dobbiamo sottolineare a proposito come la letteratura anticristiana di matrice giudaica si sia estrinsecata attraverso i secoli sia mediante i componimenti di testi alteranti il messaggio dottrinale cristiano (fra i quali probabilmente buona parte dei cosiddetti Vangeli Gnostici) sia , soprattutto, mediante l'invenzione di quel corpo di storielle immonde e denigranti la figura del Cristo, Messia dell'Umanità e Profeta dell'Unicità Divina secondo i musulmani, e della di Lui Madre, la Vergine Maria (che Dio li abbia in Gloria). Tale oltraggioso volume è noto come l'antivangelo del Ghetto e con il suo nome ebraico di "Toledhot Jeshù" dal quale attualmente i rabbini moderni, opportunisticamente, prendono le 'distanze' pubblicamente smentendone i contenuti che, al contrario, sono 'conformi' ai testi "sacri" del Talmud e agli insegnamenti della Cabbala ebraica i quali, fra le altre cose, 'sentenziano':

- "Tutti i beni del cristiano sono come il deserto: il primo di noi che li occupa ne è il padrone"
- "Per poter ingannare i cristiani è permesso ad un ebreo farsi passare per cristiano"
- "Il migliore dei cristiani deve essere ammazzato"
- "Spegnendo la vita ed uccidendo il cristiano riuscirai gradito alla Maestà Divina come colui che fa un'offerta d'incenso"
- "La nostra redenzione sorgerà appena Roma sarà distrutta"
- "Dove gli israeliti prevalgono colla forza, è proibito ad ognuno di noi lasciare un solo cristiano , anche se egli fosse rimasto per caso tra noi, o vi fosse di passaggio andando da una città all'altra per affari, poichè non gli dobbiamo permettere nemmeno il passaggio"

Ricordiamo quì , quale esempio pratico, come l'entità criminale sionista oltre a celebrare annualmente come festività eventi storici dell'antico "Israele" (la pesah = pasqua ebraica ; il purim) che ricordano i massacri di popolazioni 'nemiche' (ovvero tutto il resto dell'umanità non ebraica) , non sia aliena da pulsioni xenofobe anti-religiose nei confronti sia dei palestinesi cristiani sia dei loro concittadini musulmani. Alcuni anni or sono, un decennio fa, la stampa italiana riportò le notizie - peraltro a breve distanza l'una dall'altra - di alcuni disegni sacrilegi raffiguranti la Vergine Maria con una testa di mucca ed il Profeta dell'Islam , Mohammad, con testa asinina 'comparsi' sui muri di alcuni quartieri di Gerusalemme e Tel Aviv. L'odio contro qualsiasi religiosità non-ebraica (...ammesso che di 'religiosità' si possa parlare quando si parla di ebrei...noi diciamo 'contro-chiesa' con i suoi insegnamenti derivati da un culto demoniaca influenzato secolarmente da entità 'demoniache' , tellurico-lunari e alimentato dall'odio atavico con il quale gli emissari della Sinagoga di Satana 'intendono' e 'interpretano' , vedono e identificano qualunque dottrina religiosa non-ebraica...) è una costante ed una 'prassi' criminale proveniente dai bassifondi dell'anima ebraica: un'anima per la quale il mondo si continua a dividere - e tale sarà la percezione che avranno gli ebrei della relazione con l'umanità non ebraica - in "Israele" , popolo eletto e beniamino dell'Onnipotente in qualunque epoca ed in qualsiasi circostanza, ed i "Goyim" = i non ebrei; gli stolti 'Gentili' ; carne da macello, animali, sterco da utilizzare esclusivamente al servizio della causa ebraica del trionfo di "Israele" che mira all'edificazione di un Governo Mondiale Ebraico o novello Regno Universale di Sion.

7 - In proposito si consiglia l'agile ma 'efficace' volume di Pierre Antoine Cousteau - "L'America Ebraica" , ediz. "Effepi" - Genova 2003 e di Maurizio Blondet - "Chi comanda in America" e "Israele, Usa, il terrorismo islamico" entrambi pubblicati per i titoli delle edizioni "Effedieffe" di Milano;

8 - Ayatollah Khomeyni - "Il Governo Islamico" - ediz. 'LE.D.E.' - Roma s.d. La nuova edizione curata dalle edizioni "Il Cerchio" di Rimini del libro dell'Imam è uscita nel 2007 con introduzione dell'Istituto Culturale dell'Ambasciata della Repubblica Islamica dell'Iran in Italia; prefazione del Prof. Franco Cardini ed un nostro saggio su "L'Imam Khomeini - La vita, la lotta, il messaggio" quale postfazione.

Spetaktor
07-07-09, 21:43
L'ISLAM SHI'ITA -


di Dagoberto Husayn Bellucci


"Nella democrazia la sovranità appartiene al popolo, mentre nell'Islam la
sovranità appartiene a Dio, di cui il popolo è il "khalìfa" , ovvero il
'luogotenente'. In democrazia è la maggioranza che si fabbrica le sue leggi,
mentre nell'Islam il popolo deve seguire e obbedire le leggi (Sharì'a) , da da
Dio per mezzo del Suo Messaggero. Nella democrazia, il governo si impegna a
eseguire la volontà popolare; nell'ordinamento politico islamico il governo e
il popolo devono, l'uno e l'altro, perseguire gli obiettivi da Dio."

( Abù A'là al-Maududi - "Vivere l'Islam" - Ediz. "S.I.T.A." - Ancona 1979 )


"La democrazia è l'Occidente, e noi non ne vogliamo sapere. Non vogliamo
saperne dell'Occidente e della sua anarchia."

( Imam Sayyed Ruhollah al Mousavi al Khomeini )


L'Islam shi'ita rappresenta una delle 'varianti' ed insieme una delle
possibilità offerte, in questo ciclo spazio-temporale contraddistinto da
inequivocabili 'segni' discendenti e da caratteristiche proprie dell'Età
Ultima, il Kali Yuga o Età Oscura; l'epoca dello sfaldamento di tutti i valori
e della sovversione di qualsivoglia etica e morale, all'individuo moderno
deambulante nel marasma esistenziale della contorta quotidianità della società
contemporanea.

Unitamente alla 'versione' maggioritaria dell'Islam sunnita (e non omettendo
di ricordare quì il Sufismo , sorta di 'ponte' tra Sunnismo e Shi'ismo) la
Shi'ia rappresenta una possibilità di riconnessione alla Tradizione Informale
interna alla Religione Islamica. "L'Islam - scrive Maurizio Lattanzio (1) - è
una forma tradizionale legittima e ortodossa che consente , in questo
crepuscolo di ciclo cosmico e in conformità con le rispettive equazioni
personali e comunitarie, ai singoli e ai popoli la partecipazione spirituale
alla dimensione intemporale della Tradizione Unica."

Maurizio Lattanzio, soldato-politico nichilista e fautore del progetto
"Eurasia-Islam" ( magistralmente espresso nella forma articolistico-scrittoria
sulle pagine del mensile trapanese "Avanguardia" nel periodo compreso tra il
1991 e il 1997 e , successivamente, sulla nostra agenzia di stampa "Islam
Italia" nel biennio 2003-2004 ), scriverà in proposito: "La Tradizione
informale, la cui dimensione metafisica si situa su di un piano cosmico
trascendente, consiste in un'unica essenza. Essa, sul piano storico, si
manifesta, svolge e attualizza nel quadro di forme tradizionali organicamente
differenziate e , quindi, adeguate alla mentalità e alle disposizioni
spirituali delle comunità umani a cui essa si rivolge." (2)

L'adesione ad una determinata idea del mondo (weelthanshauung) è conforme
'stilema' di combattimento degli uomini di 'razza'. Inevitabilmente nella
dispersione di ideali e valori, nel vuoto post-nichilista della contemporaneità
rovesciata all'interno della quale si muovono 'sgangheratamente' soggetti
antropologicamente 'contorti' e nell'affermazione di un'identità che vuole
riconnettersi alla Tradizione occorre oggi riconoscere la valenza anti-
modernista e tradizionale dell'Islam, vettore rivoluzionario 'puntato' contro
il Sistema giudaico-mondialista e forma 'scolpita' di una Teofania che impone
all'essere umano un insieme di Valori e di Leggi divinamente ispirate. L'Islam
in questa fase ultima è anche il baluardo dei valori di tutte le precedenti
religioni rivelatesi quali manifestazioni della Verità Celeste e del suo
messaggio atemporale che invita gli uomini e le nazioni a rifiutare le logiche
dello sfruttamento e della prevaricazione, del dispotismo e dell'arroganza,
'affioranti' e determinanti qualunque Potere espressione di forze sovversive ed
anti-tradizionali. L'Islam dunque come baluardo per i popoli oppressi e
diseredati del pianeta e difensore ultimo della Verità.

"Dato il carattere universale e riassuntivo che le è proprio, la tradizione
islamica ha potuto riconoscere nei Sapienti d'ogni tempo e d'ogni paese
cronologicamente anteriori a Muhammad ( "sigillo dei profeti e degli inviati" )
altrettanti portatori d'un'unica conoscenza d'origine divina, da loro trasmessa
ed esposta nei termini più adeguati alla comprensione e alla mentalità della
comunità umana cui appartenevano. - scrive 'Umar Amin alias Claudio Mutti (3) -
E' così che fra i Musulmani Platone viene detto "imam dei filosofi" e molti lo
chiamano Sayyidnà Iflitùn , ossia "nostro signore Platone" , ritenendolo un
profeta mandata da Allah ai Greci. Nulla di strano , quindi, che Khomeynì sia
stato "affascinato da Aristotele e Platone" , ma non è esatto affermare che sia
stata la 'Politeìa' platonica a "fornire a Khomeynì il modello concettuale
della repubblica islamica col re-filosofo sostituito dal teologo musulmano.".
Le fonti della dottrina politica alla quale si ispira l'azione dell'Imam si
trovano essenzialmente nel Libro di Allah e nell'esempio operativo lasciato dal
Profeta; il fatto che esistano sostanziali analogie con l'insegnamento di
Platone conferma appunto l'idea islamica secondo cui l'ultima rivelazione
compendia tutti i vari messaggi sapienziali che l'hanno preceduta. Ai
'philòsophoi' di Platone corrispondono dunque , nel progetto islamico, gli
ulàma, che non è del tutto corretto definire come i 'teologi musulmani'."

A differenza delle quattro scuole islamiche sunnite - maggioritarie nel mondo
musulmano - nella scuola shi'ita duodecimana esiste una gerarchia
'ecclesiastica': il clero che dall'avvento della Rivoluzione Islamica iraniana
nel gennaio 1979 detiene il potere a Teheran è l'espressione più alta di questa
autorità 'piramidale' che , dalle scuole teologiche delle città sante persiane
di Qòm e Mashad, forma l'insindacabile vertice della società islamica e detiene
- anche attraverso la formula espressa dalla dottrina khomeinista della
"Walayath et Faqì" = il Governo del Giuriesperto - il potere supremo nella
Teocrazia iraniana. Un potere al quale obbediscono milioni di musulmani di fede
shi'ita di nazionalità non persiana e di altre razze: gli arabi libanesi,
irakeni, i turcofoni azeri e molti altri individui presenti nei quattro angoli
del pianeta che hanno riconosciuto in questa Gerarchia religiosa un 'segno'
dinamico di avvento - parusia - delle verità tradizionali e l'estremo 'bunker'
di autodifesa attiva contro i processi e le dinamiche dissolutive del mondo
moderno.

La Repubblica Islamica dell'Iran e le sue Guide spirituali quale
"metastorica" apparizione di insindacabili Valori Eterni o, per dirla con due
autori italiani (4) che nei primi anni Ottanta diedero alle stampe forse il
miglior contributo ad una comprensione 'altra' del ruolo che attualmente svolge
Teheran quale 'centro' o motore immobile del fronte dei diseredati del pianeta
contro le logiche usurocratiche e ricattatorie del 'pescecanismo' economico-
finanziario della Plutocrazia giudaico-mondialista, "un'ideale metafisico nella
realtà del XXmo secolo".

L'Iran islamico khomeinista (5) quale 'vettore' tradizionale antimodernista,
anti-capitalista e anti-imperialista per eccellenza; paese-cerniera tra Oriente
ed Occidente, 'sponda' tra Turan e mondo arabo, 'ponte' di dialogo
interreligioso e interconfessionale tra Islam, Cristianesimo Ortodosso e
Cristianesimo Cattolico, 'axis mundi' di un'idea tradizionale incarnatasi
nell'archetipo di "Stato teocratico" costituitosi dopo la vittoria delle forze
islamiche ed il processo rivoluzionario che interesserà la società iraniana a
partire dai primi anni Sessanta e fino alla fine dei Settanta del XXmo secolo.

"Con un’estensione territoriale pari a 1 645 258 kmq, relativamente vasta se
confrontata con gli altri paesi della regione mediorientale, situato nell’
intersezione dei due assi ortogonali Nord-Sud e Est-Ovest, rispettivamente
costituiti dalle direttrici Russia-Oceano Indiano e Cina-India-Mar
Mediterraneo, l’Iran, ieri importante segmento della Via della seta e delle
spezie, oggi seconda riserva mondiale di gas e terzo esportatore di petrolio,
rappresenta il centro di gravità di molteplici interessi geostrategici e
geopolitici che si dispiegano su scala regionale, continentale e mondiale. -
scrive Tiberio Graziani (6) - (...) Agli elementi sopra riportati, posizione e
imponente forziere di risorse energetiche, veri e propri atout geopolitici,
occorre aggiungere, ai fini dell’ analisi geopolitica dell’Iran, altri fattori
di equivalente importanza, tra cui:

- una popolazione, numerosa di oltre 65 milioni, con un’età media di 25 anni
e largamente alfabetizzata;

- un’aspettativa di vita medio-alta valutata oltre i 70 anni;

- una forte identità politica che, nonostante la varietà etnoculturale
stratificatasi nel corso dei secoli, la memoria e la rappresentazione
collettiva contemporanea fanno risalire almeno all’epoca achemenide (648 a.C. –
330 a. C.), se non a quella del regno dei Medi (758 a.C. – 550 a.C.);

- una peculiarità religiosa, la Shia, che da oltre 500 anni costituisce il
sostrato culturale unificante del Paese;

- un originale regime politico–religioso che, attento ai principi della
solidarietà sociale, lascia ampi margini di libertà alle minoranze etniche e
religiose del Paese, contenendone, in tal modo, la loro potenziale azione
disgregatrice per l’unità nazionale.

Sin dall’antichità, la centralità, esaltata in splendidi distici da Nezāmī di
Ganjè (1141-1204) nel suo poema Le sette principesse (Haft Peikar): “Il mondo è
il corpo e l’Iran ne è il cuore / di tal confronto l’Autore non prova vergogna”
, sembra costituire la caratteristica geopolitica più rilevante dello spazio
presidiato, attualmente, dalla Repubblica islamica degli ayatollah."

Ai fini di un'esatta comprensione della realtà iraniana occorre un'analisi
sulla "specificità" shi'ita inevitabilmente correlata e sinergicamente organica
alla storia - politica, culturale e spirituale - della nazione persiana. La
totalità organica rappresentata dall'unità dei poteri temporale e spirituale
emanante dalla teocrazia shi'ita iraniana è un significativo evento spartiacque
della storia contemporanea mondiale e insieme l'esempio più assoluto di una
formidabile volontà di riscatto delle masse oppresse iraniane e dei suoi
dirigenti che , 'adempiendo' ad una 'consegna' direttamente impartita dall'Imam
Khomeini, sbaragliarono il potere dispotico e tirannico dello shah instaurando
la Repubblica Islamica.
La teocrazia sciita persiana è diretta emanazione dei precetti dottrinali e
politici dell'Islam shi'ita duodecimano. "L'islam ha due rami principali, il
sunnismo , maggioritario, e lo sciismo (shi'a, tashayyo'). - scrive Yann
Richard (7) professore di studi iranici presso la Sorbona di Parigi - Nello
Sciismo la tendenza più importante è l'imamismo 'duodecimano' (in arabo esna'
as-hari), chiamato così per il culto ai Dodici Imam che succedettero al
Profeta. E' la religione ufficiale dell'Iran dal 1501, anno dell'avvento della
dinastia safavide. (...) Gli iraniana sono ariani che durante i secoli si
mischiarono con popolazioni semitiche e , dai primi secoli della nostra epoca,
con popolazioni di origine turcomongola procedenti dall'Asia centrale. Hanno
conservato la loro cultura e lingua indoeuropea, il persiano (farsi), però
hanno sempre utilizzato alfabeti semitici (nell'antichità l'aramaico, oggi
l'arabo) per scrivere la propria lingua. (....) L'Iran (...) possiede la
comunità sciita più importante da sempre la più omogenea. Non si tratta di
omogeneità etnica: soltanto la metà, più o meno, degli sciiti iraniani sono
iranofoni. Sono altresì sciiti il 20% dei curdi, la maggioranza delle tribù
arabe del Kuzhistan e la maggioranza dei turcofoni (tra i quali tutti gli
azerbaegiani). (...) Dopo la rivoluzione iraniana tutto il mondo sa che gli
sciiti sono musulmani che, come i sunniti, rispettano i dogmi centrali
dell'Unicità di Dio (tawhid , "non avrai altro Dio che Dio"), lo stesso testo
sacro (il Corano), lo stesso Profeta Muhammad (nostro Maometto) , la stessa
credenza nella resurrezione seguita dal Giudizio Finale (maad) e la stesse
obbligazioni fondamentali: orazioni, digiuno, pellegrinaggio, elemosina e jihad
(guerra santa). Questi punti in comune sono più fondamentali delle divergenze:
in teoria non esiste alcun ostacolo (anche se in passato vi fu e , di fatto,
esiste ancora oggi) perchè uno sciita possa pregare con i sunniti e viceversa.
Ai precetti fondamentali dell'Islam (...) gli sciiti uniscono la fede nella
Giustizia di Dio ('adl) e l'Imamato. (...). L'Imamato (emama) è, in qualche
modo, la conseguenza e l'applicazione del principio di giustizia nella
direzione degli affari dell'umanità. Dio , che creò l'uomo, non poteva
ammettere che fosse lasciato alla sua volontà e condotto verso la perdizione.
Per ciò inviò i Profeti , l'ultimo del quale fu Muhammad, per guidarli verso il
sentiero della giustizia e della verità. Però , dopo la morte dell'ultimo
Profeta era inconcepibile che Dio, nella sua saggezza, avesse lasciato gli
uomini soli senza che, in ogni epoca, esistesse un garante spirituale , una
prova della veridicità della rivelazione , per dirigere la comunità dei
credenti musulmani: è l'Imam, la Guida.Visto che svolgeva un ruolo fondamentale
nella relazione tra Dio e gli uomini , l'Imam non poteva essere eletto dagli
uomini fallibili nè dipendere dalle vicissitudini della storia: doveva
necessariamente possedere alcuni requisiti di base, essere perfettamente
istruito negli affari religiosi , essere assolutamente giusto ed equo
nell'attuazione delle leggi, non aver difetti (ma'sum) , essere il più perfetto
(afzal) della propria epoca perchè non si concepisce che il più perfetto
obbedisca ad un imperfetto. Doveva cioè formare ciò che Henry Corbin chiamava
"Pleroma Immacolato" della gnosi sciita, che comprende i Quattordici purissimi
, vale a dire Muhammad, sua figlia Fatima e i Dodici Imam, creati da sempre.
L'Imam è designato da una investitura sovrannaturale (nass) procedente da Dio
per la mediazione del Profeta o dell'Imam anteriore a lui: la sua autorità
viene dall'alto. (...) Gli sciiti , dall'anno 874 dell'era cristiana, si
trovano nell'epoca del Dodicesimo Imam."

L'Islam shi'ita è l'Islam 'esoterico' per eccellenza: possiede cioè
l'essoterismo proprio della Religione musulmana quale rivelata agli arabi dal
Profeta Muhammad (la pace su di Lui e la sua Famiglia) unita ad una particolare
specificità mistico-estatica che , nella lingua farsi, viene definita come
"Irfan" (traducibile come 'Gnosi' o Conoscenza).
Si tratta dell'esoterico, del 'velato', del lato occulto della religione
musulmana. Alle pratiche quotidiane stabilite dalla Legge islamica (Sharia) e
ai precetti di tipo e natura essoterica l'Islam shi'ita corrisponde e
legittimamente , sinergicamente, impone al credente la fede nel ruolo
insindacabile di Guide della Comunità , in ogni tempo, dei Dodici Imam l'ultimo
dei quali - il Dodicesimo - , al Mahdi (che Dio affretti la sua parusia) il Ben
Guidato, si trova in istato di Grande Occultamento.

La 'teofania' sci'ita si ricollega alla Tradizione Informale anche attraverso
il simbolismo e la numerologia 'sacra' propria di tutte le manifestazioni
'organicamente' in ordine con i Principii Tradizionali : alle Dodici tribù
dell'antico "Israele" si sostituirono i Dodici Apostoli che seguirono il Messia
Gesù così come nello shi'ismo duodecimano sono in numero di Dodici le Guide che
'formeranno' e indicheranno la comunità dei credenti in ogni tempo.

La Shi'ia è anche nota come il "partito" , la fazione, di Alì (cugino e
genero del Profeta Muhammad, padre dei suoi soli nipoti sopravvissuti,
rispettivamente il secondo e terzo imam , al Hassan e al Hussein). La sua
'comparsa' sul palcoscenico dell'umanità è convergente alle vicende terrene del
Profeta sebbene sarà soltanto dopo la sua dipartita che , in termini chiari e
stabilendo una cesura netta rispetto alla maggioranza dei fedeli sunniti, essa
diverrà 'motore immobile' di eventi e avvenimenti destinati a modificare la
storia mondiale: dalla tragedia di Karbala , con il martirio di al Husayn, alla
rivoluzione islamica iraniana del XXmo secolo esiste un 'fil rouge' che unisce
le vicende di milioni, miliardi, di individui fedeli dell'Ahl ul Bayt = la
Famiglia del Profeta.

Senza Karbala non sarebbe assolutamente pensabile la Rivoluzione Islamica di
Khomeini, senza l'annuale celebrazione delle dieci giornate dell'Asciurà
shi'ita non avrebbe senso la comparsa nella storia recenti di Hizb'Allah in
Libano e tantomeno acquisterebbe quelle valenze metafisiche e metastoriche
l'imponente risveglio politico-militare del mondo musulmano in 'ebollizione'
rivoluzionaria fin dagli inizi del XXmo secolo che troverà la sua consacrazione
proprio nell'avvento delle forze rivoluzionarie a Teheran nel gennaio 1979. La
'spinta' ed il dinamismo della Rivoluzione di Khomeini , vero e proprio
rinascimento musulmano e autentica 'rivoluzione conservatrice' nel mondo
islamico, imporrà i successivi avvenimenti storici che dall'invasione sovietica
dell'Afghanistan passando attraverso la guerra imposta dall'Iraq ba'athista di
Saddam al governo islamico di Khomeini e infine alle due guerre mondialiste per
il petrolio contro l'Iraq (1991-2003) ed alla dicotomia Occidente-Islam
'partorita', preconizzata, ideata ed alimentata ad arte dalle centrali di
disinformazione del Sistema giudaico-mondialista che troverà il suo 'apice'
nello "scontro tra le civiltà" elaborato dai circoli neoconservatori della
politica statunitense e applicata dalla passata amministrazione Bush con
fallimentari esiti e clamorosi rovesci dall'Afghanistan allo stesso Iraq.

"La storiografia recente - scrive la professoressa Biancamaria Scarcia
Amoretti (8) - tende ad analizzare in parallelo, come cause della nascita
politico dello sciismo, istanze politico-ideologiche e più precise
rivendicazioni occasionate dalla politica nepotista del terzo califfo 'Uthman.
(...) Il riferimento al Corano e l'incipiente strutturazione della biografia
del Profeta come modello emblematico (sunna) travisano e celano le dinamiche
che sottendono la lotta per il potere, tanto più che ci troviamo sempre di
fronte ad una storiografia islamica , pro o anti-sciita. (...) Per esempio , la
tendenza a sovrapporre il fenomeno religioso al fatto politico, caratteristica
musulmana poi sottolineata dagli storici occidentali, colloca su un piano di
consequenzialità il fatto che il periodo che va dall'emigrazione di Muhammad da
Mecca a Medina (622) fino alla fine del califfato di 'Alì (661) si configuri
come l'età dell'oro. Su di esso si costruisce l'idea dello stato perfetto e del
capo perfetto (cui tutto il mondo musulmano guarderà - e continua a guardare -
con rimpianto) e la cosiddetta grazia divina del pluralismo (eufemismo per
indicare mai sanate divaricazioni e fratture di ogni ordine concettuale,
economico e sociale) costituisce nella prassi la trama di una conflittualità
sostanziante tutto l'Islam."


La dicotomia Sunnismo-Shi'ismo è stata abilmente ed astutamente , in epoche a
noi recenti, sfruttata e utilizzata dagli emissari dell'Imperialismo e del
colonialismo per favorire gli interessi delle potenze egemoni (europee prima,
statunitense e sovietica poi ed infine della superpotenza a stelle e strisce e
del suo principale alleato, il Sionismo, in tempi a noi recenti dopo la fine
della Guerra Fredda ed il tentativo di costituzione di un mondo unipolare a
guida 'yankee' indicato dall'ex presidente americano George Bush senior con la
formula-dichiarazione sull'entrata dell'umanità nel "Nuovo Ordine Mondiale"). A
tal fine all'interno del mondo musulmano gli imperialisti hanno creato ad arte
vere e proprie 'diversioni religiose' ovvero scuole di pensiero deformanti
l'originale messaggio profetico: è il caso della setta wahabita instauratasi
con l'avvallo della Gran Bretagna nelle sabbie dell'Hejaz saudita ma anche dei
tentativi analoghi compiuti in Turchia (con il giudaizzante movimento dei
Dummeh , cripto-ebrei falsamente convertiti all'islamismo dopo l'esperienza
messianica fallimentare di Sabbatai Zevi del 1666) e soprattutto, per quanto ci
riguarda, del bahaismo iraniano.

Indiscutibilmente le divergenze teologioco-dottrinali tra Sunna maggioritaria
e Shi'ia minoritaria rappresentano un 'antico' "tallone d'achille" per il mondo
musulmano ed una facile ed incendiabile divisione (ne siamo spettatori tutti ,
in modo clamorosamente palese, dopo l'occupazione manu militari statunitense
dell'Iraq e lo scatenamento di un conflitto intercoffesionale che lacera e
divide lo stato già dominio saddamista; analoga esperienza si ritrova
nell'Afghanistan ma anche in gran parte del mondo islamico) della quale si
approfittano i nemici della Ummah (comunità islamica mondiale). Realisticamente
queste differenze esistono e fanno parte della storia alle origini della
missione profetica mohammadica e nei primissimi anni dopo la scomparsa di
Muhammad. In questo contesto di contrapposizione tra il potere, temporale, dei
Califfi e l'opposizione e le rivendicazioni del "partito" shi'ita si inserisce
la tragedia di Karbala.

Karbala rappresenta il fulcro della religiosità della Shi'ia che determinerà
lo stato di perenne agitazione rivoluzionaria delle comunità shi'ite
all'interno del mondo musulmano. Gli avvenimenti di Karbala (nel 680 era
cristiana) determineranno la definitiva affermazione del potere della dinastia
ommiade che reggerà da allora in poi, per diversi secoli, le redini del
califfato e della comunità islamica in espansione. A Karbala , piana desertica
situata nell'attuale Iraq e meta di pellegrinaggi sciiti, la battaglia che si
svolgerà tra le truppe fedeli al califfo e i "ribelli" shi'iti di al Hussein
(la pace su di Lui) rappresenterà l'eterna conflittualità tra due 'vettori' che
, da sempre, 'sigillano' l'opposizione radicale tra Tradizione e Sovversione,
Ordine e Caos.

La sollevazione di al Hussein nasce per ristabilire l'ordine nella comunità
dei fedeli contro il dispotismo arrogante e la tirannia lussuriosa del califfo
Muhawiya. La rivolta di al Hussein è disperata , senza alcuna possibilità di
successo, contrassegnata dal tradimento degli abitanti di Kufa, e rappresenta
l'archetipo di ogni futura sollevazione shi'ita ed insieme il modello
originario, esemplare, di qualunque rivolta contro ogni forma di potere
tirannico, contro l'espropriazione dispotica del potere, contro ogni
legittimismo menzognero e l'esercizio illegale del potere. E' , l'esempio di
Karbala, un grido di rivolta che mira ad abbattere ingiustizie e sopprusi
compiuti da un'autorità avvertita come illegittima e che riporta alla secolare
lotta contro il "maestro di menzogna" che è l'istinto 'tellurico-satanico'
emanazione di 'tendenze' inferiori, rovesciate, demoniache.

"Lo sciismo trova nel caso di Husayn la sua via crucis. E' sotto il segno
della consapevolezza della sconfitta e della necessità/volontà di immolarsi che
la storiografia sciita ce lo narra , utilizzando, si badi bene, materiali
registrati anche da chi sciita non è. Accanto all'eroe Alì, si costruisce
l'antieroe , a simbolizzare quella che sarà poi nei fatti la vicenda
dell'imamismo, fatta di rinunce politiche e di recuperi religiosi tali da
produrre politica, di marginalità e nel contempo di una creatività culturale
con la quale non si possono non fare i conti. Husayn è mite ma deciso. Il suo
destino gli appare con tutta chiarezza ed ha dimensioni cosmiche. Vale per
l'umanità intera. Il suo martirio, diversamente da quello del padre, sarà opera
sua, e suo sarà il significato da attribuire ad esso. Ha paura, umana paura, ed
è su questa che si fonda il valore del suo agire. (...) Religiosamente
l'impatto della morte di Husayn è superiore a quello della morte di Alì. La
tragedia viene rivissuta da tutto il corpo sciita e l'anniversario celebrato
per dieci giorni (i primi dieci giorni del muharram). A seconda dei paesi si
danno vere e proprie rappresentazioni sacre o processioni simili a quelle che
si compiono a Siviglia durante la Settimana Santa. L'oppressione religiosa si
esprime , per opera del regime in carica, permettendo o proibendo tali
cerimonie. (...) Del senso del martirio , prerogativa dell'Imam e non del
semplice fedele anche quando questi è chiamato a sacrificare la vita per il
bene collettivo, si è già detto. Paralleli condotti tra sciismo e Cristianesimo
trovano nella storia di Husayn la loro principale motivazione. (...) Rimane da
chiarire un punto, la valenza più propriamente politica del gesto di Husayn. Se
solo l'Imam è degno di vivere il martirio, il fedele trae necessariamente una
lezione: il dovere di opporsi al tiranno e all'ingiustizia, non per interesse
personale, ma per la collettività. (...) La mai negata ipotesi della legalità
della rivolta contro il sovrano ingiusto, valida per tutto l'Islam, trova, una
volta di più, pronto nello sciismo il paradigma teorico in base al quale
stabilire come si definisca l'ingiustizia e come la si combatta. Anche nei
momenti di maggior quietismo lo sciismo non rinuncia a tale ipotesi , che
diventa possibile, plausibile e realizzabile quando le circostanze siano
favorevoli o talmente sconcertanti da motivare l'intervento violento contro il
potere." (9)

E' in questa ottica che si deve dunque intendere la rivolta dei mustadhafin
(i diseredati) iraniani, degli oppressi, dei reietti della società musulmana
shi'ita iraniana contro la tirannia ed il dispotismo del regime pahlevi e
contro le potenze imperialiste affamatrici dell'umanità ed i loro più o meno
occasionali alleati.

Concludiamo questo nostro brevissimo ed affatto esaudiente studio preliminare
sull'Islam shi'ita (10) ricordando le parole del Signore dei Martiri shi'iti ,
al Husayn, annualmente celebrate dall'intera comunità shi'ita nella ricorrenza
dell'Asciurà: "O Dio, Tu sia che quanto abbiamo fatto non è stato lottare per
il potere nè ricercare le cose effimere di questo mondo, ma restaurare le
pietre miliari della Tua religione e compiere le giuste opere nel Tuo paese, di
modo che quanti nel Tuo popolo sono stati offesi possano ottenere sicurezza e
le Tue prescrizioni , che sono state ostacolate, possano essere messe in
pratica.".

Il mondo come perenne 'combattimento' tra oppressi ed oppressori, diseredati
e affamatori delle ricchezze del pianeta.

L'eterna lotta tra il Sangue e l'Oro, Tradizione e Sovversione, Ordine e
Caos.


DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI

DIRETTORE RESPONSABILE AGENZIA DI STAMPA "ISLAM ITALIA"

Spetaktor
07-07-09, 21:44
Note -

1 - Maurizio Lattanzio - Articolo "Alternativa Rivoluzionaria al Sistema" -
dal mensile "Avanguardia" nr 100 - Marzo 1994;

2 - Maurizio Lattanzio - Articolo "Islam ed Europa - Tracce di lettura" - dal
mensile "Avanguardia"

3 - Umar 'Amin - introduzione a Ayatollàh Khomeyni - "Il Governo Islamico" -
ediz. "L.ED.E." (Libreria Editrice Europa) - Roma s.d.;

4 - Angelo Terenzoni / Nazareno Venturi - "La Repubblica Islamica dell'Iran:
un ideale metafisico nella realtà del XX secolo" - edizioni "Alkaest" - Genova
1980 ;
5 - Per una breve bibliografia sulla Repubblica Islamica dell'Iran si
consultino anche i seguenti volumi:
AFARI J., Foucault and the Iranian revolution: gender and the seductions of
Islamism, Chicago, University of Chicago Press, 2005.
ALGAR H., Constitution of the Islamic Republic of Iran / translated from the
Persian by Hamid Algar, Berkeley, Mizan Press, 1980.
ALGAR H., Islam and Revolution: Writings and Declarations of Imam Khomeini,
Berkley, University of California Press, 1981.
ALGAR H., Roots of the Islamic Revolution in Iran; four lectures, Oneonta,
NY, Islamic Publications International, 2001.
ARJOMAND S. A., The Turban For the Crown: The Islamic Revolution in Iran, New
York-Oxford, Oxford University Press, 1988.
BROYLES M., Mahmoud Ahmadinejad: President of Iran, New York, Rosen
Publication, 2008.
BUCHTA W., Who Rules in Iran? The Structure of Power in the Islamic Republic,
Washington, The Washington Institute for Near East Policy and the Konrad
Adenauer Stiftung, 2000.
CAMPANINI M., Islam e politica, Bologna, Il Mulino, 2003.
DONATO S., Iran: la ricostruzione delle aree distrutte dalla guerra, Roma,
Gangemi Editore,1990.
EHTESHAMI A.; ZWEIRI M., Iran's foreign policy: from Khatami to Ahmadinejad,
Berkshire, U.K., Ithaca Press, 2008.
EMILIANI M., RANUZZI D' BIANCHI M., ATZORI E., Nel nome di Omar:
Rivoluzione, Clero e Potere in Iran, Bologna, Odoya, 2008.
FORAN J., A century of revolution: social movements in Iran, London, UCL
Press, 1994.
GUOLO R., L'Islam è compatibile con la democrazia?, Bari, Laterza, 2004.
GUOLO R., La via dell'Imam. L'Iran da Khomeini ad Ahmadinejad, Roma - Bari,
Laterza, 2007.
HAYKAL M. H., The return of the Ayatollah: the Iranian revolution from
Mossadeq to Khomeini, London, Deutsch, 1981.
JANUARY B.., The Iranian Revolution, Minneapolis, Twenty - First Century
Books, 2008.
KAMRAVA M., Revolution in Iran: The Roots of Turmoil, London and New York,
Routledge, 1990.
KARSH E. (ed.)., The Iran-Iraq War: Impact and Implications, London, The
Macmillian Publications, 1987.
KATOUZIAN H.; SHAHIDI H., Iran in the 21st century: politics, economics and
confrontation, Abingdon, Oxon, England ; New York, Routledge, 2007.
KEDDIE N. R Roots of Revolution: An interpretive History of Modern Iran, New
Haven and London, Yale University Press, 1981.
KHATAMI M., Religione, Libertà e Democrazia, Roma-Bari, Laterza, 1999.
KHOMEINI R. M., Hokumat-e Eslami (Il Governo Islamico), Roma, Centro
Culturale Islamico Europeo, 1983.
KING J., Iran and the Islamic Revolution, Chicago, Raintree, 2006.
MARTIN V., Creating an Islamic State: Khomeini and the making of a New Iran,
London - New York, I. B. Tauris, 2003.
MANTOVANI A., Rivoluzione islamica e rapporti di classe: Afghanistan-Iran-
Iraq, Genova, Graphos, 2006.
MILANI M. M., The Making of Iranian Islamic Revolution: From Monarchy to
Islamic Republic, London, Boulder, 1988.
MOIN B., Khomeini:Life of the Ayatollah, New York, St.Martin's Press, 2000.
MOTTAHEDEH R., The Mantle of the Prophet: Religion and Politics in Iran,
Middlesex, Penguin, 1985.
NESTI A., Laboratorio Iran: cultura, religione, modernità in Iran, Milano,
Casa Editrice Franco Angeli, 2003.
PARSA M., Social Origins of The Iranian Revolution, New Brunswick and
London, Rutgers University Press, 1989.
RUBIN B. M., The Iranian revolution and the resurgence of Islam,
Philadelphia, Mason Crest Publisher, 2007.

6 - Tiberio Graziani - "La funzione eurasiatica dell'Iran" - editoriale del
numero speciale dedicato all'Iran dalla rivista "Eurasia" , Nr. 1/2008 (Gen-
Apr);


7 - Yann Richard - "El Islam Shiì" - ediz. "Bellaterra" - Barcelona
(Spagna) 1996 (traduzione dall'originale francese "L'islam chi'ite" - ediz.
Arthème Fayard - Paris , France 1991);

8 - Biancamaria Scarcia Amoretti - "Sciiti nel mondo" - ediz. "Jouvence" -
Roma 1994;

9 - Biancamaria Scarcia Amoretti - ibidem;

10 - sullo Shi'ismo si consigliano i seguenti volumi:

- Allamah Tabataba'i - "Gesù e Maria nel Corano" - ediz. a cura del Centro
Culturale Islamico Europeo - Roma 1994 - (nuova ediz. 2008);
- Tabataba'i - "La Shia nell'Islam" - ediz. "Semar" - Roma 2002;
- Mortaza Motahhari - "La visione unitaria del mondo" - ediz. "Semar" - Roma
1998;
- Vali Nasr - "La rivincita degli sciiti - Iran, Iraq, Libano: la nuova
mezzaluna" - ediz. Università Bocconi - Milano 2007;
- Leonardo Capezzone/Marco Salati - "L'Islam sciita - Storia di una
minoranza" - ediz. "Lavoro" - 2006;
- Roberto Gritti/Giuseppe Anzera - "I partigiani di Alì - Religione, identità
e politica nel mondo sciita" - ediz. "Guerini e Associati" - Roma 2007;
- Abdolmohammadi Pejman - "La Repubblica Islamica dell'Iran - Il pensiero
politico dell'Ayatollah Khomeini" - ediz. "De Ferrari" - 2009;
- Hamid Ansari - "Il racconto del risveglio - Una biografia politica e
spirituale dell'Imam Khomeini" - ediz. "Irfan" - 2007;
- Imam Ruhollah Khomeini - "Il governo islamico" - nuova edizione - ediz. "Il
Cerchio" - Rimini 2006 con la presentazione dell'Istituto Culturale
dell'Ambasciata della R.I. dell'Iran in Italia, introduzione del prof. Franco
Cardini e nostro saggio su "L'Imam Khomeini - La vita, la lotta, il
messaggio";
- Khomeini Mousavi/Motahhari Mortaza - "La via spirituale - Invito e
introduzione" - ediz. Semar" - Roma 2002;

si veda anche il nostro: "Conoscere l'Islam - Le basi della dottrina shi'ita"
- ediz. "Il Cerchio" - Rimini 2005;

Spetaktor
12-07-09, 19:57
RECENSIONE CINEMATOGRAFICA -

"KURTLAR VADISI - IRAK" (LA VALLE DEI LUPI - IRAK)


di Dagoberto Husayn Bellucci


"Hollywood è un viaggio nella fogna in una barca col fondo trasparente."
( Wilson Mizner - Aforisma)


"Al cinema preferisco la televisione, è più vicina alla toilette"
(Aforisma anonimo)

"La morte non è che un'abolizione dello spazio e del tempo. Questo è anche il
fine del cinema."
( Jean Cocteau - Aforismi )
"Cinema. Prigione per gli occhi."
( Franz Kafka - Aforismi )






La cinematografia, "l'arma più forte" secondo l'entusiastico slogan
propagandistico usato in Italia negli anni Trenta durante il periodo fascista e
riprendendo una delle molte affermazioni mussoliniane, rappresenta
insindacabilmente una delle principali 'macchine' per il controllo delle masse.
Sono le immagini proiettate dal grande schermo a definire spesso e volentieri
le mode ed i costumi delle società contemporanee ed è l'uso 'spregiudicato' e
intelligente di un simile strumento di omologazione ad aver prodotto i migliori
risultati - nel corso dei decenni - fin dall'avvento del cinema all'inizio del
XXmo secolo.

Una simile "macchina bellica" , sapientemente utilizzata da dagli apprendisti
stregoni dell'One World mondialista (mondo unidimensionale 'rovesciato'
dell'effimero e dell'edonismo), ha prodotto nel corso di tutto il secolo scorso
e fino ai giorni nostri i migliori risultati in fatto di sovversione dei
modelli comportamentali, evolutivi (o per esser più chiari involutivi visti i
processi di schiantamento ontologici in 'corso'..."lavori in corso" nell'epoca
del Villaggio Globale e della Globalizzazione dei mercati...'traiettorie'
discendenti , tellurico-demoniache, di una contemporaneità alla deriva
...'esistenzialismo' depauperizzato e nichilismo trionfanti...), culturali e
socio-politici che hanno contrassegnato l'incedere 'pedante'
dell'individualismo di massa, 'simbolica' rappresentazione del viaggio
attraverso il Nulla delle individualità contorte presenti in questa fase
storica terminale.

L'importanza, la funzione 'sociale' 'educativo-didattica', della
cinematografia risulterà 'conforme' alle strumentalizzazioni che di questo
mezzo di diffusione di massa di immagini e 'stili' verranno adottate
dall'Establishment: se già in epoche 'altre' i regimi totalitari della Germania
nazionalsocialista, dell'Italia fascista o dell'Unione Sovietica compresero
perfettamente l'irresistibile, diabolico, 'fascino' esercitato sulle masse
popolari dalle immagini 'filmiche' - straordinarie 'produzioni' quelle
partorite durante gli anni Trenta e Quaranta dai governi dell'Asse (1) - e la
valenza politica che un simile strumento avrebbe avuto nel corso degli anni,
sviluppandosi le tecniche di realizzazione, il sonoro e le immagini; è da
considerare essenziale l'enorme, spregiudicato e disinvolto utilizzo che verrà
successivamente fatto del mezzo cinematografico dalla propaganda della nazione
che , più di tutte, 'investirà' risorse e capitali in questa autentica
"industria" al servizio della Politica: gli Stati Uniti d'America.

Se già la Germania hitleriana aveva lucidamente 'percepito' l'efficacia e
l'enorme potenziale della cinematografia (indiscutibile campione di
'propaganda' l'allora Ministro nazionalsocialista Joseph Goebbels che saprà
marzialmente ordinare le parole d'ordine della weelthanshauung hitleriana in
immagini incomparabili di sublime 'maestria' anche grazie alla straordinaria
capacità espressiva che dal mezzo cinematografico saprà 'trarne' autentici
capolavori 'didattico-militanti' la 'campionessa' della cinepresa dell'epoca,
Leni Riefensthal (2), regista, fotografa e documentarista di inestimabile
classe, di assoluto valore e di irraggiungibile perfezione...'scintillante' e
osannata Signora delle cineprese dell'epoca nonchè primadonna 'ariana' e
aristocratica della 'corte' di 'aficionados' e 'intimi' che gravitavano attorno
alla insuperabile, metastorica, metafisica figura dell'Ultimo Signore degli
Arii, il Fuhrer della Germania, "l'ultima speranza dell'Europa", l'axis mundi
del Nuovo Ordine eurasiatico ario-germanico ....Adolf Hitler...il più Grande ...
senza se e senza ma...) altrettanto negli stessi anni avevano compreso i
padroni, produttori e registi ebrei e cripto-ebrei detentori della stragrande
maggioranza delle case cinematografiche di Hoolywood, autentico feudo ebraico
(3) e centro di propaganda internazionale della sovversione modernista in tutte
le forme attraverso una sterminata produzione di film che esaltano l'american
way of life, la politica estera statunitense, il mondo rovesciato della società
massificata supercapitalistica statunitense (...in 'ordine'...tedeschi
('crucchi'), giapponesi ('musi gialli'), russi ('comunisti'), arabi
('terroristi') quali 'rappresentazioni' cinematografiche del nemico di turno
della percezione occidentalista statunitense...l'Occidente un'invenzione "made
in USA"...).

In questo 'gioco' degli specchi, nel quale la propaganda rovescia sul
'nemico' ogni infamia e tratti realmente satanici, occorre sottolineare la
straordinaria 'apparizione' del film "Kurtlar Vadisi Iraq" (La Valle dei Lupi)
, pellicola cinematografica di produzione turca che 'rovescia' i ruoli e le
rappresentazioni caricaturali degli avversari normalmente assegnate
dall'industria cinematografia statunitense ai vari soggetti 'opposti' alla
superpotenza a stelle e strisce per restituirci uno spaccato cinematografico
eccellente sulla realtà dell'occupazione militare americana dell'Iraq
contrassegnata da operazioni squadristico-terroristiche di bande predatorie a
stelle e strisce, dall'infamia del campo di concentramento e detenzione di Abu
Ghraib e dalle innumerevoli sevizie subite dalla popolazione civile irachena
sottoposta all'occupazione territoriale 'yankee'.
Il film , opera del regista Serdan Akar, sfutta in quest'ottica il filone del
cosiddetto cinema d'azione hoolywoodiano per inviare al mondo un messaggio
'rovesciato': sono gli States la principale potenza terroristica e
imperialistica del pianeta, una nazione sfruttatrice e ingannatrice che tende
ad opprimere i popoli del Vicino Oriente.

Presentando questo film Mireille Beaulieu scriverà: "Da decenni il cinema
d'azione hollywoodiano divulga il mito di eroi statunitensi arrivati in paesi
stranieri per combattere il Male assoluto e portare Giustizia, Libertà e
Democrazia. Molto spesso, queste grossolane fiction hanno come sfondo il
Vietnam - vecchio fantasma su cui operare una rivincita...E, invariabilmente il
popolo nemico viene rappresentato come subdolo, crudele e primitivo.
Vietnamiti, Russi, Sud-americani, poi Arabi, sono stati così caricaturizzati
senza posa, in film che glorificano giustizieri statunitensi virili che
seminano morte e terrore in nome del Bene. Rare sono le opere prodotte da altre
cinematografie che sono riuscite a mettere in cattiva luce questa allucinante
propaganda filmata. Oggi, il cinema turco, contrattacca con un autentico
pamphlet: Kurtlar Vadisi - Iraq (La Valle dei Lupi - Iraq) di Serdar Akar
(2005)" (4)


Scriverà nella sua recensione la diplomata in geopolitica e ricercatrice
della storia del cinema e giornalista M. Beaulieu: "Il film rievoca un
avvenimento reale : l’arresto, il 4 luglio 2003, di 11 membri delle forze
speciali turche da parte dell’esercito statunitense a Souleimanieh, nel Nord
dell’Iraq. Gli 11 uomini furono ammanettati ; soprattutto, vennero loro messi
in testa dei sacchi di juta. Essi furono interrogati per parecchi giorni e poi
rilasciati senza alcuna spiegazione. Secondo l’esercito statunitense, erano
sospettati di preparare un attentato contro il governatore kurdo di Kirkouk. Si
trattò invece di una rappresaglia, dopo il rifiuto della Turchia (eppure
alleato di vecchia data degli Stati Uniti) di autorizzare il transito delle
truppe statunitensi sul suo territorio in occasione della loro nuova
aggressione contro l’Iraq. L’umiliazione fu dolorosa per i Turchi, popolo nel
quale è profondamente radicata la coscienza nazionale.Quell’incidente è il
punto di partenza del racconto. Prima di suicidarsi, un ufficiale turco
traumatizzato da quanto subito, invia una lettera di addio al suo amico Polat
Alemdar : « Questo atto è un’offesa all’intera nazione turca », scrive. Alemdar
è un agente dei servizi segreti che gli spettatori turchi conoscono bene ; egli
è stato protagonista di una serie televisiva di grandissimo successo, già
intitolata La Valle dei lupi, in cui egli infiltrava con successo la mafia.
Stavolta, Polat Alemdar (sempre interpretato da Necati Þaþmaz) parte
immediatamente per l’Iraq allo scopo di vendicare il suo amico. Egli vuole
ritrovare Sam William Marshall, il responsabile statunitense dell’ « affaire
dei sacchi di juta ». Ma quello che scoprirà in Iraq è un vero incubo…(...un
incubo dal quale l'America è uscita con le ossa a pezzi, senza dignità, senza
onore e priva di quella 'gradassatamente' pomposa retorica che ne avevano
accompagnato - durante l'epoca dell'amministrazione Bush e dei deliri
neoconservatori post-11 settembre 2001 - l'entrata 'manu militari' realizzata
attraverso l'ennesima guerra d'aggressione neocolonialista e imperialista
ndr...)..." (5)

Prosegue nella sua analisi sul film turco la Beaulieu: "Questa
superproduzione (si tratta, con un budget di 8,4 millioni di euri, del film più
costoso della storia del cinema turco) batte in Turchia tutti i record d’
incasso : già oltre 4 milioni di spettatori dalla sua uscita, lo scorso 3
febbraio. Grande successo anche in Germania, (paese che conta una minoranza
turca o d’origine turca di 2,6 milioni di individui) dove circa 500 000 persone
hanno visto il film, uscito il 9 febbraio.
La stampa turca ed europea ha iniziato a parlare della Valle dei lupi – Iraq
fin dal suo successo iniziale in Turchia. L’infatuazione manifestata in
Germania, accompagnata alle violente condanne di parecchi politici di questo
paese, ha suscitato una nuova ondata di articoli in Europa e anche negli Stati
Uniti. Edmund Stoiber, capo della CSU bavarese, partito cristiano affiliato all’
estrema destra, ha in effetti fatto appello per il boicottaggio del film. Non
senza abilità, egli non ha preteso una censura di Stato, ma chiesto ai gestori
di cinema di ritirare spontaneamente La Valle dei lupi dai cartelloni. Ripresa
da certi responsabili dei Verdi e dal Consiglio Centrale degli Ebrei di
Germania, la sua parola d’ordine è stata seguita dal circuito di sale Cinemaxx,
che il 23 febbraio ha rinunciato alla gestione del film. Tuttavia, questa
misura non ha avuto effetto che su 12 copie sulle 68 in circolazione in
Germania. Si è così palesata una vera polemica che riprende frequentemente le
medesime accuse : questo film sarebbe non solo « anti-americano », ma pure
antisemita. Kurtlar Vadisi – Iraq è poi uscito in Belgio ed in Svizzera, ma non
era previsto che in aprile sugli schermi francesi. L’enorme successo nei paesi
limitrofi ha tuttavia spinto parecchi curiosi a partire per vederselo in
Germania o nel Belgio. Il distributore per la Francia, Too Cool (produttore-
distributore di film turchi), ha allora anticipato la data d’uscita all’1
marzo, con 15 copie in versione originale sotto-titolata, destinate alle città
che contano una forte minoranza turca (Parigi, Colmar, Oyonnax, Lilla, Lione).
Stranamente, nessuna rivista dedicata agli spettacoli parigini ha ancora
annunciato quest’uscita, che ha avuto luogo a Parigi nella vecchia sala della
Cinémathèque Française, situata al n 42 di boulevard Bonne Nouvelle e oggi
dedicata ai cinema del mondo (del resto, il suo nuovo nome è « Cinéma du monde
»). Certi media come Le Monde, poi Canal + e France 3 (rete nazionale) hanno sì
segnalato l’evento, ma sempre in modo ostile e avvolgendolo in un’aura di
scandalo. Noi abbiamo visto La Valle dei lupi – Iraq, che sembra ben più
pertinente e ricco di quanto pretenda la maggior parte dei media occidentali
ufficiali. Si tratta di un’opera ibrida, che mescola bruta azione, cinema
popolare orientale e scene molto più elaborate di riflessione. Il film,
concepito apertamente per il grande pubblico, riprende tutti i codici del
cinema d’azione hollywoodiano per applicarli ad un messaggio politico
diametralmente opposto : la denuncia dell’imperialismo statunitense, della sua
sanguinosa occupazione dell’Iraq e del suo spregio per i popoli. È qui utile
precisare che il presente articolo si basa sui sottotitoli francesi delle copie
in versione originale distribuite in Francia." (6)

Anche noi abbiamo visionato - e più volte - il film "Kurtlar Vadisi - Iraq"
sia nella versione 'araba' (acquistata a Beirut) sia nella copia che gli amici
del C.P.E. (Coordinamento Progetto Eurasia) stanno - seppur 'faticosamente'
visti gli 'spazi' di 'manovra' 'concessi' dal Sistema e soprattutto l'interesse
per la politica internazionale 'suscitato' tra i deambulanti sub-umani italioti
- facendo circolare attraverso pubbliche proiezioni. Un film assolutamente
imperdibile per chiunque nel Terzo Millennio della contemporaneità nichilista
voglia 'ribaltare' stereotipi e idee propagandate dalla cloaca massima del
Sistema di potere e omologazione planetaria del Mondialismo (alias gli
'States'...il Grande Satana)...
Ulteriori 'indicazioni' recensorie sarebbero oltremodo inutili e
assolutamente superflee rispetto a quanto finora 'riportato'... Anche perchè
nella sua recensione la stessa Mirelle Beaulieu 'lucidamente' - analizzando le
affatto 'sinergiche' relazioni turco-statunitensi scriverà: "Seguito dell’
azione: Polat Alemdar si introduce, dunque, in Irak con due dei suoi fedeli
luogotenenti. La loro vettura è fermata da delle guardie di frontiera curde
poco amichevoli (i peshmerga che amministrano il Kurdistan iracheno per conto
degli Stati Uniti). I tre agenti turchi si vedono obbligati a sopprimerli;
prima scena ultra violenta del film, che non ne è avaro. Alemdar ed i suoi
uomini si recano a Erbil, in un hotel di lusso appartenente ad una catena
americana ( il “Grand Harilton”, legato agli Hotel Hilton), allo scopo di
attirarvi Sam William Marshall. I peshmerga li rintracciano e tentano di
arrestarli nella sala ristorante. Alemdar si mostra particolarmente sprezzante
con questi Curdi, che considera come collaborazionisti. Esige l’intervento del
direttore statunitense dell’hotel, spiegandogli che ha disseminato l’edificio
di cariche esplosive telecomandate. Il direttore avvisa Sam Marshall, che si
reca immediatamente sul posto. Segue un dialogo molto rivelatore. Marshall
(interpretato dall’attore statunitense Billy Zane), vecchio militare che dirige
una unità segreta della CIA nel Nord dell’Irak, domanda ciò che dei Turchi
possono ben attendersi, da parte degli Stati Uniti: “Da 50 anni noi vi
paghiamo, paghiamo anche l’elastico dei vostri slip. Ne volete ancora di più? E
poi, vi abbiamo salvati dai comunisti…”. Allusione elegante all’alleanza
suggellata dalla fine della Seconda Guerra Mondiale fra i due paesi. Membro
della NATO, la Turchia è territorio strategico per gli Stati Uniti, che vi
possiedono numerose basi militari. Al fine di ancorare il paese nella sfera
occidentale, dal tempo della guerra fredda, Washington lo fece largamente
beneficiare del Piano Marshall. Il nome di Sam Marshall sembra, d’altro canto,
una fusione ironica di “Zio Sam” e di “Piano Marshall”. “Io non sono il leader
di un partito politico, né un soldato, ma un semplice Turco”, risponde Alemdar.
Risposta interessante, che gli permette di incarnare la nazione turca nel suo
insieme, e che rende il film totalmente consensuale sul piano della politica
interna turca. Il suo scopo è una vendetta simbolica: affibbiare a Marshall un
sacchetto di juta. Ma questi utilizza il gruppo di bambini che l’accompagna, e
che doveva cantare in occasione di una serata di beneficenza, come un vero e
proprio “scudo umano”. Alemdar abbandona, provvisoriamente, lo scontro." (7)

Spetaktor
12-07-09, 19:59
'Guai' a ritenere esclusivamente americanocentrica la politica vicino-
orientale nè assolutamente funzionale ai soli interessi della plutocrazia a
stelle e strisce l'entrata della Turchia nell'Europa...Vi 'piaccia' o meno la
Turchia è tanto europea quanto lo sono la Finlandia, l'Irlanda e la Catalogna...
non foss'altro perchè l'insieme sgangherato e depauperizzato di soggetti statal-
governativi che compongono l'Unione Europea potrebbe 'agevolmente' accogliere
tra i propri membri (...un nucleo di coglioni...) qualsiasi comunità, nazione,
etnia, razza...'oramai' siamo al "villaggio multicolored"
dell'onnicomprensività multirazziale e multiculturale...sfiguramento ontologico
di un'insieme di Stati e Nazioni, individui e comunità, alla 'deriva' ...privi
di identità, di storia, di cultura comuni... All'Europa delle banche e delle
multinazionali, delle lobbie's e dei potentati finanziari, di lorsignori del
sistema mondialista che obnubila le coscienze e disintegra tradizioni e civiltà
dovremmo opporre un'Europa dei Popoli.... 'Cercatela' voi 'bianco-centrici'...e
buona 'cerca'... La 'cerca' del Nulla!
Personalmente - e sia detto per inciso - noi faremmo entrare in Europa la
Repubblica Islamica dell'Iran ....le 'cose' andrebbero sicuramente 'meglio'....
e 'scommettiamo' che non avremmo 'isteriche' manifestazioni' di 'dissenso' in
caso di vittoria dei conservatori a Teheran... Ahmadinejad a Strasburgo!
Infine scrive l'autrice di questa fondamentale recensione..."Le scene dell’
hotel sono inframmezzate da quelle di un’azione parallela: la celebrazione di
un matrimonio arabo in un villaggio circondato dall’armata statunitense. I
soldati attendono, cinicamente, il tiro delle tradizionali salve d’onore per
invadere il luogo alla ricerca dei “terroristi” armati. Non esitano ad
abbattere un bambino a bruciapelo, poi a massacrare alla cieca i convitati. Lo
sposo, venuto in soccorso della moglie, è ucciso sotto i suoi occhi. Le
immagini della carneficina sono mostrate al rallentatore per amplificare il
loro potere emozionante. Ricostruzioni storiche
I sopravvissuti sono trasferiti alla tristemente famosa prigione di Abu
Ghraib per torture inflitte ad alcuni detenuti per mano di una soldatessa,
Lynndie England. La differenza del trattamento cinematografico è flagrante:
inquadrature e messa in scena sono sobrie e molto curate, quasi iper realiste.
Vi si vede la giovane donna accanirsi su prigionieri nudi, ammucchiati in una
piramide umana. Tutti i dettagli del nastro video originale sono là, fino allo
spegnimento da parte del soldato che filma alla telecamera. Questo esempio non
è isolato. Un tratto che colpisce del film (poco rilevato dalla stampa
dominante) è il suo riutilizzo di fatti reali nel dipingere le angherie
statunitensi in Irak. I giornalisti che denunciano il partito preso “anti
americano” de La Valle dei Lupi - Irak si lamentano, invariabilmente, della
rappresentazione degli occupanti in guisa di uccisori sanguinari. Quel che si
omette di precisare è che la grande maggioranza dei misfatti evocati è una
ricostruzione di fatti tratti dalla realtà. “Io non condivido le critiche d’
antiamericanismo. Io ho lavorato in Irak ed ho incontrato la maggior parte dei
fatti raccontati nel film. Scene in tutto parallele a ciò che io ho visto sul
posto. Lo sceneggiatore ha fatto un buon lavoro. Hanno trasmesso i fatti sullo
schermo ”afferma Jerome Bastion, il corrispondente in Turchia di Radio France
Internationale, citata dal sito turco - belga Belexpresse. L’attacco del
matrimonio fa così riferimento al bombardamento, per opera dell’aviazione
statunitense, di una festa di nozze nel villaggio di Moukaradib (regione di Al-
Qaem, nell’Ovest dell’Irak) che aveva ucciso più di 40 civili nel maggio del
2004. Davanti alle proteste, il comando militare aveva affermato di aver
colpito una “riunione di terroristi”. Altra sequenza di spessore, quella che si
svolge in un villaggio nel corso della preghiera della sera. Nel momento in cui
il muezzin esclama “All’indipendenza!”, un razzo lanciato dall’occupante
polverizza il suo minareto. Nella realtà, le forze militari statunitensi non
hanno esitato a violare dei luoghi di culto. Ci si ricorda, com’è noto, il
bombardamento della moschea Hadret Mohammediya a Fallujah, il 15 Aprile 2004,
nel corso del quale il minareto era stato distrutto, proprio come la scuola
coranica ed una parte dei muri di cinta. Nelle scene ambientate nella prigione
di Abu Ghraib, avevamo potuto vedere un medico statunitense dal viso coperto di
cicatrici (Gary Busey, famoso interprete di Hollywood) estrarre un organo
sanguinolento dalle viscere di un detenuto, per poi posarlo in uno dei numerosi
containers destinati all’estero “organo umano per trapianto” si leggeva sui
coperchi, destinato a Londra, New York e Tel Aviv. Questo passaggio ha
suscitato le più vive critiche, e traduce, secondo numerosi giornalisti della
stampa dominante, un antisemitismo flagrante. Tuttavia, nessuno si è dato il
disturbo di investigare sulla tematica dei trapianti di organi nell’Irak
occupato. Se l’avessero fatto, avrebbero scoperto che il traffico di organi si
sviluppa in modo inquietante dopo l’invasione, sul terreno della miseria.
Numerosi Irakeni disoccupati accettano infatti di vedere al miglior offerente i
loro organi - per lo più si tratta dei reni. Beneficiari: alcuni fortunati
Irakeni, ma anche dei “turisti della salute” stranieri, attirati dai prezzi
praticati - all’ospedale Karama di Baghdad si può acquistare un rene per 2000 o
3000 dollari. I donatori portati a questa decisione estrema vengono dai
quartieri più poveri di Baghdad, per lo più da Sadr City, ma anche dal resto
del paese. I rischi di complicazioni, a volte mortali, corsi da questi donatori
sono accresciuti dalla malnutrizione, la penuria di medicinali e la drammatica
situazione sanitaria del paese. Il giornale algerino La nuova Repubblica si è,
anch’esso, fatto eco di un traffico mafioso di reni che porta malati disperati
algerini in Irak, via Giordania. In assenza di una applicazione minuziosa dei
protocolli medici, il 90 % dei trapiantati muoiono anch’essi in breve tempo.
Queste informazioni fanno riferimento a traffici di organi su donatori
“consenzienti”. Il film evoca, per parte sua, pratiche effettuate su
prigionieri di Abu Ghraib e su morti vittime di colpi statunitensi. La finzione
si basa qui su informazioni diffuse dalla stampa araba. Secondo Fakhriya Ahmad
nel quotidiano saudita Al Watan datato 18 Dicembre 2004, rapporti dei servizi
segreti europei hanno fatto stato di un importante traffico di organi prelevati
su morti e feriti; organi trasferiti prima in cliniche private e poi negli
Stati Uniti. La prigione di Abu Ghraib è chiaramente chiamata in causa;
numerosi detenuti giustiziati vi subirebbero prelevamenti d’organi." (8)

Occorre 'aggiungere' 'altro'?
Dovete visionare il film "Kurtlar Vadisi Iraq - La Valle dei Lupi Iraq"....
non è un 'consiglio' ...è una 'consegna'...(9)
'Dopo' ...'forse' ...anche le anime 'belle' dell'anti-immigrazione, anti-
islamismo militante di qualsivoglia 'risma' la smetteranno di starnazzare
ripetendo le parole d'ordine dello 'scontro tra le civiltà' di neoconservatrice
e sionistica 'strategia'... Altrimenti...'au revoir'...anzi 'addio' .... "in
direzione opposta e contraria" (parafrasando il titolo di una splendida
raccolta di canzoni del Grande Fabrizio (Faber) De Andrè...perchè "al dio degli
inglesi non credere mai..." ...'visionate' la pellicola in 'questione'
...'capirete' il perchè aveva ragione, quasi quarant'anni or sono,
"l'impiegato-bombarolo" del cantautore genovese....).

Il mondo si divide in due categorie: chi ha la pistola carica e chi scava....
in Iraq la Giudeoplutocrazia statunitense 'scava' ancora per.... i suoi morti!


DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI
DIRETTORE RESPONSABILE AGENZIA DI STAMPA "ISLAM ITALIA"





Note -

1 - Scriverà in proposito Maria Grazia Mazzocchi: " Quando nel 1922 Mussolini
prende il potere in Italia, subito afferma pubblicamente di ritenere il cinema
“l’arma più forte dello Stato”. Già allora, quando il sonoro era ancora di là
da venire e la produzione italiana era scarsa e di non eccelso livello, con la
sua ben nota “lungimiranza fascista”, il duce aveva capito l’importanza dell’
immagine per fare presa sul popolo. Eppure il regime non cercò mai di asservire
totalmente il cinema alla propaganda della sua ideologia, come avrebbe invece
fatto il nazismo. Grazie anche all’intelligente consiglio di alcuni
responsabili politici, in primis Luigi Freddi, Mussolini lasciò al cinema
italiano la possibilità di realizzare pellicole con sufficiente autonomia,
tenne leggera la scure censoria e si limitò a controllare i documentari
didattici e i cinegiornali educativi.
Egli imbocca così una via italiana al cinema che permetterà a registi come De
Sica e Visconti, in un certo senso anche a Blasetti, di non sentirsi troppo
frustrati e di preparare, già alla fine deglianni Trenta, il neorealismo del
dopoguerra. I film di evasione, quelli storici, quelli romantici, non
interessano più di tanto il partito, che invece ci tiene ad esportare nel mondo
un’immagine vincente dell’Italia, anche attraverso i suoi lungometraggi.
Diverso è il discorso per quanto riguarda l’informazione, che viene proiettata
in tutti i cinematografi prima di ogni spettacolo, e alla quale è affidato il
compito di mostrare alla popolazione i fasti del regime. Nel 1923 nasce L’
Unione Cinematografica Educativa (LUCE) per la produzione di documentari e,
soprattutto, di cinegiornali. Tutta la produzione LUCE è tesa a fornire al
pubblico sia italiano che straniero una documentazione precisa delle imprese e
dei successi dell’Italia fascista.

Spetaktor
12-07-09, 20:00
Fino al 1931 i cinegiornali sono muti. Con l’avvento del sonoro, le parole
pronunciate enfaticamente e la musica acquistano un’importanza fondamentale nel
sottolineare le immagini, anzi a volte sono proprio le parole che danno senso
ad immagini banali, magari anche riciclate.
La grandezza e il valore del duce, i progressi dell’Italia, l’aumento di
produttività dell’industria e del grano nei campi, il prestigio in campo
internazionale, sono i temi ricorrenti in tutti i cinegiornali. L’Italia è il
Paese nel quale si vive onestamente, dove tutti lavorano, dove le famiglie sono
numerose e serene, dove insomma tutto va bene… perché come un buon pater
familias il duce veglia sulla nazione: le disgrazie, la delinquenza, la
violenza, sono sempre mostrate come brutture che possono avvenire in altri
Paesi, ma dalle quali noi siamo fortunatamente immuni. Ampio spazio è sempre
dedicato alle inaugurazione, ai taglio di nastro o alla posa della prima
pietra, alle strette di mano tra personaggi illustri, ad ogni campagna lanciata
dal partito, così come alle imprese sportive, alle prove atletiche, alle
vittorie italiane in campo internazionale. Durante la guerra d’Africa si vedono
gli indigeni stringersi grati attorno alle truppe italiane, apportatrici di
benessere e di civiltà… Dal 1940 al 1943 i cinegiornali si prefiggono tre scopi
ben definiti: mostrare la perfezione dei nostri armamenti, lodare la vittoriosa
esecuzione delle nostre imprese belliche, prevedere l’inevitabile sconfitta del
nemico.Un tema particolarmente importante è quello che riguarda l’immagine del
duce. Lui, l’artefice di ogni successo, l’incarnazione di tutti i valori dello
Stato, il solo responsabile del bene del Paese, è mostrato sempre sicuro di sé,
forte, robusto, un punto di riferimento per tutti sia quando passa in rassegna
le truppe che quando visita un ospedale, falcia il grano o stringe la mano ad
un capo di Stato straniero. Quando declama un discorso, la sua posa e la sua
intonazione, le lunghe e sapienti pause tra una parola e l’altra, sono un
invito a nozze per riprese enfatiche e glorificanti. Solo dopo la tragedia del
1943 la sua immagine si appanna, e neppure i cinegiornali possono nascondere la
stanchezza dell’uomo, la sua delusione e la rassegnazione con cui compie i
gesti ufficiali di sempre: la rivista delle truppe repubblichine, il taglio di
un nastro, il saluto a un gerarca nazista. La produzione LUCE comprende anche
numerosi documentari, destinati alle riunioni politiche, alla didattica, spesso
anche al normale pubblico delle sale cinematografiche. I titoli sono molto
illuminanti e vanno da “Mussolinia” a “Dall’acquitrino alle giornate di
Littoria”, a “Nell’agro pontino redento” e “Nella luce di Roma”. Per quanto
riguarda invece la produzione cinematografica indipendente, negli anni che
vanno dal 1923 al 1929, prima dell’avvento del sonoro, i produttori italiani
cercano di riprendere le fila interrotte dalla I guerra mondiale, e realizzano
una serie di film fastosi in costume: è del 1923 “Quo Vadis?”, del 1924 “Cirano
de Bergerac”, del 1926 “Maciste all’inferno”. La storia passata è vista come
preparazione all’avvento del fascismo, e i grandi avvenimenti storici sono
volentieri mostrati come precorritori dei fasti dell’Italia mussoliniana.
Queste pellicole non riscuotono però il successo sperato, e il cinema
italiano stenta a trovare la via per conquistare il suo pubblico, tutto preso
dall’ammirazione per il cinema straniero, soprattutto americano, cosicché nel
1926 vengono prodotti solo venti lungometraggi italiani. Va ricordato, del
1929, il primo grande film fascista, “Sole”, per la regia di Alessandro
Blasetti. Esso è incentrato sui temi relativi alle bonifiche delle paludi
pontine e ci mostra grandi scenari naturali colti attraverso belle fotografie,
mentre anche le nuove angolazione delle riprese rendono questo film degno di
essere menzionato. Molto lodato dai critici, “Sole” è però completamente
ignorato dal pubblico. Nello stesso filone ispirato al mito del buon contadino,
si collocano altri film come “Forzano”, “Quattro passi fra le nuvole”,
“Selvaggio”, “Strapaese”, che riprendono le campagne per l’aumento della
produzione agricola e criticano il capitalismo basato sulla rendita fondiaria
dei grandi proprietari terrieri. La buona e sana vita contadina esce vincente
dal confronto con la logorante vita di città. L’avvento del sonoro apre una
nuova era nella cinematografia italiana.
Alla fine dell’anno una trentina di sale si sono già dotate delle moderne
apparecchiature e nel giro di cinque o sei anni tutti i cinematografi in Italia
offrono film parlati. All’inizio non mancano comunque le difficoltà, per
offrire al pubblico una traduzione accettabile dei film stranieri: il
doppiaggio presenta ancora molti problemi tecnici, e si tenta addirittura di
rifare i film americani con attori italiani! Il personaggio fondamentale dell’
industria cinematografica degli anni Venti è l’industriale Stefano Pittaluga
che, nel 1931, produce addirittura il 90% dei film italiani, col marchio
Pittaluga Cines. Egli riesce anche a fare approvare una prima legge
protezionistica a sostegno del settore (ne seguirà una seconda nel 1933), ma
non riesce a goderne i benefici effetti poiché muore poco prima della sua
entrata in vigore. La Cines continua comunque, sotto la direzione di Emilio
Cecchi, la produzione di film con registi di valore come Blasetti, Camerini,
Bragaglia, e autori come Pirandello e Alvaro, ponendosi come punto d’incontro
tra cinema e cultura: fino al 1933, anno in cui viene acquistata da Carlo
Roncoroni. Produttori come Gustavo Lombardo, Giuseppe Amato e Angelo Rizzoli
sono interessati soprattutto a film commerciali, con grande successo di
pubblico. Nel 1932 Mussolini inaugura la prima Mostra del Cinema di Venezia, il
festival che avrebbe contribuito molto al prestigio della cultura italiana nel
mondo, portando a girare in Italia registi come Max Ophuls, Abel Gance, Jean
Epstein. A Venezia, a testimonianza della notevole autonomia di giudizio della
commissione giudicante, riceve un premio anche Jean Renoir per “La grande
illusion”. In questo periodo si affermano le case produttrici Lux, Titanus,
ERA, mentre lo Stato continua la sua opera di sostegno istituendo una Direzione
Generale per la Cinematografia guidata da Luigi Freddi. Pur provenendo dalle
fila del partito, Freddi sostiene idee liberali. Egli è infatti convinto che lo
Stato debba sostenere il cinema senza costringerlo entro i ristretti argini
dell’ideologia fascista. Critico del metodo coercitivo applicato alla decima
musa dal nazismo, Freddi incoraggia un cinema che non entri in conflitto con le
tematiche di partito, ma che si rivolga invece a temi d’evasione, a imitazione
del cinema americano. E’ il momento dei film coi telefoni bianchi, delle storie
sentimentali a lieto fine, degli attori che riscuotono grande successo di
pubblico.
Quando nel 1935 gli studi della Cines vengono distrutti da un terribile
incendio, Freddi coglie l’occasione per realizzare il suo sogno di una
Hollywood italiana, e fonda, alla periferia di Roma, “Cinecittà”. Si devono a
Freddi anche l’istituzione di un Centro Sperimentale di Cinema e la nascita
della rivista “Bianco e Nero”, veri vivai di giovani talenti. Tra le altre
riviste di critica cinematografica ricordiamo: “Film”, “Lo Schermo”, e
soprattutto “Cinema”, diretta prima da Luciano De Feo, poi da Vittorio
Mussolini, e infine da Gianni Puccini. Si può dire che fino al 1938, anno in
cui diventa più stretta l’unione tra Mussolini e Hitler, il fascismo segue da
vicino il cinema italiano, ma interviene più per sostenerlo che per
sottometterlo: si limita a controllare che i film non promuovano comportamenti
immorali e che non presentino situazioni in contrasto con la cultura fascista,
ma per il resto preferisce porsi come osservatore che come padrone.
Sono di questi anni molti film comici, anche dialettali, e si affermano in
questo periodo attori come Petrolini, Vittorio De Sica, Totò, in quelle
commedie popolari che precedono il neorealismo del dopoguerra. Sempre molto
ricca la vena di registi come Blasetti (“1860”, “La tavola dei poveri”),
Camerini (“Gli uomini, che mascalzoni”, “Il signor Max” “Il cappello a tre
punte”), Brignone (“Passaporto rosso”, “Sotto la croce del sud”), ecc… Nei
primi anni della seconda guerra mondiale, ai successi bellici corrisponde un
grande fiorire di pellicole e una crescente affluenza di pubblico. Si affermano
nuove tendenze, ispirate in parte al teatro del Novecento, in parte alla
letteratura realistica americana. Accanto a Blasetti con “La cena delle beffe”
troviamo Antonioni, De Sica regista con “I bambini ci guardano”, Soldati con
“Malombra”, Luchino Visconti con "Ossessione"; si mostrano ora alcuni problemi
che prima erano sempre stati tenuti ben lontano dall’obiettivo della macchina
da presa. Nei mesi bui della Repubblica di Salò la produzione cinematografica
continua “come se niente fosse”, anzi proprio per far sì che “tutto sembri come
sempre”. Tra i molti film prodotti, ben pochi se ne possono ancora ricordare:
forse “Aeroporto”, di Pietro Costa, soprattutto perché su questo film fu
esercitato un diretto controllo da parte della censura nazista.
Un cenno a parte merita il filone dei film realizzati a partire dal 1935
sulle conquiste coloniali in Africa: vi si sentono influssi del cinema
statunitense e di quello francese, ma soprattutto vi si cerca di mostrare il
valore dei conquistatori italiani, che portano ai poveri selvaggi i doni della
moralità e del benessere. Ricordiamo: “Il cammino degli eroi” di Corrado D’
Errico, “Sentinelle di bronzo” di Romolo Marcellini e “Jungla nera” di Jean
Paul Paulin. E’ del 1938 “Sotto la croce del sud”, di Guido Brignone, il film
che esalta la possibilità di rinnovamento interiore nell’esaltante esperienza
di vita nel continente africano.
Va infine ricordata la produzione cinematografica dei giovani universitari
dei GUF, anche se in gran parte è andata perduta. Il ruolo degli intellettuali
all’interno della rivoluzione fascista, ancora in marcia verso il superamento
delle realtà piccolo-borghesi, si esprime in diversi campi all’interno dei
circoli universitari di varie città italiane. Esce nel 1932 a Venezia la
rivista di critica cinematografica “Il Ventuno”, più tardi vedono la luce in
Emilia Romagna periodici come “Architrave” e “Spettacolo”. Facendo cinema, i
giovani dei GUF, sempre molto attenti al cinema francese, si richiamano anche
al cinema sovietico soprattutto per quanto riguarda le strutture del montaggio,
le inquadrature, i contrasti posti a sottolineare l’idea sottostante, che è
sempre e comunque l’affermazione dell’ideologia fascista." (crf articolo "Il
Cinema, grancassa del regime fascista" dal sito internet www.storiain.net);

2 - Helene Berha Amalia Riefenstahl detta Leni (Berlino 22 agosto 1902 -
Pòcking 8 settembre 2003) assoluta propagandista della Germania hitleriana,
successivamente autrice, come fotografa e regista, di innumerevoli documentari
sulle culture tradizionali dell'Africa e sulla biologia marina. La Riefensthal
incominciò a recitare nel periodo della repubblica di Weimar partecipando nel
1926 al film "Der Heilige Berg" ("La montagna sacra"), una delle migliori
produzioni in stile 'volkisch' dell'epoca pre-hitleriana, diventando in pochi
anni la star di numerose altre pellicole del regista Arnold Fanck. Nel 1932
diresse e interpretò nel ruolo di protagonista il suo primo film "Das blaue
Licht" ( "La luce blu" ) unica donna dietro la macchina da presa in un periodo
nel quale la regia era quasi esclusivamente riservata agli uomini. Il film che
venne visionato dallo stesso Hitler , che ne rimase favorevolmente
impressionato, la catapulterà a primadonna della propaganda nazionalsocialista
quando un'anno più tardi il Capo del movimento nazionalsocialista assumerà il
potere (30 gennaio 1933) instaurando il Terzo Reich e chiamando 'Leni' alla
direzione di innumerevoli filmati propagandistici dei raduni tenuti a
Norimberga dall'NSDAP (il partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori).
La sua ultima interpretazione in veste di attrice, prima di dedicarsi
esclusivamente alla regia, sarà in quell'anno fatale per i destini della
Germania e del mondo "SOS Eisberg" ( "SOS Iceberg" ). Da quel momento in poi,
folgorata da uno dei discorsi 'magnetici' del Fuhrer, la Riefenstahl diverrà la
'propagandista' ufficiale del Terzo Reich alla quale si devono le estasiatiche
'visioni', l'immediatezza scenica, l'energica rappresentazione di volontà di
potenza, l'indomita maestria espressivo-cinematografica delle immagini che
'scolpiranno' in eterno una forma insuperata di Comunità Organica dinamica,
vivente, in evoluzione continua...la ierofania nazionalsocialista! Il primo
film di propaganda diretto dalla Riefenstahl su 'ordine' del Fuhrer sarà un
cortometraggio in occasione del congresso del partito di Norimberga del
settembre 1933. La pellicola, intitolata "Der Sieg des Glaubens" (La Vittoria
della Fede), venne reputato da Hitler stesso e dai gerarchi nazionalsocialisti
come un capolavoro assoluto. Film purtroppo immediatamente ritirato dalle sale
cinematografiche a causa della 'notte dei lunghi coltelli' che il 29-30 giugno
1934 'decretò' la scomparsa dell'ala 'socialisteggiante' e 'sinistra'
dell'NSDAP con la decapitazione dei vertici delle riottose Sturbmabteilung (SA)
e l'eliminazione del loro capo Ernst Ròhm. Il film conteneva troppe immagini di
questo dirigente della prima ora del movimento hitleriano per poter continuare
ad essere proiettato e considerando l'ordine perentorio dello stesso Hitler di
distruzione di tutte le copie presenti sul mercato. Addolorato per la giovane
regista il Fuhrer le concederà un ampio 'riscatto' con la realizzazione del
successivo "Triumph des Willens" ("Il Trionfo della volontà") sul raduno del
partito del 1934, un film che diventerà uno dei classici della propaganda del
Terzo Reich anche grazie alla straordinaria capacità della regista di dare un
senso di potenza, ordine, rinascita spirituale di una nazione che suggellerà
filmicamente nelle inquadrature panoramiche delle sterminate, ordinate,
inquadrate masse di uomini dei reparti delle S.S. e delle altre formazioni
militari nazionalsocialiste 'scandite' musicalmente dalla lirica wagneriana e
circoscritte dalle imponenti scenografie realizzate in quell'occasione
dall'architetto Albert Speer. Lodato da Hitler come "incomparabile
glorificazione della potenza e della bellezza del nostro movimento" il film
venne però criticato dai generali della Wehrmarcht 'esclusi' dalle riprese. Per
ovviare a questa 'mancanza' la Riefenstahl tornerà l'anno successivo a
Norimberga per girare un cortometraggio interamente dedicato alle forze armate
tedesche che verrà proposto al grande pubblico con il titolo di "Tar der
Freiheit - Unsere Wehrmacht" ("I giorni della libertà - il nostro esercito").
Sarà comunque nel successivo 1936 che la Riefensthal realizzerà il suo
capolavoro: "Olympia". Il film venne affidato dallo stesso Hitler alla sua
regista preferita in occasione dell'apertura delle Olimpiadi berlinesi. Per la
sua realizzazione la regista si rivolgerà anche al Ministro della Propaganda,
Joseph Goebbels, timorosa di eventuali sue interferenze: la pellicola, a
differenza delle precedenti, venne prodotta interamente dalla regista senza
l'avallo dell'NSDAP. Il risultato finale fu un capolavoro che riprendeva la
bellezza virile e celebrava lo sport come comunione ideale di valori e di
sforzi tesi al miglioramento individuale e collettivo, riproponendo immagini
dell'Ellade e esaltando la figura dello sportivo in tutte le diverse discipline
degli antichi giochi olimpici della Grecia. Allo scoppio della guerra, nel 39,
la Riefensthal stava lavorando al progetto per un nuovo film "Penthesilea"
basato sull'opera del drammaturgo Heinrich von Kleist, ma il conflitto porterà
all'accantonamento del progetto iniziale che prevedeva scene da girare in paesi
oramai in guerra con la Germania. Dal settembre di quell'anno la regista sarà
in Polonia, al seguito delle truppe tedesche vittoriose, per documentare la
travolgente avanzata. All'inizio del 1940 si dedicherà alla produzione di
"Tiefland" ("Terra degli abissi") un documentario sugli oceani che verrà
completato soltanto quattordici anni dopo, nel 54, e dopo che la Riefenstahl
venne chiamata dalle autorità alleate occupanti e dai nuovi amministratori
democratici della Germania federale a rispondere delle sue attività
filonaziste. L'ultimo suo documentario di riprese sottomarine "Meraviglie
sott'acqua" uscirà nel 2002 un anno prima di sposarsi , centenaria, con Horst
Kettner e di lasciare la vita terrena nell'autunno successivo all'età di 101
anni.

3 - interessante articolo sull'ebraicità di Hoolywood a firma del giudeo Joel
Stein apparso sul quotidiano "Los Angeles Time" in data 28 dicembre 2008.
Scrivo il kippizzato 'estensore' dell'articolo: "In vita mia non sono mai stato
così turbato da un’inchiesta. Oggi solo il 22% degli americani crede che “le
industrie cinematografiche e televisive sono praticamente controllate dagli
ebrei”, una percentuale in calo rispetto a quella del 1964 che era di quasi il
50%. La Anti-Defamation League, che il mese scorso ha reso pubblici i risultati
dell’inchiesta, vede in questi numeri una vittoria contro gli stereotipi. In
realtà, essi dimostrano proprio quanto l’America sia diventata stupida. Gli
ebrei governano completamente Hollywood.

Ma quanto è profondamente ebrea Hollywood? Quando, qualche settimana fa, i
capi degli studi cinematografici hanno sottoscritto una inserzione a tutta
pagina sul Los Angeles Times (2) per chiedere che la Screen Actors Guild (3)
definisse il loro contratto, la lettera aperta era firmata da: Peter Chernin
(4), presidente della News Corp. (5) (ebreo), Brad Grey (6) presidente della
Paramount Pictures (7) (ebreo), Robert Iger (8), amministratore delegato della
Walt Disney Co. (9) (ebreo), Michael Lynton (10), presidente della Sony
Pictures (11) (sorpresa! un ebreo olandese), Barry Meyer (12) presidente della
Warner Bros. (13) (ebreo), Leslie Moonves (14) amministratore delegato della
CBS Corp. (15) (così ebreo che il suo prozio fu il primo Primo Ministro
israeliano 16), Harry Sloan (17) presidente della MGM (18) (ebreo) e Jeff
Zucker (19) amministratore delegato della NBC Universal (20) (stra-ebreo).

Se avesse firmato anche uno dei due fratelli Weinstein (21), questo gruppo
avrebbe avuto non soltanto la forza di chiudere i battenti di tutta la
produzione cinematografica, ma anche di formare un minyan (22) con una quantità
di “acqua delle Fiji” (23) a disposizione per riempire una mikvah. (24)

La persona cui erano rivolte le grida dell’inserzione era il presidente della
SAG, Alan Rosenberg (provate ad indovinare…). (25) Il feroce rifiuto alla
richiesta contenuta nell’inserzione fu scritto dal super-agente dello
spettacolo Ari Emanuel (26) (ebreo con genitori israeliani) sull’Huffington
Post (27), di proprietà di Arianna Huffington (che non è ebrea e non ha mai
lavorato ad Hollywood). (28)

Gli ebrei sono talmente dominanti che ho dovuto passare al setaccio le
aziende per far spuntare sei gentili in posizioni rilevanti nelle compagnie
cinematografiche. Quando li chiamai per parlare del loro incredibile
avanzamento, cinque di loro si rifiutarono di parlare con me, a quanto pare per
paura di ingiuriare gli ebrei. Il sesto, Charlie Collier, presidente dell’AMC,
risultò essere ebreo. (29)

Siccome sono orgoglioso d’essere ebreo, voglio che l’America sia informata
delle nostre imprese. Si, noi controlliamo Hollywood. Senza di noi perdereste
la testa tutto il giorno saltando in TV da The 700 Club (30) a Davey and
Goliath. (31)
Così mi sono assunto il compito di persuadere di nuovo l’America che gli
ebrei governano Hollywood, lanciando una campagna di pubbliche relazioni,
perché questo è ciò che sappiamo far meglio. Sto valutando vari slogan, fra
cui: “Hollywood: più ebrei che mai!”; “Hollywood: dal popolo che vi ha portato
la Bibbia” e “Hollywood: se vi piacciono televisione e film, allora
probabilmente, in fondo, vi piacciono gli ebrei”.

Ho chiamato il presidente dell’ADL (32), Abe Foxman (33), che era a Santiago,
in Cile, dove, mi riferì con mia grande costernazione, non stava dando la
caccia ai nazisti. Respinse il mio progetto per intero, dicendomi che il numero
delle persone che ancora ritengono che siano gli ebrei a comandare ad Hollywood
è ancora troppo elevato. Mi fece notare che l’inchiesta dell’ADL dimostrava che
il 59% degli americani pensa che i manager di Hollywood “non condividono i
valori religiosi e morali della maggioranza degli americani” e che il 43%
ritiene che l’industria dello spettacolo sta intraprendendo una campagna
organizzata per “indebolire l’influenza dei valori religiosi di questo paese”.

Questa è una bieca fandonia, ha affermato Foxman. “Significa che essi pensano
che gli ebrei si incontrano i venerdì mattina da Canter’s Deli (34) per
decidere ciò che è meglio per loro”. La tesi di Foxman mi ha indotto ad un
ripensamento: devo andare a mangiare da Canter’s Deli più spesso.

“La frase ‘gli ebrei controllano Hollywood’ e molto pericolosa. La verità è
che ad Hollywood ci sono un sacco di ebrei”, ha affermato. Invece di
“controllano”, Foxman preferirebbe che la gente dicesse che molti manager dell’
industria “capita che siano ebrei”, come che “tutte ed otto nel "venture
capital" e nel "private equity" (chi desiderasse saperne di più, veda: www.aifi.
it/IT/CapitaleDiRischio/CapitaleDiRischio.htm)."

Spetaktor
12-07-09, 20:01
Riportiamo anche le 'note' dell'articolo in questione molto interessanti per
fornire un quadro d'insieme più che realistico sull'asfittica, preponderante,
assolutamente onnicomprensiva presenza giudaica nei 'meandri' cinematografici
hoolywoodiani:

(1) Joel Stein è un giornalista ebreo-americano, nato nel 1971. Ha una
rubrica fissa sul Los Angeles Times e scrive regolarmente su Time. Per maggiori
dettagli si veda: http://en.wikipedia.org/wiki/Joel_Stein, ed il suo sito: http:
//www.thejoelstein.com/thejoelstein.com/Welcome.html.
(2) Il Los Angeles Times (più noto come LA Times) è il quotidiano di Los
Angeles in California, distribuito in tutti gli Stati Uniti occidentali. E' al
secondo posto fra i quotidiani metropolitani statunitensi ed al quarto per
distribuzione. Nell'ottobre del 2008 registrava una diffusione di 739.000
copie. Oltre alla versione cartacea il LA Times pubblica le notizie sul sito
Web http://www.latimes.com/.
(3) La Screen Actors Guild (SAG) è il sindacato statunitense degli attori.
Rappresenta oltre 120.000 persone che operano nel settore dello spettacolo. Il
suo presidente è l'attore ebreo Alan Rosenberg. Per maggiori dettagli vedi:
http://en.wikipedia.org/wiki/Screen_Actors_Guild, oppure il sito del SAG: www.
sag.org.
(4) Sull’ebreo di origine russa Pyotr Chernin (Peter Chernin), vedi: http:
//en.wikipedia.org/wiki/Peter_Chernin.
(5) Sulla News Corporation, fondata da Rupert Murdoch, vedi: http://en.
wikipedia.org/wiki/News_Corporation.
(6) Sul produttore Brad Alan Grey, vedi: http://en.wikipedia.
org/wiki/Brad_Grey
(7) Sulla Paramount Pictures, fondata nel 1912 dall’ebreo di origine
ungherese Adolph Zukor, e dai produttori ebrei Daniel Frohman e Charles
Frohman, vedi: http://en.wikipedia.org/wiki/Paramount_Pictures
(8) Sull’ebreo Iger, vedi: http://en.wikipedia.org/wiki/Robert_Iger.
(9) Su The Walt Disney Company, vedi: http://en.wikipedia.
org/wiki/The_Walt_Disney_Company.
(10) Su Lynton, vedi: http://en.wikipedia.org/wiki/Michael_Lynton.
(11) Sulla Sony Pictures Entertainment, vedi: http://en.wikipedia.
org/wiki/Sony_Pictures_Entertainment. La Sony Pictures Entertainment fa parte
del colosso mondiale Sony Group, che comprende la Sony Corporation (immobili ed
elettronica), la Sony Computer Entertainment (computer e giochi), la Sony
Pictures Entertainment (cinematografia), la Sony BMG Music Entertainment
(musica), la Sony Financial Holdings (servizi finanziari) ed altre società
"minori".
(12) Sull'avvocato Barry M. Meyer, presidente ed amministratore delegato
della Warner Bros. Entertainment Inc., vedi: http://www.timewarner.
com/corp/management/executives_by_business/warner_bros/bio/meyer_barry.html.
(13) Sulla Warner Bros. Entertainment, Inc. o, più semplicemente Warner
Bros., vedi http://it.wikipedia.org/wiki/Warner_Bros. Il colosso Warner fu
fondato nel 1923 dai quattro fratelli ebrei Harold Morris "Harry" Warner (nato
Hirsch Eichelbaum), Albert Warner (nato Aaron Eichelbaum), Samuel Lorenz Warner
e Jack Leonard Jacob Warner.
(14) Su di lui vedi: http://en.wikipedia.org/wiki/Leslie_Moonves.
(15) Sulla CBS Corporation vedi: http://en.wikipedia.
org/wiki/CBS_Corporation. La CBS Corp. è controllata a sua volta dalla National
Amusements, Inc., il cui presidente e maggior azionista è l'ebreo Sumner Murray
Redstone (nato Sumner Murray Rothstein).
(16) Il prozio era David Ben-Gurion (1886-1973).
(17) Sull’ingresso di Sloan alla MGM, vedi: http://latimesblogs.latimes.
com/entertainmentnewsbuzz/2008/08/ever-since-harr.html.
(18) Sulla Metro-Goldwyn-Mayer Inc., vedi: http://en.wikipedia.org/wiki/MGM.
La MGM fu fondata nel 1924 dagli ebrei Marcus Loew e Louis Burt Mayer (nato
Lazar Meir).
(19) Su Jeffrey Zucker, vedi http://en.wikipedia.org/wiki/Jeff_Zucker.
(20) Sulla NBC Universal, Inc., vedi: http://en.wikipedia.
org/wiki/NBC_Universal.
(21) I fratelli -ebrei- Harvey e Robert Weinstein, produttore cinematografico
il primo e teatrale il secondo, nel 2005 hanno fondato la The Weinstein Company
(http://weinsteinco.com/), una società produttrice indipendente di cui sono co-
presidenti. Nel 1979 avevano fondato la Miramax Films, di proprietà della Walt
Disney (vedi: http://en.wikipedia.org/wiki/Harvey_Weinstein e http://en.
wikipedia.org/wiki/Bob_Weinstein.
(22) Minyan è l'ebraico per “numero”. Corrisponde al quorum di dieci ebrei
maschi di età superiore ai tredici anni, che costituisce il numero minimo
perché sia possibile compiere un atto pubblico di culto e per la lettura della
Torah.
(23) La "Fiji Water" è una marca di acqua potabile imbottigliata nelle isole
Fiji che (sostiene la società produttrice statunitense), proviene da una falda
idrica artesiana dell'isola di Viti Levu. Probabilmente l'autore dell'articolo
la usa ad esempio perché la società, fondata nel 1996 da David Gilmour, nel
novembre del 2004 è stata acquistata dalla Roll International, la compagnia
della coppia di miliardari di Hollywood Stewart e Lynda Resnick.
(24) Mikvah è una parola ebraica che significa "piscina" o "corpo d'acqua".
Mikvah è un cerimoniale di purificazione che avviene per mezzo dell'immersione
in acqua. Indica separazione da un vecchio ad un nuovo stile di vita. In caso
di matrimonio, ha il significato di lasciare la vecchia vita per condurne una
nuova con il coniuge. Per gli ebrei, immergersi nella mikvah vuol dire
rinascere spiritualmente, perché la mikvah ha il potere di cambiare
completamente una persona.
(25) Sottinteso, “…se è ebreo”. In effetti lo è, vedi: http://en.wikipedia.
org/wiki/Alan_Rosenberg.
(26) Su Ariel "Ari" Z. Emanuel, vedi: http://en.wikipedia.
org/wiki/Ari_Emanuel. Per la cronaca, Ariel è il fratello di Rahm Israel
Emanuel, membro del Congresso e futuro Chief of Staff del neo-eletto presidente
Obama. Il padre, il pediatra israeliano Benjamin M. Emanuel, era un terrorista
dell'Irgun.
(27) Sito Web di notizie. Vedi: http://en.wikipedia.
org/wiki/The_Huffington_Post. (http://www.huffingtonpost.com/).
(28) In effetti la Huffington è di origine greca (è nata Arianna
Stassinopoulos), ma uno dei maggiori investitori del suo sito Web è Alan
Patricof, ebreo americano di origine russa, uomo d'affari ed imprenditore, uno
dei primi investitori.
(29) Su Charlie Collier vedi http://www.thefutoncritic.com/news.aspx?
id=20060905amc01. Sulla AMC Entertainment Inc. vedi http://en.wikipedia.
org/wiki/AMC_Theatres. Per la cronaca: nel 2004 la AMC è stata acquistata dalla
Marquee Holdings Inc., una società di investimenti della J.P. Morgan Partners,
come dire uno dei gruppi bancari più potenti d'America.
(30) The 700 Club è il principale talk show della Christian Broadcasting
Network (CBN), la rete televisiva fondata dal tele-predicatore Pat Robertson
nel 1961. The 700 Club è in produzione dal 1966.
(31) Davey and Goliath è il titolo di una serie televisiva animata prodotta
dalla Lutheran Church in America (che fa parte della Evangelical Lutheran
Church in America). Gli episodi, di 15 minuti ciascuno, raccontano le avventure
di Davey Hansen e del suo cane parlante Goliath.
(32) L'Anti-Defamation League (ADL, Lega Antidiffamazione) è un gruppo di
pressione fondato nel 1913 dal B'nai B'rith negli Stati Uniti d'America il cui
scopo statutario è "fermare, per mezzo di appelli alla ragione ed alla
coscienza e, se necessario, rivolgendosi alla legge, la diffamazione degli
ebrei…..”. Vedi: http://it.wikipedia.org/wiki/Anti-Defamation_League.
(33) Sull’ebreo polacco Abraham Foxman, vedi: http://en.wikipedia.
org/wiki/Abraham_Foxman.
(34) Il Canter's Deli, fondato nel 1924, è un famoso e lussuoso negozio di
gastronomia ebraica nel Fairfax District di Los Angeles, vicino ad Hollywood.
Vedi: http://cantersdeli.com/.

Che Hoolywood sia, storicamente, un feudo ebraico è indiscutibilmente un dato
fattuale che risalta nitidamente dall'imponente, lucida, pregevole,
'necessaria' e assolutamente rilevante opera di Gianantonio Valli - "I Complici
di Dio - Genesi del Mondialismo" Vol. 1 uscita quest'anno per i titoli della
"Effepi" di Genova e della quale prendemmo visione sette anni or sono grazie
all'interessamento di un comune amico il quale ci fornì una delle rare copie
dell'allora inedito lavoro scrittorio del collaboratore della rivista milanese
"L'Uomo Libero" della cui importanza sottolineiamo e ribadiamo anche fornendo
il numero (4050) di pagine 'fitte' di dati, documenti, nomi, cognomi di
proprietari, produttori, registi, attori/attrici e 'etichette' cinematografiche
della filiale di omologazione sionista di massa alias Hoolywood... Il volume
più il cd allegato 'merita' abbondantemente la 'spesa' , contenutissima, dei 28
giudeuri... 'Doverosa' e legittima 'estensione' del precedente volume "Dietro
il sogno americano - Il ruolo dell'ebraismo nella cinematografia statunitense"
, ediz. "SEB - Barbarossa" 1991;


4 - Mirelle Beaulieu - "La Valle dei Lupi - Kurtlar Vadisi Iraq - L'anti-
Hollywood turco all'attacco dei crimini statunitensi" dal sito internet : www.
voltairenet.org
5 - Mirelle Beaulieu - ibidem;
6 - Mirelle Beaulieu - ibidem;
7 - Mirelle Beaulieu - ibidem;
8 - Mirelle Beaulieu - ibidem;
9 - Il film "Kurtlar Vadisi - Iraq" (La Valle dei Lupi - Iraq) è in
distribuzione presso le Edizioni All'Insegna del Veltro - Viale Osacca nr. 13 -
43100 Parma - Tel. (0521 - 290880). Ordini e prenotazioni anche via
'informatica' scrivendo all'indirizzo di posta elettronica:
insegnadelveltro@libero.it

Spetaktor
12-07-09, 20:02
LA WALAYAT ET FAQI' - (LA GUIDA DEL GIURIESPERTO)

WEELTHANSHAUUNG ISLAMICA E FUHRER-PRINZIP SCIITA-KHOMEINISTA NELLA REALTA'
GEOPOLITICA MONDIALE DEL TERZO MILLENNIO


di Dagoberto Husayn Bellucci



L'apparizione teofanica della rivoluzione islamica iraniana che nel febbraio
1979 porterà il popolo dell'antica nazione degli Arija di Persia alla vittoria
contro il governo "taghut" (iniquo) dello "shah" - Mohammad Reza Pahlevi - e
della sua cricca di aristocratico-mafiosi-narcotrafficanti infeudati
servilmente all'imperialismo statunitense -; ha rappresentato il principale
avvenimento storico-politico dell'ultimo squarcio del XXmo secolo. Un evento
spartiacque nella politica mondiale e nei rapporti di forza internazionali: un
popolo, un intero popolo, metallicamente inquadrato nella forma 'spartana' di
avanguardia rivoluzionaria e militarmente rivestito della funzione di vettore
'funzionale' di dinamiche celesti ha assunto la direzione dei propri affari
interni rifiutando inequivocabilmente le logiche della
contrapposizione/spartizione bipolare di Yalta e la conseguente suddivisione
planetaria tra paesi sottomessi all'imperialismo a stelle e strisce e paesi
sottomessi all'imperialismo rosso sovietico realizzando la forma 'scolpita' di
Stato Tradizionale conforme alla dottrina religiosa shi'ita duodecimana della
Repubblica Islamica dell'Iran.

Alla guida dei moti rivoluzionari anti-totalitari e anti-imperialisti, anti-
statunitensi e anti-sionisti, della Rivoluzione Islamica si troverà fin dai
primi anni Sessanta il clero shi'ita, 'fascinato', diretto e coinvolto a
dirigere i destini di una nazione - antica culla della civiltà persiana e 'axis
mundo' della Rinascita su scala globale dell'Islam quale idea-forza per le
nazioni oppresse e diseredate del pianeta nel crepuscolo del XXmo secolo e per
i decenni a venire - e quelli dell'intero mondo musulmano l'Ayatollah Sayyed al
Mousavi al Khomeini , l'Imam ( la Guida , in farsi "al rahbar" ) della svolta
radicale che delegittimando il regime tirannico dell'oppressione e della
sudditanza alle potenze straniere, criticando i metodi brutali della
repressione sbirresca e le connivenze del vecchio governo 'imperiale' con
l'entità sionista, rialzerà la bandiera dell'Islam contro l'Imperialismo
dell'Occidente e quello dell'Oriente , 'ordinando' al popolo iraniano di
serrare le fila in un fronte di combattimento lucido, fanatico e rivoluzionario
che , nelle piazze delle principali città e in quelle dei piccoli centri del
paese e sui campi di battaglia durante la lunga e sanguinosa Guerra Imposta dal
regime ba'athista iracheno nel decennio successivo, realizzerà la 'scultura'
neo-platonica della società rivoluzionaria islamica iraniana, forma perfetta
scolpita dal piombo degli sgherri di regime della Savak (la polizia 'imperiale'
dello shah sostituita poi dalla Savama islamica) contro il quale, a mani nude e
gridando "Allah 'u Akbar!" (Dio è il più grande!) uomini e donne si gettavano
nei giorni infuocati della rivolta di Teheran che giunse , sul finire del 1978
a paralizzare un intera nazione.

La Rivoluzione Islamica iraniana è 'scintillante' preludio di una nuova vita,
l'alba della consapevolezza di un intero popolo, la rinascita di una Tradizione
viva: è Karbala che risuona con il suo grido di lotta disperata contro
l'oppressione e la tirannia. E' l'Asciurà di un intero popolo che si mobilita
contro qualunque soppruso, contro le ingiustizie e il malgoverno. E' al Husayn
(la pace su di Lui) , terzo Imam della Dottrina shi'ita duodecimana, il Signore
dei Martiri che rivive nell'anelito intransigente, rivoluzionario e devastante
delle masse popolari musulmane iraniane che, squarciando il velo delle tenebre
nelle quali la vecchia 'dinastia' imperiale dei pahlevi avevano gettato
un'intera nazione , riscopre la Verità e la Giustizia metabolizzando una forma
rivoluzionaria sotto la guida esperta, onnicomprensiva e determinata
dell'Ayatollah Khomeini.

"Il Governo Islamico" opera principale dell'impegno politico-rivoluzionario
del compianto Imam (che Dio lo abbia in gloria) sarà il referente ideologico e
la 'summa' 'teologico-attivistica' di una gioventù e di un popolo che erano
stati posti dal governo imperiale in istato di servitù rispetto alle politiche
imperialistiche di sfruttamento, sudditanza e disintegrazione dell'identità
nazionale e religiosa persiana perpetrate dai nemici dell'Islam. La Rivoluzione
Islamica si ergerà - nel contesto storico della fine degli anni Settanta del
secolo scorso - quale rivoluzione nazionale e popolare, religiosa e
conservatrice, per rivendicare la sovranità nazionale di una comunità e
riaffermare la supremazia della volontà di Dio , di un potere spazio-temporale
superiore che 'indirizza' e codifica in una nuova forma statale ed in nuovi
meccanismi di assunzione di ierofanie antiche proprie della Tradizione Shi'ita
, contro le logiche affaristico-capitalistiche delle multinazionali sioniste-
americane e contro il giogo usurocratico della finanza mondiale e delle
lobbie's petrolifere internazionali che avevano de facto imposto le proprie
volontà al governo usurpatore dello shah.

Il tirannicidio , l'abbattimento della monarchia assolutistico-totalitaria,
la disintegrazione del vecchio regime e dell'ordine socio-economico che vedeva
una sparuta minoranza di nobili e aristocratici del passato regime dilapidare e
sperperare le ricchezze di un intera nazione per l'autocompiacimento di un
monarca iniquo e perverso - servilmente umile dinanzi ai potenti a stelle e
strisce della terra, desideroso di affermarsi quale gendarme regionale 'ligio'
ai voleri e ai diktat dei suoi padroni americani - rappresenterà un obiettivo
fondamentale nella svolta rivoluzionaria che contrassegnerà trent'anni or sono
l'evoluzione geopolitica della nazione iraniana trasformatasi , in pochi mesi,
da stabile protettorato e sicuro 'feudo' delle politiche dell'Imperialismo nel
Vicino Oriente a centro propulsore, cuore vitale, magma incandescente di una
Rivoluzione senza confini che - dietro le parole d'ordine della rivolta di
popolo (Là Gharbija Là Sharkija Johoumourija Islamijja = Nè Occidente Nè
Oriente Repubblica Islamica!) e le consegne rivoluzionarie dell'Imam Khomeini
(che inviterà i popoli a ribellarsi e ad abbattere i regimi immondi e corrotti
del mondo musulmano asserviti alla giudeo-plutocrazia mondialista) - incarnerà
lucidamente lo stilema di combattimento, la divisa interiore, del soldato-
politico Basijj-Pasdaran immolatosi sui campi di battaglia, sotto il fuoco
nemico e le armi chimiche di Saddam Hussein e del suo 'sgangherato' attacco
contro l'Iran (..."in una settimana arriveremo a Teheran" aveva pomposamente e
arrogantemente affermato questo laico socialista dittatore all'inizio delle
ostilità di un'aggressione barbara e selvaggia 'lanciata' come un temporale
contro una nazione islamica 'amica' che aveva avuto, agli occhi della
Plutocrazia Mondialista, il solo torto di ribellarsi al giogo usurocratico
delle Multinazionali riprendendosi la piena sovranità nazionale in campo
politico, economico e militare... il 22 settembre 1980 rimane una pagina
d'infamia nella storia del Ba'ath iracheno che seguirà il suo comandante in
capo avventurandosi in una 'spedizione' militare volta ad abbattere quella che
, il dittatore di Baghdad - già amico dello shah e sostenuto nell'occasione da
tutti i regimi arabi cosiddetti 'moderati' ovvero le petrolmonarchie del Golfo,
l'Egitto, la Giordania e gli altri 'attori' geopolitici vicino-orientali
infeudati alle politiche imperialistiche statunitensi - , definì come "la banda
di estremisti islamici (...) andata al potere a Teheran" (discorso alla stampa
estera del 24 settembre 1980 poco dopo l'inizio delle prime ostilità contro la
Repubblica Islamica lanciate sullo Shatt el Arab e 'via aerea' con i raid
terroristici contro le principali città iraniane) per la quale il tiranno aveva
'auspicato' e prospettato "giorni contati"....come si vedrà la 'storia' andò
abbastanza 'diversamente'....).

"Il popolo iracheno ha deciso di riprendersi le terre arabe (sic) a ovest di
Bassora e di aiutare gli iraniani a rovesciare il regime khomeinista. -
proclamò 'gradassamente' Saddam in quell'occasione - Questi sono due obiettivi
a breve scadenza. Probabilmente entro la fine dell'anno saranno raggiunti!".

Spetaktor
12-07-09, 20:02
Neanche tutto l'aiuto politico e diplomatico, quello tecnologico-militare, le
connivenze, l'attività di spionaggio e di intelligence, le azioni di sabotaggio
nelle sedi internazionali 'preposte' al 'controllo' (Onu et similia)
riusciranno a distruggere la volontà di resistenza di un intero popolo che
saprà reagire, riorganizzarsi ed ergersi come un fiume in piena arrivando a
sbaragliare il fronte di combattimento nemico, travolgendo successivamente le
linee irachene e penetrando in territorio ostile fino a raggiungere con le sue
avanguardie pasdaran la città di Bassora... Stilema di combattimento,
decisione, determinazione, volontà e fede del soldato di 'razza' dell'Iran
khomeinista.

E mentre il mondo stava a guardare, mentre Oriente e Occidente andavano a
sostenere lo sforzo militare saddamista (..."Signor Saddam, Grazie per quello
che state facendo!" dichiarerà Donald Henry Rumsfeld , inviato speciale del
presidente degli Stati Uniti, Ronald Reagan, a Baghdad nonchè alto esponente
della plutocrazia ebraica che controlla l'America (1), mentre l'allora vice-
presidente , George Bush senior, inviterà negli Usa gli ingegneri iracheni per
l'apprendistato 'tecnico' sui metodi più avanzati per la produzione di energia
nucleare sostenendo che "la nostra responsabilità ( dell'establishment ndr) è
fornire assistenza agli esportatori americani e Saddam Hussein è una forza di
stabilità nella regione."....la Plutocrazia mondiale, Wall Street e la City al
'lato' del satrapo di Baghdad...) le schiere della Libertà e della Verità
coraniche , inquadrate in improvvisati plotoni di anziani e giovanissimi ,
appena tredicenni, si andavano mobilitando rispondendo all'ordine marziale,
irriducibile e inequivocabile, di resistere ad ogni costo lanciato dall'Imam
Khomeini.

Questo fulgido esempio di valore, eroismo, ascetismo rivoluzionario
dimostrato dall'intero popolo iraniano durante gli anni della Rivoluzione prima
e negli otto anni di Guerra Imposta (2) saranno la 'palingenesi' redentiva di
una nazione organicamente ribellatasi al mondo: il mondo 'contro' - ieri come
oggi - ma Teheran resiste!

Alla base di questa autentica "rivoluzione conservatrice" shi'ita duodecimana
la weelthanshauung (visione del mondo) khomeinista e la sua principale
elaborazione teoretica ovvero l'affermazione del principio supremo ed
insindacabile della Walayat et Faqì (il Governo del Giuriesperto) ovvero il
Fuhrer-Prinzip in 'salsa' islamico-persiana di un ordine gerarchico-
costituzionale attorno al quale si erigerà la Repubblica Islamica con le sue
strutture di potere e la sua indeterminata valenza esoterico-temporale...

La Guida del Giuriesperto è l'elaborazione programmatico-teoretica del nuovo
Governo di Dio, del Governo Islamico, come concepita dal compianto Imam
Khomeini: la necessità di una leadership forte , capace, sapiente che deve
guidare la comunità dei credenti nel periodo , presente, di Grande Occultamento
del XIImo Imam (....al Mahdi (che Allah ne affretti la venuta) ...il Ben
Guidato, il Redentore dell'Umanità, la Guida del Tempo = al Imam al 'Asr... ).

La funzione ed il ruolo metastorico e metafisico di redentore universale del
XIImo Imam shi'ita viene sottolineata - in una analogia di valenze esoterico-
escatologiche ed in confronto interessante con la preesistente tradizione
persiano-mazdeista del culto zoroastriano che riconosce nell'Eroe escatologico
del Saoshyant il restauratore dell'Ordine dinanzi al Caos prodotto dal principe
delle tenebre , Angra-Mainyu (Ahriman) (3) - lucidamente anche da Pietro Corvo
il quale, presentando il volume di scritti di Medrano in questione (si veda
nota nr 3), scriverà: "Medrano sottolinea il carattere allo stesso tempo
guerriero e sacerdotale del Restauratore; e questo aspetto mette in luce
l'importanza che nella fase critica assume l'azione illuminata della
contemplazione, inoltre ci mostra in tutta la sua evidenza simbolica
l'atteggiamento che dovrà assumere l'uomo della Tradizione, impegnato nella
battaglia decisiva. Delle tre forme tradizionali prese in considerazione da
Medrano, ci pare interessante rilevare la singolare continuità fra la più
remote ed oggi scomparsa di esse, quella persiana, e l'attuale diffusione
dell'Islam shiita, che proprio in Iran ha il suo centro religioso politico, del
mito del dodicesimo Imam, ovvero il "Mahdi atteso". Secondo i canoni della
shiia uno degli eventi che dovrà verificarsi alla fine dei Tempi ultimi, quelli
che precedono di poco l'apparizione del Daggial (l'Anticristo), sarà la
manifestazione di un discendente del Profeta, il quale porterà lo stesso Suo
nome, cioè Muhammad, e discenderà da Fatima e Alì. Questo "Sharif"
preannunciato ed atteso è indicato nell'Islam con il nome di "al Mahdi" (il ben
diretto), egli dovrà incontrare Cristo nella moschea di Gerusalemme. Ora la
continuità escatologica fra l'antica Persia e l'odierno Iran sembra aggiungere
un ulteriore dato a ciò che da più parti è considerato tanto fondamentale: il
ruolo che la tradizione islamica dovrà svolgere nelle vicende ultime del
presente ciclo umano." (4).

Non è questa la sede per addentrarci in una disamina relativa all'escatologia
islamico-shi'ita nè alla funzione ed al ruolo che dovranno essere parte
essenziale dell'azione restauratrice del XIImo Imam (rimandiamo in merito a
quanto già scritto nel nostro volume sull'Islam shi'ita - (5)- e a numerosi
altri articoli comparsi in diversi siti e/o pubblicazioni); ciononostante è
essenziale una precisa, chiara, comprensione dell'evoluzione del pensiero
politico-religioso dell'Imam Khomeini che da questa visione escatologico-
esoterica procede. L'esigenza di un "rappresentante" ( "khalifa" in lingua
araba ) di Dio in terra è una delle condizioni prioritarie per l'attuazione
'conforme' delle Leggi dell'Islam e l'applicazione corretta dei precetti del
Libro Sacro (il Corano) e della Sunna (insieme orale di detti e tradizioni del
Profeta Mohammad - la Pace su di Lui e la sua Sua Famiglia = Ahl ul Bayth ,
tramandati da esperti e saggi 'compagni' del Nobile Inviato dall'Onnipotente)
nonchè il principale fondamento 'legittimo' per l'instaurazione di un Governo
Islamico divinamente 'ispirato'.

L'esigenza di un simile 'luogotenente' - che stabilisca un governo 'conforme'
alla legislazione coranica e preannunci il ritorno del Mahdi (a.s.) - è
un'ipotesi contenuta nella giurisprudenza shi'ita e della quale si farà
interprete e portavoce l'Ayatollah Khomeini il quale sosterrà che "Il
governante deve avere il massimo livello di fiducia nella sua religione, un
buon senso morale, senso di giustizia e libertà dal peccato, poichè chiunque si
impegni ad applicare il codice penale , a far valere i diritti e ad organizzare
le entrate e le uscite del tesoro non deve essere ingiusto. Nel suo prezioso
libro, Dio afferma: "Colui che è ingiusto non avrà il mio aiuto". Così, se il
governante non è giusto, non si può confidare nel fatto che egli non tradisca
la fiducia concessagli e non favorisca se stesso, la sua famiglia ed i suoi
parenti a spese del popolo. L'opinione della Shi'a , cui è affidato il compito
di guidare il popolo, è nota fin dalla morte del Profeta e sino all'epoca della
scomparsa dell'Imàm. Per la Shi'a l'Imàm è un uomo virtuoso che conosce le
leggi e le rende effettive con giustizia e che, nel servire Dio, non teme il
biasimo di alcuno. Se crediamo che le leggi riguardanti la costituzione del
governo islamico siano ancora attuali e che la Sharì'à (legge islamica ndr)
denunci il caos, allora dobbiamo formare un governo. Il buon senso suggerisce
che ciò è necessario , specialmente se un nemico ci sorprende o se ci attacco
un aggressore che deve essere combattuto e respinto. La Sharì'a ci ha ordinato
di preparare tutte le forze che possiamo raccogliere per mettere in fuga il
nemico di Dio e nostro, e ci incita a rendere la pariglia a quelli che ci
attaccano, qualunque siano i modi in cui ci attaccano. L'Islam richiede anche
che venga fatta giustizia a coloro i quali hanno subito un torto, al fine di
recuperare i loro diritti e di scoraggiare gli ingiusti. Tutto ciò richiede
delle potenti strutture. Per quanto riguarda le spese del governo che deve
essere costituito al servizio del popolo - di tutto il popolo - esse provengono
dal tesoro, le cui entrate consistono nell'imposta fondiaria, nella tassa di un
quinto, nel tributo imposto agli Ebrei ed ai Cristiani ed in altre risorse. Ora
nel periodo di assenza dell'Imàm non vi sono disposizioni affinchè una certa
persona amministri gli affari dello Stato. E allora , che cosa si deve pensare?
Dovremmo permettere che le leggi dell'Islam continuino ad essere inutili?
Dobbiamo persuadere noi stessi ad allontanarci dall'Islam o dobbiamo dire che
esso venne per governare la gente per un paio di secoli e poi trascurarla?
Sappiamo che la mancanza di un governo significa la perdita e la violazione dei
bastioni dei Musulmani, e significa anche la nostra incapacità a salvaguardare
i nostri diritti e la nostra terra. Nella nostra religione è permesso? Un
governo non è forse una delle necessità della vita? Malgrado la mancanza di un
provvedimento designante un singolo individuo ad agire nel nome dell'Imàm Alì
in caso di sua assenza, la presenza delle caratteristiche del sovrano religioso
in qualsiasi individuo lo abilita tuttora al governo del popolo. Queste
caratteristiche, vale a dire la conoscenza della legge e la giustizia, sono, al
giorno d'oggi, presenti presso la maggior parte dei nostri esperti di
giurisprudenza. Se essi vogliono, sarà facile per loro creare ed instaurare un
governo giusto, non eguagliato in alcuna parte del mondo." (6)

Spetaktor
12-07-09, 20:03
Da questa analisi , logica ed insindacabile, sulla necessaria instaurazione
di un esecutivo che legiferi, applichi e controlli il rispetto delle leggi
islamiche , fornita dall'Imam Khomeini deriva essenzialmente tutta la
successiva elaborazione teoretica di uno schema di formazione, fondazione e
regolamentazione del Principio Superiore della "Walayat et Faqìh" = la Guida
del Giuriesperto, autentico Fuhrer-Prinzip irano-shi'ita che codifica e decreta
la nomina di un "rappresentante", degno, legittimo e giusto alla guida degli
affari della comunità dei credenti.

Questa indicazione di Governo che è stata il principale 'segmento' teorico
dell'azione rivoluzionaria dell'Imam Khomeni in Iran ha un valore spazio-
temporale eterno: essa 'precede' l'avvento di un regno di Giustizia e Verità
che sarà instaurato solo ed esclusivamente con la parusia del XIImo Imam dopo
un periodo di grande tribolazione e di caos universali. E' una
'regolamentazione' in attesa di un'Ora di Verità che dovrà liberare il genere
umano dall'ingiustizia e dalla corruzione, dalla tirannia e dall'iniquità
rappresentanti dello "spirito di menzogna" di giovannea ed evangelica memoria;
se Cristo - il Messia - (la pace su di Lui) sarà un Profeta di Verità venuto a
liberare il popolo dei giudei e diffondere un Verbo di speranza con parole di
redenzione per l'intera umanità (non riconosciuto dal popolo 'maledetto' o, per
esser più esatti, 'riconosciuto' fin troppo bene dalla casta sacerdotal-
rabbinica dei 'difensori' della superiorità della Legge , dal Gran Sinedrio
ebraico detentore dei destini razzial-religiosi dell'unità indissolubile del
"popolo eletto" il quale si sarebbe dovuto 'conformare' alle messianiche parole
di solidarietà interrazziali del Cristo-Re per adempiere ad una promessa di
Verità); l'Imam al Mahdi (a.s.) dovrà definitivamente riaffermare la Legge di
Dio mediante l'insurrezione di uno Spirito di Giustizia sotto forma di schiere
combattenti per la Verità escatologica ovvero in un ordine d'acciaio , compatto
e gerarchicamente 'fascinato', che formerà l'Armata del Mahdi per sconfiggere
l'Iniquità e tutte le sue manifestazioni terrene.

"La legge, il cui obiettivo è assicurare i bisogni materiali e spirituali
della gente, deve essere eseguita da un organo di governo. - si legge in una
pubblicazione iraniana (7) - L'insieme dei tre poteri, legislativo, esecutivo,
giudiziario, forma un organo compatto e coordinato dipendente da un centro di
potere, garante dell'unità della società e artefice della coordinazione delle
varie forze. Nella teoria della wilàyatu-l-faqìh a capo della piramide di
potere si stabilisce chi possiede specifici attributi. Il nostro scopo è
presentare in modo semplice e, allo stesso tempo, esauriente questo importante
argomento. Considerando la necessità dell'esistenza di un governo (tale
principio è dimostrabile) e le qualità che deve possedere colui che governa, si
può concludere immediatamente che a capo della piramide di potere deve
stabilirsi un ma'sum (letteralmente significa immune dal peccato e dall'errore;
qui intendiamo indicare con tale termine o il sommo profeta Muhammad (S) oppure
uno dei dodici infallibili Imam (a)). Questo stato di fatti non è però sempre
possibile. Basta considerare anche il periodo in cui l'imam è presente, esso
può amministrare solamente il governo del posto in cui si trova, incaricando
altrove i suoi governatori. Sorge quindi spontaneamente la seguente domanda:
visto che il dovere del capo del governo islamico è la coordinazione delle
varie forze e dei vari istituti - al fine di eseguire la legge divina ed
instaurare un governo basato su determinati principi e valori divini - in
assenza del ma'sum, a quali condizioni deve sottostare il suo sostituto al fine
di svolgere, nel migliore dei modi, questo importante compito. Le condizioni
richieste sono tre: 1. La Sapienza - In generale ogni preposto al governo, al
fine di non commettere trasgressioni, deve conoscere perfettamente le leggi che
ha il dovere di eseguire. Di conseguenza anche il capo del governo islamico
deve conoscere perfettamente l'Islam, al fine di eseguire correttamente le
norme divine. E' necessario inoltre che tale conoscenza sia superiore a quella
di ogni altro individuo della società. In una tradizione islamica leggiamo
infatti che la società nella quale esistono una o più persone più sapienti e
più degne di chi è a capo della piramide di potere, è destinata al declino. 2.
Il Timor di Dio - Colui che ha il dovere di guidare la gente verso la
rettitudine e la purezza deve ovviamente essere la persona più timorata della
società. In tal modo, risulterò immune dalle tentazioni e libero dal desiderio
e dalla passione, e potrà svolgere nel migliore dei modi, il proprio lavoro.
Diversamente, risulterà soggetto alla passione e sacrificherà i valori e gli
interessi dell'Islam e dei musulmani per preservare la propria carica. A tal
proposito esiste un hadit del somo Profeta (S) che considera il timor di Dio
una delle tre necessarie condizioni di idoneità per il capo del governo
islamico. In un altro hadit, leggiamo che il santo imam Hussain (A)
rivolgendosi alla gente di Kufah, a proposito della questione della guida della
società, scrive: "Solo chi fonda il proprio governo sul Corano, istituisce
l'equità, è vincolato alla Religione del Vero e dedica completamente se stesso
alla via di Allah, è una vera guida.". 3. La Capacità - La terza condizione
consiste nella capacità di dirigere, nel migliore dei modi, la società. Il capo
del governo islamico dev'essere più abile di ogni altro individuo della società
nell'amministrare gli affari. La condizione ideale è quella nella quale il capo
del governo islamico è superiore, in ogni campo, in ogni materia (economica,
militare ecc) ad ogni altro individuo della società (tale condizione, se non
nel ma'sum, è però difficilmente realizzabile). Se ciò non dovesse essere
possibile, il dovere del capo del governo islamico è la coordinazione dei tre
poteri (esecutivo, giudiziario, legislativo) e la direzione adeguata dei
preposti agli affari di livello superiore. Nello svolgere tale compito
dev'essere inoltre più abile e più capace di ogni altro individuo della
società. Il concetto ora espresso è confermato dal sermone 173 del 'Nahju-l-
Balagah'. Finora la ligittimità del governo del walì faqìh (l'individuo che
possiede le tre condizioni citate) è stata dimostrata con una argomentazione di
carattere logico e generale, comprendibile da chiunque. Dimostriamo ora tale
legittimità con un'argomentazione di carattere giuridico imamita. Il concetto
fondamentale, sul quale si basa tale argomentazione, è che il Signore Eccelso
ha predisposto il governo per il nobile Profeta Muhammad (S) e i dodici
infallibili Imam (A). E' però ovvio che nel periodo dell'occultamento
dell'ultimo Ima (che Allah affretti la sua manifestazione) i comandamenti
divini devono essere eseguiti e rispettati e, in ogni caso, il bisogno
dell'esistenza di un governo permane. Qualcuno deve quindi sostituire il ma'sum
e assumere questa sacra funzione. La persona più idonea a ricoprire questa
carica è, secondo il diritto imamita, colui che più si avvicina al ma'sum.
Solamente in tal modo Allah, il Re dei Mondi, risulterà infatti compiaciuto.
Questa è la prova giuridica della legittimità del governo del walì faqìh.".

La legittimità del Governo del Giuriesperto - ovvero di colui il quale in
fatto di Giurisprudenza Islamica abbia i necessari requisiti e le maggiori
conoscenze e la cui condotta morale sia irreprensibilmente ordinata - viene
formulata con queste indicazioni di massima dal compianto Imam Khomeini: "Se un
esperto della Legge intelligente e giusto si assume il compito di formare un
governo, amministrerà allora gli affari sociali che il Profeta era solito
amministrare e sarà compito del popolo ascoltarlo ed obbedirgli. Questo
governante avrà tanta autorità sulla gestione dell'amministrazione, del bene
comune e della politica popolare quanta ne ebbero il Profeta e l'emiro dei
credenti, malgrado le particolari virtù di questi ultimi ed i caratteri che li
distinguevano. Le loro virtù non concedevano loro il diritto di contraddire gli
insegnamenti della Sharì'a o di dominare il popolo ignorando gli ordini divini.
Dio ha dato all'attuale governo islamico, che si suppone venga formato nel
periodo di assenza del califfo 'Alì ibn Abi Talib, gli stessi poteri che diede
al Profeta ed all'emiro dei credenti riguardo all'amministrazione, alla
giustizia ed alla soluzione delle controversie, alla nomina di governatori
provinciali e di funzionari, all'esazione di tasse ed allo sviluppo del paese.
Tutto quanto è in questione è che, oggi, la nomina di un governatore dipende
dalla possibilità di trovare qualcuno che possiede sia il sapere sia la
giustizia." (8)

Nella odierna forma statale della Repubblica Islamica queste prerogative di
conoscenza e giustizia sono affidate ad organi competenti ai quali spetta la
responsabilità relativa alla nomina del Walì et Faqì che, all'indomani della
scomparsa dell'Imam Khomeini, venne designato - nell'estate 1989 - nella
persona dell'attuale Guida della Rivoluzione Islamica iraniana, il Grande
Ayatollah Sayyed Alì al Khamin'eì.

Quando sulla pubblicistica o la stampa occidentali si parla della piramide
istituzionale e dell'assetto dei poteri nella Repubblica Islamica dell'Iran
spesso, sovente, si tende a dare una difforme idea di quello che realmente
significhi l'autorità ed il ruolo del Giuriesperto alla guida della nazione
iraniana rispetto ad altri incarichi e nomine relativamente importanti quando
non semplicemente rappresentative come per fare un esempio lapalissiano
l'elezione del Presidente della Repubblica, carica sicuramente importante ma
non essenziale nell'ordinamento nazionale islamico della teocrazia shi'ita.

Il Presidente della Repubblica Islamica è rappresentativo di una volontà
popolare, di una consultazione elettorale e di una chiamata alle urne con la
quale il popolo viene ad indicare un incaricato della formazione di un
esecutivo. Il reale potere nella Teocrazia islamica iraniana rimane saldamente
nelle mani della Guida della Rivoluzione che potrà avallare o rifiutare la
designazione ed il 'responso' delle urne...

"L’architettura istituzionale uscita dalla rivoluzione del 1979 è complessa.
- si può leggere in un articolo apparso sul quotidiano "La Stampa" in data 17
giugno 2009 -
Il punto di riferimento è la Guida Suprema, un religioso, che viene eletto
dall’Assemblea degli Esperti, 86 religiosi, a loro volta eletti a suffragio
universale sulla base di liste preparate dal governo. La Guida Suprema ha un
incarico a vita, anche se può essere rimosso in casi eccezionali dall’Assemblea
degli Esperti. Gli esperti hanno un mandato di otto anni, rinnovabile. Il loro
presidente è l’uomo più potente dopo la Guida Suprema. La Guida Suprema nomina
metà dei 12 membri del Consiglio dei Guardiani (gli altri sono laici nominati
dal Parlamento), una specie di Corte Costituzionale, che vigila sul rispetto
delle regole e seleziona i candidati alla presidenza della Repubblica. La Guida
Suprema nomina i comandanti delle forze armate, il capo supremo della
Giustizia, i direttori di radio e tv, insedia il presidente della Repubblica
dopo le elezioni. Dopo la morte di Khomeini, nel 1989, la Guida Suprema è
sempre stato Ali Khamenei. Il presidente dell’Assemblea degli Esperti è il suo
rivale Ali Akbar Hashemi Rafsanjani, che guida anche lo strategico Consiglio
per il Discernimento del Sistema." (9).

La realtà relativa al ruolo , alle funzioni, all'autorità suprema ed assoluta
del Walì Faqìh risulterà 'conforme' dunque non alle esigenze di pluralismo
partitico-politico o ai 'desiderata' lobbistici di questa o quella fazione ma
all'insuperabile ed irrinunciabile esigenza di assicurare una Guida giusta,
legittima e capace di interpretare nel modo più consono e conforme alla
Legislazione Islamica - dalla quale il Governo del Giuriesperto e l'intera
struttura istituzional-politica islamica iraniana procedono - la quale deve
rimanere il fulcro centrale dell'attività di sviluppo ed evoluzione di una
società diretta secondo le Leggi Divine.
In questa breve analisi preliminare sul ruolo e la funzione di 'motore
immobile' della Rivoluzione Islamica che viene 'delegata' al Giuriesperto
dobbiamo sottolineare l'assoluta necessità di fuoriuscire dalle analisi
preconfezionate dai mass media occidentali e da quelle partorite
propagandisticamente dalle centrali di disinformazione mondialiste alle quali
interessa di screditare la centralità rivoluzionaria e l'autorità morale,
etica, socio-politica, religiosa e militare del Walì Faqìh il quale rappresenta
senz'alcun dubbio un autentico "fuhrer" = Capo Supremo di una ierofania che è
presenza della Tradizione, rinascita religioso-spirituale di una nazione ed
insieme affermazione di Principii di Verità e di indicazioni-consegne di
combattimento per i 'ribelli' ed i diseredati del Terzo Millennio in lotta
contro la società liberal-capitalista, l'edonismo occidentale, il vuoto post-
nichilista della società senza valore della rovesciata contemporaneità 'eretti'
e apparentemente - le 'apparenze' ingannano...sempre! - trionfanti nella
porcilaia occidental-massonico-giudaica dei vuoti a perdere esistenziali e
della Politica Mondiale in 'crisi' d'identità e di idee dalla fine della Guerra
Fredda - Est/Ovest, URSS/USA - rappresentazione della dicotomica ma insieme
sinergica azione di strangolamento usurocratico degli Imperialismi sovietico e
statunitense.
In questo ciclo cosmico, nell'attualità contemporanea che impone disamine
'aggiornate' sugli avvenimenti 'spazio-temporali' che sono in costante
evoluzione a ritmi sempre più elevati d'attuazione e manifestazione - anche
quella del 'Tempo' come vettore d'identificazione della società contorta post-
modernista è una ricognizione analitica sulla quale 'torneremo' - ; crediamo
assolutamente necessario uno studio preliminare lucido e razionale
dell'alternativa offerta nel Terzo Millennio dell'era cristiana dalla
Repubblica Islamica dell'Iran, con le sue strutture amministrativo-
burocratiche, le sue Istituzioni di governo e le sue caratteristiche di centro
d'irradiazione di una sapienza 'antica' che 'fascinosamente' ha ricompreso al
suo interno , quale strumento di formazione e base di ripartenza, i principi
educativi e le spinte propulsivo-rivoluzionarie della dottrina islamica shi'ita
le quali hanno 'travalicato' i confini dell'odierna nazione iraniana per
configurarsi in un nuovo stilema di combattimento e di resistenza nel soldato-
politico Hizb'Allah libanese e nei suoi 'fratelli-gemelli' sunniti palestinesi
delle formazioni della resistenza di Hamas, della Jihàd Islamica e degli altri
gruppi politici che a Gaza operano per la liberazione della Palestina storica.
Questa realtà metafisica e metapolitica rappresentata dal Governo Islamico
della Repubblica Islamica dell'Iran è la proiezione gerarchico-statal-
istituzionale, a trent'anni dalla vittoria delle forze rivoluzionarie islamiche
iraniane e a quasi quarant'anni dall'elaborazione scrittorio-teoretica sulla
necessita di dotarsi di un Governo Islamico compilata dall'Ayatollah Khomeini,
di idee che hanno radici antiche e di una sapienza che si perde nella notte dei
tempi , nell'alba radiosa nella storia dell'umanità che vide l'avvento del
Profeta Muhammad (a.s.) e l'irradiazione dell'Islam quale direttrice delle
umane esigenze, e che l'Imam Khomeini ha rielaborato e riattualizzato
edificando l'attuale Stato platonico iraniano.
"L'Imam Khomeini, sconvolgendo i canoni interpretativi della modernità, guidò
e portò alla vittoria una delle più popolari rivoluzioni della storia,
reintroducendo un ordine sociale e politico fondato sulla centralità di Dio e
la supremazia dell'Invisibile. L'Occidente parla a riguardo di anacronismo, di
antistoria, di oscurantismo se non di barbarie e terrorismo. Eppure pochi
conoscono realmente la vita e il pensiero dell'uomo che chiamò alla
"sollevazione per Dio" e "risvegliò" i cuori e le menti di milioni di persone,
e che non fu solo il fondatore e la guida della Repubblica Islamica dell'Iran,
ma anche filosofo, teologo, giuriconsulto, gnostico e poeta." (10)
E' arrivato il momento che l'umanità inizi a conoscere gli scritti, le
parole, la filosofia e l'azione politica e religiosa del compianto fondatore
della Repubblica Islamica. Ed è soprattutto, come scriverà lucidamente Giuseppe
Mahdi Aiello nell'introduzione al volume di Ansari - "...il momento che
l'Occidente si confronti con l'Imam Khomeini e il suo movimento senza
nascondersi dietro la mistificazione, la manipolazione e la propaganda, e per
questo motivo ci siamo accollati la responsabilità di curare l'edizione di
questa biografia che però non può essere una semplice introduzione alla sua
figura, in quanto, come sottolinea giustamente l'autore, "descrivere le
dimensioni della personalità e raccontare la vita di un uomo di simile levatura
in un solo libro è come versare l'acqua di un oceano in una brocca". (11).

Noi quale indicazione di massima consigliamo a chiunque interessato alcuni
testi (12) relativi al pensiero politico, alla gnosi mistica, alla filosofia
religiosa del compianto Imam Khomeini per il quale, alla di lui dipartita
celeste il 3 giugno 1989, versarono lacrime venticinque milioni di iraniani e
migliaia, centinaia di migliaia, milioni di shi'iti in ogni parte del pianeta.
Il mondo si divide in due categorie: la retta Via 'tracciata' esemplarmente
dall'Imam Sayyed Ruhollah al Mousawi al Khomeini e la via di iniquità e
menzogna della Sovversione mondialista.

DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI
DIRETTORE RESPONSABILE AGENZIA DI STAMPA "ISLAM ITALIA"

Spetaktor
12-07-09, 20:04
Note -

1 - "Donald Henry Rumsfeld (Evanston, 9 luglio 1934) è un politico
statunitense. Segretario della Difesa degli Stati Uniti sotto l'amministrazione
del Presidente Gerald Ford dal 1975 al 1977 e successivamente sotto il
presidente George W. Bush, dal 2001 all'8 novembre del 2006. È allo stesso
tempo la persona più giovane e più anziana ad aver ricoperto tale incarico.
Proveniente da una famiglia (di origine ebraica e nazionalità ndr) tedesca (il
nonno era nato a Brema), è sempre stato attivo sia in politica nel partito
Repubblicano fin dall'amministrazione Nixon, sia nell'industria. È sposato con
Joyce dal 1954 e ha 3 figli e 6 nipoti. Donald Rumsfeld fu eletto nel 1962 alla
Camera dei Rappresentanti e rieletto nel 1964, 1966 e 1968.
Nel 1969 si dimise dal congresso per assumere incarichi nell'amministrazione
di Richard Nixon.
Nel 1973 lasciò Washington per assumere l'incarico di ambasciatore
statunitense alla NATO.
Dal 1974 tornò a Washington per far parte dello staff del presidente Gerald
Ford, sotto la cui presidenza rivestì in particolare il ruolo di Capo di
gabinetto presidenziale (con Dick Cheney suo vice) e quindi di Segretario alla
Difesa dal 1975 al 1977. Fu così il più giovane Segretario alla Difesa della
storia degli Stati Uniti.
Dal 1977 al 1985 Rumsfeld ebbe incarichi dirigenziali di alto livello nella G.
D. Searle & Company, arrivando ad esserne presidente. La G.D. Searle & Company
è una multinazionale farmaceutica nota per la pillola contraccettiva Enovid e
per il dolcificante brevettato con il nome di aspartame. Nello stesso periodo,
tuttavia, Rumsfeld non abbandonò la carriera nell'amministrazione statunitense.
Tra gli altri incarichi ricoperti, dal 1983 al 1984 fu inviato speciale di
Ronald Reagan in Vicino Oriente. Fu in questa veste che incontrò Saddam
Hussein, all'epoca sostenuto dagli Stati Uniti nella guerra contro l'Iran.
Risale a quest'epoca il famoso video in cui Rumsfeld stringe la mano a Saddam.
Dal 1985 al 1990 Rumsfeld continuò a portare avanti in parallelo carriera
pubblica e affari privati. Dal 1990 al 1993 diresse la General Instrument
Corporation.
Nel 1997 Rumsfeld ha fondato, con altri esponenti della destra
ultraconservatrice statunitense, il Project for a New American Century
(Progetto per un nuovo secolo americano), il cui ruolo è stato determinante
nella decisione di dichiarare guerra all'Iraq.
Nel 2001 Rumsfeld fu nominato dal neo-Presidente degli Stati Uniti, George W.
Bush, Segretario alla Difesa. Nel secondo mandato, iniziato nel 2005, Rumsfeld
è confermato nel suo ruolo, dal quale però si dimette il giorno 8 novembre del
2006, all'indomani della pesante sconfitta dei Repubblicani nelle cosiddette
elezioni di medio termine, sostituito dall'ex capo della CIA Robert Gates."
(da www.wikipedia.org)

2 - sulla Guerra Imposta dall'Iraq saddamista al popolo iraniano scriveranno
, in una pubblicazione edita dal Centro Culturale Islamico Europeo di Roma,
fonti diplomatiche iraniane: "Era trascorso appena un brevissimo arco di tempo
dalla vittoria della gloriosa Rivoluzione Islamica d'Iran e già il regime
iracheno preparava in ogni campo - politico, militare, propagandistico,
psicologico - il terreno per sferrare la sua aggressione contro la Repubblica
Islamica dell'Iran, per imporre una guerra ingiusta. E' evidente che lo
scatenamento di un così vasto conflitto non è stato solo frutto della decisione
dell'Iraq. E' stata invece l'azione concertata delle varie potenze del mondo
ostili alla Rivoluzione Islamica e animate dal desiderio di soffocarla o quanto
meno di rinchiuderla entro i confini geografici dell'Iran, a incoraggiare quel
regime aggressore a sferrare il suo attacco nella speranza di giungere in pochi
giorni a una facile vittoria. Tali speranze erano motivate sia dal boicottaggio
economico e militare decretato contro l'Iran che dal sostegno su tutti i fronti
offerto dalle superpotenze." e sottolineando , poco dopo, "la preparazione
politica, propagandistica, psicologica dell'aggressione" che costerà all'Iran
oltre mezzo milione di vittime in massima parte civili innocenti. Come
lucidamente evidenzia la pubblicazione in questione questo conflitto venne
decretato dalla Plutocrazia Mondiale contro la Repubblica Islamica per fermare
le parole d'ordine di rivolta e di combattimento lanciate dall'Imam Khomeini
che invitava i diseredati e gli oppressi del pianeta a fronteggiare l'iniquità
e i regimi di menzogna ed abbatterli in nome della Verità e della Fede. In
merito a questa fase preparatoria dell'aggressione contro Teheran si legge:
"L'ambasciatore iracheno, a pochi mesi dalla vittoria della Rivoluzione
Islamica, il 3 novembre 1979 , nel corso di un'intervista con il giornale "An
Nahar", condizionò il miglioramento dei rapporti tra Iran e Iraq
all'accettazione dei seguenti punti: - revisione dell'accordo di Algeri del
1975 stipulato dai due Paesi riguardo lo Shatt el 'Arab; - concessione
dell'autonomia alle minoranze d'Iran curde, baluci e arabe; - ritiro delle
forze armate iraniane dalle isole del Golfo Persico di Tomb e di Abu Musa.
Ancora , Na'im Hassad, vice-presidente iracheno allora in carica, in una
intervista trasmessa dal Kowait dall'Associated Press nell'aprile 1980, ossia
cinque mesi prima dell'inizio dell'aggressione, dichiarò: "L'Iraq, per ottenere
il controllo dello Shatt el 'Arab, ricorrerà ai suoi mezzi.". Sempre
nell'aprile 1980 Saddam Hussein , durante una riunione nel nord dell'Iraq,
sferrò un attacco verbale alle autorità iraniane dicendo, tra l'altro: "L'Iraq
è pronto a risolvere ogni controversia con l'Iran ricorrendo massicciamente
alla forza!". Secondo un servizio dell'Associated Press dell'aprile 1980 Sa'dun
Hamadi in visita in Finlandia dichiarò: "La possibità di un conflitto tra Iran
e Iraq è molto deboli, tuttavia nulla è impossibile.". Il 17 settembre 1980 ,
cinque giorni prima dell'aggressione contro il territorio iraniano, Saddam
Hussein in una riunione straordinaria dell'Assemblea irachena proclamò:
"Dichiaro di fronte a voi che considero del tutto nullo l'Accordo di Algeri (...
da lui sottoscritto con lo shah...ndr) del 6 marzo 1975 e che il Consiglio
della Rivoluzione adotterà al riguardo una decisione."." (crf "Uno sguardo a
sette anni di difesa sacra" - ediz. a cura del C.C.I.E. dell'Ambasciata della
Repubblica Islamica dell'Iran a Roma; Roma 1987)

3 - si veda in proposito il saggio "Il Saoshyant: eroe escatologico iraniano"
compreso nel volume di Antonio Medrano - "Tempi Ultimi e Restaurazione Finale"
- ediz. "Il Cinabro" - Catania 1995;
4 - Pietro Corvo - "La Tradizione come Stile di Vita" - introduzione al
volume di Antonio Medrano - op. cit.;
5 - si veda il nostro "Conoscere l'Islam - Le basi della dottrina shi'ita" -
ediz. "Il Cerchio" - Rimini 2005;
6- Ayatollàh Khomeyni - "Il Governo Islamico" - ediz. "L.Ed.E." - Roma s.d.;
7 - "La Wilàyatu-l-Faqìh" articolo di una pubblicazione di un centro studi
teologici iraniano ripubblicato su "Islam Italia" - Agenzia d'Informazione
Islamica - Notiziario di Attualità, Cultura e Geopolitica" - Anno 1 Nr. 4 -
Aprile 2002 - Modena;
8 - Ayatollàh Khomeyni - op. cit.;
9 - "Iran - La piramide del potere - Militari con i religiosi e studenti con
i riformisti: chi comanda nella Repubblica Islamica?" articolo da "La Stampa"
17.06.2009;
10 - Hamid Ansari - "Il racconto del Risveglio - Una biografia politica e
spirituale dell'Imam Khomeini" - ediz. "Irfan" - Setteville di Guidonia (Roma)
2007;

11 - Giuseppe Mahdi Aiello - prefazione al volume di Hamid Ansari - op.
cit.;

Unghern Kahn
18-07-09, 21:18
Ho infine avuto modo e tempo per documentarmi sulla composizione della redazione della rivista "Eurasia" e , con mio grande sconcerto, ho avuto la spiacevole sorpresa di sapere che l'indirizzo della rivista (Viale Osacca 13 - Parma) corrisponde esattamente a quello di una casa editrice "All'Insegna del Veltro" diretta dal neo-nazista Claudio Mutti già responsabile delle omonime edizioni per i cui titoli ha sfornato , fra gli altri, il noto libello antisemita dei "Protocolli dei savi anziani di sion" assieme ad altro ciarpame negazionista ("Il rapporto Leuchter") e un altro testo - del quale ignoravo l'esistenza - a firma Volsky intitolato "I veri Protocolli" che fin dal titolo mi autorizza a credere si tratti della solita propaganda nazistoide.

Claudio Mutti è inoltre un personaggio storico della galassia dell'estrema destra neonazista e antisemita , arrestato - mi risulta - per la strage di Bologna e noto nella Sinistra Rivoluzionaria per i suoi trascorsi in organizzazioni "civetta" create dai fascisti durante gli anni sessanta e sessanta per attirare militanti in buona fede dal marxismo all'estrema destra. E' stato per anni uno dei principali collaboratori del famigerato teorico della "disintegrazione del sistema" , condannato per Piazza Fontana e fondatore di movimenti razzisti Franco Freda. Questo basta e avanza per provare profondo disgusto e vergogna.

Considerando che su questo forum - che si definisce "di amici e simpatizzanti dell'eurasiatismo" - si fa riferimento al trimestrale di "studi geopolitici" di cui sopra , fra i cui redattori figura oltre al nazi-sciita Dagoberto Hussein Bellucci pure il suddetto Claudio Mutti, e che l'eurasiatismo italiano è rappresentato da personaggi di questo livello ne concludo che si tratti dell'ennesimo movimento-truffa utilizzato dagli estremisti neri per cooptare all'interno delle loro formazioni compagni che non soltanto si renderebbero complici di reati penalmente punibili dalla Costituzione italiana ma pure dell'attività di proselitismo dell'estremismo neofascista in Italia.

Prendo atto che quelle propagandate fino ad ora su questo forum siano niente meno che le posizioni terzomondiste di una corrente filo-russa e filo-islamica dell'estremismo di destra italiano e mi sorprende oltremodo aver constatato che, fra i collaboratori fissi, del trimestrale in questione figuri anche il professor Costanzo Preve un tempo mente illuminata e valido teorico del marxismo italiano attualmente a braccetto con la peggior feccia neonazista presente in circolazione.

Tolgo definitivamente il disturbo ripromettendomi qualsiasi azione per ostacolare questi squallidi tentativi d'infiltrazione a sinistra che , mi sia consentito, sono la fotocopia posticcia di altre iniziative analoghe partorite dai teorici alla Mutti e alla Bellucci in altri tempi e in altre situazioni.

Viva il 1.o Maggio Rivoluzionario e Antifascista!
Viva il proletariato e il comunismo!
Il Fascismo - vecchio e nuovo - non passerà!

Addio e vergognatevi!


Quando l'ho visto la prima volta non sapevo se mettermi a ridere o a piangere (dalle risate :D).

L'unico commento che posso fare è questo inserito dal moderatore nell'altra discussione: "Accusare persone che non si conoscono attraverso concetti che nemmeno si conoscono è da idioti e null'altro."

Poi sulle accuse di antisemitismo consiglio a tutti di vedere l'articolo scritto dal prof. Claudio Mutti in proposito. Lo trovate a questo link:

Claudio Mutti (http://www.claudiomutti.com/index.php?url=6&imag=1&id_news=167)

Unghern Kahn
18-07-09, 21:22
Non mi ha preso il link. Lo inserisco anche quì , non penso ci siano problemi:



L'equivoco del semitismo e dell'antisemitismo


"In una capra dal viso semita"
(Umberto Saba, Ho parlato a una capra)

Pare sia stato lo storico tedesco August Ludwig von Schlözer (1735-1809) a coniare per la prima volta, nel 1781, l'aggettivo semitisch, per indicare il gruppo delle lingue (siriaco, aramaico, arabo, ebraico, fenicio) parlate da quelle popolazioni che un passo biblico (Gen. 10, 21-31) fa discendere da Sem figlio di Noè. Il neologismo venne accolto dalla comunità dei linguisti, tant'è vero che lo troviamo nel 1890 nelle Lectures on the comparative Grammar of the Semitic Languages di W. Wright (1830-1889), nel 1898 nella Vergleichende Grammatik der semitischen Sprachen di Heinrich Zimmern (1862-1931), fra il 1908 e il 1913 nel Grundriss der vergleichenden Grammatik der semitischen Sprachen di Carl Brockelmann (1868-1956).
L'aggettivo "semitico" si riferisce perciò propriamente ai Semiti, ossia ad una famiglia di popoli che si è diffusa nella zona compresa fra il Mediterraneo, i monti d'Armenia, il Tigri e l'Arabia meridionale, per poi estendersi anche all'Etiopia ed al Nordafrica; come aggettivo sostantivato ("il semitico"), esso indica il gruppo linguistico corrispondente, il quale si articola in tre sottogruppi: quello orientale o accadico (che nel II millennio si divise a sua volta in babilonese e assiro), quello nordoccidentale (cananeo, fenicio, ebraico, aramaico biblico, siriaco) e quello sudoccidentale (arabo ed etiopico).
Del tutto improprio è dunque l'uso dei termini "semita" e "semitico" come sinonimi di "ebreo" e di "ebraico", esattamente come sarebbe improprio dire "ariano" o "indoeuropeo" in luogo di "italiano", "tedesco", "russo" o "persiano".
Ne consegue che altrettanto errato è l'uso di "antisemita", allorché con tale termine si vuole designare chi è "reo di antisemitismo" (1), cioè di quel "reato" che un autorevole vocabolario definisce nei termini seguenti: "avversione nei confronti del popolo ebraico, maturatasi di volta in volta in forme di persecuzione o addirittura di mania collettiva di sterminio, da una base essenzialmente propagandistica, dovuta a degenerazione di pseudoconcetti storico-religiosi, o a ricerca di un capro espiatorio da parte di politici e classi politiche impotenti" (2). Se usato correttamente, infatti, il vocabolo "antisemitismo" - coniato nel 1879 dal giornalista viennese Wilhelm Marr (3) - dovrebbe indicare l'ostilità nei confronti dell'intera famiglia semitica, la quale ha oggi la sua componente più numerosa nelle popolazioni di lingua araba, sicché la qualifica di "antisemita" risulterebbe più adatta a designare chi nutre avversione nei confronti degli Arabi, piuttosto che i "rei" di ostilità antiebraica.
Ma l'inconsistenza della suddetta sinonimia ("semita" = "ebreo") risulta ancora più evidente qualora si rifletta sul fatto che gli Ebrei odierni non possono essere qualificati come "semiti", e ancor meno come "popolo semitico". Infatti, se l'appartenenza di un gruppo umano ad una più vasta famiglia deve essere stabilita in base alla lingua parlata dal gruppo in questione, allora un popolo potrà essere considerato semitico soltanto nel caso in cui esso parli una delle lingue semitiche enumerate più sopra, col risultato che oggi avranno il diritto di essere definiti semiti a pieno titolo gli Arabi e gli Etiopi, ma non gli Ebrei.
È vero che dal 1948 l'ebraico (il neoebraico) è diventato lingua ufficiale della colonia sionista insediatasi in Palestina ed è compreso dalla maggior parte degli Ebrei che attualmente vi risiedono, ma si tratta di una lingua che era morta da oltre venti secoli e che solo nel Novecento è stata artificiosamente richiamata in vita. Gli Ebrei della diaspora, oggi come in passato, parlano le lingue dei popoli in mezzo ai quali si trovano a vivere, lingue che sono per lo più indoeuropee (inglese, spagnolo, francese, italiano, russo, farsi ecc.). Lo stesso yiddish, che si formò nel XIII secolo nei paesi dell'Europa centrale sulla base di un dialetto medio-tedesco e diventò una sorta di lingua internazionale in seguito alle migrazioni ebraiche, era pur sempre un idioma tedesco (4), anche se, oltre ad un vocabolario di base tedesco e slavo, conteneva un tasso elevato di elementi lessicali ebraici e veniva scritto in caratteri ebraici.
È dunque evidente che gli Ebrei non costituiscono affatto un gruppo che, sulla base dell'appartenenza linguistica, possa esser definito come semitico.
Possiamo allora considerarli semiti sotto il profilo etnico? Per rispondere affermativamente, bisognerebbe essere in grado di ricostruire la genealogia degli Ebrei e di ricondurla fino a Sem figlio di Noè. Cosa praticamente impossibile.
Un fatto è certo: all'etnogenesi ebraica hanno contribuito elementi razziali di varia provenienza, acquisiti attraverso il proselitismo e quei matrimoni misti ("i matrimoni con le figlie di un dio straniero") contro i quali tuonavano inutilmente i profeti d'Israele. "A partire dalle testimonianze e dalle tradizioni bibliche, - scrive uno studioso ebreo - si deduce che perfino agli esordi della formazione delle tribù d'Israele queste erano già composte di elementi razziali diversi (...). A quell'epoca troviamo in Asia Minore, in Siria e in Palestina molte razze: gli Amorrei, che erano biondi, dolicocefali e di alta statura; gli Ittiti, una razza di carnagione scura, probabilmente di tipo mongoloide; i Cusciti, una razza negroide; e parecchie altre ancora. Gli antichi Ebrei contrassero matrimoni con tutte queste stirpi, come si vede bene in molti passi della Bibbia" (5).
Secondo un autorevole geografo ed etnologo italiano, Renato Biasutti (1878-1965), "la questione della posizione antropologica o composizione razziale degli Ebrei non è infatti meno complessa e oscura" (6) di tante altre. "Una delle cause di ciò - egli spiega - sta nella difficoltà di raccogliere informazioni adeguate sui caratteri somatici di un gruppo etnico tanto disperso" (7). Occorre poi distinguere tra i gruppi ebraici dell'Asia e quelli dell'Europa e dell'Africa e, in particolare, tra i Sefarditi (il ramo meridionale della diaspora) e gli Aschenaziti (il ramo orientale). Se i Sefarditi si sono diffusi dal Nordafrica e dall'Europa mediterranea fino all'Olanda e all'Inghilterra, gli Aschenaziti hanno popolato vaste aree della Russia meridionale, della Polonia, della Germania e dei Balcani ed hanno fornito il contingente più numeroso al movimento colonialistico che ha dato nascita all'entità politico-militare sionista.
Se per gran parte dei Sefarditi si può ipotizzare un'origine parzialmente semitica, benché non necessariamente ebraica (8), per quanto riguarda gli Ebrei aschenaziti, che rappresentano i nove decimi dell'ebraismo mondiale, le cose stanno in tutt'altra maniera, poiché la maggioranza di coloro che in età medioevale professavano il giudaismo erano cazari e "gran parte di questa maggioranza emigrò in Polonia, Lituania, Ungheria e nei Balcani, dove fondò quella comunità ebraica orientale che a sua volta divenne la maggioranza predominante dell'ebraismo mondiale" (9).
L'affermazione di questa verità storica ha conseguenze devastanti sul mito sionista del "ritorno" ebraico in Palestina. È evidente infatti che, se la maggioranza degli Ebrei attuali trae origine dai Cazari, la pretesa sionista viene destituita del suo fondamento, poiché i discendenti slavizzati di un popolo turcico originario dell'Asia centrale non possono certamente vantare alcun "diritto storico" su una regione del Vicino Oriente.







1. Giacomo Devoto e Gian Carlo Oli, Vocabolario illustrato della lingua italiana, Selezione dal Reader's Digest, Milano 1967, vol. I, p. 146. E' interessante notare che, mentre l'antisemita è "reo", ossia "colpevole di un reato", secondo lo stesso Devoto-Oli non sono affatto rei coloro che nutrono avversione nei confronti di altri gruppi umani. "Anticristiano" infatti significa semplicemente "ostile ai cristiani o alle loro dottrine" (op. cit., vol. I, p. 142); "antitedesco", chi è "storicamente o politicamente avverso ai tedeschi" (op. cit., vol. I, p. 147); perfino "antidemocratico" è agg. e s. m. che designa, senza esprimere giudizio di condanna, ogni "persona, atteggiamento o movimento che ostacola la democrazia, i suoi principi sociali e politici" (op. cit., vol. I, p. 142).
2. G. Devoto - G. C. Oli, op. cit., p. 146.
3. P. G. J. Pulzer, The rise of political anti-Semitism in Germany and Austria, Wiley, New York 1964, pp. 49-52.
4. Va detto però che alcuni studiosi contestano la matrice tedesca dello yiddish, ipotizzandone l'origine dalla rilessificazione di un dialetto sorabo parlato dai discendenti di nuclei balcanici (e probabilmente anche caucasici e slavo-avari) che si erano convertiti al giudaismo. "I do not accept - dichiara uno di loro - the common view that Yiddish is a form of German. I believe that Yiddish arose approximately between the 9th and 12th centuries when Jews in the mixed Germano-(Upper) Sorbian lands of present-day Germany 'relexified' their native Sorbian, a West slavic language" (Paul Wexler, Yiddish evidence for the Khazar component in the Ashkenazic ethnogenesis, in: The World of the Khazars. New Perspectives. Selected Papers from the Jerusalem 1999 International Khazar Colloquium hosted by the Ben Zvi Institute, edited by Peter B. Golden, Haggai Ben-Shammai and Andras Rona-Tas, Brill, Leiden-Boston, 2007, p. 388). A parere di Wexler, lo yiddish costituirebbe un'ulteriore conferma della presenza di una fondamentale componente cazara nell'etnogenesi aschenazita. Cfr. P. Wexler, The Ashkenazic Jews. A Slavo-Turkic people in search of a Jewish identity, Columbus, Ohio, 1993; Idem, Two-tiered relexification in Yiddish: the Jews, the Sorbs, the Khazars and the Kiev-Polessian dialect, Berlin-New York, 2002.
5. M. Fishberg, The Jews: A Study of Race and Environment, The Walter Scott Publ. Co., London-New York, 1911, p. 181.
6. Renato Biasutti, Le razze e i popoli della terra, vol. II (Europa - Asia), UTET, Torino, 1967, p. 563.
7. Ibidem.
8. Paul Wexler, The non-Jewish origins of the Sephardic Jews, Albany, 1996.
9. Arthur Koestler, La tredicesima tribù, UTET, Torino 2003, p. 119. Circa il contributo determinante dato dall’elemento cazaro all’etnogenesi del “popolo ebraico”, cfr. C. Mutti, Chi sono gli antenati degli Ebrei?, “Eurasia. Rivista di Studi Geopolitica”, a. VI, n. 2, maggio-agosto 2009.


Inserita il 08/07/2009 alle 18:06:39

Unghern Kahn
25-07-09, 11:29
Il perchè di questa discussione?
1-è un collaboratore di Eurasia
2-è un amico di molti di noi
3-è un 'afficionados' del vecchio POL
4-volevo offrire una "vetrina" ai suoi articoli visti i problemi con alcuni siti
5-fanno un po di colore :446:

cmq ora non li posto visto che c'è il sito nuovo
Documento senza titolo (http://www.dhb.altervista.org)

Volevo farti alcune domande in proposito: ho letto diversi interventi di Bellucci, alcune corrispondenze dal Libano anche dettagliate e interessanti e i suoi articoli che come scrivi giustamente fanno un po di colore.

Ho notato però che non è stato pubblicato più niente sul sito ufficiale di Eurasia da diversi mesi. Ci sono stati problemi? Bellucci è un eurasiatista?
Collabora con il CPE?

Molti articoli sono sicuramente condivisibili, in particolare per le informazioni su quanto accade in Libano, altri forse un pò meno ma sostanzialmente hanno una loro logica. Visionando il sito sopracitato c'è un pò di tutto e tutto molto interessante.

Un ultima domanda: anni fa lavorava per il quotidiano Rinascita. Sai per chi lavora adesso? Con quali testate o riviste collabora? Dopo pubblico un articolo che ho trovato in internet piuttosto discutibile eurasiatiscamente però molto interessante per la mole di dati forniti. Grazie per le info.:ciaociao:

Unghern Kahn
25-07-09, 11:31
Questo è l'articolo di cui ti parlavo:


MARXISMO e GIUDAISMO



di Dagoberto Husayn Bellucci

Direttore Responsabile Agenzia di Stampa "Islam Italia"

Libero corrispondente dal Libano per TerraSantaLibera.org

Link a questa pagina :

New Page 1 (http://www.terrasantalibera.org/marxismo_giudaico.htm)







"Ogni giorno gli ebrei e la loro banca estendono il loro dominio sull'Europa e sull'illuminismo, su tutta la civiltà, ma soprattutto sul socialismo perchè sarà proprio con il suo aiuto che l'ebreo eliminerà il cristianesimo! Allora non resterà che l'anarchia e l'ebreo - padrone - portà governare il mondo!"

( Fëdor Michajlovič Dostoevskij )





"Tutte le rivoluzioni comuniste sono niente più che rivoluzioni ebraiche. Pensate, organizzate, finanziate e personalmente attuate da elementi ebraici"

(Henry Ford - "L'Ebreo Internazionale")





L'apparizione sul palcoscenico della storia mondiale dell'ideologia marxista rappresenta una delle più rilevanti questioni relative ai processi di degenerazione intervenuti nell'Europa del XIXmo secolo ed una ricognizione analitica 'doverosa' per una comprensione più approfondita delle dinamiche sovversive che hanno caratterizzato il Vecchio Continente dall'epoca dei Lumi fino ai giorni nostri.



Inevitabilmente un'analisi del marxismo dovrà tener conto sia del clima storico sia della prassi ideologica e metodologica proprie di una forza rivoluzionaria che - nel senso anti-tradizionale - si è posta fin dalle sue teorizzazioni quale autentica "contro-Chiesa" attuando un completo ribaltamento dei valori ed operando alla stregua di un virus interno alle società europee.



Al di là delle fuorvianti derive reazionarie e borghesi tipiche di una mentalità da destra beghina e neoconservatrice occorre sottolineare come l'anti-comunismo , intendendo il comunismo marxista nella sua valenza di forza anti-tradizionale e sovversiva qual'è, appartenga di diritto - e anche de facto - al nostro bagaglio culturale , ideologico e politico nonchè risulti 'coerentemente' conforme alla nostra adesione spirituale all'Islam tradizionale e rivoluzionario del compianto Imam Khomeini (che non casualmente...come 'sempre'...una volta instaurata la Repubblica Islamica in Iran soppresso i traditori e i nemici dello Stato rappresentati 'anche' dai dirigenti e militanti del Partito Comunista Iraniano o Tudeh che dir si voglia (1).... quinte colonne al servizio del Cremlino e di Mosca e nemici spietati dei valori spirituali dell'Islam come i loro padroni moscoviti) ; ciò non modifica 'ovviamente' quanto già più volte sottolineato circa l'inutilità di un'anti-comunismo senza comunismo nel Terzo Millennio e la necessità di fuoriuscire dalle logiche schmittiane della dicotomia Fascismo/Anti-fascismo esistenti nella società italiana dove al mito della "resistenza" 'partigiana' e della "costituzione antifascista" si sono andati parallelamente opponendosi il nazionalismo senza sovranità nazionale e l'anti-comunismo viscerale delle forze della destra reazionaria "a stelle e strisce".



A completamento di questo triste quadro generale si deve sottolineare infine l'errata interpretazione fatta del marxismo , in tutte le sue varianti ideologiche, da ambienti per i quali era inevitabile (...stava già nelle 'premesse'...) l'adesione più o meno 'sbracata' al moderno 'berlusconismo' imperante.... Per 'intenderci' siamo anti-comunisti prima di , senza di e meglio del "cavaliere" e soprattutto non abbiamo bisogno di 'lezioni' da chicchessia: nè dei 'revisionismi' funzionali alla Pansa e tantomeno dei "kippizzati" mea culpa dei Fini di turno...



Analizzando l'ideologia, l'esperienza storica ed alcune delle figure principali - teorici e dirigenti - dell'esperienza marxista scrivevamo diciassette anni or sono (2) di un "vero volto del comunismo" ossia dell'influenza giudaica sull'elaborazione dottrinale, la prassi propagandistica, la metodologia rivoluzionaria e la violenza politica applicate nel corso di un secolo e mezzo da tutti i capi comunisti eterodiretti dall'Internazionale Ebraica.



Dall'esperienza del movimento degli eguali di Gracco Babeuf all'ondata rivoluzionaria borghese (la rivoluzione del Terzo Stato) con Karl Mordechai Marx si passerà alla definizione di un'ideologia sovversiva e rivoluzionaria adatta al Quarto Stato , al proletariato mondiale, che elabora una teoria incentrata sul "mito" della questione sociale creazione tipicamente ebraica che, come spesso è stato ricordato, nasce da crani ebraici. Non sarà la questione sociale a generare il marxismo bensì Marx ed i suoi collaboratori ad generare la questione sociale nel Vecchio Continente dando all'idea socialista una visione messianica e atea della storia su basi economicistiche.



Marx non è mai stato un economista, tutt'al più si è occupato di merci. Premesso ciò è importante sottolineare le influenze intervenute nella vita del giovane Marx.

"Inizialmente , il futuro 'inventore' del comunismo moderno, Karl Marx (...) era un fervente cristiano, almeno stando alle sue prime opere scritte. In un tema scolastico di religione, intitolato "Unione dei fedeli con Cristo", annotava quanto segue: "L'unione con Cristo dona elevazione interiore , conforto nel dolore, tranquilla certezza e cuore aperto all'amore del prossimo, ad ogni cosa nobile e grande, non già per ambizione nè brama di gloria, ma solo per amore di Cristo". Altri scritti giovanili contengono simili manifestazioni di elogio verso i temi cristiani. Ma più avanti , durante gli studi superiori, qualcosa di misterioso trasformò il giovane Marx. Questo avvenne molto tempo prima che Moses Hess nel 1841 lo conducesse a far sue le convizioni socialiste. Un carattere fragile, in balia delle correnti di pensiero e di fede? Un avvenimento sconosciuto, un processo trasformativo sfuggito ai biografi pro e contro Marx, aveva indotto lo stesso a divenire uno strenuo nemico della religione. "Voglio vendicarmi di Colui che regna al di sopra di noi" scriveva nel poema "Invocazioni di un disperato". (...) Nel poema appena citato troviamo altre parole significative che se non risolvono l'arcano che sembrano occultare, perlomeno indicano il seme della ritorsione: "E ormai non mi rimane più che la vendetta/ Voglio costruirmi un trono sulle alture...". Sembra che il posto di Dio sia stato preso nel cuore di Marx da un altro dio, un dio di angoscia e terrore, ma ugualmente potente. (...) In un altro poema , "Il Menestrello", Marx ammette: "I vapori infernali mi salgono al cervello/ e lo riempiono finchè io divento pazzo/ E il mio cuore è completamente mutato/ Guarda questa spada/ Il principe delle tenebre me l'ha venduta". E' la confessione di una tragedia reale , interiore? Un indizio per capire meglio l'allucinante mondo 'marxiano' ci viene dal poco noto dramma giovanile intitolato "Oulanem" (che corrisponde all'inversione anagrammata del nome sacro Emanuele, il cui significato biblico è "Dio con noi"): "Egli batte il tempo e dà il segnale/ Sempre più arditamente/ io suono la danza della morte/ Ed anch'essi sono Oulanem, Oulanem/ Questo nome risuona come la morte/ poi si prolunga fino a spegnersi miseramente/ Smettete! L'ho afferrato!/ S'innalza adesso dal mio spirito/ Chiaro come l'aria, consistente come le mie proprie ossa". (3)





Ipotesi demonologiche del marxismo ne sono state apportate diverse, da numerosi autori (4) e in distinte sedi. Realtà storiche relative all'influenza di altri soggetti ebrei nella vita del Marx (anch'egli di origini giudaiche e nipote del rabbino di Treviri) anche; scrivevamo in proposito: "Fra questi colui che, non a torto, è considerato il vero padre del socialismo scientifico è senz'altro Moses Hess colui che influirà più di qualsiasi altro sulle tendenze rivoluzionarie dell'allora giovane Marx. Ebreo come Marx, comunista come Marx, Moses Hess fu - come tutti i componenti delle comunità israelitiche - un convinto razzista, esprimendo nel suo volume "Roma e Gerusalemme" (una requisitoria, serrata contro il paganesimo e il cristianesimo europei) le principali tesi che circa trent'anni più tardi sarebbero state riprese e ampliate da Theodor Herzl e dal movimento sionista. "La lotta di razza è prioritaria, dopo viene quella di classe! Il problema razziale traspare in tutti i problemi di nazionalità e libertà. Tutta la storia del passato è una lotta tra classi e razza!" (5)



L'influenza di Hess sarà determinante per l'evoluzione del pensiero del giovane Marx il quale, redattore della rivista tedesca "Rheinische Zeitung", fino a quel momento non dava alcun credito alle parole d'ordine del comunismo dell'epoca scrivendo tra l'altro che "tentativi da parte delle masse in vista di promuovere queste idee comuniste devono essere accolti a colpi di cannone non appena diventano un pericolo..." (6)



"Secondo Hess - scrive Piero Mantero (7) - sarà proprio Marx "a dare il colpo di grazia alla religione e alla politica medievali". Gearg Jung, un amico a quell'epoca di Marx, scrive: "Il dr. Marx, il dr. Bauer e L. Feuerbach s'associano per fondare una rivista teologico-filosofica. Il vecchio buon Dio farà bene , allora, a circondarsi di tutti i suoi angeli e a compassionarsi, perchè questi tre uomini l'espelleranno sicuramente dal suo paradiso e, per giunta, gli intenteranno un processo."





E' in questo periodo storico che si deve collocare la conversione di Marx al socialismo scientifico che darà i suoi frutti immondi nella compilazione del noto "Capitale" e nel "Manifesto dei Lavoratori Comunisti" i quali per il nipote del rabbino di Treviri nient'altro dovevano rappresentare che un'esca "per attirare proletari e intellettuali a quest'ideale diabolico" come sostiene il pastore protestante Wurmbrand nella sua opera.


(continua)

Unghern Kahn
25-07-09, 11:33
Il socialismo scientifico marxista resta un'utopia. Un'utopia pericolosa. Un vero e proprio grimaldello ideologico e filosofico utilizzato per decenni, a partire dalla metà del XIXmo secolo e fino a pochi decenni or sono, da una casta di intellettuali per manovrare a proprio piacimento e per i propri interessi i lavoratori e le classi disagiate, "il proletariato mondiale", chiamate alla mobilitazione permanente in vista della conquista terrena di un vero e proprio eden (...l'assalto al cielo di marxistica memoria...) presentandosi il marxismo come una sorta di nuova religione, o - per essere più esatti - come la contro-religione per eccellenza. L'ideologia marxista è avversaria di qualunque valore: nega Dio come nega lo Stato, si proclama avversaria di qualsivoglia ordine costitutivo, sul piano ideologico è ostile a qualsiasi istituzione che deve essere abbattuta in quanto espressione della società borghese da abbattere , disintegrare e sostituire da un nuovo ordine mondiale ateo, socialista, comunista.



"La verità centrale del bolscevismo è : disintegrazione dell'individuo. - scrive Julius Evola (8) - Il nuovo vangelo, che esso proclama, è l'"uomo collettivo", "l'uomo-folla", l'elemento impersonale di un ente plurimo, titanico, poliartico, arimanico, che "non ha nome" come non ha capo. La potenza ed il diritto assoluto spettano a quest'ente: a lui l'impero del futuro. Dichiarato "superiore categoria" , dinanzi a lui il singolo realizzerà lo stesso senso di inanità, che può avere dinanzi alle forze fatali della natura. E vorrà tutto questo. Distruggere dunque al titolo di un male, di un nucleo negativo, tutto ciò che nell'uomo può aver valore di autonomia e di individualità, tutto ciò che può comunque costituire un interesse staccato da questa potenza impersonale - è il compito che il bolscevismo assume come sua missione e che oggi fa oggetto di un metodo preciso, radicale e ragionato, la cui formula è : meccanizzazione, disintellettualizzazione e 'razionalizzazione' di ogni attività , su tutti i piani. (...) L'idea che il progresso possa consistere in una "cultura" in senso classico, cioè nel compito di dignificazione , di superamento interno , di sviluppo dei singoli esseri, viene derisa e respinta come il più pericoloso dei veleni dell'era borghese. Ciò che può condurre ad uno stadio superiore si ritiene invece essere una combinazione sociale esterna, meccanica, puramente cumulativa degli esseri per mezzo dell'organizzazione e del perfezionamento tecnico delle condizioni dell'esistenza materiale. Quando si tolga ogni valore alla personalità ed all'interiorità, le membra si trasformano in parti, e la loro unità deve essere appunto quella estrinseca di un meccanismo. Viceversa, la meccanizzazione è il metodo per cui ogni forma di vita può essere spersonalizzata e collettivizzata: liberata dal "male dell'Io", dall' "inutile ingombro della spiritualità" (espressioni dell'ideologia bolscevica) , essa si ridurrà ad un semplice elemento in fatale dipendenza da tutti gli altri secondo rapporti esteriori collettivi."



Il bolscevismo sovietico , massima espressione e realizzazione dell'ideologia marxista, dunque come negazione assoluta dell'uomo, dei suoi valori spirituali come della sua stessa natura umana. Nell'esperienza bolscevica russa, o per esser più chiari nel Giudeo-Bolscevismo che instaurerà un autentico Golpe Ebraico nella Russia zarista nel 1917, e nella prassi di sterminio rivoluzionario perpetrata lucidamente e fanaticamente dagli uomini della Ceka (9) e dei servizi di sicurezza sovietici - dai commissari politici comunisti come dai dirigenti del PCUS , dagli ufficiali dell'Armata Rossa come dai loro adulatori nei quattro angoli del pianeta raccolti nell'Internazionale del Comintern - è dunque ravvisabile la forma più bestiale , escrescenza infera per una collettività di sub-umani presi al cappio dai loro dirigenti giudei e dalla propaganda giudaico-marxista, di una società che sprofonda in una anarchia organizzata eretta a sistema di sfruttamento totalitario.



"L'anarchia - scrive Evola (10) - sarà l'ultima parola e i popoli diverranno gli strumenti di forze scatenate, fino a quando gli schieramenti irrazionali e materialistici fra "amici" e "nemici" staranno a determinare ogni valore e a dirigere quindi l'azione: tanto che il "nemico" , semplicemente in quanto tale, sarà l'"ingiusto" e l'"amico" il giusto." in quanto il nemico , in questo caso il Bolscevismo, non avrà parole d'ordine di lealtà nè conoscerà l'onore e - come tale - dovrà essere affrontato in tutta la sua crudele realtà ideologica prim'ancora che storica. Analizzando alcuni elementi fondanti l'esperienza giudaico-bolscevica sovietica Evola afferma:

"La personalità , per il bolscevismo, è un pregiudizio borghese. Il singolo non esiste. La realtà vera è il collettivo. Il collettivo ha il supremo diritto. Esso è politicizzato ed assume il volto dell'ultima delle antiche caste tradizionali, quello dello schiavo da lavoro: è il mondo delle masse come rivoluzione proletaria in marcia. Su questa base il bolscevismo si dichiara anti-liberale e anti-individualista. (...) L'individualismo è sorto attraverso la negazione della tradizione e della realtà sovrannaturale, epperò insieme all'illuminismo, al razionalismo e allo scientismo. Il bolscevismo conduce alle estreme conseguenze tutte queste tendenze. Esso è un umanesimo integrale e solo per questo è anche ateismo. Per il bolscevismo non esiste che la massa umana e la sua evoluzione attraverso processi sociali , economici, tecnici. Il suo Dio è l'umanità, il suo vangelo è il messianismo tecnico. (...) Il bolscevismo è totalitario. E' avversario di ogni cultura pura. Nulla deve cader fuori dallo Stato bolscevico. Le forze dello spirito debbono avere una funzione politico-sociale (naturalmente in funzione del proletariato) ovvero essere estirpate come veleni disgregatori. Con ciò si ha il capovolgimento dei rapporti gerarchici vigenti in ogni Stato normale e quindi una specie di contraffazione diabolica del principio dell'unitarietà. (...) Il bolscevismo si dichiara internazionale. Anche il concetto di patria è da esso relegato fra i pregiudizi borghesi e i fantasmi della soggettività. Di solito, come antitesi a questa attitudine viene posto il concetto di nazione. Alla rivoluzione bolscevica viene opposta la rivoluzione nazionale. Questo è un punto piuttosto delicato , che purtuttavia bisogna chiarire. Se è vero che il bolscevismo nega ogni unità definita dall'idea di nazione, è altrettanto vero che esso tende ad una forma più vasta di unità, definita da un nuovo tipo umano: il proletario comunista. Secondo la costituzione sovietica, se uno straniero è proletario comunista, egli fa parte dell'Unione dei Sovieti e gode di tutti i diritti politici e civili corrispondenti..." (11)





I tre indiscussi leader giudeo-comunisti: Marx, Engel, Lenin



Se queste risulteranno essere le premesse teoretiche e gli obiettivi del marxismo una volta realizzata la rivoluzione ed edificato uno Stato sovietico (che non sarà nient'altro che la piattaforma utilizzata dal bolscevismo per lanciare ovunque la rivoluzione proletaria mondiale) - il che porrà oltretutto il problema a livello giuridico internazionale del riconoscimento di un siffatto strumento di disintegrazione delle altrui entità nazionali - conforme invece alle premesse di sovversione e al programma di degenerazione in senso materialista sarà anche l'attività militante dei rivoluzionari "rossi".



Avevamo già sottolineato come , per lo stesso Marx e per gli altri teorici del socialismo scientifico, le rivoluzioni dei Lumi e quelle nazionali del 1848 non rappresentassero nient'altro che manifestazioni dello spirito borghese. La Rivoluzione francese e le seguenti attività agitatorio-ribellistiche a tinte patriottiche che si svilupperanno qua e là in tutto il continente europeo rientravano infatti ancora nello schema della conquista del potere da parte del Terzo Stato, nella rivendicazioni di diritti civili, nell'affermazione strumentale delle rivendicazioni su base etnico-nazionalistica dei popoli che , esperti agitatori alla Mazzini e occulti manipolatori delle differenti logge della Frammassoneria internazionale, vennero istigati a rivoltarsi in nome di "risorgimenti" essenzialmente avversi all'ancient regime e alla restaurazione delle monarchie tradizionali.



La rivoluzione sognata dai marxisti arriverà qualche decennio più tardi con l'esperienza fallimentare ma fondamentale della Comune parigina del 1871. Approfittando del disastro delle armate di Napoleone III a Sedan , sobillati dai discepoli del Marx e dai teorici dell'avvento di una società egualitaria, i ceti più poveri della capitale francese tentarono di rovesciare con un colpo di mano le istituzioni nazionali repubblicane. L'esperienza della Comune rappresentò in effetti un momento decisivo per il movimento radicale marxista in preparazione di quella Grande Rivoluzione che avrebbe trionfato cinquant'anni più tardi in Russia: inserendosi nel solco delle precedenti rivoluzioni borghesi del 1789 e del 1848 l'esperienza della comune rappresenterà la prova generale per quella "rivoluzione proletaria che l'Europa ancora non aveva conosciuto. Nella storia la rivoluzione francese è stata la prima rivoluzione della classe media borghese chiamata Terzo Stato. La Comune doveva essere la prima rivoluzione della classe proletaria (...) del Quarto Stato!" (12)





Il fallimento dell'esperienza comunarda francese - eterodiretta dalla cricca ebraico-massonica dell'Alleanza Universale Israelitica (primo esperimento "lobbistico" di chiara matrice giudaica promosso fin dal 1860 da Adolphe Cremieux) - non doveva comunque abbassarsi il livello di scontro che il comunismo intendeva portare contro tutti gli Stati e contro ogni istituzioni in particolare contro quelle monarchie assolutistiche che ancora si tenevano attorno ai principii tradizionali in particolare contro l'impero di Russia.



L'ondata rivoluzionaria (della quale ci ha lasciato un chiaro ritratto lo scrittore Dostoevskij nel suo romanzo "I Demoni") che si abbatterà contro il trono dello Zar a partire dal 1860 sarà eterodiretta da elementi giudei: "sorsero decine di organizzazioni rivoluzionarie fra cui ricordiamo la Zemlijia e Volija ("Terra e Libertà") del 1865, la Molodaja Rossia ("Giovane Russia") del 1867, l'anarchica Narodnaja Rasprava ("Giustizia Popolare") il cui "supervisore" fu il capo-popolo Nechaev. Fra tutte queste organizzazioni si distinse particolarmente la Narodnaja e Volija ("Giustizia e Libertà") creata nel 1879 dall'ebreo Nicolaj Morozov e dal suo correligionario Pavel Askel'rod. Gli ebrei che furono ai vertici di tutte queste organizzazioni (e anche delle successive che sorsero sul finire del secolo) si distinsero anche come i più temibili terroristi e i più audaci esecutori materiali dei tanti episodi di violenza che insanguinarono il paese nell'arco di quasi mezzo secolo. Per comodità ne elenchiamo qui di seguito in ordine cronologico alcuni:

9/02/1879: il principe Dimitrj Kropotkin, Governatore di Charcov, viene colpito a morte dall'ebreo Grigorij Goldemberg.

1/03/1881: lo zar Alessandro II cade vittima (dopo sette precedenti tentativi falliti) dell'attentato dell'ebrea Vera Zalusc (autrice di un altro riuscito attentato nel 1878 al governatore generale di Mosca, il generale Trepov).

La morte dello zar diede "respiro" alle attività sovversive e scatenò feroci pogrom popolari contro gli ebrei (...). La sovversione rossa comunque continuò a procreare nuove organizzazioni e nuovi nuclei armati: è del 1881 la fondazione dell'Hovezei Sion ("Amanti di Sion") , movimento nato ad Odessa, che si rifaceva apertamente all'idea biblica del ritorno in Palestina, vero e proprio precursore del sionismo di Herzl. Nel 1898 venne creato anche il Partito Operaio Social-Democratico (da cui si sarebbe scissa anni dopo l'ala bolscevica) in cui 3 ebrei figuravano fra gli uomini del direttivo (che in totale ne comprendeva 9). Nel 1900 fece la sua apparizione il Partito Social-Rivoluzionario (denominatosi anche Unione dei Socialisti Rivoluzionari), creato a Charcov dall'ebreo Andreij Zeliabov (elaboratore dell'attentato allo zar Alessandro II) del quale faceva parte una sezione combattente nata a Minsk per volere dell'ebreo Grigorij Gersuni. Di Gersuni lo storico Hugh Seton Watson dirà: "Era il massimo propugnatore e professionista del terrorismo, le cui attrattive come metodo d'azione politico furono notevolmente accresciute dopo l'uccisione del ministro dell'istruzione Bogoliepov", attentato quest'ultimo avvenuto il 14/02/1901.

Vi è inoltre da menzionare la costituzione a Vilna (Lituania) nel 1897 del movimento-partito "Bund" d'ispirazione socialista ma non "rivoluzionario" almeno secondo la stampa ufficiale, fondato dall'ebreo Julij Martov , ricco borghese, e costituito in prevalenza da elementi di razza israelitica.

Gli attentati continuarono:

1/04/1902: il ministro degli interni Sipiagin è assassinato dall'ebreo Balmasciov dell'Unione Social-rivoluzionaria;

29/07/1902: fallito attentato al principe Obelenski, Governatore di Charcov, ad opera dell'ebreo Kaciura. Due colpi vanno a vuoto, un terzo colpisce mortalmente il capo della polizia di Kiev;

6/05/1903: cade per mano ebraica il governatore di Ufa, Bogdanovic. Il leader della "Sezione combattente" Gersuni è arrestato. A lui subentrerà un altro ebreo, Evno Filipovic Azev (alias Ivan Nicolaievic alias Valentin Kusmic);

29/07/1903: una bomba dilania il ministro degli interni, von Pleve. I due attentatori sono gli ebrei Egor Sazonov e Lebib Sikorski.

Nel 1903 Theodore Herzl (il fondatore del Sionismo) , in visita a San Pietroburgo, incontrò il ministro delle finanze, conte Sergeij Vitte, dal quale si sentì pronunciare le seguenti testuali parole: "Ci sono 7 milioni di ebrei tra i complessivi 136 milioni di cittadini russi eppure, tra gli aderenti ai partiti rivoluzionari, essi hanno ruoli di spicco e sostanzialmente rappresentano il 60% della loro forza!".

Una rivelatoria dichiarazione che trova conferma anche nella costituzione del Direttivo della stessa "Sezione" del Partito Social-Rivoluzionario: Azev presidente, Dora Billiant, Boris Mossejenko (alias Opanass), Maxmilian Schweitzer collaboratori strettissimi di Azev, Boris Savinkov teorico e successivamente ministro della guerra del foverno Kerensky (1917)." (13)



E che massiccia, asfittica diremmo, sarà la partecipazione di elementi ebrei alla rivoluzione che si andava preparando e che porterà Lenin alla realizzazione del golpe ebraico del novembre 1917 risulterà chiaro anche dai 'numeri' relativi alla presenza ebraica in seno ai primi organismi direttivi della neonata Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche.

Unghern Kahn
25-07-09, 11:34
Il socialismo marxista era conosciuto , e bene, in tutta Europa come un autentico virus rivoluzionario da calpestare , bloccandone il contagio prima di una sua possibile estensione (come di fatto avverrà nei confronti dell'URSS immediatamente dopo la prima guerra mondiale quando le potenze europee crearono una sorta di cordone sanitario in funzione anti-sovietica isolando anche diplomaticamente questa creatura demoniaca partorita e fuoriuscita da crani ebraici, progettata e realizzata da altrettanti crani ebraici e vero agente sovversivo in mano all'Internazionale Ebraica).



Giuseppe Prezzolini scriverà nel 1903 su "Il Regno" parlando del socialismo quale prodotto dello spirito ebraico: "nato, nelle sue teorie, da menti di stranieri per razza e per nazione; da ebrei e da tedeschi...duro, astruso, noioso alle menti italiane..." composto "...da un'armata minoranza , audace di grida e vorace nei suoi desideri, fatta di rifiuti d'uomini e di spostati, di avvocati senza clientele, di persone losche che nulla hanno da perdere." mentre Giovanni Boine, undici anni dopo, gli faceva eco dalle colonne de "Il Resto del Carlino" sottolineando come "Borghese o proletario che sia, banchiere o venditore ambulante di cerini, in fondo ad ogni ebreo fermenta ed è pronto a scoppiare lo sconfinante rivoluzionarismo che gli ha permesso cent'anni fa di uscire dal ghetto.".



Analisi spregiudicatamente profetica quella del giornalista del quotidiano bolognese che solo tre anni più tardi, in pieno conflitto mondiale, vedrà l'alleanza tra i rivoluzionari bolscevichi e i banchieri ebrei occidentali (14) abbattere il trono dello zar ed instaurare il primo Stato socialista della storia:l' URSS.



Un'alleanza, quella tra finanza ebraica occidentale e il "capitalismo di Stato" sovietico , che avrebbe retto per oltre settant'anni alle intemperie di un conflitto mondiale ed all'apparente ( ...le 'apparenze' spesso ingannano...) confronto con il centro del capitalismo mondiale (Wall Street) del quale l'URSS diverrà l'alter ego e un concorrente solo apparente: Mosca e Washington si spartiranno le spoglie dilaniate e i resti laceri dell'Europa fuoriuscita a pezzi dall'assalto concentrico del Giudeo-Capitalismo occidentale e dal Giudeo-Bolscevismo orientale. Senza il sostegno tecnico e militare degli statunitensi l'Armata Rossa staliniana sarebbe stata spazzata via dalle truppe dell'Asse nel volgere di una stagione così , analogamente, il capitalismo di stato sovietico non sarebbe sopravvissuto senza i traffici e l'apertura alle multinazionali capitaliste occidentali come nitidamente posto in luce in tutta la sua complessità dal volume di Charles Levinson (15) che , fino alla seconda metà degli anni settanta del secolo scorso, evidenzia la sinergia tra capitale multinazionale d'Europa e di Stati Uniti e dirigenti del Cremlino.



Alcune considerazioni in merito al presunto anti-ebraismo del Maresciallo Stalin, sovente soggetto di dibattiti revisionistici e peraltro argomento di un'opera (16) di chiara impronta sionista tesa a demonizzare la figura del dittatore sovietico, solo per sottolineare come il capo del Cremlino avesse - durante gli anni Venti/Trenta - contratto tre matrimoni tutti con soggetti femminili di razza ebraica...



In merito all'influenza esercitata dall'elemento ebraico nella storia dell'URSS - dalla sua costituzione fino alla scomparsa di questo monolitico impero della sovversione mondiale - si consulti il volume/intervista realizzato dall'ebreo Guido Valabrega, recentemente scomparso ed ex docente presso l'Università di Bologna nonchè creatore ed animatore del Gruppo di ricerca sul Medio Oriente contemporaneo di Milano, al Generale ebreo sovietico David Dragunsky nel quale sono rivendicate le conquiste ebraiche nei territori dell'ex URSS , il ruolo agitatorio-terroristico di elementi giudei nella preparazione della "Grande Rivoluzione del '17", la questione dell'enclave giudaica del Birobigian (Birobidzan), il ruolo degli ebrei nella "guerra patriottica" anti-fascista lanciata da Stalin nel '41, la partecipazione politica e culturale nonchè la libertà di culto e di professare la propria fede per le comunità israelitiche nell'ateissima terra dei Soviet.



Riconosce il Generale Dragunsky che "...nell'Urss ognuno può esprimere liberamente la sua fede e che lo Stato non classifica i cittadini secondo la posizione nei riguardi della religione (...non ovviamente i cittadini di razza o religione ebraica ... ndr), ricorderò che vi sono più di 90 sinagoghe sparse nel Paese con una varietà di partecipazione molto marcata: mentre a Novosibirsk, Kuybiscev, Leningrado o Mosca la percentuale dei credenti sul totale degli ebrei del posto va dall'1 al 3 per cento, in Georgia o a Bukhara nell'Asia centrale la percentuale dei praticanti sale al 18-20 per cento." (17)



Rivelatoria ammissione di un particolare trattamento di riguardo rispetto al culto ebraico mentre nella stessa Urss i credenti, ortodossi o cattolici o islamici, venivano pesantemente perseguitati, soppressi i loro luoghi di culto e sicuramente non godevano di simili privilegi. Motivo sufficientemente valido per confermare una specialissima relazione tra Giudaismo e Bolscevismo.



Infine sottolineiamo quì , a dare ulteriore validità a quanto affermato in merito alla relazione privilegiata tra Giudaismo e Bolscevismo, a conferma di quanto detto sul ruolo preponderante degli elementi ebraici nell'avvento della Rivoluzione sovietica le parole con le quali il futuro Duce d'Italia, Benito Mussolini, allora direttore del quotidiano "Il Popolo d'Italia" commentò l'instaurazione di un regime dei soviet nella Russia:

"Se Pietrogrado non cade, se Denikin segna il passo gli è che così vogliono i grandi banchieri ebraici di Londra e di New York, legati da vincoli di razza con gli ebrei che a Mosca come a Budapest si prendono una rivincita contro la razza ariana che li ha condannati alla dispersione per tanti secoli. In Russia vi è l'ottanta per cento dei dirigenti dei soviets che sono ebrei...La finanza mondiale è in mano degli ebrei. Chi possiede le casseforti dei popoli, dirige la loro politica. Dietro i fantocci di Parigi, sono i Rothschild, i Warburg, gli Schiff, i Guggenhein i quali hanno lo stesso sangue dei dominatori di Pietrogrado e di Budapest. La razza non tradisce la razza. Il bolscevismo è difeso dalla plutocrazia internazionale. Questa è la verità sostanziale. La plutocrazia internazionale è controllata e dominata dagli ebrei." (18)





Ora qualcuno tra i 'tanti' , 'soliti' , denigratori potranno chiedersi il motivo per il quale è stato stilato questo articolo sulla natura, le origini dottrinarie e l'evoluzione politica del Marxismo... premesso che l'anti-comunismo senza l'anti-giudaismo non ha alcun 'senso' il che non ci 'arruolerà' ad honorem in alcun Partito delle Libertà nè porrà mai sotto l'ala 'protettrice' di qualche consorteria giornalistica (peraltro controllate tutte, nessuna esclusa, da soggetti giudei o giudaizzanti) ...noi sottolineiamo come - al di là delle legittime, efficaci e 'circostanziate' provocazioni politiche (da Che Guevara a Pol Pot) di lattanziana memoria non abbiamo niente da spartire con alcun 'destro' di qualsivoglia ideologia o colore politico e tantomeno ci potremmo mai riconoscere in una Si(o)nistra storicamente incapace di affrontare 'adeguatamente' la questione 'maledetta'.



Il marxismo - escrescenza demoniaca e sviluppo dottrinario e politico, sociale ed economico, di affioramenti sovversivi in seno alla società e alla storia europea - rappresenta una delle tante, diverse e difformi, maschere con le quali le forze dell'anti-tradizione hanno colpito il Vecchio Continente nel corso degli ultimi due secoli.



Ciò non ci impedirà mai , per esempio, di riconoscere la valenza rivoluzionaria ed il 'senso' di vettori "socialisteggianti" nelle esperienze anti-imperialiste di un Patrice Lumumba o dell'eroica resistenza anti-statunitense dei guerriglieri Vietcong. Nè d'altro 'lato' abbiamo 'bisogno' di "stampelle" militaristico-reazionarie "made in USA" ( il Cile di Pinochet, la Grecia dei Colonnelli, le esperienze da repubbliche delle banane delle giunte militar-golpiste sud-americane )o del 'supporto' cinematografico di "Berretti Verdi" per riconoscere nel Marxismo un'ideologia perversa e anti-tradizionale.



Un'ideologia per la quale , per il solo semplice "culto" della nostra persona (...c'è chi lo chiama egocentrismo...noi 'preferiamo' "dagocentrismo" ovviamente...) , saremmo immediatamente passati per le armi. Un'ideologia ed un'esperienza storica che ha negato i valori fondamentali di Razza, di Nazione e di Spiritualità ai quali abbiamo 'dedicato' una vita.... basterebbero questi 'dati' per smentire qualsivoglia nostra 'fascinazione' , più o meno 'esotica', verso il prodotto sovversivo ebraico meglio 'riuscito' del cosiddetto 'socialismo scientifico'.



Noi , utilizzando l'evoliana eterogenesi dei fini, identifichiamo nella 'valenza' di un vettore politico la sua realtà in funzione di (pro o contro) una visione metastorica che riflette la radicale dicotomia schmittiana Amico/Nemico estraendone il 'valore' dalla dicotomia Tradizione/Sovversione.



Questa ricognizione d'analisi non ci impedirà, d'altro canto, di continuare una "tradizione di famiglia" nella frequentazione 'biblica' di "compagne" - in Libano come in Occidente - ricordando quì la figura di nostro nonno paterno, Roberto Bellucci, già ufficiale della Guardia Nazionale Repubblicana in quel di Piacenza (e per questa sua adesione recluso nelle carceri della Repubblica antifascista nell'immediato dopoguerra) dove 'contrarrà' rapporti carnali con una affascinante staffetta partigiana delle Brigate Garibaldi. Onore a lui!



Nè , per ciò, ci sarà difficile sottolineare la gelida algida personalità ed il rigore politico espressi attualmente dal solo Massimo D'Alema, politico di una 'razza' in via d'estinzione e perfetto esponente di quella scuola quadri del PCI che ha rappresentato per decenni la trasposizione italiana dell'efficiente burocrazia sovietica. In 'questo' - ed 'altro' ancora - i comunisti sono d'esempio....oggi per tutti. Altro che 'berluskones' e partiti-azienda, altro che amalgame tricolor-massoniche o girotondinismi populistici alla Di Pietro.



Occorrerebbe , e anche urgentemente, in politica un rigoroso ribaltamento delle 'regole' e , soprattutto, un ritorno al passato (...Fini, Casini, Castagnetti, Bertinotti sono pallidi epigoni dei vari Almirante, Andreotti, De Gasperi, Berlinguer, Togliatti, Craxi...mutatis mutandiis l'involuzione della politica italiana è davanti a chiunque confronti gli attuali 'leader' politici con i loro predecessori...che non erano 'cime' ma che - rispetto a 'questi' - assurgono a 'vette' inesplorate di "genialità" e senso della politica...tant'é "così va il mondo/ecco com'è che va il mondo" 'canta' Franco Battiato in una sua canzone dall'omonimo titolo presente nell'album "L'Imboscata" del 1996...).



Nel film "Scarface" (magistralmente diretto da Brian De Palma e altrettanto realisticamente interpretato da Al Pacino , con una deliziosa Michelle Pfeiffer) il protagonista, Tony Montana , esule cubano anti-comunista e di lì a poco boss della malavita, dichiara:

"Io un comunista lo ammazzo anche gratis, se poi mi danno la carta verde lo sotterro pure…"

Noi 'aggiungiamo' "semplicemente"..."se pure è ebreo ci piantiamo anche un 'croce' sopra"....



DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI



Direttore Responsabile Agenzia di Stampa "Islam Italia"



Libero corrispondente dal Libano per TerraSantaLibera.org



Link a questa pagina :

New Page 1 (http://www.terrasantalibera.org/marxismo_giudaico.htm)

Unghern Kahn
25-07-09, 11:35
Note -



1 - sul ruolo e la funzione contro-rivoluzionario del Tudeh in Iran si consulti "Processo al Partito Comunista Iraniano" - ediz. Centro Culturale Islamico Europeo - Roma 1982;



2 - si vedano nostri articoli "Il vero volto del comunismo" pubblicati in due parti sul mensile "Avanguardia" di Trapani ( nr. 81 e 84 - Estate/ Novembre 1992 );



3 - Piero Mantero (a cura di) - "Satana e lo stratagemma della coda" - Ufo , Marxismo e Rock 'n 'roll armi del grande inganno soprannaturale - ediz. "Segno" - Udine 1991;



4 - si veda in particolare l'interessante volume di Richard Wurmbrand - "Mio caro diavolo - Ipotesi demonologiche su Marx e sul marxismo" - ediz. "Paoline" - Roma 1979;



5 - nostro articolo "Il vero volto del comunismo" - 2.a parte - "Avanguardia" - Nr 84 - Novembre 1992;



6 - Karl Marx - "Der Kommunismus und die Augsburger Allgemeine Zeitung" - "Die Rheinische Zeitung" - in MEGA sez. 1, vol. 1, par. 1 , p. 263;



7 - Piero Mantero - op. cit. ;



8 - Julius Evola - saggio "Americanismo e Bolscevismo 1929" nel volume "Il Ciclo si chiude - Americanismo e Bolscevismo 1929-1969" - Quaderni di Testi Evoliani nr. 24 - a cura della Fondazione Julius Evola - Roma 1991;



9 - Istituita in ottemperanza ad un decreto di Lenin del 20 dicembre 1917 la Ceka fu la prima istituzione rivoluzionaria bolscevica sovietica. Per una breve ricostruzione dei diversi organismi repressivi dell'Unione Sovietica di seguito riportiamo istituzioni e nomi dei massimi dirigenti dei servizi di sicurezza sovietici dalla loro costituzione fino alla scomparsa dell'URSS:

· - Čeka (Abbreviazione di Večeka, a sua volta acronimo del "Comitato Straordinario di tutta la Russia per combattere la Controrivoluzione ed il Sabotaggio") (in russo Всероссийская чрезвычайная комиссия по борьбе с контрреволюцией и саботажем)

· Feliks Dzeržinskij 1917 - 1918

· Jakov Peters 1918

· Feliks Dzeržinskij 1918 - 1922

6 febbraio 1922 la Čeka diventa Direzione Politica di Stato GPU, una sezione dell'NKVD della RSSF Russa.

· NKVD - "Commissariato del Popolo per gli Affari Interni"

· GPU - Direzione Politica di Stato

· Feliks Dzeržinskij 1922 - 1923

15 novembre 1923 la GPU si riorganizza nell'OGPU alle dipendenze del Consiglio dei Commissari del Popolo dell'Urss.

· OGPU - "Direzione Comune Politica di Stato" o "Ufficio Politico di Stato di tutta l'Unione"

· Feliks Dzeržinskij 1923 - 20 luglio 1926

· Vjačeslav Menžinskij luglio 1926 - maggio 1934

10 luglio 1934 l'OGPU diviene la GUGB dell'NKVD dell'URSS; l'NKVD dell'SFSR cessa di esistere.

· NKVD + GUGB - "Direzione Generale per la Sicurezza dello Stato" (Sia il GUGB sia l'NKVD sono diretti dalla medesima persona.)

· Genrikh Jagoda 1934 - 1936

· Nikolaj Ežov 1936 - 1938

· Lavrentij Berija 1938 - 1945

Il 3 febbraio 1941 il GUGB e l'NKVD sono per un breve periodo separati, poi riuniti e, nel 1943, separati ancora.

· NKGB - "Commissariato del Popolo per la Sicurezza dello Stato"

· Vsevolod Merkulov 3 febbraio - 20 luglio 1941 (l'NKGB torna a far parte dell'NKVD)

· Vsevolod Merkulov 14 aprile 1943 - 1946 (l'NKGB è di nuovo separato dall'NKVD)

18 marzo, 1946 tutti i Commissariati del Popolo sono rinominati Ministeri.

· MGB - "Ministero per la sicurezza di stato"

· Viktor Abakumov 1946 - 1951

· Sergej Ogoltsov agosto - dicembre 1951

· Semën Ignat'ev 1951 - 1953

· Komitet Informatsii (KI) - "Comitato di Informazione"

· Peter Fedotov MGB

· Fedor Kuznetsov GRU

· Jakov Malik Ministero degli Esteri

30 maggio 1947: decisione ufficiale con lo scopo dichiarato di "aggiornare il coordinamento dei diversi servizi di intelligence e di concentrarne gli sforzi sui filoni principali". Nell'estate del 1948 il personale militare del KI venne restituito all'esercito sovietico per ricostituire una sezione estera dell'intelligence militare del GRU. Le sezioni del KI che si occupavano del blocco orientale e degli emigrati sovietici vennero riportate sotto l'MGB alla fine del 1948. Nel 1951 il KI ritornò all'MGB.

5 marzo 1953: MVD e MGB vengono fuse nell'MVD da Lavrentij Berija.

· MVD - "Ministero degli affari interni"

· Sergey Kruglov Marzo 1953 - Marzo 1954

13 marzo 1954: con l'epurazione di Berija, le funzioni di polizia segreta vengono nuovamente separate dal ministero dell'interno (MVD), ma il nuovo organo indipendente non è un ministero (come era il MGB), ma un comitato, sotto il controllo del Consiglio dei Ministri. Questo assetto del KGB resterà stabile sino al 1991.

· KGB - Comitato per la sicurezza di stato

· Ivan Serov 13 marzo 1954 - 8 dicembre 1958

· Aleksandr Šelepin 25 dicembre 1958 - 13 novembre 1961

· Vladimir Semičastnyj 13 novembre 1961 - 18 maggio 1967

· Jurij Andropov 18 maggio 1967 - 26 maggio 1982

· Vitalij Fedorčuk 26 maggio 1982 - 17 dicembre 1982

· Viktor Čebrikov 17 dicembre 1982 - 1º ottobre 1988

· Vladimir Krjučkov 1º ottobre 1988 - 22 agosto 1991

· Leonid Šebaršin 22 agosto 1991 - 23 agosto 1991 (facente funzioni)

· Vadim Bakatin 23 agosto 1991 - 22 ottobre 1991

Dopo che il Comitato per l'Emergenza di Stato fallisce nel rovesciare Gorbačëv e Boris El'cin prende il controllo, il generale Vadim Bakatin riceve l'ordine di sciogliere il KGB.



Per una breve bibliografia sui servizi di sicurezza sovietici si veda:

a) Le purghe staliniane. I processi di Mosca (1936) e l' eliminazione della vecchia guardia bolscevica.
EDIZIONI PROMETEO. MILANO. 1997 STRUMENTI DI BATTAGLIA COMUNISTA N¡ 4

b) ANDREW Christopher GORDIEVSKIJ Oleg
La storia segreta del KGB.
RIZZOLI. MILANO. 1991

c) BECK e GODIN (pseudonimi)
Confessioni e processi nella Russia sovietica.
LA NUOVA ITALIA. FIRENZE. 1953

d) BROSSAT Alain
Agenti di Mosca. Lo stalinismo e la sua ombra.
ED DEDALO. BARI. 1991

e) CACCAVALE Romolo
Comunisti italiani in Unione Sovietica. Proscritti da Mussolini soppressi da Stalin.
MURSIA. MILANO. 1995

f) FRESCAROLI Antonio
La GPU y la NKVD. La alucinante historia de la represion bolchevique.
EDITORIAL DE VECCHI. BARCELONA. 1971

e) HERLING Gustav
Un mondo a parte.
LATERZA. BARI. 1958

h) LEHNER Giancarlo, con Francesco BIGAZZI
Carnefici e vittime. I crimini del Pci in Unione Sovietica.
A. MONDADORI. MILANO. 2006

i) LUCINI Marcello
Ghepe. Storia della polizia segreta sovietica.
BIETTI. MILANO. 1974

l) POLO Max
Storia delle polizie segrete in URSS.
EDIZIONE FERNI. GINEVRA. 1972

m) RAYFIELD Donald
Stalin e i suoi boia. Una analisi del regime e della psicologia stalinisti.
GARZANTI. MILANO. 2005

n) Aa.Vv. - "Il libro nero del comunismo" - ediz. "Mondadori" - Milano 1998;





10 - Julius Evola - "Fenomenologia della sovversione - L'antitradizione in scritti politici del 1933-70" - ediz. "SeaR" - Borzano (Reggio Emilia) 1993;



11 - Julius Evola - ibidem;



12 - Malinsky - "La Guerra Occulta" - ediz. di "Ar" - Padova 1980;



13 - nostro articolo - "Il vero volto del comunismo" (2.a parte) - "Avanguardia" nr 84 - Novembre 1992;



14 - in merito ai finanziamenti delle banche ebraiche d'Occidente alla rivoluzione giudeo-bolscevica di Lenin si consulti , tra gli altri, di Pierre de Villemarest - "A l'ombre de Wall Street - Complicitès et financements sovièto-nazis" - ediz. "Godefroy de Bouillon" - Francia 1996;



15 - Charles Levinson - "Vodka-Cola" - ediz. "Vallecchi" - Firenze 1978;



16 - Louis Rapoport - "La Guerra di Stalin contro gli ebrei" - ediz. "Rizzoli" - Milano 1991;



17 - David Dragunsky/Guido Valabrega - "Ebrei e sionismo" - ediz. "Teti" - Milano 1986;



18 - Articolo di Benito Mussolini apparso su "Il Popolo d'Italia" in data 4 Giugno 1919 e riproposto da Giovanni Preziosi nell'introduzione dal titolo "Il Genio" al suo volume "Come il Giudaismo ha preparato la guerra" - ediz. "Tumminelli" - Roma 1939;

Lupo
18-08-09, 18:09
Dalla prigione di Rumieh, la più grande del Libano, è evaso, nel corso della scorsa notte un detenuto siriano-palestinese.
Con lui hanno tentato la fuga altri sette detenuti che però sono stati ripresi.
Militante islamico, Taha Ahmad Haji Sleiman aveva avuto un ruolo importante negli scontri del 2007, che videro di fronte i militanti di Fatah Al-Islam e l'esercito di Beirut.
E' caccia grossa all'uomo in tutto il Libano.


BEIRUT 2009 CACCIA AL LUPO
http://img529.imageshack.us/img529/4708/beirutrumieh.jpg

msdfli
18-08-09, 22:23
Dalla prigione di Rumieh, la più grande del Libano, è evaso, nel corso della scorsa notte un detenuto siriano-palestinese.
Con lui hanno tentato la fuga altri sette detenuti che però sono stati ripresi.
Militante islamico, Taha Ahmad Haji Sleiman aveva avuto un ruolo importante negli scontri del 2007, che videro di fronte i militanti di Fatah Al-Islam e l'esercito di Beirut.
E' caccia grossa all'uomo in tutto il Libano.


ma cosa centra con bellucci? cmq l'articolo sul bolscevismo ebraico..mah

Lupo
19-08-09, 07:41
Non c'entra niente avevo sbagliato dove postarlo.
Chiedo venia.
Se qualche moderatore lo cancellasse insieme a questo e quello di msdfli quì in mezzo sarebbe meglio.

msdfli
21-08-09, 19:39
Talvolta bellucci esagera. Anche alla riunione sansepolcrista cerano ebrei ma che vuol dire...una cosa è il potere massonico espresso in maniera continuativa in usa e albione da almeno 3 secoli ma il bolscevismo giudaico proprio no

Unghern Kahn
22-08-09, 18:48
Talvolta bellucci esagera. Anche alla riunione sansepolcrista cerano ebrei ma che vuol dire...una cosa è il potere massonico espresso in maniera continuativa in usa e albione da almeno 3 secoli ma il bolscevismo giudaico proprio no

Premesso che avevo domandato solo un parere su quell'articolo e richiesto alcune notizie (la mia è pura curiosità) su Bellucci sono fondamentalmente d'accordo con te e anche con lo scritto di Anton Hanga.

Credo pure io che Bellucci abbia esagerato così come spesso esagera Maurizio Blondet nelle sue analisi complottistiche. Il problema secondo il mio punto di vista è che stiamo parlando di due giornalisti che si muovono su piani diversi ma con una certa somiglianza metodologica e non potrebbe essere altrimenti essendo tutti e due esponenti di ambienti indottrinati dal fideismo assoluto e totalizzante (il cattolicesimo tradizionalista Blondet e l'Islam sciita Bellucci).

Sicuramente questa loro adesione religiosa incide in modo profondo sui loro articoli, saggi e volumi. Il complottismo antiebraico per fare un esempio è una delle costanti di entrambi ed è sintomatico che ci siano così profonde affinità tra la visione di un cattolico tradizionalista come Blondet e un mussulmano come Bellucci che vive nella realtà sciita libanese (ho visto alcuni suoi recenti articoli da Beirut di qualche settimana fa su Italia Sociale). Personalmente non intendo fomentare nessuna polemica (è vero che talvolta gli scritti di Bellucci sono piuttosto esasperati e radicali talvolta un pò deliranti come ha rilevato Sito Aurora anche se non mi è sembrata molto più moderata neppure la sua risposta) anzi non capisco perchè ogni occasione sia spesso valida per alimentare casino (come è capitato anche per la discussione sull'ultimo numero di Eurasia sulla Palestina).

Detto questo magari sarebbe opportuno utilizzare il materiale valido di cani sciolti e battitori liberi come sono i vari Blondet, Bellucci e quanti altri e respingere semplicemente quanto di spurio e non eurasiatista prodotto.

Unghern Kahn
22-08-09, 19:00
Comunque sottolineo che sia Bellucci che Blondet sono probabilmente tra i pochi autori in circolazione vicini alle tesi eurasiatiste.

msdfli
22-08-09, 19:11
Analisi perfetta ungern. I pezzi di bellucci sull islam shiita sono da collezzione. Anke blondet lo definirei quasi nazicattolico. Però spesso ci prende.

Unghern Kahn
22-08-09, 19:25
Analisi perfetta ungern. I pezzi di bellucci sull islam shiita sono da collezzione. Anke blondet lo definirei quasi nazicattolico. Però spesso ci prende.

Blondet ci prende quando resta all'analisi dei fatti e dei loro possibili sviluppi immediati, direi che spesso sbaglia quando pretende che frizioni o momenti di tensione portino inevitabilmente a conflitti immediati (penso a quante volte ha annunciato attacchi militari americani o israeliani contro l'Iran venendo smentito poi puntualmente).

Anche Bellucci qualche volta ha fatto previsioni errate come nel caso delle ultime elezioni libanesi (anche se ammetto che l'intera stampa mondiale pensava che Hezbollah vincesse facilmente).

A proposito di quello che hai riportato sul Fascismo delle origini sansepolcriste e la presenza di ebrei ai vertici del Pnf ti faccio notare che proprio Bellucci ha scritto un saggi ("Italyà: ebrei e lobbies ebraiche in Italia" ediz. Effepi) nel quale dedica un intero capitolo al ruolo svolto dall'ebraismo nel movimento fascista. L'ho comprato a marzo e mi sembra che sviluppi in poco più di sessanta pagine una valida analisi nella direzione che indicavi (anzi mi pare proprio che, da quanto letto, non si possa nemmeno parlare di adesione ideologica al fascismo dell'autore molto critico anche sulle leggi razziali del 1938).

:ciaociao:

Unghern Kahn
22-08-09, 19:31
La domanda che mi ero posto, e che sorge mi pare anche da queste nostre battute, è quanto un Bellucci - Blondet no, mi sembra non abbia mai collaborato attivamente con "Eurasia" almeno credo forse mi sbaglio ma non ricordo di averlo mai visto inserito tra i collaboratori - possa essere definito eurasiatista e quanto le sue idee siano convergenti con la visione eurasiatista (a-dogmatica, scientifica, rigorosa e non ideologica). Anche perchè altrimenti non capirei la presenza di questa discussione su questo forum.

Anton Hanga
22-08-09, 19:44
La differenza e' che Bellucci collabora(va) con la rivista Eurasia, Blondet no (e non solo perche' non ha tempo, ma per certi versi e' anti-Eurasia, ma qui e' troppo lungo da spiegare).

E' ovvio che Bellucci non e' un "ideologo" dell'eurasiatismo, lui si occupa di altri campi, ma del resto per collaborare alla rivista Eurasia non e' richiesta "purezza ideologica" vista la linea che persegue e poi francamente non capisco tutti questi dubbi e polemiche su Bellucci, quando per la rivista hanno scritto e scriveranno personaggi che non sono assolutamente eurasiatisti (ma il cui contributo e' stato giudicato utile o importante).

Spetaktor
22-08-09, 20:20
Anche perchè altrimenti non capirei la presenza di questa discussione su questo forum.

La discussione su questo forum nasce dalla necessità di dare visibilità a scritti ed analisi che altrimenti trovano poco spazio su altri canali.

Unghern Kahn
22-08-09, 21:32
La differenza e' che Bellucci collabora(va) con la rivista Eurasia, Blondet no


poi francamente non capisco tutti questi dubbi e polemiche su Bellucci, quando per la rivista hanno scritto e scriveranno personaggi che non sono assolutamente eurasiatisti (ma il cui contributo e' stato giudicato utile o importante).

Intanto ti ringrazio perchè almeno mi hai risposto. Quindi se ho ben capito non collabora più con "Eurasia" questo spiega per quale motivo non ci sono più suoi scritti sul forum.

Dubbi personalmente non ne ho. Seguo con interesse il dibattito eurasiatista e le diverse anime che mi sembra fanno parte dell'eurasiatismo (da Mutti a Preve da La Grassa a Braccio) Tutti molto preparati e danno interessanti resoconti sulla situazione geopolitica internazionale.

Polemiche casomai le hanno aperte altri a me interessava soltanto sapere cosa pensavate di quell'articolo. :ciaociao:

Unghern Kahn
22-08-09, 21:33
La discussione su questo forum nasce dalla necessità di dare visibilità a scritti ed analisi che altrimenti trovano poco spazio su altri canali.

Ci credo! :D:D

Lupo
29-08-09, 18:02
'DIATRIBE' EURASIATISTE .....
(....'TEMPO PERSO'....)
di Dagoberto Husayn Bellucci

"Ma s' io avessi previsto tutto questo, dati causa e pretesto, le attuali
conclusioni credete che per questi quattro soldi, questa gloria da stronzi,avrei scritto canzoni;
va beh, lo ammetto che mi son sbagliato e accetto il "crucifige" e così
sia, chiedo tempo, son della razza mia, per quanto grande sia, il primo che ha studiato..(...)
Voi critici, voi personaggi austeri, militanti severi, chiedo scusa a vossia,
però non ho mai detto che a canzoni si fan rivoluzioni, si possa far poesia;
io canto quando posso, come posso, quando ne ho voglia senza applausi o fischi:
vendere o no non passa fra i miei rischi, non comprate i miei dischi e sputatemi addosso... "

( Luca Carboni/ Francesco Guccini - "L'Avvelenata" - album "Musiche Ribelli"
- 2008 )

"Mi piace il metal e l'r'n'b
ho scaricato tonnellate di filmati porno
e vado in chiesa e faccio sport
prendo pastiglie che contengono paroxetina
Io non voglio crescere andate a farvi fottere"

( Baustelle - "Charlie fa sport" - album "Amen" - 2008 )

Le polemiche, specialmente quelle 'forumistico-computatorie', lasciano il tempo che trovano...se dovessimo star dietro a tutti gli 'scarabocchi' circolanti nella 'rete' di, su e contro la nostra persona probabilmente passeremmo la 'vita' a 'stilare' (...la 'conta' del nulla...) lo 'sciocchezzaio enciclopedico' ...oceani di inchiostro buttati nel nulla...
Tant'è proprio perchè non meritorie di alcuna attenzione queste polemicuzze da due soldi non meriterebbero considerazione alcuna...nè in effetti ne hanno...ci stiamo semplicemente togliendo uno 'sfizio' (...non è neanche un 'sassolino' anche perchè se cominciamo con i 'sassolini' finisce con una autentica Intifadah....)...
Vale la pena rispondere a polemiche di siffatto basso profilo? No assolutamente. Ma, come direbbero a Roma e 'dintorni', "quanno ce và ce và" e del resto pensiamo che sia un atto 'dovuto' ...verso noi stessi! Stiamo diventando i migliori sostenitori e i primi sfegatati "ultrà " della nostra persona e, 'piaccia' o meno (...al di là dell'approvazione o disapprovazione 'altrui'...), i nostri irriducibili propagandisti...'Bastiamo' e 'avanziamo' abbondantemente da soli....
Abbiamo 'atteso' (...tempi 'conformi'...) che arrivassero 'segnali' che, ne eravamo assolutamente 'certi', non sono 'giunti' quindi - nella più assoluta certezza di stare facendo ciò che deve essere fatto - ci assumiamo la nostra 'difesa d'ufficio'...
Vediamo 'dunque' di che si tratta: sul forum di Politicainrete nella sezione "Eurasiatisti" sono presenti, tra le altre, alcune discussioni relative alla nostra persona, 'frutto' di iniziative di soggetti che si ritenevano, o 'palesavano', nostri 'sodali' o quantomeno 'affini' alla personalissima "weelthanshauung" di cui siamo 'portatori' (...'peggio', molto peggio, di qualsivoglia virus, malattia venerea o altro 'oggetto' di 'trasmissione' microbica...chi c'"incoccia" è fregato'...) ovvero alla visione del mondo, della vita e della 'politica' intesa come arte dell'impossibile. 'Evidentemente' si sbagliavano ('loro')...come si sono 'sbagliati' in 'tanti' prima di loro...

Tutto, e tutti, devono essere 'sottoposti' a ferrea 'selezione' (...e pochi 'passano' l'esame...diciamo che in 'media' arrivano 'giusto giusto' agli 'ottavi' di finale un pò come l'Inter in Champions League...'vedremo' quest'anno...noi diciamo che, vista la 'concorrenza' madrinista barcellonista e quella 'british' se andrà 'bene' a Mourinho riuscirò di portare la sua 'sgangherata' squadra ai quarti...di più non 'va'...poi, come si 'dice', il "pallone è rotondo"....per chi ci 'crede'...il Livo senza Diamanti ci pare un 'cavallo azzoppato' in procinto di iniziare il Palio di Siena...unica, modesta, consolazione resta il fatto che il fuoriclasse amaranto abbia raggiunto i 'lidi' londinesi del West Ham...unico 'team' britannico al quale vanno le nostre 'simpatie' calcistiche...per il resto in Europa c'è solo il Real...la più grande squadra di tutti i tempi...) ....e visto che quà a Beirut siamo stati 'abbondantemente' 'esaminati' non vediamo perchè non 'concedere' identico trattamento a quanti, 'sventurati', incroceranno i loro destini con il nostro...

La 'prova del nove' come si usava a scuola. 'Antiche' consegne lattanziane (..c'abbiamo 'imparato' l'"abc" della politica., quella con la 'P' maiuscola per 'intenderci', quasi un ventennio or 'sono' alla 'scuola di Popoli' ...e, giocoforza, sono 'insegnamenti' che tornano sempre 'fuori' quando 'serve'...) sempre valide e sempre attuate con 'successo' (...sarà per questo che "ancora una volta ho rimasto solo" canta il grande Don Backy...la qualcosa, sia detto per inciso, non ci sposta di un millimetro neppure il pacchetto di Muratti Ambassador 'faticosamente' recuperato nel Libano meridionale dopo anni di 'astinenza' ...) perchè nel percorso di milizia politica come nella vita abbiamo imparato che "mai dire mai"...niente si crea, tutto si trasforma, nulla si distrugge...anche nelle 'relazioni' interpersonali... (...ha 'ragione' Laura Pausini..."per scontato non do/ niente di quel che ho"...superlativa...) niente è 'scontato'...e nessuno merita 'confidenza' ..(...il Grande Guascone di Popoli ci aveva preliminarmente avvertito fin dal primo 'incontro'....una gelida serata di gennaio di quasi diciassette anni or sono, nebbia e nevischio in un paese arroccato, tra lupi e montagne, sull'appennino abruzzese...e ululati in 'lontananza'...un bel 'biglietto da visita' quello presentatoci dal Signore del Vortice...il quale ci 'insegnò' questa 'regola di vita' ..."Io non mi fido di nessuno, non fidatevi di me"....
Lattanzio non si 'fidava' e faceva 'bene'! Abbiamo imparato la 'lezione' quindi, 'giocando' abilmente sui e con i sentimenti, le idee e le 'percezioni' altrui ci 'divertiamo da tempo al collaudamento antropologico dei nostri interlocutori e, 'anche' - se non soprattutto -, delle nostre interlocutrici.... (...'maree' di parole buttate là a 'casaccio'...quando'serve'...e 'serve' quasi sempre...).

Ma veniamo al 'contendere' che altrimenti questa 'replica' rischia di trasformarsi in un'osanna nell'alto dei cieli del nostro smisurato 'ego' ...('sappiamo' di essere 'dagocentrici' oltre ogni 'limite'...e ce ne compiaciamo abbondantemente...è probabilmente la nostra principale 'occupazione' da diversi anni... siamo dagolatrici indisponenti verso chiunque...).

'Dicevamo' di un forum e di discussioni relative alle nostre ricognizioni scrittorie nella terra di nessuno della contemporaneità post modernista... 'Evidentemente' affatto 'gradite' a qualcuno, maltollerate da altri e minimamente 'percepite' dai più...i 'restanti' non ci sono!

Premesso che, in forma privata, abbiamo già richiesto la cancellazione delle discussioni in questione, la chiusura di un "sito personale" gestito da 'terzi' ai quali abbiamo 'delegato' la pubblicizzazione dei nostri scritti e preso le 'distanze' dagli ambienti eurasiatisti con i quali abbiamo interagito fino a qualche mese or sono (...il 'distacco' era comunque 'presente' fin dall'estate di un anno fa...sia fisicamente che idealmente...'mondi lontanissimi'...); occorre - per 'completezza' e anche soprattutto per chiarezza nei loro e nei nostri confronti - una replica che sarà , 'stupefacentemente', 'moderata' e 'tollerante' com'è consuetudine e come appartiene al nostro 'stile'....

Ci si potrà domandare se ne valga la 'pena'....diciamo che tutto ha un senso e tutto appartiene a 'traiettorie' insondabili di milizia... Anche il presente 'scritto'....soprattutto il presente scritto.

Un soggetto autonominatosi forumisticamente "SitoAurora" alias Alessandro Lattanzio (...di Lattanzi ne abbiamo conosciuto 'uno' e ci 'basta e avanza'...non c'à 'confronti' possibili....) già redattore del trimestrale "Eurasia" e collaboratore del Coordinamento omonimo (...mai 'visto' peraltro alle non rare iniziative alle quali abbiamo partecipato...riunioni, conferenze, presidi...- da Carmagnola a Magenta, da Trieste a Ghedi passando per Modena - 'dov'era' il 'soggetto' in questione? mah...'misteri' eurasiatisti...dei quali francamente ci interessa meno di zero...) non avendo evidentemente nient'altro di meglio da fare e 'indispettito' da un nostro articolo "Giudaismo e Marxismo" nel quale rilevavamo le profonde affinità ,...'dicasi' pure la filiazione giudaica del "socialismo scientifico", tra l'anima cosmopolita ebraica e l'internazionalismo marxista e sottolineavamo (... che 'novità ' oltretutto...neanche fosse un'inedito...'riprendeva' quanto già scritto sul mensile "Avanguardia" diciassette, leggasi "17", anni or sono...almeno sapeste leggere...) come la "rivoluzione bolscevica" del mezz'ebreo Lenin (e della sua cricca di ebrei...entourage 'kippizzato' a dovere rappresentasse nient'altro che un Golpe Ebraico contro la Russia zarista.

Tant'è il 'forumista' S.A. dev'essersela proprio presa a male...(...in cinque mesi di 'permanenza' su quel forum ha, a malapena, 'collezionato' poco più di una conquantina di interventi...Noi, sulla vecchia POL, ne 'kazzeggiavamo' non meno di cinquemila al giorno...perchè i forum servono a 'questo' ...'cazzeggio' e nient'altro...) per uscire dal suo anonimato forumistico e 'vergare' una inconcludente, inutile e sterile 'polemica'...oltretutto a distanza di cinque, leggasi cinque mesi, dalla pubblicazione dell'articolo in questione (si 'vede' che è uno 'sveglio').

L'esordio del 'nostro' (che dicesi "militante comunista"...vabbè..'contento' lui...à in ottima 'compagnia'...a forza di dar ragione ai comunisti si finisce per diventarlo....e c'à chi fra gli eurasiatista ha preso la 'via sinistra'....e non parliamo di Tantra...onestamente è un problema che non ci riguarda...) è di quelli da 'cornice': "Sorvolando sullo sciocchezzaio e il cumulo di deliri, che rassomigliano abbastanza NON stranamente ai pamphlet anticomunisti dei Sogno e dei Pacciardi, che almeno sapevano bene quale padrone servivano." (..anche Noi S.A....'anche' noi...non preoccupartene ....XImo comandamento...è 'meglio').

"L'esaltata accoglienza che DHB - prosegue S.A. - riserva alla frase del piccolo mafioso cubano riguardo i comunisti (Cubani, Castristi, ecc.) fa suscitare un dubbio: oltre alle teorizzazioni basate su 'studi' unilaterali, che nel caso più moderato sono 'blondettiani', c'è capacità di capire i fatti, i rapporti di forza reali, insomma la dura realtà ?".
Certo che c'è volontà di 'capire'...e abbiamo 'capito' di avere dinanzi un perfetto imbecille...che evidentemente oltre a 'scribacchiare' articoli geostrategici e di armamenti non sa, non vuole o non 'riesce' -probabilissimo - a 'intendere'... Premesso che nel menzionato articolo Maurizio Blondet non è stato minimamente nominato...che se anche citassimo l'autore di un capolavoro qual'è "I Fanatici dell'Apocalisse" (oltre ad altri lucidi e indiscutibili volumi di attualità e politica internazionale) sarebbe senz'altro molto più 'edificante', 'intelligente' ed 'istruttivo - nonchè funzionale - di qualsivoglia scritto 'alessandrolattanziano'...ci risulta 'monotona' e affatto nuova la sottolineatura cinematografica sul film "Scarface"....e l'accusa di "piccolo mafioso".... (....ce ne ricorda, 'stranamente' che 'caso' ...il caso non esiste ... altre rivolte proprio a Hizb'Allah...provenienti da tutt'altri 'ambienti'...uando si dice 'convergenze pericolose'...).
Che dobbiamo 'replicare'? Che ci piace un film? Mah...

Marxisticamente indottrinato il nostro 'prosegue' e - vedi un pò che 'strano' - non trova di meglio che 'prendersela' con il sito personale a noi dedicato
...."Che senso ha ciarlare di Geopolitica se poi si ci presenta con questo biglietto da visita?". Già ...che 'senso' potrà mai 'avere'? Quali occulti misteri nasconderà questo sito? Chissà mai chi e quali 'finanziatori' occulti e centri studi strategici atlantico-sionisti si 'annideranno' dietro a questa iniziativa? 'Domanda' ai tuoi 'sodali' S.A. e poi chiediti perchè sei così 'intelligente'!
A proposito di 'ciarlare di geopolitica' se ti 'interessa' saperlo - su quel sito peraltro se ne 'accenna' - abbiamo anche 'tenuto' in piedi uno 'spazio' dedicato alla Geopolitica in una rubrica su di una tv locale modenese in periodi non 'sospetti' (fra il novembre 2001 e il marzo 2003) quando ancora "Eurasia" non esisteva...Se 'permetti' - ma anche se non permetti che non cambierebbe proprio un beneamato cazzo di niente - 'ciarleremo' ogni qualvolta ci 'andrà' anche di Geopolitica...come di calcio, fumetti, piante aromatizzate, musica, pornografia, dischi volanti, apparizioni mariane e 'bidibibodibibò'...arti 'magiche'...
Prosegue S.A. : "Insomma, non solo il 'nemico' riesce a dare ai suoi avversari (presunti), come strumento di lettura i suoi capolavori hollywoodiani (tra l'altro malinterprentandoli per un acuto analfabetismo ideologico - Kleeves dove sei?), ma Israele, in questo caso, ha anche il colpo di culo di avere un avversario (presunto), che è pronto a scatenare una guerra civile in Eurasia, e più modestamente, in Medio oriente." ....allelujaaaaaaaaa (in 'ebraico' ..tzè...) è arrivato lo 'svelto'...
Ce ne ricorda un altro.... 'Vedi' S.A. dove stiamo Noi non gliene frega un cazzo a nessuno dell'Eurasia forse perchè, sia detto chiaro e tondo anche per l'ultimo dei cerebrolesi, quà si fa sul 'serio' ...non ci sono 'pippe intellettual-ideologiche' e fantapolitica da 'vendere' come fumo o 'favole' geostrategico-politiche alle quali 'aggrapparsi' miseramente per 'esistere a sè stessi'.
Quà si vive costantemente "sotto assedio". Sai cosa 'significa' o te lo dobbiamo 'spiegare'? Hai presente la 'diffidenza' come 'arte' e il camuffamento come 'mestiere'? Hai presente il 'dire e non dire', parlare senza parlare e 'agire' quando serve? 'Pensiamo' che potresti 'arrivarci' anche da solo...'forse'.
Ma S.A. non 'finisce' là e prosegue: "In Libano, il buon Dagoberto che farebbe? (..i 'cazzi nostri'.. ti basta? o vuoi i 'dettagli'?..)
Visto che ci sono dei marxisti, quindi degli infetti, dei virus giudeo bolscevichi da bonificare, diciamo così, 'rambianamente', hollywoodianamente, scatenerebbe la caccia e la soppressione del Partito Comunista Libanese, ovvio.
Quindi l'evoliano Dagoberto vedrebbe con occhio avido un bel massacro intralibanese tra PCL, Hezbollah e Amal. Presumo cià dal suo succitato scritto 'arditesco'."
Premesso che Hzb-Amal-PCL attualmente sono alleati nel fronte nazionalpatriottico ....se ti 'interessa' saperlo ('studia' invece di 'cianciare' cazzate) vieni da queste parti e prova a chiedere in 'giro' - tra i militanti comunisti (che conosciamo 'bene'...specialmente 'le militanti') - cosa successe durante la guerra civile libanese...'vedrai' che 'sorpresona'... ci 'resti' male!
'Amal - ma anche Hzb - fecero letteralmente tabula rasa dei compagni libanesi...all'epoca...vai a Sidone e 'dintorni' e 'domanda'...
Ma una cazzata evidentemente al 'buon' S.A. non poteva 'bastare' e quindi 'continua' e scrive: "E siccome mi risulta che in Siria ci sia al governo un Partito Comunista, dovrei dedurre che la foia derattizzante anti-giudeocomunista dovrebbe travolgere anche Damasco; una bella guerra civile tra le forze antimperialiste in Medio oriente. Ma non solo!"
E invece pisci fuori! E anche di brutto:
1° Perchè al potere a Damasco c'èil Ba'ath che tutto è fuorchè 'comunista' (...vero è che il PC siriano fa parte del raggruppamento di partiti governativi a 'lato'...diciamo pure 'sotto' , molto 'sotto'...del Ba'ath...ma contano come il 2 di coppe con briscola a bastoni...'provaci' a 'vincere' la 'mano'...),
2° La fobia antigiudeocomunista....dovrebbe travolgere gli imbecilli perchè è l'imbecillità il peggiore dei mali.
3° Una bella guerra civile tra le forze antimperialiste.... 'Ancora' con questo cazzo di "antimperialismo"....Ci hanno insegnato che "l'anti-imperialismo senza anti-sionismo è una cazzata interplanetaria e che l'anti-sionismo senza anti-giudaismo è una cazza cosmica"...Basta? Diciamo di si!
S.A. non 'contento' ancora delle 'due' 'perle' sopracitate prosegue: "Il bel Pacino, che ha conquistato il cuore di Dagoberto, l'ha anche conquistato a una lotta condotta contro l'America Latina (Farc, Bolivarismo) non solo dagli USA, ma anche da Israele (mercenari dello Tsahal in Colombia), lì l''hezbollah' Dagoberto si metterebbe a 'mettere croci' sui giudeocomunisti contadini colombiani delle Farc, spalla a spalla con gli ex veterani dello Tsahal.
Mi immagino il plauso di Nasrallah..."Complimenti! Una bella sequela di cazzate ...miscelanea di non sensi...e ti 'spiego' perchè:
a) Il bel Pacino non ha conquistato un beneamato cazzo, magari Michelle Pfeiffer se proprio 'dobbiamo'...
b) l'America Latina ti 'pare' un perimetro geopolitico dove operi Hizb'Allah?Vediamo di non 'confondere' per il gusto di 'confondere'... c) sappiamo più e meglio di te chi sostiene chi...e chi aiuta chi in America Latina come altrove...e difatti abbiamo sempre sottolineato - e lo 'sai' perfettamente anche se 'fingi' di cadere dal pero (o forse ci sei caduto e devi aver preso una bella 'botta') - la nostra solidarietà a Chavez e alle altre forze anti-imperialiste dell'area.
C'è bisogno di continuare o ci 'arrivi' da solo? Perchè il 'dubbio' mi resta...
"Sicuro sarebbe l'applauso - scrivi ancora - di scorsese il cui film, probabilmente, è stato finanziato dalla lobby giudeo-capitalista di Hollywood...".
Della serie "non ho capito un cazzo ma qualcosa devo pur scriverla"... Hai presente cos'è una 'boutade', una 'provocazione'...probabilmente no! "A proposito di giudeocomunismo - prosegue S.A. nella sua 'arrabattata' polemica nei nostri confronti - (o giudeobolscevismo come direbbero i 'veri' nostalgici), visto che Putin proviene dal KGB (Spada e Scudo del PCUS), sarebbe infettato dal virus disgregante/dissolutorio antiumano del giudeo-comunismo; per non parlare dei cinesi. Perciò Mosca, Pechino, magari Belgrado... diverrebbero oggetto di una crociata da parte di un eventuale 'Dagobertistan'.
Insomma, una guerra civile 'Eurasiatica'. Arriverebbe di certo il plauso di
Washington/TelAviv.
E già mi immagino Nasrallah respingere con sdegno nauseato i missili anticarro russi (infettati dal virus giudeo-comunista di Putin), che hanno permesso a Hezbollah di battere lo Tzahal..."
'Vediamo' se è 'vero'.... Ti 'rispondo' frase per frase: Giudeobolscevismo: ne parlavano Adolf Hitler, Giovanni Preziosi, Julius Evola e tutti i principali
Capi delle Rivoluzioni Nazionali Europee prima, durante e dopo la 2.a Guerra Mondiale! Ti 'dispiace' proprio così 'tanto'? Affaracci tuoi! Perchè Noi non abbiamo niente da spartire con alcun giudeo...'conosciamo' anche il 'gioco' dei due 'compari giudei'... Te lo 'conosci' S.A.? Scommettiamo di no!
"Silvestro ed Evaristo" ....giudeo 'destro' e giudeo 'sinistro'.... E la 2.a Guerra Mondiale fu una guerra dell'Europa dell'Ordine Nuovo Fascista e Nazionalsocialista contro l'Internazionale Ebraica di 'destra' (capitalistico-plutocratica statunitense-britannica) e di 'sinistra' (comunistico-sovietico russa).
Se 'poi' la 'storia' me la vuoi insegnare te e chiunque altro fai 'pure'...A Noi bastano e avanzano gli scritti di Preziosi... e i "Protocolli dei Savi Anziani di Sion" i quali sono documento programmatico 'vero' (...fattelo 'spiegare' da Mutti...magari ha 'titoli' per salire in 'cattedra' e darti lezioni di antigiudaismo..) redatto da ambienti ebraici in tempi non sospetti e 'profetizzanti' l'avvento della rivoluzione giudeo-bolscevica del 1917... O no? Oppure Henry Ford scriveva cazzate perchè c'è un "sitoaurora" qualsiasi al quale non 'va'? 'Vedi' S.A. non c'era solo Churchill e i 'democratico-plutocrati' a 'temere' l'espansionismo sovietico e l'esportazione della rivoluzione giudeo-bolscevica al di fuori dei confini sovietici...c'erano anche, soprattutto 'diremmo' ...in prima linea ....'squadrismo' e 'azione'..., i fascisti e i nazionalsocialisti! C'erano le camicie nere e quelle brune.
E c'erano Hitler e Mussolini, Codreanu in Romania e Szalasy in Ungheria...e tanti tanti altri che armi in pugno hanno dato la vita per fermare i focolai bolscevizzanti 'accesi' dal Comintern in tutta Europa tra le due guerre mondiali.
Ma 'questo' ti riuscirà proprio 'indigesto'....allora ti 'consigliamo' la 'rilettura' (o la lettura qualora non ti sia stato fornito dalla casa editrice All'Insegna del Veltro che pensiamo dovrebbe averlo in 'distribuzione')del quaderno curato dalle edizioni Barbarossa di Joachim Bochaca intitolato "La storia dei vinti" ...primo fascicolo...quello appunto sul "Comunismo russo"...'illuminante'...
O dobbiamo 'darti ragione' per forza? O ci 'arrivi' da solo a 'capire' che non siamo, non saremo, non potremmo mai essere in alcun modo "bolscevizzanti"?Non ci 'riusciamo' proprio....L'hai 'capito' S.A.? Ci arrivi a capire che - al di là di Sogno e Pacciardi e ben prima di loro - ci furono Dostojievski, Nilus, Preziosi, Hitler, Mussolini e tanti ma proprio tanti che riconoscevano nel Bolscevismo nient'altro che una escrescenza ideologica giudaica?
Un cancro! Una peste! E un'ideologia che ha 'bellamente' prodotto il bivacco protestatario-modaiolo sessantottino, la liberalizzazione ad oltranza di tutto e del suo contrario, la disintegrazione di qualsivoglia sorta di valore etico e morale....ecc ecc...
A te 'fregherà ' poco...del resto che razza di 'comunista' saresti? A Noi interessa eccome vedere, al di là della 'genealogia' (...crani ebraici da Marx-Mordechai alla stragrande maggioranza dei dirigenti comunisti dell'URSS...e del resto dei PC 'sparpagliati' in ogni dove...) e delle formulazioni teoriche (...l'assalto al cielo, la dittatura del proletariato, il socialismo scientifico...'complimenti' per le 'realizzazioni'...), soprattutto la 'direzione' del vettore politico: e quello marxista e si(o)nistra si 'vede' abbondantemente da chi fosse eterodiretto.
Ma veniamo al 'resto'...Putin proviene dal KGB. E dunque? Magari non te ne sei accorto ...'solo te' ...ma si chiama Federazione di Russia oggi...quindi tirati da solo 'conclusioni' e pure due sputi in faccia! La Cina è comunista - 'tanto' comunista e 'compagna' di Mosca che difatti 'agì', a partire dagli inizi degli anni Sessanta e per tutto il decennio successivo del secolo scorso, in stretta sintonia con le politiche statunitensi di strangolamento della vecchia URSS conducendo un'azione di 'pressione' ai fianchi meridionali dell'Eurasia ...si 'vede' proprio la "solidarietà inter marxistica" 'funzionava'...- e difatti non ci 'crediamo' 'troppo'...anche perchè, se non l'hai capito, i cinesi utilizzano strumentalmente l'ideologia marxista unendola, da almeno un ventennio, ad un 'rampante' ed 'efficace' nazionalismo ....
Scrivi ancora (cos'è la 'sagra' dell'idiozia?) : "Mosca, Pechino e magari Belgrado diverrebbero oggetto di una eventuale crociata da parte di un 'eventuale' Dagobertistan".... C'hai un 'culo' che nemmeno ti 'immagini'...Mica mi fermerei lì...Premesso che 'magari' prima ci sarebbero Washington, Londra e Tel Aviv da 'sistemare' e questo 'basterebbe' e 'avanzerebbe' per invecchiare 'lavorando' certamente qualora riuscissimo nella formulazione 'magica' di 'alchimie' antropologiche idonee alla fabbricazione di 'automi' 'radiocomandati' punteremmo a 'dirigere' e governare uno Stato ....il quale sarebbe un'entità conforme a una visione 'univoca' ovvero retto 'dagocraticamente', autoritariamente e 'puntato' contro chiunque inframisto ai nostri piani espansionistico colonizzatori: 'riapertura' immediata dei campi concentrazionari (...e siccome ci vogliamo pure rendere la vita 'difficile' inizieremmo a 'concentrare' , in primis, gli imbecilli...un lavoro 'immane'...perchè l'imbecillità 'abbonda') e, per dirla con il 'buon' 'vecchio' 'caro' Beppe Tritoni/Ugo Tognazzi ..(un Grande del cinema italiano) del film "Vogliamo i colonnelli" - capolavoro post-golpe Borghese di Mario Monicelli che 'disegna' un lucido spaccato sulla realtà dell'estremismo di destra degli anni in questione -, "abolizione delle chitarre!".
Indovini da te chi ha 'parlato' per primo della tecnologia bellica di provenienza russa utilizzata da Hizb'Allah durante l'aggressione sionista dell'estate 2006? C'eri? No! Non c'eri. L'hai 'vista' in tv....quindi facci il sacrosanto piacere di startene almeno zitto!
Dulcis in fondo....l'ulteriore cazzata. Scrive S.A.: "Infine, il buon Dagoberto, quando si esalta pensando alle migliaia di militanti della sinistra, disgregatrice/dissolutoria iraniana, eliminati durante i primi anni della rivoluzione khomeynista, dovrebbe ricordarsi che a dirigere quella repressione furono personcine come Moussawi&Co. Le stesse persone che un paio di mesi fa hanno tentato una rivoluzione colorata a Tehran. Una 'rivoluzione' ispirata dall'amministrazione Obama, che comprende più esponenti sionisti oltranzisti di quella di Bush II."
Rileggiti l'intervista concessa dall'Imam Khomeini (...o 'buttiamo' anche quello? è già mica era marxista Khomeini? O hai 'arruolato' anche l'Imam tra le file dell'Internazionalismo Bolscevizzante? 'saresti' un 'genio'...) a Oriana Fallaci e 'vedi' come la Guida della Rivoluzione Islamica e fondatore della Repubblica Islamica dell'Iran parla dell'MKO, dei comunisti iraniani del Tudeh e della "sinistra americana".
A 'ordinare' - che è quello che 'conta' casomai - quella repressione fu l'Imam Khomeini! E questo ci basta e avanza! Perchè ....perchè Gott Mit Uns è 'stilema' di battaglia! Perchè l'Iran se non lo 'sai' te lo 'dico' io si chiama "Repubblica Islamica" ...non Kampuchea Democratica (a proposito 'onore' a Pol Pot...vediamo che cosa mi 'racconterai' 'dopo'....) e il 'signor Moussavi' che tiri in ballo 'vale' oggi e valeva anche 'ieri' meno di zero: sai cos'è un "Waly Faqih"? Ne 'dubito'!
Su questo soggetto, strumento dell'imperialismo statunitense, ti 'ricordo' il 'grido' di battaglia dei basijh-pasdaran i Guardiani della Rivoluzione che a Teheran, nelle scorse settimane, hanno ripulito le strade e piazze della capitale dall'immondezzaio 'agit-prop' arancio-sionista americano ...Bokoshes Kafarè ...."Ammazza l'ateo!"...ti 'piaccia' o 'meno'.... I Basijh ....'meglio' di 'rotowash'! Efficienza e pulizia rapide rapide!
Indipendentemente dalla serie di paraplegiche 'critiche' 'aurorifiche' noi affermiamo l'imprescindibile valenza metafisica e metastorica della Tradizione Primordiale nelle sue difformi manifestazioni: Razza, Patria e Fede.... 'chissà ' se ci 'arriverà ' da sè il 'comunista' S.A. o dobbiamo 'spiegargli' anche l'inconciliabilità di queste 'categorie' con tutto il 'ciarpame' marxisteggiante?
Non deliri S.A. ma - casomai - 'coerenza'. Anche a costo di pagarla 'cara' e suscitare altrui disapprovazioni pure tra i tanti che ci hanno 'avvicinato'.
Ti poni, infine e per concludere, questa 'sacrosanta' domanda: "Dagoberto ci fa o c'è. Insomma, o non è così giudeofobico come dice, oppure lo è 'fin troppo'.".
Hai 'proprio' ragione....ora però 'scusaci' che è passato il "27" ...giorno di 'paga'...devo andare a 'ritirare' lo stipendio che mi 'gira' il Mossad ì nel Libano meridionale... Venticinquemila giudeuri al mese...case e palazzi affittati, ville con piscina e viste panoramiche in ogni dove, a Modena poi abbiamo direttamente 'acquistato' la Ghirlandina (sai cos'è? ah no...'dimenticavamo' tu sei "comunista" quindi "ateo" e in Chiesa non 'vai'...trattasi della torre campanaria del Duomo cittadino...) , la Maserati, la Ferrari (...Montezemolo è solo una 'copertura' ovviamente... e la Fenech una tantum ci 'sollazza' per 'sport'...sai com'è "gallina vecchia fa buon brodo"...) e pure la Lamborghini mentre - prossimamente -intendiamo aprire una nuova catena di "fast food", 'cibo' all'"ameregana" (...."dez 'ameregan boi" ...Sordi inarrivabile..) .."basura made in USA" 'dicono' in America Latina..., tra Haifa e Tel Aviv ....'prelibatezze esplosive'....oppure in Svizzera - la terra dei banchieri....ci staremmo 'bene'...avremmo solo l'imbarazzo della 'scelta'...in quale banca entrare?...."rapinare o non rapinare questo è il problema".... - esattamente, un posto ovviamente a 'caso', nella cittadina di 'Sion' che 'suona' così 'bene' ...
Abbiamo 'pronto' anche il nome della nuova 'multinazionale' alimentare ... dopo il McDonalds per la 'gioia' di grandi e piccini, per il palato di signore
e signorine...arriva il "McDago"....'suona' bene no? 'Strano' che non mi hai 'citato' Eva Henger....ce la 'sbatto' (metaforicamente, solo'metaforicamente' si 'capisce') io...Come si dice, gli idioti si incontrano, o , in questo caso, fra 'sodali' vi 'capirete'..Fattelo 'spiegare' da Spetaktor!
Addio S.A. Abbiamo già perso anche fin troppo tempo a risponderti, ma -
visto che ne avevamo da buttar via e siamo pure in Ramadan (ti è andata di 'culo'...siam stati 'buoni')- come si suol dire a Modena e 'dintorni' (casa mia per 'capirci') ..."tanto va la gatta al lardo che ci viene...lo zampone!" "...E quindi tiro avanti e non mi svesto dei panni che son solito portare/ ho ancora tante cose da raccontare per chi vuole ascoltare e a culo tutto il resto!"

DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI
Direttore Responsabile Agenzia di Stampa "Islam Italia"
da Nabathiyeh (Libano Meridionale)

Lupo
29-08-09, 18:14
Hai 'proprio' ragione....ora però 'scusaci' che è passato il "27" ...giorno di 'paga'...devo andare a 'ritirare' lo stipendio che mi 'gira' il Mossad ì nel Libano meridionale... Venticinquemila giudeuri al mese...
Quando torni e ci dovessimo incontrare all'ombra della Ghirlandèina spero tu mi possa offrire una pizza là dietro la Sinagoga che la fanno buona...con tutto quello che guadagni te lo puoi permettere...:D

Spetaktor
29-08-09, 18:23
avevo deciso di entrare nella discussione tra Bellucci e Lattanzio, ma dopo questo "articolo" ho capito di aver fatto bene a starmene zitto.

Detto ciò vorrei puntalizzare che il "sito personale" non è stato "delegato" da chicchessia, semmai è stata una mia idea ed è stato gestito da me fin dall'inizio, senza nessuna delega.

I dissapori tra me e l'articolista sono dovuti diverse interpretazioni riguardo al suo articolo "incriminato" Giudaismo e Marxismo, rivolte in privato.
Come si può immaginare, nulla di personale!
Dopo le critiche l'"articolista" ha risposto con un'"idiota" pubblico.
Questo per far capire i "toni" di questa polemica dagocentrica (ma d'altronde lo ammette anche lui).

Anton Hanga
29-08-09, 19:25
Non riesco francamente a capire il senso di tutto ciò... :gratgrat:

Spetaktor
30-08-09, 00:22
Non riesco francamente a capire il senso di tutto ciò... :gratgrat:

sarebbe anche da capire il perchè di questo post.

msdfli
31-08-09, 19:08
Come diremmo da noi dalle nostre parti...

MA IKKE C'E' ???

I forum stanno diventando dei luoghi dove si va ad offendersi e guardare gelosamente agli affari altrui.

Ecco perchè funzionano soltanto i totalitarismi: è l'unica forma politica in grado di mettere d'accordo le persone.
Questione di animo umano.

Scusate la trista interruzione.

http://dansemacabre.files.wordpress.com/2008/09/grim_reaper.jpg

Unghern Kahn
03-09-09, 19:21
Come diremmo da noi dalle nostre parti...

MA IKKE C'E' ???

I forum stanno diventando dei luoghi dove si va ad offendersi e guardare gelosamente agli affari altrui.

Ecco perchè funzionano soltanto i totalitarismi: è l'unica forma politica in grado di mettere d'accordo le persone.
Questione di animo umano.

Scusate la trista interruzione.

http://dansemacabre.files.wordpress.com/2008/09/grim_reaper.jpg

'azz! C'è venuto su un bel casino! :conf::conf:

Possibile non riuscire a evitare sempre queste polemiche? :chefico:

Credo che msdfli abbia centrato il problema: i forum di discussione politica sono oramai spazi per l'offesa generalizzata. Sarà triste l'interruzione però riflette una realtà. :ciaociao:

Unghern Kahn
04-09-09, 08:53
Ieri non ho avuto il tempo sufficiente per un commento completo. Devo innanzitutto ammettere che trovo quantomai inutili e controproducenti queste polemiche: non pensavo di alimentarne pubblicando l'articolo sul Giudaismo e il Marxismo nè mi è sembrata normale la reazione alquanto eccessiva di Sito Aurora alla sua pubblicazione.

Premesso che neanche la risposta di Bellucci mi trova d'accordo completamente vorrei sottolineare gli eccessi compiuti dall'una e dall'altra parte: settarismo, posizioni dogmatiche, ostentazione di sè, accuse di complottismo dall'una e repliche ironiche dall'altra parte. Ci sono caduti entrambi sia Sito Aurora che DHB. Vorrei quindi invitare tutti e due a cessare qualunque altra polemica pubblica.

Per quanto riguarda Sito Aurora che vedo essere un valido collaboratore di Eurasia e il curatore di un ottimo sito di geostrategia e politica internazionale la sua reazione è a dir poco scorretta nel metodo e,come fatto notare, sicuramente non sufficientemente sorretta da dati ed informazioni genuine. La replica di DHB mi sembra vada nella direzione di una chiusura netta con gli ambienti eurasiatisti che conferma però quanto era già emerso cioè che i suoi articoli su questo forum - tranne qualche scritto sul mondo arabo e corrispondenze dal Libano - non avessero nessuna attinenza nè rilievo con la visione eurasiatista.

Ecco il motivo per cui ho richiesto come mai fosse presente una discussione, prolungatasi anche troppo a quanto vedo e che già in passato ha suscitato altrettante polemiche, dedicata ai suoi scritti.

Chiudere definitivamente, come peraltro richiesto dallo stesso autore, la discussione non sarebbe forse più corretto?
A questo punto penso stia alla moderazione decidere.

Lupo
23-09-09, 17:15
ACCAMPAMENTO SIONISTA IN TERRA SANTA E QUESTIONE EBRAICA

LA GIORNATA MONDIALE DI AL QODS CONTRO L'OPPRESSIONE SIONISTA DELLA
PALESTINA

di Dagoberto Husayn Bellucci


"L'ebreo resta ebreo qualunque sia la nazionalità con la quale si rivesta.
L'ebreo resta ebreo qualunque sia il suo credo politico. L'ebreo resta ebreo
perfino quando si fa cristiano. Mentre d'altra parte il cristiano o l'islamico
che abbracciassero la fede ebraico non per questo potrebbero diventare o
considerarsi ebrei..."

( Giovanni Preziosi )


Tra gli 'appuntamenti' rituali che da trent'anni accompagnano la vita del
mondo islamico la Giornata di al-Qods (Gerusalemme la Santa) , terza città santa dell'Islam e luogo simbolo per la Cristianità usurpata dal regime d'occupazione sionista, merita alcune considerazioni di rilievo ed una ricognizione d'analisi che offra l'esatto significato che riveste questa Città Sacra per tutti coloro i quali, ispirati da sentimenti di fraterna tolleranza e solidale riconoscimento reciproco di identità non necessariamente contrapposte
(Islam e Cristianità hanno a lungo tempo collaborato e per molti secoli
l'interscambio di cultura e di 'direttive' di 'vita' è stato florido e ha
garantito equilibrio, stabilità e periodi di pace tra le due sponde del
Mediterraneo....mare nostrum di un 'tempo'...condiviso tra Europa e Mondo Arabo-islamico ...sicuramente non 'perimetro geostrategico' per le politiche criminali atlantico-sioniste nè centro delle manovre colonial-terroristiche del bivacco criminale sionista sulla Palestina), sapranno indicare 'nuovi orizzonti' e sinergie d'azione contro i veri responsabili dell'instabilità e della destabilizzazione regionale del Vicino Oriente: i massacratori di Tel Aviv.

Proclamata solennemente trent'anni or sono dall'Imam Sayyed Ruhollah Musavi al Khomeini (che Allah lo abbia in Gloria) , Guida spirituale e politica della Rivoluzione Islamica e Fondatore della Repubblica Islamica d'Iran, la Giornata mondiale di Qods Ú il grido degli oppressi e dei diseredati della Terra contro l'arroganza, i soprusi, le violenze ed i crimini esercitati impunemente e nel silenzio complice delle superpotenze d'Oriente e d'Occidente dall'entità criminale sionista contro i legittimi abitanti della Terra Santa palestinese: cristiani e musulmani arabi di Palestina; vittime innocenti delle strategie di
colonizzazione esercitate fin dall'inizio del XX° secolo dal movimento
sionista, realizzate all'indomani della seconda guerra mondiale, autentica guerra d'aggressione ebraica contro l'Europa dell'Ordine Nuovo, e proseguite fino ai giorni nostri nella pressochè pi completa indifferenza della cosiddetta "comunità internazionale".

L'occupazione sionista della Palestina iniziò storicamente fin dalla fine del XIXmo secolo - periodo nel quale furono create le prime colonie ebraiche in Palestina , veri e propri avamposti sovversivi sionisti - progredendo attraverso la confisca fraudolenta di territori e aree spesso 'rapinate' da emissari occulti dell'Internazionale Sionista ai legittimi proprietari arabo-palestinesi e successivamente strutturandosi attraverso il mandato britannico in quel dispositivo paramilitare d'aggressione che, nella primavera del 1948, avrebbe portato i sionisti ad occupare in breve tempo gran parte del territorio
facendo ricorso al terrorismo, allo stragismo e ad un piano cinico e spietato di spoliazione e disintegrazione dell'identità nazionale palestinese.

"Molto - scrive il "Collettivo Palestina" della Fondazione Internazionale
Lelio Basso per il diritto e la liberazione dei popoli nell'introduzione al
volume dedicato alla "Nakba" palestinese (1) , la Tragedia, la Catastrofe,
dell'aprile '48 - è stato scritto sulla creazione dello stato d'Israele, poco,
invece si sa delle circostanze che hanno accompagnato tale evento,
generalmente, anzi, si tende a dimenticare la nakba, la tragedia
dell'espulsione del popolo palestinese dalla sua terra. I coloni sionisti
venuti dalla lontana Europa, sorretti dalle grandi potenze dell'Occidente,
avevano in effetti un progetto preciso, quello di costruire "un bastione della civiltà occidentale contro la barbarie asiatica" (Theodore Herzl). Un progetto che non teneva in nessuna considerazione i diritti degli abitanti originari del paese.
Il conflitto in Palestina, cui l'Inghilterra ha dato inizio nel 1917, è
ancora aperto e rappresenta tutt'oggi una minaccia alla pace e alla sicurezza di tutta l'area Mediterranea.".

Parole che, a distanza di oltre vent'anni da quando furono scritte, suonano
tanto più vere in quanto l'oppressione e l'arroganza con la quale i sionisti hanno macchiato di sangue la Terrasanta palestinese non sono affatto diminuite:
se durante le guerre arabo-israeliane del 48-49, 56, 67 e 72 i criminali dalla stella di Davide hanno razziato in lungo ed in largo i confini storici della Palestina, annettendosi progressivamente l'intera Palestina storica, porzioni di Egitto (con l'occupazione tra il 72 e il 79 della penisola del Sinai) di Siria (permane oramai dal 67 l'occupazione/annessione delle alture del Golan siriano) e del Libano (attualmente la presenza militare sionista nelle fattorie di She'eba è monito rivolto contro l'esecutivo libanese e la Resistenza
Islamica del paese dei cedri); a cominciare dagli anni Ottanta andrà a prendere sempre più consistenza l'idea di allargare ulteriormente i mai stabiliti 'confini' dell'occupazione per raggiungere il mai dimenticato 'sogno' di creare l'Eretz Israel , la Grande Israele di biblica memoria "dal Nilo all'Eufrate".

Dopo l'aggressione contro il Libano dei primi anni Ottanta e la permanenza di una "fascia di sicurezza" occupata stabilmente a sud del fiume Litani da "tsahal" = l'esercito d'occupazione sionista e dai suoi alleati dell'E.L.S. = Esercito di Liberazione del Sud (rinnegati libanesi al servizio d'"Israele" agli ordini del maggiore Lahad) - occupazione mantenuta fino al 25 maggio 2000 giorno della liberazione del sud , del ritiro unilaterale sionista e della vittoria della Resistenza libanese; i sionisti hanno lanciato 'saltuariamente' nuove guerre d'aggressione sia contro il popolo palestinese sia contro il vicino popolo libanese.
In tutta onestà possiamo riconoscere nella lotta contro il comune nemico sionista di Hamas e delle formazioni della resistenza palestinese, come in Hizb'Allah e in quelle che sostengono il diritto inalienabile della Resistenza Islamica libanese di mantenersi in armi a difesa dei confini meridionali; una identica battaglia condotta su un idea identico, comune, fronte del rifiuto a "Israele" e alle sue pretese di espansionismo e controllo terroristico dell'intero Vicino Oriente.

Gaza come Beirut due anni e mezzo dopo. La Striscia di Gaza (porzione
irrilevante della Terra di Palestina amministrata dal movimento islamico di Hamas) come i quartieri meridionali della capitale libanese, la Beka'a e il sud del Libano sciite....Una stessa tragedia, una stessa battaglia di resistenza, una stessa volontà di non arretrare dinanzi al terrorismo dal volto satanico di un leviatano che ha stampigliato sui propri stracci nazionali la stella di Davide, sigillo d'infamia e disonore di un intero popolo di occupanti e assassini.

Luglio-agosto 2006 il Libano sotto assedio resiste. Hizb'Allah risponde colpo su colpo e , dopo 33 giorni di fuoco, ottiene la vittoria divina, vittoria della volontà di un popolo di non piegarsi e di un movimento di mantenere alta la bandiera della Resistenza.

Dicembre 2008-gennaio 2009 Gaza sotto assedio resiste. Hamas difende le posizioni davanti all'incedere cingolato del mostro sionista venuto nuovamente a divorare terra e ad offrire in 'olocausto' al suo dio-geloso , il dio dell'Antico Testamento, esclusivista e razzista - patrimonio e riferimento 'spirituale' del popolo del Libro, dei figli di Sion, di una comunità che si ritiene l'orologio della storia e il motore escatologico del mondo intero - al quale "Israele" deve offrire costantemente in sacrificio nuovo sangue dei poveri, stolti e 'stupidi' (così come 'identificati' dal Talmudismo e dal Cabalismo dell'ortodossia ebraica che rappresentano l'autentica anima di "Sionne") goiym = i non ebrei...'bestie da soma, animali impuri ed escrementi" ....l'odio atavico del Giudaismo contro l'intera umanità non ebraica rasenta indicibili vette di disprezzo e deliranti 'visioni' di dominio universale.

Ieri come allora "Israele" ha mostrato il suo volto, il suo vero volto (...
del resto anche l'unico che ha...)...un rostro mostruoso che si alimenta e vive di una sconfinata volontà di dominio planetario, di quell'utopia messianica che impone ai discendenti della stirpe di Abramo di distruggere, in nome di controvalori 'spacciati' per 'dottrine religiose', disintegrare e annullare qualunque identità non ebraica.

Per comprendere l'odio ebraico verso il resto dell'umanità non ebraica (...il mondo intero al servizio di Sion...) occorre riferirci una volta di più alle parole del maestro di anti-ebraismo avuto dal'Italia fascista durante il Ventennio mussoliniano, Giovanni Preziosi, il quale con lucidissima analisi scriverà : "Voglio qui riassumere, a guisa di "punti", i termini della questione
ebraica così come da "La Vita Italiana" è stata sempre compresa. E' Wickham Steed e non solo "La Vita Italiana" che dice: "Nessuna persona sia scrittore o uomo politico o diplomatico, può dirsi matura finchèš non abbia affrontato a fondo il problema ebraico". Per venti anni io non mi sono stancato di affermare e dimostrare questa grande verità agli italiani; e continuerà a farlo con la stessa tenacia, senza odio e senza rancore.
I "punti" fondamentali del problema ebraico come lo vedono quanti lo hanno studiato a fondo, possono così riassumersi:
1) Ebrei fedeli alla loro tradizione ve ne sono molti, più di quanti si supponga e si lasci supporre. In buona parte questa fedeltà concerne
un modo di essere. L'azione di una legge, osservata ininterrottamente per secoli, non si dissipa dall'oggi al domani; essa ha creato un tipo, ha dato forma a determinati istinti, ha enucleato uno specifico comportamento: l'ebreo della tradizione.
2) Esiste ed opera una Internazionale ebraica. Per riconoscere l'esistenza di questa Internazionale non è necessario ammettere che
tutti gli ebrei siano diretti da una vera e propria organizzazione mondiale e che tutta la loro azione obbedisca, consapevolmente, ad un piano. Il collegamento esiste in gran parte già in funzione di una "essenza" e di istinto. E' un fatto che dall'azione degli ebrei nei campi più disparati - dalla scienza alla finanza, dall'arte alla letteratura alla psicologia e alla sociologia - sorgono risultati dissolutori e sovvertitori, che convergono sempre e singolarmente negli stessi effetti.
3) Gli ebrei sono d'accordo nell'affermare l'immutabilità e l'inalterabilità di questa "essenza". L'ebreo resta ebreo qualunque sia la nazionalità con la quale si rivesta. L'ebreo resta ebreo qualunque sia il suo credo politico. L'ebreo resta ebreo perfino quando si fa cristiano. Mentre d'altra parte il cristiano o l'islamico che abbracciassero la fede ebraico non per questo potrebbero diventare o considerarsi ebrei...Tutto ciò viene dichiarato nel modo più esplicito dagli esponenti dell'ebraismo, ed anche recentemente ho prodotto, nel riguardo, documenti ebraici inequivocabili.
4) La razza, nell'ebreo, è lungi dall'essere un puro dato biologico e antropologico. La razza è la legge. Questa, intesa come una forza formatrice dall'interno e in un certo senso perfino dall'alto,
nell'ebreo fa tutt'uno con quella.
5) La legge non è nella sola Bibbia. E' un grosso errore pensare che l'ebraismo finisca con l'antico Testamento, questo fa tutt'uno col Talmud che, come il nome dice, viene concepito come un "compimento".
6) La legge ebraica afferma una differenza fondamentale tra
l'ebreo e il resto dell'umanità . La legge dice: "L'ebreo è il Dio vivente, è il Dio incarnato, è l'uomo celeste. Gli altri uomini sono terrestri, di razza
inferiore. Non esistono che per servire l'ebreo". All'ebreo viene dalla sua
legge promesso il dominio universale, "al quale serviranno e saranno sottoposte tutte le nazioni". "Io ridurrò tutti i popoli sotto lo scettro di Giuda". "Se voi mi seguirete, sarete un reame di sacerdoti". "Io ti darò in retaggio le nazioni e per il dominio i limiti estremi della terra". "Tutte le ricchezze della terra debbono appartenerti". Questa è la promessa, questa è la legge.
7) Il Regnum ebraico non è astratto e sovraterreno ma deve realizzarsi in questa terra ed avere alla sua tesa una stirpe ben precisa. E finchè ciò non avverrà, gli ebrei "debbono considerarsi come esiliati e prigionieri". Dovunque essi conseguono un dominio che non sia l'assoluto dominio, dovranno accusare come violenza e ingiustizia ogni legge che non sia la loro. La loro legge riconosce solo all'ebreo il diritto alla ricchezza.
8) Questi i termini della "vera giustizia", la quale sancisce tanto un diritto, quanto un dovere, per l'ebreo, il promuovere ogni sovversione, ogni rivolta contro ogni dominante forma d'ordine e di civiltà non ebraica, qualunque essa sia. La logica stessa impone di distruggere tutto, con ogni mezzo, per spianare la via al Regnum d'Israele.
"Tu divorerai tutte le nazioni che il tuo Signore ti darà". "Il migliore fra i
non ebrei (goim), uccidilo". - dice testualmente un noto passo talmudico. Nel Shemonè-Esrè che è la preghiera che ogni ebreo deve recitare giornalmente si trovano parole come queste: "Che i Nazareni e i Minim (cristiani) periscano in un istante, che sian cancellati dal libro di vita e non sian contati fra i giusti".
9) E' miopia vedere nell'azione sovversiva e rivoluzionaria esercitata
incontestabilmente in tutti i campi e in tutti i tempi da elementi ebraici,
qualcosa avente principio e fine a sè stessa, solamente perchè singoli agenti possono non aver obbedito a nessuna particolare intenzione, ma solo alla loro natura e alla loro eredità . La verità è che per effetto dell'ideale complessivo, l'ebreo coscientemente o istintivamente distruttore, è soltanto lo strumento del Regnum; il quale presuppone l'eliminazione di qualsiasi altro ordine e di qualsiasi altra civiltà.
10) Risulta da questi nove punti fondamentali il decimo punto, e cioè che la gran parte delle posizioni dell'antisemitismo restano al di sotto del vero problema: l'idea della razza, della nazione, della contro-rivoluzione, dell'antibolscevismo e dell'anticapitalismo colpirà questo o quel settore del fronte ebraico, ma non ne raggiungerà mai il centro. L'antisemitismo non sorge a pieno che quando si impugni l'idea di Impero e alla volontà di Impero covata da Israele si opponga un'altra volontà di Impero di uguale dignità e universalità." (2)

(Continua)

Lupo
23-09-09, 17:16
Nè si potrebbe comprendere pienamente la vera essenza del problema ebraico - che ha generato l'occupazione territoriale militar-terroristica della Palestina creando i presupposti per una instabilità permanente ed un clima di violenza generalizzate all'interno del perimetro geostrategico vicinorientale - senza analizzarne le cause profonde, la natura e la genesi che sono indiscutibilmente da ricomprendersi in una metabolizzazione di tratti sovversivi, di etats d'esprits - stati d'animo - realmente tellurico-discendenti e aspetti che non potremmo definire altrimenti che satanico-demoniaci da parte di un popolo che
continua a perseverare nell'errore di considerarsi razzialmente e
spiritualmente "eletto" dall'Onnipotente a soggiogare, opprimere e massacrare tutta l'umanità non ebraica sulla base di interpretazioni deformanti, dissacranti e immorali della Legge e in nome dell'utopostica pretesa di un dominio universale che ritiene promessa divina ed interpreta letteralmente come la ricompensa 'escatologica' purificatrice necessaria alla redenzione terminale
di un percorso storico, culturale, esistenziale, razziale che Sion ha intriso, nei secoli, di sangue "goiym".

"Da più di duemila anni - scrive in proposito De Vries De Heekelingen (3) - il problema giudaico agita il mondo. A seconda delle epoche o dei paesi
dovunque gli ebrei rappresentavano una minoranza più o meno considerevole, l'antisemitismo è sempre divampato in forma più o meno violenta, basandosi di volta in volta su elementi diversi: religioso od economico, nazionale o di razza. (...) Tutto fu tentato per combattere il giudaismo: il battesimo, la persecuzione, l'assassinio, l'espulsione, l'espropriazione, l'emancipazione, l'assimilazione. Che cosa non fu messo in opera per distruggerlo? Eppure nulla valse ad ottenere dei risultati duraturi: gli ebrei sono più numerosi, più potenti, più ricchi che mai. Ci troviamo dunque di fronte ad una razza indistruttibile? Lo crediamo. A una razza invincibile nella sua complessità?
Crediamo anche questo. Dobbiamo quindi concludere che non vi è soluzione al problema giudaico? No, soprattutto in quest'epoca, ci sembra debba essere possibile stabilire le ragioni per cui fino ad ora non si è saputo risolverlo.
Se, malgrado la loro schiacciante maggioranza, e tutto quanto fecero per
combattere gli israeliti, i non-ebrei non hanno mai raggiunto un risultato
definitivo, dobbiamo logicamente attribuire questi continui insuccessi ad
un'unica causa: la diagnosi incerta del male lamentato portava a rimedi
inefficaci e senza effetto. (...) Crediamo senz'altro di poter affermare che un numero crescente di ebrei e di non-ebrei considera il problema giudaico come uno dei più angosciosi del momento. (...) L'antisemitismo continuerà ad aumentare e a diffondersi, perchèle ragioni che l'hanno fatto risorgere non soltanto perdurano, ma non possono essere soppresse. Una fra le cause che più inquinano gli anti-israeliti non è, come potrebbe sembrare, la religione ebraica o l'ebraica potenza economica, ma la sensazione di ospitare frazioni intere di un popolo inassimilabile, appartenente a una nazione che tende al dominio del mondo, e della quale troppi membri fomentano le rivoluzioni. Vi è
un numero considerevole di israeliti, tra i più influenti, che proclamano a
gran voce la loro nazionalità giudaica e la impossibilità di essere assimilati da altri popoli. E soprattutto la gioventù ebrea è stanca di vivere "con la mano davanti al naso", come ben disse un autore israelita. Abbiamo, dunque, da una parte un nazionalismo giudaico che non vuol saperne d'assimilazione, e dall'altra parte un nazionalismo antisemita che diffida degli ebrei e che non si può più rassicurare. Se non si riuscirà a trovare uno sbocco a questi opposti nazionalismi, se non si arriverà ad incanalarli, si andrà incontro ai peggiori disastri..."

E i disastri, anzi il disastro (la Nakba appunto), arrivarono puntualmente.
Arrivarono per l'Europa ariana costretta a subire l'azione destabilizzatrice prima, terroristico-criminale successivamente e infine dissolutrice di ogni ordine e morale, valore ed etica, che la resero - all'indomani della seconda guerra mondiale - vittima sacrificale della perfidia giudaica e dell'atavica sete di vendetta partorita secolarmente da una razza che non tollera, non dimentica e non perdona.
Una razza che vive perennemente in stato di insicurezza, diffidente verso tutta la realtà non-ebraica che la circonda, dissolutrice e disintegratrice qualunque ordine politico e sociale e qualsiasi autorità non ebraica. Una razza che coltiva un'istinto di vendetta portato al parossismo ed una volontà di dominio che si conciliano con un'arroganza ed una mancanza di pudore, di decenza e di moderazione che ne fanno la razza maledetta per eccellenza.

La boria e la sete di sangue ebraica con la quale lorsignori i figli
d'Israele si comportano oggigiorno nella Terra Santa occupata rappresentano infine esattamente quale sia l'animo, l'essenza, di un popolo che - da secoli - vive odiando, calpestando, deturpando ed insudiciando tutto ciò che di non ebraico lo circonda. L'immagine, lo stereotipo, dell'ebreo errante di ieri uso a destabilizzar nell'ombra, avvezzo all'intrigo e al malaffare, rivenditore di stracci e affamatore di popoli grazie allo strumento dell'usura ed al suo ruolo
preponderante di strozzino legalizzato trova, in un certo qual modo, il suo definitivo compimento nell'attuale, attualissima, figura dello sgherro sionista di 'tsahal', nel colono armato che impone terroristicamente la propria legge, nei dirigenti dell'enclave sionista che - dinanzi alla riprovazione internazionale (vera o di 'facciata' che sia) per le tante, troppe, stragi perpetrate impunemente, per il ricorso al terrorismo indiscriminato, per l'abuso della forza e della violenza strumenti di morte che hanno ridotto in schivitùà un intero popolo e a malpartito i vicini Stati arabi - , stizzosi e contrari a qualunque critica, a qualsiasi condanna, fanno 'spallucce', fingono di non sapere o quando costretti inventano scuse menzognere, senza neanche togliersi il disturbo di fingersi 'dispiaciuti' o quantomeno minimamente 'provati': è successo dopo Sabra e Chatila all'epoca in cui premier era Menachem Begin, dopo la prima strage di Cana (1996) all'epoca in cui a dirigere
il regime d'occupazione sionista era il "nobel per la pace" ed attuale
Presidente dell'entità sionista Shimon Peres, dieci anni più tardi (2006)
quando nuovamente Cana - nel Libano meridionale - fu teatro di una nuova inaudita strage di innocenti e alla guida dell'enclave ebraica in Palestina vi era un certo Ehud Olmert e, pochi mesi fa, dopo l'aggressione contro la striscia di Gaza del gennaio scorso, quando ad amministrare l'accampamento sionista in Terra Santa vi era un certo Benjamin Nethaniyahu.

Cambiano i nomi, cambiano le facce: non cambia la politica criminale e
terroristica dei dirigenti sionisti. Non cambiano i metodi utilizzati dai
sionisti per estirpare il sentimento nazionale e disintegrare l'identità del
popolo palestinese, arabo-cristiano o arabo-musulmano che sia, che della Terra Santa è il legittimo abitante e l'originario appartenente: perchè se da un lato i palestinesi sono gli storici abitanti della Palestina (...eredi dei biblici filistei...in arabo difatti palestinese si traduce come filistiyin...) è altrettanto vero che siano anche i legittimi proprietari di quella terra. Una terra troppo promessa parafrasando il titolo di un recente volume dell'amica Antonella Ricciardi (4)
ed il biblico 'insegnamento' che, di generazione in generazione - dopo la
distruzione del Tempio di Gerusalemme (poi Aelia Capitolina) da parte della Decima Legione romana inviata dall'imperatore Tito a pacificare la regione nel 70 d.C. con il conseguente esodo e cacciata degli ebrei dall'intera zona diventata colonia romana - gli ebrei erranti tra le altre nazioni andavano ripetendo auspicando un "ritorno" a Sion.

E il mito della "Terra promessa" è andato plasmandosi ed interiorizzandosi nell'animo ebraico finendo per unirsi indissolubilmente con quell'altra menzogna - partorita dalla propaganda sionista e promossa ad ogni piè sospinto dinanzi ai Grandi dell'Europa da Theodore Herzl , fondatore del movimento e autore del volume sullo "Stato Ebraico" (1896) - su "una terra senza popolo per
un popolo senza terra". Attorno a queste due parole d'ordine del Sionismo si creano quelli che legittimamente Roger Garaudy ha definito come "i miti fondatori della politica israeliana" (5) altrimenti assolutamente irrilevanti quand'anche non decisamente demenziali.

La legittimità di una presenza ebraica in Palestina semplicemente non esiste checchè ne dicano i tanti agit-prop ebrei e cripto-ebrei, mezzi ebrei e filo-ebrei di ogni angolo del pianeta; qualunque siano le loro motivazioni e qualsiasi pretesto essi portino a sostegno della tesi che quel territorio storicamente appartenga alla tradizione ebraica. L'instaurazione di un "homeland ebraica" - come venne definita dalla dichiarazione di lord Arthur Balfour (1917) nella sua tristemente nota affermazione a nome del governo britannico sulla 'legittima' aspirazione ebraica ad un "focolaio nazionale" in Palestina - in Terra Santa appartiene assolutamente al regno delle fantasie partorite dall'imperialismo dei democratici inventori di stati e nazioni che,
all'indomani del primo conflitto mondiale ed in barba ai diritti di
autodeterminazione nazionale rivendicati dai popoli che pure avevano sostenuto lo sforzo dei vincitori, a Versaglia nel 1919 crearono i presupposti per lo scatenamento di un secondo conflitto nel cuore del Vecchio Continente 'realizzando' , 'magicamente', la nascita di entità statali fittizie quali la Cecoslovacchia, la Yugoslavia o smembrando imperi secolari (Austro-Ungarico, Germanico e Ottomano) per lasciar spazio alle mire espansionistiche, alle rivendicazioni contrapposte e ai diktat che, puntualmente, seguirono in Europa come nel Vicino Oriente scatenando odii e volontà di vendetta tra i popoli.

E se l'alchimistica invenzione atlantico-democratica di entità nazionali nel
cuore del Vecchio Continente porterà alla seconda guerra mondiale in Terra Santa l'instaurazione di un mandato britannico sulla Palestina, affidato a emissari 'inglesi' del Sionismo, andrà a generare lo stato di caos e le premesse naturali per la creazione - trent'anni dopo Balfour - dell'emporio criminale sionista; parto 'lungo' dell'Imperialismo, obiettivo ultimo dell'Internazionale Ebraica e atto finale del periodo coloniale che interesserà i nazionalismi europei dalla seconda metà dell'Ottocento fino agli anni Trenta (sarà italiana l'ultima avventura in terra d'Africa con l'occupazione dell'Abissinia).

L'esproprio della Palestina operato dai sionisti risulterà inoltre una truffa concepita dalla Gran Bretagna contro i diritti inalienabili del popolo arabo, sollevatori in armi contro l'impero ottomano, a dotarsi di un proprio Stato comprendente tutti i territori della penisola arabica (dal Mediterraneo all'oceano indiano quindi dalla Palestina-Libano-Siria fino alle sabbie desertiche dell'Hejiaz saudita e dello Yemen).

Fino all'epoca immediatamente precedente lo scatenamento del primo conflitto mondiale "il concetto stesso di nazione e di nazionalismo, estraneo nel mondo musulmano, non ha, in particolare, cittadinanza in seno alla parte orientale dell'impero ottomano, per definizione sovranazionale. Ma le comunità religiose interne verranno percepite dall'esterno come potenziali gruppi nazionali, e tale percezione verrà fatta propria dai diretti interessati, quando saranno coinvolti in misura più o meno determinante nel progetto coloniale. In Palestina non accade che una comunità si proclami rappresentante dello Stato-nazione. E' dall'esterno che una minoranza ebraica, partecipe in quanto europea
del nuovo clima nazionalistico, si autodefinisce popolo e nazione. Di
conseguenza rivendica uno Stato sul territorio palestinese. con il consenso delle potenze coloniali. E' a questo punto che entra in scena il sionismo che teorizza la nascita di uno Stato ebraico. La storia del sionismo non fa parte delle ideologie europee di fine Ottocento, non rientra in questo libro. Qui basta segnalare alcuni punti. Da un lato gli interessi coloniali britannici trovano nel sionismo lo strumento adatto per la loro realizzazione. Dall'altro, gli elementi mitici cui abbiamo spesso fatto riferimento e la riscoperta ottocentesca della Palestina spingono naturalmente in questa direzione. Così Herzl, il fondatore del sionismo, può tranquillamente affermare che "la Palestina è la nostra indimenticabile patria storica", quando presenta al sultano 'Abd al-Hamid la richiesta di costituire uno Stato neutrale "in rapporti costanti con l'Europa" in cambio del risanamento delle finanze dell'impero ottomano. Naturalmente gli Arabi, i cui processi di indipendenza seguivano altre vie, come vedremo a proposito delle loro posizioni durante la prima guerra mondiale, furono quanto meno sprovveduti di fronte al progetto che
andava definendosi a loro danno. Eppure un'esplicita rivendicazione della Palestina per fondarvi il proprio Stato non Ú neanche per i sionista cosa ovvia e automatica. Terra di nessuno, certo, terra biblica, senza dubbio, ma ciò non basta ad accreditare diritti che verranno avallati solo in un più globale progetto coloniale. Il programma del primo Congresso sionista mondiale (Basilea 26-31 agosto 1897) afferma che "il sionismo si sforza di ottenere per il popolo ebraico un focolare garantito dal diritto pubblico in Palestina". Per raggiungere tale obiettivo si deve incoraggiare l'immigrazione ebraica in Palestina, così come si deve rafforzare la coscienza ebraica individuale e nazionale e lavorare all'unificazione di tutte le comunità ebraiche. Quando questo focolare verrà annunciato nella dichiarazione di Balfour (1917) , in
piena ostilità bellica e con intenti precisi, nonostante la mancanza di
qualsivoglia validità giuridica del documento, si è ben più avanti di quanto i sionisti si ponevano come aspirazione a Basilea. E' già chiara la decisione inglese di non concedere agli Arabi lo Stato indipendente che si era loro promesso in cambio del loro intervento contro l'impero ottomano. (...) Tutti gli Arabi, e non solo i Palestinesi, chiamano il 1920 - anno in cui fu stabilita la spartizione del Vicino Oriente tra Francia (mandato sul Libano e la Siria) e Gran Bretagna (mandato sulla Palestina e l'Iraq) - l'anno della catastrofe. Non solo le speranze di indipendenza venivano deluse, ma la regione, fin dall'avvento dell'Islam unita, si trovò divisa secondo confini che non corrispondevano nè alla realtà etnica, nè a quella religiosa, nè a quella geoeconomica." (6)

I diritti inalienabili del nazionalismo arabo furono cancellati e sopraffatti
dalle potenze coloniali: Francia e Gran Bretagna si spartirono i 'resti' di ciò che rimaneva dell'impero ottomano e la maggioranza dei territori della penisola arabica lasciando una sorta di indipendenza alla sola Arabia Saudita peraltro 'capitalisticamente' controllata dalle compagnie petrolifere anglo-americane e da sempre protettorato e feudo della plutocrazia internazionale.

A questa prima "catastrofe", dopo le rivolte palestinesi del 36-39 e il
secondo conflitto mondiale, dovette succedere la 'Nakba' con l'espropriazione terroristica e la creazione in entità "statale" dell'accampamento sionista che, nella primavera del 1948, venne proclamato unilateralmente da David Ben Gurion causando l'immediata apertura delle ostilità ed il primo conflitto arabo-israeliano.

Da quella primavera sono passati sessantun'anni e "Israele" viene attualmente idolatrato a livello mondiale quale "unica democrazia del Medio Oriente" e "baluardo della civiltà occidentale" contro il mondo arabo-islamico. Chiunque provi a mettere in discussione o criticare l'operato dei dirigenti sionisti viene immediatamente tacciato di "antisemitismo" (...formidabile arma di ricatto utilizzata dall'Internazionale Ebraica per imporre le forche caudine e
i propri diktat a governi ed esecutivi nazionali, organismi internazionali e
istituzioni sovranazionali...). Definire come legittimamente, storicamente e realisticamente si dovrebbe quale "stato razzista, esclusivista e xenofobo" l'entità criminale ebraica porta immediatamente alla gogna 'mediatica' e irrimediabilmente alla fine politica nonchè all'esclusione sociale della vittima di turno.

Gli amministratori - politici o economisti che siano, religiosi o laici che
dichiarino di essere - della colonia europea (asservita da sessant'anni alle logiche imperialistiche atlantiche e militarmente occupata dalle forze armate statunitensi) sono supinamente docili pecorelle al servizio degli interessi di Sion e brancolano nella paura e nella viltà dinanzi al potenziale ululato del lupo sionista che, ad ogni piè sospinto, può sempre gridare all'"antisemitismo" per imporre meglio i propri desiderata.
Il dogma, la favola, dell'olocausto ha sostituito nell'immaginario collettivo
i dogmi sacri e viene 'percepita' (o meglio imposta a forza attraverso
olocaustiche 'ricorrenze' e celebrazioni) dall'opinione pubblica quale ultima indiscutibile 'verità' rimasta nella terra di nessuno della contemporaneità post-modernista occidentale. L'ebreo, che si considera immagine divina per eccellenza, sostituisce - con tutto il suo bagaglio di menzogne e falsità - la Divinità: in Occidente potrete bestemmiare tranquillare Dio e tutti i Santi, sputare e vomitare ogni sorta di blasfemia contro l'Onnipotente ma non
azzardatevi a toccare l'ebreo e l'Olocausto ...pena la scomunica a vita, la
demonizzazione perenne quand'anche non direttamente il carcere, la reclusione o comunque una forma di morte fisica che vi renderebbe appestati in quanto "antisemiti".

A livello massmediatico il controllo sionista è, soprattutto in Occidente,
totalizzante: al verbo ed alla propaganda sionista si inchinano ossequiosi direttori di televisioni e giornali mentre all'interno delle redazioni, nelle televisioni, soggetti giudei sono 'operanti' al fine di controllare la 'direzione' dei programmi e la pubblicazione di notizie e informazioni.
L'Europa già a stelle e strisce subisce silente e timorosa la lex judaica.
Altrove la situazione non èdelle migliori. Anche nel mondo arabo -
sottoposto ai ricatti e alle vessatorie promesse creditizie delle istituzioni
mondialiste sovranazionali (Fondo Monetario Internazionale, Banca Mondiale ed altre entità controllate dalla plutocrazia sionista) - ci si inchina dinanzi a formule vuote di senso e prive di contenuti su ipotetici "accordi di pace" con "Israele".

Non soddisfatti i sionisti continuano a lanciare ad ogni occasione possibile i loro strali e allarmi sull'"antisemitismo" risorgente , specie quello di 'matrice islamica' quasi che, secondo la loro demenziale percezione della realtà, il mondo arabo e islamico dovesse pure 'ringraziare' per la situazione di sottomissione e schiavitù alla quale i kippizzati dalla stella di Davide hanno ridotto i loro fratelli palestinesi.

Scrive il giudeo Joel Barromi: "Secondo il Corano i "popoli del libro" , e
cioè gli ebrei e i cristiani, portatori della Bibbia, dovevano essere tollerati
purchè restassero in uno stato giuridico inferiore, quello dei dhimmi. Il
Corano, contiene, inoltre espressioni chiaramente avversi agli ebrei, che
derivavano dal rifiuto delle tribù ebraiche della penisola arabica di accettare la fede di Maometto. In pratica la vita degli ebrei nel mondo arabo conobbe alti e bassi. Vi furono dure persecuzioni in certi paesi e in determinate epoche, ma mai di carattere generalizzato. Il conflitto arabo-israeliano dette all'ostilità o diffidenza tradizionali, nei riguardi degli ebrei, un carattere politico. Manifestazioni antisemite sono oggi comuni nella stampa dei paesi arabi. Ma non mancano pubblicazioni teoriche. Il regime di Gamal Abd el Nasser
in Egitto prese l'iniziativa in questo campo. Nel 1967 venne pubblicata al
Cairo un'edizione dei Protocolli dei Savi Anziani di Sion, a cura del fratello
di Nasser, Shawky Abd el Nasser. La quarta conferenza dell'Università di El Azhar che ebbe luogo al Cairo nel 1968, adottò una serie di principi teologici anti-ebraici, compreso quello della guerra santa, Gihad, contro Israele. Anche in Siria fiorì una letteratura antisemita di cui l'ultimo prodotto è il libro "Azzima di Sion", scritto dal generale Mustafà Tlass, ministro della Difesa. Lo scopo del libro, apparso nel 1983, è di dimostrare la fondatezza di un'accusa di omicidio rituale che venne fatta a Damasco nel 1840 e che costò la vita a molti ebrei. Vi sono anche paesi arabi che non si limitano a incoraggiare pubblicazioni antisemite in arabo a fini interni, ma si occupano sistematicamente della divulgazione dell'antisemitismo nel mondo. Si distingue
in ciò la Libia che, dall'arrivo al potere di Mohammar Gheddafi nel 1971, dà aiuti finanziari e logistici a gruppi antisemiti di destra e di sinistra in
diversi paesi. (...) Il defunto re Feisal dell'Arabia Saudita soleva offrire a
tutti gli ospiti di riguardo provenienti dai Paesi occidentali una copia dei
"Protocolli". Nel febbraio del 1987 il tribunale di seconda istanza di Parigi
proibì la distribuzione di un'edizione dei Protocolli stampata in francese nel Kuwait.
Un altro centro di pubblicazione dei Protocolli e di altre opere
antisemite in varie lingue è un paese musulmano, la Malaysia. Recentemente anche l'Iran è entrato in lizza. Una delle attività delle ambasciate iraniane a Londra e a Basilea nel 1987 era la distribuzione dei Protocolli dei Savi
Anziani di Sion." (7)

Già mentre in Occidente...non si muove foglia che 'l giudeo non voglia.

Perchè , dulcis in fondo - i "Protocolli dei Savi Anziani di Sion" sono così
fondamentali e spaventano tanto il Giudaismo internazionale a distanza di oltre un secolo dalla loro comparsa e nonostante tutti i reiterati tentativi per proibirne la pubblicazione nel cuore delle società occidentali?

La risposta a questa domanda la lasciamo all'Ultimo Signore degli Arii, al
Fuhrer dell'Ordine Nuovo nazionalsocialista ariano-germanico, ad Adolf Hitler il quale - con assoluta lucidità di analisi - scriverà nel suo "Mein Kampf":
"Quando i Protocolli dei Savi Anziani di Sion" diventeranno patrimonio comune di tutto il popolo, il pericolo ebraico potrà essere considerato scomparso!".

Noi , con il sommo Poeta Dante Alighieri, affermiamo e mettiamo in guardia:
"Uomini siate e non pecore matte si che di voi, tra voi, 'lgiudeo non rida!"


DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI

DIRETTORE RESPONSABILE AGENZIA DI STAMPA "ISLAM ITALIA"


Note -

1 - Aa.Vv. - "Dossier Palestina - Nakba - L'espulsione dei palestinesi dalla
loro terra" - ediz. "Ripostes" - Salerno-Roma 1988;

2 - Giovanni Preziosi - articolo "Dieci punti fondamentali del problema
ebraico" - da "La Vita Italiana" del 15 Agosto 1937 dal volume "Come il
Giudaismo ha preparato la guerra" - ediz. "Tumminelli" - Roma 1939;

3 - H. De Vries De Heekelingen - "Israele - Il suo passato il suo avvenire" -
ediz. "Tumminelli" - Roma 1937;

4 - Antonella Ricciardi - "Palestina, una terra troppo promessa" - ediz.
"Controcorrente" - Napoli 2008;

5 - Roger Garaudy - "I miti fondatori della politica israeliana" - ediz.
"Graphos" - Genova 1996;

6 - Aa.Vv. - "La Palestina - Storia di una terra - L'età antica e cristiana -
L'Islam - Le questioni attuali" - editori Riuniti - Roma 1987;

7 - Joel Barromi - "L'antisemitismo moderno" - ediz. "Marietti" - Genova
1988;

Lupo
26-09-09, 21:08
Cavalcare la tigre
di Dagoberto Husayn Bellucci

'..una soluzione è senz'altro da scartare: quella di chi volesse appoggiarsi a quanto sopravvive del mondo borghese, difenderlo e appoggiarsi a quanto sopravvive del mondo borghese, difenderlo e servirsene come base contro le correnti più spinte della dissoluzione e del sovvertimento.' (Julius Evola - Cavalcare la Tigre)

'Lo 'stile' che deve guadagnar risalto è quello di chi si tiene sulle posizioni di fedeltà a se stesso e ad un'idea, in una raccolta intensità, in una repulsione per ogni compromesso, in un impegno totale che si deve manifestare non solo nella lotta politica ma anche in ogni espressione dell'esistenza...(...) E oggi, in fondo, le condizioni sono migliori, perchè non esistono equivoci e basta guardare d'intorno , dalla piazza fino al Parlamento, perchè le vocazioni siano messe alla prova e si abbia, netta, la misura di ciò che noi non dobbiamo essere. Di fronte ad un mondo di poltiglia il cui principio è: 'Chi te lo fa fare', oppure: 'Prima viene lo stomaco, la pelle (la malapartiana 'pelle'!) e poi la morale' o ancora: 'Questi non son tempi in cui ci si possa permettere il lusso di avere un carattere', o infine: 'Ho famiglia', si sappia opporre un chiaro e fermo: 'Noi , non possiamo fare altrimenti , questa è la nostra vita, questo il nostro essere'.' (Julius Evola - Orientamenti)

Testo fondamentale e ricognizione d'analisi essenziale per chi, partendo dai valori della Tradizione ('ammesso anche che qualcuno sappia ancora riconoscerli e assumerli' - come sottolinea fin dalle prime pagine l'autore), intendesse comprendere e rielaborare un preciso percorso esistenzial-politico nella sgangherata contemporaneità post-nichilista ricollegandosi ad una welthanshaung , visione del mondo e base di 'vita', organica e ordinata da 'ispirazioni' e 'ideali' metapolitici e metastorici.

'Cavalcare la tigre' sarà anche il principale trattato di riferimento di un'intera generazione del 'neo-fascismo', quella che non aveva fato in tempo a perdere la guerra e contemporaneamente non era capace di rassegnarsi a vivere una pace imposta manu militari dai 'liberatori' a stelle e strisce anelando ad un ruolo di primo piano nel periodo della cosiddetta guerra fredda e finendo - più o meno coscientemente - a far da supporto alle strategie dell'anti-comunismo e della 'difesa dell'Occidente' tanto 'care' ai centri studi strategici statunitensi e all'Impero a stelle e strisce alias Grande Satana 'yankee'.

Ma il testo in questione rappresenterà - al di là dei motivi 'contingenti' per il quale venne scritto agli inizi degli anni sessanta - soprattutto la prima operazione teoretica, la prima formulazione ideologica chiara e propositiva, di un'esposizione orientativa dei valori e degli ideali dell'uomo differenziato, di colui per il quale la società contemporanea moderna rappresenta esclusivamente un nemico da abbattere, un sistema da sovvertire, una scala di valori discendenti da disintegrare e un insieme disarticolato di esistenze da rettificare partendo dall'insindacabile dicotomia di schmittiana memoria secondo la quale il mondo si divide in due fronti contrapposti ove risulta necessaria la preliminare identificazione dell'Amico e del Nemico.
Un 'catechismo' per rivoluzionari di segno 'contrario' alla , di lì a breve, esplosione ribellistico-giovanilistica e di moda dell'ondata contestataria sessantottina di 'matrice' anarcoide-marxisteggiante fuoriuscita dalle elaborazione dei crani ebraici della Scuola di Francoforte e dalle infatuazioni più o meno 'esotiche' per il Vietnam e la Cuba di Castro spaziando dai nuovi miti 'guerriglieri' guevaristi, senderisti, terzomondisti di ogni latitudine e longitudine che - sia detto per 'inciso' - andrebbero 'recuperati' solo ed esclusivamente in funzione di una linea strategica di opposizione globale al pensiero unico neo-liberista , uniformato, omologato e 'dettato' dalle risultanze oggettive di una standardizzazione verso il basso delle identità e delle coscienze cloroformizzate dalle 'persuasioni' occulte e palesi della società moderna.

Guevara, Lumumba, Malcom X, Ho Chi Min, Pol Pot ci 'interessano' da sempre quali esempi di combattenti per la libertà anti-mondialisti e rappresentanti di un'alternativa socialista al monotematico imperialismo democratico fermo restando che , da Europei in Europa e per l'Europa, gli esempi non mancano solo volendone ricercare nella storia continentale precedente al secondo conflitto mondiale ...nel quadro globale geopolitico e strategico 'indotto' dai processi di omologazione planetaria all'american way of life e dalle seduzioni della società consumistica di massa e del neo-capitalismo imperialista risulteranno conformi e 'logici' i riferimenti a 'terzi' che - in aree distinte da quella europea oramai sotto occupazione militare da sessantaquattro anni e appendice coloniale del 'grande impero occidentale' del Capitale e delle Multinazionali - hanno 'sfidato' e talvolta 'vinto' il comune nemico a stelle e strisce...parafrasando Ernesto 'Che' Guevara occorre come non mai la costituzione di una Quadricontinentale dei popoli diseredati e oppressi del pianeta contro l'alleanza tricontinentale degli affamatori del mondo (Stati Uniti, Europa, Giappone) , contro il dominio delle lobbie's della finanza multinazionale senza volto e senza ideali, contro l'anorressia mentale inoculata come un virus cancerogeno nel corpo in decomposizione delle generazioni allo sbando del Vecchio Continente.

Un libro dunque per tutti e per nessuno, per una generazione che a capofitto si butterà nella lotta politica cercando di ritagliarsi degli spazi di agibilità e di militanza, cavalcata solitaria e spesso inutile 'per il niente che si poteva e per il nulla che si voleva fare' come ricorderà il soldato-politico Vincenzo Vinciguerra nelle sue 'memorie' che più di un quadro storico , diremmo una vera e propria retrospettiva d'autore, ha delineato nei suoi libri - essenziali - per comprendere un'atmosfera , un periodo , un passato che ha visto la 'meglio gioventù' dilaniata da contrasti interni, faide, arrivismi spesso miserevoli, tradita dai suoi vertici , derisa dalla società , colpita dai suoi nemici e da un sistema che - nella prassi degli opposti estremismi e nella strategia della tensione - andrà a delineare la propria volontà di auto-rappresentazione e il proprio ruolo di autorità.

'Cavalcare la tigre' dunque...per ripartire dai 'fondamentali', dall'abc ideologica, da un origine che non ha niente di originario perchè semplicemente rappresenta la continuazione ideale di Verità metapolitiche. Appunto come scriverà Evola un trattato per 'un particolare tipo umano', uomo differenziato, anarca, asceta del nulla e cercatore di un tutto organico denominato Tradizione...partendo dalla quale risulta 'estremamente improbabile che si possa provocare una qualche modificazione di rilievo nello stato attuale generale delle cose' soprattuto 'nell'area occidentale europea' dove 'sussistono consuetudini , istituti, forme del costume del mondo di ieri, cioè del mondo borghese'.

E nell'analisi che l'autore traccia della parabola discendente delle società borghesi e materiali del Vecchio Continente è lucidamente individuato come 'sono le basi della civiltà e dela società borghese a subire questa crisi, ad essere colpite dalla dissoluzione. Non è il mondo che noi abbiamo chiamato Tradizione' perchè 'socialmente, politicamente e culturalmente , sta sfasciandosi il sistema che aveva preso forma a partire dalla rivoluzione del Terzo Stato e dalla prima rivoluzione industriale..'.

Evola destina il suo scritto invece ad altri Uomini, individui superiori, di 'razza', di una razza in via d'estinzione, non anacoreti nè santi nè mistici di un passato che non avrà futuro ma individui consapevoli, che abbiano le idee chiare, che siano capaci di comprendere il moto dissolutivo circostante, il vuoto nichilista opprimente le moderne società consumistiche, che sapranno quantomeno lasciare 'Testimonianza' per chi - dopo di loro - verrà a riscattare quest'epoca di infamia e meschinità perchè - parafrasando Adriano Romualdi - c'é da considerare che quest'epoca di uomini piccoli ( con le loro piccole pretese, i loro piccoli desideri materiali, le loro piccole , vili e inutili vite dettate dai meccanismi demoniaci del denaro e dell'orario di lavoro, delle faccende domestiche e di quelle sociali, del loro essere indipendentemente da ciò che furono avi e predecessori, insensibili a richiami ancestrali, a tamburi di guerre lontane, a echi di battaglie e di eroismi ) come segno dei tempi appartiene al Kali-Yuga , all'età oscura, ma - pur nella sua logicità e natura - risulta tanto più disgusta e vile propriamente perchè per esistere, per accertarsi della propria esistenza, deve sputare infamie e bestemmie d'ogni sorta su Eroi, Miti e Riti di un passato che disconosce, villipendia, nasconde e quotidianamente rinnega solo ed esclusivamente per poter affermare la propria presenza piccola e insignificante.

'Il tipo umano che quì abbiamo in vista non ha nulla a che fare col mondo borghese. Egli deve considerare tutto ciò che è borghese come qualcosa di recente e di antitradizionale.' invitando quest'Individuo a 'recidere ogni legame con tutto ciò che, a più o meno breve scadenza, è destinato a finire.'.

La soluzione proposta da Evola è semplice: occorre vivere il proprio tempo con l'animo e la fierezza di chi conosce l'Immortalità dell'anima , la grandezza della stirpe, i valori autentici della Nazione (intesa nel senso di Imperiuum , Autorità, Stato non nella sua espressione ottocentesca di ricettacolo dell'insieme delle classi sociali e della smaniosa, moderna, affermazione dei diritti 'civili' di cittadini-servi di un moderno leviatano, totalitario, onnicomprensivo e insieme privo di qualsivoglia connessione con dinamiche, valori, ideali metafisici) asserendo che 'si potrà considerare ciò che nell'attuale fase - fase, in ultima analisi, di transizione - può venir scelto, separato dal resto e assunto come forma libera di un comportamento che, esteriormente, non sia 'anacronistico', che sappia anzi misurarsi con quanto nel campo del pensiero e del modo di vivere contemporaneo vi è di più spinto, ma restando al'interno, determinato e comandato da uno spirito completamente diverso.'

'La formula: 'Portarsi non là dove ci si difende , ma là dove si attacca' , che qualcuno ha proposto - afferma Evola - , potrà anzi venire adottata dal gruppo (...noi affermiamo anche, soprattutto, dal 'singolo' individuo...poichè un 'gruppo' , qualsiasi 'gruppo', è già qualcosa di omologante e standardizzato...ndr) degli uomini differenziati, epigoni della Tradizione, su cui verte il discorso. Potrebbe , cioè, esser perfino opportuno contribuire a che quel che già vacilla ed appartiene al mondo di ieri cada, anzichè cercare di puntellarlo e di prolungargli artificialmente l'esistenza.' ...senza 'se' e senza 'ma' è ciò che continueremo a 'trasmettere' e auspicare al di là dei pippeggiamenti vetero-nostalgistici e alle rimpatriate 'bucolico-alcoolizzate' dei 'kameraden' (...'vostri'...) tutti saluti romani e camicie nere, 'giovinezze' e 'boia chi molla' al vento...

Ma lo stesso Evola 'avverte' anche che quest'agire differenziato, questo ventilare e auspicare la disintegrazione totale del Sistema , potrà avere anche conseguenze 'inattese' perchè - portandosi oltre la linea, al di là del meridiano zero di jungeriana memoria - 'il rischio di un simile comportamento è evidentissimo: non è detto chi avrà l'ultima parola. Ma non vi è nulla , nell'epoca attuale, che non sia rischioso' quindi 'carpe diem' , cogliendo l'attimo, occorre 'rischiare'.

La discesa della società moderna nel baratro della dissoluzione , nel caos della contemporaneità post-nichilistica, è secondo l'autore un male necessario che i pochi 'asceti del Nulla' dovranno affrontare assumendo una divisa esteriore 'idonea' ma mantenendo salde interiormente le 'coordinate' tradizionali dell'Uomo di Razza, immergendosi nella nuda atmosfera da crepuscolo degli Dei del bailamme generalizzato per condurre una controffensiva radicale dall'interno senza sosta e senza tregua. Non 'finzione' , non compromessi elettoralistici, non assunzione di modelli comportamentali 'estranei' ma vivere pericolosamente il proprio tempo nella certezza , nella garanzia, di appartenere ad un'altro mondo, ad un'altra razza , distante, lontana, per 'stile' , per 'classe' , per 'sangue'...

'La crisi del mondo moderno potrebbe eventualmente rappresentare - sottolinea Evola -, hegelianamente, una 'negazione della negazione', epperò significare , per un lato, un fenomeno a suo modo positivo.' perchè è proprio dell'epoca oscura il rimescolamento di tutti i valori, di tutte le cose, la ridistribuzione delle 'carte' che - come in un 'poker' mortale , sorta di roulette russa terminale per l'umanità in decomposizione - rappresenterebbero anche una 'occasione' , un'opportunità per le forze tradizionali, non per contrastare - inutile 'utopia' - ma per accelerare i processi di dissoluzione cosmici.

'...al Kali-Yuga è proprio appunto un clima di dissoluzione, il passaggio allo stato libero e caotico di forze individuali e collettive, materiali, psichiche e spirituali che in precedenza erano state in vario modo vincolate da una legge dall'alto (... un 'Kathekon' ci ha 'costretto' dentro una prigione di rimorsi e paure...potrebbero 'urlare' i rappresentanti più 'lucidi' del Quinto Stato...i fieri difensori dei reietti di qualsiasi 'colore' e di ogni latitudine...le comari del mondialismo sinistroide terzomondista d'accatto e internazionalista d'animo...le anime belle del 'peace&love' o chiunque affermi l'espansione di una società di sub-umani alla deriva delle proprie pulsioni materiali...ndr) e da influenze d'ordine superiore. Di questa situazione i testi tantrici dettero una immagine suggestiva dicendo che in essa è 'completamente desta' una divinità femminile - Kalì - la quale simboleggia la forza elementare e primigenia del mondo e della vita, ma che nei suoi aspetti 'inferi' si presenta anche come una dea del sesso e dei suoi riti orgiastici. In precedenza 'dormiente' - cioè latente in questi suoi aspetti - essa nell'età oscura sarebbe del tutto desta e agente.'

E dunque anzichè tentare un 'salviamo il salvabile' inutile e controproducente occorrerà 'cavalcare la tigre' , cercando di domare la bestia fuoriuscita dalla gabbia, domandone istinti e utilizzandoli a proprio interesse , per i propri obiettivi perchè - è lo stesso Evola a ricordarlo - 'quando un ciclo di civiltà volge verso la fine, è difficile poter giungere a qualcosa resistendo, contrastando direttamente le forze in moto. La corrente è troppo forte, si sarebbe travolti. L'essenziale è di non lasciarsi impressionare dall'onnipotenza e dal trionfo apparente delle forze dell'epoca.' perchè comunque 'chiuso un ciclo, un altro comincia, e il punto in cui un dato processo raggiunge la sua fase estrema è anche in quello in cui esso si capovolge nella direzione opposta.'.

L'uomo differenziato dovrà dunque agire senza guardare all'approvazione o disapprovazione altrui, senza desiderare alcunchè di quanto possa bramare su di un qualsiasi piano della materia, ma dovrà cavalcare solitario la Grande Frode rappresentata dai tempi ultimi del ciclo in conclusione, il tempo dell'oscuramento dei valori, l'epoca delle negazioni supreme, la sconsacrazione della vita, l'annullamento degli ideali, la cruda nuda materialità contemporanea. E dovrà farlo sicuro di sè e della propria divisa interiore, al di là di obiettivi da raggiungere, risultati da conseguire, vittorie temporali e momentanee da strappare a questo o quel nemico perchè non sono le 'imprese' che fanno grandi gli Uomini nell'epoca del Kali Yuga - dove il 'segno' ascendente di un percorso può tramutarsi , per gli 'sciocchi' e i 'disattenti' di ogni risma, in un itinerario discendente; dove il bene può trasformarsi per 'magia' in qualcosa di malvagio, dove l'amore diviene odio e si carica di significati negativi - ma ciò che produsse tali azioni, quali valori mossero e spinsero gli uomini che le misero in atto, da 'chi' , da quali 'forze' (trascendenti o discendenti, superiori o inferiori, celesti o telluriche, sacre o profane) furono 'indirizzate' e quali le dinamiche, le cause e gli effetti che ne furono prologo, sviluppo e limite.

'...alla linea dell'accennato comportamento per l'epoca attuale devesi dare un carattere autonomo e un valore individuale immanente. Vogliamo dire che non deve avervi una parte di rilievo l'attrazione esercitata da prospettive positive a più o meno breve scadenza.' ovvero agire senza guardare ai 'frutti' perchè comunque 'vada' ciò che verrà fatto in luogo di non aver fatto avrà infinitesimalmente un valore superiore e ciò indipendentemente dal risultato che - quando non 'conforme' - non inficia nè toglie validità all'azione compiuta.

Al di là del tempo , dello spazio, delle cose degli uomini rimane l'azione che fece osare. Perchè se è vero , come rileva Evola, che 'il grande avvenimento , oscuramente presentito, che 'Dio è morto' , è il principio del crollo di tutti i valori.' perchè è a cominciare da questa asserzione e constatazione che 'la morale, privata della sua sanzione, 'è incapace di reggersi' , cadono l'interpretazione e la giustificazione precedentemente date ad ogni norma o valore.' è altrettanto reale che - al di là della miscredenza diventata realtà quotidiana - la desacralizzazione delle società occidentali sono il prodotto di dinamiche di annichilimento e imbarbarimento storiche, processi dissolutivi in espansione, che hanno caratteristiche proprie e influenze tipiche che procedono dal mondo della contro-iniziazione, della Sovversione.

Non possiamo che ripeterci affermando con Gesù Cristo, il Messia, che 'la verità renderà liberi': occorre ricercarla, la 'cerca' dell'Impossibile, e viverla interiormente per fuoriuscire dai meccanismi diabolici della massificazione moderna e dalle seduzioni/tentazioni della 'libido' contemporanea...il resto sono 'ciance' inutili perchè - parafrasando Friedrich Nietzsche - 'da quando ho imparato a camminare mi piace correre' ...anche a 'Noi' 'piace' correre, a capofitto, a perdifiato, fino all'ultimo respiro (...titolo di un capolavoro di quel maestro del cinema d'oltralpe che risponde al nome di Jean Luc Godard con un giovanissimo e straordinario Jean Paul Belmondo ed un'altrettanto deliziosa e sensuale Jean Seberg...'preferiamo' l'originale del 1960 al 'remake' - peraltro 'valido' - interpretato vent'anni dopo da Richard Gere - fenomenale in 'Mr Jones' - e Valerie Kaprinsky 'stra-tosfericamente' sexy nei panni 'rosei' della fuggitiva pentita.... perchè , si, quella pistola è da 'raccogliere' , 'sempre' ...).

Julius Evola unofficial webSite - Cavalcare la tigre, di Dagoberto Husayn Bellucci (http://www.juliusevola.it/documenti/templaterecensioni.asp?cod=726)

Lupo
26-09-09, 21:15
SAYYED QUTB - L'ISLAM DAVANTI ALL'OCCIDENTALIZZAZIONE DEL PIANETA

TRADIZIONE E RIVOLUZIONE NEL PENSIERO POLITICO CONTEMPORANEO DEI FRATELLI MUSULMANI

di Dagoberto Husayn Bellucci

Nella panoramica politica relativa ai movimenti rivoluzionari in terra d'Islam un posto di rilievo merita il teorico egiziano - fra i principali esponenti del movimento dei Fratelli Musulmani - Sayyed Qutb al quale si devono molte delle idee attualmente in circolazione nel Sunnismo ortodosso.

La ricognizione d'analisi su al Qutb risulterà conforme pietra miliare di 'posizionamento tattico' nel quadro strategico-politico della insindacabile 'traiettoria' anti-ebraica determinante gli esiti della 'battaglia finale' tra le forze della Tradizione informale e quelle della Sovversione. La validità analitico-ideologica e l'incisiva influenza avuta da Qutb

nella teorizzazione di una 'imminente' contrapposizione radicale tra le schiere in armi del mondo arabo-islamico ed il nemico dell'uomo ( efficace metafora utilizzata dagli ambienti musulmani per l'identificazione del cancro sionista quale multiforme organizzazione internazionale di spoliazione, sfruttamento e sovvertimento dei valori spirituali nonchè rappresentazione simbolica di un'identità leviatanica sovranazionale, onnicomprensiva e organizzata su basi speculativo-parassitarie mediante lo strumento della Grande Usura capitalistica ) rappresenta un contributo fondamentale nel percorso di milizia rivoluzionaria anti-ebraica e anti-mondialista oltre ad una traccia storico-scrittoria di assoluto valore.

Qutb nasce da una famiglia benestante il 9 ottobre del 1906 a Mùshà un villaggio situato nella provincia di Asyùt nella zona settentrionale dell'Egitto. Dopo aver frequentato le scuole superiori passa, dal 1929 al 1933, alla "Dar al ulùm" (Casa della scienza) un'università che coniuga le tendenze laiche con il conservatorismo religioso della più nota università coranica di Al-Azhar. Nel 1939 Qutb viene assunto al Ministero dell'Istruzione nazionale dove lavorerà sei anni sia come insegnante che in qualità di funzionario attento in particolare alle problematiche sociali del paese: sarà la sua polemica aperta contro il nazionalismo britannico che lo porterà a fondare un giornale "Al Fikr al-Jàdid" (Il Pensiero Nuovo) che diventerà in breve un punto di riferimento per gli ambienti nazionalisti in fermento contro l'influenza inglese nell'area.

Nel 1948 Qutb viene inviato dal governo egiziano negli Stati Uniti per alcune ricerche sul sistema scolastico statunitense: frequenterà il master presso il Colorado State College of Education oggi University of Northern Colorado.

Sarà durante questo soggiorno negli Stati Uniti, durato due anni, che Qutb scriverà il suo più importante volume di critica sociale del sistema occidentale partendo dalle contraddizioni della società statunitense e basandosi su quelli che sono i pilastri, gli insegnamenti e la sociologia islamica: "Al 'adàla al-ijtimà'iyya fì al-Islàm" (La giustizia sociale nell'Islam) sarà probabilmente il suo più importante contributo scrittorio contro le disuguaglianze e il razzismo presenti negli Usa. Da questo testo saranno successivamente estratte analisi che interesseranno anche i successivi contributi teorico-ideologici di Qutb ripresi nei suoi testi del periodo compreso tra la seconda metà degli anni Cinquanta e la prima metà dei Sessanta scritti prevalentemente in carcere al Cairo.

Infatti dopo il rientro in Egitto e l'adesione ai Fratelli Musulmani , organizzazione radicale musulmana fondata nel 1928 da Hassan al Banna e principale referente ideologico e politico di gran parte dei movimenti islamici d'ispirazione sunnita del mondo arabo, di cui Qutb diventerà il principale ideologo e ispiratore, Qutb finirà i suoi anni in carcere.

Dopo aver partecipato nel 1952 al colpo di stato del movimento dei Liberi Ufficiali di Muhammad Nagìb e Gamal 'Abd al Nasser che abbatterà la monarchia di re Faruq I, il suo rapporto con Nasser e il movimento da lui diretto si farà dapprima teso ed infine di aperta ostilità. Dopo il fallito attentato contro Nasser, organizzato dai Fratelli Musulmani (che accuseranno il 'rais' di non rispettare i principii dell'Islam) Qutb e parecchi dirigenti dell'organizzazione islamica finiranno in galera.

La dicotomia ideologica e la distinta prassi politica esistente tra Qutb ed i Fratelli Musulmani da un lato ed il nasserismo al potere sarà sostanzialmente quella che verrà ad aprirsi tra Islam e nazionalismo fino a quel momento sinergici in funzione anti-imperialista e anti-sionista.

"Il radicalismo islamico è un movimento politico-culturale - scrive Youssef M. Choueiri (1) - che afferma l'esistenza di un conflitto insanabile fra la civiltà occidentale e la religione dell'Islam. L'Islam è una visione globale e universale che esclude la validità di tutti gli altri sistemi di credenza e di valore, una visione fuori del tempo e non contaminata dai cambiamenti della storia. Le manifestazioni storiche e contingenti dell'Islam sono pallidi riflessi o peggio deformazioni del vero e integrale contenuto della fede. E' per queste ragioni dogmatiche e teoretiche che Sayyid Qutb affermava con una certa sicurezza che "i fondamenti dottrinali dell'Islam erano sfuggiti alla distruzione, nonostante gli incessanti attacchi portati dai suoi numerosi oppositori", fondamenti, ovviamente, giudicati sempre validi e capaci di animare l'azione collettiva di "una nuova generazione di credenti".".

La visione politica di Sayyid Qutb sarà, dal momento della rottura con il regime nasseriano, oltremodo radicale e sarà durante gli anni della prigionia che scriverà due opere tra le più siginificative prodotte dal pensiero politico islamico contemporaneo: "Fi zilal al-Qur'àn" (All'ombra del Corano) e "Ma'alim fi al-Tariq" (Pietre miliari o Idee Guida") che rappresenteranno per molti anni il 'breviario' ideale, sia teoretico che d'azione militante, delle future generazioni di militanti islamici forgiati dai Fratelli Musulmani.

"In verità - prosegue Choueiri (2) - il radicalismo di Qutb è in gran parte una risposta al riformismo islamico e al nazionalismo arabo. E' il tentativo di dimostrare la differenza che passa fra una dottrina autosufficiente e assoluta - l'Islam - e l'affannosa ricerca di una ideologia che prende a prestito da altri contesti culturali idee e concetti, votandosi così inevitabilmente all'insuccesso. Da qui la strenua difesa dell'esclusività e dell'unicità della weltanshauung islamica, e la condanna di tutti i tentativi volti a riconciliare l'Islam con altri sistemi di pensiero. Le idee più radicali di Qutb sono state pubblicate, fra il 1960 e il 1966, in quattro libri: "Le caratteristiche della concezione islamica e i suoi fondamenti" (1960), "Islam e problemi di civiltà" (1960), "Idee Guida" (1964) e l'esegesi coranica dal titolo "Sotto gli auspici del Corano" (1958-1966)".

A livello puramente politico l'opera più importante che Qutb produce è "Idee Guida" per taluni sorta di "Mein Kampf" in versione islamica che produrrà un enorme effetto a livello di influenza e ispirerà gli ambienti religiosi islamici in crisi dinanzi alle vittorie apparenti del nazionalismo panarabista d'ispirazione nasseriana.

Il periodo in cui Qutb scrive i suoi testi appare comunque dominato dalle ideologie laiche di stampo occidentale: gli anni Sessanta sono quelli che vedranno ovunque avanzare all'interno del mondo arabo idee ispirate al nazionalismo, al panarabismo e al socialismo. E' di quel periodo la costituzione tra le fila dei palestinesi dell'OLP di Yasser Arafat che assumerà una dominante ideologia ispirata ai principii del socialismo. In Iraq e Siria di lì a qualche anno sarà invece il partito Ba'ath - laico, socialista e nazionalista - che prenderà il sopravvento ed il potere scindendosi poi in due tronconi che domineranno con Hafez el Assad e Saddam Hussein il panorama politico rispettivamente a Damasco e a Baghdad per diversi decenni.

Infine in Libia, ispirandosi direttamente al nasserismo panarabo egiziano, Gheddafi prenderà nel 1969 il potere cercando - con la pubblicazione del "Libro Verde" - un'improbabile coniugazione di idee islamiche e dottrine laico-nazionaliste moderne.

Rimane inoltre essenziale, nella formazione politica e ideologica di Qutb, la sua direzione culturale di intellettuale e letterato che aderì soltanto agli inizi dei Cinquanta all'organizzazione dei Fratelli Musulmani osservandone e analizzandone il fallimento come movimento di massa mirante alla conquista del potere. Il movimento era, quando Qutb vi aderì, diretto da Hassan al Hudaybi, un giudice di corte piuttosto moderato e privo del carisma appartenuto al vecchio leader e fondatore - Hassan al Banna - che aveva condotto i Fratelli Musulmani come una autentica avanguardia combattente durante le rivolte palestinesi degli anni Trenta e intendeva la politica come arena di scontro tra concezioni diverse nella quale l'Islam avrebbe affermato la sua validità eterna.

Per Qutb, come per al Banna, la politica doveva essere onnicomprensiva, essenziale, priva di compromessi e fondata sui principi ideologici e la dottrina islamica. Tale visione del mondo - all'interno della quale situava anche le grandi questioni economiche e sociali che riteneva essere il riflesso di una visione globale del mondo necessaria per affermare un modello organico assoluto - porrà Qutb in rotta di collissione con Nasser, pragmatico, scaltro e che - da politico arrivato a conquistare il potere, considera l'ideologia esclusivamente quale strumento necessario al regime e alla salvaguardia dell'Autorità del nuovo Stato che intendeva costruire sulle basi del suo socialismo nazionale e del panarabismo. Qutb , al contrario, vedeva nell'ideologia un insieme di principii non negoziabili.

Nell'autunno 1964 Sayyid Qutb verrà rilasciato su pressioni irachene ma la sua libertà sarà di breve durata: il governo di Nasser lo rimetterà in galera nell'agosto successivo con l'accusa di attentare alla sicurezza nazionale e di aver progettato un tentativo di colpo di stato basandosi sui concetti espressi nel volume "Idee Guida" nel quale Qutb lancia la sua condanna irreversibile contro tutti i sistemi politici moderni - anche quelli che intendono utilizzare l'Islam per i loro interessi - accusandoli di rappresentare una moderna "Jàhiliyya" (l'epoca oscura, l'epoca dell'ignoranza precedente l'avvento dell'Islam e la Rivelazione Coranica).

Il governo di Nasser procederà quindi contro Qutb accusandolo apertamente di fomentare disordine e caos. L'accusa difatti rivolta alla società egiziana dal teorico dei Fratelli Musulmani è diretta in primo luogo contro il potere ed i detentori di questo potere: l'autorità (incarnata dal Rais) diviene illegittima e l'accusa di apostasia che Qutb rivolge al potere politico suona direttamente come un'accusa rivolta a Nasser, il "Faraone" come sarà anche apostrofato spregiativamente dai militanti islamisti.

Le accuse contenute nel volume di Qutb sono un durissimo colpo per il prestigio, all'epoca all'apice del successo personale, di Nasser. Qutb sarà dunque sottoposto a processo assieme ad altri sei esponenti dei Fratelli Musulmani. Il processo susciterà un'acceso dibattito all'interno della società egiziana e nel mondo arabo avrà una vastissima ripercussione mediatica. La sentenza emessa contro Qutb ed i suoi collaboratori sarà la pena di morte: il 29 agosto 1966 saranno infine giustiziati mediante impiccagione. Nell'ultimo periodo di reclusione Qutb scriverà un resoconto finale della sua attività all'interno dei Fratelli Musulmani intitolato "Li madha 'adanuni?" (Perchè mi hanno giustiziato?) ultimo atto di accusa contro Nasser e il regime egiziano.

Per comprendere Qutb occorre ricordare l'assoluta validità ed insindacabilità delle Verità Coraniche le quali rappresentano il motore centrale dell'ideologia islamica.

Tutti i principali teorici islamici insistevano sul concetto che l'ideologia rappresentasse il perno attorno alla quale doveva costruirsi e muoversi l'intera società, in particolare nella visione islamica come fosse necessario strutturare qualunque società sui precetti coranici e sulla giustizia islamica. Qutb, come Abu 'Ala Maududi , auspicava la rinascita islamica la quale eliminava tutte le contraddizioni ideologiche ed i compromessi tanto del riformismo islamico della fine Ottocento quanto dei moderni ibridi ideologici nazionalisti e socialisti che attingevano da dottrine estranee alla cultura ed alla civilizzazione araba e islamica.

"L'universo - scrive Qutb (3) - è regolato da una sola legge che lega tutte le sue parti in una sequenza armoniosa e ordinata. Questa disposizione organica e congruente è frutto dell'atto creativo di una sola potenza, l'espressione di un solo Dio. La molteplicità degli esseri, o essenze, conduce ad una molteplicità di volontà, e dà origine a diverse norme e a diversi orientamenti. La potenza è l'espressione reale di un'essenza dinamica, e la legge ne è il segno manifesto. Se non fosse così, l'unità dell'ordine cosmico e la logica del suo ordinato sviluppo sarebbero compromesse e si creerebbe uno stato di disordine.".

I concetti quì compresi sono cristallina oggettivizzazione di una realtà metafisica e metastorica che rappresenta l'irruzione del Divino nella sfera metapolitica: è il Sacro che ordina e determina i meccanismi, le dinamiche, le strutture di riferimento sia a livello individuale che collettivo; ed è il messaggio religioso che si manifesta quale asssoluta e immutabile Verità ordinatrice, insieme legislazione e modello concettuale sul quale modellare l'intera azione sia politica sia economica che sociale.

Qutb ed i militanti islamici sono fermamente convinti della irrinunciabilità di riferirsi ed applicare con fermezza i precetti religiosi: è l'Islam il faro che guida l'attività dell'organizzazione e che sarà il riferimento costante di tutte le successive evoluzioni che interesseranno sia i Fratelli Musulmani che le altre formazioni ad ispirazione islamica (ricordiamo come Hamas sia nata quale sorta di sezione palestinese del movimento di al Banna e che diversi partiti islamici presenti sulla scena politica araba - dall'Ennadha tunisina di Rachid Ghannouchi (4) al F.I.S. algerino - si ispirano alle idee ed alle pubblicazioni di Qutb) che dalla metà dei Sessanti affioreranno nel mondo arabo.

L'influenza esercitata dalle idee di Qutb - che sono un naturale proseguimento ed un'evoluzione del pensiero politico tracciato fin dalla fine degli anni Venti da Hassan al Banna - sarà notevole per tutti i decenni successivi: fondamentalmente Dio è il Creatore assoluto dell'universo e l'essere umano deve seguirne, accoglierne e applicarne le direttive. Queste direttive, le norme divine, sono immutabili, incontestabili e irrinuciabili perchè portano alla formazione di una società equa e alla realizzazione di una vera giustizia sociale che tutti gli altri sistemi di produzione e sviluppo, che tutte le altre dottrine politiche e le altre ideologie, non sono in grado di offrire perchè incomplete e frutto del pensiero umano.

A livello di influenza e impatto sulle società musulmane l'idea del risveglio islamico come inteso fin dai primi anni Venti dai Fratelli Musulmani appare sostanzialmente come una forma di "rivoluzione conservatrice" sul modello di quanto, più o meno analogamente, avvenne in Europa nel periodo compreso tra le due guerra mondiali con il Fascismo. L'Islam politico che si erge a difensore di una civiltà rappresenta difatti un punto di riferimento ideale, welthanshauung e stile di vita, che riporta ad un passato avvertito e rappresentato come sorta di "età dell'oro" alla quale fare ritorno. Sotto molti punti di vista questa volontà di potenza che intende riportare indietro le lancette della storia è, in tutta la sua estensione e multiformità, l'estrema ratio dell'intero pensiero politico islamico il quale, rispetto alla modernità, si pone in netta contrapposizione per quanto concerne i sistemi di sviluppo e le forme di Stato laiche o desacralizzate mentre può tranquillamente aspirare a 'concorrere' sul piano dei mezzi e della tecnologia usufruendo dei benefici della tecnica, delle scienze e del sapere moderni, integrandoli all'interno della forma culturale musulmana - da sempre peraltro capace di inglobare senza deformare qualunque novità (e ricordando come furono gli arabi e i musulmani a rappresentare l'avanguardia di civilizzazione nel periodo compreso tra il IX e il XV secolo prima dell'avvento dell'umanesimo e del rinascimento europei).

Queste caratteristiche dell'Islam ci portano a identificare il rapporto che viene vissuto dai movimenti islamici rispetto alla società moderna: condanna inevitabile per le sue derive edonistico-consumistiche, rifiuto dei sistemi di sviluppo capitalistici e comunistici (e più vastamente di tutto ciò che non rientri organicamente all'interno della Shariya=Legge islamica) ma ampi spazi di interazione con i sistemi, i mezzi, gli strumenti e le nuove tecnologie.

"Nell'idea del risveglio islamico - scrive la professoressa Scarcia Amoretti (5) - ci sono più elementi negativi che positivi, almeno nella nostra valutazione (ovviamente noi dissentiamo pur valutando ottimamente quest'analisi ndr). Questa espressione equivale spesso a una volontà di conservazione, se non proprio di reazione. E' un pò come dire che tutta un'area del mondo vuole tornare a forme primitive di civiltà, mette in discussione le grandi scoperte tecnologiche, fa subire una battuta d'arresto all'evoluzione sociale. Viene chiamato in causa il Medioevo, con tutto l'apparato di oscurantismo connesso; e si cerca di dimostrare che i paesi islamici, ancora medievali, intendono per di più rimanere tali. (...) Islam politico significherebbe una teoria islamica, fissa nel tempo, che verrebbe a condizionare e a determinare delle scelte, un progetto e un programma, rigidi, stabiliti in base a uno schema fisso e immobile. (...) Il mondo islamico sarebbe, per così dire, fuori della storia, e lo sarebbe oggi in modo particolare."

Dobbiamo soffermarci e analizzare attentamente questa analisi - comune del resto al 'sentire' generale che si ha in Occidente delle società islamiche - e svelarne gli errori che sono essenzialmente caratteristici di una "mentalità" che uniforma, o tende inevitabilmente ad uniformare, tutto in funzione di quelli che sono i propri interessi particolaristici: in questo caso l'Occidente intende necessariamente livellare e omologare , riportando sotto i propri contrassegni distintivi e le proprie parole d'ordine, l'Islam e le società musulmane, ricomprenderle all'interno dei suoi meccanismi, immetterle dentro il 'villaggio globale' inserendole giocoforza nelle dinamiche della globalizzazione economica e dei processi di democratizzazione e liberalizzazione esportati sovente anche manu militari.

E ciò rende difficile qualsiasi comprensione della realtà e del 'fattore' Islam. L'Occidente non riuscendo a comprenderne le dinamiche storiche, la direzione politica e sociale, il rifiuto aperto o 'moderato' della modernità che le realtà socio-economiche musulmane de facto determinano con i loro atteggiamenti che non sono affatto di "chiusura" ma semplicemente una naturale reazione a difesa dell'esistente. La modernità , frutto delle scelte in campo economico-produttivo capitalistiche occidentali, viene avvertita come lacerante e destabilizzante e come tale rifiutata. L'idea del risveglio islamico contrariamente a quanto scrive l'autrice rappresenta invece l'affermazione di identità, valori, di una visione etica e morale che, qualora non difese, finirebbero inevitabilmente travolte e sommerse nel mare della modernità.

L'Islam è per sua natura tradizionale e conservatore nè potrebbe essere altrimenti e, ci si permetta, non si capirebbe come potrebbe divenire 'progressista'....L'idea di un compromesso con la società modernità, con la modernità (o modernismo) e con i suoi prodotti è idea tipicamente occidentale che ha investito, deformato e infine distrutto (o quantomeno modificato sostanzialmente) l'idea-base ed i concetti fondamentali di autorità sui quali, per fare un semplice esempio, si fondava l'istituto ecclesiastico e la stessa sovranità dell'Istituzione religiosa cristiana. Nel mondo islamico quest'opzione - quasi inevitabile e avvertita quale diktat imposto dai flussi storici e dalle dinamiche sociali - non sussiste: sfera temporale e sfera spirituale, i due poteri, sono indivisibili. La natura propria della religione musulmana non permette il riflusso nella modernità, la scomparsa dell'Islam quale fattore di sviluppo decisivo, la sua omologazione mondialista.

Al di là di immagini 'medievali' le società musulmani dimostrano vitalità, dinamismo, ampi spazi di interazione con il 'nuovo', con il 'moderno', con ciò che è lo 'strumento' della modernità riuscendo a conservarsi e a mantenere le loro caratteristiche, rifiutando appunto l'etat d'esprits modernisti.

L'Islam politico è semplicemente l'Islam. Perchè, parafrasando il compianto Imam Khomeini- fondatore della Repubblica Islamica dell'Iran e Guida Suprema della Rivoluzione Islamica (una rivoluzione che ha utilizzato tutti i più moderni sistemi tecnologici per abbattere il regime taghuti dello shah) - "l'Islam o è politico o non è" ovvero non esiste, non può esistere nè deve esistere un'Islam apolitico, esterno al telaio istituzionale e sociale delle nazioni, confinato al di fuori dello sviluppo e del dibattito sullo sviluppo. E' questa la principale forza dell'Islam: porsi al centro comunque del dibattito sullo sviluppo e sulle forme che esso dovrà assumere, rendersi perno dell'eventuale direzione di marcia, motore immobile delle dinamiche sociali e politiche indipendentemente da quali siano le 'forme' esteriori assunte dall'autorità.

Anche un'autorità laica, 'modernizzatrice', che intenda coniugare nazionalismo e socialismo o altre dottrine politiche occidentali deve, in terra d'Islam, fare i propri conti con il ruolo inestinguibile e inesauribile dell'Islam, con la sua cultura e la sua civilizzazione che sono - in particolare - anche forme di governo, sistemi di potere, autorità. L'Islam politico dunque non è 'fisso' ed 'immobile': è continuamente in perenne movimento, dinamico, attivo e reattivo.

Laddove l'Islam è al potere - pensiamo alla Repubblica Islamica dell'Iran - l'evoluzione, il progresso scientifico-tecnologico, il dibattito sul rapporto con la modernità e lo studio e l'analisi dei meccanismi di funzionamento delle società moderne sono in pieno sviluppo...uno sviluppo che non è 'progressista', non è 'laico-illuminista', nè 'democratico' secondo le percezioni e le idee occidentali, e soprattutto non consente alla modernità di deformare il tessuto sociale, economico e politico di una nazione autarchicamente inquadrata nella scintillante forma-ierofanica della Teocrazia Shi'ita duodecimana.

Affermare da questo punto di vista che il mondo islamico sia "per così dire, fuori della storia" equivale a non comprendere il 'senso' profondo della stessa evoluzione intrapresa dalle società musulmane a partire dall'avvento della rivoluzione islamica iraniana ovvero da quando è possibile affermare l'evidenza lapalissiana di un autentico "risveglio islamico" il quale scuote dalle fondamenta i vecchi sistemi di produzione, rimette in discussione l'autorità, rifiuta le vecchie ideologie, elimina le influenze straniere e determina una spinta emozionale collettiva verso la riappropriazione della propria identità religiosa.

Identità religiosa che è fondamentalmente dottrina e legge per l'Islam poichè come scrive Choueiri "i fondamenti o i principi basilari non cambiano nè si evolvono: il cambiamento, quando si produce o per necessità storiche o per volontà degli uomini, intacca la superficie delle cose, non è che una increspatura delle onde dell'oceano. L'intelletto umano, per quanto raffinato ambizioso o scientifico possa essere, deve invariabilmente "nuotare nel mare dell'ignoto", dove tutt'al più s'imbatte in "isolotti galleggianti sui quali approda come un naufrago in una situazione di grande pericolo". (...) Un esempio per Qutb è il libro dell'"ateo" Huxley, "Man stands alone" (L'uomo è solo). Secondo Qutb è una pretesa infondata contrapporre la conoscenza scientifica alla verità di fede. Pensare in questo modo degrada l'uomo, il quale non diventa pienamente umano e non trascende la sua animalità, perchè la fede nell'ignoto (al-ghayb) non diventa parte integrante della sua vita e del suo pensiero." (6)

L'Islam ovviamente non si limita semplicemente a rispondere a quelle che sono le naturali questioni individuali e collettive ma legifera e crea una serie di disposizioni che rappresenteranno i valori di riferimento morali ed etici della società ecco perchè, come rileverà Qutb, la conoscenza fondata sulla fede islamica sarà contemporaneamente metafisica e scientifica. Per Qutb la scienza moderna è relativa e suscettibile di trasformazioni continue: si basa su congetture e calcoli approssimativi sempre invalidati da nuove prove e nuovi calcoli. La Verità Coranica al contrario è immutabile, perfetta e onnicomprensiva.
(Continua)

Lupo
26-09-09, 21:21
Accettare l'Islam per Qutb significa accettare qualcosa di eternamente valido, rifiutarlo significa cadere nello stato di "jahiliyya" (ignoranza) e di approssimazione e relativismo nelle quali affondano le società contemporanee senza idee-guida, basi solide, ordinamenti stabili e valori di riferimento insindacabili.

"La jahiliyya - scrive (7) - ha le stesse caratteristiche, indipendente da tempo e spazio. Ogni volta che il cuore dell'uomo è privo di una dottrina divina che governi i suoi pensieri, ed anche di norme legali che regolino la sua vita, la jahiliyya ricompare prepotentemente (...) La condizione di ignoranza in cui si trovano le società contemporanee non è di natura diversa da quella in cui versava l'antica Arabia prima del sorgere dell'Islam (...) L'umanità vive oggi in un grande bordello. Basta dare un'occhiata alla stampa, al cinema, alle sfilate di moda o ai concorsi di bellezza, alle sale da ballo, ai bar e alle trasmissioni radiotelevisive! O osservare la sua folle brama di corpi nudi, posizioni provocanti o affermazioni allusive in letteratura, nell'arte e nei mass-media! A ciò si aggiunga il sistema dell'usura che alimenta l'avidità dell'uomo per il denaro, per il quale l'uomo è disposto a ricorrere a mezzi spregevoli per accumularlo e investirlo, la frode, l'inganno e l'estorsione, magari ammantati di legalità."

Sul piano politico, oltretutto, c'è da sottolineare come questa 'intransigenza' dottrinaria, con la conseguente coerenza tra teoria e azione dimostrata dalla maggior parte dei movimenti islamici, ha cominciato - dalla fine degli anni Settanta - a guadagnare terreno politico, fiducia, popolarità tra le masse arabe e islamiche deluse dai compromessi, dai mezzi risultati, dai fallimenti prodotti dai precedenti movimenti nazionalisti o socialisti dell'epoca nasseriana. L'Islam politico e rivoluzionario ha progressivamente eroso quello spazio d'azione politica dal quale si erano andati costituendo i movimenti nazionalisti. Questa dinamica di sostituzione appare tanto più evidente laddove i movimenti "laici" hanno cercato di normalizzare la loro politica (in particolare in Palestina dove l'OLP ha progressivamente svenduto la causa nazionale accettando infine supinamente gli accordi di Oslo e gli inutili processi di pace con l'entità sionista).

Hamas e Jihàd Islamica in Palestina, i Fratelli Musulmani nel vicino Egitto, il FIS in Algeria hanno pesantemente messo in discussione i principii e le basi sulle quali erano stati creati l'OLP da un lato e i regimi egiziani e algerino dall'altro lato.

In Egitto si è arrivati al paradosso di un collasso economico senza precedenti (provocato anche dalla politica di infitah = apertura economica avviata da Sadat e perseguita dal suo successore Murabak) tenuto in piedi esclusivamente grazie agli aiuti del FMI e dalla 'carità' statunitense e occidentale. Il Cairo, dopo gli accordi di Camp David e la normalizzazione dei rapporti con i sionisti, è diventata la principale alleata nel Vicino Oriente di Washington - indispensabile quanto se non più della stessa Arabia Saudita.

In questa situazione come ha rilevato il giornalista britannico David Hirst "la nuova generazione non sa più se la diga di Assuan sia stata una cosa buona o cattaiva, nè se la guerra del 1956 sia stata una vittoria o una sconfitta, se l'evacuazione degli inglesi abbia avuto effetti positivi o negativi, o se la riforma agraria fosse necessaria per lo sviluppo economico e sociale". Le basi ideologiche del nasserismo ed il suo imponente apparato propagandistico si sono progressivamente erosi non risultando più funzionali nè sul piano interno nè su quello della politica estera del post-Camp David. A ciò devesi aggiungere lo stato di degrado delle istituzioni, la corruzione, il malfunzionamento dei servizi sociali, situazioni di precarietà diffusa, mancanza di lavoro e per le nuove generazioni di un futuro.

"In queste condizioni - scrive Alain Greish (8) su Le Monde Diplomatique - il movimento islamico - largamente finanziato dall'Arabia Saudita e dai paesi del Golfo, incoraggiato in un primo tempo dalle forze al potere e dagli occidentali per lottare contro la sinistra, nasseriana o marxista - è riuscito a imporsi. Ha rimpiazzato lo Stato vacillante, assicurando cure mediche gratuite, istruzione, sussidi ai più poveri. L'adesione di milioni di egiziani - o di algerini - alla sua lotta non significa che essi desiderano vedere instaurare uno "Stato religioso", ma esprime principalmente le loro aspirazioni a una maggiore giustizia sociale e a una maggiore libertà."

In Palestina, dove infine Hamas ha preso il potere a Gaza e avviato un processo di islamizzazione della società, così come nei primi anni Novanta in Algeria, Egitto e in quasi tutti i paesi dell'Africa del Nord i movimenti islamici hanno sostituito nell'ideale popolare i vecchi partiti che avevano condotto le guerre per l'indipendenza nazionale (il Fronte di Salvezza Nazionale algerino ma anche l'idea panarabista nasseriana egiziana). Quando il FIS vinse il primo turno delle elezioni legislative in Algeria nel dicembre 1991 - a meno di un anno dalla crisi-guerra mondialista per il petrolio lanciata dall'amministrazione Bush contro l'Iraq di Saddam Hussein - l'Occidente, le democrazie occidentali, preferirono 'delegare' il regime militare di Algeri alla repressione - con tutti i mezzi - del "pericolo islamista": sette anni di guerra civile, oltre 200mila vittime, un massacro quotidiano vennero giustificati in nome della 'salvaguardia della democrazia' quella stessa democrazia abolita e negata dai militari al potere che - esercitando tutto il loro potere e con il disco verde occidentale - blindarono i dirigenti del FIS, dichiararono fuorilegge il movimento islamico algerino e provocarono l'inizio della lunga crisi algerina.

Ma anche laddove i movimenti islamici non hanno preso il potere - Egitto, Marocco, Giordania - rimane forte la loro influenza e alta la loro popolarità. Questo perchè, "come osserav Ghassan Salam, "gli islamici si sono conquistati la popolarità cercando di applicare il programma che i regimi nazionalisti avevano formulato ma erano stati incapaci di porre in atto". Non è contro la modernità che si sono mobilitati, ma contro il suo surrogato: in Algeria come in Egitto, ceti molto ristretti godono dei mille privilegi delle società del Nord, mentre la massa si dibatte in una miseria senza scampo." (9).

Ai problemi reali, quelli della quotidianità, l'Islam offre soluzioni che il nazionalismo ha solamente teorizzato. L'influenza che è stata esercitata dalle teorie degli ideologi sunniti della "rinascita dell'Islam" è profonda: "chi avesse modo di leggere i testi, che i leader del FIS hanno prodotto in questi ultimi anni, troverebbe - scrive Enzo Pace nell'introduzione al libro di Choueiri (10) - frequentemente un interessante "gioco degli specchi" linguistico: ciò che dice o scrive Abbassi Madani (leader del FIS algerino) è lo specchio fedele di ciò che ha detto o scritto Sayyd Qutb (...) , il cui pensiero, a sua volta, rappresenta il riflesso speculare di una linea dottrinaria che rimonta al teologo riformatore sunnita Ibn Taymiyya .... (...) Si potrebbe dire, con una battuta, che al collasso dello Stato-Provvidenza che si verifica soprattutto in modo più drammatico nei paesi del vicino Maghreb, una parte della società si rivolge alla Provvidenza di Allah."

Influenza profonda e insindacabile soprattutto perchè Qutb partirà dall'analisi e dal rifiuto di tutte le altre forme di governo importate dall'Occidente e delineerà una dottrina politica di lotta conforme ai tempi moderni indicando nella fine del ciclo storico occidentale una delle costanti dalle quali dovrà muovere il militante o il dirigente islamico. Per Qutb l'Occidente è giunto al capolinea: la missione-storica dell'uomo occidentale comincia a venir meno, il suo ruolo di guida planetaria viene messo sempre più in discussione, democrazia e liberalismo perdono ovunque di fascino sopratttutto nelle società del Terzo Mondo.

In questa situazione e in prospettiva per Qutb tutte le teorizzazioni occidentali e le loro realizzazioni pratiche sono destinate a un lento ma inesorabile declino: democrazia, parlamentarismo, socialismo, nazionalismo attraversano crisi profonde. Per Qutb occorrerà salvaguardare ciò che di valido, sul piano delle conquiste scientifiche e tecnologiche, è stato prodotto in questi decenni dall'Occidente ma affidarsi all'Islam per creare "una leadership in grado di conservare e sviluppare l'attuale cultura materiale, prodotta dal genio creativo europeo, immettendo nuove energie, nuovi ideali, nuovi valori capaci di riplasmare i modi di vita delle persone. Solo l'Islam - affermava (11) - possiede questi valori e la saggezza necessaria per rifondare la vita morale dell'umanità.".

"Per l'Islam - scrive Choueiri (12) - si pone una splendida opportunità per rivendicare la leadership del mondo. L'Islam è non solo dottrina religiosa, ma un compiuto sistema sociale e politico, stile di vita e pratica interiore. Il suo risveglio fu in questo senso necessariamente legato all'emergere di un "movimento dinamico" e alla restaurazione della nazione araba che era stata assente dalla scena della storia per molti secoli. La comunità musulmana non era nè una porzione di territorio in cui veniva applicata la shari'à, nè il nome di un popolo i cui antenati una volta vivevano in un ordinamento islamico. La comunità dei credenti era piuttosto un'associazione di persone la cui vita spirituale e materiale era perennemente governata dall'Islam: una nazione di questo genere è stata unica ed irripetibile e non esiste più in nessun luogo del mondo. Per ricollocare l'Islam alla testa delle nazioni della terra occorre un gesto coraggioso e straordinario: eliminare tutte le forme di idolatria e restaurare l'ordine delle cose profane sulle fondamenta sacre. Il successo di questa operazione dunque dipende solo dalla capacità di riscoprire le proprie radici e la propria vocazione all'altezza dei nuovi tempi storici. La vocazione dei musulmani è tutta chiaramente delineata dalla dottrina e dalla metodologia dell'Islam."

E la contrapposizione con tutto quanto non sia Islam diverrà radicale nel pensiero politico - tanto per Qutb quanto per Maududi. Nella sua dottrina di lotta Sayyid Qutb riconosce un ruolo rilevante al concetto del "Jihàd", lo sforzo anche militare sulla strada di Allah. Per Qutb il jihàd dev'essere considerato uno dei primi doveri religiosi per il militante islamico e sostanzialmente il movimento doveva essere considerato come e più di una avanguardia rivoluzionaria sempre pronta all'insurrezione e alla rivolta.

Nel quadro dottrinario di Qutb l'Islam politico e rivoluzionario assumerà i connotati avuti negli anni Venti e Trenta dal marxismo, dal fascismo e dal nazionalsocialismo europei. Come questi infatti l'Islam doveva porsi quale idea-guida e con questi condivideva la stessa ambizione di conquista del potere con ogni mezzo pur differendo da essi nei suoi obiettivi finali. Idee non nuove: lo stesso Abu Ala Maududi riteneva l'Islam un'ideologia rivoluzionaria e , di conseguenza, tutti coloro che aderivano all'Islam erano da considerarsi come una sorta di "partito rivoluzionario internazionale" sul modello di quelli comunisti.

A differenza dei comunisti però la lotta per l'affermazione dell'Islam nella società non è diretta ad un gruppo sociale particolare nè si rivolge a razze, etnie o nazionalità particolari come nel fascismo e nel nazionalsocialismo: l'Islam si rivolge a tutti gli esseri umani incitandoli a unirsi alle fila dei credenti. Il "partito rivoluzionario internazionale" concentrerà tutta la sua attività ed i suoi sforzi per conquistare un potere che dovrà instaurare un ordine più equo e più giusto. Lo scopo di questa battaglia è il disarmo degli sfruttatori e la fine dell'oppressione e il trasferimento del potere nelle mani dei "rappresentanti" (per Maududi 'funzionari') di Dio.

"Spogliata dalla sua retorica rivoluzionaria - scrive Choueiri (13) - la concezione del jihàd di al-Mawdudi equivale ad un putsch ben programmato , sferrato per sostituire un governo con un altro.".

In questa prospettiva che la storia ha dimostrato attuabile (si pensi ad Hamas e al suo "colpo di Stato" nella striscia di Gaza con il quale nell'estate 2007 ha desautorato dei poteri gli uomini di Fatah per assumere la direzione generale degli "affari di Stato" muovendosi proprio come un vero e proprio governo in pectore dello Stato Islamico Palestinese di Gaza) occorre riconoscere una certa similarità soprattutto di pensiero tra la metodologia politica nazionalsocialista e quelle che saranno le formulazioni di Qutb.

Abbiamo altrove rilevato il rapporto simbiotico e le analogie operative esistenti tra Nazionalsocialismo e Islam politico (14) in merito occorre sottolineare l'influenza esercitata su Sayyd Qutb da un volume di Alexis Carrel , "L'homme, cet inconnu" (1935); testo fondamentale della sociologia europea degli anni compresi tra le due guerre mondiali peraltro riferimento valido per altri autori e pensatori islamici anche sciiti fra i quali ricordiamo l'iraniano Alì Shariati e la guida degli sciiti iracheni , martire Mohammad Baqer al Sadr.

"In Occidente Alexis Carrel non è un nome molto familiare, ma nella letteratura islamica le sue idee sulla civiltà moderna, sulla moralità e sulle conoscenze umane sono citate di frequente, ma spesso di seconda mano. Fu forse lo studioso religioso indiano al-Nadawi a farlo conoscere al pubblico musulmano negli anni Cinquanta. Qutb ricavò dalle idee di Carrel una teoria politica radicale. Prima di discutere il libro di Carrel è necessio per ragioni connesse alle sue idee, dare qualche notizia sulla sua carriera. Alexis Carrel studiò all'Università di Lione dove, dopo la laurea in Medicina nel 1900, insegnò anatomia. Più tardi si trasferì al Hull Phsiological Laboratory dell'Università di Chicago. Successivamente, nel 1906, divenne membro del Rockfeller Institute of Medical Research di New York. Lì sviluppò quella che divenne nota col nome di "sutura di Carrel" per ricucire i vasi sanguigni. Per questo ottenne il Premio Nobel per la Medicina nel 1912. (...) Allo scoppio della seconda guerra mondiale Carrel tornò in Francia ed entrò nel Ministero della Sanità francese. Nel 1940 il governo filo-nazista di Vichy lo nominò direttore della Fondation pour l'Etude des Problèmes Humains. (...) La liberazione di Parigi da parte degli Alleati nel 1944 pose fine alla sua carriera: accusato di aver collaborato con i nazisti, fu licenziato e morì in quello stesso anno. Nel leggere il libro di Carrel nel 1959 o nel 1960 Qutb ebbe la sensazione che tutti i pezzi di un puzzle andassero nel loro posto. E per un pò sembrò che la concezione di Carrel e i versetti del Corano parlassero la stessa lingua. Ad esempio, Carrel sottolinea quanto poco si conosca della natura umana, dichiarando: "E' ben evidente che le conquiste di tutte le scienze che hanno come oggetto l'uomo sono limitate e la conoscenza di noi stessi è ancora molto rudimentale". A sua volta Qutb citava alcuni eminenti versetti del Corano per confermare l'opinione di un eminente scienziato: "Però ecco che molti degli uomini negano il futuro incontro col loro Signore. Essi conoscono l'esterno della vita terrena". e "Essi ti interrogheranno riguardo allo Spirito. Tu dì: "Lo Spirito viene per comando del mio Signore. A voi non è stato dato, della vera scienza, se non poco"." (15)

Le idee di Carrel , intrise di una profonda critica alla società moderna - tipica di quella "letteratura della crisi" che da Spengler a Guènon passando per Huizinga e Evola aveva interessato i principali pensatori della cosiddetta "rivoluzione conservatrice" europea nel periodo compreso tra le due guerre mondiali - coinvolgevano

direttamente sia i modelli democratici che quelli marxisti, le società occidentali quanto quelle orientali eterodirette dai due imperialismi dell'Occidente e dell'Oriente.

Qutb, riprendendo quanto Carrel aveva analizzato, metteva alla berlina il "mito" dell'egualitarismo e l'ideale progressista che ispiravano sia le tesi di Marx che quelle dei pensatori e filosofi del liberalismo e della democrazia. Tutto l'Occidente per Qutb - come per Carrel - era avviato verso un lento ma inesorabile declino e con esso le sue dottrine menzognere e i suoi prodotti: parlamentarismo, democrazia, liberalismo, uguaglianza fra uomo e donna, la tecnologia applicata caoticamente e in modo ossessivo per gli interessi di una piccola casta dominante, la natura oligarchica delle società, i miti edonisti, il meccanicismo e il materialismo dominanti tanto nell'Occidente capitalista quanto nell'Oriente comunista.

"Carrel, infine, credeva che misticismo, telepatia, chiaroveggenza, intuizione, ascetismo, illuminazione spirituale e ricerca di Dio fossero tutte forme per stabilire un contatto diretto con "la verità ultima". Questi fenomeni, egli dichiarava, sono esperienze reali che devono essere studiate e devono trovare la giusta collocazione in una nuova scienza dell'uomo. Si comprende allora come mai un radicale come Qutb possa definire Carrel un "uomo di grande conoscenza, profonda sensibilità, estrema sincerità e mentalità liberale. Un ribelle che ha contestato la civiltà industriale" (16)

Qutb riconosce l'importanza delle conquiste tecnologiche e scientifiche occidentali, non le rifiuta a priori ma intende inserirle in un nuovo più organico sistema di governo all'interno del quale siano ricollocate al loro giusto posto. L'importanza che avranno le tesi di Carrel su Qutb è indiscutibile considerando che il teorico dei Fratelli Musulmani sul piano sociale auspicava il ritorno all'equità e alla giustizia islamica così come sul piano economico rifiutava i sistemi affamatori dell'usura che dominava l'economia mondiale.

In questa prospettiva si può capire la critica fondamentale riservata da Sayyd Qutb al sistema economico internazionale dominato da quello che per il teorico egiziano era un "potere invisibile" , un'entità sovranazionale che si muoveva come una piovra al di sopra di popoli, Stati e Nazioni.

La teoria del complotto ebraico contro l'Islam prenderà il sopravvento e risponderà perfettamente al 'puzzle' di Qutb. Non nuova, importata dall'Europa, profondamente influenzata dalla letteratura complottista russa (i Protocolli) e dalla pubblicistica nazionalsocialista tedesca l'idea della congiura planetaria ebraica si muove nella storia dell'ultimo secolo spostandosi di nazione in nazione e confermando palesemente quelle che sono le 'tappe' del percorso del cosiddetto Serpente Simbolico disegnato nella sua introduzione alla prima edizione dei "Protocolli" da Sergeij Nilus e straordinaria metafora del viscido 'affioramento' di tendenze tellurico-demoniache dell'elemento ebraico una volta asceso al potere.

Teorie che sono 'conformi' peraltro a verità fattuale come evidenzierà nitidamente Henry Ford: "La finanza del mondo intero - scriverà il magnate dell'automobile americana (17) - obbedisce esclusivamente agli ebrei, le cui decisioni e i cui piani equivalgono a leggi irrecusabili. (...) L'idea principale del trionfo finale d'Israel è familiare a tutti gli ebrei che non abbiano perduto il contatto col loro popolo...(...) ...si arriva alla conclusione che se oggi esiste un programma ebreo per arrivare all'egemonia mondiale, esiste necessariamente per l'aiuto e la cooperazione di un certo numero d'individui che debbono riconoscere un loro capo ufficiale. (...) L'idea di un sovrano ebreo risulta troppo assurda per chi non è in contatto permanente con la questione primordiale. Eppure non esiste nessuna razza che si sottometta con maggior buona volontà all'autocrazia come la razza ebrea, nessuna che più di essa desideri e rispetti il potere. (...) L'ebreo è cacciatore di fortune per il semplice fatto che fino ad oggi il denaro è stata l'unica fonte che gli ha procurato i mezzi di raggiungere il potere. L'ebreo non si oppone ai re propriamente detti, ma a quelle forme di Stato che non ammettono un re ebreo. Il futuro autocrate sarà un re ebreo seduto sul trono di David: su questo punto coincidono tutte le profezie antiche e tutti i documenti del programma di egemonia mondiale."

Teorie peraltro riprese e ampliate, riviste ed aggiornate alla luce degli avvenimenti legati all'instaurazione dell'entità criminale sionista in Terrasanta da Sayyd Qutb e nell'avvento di strutture di potere - politico ed economico - sovranazionali quali l'Onu, la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale.

L'intero sistema economico mondiale, ad Est come ad Ovest, è un insieme di regole inique che servono ad una piccola oligarchia per mantenere il potere e dominare il pianeta: gli ebrei ovvero i fondatori storici del sistema usurocratico e gli inventori del sistema commerciale e finanziario moderno.

Per Qutb questa aberrazione è il frutto di una plurisecolare azione disgregatrice e sovvertitrice dell'ordine naturale e divino, un delitto commesso contro le leggi imposte dall'Onnipotente agli uomini ed un crimine contro l'intera umanità.

"Liberando l'economia dall'usura, spiega Qutb, si innescherebbe un circolo virtuoso di attività produttive, fondato sulle leggi divine. Non è il capitale, di per sè, la radice del problema; sono piuttosto i metodi e i sistemi di transazione che ne decidono la bontà. Ricollocato il capitale entro una visione globale della vita, l'Islam può recuperarne la sua funzione sociale e produttiva: l'uomo diventa un "fiduciario" di Dio, delegato a intraprendere certe attività e ad astenersi da altre; lucrare interessi in qualunque forma o metodo è proibito in modo vincolante dal Corano. L'usura (riba), come per il paganesimo, può variare nel suo aspetto esterno da periodo a periodo, ma la sua natura resta sempre la stessa. (...) In altre parole il capitalismo produttivo è incoraggiato, mentre l'usura parassitaria è proibita. Nel Corano, in realtà, non si trovano le ragioni addotte contro gli effetti perversi del prestito ad interesse in una società moderna. (...) Non resta quindi altra possibilità di cercare la genesi delle idee di Qutb in periodi più recenti. L'unica fonte che può essere ricordata è costituita dagli scritti di Werner Sombart (1865-1941). Il suo libro "Die Juden und das Wirtschaftsleben" (Gli Ebrei e la vita economica), pubblicato a Lipsia nel 1911, enunciò per la prima volta la teoria delle origini ebraiche del capitalismo, teoria questa che più tardi farà dire a Hitler che l'ebraismo è all'origine sia del capitalismo che del marxismo." (18)

E che farà del resto dire a Qutb che tutta l'economia mondiale moderna era in mano all'ebraismo così, allo stesso modo, che il comunismo sia "uno dei movimenti ebraici, organizzati per diffondere l'ateismo" (19). Sulle orme dei Protocolli dei Savi Anziani di Sion per Qutb tutte le moderne teorie , dal darwinismo al freudismo fino al marxismo non sono altro che piani e dottrine ispirati da elementi ebraici che mirano "a realizzare i terribili piani sionisti che intendono distruggere i valori spirituali dell'umanità" (20).

"Qutb spiega che il capitalismo occidentale è completamente basato sul prestito ad usura. - scrive Choueiri (21) -Tutte le classi principali - operai, industriali, uomini d'affari, dirigenti d'azienda, proprietari d'immobili e proprietari terrieri - lavorano come prestatori d'opera in favore dei banchieri. Controllando l'emissione delle azioni, i depositi e le disponibilità liquide gli istituti di credito determinano l'ammontare dei prestiti da concedere a questi gruppi sociali e i tassi di interesse da imporre. Quindi l'aspetto più sinistro del capitalismo non è solo il modo in cui la finanza internazionale sfrutta intere nazioni e governi, ma "la classe particolare" che orchestra tutta l'operazione. E' questa classe di usurai che diffonde la corruzione, incoraggia la pornografia, favorisce la prostituzione, la diffusione dell'alcool e della droga. Qutb mette in evidenza come la maggior parte dei banchieri o dei finanzieri del mondo sono ebrei. Basta leggere, aggiunge, i "Protocolli dei Saggi Anziani di Sion" per rendersi conto delle strategie messe in atto dagli ebrei per dominare il mondo (*). Questa concezione del capitalismo, nella quale si possono chiaramente distinguere echi del Mein Kampf di Hitler, non altera il rapporto di mutua comprensione fra Qutb e Carrel. Ciò che evidentemente li distingue ancor più è la meta finale che i due autori indicano alla fine del processo della creazione di una nuova società. Per Carrel era il Cristianesimo, per Qutb l'Islam. Con una differenza però non di poco conto: mentre per Carrel il peccato della società moderna è la violazione delle leggi della natura, per Qutb esso è la violazione delle "leggi iscritte da Dio nel cuore delle sue creature". In questo senso l'Islam può alle stesso tempo appropriarsi delle "scienze dell'uomo" e parlare dell'uomo in termini trascendenti. Per cui mentre il nazismo svaluta l'uomo storico pensando al superuomo, il radicalismo islamico lo esalta: l'essere umano è il punto di congiunzione fra religione e scienza."

Analisi insindacabile che, a distanza di oltre quarant'anni dalla scomparsa del pensatore egiziano, trova riscontro totale nel disastro ontologico, materiale e spirituale delle società occidentali moderne.

DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI

DIRETTORE RESPONSABILE AGENZIA DI STAMPA "ISLAM ITALIA"

DA NABATHIYEH (LIBANO MERIDIONALE)

per TerraSantaLibera.org

www.terrasantalibera.org (http://www.terrasantalibera.org/DagobertoHB_SAYYED_QUTB.htm)



Note -

1 - Youssef M. Choueiri - "Il fondamentalismo islamico" - ediz. "Il Mulino" - Bologna 1993;

2 - Youssef M. Choueiri - op. cit.;

3 - Sayyid Qutb - "Fi Zilal al Quran" - cit. , vol. IV, pp. 2373-2374;

4 - Ràchid Ghannouchi (Balhama (Tunisia) 1941) è considerato il principale ideologo del radicalismo islamico tunisino. Dopo aver studiato i primi rudimenti di teologia islamica presso la Zaytùna di Tunisi - il principale centro di studi islamici del Nord Africa dopo l'Università di Al-Azhar al Cairo) Ghannouchi a metà anni sessanta sarà in Egitto affascinato dal panarabismo nasseriano e successivamente in Siria dove si avvicinerà ai movimenti islamici. Come molti altri intellettuali arabi sarà la sconfitta del 67 che lo avvicinerà all'ideologia radicale islamica nella sua versione salafita fortemente influenzata dal wahabismo saudita. Nel 1968 in Francia si laureò in filosofia quindi iniziò a militare nella Tablìgh-e-Jamaà organizzazione musulmana vicina alle tesi di Qutb e Maududi. Sul finire degli anni settanta fondò a Tunisi il Movimento della Tendenza Islamica 'Haraqat-al-Ittijah-al-Islàmì ma finirà presto in carcere (1984) e successivamente verrà condannato a morte (1987) dal regime laico tunisino. Amnistiato assieme a molti altri esponenti dell'MTI Ghannouchi prenderà parte alle elezioni legislative dell'aprile 1989 presendandosi alla guida del suo nuovo movimento il Partito della Rinascita (Hizb' al-Nahda) e ottenendo il 14,5% dei consenso. L' "Ennahda" come viene chiamato il partito sarà sciolto d'ufficio due anni più tardi e dichiarato fuorilegge. Ghannouchi dal 1991 vive rifugiato a Londra.

5 - Biancamaria Scarcia - "Il mondo dell'Islam - L'attualità alla luce della storia" - editori Riuniti - Roma 1981;

6 - Youssef M. Choueiri - op. cit.;

7 - Sayyid Qutb - "Fi Zilal al Quran" - cit., vol. 1 , pp. 510-511;

8 - Alain Gresh - articolo "Quando l'Islam minaccia il mondo..." da "Le Monde Diplomatique" - traduz. in italiano e pubblicaz. su "L'Internazionale" 22 Gennaio 2004;

9 - Alain Gresh - articolo citato;

10 - Enzo Pace - introduzione a Youssef M. Choueiri - vol. cit.;

11 - Sayyid Qutb - "Ma'alim fi al Tariq" - cit. , pp.98-101;

12 - Youssef M. Choueiri - op. cit.;

13 - ibidem;

14 . si consultino , tra gli altri, i nostri articoli: "La Germania, il Nazionalsocialismo e l'Islam" al link informatico: Documento senza titolo (http://dhb.altervista.org/historia.htm) e "I Protocolli dei Savi Anziani di Sion nel mondo arabo e islamico" pubblicato in data 31 Luglio 2007 sul sito Italia Sociale (http://www.italiasociale.org) ;

15 - Youssef M. Choueiri - op. cit.;

16 - Youssef M. Choueiri - op. cit.;

17 - Henry Ford - "L'Ebreo Internazionale" - ediz. di "Ar" - Padova 1971;

18 - Youssef M. Choueiri - op. cit.;

19 - Sayyid Qutb - "Fi Zilal al Quran" - cit. vol. II , p 1087;

20 - Sayyid Qutb - "Fi Zilal al Quran" - vol. IV , p. 1959;

21 - Youssef M. Choueiri - op. cit.;

(*) - la citazione è dal volume di Qutb "Al Islam wa Mushkilat al-Hadara" - pp.98-102 - 147-149 e 179-180;

Lupo
26-09-09, 21:38
IN DIREZIONE OSTINATA E CONTRARIA

di Dagoberto Husayn Bellucci

"Quello che non ho è una camicia bianca
quello che non ho è un segreto in banca
quello che non ho sono le tue pistole
per conquistarmi il cielo per guadagnarmi il sole.

Quello che non ho è di farla franca
quello che non ho è quel che non mi manca
quello che non ho sono le tue parole
per guadagnarmi il cielo per conquistarmi il sole.

Quello che non ho è un orologio avanti
per correre più in fretta e avervi più distanti
quello che non ho è un treno arrugginito
che mi riporti indietro da dove sono partito.

Quello che non ho sono i tuoi denti d'oro
quello che non ho è un pranzo di lavoro
quello che non ho è questa prateria
per correre più forte della malinconia.

Quello che non ho sono le mani in pasta
quello che non ho è un indirizzo in tasca
quello che non ho sei tu dalla mia parte
quello che non ho è di fregarti a carte.


(...) Quello che non ho... "

( Fabrizio De Andrè - "Quello che non ho" - album "Indiano" 1981 )


Nella vuota dimensione del presente, contemporaneità rappresentativa di stati d'animo contorti e di vite sospese nel nulla della lacerante voragine etico-ideale, determinata dall'implosione post-ideologica che ha schiantato individui e società, e nel crepuscolo senza fine dell'indecifrabile percezione di avvenimenti e 'storie' collettive e personali, abbiamo spesso fatto riferimento alla metastorica apparizione dell'insuperabile 'figura' dell'Autarca nichilista, archetipo di una 'disinvolta' e 'spavalda' concezione politica, offensiva rispetto alle paraplegiche e compulsorie 'agitazioni' sinagogico-sistemiche, ovvero ai 'canoni' d'attuazione rivoluzionaria di una ripartenza strategica (...l'"azzardo" come stile di vita...) conforme alla quotidianità insondabile e depauperizzante dell'Occidente giudaico-mondialista.

In questa ricognizione analitica sugli sviluppi e l'evoluzione delle 'forme' del "Politico" e sul ruolo della politica nelle società massificate del Terzo Millennio, risulterà opportuno anche il riconoscimento dell'idea anarco-sindacalista che ha rappresentato il principale 'fermento' originario delle grandi ideologie rivoluzionarie che hanno 'attraversato' il Novecento: fascismo, nazionalsocialismo, bolscevismo, marxismo-leninismo.

L'anarco-sindacalismo o sindacalismo rivoluzionario rappresenterà la 'radice' comune che ha formato l'humus ideale per i successivi sviluppi dell'una o dell'altra 'sponda' ('destra' o 'sinistra') del pensiero politico antagonista alla concezione liberaldemocratica dei partiti politici borghesi. Socialdemocrazia e sinistra democratica da un lato, Liberalismo e destra conservatrice dell'altro lato si configurano come i presidi parlamentari del dell'istituto democratico che sarà, fin dalla sua apparizione, nient'altro che il 'ricettacolo' contenutistico delle rivendicazioni della classe borghese. La partecipazione alla politica parlamentare occidentale sarà pertanto 'scandita' dalla 'difformità' degli interessi dell'oligopolio del partito unico della borghesia che 'individuerà' nel parlamentarismo e nelle istituzioni democratiche i principali 'catini' d'elezione per il bivacco mercantilistico-usurocratico delle diverse lobbie's in 'conflitto' intra-sistemico.

Il termine "lobby" (gruppo di pressione) viene usato correntemente per indicare un certo numero di gruppi, organizzazioni e individui collegati tra loro dal comune interessi di incidere ed influenzare in una determinata direzione le istituzioni legislative. Comunemente il fenomeno lobbistico deve riferirsi al telaio istituzionale - o presidio secondario del Sistema mondialista - ed ad un contesto de-ideologizzato all'interno del quale l'adesione con un gruppo di interessi non implica necessariamente alcuna coincidenza a una visione del mondo comune (ideologica o di altra natura) ma si concretizza e manifesta in un sostegno a singole o specifiche contrattazioni negoziali con le istituzioni ed in una attività di 'informazione' rispetto a progetti politico-amministrativi e pressione sui rappresentanti politici mediante il condizionamento derivato dai rapporti d'interazione economicistico-affaristici esistenti all'interno del sistema mondialista.

"L'istituzionalità mondialista è occulta, o se si preferisce, per dirla con Bordiot, "discreta" - scrive Maurizio Lattanzio (1) - E' quindi necessario l'uso di una metodologia interpretativa storico-politico e sociologico-giuridica che miri alla individuazione di due soggetti o, meglio, di due 'aree' di indagine situate in dimensioni diverse: quelle dell'istituzionalità pubblica e quella dell'istituzionalità occulta. Queste due nozioni sono meri rilievi descrittivi; per quanto riguarda l'aspetto sostanziale, è più appropriato parlare, rispettivamente, di società "strumentalizzate" e di società "strumentalizzanti". Il complesso istituzionale pubblico è il quadro di riferimanto giuridico-costituzionale nel cui ambito si 'snoda' la vita politica 'ufficiale' delle nazioni (governi e parlamenti, partiti e sindacati, dichiarazioni politiche e prese di posizione diplomatiche ecc.). L'istituzionalità pubblica presenta dei profili e delle dinamiche esterne, apparenti , palesi, a volte addirittura 'appariscenti', che si articolano in una serie di atti e di fatti, i quali, ripresi, rilanciati e,soprattutto, 'gonfiati' dai mass media, servono alla fabbricazione delle opinioni che saranno poi 'propinate' come materia di 'dibattito', nel 'libero' confronto democratico alle turbe di imbecilli che 'infestano' l'epoca contemporanea."

L'oligarchia ovviamente si situa in posizione 'esterna' rispetto al telaio istituzionale ed è la 'fabbricante' dell'opinionismo sistemico che 'rappresenterà' su di un piano 'propositivo' i 'desiderata' delle lobbie's. Nel "Lobbyng Act" approvato dal Congresso degli Stati Uniti nell'aprile del 1945 la "lobby" è definita quale un gruppo di pressione che "...direttamente o indirettamente sollecitata, raccoglie e riceve denaro o altre cose di valore da usare principalmente per aiutare, o il cui fine principale è di aiutare, l'approvazione o la bocciatura di qualsiasi legge da parte del Congresso..." (2)

In breve la "lobby" è "il neologismo - scrive il giudeo Massimo Franco (3) - più duraturo del vocabolario americano. Si è radicato profondamente (...) nel costume degli Stati Uniti e viene usato per definire chiunque, persona o gruppo, tenti di influenzare il processo legislativo...".

'Sovente' e, per 'convenzione scrittoria', abbiamo utilizzato l'espressione "lobby" per riferirci alla 'asfittica' presenza di elementi giudei ai vertici delle Istituzionali Occulte...occorrerà 'rettificare' riconoscendo assieme a Maurizio Lattanzio che "l'ebraismo internazionale non è una "lobby" poichè esso 'manovra' le diverse "lobbies" quali 'segmenti' organizzativi della dittatura sinagogica planetaria. Nell'Occidente giudaico-plutocratico non esiste alcuna "lobby" ebraica tra altre "lobbies" essendosi costituita e 'assestata' la dittatura computatoria del partito unico della sinagoga che, nelle istituzioni e nelle strutture dell'insieme sistemico, tramite i presidì oligosociali denominati destra, centro e sinistra, di un unico interesse - 'quello' della razza ebraica - 'rappresentato' quale tirannia democratica giudaico-mondialista." (4)

Istituzionalità occulte, consigli amministrativi di aziende multinazionali e trust's economico-finanziari, logge massoniche, fondazioni, istituti bancari rappresentano, unitamente alle istituzionali palesi - Parlamento, partiti, confederazioni industriali e sindacali e di 'categoria' commerciali, forze dell'ordine e forze armate -, le 'apparenti' strutture decisionali e di controllo sistemiche.

'Questa' , in 'sintesi', la piramidale 'strutturazione' dei presidì oligarchici primari e secondari che formano l'insieme sistemico asservito agli interessi della Sinagoga Mondialista.

Le ideologie rivoluzionarie 'affioranti' dal magma in ebollizione socio-politico del primo Novecento rappresenteranno invece l'ordinamento in forme spartano-militanti delle volontà autenticamente popolari determinanti il nuovo stilema figurale dell'Autarca nichilista e l'inquadramento marzial-combattentistico'dietro' alle parole d'ordine rivoluzionarie e al 'fascinoso' magnetismo carismatico della carica figura ierofanica del Capo Supremo.... i partiti 'borghesi' 'invece' hanno i 'leader's'...

"Tempeste di ghiaccio" è la 'rappresentazione' simbolica 'conforme' di una nuova 'essenzialità' nichilistica che, nella divisa interiore del soldato politico nazionalcomunista affermante l'ordine del Nulla, imprimerà la propria interiorità 'scarnificata' al di sopra degli di esiti di distruzione della 'elementarietà infuriante'... La 'lunga' marcia verso il 'niente' o, parafrasando Ernst Junger, l' "...azione in uno spazio privo di valori e di dèi (fino) a nuove realizzazioni".

Si deve all'ingegnere francese Georges Eugène Sorel (Cherbourg, 2 novembre 1847 – Boulogne-sur-Seine, 29 agosto 1922) gran parte del 'lascito' rivoluzionario che informerà di sè i partiti rivoluzionari e popolari delle 'estreme' politiche all'inizio del secolo scorso. Non intendiamo riferirci in questa ricognizione d'analisi alle idee, marxiste e socialiste, nè alle posizioni filoebraiche 'espresse' dal filosofo, pensatore, sociologo e teorico del sindalismo transalpino in occasione dell'affaire Dreyfuss.

Intendiamo invece analizzare i punti salienti del sindacalismo rivoluzionario da lui teorizzato. Per Sorel il proletariato può addivenire ad una autoconsapevole coscienza rivoluzionaria senza bisogno di alcuna guida ma attraverso l'autonoma organizzazione di sè e della sua funzione. Contro la tesi marxista dominante che assegna al proletariato il ruolo di "ariete" e agit-prop sovversivo dell'ordine borghese ed al Partito Comunista la direzione delle dinamiche di sviluppo delle diverse fasi rivoluzionarie Sorel propone invece che sia l'azione diretta lo strumento privilegiato dell'attività rivoluzionaria senza mediazioni di sorta. Più Proudhon che Marx le idee di Sorel riprendono anche alcune premesse del pensiero anarchico (soprattutto nella loro evoluzione e prassi in determinati ambienti franco-spagnoli) ma anche del liberismo economico specie in Italia (5). L'elemento unificatore sarà comunque un diffuso anti-statalismo.

In quest'ottica anti-Stato Sorel esalta il primato dell'azione richiamandosi alle tesi di Giambattista Vico e ripresa dal giudeo Mordechai Marx secondo le quali l'individuo conosce e percepisce solamente quello che fa.

Nella concezione soreliana l'idea della coscienza di classe si forma nell'azione con l'acquisizione progressiva di capacità tecniche e morali dellla classe proletaria. Tale evoluzione dovrebbe realizzarsi solamente quando la classe operaia rimane totalmente estranea alla società borghese (principio dell'autonomia operaia che è centrale nella tematica soreliana).

Nasce in questa fase l'idea centrale del "sindacalismo rivoluzionario" che ha per principio fondamentale l'indipendenza sindacale nei confronti sia dei partiti che dello Stato. Questo principio ha due cardini - di cui Sorel si farà 'profeta' - ovvero l'autonomia operaia e l'azione diretta in particolare, con riferimento al primo Novecento, mediante lo strumento 'politico' dello sciopero generale e attraverso la violenza.

Gli obiettivi del sindacalismo rivoluzionario sono dunque 'immediati': il fine dell'azione diretta non è la conquista del potere politico - attraverso la partecipazione elettoralistica o per mezzo di moti rivoluzionari - ma la soppressione del salariato e la creazione di una società autonoma di produttori liberamente associati.

Due saranno i 'testi' di riferimento dei sindacalisti rivoluzionari prodotti da Sorel: le "Riflessioni sulla violenza" e "Le illusioni del progresso".

Nel primo dei due saggi Sorel esalta l'azione che diviene 'mito sociale' quando assimilato dalle masse come principale punto di riferimento. Il mito sociale è l'espressione della volontà e non dell'intelletto, diversamente dall'utopia che è propriamente un prodotto intellettuale.

Molti hanno criticato ed esecrato le "riflessioni sulla violenza" soreliane come una pura e semplice apologia della violenza, che l’autore certo non condanna, sebbene il senso dell’opera sia da ricercare piuttosto nella difesa ad oltranza della libertà dell’uomo di contro a ogni forma di Stato. Sorel ironizza sui marxisti, più che su Marx, grigi e ottusi burocrati di una rivoluzione che, in maniera quasi profetica, egli ritiene potrebbe creare uno stato con il medesimo grado di alienazione di quello borghese, basato cioè sulla forza di una minoranza che opprime le masse. La violenza invece viene da Sorel letta come unica e vera potenza rivoluzionaria, una sorta di onda distruttrice e creatrice, capace di distruggere ogni potere coercitivo.

Scrive Sorel: " Lo studio dello sciopero politico ci porta a meglio comprendere una distinzione che bisogna avere sempre presente quando si riflette sulle questioni sociali contemporanee. Si usano infatti i termini forza e violenza parlando sia di atti di autorità sia di atti di rivolta. È chiaro che i due casi danno luogo a conseguenze assai diverse. A mio parere sarebbe estremamente vantaggioso adottare una terminologia che non dia luogo ad ambiguità e bisognerebbe riservare il termine violenza alla seconda accezione; diremo dunque che la forza ha lo scopo di imporre l'organizzazione di un certo ordine sociale nel quale governa una minoranza, mentre la violenza tende a distruggere tale ordine. Lo borghesia ha fatto ricorso al la forza fin dall'inizio dei tempi moderni mentre il proletariato reagisce adesso contro di essa e contro lo stato con la violenza. Sono convinto ormai da molto tempo che sarebbe assai opportuno approfondire la teoria delle potenze sociali che si possono in larga misura paragonare alle forze dinamiche che agiscono sulla materia; ma non avevo ancora colto la distinzione fondamentale di cui stiamo qui parlando prima di avere riflettuto sullo sciopero generale. Non mi sembra del resto che nemmeno Marx abbia esaminato costrizioni sociali diverse dalla forza." (3)

La violenza operaia è, per Sorel, la conseguenza della violenza borghese esercitata anche attraverso il ricorso agli strumenti di repressione creati dall'autorità statale che salvaguardano gli interessi del Capitale e della classe borghese sua tenutaria.

"Nei Saggi di critica del marxismo - continua Sorel (4) - avevo cercato, qualche anno fa, di riassumere le tesi marxiste sull'adattamento dell'uomo alle condizioni del capitalismo e le avevo così presentate, alle pagine 38-40:

1° C'è un sistema in un certo senso meccanico nel quale l'uomo sembra sottoposto a vere e proprie leggi naturali; gli economisti classici situano all'origine questo automatismo che è il prodotto. ultimo del regime capitalistico. «Si sviluppa - dice Marx - una classe operaia che per educazione, tradizione, abitudine riconosce come leggi naturali ovvie le esigenze di quel modo di produzione.» L'intervento di una volontà intelligente nella coercizione appare come un'eccezione.

2° Interviene un regime di emulazione e di grande concorrenza che trascina gli uomini ad allontanare gli ostacoli tradizionali, a cercare costantemente il nuovo, a immaginare condizioni di vita che sembrano loro migliori. Secondo Marx la borghesia eccelle in questo compito rivoluzionario.

3° Vige il regime della violenza che ha un compito importantissimo nella storia e che riveste numerose forme distinte:

a) Al livello più basso abbiamo una violenza dispersa, simile alla concorrenza per la vita, che agisce attraverso la mediazione delle condizioni economiche e opera una espropriazione lenta ma sicura; tale violenza si manifesta soprattutto con l'aiuto dei regimi fiscali;

b) Segue la forza concentrata e organizzata dello stato che agisce direttamente sul lavoro «per regolare il salario, cioè per costringerlo entro limiti convenienti [...] per prolungare la giornata lavorativa e per mantenere l'operaio stesso a un grado normale di dipendenza. È questo un momento essenziale della cosiddetta accumulazione originaria»;

c) «Infine abbiamo la violenza propriamente detta che occupa uno spazio rilevantissimo nella storia dell'accumulazione primitiva e che costituisce l'oggetto principale della storia.»
(Continua)

Lupo
26-09-09, 21:40
Non sono qui inutili alcune osservazioni complementari. Bisogna osservare, innanzitutto, che questi diversi momenti sono distribuiti lungo una scala logica partendo dagli stati che ricordano di più un organismo e nei quali non appare nessuna volontà distinta, per salire verso quelli in cui le volontà mettono in evidenza i loro piani meditati; ma l'ordine storico è tutto il contrario. All'origine dell'accumulazione capitalistica troviamo fatti storici ben distinti che emergono ognuno a suo tempo, con caratteristiche proprie e in condizioni rilevanti al punto da essere registrate nelle cronache. Così si incontra l'espropriazione dei contadini e la soppressione dell'antica legislazione, legislazione che avevano costituito «la servitù e la gerarchia industriale». Marx aggiunge: La storia di questa espropriazione degli operai non è materia congetturale, «è scritta negli annali dell'umanità a tratti di sangue e di fuoco». Più oltre Marx ci mostra come l'aurora dei tempi moderni sia segnata dalla conquista dell'America, dalla schiavitù dei negri e dalle guerre coloniali: «I vari momenti dell'accumulazione originaria si distribuiscono ora, più o meno, in successione cronologica specialmente fra Spagna, Portogallo, Olanda, Francia e Inghilterra. Alla fine del XVII secolo quei vari momenti vengono combinati sistematicamente in Inghilterra in sistema coloniale, sistema del debito pubblico, sistema tributario e protezionistico moderni. I metodi poggiano in parte sulla violenza più brutale come per esempio il sistema coloniale. Ma tutti si servono del potere dello stato, violenza concentrata e organizzata della società, per fomentare artificialmente il processo di trasformazione del modo di produzione feudale in modo di produzione capitalistico e per accorciare i passaggi. La violenza è la levatrice di ogni vecchia società, gravida di una società nuova. È essa stessa una potenza economica.» Vediamo dunque come le potenze economiche si intreccino strettamente con il potere politico e come alla fine il capitalismo si perfezioni al punto da non avere più bisogno di fare direttamente appello alla forza pubblica, tranne che in casi del tutto eccezionali. «Per il corso ordinario delle cose, l'operaio può rimanere affidato alle "leggi naturali della produzione" cioè alle dipendenze del capitale, che nasce dalle stesse condizioni della produzione che viene garantita e perpetuata da esse.» Giunta all'ultimo termine storico, l'azione delle volontà distinte scompare e l'insieme della società, a questo punto, somiglia a un corpo organizzato che funziona da sé; gli osservatori possono allora fondare una scienza economica che appare loro esatta quanto le scienze della natura fisica. [...] Marx ha descritto con estrema minuzia i fenomeni di questa evoluzione; ma è estremamente sobrio di particolari sull'organizzazione del proletariato. (...) Questa insufficienza dell'opera di Marx ha avuto la conseguenza di far deviare il marxismo dalla sua vera natura. Coloro che si piccavano di essere marxisti ortodossi non hanno voluto aggiungere niente di essenziale a ciò che il loro maestro aveva scritto e hanno pensato di dovere utilizzare, per ragionare sul proletariato, ciò che avevano imparato nella storia della borghesia. Non hanno dunque immaginato che si dovesse stabilire una differenza fra la forza che si dirige verso l'autorità e la violenza che vuole infrangere questa autorità."

La critica alla tesi marxista è dunque per Sorel 'metodologica'. Non si tratta affatto di una semplice esaltazione della violenza e del suo uso politico ma di una inevitabilità dello scontro di classe che dovrebbe portare i lavoratori in lotta, la classe operaia, ad assumere un alto livello di coscienza rivoluzionaria mediante il ricorso allo sciopero e all'azione diretta contro lo Stato e le istituzioni borghesi.

Il pensiero soreliano si caratterizzerà espressamente per una feroce critica anti-borghese: questa classe lasciva, meschina e vigliacca per natura, secondo Sorel si accontenta della propria mediocrità ed è attirata dalla vita comoda, dal benessere materiale e dal denaro. Niente la 'smuove', niente provoco nel borghese alcuna 'fibrillazione' interiore nè 'scomponimenti' esteriori, tutto sembra lasciarlo insensibile...non esiste 'traccia' di 'idealismo' nella classe 'media' del sistema. Il suo ruolo è quello di 'produrre' per consumare. La sua mentalità è codarda e vile. Il suo 'ricettacolo' naturale è, infine, il parlamento - luogo-simbolico dello "scontro intrasistemico" dei 'difformi' interessi del Partito Unico della Borghesia e "novello tempio di Mammona" - che serve a salvaguardare e preservare lo status quo, condizione necessaria - 'esiziale' - per l'evoluzione e la continuità del parassitismo borghese.

Ma Sorel non lesina critiche profonde anche alle "lunghe barbe del socialismo" (per utilizzare un'efficace metafora mussoliniana in voga nei primi anni del Novecento tra i sindacalisti-rivoluzionari) in quanto il socialismo parlamentare rappresenta una degenerazione ed una triste parodia del vero Socialismo in quanto legittima lo Stato e quindi, inevitabilmente, le strutture create per la sua difesa dalla classe borghese. In realtà la borghesia non 'difende' lo Stato ma solo, ed esclusivamente, i suoi interessi di 'classe'. L'alternativa al riformismo socialista e al parlamentarismo dell'epoca si chiama azione diretta rivoluzionaria del proletariato e, considerando che si stava consolidando una 'tradizione' socialistica parlamentare, per Sorel va da sè che la rivoluzione non potrà essere condotta dal partito bensì dal sindacato. Lo sciopero porterà alla rivoluzione in quanto questa forma di lotta popolare e sociale dei lavoratori potrà rappresentare un vero e proprio 'tirocinio rivoluzionario' che permette alla classe operaia di acquisire una coscienza rivoluzionaria.

Dallo sciopero generale condotto non tanto per motivi sindacali quanto per motivi politici, si genererà prima il fastidio per lo sconvolgimento dell'ordine sociale, e, in seguito la reazione repressiva violenta della borghesia che farà nascere la spontanea e violenta controreazione rivoluzionaria del popolo guidato dal proletariato. Lo sciopero generale è punto creatore della rivoluzione: porta all’abolizione delle differenziazioni sociali; non ha, però, una tempistica e dei confini precisi, è un’essenza di riscatto sempre presente nelle coscienze dei proletari. Lo sciopero generale è “il mito nel quale si racchiude tutto intero il socialismo”; lo sciopero non potrà mai essere strumento di contrattazione in quanto “tirocinio rivoluzionario" o, per usare le parole dello stesso Sorel: "La nuova scuola ragiona ben diversamente; non può accettare l'idea che il proletariato abbia come sola missione l'imitazione della borghesia; non concepisce che una rivoluzione così prodigiosa come quella che sopprimerebbe il capitalismo possa essere tentata per un risultato minimo e sospetto, per un cambiamento di padroni, per la soddisfazione di ideologi, politicanti e speculatori, tutti adoratori e sfruttatori dello stato. Essa non vuole attenersi alle formule di Marx: se questi non ha elaborato altra teoria che quella della forza borghese, ciò ai suoi occhi non è buona ragione per limitarsi rigorosamente a imitare la forza borghese. Nel corso della sua carriera rivoluzionaria, Marx non sempre ha ricevuto buone ispirazioni e troppo spesso ne ha seguite che appartengono al passato; nei suoi scritti è anche arrivato a introdurre una gran quantità di vecchiume proveniente dagli utopisti. La nuova scuola non si crede affatto tenuta ad ammirare le illusioni, i difetti, gli errori di colui che ha fatto tanto per elaborare idee rivoluzionarie; si sforza invece di stabilire una separazione fra ciò che nuoce all'opera di Marx e ciò che deve renderne immortale il nome; quindi dice il contrario di quel che dicono i socialisti ufficiali che in Marx ammirano soprattutto ciò che non è marxista. Non attribuiremo dunque molta importanza ai molti testi che è possibile contrapporci per dimostrare che Marx spesso ha concepito la storia alla maniera dei politici. Oggi conosciamo la ragione del suo atteggiamento: egli non conosceva la distinzione che oggi ci sembra così chiara fra la forza borghese e la violenza proletaria perché non ha vissuto in ambienti che avessero acquisito una concezione soddisfacente dello sciopero generale. Oggi noi disponiamo di abbastanza elementi per comprendere sia lo sciopero sindacale sia quello politico; sappiamo in che cosa il movimento proletario si differenzia dagli antichi movimenti borghesi; nell'atteggiamento dei rivoluzionari rispetto allo stato troviamo lo strumento che ci consente di distinguere delle nozioni che nella mente di Marx erano ancora molto confuse." (5)

Nel suo altro libro fondamentale, Le illusioni del progresso, edito nel 1908, Sorel critica il positivismo che veicola una fiducia sproporzionata nella capacità della scienza a risolvere tutti i problemi e l'ideologia illuministica del progresso che crea l'illusione pericolosa della felicità prodotta naturalmente dall'operare borghese. Da qui l'accostamento con il pensiero antipositivista di Bergson, anche se non proprio con la sua teoria dello "slancio vitale" dalla quale si discosta esplicitamente.

Ora ci si domanderà il 'senso' di una 'ricognizione analitica' sul pensiero politico sindacalista-rivoluzionario...effettivamente la 'rilettura' delle tracce d'azione rivoluzionaria 'lasciate' da George Sorel e dai sindacalisti rivoluzionari appaiono 'pallidi' epigoni ed echi lontani di "mondi lontanissimi" (parafrasando Franco Battiato).

'Antichità' ideologiche e 'rottami' del pensiero politico del primo Novecento decisamente fuori luogo e fuori tempo massimo. Nella società contemporanea obnubilata e disarticolata di massa 'discutere' su parole d'ordine quali "classe" e "proletariato" risulta un vaniloquio fine a sè stesso... Noi sottolineiamo che, al di là della 'teoretica' d'impianto marxista-leninista - astrusa e noiosa, pedante e professorale, auto-referenziale e dicotomica, assolutistica ed inamovibile nella sua assurda pretesa di 'scientificità' (...due palle mortali sul "ruolo dell'operaio" e su veri, presunti, "assalti al cielo"....) - ; si sono dimostrate 'azzeccate' le 'profezie' nietzschiane sulla deriva 'borghese' e materialistica della società...laddove borghesi nello spirito saranno e aspireranno ad esserlo tutte le classi e le professioni dal prete all'industriale, dal commerciante all'operaio.

Viviamo nel mondo del 'burattinismo' sinagogico-sistemico dei complessati sottoposti alla dittatura ebraica che 'maschera' la propria asfittica e maggioritaria 'presenza' (...sul territorio coloniale italiota 'dice' che i giudei siano solo "trentacinquemila"....'poveri' "illusi"...la 'conta' del 'nulla'..) in seno alle società goyim = non ebraiche mediante le parodistiche 'dicotomie' intrasistemiche classiste. La società massificata, edonista, consumistica di massa creata dai crani ebraici degli alchimi stregoni del Mondialismo ha spazzato definitivamente il campo dagli equivoci 'classisti': non più operai e contadini, non più industriali e padroni....tutti borghesi e tutti kippizzati a dovere.

Il 'resto' sono solo 'ciancie' di crani giudei. Il mondo si divide in due categorie: chi sostiene, avalla, garantisce, difende e approva la dittatura sinagogica dell'Internazionale Ebraica e chi continua ad andare "in direzione ostinata e contraria".

Come 'sempre' au revoir...

DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI

DIRETTORE RESPONSABILE AGENZIA DI STAMPA "ISLAM ITALIA"

DA NABATHIYEH (LIBANO MERIDIONALE)

per TerraSantaLibera.org

Direzione ostinata e contraria (http://www.terrasantalibera.org/DagobertoHB_direzione_ostinata_contraria.htm)


Note -

1 - Maurizio Lattanzio - articolo "Il Mondialismo" dal mensile "Orion" nr 15 - Dicembre 1985;

2 - "Federal Regulation of Lobbing Act of 1946" riportato nell'appendice del "Congressional Quarterly" , ottobre 1974;

3 - Massimo Franco - "Lobby - Il parlamento invisibile" - ediz. del Sole 24 Ore - Milano 1988;

4 - Maurizio Lattanzio - articolo/recensione a Dagoberto Bellucci - "I-Tal-Yà - Ebrei e lobbies ebraiche in Italia" - da Agenzia di Stampa "Islam Italia" - Anno 3 Nr. 25 - Modena - Febbraio 2003;

5 - In Italia il sindacalismo rivoluzionario nasce in seno al partito socialista come corrente di sinistra. I suoi leaders saranno gli economisti Arturo Labriola e Enrico Leone che riusciranno a costituire nuclei di sindalisti rivoluzionari attorno alle due riviste "Il Divenire Sociale" di Roma e soprattutto "Pagine Libere" stampata a Lugano in Svizzera centro del fuoriuscitismo anarco-sindalista e socialista. A tre anni dalla sua prima apparizione pubblica con la partecipazione allo sciopero nazionale del settembre 1904 il movimento deciderà, durante il congresso ferrarese del 1907, di scindersi dal PSI. Principali attivisti all'epoca saranno Alcese De Ambris, Filippo Corridoni, Ottavio Dinale, Michele Bianchi. Nel 1912 nasce l'Unione Sindacale Italiana (USI) al quale aderirà idealmente un anno più tardi anche Benito Mussolini, allora direttore de "L'Avanti" organo socialista. Il giornale, contro le direttive del partito e della CGdL sostenne il 19 maggio 1913 lo sciopero dei metalmeccanici indetto dall'USI. Le anime inquiete del magma sindacalista-rivoluzionario italiano entrarono in crisi con lo scoppio della Grande Guerra: la sezione milanese dell'USI, diretta da Alceste De Ambris, si espresse per un intervento al fianco della Francia. Analoga posizione sostenuta su "Pagine Libere" dal giudeo Angelo Oliviero Olivetti. Questa componente che difendeva un nazionalismo tardo-ottocentesco di stampo mazziniano (...e che intendeva la partecipazione alla prima guerra mondiale semplicemente quale prosecuzione del 'risorgimento'...) verrà espulsa dall'USI diretta dall'anarchico Armando Borghi che rimase su posizione neutrali e internazionaliste. Nell'immediato dopoguerra il sindacalismo-rivoluzionario sparì dividendosi tra Fascismo e Comunismo: da un lato molti confluirono nella CGdL, subendo la concorrenza delle parole d'ordine incendiarie del massimalismo socialista di stampo leninista e del nascente PCdI; dall'altro lato altrettanti finirono all'interno del sindacalismo fascista - fra tutti Michele Bianchi e Angelo Oliviero Olivetti. Rossi o neri i sindacalisti-rivoluzionari non poterono sopravvive alla tempesta ideologica sementata dall'esperienza bellica. Sull'esperienza sindacalista rivoluzionaria in Italia si consultino:

Alceo Riosa, "Il sindacalismo rivoluzionario in Italia", ediz. "De Donato" - Bari 1976;

"Il sindacalismo rivoluzionario nella storia del movimento operaio internazionale" in "Ricerche Storiche", gennaio-aprile 1981;

Willy Gianinazzi - "Intellettuali in bilico. "Pagine libere" e i sindacalisti rivoluzionari prima del fascismo" ediz. "Unicopli" - Milano 1996;

6 - George Sorel - "Riflessioni sulla violenza" - ediz.

7 - George Sorel - op. cit.;

8 - George Sorel - op. cit.;

Lupo
26-09-09, 21:56
CONTRO L'INSTAURAZIONE DELL'ENTITA' CRIMINALE SIONISTA,
CONTRO LA TEORIA DEGLI SCONTRI TRA LE CIVILTA',
DI NEOCONSERVATRICE-SIONISTICA STRATEGIA.

di Dagoberto Husayn Bellucci

"Il mondo ci ha tacciato
di briganti e di assassini di uccisori
di donne e di bambini

ma nessuno vuol vedere
i corpi straziati dei nostri figli
sotto i carri armati

i campi devastati
dal fuoco americano
i nostri corpi
dalle iene di sharon

Ma tra le dune sorge
il mitra di Settembre Nero
Sulla Palestina ora rivive
lo spirito guerriero

Troppo ci pesava
il bastone da pastore
i nostri figli preferiscono il fucile

l'odio che han sorbito
con il latte delle madri
ora esplode negli aerei della EL AL

troppo ci pesava
portare sulla schiena
il dominio di una razza di mercanti

se con l'oro hanno comprato
la mia casa e la mia terra
la mia libertà si paga con il sangue!

E tra le dune sorge
il mitra di Settembre Nero
Sulla Palestina ora
rivive lo spirito guerriero

Gridano "Shalom"
bruciandoci le case
cantano pace e ci violentano le donne

Aiuta chi è più ricco
baionette ai moribondi
queste sono le leggi di Mosé

ma a noi indicò Maometto
la strada da seguire
il nostro Allah si onora col tritolo

a chi predica la pace
massacrando la tua gente
dal Corano il nostro Dio
risponde guerra!

E tra le dune sorge
il mitra di Settembre Nero
Sulla Palestina ora
rivive lo spirito guerriero"

( Marcello De Angelis/270bis - "Settembre Nero" - album "Decimo" - 2003 )

Gli ambienti radicali della politica imperialistica statunitense, rappresentati dallo schieramento cosiddetto "neo-conservatore" e 'religiosamente' 'ispirati' dai 'deliri' messianico-apocalittici di provenienza protestante-calvinista, che identificano nella perfida Albione alias la Gran Bretagna e soprattutto nei gruppi "w.a.s.p. - white anglo-saxon-protestant" la novella Sion e la cosiddetta "tredicesima tribù" dell'antico "regno d'Israele" rappresentano - unitamente al Sionismo nelle sue diverse forme e agli ambienti giudaici nelle loro differenti 'emanazioni' (lobbistico-oligarchiche, estremistico-politiche e commercial-usurocratiche attraverso le multinazionali 'sparpagliate' nei quattro angoli del pianeta) - i principali fautori e fomentatori, da anni, del cosiddetto "clash of the civilization's" (lo scontro tra le civiltà) che tanti tanti 'apologeti' e 'lacchè' ha 'raccattato' in ogni parte del mondo arrivando ad influenzare le scelte di politica estera non solo dell'amministrazione americana ma anche, indirettamente, le decisioni di molti esecutivi del Vecchio Continente e di tante nazioni al di fuori dell'Occidente.

Teorie che, si ricorderà, sono contrassegnate essenzialmente da una logica di perenne conflittualità tra la "civilizzazione" dominante - quella occidentale americano-centrica, mondialista, democratica e capitalistica dell'Establishment di Washington che possiede le casseforti 'planetarie' anche mediante l'uso strumentale di istituzionalità 'pubbliche' sovranazionali (Nazioni Unite, Banca Mondiale, Fondo Monetario Internazionale, WTO e altri organismi funzionali alle logiche di sfruttamento usurocratico-mercantilistiche 'utili' per la realizzazione dell'One World, il mondo unidimensionale economicistico-tecnocratico 'sognato' dall'Oligarchia del Denaro) - e le civiltà 'percepite' come poco inclini ad assecondare queste logiche vampiristico-sciacallesche di sfruttamento delle ricchezze mondiali con particolare riferimento, secondo quanto espose una quindicina di anni or sono su "Foreign Relation's" (mensile ufficiale del C.F.R. - Council on Foreign Relation's, istituzionalità 'discreta' che dirige la politica estera yankee), il defunto teorico neo-cons Samuel Huntington di elette 'ascendenza'.

Il Neoconservatorismo statunitense si riferisce in particolar modo ad una visione della politica estera della superpotenza a stelle e strisce tesa essenzialmente a risolvere "bellicamente" i conflitti presenti a livello planetario nei quali siano considerati "a rischio" "gli interessi e la sicurezza nazionale" di Washington che, all'indomani dell'attacco 'terroristico' dell'11 settembre 2001 del quale ricorre tra pochi giorni l'ottavo anniversario, vennero esteri dalla passata amministrazione Bush a tutto il perimetro geopolitico e strategico mondiale assumendo l'America le redini di quella sorta di "crociata" rivolta essenzialmente contro il "terrorismo internazionale" del quale fu indicato come principale esponente e rappresentante Osama Bin Laden e la sua organizzazione del crimine alias "al Qaeda".

Non staremo in questa sede a sottolineare - come peraltro già abbondantemente fatto - scrittoriamente la funzionalità e l'efficacia di una simile struttura mobile che opera clandestinamente e occultamente a livello mondiale ricevendo il 'plauso' di determinati ambienti islamici: al Qaeda è la "struttura" di contenimento e di raccordo del fondamentalismo d'ispirazione wahabita-salafita; direttamente o indirettamente finanziata per anni dalla CIA e dai servizi d'intelligence occidentali impegnati in Afghanistan nella guerra di contenimento e dissuasione condotta da Brzezinkski - allora consigliere militare del presidente Carter - e dagli stessi ambienti "neo-cons" contro l'Unione Sovietica.

Al Qaeda ha 'raccattato' tutto il 'partigianato' del radicalismo 'esagitatorio' musulmano dando vita ad un 'network' del terrore che si è propagato a macchia di leopardo in tutte le società islamiche provocando ovunque bagni di sangue e scontri fratricidi alimentati ad arte dai 'predicatori' 'osamiti' in particolar modo attenti a fomentare la sedizione e nuovi contrasti tra sunnismo e sciismo. Questa non nuova strategia risulterà funzionale per le logiche espansionistiche dell'Occidente americanocentrico che sfrutterà - "divide et impera" - questa guerra strisciante tra i gruppi islamici per rivolgere le proprie attenzioni su aree vitali dello spazio geopolitico eurasiatico: le guerre asimmetriche e le aggressioni militari statunitensi condotte di volta in volta contro Iraq, Sudan, Afghanistan, Somalia e i tentativi di destabilizzazione in Palestina, Libano e Iran confermano una sapiente regia che collega l'organizzazione bin-ladista all'oligarchia mondialista che controlla la politica estera USA.

La tesi neoconservatrice sullo scontro tra le civiltà è l'ultimo parto di un gruppo (lobby) di pressione che ha cominciato a muoversi sulla scena politica statunitense fin dalla fine degli anni Settanta: inizialmente di "sinistra" i futuri "teorici" del Neoconservatorismo americano costituirono l'organizzazione "Trilateral Commission" alla quale affidarono le sorti di rielaborare i futuri rapporti mondiali in vista della realizzazione dell'One World , il Governo Unico Mondiale.

"Le articolazioni strutturali di un simile progetto si fondano sulla integrazione 'trilaterale' dei "grandi insiemi" geoeconomici: USA, Eurasia e Giappone, i quali saranno sottoposti al dominio dei tecnocrati-funzionari dell'apparato di potere plutocratico installato nei consigli d'amministrazione delle banche e delle multinazionali. - scrive Maurizio Lattanzio (1) - Queste sono le strutture operative del comando oligarchico dal quale l'Alta Finanza ebraico-massonica internazionale pianifica e concretizza l'asservimento dei popoli del pianeta mediante i meccanismi capitalistico-finanziari della grande usura".

Generalmente "liberale" (se non addirittura socialisti o trotzkisti) e simpatizzanti del Partito Democratico (l'ala 'sinistra' dello schieramento politico americano) i futuri dirigenti e teorici "neo-cons" puntarono ad una strategia di compromesso rivolta in particolar modo ad ottenere un accomodamento con l'URSS per la creazione di un partnerariato mondiale ispirato dal "socialismo fabiano" della Fabyan Society.

Nei primi anni '70 lo scrittore e attivista socialista Michael Harrington usò il termine "neoconservatori" per connotare ex membri della sinistra mondialista statunitense che si erano spostati sensibilmente a destra – e che Harrington definiva sarcasticamente "socialisti per Nixon". In queste prime accezioni, i neoconservatori rimanevano sostenitori del welfare state, ma si distinguevano dal resto della sinistra per la loro alleanza con la politica estera dell'amministrazione Nixon, specialmente riguardo all'anticomunismo, al sostegno della Guerra nel sud est asiatico e alla forte avversione nei confronti dell'Unione Sovietica. Tale politica verrà sostanzialmente mantenuta per tutto il decennio Settanta e accelererà nel decennio successivo con l'arrivo alla Casa Bianca di Ronald Reagan.

Questa azione diretta all'inclusione dell'URSS e dei suoi satelliti nel 'condominio planetario' si concretizzerà a metà anni Settanta con gli Accordi di Helsinky con i quali, l'America, riconoscerà ai sovietici lo "status quo" sui territori d'influenza fino a quel momento 'conquistati' dal Cremlino.

La 'svolta' determinante che muterà il panorama politico mondiale sarà proprio l'aggressione sovietica all'Afghanistan, 'favorita' e 'ispirata' più o meno direttamente dall'Amministrazione Carter (...'un trappolone' nel quale l'Armata Rossa verrà coinvolta...uscendone con le ossa a pezzi..).

I nuovi-conservatori applicheranno durante l'era-Reagan e successivamente con l'avvento al potere dell'ex presidente Bush senior una politica del confronto diretto e dell'interventismo spregiudicato abbandonando la tradizionale politica internazionalista, realista e isolazionista della "sinistra" americana.

Attualmente il neo-conservatorismo statunitense viene associato a riviste quali "Commentary" e "The Weekly Standard" e all'attività di propaganda e informazione svolta con efficacia e maestria ai 'fianchi' delle istituzioni della superpotenza a stelle e strisce dai cosiddetti "think tank" tra i quali ricordiamo l'"American Enterprise Institute" (AEI), il "Project for the New American Century" (PNAC) o fondazioni quali la Heritage Foundation o la "Rand Corporation" sinergiche e complementari dei diversi gruppi di pressione d'ispirazione ebraico-sionista quali 'AIPAC o il B'nai B'rith.

Al centro delle 'preoccupazioni' neo-conservatrici sono essenzialmente la sicurezza nazionale e l'esportazione, manu militari, della democrazia attraverso la costituzione di cosiddetti "gruppi di supporto" pro-democrazia che operano contro quelle nazioni o regimi considerati "pericolosi" per la stabilità americana in realtà contro qualunque Stato non assecondi le logiche neo-imperialistiche di Washington o le politiche egemoniche della Finanza multinazionale etero-diretta da Wall Street.

Nella strategia neocons è dunque funzionale anche il sostegno a dittature e regimi totalitari che garantiscono e rappresentano gli interessi americani nel mondo.

L'autore Paul Berman nel suo libro Terror and Liberalism descrive questa concezione con le parole "Libertà per gli altri significa sicurezza per noi. Lasciateci provare a liberare gli altri."

Secondo Irving Kristol, precedente caporedattore del Commentary e adesso membro anziano dell'istituto conservatore American Enterprise Institute di Washington ed editore della rivista dei "falchi" The National Interest, un neoconservatore è un "liberal colpito dalla realtà" ossia una persona con idee progressiste passata al conservatorismo dopo aver visto l'impatto pratico delle politiche liberal, sia all'estero che all'interno del paese.

Per alcuni i precedenti intellettuali del neoconservatorismo possono essere ricercati nei lavori del filosofo politico Leo Strauss. Anche se Strauss ha raramente sostenuto argomenti di politica estera, ad opinione di alcuni Strauss ha influenzato la visione di politica estera dei governi neo-conservatori, soprattutto riguardo l'applicazione del diritto internazionale in situazioni in cui è implicato il terrorismo. Inoltre gli studi di Strauss sulla scrittura reticente secondo alcuni spiegherebbero alcune posizioni del movimento neoconservatore in tema di etica sociale e di tutela dei valori tradizionali come applicazione concreta dell'idea che anche se cultura e moralità sono solo una invenzione dell'autorità dei filosofi/profeti, sono tuttavia elemento indispensabile di ogni società umana.

La visione neocons comunque la si voglia guardare è contraria all'internazionalismo, al realismo e all'isolazionismo che, in taluni momenti della storia politica americana, hanno contraddistinto la politica estera dell'America, anche per ciò attualmente la stragrande maggioranza dei neo-cons appoggiano il Partito Repubblicano mentre esiste, ed agisce all'interno della "lobby" neo-conservatrice, quella schiera di organizzazioni e gruppi d'ispirazione protestante "religiosi" che si ispirano ad una visione messianico-apocalittica e che Daniel Tanguay sulla rivista "Commentaire" ha descritto parlando come di una tacita alleanza tra intellettuali neocons e destra religiosa.

« Tanguay cita da un lato la critica dello stato assistenziale, che mise a nudo,negli anni Settanta, gli effetti perversi di politiche sociali generose, in primis la distruzione delle famiglie, l’anomia sociale, il diffondersi di violenza e criminalità nei ceti più sfavoriti. E dall’altro il rigetto dell’edonismo individualista e libertario praticato dai ceti medi,che si immaginavano progressisti e all’avanguardia, mentre non facevano altro che minare le fondamenta del vivere civile. Da qui la necessità del riarmo morale, in nome di valori borghesi, come la responsabilità del singolo, la costanza nello sforzo, l’autosacrificio, il lavoro, la famiglia. E soprattutto il ricorso alla religione per riaffermarne la legittimità politica. I neocon dunque non fanno altro che riattingere a piene mani alla religione come correttivo democratico, secondo la tesi famosa di Tocqueville che vide in essa un fattore di moderazione e stabilità della democrazia in America»

(Marina Valensise, Il Foglio 21 ottobre 2006)

Tra i principali esponenti del neoconservatorismo americano ritroviamo oltre al già citato Zbigniew Brzezinski diversi esponenti della "Trilateral Commission" o del Council on Foreign Relations (o direttamente di entrambi) fra i quali: Paul Wolfowitz, Dick Cheney, Donald Rumsfeld ispirati - a metà anni Sessanta -soprattutto dalle idee del senatore Henry M. Jackson.

In merito a quali siano le 'percezioni' alle quali sono ancorati gli esponenti neo-conservatori rimandiamo ad una serie di articoli di Miguel Martinez (4) apparsi alcuni anni or sono.

Contro queste visioni, dettate da isteria espansionistica, smania 'conquistatrice' e livellatrice e 'visioni' più o meno escatologico-messianiche direttamente o indirettamente collegate ai deliri sionisti relativi alla ricostruzione del Terzo Tempio di Gerusalemme (neo-cons e sionisti lavorano alacremente assieme ponendosi quale punta d'ariete della spinta 'religioso-onnicomprensiva' occidentalista) e alla prospettiva di scatenamento di un conflitto termonucleare contro le nazioni islamiche (mondo islamico e Cina sono state identificate da Huntington come le due principali 'civilizzazioni' 'avversarie' del predominio occidentale e verso le quali 'muovere' in termini di contenimento, sopraffazione e eventuale disintegrazione per il mantenimento dello status quo dei rapporti di forza geopolitici, strategici, commerciali e bellici internazionali) - 'utopia' e 'delirio' da "fine della storia" - riproponiamo qui un illuminante documento prodotto da tutte le Chiese cristiane d'Oriente precedente all'instaurazione dell'entità criminale sionista occupante la Terrasanta palestinese.

E' un documento importante che smentisce il "clash of civilization's" giocoforza dominante sulla scena massmediatica mondiale che determinerebbe una conflittualità inevitabile tra mondo occidentale e mondo islamico intendendo in particolar modo nell'accezione "occidentale" qualcosa di 'derivazione' "ebraico-cristiana". Si tratta di una concezione deviata che ha trovato numerosissimi proseliti anche negli ambienti giornalistico-massmediatici italioti fra i quali si 'contano' i quotidiani filo-sionisti del "Foglio", di "Libero" e de "Il Giornale" e, nel recente passato, in personaggi oltremodo oltranzisti e radicalmente ostili al mondo islamico fra i quali impossibile non ricordare la scomparsa Oriana Fallaci.

Le provocazioni, le disinformazioni, le menzogne create spesso e volentieri ad arte per fomentare odio e aumentare il senso di insicurezza tra i moderni occidentali, nonchè uno smisurato filo-sionismo che ha contagiato formazioni politiche del panorama nazionale (dalla Lega Nord a numerosi parlamentari e politici del centro-destra berlusconiano passando per diversi altri soggetti 'schierati' al contrario nel centro-sinistra che non lesinano il loro appoggio alla causa sionista) , hanno costituito il principale 'avallo' delle politiche terroristiche perpetrate dopo l'11 settembre 2001 dalla superpotenza statunitense e dal suo alleato "israeliano" nella regione del Vicino Oriente dalla quale tutto 'nasce' e tutto 'ritorna' perchè, dulcis in fondo, è la questione di Gerusalemme che determinerà le sorti finali della contrapposizione tra Occidente (e non, come si vorrebbe, "cristianità") e mondo islamico.

Il documento in questione riporta l'appello lanciato dall'Unione Cristiana di Palestina il 3 marzo 1948 a tutto il mondo ed è un'esortazione, firmata dalle undici principali confessioni cristiane di Terrasanta, a bloccare i progetti per l'instaurazione della cosiddetta "homeland" per il popolo ebraico ovvero la nascita dello stato-pirata d'"Israele".

Riportiamo:
" DICHIARAZIONE DEL COMITATO DELL'UNIONE CRISTIANA DI PALESTINA
indirizzata a tutte le organizzazioni religiose e politiche del mondo

"La dolorosa e deplorevole situazione oggi prevalente in Palestina ha spinto i rappresentanti di tutte le comunità cristiane, di ogni Chiesa, a tenere un incontro al fine di discutere le condizioni straordinarie a cui il paese è giunto facendosi carico, come hanno fatto, delle proprie responsabilità, dal punto di vista spirituale, morale e materiale, verso i membri delle rispettive comunità. L'incontro si è tenuto fra i rappresentanti dei:

- Patriarcato Ortodosso

- Patriarcato Latina

- Patriarcato Ortodosso-Armeno

- Custodia di Terra Santa "cattolica"

- Patriarcato Copto

- Vicario del Patriarcato Melkita

- Metropolita della Comunità Ortodossa Siriaca

- Vicario del Patriarcato Cattolico Armeno

- Comunità Evangelico-episcopale Araba

- Vicario del Patriarcato Cattolico Siriaco

- Comunità Luterana Arabo-palestinese

Avendo considerato accuratamente la situazione qual'è oggi in Palestina essi decidono di indirizzare a tutti gli organismi religiosi e politici del mondo questa dichiarazione con la quale essi intendono manifestare profondo dolore e forte indignazione per la deplorevole situazione in cui la Terra Santa, che è culla della pace, si è venuta a trovare e ciò quale diretta conseguenza della politica sbagliata che è stata imposta al paese e che è culminata nel piano di spartizione.

E' nostra ferma convinzione che la pace non sarà ristabilita e che nessun tentativo di promuovere la "pace di Gerusalemme" sarà coronato da successo a meno che gli organi che agiscono per la determinazione del futuro della Palestina non rimuovano le cause che hanno fatto della Terra Santa un campo di battaglia e ristabiliscano i principi di giustizia e mantengano il diritto all'autodeterminazione quale è previsto dalla carta dell'Organizzazione delle Nazioni Unite.

L'Unione Cristiana desidera dichiarare in termini inequivocabili che i suoi componenti denunciano il piano di spartizione nella ferma convinzione che questo piano comporta la violazione della sacralità della Terra Santa, la quale per sua natura e storia è indivisibile e rappresenta una usurpazione dei diritti naturali degli arabi che sono il popolo del paese.

L'Unione Cristiana desidera inoltre dichiarare che ogni tentativo di imporre con la forza una politica sbagliata sarà inevitabilmente destinato al fallimento: perchè il diritto è un'arma più potente della forza.

In vista del nostro incontro riservato con le varie categorie delle nostre comunità consideriamo nostro dovere attirare l'attenzione di tutte le autorità responsabili sul fatto che la Comunità Cristiana di Palestina, di ogni chiesa è in completo accordo, nei principi e nei fatti, con i propri confratelli Musulmani nel loro tentativo di resistere e respingere ogni violazione dei propri diritti o usurpazione della propria terra.

Noi quindi ci appelliamo a tutti quelli che hanno potere ed autorità perchè facciano ogni sforzo al fine di ristabilire la pace e la tranquillità in Terra Santa, revocando il piano di spartizione, assicurando l'unità della Palestina e promuovendo il benessere e la prosperità di tutte le sue genti.

Gerusalemme 3 marzo dell'anno di Nostro Signore 1948" (5)

'Questa' la posizione ufficiale di tutte le Chiese Cristiane di Terra Santa contro i progetti di costituzione dello Stato ebraico....

Il 'resto' di ciò che vi viene 'raccontato' sono tutte, solo, 'ciancie' sioniste perchè il mondo si divide in due categorie: chi sostiene i piani dell'imperialismo statunitense ed i deliri terroristico-messianici del Sionismo e del Giudaismo internazionali e chi lotta e resiste per difendere i suoi sacrosanti diritti inalienabili ad una Patria libera, armata e indipendente!

Con la Palestina: ora e sempre!

DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI

1 settembre 2009

DIRETTORE RESPONSABILE AGENZIA DI STAMPA "ISLAM ITALIA"

DA NABATHIYEH (LIBANO MERIDIONALE)

per TerraSantaLibera.org

Resistenza Cristiano-Islamica (http://www.terrasantalibera.org/DagobertoHB_documento_storico_unione_cristiana_Pal estina.htm)


NOTE -

1 - Maurizio Lattanzio - articolo "Il Mondialismo" - dal mensile "Orion" nr 15 - Dicembre 1985;

2 - Roberto Giammanco - "L'immaginario al potere - Religione, media e politica nell'America reaganiana" - ediz. "Antonio Pellicani" - Roma 1990; Testo fondamentale per comprendere la natura e le istituzioni del potere americano nell'epoca in cui la destra neo-conservatrice assumerà in prima persona la direzione della politica interna ed estera degli Stati Uniti.

3 - Marina Valensise - dal quotidiano "Il Foglio" del 21 ottobre 2006;

4 - Miguel Martinez - "Armageddon: l'impero americano e l'immaginario del dominio universale" dalla rivista "Praxis" - nr 32 - Maggio-Giugno 2003;

5 - Documento riportato nel volume "Dossier Palestina - Nakba - L'espulsione dei palestinesi dalla loro terra" - ediz. "Ripostes" - Salerno-Roma 1990 pp. 135-137;

Lupo
26-09-09, 22:02
DISINFORMAZIONE SIONISTA E STRATEGIE DI DESTABILIZZAZIONE: SIRIA E LIBANO NEL MIRINO

di Dagoberto Husayn Bellucci

Il perimetro geopolitico e strategico siro-libanese resta ad alta tensione malgrado le ultime, rassicuranti, dichiarazioni del premier in pectore libanese Sa'ad Hariri che, auspicando la formazione di un esecutivo di unità nazionale che comprenda anche esponenti di Hizb'Allah, ha infine lasciato cadere la riserva sulla presenza dei ministri dell'opposizione nazionale al prossimo governo di Beirut.

La situazione che sembra maggiormente preoccupare i politici libanesi è quella relativa alla composizione del futuro esecutivo che dovrebbe riservare 15 dicasteri a esponenti dell'attuale maggioranza filo-occidentale e 10 ai membri dell'opposizione filo-siriana. Le prossime settimane dovrebbero comunque sciogliere il nodo sui nomi che comporranno il prossimo governo libanese sorvegliato "speciale" della politica internazionale dopo le dichiarazioni bellicose provenienti dai confini meridionali dove l'entità criminale sionista non sembra affatto aver gradito il ritorno del partito di Dio sciita filo-iraniano nel prossimo consiglio dei ministri libanese.

A tentare di rendere agitata la situazione nel paese dei cedri sembra pensarci invece la stampa araba, in particolare in questo caso il quotidiano kuwaytiano "al-Siyasa",

che ha rilanciato notizie di intelligence europee su presunti depositi di armi chimiche disseminati nel Libano meridionale ed in possesso della Resistenza Islamica.

A riferire queste nuove rivelazioni non casualmente è un quotidiano del Kuwait tradizionale feudo filo-occidentale ed emirato retto dalla famiglia al Sabah da sempre su posizioni di dipendenza-amicizia con Washington. Secondo quanto riportato dalla stampa kuwaytiana Hizb'Allah avrebbe avuto in dotazione armamenti chimici dei quali si sarebbero trovate "tracce" dopo l'esplosione del deposito di armi saltato per aria nella mattinata del 14 luglio scorso nei pressi del villaggio di Hirbet Salim al confine con la Palestina occupata.

Come si ricorderà l'esplosione del deposito fu immediatamente ammessa dagli esponenti del partito sciita che impedirono per ventiquattr'ore sopralluoghi sia alle truppe regolari dell'esercito libanese che ai reparti dell'UNIFIL subito accorsi per accertamenti e per aprire un'indagine conoscitiva. Hizb'Allah avrebbe perso nell'incidente undici esponenti della Resistenza dei quali, citiamo testualmente il quotidiano kuwaytiano, "tre sarebbero rimasti vittime di intossicazione tossica".

A riferire di depositi di armi chimiche sarebbero sembra non meglio precisati "servizi d'intelligence europei" operanti nell'area del Libano meridionale i quali - a detta di "al-Siyasa" - hanno inoltre accertato che la Resistenza Islamica avrebbe recentemente ricevuto in dotazione una dotazione di maschere anti-gas ed altro equipaggiamento da guerra chimico-batteriologica oltre a nuove granate e missili a corto raggio con testate chimiche provenienti da Teheran via Damasco.

Hizb'Allah disporrebbe, a detta del quotidiano del Kuwayt, una trentina di depositi di armi chimiche disseminati lungo tutta la frontiera con la Siria, al centro del paese e sulle due sponde del fiume Litani , in particolare intorno alla zona di Tiro, al di fuori dell'area nella quale sono dispiegate le forze UNIFIL.

I servizi tedeschi, citati, sosterrebbero che Hizb'Allah si stia preparando ad un conflitto "totale" contro Israele nel prossimo futuro.

In merito a queste nuove rivelazioni, - che appaiono esclusivamente come l'ennesima boutade giornalistico-provocatoria rivolta a far salire la tensione nel paese dei cedri e aumentare il nervosismo di Washington e Tel Aviv da tempo impegnate in una vasta operazione di destabilizzazione che coinvolge l'Iran, la Siria e il Libano ovvero la cosiddetta "mezzaluna sciita" - il numero due del Partito di Dio, Sheick Naim Qassem vice-segretario di Hzb, ha sottolineato che "non c'è stata alcuna violazione della risoluzione 1701" e commentando quanto accaduto nel luglio scorso ha ribadito "ciò che è successo è un incidente, un normale incidente, conseguenza delle operazioni di sminamento che vanno avanti dalla ritirata israeliana dal Libano nel 2000 e dall'ultima aggressione del 2006" invitando a non drammatizzare e rifiutando di rispondere a quelle che ha sostenuto essere "veleni" e "provocazioni" di stampa.

Anche la notizia secondo la quale Hizb'Allah avrebbe ammassato oltre quarantamila razzi di media-lunga gittata al confine con la Palestina occupata è stata smentita categoricamente, nei giorni scorsi, sia dalle autorità militari di Beirut che dai responsabili Unifil.

Cui prodest quindi la serie di nuove rivelazioni provenienti da Kuwayt City? A quali 'teoremi' e nuove 'strategie' risponde una simile operazione di disinformazione che mira esclusivamente ad alzare pericolosamente la tensione in una zona ad alta intensità dove, non più di tre settimane or sono, si sono registrate manovre militari sioniste che hanno messo in stato di allarme l'esercito nazionale e i reparti delle Nazioni Unite?

Al momento si dovrebbe trattare di 'avvertimenti', moniti, messaggi lanciati da diversi ambienti in direzione del Partito di Dio e del futuro esecutivo libanese che, una volta insediato, dovrà vedersela con la pesante situazione economica e con il problema della riconciliazione nazionale dopo gli attriti e la lunga parentesi di stallo politico che ha paralizzato la vita politica libanese per quasi tre anni. La nuova era libanese, come del resto le precedenti, si preannuncia gravida di funeste aspettative e orizzonti cupi come hanno sottolineato numerosi osservatori della stampa locale. L'opinione pubblica a Beirut non sembra eccessivamente preoccupata dell'immediato futuro ma, analizzando la situazione interna a Hizb'Allah molti vedono nero anche alla luce dell'altra notizia che, da qualche giorno, tiene banco sulle prime pagine della stampa locale ovvero la bancarotta finanziaria di Salah Ezzedine, il "Madoff" libanese com'è stato immediatamente soprannominato l'eminente uomo d'affari sciita che, per anni, ha gestito l'editoria d'ispirazione religiosa del Partito di Nasrallah attraverso la sua casa editrice "Dar el Hadi" rovinosamente in crisi.

Cinquecento miliardi di euro, ripete la stampa libanese, oltre 800 secondo il quotidiano "As-Safir" sarebbe il 'buco' provocato da una gestione a dir poco scellerata. Una crisi che, com'era ovvio, è stata immediatamente utilizzata dagli avversari di Hizb'Allah per accusare l'intero partito di aver coperto un bancarottiere precipitato con la crisi petrolifera dell'estate 2008.

Mentre Hizb'Allah fa fronte a questa situazione e ai risvolti che potrebbero derivare dal crack del suo editore di fiducia la Siria di Assad, tradizionale alleato degli uomini di Nasrallah e ago della bilancia della situazione geopolitica regionale del Vicino Oriente, deve vedersela con l'ultima crisi con il vicino Iraq.

Una crisi che sembra aver raggiunto l'apice dopo le dichiarazioni rilasciate quarantott'ore fa dal Presidente Bashar el Assad che ha definito "immorali" le accuse che vorrebbero Damasco responsabile degli ultimi attentati terroristici che hanno colpito la capitale irachena a metà agosto.

"Quando si accusa la Siria, che ospita 1,2 milioni di iracheni, di uccidere dei cittadini iracheni, questa viene considerata un'accusa immorale", ha detto Assad in una conferenza stampa organizzata insieme al presidente cipriota, Demetris Christofias, in visita a Damasco.

"Quando la Siria è accusata di supportare il terrorismo, mentre lo sta combattendo da decenni, ebbene questa è un'accusa politica che, però, non segue alcuna logica politica. E quando queste rimostranze vengono avanzate senza nessuna prova, allora non c'è neanche alcuna logica legale".

La tensione tra Siria e Iraq aumenta: dopo il richiamo dei due ambasciatori e la confessione televisiva di un presunto "terrorista" legato ad al Qaeda che ha sostenuto di essere stato addestrato dai Muqabarat di Damasco la Repubblica Araba Siriana ha rinnovato al vicino di produrre le prove di quanto asserito respingendo al mittente ogni addebito e qualsiasi accusa compreso quella di fungere da base operativa per elementi del disciolto partito Ba'ath iracheno.

Il ministro degli Esteri turco Ahmet Davutoglu è stato ieri a Baghdad per cercare di stemperare le tensioni, dopo che gli stessi funzionari turchi avevano detto di aver ricevuto la promessa del primo ministro iracheno Nuri al-Maliki di abbassare i toni, promessa che pare - al momento - esser caduta nel vuoto.

Una domanda appare obbligatoria: chi sta cercando di soffiare sul fuoco in Libano come in Siria per aumentare instabilità e tensione?

La situazione nell'area appare fondamentalmente in una fase di pericolosa transizione: da un lato si profilano alti i rischi all'orizzonte di una nuova possibile conflagrazione bellica mentre dall'altro lato in molti, specie a Beirut, si aspettano una nuova stagione di dialogo che possa portare ad una normalizzazione delle relazioni politiche anche a livello regionale.

I timori, fondati, che esista una regia occulta mirante a rimettere in discussione anche i recenti accordi intercorsi tra Hariri e Hizb'Allah appaiono purtroppo realistici.

La situazione rimane, allo stato dei fatti, sospesa.

DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI

DIRETTORE RESPONSABILE AGENZIA DI STAMPA "ISLAM ITALIA"

DA NABATHIYEH (LIBANO MERIDIONALE)

per TerraSantaLibera.org

Disinformazione Sionista (http://www.terrasantalibera.org/DagobertoHB_SiriaLibano_disinformazione_sionista.h tm)

Lupo
27-09-09, 07:51
"...DORMENDO SOSPESO A DUE STELLE NEL CIELO..." -
L'IRRESISTIBILE TENTAZIONE TRAGICA: IL NICHILISMO

di Dagoberto Husayn Bellucci

"...Gli anni '70
avrei lasciato tutto per seguire un corso
di campana tibetana,
con il mio cane e l'amaca,
dormendo sospeso a due stelle nel cielo,
ma qui
trovami un posto per rifarlo qui
in un recinto chiuso non ci sto, oh no ...
né con la destra, ma nemmeno col P.C.I.
che bestia, che bestia."

( Samuele Bersani - "Freak" - album "Il meglio di Samuele Bersani" - 2002 )

"Cosa chiede tutta la folla moderna? Chiede di mettersi in ginocchio davanti l'oro e davanti la merda"
(Louis Ferdinand Celine)

"Emanciparmi dall'incubo delle passioni
cercare l'Uno al di sopra del Bene e del Male
essere un'immagine divina di questa realtà"

( Franco Battiato - "E ti vengo a cercare" - album "Fisiognomica" - 1988 )

"L'apolitia è la distanza interiore irrevocabile da questa società e dai suoi valori; è il non accettare di essere legati ad essa per un qualche vincolo spirituale o morale. Ciò restando fermo, con un diverso spirito potranno anche essere esercitate le attività che in altri presuppongono invece tali vincoli."

( Julius Evola - "Il cammino del Cinabro" - ediz. "Scheiwiller" - Milano 1972 )

La nostra accidiosa idiosincrasia rispetto alle paraplegiche estroversioni dei deambulanti contemporanei, unitamente al caldo libanese che - sia detto per inciso - 'basta' e 'avanza' per squagliarci quanto e più possibile l'inveramento mitofanico della perfezione sferico-platonica ovvero le palle (...Giotto non avrebbe saputo far di 'meglio'...); renderebbe superflua l'ennesima ricognizione scrittoria relativa alla deriva ontologica del 'presente'... Tant'è ci 'concediamo' anche il lusso di 'insistere'.

L'unidimensionalità edonistico-materialista delle società contemporanee di massa, il non luogo delle percezioni 'dissolte' dell'individualità 'assente' dell'uomo moderno occidentale, ci permettono e 'suggeriscono' una nuova disamina analitica relativa alla società del Niente post-nichilista esemplarmente incarnata dal modello occidentale di sviluppo capitalistico contorto e degenerato. L'Occidente è l'incarnazione dei non valori di società perennemente in affanno che riproducono stereotipate e ripetitive immagini e parole d'ordine 'fascinanti' ovvero la "società liquida", mondo 'sommerso' di pulsioni e desideri, priva di una centralità e di un contorno definibile e costantemente assediata dall'incedere costante di quel fantasma - materializzatosi per 'magia' dalle tenebrose e tortuose dinamiche involutive dell'individuo contemporaneo - che già Friedrich Nietzsche definì come "il più inquietante fra tutti gli ospiti: il nichilismo".

Il problema che maggiormente occupa i dibattiti delle società contemporanee - al di là delle più o meno momentanee 'crisi' economiche e delle altrettanto più o meno 'affioranti' tensioni sociali - e indiscutibilmente investe qualunque settore d'analisi risulta essere quello relativo alla natura umana, alle preoccupazioni dell'individuo moderno ed alle risposte che esso saprà dare rispetto alla moltitudine di questioni aperte dall'avanzata del Nichilismo.

La domanda che l'individuo moderno si pone al presente non è solo di ordine individuale (chi sono, dove vado, da dove vengo) ma si ricollega al malessere più profondo che viene avvertito a livello generale e che ha schiantato le società moderne: la deriva. Il mondo che è stato 'disegnato' e pianificato dagli apprendisti stregoni del Nuovo Ordine Mondiale è un pianeta di naufraghi, utilizzando la splendida metafora di Serge Latouche, ossia la società alla deriva, 'persa' tra quotidianità, disincanto e fuoriuscita a pezzi dal marasma post-ideologico del Novecento, secolo dominato dalle grandi ideologie che hanno segnato la storia recente dell'umanità, e dal traumatico ritorno alla 'normalità'. La vita di milioni di individui è stata, nell'arco di qualche anno talvolta pochi mesi o qualche settimana, trasformata radicalmente: il crollo delle utopie ideologiche del secolo scorso ha lasciato una massa informe, depauperizzata, castrata interiormente e priva di stimoli e reazioni rispetto all'imprevedibile avvento della società edonistica di massa.

Improvvisamente, dall'Europa Orientale all'Africa, dal Sud America all'Estremo Oriente, il riordino del sistema economico mondiale e le nuove dinamiche di sviluppo e d'interazione dei capitali finanziari 'fluttuanti' attraverso i netwoork informatici hanno rappresentato la "fine della storia" o, per esser più esatti, la fine di mitologie politiche alle quali guardavano con speranza milioni di individui. Il crollo dell'utopia marxista e l'avvento di un'epoca dominata dalle multinazionali della Finanza cosmopolita e dai meccanismi di sfruttamento capitalistici hanno rimodellato e trasformato la percezione di un'umanità sciabordata improvvisamente da un ordinamento socio-politico semifeudale, o non completamente sviluppato, qual'era quello del Socialismo reale verso i 'lidi' dorati delle menzognere società dell'opulenza e del benessere di massa occidentali... Inevitabili i 'contraccolpi' esistenziali: il trauma inferto ai singoli e alle collettività del Terzo Mondo - con le inevitabili 'scosse d'assestamento che hanno colpito anche le stesse società capitalistiche occidentali - non poteva essere più completo e profondo.

Vie di uscita dal cataclisma prodotto da questa nuova situazione di fluttuante e onnipresente precarietà non se ne intravedono all'orizzonte. Scrive Latouche: "I naufraghi dello sviluppo non sono in grado di acquistare alcunchè. Sono condannati a farlo. La sopravvivenza dipende ormai dalla capacità di sbrogliarsela. Non si tratta di un altro sviluppo ma di un al di là sul modello dell'al di qua. Si è letteralmente altrove, al di fuori dello sviluppo, e per certi aspetti ci si ricollega a quel che c'era prima, superando la frattura della modernità. Si è anche dopo. Si tratta di un doposviluppo al tempo stesso perchè le dinamiche informali si manifestano dopo il passaggio della modernità e dopo il maremoto dello sviluppo, ma anche perchè il pianeta dei naufraghi assume tutta la sua ampiezza soltanto dopo il naufragio della grande società. (...) I temi dei "bisogni fondamentali", dell'autosufficienza alimentare, delle "tecnologie appropriate", si collocano al punto d'intersezione di strade orientate in direzioni opposte e costituiscono incroci pericolosi. L'opposizione tra sviluppo "alternativo" e alternativa allo sviluppo è essenziale, radicale e inconciliabile in astratto e nell'analisi teorica. Questo non è manicheismo o dogmatismo, ma conseguenza di un minimo di rigore onde evitare le confusioni e i loro pericoli. Si tratta di stare attenti a non ricadere nei tranelli che si denunciano." (1)

E la situazione non va certamente migliorando ove spostassimo l'orizzonte di analisi su di un piano ontologico, psicologico o sociale onnicomprensivo dei riflessi che questa alienazione di massa, generata da falsi miti di progresso e da altrettanto menzognere promesse di realizzazione materiale, hanno prodotto su milioni di individualità.

Siamo indiscutibilmente nel regno del nichilismo puro, nella svalutazione suprema di tutti i valori, nel vuoto a 'perdere' della contemporaneità che diviene già post-modernità quando 'attraversa' il punto 'zero', il punto di non ritorno dell'uomo moderno. Quello che abbiamo dinanzi è il mondo rovesciato delle anime perse deambulanti senza meta, in perenne stato di 'agitazione', furiosamente e affannosamente alla 'cerca' di un qualcosa che non trovano nè troveranno mai...(la 'cerca' del 'nulla). L'apparizione del Nichilismo in tutta la sua essenza ha schiantato, com'era inevitabile, tutto quanto si sia trovato sulla propria strada: certezze, sicurezze, idee, ideologie, valori e morali. L'etica è saltata per aria sommersa dalla furia nichilistica, la morale si è frantumata, la fede ha dovuto inevitabilmente arretrare, andando ad occupare la sfera privata del singolo, l'ideologia è stata superata dall'incedere di 'abbacinanti' visioni edonistiche, dal clamore dei rumori, dei suoni, delle immagini di un mondo virtuale, di un business-system (sistema artificiale creato per una ristretta minoranza di benestanti) al quale tutti tendono e aspirano per esistere su di un piano orizzontale non potendo, altrimenti, aspirare ad alcuna dimensione verticale di riconnessione con il Sacro.

L'uomo moderno vive, senza neanche rendersene pienamente conto, nella società del nichilismo puro.

"Il mondo nichilistico - scrive Ernst Junger (2) - è per sua essenza un mondo ridotto e che sempre più si va riducendo, ciò che corrisponde necessariamente a un movimento verso il punto zero. La sensazione dominante è quella del ridurre e dell'essere ridotto. A ciò il romanticismo non può più opporsi, riporta solo un'eco della realtà svanita. Si esaurisce la sovrabbondanza, l'uomo si sente sfruttato da molteplici punti di vista e non solo dal punto di vista economico. La riduzione può essere spaziale, spirituale, psichica; può riguardare il bello, il buono, il vero, l'economia, la salute, la politica - ma in definitiva sarà sempre avvertita come uno svanimento."

Non occorre essere filosofi nè sociologi per accorgersi dello svanimento circostante, dell'incedere costante di un vuoto che erode la terra sotto i piedi anche agli uomini di 'razza' che intendessero restare "in piedi tra le rovine" della società contemporanea. Il nichilismo eroderebbe il terreno sotto i piedi anche a questi uomini 'differenziati' prim'ancora che essi se ne renderebbero pienamente conto. La corrente nichilista è come uno tsunami, la sua corsa inarrestabile, la sua violenza senza limiti, i suoi effetti devastanti: il vuoto disintegra le coscienze, annichilisce anche i più tenaci tentativi di reazione, disintegra irrimediabilmente qualunque bastione - collettivo o individuale - di resistenza.

Contro un simile avversario non esistono nè resistenze nè rimedi nè soluzioni. E non sono accettati 'compromessi' di sorta. Il nichilismo spazza via tutto quanto: identità, storie e ricordi. L'individuo svanisce nella marea nichilista circostante: un naufrago in un oceano in tempesta, abbandonato a sè stesso, in preda alle correnti e alle variabili indipendenti dalla sua volontà. La volontà individuale può nulla contro una simile tragedia che ha investito completamente le società moderne.

"Si potrebbero - continua Junger (3) - citare molti altri campi nei quali lo svanimento è pienamente visibile, come quello dell'arte o dell'erotismo. Si tratta infatti di un processo che intacca il tutto e che alla fine lascia dietro di sè paesaggi quanti mai sterili, squallidi o perfino devastati. Nella migliore delle ipotesi emerge la cristalizzazione. La caratteristica peculiare di tutto ciò non è il nuovo, ma piuttosto ciò che avvolge ampiamente il mondo. Per la prima volta osserviamo il nichilismo come stile. Si è già visto spesso, nella storia dell'uomo, rispetto a individui singoli come a unità più o meno grandi, il crollo delle gerarchie immortali con tutte le conseguenze relative. Ma erano pur sempre disponibili potenti riserve, nel mondo dei semplici o in quello dei dotti. C'era ancora terreno vergine in abbondanza, e intere civiltà rimasero inviolate. Oggi lo svanimento, che non è semplicemente svanimento, ma nello stesso tempo accelerazione, semplificazione, potenziamento e pulsione verso mete sconosciute, afferra il mondo intero."

Abbiamo sovente fatto riferimento al modello di sviluppo turbocapitalistico, alias Globalizzazione, come ad un autentico leviatano, una mostruosa creazione che tutto fagocita, sottomette e tende ad ordinare e controllare. Il mondo del nichilismo puro non abbisogna di alcun 'riordinamento' nè di controlli: è , per sua essenza, il mondo del caos, del caos in quanto materia informe, incontrollata, dinamica...Nel nichilismo non esiste un 'dopo', non vi sono possibilità di 'redenzione' nè 'salvezze' per quanto auspicate dalla massa incosciente: questa dimensione ancora 'sacrale' dell'esistenza è sconosciuta al Nichilismo.

L'attraversamento dei gelidi camminamenti del nichilismo, pur affascinante, è sempre sconvolgente e traumatico; non lascia insensibili nè indifferenti perchè agisce su tutti i livelli nella vita di un individuo scombussolandone le consuetudini, disarticolandone i sistemi di 'protezione' ovvero i censori interni, distruggendone le fondamenta con un lento lavorio che esteriormente e interiormente produce solo disastri.

Non casualmente siamo, con l'avvento del nichilismo, in presenza di una società "liquida": quest'immagine metaforica delle società moderne riporta immediatamente alla mente e rievoca qualcosa di perennemente precario, instabile, non corporeo nè fisico ed assieme soprattutto qualcosa di fluttuante, incerto, indeciso.

Incoscientemente l'uomo 'attraversato' da un simile sconquasso psico-fisico (...più 'psichico' che fisico a dire il vero...) reagirà nella sola maniera possibile: autodefinendo una nuova 'percezione', e quindi stabilendo autonomamente e assumendo interiormente nuove 'leggi' che comporteranno inevitabilmente anche una diversificazione degli atteggiamenti 'esteriori' dinanzi al caos imperante, di sè e della sua individualità (..."...dovrei cambiare l'oggetto dei miei desideri/ non accontentarmi di piccole gioie quotidiane/ fare come un eremita/ che rinuncia a sé...." 'canta' il sulfureo Franco Battiato in "E ti vengo a cercare" ....'canzone' non 'solo' d'"amore" se 'letta' come si 'deve'..."...Questo secolo ormai alla fine/ saturo di parassiti senza dignità/ mi spinge solo ad essere migliore/ con più volontà..."
...'ineguagliabile' e disincantato autodistacco dal pullulante 'deambulamento' di esistenze 'marce'...).

La parola che meglio e più spesso è stata utilizzata per definire l'epoca attuale è "crisi". Crisi di valori, di ideali, di identità, di coscienze. La crisi ha attraversato l'intero novecento per lasciare dietro di sè immagini devastanti di panorami sociali - ma anche politico-economici - disintegrati e intossicati dall'avanzata costante della precarietà, dell'incertezza, delle dinamiche distruttive prodotte dalla folle corsa di sistemi di produzione e di sviluppo ingestibili, depauperizzanti, alienanti: le società moderne di massa con la loro brama di benessere e il loro potere tecnologico-scientifico che si riteneva sterminato e onnicomprensivo non sanno offrire più alcuna risposta - nè d'ordine spirituale ma neppure d'ordine materiale - ai tanti problemi emersi con l'espansione planetaria e l'evoluzione tecnicistico-informatica di un universo di valori distorto dove le macchine progressivamente vanno sostituendosi agli uomini e dove il nulla circostante, il deserto nichilistico, avanza erodendo inesorabilmente qualunque valore.

" "Crisi" - scrive Giuliano Borghi (4) - è la parola che sempre più spesso ricorre in questo nostro tempo instabile e magmatico. Antiche certezze sembrano definitivamente tramontate e i vecchi valori appaiono "sfumare sempre più in un crepuscolo in cui il rapporto tra la 'ragione' umana e il suo tempo va declinando fino ad alterarsi profondamente. Le strade del passato risultano impraticabili, quelle del tempo che verrà si rivelano incerte e problematiche, quando addirittura non si presentano sbarrate. L'uomo, così, resta immobile, pietrificato nel vuoto della sua impotenza razionale, dove, se ci si attiene alle nozioni abituali di "soggetto", "storia", "coscienza", "verità", "dialettica" e tante altre ancora, il tempo presente corre il rischio di risultare impensabile. Se parliamo di "soggetto", che è per così dire l'equivalente filosofico di uomo, non riusciamo più a raffigurarci alcunchè di preciso, qualcosa in cui si possa riconoscere noi e quello che ci sta attorno. All'idea tradizionale di un soggetto monolitico, si è sostituita la concezione che il "soggetto" sia una funzione illusoria, un effetto di codice, un burattino dell'Altro."

L'emersione pullulante di "marionette sistemiche", soggetti disumanizzati, depauperizzati dell'anima, disarticolati ontologicamente e privi di una coscienza individuale risulta un dato lapalissiano rappresentativo del vuoto cosmico interiore espressione delle moderne derive esistenziali contemporanee.

In una società consumata dal vuoto, lacerata dal niente, e pervasa dal nulla risulterà impossibile qualsivoglia forma di ricollegamento a Tradizioni 'morte', insufficienti per restaurare, inadatte a custodire e incapaci di produrre qualcosa che sia più di un semplice, momentaneo e illusorio, fuoco 'fatuo'...

Qualunque forma, qualunque tentativo e qualsiasi volontà di resistere alla 'desertificazione' ontologica dell'individuo, all'avanzata inarrestabile di dune in movimento dentro i meandri dell'anima e della coscienza umana, risulteranno inadeguati e privi di efficacia quando non inerenti a forme tradizionali vive, reali, agenti nelle dinamiche contemporanee tipiche della modernità, delle sue forme, delle sue manifestazioni. Forme tradizionali che, sia detto per inciso, non appartengono più alla società nichilistica per eccellenza ovvero all'Occidente moderno.

"...le circostanze - scriverà Julius Evola (5) - stanno a mostrarci in modo sempre più evidente che partendo dai valori della Tradizione (...) è estremamente improbabile che si possa provocare una qualche modificazione di rilievo nello stato attuale generale delle cose attraverso azioni o reazioni efficaci di un certo raggio. Dopo gli ultimi sconvolgimenti mondiali, a tanto oggi sembra mancare ogni punto di presa sia nelle nazioni che nella stragrande maggioranza degli individui, sia nelle istituzioni e nelle condizioni generali della società che nelle idee, negli interessi e nelle forze predominanti dell'epoca."

Il nichilismo, inteso come volontà del nulla, diviene nuda realtà quando da puro orientamento filosofico tardo-settecentesco diventa quotidianità costante onnipervadente di intere società. Il Nulla non è 'casualmente (...il 'caso' non esiste...) 'entrato' nella vita di milioni di individui in un dato momento storico nè, soprattutto, abbandonerà facilmente la 'presa': l'assenza di valori e la dimensione 'vuota' prodotta dall'incedere del Nichilismo sono la naturale conclusione di un'insieme di processi storico-sociali di involuzione delle società occidentali lentamente ma progressivamente andati ad estendersi verso il resto del pianeta.

Un pò di 'storia' del e sul 'nichilismo' forse non 'guasterà' per comprendere pienamente l'"ospite" inatteso nè desiderato che alberga nel subconscio delle fragili e contorte individualità contemporanee....quando 'parliamo' di 'dimensione nichilistica' parliamo, prevalentemente, di una dimensione individuale, di un atteggiamento psichico, di una irresistibile componente di disorientamento cronico e depauperizzazione costante della volontà individuale degli individui delle società moderne soprattutto di quelle occidentali e comune in particolar modo tra le nuove generazioni, facili prede dei 'venti' e delle 'illusioni dell'anima'... (il Nichilismo esistendo anche, prevalentemente, come 'etat d'esprit', malessere senza fine e senza spiegazione di un soggetto che si lascia "morire a sè stesso" non, come riconosciuto dal mondo della Tradizione Informale ed in senso 'verticale' ascendente, per impossibili 'aneliti' verso dimensioni 'spirituali' superiori ma, al contrario, come proiezione orizzontale distorta - lo 'specchio infranto' - di sè che provoca una discesa senza fondo nella dimensione obliqua del Nulla discendente.

Innanzitutto è bene chiarire fin d'ora come lo 'spirito' del nichilismo sia concepibile solo ed esclusivamente nel quadro di una forma cristiana. Diversamente qualunque analisi risulterebbe incompleta e priva di alcun senso: non tanto perchè la 'tentazione tragica' prodotta dall'avvento del nichilismo sul palcoscenico delle vicende umane sia impensabile presso altre forme tradizionali (...come 'possibilità' latente la dimensione nichilista ovviamente 'trascende' una o l'altra manifestazione spirituale...) ma in quanto è nel cuore del Vecchio Continente, presso e all'interno della strutturata società cristiana che la filosofia moderna ha partorito, generato, allevato e 'nutrito' il 'Tentatore' nichilista. Non è casuale che già Sant'Agostino identificava con questo termine gli atei.
(Continua)

Lupo
27-09-09, 07:53
Il primo a parlar di nichilismo e ad utilizzare questo termine (dal latino NIHIL= nulla) in epoca moderna fu Friedrich Heinrich Jacobi il quale caratterizzò la filosofia trascendente kantiana e in particolar modo quanto ripreso dal Fichte come sistemi della ragione pura che "annichila ogni cosa che sussista fuori di sè" = nichilismo.

Jacobi difenderà la validità della fede come sentimento dell'incondizionato ovvero di Dio. Secondo il filosofo di Dusseldorf nessun ragionamento raziocinante potrà mai giungere alla dimostrazione sull'esistenza di una Realtà creatrice divina. Per ciò criticherà il metodo cartesiano ed il suo fautore che hanno cercato di dimostrare l'indimostrabile. Cartesio - secondo Jacobi - ha semplicemente dimostrato l'unità di tutte le cose, la totalità del mondo. Analoghe critiche rivolgerà anche alle filosofie panteiste in particolare a quelle di Spinosa, Giordano Bruno e Shaftesbury rifiutate e identificate come ateismi in quanto l'identificazione di Dio con il mondo creato null'altro sarebbe che l'identificazione del condizionato con l'incondizionato, dell'invio con l'Inviante.

Successivamente sarà Arthur Schopenhauer ha riprendere in chiave nichilista il problema della conoscibilità e dell'essenza del reale (Il mondo come volontà e rappresentazione) sostenendo che la realtà fenomenica è null'altro che apparenza nullificante e dolorosa di una Volontà irrazionale e inconscia, punto di origine del tutto verso il quale tutto ritorna. Un altro autore che riprenderà la polemica sul nichilismo e sui suoi aspetti terrificanti, dissacranti e destabilizzanti sarà Dostoevskij che riconoscerà nella concezione nichilista una pericolosa deriva rispetto ai valori tradizionali cristiani e l'inevitabile destino della modernità dopo "la morte di Dio".

Dostoevskij suo malgrado però cercherà di andare incontro all'inevitabilità del nichilismo affermando che la morte e la negazione di ogni spiritualità e di Dio da un lato, e la fede nel Dio negato ma redentore (e capace quindi di salvazione rispetto alla sofferenza dell'umanità) proprio perchè sofferente dall'altro avrebbero potuto ricondurre, attraverso il magma incandescente del nichilismo, la religione cristiana al rinnovamento.

I nichilisti russi, anche il romanziere I.S. Turgenev che nel 1862 darà alle stampe "Padri e figli" - nel quale incentrerà il romanzo sulla figura del nichilista Bazarov - ; vedranno comunque nella manifestazione nichilistica più una concezione socio-politica, destinata soprattutto e prevalentemente alle giovani generazioni, che non una specifica dottrina filosofica. Questa verrà ordinata successivamente in Germania da Friedrich Nietzsche.

Più di ogni altro, sarà Friedrich Nietzsche a portare all'estremo la sua polemica ("filosofeggiando con il martello") sul nichilismo che apparterrebbe interamente alla vicenda storica e allo sviluppo del cristianesimo: al filosofo di Rocken non sfuggirà la dimensione 'altra' dell'insegnamento cristiano, la sua trascendenza 'posteriore', che invita i fedeli a cercar la verità in un altrove metafisico e li condanna, con il mondo e Dio stesso, al nulla inevitabile di una vita 'terrena' vuota in attesa di una salvezza postuma

Nietzsche, che rivendicò per sè il titolo di primo nichilista della storia, sosteneva che tutti i sistemi etici e tutte le filosofie religiose elaborate nel corso dei secoli dall'Occidente fossero interpretabili come stratagemmi ideali per infondere sicurezza alla popolazione, a tutti colo che non riuscivano ad accettare la natura imprevedibile e l'avverso fato della vita e che cercavano rifugio in una realtà trascendente. Per Nietzsche quest'insicurezza popolare doveva essere nutrita da un'attesa messianica, dall'avvento di un Regno di Giustizia, dall'intercessione di un Redentore. Quest'atteggiamento secondo il filosofo tedesco rifletteva un'insicurezza ed una mancanza di carattere di individui spaventati dalla loro stessa natura (dalle passioni, dall'istinto, dalle emozioni del 'vivere') ed incapaci di accettarsi nella loro pienezza. Per Nietzsche la massima espressione di questa nullificazione dell'uomo è stata la religione ebraico-cristiana: l'etica dell'amore, della pietà e della mortificazione del corpo in vista di una ipotetica felicità ultraterrena è solo una perversione dello spirito, una patologia dell'umanità.

Il filosofo di Rocken squarcia il velo di un certo ipocrita buonismo dei benpensanti dell'epoca e scrive: ""Ciò che io racconto e' la storia dei prossimi due secoli. Io descrivo ciò che viene, ciò che non può fare a meno di venire: l'avvento del nichilismo. Questa storia può già ora essere raccontata; perché la necessità stessa e' qui all'opera. Questo futuro parla già per mille segni, questo destino si annunzia dappertutto; per questa musica del futuro tutte le orecchie sono già in ascolto. Tutta la nostra cultura europea si muove in una torturante tensione che cresce da decenni in decenni, come protesa verso una catastrofe: irrequieta, violenta, precipitosa; simile ad una corrente che vuole giungere alla fine, che non riflette più ed ha paura di riflettere. - Chi prende qui la parola sinora non ha fatto altro che riflettere: come filosofo ed eremita d'istinto, che ha trovato vantaggio nell'appartarsi, nel restar fuori, nel ritardare, come uno spirito audace, indagatore e tentatore che già si e' smarrito in ogni labirinto dell'avvenire;…che guarda indietro mentre narra ciò che avverrà, come il primo nichilista compiuto d'Europa, che ha già vissuto in sé sino il nichilismo sino alla fine, e ha il nichilismo dietro di sé, sotto di se, fuori di se" (Wille zur Macht)" (6)

Nietzsche individuerà l'esistenza di due tipologie di nichilismo: uno attivo e positivo, l'altro passivo e negativo. Al primo si ispirerà per la caratterizzazione del "superomismo" con il quale cercherà di dare risposte alla situazione contingente dell'individuo che, dinanzi ad una scoperta così tragica (la morte di Dio) ne accetta la realtà e con essa la fine di ogni metafisica e si autorizza a viverne, senza possibilmente subirne, le estreme conseguenze anche, soprattutto, su di un piano psicologico.

Il nichilismo "attivo" nichiano , segno di forza e di potenza e crescita dello spirito, doveva nelle intenzioni dell'autore opporsi ad un secondo tipo di "nichilismo passivo" che comportava l'accettazione rassegnata e traumatizzante della crisi della propria epoca.

Sotto questi riguardi, il nichilismo si rivela chiuso in un equivoco che lascia aperta la possibilità di essere "per l'una o per l'altra, ma anche per l'una e per l'altra"

Nietzsche intese con nichilismo soprattutto la morte di Dio, ossia la condizione dell'uomo moderno, che a partire dall'Illuminismo ed a causa di una "accresciuta potenza dello spirito", crede sempre di meno nei valori tradizionali. Vi è quì da ricordare come l'epoca dei 'Lumi' - con l'affermazione dei valori razionalistici - accrebbe questa 'sensazione' di onnipotenza e di onnicomprensività individuale arrivando all'affermazione suprema della negazione di Dio - massimo grado di blasfemia e di indiscutibile presunzione demoniaca - e al disconoscimento di tutti i Valori Supremi. Quella che si palesa dinanzi all'uomo del tardo Ottocento è una crisi di una civiltà che Nietzsche riassume con la formula "Dio è morto", dove Dio è il simbolo di tutte le fedi e di tutte le metafisiche. Nietzsche descrisse in termini efficaci questo nichilismo (la crisi di valori) dell'epoca attuale: notò ad esempio come il venir meno di ogni certezza, l'abbandono di ogni prospettiva religiosa o oltremondana, provochino nell'uomo contemporaneo un forte senso di fallimento e smarrimento esistenziale.

La situazione attuale, si noteranno le analogie, non è 'difforme' da quella indicata da Nietzsche...semplicemente la sua estensione 'globale' la rende, attualmente, più pervasiva e 'pericolosamente' fascinosa. Il nichilismo 'rapisce' i cuori, offusca le menti e disintegra le coscienze lasciando vuote le anime, mortificando gli individui in una costante morte metafisica...( "Ho visto/ La gente della mia età andare via/ Lungo le strade che non portano mai a niente/ Cercare il sogno che conduce alla pazzia/ Nella ricerca di qualcosa che non trovano nel mondo che hanno già/ Lungo le notti che dal vino son bagnate/ Dentro le stanze da pastiglie trasformate/
Lungo le nuvole di fumo, nel mondo fatto di città/ Essere contro od ingoiare la nostra stanca civiltà..." ci 'ricorda' il Grande e compianto Augusto Daolio dei Nomadi...).

In quest'assedio dell'anima l'individuo tenderà ad una 'alimentazione' della propria fede perduta: il suo istinto a credere lo porterà, come effettivamente accadrà durante tutto il Novecento, a sostiture l'antica spiritualità con nuove forme di "sacro": lo saranno le ideologie (in particolare il marxismo che, su di un piano meramente emozionale, agirà proprio come una sorta di "nuova religione" contro-Chiesa per eccellenza e catalizzatore di tutti i più bassi e materialistici istinti individuali...il marxismo è l'ideologia degli invidiosi per eccellenza... anche per 'questo' non saremmo mai nè mai potremmo divenire 'marxisti'...) ma anche le nuove forme di spiritualità "fai da te", fenomeni neo-spiritualisti, il proliferare delle sette a sfondo messianico, il ritorno di culti ancestrali, forme neo-gnostiche di conoscenza che si presume e si presenta come 'sacra', il persistere di credenze magiche (dall'astrologia alla parapsicologia finendo alla stessa ondata 'ufologica' contemporanea) e di quelle a sfondo 'mistico' (le apparizioni mariane). ...In tutte queste forme di sacro, alle quali si sommeranno le 'derive' New Age, il teosofismo, le diverse meditazioni orientali e quant'altro prodotto dal "supermercato del sacro fai da te", è possibile riscontrare una volontà nichilistica di "credere ad ogni costo a qualcosa" foss'anche il demonio (...e difatti la 'deriva' contempla pure il pulluleggiante andirivieni di 'sette' a sfondo satanico-sessual-demoniaco...dove la componente sessuale, peraltro, ha una predominante 'fascinazione' sugli 'incauti' 'adepti' del demonio... 'altrimenti' perchè 'cercar Satana'....).

E' in questa situazione di sconforto generale e di generale ricerca che il Nichilismo viene avvertito, utilizzando le parole del filosofo Pier Paolo Ottonello, come ".. negazione radicale o metafisica, è dunque negazione del senso dell'essere e degli enti in quanto significato e realtà sostanziali e valorativi, che possono essere tali solo in quanto fondati nell'assolutezza dell'essere. Nichilismo è dunque, essenzialmente, l'assoluta negazione di ogni assolutezza, che percorre le strade o dell'indeterminazione dell'essere e degli enti o dell'univocità radicale essere nulla. "

In questa deriva generale tutto diviene 'numero' e tutto risulterà 'quantità' nella società nichilistica il che produrrà effetti ancor più devastanti perfino in quelle stesse istituzioni alle quali sarebbe, teoricamente, demandata la funzione di fare da argine alla modernità e allo sconquasso generale. Anche questi istituti cedono inesorabilmente il passo all'avanzata nichilistica, incapaci di frenarne le dinamiche caotiche e difformi e di impedirne gli effetti devastanti nella società e sugli individui le stesse istituzioni religiose, le stesse autorità spirituali, preferiscono cedere alle parole d'ordine del modernismo, in un estremo - quanto inutile e velleitario - tentativo di "salvare il salvabile" di una società oramai avvertita metaforicamente proprio come una barcarola in mezzo ad un oceano in tempesta; accettando compromissorie forme di interazione e sinergiche collaborazioni con le forze apparentemente meno radicali del nichilismo le Istituzioni tradizionali - specie in seno all'Occidente mondialista - perdono la loro funzione, il loro ruolo - e quì ci riferiamo precisamente alla Chiesa cattolica - di "kathekon"

Alcuni anni or sono il filosofo e futuro sindaco di Venezia Massimo Cacciari, spirito critico di una Sinistra allora - si parla della metà anni Ottanta - ancora troppo legata al dogmatismo ideologico d'impianto marxista-leninista per essere "conforme" ai 'desiderata' del laicissimo 'metafisicamente' pericoloso filosofo veneziano - si riferì all'azione di papa Giovanni Paolo II con una alquanto strana ma interessante domanda chiedendosi "perchè il papa continua a voler fare da kathekon?" (7)

Ricordiamo che "kathekon" in senso teologio (cfr. alla teoria gelasiana e al tomismo) è inteso come "ostacolo [al prevalere delle forze dissolutorie dell'Anticristo]".

Kathekon, parola greca che letteralmente significa "colui (o qualcosa) che trattiene" con riferimento alla dottrina cattolica si riferisce in modo predominante proprio all'azione che dovrebbe svolgere l'istituzione religiosa ecclesiastica, la Chiesa cattolica, e il suo pontefice = facitore di ponti tra l'umano ed il divino.

Senza analoghe implicazioni teologiche anche presso gli antichi latini "kathekon" si riferiva ad un'azione conforme alla natura propria degli individui al "fare ciò che deve essere fatto".

"Il kathekon come azione che a noi conviene in conformità con la natura universale, costituisce il nostro dovere. - spiega il prof. Poliseno (8) - Poiché questo concetto comprende tutto ciò che è conforme alla natura umana è giustificato dal punto di vista del logos. In seguito il concetto si restrinse ed indicò le azioni che, nell'ambito della comunità, ci vengono imposti come doveri della legge razionale. La cultura romana lo mutuò dallo stoicismo classico arricchendolo ed arricchendosi. Questa evoluzione si accentuò quando i romani adottarono il concetto stoico e lo identificarono con il loro termine officium. I romani avevano i loro valori, tramandati dal mos maiorum: pietas: il dovere religioso che impegnava l'uomo nei rapporti con gli dei, la patria, i parenti. Virgilio chiama Enea pius, per la sua devozione al padre.; la fides, la lealtà che ispira fiducia. Tutte queste qualità avevano la loro radice nella disposizione naturale del vir, nella virtus che racchiudeva tutte le qualità, in una unità indivisibile, che un uomo dovrebbe possedere e che faceva del vir un vir bonus. Lo stoicismo portava dentro di sé l'alternativa tra l'adesione al logos e le esigenze della physis; i romani cercano con maggiore impegno la loro conciliazione. Il kathekon-officium per i romani era tutto ciò che è compiuto in vista di una ragione.".

Mancando attualmente un'Istituzione che degnamente faccia da "kathekon" all'incedere devastante della modernità, alla oramai progressiva e generale erosione di tutti i valori, alla disintegrazione di ogni etica e allo sprofondamento radicale di qualunque morale anche, se non soprattutto, una determinata ritualità, una quotidiana prassi che dovrebbe contenere elementi tradizionali di riferimento, si svuota e perde di senso nel grande, informe, magma prodotto dal nichilismo circostante.

Nelle società devastate dall'avanzata nichilistica che porta alla sconsacrazione suprema di tutti i valori ciò che diviene fondamentale sarà la materia, la quantità (9), l'effimero ed il superfluo ovvero l'esteriore.

"Ininterrottamente, diventa più importante la quantificabilità di tutti i rapporti. - scrive Ernst Junger (10) - Si continua a consacrare, benchè non si creda più all'eucarestia. Allora, per renderla più comprensibile, la si interpreta diversamente. Un tipo superato è il dandy; egli è ancora, esteriormente, il portatore di una cultura il cui senso comincia a venir meno. Qui si colloca anche la prostituzione come sessualità spogliata di simboli. Vi si aggiunge quindi non solo la vendibilità, ma anche la quantificabilità. La bellezza diventa valutabile in cifre, in larga misura qualcosa che hanno tutti. La riduzione più ampia è quella che si esercita sulla pura causalità; alle sue sottospecie appartengono la considerazione economica del mondo storico e sociale. Uno dopo l'altro, tutti i campi lasciano ricondurre a questo denominatore, perfino in sedi tanto lontane dalla causalità come il sogno. Con questo tocchiamo la distruzione dei tabù, che dapprima spaventa, sconcerta e può anche essere eccitante; in seguito, ciò che è stato così depurato diventa ovvio. All'inizio è azzardato motorizzare un carro funebre, poi diventa un fatto economico.".

Soprattuto, sottolineiamo, diviene solamente un fatto economico. La disintegrazione della morale e la distruzione di qualunque etica hanno costituito la progressiva prassi di erosione dell'insieme sovversivo e delle forze tellurico-demoniache rispetto alle società occidentali europee estesasi progressivamente al resto del pianeta.

Dalla disintegrazione di qualunque morale viene fuori una società priva di tabù (e quì si potrebbe, all'infinito, aprire ricognizioni analitiche sui disastri provocati dalle moderne 'scienze' psichiche, sulla psicanalisi e la psicologia contemporanee procedenti da crani ebraici e ad essi 'conformi' ovvero legittimamente correlati ad un 'piano' di destabilizzazione ontologica dell'Io individuale...'precariato' e 'dissoluzione' della coscienza umana) dove si liberano "etat's d'esprits", stati informi dell'essere, dissolutivi e pericolosissime 'sirene' neo-spiritualistiche... Una considerazione oggettiva della moderna sessualità, vissuta 'male' e ancor più malamente 'percepita', determina comportamenti sessuali 'deviati' dei quali sono oramai 'sature' le società moderne (per le quali l'omosessualità e il lesbismo rappresentano una condicio sine qua non esiste normalità....il 'teatrino' dell'assurdo).

I tentativi di reazione alla tempesta nichilistica scatenatasi sul e contro il mondo moderno, d'altro canto, si sono finora rivelati vani se non addirittura controproducenti. E' il caso anche di tentativi, pure effettuati con sincerità d'animo, di 'raddrizzamento' mediante la restaurazione di simboli, idee o valori appartenenti alla "Tradizione occidentale".

Scrive Renè Guènon in proposito: "...già da tempo il deposito della tradizione primordiale si è trasferito in Oriente e che là si possono ancora trovare le forme tradizionali derivate più direttamente da essa; (...) allo stato attuale delle cose, volendo ancora trovare dei rappresentanti autentici del vero spirito tradizionale con tutto quel che esso implica, è in Oriente che, malgrado tutto, bisogna cercarli. Per completare questa precisazione, dobbiamo esaminare certe idee di restaurazione di una "tradizione occidentale" affacciatesi in diversi ambienti contemporanei. Il solo interesse che esse presentano è, in fondo, di mostrare che alcuni spiriti non sono più soddisfatti della negazione moderna, che essi sentono il bisogno di alcunchè d'altro di là da quanto viene loro offerto dalla nostra epoca, che essi in un possibile ritorno alla tradizione, sotto l'una o l'altra forma, presentono l'unica via d'uscita dalla crisi attuale. Disgraziatamente il "tradizionalismo" è cosa ben diversa dal vero spirito tradizionale: come tanti casi ce lo mostrano di fatto, esso può ridursi ad una mera tendenzialità, ad una aspirazione più o meno vaga non presupponente nessuna conoscenza reale; e - bisogna pur dirlo - nello scompiglio mentale dei nostri tempi questa aspirazione genera soprattutto concezioni fantastiche e chimeriche, prive di ogni serio fondamento. Specie nel campo spirituale, molti, non trovando alcuna tradizione autentica a cui appoggiarsi, finiscono con l'immaginare delle pseudo-tradizioni mai esistite e tanto prive di principì, quanto ciò a cui esse vorrebbero sostituirsi." (11)

L'affioramento di 'retaggi' tradizionali, o per utilizzare l'espressione evoliana dei 'residui di spiritualità', rappresentano quasi sempre una costante delle società giunte all'apice della loro crisi: sono, per così dire, espressioni di un malessere sociale che investe tutti i piani e tutti i livelli fomentando improbabili 'ritorni' e impossibili 'riconessioni' con il Divino. Il nichilismo erode inesorabilmente tutto e, funzionalmente alla sua 'prassi' di svuotamento generale, utilizza anche queste forme 'pattumieristiche' di "spiritualità defunta".

Meglio, molto meglio dal nostro punto di vista, 'recidere' nettamente tutto assestando un colpo mortale a ciò che vacilla, che si tiene paraplegicamente in piedi per inerzia, a quanto non appartiene più nè potrà mai più ritornare.
(Continua)

Lupo
27-09-09, 07:55
"Di fatto - scrive Julius Evola (12) - , quando oggi si parla di crisi, i più hanno in vista appunto il mondo borghese: sono le basi della civiltà e della società borghese a subire questa crisi, ad essere colpite dalla dissoluzione. Non è il mondo che noi abbiamo chiamato della Tradizione. Socialmente, politicamente e culturalmente sta sfasciandosi il sistema che aveva preso forma a partire dalla rivoluzione del Terzo Stato e dalla prima rivoluzione industriale, anche se ad esso erano spesso commisti alcuni resti di un ordine più antico, però ormai svigoriti nel loro contenuto vitale originario. (...) In molti casi, nei fenomeni attuali di crisi va effettivamente vista una specie di nemesi o di azione di rimbalzo: son proprio le forze che a suo tempo furono messe in opera contro la precedente civiltà tradizionale europea (...) a ritorcersi contro coloro che le avevano evocate, scalzandoli a loro volta e portando più oltre, verso una fase ulteriore più spinta, il processo generale di sgretolamento. (...) Così stando le cose, una soluzione è senz'altro da scartare: quella di chi volesse appoggiarsi a quanto sopravvive del mondo borghese, difenderlo e servirsene come base contro le correnti più spinte della dissoluzione e del sovvertimento. (...) Le trasformazioni già avvenute sono troppo profonde per essere reversibili. Le forze passate allo stato libero, o in via di passare allo stato libero, non sono tali da poter venire ricondotte entro le strutture del mondo di ieri.".

E che si sia oramai superato il punto limite appare una verità talmente lapalissiana sulla quale non occorre neanche spendere troppe parole. Siamo in pieno 'Kali Yuga' , al centro di una profonda trasformazione dell'esistente, nel cuore di una tempesta che devasta e scuote gli spiriti e le coscienze, inseriti in quell'età oscura che rappresenta lo sconsacramento totale di tutti i valori, che non suscita reazioni, non tollera 'resistenze', ma certificata la morte per decomposizione dello Spirito e il passaggio 'funereo' di un'intera civiltà da elementi acquisiti, noti e assimilati verso una fase indeterminata, incerta, inesplorata.

La crisi che è oramai in uno stato troppo avanzato per poter essere ricondotta a freno ha determinato l'affioramento informe di ogni sorta di tendenze...il suicidio diviene un'opzione 'programmabile' per l'uomo-massa contemporaneo, la morte una presenza costante, la fine viene avvertita onnipresente.

L'ordine totale, regolare, tradizionale e la sua continuità sono stati spazzati via. Si è rotto irrimediabilmente un meccanismo, le regole si sono modificate, non esiste alcun genere di surrogato. E' stata devitalizzata l'anima, disintegrata la carne, ogni concretezza dell'ordinamento individuale e collettivo è stata spezzata. Da un lato mancano le certezze ideali dall'altro si manifesta, erompe nella sua eruzione, la certezza di esser dinanzi ad una crisi inarrestabile.

La stessa dimensione della crisi attuale diventa onnicomprensiva e avvertita: è un'atmosfera, uno stato interiore individuale e più vastamente esteriore e collettivo quello che ci si para dinanzi. Il parlar diffuso di "crisi" (13) è un sintomo evidente di questa che non è più solo una 'sensazione' ma una indiscutibile realtà evidente: la crisi è presente, si diffonde, le coscienze individuali e collettive ne 'respirano' le drammatiche conseguenze ed essa si manifesta in tutta la sua portata.

Sono analisi riscontrate oramai in terra d'Occidente fin dalla fine dell'Ottocento e durante tutto il secolo successivo: "Nella celebre conferenza del 1919, Paul Valery apre il suo intervento con una affermazione che sarà poi ripetuta per anni: "Noi, civiltà, sappiamo ora di essere mortali.". L'idea che percorre tutto il testo della conferenza è che la civiltà occidentale può perire e che è giunto il momento, dopo il grosso rischio di collasso totale provocato dalla guerra, di riflettere sul grande vuoto di idee, di sentimenti e di personalità in cui l'Europa si è venuta a trovare. Un anno prima aveva conosciuto un successo enorme di pubblico l'opera di Spengler, "Il tramonto dell'Occidente", destinata a estendere la propria influenza sulla cultura contemporanea per molti anni ancora. L'opera di Spengler significava la critica dell'evoluzionismo lineare dell'umanità, la sua sostituzione con una concezione ciclica della storia che vedeva espansioni, crolli e rinascite delle civiltà, significava, inoltre, non parlare più della civiltà al singolare, modello mondiale inglobante i singoli destini dei popoli, ma delle civiltà nella loro particolarità e nel loro ritmo vitale di nascita, crescita e morte. Significava pensare alla possibile fine di un mondo, significava indicare che l'Occidente era ormai entrato nella fase di decadenza, senza speranza di futuro. (...) Huizinga è l'autore di un altro di quei testi che sanno esprimere il sentimento di un'epoca, in questo caso di un'epoca che si sente perire, che avverte i sintomi della perdita delle certezze e del vacillamento dei valori acquisiti attraverso i secoli. A questa sensazione di una fine dei tempi e alle cupe diagnosi sulla condizione dell'epoca, che erano entrate ben presto anche nei romanzi, basti pensare a "La montagna incantata" di Thomas Mann, si affianca anche la considerazione che il "moderno" non è più un aggettivo da usare con leggerezza, e soprattutto non possiede più connotati decisamente positivi. Anzi, la "decadenza" aspetta il "moderno" (14)

Dunque dinanzi allo sfascio generale e alla constatazione dell'impossibilità e vacuità e di resistere e di opporsi quanto l'assoluta inutilità di assecondare la corrente disgregatrice, parafrasando la celebre domanda di Lenin, sorge spontanea la questione: che fare? Quali risposte 'dare' a chi voglia, nella fase avanzata di sfascio generale, tentare un 'tentabile' che appare pia illusione? E cosa offrire al di là della consegna 'irrevocabile' di "esser Testimonianza"?

Già l'opera di "testimonianza" e di fedeltà ad una determinata visione del mondo è sufficientemente rilevante nel presente ciclo spazio-temporale. Per chiunque fosse 'vocato' all'"azione" potrebbero risultare conformi alcune indicazioni di massima desunte dalla concezione tradizionale del pensiero evoliano: la prima è quella relativa al concetto di "apolitia" operativa ovvero l'ipotesi nient'affatto pellegrina della possibilità di forme di "resistenza", più o meno attiva, nei confronti della valanga nichilistica della modernità. Anche perchè è necessario ricordare che "il mondo del nichilismo, della modernità, il deserto dei valori sono paradossalmente occasioni potenziali per un risveglio; dal momento che "nel dominio politico e sociale non esiste più nulla che meriti veramente una piena dedizione e un profondo impegno" (15)

Tale concezione nella visione evoliana assume soprattutto i connotati di un orientamento, esistenziale e politico, per gli uomini differenziati che sapranno vivere nella modernità senza parteciparvi, senza prendervi parte nè attivamente nè passivamente. Evola indirizza questi soggetti ad un'azione consapevole volta alla formazione di un polo di riferimento, di un contenitore, che "serva a creare nuovi rapporti, nuove distanze, nuovi valori (...) che varrà a trasmettere a qualcuno la sensazione della libertà. Sensazione che potrà esser principio di qualche crisi liberatrice." (16).

Ma occorre saper affrontare con determinazione anche i 'contraccolpi' che un simile distacco interiore potrebbe provocare (...il 'corto circuito' dell'anima...) e le conseguenze, già sperimentate tragicamente dallo stesso Nietzsche in un'epoca 'altra' dove la 'corrente' sovversiva e il 'magma' era ancora 'contenuto' da forme che - volenti o meno - sapevano ancora far da argine.

In questa cornice occorre anche riferirci a Martin Heiddeger (17) che fu, sicuramente, tra i principali pensatori del Novecento a ripercorrere filosoficamente il 'percorso' esistenzial-nichilistico del Nietzsche e, soprattutto, ad elaborare una teoria del "superamento della metafisica" (scritto del 1938-39) che egli riteneva essersi definitivamente compiuta proprio con gli interventi del Grande di Rocken.

Nel volume in questione Heiddeger esprime la tesi secondo la quale la metafisica è l'origine e l'essenza stessa del nichilismo che ne costituisce per così dire il suo tratto fondamentale. L'essenza della metafisica secondo Heiddeger, viene a manifestarsi nella soppressione della differenza ontologica per la quale l'essere viene considerato come un ente a sè fra gli altri e deunque dell'essere stesso, letteralmente "non ne è più ni-ente".

Secondo uno dei maggiori allievi di Heiddeger, Karl Lòwith (1897-1973) mentre Nietzsche con la dottrina dell'"eterno ritorno" aveva pensato il nichilismo come un principio filosofico, Heiddeger - in un tentativo di superamente del Maestro - penserà e interpreterà il pensiero filosofico come nichilismo.

Resta comunque sostanzialmente aperta la questione di un possibile 'superamento' del nichilismo o, per esser più esatti, di una risposta chiara all'esigenza d'azione dell'uomo differenziato che intenderà "signoreggiare il vortice" (...psichico e materiale...) della contemporaneità nichilista.

A questa domanda offre 'spunti' interessanti d'analisi Ernst Junger quando scrive che "Lo sfruttamento è il tratto fondamentale del mondo delle macchine e automatizzato. Esso cresce insaziabilmente dove compare il Leviatano. Non ci si deve lasciare ingannare neppure quando una grande ricchezza sembra indorare le squame. Egli è ancora più terribile nel benessere. Come Nietzsche aveva pronosticato, è cominciato il tempo degli Stati mostro. La sconfitta è sempre deplorevole. Ma essa non rientra tra i mali che portano solo svantaggi; presenta anche dei vantaggi. Tra questi, un rilevante vantaggio morale, in quanto esclude dall'azione e perciò dalla complicità che ad essa è legata. In questo modo può crescere una coscienza del giusto superiore a quella di chi si impegna nell'azione. (...) Il confronto con il Leviatano, che si impone come tiranno ora esterno ora interno, è il più vasto e universale del nostro mondo. Due grandi paure dominao infatti l'uomo quando il nichilismo è al suo apice. L'una riposa sul terrore del vuoto interiore e lo costringe a manifestarsi esteriormente ad ogni costo: con lo spiegamento di forza, con il dominio dello spazio e un'accresciuta velocità. L'altra agisce dall'esterno verso l'interno come attacco del mondo e della sua potenza insieme demoniaca e automatizzata." (18).

E' quest'aspetto tenebroso e fascinoso insieme, depauperizzante e disgregativo l'ordine ontologico, che rende il Leviatano nichilista apparentemente invincibile, la sua forza appare irriducibilmente superiore, la sua estensione onnipervasiva e quindi onnicomprensiva. Si avrà la 'tentazione' di rinunciare all'azione per l'azione, a evitare di impegnarsi in uno scontro titanico che si 'palesa' come assolutamente insostenibile.

Attenzione! Si palesa....perchè il Leviatano nichilista non è invincibile...nè, sotto altri aspetti più eminentemente politici lo è il Sistema di potere, controllo e omologazione che ha creato nelle diverse nazioni. Tutt'altro..."L'invincibilità del Leviatano nel nostro tempo - prosegue infatti Junger (19) - si fonda su questo doppio gioco. Essa è illusoria; ma proprio questa è la sua forza. La morte che essa promette è illusoria e perciò più terribile della morte sul campo di battaglia. Neanche valenti guerrieri le tengono testa: i loro ordini non contemplano la sconfitta delle illusioni. Dove conta la realtà ultima, superiore all'apparenza, la fama guerriera non può che sbiadire. Se si riuscisse ad abbattere il Leviatano, lo spazio reso libero dovrebbe essere riempito. Ma di ciò è incapace il vuoto interiore, la disposizione di colui che non crede. Per questo motivo, quando vediamo crollare un'immagine del Leviatano, vediamo subito emergere come teste dell'Idra nuove creazioni. Il vuoto stesso le esige.".

Quest'immagine metaforica della caduta del Leviatano nichilista ci riporta ad altre, non idonee, immagini del passato: i crolli dei grandi Imperi, delle grandi civiltà tradizionali, della grandi civilizzazioni umane. Ma la situazione attuale, come detto, presenta poche analogie rispetto al mondo di ieri: non esiste una civiltà attualmente capace di sostituirsi alla presenza demoniaca del Leviatano. O, per esser più chiari, non esiste civiltà in terra d'Occidente che possa pretendere di adempiere ad una siffatta missione apocalittica: l'Armageddon è la sola prospettiva di lotta possibile ai 'guerrieri del nulla', soldati-politici e ribelli anarco-nichilisti in lotta tra le rovine abbandonate da qualunque spiritualità sulle quali continua a stagliarsi onnipresente l'ombra del Leviatano.

Questa 'milizia' senza tempo, senza identità, senza storia dovrà assumersi l'ingrato compito dunque di divenire l'avanguardia di un'altra civilizzazione, di un'altra civiltà estranea totalmente all'arido deserto occidentale. Le rovine che il nichilismo ha lasciato dietro di sè - e per molti anni, decenni forse secoli ancora, dinanzi a sè - sono insormontabili: doloroso sarà il compito di coloro i quali saranno chiamati a rimuovere queste macerie dell'anima. E profonde e laceranti le ferite che permarranno come sigilli di una decomposizione della quale - si badi bene - al momento non se ne vede che una millesima parte.

"Lunga sarà la fine" 'canta' Franco Battiato...."Vuoto di senso crolla l'Occidente/ per ingordigia e assurda sete di potere/ e dall'Oriente orde di fanatici..." (dalla canzone "Zai Saman" contenuta nell'album "Fisiognomica" 1988).

Due le 'indicazioni' di milizia che Junger lascerà per l'affrontamento su di un piano 'orizzontale' del mostro nichilista: la libertà e l'eros.

Si tratta di indicazioni non 'vincolanti' ma lucide espressioni di una disamina attenta e approfondita del problema-nichilismo. La prima è quella relativa al "...problema se almeno in ambiti limitati sia ancora possibile la libertà" alla quale Junger risponde affermativamente sottolineando che "Di certo non la si ottiene con la neutralità (...). Non si può neppure raccomandare la scepsi, soprattutto quando essa porta a esporsi. Le menti che hanno esercitato il dubbio e ne hanno tratto profitto hanno poi ottenuto il potere, e ora il dubbio nei loro confronti è sacrilegio. Essi esigono per sè, per le proprie dottrine e i propri padri della chiesa una venerazione quale nè un imperatore nè un papa hanno mai preteso. Qui, solo chi non teme la tortura e i lavori forzati può ancora avere il coraggio del dubbio. Ma non saranno molti: esporsi in questo modo significa rendere al Leviatano proprio il servizio che gli sta più a cuore, quello per il quale mantiene armate di poliziotti. Consigliare questo agli oppressi, magari da un tranquillo pulpito radiofonico, è semplicemente criminale. I tiranni odierni non hanno nessuna paura di coloro che parlano (e neanche di coloro che 'scrivono' aggiungiamo noi...'scrittori'...ndr). ...E' molto più temibile il silenzio... (...) Nella misura in cui il nichilismo diventa normale, i simboli del vuoto diventano più temibili di quelli del potere. Ma la libertà non abita nel vuoto, essa dimora piuttosto nel disordinato e nell'indifferenziato, in quei territori che sono, sì, organizzabili ma che non appartengono all'organizzazione. Vogliamo chiamarli "la terra selvaggia" (die Wildnis); la terra selvaggia è lo spazio dal quale l'uomo può sperare non solo di condurre la lotta, ma anche di vincere. Non è più naturalmente una terra selvaggia di tipo romantico. E' il terreno primordiale della sua esistenza, la boscaglia da cui egli un giorno irromperà come un leone." (20)

E' ciò che lo stesso Junger definisce come il "passaggio al bosco". Il bosco è una metafora perfetta per il combattente romantico-nichilista che intenda contrapporsi frontalmente al Sistema del Leviatano: esso 'occulta', protegge e compenetra di sè , fortificandolo, l'uomo differenziato che saprà riconoscerlo quale propria 'dimora', elemento costitutivo e insieme trincea dalla quale 'ripartire' strategicamente per colpire il nemico.

Il bosco di cui parla Junger è ovunque. Non è una realtà 'fisica'. Si cela all'interno delle stesse strutture organizzative della società edificata dal Sistema. Il bosco può essere per il ribelle in lotta contro il mondo moderno ovunque ed ovunque egli saprà riconoscere il 'suo' habitat naturale là 'segnerà' la sua "linea di combattimento", il suo 'fronte', dinamico, penetrante, mobile. Questa caratteristica renderà il soldato-politico anarca nichilista immensamente più forte rispetto a tutto l'esercito di forze 'schierate' a difesa del Sistema.

"La seconda potenza fondamentale è l'eros; quando due persone si amano, sottraggono terreno al Leviatano, creano spazi che egli non controlla. L'eros trionferà sempre, come vero messaggero degli dèi, su tutte le creazioni titaniche. Non ci si sbaglierà mai stando dalla sua parte (..è una 'lezione' 'appresa', questa, dalla oramai 'lontana' età adolescenziale...e non ci siamo mai 'sbagliati'...ndr). (...) Esso riscatta dalle ferree costrizioni dell'epoca; dedicandosi ad esso si annienta il mondo delle macchine. L'equivoco sta nel fatto che questo annientamento è puntuale e deve essere potenziato di continuo. Il sesso non contrasta con i processi tecnici, è anzi il loro corrispettivo nell'ambito organico. A questo livello è affine al titanico esattamente allo stesso modo in cui lo è, per esempio, l'insensato spargimento di sangue: le pulsioni infatti non fungono da elemento di contrasto se non quando debordano, vuoi nell'amore vuoi nel sacrificio. Questo ci rende liberi." (21)

Non 'casualmente' (...il 'caso' non esiste...'ripetiamolo' per i 'duri' di comprendonio...) non abbiamo mai provato alcuna 'fascinazione' per qualsivoglia 'rapporto' sessuale privo di erotismo e sensualità ovvero l'amore al di sopra e all'interno di qualunque 'attività' 'fisiologicamente' connaturata alla natura umana. Anche perchè, sia detto per inciso, la sessualità per la sessualità rappresenta una forma 'ginnica' piuttosto ripetitiva e anche, dopo un pò, sufficientemente monotona... (..."Fidati di me, non sono un latin lover/ canto alle donne ma, parlo di me...(...) Fidati di me, un latin lover/ non canta l'amore: lo vuole per sè/ Ecco perché non sono un latin lover/ io canto l'amore si, ma solo per donarlo a te..." ci 'ricorda' Cesare Cremonini...un'altro cantautore verso il quale nutriamo particolari attenzioni da sempre...sonorità mai banali, testi conformi e romanticismo da 'vendere'...).

"L'eros vive anche nell'amicizia, che di fronte la tirannia affronta le prove estreme. Qui, come l'oro nel crogiolo, essa viene purificata e messa alla prova." (22). Verità assoluta.... Ora, per concludere quella che nient'altro vuol'essere che una semplice ricognizione analitico-scrittoria sul nichilismo e l'epoca contemporanea da esso pervasa, ci riferiamo a quella che infine Junger definisce la 'possibilità' di "attraversamento della linea , il passaggio del punto zero" che è segnato dalla parola niente e pervaso dal nulla circostante.

'Sentenzierà' lucidamente Junger: "Chi non ha sperimentato su di sè l'enorme potenza del niente e non ne ha subito la tentazione conosce ben poco la nostra epoca."

Noi, attraversatori del Nulla e quotidianamente 'sperimentatori' del Niente della vuota contemporaneità post-nichilista, siamo affermatori di un'ordine della Razza e sostenitori di una inversione radicale, rivoluzionaria, dello status quo o, per esser più esatti, propugnatori della disintegrazione del Sistema giudaico-mondialista e del mondo e dello spirito borghesi.

Non disponendo, parafrasando l'insuperata 'traccia scrittoria' lucidamente lasciata quale consegna di lotta e di testimonianza da Franco Giorgio Freda ne "La disintegrazione del Sistema", di 'facoltà taumaturgiche' che ci consentirebbero la creazione di un'insieme 'conforme' di 'automi' anarco-rivoluzionari ci 'contenteremo' di 'raccogliere' la 'sfida'...La 'pelle sullo zero'.

Punto di non ritorno.

Perchè il mondo si divide in due categorie: chi ha la pistola 'carica' e chi 'scava'.... Non abbiamo mai 'vangato' una zolla in vita nostra.

Nell''attesa', 'presidiando' un 'fronte' ideale di combattimento ci permettiamo un 'meritato' riposo (..."con il mio cane e l'amaca/dormendo sospeso a due stelle nel cielo"...) nella terra di nessuno ai confini con la Palestina occupata...

'Dolce' far 'niente'.... Del 'resto' si sa...l'ozio è il padre dei vizi. E noi siamo, 'anche', 'viziosi'! Ci 'piace' esserlo....

Au revoir.

DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI

DIRETTORE RESPONSABILE AGENZIA DI STAMPA "ISLAM ITALIA"

DA NABATHIYEH (LIBANO MERIDIONALE)



Note -

1 - Serge Latouche - "Il pianeta dei naufraghi" - ediz. "Bollati Boringhieri" - Torino 1993;

2 - Ernst Junger - "Oltre la linea" - E.Junger/M.Heiddeger - "Oltre la linea" - ediz. "Adelphi" - Milano 1989;

3 - Ernst Junger - op. cit.;

4 - Giuliano Borghi - "La politica e la tentazione tragica - La "modernità" in Machiavelli, Montaigne e Gracian" - ediz. "Franco Angeli" - Milano 1991;

5 - Julius Evola - "Cavalcare la tigre" - ediz. "All'insegna del pesce d'Oro - Scheiwiller" - Milano 1971;

6 - Friedrich Nietzsche - "Frammenti Postumi 1887-1888" in "Opere complete" - Vol. VIII Tomo II - ediz. "Adelphi" - Milano 1971;

7 - con riferimento si consulti, di notevole interesse, il saggio di Maurizio Blondet su "Gli Adelphi della dissoluzione - Strategie culturali del potere iniziatico" - ediz. "Ares" - Milano 2002;

8 - A. Poliseno - Intervista sullo stoicismo nell'Antica Roma - si consulti all'indirizzo internet Nova Roma (http://www.novaroma.org) ;

9 - con riferimento si consulti di Renè Guènon - "Il Regno della quantità e i segni dei tempi" - ediz. "Adelphi" - Milano 1982;

10 - Ernst Junger - op. cit.;

11 - Renè Guènon - "La crisi del mondo moderno" - ediz. "Mediterranee" - Roma 1972;

12 - Julius Evola - op. cit.;

13 - per una lettura introduttiva di quella "letteratura della crisi" sorta agli inizi del primo Novecento consigliamo, tra le altre, le seguenti opere:

- E. De Martino - "La fine del mondo" - Torino 1977;

- C. Curcio - "Europa - Storia di una certa idea" - Firenze 1958;

- J. Huizinga - "La crisi della civiltà" - Torino 1966

Per una antologia dei testi della cosiddetta "letteratura della crisi" si consulti di M. Nacci - "Tecnica e cultura della crisi" - Torino 1982;

14 . Giuliano Borghi - op. cit.;

15 - Julius Evola - "Apolitia - Scritti sugli "orientamenti esistenziali" 1934-1973" - ediz. "Controcorrente" - Napoli 2004;

16 - Julius Evola - "Rivolta contro il mondo moderno" - ediz. "Mediterranee" - Roma 1998;

17 - di Martin Heiddeger si veda oltre al testo citato anche "L'essenza del nichilismo" (1946-48);

18 - E. Junger - op. cit.;

19 - E. Junger - op. cit.;

20 - E. Junger - op. cit.;

21 - E. Junger - op. cit.;

22 - E. Junger - op. cit.;

Link a questa pagina:

Dormendo sospeso a due Stelle nel Cielo (http://www.terrasantalibera.org/DagobertoHB_sospeso_a_due_stelle.htm)

Lupo
27-09-09, 08:03
TELEVI(SION)E

di Dagoberto Husayn Bellucci

"Attenzione, concentrazione - ah!
sguardo fisso al televisore - ah!
prova di assuefazione
scambio d'identità
tutti pronti attenzione,
concentrazione - ah!

Ad ognuno la giusta dose - ah!
a seconda della sua ingenuità
tutti sospesi al filo
della pubblicità
ce né per tutti ma a ognuno,
la giusta dose ah!

Una panoramica sul mondo,
non stancarti usa il telecomando
che vuoi ancora, che vuoi di più?....

Attenzione, concentrazione - ah!
allenarsi per ore ed ore - ah!
prova di resistenza, e di elasticità
come ballare questo ballo
per ore ed ore ah....

Ispirare profondamente ah!
prova tecnica della mente ah!
codice programmato della felicità
metodo pratico ed immediato
di assuefazione,
assuefazione, assuefazione!..."

( Edoardo Bennato - "Assuefazione" - album "E' arrivato un bastimento" 1983 )

"Nella società dei consumi la razza umana si è consumata anche il cervello."

"La televisione ? Il potere ipnotico della stupidità."

( Aforismi sui mass media di Carl William Brown )

Il ruolo, la preponderanza e le modalità di penetrazione a livello subconscio dei messaggi veicolati a livello massmediatico fanno del mezzo televisivo - e delle sue 'estensioni' computatorio-informatiche via Internet - i principale strumento di assuefazione e omologazione di massa delle società contemporanee.

Uno strumento essenzialmente nella società moderna dominata dalle immagini e sostanzialmente aliena dall'analisi critica che di queste dovrebbe e potrebbe essere anche attuata dal singolo individuo.

Il problema essenziale dell'inondazione di immagini, video, informazioni visive e musicali è rappresentata dalla saturazione più o meno per 'compensazione' dell'immaginario collettivo ovvero dall'obnubilamento generale di qualunque forma di reazione rispetto al flusso costante, quotidiano, endemico di 'visioni' più o meno corrispondenti a determinati "flussi culturali".

Quanto propinato costantemente dalle principali televisioni e dai media mondiali risponde difatti a precise direttive sistemiche le quali imporranno alla cosiddetta "opinione pubblica" quelli che saranno i demenziali usi, costumi e mode 'determinanti' lo stereotipo dell'imbecille moderno il quale 'raccatterà' e 'metabolizerà' tutto quanto verrà 'offerto' su di un piatto d'argento dai sapienti meccanismi di omologazione e livellamento denominati modelli comportamentali di massa.

Il mondo contemporaneo, in particolar modo le società occidentali dalle quali si diffondono gli 'influssi' ed i modelli comportamentali dominanti, rappresenta il terreno fertile all'interno del quale il Sistema Mondialista ha elaborato le proprie strategie di controllo, assuefazione e normalizzazione attraverso quelle che sono le principali 'fascinazioni' della società contemporanea: dalle mode 'stilistiche' a quelle 'linguistiche' passando attraverso quei grandi diffusori di menzogna che sono il cinema, lo star-system, la musica, lo sport e tutto quanto ruota attorno allo 'scatolotto magico' alias televisione; il mezzo di 'seduzione' di massa più potente e funzionale alle volontà omologanti dei controllori sistemici.

L'abbondanza di immagini che sono quotidianamente veicolate su tutte le reti televisive, la loro influenza ed il loro impatto a livello sociale fanno difatti della tv una delle principali armi di condizionamento utilizzate per irretire e dominare e successivamente plasmare e governare le coscienze dei singoli quanto delle masse.

Film, fiction, programmi d'intrattenimento, dibattiti e dossier come qualsivoglia altro programma 'teletrasmesso' sono, per loro natura, 'veicoli' di indottrinamento e di 'educazione': difficilmente il singolo può evitare quest'autentico bombardamento che si esplica in particolare mediante le immagini le quali, molto più delle parole e dei messaggi scritti si applicano alle esigenze di condizionamento per il quale sono utilizzati a livello di Potere.

"Filtri "culturali" a senso unico partono dai paesi del Centro e inondano il pianeta: immagini, parole, valori morali, norme giuridiche, codici politici, criteri di competenza si riversano dalle unità creatrici sul Terzo Mondo tramite i mezzi di comunicazione di massa (giornali, radio, televisione, cinema, libri, dischi, videocassette). L'essenziale della produzione mondiale di "segni" è concentrata nel Nord oppure vene fabbricato da esso controllato, secondo le sue norme e modalità. Il mercato dell'informazione è il quasi monopolio di quattro agenzie: Associated Press e United Press (Stati Uniti), Reuter (Gran Bretagna) e France-Presse. Tutte le radio, tutte le catene di televisione, tutti i giornali del mondo sono abbonati a queste agenzie. Il 65 per cento delle "informazioni" mondiali partono dagli Stati Uniti. Dal 30 al 70 per cento delle trasmissioni televisive è importato dal Centro. Tuttavia il Terzo mondo consuma cinque volte meno cinema, otto volte meno radio, quindici volte meno televisione, sedici volte meno carta di giornale del Centro." (1)

Il "Centro" dal quale si decidono strategie commerciali e di 'marketing' 'scaraventate' successivamente via etere è il Nord del pianeta: l'"Occidente" secondo un'espressione che rende un'idea ma non determina assolutamente niente nè geograficamente nè idealmente. Perchè l'Occidente è un "etat d'esprit" più che un luogo fisico, una 'sensazione', un concetto che si accompagna inevitabilmente con quelli di progresso e civilizzazione dominanti, scienza, tecnica e dominio meccanicistico-materialista.

L'idea costante dell'individuo occidentale è quella di progredire nel proprio benessere materiale, sulla strada infallibile - o che presumibilmente viene riconosciuta e 'avvertita' come tale - del progresso, della cieca, assoluta fiducia che viene riposta nell'evoluzione della civiltà meccanica che scienza,tecnica e volontà creatrici hanno plasmato nel corso degli ultimi tre-quattro secoli.

La rincorsa verso il benessere, verso la felicità dell'uomo moderno riflette questa costante ricerca di uno sviluppo che, dal piano materiale, non ha saputo riprodurre alcuna compensazione al vuoto spirituale e di valori etico-morali prodotti nell'ultimo secolo ed in costante progressivo aumento. E' il nichilismo che avanza, l'ospite inquietante, l'invitato non atteso al 'banchetto' materialista occidental-modernista.

Quali siano i principali strumenti attraverso i quali l'Occidente ha plasmato di sè l'immaginario collettivo mondiale è assolutamente evidente: i media, le immagini, il fascino diabolico delle visioni catodiche, le 'apparizioni' via etere che hanno inondato dapprima le società occidentali ed infine il resto del pianeta.

"Questi flussi d'informazione non possono non 'informare' i desideri e i bisogni, le forme di comportamento, le mentalità, i sistemi educativi, i modi di vivere di chi li riceve. Questa propaganda insidiosa è un "dono" irresistibile che attesta la vitalità straripante delle società ipersviluppate ma asfissia qualsiasi creatività culturale presso i ricettori passivi dei messaggi. (....) La transnazionalizzazione delle comunicazioni via satellite e l'informatica accentueranno ulteriormente l'uniformità dei modelli e la dissimetria dei flussi. Si può parlare in proposito di un imperium culturale dei paesi ricchi a condizione di coglierne bene il meccanismo. E' attraverso il dono e non la spoliazione (o il saccheggio caro ai terzomondisti) che il Centro risulta investito di uno straordinario potere di dominazione." (2)

Il Sistema di potere domina e 'vince' sulle resistenze dei popoli molto più efficacemente attraverso i mezzi di comunicazione e assuefazione di massa che non attraverso l'uso terroristico della moderna tecnologia militare: un popolo bombardato da immagini, visioni, notizie 'conformi' ai desiderata del Centro Mondialista diventerà un popolo facilmente controllabile al quale potranno essere 'elargite' qualunque genere di notizie, qualsiasi opinione e tutte le forme di depravazione possibile perchè - una volta 'controllato' - non opporrà alcuna resistenza; quella stessa resistenza che, al contrario, saprà opporre se aggredito manu militari.

Prendiamo, per esempio, la pubblicità. Chi potrebbe resistere al messaggio pubblicitario? In sè e per sè innocuo e apparentemente irrilevante questo messaggio penetra subliminalmente a livello inconscio e tende a permanere nel subconscio per poi fuoriuscire e ordinare alla mente l'acquisto di questo o quel bene di consumo. Tecniche collaudate da anni, utilizzo spregiudicato di mezzi di assuefazione e di messaggi subliminali sono oramai una costante dell'attività di professionisti, solerti e occulti, che dirigono le grandi aziende di "marketing" alle quali le multinazionali di qualunque continente 'delegano' la promozione dei loro prodotti...

Identici meccanismi sono ovviamente operativi per ciò che riguarda la promozione di questo o quel personaggio pubblico, per il lancio dell'ultimo disco come per la promozione dell'ultimo film o dell'ultimo best-seller. Non esiste un limes alla programmazione ed alla propagazione delle immagini, della loro pubblicizzazione che avviene anche per 'tizio' o 'caio' o 'sempronio' di turno sia che si tratti del campione di calcio, dell'ultima attrice più o meno hooliwodiana, del cantante o del politico.

Tutto rientra perfettamente nel mondo televisivo dove, essenzialmente, regna una regola: "parlatene male, parlatene bene, purchè ne parliate!".

Al lato del mezzo televisivo e prima che questo facesse la sua 'vorace' comparsa (inglobando e omologando qualsiasi opinione, moda e costume), si pone la stampa da sempre il principale strumento per veicolare opinioni e rendere schiavi le masse e, fin dall'inizio, mezzo di persuasione pubblico nelle mani dell'Internazionale Ebraica.

Scrive Carlo Alberto Roncioni: "Lo strumento che più facilitò agli Ebrei la scalata al potere effettivo è stata la stampa. Anche gli Ebrei italiani si diedero perciò alla conquista della stampa." (3). E che la stampa prima, la televisione poi e internet infine rappresentino un vero e proprio 'feudo' ebraico, in mano a padroni di 'eletta' ascendenza, gestito da produttori ebrei e funzionalmente diretto e controllato da soggetti kippizzati (...disseminati qua e là in tutte le redazioni giornalistiche, anche in quelle che si 'presumerebbero' "antagoniste" o addirittura "rivoluzionarie" ...del 'resto', verità non 'nuova' nel panorama politico mondiale, se per 'magia' venisse fondato un movimento politico autenticamente antigiudaico probabilmente il segretario, il tesoriere e i principali responsabili sarebbero inevitabilmente 'agenti-doppi' della Sinagoga...ovunque e comunque 'Sion' deve 'controllare' e delega alla 'dispensa' soggetti 'idonei' raccattati tra le sue fila o giudaizzanti di ogni risma e colore 'politico'...) risulta una verità lapalissiana per chiunque, nell'Occidente mondialista, riesca a guardare poco più in là del proprio naso.

La strategia giudaica di occupazione 'campale', asservimento e uso spregiudicato dei mezzi d'informazione è, del resto, 'consegna' protocollar-sinagogica: "La realizzazione della libertà di parola - si legge nel Documento Programmatico di conquista mondiale elaborato dall'Internazionale Ebraica ossia nei "Protocolli dei Savi Anziani di Sion" (4) - nacque nella stampa, ma i governi non seppero usufruire di questa forza ed essa cadde nelle nostro mani. Per mezzo della stampa conquistammo influenza pur rimanendo dietro le quinte.".

L'influenza esercitata 'discretamente', dietro le quinte appunto, per decenni dagli oligarchi del Sistema è servita a omologare definitivamente mode e costumi soprattutto in seno alle società occidentali direttamente controllate dall'Establishment. E' difatti nell'Occidente che sono state partorite, ideate e realizzate le principali strategie di contenimento, imbarbarimento culturale e sovversione socio-politica alle quali hanno fatto seguito processi di decomposizione e schiantamento ontologico che hanno castrato l'individuo moderno rendendolo succube delle dinamiche disgreganti e delle influenze culturali contemporanee.

Influenze culturali che rispondono ovviamente ad uno specifico piano di livellamento planetario delle coscienze in quanto "nessuna integrazione politica ed economica - che non si voglia ferocemente imporre manu militari - è pensabile senza una preliminare e contemporanea assimilazione culturale. L'ideologia dei Grandi Fratelli prevede quindi che debbano andare gradualmente a sparire, o venire svuotate di ogni significato reale, tutte le differenze storiche - costumi, tradizioni religiose e civili, specifici ordinamenti politici e giuridici, culture specifiche - che rappresentano intollerabili ostacoli alla pianificazione; soprattutto le differenze di razza devono essere svuotate di ogni senso e di ogni valore, così da consentire il più rapido possibile processo di amalgama etnico." (5)

La 'realizzazione' mediante il melting pot, ovvero la società multirazziale, dei desiderata sistemico-sinagogici miranti all'imbastardimento razziale e al crogiuolo informe di un'umanità privata dell'anima e della propria identità storica e razziale si unisce ad un'azione di persuasione occulta che, proprio mediante i mezzi di comunicazione di massa, mira all'esportazione planetaria delle parole d'ordine dell'american way of life le quali, sia detto per inciso, riportano sempre ad una concezione materialistico-edonistica funzionale alle logiche di asservimento e controllo dell'Oligarchia.

Qual'è l'ideologia dell'Oligarchia? A quale concezione politico-filosofica fanno riferimento gli oligarchi sistemici? Verso quale realizzazione - al di là del programma finale di costituzione di un One World onnicomprensivo e onnipotente diretto dalla 'piramidale' influenza dell'ideologia massonica dei Lumi e attraverso la 'santificazione' definitiva del progresso, della scienza e della tecnica ovvero l'innalzamento dell'Uomo e la glorificazione del suo potere al di sopra e contro ogni Autorità Divina - effettiva 'tende' il Sistema Mondialista?

Una delle 'fasi' contemplate dal progetto mondialista per il 'traghettamento' dell'umanità verso la "nuova era" messianico-escatologica che dovrebbe liberare gli individui dal "giogo" "oscurantistico" delle religioni e delle filosofie tradizionali è quella contraddistinta dall'avvento dell'epoca dominata dai tecnocrati auspicata fin dalla fine del XVIIImo secolo da Claude-Henry de Rouvroy più noto come 'conte di Saint Simon'.

La tecnocrazia è sostanzialmente un 'passaggio', sicuramente essenziale, verso la società unidimensionale 'retta' dal Sinedrio Ebraico Mondiale; un passaggio comunque inevitabile che risponde perfettamente alle esigenze di livellamento generale attraverso il quale l'Internazionale Ebraica sottometterà l'intero pianeta.

"I mezzi che i tecnocrati si propongono di usare non possono essere valutati adeguatamente se non in funzione dello scopo che essi si prefiggono. E' sempre il problema della finalità che domina tutto il resto. (...) Innanzitutto bisogna essere inseriti in una certa dinamica, bisogna diffidare di tutto ciò che è permanente, di tutto ciò che potrebbe indurci a "fuggire l'avvenire", perchè il passato vale solo nella misura in cui esso prepara l'avvenire - quello dei tecnocrati ben inteso. "La vastità delle trasformazioni che i nostri sistemi di valori hanno subito sulla scia della rivoluzione industriale ci dà la misura dei mutamenti di significati che dobbiamo aspettarci nei prossimi vent'anni." La famiglia ovviamente è uno dei valori minacciati...(...) Ed ecco come viene formulata l'idea di Educazione permanente, che si è ormai istituzionalizzata: "Adattandosi in un modo più elastico a finalità più coscienti (la formazione) dovrà sfociare nell'educazione degli individui sia come consumatori, che come cittadini, che come produttori e permettere loro di accedere nel migliore dei modi a tutte le felicità possibili...". Dietro l'enfasi di queste parole è chiaramente riconoscibile una concezione puramente materialistica del mondo, l'edonismo, è l'idolatria dell'Evoluzione. Incapace di scorgere il vero fine dell'uomo creato a immagine di Dio, e concepito per servirlo, il tecnocrate considera l'individuo uno strumento di produzione e un organo di consumo. Il tutto è coronato da un vasto estetismo: poichè, secondo il tecnocrate, il fine dell'uomo si identifica con il suo ruolo di produttore e di consumatore, è proprio assumendo al meglio queste funzioni che egli troverà, per ciò stesso, la felicità alla quale aspira. Ci troviamo dunque di fronte a un capovolgimento totale della gerarchia dei valori che aveva instaurato il cristianesimo: la tecnocrazia non è che una forma particolarmente insidiosa della sovversione" (6).

Tale è dunque il sistema di 'valori' rovesciato della società moderna che, per esistere, ha essenzialmente bisogno di autoprodurre beni di consumo e artificiali forme di benessere materiali, vive di autofunzionamento e proietta determinate immagini e visioni che rappresentano le principali 'fascinazioni' per l'individuo massificato moderno.

In questo contesto risulta evidente quale sia il ruolo fondamentale assegnato alla televisione e ai mezzi d'informazione e comunicazione di massa: strumento di livellamento sociale, depauperizzazione individuale, decomposizione e frammentazione delle resistenze e influente mezzo di disintegrazione dell'Io.

La rappresentazione del mondo quale grande parco-giochi massmediatico - all'interno del quale occorre 'esistere' a livello di immagine, 'investendo' pertanto sulla proiezione deformata di sè, insistendo sull'immaginario collettivo deviato da stereotipi strumentali creati ad hoc dal Sistema - si accompagna con l'adorazione permanente del novello Vitello d'oro altra edonistica immagine della sconsacrazione suprema di tutti i valori conseguita dalle società contemporanee dopo l'avvento inarrestabile e travolgente del Nichilismo.

E' questo il mondo 'rovesciato' contemporaneo dove all'essere si è sostituito il materialistico 'avere' e all'individuo la sua 'immagine' ...perchè al di fuori della 'scatoletta magica' (ma anche della 'rete' internet o di qualunque altro mezzo, strumento, di informazione) i deambulanti 'moderni' non esistono!

'Giocateci' voi con la Televi(Sion)e e le sue parodistiche 'rappresentazioni' 'immaginarie'.... Aveva perfettamente ragione Leonardo Sciascia quando, analizzando le dinamiche di autorità e potere, sentenziava che: "La sicurezza del potere si fonda sulla insicurezza dei cittadini.". Verità lapalissiana cinicamente sostenuta, rafforzata e quotidianamente ripetuta da tutti i mezzi d'informazione.

DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI

DIRETTORE RESPONSABILE AGENZIA DI STAMPA "ISLAM ITALIA"

DA NABATHIYEH (LIBANO MERIDIONALE)



Note -

1 - Serge Latouche - "L'Occidentalizzazione del mondo" - ediz. "Bollati Boringhieri" - Torino 1992;

2 - Serge Latouche - op. cit;

3 - Carlo Alberto Roncioni - "Il potere occulto" - ediz. "Sentinella d'Italia" - Monfalcone 1974,

4 - dal Protocollo nr 2 - "I Protocolli dei Savi Anziani di Sion" - ediz. "Mondadori" - Milano 1944;

5 - Sergio Gozzoli - "Sulla pelle dei popoli - viaggio nel labirinto del potere mondialista" - nr speciale de "L'Uomo Libero" - Anno IX Nr. 27 - Giugno 1988;

6 - Louis Damènie - "La Tecnocrazia - Punto di incontro della sovversione" - ediz. "Il Falco" - Milano 1985;

Link a questa pagina :
TELEVI(SION)E (http://www.terrasantalibera.org/DagobertoHB_televi_sion.htm)

Lupo
27-09-09, 08:09
ORIZZONTI PERDUTI :
TRA PASSIONE E RIVOLUZIONE

di Dagoberto Husayn Bellucci

"Non è mai facile un ritorno
Non è impresa da niente
Ma finalmente arriva il giorno che tu fai pace con te
Capire il vento, la ragione, il momento
Spogliarsi di ogni incertezza, inseguire un canto
Anche se per gli altri sarà follia
Ad occhi chiusi io riconoscerei la mia prima volta,
Tra quei sorrisi e quella sincerità il mondo era mio
Quella minestra calda quanto mi manca
Essere il primo a tutti i costi davvero stanca
Voglio respirare poesia,
La mia!
Ancora qui
Per dire di si ai miei sentimenti
Con l’onestà di chi non ha mai barato con te
Abbracciami adesso perché è tempo di noi
Io non ti ho scordato, non l’ho fatto mai
Una domenica diversa da qui, talmente lontana
Era un appello che forse per noi non tornerà più
I miei pensieri in volo dalla finestra
Che diventava un pianeta quella mia stanza
Se il coraggio un premio non è, cos’è

Ancora qui
Per dire di si
Riaccendere i sensi
Affinché tu non mi veda più diverso da te
Nessuna dogana per noi
Nè ieri, nè mai
Ecco il mio indirizzo torna quando vuoi
Lascia la porta spalancata alla vita
Anche se l’hanno umiliata, brutalizzata
C’è ancora qualche cosa di me
In ogni latitudine c’è
Qualcosa per cui ritornerei da te
Da te.. ancora da te"

(Renato Zero - "Ancora qui" - album "Presente" 2009)

'Rientrati' fisicamente in Occidente (...'spiritualmente' ne siamo lontani...'mondi lontanissimi'...) abbiamo re-introdotto vecchie conoscenze (...le sole 'degne' di meritare stima e cameratismo) nella micro-galassia dei camerati e soggetti 'affini' che 'gravitano' attorno alla nostra persona. Una 'necessità' invero inesistente ove non si comprendessero pienamente i valori e le motivazioni - al di là delle contingenze tattico-strategiche del 'momento' - che stanno alla base di qualsivoglia rapporto politico 'conforme' a preliminarie attitudini: rispetto, onore, fedeltà ad una precisa visione del mondo, etica e soprattutto 'sentimenti'...i quali, sia detto per inciso, non dovrebbero trovare 'cittadinanza' in un'interazione 'politica'.

Al di là di quelli che saranno i possibili 'sviluppi' sappiamo riconoscere il valore laddove presente, così come, ad contrariis, il non valore. Ed è su questa linea e su questi binari che 'dirotteremo' la nostra traiettoria esistenzial-politica nei mesi a seguire anche in vista di una ricognizione strategica che dovrà dare risultanze concretizzabili in azioni: le parole stanno a 'zero' e non producono nient'altro che confusioni inutili.

Dunque la 'selezione' naturale è cominciata (...non da oggi a dire il vero...'collaudatori antropologici' da una vita alla 'cerca' di sodali in ordine idealmente e razzialmente) come lasciamo 'aperto' il 'varco' di interazioni funzionali all'elaborazione di una proposta/progetto politico - denominato "Eurasia-Islam" quasi un ventennio or sono e strutturato 'scrittoriamente' in maniera magistrale dal Grande Guascone di Popoli alias Maurizio Lattanzio, il Signore del Vortice - all'interno della quale dovranno convergere le migliori forze ed energie operative residuali presenti nella terra di nessuno i'tal'yana.

Occorre forse 'ribadire' quale sia la 'direzione' di 'marcia' intrapresa nei primissimi anni Novanta: "Qualcuno ha detto che "l'idea non ha fretta", e, infatti - 'senza fretta'...- noi, ci ritroviamo qui: a fare i conti, a 'misurare' i risultati Nostri e loro. 'Nostri', ovvero di chi, ancora oggi è in grado di elaborare e di proporre un realistico progetto politico di antagonismo antisistemico. 'Loro', ovvero di chi è 'rifluito' nel MSI (Movimento Sionista Italiano); di chi si è dedicato al giardinaggio, di chi fa finta di esserci, di chi fa finta di fare opposizione perchè è pagato o condizionato dal Sistema o, nella migliore delle ipotesi, perchè ha bisogno di una maschera che lo illuda di rappresentare qualcosa.A Pacentro, il nucleo animatore e propulsore del progetto "Eurasia-Islam" (...) propose, (...), il progetto "Eurasia-Islam" all'intera area dell'estrema destra italiana. Ciò avvenne perchè in essa avevamo presupposto una volontà antisistemica che costituisse la condizione necessaria per la elaborazione di un unitario progetto politico di alternativa rivoluzionaria al Sistema giudaico-mondialista. Ma, per dirla con Platone, gli errori sono sempre nelle premesse, qualche volta nel 'corpo' del discorso, mai nelle conclusioni. E infatti, ciò che mancò furono le premesse, e cioè la sostanza antropologica (la 'razza', direbbe il Fuhrer), la consapevolezza politico-culturale e, appunto, l'interazione. (...) Nata con pretese 'ereditarie' nei confronti del 'lascito' antiebraico, antiplutocratico e antioccidentale del Terzo Reich e del Fascismo sociale e repubblicano, l'estrema destra è stata progressivamente 'depurata' dagli elementi politico-culturali antisistemici e innaturalmente assoggettata - mediante la patologica dilatazione delle componenti di destra nazionalistico-ottocentesca e anti-comunista - alle esigenze strategiche dell'antisovietismo statunitense." (1).

'Questo' scrive Maurizio Lattanzio nell'inverno di quindici anni or sono analizzando i 'risultati' fino a quel momento 'centrati' dalla Comunità Politica riunitasi attorno al mensile "Avanguardia" e , soprattutto, il distacco interiore e tattico-strategico rispetto all'area del neofascismo italiano. A distanza di tanti anni abbiamo ritenuto opportuno 'pescare' dall'album dei ricordi queste insuperate, e insuperabili, analisi lattanziane sul fallimento di un intera area politica in stato di decomposizione.

Attualmente possiamo dire che, parafrasando quanti oramai anche dall'"interno" si sono resi conto di avere dinanzi una "destra radicale" che ha raggiunto oramai lo stato "terminale" ....('destra terminale' non è una nostra 'definizione'...noi possiamo casomai 'aggiungere' che siamo 'anzi' arrivati ben 'oltre' qualsivoglia 'termine'.... un autentico "vojage au bord de la nuit" quello dell'estremismo 'destrorso' 'tricolore' ...da 'rileggere' Celine il 'maledetto'... e, 'dovendo' occuparcene', è possibile oggi parlare casomai di "destra forumistica") sarebbero auspicabili inversioni radicali di 'tendenza' oltre ad una rielaborazione teoretico-ideologica e tattico-strategica della direzione anti-immigratorio/anti-islamica assunta dalla stragrande maggioranza dell'"area"....

Tant'è 'questa' è la situazione determinatasi da anni che ha finito per ridurre numericamente, oltrechè elettoralmente (...per 'chi' 'interessa' il 'dato' in questione...), un ambiente all'interno del quale è possibile trovare e 'raccattare' tutto ed il suo contrario ideologico: dall'anti-islamismo all'anti-sionismo, dal tradizionalismo cattolico al socialismo nazionale, dall'eurasiatismo al biancocentrismo di matrice w.a.s.p./neo-conservatrice per finire con terzomondismo e posizioni che dal nazionalcomunismo spaziano al bolscevismo tout court e ad 'abbracci' mortali con i falliti di segno 'opposto'....

Premesso che abbiamo sempre auspicato la formazione di un fronte unico antisistemico mirante alla disintegrazione del sistema con quelle realtà conformi e residuali nel territorio coloniale italiota dobbiamo rilevare l'assoluta inconciliabilità di 'teoremi' comunitaristico-terzoposizionisti a fronte della irrilevanza progettuale che, di norma, viene riservata all'affrontamento della 'questione maledetta'.... Di fatto non esiste attualmente sul territorio nazionale alcuna forza realisticamente antisistemica intenzionata a 'erigersi' quale milizia rivoluzionaria interessata alla disintegrazione del sistema giudaico-mondialista nè, saremmo oltremodo ottimisti incalliti (...e di norma non è da noi...'casomai' restiamo realisticamente a 'disposizione' in attesa degli 'eventi'...), ed alla fondazione di un partito rivoluzionario combattente anti-mondialista, anti-plutocratico e anti-ebraico.

Nonostante queste premesse obbligatorie dettate da una semplice esigenza di 'rispetto', verso noi stessi e verso gli 'altri', occorre sottolineare che qualcosa potrebbe anche essere 'funzionale' e quindi, come sempre, occorrerà 'vagliare' laddove possibile azioni e 'intenzioni' altrui. Continueremo pertanto a rivolgerci a quanti, fra coloro che 'militano' nell'"area" o che ad essa fanno ancora riferimento, per portare a 'casa' qualche 'punto' di una partita altrimenti neanche da 'iniziare'...

Perchè occorre parlar chiaro: di politica e più vastamente di 'politici' gli italiani non s'interessano se non quando pecoronescamente sono chiamati alle 'urne' a dare il loro voto 'avallante' la dittatura sinagogico-sistemica e l'amministrazione partitocratico-istituzionale dei soggetti 'presenti' con i loro 'cartelli' elettorali, i loro simboli ed i loro programmi stampigliati fra un manifesto, un volantino o una scheda da deporre nell'urna 'magica' che conferirà all'idiota di turno un ruolo ed una funzione parlamentaristica.

Quindi, presente la situazione di generale disinteresse e sfascio generale, assodato il totale disinteresse delle masse verso qualunque 'istanza' politica e sostanzialmente lapalissianamente evidente ed affiorante, influente e devastante, lo tsunamico cataclisma prodotto dalla comparsa e presenza reale del Nichilismo nelle società occidentali occorre guardare avanti senza particolari 'ottimismi' o 'pessimismi' di 'sorta'....la realtà circostante è quella che è ... Chiedere d'altronde 'altro' o "di più" a quanti avranno l'occasione (...o la 'sventura'...) e il privilegio di incrociare la loro strada con la nostra onestamente ci sembra oltremodo 'presuntuoso'... nè abbiamo mai 'concesso' 'repliche' (..."...e gli orizzonti perduti/ non ritornano mai..." canta il sulfureo Franco Battiato ne "La stagione dell'amore"...)

Tant'è va detto una volta di più e ribadito a chiare note: siamo immersi nel post-modernità, nella società liquida, nel mare fluttuante ed in balia delle 'onde' di questa società liquida che non riconosce identità, valori, etica o morale....

'Dunque' navighiamo 'a vista'....Senza fretta ma senza tregua.

A quanti 'avvezzi' all'estetica e al Sublime (...senza 'se' e senza 'ma'...), infine, consigliamo spassionatamente la visione del video realizzato da Alessandro D'Alatri per la canzone "Ancora qui" di Renato Zero (...magistrale interprete della canzone d'autore italiana...) nella quale è possibile - fra gli 'altri' (Asia Argento, Paola Cortellesi, Tiziana Cruciani, Massimo Ghini, Leo Gullotta, Alessandro Haber, Rodolfo Laganà, Olivia Magnani, Giorgio Panariello, Rocco Papaleo, Giorgio Pasotti, Daniele Pecci, Vittoria Puccini, Elena Sofia Ricci e Emilio Solfrizzi) - osservare l'inarrivabile bellezza ario-mediterranea di Manuela Arcuri....(faemina maxima per eccellenza..... prorompente eruzione fascinosa, sguardo ammaliante, corpo oltre ogni descrivibile perfezione...) che, 'peraltro', ci ricorda tanto una nostra affascinante 'conoscenza'.... Perchè Zero? Perchè anche noi (..."Essere il primo a tutti i costi davvero stanca/ Voglio respirare poesia/ La mia...") crediamo che "Se il coraggio un premio non è, cos’è?"....

Laddove 'interazioni' saranno possibili, e sempre auspicabili, procederemo a mantenere la 'rotta' ....Sono e saranno sempre camminamenti impervi e attraversamenti al limite del possibile quelli in attesa...

Come sempre: 'traiettorie' antiebraiche!

DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI

Direttore Responsabile Agenzia di Stampa "Islam Italia"

per TerraSantaLibera.org

Orizzonti perduti (http://www.terrasantalibera.org/DagobertoHB_orizzonti_perduti.htm)

Note -

1) Maurizio Lattanzio - articolo "Alternativa Rivoluzionaria al Sistema" - dal mensile "Avanguardia" - 1994;

Unghern Kahn
27-09-09, 17:54
Letti questi ultimi articoli continuo a pensare che Bellucci sia un ottimo corrispondente e i suoi scritti sull'Islam meritino attenzione per la profondità di analisi mentre siano da comprendere e qualificare come divagazioni tutti quelli ideologici o politici sul mondo moderno.

Unghern Kahn
27-09-09, 17:58
SAYYED ALI' KHAMENE'I :

LA GUIDA SUPREMA DELLA RIVOLUZIONE ISLAMICA IRANIANA

di Dagoberto Husayn Bellucci







I 'riflettori' massmediatici del mondo sono, da diverse settimane, 'puntati' verso la Repubblica Islamica dell'Iran e gli avvenimenti che hanno caratterizzato il dopo-elezioni presidenziali che, lo scorso 14 Giugno, hanno confermato Mahmoud Ahmadinejad quale Presidente in carica.



Tra le differenti 'percezioni' sistemiche della situazione iraniana, avvertita dai media occidentali in fase di 'trasformazione' (...in realtà le proteste organizzate dall'ala cosiddetta 'riformista' dello schieramento politico iraniano e sostenute dalle 'ambascerie' dell'Occidente giudaico-mondialista attraverso i professionisti agit-prop (1) finanziati dalle centrali di destabilizzazione atlantico-sioniste d'oltreoceano ...) pochi si sono soffermati sul ruolo, la funzione e l'azione di supervisione decisionale esercitata dalla Guida Suprema della Rivoluzione Islamica, il Grande Ayatollah Sayyed Alì al Khamine'i "al qaèd"= il Capo come viene onorato in Libano da Hizb'Allah che ne riconosce la funzione di Waly-Faqì = Guida del Giuriesperto e di Supremo referente spirituale, dottrinale e politico per la sua azione sia in campo religioso che socio-politico.



In questo nostro breve intervento scrittorio daremo alcuni 'cenni' biografici sulla Guida Suprema della Repubblica Islamica dell'Iran ricordando come, secondo quanto contemplato dalla Costituzione iraniana, fu l'Assemblea degli Esperti - composta da sessantaquattro membri scelti tra il clero shi'ita locale - a eleggere Sayyed Alì Khamene'ì al vertice della teocrazia iraniana riunendosi in seduta straordinaria dieci ore dopo la triste dipartita del fondatore della Repubblica Islamica , l'Imam Khomeini, designandolo quale successore e massima autorità religiosa e politica del paese.





L'Āyatollāh Seyyed Alī Hoseynī Khāmeneī, in lingua persiana ( Farsi ): سید علی حسینی خامنه*ای (Mashhad, 15 luglio 1939), è nato da una famiglia di azeri. Ali Khāmeneī cominciò gli studi religiosi dopo aver completato l'educazione elementare. Frequentò a Mashhad, città santa shi'ita nella regione del Khorassan, le lezioni dei maestri di "Sat'h" (insegnamenti basati sulla lettura di testi) e "Kharej" (insegnamenti non basati sulla lettura di libri di testo), come Āyatollāh Hajj Sheykh Hāshem Qazvīnī e l'Āyatollāh Mīlānī, e, nel 1957, si recò a Najaf (Iraq) per continuare i suoi studi islamici.

Un anno più tardi si stabilì a Qom presso il centro teologico locale dove frequentò le lezioni dell'Āyatollāh Borujerdī, dell'Ayatollàh Haeri e dell'Āyatollāh Khomeynī.

Viene ricordato in gioventù come una personalità piuttosto anticonformista: suonatore di tar, fumatore di tabacco olandese e calzato in jeans sotto la veste religiosa.

In seguito fu coinvolto nelle rivolte islamiche del 1963, che lo condussero all'arresto nella città di Birjand (Khorasan meridionale) in occasione dei festeggiamenti per il quindicesimo anniversario dell'insurrezione di Khordad. Arrestato dalla polizia "imperiale" dello shah, la famigerata Savak, dopo un breve periodo fu rilasciato e continuò la sua vita insegnando nelle scuole religiose di Mashhad e tenne corsi sul testo, attribuito al primo Imām della scuola shi'ita Alī ibn Abī Tālib, del Nahj ul-Balāgheh in differenti moschee. Fu Khāmeneī che importò database per PC e internet nelle scuole religiose della città di Qom.



Nel periodo compreso tra il 1963 e il 1967 fu più volte arrestato e messo in prigione per attività rivoluzionarie ed incarcerato presso il centro di reclusione per detenuti politici "Qezel Qala" della capitale. Successivamente incrementò le attività culturali e di propaganda all'interno delle cellule rivoluzionarie clandestine islamiche che si andavano formando fin dalla fine degli anni Sessanta in tutti i principali centri religiosi iraniani. Nel 1974 Khamene'ì venne nuovamente arrestato e incarcerato dalla Savak. Scarcerato un anno dopo riprese nuovamente i corsi di interpretazione del Sacro Corano e le attività propagandistiche contro il regime criminale dello shah. Nel 1977 su ordine di Jimmy Carter, allora presidente degli Stati Uniti, il regime tirannico dello shah annunciò di aver optato per una politica di totale apertura verso le opposizioni: i fatti smentirono questo pomposo annuncio fatto dal burattino di Washington e principale artefice delle politiche laico-occidentali nel paese.



L'Ayatollah Khamene'ì sarà da allora uno dei principali responsabili dell'organizzazione clandestina e della rete segreta del clero shi'ita in lotta contro la tirannia pahlevi e tra i maggiori referenti della Guida della Rivoluzione, l'Imam Khomeini, all'epoca esiliato in Iraq. Questa estesa organizzazione rivoluzionaria, che sarà la principale artefice della vittoria delle forze rivoluzionarie islamiche in Iran, dopo il trionfo della Rivoluzione Islamica nel 1979 si trasformerà in uno dei pilastri della neonata Repubblica Islamica ovvero nel Partito della Repubblica Islamica. La Savak arrestò nuovamente Khamene'ì e lo costrinsero all'"esilio" presso Iranshahr, remota località dell'Iran sud-orientale. Quando le fondamenta del regime oppressivo dello shah si andavano incrinando e la struttura di potere 'imperiale' si frantumava dinanzi all'impeto delle masse islamiche iranianea Khamene'ì abbandonò Iranshahr per rientrare a Teheran e unirsi al fronte rivoluzionario che stava dando le ultime spallate al regime.



Dopo la vittoria della gloriosa Rivoluzione Islamica, assieme agli illustri martiri l'Ayatollah Beheshti e l'Hojjat ol Islam Bahonar, Khamene'ì fu tra i fondatori del Partito della Repubblica Islamica. Agli ideologi suoi collaboratori (vale a dire l'Hojjat ol Islam Hashemi Rafsanjani e l'Ayatollah Musavi Ardebili) verrà affidato il compito di pianificare l'attuazione della Rivoluzione Islamica nella vita del neonato Stato. Nel 1979 su suggerimento del martire Ayatollah Motahari, l'Ayatollah Khamene'ì venne nominato membro del Consiglio della Rivoluzione e suo rappresentante al Ministero della Difesa nonchè Comandante dei Guardiani della Rivoluzione.

Alī Khāmeneī fu una figura chiave nella Rivoluzione iraniana e un intimo consigliere dell'Āyatollāh Khomeynī e raggiunse i vertici del potere quando, dopo le dimissioni del Grande Āyatollāh Hoseyn Alī Montazerī, il 19 gennaio 1980 venne nominato leader della preghiera del venerdì di TeherMir Hossein Mossavi.

Khāmeneī fu rieletto per il secondo mandato il 20 agosto del Guida Suprema, diversamente dal primo presidente dell'Iran Abolhassan Banisadr.



Nella sua qualità di esperto di giurisprudenza islamica, l'Ayatollah Sayyed Alì Khamene'ì ha insegnato teologia ai corsi superiori del Centro Teologico di Mashad. Ha assoluta padronanza della lingua araba e di quella "azarì" (la variante iraniana del turco); inoltre è famoso per essere un appassionato studioso di letteratura. I suoi discorsi sono sempre fonte di conoscenza ed è sempre stato molto apprezzato per le sue qualità oratorie.



Riconosciuta a livello islamico la sua competenza l'Ayatollah Khamene'ì è autore di molti volumi di ideologia e sulla storia dell'Islam, curando anche la traduzione di numerosi testi in lingua araba. Le sue traduzioni più note sono "Il futuro nel regno dell'Islam", "Un progetto di legge esemplificativo della civiltà occidentale", "La pace dell'Imam Hassan". Tra i suoi scritti più famosi ricordiamo "Il ruolo dei musulmani nella liberazione dell'India", "Un quadro generale del pensiero islamico nel Sacro Corano", "La pazienza", "Dalle profondità della preghiera", "Il rifiuto della sottomissione a null'altri che a Dio". Quest'ultima opera, che ha costituito anche uno dei suoi discorsi, è stata pubblicata falla Fondazione del Pensiero Islamico di Teheran in diverse lingue compreso inglese, swahili, turco e francese.



Alla morte di Khomeynī, il delfino designato della Guida Suprema, il grande ayatollah Montazeri, viene destituito per essersi opposto e aver messo in discussione il principio fondamentale della struttura di potere della Repubblica Islamica ovvero la Walayat et Faqì = la Guida del Giuriesperto, illustrata e contenuta nel testo più politico e noto in Occidente dell'Imam Khomeini, quello sul "Governo Islamico" (2).

Sarà allora Ali Akbar Hashemi Rafsanjani, già suo rivale, a sostenere la candidatura di Khamenei. Khāmeneī fu eletto nuova Guida Suprema da un'Assemblea di Esperti il 4 giugno 1989 all'indomani della dipartita del fondatore della Repubblica Islamica , l'Imam Khomeini.

Dal momento che Khāmeneī doveva assumere la sua carica, e che l'emendamento alla Costituzione che avrebbe permesso a un esponente del "clero" del suo grado di assumere la Guida Suprema non era ancora stato sottoposto a referendum, l'Assemblea parlamentare decise al suo interno di affidargli l'incarico temporaneamente, finché l'emendamento alla Costituzione non fosse stato debitamente votato.



La scelta di Khāmeneī - che venne subito nominato Āyatollāh ma il cui prestigio di dotto giurisperito che lo autorizzerebbe a esprimere l'ijtihād (interpretazione autentica sui dati coranici e della tradizione islamica sciita) fu messo in discussione - fu di tipo politico. Egli rappresentava senza dubbio la continuità nella "linea dell'Imam" anche se inizialmente il tentativo dell'Assemblea degli Esperti di promuovere Khāmeneī come nuovo marja al-taqlīd fallì quando venne in contatto con gli ambienti dei dotti sciiti che non lo ritennero adeguato all'ufficio della "Marjaiyat".

Il fallimento probabilmente diventò noto quando si ebbero riscontri ufficiosi da parte dei maggiori centri di studio sciiti i quali, interpellati, suggerirono che la pretesa fosse inaccettabile. Per rimediare alla situazione e provare a esercitare una qualche forma d'influenza, la leadership dell'IRI intraprese tre passi. Il primo fu quello di predisporre un ritiro della richiesta per Khāmeneī, inducendolo a rifiutare l'offerta della Marjaiyat per l'Iran (come spiegò egli stesso, a causa delle sue diverse pesanti responsabilità), ma concordando sul fatto che egli fosse il Marja per gli sciiti fuori d'Iran. La sua accettazione della marjaʿiyat per gli sciiti fuori d'Iran non aveva alcun precedente tradizionale o teologico nello Sciismo. La Marjaiyat può essere - e in età moderna lo è diventata sempre più - transnazionale. Un marja in Iran può avere seguaci (muqallid) in Libano o Pakistan. Soprattutto in Libano, dove Hizb'Allah ed il suo braccio armato della Resistenza Islamica hanno sempre riconosciuto la walayat di Khamene'ì, questi venne immediatamente considerato quale Guida Suprema.

Teoreticamente, il sistema della Repubblica Islamica (velāyet-e faqīh, governo del giurisperito) è legittimo quando un Grande Āyatollāh che è considerato come fonte di emulazione (marja-ye taqlēd) serve in veste di faqīh (giurisperito). Tale grado di piena legittimità verrà successivamente raggiunto, a metà anni Novanta, da Khamene'ì il quale diventerà il referente supremo in particolare della classe dirigente conservatrice e delle masse dei fedeli musulmani dell'Iran dando un ampio ruolo, quale autorità supervisore della situazione interna, al Consiglio dei Guardiani.

Nell'agosto 2000 egli affiancò il Consiglio dei Guardiani per respingere la proposta del Majlis (il parlamento) di riformare la Legge sulla Stampa del paese. In una lettera scritta al Parlamento, riportata dall'Agenzia di Stampa di Stato (IRNA), egli affermò che la legge vigente aveva impedito ai "nemici dell'Islam" di piegare al proprio volere la stampa. "Pertanto ogni re-interpretazione della legge non è nell'interesse del Paese", specificò nella sua lettera. La nuova Legge sulla Stampa fu quindi abbandonata dal Parlamento.

L'Āyatollāh Khāmeneī ha fortemente sostenuto l'Āyatollāh Mohammad Taghi Mesbah Yazdi e le sue idee. Egli considera l'Āyatollāh Mesbah come il principale teorico odierno della Rivoluzione Islamica dopo Morteza Motahhari. Motahharī fu di gran lunga conosciuto come il più importante teorico della Rivoluzione Islamica e fu assassinato poco dopo la Rivoluzione dai terroristi dell'MKO.

In politica estera l'Ayatollah Khamene'ì ha sempre mantenuto la Repubblica Islamica sulla difensiva rispetto ai ripetuti e dichiarati complotti di americani e sionisti. Fedele alla linea dell'Imam Khomeini, Khamene'ì si è distinto per la sua politica anti-imperialista nei confronti di Washington e per il sostegno alle resistenze di popolo del Libano e della Palestina contro il regime d'occupazione sionista. Khamene'ì ha sovente denunciato come inaccettabile qualsiasi forma di dialogo con gli Stati Uniti che reputa i principali responsabili dei problemi dei musulmani e di quelli della regione mediorientale. In occasione delle guerre mondialiste condotte dalla superpotenza statunitense contro l'Iraq la Guida Suprema ha criticato la politica imperialista dell'amministrazione americana.

Nel 2000, nel "Giorno di al-Quds" (Gerusalemme), secondo i servizi di traduzione occidentali, spesso offerti dall' organizzazione MEMRI, Khāmeneī si è pronunciato per la distruzione di Israele. Dopo il disastro dell' 11 settembre, 2001 ha condannato l'attacco terroristico pronunciandosi per la condanna delle attività terroristiche nel mondo ma ha anche specificato che "I diritti umani, sono l'arma nelle mani dei nostri nemici in lotta con l'Islam." , denunciando così l'ipocrisia che talvolta aleggia su questa delicata materia. Egli è solito dire che il governo americano, con i suoi molti crimini e comportamenti scorretti non è autorizzato a giudicare il rispetto dei diritti umani in Iran.

Il 4 giugno, 2006 Khāmeneī ha minacciato che l'Iran potrebbe creare disagi al carico di energia dalla regione del Golfo nel caso di un'aggressione statunitense al Paese, insistendo che Tehrān desidera solo produrre combustibile nuclare a scopo civile. Affermazione peraltro confermata dal rapporto della CIA che recentemente ha sottolineato che la Repubblica Islamica ha sospeso le attività nucleari a scopo militare già nel 2003. Tali affermazioni dell'intelligence statunitense sono ovviamente da prendere con il beneficio d'inventario considerando che nè Washington nè Tel Aviv, i principali destabilizzatori della pace nel quadrante geopolitico vicinorientale, hanno mai cessato di rivolgere le loro minacce e lanciare i loro attacchi verbali contro la Repubblica Islamica fomentando complotti all'interno del paese e sostenendo tutte le forze politiche - compresi recentemente i riformisti usciti sconfitti dalle ultimi elezioni presidenziali - funzionali per abbattere il Governo Islamico iraniano.



Apprezzamenti e massima fiducia nell'operato della Guida Suprema iraniana sono sempre stati ribaditi dalla leadership di Hizb'Allah in Libano che riconosce come assolutamente indiscutibile l'autorità del successore dell'Imam Khomeini. Hizb'Allah nei suoi raduni non dimentica di ricordare il ruolo essenziale, religioso e politico, svolto in questi ultimi vent'anni dalla Guida della Rivoluzione.

Il presidente iraniano, Mahmud Ahmadinejād, infine,si è espresso spesso in favore di Alī Khāmeneī. In un suo recente discorso, Khāmeneī ha detto: "Questo governo è il miglior governo dell'Iran da cento anni".



Sayyed Alì Khamene'ì è la Guida della Rivoluzione Islamica: massimo referente spirituale e religioso per gli shi'iti rivoluzionari e khomeinisti nel mondo, Marjjà et Taqlid e Waly et Faqì per i seguaci della 'linea dell'Imam' e assoluto 'axis mundi' , centro di riferimento insindacabile e irrinunciabile, per chiunque riconosca nella Repubblica Islamica dell'Iran il supremo referente geopolitico, strategico e militare contro le strategie di omologazione planetaria del Grande Satana statunitense, i complotti dell'Imperialismo e le minacce del Sionismo internazionali.



La Guida non si 'discute'.... la Guida si segue! Sempre e comunque! Nel bene e nel male! Al di là dell'approvazione o disapprovazione altrui!



Labbaika al Khamene'ì!





DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI



DIRETTORE RESPONSABILE AGENZIA DI STAMPA "ISLAM ITALIA"

DA NABATHIYEH (LIBANO MERIDIONALE)



per TerraSantaLibera.org

New Page 1 (http://www.terrasantalibera.org/DagobertoHB_SAYYED-ALI-KHAMENEI.htm)





(continua)

Unghern Kahn
27-09-09, 17:58
Note -



1 - Risultano palesi le intromissioni di soggetti al soldo dell'Intelligence statunitense e 'inseriti' nelle cosiddette 'proteste di piazza' al 'lato' delle bande teppistico-mercenarie 'riformiste' le quali hanno incendiato alcuni quartieri della capitale iraniana funzionalmente alle strategie di destabilizzazione della Teocrazia Islamica iraniana 'varate' da Washington. In proposito scrive Enrico Vigna: "Ieri in Yugoslavia (2000), oggi nella "rivoluzione verde" in Iran (...) puntualmente ricompaiono alcuni noti esponenti del movimento giovanile serbo, che fu finanziato e addestrato dalla CIA per rovesciare il governo di unità nazionale della RFJ. Nel tentato colpo di stato di queste settimane in Iran, sponsorizzato e sostenuto dalla "intelligence" USA, conscia della non convenienza di un'aggressione armata aperta, per molteplici motivi, sia militari che geopolitici nell'area medioriental (...le 'mutande' a 'casa' poi come ce le 'riportate'...a 'stracci'? ndr...), stanno piano piano venendo alla luce i "lati oscuri" della "spontanea" protesta popolare a Teheran. Per esempio che il "Centro di documentazione dei diritti umani in Iran", situato presso l'Università di Yale (..da sempre noto 'feudo' dell'Establishment mondialista che 'controlla' gli States...ndr), è finanziato con milioni di dollari fin dal 2004, soldi stanziati dal governo USA e giustificati come: "...un piccolo programma di aiuto del governo americano destinato all'opposizione iraniana all'interno del paese..." (...all'interno della quale si situano, in posizione 'privilegiata' anche i terroristi dell'MKO , Mujhaeddin (munafikin = ipocriti) e Kalq, responsabili di innumerevoli atti di terrorismo sul territorio iraniano e per questo inseriti nella 'black list' del Dipartimento di Stato a Washington ....'ufficialmente' esclusi in realtà sottobanco finanziati dall'America e più che tollerati nell'Unione Europea...ndr). Nell'aprile 2005 a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, Washington ha patrocinato e organizzato dei corsi segreti nei quali “attivisti” iraniani pagati, venivano istruiti sul come fare per rendere vacillante la posizione di Ahmadinejad. Ed ecco che si scopre che uno degli “istruttori” che Washington portò a Dubai per insegnare ai giovani iraniani come destabilizzare il loro paese ed offrirlo all'occidente per “democratizzarlo”, non era altri che il venditore delle rivoluzioni colorate nel mondo, pianificate dal Dipartimento di Stato degli USA, l’attivista serbo e fondatore di Otpor, Ivan Marovic. (...) Nel 2006 l'amministrazione Bush aveva chiesto 75 milioni di dollari al Congresso degli Stati Uniti per sostenere l'opposizione al governo iraniano. Lo schema “contestatario” preordinato e predefinito (...in Libano avevano 'cercato' di applicarlo fin dal febbraio 2005, all'indomani dell'assassinio dell'ex premier Rafiq Hariri, con l'obiettivo di disarmare la Resistenza ovvero Hizb'Allah...anche lì, come in Iran, gli è andata 'male'...ndr). Con lo stesso schema operativo, usato da Otpor e ritentato nelle cosiddette “rivoluzioni colorate” seguenti, i contestatori iraniani hanno usato le elezioni come scusa, seguendo un copione infallibile preordinato, che prevede l'inizio delle denunce di probabili brogli prima del voto e poi, anche immediatamente prima della chiusura dei seggi, iniziando a manifestare massicciamente e tumultuosamente, reclamando che le elezioni non sono valide e che il popolo è stato ingannato; “Dove è il mio voto? “ lo slogan ad uso mass mediatico, usato a Teheran. Tutto questo appoggiato e sostenuto dal pronto e roboante martellamento mediatico delle zelanti agenzie di stampa occidentali, con una copertura mediatica 24 ore su 24, che fanno vedere o ripetono le stesse scene in continuazione in ogni angolo del mondo. I contestatori iraniani sono istruiti affinché continuino ad insistere che il “loro” presidente non è quello che ha vinto le elezioni (Ahmadinejad), ma invece sarebbe l'uomo che Washington e l'occidente sostengono (Mousavi, che è salutato dai media filo-occidentali come un candidato per le riforme), chiedendo, come fece Otpor in Serbia nel 2000, il riconteggio dei voti o nuove elezioni. In entrambi i casi, deve essere un centro “indipendente” (finanziato da Washington o dall'occidente) ad avere il compito di dichiarare il vero vincitore (..altrimenti - come a Algeri nel dicembre 1991 e nella striscia di Gaza tre anni or sono - non 'vale'...quando perdono i 'democratici' non 'giocano' più...."non gioco più me ne vado" cantava la Sublime Mina...ndr). I contestatori iraniani, come Otpor, Kmara, Pora e gli altri prima di loro, sebbene pubblicizzino le loro proteste come un “movimento non violento”, attaccano e provocano le forze di sicurezza con atti di violenza usando pietre e molotov, attaccando poliziotti isolati, insultando o provocando, cercando di provocare reazioni violente, con altri elementi pronti a riprendere con macchine fotografiche o videocamere, che in pochi minuti fanno il giro del mondo e dimostrano la repressione violenta dei “regimi antidemocratici”… E, se lo stato od il governo attaccato, non usano la forza contro la piazza manovrata, può essere rovesciato. Nel caso contrario il rischio è che qualcuno ci lasci la vita, solitamente qualche giovane inconsapevole di essere una pedina in un gioco geostrategico, molto distante dalla ricerca di maggiori diritti o progresso nella vita delle masse popolari. Cos'è stato OTPOR in Jugoslavia e Serbia. Otpor, i “ragazzi maleducati” (come loro stessi si definivano), movimento studentesco giovanile formatosi nel 1998 a Belgrado, che ha avuto un ruolo determinante nella caduta del governo jugoslavo nel 2000, artefice delle manifestazioni di piazza contro il governo Milosevic, è stato l'asse portante dell'opposizione filo-occidentale della RFJ. Ha raggiunto il suo apice di popolarità nell'autunno del 2000 per poi dissolversi inesorabilmente e aderire al Partito Democratico di Djindic, dopo aver tentato, nell'autunno 2001, di trasformarsi in partito, che alle elezioni avrà un fallimento clamoroso ottenendo solo l'1,65%. A questa confluenza non aderirono alcuni capi storici come Lazendic, Maric e Marovic, che fondarono l'ONG “Centro per la resistenza non violenta”, con finanziamenti esteri cospicui, che in seguito operò alacremente in tutte le cosiddette “rivoluzioni colorate” nell'Europa dell'est. Ufficialmente ha cessato di esistere nel settembre 2004. Affiancati dalla notissima, al tempo, Radio B92, una emittente giovanilista e sinistrorsa nei linguaggi, finanziata, guarda caso, dal saccheggiatore di popoli, il finanziere George Soros (mediante la sua Open Society), ed interna al circuito internazionale di Radio Liberty-Radio Free Europe, con sede legale per l'Europa ad Amsterdam. Una vera e propria cassa di risonanza per tutta l'opinione pubblica occidentale. (...) L'innovazione mediatica fu l'adozione di un moderno marketing grazie alle grandi disponibilità economiche (centinaia di milioni di dollari, come risulta dalle delibere di quegli anni, stanziati dal Congresso USA a favore di questo gruppo, utilizzato per il processo di disintegrazione della Repubblica Federale Jugoslava; fu persino aperto un conto bancario a New York per le “donazioni” al movimento…). Ma divennero poi di dominio pubblico anche il ruolo e le “donazioni” ricevute da numerosi altri “enti” statunitensi e non solo. Dalla Banca Mondiale alle Fondazioni Adenauer ed Ebert, dall' International Renaissance Foundation all' Istituto Democratico e Repubblicano degli USA, dal National Democratic Institute di M. Albright alla NED (National Endowment for Democracy, sotto il Dipartimento di Stato USA e ramo ufficioso della CIA) e così via. Dalla sola NED, come indicato sul loro sito ufficiale, Otpor ha ricevuto: 189.600 + 47.790 dollari per l'anno 2000. (...) Numerosi giornali internazionali hanno documentato che Otpor ha goduto dei finanziamenti della CIA, e che alcuni suoi leaders sono stati addestrati dagli americani in funzione di progetti di sedizione in campi di addestramento e seminari nei vari paesi. Il movimento è stato finanziato con diversi milioni di dollari; oltre a moderne e sofisticate attrezzature elettroniche, telefoni cellulari, computer, cancelleria, stampa di volantini e manifesti, in carta patinata. Il loro tutore fu il colonnello americano della CIA in pensione Robert Helvey, che dall'inizio del 2000, presso l'hotel Hilton di Budapest in Ungheria, tenne loro dei corsi intensivi sui metodi di combattimento nonviolento nei disordini di piazza. Helvey stesso ha ammesso in una intervista postuma ai media serbi, di essere stato convocato da rappresentanti dell'Istituto Internazionale Repubblicano (IRI) a Washington, che gli spiegarono che lavoravano con un gruppo di giovani in Serbia, e che lui avrebbe avuto il compito di formarli nelle tecniche di resistenza nonviolenta. Era un lavoro molto importante, stante la situazione di forte instabilità nella Repubblica Jugoslava. Egli avrebbe dovuto addestrare i giovani di Otpor al grande scontro sociale e politico che si prefigurava nel paese. Come rivelò il Washington Post, la polizia di frontiera serba dell'epoca, notò che un notevole numero di giovani serbi si recava a visitare il monastero serbo di Sant Andrej, in Ungheria. In realtà la loro effettiva destinazione era l'Hotel Hilton sulle rive del Danubio a Budapest, dove promosso da US Aid (l'agenzia di aiuti allo sviluppo internazionale, di fatto una branca delle strategie di infiltrazione nei paesi in via di sviluppo), si svolgeva il seminario. Oltre a corsi di tecniche insurrezionali a Sofia in Bulgaria. Lo stesso Stanko Lazendic, uno dei capi e fondatore di Otpor, in un intervista ammise che il colonnello Helvy partecipava a quei seminari, ma che: «… Noi non pensavamo che lavorasse per la CIA. Quello che lui ci ha insegnato, noi ora lo insegniamo ad altri. Come creare un movimento d'opinione contro il regime attraverso il materiale di propaganda o le manifestazioni di piazza…tutto qui… Noi non siamo della CIA, né lavoriamo per la CIA. Se così fosse, guadagneremmo molto, molto di più dei pochi soldi che riceviamo. Una miseria per i rischi che corriamo…». In una intervista al Manifesto nel dicembre 2004 dichiara: «… La generosità democratica in Serbia, Ucraina, Georgia eccetera, esce dai conti correnti di Us Aid, l'organizzazione governativa statunitense, o dall'Iri, l'Istituto Internazionale Repubblicano (il partito di Bush), o dal suo gemello Democratico (Ndi), o dalla fondazione Soros, o dalla Freedom House, o dalle tedesche Friedrich Ebert e Konrad Adenauer, o dalla britannica Westminster… Le trasferte in Ucraina, da agosto a settembre, per esempio, sono state pagata prima dalla Westminster britannica e poi dall'American Freedom House. In Georgia, contro Shevarndnadze, pagava Soros…». Ma sul settimanale “Il Diario” si lasciano scappare: «…Siamo comunque orgogliosi di essere aiutati da un servizio di intelligence di un grande paese democratico…». Chi è Robert Helvey. Direttore della Albert Einstein Institution, un ufficio di copertura, in un intervista a Belgrado del 29 gennaio 2001, Helvey spiega: «… La mia carriera era quella di un soldato professionista. E uno dei miei ultimi compiti fu quello di addetto militare all’Ambasciata di Rangoon (Myanmar). E ho avuto l’opportunità – nei due anni vissuti a Rangoon e viaggiando per il paese – di vedere in prima persona cosa succede quando la popolazione è oppressa al punto da vivere in un clima di completo terrore. E, come sapete, non c’era la prospettiva di un vero futuro per la gente ed era in corso una lotta per la democrazia, ma si trattava di una lotta armata, condotta nelle zone periferiche del paese e nelle regioni di confine. Era molto chiaro che quella lotta armata non avrebbe mai avuto successo. Così, quando tornai (negli USA), continuai a pensare alla Birmania. Lì c’era un popolo che desiderava realmente la democrazia, aspirava veramente a riforme politiche, ma l’unico modo che avevano per lottare era con le armi. E questo non sarebbe certo stato l’inizio di qualcosa, o un primo passo, per questo c’era una sensazione di impotenza, di incapacità. Una volta negli Stati Uniti, mentre ero ancora incaricato ufficiale, fui selezionato come ricercatore senior all’Harvard Center for International Affairs – dove presi parte a riunioni sul “Program for Nonviolent Sanctions” (Programma per sanzioni nonviolente)… Partecipava anche il dott. Gene Sharp, che ha introdotto il seminario dicendo “Lo sforzo della lotta strategica nonviolenta si concentra sul potere politico. Come impossessarsene e come tenerlo fuori dalle mani degli altri.” E io pensai, “Caspita, questo sta parlando la mia lingua”. E sapete, è questo a cui mira anche la lotta armata. Mi sono quindi subito interessato a questo approccio perché mi sono reso conto che avrebbe potuto offrire qualche opportunità per i Birmani. «Come fui coinvolto invece nelle operazioni in Serbia? Avevo svolto dei lavori presso il confine Thailandese-Birmano con l’International Republican Institute. Pertanto, quando si sono messi alla ricerca di una persona per presentare informazioni sulla lotta strategica nonviolenta ad un gruppo serbo, hanno chiamato me…». Molti esponenti di spicco del movimento serbo di Otpor, in sostanza la “cupola dirigente”, tra i protagonisti del colpo di stato del 2000 e della caduta del governo di unità nazionale jugoslavo di Slobodan Milosevic, sono poi diventati esperti internazionali in rivoluzioni. I casi di Bielorussia, Georgia, Ucraina, Kirghizistan, Russia sono ormai documentati e pubblici. Il loro curriculum vitae professionale si presenta con delle strane specializzazioni: addestramento al colpo di stato, gestione delle rivoluzioni, formazione di democrazia." (crf articolo Le “ombre” di Otpor e della CIA in Iran
di Enrico Vigna da Eurasia :: Rivista di studi Geopolitici (http://www.eurasia-rivista.org) ) ....Il 'problema' di questi è non aver ancora capito che "Il Libano non è la Somalia, non è la Georgia, non è l'Ucraina: il Libano è diverso" parafrasando il discorso di Piazza Riad el Sohl dell'8 marzo 2005 del Capo di Hizb'Allah, Sayyed Hassan Nasrallah....'figuratevi' quant'è diverso l'Iran.... Non c'è "storia".



2 - In lingua italiana esistono le due edizioni de "Il Governo Islamico" quella curata dalla L.Ed.E. (Libreria Editrice Europa) di Roma nei primi anni Ottanta , con prefazione di 'Omar Amin (Claudio Mutti) e quella, più recente, uscita nel 2006 per le Edizioni "Il Cerchio" di Rimini con una presentazione dell'Istituto Culturale dell'Ambasciata iraniana a Roma, una prefazione a cura del Prof. Franco Cardini ed un nostro saggio su "L'Imam Khomeini: la vita, la lotta, il pensiero" come postfazione.




--------------------------------------------------------------------------------



Link a questa pagina:

New Page 1 (http://www.terrasantalibera.org/DagobertoHB_SAYYED-ALI-KHAMENEI.htm)

Lupo
29-09-09, 07:40
DAGOCENTRIKA

di Dagoberto Husayn Bellucci


"E gli anni passano gli amori finiscono
le band si sciolgono senza un perché

i clacson suonano le stronzate piacciono
le stesse cose ci annoiano senza un perché

le facce cambiano le tette si gonfiano
altre cose spariscono senza un perché

le religioni dividono e i dolci ingrassano
i fantasisti non giocano senza un perché

e nascono canzoni tristi che un po’ ci piacciono senza un perché
esplodono canzoni tristi che un po’ ci fan cantare e ridere senza un perché

i ragazzi sognano chissà che cosa si dicono
i grandi non giocano senza un perché

le bombe cadono gli arbitri sbagliano
i ghiacciai si sciolgono senza un perché

le lacrime salgono fino agli occhi e poi scendono
da dove vengono nessuno lo sa

e nascono canzoni tristi che un po’ ci piacciono senza un perché
esplodono canzoni tristi che un po’ ci scaldano senza un perché
si suonano canzoni tristi che un po’ ci fan cantare e ridere senza un
perché

e gli anni passano gli amori finiscono
le band si sciolgono senza un perché"

( Luca Carboni - "Le band" - album "Le band si sciolgono" - 2006 )

Rientrati nella porcilaia occidentale riprendiamo il 'consueto' percorso di
analisi sulla vuota contemporaneità e sui miasmi precedenti la fine (..."lunga
sarà la fine" 'sentenzia' il sulfureo Franco Battiato...) della società
moderna... 'Interessante' aver fatto in tempo a 'raccogliere' le ultime
dichiarazioni berlusconiane su una, vera o presunta, "sinistra" che - a suo
dire - brucerebbe le bandiere d'Israele e degli Stati Uniti in piazza ....non
se ne intravede francamente l'ombra; onestamente dobbiamo rilevare che
l'arteriosclerosi 'galoppa' ...a 'briglie sciolte' oramai.
Tant'è ..."niente di nuovo sul fronte occidentale": le solite 'piazzate' anti-
immigratorio/anti-islamiche della Lega Nord e dei suoi rappresentanti, il vuoto
cosmico di idee e d'azione della "si(o)nistra ufficiale" (quella dei
Franceschini e dei Veltroni per intenderci), il 'solito' Di Pietro che sbraita
su presunti "attacchi alla democrazia" e contro il "regime berlusconian-
fascista" al potere (...mah...) e - dulcis in fondo - il campionato di calcio
(...Livo oltre la sufficienza ma in 'affanno' per 'ora'...aspettando
Tavano&compagni...tiremm innanz) che è tornato ad "entusiasmare" gli
italiani...
Già che dire degli italiani? Che 'aggiungere' su questo pecorume
schizzofrenico e contorto deambulante dalle alpi allo Ionio senza un senso
'compiuto'?
Tra crisi economica, cinghie da stringere e salari che a malapena riescono a
portarli a fine mese le pecore matte 'tricolored' ansimano proiettate nel Terzo
Millennio senza identità e senza una direzione: siamo al capolinea di un
modello socio-economico e all'epilogo di una democrazia nata dal tradimento e
da un conflitto fratricida, sottomessa ai diktat usurocratici dei poteri
'forti' (più o meno 'occulti), sottoposta a kippizzazione nell'immediato
secondo dopoguerra mondiale e infine occupata militarmente da oltre
sessant'anni ed inserita, anche quì più o meno a 'forza', dai suoi padroni a
stelle e strisce nel sistema difensivo occidentale ieri in funzione
antisovietico-anticomunista oggi, in 'prospettiva', in funzione anti-
islamica/anti-iraniana...
Già...perchè c'è l'Iran che , 'dice', faccia 'paura'.... Mah...sarà che non
abbiamo proprio niente di 'meglio' di cui occuparci ma 'ascoltare' Frattini che
'minaccia' sanzioni e ritorsioni contro Teheran onestamente suscita assoluta
ilarità e scatena la nostra proverbiale ironia... La dichiarazione di 'guerra'
contro la Repubblica Islamica immaginiamo sia stata 'scarabocchiata' dalla
giudea Fiamma Nirenstein (...controllore sistemico-sinagogico della Farnesina e
neo-eletta parlamentare del Popolo delle Libertà con funzioni di evidente
'marcatura' a uomo sul dicastero degli Esteri...)...qualcuno 'ricordi' agli
amministratori berlusconioti che - oltre alla Russia di Putin e alla Libia di
Gheddafi - petrolio e gas li 'elemosiniamo' anche - soprattutto - da
Teheran...
'Dice' che questo paese sia ridotto ad un puttanaio....'strano' perchè - al
di là dell'estate appena passata 'cosparsa' di rivelazioni più o meno
'piccanti' ....siamo alla 'cerca dello scoop' politico-gossippistico ...tra
veline, velette, amori veri e presunti (...eccheppalle Clooney-Canalis...
polpettone per rincoglioniti d'ogni sesso, razza ed età...e per i tanti
direttori di giornaletti scandalistici che su queste cazzate ci marciano alla
grande...), escort 'premieristiche' e trasmissioni televisive 'censurate' (..."
Anno Zero" , "Ballarò"...il 'circo'....ovvero la televisioni 'sistemica' finto-
oppositrice funzionale ad animare del e sul nulla la vita 'politica'
nazionale...) - è quanto andiamo scrivendo oramai da anni... Del 'resto' cosa
'attendersi' da una nazione di ladri e di ruffiani, di tirapiedi del potere e
di prostitute intellettuali e non, di 'camerieri' e 'braghere' (come direbbero
a Modena e dintorni) che 'addobbano' di niente il palcoscenico massmediatico-
informativo della politica e della società?

Di cosa 'scandalizzarsi' quando il più pulito tra lorsignori del potere c'ha
la rogna e il meno peggio è da immondezzio pubblico? Qualcuno, commentando le
recenti vicende berlusconiane (...separazione familiare, giri di 'escort', foto
e interviste su incontri 'yachtistici'...), ha sostenuto che fosse necessario
l'impeachment per il presidente del Consiglio in quanto 'rappresentante' della
Nazione...
Ma chi cazzo la 'rappresenta' meglio del Cavaliere di Arcore questa
accozzaglia di sessanta milioni di 'anime' depauperizzate e svuotate di ogni
sorta di valore e prive di qualsivoglia dimensione che non sia quella
materialistico-consumistica (...l'abbuffata suinesca...rimestando nella
'trogolaia' prima o dopo tutto quanto viene a 'galla')? Chi - utilizzando il
cristico "chi è senza peccato scagli la prima pietra" - avrebbe l'autorità
morale ed il diritto di richiedere un "impeachment" per il 'Berlusca'?
Ma per favore...vediate di non 'squagliarceli' che fa ancora
'sufficientemente' 'caldo' da squagliarceli da soli.
Impeachment è termine 'british' che giuridicamente prevede il rinvio a
giudizio, la messa 'stato d'accusa' o 'imputazione', per i titolari di cariche
pubbliche qualora avessero commesso determinati illeciti nell'esercizio delle
proprie funzioni. Antico istituto del diritto anglosassone, sviluppato dapprima
in Inghilterra in un periodo compreso tra il 1376 - anno in cui il parlamento
inglese mise in stato d'accusa alcuni ministri di Edoardo III e la di lui
amante Alice Perrers per corruzione e incapacità - e il XVII.mo secolo ed
infine disciplinato e previsto dai padri costituenti degli Stati Uniti
d'America nella Costituzione di Filadelfia del 1787.
"Impeachment" è un vocabolo britannico direttamente collegato all'analogo
termine francese "empècher" (impedire) o empèchement (impedimento) mirante
dunque a 'frenare' l'azione di governo o dell'autorità pubblica in particolare
quei soggetti rappresentativi del potere esecutivo (dal Capo dello Stato al
Presidente o al suo vice come nel caso dell'America fino ai funzionari delle
amministrazioni statali e ai giudici intesi quali membri delle giurisdizioni
federali).
Più ampiamente si parla di impeachment anche in altri paesi, quando
l'accusato è una persona che ricopre importanti cariche istituzionali. In
Italia ad esempio ciò è avvenuto in occasione del tentativo, da parte di alcune
forze di opposizione parlamentare, di attivare la procedura prevista
dall'articolo 90 della Costituzione italiana contro il Presidente della
Repubblica Francesco Cossiga (1991). Questo adattamento del vocabolo
"impeachment" a realtà politiche e costituzionali diverse da quella
statunitense spesso è tecnicamente improprio, perché ogni ordinamento ha le sue
peculiarità e va ascritto alle tendenze ed alle mode del linguaggio politico e
giornalistico.
Ciononostante e prendendo letteralmente il vocabolo per ciò che esso
rappresenta nei paesi anglosassoni risulta assolutamente demenziale e imbecille
la richiesta di "impeachment" per l'attuale presidente del Consiglio, on.
Silvio Berlusconi, ovvero accusarlo di "aver commesso determinati illeciti
nell'esercizio delle sue funzioni"...
Premesso che non stiamo quì a 'sindacare' su veline ed escort sosteniamo che:
a) tutta la classe politica italiana - dalla costituzione della Repubblica
democratica, antifascista e kippizzata nel giugno 1946 - è sostanzialmente rea
di aver commesso illeciti nell'esercizio delle proprie funzioni defraudando,
derubando e rapinando il popolo italiano dei suoi diritti 'ideali' e ,
soprattutto, 'materiali' (...'tangentopoli' ha semplicemente fatto 'affiorare'
ciò che era norma di governo e sistema di potere ieri come oggi...); b)
Berlusconi - dalla sua discesa in 'campo' politica quindici anni or sono - è
sceso , con il suo fare da teleimbonitore e quell'aria da 'piacione',
nell'"arena" parlamentaristico-istituzionale esclusivamente per salvaguardare,
preservare e aumentare i propri interessi imprenditoriali ovvero più che
legittimamente proprio per commettere "illeciti nell'esercizio delle proprie
funzioni"...c) infine, dulcis in fondo, vorremmo proprio sapere chi 'oserà'
'scagliarsi contro l'"unto dal Signore" tra le 'schiere' di sinistrati in
'affanno' che - in quanto a malaffari e inciuci, 'poltrone' e scandali d'ogni
sorta - non sembra siano propriamente messi 'meglio'.
Insomma, per farla breve, il migliore fa schifo!
I'tal'yà ....colonia a stelle e strisce e condominio demenziale sotto lex
judaica!
In attesa di comporre una ricognizione 'scrittoria' su qualche 'niente' della
contemporaneità post-nichilista italiota -...ce n'è per tutti i 'gusti'...
Barbara D'Urso che dice d'avere l'eros a mille (...anche 'noi' 'signora
D'Urso...ma c'è già chi se n'è reso 'conto'....), gli 'scazzi' del trio Corona-
Belen-Borriello (...'simpatica' l'argentina...), il ritorno dei programmi per
teleutenti intellettualmente all'"avanguardia" (Grande Fratello, L'Isola,
Amici, X Factor, C'é posta per te, Uomini e donne, La Talpa) e le 'fiction'
carabinieristico-sbirresche 'tricolorate' ...- vi 'lasciamo' con il testo,
sempre di estrema attualità, di "Inno nazionale" ...una perla musicale del
'solito' Luca Carboni...
Perchè Carboni? Perchè "ci vuole un fisico speciale per fare quello che ti
pare/ perchè di solito a nessuno va bene così come sei"....

"Io sono troppo bolognese,
tu sei troppo napoletano
egli è troppo torinese
e voi siete troppo di Bari
sì noi siamo troppo orgogliosi,
loro sono troppo veneziani
e anche dentro la stessa città,
siamo sempre troppo lontani!
E siamo sempre troppo romani,
e si che siamo troppo milanesi
e lo vedi anche allo stadio
che siamo sempre troppo tesi
siamo tifosi poco sportivi
perché siamo troppo fiorentini
e la polizia controlla
che non stiamo troppo vicini!
E allora son troppo bolognese,
tu sei troppo cagliaritano
sventoliamo troppe bandiere,
col bastone nella mano
e diventiamo troppo violenti,
e se non ci spacchiamo i denti
comunque ci promettiamo in coro
che ci romperemo il culo!
E io sono troppo emiliano,
tu sei troppo siciliano
egli è troppo calabrese,
e voi troppo molisani
e noi siamo troppo chiusi,
loro son troppo altoatesini
e anche se è caduto il muro,
abbiamo sempre troppi confini!
...e poi eravamo troppo fascisti
e anche troppo menefreghisti
allora giù botte coi manganelli
comunque non eravamo troppo fratelli
poi diventammo troppo comunisti,
e anche troppo democristiani
e sì che il tempo passa
ma siamo ancora troppo italiani!
...Sì che eravamo troppo fascisti
oppure troppo menefreghisti
e allora giù botte coi manganelli
non eravamo troppo fratelli
poi diventammo troppo comunisti
e anche troppo democristiani
e sì che il tempo passa
siamo ancora troppo italiani"

Ah...dimenticavamo: si è 'rivisto' pure Clemente Mastella e la festa del
'campanile' a Telese.... Giusto per non farci mancare 'niente'... Il circo ...
al gran completo!
Au 'revoir'.... 'ascoltatevi' Carboni...è 'salutare'!

DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI
DIRETTORE RESPONSABILE AGENZIA DI STAMPA "ISLAM ITALIA"

Lupo
30-09-09, 20:44
HEINRICH VON TREITSCHKE:

GEOPOLITICA, POTENZA E ANTIGIUDAISMO NELLA GERMANIA PRE-HITLERIANA DEL XIXmo SECOLO

di Dagoberto Husayn Bellucci

"Noi governiamo le masse mediante i sentimenti di gelosia ed odio fomentati dall'oppressione e dalla miseria. Ed è facendo uso di questi sentimenti che togliamo di mezzo tutti coloro che ci ostacolano"

( "I Protocolli dei Savi Anziani di Sion" - ediz. "La Vita Italiana" - Roma 1921 )

"Il nostro atteggiamento di fronte all'Internazionale Ebraica è determinato non solo da cause lontane, storiche e psicologiche, ma da cause recenti che ci hanno additato il pericolo ebraico"

( Giovanni Preziosi - articolo "I principali strumenti dell'Internazionale Ebraica: la Massoneria e la demagogia" - da "La Vita Italiana" del 15 Maggio 1921 )

"Voi siete dal diavolo, vostro padre, e volete compiere i desideri del vostro padre: egli era omicida dal principio e non è rimasto nella verità perchè in lui non c'é verità"

(Vangelo di Giovanni)

Il ruolo, la funzione culturale e storica di 'preparatori' 'intellettuali' sulla formazione dell'ideologia nazionalsocialista tedesca e quella di anticipatori delle idee anti-liberali e anti-democratiche, al fianco delle quali si situerà una radicale critica alla nefasta influenza dell'elemento ebraico alieno alla società germanica ottocentesca, che saranno metabolizzate e catalizzate dal furore rivoluzionario e dalla scintillante apparizione 'incendiaria' sul palcoscenico europeo della figura metastorica e metapolitica del Fuhrer; spetta ad una serie di pensatori e filosofi presenti sulla scena politica tedesca fin dalla seconda metà del XIXmo secolo.

Alcune tra queste autorevoli personalità del mondo culturale, spesso anche politico, germanico meritano una breve ma significativa considerazione per il loro apporto all'ideologia volkisch che tanta influenza avrà fin dall'epoca guglielmina per la radicalizzazione in senso antimodernista della cultura tedesca. Il termine Volk in tedesco è un termine che racchiude in sè differenti connotazioni trascendendo l'accezione specifica.

"Volk" è una parola che rappresentava, per i pensatori ed i filosofi dell'epoca compresa tra l'unificazione tedesca e la nascita del Terzo Reich (1870-1933), un'identità ed assieme un'atmosfera, molto più pregnante e essenziale di quanto non si intenda oggi comunemente con la dizione di "popolo". Fin dall'inizio del Romanticismo tedesco, alla fine del XVIIImo e agli inizi del XIXmo secolo, il termine denotava principalmente una serie di individui legati ad una sublimazione fondamentale, ad un'essenza trascendente, della società da salvare, rinvigorire e far rinascere attraverso il riconoscimento dei concetti di "natura" e "cosmo" intesi come miti fondanti l'animo germanico.

La natura, il cosmo, lo spazio vitale, la terra, le tradizioni rappresentavano per i pensatori volkisch un insieme organico spartanamente concepito e virilmente ricompreso all'interno della natura umana, nella sua specificità. Queste concezioni andavano a porre al centro dell'universo l'individuo non come soggetto alieno e alienato dal contesto socio-cultural-economico nel quale veniva a trovarsi ma al contrario quale ispiratore e motore immobile di una sorgente di saggezza antica, sapienzale e popolare al tempo stesso, che costituivano la sua comunione ideale con la comunità intesa come totalità organica, fonte di creatività e di ispirazione per i sentimenti più profondi dell'individualità che si doveva esprimere all'interno di un tutto organico, della natura come della società, a contatto con le forze del cosmo e quelle della creazione.

L'ideologia volkisch si diffonderà in tutti i territori di lingua tedesca a partire dalla seconda metà del XIXmo secolo: dalla Germania ai paesi baltici di lingua tedesca fino all'impero asburgico con le sue profonde divisioni linguistico-etnico-nazionali. L'idea di una nuova società tedesca rigenerata prende tratti identitario-nazionalistici, si concilia a tratti con l'ideologia pangermanista per la fusione di tutti i popoli di lingua tedesca sotto un unico grande Impero, ritorna in auge prepotentemente durante il processo di unificazione nazionale ma sarà insoddisfatto dell'approdo terminale che porterà all'instaurazione e alla proclamazione di un secondo Reich d'ispirazione liberale promosso dalle strategie del Bismarck e che lascerà una vasta fetta di popolazione e molti politici ed intellettuali dell'epoca sostanzialmente scontenti per una unità nazionale che non aveva saputo trarre la miglior linfa vitale, le migliori energie dal Volk. Le principali accuse mosse contro Bismarck ed i dirigenti della Germania guglielmina provenienti dagli ambienti volkisch erano quelle di non aver saputo dare una consapevolezza nazionale al neonato Stato guglielmino nè di aver garantito la necessaria unità di spirito al quale molti aspiravano lasciando che le dinamiche ed i processi unificatori dei vecchi Stati preunitari tedeschi prendessero il sopravvento autonomamente sul modello di quanto avveniva in altre nazioni europee (Italia, Ungheria, stati balcanici).

I nazionalisti tedeschi, i pangermanisti, gli scrittori volkisch della fine dell'Ottocento consideravano quest'unità come una grande incompiuta, ferma ad un livello superficiale e solo prosaico e rivendicavano quella "rivoluzione dello spirito" che avrebbe dovuto 'scaraventare' tutto il romanticismo, tutto il millenarismo e tutta la tensione cultural-popolare della mitofania volkisch contro la modernità ed il modello liberal-democratico dato al Reich guglielmino. Tensioni mai sopite tra animo popolare e casta/classe dominante, difforme interpretazione delle dinamiche di sviluppo che già Bismarck aveva indirizzato verso una forte industrializzazione del tessuto sociale, predominio dei valori razziali e nazionali sull'economia e sulla corsa al riarmo meccanicistico-modernista data al nuovo Impero che , di lì a pochi anni, avrebbe anche intrapreso le "avventure" coloniali verso l'Africa con profonda disapprovazione di molti fautori del nazionalismo volkisch.

La "rivoluzione" dello spirito che intendevano personaggi come Riehl, Lagarde, Langbehn, Egidy (per citare soltanto alcuni tra i principali ideologi del Volk dell'Ottocento) escludeva una trasformazione radicale della società tedesca, nè mirava ad un rovesciamento delle classi dominanti come intendevano la politica i partiti d'ispirazione socialista, ma si fondava sull'eruzione delle forze primitive della natura e del cosmo nello spazio della politica, sulla consacrazione autoritaria dei principii immortali dell'animo germanico, su quei valori "tipicamente tedeschi" che affioravano dall'animo inquieto di una Germania 'profonda'...dalle Mannerbunde, dalla storia dei Germani, dai miti dell'Edda nordica (seppure non strettamente germanica)(1) a quelli legati all'epica del Walallah e dalla mitofania del "crepuscolo degli Dei" che molta influenza avrà su Richard Wagner ed altri artisti dell'epoca.

Gli scrittori volkisch vedevano minacciati questi valori dall'avanzata impetuosa delle forze del modernismo: dalla rivoluzione industriale, dalla tecnica e dalla scienza moderne, dall'urbanesi che toglieva uomini e donne dalle campagne per farne dei "cittadini" imborghesiti o dei sottoproletari untermensch abbrutiti dai vizi, dall'alcool, dalla situazione di degrado nella quale si sarebbero venuti a trovare nei sobborghi delle città. Democrazia, liberalismo, diplomazia erano concezioni che dovevano essere respinte categoricamente per salvare l'unità spirituale e razziale del popolo tedesco. La rivoluzione che doveva aver luogo doveva essere spirituale, una autentica rinascita dello spirito o - come più tardi verrà identificata - la "rivoluzione conservatrice" per eccellenza avversaria dell'omologazione su base industrial-capitalistica che era il prodotto della modernità e nemica principale della classe "rivoluzionaria" per eccellenza, o che almeno tale si considerava, ovvero quella sottoproletaria formatasi dai processi di urbanizzazione selvaggia e da quelli di industrializzazione che avevano segnato la società guglielmina a ritmi impressionanti (2).

Stereotipo della concezione volkisch sarà un tipo umano decisamente nuovo: il Tedesco! Un soggetto virile, forte, spietato al limite della crudeltà nell'affermazione dei suoi valori e dei suoi principii, del suo sangue, della sua razza, del suo suolo (verrà qualche anno più tardi la concezione del "Blut und Boden" (Sangue e Suolo) corrente o movimento interno al Nazionalsocialismo 'misticamente' concepita come 'rivoluzione' arcaica per la rinascita dello spirito contadino delle campagne da Richard Walther Darrè (3) responsabile NSDAP dell'Ufficio per la razza e le colonie" (RuSHA: Rasse und Siedlungshauptamt) delle S.S. himmleriane, autore del volume su ""La nuova nobiltà di sangue e suolo" (Neuadel aus Blut und Boden) (1930) e direttore dei mensili Deutsche Agrarpolitik(politica agraria tedesca), fondato nel 1932, e "Odal" (1939) .

Per una comprensione profonda della nuova figura ideale del "Tedesco nuovo" saranno essenziali alcuni scritti di autori volkisch che 'disegneranno' 'plasticamente' ed interpreteranno superbamente i caratteri, la fisiognomica, l'idealità ed il retaggio razziale di un soggetto destinato all'Eternità, a dominare, a brillare di luce riflessa; espressione massima di un corpo d'acciaio e di ideali superiori: "nel carattere del "tedesco ideale" si inietta insomma un elemento di forza, addirittura di crudeltà. Jürg Jenatsch, l'eroe contadino dell'omonimo romanzo di Conrad Ferdinand Meyer (1876) è stato definito il nazionalista che reca in sé il germe della prima guerra mondiale, e in quest'affermazione c'è molta verità: Jenatsch nutre un vero culto per la forza, augura la morte ai propri nemici, fa del suo meglio per dare attuazione a tale desiderio, e benché combatta per la giusta e nobile causa dell'indipendenza svizzera, l'accentuazione della violenza è tale da trasformare la forza da mezzo tollerato in fine auspicabile di per sé. La forza, prima invocata soltanto come extrema ratio, diviene così virtù positiva e durevole. Nel suo Der Wehrwolf (1910), Hermann Löns portò la glorificazione della violenza ai limiti estremi. I suoi "lupi" sono contadini i quali, nel tremendo contesto della guerra dei Trent'anni, fanno giustizia sommaria dei nemici propri e di quelli del Volk. In questo, nulla di storicamente eccepibile, dato il truce periodo descritto; ma, col progredire della vicenda, appare sempre più chiaro che la crudeltà dei contadini non è una semplice necessità di autodifesa, ma costituisce anzi una delle loro più valide e genuine virtù, tanto che i fatti di sangue sono circonfusi di un'aura di soddisfatta approvazione, come quando un contadino, rievocando i giorni dei lupi mannari, li definisce «così terribili eppure così belli». Il tipo contadino, che assurse a modello dell'individuo genuinamente nazional-patriottico, non soltanto incarnava, quindi, le virtù di semplicità, giustizia e bontà, ma era anche affascinato dalla forza." (4).

In questo contesto di generale rigenerazione e rinascita spirituale, culturale, politica della nazione tedesca si inseriscono gli scritti e le opere di Heinrich Gothard von Treitschke (Dresda, 15 settembre 1834 – Berlino, 28 aprile 1896) storico, politico e pensatore volkisch pre-hitleriano che esalterà nei suoi volumi una concezione realistica della politica passando dall'esperienza di deputato liberal-nazionale (fino al 1864) a sostenitore di una vigorosa resurrezione dello spirito autenticamente germanico.

Anti-illuminista, anti-liberale e anti-democratico von Treitschke sostiene l'ineluttabilità del destino glorioso della Germania arrivando a coniugare il suo pensiero politico con le prime analisi sulla Geopolitica del suo connazionale e contemporaneo Friedrich Ratzel (1844-1904) sposando l'idea che gli Stati non sono strutture artificiali, ma entità dinamiche in espansione continua, con una loro concreta individualità e rappresentano dei mezzi (non dei fini) ai quali viene delegata una missione da compiere. Il fine di uno Stato - secondo von Treitschke - è quello di espandersi, vivere per allargare il suo spazio vitale, concepire una dimensione imperiale. Le sue tesi sono anti-pacifiste e anti-diplomatiche: von Treitschke considera un male assoluto la pace perpetua, perchè sinonimo di debolezza e di egoismo mentre esalta la guerra come fattore positivo che permette di instillare nel popolo sentimenti di appartenenza, abnegazione, coraggio, eroismo e l'identità e comunanza di ideali.

Il momento bellico secondo von Treitschke predispone gli individui al sacrificio e per questo li libera dalle catene dell'egoismo, dell'individualismo piccolo-borghese, dalla routine quotidiana. Contrariamente a molti altri autori volkisch però von Treitschke esalta la figura del Cancelliere di Ferro: il Bismarck ha costruito qualcosa di concreto e duraturo, mediante il ricorso alla forza e alla sua tenacia nel perseguire i piani per l'unità nazionale. Dalla ragione, al contrario, secondo il nostro non possono che nascere delle mere astrazioni e, tra queste, il sentimento di nazionalità che risulta nullo e inutile se non viene supportato da uno Stato forte che le possa dare garanzie di sopravvivenza e una concretezza.

Tendenzialmente von Treitschke non è anti-borghese ma impone a questa classe, a questo ceto di "commercianti arricchiti" e ultimi arrivati, una serie di limiti; primo fra tutti che il borghese medio si occupi solo ed esclusivamente di questioni economiche senza interferire con gli affari di Stato che non sono di sua competenza. La supremazia ovviamente nell'ideologia di von Treitschke deve spettare alla politica rispetto all'economia, così come la società civile non deve intervenire nelle questioni inerenti la politica estera e quella militare. Assertore della superiorità aristocratica ed elitario von Treitschke riconosce nella finanza internazionale un cancro che deve essere scongiurato al corpo sano della nazione: la finanza mondiale è cosmopolita per essenza, ebraica per filiazione, d'ispirazione liberale e di sentimenti democratici per convenienza e come tale risulta essere un pericoloso strumento di sovversione interna anche perchè i grandi banchieri cosmopoliti della nascente plutocrazia capitalistica sono una sorta di "casta d'intoccabili" che intrecciano matrimoni ed unioni di sangue tra loro, che agiscono come una specie di supergoverno mondiale, che dilapidano i beni delle nazioni e soprattutto operano solo ed esclusivamente per i loro tornaconti personali e contro gli interessi dei popoli e delle nazioni.

E' in questa ottica che si inserisce la sua polemica antigiudaica che risalta nitidamente dalle pagine del suo volume "Politica" (tradotto e pubblicato in italiano nel 1918 per le edizioni "Laterza") e nel quale sentenzia con chiaroveggenza non indifferente i pericoli delle derive "mondializzanti" (o internazionaliste che dir si voglia) dell'economia scrivendo della situazione austriaca: "Negli ultimi tempi è avvenuto un ravvicinamento alla vita tedesca; d'altra parte però il germanesimo austriaco è corrotto in maniera indicibile dal giudaismo. E' chiaro, che quì si presenta quasi inevitabile una politica di esperimenti e di espedienti. Gli ebrei rappresentano una parte affatto anormale in questo strano garbuglio di contrasti nazionali. Un tempo, quando erano ancora un popolo a sè, si assicurarono con la conservazione di uno schietto monoteismo una posizione duratura nella storia; ma cominciò presto l'esodo: noi troviamo gli ebrei dispersi in tutto il mondo. E' semitico il loro gran talento religioso, ma manca di ogni spirito di propaganda; e, in contraddizione con ciò, un istinto commerciale spinto fino alla passione più selvaggia. Questo tratto saliente del carattere israelitico, oltre una mostruosa boria di razza e un odio mortale ai cristiani, spiegano la situazione affatto anormale, che il giudaismo ha occupato in tutte le epoche della storia. Gli ebrei sono stati sempre "un elemento di decomposizione nazionale". Hanno sempre lavorato in questo senso. Il commercio in generale non vuole più ammettere frontiere nel mondo. E' chiaro e lampante come il sole, che una parte del capitalismo europeo ha costituito una lega internazionale per assicurare i propri interessi di fronte al piccolo capitale e alla proprietà fondiaria." (5)

Essenziale inoltre poco dopo il suo legittimo rilievo sul vero spirito ebraico e sulla doppia natura dell'anima ebraica (conservatrice, razzista e gelosamente esclusivista al suo interno quanto progressista, democratica, finto-tollerante nel proclamare la sua 'adesione' , di facciata, alle ideologie internazionaliste) quando von Treitschke rileva: "D'altra parte gli ebrei coi matrimoni endogami proteggono così tenacemente la propria nazionalità, che non si fanno assorbire in seno ai popoli stranieri. E nella storia visibilmente diventano tutto. La più parte di loro conserva inconcussa l'indole innata e porta solo come un mantello la nazionalità straniera. Dondo il fatto notorio, che gli ebrei moderni mostrano soltanto in un'arte una vera genialità, nel teatro. L'imitazione senza una propria personalità intima è stata sempre la forza della letteratura ebrea. Per quanto grande sia il talento poetico di Heine, ed è stato uno dei pochi ebrei che conoscono realmente la lingua tedesca, pure, in paragone a Goethe o di Chamisso o di altri, egli è un imitatore, quelli sono i creatori!.

Questo popolo con le sue qualità contraddittorie ha sostenuto tre volte una parte sostanzialmente necessaria. La prima volta sotto Alessandro Magno, quando l'ellenicità dilagò nell'ellenismo. Allora i giudei non furono meramente i commercianti del mondo intero, ma furono anche nella vita spirituale un elemento di connessione. Era appunto l'epoca in cui la cultura propriamente ellenica si dissolveva; e sorsero proprio allora ad Alessandria quelle scuole filosofiche, le cui dottrine sono commiste d'idee giudaiche e greche, e aprirono la via alla grande idea del cristianesimo. Una parte consimile sostennero poi di nuovo i giudei nell'impero degl'imperatori romani. Cesare meditamente li favorì e a ragione: egli era un sovrano mondiale. Le nazioni confederate dovevano cessare di sentirsi nazioni; e il giudaismo senza patria era singolarmente appropriato a cooperare allo scopo. Perciò anche lì la sua attitudine era una dato storico. Sopraggiunse l'epoca in cui i giovani stati germanici principiarono a costituirsi sui ruderi dell'impero romano. Quei contadini germanici per orizzontarsi nella civiltà nuova e nella sua economia finanziaria abbisognavano di gente che conosceva il maneggio del denaro. Nei primi tempi del medio evo i giudei sono stati i veri e propri rappresentanti del commercio mondiale.

Dunque deriva, che notoriamente il basso medio evo ebbe verso i giudei disposizioni assai più amichevoli che non l'alto: Teodorico, l'ostrogoto, senza i suoi giudei non sapeva dove mettere le mani. Anche in tempi più recenti Lodovico il Pio era notoriamente un filo-semita appassionato. (...) In seguito però i giudei cessarono di essere necessari: gli arii hanno fatto anch'essi la mano alla finanza. E allora venne fuori quanto vi sia di pericoloso in questo popolo; la forza dissolvente di una nazionalità che piglia la maschera di nazionalità diverse. Se i popoli avessero consapevolezza di sè medesimi, i nobili ebrei sarebbero indotti essi stessi a confessare, che oggi non c'è più spazio pel cosmopolitismo giudaico: non si comprende in che modo un giudaismo internazionale potrebbe ancora giovare al mondo. Qui bisogna parlar chiaro, senza curarsi che la stampa giudea insozzi ciò che è pura verità storica.

Non può essere più contestato, che il giudaismo è in grado di rappresentare una parte solamente quando i suoi componenti si decidano a diventare tedeschi, francesi, inglesi e, senza la riserva dei ricordi antichi, a fondersi nel popolo a cui appartengono per ragion di diritto pubblico. Questa è l'esigenza del tutto equa e giusta che gli occidentali accampano: nessun popolo può permettere agli ebrei una duplice nazionalità. Ma le circostanze sono tanto ingarbugliate, per la ragione che non si ha un criterio sicuro per giudicare, in mezzo agli altri, gli ebrei assorbiti dalla nazionalità straniera. Il battesimo solo non basta. Vi sono ebrei non battezzati che sono buoni tedeschi,(...) e d'altra parte ve ne sono di battezzati che non lo sono: la situazione quindi è davvero spinosa. Se la legislazione trattasse gli ebrei come forestieri, permettesse loro l'esercizio delle professioni civili e negasse loro i diritti politici e le magistrature, sarebbe questa un'ingiustizia , perchè non colpirebbe chi si crede.

Non può riguardarsi come ebreo chi è battezzato cristiano: a questo criterio dovrebbe attenersi ogni legislazione. Io finora vedo assolutamente un mezzo solo, che possiamo usare: la vera energia dell'orgoglio nazionale, che diventi seconda natura, in modo che rifiuti involontariamente qualunque cosa sia estranea all'indole germanica. (...) Dovunque è lordura giudaica che insozza la nostra vita, il germano deve scostarsi e deve abituarsi a spiattellare fuori la verità. E se vediamo salire in alto un antisemitismo sudicio, che ne ha colpa sono i partiti moderati." (6)

Esisterebbero ovviamente altre 'soluzioni' per 'frenare' e mettere limiti all'asfittica 'presenza' - onnipervasiva ed onnicomprensiva - dell'elemento ebraico nella vita delle nazioni ariane. Tant'è questo era il lucido e sicuramente legittimo punto di vista di Heinrich von Treitschke fra i tanti precursori del Nazionalsocialismo tedesco e anima dell'ideologia Volkisch della Germania guglielmina e bismarckiana della fine Ottocento.

L'unica 'conclusione' possibile rimane l'ammonimento, eterno, del sommo Poeta - Dante l'Alighieri - il quale ricordava 'saggiamente' ai suoi contemporanei nel duecento: "Uomini siate e non pecore matte/si che di voi tra voi/ 'lgiudeo non rida!"

Il 'resto' sono solo cianfrusaglie' e vuote 'ciance' di crani ebrei.

DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI

DIRETTORE RESPONSABILE AGENZIA DI STAMPA "ISLAM ITALIA"

Link a questo testo:
HEINRICH VON TREITSCHKE (http://www.terrasantalibera.org/DagobertoHB_HEINRICH_VON_TREITSCHKE.htm)


Note -

1 - Esistono in italiano due ottime edizioni dell'Edda in prosa di Snorri. La prima è curata e tradotta da Gianna Chiesa Isnardi, che ha anche scritto la splendida introduzione (Rusconi 1975, Tea 2003). La seconda, pubblicata nella prestigiosa collana Biblioteca Adelphi, è stata tradotta da Giorgio Dolfini che ha anche curato il corredo di note (Adelphi 1975). Tutt'e due le edizioni contengono l'L'Inganno di Gylfi e le principali parti in prosa del Discorso sull'arte scaldica. Entrambe le edizioni mancano invece del Prologo, dei passi in versi contenuti nel Discorso sull'arte scaldica e naturalmente del Trattato di metrica. Triste ma vero, un'edizione critica integrale dell'Edda in prosa manca ancora nell'editoria italiana.

· Snorri Sturluson: Edda, a cura di Giorgio Dolfini. Adelphi, Milano 1975 (Biblioteca Adelphi 61).

· Edda di Snorri, a cura di Gianna Chiesa Isnardi. Rusconi, Milano 1975 (esaurita). Tea, Milano 2003 (Religioni e Miti)

2 - si veda in proposito di George L. Mosse - autore di origini ebraiche che ha studiato con acume e intelligente lo sviluppo delle dinamiche sociali della Germania dall'epoca guglielmina al Terzo Reich - i volumi:

- "Ebrei in Germania fra assimilazione e antisemitismo"- ediz. "La Giuntina" - Firenze 1991;

- "La nazionalizzazione delle masse- Simbolismo politico e movimenti di massa in Germania (1815-1933)" - ediz. "Il Mulino" - Bologna 2009

Sempre sulla storia della Germania guglielmina di fondamentale interesse il volume di Michael Sturmer - "I Tedeschi e la loro nazione: l'Impero Inquieto (1866-1918)" - ediz. "Il Mulino" - Bologna mentre si consiglia anche di consultare di Pietro Orsi "Profili - Bismarck" - ediz. "A.F. Fomiggini" - Roma 1919;

3 - "Richard Walther Darré, nato Ricardo Walther Oscar Darré, noto anche come Richard Walter Darré (Belgrano, 14 luglio 1895 – Monaco di Baviera, 5 settembre 1953), è stato un politico tedesco ai tempi del nazionalsocialismo.

Darré nacque quale figlio di Richard Oskar Darré, commerciante e direttore della ditta commerciale Hardt & Co., e di Emilia Berta Eleonore (nata Lagergren). A causa dell'attività del padre, la famiglia traslocò spesso. Darré trascorse la propria infanzia a Belgrano, un quartiere di Buenos Aires, ove frequentò la scuola tedesca. Più tardi frequentò in Germania il Liceo scientifico di Heidelberg, la facoltà di magistero a Godesberg e inoltre il Kings College di Wimbledon.

Dopo la partecipazione da volontario tedesco alla Prima Guerra Mondiale, si aggregò brevemente al Corpo Franco (Freikorps) di Berlino.

Nel 1920 terminò lo studio di amministratore coloniale diplomato presso l'Istituto Coloniale Tedesco (Deutsche Kolonialschule) a Witzenhausen. Più tardi iniziò, a Giessen, uno studio di agricoltura, incentrato sull'allevamento e le questioni di trasmissione ereditaria, e lo concluse diplomandosi a Halle. Il suo interesse si focalizzò sulle problematiche genetiche, in particolare in riguardo all'uomo.

Poiché non trovò un impiego all'università, egli si incaricò di lavori commissionati dallo Stato tedesco nel settore della selezione d'allevamento. Nel 1927 seguì un viaggio di studio in Finlandia e, nel 1928 e 1929, fu perito agrario per l'ambasciata tedesca a Riga.

Già presto Darré conobbe Heinrich Himmler presso la Lega degli Artamani. Segnato da questo ambiente egli pubblicò, nel 1929, il suo primo libro intitolato "Il contadinato come fonte vitale della razza nordica" (Das Bauerntum als Lebensquell der nordischen Rasse). Dopo la presa di potere del NSDAP nel 1933, egli diventò direttore dell'"Ufficio per la politica agraria del partito". assunse inoltre la presidenza della "Comunità del Reichsfuehrer" (Reichsfuehrergemeinschaft) delle associazioni agrarie unite e, il 28 maggio, diventò "Capo dei contadini del Reich" (Reichsbauernfuehrer), in aggiunta, il 29 luglio, "Ministro del Reich all'alimentazione e alla agricoltura", detenendo perciò la dirigenza dell'intera politica agraria tedesca.

Di seguito il governo deliberò la "Legge sui poderi ereditari", la quale regolava l'eredabilità di parcelle poderali e ne escludeva la divisione ereditaria. Parimenti egli fondo il cosiddetto "Reichsnaehrstand" che unificava e uniformava tutte le persone e associazioni che collaboravano alla produzione di prodotti agrari. Egli introdusse anche l'annuale "Festa del ringraziamento del Reich" (Reichserntedankfest) sul Bueckenberg presso Hameln.

Dal novembre 1933 fu membro del Reichstag, Reichsleiter e SS-Gruppenfuehrer, membro dell'"Accademia del Diritto Tedesco" e presidente onorario della "Società agraria Tedesca". Nel 1936 ricevette il "Distintivo aureo del Partito".

Nel suo testo "Blut und Boden, ein Grundgedanke des Nationalsozialismus " ("Sangue e suolo, un concetto fondamentale del nazionalsocialismo") egli riprese la tesi di 'sangue e suolo'. In tal modo entrò sempre più in contrasto sia, per esempio, con l'amministrazione del piano quadriennale diretta da Hermann Goering, con Hjalmar Schacht e con la Banca del Reich. Mentre Darré pensava a un ritorno a condizioni precedenti la rivoluzione industriale, il Terzo Reich armava l'industri nel senso dell'economia bellica.

Quando nel settembre 1938 si aggiunse un conflitto con Himmler, poiché i piani di Darré sull'incremento di colonie rurali contraddicevano le sue idee sulla politica colonizzatrice d'oriente, egli venne deposto quale dirigente del RuSHA. Nel 1939, con l'inizio della Seconda Guerra Mondiale, Darré passò vieppiù in secondo piano come ministro per l'alimentazione e l'agricoltura, perse di peso politico e venne infine licenziato il 16 maggio 1942. Gli fu rimproverato il fallimento personale e, nel 1943, il suo successore diventò Herbert Backe.

Egli trascorse gli ultimi anni della guerra appartato in un casolare di caccia nella Schorfheide. Nel 1945 fu arrestato e internato nell'area della casernma della contraerea di Ludwigsburg. Dalla corte militare americana fu accusato della confisca di proprietà di contadini polacchi e ebrei, inoltre di aver negato l'alimentazione di base a degli ebrei tedeschi, riducendo con ciò dei civili alla fame. Il 14 aprile, nel "Processo della Wilhelmstrasse" (Wilhelmstrassen-Prozess) venne condannato a cinque anni di reclusione, ma fu rilasciato già nel 1950.

Trascorse gli ultimi anni di vita a Bad Harzburg e morì il 5 settembre 1953 in una clinica privata di Monaco di Baviera." (dal sito Wikipedia (http://www.wikipedia.org))

Il volume "La nuova nobiltà di sangue e suolo" è stato pubblicato in italiano dalle Edizioni di "Ar" - Padova 1978;

4 - Articolo - "La Germania e il Volk tedesco" consultabile all'indirizzo internet: LA GERMANIA E IL VOLK TEDESCO (http://imaginaryboys.altervista.org/italiano/nazismo/volk.htm)

5 - Heinrich von Treitschke - "Politica" - ediz. "Laterza" - Bari 1918;

6 - Heinrich von Treitschke - ibidem;

Lupo
30-09-09, 20:49
'AGITAZIONI CINGOLATE' SIONISTE

di Dagoberto Husayn Bellucci

http://www.gerusalemmeterrasanta.org/tank_merkava.jpg

La frontiera meridionale che separa il Libano dalla Palestina occupata
'brulica' nelle ultime ore di movimenti 'cingolati'. Dall'una e dall'altra
sponda della cosiddetta linea 'blu' che divide il paese dei cedri
dall'"accampamento militare" sionista in Terrasanta si sono ammassati diversi
mezzi corazzati e cingolati dei due eserciti contrapposti.

La linea blu è la linea di demarcazione ufficiale che separa Libano e entità
criminale sionista ma vi sono ancora diverse zone occupate da "Israele": le
fattorie di She'eba, le colline di Kfar Shouba e il villaggio di Ghajar sono
tutti territori libanesi sotto occupazione israeliana.

Alcuni giorni or sono il "Times" (...occorrerebbe 'leggerne' il 'titolo' al
'contrario' si 'capirebbero' molte più cose...) di Londra aveva diramato la
notizia secondo la quale Hizb'Allah ed il suo braccio militare, la Resistenza
Islamica, fossero in stato di allerta per prevenire qualsiasi aggressione
sionista. Qualche indiscrezione riferita dal quotidiano britannico riportava la
disponibilità di oltre quarantamila tra razzi kathiusha e altri missili - fra i
quali i Khaibar 2 di fabbricazione iraniana - nelle mani dell'organizzazione di
resistenza del partito sciita filo-iraniano di Sayyed Hassan Nasrallah.

Ovviamente tali indiscrezioni, coperte dall'anonimato, reali o meno
'risultano' comunque 'sgradite' alle sempre 'pronte' 'attenzioni' israeliane. I
sionisti dall'ultima aggressione dell'estate 2006 - e della quale tra quattro
giorni ricorrerà il terzo anniversario di quella che gli sciiti libanesi
riconoscono come la "vittoria divina" - contro il paese dei cedri non hanno mai
smesso di indirizzare nuove minacce contro il Libano e Hizb'Allah.

La reazione del regime d'occupazione sionista non si è fatta attendere: alle
voci che vorrebbero Hizb'Allah pronto a qualsiasi evenienza in caso di nuovi
attacchi israeliani le autorità d'occupazione avevano già replicato con nuove
minacce di 'farla finita' una volta e per sempre con il movimento islamico
libanese. Minacce che si assommano a quelle che oramai da quasi tre anni
continuano quasi quotidianamente a giungere da Tel Aviv.

Alcuni giorni or sono il vice-ministro degli Esteri del regime d'occupazione
israeliano, Daniel Ayalon, aveva esortato Nethanyahu ed il suo esecutivo ad un
nuovo attacco contro il Libano per chiudere "definitivamente i conti" con
Hizb'Allah sostenendo palesemente quanto - da queste parti - più o meno sanno
anche i sassi ovvero che "il prossimo confronto con Hizb'Allah è diventato
inevitabile e arriverà presto".

I principali responsabili del partito di Dio sciita-libanese affatto
intimoriti hanno replicato che "qualora il regime sionista pensasse di lanciare
una nuova aggressione contro il paese ci troverebbero pronti a rispondere con
ogni mezzo a nostra disposizione". E di mezzi a disposizione la Resistenza
Islamica ne avrebbe, a sentire le ultime indiscrezioni uscite anche sulla
stampa locale ed araba in queste ultime ore, parecchi e tutti 'puntati' contro
l'entità criminale sionista in direzione Tel Aviv.

Dalle prime ore di questa mattina l'esercito libanese è entrato in stato
d'allerta ed ha cominciato a presidiare la frontiera meridionale da quando -
stando a fonti militari di Beirut - tre blindati israeliani accompagnati da un
veicolo civile sarebbero stati avvistati nei pressi dell'area agricola formata
dalle fattorie di She'eba ai piedi del monte Hermon occupate da "Israele"
oramai dal 1967.

Questa zona si trova al centro, oramai da oltre quarant'anni, di un lungo
contenzioso di confine tra il regime d'occupazione sionista, il Libano e la
Siria. Secondo quanto riporta stamani l'agenzia ufficiale libanese, Nna, questi
movimenti di truppe di 'tsahal' (= l'esercito d'occupazione sionista),
interesserebbero in particolar modo le coline di Kfar Shuba poco distanti dalla
fattorie di She'eba. Non sarebbero apparentemente state fornite motivazioni
ufficiali da parte ebraica per il dispiegamento di queste unità militari anche
se la stampa ebraica, Ha'aretz ed altri quotidiani sionisti, riportano di
attività a "protezione di unità impegnate nel rafforzamento delle barriere di
filo spinato" nell'area contesa. Lo stesso quotidiano aveva, non più di una
settimana or sono, riportato di "movimenti di truppe libanesi" del quale
nessuno ha visto traccia.

Anche l'Unifil, allertata dalle manovre militari israeliane che potrebbero
creare i presupposti per la riapertura del fuoco incrociato tra i due eserciti,
ha inviato nella zona alcune pattuglie per monitorare l'evoluzione della
situazione.

La tensione, a sud del Litani nella fascia di confine tra Libano e Palestina
occupata, torna a salire.

DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI

DIRETTORE RESPONSABILE AGENZIA DI STAMPA "ISLAM ITALIA"
DA NABATHIYEH (LIBANO MERIDIONALE)

Per TerraSantaLibera.org
Agitazioni cingolate Sioniste (http://www.terrasantalibera.org/DagobertoHB_cingoli_sionisti.htm)

Lupo
30-09-09, 20:55
DISINFORMAZIONE SIONISTA E STRATEGIE DI DESTABILIZZAZIONE: SIRIA E LIBANO NEL MIRINO

di Dagoberto Husayn Bellucci

http://www.gerusalemmeterrasanta.org/dhb-logo.jpg

Il perimetro geopolitico e strategico siro-libanese resta ad alta tensione malgrado le ultime, rassicuranti, dichiarazioni del premier in pectore libanese Sa'ad Hariri che, auspicando la formazione di un esecutivo di unità nazionale che comprenda anche esponenti di Hizb'Allah, ha infine lasciato cadere la riserva sulla presenza dei ministri dell'opposizione nazionale al prossimo governo di Beirut.

La situazione che sembra maggiormente preoccupare i politici libanesi è quella relativa alla composizione del futuro esecutivo che dovrebbe riservare 15 dicasteri a esponenti dell'attuale maggioranza filo-occidentale e 10 ai membri dell'opposizione filo-siriana. Le prossime settimane dovrebbero comunque sciogliere il nodo sui nomi che comporranno il prossimo governo libanese sorvegliato "speciale" della politica internazionale dopo le dichiarazioni bellicose provenienti dai confini meridionali dove l'entità criminale sionista non sembra affatto aver gradito il ritorno del partito di Dio sciita filo-iraniano nel prossimo consiglio dei ministri libanese.

A tentare di rendere agitata la situazione nel paese dei cedri sembra pensarci invece la stampa araba, in particolare in questo caso il quotidiano kuwaytiano "al-Siyasa",
che ha rilanciato notizie di intelligence europee su presunti depositi di armi chimiche disseminati nel Libano meridionale ed in possesso della Resistenza Islamica.

A riferire queste nuove rivelazioni non casualmente è un quotidiano del Kuwait tradizionale feudo filo-occidentale ed emirato retto dalla famiglia al Sabah da sempre su posizioni di dipendenza-amicizia con Washington. Secondo quanto riportato dalla stampa kuwaytiana Hizb'Allah avrebbe avuto in dotazione armamenti chimici dei quali si sarebbero trovate "tracce" dopo l'esplosione del deposito di armi saltato per aria nella mattinata del 14 luglio scorso nei pressi del villaggio di Hirbet Salim al confine con la Palestina occupata.

Come si ricorderà l'esplosione del deposito fu immediatamente ammessa dagli esponenti del partito sciita che impedirono per ventiquattr'ore sopralluoghi sia alle truppe regolari dell'esercito libanese che ai reparti dell'UNIFIL subito accorsi per accertamenti e per aprire un'indagine conoscitiva. Hizb'Allah avrebbe perso nell'incidente undici esponenti della Resistenza dei quali, citiamo testualmente il quotidiano kuwaytiano, "tre sarebbero rimasti vittime di intossicazione tossica".

A riferire di depositi di armi chimiche sarebbero sembra non meglio precisati "servizi d'intelligence europei" operanti nell'area del Libano meridionale i quali - a detta di "al-Siyasa" - hanno inoltre accertato che la Resistenza Islamica avrebbe recentemente ricevuto in dotazione una dotazione di maschere anti-gas ed altro equipaggiamento da guerra chimico-batteriologica oltre a nuove granate e missili a corto raggio con testate chimiche provenienti da Teheran via Damasco.

Hizb'Allah disporrebbe, a detta del quotidiano del Kuwayt, una trentina di depositi di armi chimiche disseminati lungo tutta la frontiera con la Siria, al centro del paese e sulle due sponde del fiume Litani , in particolare intorno alla zona di Tiro, al di fuori dell'area nella quale sono dispiegate le forze UNIFIL.

I servizi tedeschi, citati, sosterrebbero che Hizb'Allah si stia preparando ad un conflitto "totale" contro Israele nel prossimo futuro.

In merito a queste nuove rivelazioni, - che appaiono esclusivamente come l'ennesima boutade giornalistico-provocatoria rivolta a far salire la tensione nel paese dei cedri e aumentare il nervosismo di Washington e Tel Aviv da tempo impegnate in una vasta operazione di destabilizzazione che coinvolge l'Iran, la Siria e il Libano ovvero la cosiddetta "mezzaluna sciita" - il numero due del Partito di Dio, Sheick Naim Qassem vice-segretario di Hzb, ha sottolineato che "non c'è stata alcuna violazione della risoluzione 1701" e commentando quanto accaduto nel luglio scorso ha ribadito "ciò che è successo è un incidente, un normale incidente, conseguenza delle operazioni di sminamento che vanno avanti dalla ritirata israeliana dal Libano nel 2000 e dall'ultima aggressione del 2006" invitando a non drammatizzare e rifiutando di rispondere a quelle che ha sostenuto essere "veleni" e "provocazioni" di stampa.

Anche la notizia secondo la quale Hizb'Allah avrebbe ammassato oltre quarantamila razzi di media-lunga gittata al confine con la Palestina occupata è stata smentita categoricamente, nei giorni scorsi, sia dalle autorità militari di Beirut che dai responsabili Unifil.

Cui prodest quindi la serie di nuove rivelazioni provenienti da Kuwayt City? A quali 'teoremi' e nuove 'strategie' risponde una simile operazione di disinformazione che mira esclusivamente ad alzare pericolosamente la tensione in una zona ad alta intensità dove, non più di tre settimane or sono, si sono registrate manovre militari sioniste che hanno messo in stato di allarme l'esercito nazionale e i reparti delle Nazioni Unite?

Al momento si dovrebbe trattare di 'avvertimenti', moniti, messaggi lanciati da diversi ambienti in direzione del Partito di Dio e del futuro esecutivo libanese che, una volta insediato, dovrà vedersela con la pesante situazione economica e con il problema della riconciliazione nazionale dopo gli attriti e la lunga parentesi di stallo politico che ha paralizzato la vita politica libanese per quasi tre anni. La nuova era libanese, come del resto le precedenti, si preannuncia gravida di funeste aspettative e orizzonti cupi come hanno sottolineato numerosi osservatori della stampa locale. L'opinione pubblica a Beirut non sembra eccessivamente preoccupata dell'immediato futuro ma, analizzando la situazione interna a Hizb'Allah molti vedono nero anche alla luce dell'altra notizia che, da qualche giorno, tiene banco sulle prime pagine della stampa locale ovvero la bancarotta finanziaria di Salah Ezzedine, il "Madoff" libanese com'è stato immediatamente soprannominato l'eminente uomo d'affari sciita che, per anni, ha gestito l'editoria d'ispirazione religiosa del Partito di Nasrallah attraverso la sua casa editrice "Dar el Hadi" rovinosamente in crisi.

Cinquecento miliardi di euro, ripete la stampa libanese, oltre 800 secondo il quotidiano "As-Safir" sarebbe il 'buco' provocato da una gestione a dir poco scellerata. Una crisi che, com'era ovvio, è stata immediatamente utilizzata dagli avversari di Hizb'Allah per accusare l'intero partito di aver coperto un bancarottiere precipitato con la crisi petrolifera dell'estate 2008.

Mentre Hizb'Allah fa fronte a questa situazione e ai risvolti che potrebbero derivare dal crack del suo editore di fiducia la Siria di Assad, tradizionale alleato degli uomini di Nasrallah e ago della bilancia della situazione geopolitica regionale del Vicino Oriente, deve vedersela con l'ultima crisi con il vicino Iraq.

Una crisi che sembra aver raggiunto l'apice dopo le dichiarazioni rilasciate quarantott'ore fa dal Presidente Bashar el Assad che ha definito "immorali" le accuse che vorrebbero Damasco responsabile degli ultimi attentati terroristici che hanno colpito la capitale irachena a metà agosto.

"Quando si accusa la Siria, che ospita 1,2 milioni di iracheni, di uccidere dei cittadini iracheni, questa viene considerata un'accusa immorale", ha detto Assad in una conferenza stampa organizzata insieme al presidente cipriota, Demetris Christofias, in visita a Damasco.

"Quando la Siria è accusata di supportare il terrorismo, mentre lo sta combattendo da decenni, ebbene questa è un'accusa politica che, però, non segue alcuna logica politica. E quando queste rimostranze vengono avanzate senza nessuna prova, allora non c'è neanche alcuna logica legale".

La tensione tra Siria e Iraq aumenta: dopo il richiamo dei due ambasciatori e la confessione televisiva di un presunto "terrorista" legato ad al Qaeda che ha sostenuto di essere stato addestrato dai Muqabarat di Damasco la Repubblica Araba Siriana ha rinnovato al vicino di produrre le prove di quanto asserito respingendo al mittente ogni addebito e qualsiasi accusa compreso quella di fungere da base operativa per elementi del disciolto partito Ba'ath iracheno.

Il ministro degli Esteri turco Ahmet Davutoglu è stato ieri a Baghdad per cercare di stemperare le tensioni, dopo che gli stessi funzionari turchi avevano detto di aver ricevuto la promessa del primo ministro iracheno Nuri al-Maliki di abbassare i toni, promessa che pare - al momento - esser caduta nel vuoto.

Una domanda appare obbligatoria: chi sta cercando di soffiare sul fuoco in Libano come in Siria per aumentare instabilità e tensione?

La situazione nell'area appare fondamentalmente in una fase di pericolosa transizione: da un lato si profilano alti i rischi all'orizzonte di una nuova possibile conflagrazione bellica mentre dall'altro lato in molti, specie a Beirut, si aspettano una nuova stagione di dialogo che possa portare ad una normalizzazione delle relazioni politiche anche a livello regionale.

I timori, fondati, che esista una regia occulta mirante a rimettere in discussione anche i recenti accordi intercorsi tra Hariri e Hizb'Allah appaiono purtroppo realistici.

La situazione rimane, allo stato dei fatti, sospesa.

DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI

DIRETTORE RESPONSABILE AGENZIA DI STAMPA "ISLAM ITALIA"

DA NABATHIYEH (LIBANO MERIDIONALE)

per TerraSantaLibera.org
Disinformazione Sionista (http://www.terrasantalibera.org/DagobertoHB_SiriaLibano_disinformazione_sionista.h tm)

Lupo
30-09-09, 21:09
IL LUPO :

http://img160.imageshack.us/img160/7933/lupo.jpg

NEL QUINTO ANNIVERSARIO DELLA SCOMPARSA

DI LUCIANO LIBONI - PER NON DIMENTICARE!

di Dagoberto Husayn Bellucci


"IL LUPO"

"SONO UN LUPO

NON SONO UOMO

SONO BRACCATO

DISTANTE DAL PRESENTE

SONO UN LUPO

NON SONO UMANO

TRADITO DA TUTTO

LONTANO DALLE COSE

MI GUIDA L'ISTINTO

I SENSI LA RABBIA

LA VOLONTA' DI RESISTERE

L'EGOISMO DI ESISTERE

SONO UN LUPO

NON SONO UOMO

DISEREDATO DISSOLTO

NELLA NOTTE SENZA FINE

TRA DESERTI DI SABBIA

E BOSCHI DI BETULLE

OLTRE SIEPI E ARBUSTI

SENZA VIA D'USCITA

IL RIPARO NON ESISTE

NON C'E' TANA

NASCONDIGLIO

COVO

PRESTO O TARDI

MI SORPRENDERANNO

NEL SONNO

O IN ATTESA DELLA MORTE

SENTO I LORO PASSI AVANZARE

NELLA FORESTA, TRA ALBERI E FOGLIE

IL LORO ANSIMARE

COME CANI CHE FIUTANO LA PREDA

UNA CACCIA SENZA SOSTA

INTERMINABILE LUDICO GIOCO DI MORTE

DOVE SANGUE CHIAMA SANGUE

ODIO SCATENA ODIO

ALLA MACCHIA COME UN BANDITO

RINNEGATO TRADITORE

DI UNA PATRIA CHE NON MI APPARTIENE

DISCONOSCIUTA E NEMICA

SOLO LA PELLE DA OFFRIRE

E LA FURIA DA OPPORRE

UNA TRAMA GIA' SCRITTA

UNA RECITA TRAGICA

NON CONOSCO RESA

NON PATTEGGIO PENA

INDULTO O SALVEZZA

SONO PRONTO ALLA FINE

SONO UN LUPO

NON SONO UMANO

LA BATTAGLIA MI CHIAMA

NON ARRETRO UN PASSO

AVRETE LA MIA PELLE

STRAPPERETE IL MIO CUORE

DIVORERETE AVIDI CIO' CHE RIMANE

DI QUESTO CORPO INERME

MA L'ANIMA RESTA

ETEREA

IMMORTALE

ETERNA

SONO UN LUPO

NON SONO UMANO

CONTINUERO' A INSEGUIRVI

INCUBO DEI VOSTRI SOGNI PROFONDI

NELLE NOTTI SENZA FINE

NEL SILENZIO DI UNA STANZA

PRENDENDO FORMA

MUTANDO GUERRA

INCROCERO' IL VOSTRO SGUARDO

SEGUIRO' I VOSTRI PASSI

SOFFOCHERO' IL VOSTRO RESPIRO

CANCELLERO' OGNI VOSTRO PENSIERO

OCCUPERO' LA VOSTRA ESISTENZA

COME UN SOFFIO AL CUORE

COME UN GRIDO SMORZATO DI PAURA

SEMPRE COSTANTEMENTE OVUNQUE

LA MIA OMBRA VI PEDINERA'

IL MIO SPIRITO VI INSEGUIRA'

LA MIA RABBIA GELERA' LE VOSTRE VENE

PER IL SANGUE CHE AVETE VERSATO

SARETE PREDE SOSPESE NEL NULLA

VITE INUTILI

VILI

TREMANTI

LA CACCIA CONTINUA

INVERSA

CONTRARIA

INTERMINABILE

FIUTERO' QUALSIASI TRACCIA

INSTANCABILE

LATITANTE DELL'INFINITO

SENZA SOSTA SENZA TREGUA

SONO UN LUPO

E SONO VIVO

IL MIO SPIRITO ORA

CHIEDE VENDETTA"

(Poesia dell'autore - dal sito Te lo faccio vedere chi sono io (http://www.dhb.altervista.org) )

"...E dietro alla curva del tempo che vola
c'è Sante in bicicletta e in mano ha una pistola
se di notte è inseguito spara e centra ogni fanale
Sante il bandito ha una mira eccezionale
e lo sanno le banche e lo sa la questura
Sante il bandito mette proprio paura
e non servono le taglie e non basta il coraggio
Sante il bandito ha troppo vantaggio.
Fu antica miseria o un torto subito
a fare del ragazzo un feroce bandito
ma al proprio destino nessuno gli sfugge
cercavi giustizia ma trovasti la Legge...."

( Francesco De Gregori - "Il bandito e il campione" - album "Curve nella memoria" 1988 )

"Il Ribelle è deciso a opporre resistenza, il suo intento è dare battaglia, sia pure disperata. Ribelle è dunque colui che ha un profondo, nativo rapporto con la libertà, il che si esprime oggi nell'intenzione di contrapporsi all'automatismo e nel rifiuto di trarne la conseguenza etica, che è il fatalismo."

( Ernst Junger - "Il Trattato del Ribelle" )

A pochi giorni dal quinto anniversario della scomparsa/esecuzione sbirresca ricordiamo, 'piaccia' o meno, lo stilema di combattimento post-nichilista di Luciano Liboni, il "Lupo". La contorta e devastata inesistenza fattuale dei deambulanti cosmici della contemporaneità post-modernista dell'Occidente giudaico-mondialista contrassegnata dall'incedere lento e inarrivabile del nulla di una quotidianità ha schiantato ontologicamente gli individui erodendone l'anima e la coscienza - 'vite schiantate' dalla 'fretta' di vivere - e privando il soggetto-massa moderno degli strumenti necessari a superare un'ipotetico esame di maturità...(l'idoneità del 'vivere' si conquista giorno dopo giorno, sulla propria pelle...bisogna anzi occorre sapersela 'giocare' bene...ognuno con i 'mezzi' che ha a disposizione...senza fretta ma senza tregua in un 'infinito ritorno' e nella 'cerca' del nulla di una modernità depauperizzante e soffocante che non lascia 'scampo'....si è o si finge di essere nella società dell'alienazione mentale occidentocratica...il 'potere' alle banche, alle multinazionali e ai mass media che vi dicono chi siete, cosa sarete, ciò che farete e quello che diventerete... mode e costumi demenziali per gli invertebrati 'ruminanti' nel cortile sistemico mondialista...).

In questo 'quadro' da "fine della storia", o per essere più chiari, da "tramonto dell'Occidente" (...panoramica esistenziale del vuoto lasciato dalla disintegrazione di ogni valore, di qualsivoglia etica e morale, lucidamente 'tracciata' scrittoriamente oltre ottant'anni fa da Oswald Spengler...) ovvero dall'affermazione di una società senza Dio, senza ideali e senza memoria; la lucida, fanatica e determinata 'apparizione' del "lupo" nella "terra dei cachi" i'tal'yota ci 'invita' a 'seducenti' riflessioni 'accarezzate' da un velo di ottimismo...Noi realisti dell'impossibile e assertori di un'ordine razzial-spirituale 'conforme' alle coordinate della dottrina della razza di evoliana memoria (...'tripartizione' anima-corpo-spirito...) ci 'lasciamo', 'talvolta', 'andare' a 'folate' di ottimismo...se esisteva un Luciano Liboni probabilmente, da qualche parte, ne esisteranno 'altri' o almeno ce lo auguriamo.

Il tramonto dell'Occidente è l'immagine riflessa della fine di una civiltà/civilizzazione ovvero l'affermazione di una contro-civilizzazione, quella contemporanea 'segnata' dall'incedere costante di processi e dinamiche intercapitalistiche con i loro ritmi ossessivi e sfrenati, edonistica caratterizzata dal trionfo della tecnica e dal contrassegno 'discendente' della meccanicità dei rapporti umani di qualunque sorta. L'uomo occidentale vive, o almeno 'pretende' di vivere, in una 'scatola' che si è andato costruendo nel corso dell'ultimo secolo edificando metropoli irrespirabili, quartieri-caserme, scintillanti 'templi' destinati al solo culto ammesso e ammissibile nella vuota contemporaneità modernista: il culto di Mammona, la fede incrollabile nel "dio-dollaro" e nella sua 'forza' onnicomprensiva e pervasiva.

La 'fine' dell'Occidente è 'contrassegnata' dall'avvento di un'era rovesciata di non valori. Post-industriale, informatica, computeristica esistenza 'scandita' dai "tasti" 'vitali' per la quotidianità ritmata dal non senso di un comando a distanza: l'individuo occidentale vive oramai nell'irrinunciabile 'fabbisogno' di 'aggeggi' di qualsivoglia forma e genere 'fondamentali' per compensare 'lacune' altre...dal telecomando al telefonino cellulare, dalle schede 'informatiche' di ogni genere e tipo (bancomat, carte bancarie...anche tessere sanitarie e carte d'identità oramai 'informatizzate' ...computeristico controllo a distanza del 'gregge' belante...peraltro paciosamente 'soddisfatto' di essere spiato ventiquattr'ore su ventiquattro dall'occhio 'vigile' del Grande Fratello informatico...) fino alla posta elettronica oramai non si salva neanche l'apparenza di una 'vita' reale. Tutto è virtuale nella società del nulla contemporaneo. Inenarrabili 'vertici' di idiozia sommati al nulla delle forme contemporanee alle quali non viene data nemmeno apparente un'anima...

In questo contesto di schiantamento generale della società moderna e di laceranti derive esistenziali crediamo assolutamente 'legittima' la descrizione 'canzonettistica' fatta da Samuele Bersani dello stridente 'contrasto' tra il mondo attuale e quello di una volta: "L’ amore oggi nel 2002 è un apparecchio momentaneo infilato sotto il petto/ Forse perché da quella data di settembre è aumentato il senso corrisposto del sospetto (...) Non credo che nessuno ormai si stupirebbe se un bambino gli chiedesse a cosa serve una grondaia?/ A cosa servono i palloni incastrati sotto le marmitte/ a ricordare quando fuori si giocava fra le 127..." già..."che vita"..." Ah puoi dirlo sento sempre il peso di un ricordo appeso al collo..." ....bei 'tempi' passati a tirar calci a un pallone in una piazza ....oggi 'adolescenti' inquieti e inquietanti senza 'palle' ...in tutti i sensi...

Scriveva sul "tramonto" della società occidentale Oswald Spengler agli inizi degli anni Venti del secolo scorso: "Sta forse giungendo a compimento il senso espresso da più di duemila anni dalla nostra cultura che, come dice il nome, è "occidentale", cioè "serale", avviata a un "tramonto", a una "fine". L'evento occidentale è sempre stato presso la sua fine, ma solo ora, con Nietzsche, e poi con Heidegger e Jaspers, comincia a prenderne coscienza. Ma che cosa davvero finisce proprio oggi quando sembra che tutto il mondo insegua senza esitazione la via occidentale, fino ad annullare la specificità che finora ha reso riconoscibile l'Occidente e soprattutto la sua distanza dall'Oriente? Finisce la fiducia che l'Occidente aveva riposto nel progressivo dominio da parte dell'uomo sugli enti di natura, oggi divenuti, al pari dell'uomo, materiali della tecnica." (1)

Un'immagine inequivocabile quella di una fine annunciata. La fine non semplicemente di un mondo o di un'epoca - le epoche 'passano' e si susseguono in eterno da sempre ...sarebbe il 'male' minore la scomparsa di un periodo più o meno 'felice' per l'umanità o per questa o quest'altra comunità - ma di un'intera civilizzazione. La morte dell'Occidente è la scomparsa di un universo in marcia - a partire dal periodo dell'umanesimo e del cosiddetto rinascimento cinquecentesco - verso i gelidi e impervi camminamenti del Nichilismo puro ... ""Tutto ciò che passa è soltanto un simbolo, dice Spengler ricordando un verso del Faust, che ritorna come un leitmotiv wagneriano in "Il tramonto dell'Occidente". Ma anche, aggiunge, il movimento dell'esistere e del conoscere ha un significato se ha un valore simbolico. Spengler riabilita così i concetti di Simbolo e Destino che la cultura moderna ha deriso e avvilito, credendo di poterli sostituire con quelli di Segno e Progresso, più funzionali alla filosofia analitica e al controllo tecnico-scientifico dell'esistenza. Ma questo non significa che Il tramonto dell'Occidente possa essere letto come una tradizionale reazione allo spirito dell'Illuminismo, anche se proprio a questa interpretazione deve il suo grande successo. Una notorietà e una diffusione che però sono state il più delle volte il risultato di un fraintendimento: il titolo è suggestivo ed evoca facili nostalgie, incoraggia formule rapide con cui ingabbiare la sostanza del libro". A sua volta il "'tramonto' è un'immagine del simbolismo cosmico che unisce gli uomini al movimento delle stelle e agli eventi della vita: il sole tramonta e risorge, così una civiltà nasce e declina. [...] Comprendere se la cultura occidentale è al tramonto e quali sono le ragioni della decadenza, diventa la condizione necessaria per affidarsi ad un destino di declino e prepararsi all'evento della rinascita. Spengler non rinuncia mai all'idea che la verità della conoscenza sia fondamentalmente un'azione creativa e una forza cosmogonica." (2)

Nella stessa nota introduttiva e nell'analisi del volume spengleriano riportata in un volume ricognitivo sul vuoto della società contemporanea scriverà Stefano Zecchi: "Globalizzazione e desimbolizzazione delle civiltà hanno significati concettualmente analoghi: Spengler ha cercato in migliaia di pagine di mostrare come sia la cultura simbolica a dare forza e energia vitale a una civiltà, consentendone la crescita. La sua desimbolizzazione non è che il segno evidente del tramonto. Quindi, la globalizzazione non può rappresentare l’apogeo di una civiltà, bensì è la testimonianza di un irreversibile declino. Agli inizi del Novecento, quando Spengler scriveva il suo capolavoro, l’Europa era pervasa dall’ebbrezza del proprio sviluppo scientifico, viveva nella venerazione dell’idea di progresso, che. Sia pure attraversando alterne fortune, non ha mai abbandonato l’anima dell’uomo faustiano, l’anima dell’Occidente. Quest’uomo appariva trionfante, pronto a colonizzare con la sua idea di civiltà il mondo, un mondo che non sembrava affatto al tramonto. L’uomo faustiano mai avrebbe immaginato che popoli ricchi di simbolicità, fedeli alla loro tradizione, un giorno avrebbero potuto minacciarlo e, forse, ferirlo a morte. Spengler lo sosteneva con una a-contemporaneità che agli intellettuali del suo tempo appariva sciocca, grottesca, patetica. Che ancora oggi, nonostante ciò che accade, appare a molti inaccettabile o intollerabile." (3)

Dunque nel vuoto cosmico della società contemporanea di massa, nel sistema del livellamento e dell'omologazione - 'castrazioni' dell'anima e dello spirito 'eterodirette' dagli alchimisti stregoni dell'One World mondialista, dai fautori delle dinamiche di dispersione delle identità e dagli ingegneri del Villaggio Globale globalizzato - ; risulta conforme una 'celebrazione' della figura del guerriero metropolitano (....anarco-individualista, radical-nichilista, sovversivo oltre ogni 'limite' di 'decenza' anche per la 'finzione' filmica e cinematografica...) rappresentata dal "lupo": Luciano Liboni.

Nato a Montefalco il 6 maggio 1957 Luciano Liboni ha 'schiantato' le evanescenti forme sbirrico-sistemiche dando vita ad una spettacolare e inenarrabile (...anche se è già stato tentato un 'approccio' cinematografico...risultati 'pessimi'...la realtà risulta decisamente 'superiore' e indescrivibilmente eccelsa...) fuga per la libertà nell'ultima settimana del luglio 2004. Una fuga disperata, senza prezzo: tutto o niente, o la libertà o la morte! 'Stilema' inenarrabile di uomo di razza. Una vicenda quella di Liboni , il 'lupo', che comincia nella sua Umbria si dipana per l'Italia centrale portandolo ben presto al carcere minorile di Firenze per scontare una condanna per i reati di "rissa" e "furto aggravato".

Fin dai primissimi anni della sua vita 'contro' , voi chiamatela "criminale" noi la rappresentiamo come 'antagonismo radicale' senza ideologie 'conformemente' al vuoto ideologico circostante (...del resto non sono pochi i soggetti passati dalla politica al crimine...'difficile' sia avvenuto il contrario...), il Lupo si dimostrerà un osso duro per le forze di pubblica sicurezza costringendo i 'birri' ad uno snervante inseguimento e 'concedendo' una tutt'altro che facile resa (4)

Il resto...viene da se...: "Esercita in realtà un mestiere, quello di falegname, ma è isolato e preferisce la strada del crimine. Intraprende con una donna di Foligno una relazione che però fallisce a causa della sua violenza e incapacità di cambiare vita. Lasciata la madre a Montefalco, il Lupo - così chiamato per il carattere scostante e asociale - si specializza in furti di opere d'arte: nel 1990 è sospettato di averne trafugate in Umbria, Toscana e Lazio. Non disprezza però le rapine alle poste e non rinuncia a maneggiare armi da fuoco. Per sfuggire all'arresto ripara spesso e a lungo in luoghi selvatici, vivendo di quel che trova: ciò gli merita, oltre a quello di Lupo, l'appellativo di Cinghiale." (5)

Intelligente, furbo, scaltro il Liboni sarà autenticamente un lupo. Un lupo eternamente in fuga. Braccato dalle autorità e in eterna lotta con se stesso e la società circostante. L'immagine forse eccessivamente 'romantica' della quale vogliamo tessere il ricordo 'merita'...al di là e oltre le 'ciance' sistemiche dei giornalisti di regime che, nella "settimana di fuoco" del luglio 2004, scribacchiarono ogni sorta di infamia e di immorale bassezza contro un "uomo solo".

Il mondo contro ma Liboni non si è arreso! 'Questo' è stilema combattente!

La svolta nella vita del Lupo avverrà una mattina di febbraio del 2002: il 19 alla guida di una Polo bianca si troverà a transitare dinanzi all'auto del benzinaio tudertino Fausto Gentili (...cognome peraltro affatto 'ariano'...) il quale , riconoscendo la vettura rubata ad una conoscente si sentirà in 'dovere' - 'dovere' spionistico - di avvertire la polizia che incomincerà l'ennesima caccia all'uomo. Il Lupo è armato e, vedendosi raggiunto dal Gentili, gli esploderà un colpo contro ferendolo al capo.

Ora Liboni è ricercato per "tentato omicidio". Inizia di lì a poco una latitanza senza sosta, costellata di reazioni armate ad ogni pedinamento e a tutti i tentativi di 'fermo' sbirrico-sistemici: non vuole tornare in carcere e per mantenersi rapina banche e poste. Nel marzo dello stesso anno, dopo aver forzato un posto di blocco della Guardia di Finanza a Civitavecchia farà fuoco contro gli agenti, l'indomani sequestrerà un automobilista per farsi condurre fino a Roma dove sparirà dalla circolazione senza lasciar tracce... Un Lupo astuto e imprendibile, vera e propria 'bestia nera' delle forze di sicurezza di un'intero Stato ...'apparati sistemici' sull'orlo di una crisi di nervi.

Deciso a non farsi catturare Liboni espatria: le autorità ceche lo individueranno e arresteranno a Praga nel dicembre 2003. Ha con sè documenti falsi. Finisce dentro per quattro mesi ma uscirà prima che l'Interpol avverta la polizia italiana e torna a 'seminare' i suoi inseguitori...La svolta, drammatica e decisiva, avverrà nel luglio 2004 quando , presentando false credenziali ed il nome di Franco Franchini, si presenterà con una frattura del setto nasale ed una vistosa ferita ad una mano all'Ospedale di San Piero in Bagno. Viene medicato e dopo una notte di degenza si fa dimettere per recarsi verso Sant'Agata Feltria nelle sue zone d'origine. Quì si fermerà per una telefonata alla donna che cerca disperatamente di raggiungere nel lontano Sri Lanka (6). Ed è nel bar dove telefonerà che la sua vicenda personale intreccia - il 'caso' o semplicemente il destino - quella dell'appuntato Alessandro Giorgioni che avrà la 'malaugurata' idea di domandare al Lupo i documenti. Liboni lo attira fuori dal bar e lo uccide sparandogli al collo e al cuore, salta in moto alla sua Yamaha e fugge in direzione di Terni e lasciando qua e là alcune tracce tra le quali un 'passaggio' presso Canili di Verghereto.

La morte di Giorgioni enfatizzata immediatamente dai media darà libero sfogo alle 'pulsioni' forcaiole di un'Italia che già pensa alle ferie estive ed alla vanagloria dei dirigenti delle diverse questure e caserme dei carabinieri: è caccia all'uomo! Disperata, serrata, inaudita: trentamila agenti , in divisa ed in borghese, allertati in tutto il paese prevalentemente nell'Italia centrale , nella zona compresa tra Umbria, Lazio e Abruzzo dove si sospetta che il fuggiasco si sia diretto. Viene segnalato nella capitale dove alla stazione Termini, deciso come mai, aprirà nuovamente il fuoco contro alcuni agenti di polizia e dove verrà ritrovata la sua Yamaha.

Dopo lo scontro a fuoco che susciterà reazioni contrastanti (appariranno in quell'occasione le prime scritte 'esultanti' sui muri della capitale "Un mercoledì da Liboni" e "Liboni ammazzali tutti!") e con il prefetto Achille Serra che lo definirà "particolarmente pericoloso" perchè "disperato" il Lupo scompare dopo un nuovo sequestro.

Serra sottolinea che Liboni ha saputo di essere malato di AIDS e "prossimo alla morte" e questo - proprio come un lupo ferito e sanguinante 'braccato' dai suoi cacciatori - fa di lui un elemento potenzialmente ingestibile...un lupo da abbattere insomma!

Per una settimana si perdono le tracce del fuggiasco: vivrà tra vagabondi e senzatetto fino a quando, la mattina del 31 luglio 2004, viene riconosciuto da alcuni vigili urbani che lo segnalano ai carabinieri. Al Circo Massimo, oramai senza scampo nè altre vie di fuga, il Lupo prende in ostaggio una turista francese e apre nuovamente il fuoco contro i militi dell'Arma. I carabinieri risponderanno ferendolo al capo gravemente e ammanettandolo. Ma Liboni non ne vuol proprio sapere nè di arrendersi nè di tornare in gabbia: un lupo non si ingabbia! Un lupo si ammazza!

Tenta disperatamente di recuperare la pistola, mena calci contro i barellieri durante il trasporto in ambulanza all'ospedale San Giovanni. Quando vi giunge è già morto. Verrà sepolto nel cimitero di Montefalco, vicino al padre e al fratello, dopo una funzione religiosa privata. Sarà durante le esequie che la sorella Giovanna sbotterà inveendo contro i giornalisti accorsi, sciacalli e iene, a speculare - come 'sempre' - sulla fine del Lupo (7)

Lupo nella vita. Lupo nella morte.

Dei "dieci giorni di ordinaria follia" che fecero impazzire l'intero apparato sbirrico-repressivo italiota i media si sono dimenticati troppo in fretta, così come - troppo presto - è caduta nell'oblio anche la figura di questo disperato "ribelle" che 'trasudava' rabbia e determinazione da tutti i pori, senza mai darsi per vinto, resistendo ogni oltre limite, oltre l'umana condizione. Liboni, il Lupo. Un mito che non muore!

Onore a Luciano Liboni. Uomo Vero! Perchè parafrasando , come sempre, il film western del grande Sergio Leone , "Il Buono, il Brutto e il Cattivo": il mondo si divide in due categorie: chi ha la pistola carica e chi scava....Liboni sparava!

DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI

DIRETTORE RESPONSABILE AGENZIA DI STAMPA "ISLAM ITALIA"

Il Lupo (http://www.gerusalemmeterrasanta.org/DHB_lupo.htm)


Note -

1 - Oswald Spengler - "Il Tramonto dell'Occidente" - ediz. "Longanesi" - Milano 2008; Dello Spengler si consiglia anche la lettura dell'ottimo "L'uomo e la tecnica. Ascesa e declino della civiltà delle macchine"

2 - Stefano Zecchi - introduzione a "Il Tramonto dell'Occidente" - ibidem;

3 - Stefano Zecchi introduzione a Maurizio Guerri/Markus Olphalders - "Oswald Spengler - Tramonto e metamorfosi dell'Occidente" - ediz. "Mimesis" - Sesto San Giovanni (Mi) 2004;

4 - articolo "La follia del bandito solitario. Ma ormai è alla fine della corsa". dal quotidiano "La Repubblica" del 25-07-2004;

5 - Luciano Liboni - biografia dal sito Wikipedia (http://it.wikipedia.org/wiki/Luciano_Liboni)

6 - articolo "La telefonata, i pranzi in trattoria. I suoi giorni a Roma da fuggiasco" dal quotidiano " Il Corriere della Sera" del 01-08-2004;

7 - articolo "Liboni, i funerali a Montefalco. La sorella: "Giornalisti, vergogna" " dal quotidiano "La Repubblica" del 06-08-2004;

Lupo
01-10-09, 08:42
SCRITTI FELINI

di Dagoberto Husayn Bellucci

http://www.memic.net/sfondi/images/desktop/animali/sfondo-desktop-042.jpg

"Agguanta il leone sennò agguanta te,

agguantalo prima che agguanti te.

Quando la testa si confonde

e la paura ti scava dentro il cuore,

quando pensi di esser troppo fuori,

troppo furbo e non senti i sapori,

quando resti indietro e perdi il senso

e ti domandi: "Ma ha cosa penso!?"

Ti arrendi.

Agguanta il leone sennò agguanta te,

agguantalo prima che agguanti te."

( Nomadi - "Agguanta il Leone" - album - "Ci penserà poi il computer" - 1985)


"I gatti più belli sono i gatti randagi.

girano i quartieri di povera gente,

amici sinceri di chi non ha niente,

di chi tutto il giorno non fa che sognare

di notte sui tetti. miagolando alla luna

una carezza gli porta fortuna.

Più felice via se ne andrà.

più felice via se ne andrà.

I gatti più belli sono i gatti randagi,

questo, il bambino già l'ha capito,

uno sguardo un sorriso, una carezza un invito

e amici così si sarà. amici sinceri

perché non si è niente. perché tutto il giorno

non si fa che giocare,

questa carezza gli porta fortuna

più felice via se ne andrà.

I gatti più belli sono i gatti randagi

non hanno doveri, non hanno padroni.

rubando a tutte quelle persone

che sanno odiare ma non sanno amare.

di notte sui tetti miagolando alla luna

una carezza gli porta fortuna.

Più felice via se ne andrà

più felice via se ne andrà.



Siamo un po' tutti dei gatti randagi

ce ne andiamo coi sogni in spalla.

siamo un po' tutti dei buoni da niente.

siamo un po' tutti dei tira a campare.

Noi siamo) quelli che vogliono andare

un solo credo la voglia di amare.

un solo sogno la libertà

un solo sogno la libertà."

( Nomadi - "I Gatti randagi" - album "Solo Nomadi" - 1990)



"Coro

Siamo gatti! Siamo noi!

(Altri nel coro: Solo noi! - Beati noi! - Viva noi!)

Siamo gatti! Beati noi! (Siamo noi! - Solo noi!…)

Per le strade noi felici

Incontriamo i nostri amici,

Come va!

Il pensiero nella testa

Con un’aria come questa

Se ne va! Via che va!

Coro

Siamo gatti! Siamo noi!

(Altri nel coro: Solo noi! - Beati noi! - Viva noi!)

Siamo gatti! Beati noi! (Siamo noi! - Solo noi!…)

Per le strade tutti insieme

Ci sentiamo così bene,

Siamo noi!

Sto tra i gatti e sono un gatto,

Sono fiero, soddisfatto:

Cosa vuoi di più, cosa vuoi?

Coro

Siamo gatti! Siamo noi!

(Altri nel coro: Solo noi! - Beati noi! - Viva noi!)

Siamo gatti! Beati noi! (Siamo noi! - Solo noi!…)

Con gli amici e con la mamma

Tutto il mondo che mi chiama:

Sono qui!

Tutto bello e niente brutto,

Voglio fare e dire tutto,

Dire sì…. Sì sì sìsì sìììììì!

Coro

Siamo gatti! Siamo noi!

(Altri nel coro: Solo noi! - Beati noi! - Viva noi!)

Siamo gatti! Beati noi! (Siamo noi! - Solo noi!…)"

( Samuele Bersani - "Siamo Gatti" - dal film "La Gabbianella e il Gatto" - 1998)



L'irriverenza nella vita, come la 'spregiudicatezza' nella politica,

rappresenta lo 'stilema' di combattimento dell'Uomo di Razza. E'

insindacabilmente 'metafisica' ed esemplare 'apparizione' di coordinate

caratteriali in ordine con la naturale propensione dell'Individuo Assoluto - di

'evoliana' memoria - che sa riconoscere la propria condizione e, insieme,

quelle che sono le sue predisposizioni 'caratterial-temperamentali'...ovvero se

uno è stupido è stupido indipendentemente da 'razza', sesso, religione...

Il riconoscimento della propria divisa razziale, o per essere più esatti

l'affermazione di una identità individuale fondata sul valore supremo della

Razza, l'anelito verso il Divino, ossia la predisponente attitudine al

riconoscimento di Valori Superiori (..."chi conosce se stesso conosce il

proprio Signore" è scritto in numerosi testi sacri dalla induista Baghavad Gita

alla zoroastriana Avesta, dall'Evangelo cristiano fino al Corano islamico...)

quali 'direzioni' di marcia della propria esistenza terrena (...l'uniformazione

all'interno di Valori fondanti, liberamente riconosciuti e assunti, di una

Tradizione in 'ordine' è sintomatica rilevanza di uno spessore spirituale che

ricomprende la necessità e la libertà di giudizio dell'individuo contemporaneo,

la sua natura ed i suoi tratti psico-attitudinali 'interiori' e - non ultimo -

la propria conformazione rispetto ad un'idea, visione del mondo, della vita

onnicomprensiva ...); rappresentano le principali manifestazioni di volontà di

potenza, determinazione e sublime 'cerca' di se e della propria 'esistenza'.

La vita dunque come perenne combattimento (piccola e grande Jihàd) contro le

influenze esterne della società e contro le tentazioni più deleterie, i vizi

più bassi e gli istinti meno nobili. Un 'combate' essenziale per rimettersi in

'discussione': saliscendi esistenziale dell'anima di un circuito che

rappresenta indiscutibilmente il percorso al quale tutti gli uomini sono

chiamati. 'Sottrarsi' da questa 'costante' o tentare di evitarne i contraccolpi

nella società post-modernista del vuoto esistenziale moderno, nella notte senza

giorno del non ritorno nichilistico-discendente di questa fase di ciclo cosmico

che la Tradizione indù definisce e identifica come l'epoca del Kali Yuga -

ovvero lo schiantamento generale di tutti i valori e lo stupro supremo di

qualsiasi etica e morale - ; è , al contrario, la 'furbesca' propensione dei

contemporanei deambulanti soggetti depauperizzati del mondo moderno.

Affermatori di Valori razziali e di Identità tradizionali, religiose e

spirituali, continuiamo la 'cerca' del nulla...ovvero l'identificazione

'conforme' a coordinate pre-esistenti (..."Torno a cantare il bene e gli

splendori/ dei sempre più lontani tempi d'oro/ quando noi vivevamo in

attenzione/ perché non c'era posto per il sonno/

perché non v'era notte allora/ Beati nel dominio della preesistenza/ fedeli

al regno che era nei Cieli/ prima della caduta sulla Terra/ prima della rivolta

nel dolore...." ci 'ricorda' il sulfureo Franco Battiato nella sua melodiosa e

struggente "Sui giardini della preesistenza"...) di soggetti in ordine con le

premesse della Tradizione Unica della quale hanno lasciato 'traccia' scrittoria

pensatori e filosofi dell'Occidente , Julius Evola, Renè Guènon...'altri'...

La dicotomia Occidente/Oriente (sostituibile e intercambiabile il secondo dei

due 'termini' con l'Islam, la Cina, l'India, la Russia ovvero tutti quei

soggetti/attori geopolitici, geostrategici che la contorta e rovesciata

mentalità 'occidentale' 'avverte' quale 'nemici' o 'avversari' della propria

predisposizione all'omologazione ai suoi (dis)valori di riferimento....

meccanizzazione, supremazia della tecnica e delle scienze, della materia sullo

spirito, visione 'democratica' e liberista della politica e dell'economia...)

rappresenta il principale 'inganno' prodotto da questa 'modernità' per la quale

l'assunzione di 'stili' di riferimento e la rivendicazione di idee aliene dai

propri 'stereotipi' di riferimento (mode, costumi, arte, musica, cultura,

opinioni 'rovesciate') rappresentano inevitabilmente delle 'minacce' (o come

tali sono avvertite) delle quali temere e dalle quali difendersi (...la 'difesa

dell'Occidente' di neo-conservatrice e mondialista 'memoria'...). E' la

mentalità della "xenofobia" = la paura del diverso che 'adempie' attualmente

alla funzione di 'guardiana' degli interessi e vettore 'mobile' anti-

tradizionale delle società massificate occidentali.

In questo 'contesto' di depauperizzazione cosmica e di disintegrazione di

ogni valore, cultura, tradizione 'percepita' come 'altra' , e come tale da

distruggere (...mediante la 'sodomizzazione/castrazione' interiore

dell'individuo attuata attraverso la diffusione di mode demenziali e 'etero-

diffuse' dai moderni strumenti di omologazione planetaria...la rete internet,

le televisioni, il cinema...), l'Occidente si 'staglia' dinanzi all'Uomo

differenziato, all'Individuo che saprà riconoscere i Valori della Tradizione -

della Razza e di una Fede da vivere nella quotidianità senza 'traumi' e senza

'complessi' di sorta -, quale un moderno Leviatano, mostruosa concezione

deviata e struttura paradigmatica di volontà e idealità 'altre', aliene,

avverse.

La vita 'anche' come contrapposizione radicale contro il mondo moderno o, per

dirla con Oscar Wilde - che 'conosceva' il quieto vivere e amava il 'bello' del

saper vivere - "lo scopo della vita" come "sviluppo del proprio io. Il completo

sviluppo di se stessi - ecco la ragione di ognuno di noi" farà dire alla

protagonista del romanzo forse più famoso e importante della sua produzione

ovvero "Il ritratto di Dorian Gray" un 'sempreverde' della letteratura

europea.

Per comprendere esattamente cosa sia la Tradizione (dal latino 'traditiònem'

= consegnare, trasmettere) si può fare riferimento a quanto scritto lucidamente

e superlativamente da Maurizio Lattanzio il quale identifica la Tradizione

Informale "la cui dimensione metafisica si situa su di un piano cosmico

trascendente, consiste in un'unica essenza. Essa, sul piano storico, si

manifesta, svolge e attualizza nel quadro di forme (...) organicamente

differenziate e, quindi, adeguate alla mentalità e alle disposizioni spirituali

delle comunità umane a cui essa si rivolge." (1)

Inarrivabile la 'penna a sonagli' del Grande Guascone di Popoli ...

descrizioni 'scrittorie' 'fascinose', accidiosa idiosincrasia per il mondo

'circostante' e 'scritti' mortali quali requiem 'annuncianti' la fine (..."

lunga sarà la fine"...Battiato 'insegna'...).

La Tradizione come consegna di valori, di un'etica, di stili di riferimento

perenni. Una trasmissione di Sapienza esoterica, raccolta e racchiusa dentro

simboliche ed inavvicinabili eremi di montagna...l'immagine del Guardiano della

Tradizione nel silenzio dell'eternità intento a tramandare 'saperi' altri,

antichi, formule e riti, pietre miliari della civilizzazione umana...

All'interno di un gruppo umano la trasmissione di una Gnosi, conoscenze

mistiche e ritualità spirituali, ha anche il valore di un travaso di memorie,

di eventi e di usanze che appartengono alla sfera delle scienze segrete,

dottrine perdute, mitologia dell'animo umano tra mito e realtà...leggendarie

trasposizioni di un destino avvertito come comune. Nella sfera filosofica la

Tradizione inoltre assume il valore di una concezione del mondo metafisica e

metastorica, dinamica e in via di sviluppo, evoluzione o involuzione ciclica ,

indicante una forza ordinatrice che si muove in funzione di principi

trascendenti ed agisce nel corso delle diverse epoche sulle generazioni che

rinnovano riti e formule iniziatiche attraverso le istituzioni, le leggi e gli

ordinamenti che sono esteriori 'evidenze' di questa Sophia Perenne.


'Lasciamo' dunque il mondo tradizionale per una ricognizione analitica sulle

caratteristiche dell'uomo di razza: un felino! Premessa la nostra particolare

ed individuale preferenza verso gli "amici canidi" (tutti....con particolare

'fascinante' simpatia verso la mitofanica figura del Lupo...'randagio' di

'razza' , pedigree in ordine, cacciatore per eccellenza, 're' incontrastato

delle foreste e dei boschi europei...il Lupo (2) è assolutamente un classico

animale del Vecchio Continente.. e non dimenticando in questo contesto di

sottolineare la nostra 'predisponente' 'sollecitata' e stimolante 'affezione'

alle lupakkiotte di ogni sorta e 'genere'... sentieri tortuosi dell'anima...)

risulta conforme una assiomatica 'convergenza' attitudinale di comportamenti e

'stili' di vita rispetto ai felini...

Il felino, tutti dal semplice gatto domestico (...amiamo i gatti randagi..

parafrasando il compianto Augusto Daolio..."sono i gatti più belli...non hanno

doveri...non hanno padroni..") al più nobile dei 'selvatici' (dal re della

foresta, sua maestà il Leone, alla tigre passando per giaguari, coguari,

leopardi - straordinario 'velocista' e esemplare cacciatore - puma, giaguari

ecc ecc) , rappresenta l'individualità 'aristocratica', l'eleganza

insuperabile, il menefreghistico e fascistissimo stilema dell'anarco-

combattente...

"I felidi primitivi si svilupparono nel corso dell'Oligocene, circa 30

milioni di anni fa, a partire da antenati simili a Viverridi (ad s.

Palaeoprionodon e Stenogale).

Questi "gatti" arcaici, come Proailurus, rinvenuto in Francia, avevano un

corpo lungo e zampe più corte rispetto ai feidi attuali; la dentatura, inoltre,

era più primitiva. Erano però già presenti gli adattamenti per una vita

parzialmente arboricola. Felidi successivi, come Pseudaelurus vissuto in Europa

tra 9 e 20 milioni di anni fa, della taglia di un puma, sono spesso considerati

gli antenati diretti delle forme attuali. Contemporaneamente a queste forme

"standard", la famiglia dei felidi produsse anche specie aberranti, le

cosiddette tigri dai denti a sciabola, riunite nella sottofamiglia

Machairodontinae, caratterizzate dall'enorme sviluppo dei canini superiori.

Vi sono attualmente 38 specie note di felini nel mondo, evolutesi tutte a

partire da un antenato comune circa 10 milioni di anni fa. Questa specie si

originò in Asia e si disperse attraverso i continenti passando per ponti di

terra. Come riportato dalla rivista Science, analisi del DNA condotte da Warren

Johnson e Stephen O'Brien del National Cancer Institute degli Stati Uniti hanno

dimostrato che gli antichi felini si svilupparono in otto differenti linee

evolutive, che si diffusero in almeno dieci diverse migrazoni da continente a

continente attraverso Beringia e l'Istmo di Panama. Le specie del genere

Panthera sono le più antiche, mentre il genere Felis si è diversificato

recentemente. Quando i continenti si separarono, le diversità dell'ambiente e

del clima stimolarono la nascita di nuove specie; quindi circa 7 milioni di

anni fa i rami della lince e dell'ocelot in Nordamerica presero una via

evolutiva diversa dai progenitori originari.""&""[1] In una epoca più recente,

circa 2-3 milioni di anni fa, a causa di una glaciazione e della deriva dei

continenti, il Nordamerica si unì al Sudamerica e alcuni felini si trasferirono

verso il sud sostituendo i vecchi carnivori originari. Si stima che il sessanta

per cento delle specie attuali sia apparso nell'ultimo milione di anni. Prima

di questa scoperta, i biologi non erano stati in grado di sviluppare un albero

filogenetico dettagliato a partire dai soli resti fossili.

La famiglia dei nimravidi (Nimravidae), che raggruppa specie molto primitive

ed eccezionalmente simili ai felini attuali (un esempio di convergenza

evolutiva), era un tempo erroneamente classificata all'interno della famiglia

dei felidi." (3)

Temperamente anarchico e sovente 'ruffiano' il felino non ha 'casa'...è un

animale libero che ricerca costantemente la libertà come condizione di vita. E'

un ribelle per carattere ed un sovversivo per natura...Per 'questo' e non solo

per questo abbiamo deciso di 'articolare' scrittoriamente una ricognizione di

analisi sul più 'rivoluzionario' dei rappresentanti del mondo animale...

'Studiate' i felini...e 'metabolizzatene' caratteristiche, temperamento,

astuzia, indole verso i valori supremi della libertà... Perchè, parafrasando

Gesù Cristo, il Messia, "la verità vi renderà liberi!" ....Affermate la libertà

a costo della vostra vita, sarete liberi e vivrete in eterno!

Au 'revoir' ....questi sono solo 'scritti felini'...


DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI

DIRETTORE RESPONSABILE AGENZIA DI STAMPA "ISLAM ITALIA"



Note -

1 - Maurizio Lattanzio - articolo "Islam ed Europa - Tracce di lettura" dal

mensile "Avanguardia" di Trapani;

2 - "Il lupo grigio (Canis lupus, Linnaeus 1758), o semplicemente lupo, è un

mammifero placentato appartenente alla famiglia dei Canidi. La funzione di ogni

lupo, sia nel gruppo che nell'attività di caccia è organizzata all'interno di

un branco, con una struttura sociale fortemente gerarchica. Si pensava che

l'origine di questa complessa organizzazione sociale fosse strettamente

connessa con la necessità di avere più probabilità di successo nella caccia

delle prede, tuttavia, anche se ciò può essere vero in alcuni casi, stanno

emergendo altre teorie, secondo le quali, l'origine del branco andrebbe

ricercata di più nel contesto della necessità di avere più successo durante la

riproduzione.

Il branco è guidato da due individui che stanno alla punta della piramide

sociale, il maschio alfa e la femmina alfa. La coppia alfa (di cui solo uno dei

due componenti può essere il "capo") possiede più libertà rispetto al resto del

branco, anche se i due non sono capi nel senso umano del termine: gli individui

alfa non impartiscono ordini agli altri lupi; bensì, possiedono la libertà di

scegliere cosa fare, quando farlo, dove andare, quando andare. Il resto del

branco, che possiede un forte senso della collettività, solitamente li segue.

Anche se la maggior parte delle coppie alfa è monogama, ci possono essere

alcune eccezioni: un individuo alfa può preferire l'accoppiamento con un lupo

di importanza minore nella scala sociale, in particolare se possiede legami di

parentela molto vicini con l'altro alfa (fratello o sorella, ad esempio). Si è

osservato che se un esemplare Alfa muore, il compagno o la compagna spesso non

forma una nuova coppia con un altro soggetto, ma rimane da solo a guidare il

branco. Tuttavia a volte può succedere che il lupo o la lupa vedova prendano un

nuovo compagno.

Solitamente, solo la coppia alfa è in grado di crescere una cucciolata (gli

altri lupi del branco possono allevare, ma, di solito, non possiedono le

risorse necessarie a portare i cuccioli alla maturità). Tutti i lupi del branco

assistono la crescita dei cuccioli. I piccoli, quando diventano adulti, possono

scegliere se rimanere all'interno del branco e aiutare ad allevare i nuovi

nati, opzione, di solito scelta da alcune femmine, oppure, disperdersi, scelta

presa in considerazione più che altro dai maschi.

La grandezza del branco può cambiare con il passare del tempo secondo alcuni

fattori, come l'habitat, la personalità individuale dei lupi, o la quantità di

cibo disponibile. I branchi possono contenere dai 2 ai 20 lupi, sebbene un

branco medio contenga circa 6 o 7 lupi. Un nuovo branco si forma quando un

esemplare abbandona il suo branco di nascita e rivendica un suo territorio. I

lupi solitari possono viaggiare in cerca di altri individui anche per distanze

molto lunghe. Gli individui che si disperdono devono evitare i territori di

altri lupi perché gli intrusi su territori già occupati vengono cacciati via o

uccisi.". ( crf Canis Lupus - da Wikipedia (http://www.wikipedia.org)) .

Noi sottolineiamo la fedeltà, il coraggio, la gerarchia che è insita nel

Lupo. Animale di 'razza' , combattente eccezionale, cacciatore, solitario

scrutatore dell'infinito ed errante vagabondo delle notti fredde che lo

ritroveranno sempre a 'caccia' di una preda - siamo 'lupi' da una vita - o a

difesa, guardiano attento e 'vigile', di un territorio, il suo territorio.

"La gerarchia (guidata dalla coppia alfa) influisce su tutte le attività del

branco. Nei branchi più grandi, si possono trovare, oltre a quella principale,

altre due gerarchie separate: la prima viene esercitata sui maschi del branco

ed è guidata dal maschio alfa, l'altra sulle femmine del branco, ed è governata

dalla femmina alfa. In questo caso, il maschio alfa sarà il componente più

importante della coppia alfa, sebbene, in alcuni casi, sono state osservate

situazioni in cui la femmina alfa abbia preso il controllo dell'intero branco.

Le gerarchie del maschio e della femmina sono interdipendenti, e sono

costantemente mantenute da complesse e aggressive manifestazioni di predominio

e di sottomissione.

Oltre alla coppia alfa, si possono trovare, specialmente nei branchi molto

grandi, un lupo o dei lupi beta, un "secondo in comando" rispetto agli alfa.

Normalmente, i beta assumono un ruolo più importante nel gruppo aiutando

l'allevamento dei nuovi nati, spesso sostituendo i genitori quando la coppia

alfa è via.

La perdita di grado può essere immediata o graduale. Un lupo più vecchio può

semplicemente scegliere di lasciare il proprio posto quando gli si presenta un

pretendente motivato, evitando spargimenti di sangue o lotte. Dall'altro lato,

però, l'individuo sfidato può scegliere la lotta, che può avere diversi gradi

di intensità. Mentre la maggior parte delle aggressioni dei lupi è più che

altro ritualizzata, e non prevede danni fisici, uno scontro in cui la posta in

gioco è cosi importante può facilmente risultare in ferite o danni per uno dei

due o anche per entrambi. Colui che esce sconfitto da uno scontro del genere

viene molto spesso cacciato via dal branco, o addirittura, seppur molto

raramente, viene ucciso dagli altri membri del branco come atto di ribellione.

Questo tipo di scontro si verifica principalmente durante la stagione degli

accoppiamenti.

L'ordine gerarchico all'interno del branco è stabilito e mantenuto attraverso

una serie di posizioni e di incontri rituali. I lupi preferiscono opporre

un'ostilità psicologica anziché fisica, ciò significa che uno stato molto alto

nella scala sociale è basato molto più sulla personalità o sull'atteggiamento,

che sulla taglia dell'individuo o sulla sua forza fisica. Il grado sociale, chi

lo ritiene, e quanto è elevato nella gerarchia varia molto tra branchi e

individui. In branchi molto grandi, o in un gruppo di giovani lupi, il grado

sociale può mutare costantemente, oppure essere circolare (esempio, lupo A ha

il predominio su lupo B, che a sua volta ha predominio su quello C, che ha il

controllo su A).

In un branco normale, comunque, solo un lupo assume il ruolo di omega (vale a

dire il più basso ruolo nella scala sociale del branco). Questi individui

subiscono il maggior numero di aggressioni dal resto del branco , e possono

essere soggetti a varie forme di crudeltà (a partire dal costante predominio

dagli altri membri del branco fino a continue molestie, anche fisiche).

Sebbene, dopo un'affrettata analisi, questa disposizione possa sembrare

discutibile, la natura dinamica del branco esige che un lupo sia al gradino più

basso della scala sociale. Infatti, tali individui sono forse più felici, pur

sopportando continue dimostrazioni di forza e di sottomissione, che vivendo da

soli. Per i lupi, il cameratismo, non importa in quale forma, è preferibile

alla solitudine, e, invero, i lupi sottomessi tendono a scegliere un basso

grado nella gerarchia piuttosto che rischiare di morire di fame. Nonostante ciò

spesso gli omega osano sfidare la coppia alfa e se questi vengono sconfitti

vengono cacciati dal branco. Questi potranno tornare nel branco originario o

entrare in un nuovo in una sola maniera: sfidare e sconfiggere una coppia alfa

subentrando a essi." (crf Canis Lupus - da Canis lupus - Wikipedia (http://it.wikipedia.org/wiki/Canis_lupus)).

Noi possiamo solo 'aggiungere' che il Lupo , su tutti, è simbolicamente il

più 'nazionalsocialista' tra i rappresentanti del mondo animale. Classe ,

eleganza, stile da vendere. Attitudine al comando, ordine, senso della

gerarchia e della supremazia all'interno del branco, individualismo volto al

bene della 'comunità' di cui è esponente e partecipe. Il Lupo! Un mito!

3 - da Felidae - Wikipedia (http://it.wikipedia.org/wiki/Felidae) (i Felini)


Link a questa pagina:
SCRITTI FELINI (http://www.terrasantalibera.org/DHB_scritti_felini.htm)

Lupo
01-10-09, 08:48
LIBANO - UN GOVERNO DI UNITA' NAZIONALE IN ATTESA DELLE CONSULTAZIONI SIRO-SAUDITE E SOTTO IL RICATTO DEL CRISTIANO-SIONISTA SAMIR GEAGEA

http://www.gerusalemmeterrasanta.org/Samir%20GeaGea4.jpg

di Dagoberto Husayn Bellucci

Il Libano in cerca del suo esecutivo continua a rimanere sospeso tra consultazioni interne e riunioni di capi di Stato all'estero. Come sempre la soluzione della complessa situazione libanese passa attraverso il dialogo complesso e prolungato delle fazioni libanesi e quello, altrettanto difficile, avviato all'estero tra i principali paesi interessati a dare stabilità e equilibrio al paese dei cedri.

La costituzione dell'esecutivo di unità nazionale, data certa fino ai primi del mese, è stata rimessa in discussione dai partiti dell'opposizione, guidati dal blocco sciita di Hizb'Allah e dal suo principale alleato (il partito della corrente patriottica nazionale del generale Aoun), che hanno rifiutato le liste stilate dal premier incaricato Sa'ad Hariri al quale meno di due settimane or sono è stato dato il secondo mandato per verificare se esistano realmente le condizioni per costituire un governo comprendente anche i partiti dell'opposizione.

Proprio su questo fronte si sono mossi recentemente lo stesso Hariri e Aoun incontratisi nei giorni scorsi in un lungo faccia a faccia che è stato salutato positivamente da tutta la stampa araba. Lo stesso Nabih Berry, presidente dell'Assemblea nazionale e leader di Haraqat 'Amal, ha giudicato entusiasticamente il nuovo dialogo diretto avviato dai due rappresentanti di maggioranza e opposizione sostenendo che "il dialogo è la sola via per arrivare ad accordi definitivi" e che "il paese ha bisogno di stabilità e di una normalizzazione" che , per prima, passa attraverso il riconoscimento dell'avversario e la collaborazione.

Importante a questo fine sarebbe anche il lavoro di tessitura che sta avvenendo all'estero tra i capi di Stato arabi della regione interessati a pacificare infine il vulcano libanese: a questo proposito viene sottolineata da tutti i principali media libanesi l'importanza del viaggio che porterà il re Abdallah al-Saud, regnante dell'Arabia Saudita e principale alleato di Washington nel Vicino Oriente, a Damasco dove incontrerà il presidente siriano Bashar el Assad.

Secondo Berry il riavvicinamento tra Arabia Saudita e Siria - dopo anni di relazioni congelate a seguito dell'aggressione sionista contro il paese dei cedri di tre anni fa - è un segnale importante e "la chiave per una svolta nelle relazioni interarabe e interlibanesi". La soluzione della lunga crisi politca che ha paralizzato e diviso in due la società libanese passa nuovamente per Damasco. Segnali di un rinnovato clima di fiducia tra la diplomazia siriana e quella saudita rappresenterebbero la svolta decisiva per mettere la parola fine alla contrapposizione tra maggioranza filo-occidentale e opposizione filo-siriana.

Una decina di giorni or sono a sorpresa il presidente siriano, Assad, ha accettato l'invito a recarsi a Jeddah in Arabia Saudita per l'apertura dell'anno accademico della locale università. Assad ha incontrato nella città saudita il premier uscente libanese, Fouad Siniora, e - stando a quanto riportato dal quotidiano "As-Safir" in attesa di fissare una data per il suo arrivo nella capitale siriana il re Abdallah avrebbe deciso l'invio in Libano del suo ministro dell'Informazione, Abdul Aziz Khoja per aggiornare i politici libanesi dei diversi schieramente dell'esito del suo incontro con Assad.

Resiste pertanto l'ipotesi della formazione di un esecutivo di unità nazionale con la formula 15+10+5 (quindici dicasteri alla maggioranza, dieci all'opposizione e cinque di nomina presidenziale). Ne hanno dato conferma sia Hariri che Aoun dopo il loro recente incontro mentre - dal fronte dell'opposizione - Hizb'Allah ed i suoi alleati si dicono certi della formazione di un governo che sia rappresentativo di tutte le forze politiche presenti in parlamento.

Il numero due di Hizb'Allah, sheick Najim Qassem, ha ribadito che "è nell'interesse del paese e di tutti che si arrivi ad una positiva soluzione della crisi" e che "l'opposizione ha interesse a collaborare con Hariri per trovare questa soluzione".

A cercare di remare contro e mettere i bastoni tra le ruote al progetto di formazione di un governo di unità nazionale che comprenda anche il blocco dell'opposizione è intervenuto nella giornata di sabato scorso ad un meeting di simpatizzanti riunitisi a Jounieh (nord della capitale) il capo delle Forze Libanesi, l'ultra-destra maronita, Samir Geagea. Ostile a qualunque dialogo con l'opposizione il leader delle Forze Libanesi ha rivolto un accorato appello al capo dello schieramento filo-occidentale di Bristol (14 marzo) per invitarlo a "chiudere la porta" e prendere il coraggio di costituire un governo della maggioranza che escluda, di fatto, l'intera comunità sciita (rappresentata in parlamento dal blocco della Resistenza di Hizb'Allah e 'Amal) e il principale partito della comunità cristiana (Tayyar).

Geagea ha sottolineato che "si sia perso anche troppo tempo" sostenendo che sia arrivato il momento di "creare un governo stabile" garantito esclusivamente dai partiti usciti vincenti dalle consultazioni del 7 giugno scorso ed invitando il premier designato Hariri e il capo dello Stato, Michel Souleiman, ad agire di conseguenza.

Immediate le reazioni tra i due schieramenti: Hizb'Allah ha parlato di "trappola"; Nawwaf Mousaoui deputato del partito sciita ha messo in guardia Hariri contro "il trabocchetto teso dal capo delle Forze Libanesi" mentre analoga posizione è stata sostenuta da tutti i partiti alleati (per Whiam Waab , leader druso alleato di Nasrallah, si tratta di un "tentativo disperato" che non avrà ripercussioni sulle attuali consultazioni in corso). Anche dalla maggioranza si preferisce tacere che comentare le parole del leader dell'estrema destra maronita. Geagea è elemento non nuovo a queste uscite e conosciuto nel panorama politico libanese: il suo movimento raccoglie e da voce ai residui dell'intolleranza post-falangista dell'area cristiano-maronita uscita sconfitta dalla guerra civile. Ex comandante in capo delle Falangi, responsabile di molti eccidi e stragi durante il conflitto che ha insanguinato il Libano è stato riconosciuto agli inizi degli anni Novanta responsabile di collaborazione con il nemico sionista.

La sua storia parla da sè: nato il 25 ottobre del 1952 a Beirut da famiglia benestante Geagea nel 1970 si iscrisse all'American University of Beirut per studiare medicina. Nel 1975 abbandonerà gli studi per partecipare al conflitto civile laureandosi otto anni più tardi. Nel 1983 viene nominato capo delle Forze Libanesi organizzazione poi scissasi dalla Falange dei Gemayel. Nel 1994 , a conflitto concluso, verrà accusato di aver organizzato un attentato contro due chiese cristiane e finirà sotto processo. Nel corso del processo verrà accusato e condannato all'ergastolo per una serie impressionante di omicidi commessi durante il periodo 75-90 in particolar modo per il terribile massacro di Zgharta (nord Libano) nel quale morirono l'ex presidente Tony Franjeh, la moglie e la figlia di 4 anni. Sopravvisse solo il figlio, Souleiman, attualmente - assieme ad Aoun - principale alleato del fronte maronita e capo del movimento politico "Marada" all'opposizione.

Questo episodio commesso da Samir Geagea è il frutto di una lunga faida tra la famiglia Geagea e quella dei Frangieh.

Nel XIX secolo una donna della famiglia Geagea che risiedeva a Bsharre offrì acqua e cibo a due uomini del paese di Ehden, loro la uccisero.

Ma già allora la risposta fu dura: diverse persone di Bsharrè assalirono Ehden,uccisero molti abitanti e diedero fuoco al villaggio. Le faide tra le famiglie libanesi, ricorrenti e frequenti, assomigliano sotto molti aspetti a quelle tra i clan scozzesi di un tempo che fu con la sola differenza che in Libano non si placano e l'odio cova sempre sotto la cenere come dimostrò chiaramente il conflitto civile opponendo fratelli contro fratelli e famiglie contro famiglie. Non risulta pertanto falso, come abbiamo sempre affermato, che la guerra civile libanese - massmediaticamente rappresentata in Occidente come una sorta di "scontro tra le civiltà" precedente la teorizzazione neo-conservatrice di Huntington&soci - sia stata soprattutto una guerra tra clan per il controllo del potere politico.

Nel 2005 Geagea verrà liberato a seguito delle pressioni internazionali e dopo il ritiro del contingente siriano. Tornato alla vita politica il vecchio capo ha ripreso le redini delle Forze Libanesi caratterizzandosi, come sempre, come il principale nemico della Siria e dei suoi alleati in terra dei cedri.

Ecco come, il sito ufficiale in lingua italiana delle Forze Libanesi, 'celebra' il suo leader: "Forte e irresistibile, Samir Geagea può essere paragonato ai maestosi cedri del Libano che hanno caratterizzato le montagne libanesi sin dai tempi biblici. Questi alberi, indiscutibilmente tra i più belli del mondo, che crescono da centinaia di anni sui pinnacoli della sua città natale Besharri, non sono dissimili dal suo fisico e dai suoi principi robusti. (...) Samir Geagea è stato uno dei primi membri della resistenza a difendere la sovranità e l’indipendenza del Libano dal ridicolo e dalla corruzione. E’ contro questo stato di cose che ha forgiato la sua fede, inizialmente all’interno della Resistenza Cristiana e poi su scala nazionale. Ha resistito agli attacchi di coloro che volevano distoglierlo dal suo intento ed umiliarlo. Samir Geagea, una vera colonna, ha mantenuto la giusta visione delle cose per il suo paese. " (1)

Definirlo semplicemente per quel che è , un assassino della peggior specie (un assassino "made in USA" alleato del Mossad con il quale Geagea ha collaborato per anni), evidentemente risulta complicato per i suoi sostenitori. Tant'è questo è il Libano e questi i personaggi politici che si aggirano sulla scena politica libanese.

DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI

DIRETTORE RESPONSABILE AGENZIA DI STAMPA "ISLAM ITALIA"


Note -

1 - si veda all'indirizzo internet: Le Forze Libanesi (http://www.forze-libanesi.com)

Link a questa pagina:
SAMIR GEAGEA (http://www.terrasantalibera.org/DAgobertoHB_libano_geagea.htm)

Lupo
01-10-09, 08:54
Libano: un governo di unità nazionale sotto ricatto?
di Dagoberto Husayn Bellucci - 28/09/2009

Fonte: Arianna Editrice:
Arianna Editrice (http://www.ariannaeditrice.it/)

LIBANO - UN GOVERNO DI UNITA' NAZIONALE IN ATTESA DELLE CONSULTAZIONI SIRO-
SAUDITE E SOTTO IL RICATTO DEL FONDAMENTALISMO CRISTIANO-SIONISTA DI SAMIR
GEAGEA

Il Libano in cerca del suo esecutivo continua a rimanere sospeso tra
consultazioni interne e riunioni di capi di Stato all'estero. Come sempre la
soluzione della complessa situazione libanese passa attraverso il dialogo
complesso e prolungato delle fazioni libanesi e quello, altrettanto difficile,
avviato all'estero tra i principali paesi interessati a dare stabilità e
equilibrio al paese dei cedri.

La costituzione dell'esecutivo di unità nazionale, data certa fino ai primi
del mese, è stata rimessa in discussione dai partiti dell'opposizione, guidati
dal blocco sciita di Hizb'Allah e dal suo principale alleato (il partito della
corrente patriottica nazionale del generale Aoun), che hanno rifiutato le liste
stilate dal premier incaricato Sa'ad Hariri al quale meno di due settimane or
sono è stato dato il secondo mandato per verificare se esistano realmente le
condizioni per costituire un governo comprendente anche i partiti
dell'opposizione.

Proprio su questo fronte si sono mossi recentemente lo stesso Hariri e Aoun
incontratisi nei giorni scorsi in un lungo faccia a faccia che è stato salutato
positivamente da tutta la stampa araba. Lo stesso Nabih Berry, presidente
dell'Assemblea nazionale e leader di Haraqat 'Amal, ha giudicato
entusiasticamente il nuovo dialogo diretto avviato dai due rappresentanti di
maggioranza e opposizione sostenendo che "il dialogo è la sola via per arrivare
ad accordi definitivi" e che "il paese ha bisogno di stabilità e di una
normalizzazione" che , per prima, passa attraverso il riconoscimento
dell'avversario e la collaborazione.

Importante a questo fine sarebbe anche il lavoro di tessitura che sta
avvenendo all'estero tra i capi di Stato arabi della regione interessati a
pacificare infine il vulcano libanese: a questo proposito viene sottolineata da
tutti i principali media libanesi l'importanza del viaggio che porterà il re
Abdallah al-Saud, regnante dell'Arabia Saudita e principale alleato di
Washington nel Vicino Oriente, a Damasco dove incontrerà il presidente siriano
Bashar el Assad.

Secondo Berry il riavvicinamento tra Arabia Saudita e Siria - dopo anni di
relazioni congelate a seguito dell'aggressione sionista contro il paese dei
cedri di tre anni fa - è un segnale importante e "la chiave per una svolta
nelle relazioni interarabe e interlibanesi". La soluzione della lunga crisi
politca che ha paralizzato e diviso in due la società libanese passa nuovamente
per Damasco. Segnali di un rinnovato clima di fiducia tra la diplomazia siriana
e quella saudita rappresenterebbero la svolta decisiva per mettere la parola
fine alla contrapposizione tra maggioranza filo-occidentale e opposizione filo-
siriana.

Una decina di giorni or sono a sorpresa il presidente siriano, Assad, ha
accettato l'invito a recarsi a Jeddah in Arabia Saudita per l'apertura
dell'anno accademico della locale università. Assad ha incontrato nella città
saudita il premier uscente libanese, Fouad Siniora, e - stando a quanto
riportato dal quotidiano "As-Safir" in attesa di fissare una data per il suo
arrivo nella capitale siriana il re Abdallah avrebbe deciso l'invio in Libano
del suo ministro dell'Informazione, Abdul Aziz Khoja per aggiornare i politici
libanesi dei diversi schieramente dell'esito del suo incontro con Assad.

Resiste pertanto l'ipotesi della formazione di un esecutivo di unità
nazionale con la formula 15+10+5 (quindici dicasteri alla maggioranza, dieci
all'opposizione e cinque di nomina presidenziale). Ne hanno dato conferma sia
Hariri che Aoun dopo il loro recente incontro mentre - dal fronte
dell'opposizione - Hizb'Allah ed i suoi alleati si dicono certi della
formazione di un governo che sia rappresentativo di tutte le forze politiche
presenti in parlamento.
Il numero due di Hizb'Allah, sheick Najim Qassem, ha ribadito che "è
nell'interesse del paese e di tutti che si arrivi ad una positiva soluzione
della crisi" e che "l'opposizione ha interesse a collaborare con Hariri per
trovare questa soluzione".
A cercare di remare contro e mettere i bastoni tra le ruote al progetto di
formazione di un governo di unità nazionale che comprenda anche il blocco
dell'opposizione è intervenuto nella giornata di sabato scorso ad un meeting di
simpatizzanti riunitisi a Jounieh (nord della capitale) il capo delle Forze
Libanesi, l'ultra-destra maronita, Samir Geagea. Ostile a qualunque dialogo con
l'opposizione il leader delle Forze Libanesi ha rivolto un accorato appello al
capo dello schieramento filo-occidentale di Bristol (14 marzo) per invitarlo a
"chiudere la porta" e prendere il coraggio di costituire un governo della
maggioranza che escluda, di fatto, l'intera comunità sciita (rappresentata in
parlamento dal blocco della Resistenza di Hizb'Allah e 'Amal) e il principale
partito della comunità cristiana (Tayyar).

Geagea ha sottolineato che "si sia perso anche troppo tempo" sostenendo che
sia arrivato il momento di "creare un governo stabile" garantito esclusivamente
dai partiti usciti vincenti dalle consultazioni del 7 giugno scorso ed
invitando il premier designato Hariri e il capo dello Stato, Michel Souleiman,
ad agire di conseguenza.
Immediate le reazioni tra i due schieramenti: Hizb'Allah ha parlato di
"trappola"; Nawwaf Mousaoui deputato del partito sciita ha messo in guardia
Hariri contro "il trabocchetto teso dal capo delle Forze Libanesi" mentre
analoga posizione è stata sostenuta da tutti i partiti alleati (per Whiam Waab
, leader druso alleato di Nasrallah, si tratta di un "tentativo disperato" che
non avrà ripercussioni sulle attuali consultazioni in corso). Anche dalla
maggioranza si preferisce tacere che comentare le parole del leader
dell'estrema destra maronita. Geagea è elemento non nuovo a queste uscite e
conosciuto nel panorama politico libanese: il suo movimento raccoglie e da voce
ai residui dell'intolleranza post-falangista dell'area cristiano-maronita
uscita sconfitta dalla guerra civile. Ex comandante in capo delle Falangi,
responsabile di molti eccidi e stragi durante il conflitto che ha insanguinato
il Libano è stato riconosciuto agli inizi degli anni Novanta responsabile di
collaborazione con il nemico sionista.
La sua storia parla da sè: nato il 25 ottobre del 1952 a Beirut da famiglia
benestante Geagea nel 1970 si iscrisse all'American University of Beirut per
studiare medicina. Nel 1975 abbandonerà gli studi per partecipare al conflitto
civile laureandosi otto anni più tardi. Nel 1983 viene nominato capo delle
Forze Libanesi organizzazione poi scissasi dalla Falange dei Gemayel. Nel 1994
, a conflitto concluso, verrà accusato di aver organizzato un attentato contro
due chiese cristiane e finirà sotto processo. Nel corso del processo verrà
accusato e condannato all'ergastolo per una serie impressionante di omicidi
commessi durante il periodo 75-90 in particolar modo per il terribile massacro
di Zgharta (nord Libano) nel quale morirono l'ex presidente Tony Franjeh, la
moglie e la figlia di 4 anni. Sopravvisse solo il figlio, Souleiman,
attualmente - assieme ad Aoun - principale alleato del fronte maronita e capo
del movimento politico "Marada" all'opposizione.
Questo episodio commesso da Samir Geagea è il frutto di una lunga faida tra
la famiglia Geagea
e quella dei Frangieh.
Nel XIX secolo una donna della famiglia Geagea che risiedeva a Bsharre offrì
acqua e cibo a due uomini del paese di Ehden, loro la uccisero.
Ma già allora la risposta fu dura: diverse persone di Bsharrè assalirono
Ehden,uccisero molti abitanti e diedero fuoco al villaggio. Le faide tra le
famiglie libanesi, ricorrenti e frequenti, assomigliano sotto molti aspetti a
quelle tra i clan scozzesi di un tempo che fu con la sola differenza che in
Libano non si placano e l'odio cova sempre sotto la cenere come dimostrò
chiaramente il conflitto civile opponendo fratelli contro fratelli e famiglie
contro famiglie. Non risulta pertanto falso, come abbiamo sempre affermato, che
la guerra civile libanese - massmediaticamente rappresentata in Occidente come
una sorta di "scontro tra le civiltà" precedente la teorizzazione neo-
conservatrice di Huntington&soci - sia stata soprattutto una guerra tra clan
per il controllo del potere politico.
Nel 2005 Geagea verrà liberato a seguito delle pressioni internazionali e
dopo il ritiro del contingente siriano. Tornato alla vita politica il vecchio
capo ha ripreso le redini delle Forze Libanesi caratterizzandosi, come sempre,
come il principale nemico della Siria e dei suoi alleati in terra dei cedri.
Ecco come, il sito ufficiale in lingua italiana delle Forze Libanesi,
'celebra' il suo leader: "Forte e irresistibile, Samir Geagea può essere
paragonato ai maestosi cedri del Libano che hanno caratterizzato le montagne
libanesi sin dai tempi biblici. Questi alberi, indiscutibilmente tra i più
belli del mondo, che crescono da centinaia di anni sui pinnacoli della sua
città natale Besharri, non sono dissimili dal suo fisico e dai suoi principi
robusti. (...) Samir Geagea è stato uno dei primi membri della resistenza a
difendere la sovranità e l’indipendenza del Libano dal ridicolo e dalla
corruzione. E’ contro questo stato di cose che ha forgiato la sua fede,
inizialmente all’interno della Resistenza Cristiana e poi su scala nazionale.
Ha resistito agli attacchi di coloro che volevano distoglierlo dal suo intento
ed umiliarlo. Samir Geagea, una vera colonna, ha mantenuto la giusta visione
delle cose per il suo paese. " (1)
Definirlo semplicemente per quel che è , un assassino della peggior specie
(un assassino "made in USA" alleato del Mossad con il quale Geagea ha
collaborato per anni), evidentemente risulta complicato per i suoi sostenitori.
Tant'è questo è il Libano e questi i personaggi politici che si aggirano sulla
scena politica libanese.


Note -

1 - si veda all'indirizzo internet:
Le Forze Libanesi (http://www.forze-libanesi.com)

Link a questa pagina:
Libano: un governo di unità nazionale sotto ricatto? (http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=28052)

Lupo
01-10-09, 08:58
Libano all'impasse, mentre cresce la tensione ai confini meridionali
di Dagoberto Husayn Bellucci - 14/09/2009

Fonte: Arianna Editrice:
Arianna Editrice (http://www.ariannaeditrice.it)

Tensione politica e tensione militare ai confini meridionali: il Libano ritorna nel suo 'quotidiano' e normale caos ....niente esecutivo di unità nazionale, almeno per il momento, e il premier designato, Sa'ad Hariri, che rimette il mandato nelle mani del Presidente della Repubblica, il Gen. Michel Souleiman, proprio mentre sembrava che infine le consultazioni tra tutti i partiti avessero portato ad un accordo generale.

A far saltare il 'banco' degli accordi intercorsi per tutto il mese di agosto tra maggioranza filo-occidentale e opposizione patriottica è stato il secco rifiuto dell'asse Hizb'Allah-Tayyar (la Corrente Patriottica Libera del Gen. Michel Aoun, eroe nazionale e miglior alleato del partito di Dio sciita filo-iraniano) dopo che il premier mandatario, Hariri, aveva iniziato a stilare la lista definitiva per la formazione del suo primo esecutivo. "Tayyar", il partito 'orange' del vecchio combattente anti-siriano, pretendeva almeno 4 ministeri nel nuovo governo anche in considerazione della sua forza parlamentare (disponendo di 19 deputati su un totale dei 57 assegnati dalle ultime consultazioni elettorali dello scorso giugno all'opposizione e dei 128 complessivi) e del suo ruolo di primo partito all'interno dell'elettorato cristiano-maronita: Hariri avrebbe rifiutato queste condizioni, in particolare di assegnare ad un uomo di Aoun il delicatissimo ministero delle Telecomunicazioni, e le intese fino a quel momento raggiunte fra i due poli della politica libanese sono saltate in aria.

Hizb'Allah, determinante per la costituzione di qualsivoglia esecutivo di unità nazionale, per rispetto all'alleato maronita ha rifiutato la lista dei ministri presentata da Hariri al quale non è rimasto nient'altro che rimettere il mandato sottolineando, da parte sua, come "sia andata sprecata un'ottima occasione" dopo 73 giorni di trattative "difficili, complesse e articolate".

Dopo il voto del 7 giugno scorso a livello di seggi il primo partito rappresentato in parlamento è quello del leader sunnita, figlio dello scomparso ex premier ed imprenditore Rafiq Hariri ucciso in un'attentato nel giorno di San Valentino di 4 anni or sono, il quale rappresenta anche la principale forza politica della comunità sunnita libanese (direttamente collegata all'Arabia Saudita): "Tayyàr el Mustaqbal" (la Corrente Futura) di Hariri con i suoi 30 seggi è il primo movimento parlamentare del cosiddetto "fronte di Bristol" o "raggruppamento del 14 marzo" filo-occidentale e che comprende anche i socialprogressisti del druso Jumblatt (10 seggi), le Forze Libanesi di Samir Geagea e la vecchia Falange (i Kataeb) di Amin Gemayel (entrambi con 5 deputati eletti) e infine una composita lista di movimenti e formazioni minori fra i quali spicca il Partito Liberale Nazionale. In totale alla maggioranza sono andati 71 seggi.

Per contro all'opposizione nazionale (o fronte dell'8 marzo dalla grande manifestazione indetta da Nasrallah e dal partito di Dio nel 2005 per sostenere l'alleanza con la Siria in contrapposizione alla piazza 'colorata' eterodiretta dalle potenze occidentali) sono stati assegnati 57 seggi così ripartiti: 19 al partito di Aoun, 13 ad Hizb'Allah, 11 ad 'Amal (il partito 'gemello' di Hzb guidato dal presidente dell'assemblea parlamentare, lo sciita Nabih Berry, e tradizionale alleato di Damasco), 4 all'altro movimento laico della comunità cristiano maronita, Tayyar al Marada, di Souleiman Franjie ex ministro dell'agricoltura; 2 ciascuno infine ai socialnazionali siriani di Alì Qanso, al Partito Democratico del druso Talal Irslan al partito armeno "tashnag" e al Ba'ath libanese.

In questa situazione eterogenea e multipartitica nella quale si contendono poltrone e potere all'interno del prossimo governo di unità nazionale libanese i diversi partiti rimane l'incertezza per il recente fallimento che oltre a ritardare la nascita del primo esecutivo diretto da Hariri sicuramente aprirà un periodo di stallo che potrebbe rivelarsi dannoso per il paese. La crisi come hanno osservato i principali quotidiani libanesi è tornata al punto di partenza: un nuovo incarico potrebbe essere affidato allo stesso Hariri e la soluzione stavolta passerebbe dal Qatar che si è detto disponibile per rilanciare il dialogo tra le opposte fazioni ad ospitare una conferenza nella sua capitale Doha.

Secondo quanto ha riportato il portale internet Naharnet, molto informato sui fatti di politica locale, sarà il Presidente, Gen. Souleiman, che nelle prossime ore tra sabato 12 e lunedì 14 riaprirà le consultazioni nella speranza di riuscire ad assegnare l'incarico in tempi brevi. Per "L'Orient Le Jour" quotidiano di Beirut di lingua francese la nuova proposta per una mediazione sarebbe arrivata dal governo dell'emirato del Qatar che si sarebbe dichiarato disposto per ospitare una nuova riunione nella sua capitale, Doha, sulla falsariga di quella che nella primavera 2008 sbloccò lo stallo politico libanese permettendo infine l'elezione presidenziale e la scalata al palazzo di Ba'abda dell'attuale Capo di Stato, il Gen. Michel Souleiman. Nel frattempo sono in molti tra i commentatori a pensare che un accordo, ammesso che si trovi, non potrà portare alla formazione di un esecutivo a Beirut prima della metà di ottobre mentre potrebbe riprendere vigore l'ipotesi - peraltro ventilata e desiderata dal patriarca della chiesa maronita, monsignor Nasrallah Sfeir (che il 17 ottobre sarà a colloquio con il Pontefice a Roma) - per Hariri di abbandonare l'idea di costituire un governo di unità nazionale e formarne uno con i partiti dell'attuale maggioranza filo-occidentale.

Ipotesi che rimetterebbe in discussione gli equilibri politici interni e che, inevitabilmente, porrebbe nuovamente il paese al centro delle bufere e dei conflitti regionali: ipotesi che non piace a nessuno soprattutto dopo le ultime avvisaglie di scontri che si sono registrate nella giornata di venerdì 11 e che hanno interessato i confini meridionali alla frontiera con la Palestina occupata.

Incidente considerato ancora "isolato" e a livello di "scaramuccia" di "bassa intensità" secondo quanto riportano nelle ultime ventiquattr'ore i media arabi e libanesi ma che hanno alzato notevolmente la tensione lungo la linea di frontiera che segna il confine con l'entità criminale sionista. Nel primo pomeriggio di venerdì un paio di razzi a corto raggio sarebbero caduti sull'Alta Galilea provocando solo panico tra la popolazione e danni ad un pilone dell'elettricità. Questo ha provocato l'immediata reazione israeliana che si è concretizzata in una serie di colpi d'artiglieria diretti contro alcuni villaggi libanesi e un fitto sorvolo di aerei con la stella di Davide che hanno interessato tutto il terriotorio a ridosso della cosiddetta linea blu che divide Libano e Palestina.

A ricostruire l'accaduto è stato il portavoce dell'Unifil, ten. col. Diego Fulco, il quale ha sottolineato come "almeno due razzi sono stati lanciati dalla zona di Qlalieh, sei chilometri a sud della città libanese di Tiro, e sono caduti a nord della città israeliana di Nahariya" provocando la reazione dell'esercito israeliano "che ha aperto fuoco con la sua artiglieria in direzione della zona di tiro libanese". Immediatamente comunque sembra essere entrata in vigore una veloce tregua mentre Unifil ed esercito libanese hanno aperto un'inchiesta per individuare i responsabili (probabilmente gruppi dissidenti della galassia palestinese più o meno vicini al salafismo di matrice al-qaedista) e accertare la dinamica dell'accaduto.

Parlando alla radio nazionale sionista all'indomani del lancio dei razzi il vice-ministro degli esteri Danny Ayalon ha dichiarato che "Israele riterrà responsabili di ulteriori attacchi l'Unifil e l'esercito libanese" sostenendo che Tel Aviv è pronta ad una "azione massiccia" in caso di nuove aggressioni. "Non c'è interesse - ha dichiarato il numero due degli affari esteri israeliano - ad alzare la tensione nè ad aggrevare la situazione. Dobbiamo però dire che se Israele fosse costretto, se la tregua venisse meno, sapremo come riportare la calma" lanciando nuove accuse in direzione del governo di Beirut che, a suo dire, non avrebbe fermato il traffico di armi diretto da Iran e Siria verso il loro alleato in terra dei cedri: Hizb'Allah.

Israele ha presentato all'Unifil una protesta formale, nella quale ha ricordato che "il governo libanese è responsabile per la prevenzione di attacchi dal suo territorio contro Israele". Al di là delle proteste più o meno 'formali' dell'entità sionista - che da mesi continua con la sua azione di provocazione sia con spostamenti di uomini e mezzi alla frontiera sia mediante sorvoli sui cieli del Libano che sono una aperta violazione della risoluzione Onu nr 1701 che nell'estate 2006 pose fine al conflitto tra sionisti ed Hizb'Allah - rimane l'incertezza per una crisi politica interna che potrebbe, in questa situazione, provocare nuove tensioni e scatenare le forze contrapposte.
I sionisti, ricordiamolo, solo poche ore prima del lancio di razzi dal territorio libanese avevano compiuto manovre militari nella zona di frontiera compresa tra Libano e Siria, nelle fattorie di She'eba sotto occupazione che - da un mese a questa parte - sono tornate ad essere centro strategico militare e perimetro di possibili nuove 'scintille' tra il regime d'occupazione israeliano e il paese dei cedri.
Mentre Beirut rimane ancora senza un esecutivo, mentre i partiti libanesi si 'accapigliano' in nuove infruttuose discussioni sulla composizione del prossimo esecutivo e la contrapposizione tra i due schieramenti libanesi resta paurosamente alta; la tensione sale ai confini meridionali.
Quo vadis Libano? Difficile rispondere....in Libano niente può essere considerato certo nè sicuro. E' una costante da queste parti della quale sono oramai avvezzi tutti i libanesi. Il Libano: un vulcano sempre pronto ad esplodere

Link a questa pagina:
Libano all'impasse (http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=27814)