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krentak the Arising!
11-04-05, 18:40
«Il male radicale»

Un pugno di abili politici e di intellettuali agguerriti ha trasformato il
senso comune della nostra società. Chi sono, come agiscono e che cosa
vogliono. Questo articolo vi spiega perché l'ideologia radicale rappresenta
il pericolo numero uno del Terzo Millennio.

[Mario Palmaro - «Il Timone» n. 41 del marzo 2005]

- - -

«Lo Stato del Vaticano ha significato l'uso dell'aspersorio per benedire il
manganello. Il manganello contro la scienza, la coscienza, la democrazia, la
tolleranza. Il manganello, se non peggio, contro le vite di milioni di
persone contro la Vita, con la V maiuscola. Lo Stato Città del Vaticano va
cancellato con procedure di diritto, legali, giuridiche, popolari,
democratiche, in tutto il mondo». Non c'è che dire: un bel progetto politico
all'insegna della tolleranza e della non violenza.

Correva il 27 novembre del 2000 - dunque era l'anno del grande Giubileo -
quando Marco Pannella, leader storico dei radicali, affidava alle agenzie di
stampa questo farneticante comunicato. Attenzione: non una sortita isolata
ma l'ennesima provocazione di un personaggio e di un movimento politico
sempre uguale a sé stesso, coerentemente schierato sulle medesime posizioni.
In un'epoca in cui l'uomo medio - sia esso un cittadino tranquillo o un
importante leader politico - soffre di amnesia cronica, non guasterà
rinfrescarsi la memoria e riflettere insieme sul "patrimonio" storico del
fenomeno radicale, in Italia e nel mondo.

Un'azione politica devastante

Ma chi sono veramente i radicali? Per valutare il fenomeno, partiamo dai
fatti: politici e intellettuali radicali rappresentano una piccola pattuglia
di agguerriti combattenti che, nell'arco di mezzo secolo, sono riusciti a
imprimere una svolta decisiva al costume del nostro Paese. In Italia, il
partito radicale nasce a Roma nel 1955, da una costola del Partito Liberale.
Vi confluiscono ex-azionisti, collaboratori del "Mondo", intellettuali e
gior_nalisti dell'area laica e della sinistra liberale: Mario Pannunzio,
Ernesto Rossi, Leo Valiani, Marco Pannella, Eugenio Scalfari.

Fin dall'inizio, il gruppo dimostra una diversità evidente rispetto alle
altre forze politiche: sembra del tutto marginale per quantità di consensi e
per mezzi a disposizione, quasi un'avventura intellettuale destinata a
rimanere rinchiusa nei salotti e nei circoli più esclusivi. Ma non è così. A
cinquant'anni esatti dalla nascita il bilancio della cultura radicale è
clamorosamente in attivo. Può vantare alcune vittorie evidenti - la
legalizzazione del divorzio e dell'aborto - e cimentarsi con fiducia in
altre campagne di lunga durata dall'esito ancora incerto: le droghe libere e
l'eutanasia fai-da_te.

Ma il successo più importante è quello che si vede di meno: la
trasformazione progressiva della cultura dominante, del senso comune, dei
criteri di giudizio dell'uomo della strada. Che in genere non vota radicale
e non ama gli eccessi dei suoi istrionici protagonisti; ma che assumendo a
piccole dosi il veleno distillato dal nichilismo libertario, intossica la
propria coscienza e si ritrova trasformato senza nemmeno rendersene conto.
Oggi i punti fondamentali dell'ideologia radicale sono assunti pacificamente
come programma politico dei partiti post comunisti - giustamente ridefinti
"partiti radicali di massa - ma hanno attecchito anche in significative
fette della cultura liberale moderata.

La strategia dei radicali

I personaggi carismatici di questo movimento sono stati capaci di inserirsi
in tutti gli snodi cruciali della nostra storia recente, tanto che spesso la
documentazione fotografica che la correda ha per protagonisti i volti di
Marco Pannella e di Emma Bonino. Dal dibattito sul divorzio al referendum
abrogativo promosso da Gabrio Lombardi; dalla cam_pagna per l'aborto libero
al referendum del 1981; dallo spaccio in diretta Tv di droghe ai reiterati
scioperi della fame e della sete: i radicali hanno saputo prendersi tutta la
luce dei riflettori, scandalizzando l'opinione pubblica, e conducendola
dalla reazione infastidita alla progressiva accettazione delle idee
libertarie e antiproibizioniste. I radicali utilizzano con grande maestria
alcune tecniche di combattimento. Vediamo le principali.

a.
In medio stat malus. I radicali si collocano sistematicamente nel punto più
estremo di un dibattito, per creare uno sbilanciamento della situazione e
far cadere l'opinione pubblica in un effetto ottico distorsivo. Un esempio
per capire: in una società che ripudia l'aborto vietandolo per legge, i
radicali ne invocano la totale liberalizzazione.

A quel punto, le forze politiche tradizionali si mobilitano per affermare
che il fenomeno "va regolamentato" e consentito "solo in certi casi".

La gente vede così davanti a sé due estremismi - no all'aborto sempre/sì
all'aborto sempre - e conclude che la posizione mediana - sì all'aborto in
certi casi - sia quella saggia. È un modello che può essere ripetuto
infinite volte, spostando a ogni passo la posizione "moderata" sempre più
verso l'obiettivo finale dei radicali: la totale rimozione della percezione
del bene e del male nella società.

b.
La provocazione come stile di vita. I radicali usano candidare personaggi
eccentrici. Non soltanto per attirare l'attenzione dei mass media, ma
soprattutto per rendere normale ciò che è anormale.
La pornostar in parlamento serve a "sdoganare" un fenomeno imbarazzante, a
superare ogni vergogna e ogni pudore, a rimescolare le categorie del bene e
del male in un colossale calderone dialettico dove la verità scompare nel
vortice della provocazione più sguaiata e dissacrante.

c.
Il disprezzo per l'ordine costituito. I radicali ricorrono frequentemente
alla violazione plateale della legge, per forzare la mano del legislatore e
instillare nell'uomo della strada una nuova idea di diritto: si deve rendere
lecito ciò che accade nella prassi. Per cui sono le medie statistiche e le
condotte - anche di sparute minoranze - a determinare ciò che lo Stato deve
o non deve permettere.

d.
La capacità di affascinare gli avversari. I radicali sono l'unica forza
politica che ottiene sempre e comunque l'onore delle armi. Anche coloro che
si dichiarano in disaccordo con Pannella & C. ammettono sempre che, sì,
siamo di fronte a uomini che combattono per ragioni ideali di alto valore
morale.

In questo modo, le istanze radicali sono avvolte da un alone di
rispettabilità che le rafforza e le porta ad affermarsi nel lungo periodo.
Gli appelli a por fine ai digiuni del guru radicale sono piccoli trionfi
dell'ipocrisia generale, che tuttavia rafforzano l'autorevolezza mediatica
del personaggio, percepito dalla gente come un martire laico senza macchia,
vittima del sistema partitocratrico corrotto.

I contenuti della ideologia radicale

Tanta astuzia sul piano strategico serve al_lo scopo di veicolare una serie
di contenuti ben precisi, riassumibili nell'idea assai de_magogica che "è
vietato vietare". Rivestita però dei panni rispettabili di una borghesia
operosa e onesta, che chiede solo di non essere disturbata da fastidiose
istanze mo_rali e religiose. Ecco una sintesi del "manifesto" radicale:

a.
La scelta è già etica. Non conta il contenuto dell'azione, ma è sufficiente
garantire al singolo di scegliere liberamente che cosa fare. Il bene e il
male diventano opinioni, gli assoluti morali scompaiono.

b.
Diritto e morale non hanno nulla in comune. Dunque, le leggi degli Stati
sono ispirate al più grigio positivismo giuridico. Le democrazie sono
ridotte a procedure, a regolamenti di condominio nazionale.

c.
Politeismo morale. Ogni sistema morale è parimenti valido.
E, dunque, nessuno può pretendere di essere vero e giusto per disciplinare
le relazioni tra i consociati.

d.
Ostilità dichiarata verso la Chiesa. Il cattolicesimo è il nemico da
battere, proprio perché afferma la connessione inscindibile tra vita e fede,
tra singolo e società.

e.
Individualismo nichilista. Ogni singolo è un'isola, occupa una sfera chiusa
dentro la quale ognuno può fare ciò che gli aggrada.

f.
Fare la rivoluzione nel cuore dell'uomo. Questo è, di tutti gli aspetti
della cultura radicale, il più diabolico. Pur nascendo a sinistra - si
apostrofano tra loro con l'appellativo di "compagni" - i radicali non sono
marxisti.

A differenza del pensiero comunista, i radicali portano l'azione
rivoluzionaria nel cuore di ogni singolo uomo. È conquistando il suo
territorio più intimo, solleticando la sua concupiscenza, separandolo dalle
agenzie educative (la famiglia su tutte) e dal Magistero della Chiesa che i
radicali intendono condurlo lontano dalla verità e da Dio.

Per portarlo in un mondo agghiacciante, dove - come nel Paese dei balocchi
di Collodi - si fa ciò che si vuole e non esistono né maestri, né doveri, né
sanzioni. Ma dove ogni uomo è, disperatamente, solo con la sua miseria.

UgoDePayens
11-04-05, 22:11
Con i Radicali, mi pare chiaro, i temi etici non possono nemmeno essere sfiorati.