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Visualizza Versione Completa : Riflessioni di un antiliberale: per un Conservatorismo kirkiano e tradizionale



Italianhawk83
16-04-05, 18:45
Cari amici,
era da tempo che volevo buttar giù queste righe a proposito della mia concezione di Conservatorismo. E' giunto il momento di farlo visto che lunedì si aprirà finalmente il primo congresso del gruppo.

E' vero, sapete già tanto del mio pensiero, conoscete quella che per semplificare viene definita la "radicalità" del sottoscritto sebbene l'etichetta in questione mi piaccia ben poco, preferendole di gran lunga la declinazione "decisionista" o "anticonformista".
Vabbè, sapete che sono un conservatore "tradizionale" (meglio che "tradizionalista") di matrice kirkiana, un fervente cattolico antiliberale (direi pure un “carlista”), un filoebraico di primo pelo, eccetera, eccetera.

E fin qui niente di nuovo; ma arriviamo a quello che mi preme ribadire e che ritengo ancor più urgente nella misura in cui ACN nasce sullo sfondo di un teatro (quello pollista) in cui il conservatorismo è al più interpretato quale recente invenzione “neocon” o piuttosto come la “mascherina politica” di una “scuola” nata in esclusiva ragione della difesa del libero mercato e dei suoi accenti più estremisti e anarcoidi (leggi “libertarismo” che NULLA ha a che fare perlomeno con il segmento in cui mi riconosco).

Fermi tutti, non voglio stabilire nessun primato nell’ambito delle diverse anime “conservative”: “fusionismo” ora e per sempre.

Cosa intendo dire allora? Voglio puntualizzare in termini definitivi qual è l’ “humus” che soggiace al pensiero del sottoscritto e mi preme farlo soprattutto per smarcarmi dalla castrante equazione “conservatore = liberista punto e basta”. E’ una precisa urgenza visto che la schiera liberal-libertaria è parecchio nutrita nella presente arena virtuale e che la loro dimensione eminentemente economica può avere un qualche elemento di convergenza con le mie idee al punto da indurli a definirsi “liberal-conservatori”. Ed è proprio quando si arriva a questa conclusione che sento il bisogno di sottolineare la mia siderale distanza da modelli di marca quasi esclusivamente economica (o è perlomeno dall’economia che discendono le successive priorità; per il sottoscritto invece il punto di partenza può essere solo e soltanto POLITICO).

Sono di certo un difensore del libero mercato, ma non verserò mica fiumi di inchiostro per pontificare la bontà dello sfascio statale né intendo mettermi due bei prosciutti sugli occhi per difendere piuttosto ideologicamente le tragiche storture sociali del sistema americano (pro-USA fin nel midollo, ma intellettualmente libero – sempre e in qualsiasi ambito – di denunciarne le scempiaggini).

Che significa tradotto in soldoni? Vado per immagini che credo siano sufficientemente esplicative. Del conservatorismo newyorkese, dei dollaroni e dei bei grattacieli lindi e cristallini non me ne frega una beneamata cippa. Del conservative quale diretta espressione dell’establishment col cuore a Wall Street me ne impipo con tronfia fierezza. Del managerone che mi viene a consegnare un bel pacco di biglietti verdi nella sede del partito repubblicano, so bene quale sia la sua nobile “affezione” ai destri destini americani.

Attenzione, non intendo assolutamente canzonare il merito della battaglia liberale e libertaria, chiedo solo che non si confonda con i paradigmi conservatori.

Chiarisco un aspetto: la mia difesa del libero mercato è giusto un mezzo, una conclusione di priorità altre (politiche e morali) e non già un totem o un fine ultimo, figuriamoci poi quanto possa essere in disaccordo se si intenda perseguirlo con brutale spietatezza turbocapitalista.

Continuo per immagini per arrivare alla “pars costruens”. L’idea che custodisco nel cuore è quella di un conservatore, tal John Ronald Reuel Tolkien che amava quei meravigliosi scenari sudafricani (di rara potenza evocativa) che fu costretto ad abbandonare per trasferirsi in quell’isola inglese che industrializzata e proletaria com’era gli fece sinceramente schifo. Ma cos’è questa destra che regala la difesa dell’ambiente (cosa c’è di più Conservatore…) a quattro pirla figli del ciarpame “demoproletario”! Ma veramente ci crediamo che stiamo a destra per difendere i portafogli a fisarmonica e l’oligarchia palazzinara e industrialista? Veramente ci fa specie l’agricoltore che brucia il proprio raccolto per non prostituirlo ai quattro denari con cui importiamo le porcate con gli occhi a mandorla?
Torno alle immagini che mi ero ripromesso di usare: non sono il conservatore della “Grande Mela”, sono quello di Crawford, sono quello dell’America profonda che non esce sui grandi quotidiani di economia e finanza, sono quello israeliano del deserto del Negev, quello vandeano che rispedisce a calci in culo i “profeti” dell’infame rivoluzione francese con le sue meravigliose “conquiste” egualitarie. Sono quello spagnolo che si è recintato un terreno, coltiva quattro campi, alleva due buoi e con la bibbia in una mano e il fucile nell’altra spara contro le minchiate radicali e socialiste difese dalle “brigate internazionali”. Spara per Francisco Franco (non certo per quel tristo psicolabile di Hitler…) e per la Spagna Vera, per la tierra catòlica ch’è sempre stata, quella della terra, della corona, dell’esercito e di Santa Romana Chiesa. Sono quello che si identifica appieno con le romantiche note kirkiane a proposito della cittadina di Beaconsfield (e riferite di riflesso all’Inghilterra tutta): “Ben poco è cambiato qui: le solide case vecchie di quattro secoli, la piccola e pulita locanda, le grandi querce e le tranquille vie sono ancora le stesse dei tempi di Burke, anche se le villette e i nuovi sobborghi urbani di Londra affondano già i propri denti in Buckinghamshire e le piccole industrie stanno invadendo le città della zona. […] Ma la città vecchia di Beaconsfield è soltanto un’isola dell’antica Inghilterra nel mare industriale e proletario dell’umanità”.




Per farla breve: non sono certo un collo torto verso le “irripetibili” anticaglie d’un tempo (sarei un deprimente reazionario e non già un propositivo conservatore), ma nemmeno il fasullo conservative del “big business” senz’anima. Sono quello che, parafrasando ancora Kirk, ripudia qualsiasi forma di ideologia in quanto “religione capovolta” che alimenta fanatismi politici e costruzioni utopistiche. Per il sottoscritto c’è da ripartire da milionate di battaglie tese a riaffermare quel “diritto naturale” stuprato allo stesso modo da laicismi col K, progressismi a buon mercato e turbocapitalismi dimentichi delle più strazianti urla d’aiuto. C’è da ripartire dalla “buona battaglia” contro l’aborto, l’eutanasia, l’eugenetica proposta da lorsignori scienziati della perversione, dalla difesa dell’istituto familiare T-R-A-D-I-Z-I-O-N-A-L-E traviato da squallide “opzioni alternative” e delle fasce sociali più deboli di cui un modello ultraliberista oggettivamente se ne fotte.

FINE (prendetela come la relazione finale della I commissione).

Italianhawk83
22-04-05, 18:29
Dall'omelia del Cardinal Ratzinger pronunciata in occasione della Santa Messa «Pro Eligendo Romano Pontifice»

[...]Quanti venti di dottrina abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni, quante correnti ideologiche, quante mode del pensiero... La piccola barca del pensiero di molti cristiani è stata non di rado agitata da queste onde - gettata da un estremo all'altro: dal marxismo al liberalismo, fino al libertinismo; dal collettivismo all'individualismo radicale; dall'ateismo ad un vago misticismo religioso; dall'agnosticismo al sincretismo e così via. Ogni giorno nascono nuove sette e si realizza quanto dice San Paolo sull'inganno degli uomini, sull'astuzia che tende a trarre nell'errore.[...]

La mia profonda soddisfazione per l'elezione di Sua Santità Benedetto XVI si manifesta attraverso la totale identificazione col suo pensiero, emblematicamente dimostrata dalle riflessioni di cui sopra. E' un pensiero "forte", antirelativistico, parimenti allergico a qualsiasi forma di collettivismo e turbocapitalismo. E' il pensiero di un Papa profondamente Conservatore. E non è la "becera strumentalizzazione politica", è qualcosa di molto più alto: è l' "habitus" mentale di un uomo.
Ce la raccontiamo tra conservatori e non sto certo a usare pelosi distinguo per sottolineare una simile ovvietà.

UgoDePayens
26-04-05, 16:23
E' assolutamente vero che il relativismo etico è il nemico principale che dobbiamo affrontare.
Teniamo però presente che lo stesso Papa, quando fu Cardinale capo della Congregazione del Sant'Uffizio, in un libro intervista con Habermas (che sicuramente cattolico non è) ribadiva la totale conciliabilità tra i valori dello stato etico e le libertà democratiche.