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Visualizza Versione Completa : PdL, sinistre, crisi - La Grassa



Combat
31-03-09, 18:55
Stralci dall'articolo di La Grassa "Civiltà" e "Barbarie", in cui affronta la tematica PdL, sinistre, e crisi economica.

...
Il leader, al momento incontrastato, del centro-destra compie la sua netta
scelta di politica estera in senso filoamericano e filoisraeliano. Non si tratta d’altronde di una novità,
è quello che ha sempre fatto. Non credo quindi che tale impostazione abbia riflessi su un atteggiamento
che non si porrà neppure in netto contrasto con la Russia, che appoggerà una certa strategia
di alcune nostre grandi imprese di punta tipo l’Eni, ecc. Nemmeno dovrebbe essere messa in discussione
una qualche politica di vicinanza con settori (moderati però) del mondo arabo. Tuttavia,
la cifra più significativa resterà quella della stretta alleanza, in realtà sostanziale sudditanza, rispetto
ai “campioni del mondo libero”, cioè ai prepotenti che fino ad ieri tentavano il disegno apertamente
“imperiale” mentre oggi, tatticamente, ripiegano su politiche più subdole e di “ritirata strategica”,
ma per prepararsi meglio a riprendere in futuro il loro progetto – che ritengo fallirà comunque nel
medio periodo – soprattutto quando sarà passata la fase più acuta della buriana rappresentata
dall’attuale crisi.
In politica interna, si parla – con molta enfasi e sovraccaricando i toni – di rivoluzione liberale
(e ovviamente “democratica”, secondo i canoni di democrazia già da me accennati recentemente in
Democrazia, ma quale?). Si capisce che, in realtà, s’insiste sul liberismo, sul mercato quale luogo
di tutte le virtù (liberali), quindi sul fare sanguigno (e per nulla etico come si predica solo per mascheratura
ideologica in questa fase di crisi) di chi fa della propria vita un radicale e totalmente
prendente impegno di intrapresa privata. Dove privato significa semplicemente individuale (anche
di un piccolo gruppo di vertice) senza reale riferimento alla stolta divisione tra “pubblico” e “privato”
dell’ormai antiquata e superata sinistra. Tanto per far nomi, Scaroni e Guarguaglini (con i loro
più stretti collaboratori) sono due tipici intraprendenti privati nell’accezione berlusconiana. Lo sono
assai più di un Marchionne per non parlare di un Montezemolo. Eppure, è evidente che il premier
vuol……premiare anche individui di questo secondo tipo, appartenenti al nocciolo duro della
GFeID, concedendo loro l’ultima opportunità di un compromesso onorevole, che porterà, compatibilmente
con i tempi di crisi finché questi dureranno, nuovi finanziamenti ai “decotti” e parassiti. La
sensazione è che il compromesso sia già accettato – non mi sembra però con slancio; invece con parecchie
riserve – dal nuovo presidente di Confindustria. Fino a quando l’avventura del Pdl andrà
bene, un simile compromesso reggerà in ogni caso.

...

Quello che mi ha sempre scatenato l’ira più incontenibile, in questi anni, è stato lo stupido antiberlusconismo
in quanto disprezzo verso lo spirito “da bottegai” (alcuni dicevano “da nord-est”).
Lasciamo stare i dubbi che ho su molti di quelli che avanzano simili critiche, quelli che ho spesso
definito “semicolti” e presunti “progressisti”. Il vero fatto è che nemmeno a me piacciono le bandane,
i frizzi e lazzi, le spiritosaggini grossolane, insomma l’atteggiamento poco serio di un capo di
governo. Non sono però disposto a fermarmi lì; nemmeno accetto che, con la scusa di un fascismo
del tutto inesistente e accampato da laidi e debosciati antifascisti (antitetici all’antifascismo che ho
conosciuto da giovane), ci si dediche alle barzellette o alle accuse infamanti senza un minimo di
trattazione delle questioni politiche vere e proprie. I girotondini, i nani e ballerini
dell’(avan)spettacolo di sinistra, i registi che fanno la vergogna del cinema italiano, i puri demagoghi
alla Grillo o alla Di Pietro, ecc. sono peggiori del peggiore berlusconismo, sono il vero “sonno
della ragione”, farfalloni superficiali, arroganti e presuntuosi. Ma anche certi uomini di cultura, probabilmente
vera, sono ormai del tutto sorpassati, non comprendono che, anche questa fosse vera epoca
“barbarica”, si tratta comunque di transizione ad “altro” che dobbiamo sforzarci di comprendere,
senza disperatamente tentare di fermare un processo ormai “lanciato”. Sappiamo bene che i
“barbari” sono spesso una cesura che riapre una nuova fase di sviluppo (non solo economico e definito,
da chi ci sguazza agiatamente in mezzo, “volgarmente materiale”).

...

4
L’importante è che, nel frattempo, si chiuda l’epoca dell’assistenzialismo impropriamente denominato
– sempre con intenti di mascheramento – “Stato sociale” (o, per renderlo ancora più gradevole,
Welfare State o anche solo con il primo termine). Basta con simili fanfaluche. Questo Welfare
era reso possibile da una configurazione dei rapporti tra paesi avanzati che, per sessant’anni e
grazie anche al trovarsi di fronte il campo antagonista presunto affossatore del capitalismo, è stata
dominata e regolata dagli Usa; e non semplicemente e non tanto per aver mantenuto il dollaro (non
il Bancor keynesiano) quale moneta di riferimento, quanto per la complementarietà, pur non scevra
di competizione (ma tutto sommato blanda), tra le diverse formazioni particolari capitalistiche.
Quell’epoca è tramontata, ci si decida a prenderne atto. Al di là delle occasioni che offre una situazione
multipolare, questo è comunque il mondo che avanza. Continuare con l’ideologia “socialdemocratica”,
detta riformista e progressista (e per decenni trattata da politically correct), è ormai la
peggiore forma di reazionarismo.
Sia chiaro che nemmeno esiste veramente una destra moderna. In Italia, un Fini fa concorrenza
alla sinistra in fatto di “anticaglie”; una Lega popolaresca (e populista) inocula pur sempre elementi
di divisione nello Stato, mentre questo dovrebbe finalmente attuare una politica nazionale (non nazionalistica)
e non meramente assistenziale. Nel resto d’Europa, la situazione è pur sempre un po’
meno peggiore che da noi, ma le coordinate di fondo sono le medesime. Gli Usa si stanno adattando,
tatticamente, alla fase ma certo con una ben maggiore capacità decisionale. La loro politica estera
apparentemente schizofrenica, divisa tra la presidenza e il segretariato di Stato (Hillary Clinton),
è in realtà, a mio avviso, una politica dei “due forni”, in cui si tenta di cucinare gli avversari, tra aperture
e “asprezze” accompagnate da ampi tentativi di corruzione (lo si vede in Afghanistan, negli
aiuti dati a Gaza ma tramite la sedicente Autorità nazionale palestinese diretta da veri Quisling, perfino
in Iran, dove si cerca di sfruttare qualche ambigua “quinta colonna” interna, al momento poco
appariscente). Non credo che certi tentativi riusciranno, perché ci si avvierà sempre più verso una
politica di continui parziali accordi, e disfacimento degli stessi, tra il polo ancora preminente e le
altre potenze in crescita. Questo il senso e la direzione della fase multipolare verso cui ci si avvia; in
modo non lineare e non certo in un batter d’occhio, lo si tenga sempre presente.
Vogliamo opporci, in Italia, all’attuale maggioranza governativa? Va benissimo, ma ormai mandando
all’inferno l’attuale “civile e (semi)colta” sinistra. Si tratta di zombi, di un’era che fu. Gli ita-
liani di sinistra sono talmente arretrati culturalmente che ancora non se ne rendono conto. Sono
fermi al secolo scorso, con puntate a duecento anni fa. E’ necessario che vengano spazzati via. Bisogna
liberare il campo dai rovi e sterpaglia: si bruci tutto e, con la cenere, si potrà rifertilizzare il
terreno e renderlo più sciolto rispetto a com’è oggi, così argilloso e fangoso. I “barbari” sono decisamente
più avanti, ma non sembrano porsi all’altezza dei tempi per quel che riguarda una forma di
statalismo, che contrasti la pesante, e pur essa antiquata, ideologia neoliberista, senza però cadere
nel vieto statalismo dell’epoca monocentrica in “occidente” e del mondo bipolare. Lo Stato deve
essere semplicemente rappresentato da una politica decisionista e univoca di un gruppo coeso, scevro
da intenti solo assistenzialistici e capace di valorizzare la piena responsabilità individuale, in
grado di affermarsi senza spirito di pura sopraffazione, imbroglio, raggiro, ecc. E senza arrivare alle
forme novecentesche del nazionalismo più acceso, che sappiamo bene dove portano.

Spetaktor
01-04-09, 17:32
io provo a lanciare il "germe":
http://forum.politicainrete.net/showthread.php?t=344

Boris
24-03-10, 18:17
Inizio dalle primissime discussioni a commentare su questo forum. Sono discussioni, alcune fra queste, molto interessanti per quanto datate sono - a mio modesto parere - attuali. Questo scritto di La Grassa per esempio non ha perso la sua validità.



Stralci dall'articolo di La Grassa "Civiltà" e "Barbarie", in cui affronta la tematica PdL, sinistre, e crisi economica.

...
Il leader, al momento incontrastato, del centro-destra compie la sua netta
scelta di politica estera in senso filoamericano e filoisraeliano. Non si tratta d’altronde di una novità,
è quello che ha sempre fatto. Non credo quindi che tale impostazione abbia riflessi su un atteggiamento
che non si porrà neppure in netto contrasto con la Russia, che appoggerà una certa strategia
di alcune nostre grandi imprese di punta tipo l’Eni, ecc. Nemmeno dovrebbe essere messa in discussione
una qualche politica di vicinanza con settori (moderati però) del mondo arabo. Tuttavia,
la cifra più significativa resterà quella della stretta alleanza, in realtà sostanziale sudditanza, rispetto
ai “campioni del mondo libero”, cioè ai prepotenti che fino ad ieri tentavano il disegno apertamente
“imperiale” mentre oggi, tatticamente, ripiegano su politiche più subdole e di “ritirata strategica”,
ma per prepararsi meglio a riprendere in futuro il loro progetto – che ritengo fallirà comunque nel
medio periodo – soprattutto quando sarà passata la fase più acuta della buriana rappresentata
dall’attuale crisi.
In politica interna, si parla – con molta enfasi e sovraccaricando i toni – di rivoluzione liberale
(e ovviamente “democratica”, secondo i canoni di democrazia già da me accennati recentemente in
Democrazia, ma quale?). Si capisce che, in realtà, s’insiste sul liberismo, sul mercato quale luogo
di tutte le virtù (liberali), quindi sul fare sanguigno (e per nulla etico come si predica solo per mascheratura
ideologica in questa fase di crisi) di chi fa della propria vita un radicale e totalmente
prendente impegno di intrapresa privata. Dove privato significa semplicemente individuale (anche
di un piccolo gruppo di vertice) senza reale riferimento alla stolta divisione tra “pubblico” e “privato”
dell’ormai antiquata e superata sinistra. Tanto per far nomi, Scaroni e Guarguaglini (con i loro
più stretti collaboratori) sono due tipici intraprendenti privati nell’accezione berlusconiana. Lo sono
assai più di un Marchionne per non parlare di un Montezemolo. Eppure, è evidente che il premier
vuol……premiare anche individui di questo secondo tipo, appartenenti al nocciolo duro della
GFeID, concedendo loro l’ultima opportunità di un compromesso onorevole, che porterà, compatibilmente
con i tempi di crisi finché questi dureranno, nuovi finanziamenti ai “decotti” e parassiti. La
sensazione è che il compromesso sia già accettato – non mi sembra però con slancio; invece con parecchie
riserve – dal nuovo presidente di Confindustria. Fino a quando l’avventura del Pdl andrà
bene, un simile compromesso reggerà in ogni caso.




Assolutamente perfetta questa analisi sia per la politica estera del governo Berlusconi che per la politica interna. Personalmente credo che non ci siano state molte novità nella politica estera berlusconiana: ribadita l'alleanza con l'amministrazione americana e incoraggiate le missioni militari all'estero (soprattutto rinforzata quella in Afghanistan) sia verso Israele che verso la Russia il premier ha mantenuto i suoi rapporti privilegiati da una parte con i settori più estremisti del panorama politico israeliano (Nethaniahu) dall'altra parte ha rafforzato particolarmente la cooperazione energetica con la Russia di Putin. Identico discorso si potrebbe fare in direzione della Libia di Gheddafi e dell'Arabia Saudita (principale alleato militare e strategico americano nel Golfo). In breve - anche promuovendo iniziative discutibili - Berlusconi ha confermato il suo filo-americanismo. Il liberismo come principio ispiratore della politica economica e il caposaldo democratico di cui il PDL vorrebbe poi farsi interprete (con la formula anche recentemente ribadita della "libertà" minacciata dalla magistratura faziosa e politicizzata) sono tematiche non nuove sulle quali il Cavaliere ha costruito il suo successo politico trovando ampio sostegno a livello popolare in particolare grazie all'alleanza con la Lega Nord. Al momento mi pare che questa unione Berlusconi-Lega Nord (che supera anche l'intera struttura di partito-monopolistico del PDL) sia la principale forza del paese contro la quale difficilmente le sinistre e il centro cattolico riusciranno - almeno nell'immediato - a fare argine. Le amministrative diranno se e quale sarà il futuro delle riforme: in caso di vittoria del centro-destra come già annunciato si prevedono scossoni istituzionali e nuovi bracci di ferro fra esecutivo e opposizione/magistratura.


Quello che mi ha sempre scatenato l’ira più incontenibile, in questi anni, è stato lo stupido antiberlusconismo
in quanto disprezzo verso lo spirito “da bottegai” (alcuni dicevano “da nord-est”).
Lasciamo stare i dubbi che ho su molti di quelli che avanzano simili critiche, quelli che ho spesso
definito “semicolti” e presunti “progressisti”. Il vero fatto è che nemmeno a me piacciono le bandane,
i frizzi e lazzi, le spiritosaggini grossolane, insomma l’atteggiamento poco serio di un capo di
governo. Non sono però disposto a fermarmi lì; nemmeno accetto che, con la scusa di un fascismo
del tutto inesistente e accampato da laidi e debosciati antifascisti (antitetici all’antifascismo che ho
conosciuto da giovane), ci si dediche alle barzellette o alle accuse infamanti senza un minimo di
trattazione delle questioni politiche vere e proprie. I girotondini, i nani e ballerini
dell’(avan)spettacolo di sinistra, i registi che fanno la vergogna del cinema italiano, i puri demagoghi
alla Grillo o alla Di Pietro, ecc. sono peggiori del peggiore berlusconismo, sono il vero “sonno
della ragione”, farfalloni superficiali, arroganti e presuntuosi. Ma anche certi uomini di cultura, probabilmente
vera, sono ormai del tutto sorpassati, non comprendono che, anche questa fosse vera epoca
“barbarica”, si tratta comunque di transizione ad “altro” che dobbiamo sforzarci di comprendere,
senza disperatamente tentare di fermare un processo ormai “lanciato”. Sappiamo bene che i
“barbari” sono spesso una cesura che riapre una nuova fase di sviluppo (non solo economico e definito,
da chi ci sguazza agiatamente in mezzo, “volgarmente materiale”).

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4
L’importante è che, nel frattempo, si chiuda l’epoca dell’assistenzialismo impropriamente denominato
– sempre con intenti di mascheramento – “Stato sociale” (o, per renderlo ancora più gradevole,
Welfare State o anche solo con il primo termine). Basta con simili fanfaluche. Questo Welfare
era reso possibile da una configurazione dei rapporti tra paesi avanzati che, per sessant’anni e
grazie anche al trovarsi di fronte il campo antagonista presunto affossatore del capitalismo, è stata
dominata e regolata dagli Usa; e non semplicemente e non tanto per aver mantenuto il dollaro (non
il Bancor keynesiano) quale moneta di riferimento, quanto per la complementarietà, pur non scevra
di competizione (ma tutto sommato blanda), tra le diverse formazioni particolari capitalistiche.
Quell’epoca è tramontata, ci si decida a prenderne atto. Al di là delle occasioni che offre una situazione
multipolare, questo è comunque il mondo che avanza. Continuare con l’ideologia “socialdemocratica”,
detta riformista e progressista (e per decenni trattata da politically correct), è ormai la
peggiore forma di reazionarismo.
Sia chiaro che nemmeno esiste veramente una destra moderna. In Italia, un Fini fa concorrenza
alla sinistra in fatto di “anticaglie”; una Lega popolaresca (e populista) inocula pur sempre elementi
di divisione nello Stato, mentre questo dovrebbe finalmente attuare una politica nazionale (non nazionalistica)
e non meramente assistenziale. Nel resto d’Europa, la situazione è pur sempre un po’
meno peggiore che da noi, ma le coordinate di fondo sono le medesime. Gli Usa si stanno adattando,
tatticamente, alla fase ma certo con una ben maggiore capacità decisionale. La loro politica estera
apparentemente schizofrenica, divisa tra la presidenza e il segretariato di Stato (Hillary Clinton),
è in realtà, a mio avviso, una politica dei “due forni”, in cui si tenta di cucinare gli avversari, tra aperture
e “asprezze” accompagnate da ampi tentativi di corruzione (lo si vede in Afghanistan, negli
aiuti dati a Gaza ma tramite la sedicente Autorità nazionale palestinese diretta da veri Quisling, perfino
in Iran, dove si cerca di sfruttare qualche ambigua “quinta colonna” interna, al momento poco
appariscente). Non credo che certi tentativi riusciranno, perché ci si avvierà sempre più verso una
politica di continui parziali accordi, e disfacimento degli stessi, tra il polo ancora preminente e le
altre potenze in crescita. Questo il senso e la direzione della fase multipolare verso cui ci si avvia; in
modo non lineare e non certo in un batter d’occhio, lo si tenga sempre presente.
Vogliamo opporci, in Italia, all’attuale maggioranza governativa? Va benissimo, ma ormai mandando
all’inferno l’attuale “civile e (semi)colta” sinistra. Si tratta di zombi, di un’era che fu. Gli ita-
liani di sinistra sono talmente arretrati culturalmente che ancora non se ne rendono conto. Sono
fermi al secolo scorso, con puntate a duecento anni fa. E’ necessario che vengano spazzati via. Bisogna
liberare il campo dai rovi e sterpaglia: si bruci tutto e, con la cenere, si potrà rifertilizzare il
terreno e renderlo più sciolto rispetto a com’è oggi, così argilloso e fangoso. I “barbari” sono decisamente
più avanti, ma non sembrano porsi all’altezza dei tempi per quel che riguarda una forma di
statalismo, che contrasti la pesante, e pur essa antiquata, ideologia neoliberista, senza però cadere
nel vieto statalismo dell’epoca monocentrica in “occidente” e del mondo bipolare. Lo Stato deve
essere semplicemente rappresentato da una politica decisionista e univoca di un gruppo coeso, scevro
da intenti solo assistenzialistici e capace di valorizzare la piena responsabilità individuale, in
grado di affermarsi senza spirito di pura sopraffazione, imbroglio, raggiro, ecc. E senza arrivare alle
forme novecentesche del nazionalismo più acceso, che sappiamo bene dove portano.

La sinistra dei girotondi, dei popoli della rete, delle rivoluzioni colorate e arcobaleno ha dimostrato ampiamente di non riuscire a superare le sue contraddizioni. E' da quindici anni che è rimasta appiattita sull'anti-berlusconismo che, con l'avanzata dell'IDV, ha puntualmente fatto il gioco dei suoi avversari. Nè Bersani nè il PD rappresentano al momento una seria alternativa di governo , primo perchè non ne hanno i numeri e poi - soprattutto - perchè non mi pare abbiano neanche un programma (qualche anno fa fallì anche l'idea di creare una specie di governo-ombra di centro-sinistra). Di Pietro-Grillo sono pronti a raccogliere il voto di protesta di un insieme di movimenti-associazioni che un tempo rappresentavano quella che si definiva "estrema sinistra" attualmente inesistente (o quasi).
Probabilmente se riusciranno a erodere il bacino elettorale del PD ci potrebbero esserci nuovi spazi - in particolare se avvenisse l'unione tra UDC e il partito di Rutelli - per la creazione di quel grande centro di cui tutti parlano da anni ma per il quale non sembra finora ci siano le volontà e i mezzi per realizzarlo.

La DC praticamente manca come stabilizzatore della politica italiana e questo è il principale problema per tutti quelli che si richiamano ai valori cattolici.

Se non passa la riforma presidenzialista , e una volta uscito di scena Berlusconi (la successione sembra abbastanza lontana però c'è chi ci sta pensando) , esiste la prospettiva di ritrovarsi fra qualche annetto una nuova riedizione della scudo crociato. Non modificherebbe sostanzialmente niente per la politica estera nè per le alleanze internazionali del paese ma renderebbe meno altalenante e litigioso il confronto politico.

Ovviamente non sono per niente d'accordo su questa ipotesi nè mi farebbe piacere uno scenario dominato da un partito post-democristiano.
Cosa ne pensate di questa eventualità?

José Frasquelo
24-03-10, 20:47
Inizio dalle primissime discussioni a commentare su questo forum. Sono discussioni, alcune fra queste, molto interessanti per quanto datate sono - a mio modesto parere - attuali. Questo scritto di La Grassa per esempio non ha perso la sua validità.





Assolutamente perfetta questa analisi sia per la politica estera del governo Berlusconi che per la politica interna. Personalmente credo che non ci siano state molte novità nella politica estera berlusconiana: ribadita l'alleanza con l'amministrazione americana e incoraggiate le missioni militari all'estero (soprattutto rinforzata quella in Afghanistan) sia verso Israele che verso la Russia il premier ha mantenuto i suoi rapporti privilegiati da una parte con i settori più estremisti del panorama politico israeliano (Nethaniahu) dall'altra parte ha rafforzato particolarmente la cooperazione energetica con la Russia di Putin. Identico discorso si potrebbe fare in direzione della Libia di Gheddafi e dell'Arabia Saudita (principale alleato militare e strategico americano nel Golfo).

Guarda non so quanto sia proficuo riprendere le vecchie discussioni. Di certo fai bene a leggertele, ma già riguardo a Berlusconi, ad Aprile del 2009 sicuramente molte cose ancora dovevano essere fatte, ad un certo punto la rottura con Obama sembrava abbastanza netta e Berlusconi avviato verso una politica estera discretamente indipendente pur nel contesto limitato dall'alleanza con la NATO (dalla quale di certo questa politica non è in grado di affrancarsi neanche se lo volesse). Nel 2010 l'unica cosa abbastanza criticabile è stata la comunella fatta alla Knesset, ma comunque trattavasi di un contesto diplomatico e la lobby sionista in Italia, Berlusconi o no è molto forte e purtroppo se vuoi fare qualcosa va un minimo assecondata.
Per il resto che riguarda la politica interna, molto è stato condizionato dai continui attacchi subdoli e a mezzo stampa di De Benedetti e i suoi prodi.