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Visualizza Versione Completa : Papa Paolo VI...parliamone seriamente (complice il documentario...)



Colombo da Priverno
06-08-02, 14:35
http://santiebeati.it/immagini/Original/90028/POPE0262A.JPG

Questa mattina - Festa della Trasfigurazione del Signore - Giovanni Paolo II ha celebrato la Santa Messa nella Cappella privata del Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo, in memoria del Suo predecessore il Servo di Dio Paolo VI, nel XXIV anniversario della morte avvenuta a Castel Gandolfo il 6 agosto 1978.

Riportiamo di seguito le parole pronunciate dal Santo Padre introducendo la Celebrazione Eucaristica di stamane:


PAROLE DEL SANTO PADRE

"Il suo volto brillò come il sole" (Mt 17, 2), così leggiamo nel Vangelo odierno. Il volto di Cristo è volto di luce che squarcia l'oscurità della morte: è annuncio e pegno della nostra gloria, poiché è il volto del Crocifisso Risorto. In esso, la Chiesa, sua Sposa, contempla il suo tesoro e la sua gioia: "Dulcis Iesu memoria, dans vera cordis gaudia".

Ricordiamo oggi il mio venerato Predecessore, il servo di Dio Paolo VI, che, ventiquattro anni or sono al tramonto di questo giorno, festa della Trasfigurazione del Signore, proprio da questo luogo entrò nella pace di Dio, per contemplarne la gloria splendente.

Quante volte, raccolto nella preghiera, egli anelò di vedere nella fede il volto del Signore! La sua incrollabile testimonianza a Cristo Luce del mondo, nei tempi difficili in cui esercitò il Supremo Pontificato, vive ancora oggi nella Chiesa. Egli fu un instancabile e paziente artigiano della costruzione della "civiltà dell'amore", illuminata dal volto splendente del Redentore.

Mentre ci accingiamo a celebrare la Santa Messa, affidiamo a Dio l'anima di questo suo fedele servo. Chiediamo inoltre alla Vergine Maria, Madre della Chiesa, che ogni giorno della nostra vita sia concreta testimonianza d'amore verso il Signore, il cui volto continua a splendere sopra di noi (cfr Sal 67, 3).

Dreyer
23-07-04, 09:53
Complice il documentario andato in onda su rai3 ieri sera e dedicato alla figura del papa Paolo VI (1897-1978), vorrei aprire un 3d- con annesso sondaggio- per vedere con voi cosa ne pensiamo del suo pontificato, i suoi punti di forza, i suoi punti deboli, le cose giuste, quelle sbagliate, e così via.

Per questo ho messo anche un sondaggio per capire- grosso modo- qual è l'impressione generale; prego poi di voler specificare i perchè della propria scelta.

Thomas Aquinas
23-07-04, 15:40
Premesso che non ho nè le capacità, nè le competenze per giudicare Paolo VI, mi permetto tuttavia di esprimere la mia opinione.

Paolo VI fu Papa in un tempo difficile, molto difficile: il Concilio, la grande contestazione, la società che sempre più si laicizzava.

Penso che l'equilibrio sia stata una sua grande virtù,
l'equilibrio non degli spiriti freddini;
ma quello di chi, con saggezza e prudenza, riesce a distinguere verità ed errore.

Aperto verso il mondo contemporaneo, aperto a parlare così da essere compreso, seppe giustamente tirare le redini quando in molti sconfinarono più che nell'eresia....direi nel delirio proprio...

Forse avrebbe potuto fare di più a questo livello, non lo so.

Nè ultraconservatore, nè modernista,
cattolico dei tempi moderni, difensore della fede di sempre.

Thomas Aquinas

Dreyer
23-07-04, 16:20
intanto ringrazio thomas x l'intervento, e sollecito chi ha votato a spiegare il perchè del voto.

fra l'altro il risultato s'è ribaltato...stamani era 3 a 1 a favore del no, adesso è 7 a 3 a favore del si...

Dreyer
23-07-04, 16:22
http://www.mortet.it/PAOLO%20VI.JPG

Dreyer
23-07-04, 16:23
http://www.lalode.com/docfam/1papaVI.jpg

Dreyer
23-07-04, 16:27
http://www.concesiopieve.org/PaoloVI/foto_v08.jpg

Discorso all'Assemblea Generale dell'ONU

Lunedì, 4 ottobre 1965

Nel momento in cui prendiamo la parola davanti a questo consesso unico al mondo, sentiamo il bisogno anzitutto di esprimere la Nostra profonda gratitudine al Signor Thant, vostro Segretario Generale, per l'invito ch'egli Ci ha rivolto di visitare le Nazioni Unite, in occasione del ventesimo anniversario della fondazione di questa Istituzione mondiale per la pace e per la collaborazione fra i popoli di tutta la terra. Noi ringraziamo altresì il Signor Presidente dell'Assemblea, On. Amintore Fanfani, il quale, dal giorno del suo insediamento, ha avuto per Noi parole tanto cortesi.

Grazie anche a voi tutti, qui presenti, per la vostra buona accoglienza.

A ciascuno di voi il Nostro riverente e cordiale saluto. La vostra amicizia Ci ha invitati e Ci ammette ora a questa riunione: e come amici Noi qui a voi Ci presentiamo.

Vi esprimiamo il Nostro cordiale omaggio personale e vi offriamo quello dell'intero Concilio Ecumenico Vaticano II, riunito in Roma, e qui rappresentato dai Signori Cardinali che a questo scopo Ci accompagnano. A loro nome, come da parte Nostra, rendiamo a voi tutti onore e vi salutiamo!

Questo incontro, voi tutti lo comprendete, segna un momento semplice e grande. Semplice, perché voi avete davanti un uomo come voi; egli è vostro fratello, e fra voi, rappresentanti di Stati sovrani, uno dei più piccoli, rivestito lui pure, se così vi piace considerarci, d'una minuscola, quasi simbolica sovranità temporale, quanta gli basta per essere libero di esercitare la sua missione spirituale, e per assicurare chiunque tratta con lui, che egli è indipendente da ogni sovranità di questo mondo. Egli non ha alcuna potenza temporale, né alcuna ambizione di competere con voi; non abbiamo infatti alcuna cosa da chiedere, nessuna questione da sollevare; se mai un desiderio da esprimere e un permesso da chiedere, quello di potervi servire in ciò che a Noi è dato di fare, con disinteresse, con umiltà e amore.

DA VENTI SECOLI UN VOTO DEL CUORE

Questa è la Nostra prima dichiarazione; e, come voi vedete, essa è così semplice, che sembra irrilevante per questa Assemblea, che tratta sempre cose importantissime e difficilissime. Ma Noi dicevamo, e tutti lo avvertite, che questo momento è anche grande. Grande per Noi, grande per voi.

Per Noi, anzitutto. Oh! voi sapete chi siamo; e, qualunque sia l'opinione che voi avete sul Pontefice di Roma, voi conoscete la Nostra missione; siamo portatori d'un messaggio per tutta l'umanità; e lo siamo non solo a Nostro nome personale e dell'intera famiglia cattolica, ma lo siamo pure di quei Fratelli cristiani, che condividono i sentimenti da Noi qui espressi, e specialmente di quelli da cui abbiamo avuto esplicito incarico d'essere anche loro interpreti. Noi siamo come il messaggero che, dopo lungo cammino, arriva a recapitare la lettera che gli è stata affidata; così Noi avvertiamo la fortuna di questo, sia pur breve, momento, in cui si adempie un voto, che Noi portiamo nel cuore da quasi venti secoli. Sì, voi ricordate: è da molto tempo che siamo in cammino, e portiamo con Noi una lunga storia; Noi celebriamo qui l'epilogo d'un faticoso pellegrinaggio in cerca d'un colloquio con il mondo intero, da quando Ci è stato comandato: "Andate e portate la buona novella a tutte le genti".

Ora siete voi, che rappresentate tutte le genti. Noi abbiamo per voi tutti un messaggio, sì, un messaggio felice, da consegnare a ciascuno di voi.

IN NOME DEI MORTI DEI POVERI DEI SOFFERENTI

1. Il Nostro messaggio vuol essere, in primo luogo, una ratifica morale e solenne di questa altissima Istituzione. Questo messaggio viene dalla Nostra esperienza storica; Noi, quali "esperti in umanità", rechiamo a questa Organizzazione il suffragio dei Nostri ultimi Predecessori, quello di tutto l'Episcopato cattolico, e Nostro, convinti come siamo che essa rappresenta la via obbligata della civiltà moderna e della pace mondiale.

Dicendo questo, Noi sentiamo di fare Nostra la voce dei morti e dei vivi; dei morti, caduti nelle tremende guerre passate sognando la concordia e la pace del mondo; dei vivi, che a quelle hanno sopravvissuto portando nei cuori la condanna per coloro che tentassero rinnovarle; e di altri vivi ancora, che avanzano nuovi e fidenti, i giovani delle presenti generazioni, che sognano a buon diritto una migliore umanità. E facciamo Nostra la voce dei poveri, dei diseredati, dei sofferenti, degli anelanti alla giustizia, alla dignità della vita, alla libertà, al benessere e al progresso. I popoli considerano le Nazioni Unite come il palladio della concordia e della pace; Noi osiamo, col Nostro, portare qua il loro tributo di onore e di speranza. Ecco perché questo momento è grande anche per voi.

GIUSTIZIA DIRITTO TRATTATIVA NELLE RELAZIONI TRA I POPOLI

2. Noi sappiamo che ne avete piena coscienza. Ascoltate allora la continuazione del Nostro messaggio. Esso è rivolto completamente verso l'avvenire: l'edificio, che avete costruito, non deve mai più decadere, ma deve essere perfezionato e adeguato alle esigenze che la storia del mondo presenterà. Voi segnate una tappa nello sviluppo dell'umanità, dalla quale non si dovrà più retrocedere, ma avanzare.

Al pluralismo degli Stati, che non possono più ignorarsi, voi offrite una formola di convivenza, estremamente semplice e feconda. Ecco: voi dapprima vi riconoscete e distinguete gli uni dagli altri. Voi non conferite certamente l'esistenza agli Stati; ma qualificate come idonea a sedere nel consesso ordinato dei Popoli ogni singola Nazione; date cioè un riconoscimento di altissimo valore etico e giuridico ad ogni singola comunità nazionale sovrana, e le garantite onorata cittadinanza internazionale. È già un grande servizio alla causa dell'umanità quello di ben definire e di onorare i soggetti nazionali della comunità mondiale, e di classificarli in una condizione di diritto, meritevole d'essere da tutti riconosciuta e rispettata, dalla quale può derivare un sistema ordinato e stabile di vita internazionale. Voi sancite il grande principio che i rapporti fra i popoli devono essere regolati dalla ragione, dalla giustizia, dal diritto, dalla trattativa, non dalla forza, non dalla violenza, non dalla guerra, e nemmeno dalla paura, né dall'inganno.

Così ha da essere. Lasciate che Noi Ci congratuliamo con voi, che avete avuto la saggezza di aprire l'accesso a questa aula ai Popoli giovani, agli Stati giunti da poco alla indipendenza e alla libertà nazionale; la loro presenza è la prova dell'universalità e della magnanimità che ispirano i principii di questa Istituzione.

Così ha da essere; questo è il Nostro elogio e il Nostro augurio, e, come vedete, Noi non li attribuiamo dal di fuori; ma li caviamo dal di dentro, dal genio stesso del vostro Statuto.

GENEROSA FIDUCIA GIAMMAI INSIDIATA O TRADITA

3. Il vostro Statuto va oltre; e con esso procede il Nostro augurio.

Voi esistete ed operate per unire le Nazioni, per collegare gli Stati; diciamo questa seconda formola: per mettere insieme gli uni con gli altri. Siete una Associazione. Siete un ponte fra i Popoli. Siete una rete di rapporti fra gli Stati. Staremmo per dire che la vostra caratteristica riflette in qualche modo nel campo temporale ciò che la Nostra Chiesa cattolica vuol essere nel campo spirituale: unica ed universale. Non v'è nulla di superiore sul piano naturale nella costruzione ideologica dell'umanità. La vostra vocazione è quella di affratellare non solo alcuni, ma tutti i Popoli. Difficile impresa? Senza dubbio. Ma questa è l'impresa; questa la vostra nobilissima impresa. Chi non vede il bisogno di giungere così, progressivamente, a instaurare un'autorità mondiale, capace di agire con efficacia sul piano giuridico e politico?

Anche a questo riguardo ripetiamo il Nostro voto: perseverate. Diremo di più: procurate di richiamare fra voi chi da voi si fosse staccato, e studiate il modo per chiamare, con onore e con lealtà, al vostro patto di fratellanza chi ancora non lo condivide. Fate che chi ancora è rimasto fuori desideri e meriti la comune fiducia; e poi siate generosi nell'accordarla. E voi, che avete la fortuna e l'onore di sedere in questo consesso della pacifica convivenza, ascoltateci: fate che non mai la reciproca fiducia, che qui vi unisce e vi consente di operare cose buone e grandi. sia insidiata o tradita.

L'ORGOGLIO IL GRANDE ANTAGONISTA DELLE NECESSARIE ARMONIE

4. La logica di questo voto, che si può dire costituzionale per la vostra Organizzazione, Ci porta a integrarlo con altre formole. Ecco: che nessuno, in quanto membro della vostra unione, sia superiore agli altri. Non l'uno sopra l'altro. È la formola della eguaglianza. Sappiamo di certo come essa debba essere integrata dalla valutazione di altri fattori, che non sia la semplice appartenenza a questa Istituzione; ma anch'essa è costituzionale. Voi non siete eguali, ma qui vi fate eguali. Può essere per parecchi di voi atto di grande virtù; consentite che ve lo dica Colui che vi parla, il Rappresentante d'una Religione, la quale opera la salvezza mediante l'umiltà del suo Fondatore Divino. Non si può essere fratelli, se non si è umili. Ed è l'orgoglio, per inevitabile che possa sembrare. che provoca le tensioni e le lotte del prestigio, del predominio, del colonialismo dell'egoismo; rompe cioè la fratellanza.

CADANO LE ARMI, SI COSTRUISCA LA PACE TOTALE

5. E allora il Nostro messaggio raggiunge il suo vertice; il vertice negativo. Voi attendete da Noi questa parola, che non può svestirsi di gravità e di solennità: non gli uni contro gli altri, non più, non mai! A questo scopo principalmente è sorta l'Organizzazione delle Nazioni Unite; contro la guerra e per la pace ! Ascoltate le chiare parole d'un grande scomparso, di John Kennedy, che quattro anni or sono proclamava: "L'umanità deve porre fine alla guerra, o la guerra porrà fine all'umanità". Non occorrono molte parole per proclamare questo sommo fine di questa istituzione. Basta ricordare che il sangue di milioni di uomini e innumerevoli e inaudite sofferenze, inutili stragi e formidabili rovine sanciscono il patto che vi unisce, con un giuramento che deve cambiare la storia futura del mondo: non più la guerra, non più la guerra! La pace, la pace deve guidare le sorti dei Popoli e dell'intera umanità!

Grazie a voi, gloria a voi, che da vent'anni per la pace lavorate, e che avete perfino dato illustri vittime a questa santa causa. Grazie a voi, e gloria a voi, per i conflitti che avete prevenuti e composti. I risultati dei vostri sforzi, conseguiti in questi ultimi giorni in favore della pace, benché, non siano ancora definitivi, meritano che Noi, osando farci interpreti del mondo intero, vi esprimiamo plauso e gratitudine.

Signori, voi avete compiuto e state compiendo un'opera grande: l'educazione dell'umanità alla pace. L'ONU è la grande scuola per questa educazione. Siamo nell'aula magna di tale scuola; chi siede in questa aula diventa alunno e diventa maestro nell'arte di costruire la pace. Quando voi uscite da questa aula il mondo guarda a voi come agli architetti, ai costruttori della pace.

E voi sapete che la pace non si costruisce soltanto con la politica e con l'equilibrio delle forze e degli interessi, ma con lo spirito, con le idee, con le opere della pace. Voi già lavorate in questo senso. Ma voi siete ancora in principio: arriverà mai il mondo a cambiare la mentalità particolaristica e bellicosa, che finora ha tessuto tanta parte della sua storia? È difficile prevedere; ma è facile affermare che alla nuova storia, quella pacifica, quella veramente e pienamente umana, quella che Dio ha promesso agli uomini di buona volontà, bisogna risolutamente incamminarsi; e le vie sono già segnate davanti a voi; e la prima è quella del disarmo.

Se volete essere fratelli, lasciate cadere le armi dalle vostre mani. Non si può amare con armi offensive in pugno. Le armi, quelle terribili. specialmente, che la scienza moderna vi ha date, ancor prima che produrre vittime e rovine, generano cattivi sogni, alimentano sentimenti cattivi, creano incubi, diffidenze e propositi tristi, esigono enormi spese, arrestano progetti di solidarietà e di utile lavoro, falsano la psicologia dei popoli. Finché l'uomo rimane l'essere debole e volubile e anche cattivo, quale spesso si dimostra, le armi della difesa saranno necessarie, purtroppo; ma voi, coraggiosi e valenti quali siete, state studiando come garantire la sicurezza della vita internazionale senza ricorso alle armi: questo è nobilissimo scopo, questo i Popoli attendono da voi, questo si deve ottenere! Cresca la fiducia unanime in questa Istituzione, cresca la sua autorità; e lo scopo, è sperabile, sarà raggiunto. Ve ne saranno riconoscenti le popolazioni, sollevate dalle pesanti spese degli armamenti, e liberate dall'incubo della guerra sempre imminente, il quale deforma la loro psicologia. Noi godiamo di sapere che molti di voi hanno considerato con favore il Nostro invito, lanciato a tutti gli Stati per la causa della pace, a Bombay, nello scorso dicembre, di devolvere a beneficio dei Paesi in via di sviluppo una parte almeno delle economie, che si possono realizzare con la riduzione degli armamenti. Noi rinnoviamo qui tale invito, fidando nel vostro sentimento di umanità e di generosità.

OLTRE LA COESISTENZA: LA COLLABORAZIONE FRATERNA

6. Dicendo queste parole Ci accorgiamo di far eco ad un altro principio costitutivo di questo Organismo, cioè il suo vertice positivo: non solo qui si lavora per scongiurare i conflitti fra gli Stati, ma si lavora altresì con fratellanza per renderli capaci di lavorare gli uni per gli altri. Voi non vi contentate di facilitare la coesistenza e la convivenza fra le varie Nazioni; ma fate un passo molto più avanti, al quale Noi diamo la Nostra lode e il Nostro appoggio: voi promovete la collaborazione fraterna dei Popoli. Qui si instaura un sistema di solidarietà, per cui finalità civili altissime ottengono l'appoggio concorde e ordinato di tutta la famiglia dei Popoli per il bene comune, e per il bene dei singoli. Questo aspetto dell'Organizzazione delle Nazioni Unite è il più bello: è il suo volto umano più autentico; è l'ideale dell'umanità pellegrina nel tempo; è la speranza migliore del mondo; è il riflesso, osiamo dire, del disegno trascendente e amoroso di Dio circa il progresso del consorzio umano sulla terra; un riflesso, dove scorgiamo il messaggio evangelico da celeste farsi terrestre. Qui, infatti, Noi ascoltiamo un'eco della voce dei Nostri Predecessori, di quella specialmente di Papa Giovanni XXIII, il cui messaggio della Pacem in terris ha avuto anche nelle vostre sfere una risonanza tanto onorifica e significativa.

Perché voi qui proclamate i diritti e i doveri fondamentali dell'uomo, la sua dignità, la sua libertà e, per prima, la libertà religiosa. Ancora, Noi sentiamo interpretata la sfera superiore della sapienza umana, e aggiungiamo: la sua sacralità. Perché si tratta anzitutto della vita dell'uomo: e la vita dell'uomo è sacra: nessuno può osare di offenderla. Il rispetto alla vita, anche per ciò che riguarda il grande problema della natalità, deve avere qui la sua più alta professione e la sua più ragionevole difesa: voi dovete procurare di far abbondare quanto basti il pane per la mensa dell'umanità; non già favorire un artificiale controllo delle nascite, che sarebbe irrazionale, per diminuire il numero dei commensali al banchetto della vita.

Ma non si tratta soltanto di nutrire gli affamati: bisogna inoltre assicurare a ciascun uomo una vita conforme alla sua dignità. Ed è questo che voi vi sforzate di fare. E non si adempie del resto sotto i Nostri occhi e anche per opera vostra l'annuncio profetico che ben si addice a questa Istituzione: "Fonderanno le spade in vomeri; le lance in falci"? (Is. 2, 4). Non state voi impiegando le prodigiose energie della terra e le invenzioni magnifiche della scienza, non più in strumenti di morte, ma in strumenti di vita per la nuova era dell'umanità?

Noi sappiamo con quale crescente intensità ed efficacia l'Organizzazione delle Nazioni Unite, e gli organismi mondiali che ne dipendono, lavorino per fornire aiuto ai Governi, che ne abbiano bisogno, al fine di accelerare il loro progresso economico e sociale.

Noi sappiamo con quale ardore voi vi impegniate a vincere l'analfabetismo e a diffondere la cultura nel mondo; a dare agli uomini una adeguata e moderna assistenza sanitaria, a mettere a servizio dell'uomo le meravigliose risorse della scienza, della tecnica, dell'organizzazione: tutto questo è magnifico, e merita l'encomio e l'appoggio di tutti, anche il Nostro. Vorremmo anche Noi dare l'esempio, sebbene l'esiguità dei Nostri mezzi ci impedisca di farne apprezzare la rilevanza pratica e quantitativa: Noi vogliamo dare alle Nostre istituzioni caritative un nuovo sviluppo in favore della fame e dei bisogni del mondo: è in questo modo, e non altrimenti, che si costruisce la pace.

PER SALVARE LA CIVILTÀ PROFONDO RINNOVAMENTO IN DIO

7. Una parola ancora, Signori, un'ultima parola: questo edificio, che state costruendo, si regge non già solo su basi materiali e terrene: sarebbe un edificio costruito sulla sabbia; ma esso si regge, innanzitutto, sopra le nostre coscienze. È venuto il momento della "metanoia", della trasformazione personale, del rinnovamento interiore. Dobbiamo abituarci a pensare in maniera nuova l'uomo; in maniera nuova la convivenza dell'umanità, in maniera nuova le vie della storia e i destini del mondo, secondo le parole di S. Paolo: "Rivestire l'uomo nuovo, creato a immagine di Dio nella giustizia e santità della verità" (Eph. 4, 23). È l'ora in cui si impone una sosta, un momento di raccoglimento, di ripensamento, quasi di preghiera: ripensare, cioè, alla nostra comune origine, alla nostra storia, al nostro destino comune. Mai come oggi, in un'epoca di tanto progresso umano, si è reso necessario l'appello alla coscienza morale dell'uomo!

Il pericolo non viene né dal progresso né dalla scienza: questi, se bene usati, potranno anzi risolvere molti dei gravi problemi che assillano l'umanità. Il pericolo vero sta nell'uomo, padrone di sempre più potenti strumenti, atti alla rovina ed alle più alte conquiste!

In una parola, l'edificio della moderna civiltà deve reggersi su principii spirituali, capaci non solo di sostenerlo, ma altresì di illuminarlo e di animarlo. E perché tali siano questi indispensabili principii di superiore sapienza, essi non possono non fondarsi sulla fede in Dio. Il Dio ignoto, di cui discorreva nell'areopago S. Paolo agli Ateniesi? Ignoto a loro, che pur senza avvedersene lo cercavano e lo avevano vicino, come capita a tanti uomini del nostro secolo?... Per noi, in ogni caso, e per quanti accolgono la Rivelazione ineffabile, che Cristo di Lui ci ha fatta, è il Dio vivente, il Padre di tutti gli uomini.

Dreyer
23-07-04, 16:30
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PELLEGRINAGGIO IN UGANDA

CERIMONIA DI BENVENUTO

Aeroporto Internazionale di Entebbe
Giovedì, 31 luglio 1969

In questo momento benedetto, il Successore di Pietro e Vicario di Cristo, mette piede per la prima volta nella storia sul suolo d’Africa.

Noi rendiamo grazie a Dio per questo grande favore di un nuovo incontro con i popoli dell’Africa, che abbiamo cominciato a conoscere, ammirare e amare in occasione della. visita a questo vasto Continente sin da quando eravamo Arcivescovo di Milano e, poi, delle visite fatteci a Roma da Capi di Stato africani, da Ambasciatori, Vescovi, sacerdoti e fedeli. Siano rese grazie a Dio anche per le meraviglie della Sua grazia abbondantemente elargite a questo Continente e per la generosa risposta dell’Africa al messaggio evangelico; risposta della quale vi portiamo il Nostro riconoscimento con il pellegrinaggio al Santuario dei Martiri dell’Uganda, il cui sangue ha intriso la Croce di Cristo qui piantata dai primi missionari e la cui testimonianza all’amore più alto ha procurato onore e fama a tutta l’Africa.

La Nostra preghiera si innalza, oggi, a Dio affinché l’Africa rifiorisca con tutta la ricchezza della sua cultura e delle sue nobili tradizioni e avanzi sempre più celermente sulle strade del progresso «volta ad adottare nuovi modi di vita, introdotti dalla scienza e dalla tecnologia» (Africae Terrarum, n. 13).

Voi potete star certi che la Chiesa non rimarrà una spettatrice passiva. Già le persone responsabili del governo della Chiesa hanno esortato il clero e i laici a collaborare attivamente in ogni nazione all’opera di progresso economico e di sviluppo sociale: giacché «progresso» è il nuovo nome della Pace. «Combattere la miseria e lottare contro l’ingiustizia, è promuovere, con il benestare, il progresso materiale e spirituale di tutti e il bene comune dell’umanità» (Populorum progressio, n. 76).

A tutti, cristiani e non cristiani, possa la Nostra venuta a questo Continente portare l’umile testimonianza della Nostra sincera affezione per l’Africa. Possa la Nostra presenza qui, per l’intercessione dei Santi Martiri dell’Uganda, dare inizio all’immenso movimento di amore fraterno, che trasformi la pace e il progresso dei popoli da meta ideale a trionfante realtà.

Dio conservi l’Uganda! Dio benedica l’Africa!

Dreyer
23-07-04, 16:34
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Abbraccio del S. Padre con il patriarca ecumenico Atenagora I in Israele

SALUTO DI PAOLO VI

5 gennaio 1964

Vehementer Nos commovet, gaudio Nos penitus afficit granditas huius horae, in aevum sane memorandae, qua Catholica Ecclesia et Constantinopolitanus Patriarchatus per maximos suos sacrorum Antistites rursus coram adstant, post plura saecula in silentio et exspectatione transacta.

Item grati animi sensibus vehementer ac penitus erga te afficimur, qui, ut Nobis obviam ire posses, parumper a patriarchali sede tua discedere voluisti.

At Omnipotenti Deo, qui Ecclesiae Dominus est, fas est in primis humiliter debitas nostras grates persolvere.

Apud christianos vetus opinio est, veluti «mundi centrum» locum illum habendum esse, ubi gloriosa Salvatoris nostri Crux erecta est, et ubi Ipse exaltatus a terra omnia trahit ad seipsum (cfr. Io. 12, 32).

Consentaneum igitur erat - idque ex providentis Dei consilio reapse accidit - ut hoc ipso loco, in hac praecipua terrarum orbis parte, in perpetuum sacra ac veneranda, liceret nobis, Roma et Constantinopoli pie peregrinantibus, invicem obviam ire et communes sup plicationes consociare.

Hodiernus occursus tuis in optatis erat inde a tempore Decessoris Nostri immortalis memoriae Ioannis XXIII, quem quidem aestimatione et amore palam prosecutus es, eique, non sine acri mentis perspicacitate, S. Ioannis Apostoli verba adhibuisti: «Fuit homo missus a Deo, cui noment erat Ioannes» (Io. 1, 6).

Etiam Summus ille Pontifex hodiernum eventum exoptaverat, ut tu et Nosmetipsi compertum habemus; at praematura morte prohibitus est, quominus haec animi Sui vota ad effectum deduceret.

Nihilominus Christi verba: «Ut unum sint», iterum iterumque ex ore illius Pontificis morientis prolata, procul dubio ostendunt quo spectaverit unum ex illis propositis, quae ei maxime tordi erant et ad quae perficienda ipse diuturnum mortis agonem pretiosamque Suam vitam obtulit Deo.

Viae, quae ad unitatem perducunt, hinc illinc longae quidem esse poterunt ac multis difficultatibus impeditae. Attamen utrumque iter alterum ad alterum vergit et ad Evangelii fontes convenit. Ceterum, nonne fausto ac felici omine hodiernus occursus noster in hac terra contingit, in qua Christus Ecclesiam condidit ac pro ea sanguinem suum profudit? Utcumque, hoc eventum voluntatem manifesto testatur, quae quidem, iuvante Deo, magis magisque communis evadit inter christianos homines hoc nomine dignos; voluntatem, dicimus, sollertem dandi operam, ut dissensiones superentur et opposita repagula diruantur; hoc est voluntatem constanter prosequendi susceptum iter, quod ad concordiae reconciliationem conducit.

Dissensiones quae ad doctrinam, ad liturgiam et ad disciplinam spectant, tempore et loco opportuno expendendae sane erunt, et eo quidem animo, qui veritatis iura fideliter servet rectoque iudicio res aestimet, salva caritate. Quod autem iam nunc effici potest atque debet, hoc est, ut incrementum ea capiat fraterna caritas, quae sollicita sit novas reperiendi vias ad operandum; talis scilicet caritas, qua quis, praeteritorum temporum experientia edoctus, veniae dandae sit promptus, permoveatur ad cernendum in aliis bonum magis quam malum, ac nihil optatius habeat, quam ut Divini Redemptoris vestigia sequatur, atque possit ab eo attrahi et ipsius imaginem in se referre.

Huius caritatis signum et specimen esto pacis osculum, quod ex Dei beneficio nobis licet in hac sanctissima Terra invicem dare; esto pariter precatio illa, quam a Christo Iesu didicimus, ac nos una simul mox recitaturi sumus.

Nobis verba desunt ad apte significandum, quam penitus tua agendi ratio Nos tetigerit, neque Nos solummodo; etenim Romana quoque Ecclesia et Concilium Oecumenicum non sine vehementi gaudio hoc magni sane momenti eventum accipient.

Ad Nos quod attinet, una cum gratiarum actione preces Omnipotenti Deo admovemus, opem implorantes, ut coeptum iter pergere valeamus, ac dilargiatur tibi Nobisque, qui cum fide et spe firma illud inivimus, caelestium gratiarum copiam ad optatam metam feliciter assequendam .

Hisce animi sensibus affecti, non tibi valedicimus, sed vota proferre cupimus te revisendi, si tibi placuerit, spe delectati eiusmodi colloquia etiam in posterum fructuose iterari posse in nomine Domini.

Dreyer
23-07-04, 17:06
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Fatima, 13 maggio 1967

Dai discorsi:

"Ma il motivo spirituale, che vuol dare a questo viaggio il suo proprio significato, è quello di pregare, ancora una volta, e più umilmente e vivamente in favore della pace.
Ci sembra di dovere alla causa della pace questo nostro singolare atto di religiosa impetrazione. E' causa così grande e così bisognosa di sempre nuovo interesse, che noi non esitiamo a tributarle un altro segno particolare della nostra particolare sollecitudine.
Ci sta molto a cuore la pace interiore della Chiesa, alla quale ci preme sia assicurato il generoso fermento del Concilio ecumenico nell'integrità dell'autentica fede, nella coesione della carità e della disciplina ecclesiale, nel fervore dell'espansione apostolica per la salvezza del mondo e nella sincera ricerca d'avvicinamento ecumenico con quanti sono insigniti del nome cristiano. (…)

Il mondo è condannato a disperare di sé?
Un fatalismo scettico dovrà guidare le sorti dell'umanità, e rinunciare al grande, impellente dovere di scongiurare a tempo l'immane sciagura d'una guerra "scientifica", cioè per tutti orrendamente micidiale?
Ci dovremo accontentare dei tentativi, finora sterili, per mettere fine al conflitto nel Vietnam, che tutti tiene in ansia e in dolore; ovvero vi è altro da fare?
Indubbiamente vi è altro da fare.
A questo proposito noi vogliamo ancora sperare che le nuove proposte di trattative per una composizione onorevole del conflitto, la quale assicuri la libertà dell'una e dell'altra parte, non siano respinte, ma siano piuttosto studiate e finalmente accolte, favorite come possono essere da imparziali mediazioni e presidiate da autorevoli garanzie per il bene di tutto il popolo vietnamita, sia dell'una che dell'altra regione, per l'equilibrio ordinato e pacifico di tutto il Sud-Est asiatico.
Ma intanto che cosa si fa?

Uomini, procurate di essere degni del dono divino della pace.
Uomini, siate uomini.
Uomini, siate buoni, siate saggi, siate aperti alle considerazioni del bene totale del mondo.
Uomini, non pensate a progetti di distruzione e di morte, di rivoluzione e di sopraffazione; pensate a progetti di comune conforto e di solidale collaborazione".

Dreyer
23-07-04, 18:48
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Con S. Josemaria Escriva de Balaguer, fondatore dell'Opus Dei. 21 novembre 1965

Dreyer
23-07-04, 18:50
Due foto di S.S. Paolo VI

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http://www.bdp.it/~tvee0002/paolo_28.gif

Dreyer
23-07-04, 18:51
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Dreyer
23-07-04, 18:52
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Thomas Aquinas
23-07-04, 19:50
Interessanti i testi e belle le foto :) :) :)

Colombo da Priverno
24-07-04, 15:01
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Il Credo del popolo di Dio

Il testo della Professione di Fede che Paolo VI pronunciò il 30 giugno 1968, al termine dell’Anno Anno della fede indetto per il XIX centenario del martirio degli apostoli Pietro e Paolo a Roma

Professione di Fede



Noi crediamo in un solo Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, creatore delle cose visibili, come questo mondo ove trascorre la nostra vita fuggevole, delle cose invisibili quali sono i puri spiriti, chiamati altresì angeli (1), e Creatore in ciascun uomo dell’anima spirituale e immortale.



Noi crediamo che questo unico Dio è assolutamente uno nella sua essenza infinitamente santa come in tutte le sue perfezioni, nella sua onnipotenza, nella sua scienza infinita, nella sua provvidenza, nella sua volontà e nel suo amore. Egli è Colui che è, come Egli stesso lo ha rivelato a Mosè (2); ed Egli è Amore, come ce lo insegna l’Apostolo Giovanni (3): cosicché questi due nomi, Essere e Amore, esprimono ineffabilmente la stessa realtà divina di Colui che ha voluto darsi a conoscere a noi, e che “abitando in una luce inaccessibile” (4) è in Se stesso al di sopra di ogni nome, di tutte le cose e di ogni intelligenza creata. Dio solo può darci la conoscenza giusta e piena di Se stesso, rivelandosi come Padre, Figlio e Spirito Santo, alla cui eterna vita noi siamo chiamati per grazia di Lui a partecipare, quaggiù nell’oscurità della fede e, oltre la morte, nella luce perpetua, l’eterna vita.



I mutui vincoli, che costituiscono eternamente le tre Persone, le quali sono ciascuna l'unico e identico Essere divino, sono la beata vita intima di Dio tre volte santo, infinitamente al di là di tutto ciò che noi possiamo concepire secondo l’umana misura (5).



Intanto rendiamo grazie alla Bontà divina per il fatto che moltissimi credenti possono attestare con noi, davanti agli uomini, l’Unità di Dio, pur non conoscendo il mistero della Santissima Trinità.



Noi dunque crediamo al Padre che genera eternamente il Figlio; al Figlio, Verbo di Dio, che è eternamente generato; allo Spirito Santo, Persona increata che procede dal Padre e dal Figlio come loro eterno Amore. In tal modo, nelle tre Persone divine, coaeternae sibi et coaequales (6), sovrabbondano e si consumano, nella sovreccellenza e nella gloria proprie dell’Essere increato, la vita e la beatitudine di Dio perfettamente uno; e sempre "deve essere venerata l’Unità nella Trinità e la Trinità nell’Unità" (7).



Noi crediamo in Nostro Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio. Egli è il Verbo eterno, nato dal Padre prima di tutti i secoli, e al Padre consustanziale, homoousios to Patri (8), e per mezzo di Lui tutto è stato fatto. Egli si è incarnato per opera dello Spirito nel seno della Vergine Maria, e si è fatto uomo: eguale , pertanto al Padre secondo la divinità, e inferiore al Padre secondo l’umanità, ed Egli stesso uno, non per una qualche impossibile confusione delle nature, ma per l’unità della persona (9).



Egli ha dimorato in mezzo a noi, pieno di grazia e di verità. Egli ha annunciato e instaurato il Regno di Dio, e in Se ci ha fatto conoscere il Padre. Egli ci ha dato il suo Comandamento nuovo, di amarci gli altri com’Egli ci ha amato. Ci ha insegnato la via delle Beatitudini del Vangelo: povertà in spirito, mitezza, dolore sopportato nella pazienza, sete della giustizia, misericordia, purezza di cuore, volontà di pace, persecuzione sofferta per la giustizia. Egli ha patito sotto Ponzio Pilato, Agnello di Dio che porta sopra di sé i peccati del mondo, ed è morto per noi sulla Croce, salvandoci col suo Sangue redentore. Egli è stato sepolto e, per suo proprio potere, è risorto nel terzo giorno, elevandoci con la sua Resurrezione alla partecipazione della vita divina, che è la vita della grazia. Egli è salito al Cielo, e verrà nuovamente, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, ciascuno secondo i propri meriti; sicché andranno alla vita eterna coloro che hanno risposto all'Amore e alla Misericordia di Dio, e andranno nel fuoco inestinguibile coloro che fino all’ultimo vi hanno opposto il loro rifiuto.



E il suo Regno non avrà fine,



Noi crediamo nello Spirito Santo, che è Signore e dona la vita; che è adorato e glorificato col Padre e col Figlio. Egli ci ha parlato per mezzo dei profeti, ci è stato inviato da Cristo dopo la sua Resurrezione e la sua Ascensione al Padre; Egli illumina, vivifica, protegge e guida la Chiesa, ne purifica i membri, purché non si sottraggano alla sua grazia. La sua azione, che penetra nell’intimo dell’anima, rende l’uomo capace di rispondere all’invito di Gesù: "Siate perfetti com’è perfetto il Padre vostro celeste" (10).



Noi crediamo che Maria è la Madre, rimasta sempre Vergine, del Verbo Incarnato, nostro Dio e Salvatore Gesù Cristo (11), e che, a motivo di questa singolare elezione, Ella, in considerazione dei meriti di suo Figlio, è stata redenta in modo più eminente (12), preservata da ogni macchia del peccato originale (13) e colmata del dono della grazia più che tutte le altre creature (14).



Associata ai Misteri della Incarnazione e della Redenzione con un vincolo stretto e indissolubile (15), la Vergine Santissima, l'Immacolata, al termine della sua vita terrena è stata elevata in corpo e anima alla gloria celeste (16) e configurata a suo Figlio risorto, anticipando la sorte futura di tutti i giusti: e noi crediamo che la Madre Santissima di Dio, Nuova Eva, Madre della Chiesa (17), continua in Cielo il suo ufficio materno riguardo ai membri di Cristo, cooperando alla nascita e allo sviluppo della vita divina nelle anime dei redenti (18).



Noi crediamo che in Adamo tutti hanno peccato: il che significa che la colpa originale da lui commessa ha fatto cadere la natura umana, comune a tutti gli uomini, in uno stato in cui essa porta le conseguenze di quella colpa, e che non è più lo stato in cui si trovava all’inizio nei nostri progenitori, costituiti nella santità e nella giustizia, e in cui l’uomo non conosceva né il male né la morte. E’ la natura umana così decaduta spogliata della grazia che la rivestiva, ferita nelle sue proprie forze naturali e sottomessa al dominio della morte, che viene trasmessa a tutti gli uomini; ed è in tal senso che ciascun uomo nasce nel peccato. Noi dunque professiamo, col Concilio di Trento, che il peccato originale viene trasmesso con la natura umana, "non per imitazione, ma per propagazione", e che esso pertanto è "proprio a ciascuno" (19).



Noi crediamo che Nostro Signor Gesù Cristo mediante il Sacrificio della Croce ci ha riscattati dal peccato originale e da tutti i peccati personali commessi da ciascuno di noi, in maniera tale che - secondo la parola dell’Apostolo - “là dove aveva abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia".



Noi crediamo in un solo Battesimo istituito da Nostro Signor Gesù Cristo per la remissione dei peccati. Il Battesimo deve essere amministrato anche ai bambini che non hanno ancor potuto rendersi colpevoli di alcun peccato personale, affinché essi nati privi della grazia soprannaturale, rinascono "dall’acqua e dallo Spirito Santo" alla vita divina in Gesù Cristo (21).



Noi crediamo nella Chiesa una, santa, cattolica e apostolica, edificata da Gesù Cristo sopra questa pietra, che è Pietro. Essa è il Corpo mistico di Cristo insieme società visibile, costituita di organi gerarchici, e comunità spirituale; essa e la Chiesa terrestre, Popolo di Dio pellegrinante quaggiù, e la Chiesa, ricolma dei beni celesti; essa è germe e la primizia del Regno di Dio, per mezzo del quale continuano, nella trama della storia umana, l'opera e i dolori della Redenzione, e che aspira al suo compimento perfetto al di là del tempo, nella gloria (22). Nel corso del tempo, il Signore Gesù forma la sua Chiesa mediante i Sacramenti, che emanano dalla sua pienezza (23). E’ con essi che la Chiesa rende i propri membri partecipi del Mistero della Morte e della Resurrezione di Cristo, nella grazia dello Spirito Santo, che le dona vita e azione (24). Essa è dunque santa, pur comprendendo nel suo seno dei peccatori, giacché essa non possiede altra vita se non quella della grazia: appunto vivendo della sua vita, i suoi membri si santificano, come, sottraendosi alla sua vita, cadono nei peccati e nei disordini, che impediscono l’irradiazione della sua santità. Perciò la Chiesa soffre e fa penitenza per tali peccati, da cui peraltro ha il potere di guarire i suoi figli con il Sangue di Cristo e il dono dello Spirito Santo.



Erede delle promesse divine e figlia di Abramo secondo lo spirito, per mezzo di quell'Israele di cui custodisce con amore le Scritture e venera i Patriarchi e i Profeti; fondala sugli Apostoli e trasmettitrice, di secolo in secolo, della loro parola sempre viva e dei loro poteri di Pastori nel Successore di Pietro e nei Vescovi in comunione con lui; costantemente assistita dallo Spirito Santo, la Chiesa ha la missione di custodire, insegnare, spiegare e diffondere la verità, che Dio ha manifestato in una maniera ancora velata per mezzo dei Profeti e pienamente per mezzo del Signore Gesù.



Noi crediamo a tutto ciò che è contenuto nella Parola di Dio, scritta o tramandata, e che la Chiesa propone a credere come divinamente

rivelata sia con un giudizio solenne, sia con il magistero ordinario e universale (25). Noi crediamo nell'infallibilità, di cui fruisce il Successore di Pietro, quando insegna ex cathedra come Pastore e Dottore di tutti i fedeli (26), e di cui è dotato altresì il Collegio dei vescovi, quando esercita con lui il magistero supremo (27).



Noi crediamo che la Chiesa, che Gesù ha fondato e per la quale ha pregato, e indefettibilmente una nella fede, nel culto e nel vincolo della comunione gerarchica. Nel seno di questa Chiesa, sia la ricca varietà dei riti liturgici, sia la legittima diversità dei patrimoni teologici e spirituali e delle discipline particolari, lungi dal nuocere alla sua unità, la mettono in maggiore evidenza (28).



Riconoscendo poi, al di fuori dell’organismo della Chiesa di Cristo, l’esistenza di numerosi elementi di verità e di santificazione che le appartengono in proprio e tendono all'unita cattolica (29), e credendo all’azione dello Spirito Santo che nel cuore dei discepoli di Cristo suscita l’amore per tale unità (30), noi nutriamo la speranza che i cristiani, i quali non sono ancora nella piena comunione con l’unica Chiesa, si riuniranno un giorno in un solo gregge con un solo Pastore.



Noi crediamo che la Chiesa è necessaria alla salvezza, perché Cristo, che è il solo mediatore e la sola via di salvezza, si rende presente per noi nel suo Corpo, che é la Chiesa (31). Ma il disegno divino della salvezza abbraccia tutti gli uomini: e coloro che, senza propria colpa, ignorano il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa, ma cercano sinceramente Dio e sotto l’influsso della sua grazia si sforzano di compiere la sua volontà riconosciuta nei dettami della loro coscienza, anch’essi, in un numero che Dio solo conosce, possono conseguire la salvezza (32).



Noi crediamo che la Messa, celebrata dal Sacerdote che rappresenta la persona di Cristo in virtù del potere ricevuto nel sacramento dell'Ordine, e da lui offerta nel nome di Cristo e dei membri del suo Corpo mistico, è il Sacrificio del Calvario reso sacramentalmente presente sui nostri altari. Noi crediamo che, come il pane e il vino consacrati dal Signore nell’Ultima Cena sono stati convertiti nel suo Corpo e nel suo Sangue che di lì a poco sarebbero stati offerti per noi sulla Croce, allo stesso modo il pane e il vino consacrati dal sacerdote sono convertiti nel Corpo e nel Sangue di Cristo gloriosamente regnante nel Cielo; e crediamo che la misteriosa presenza del Signore, sotto quello che continua ad apparire come prima ai nostri sensi, è una presenza vera, reale e sostanziale (33).



Pertanto Cristo non può essere presente in questo Sacramento se non mediante la conversione nel suo Corpo della realtà stessa del pane e mediante la conversione nel suo Sangue della realtà stessa del vino, mentre rimangono immutate soltanto le proprietà del pane e del vino percepite dai nostri sensi. Tale conversione misteriosa è chiamata dalla Chiesa, in maniera assai appropriata, transustanziazione. Ogni spiegazione teologica, che tenti di penetrare in qualche modo questo mistero, per essere in accordo con la fede cattolica deve mantenere fermo che nella realtà obiettiva, indipendentemente dal nostro spirito, il pane e il vino ha cessato di

esistere dopo la consacrazione, sicché da quel momento sono il Corpo e il Sangue adorabili del Signore Gesù a essere realmente dinanzi a noi sotto la specie sacramentale del pane e del vino (34), proprio come il Signore ha voluto, per donarsi a noi in nutrimento e per associarci all’unità del suo Corpo mistico (35).



L'unica e indivisibile esistenza del Signore glorioso nel Cielo non è moltiplicata, ma è resa presente dal Sacramento nei numerosi luoghi della terra dove si celebra la Messa. Dopo il Sacrificio, tale esistenza rimane presente nel Santo Sacramento, che è, nel tabernacolo, il cuore vivente di ciascuna delle nostre chiese. Ed è per noi un dovere dolcissimo onorare e adorare nell’Ostia santa, che vedono i nostri occhi, il Verbo Incarnato, che essi non possono vedere e che, senza lasciare il Cielo, si è reso presente dinanzi a noi.



Noi confessiamo che il Regno di Dio, cominciato quaggiù nella Chiesa di Cristo, non è di questo mondo, la cui figura passa; e che la sua vera crescita non può essere confusa con il progresso della civiltà, della scienza e della tecnica umane, ma consiste nel conoscere sempre più profondamente le imperscrutabili ricchezze di Cristo, nello sperare sempre più fortemente i beni eterni, nel rispondere sempre più ardentemente all’amore di Dio, e nel dispensare sempre più abbondantemente la grazia e la santità tra gli uomini. Ma è questo stesso amore che porta la Chiesa a preoccuparsi costantemente del vero bene temporale degli uomini. Mentre non cessa di ricordare ai suoi figli che essi non hanno quaggiù stabile dimora, essa li spinge anche a contribuire - ciascuno secondo la propria vocazione e i propri mezzi - al bene della loro città terrena, a promuovere la giustizia, la pace e la fratellanza tra gli uomini, a prodigare il loro aiuto ai propri fratelli, soprattutto ai più poveri e ai più bisognosi. L’intensa sollecitudine della Chiesa, Sposa di Cristo, per le necessità degli uomini, per le loro gioie e le loro speranze, i loro sforzi e i loro travagli, non è quindi altra cosa che il suo grande desiderio di esser loro presente per illuminarli con la luce di Cristo e adunarli tutti in Lui, unico loro Salvatore. Tale sollecitudine non può mai significane che la Chiesa conformi se stessa alle cose di questo mondo, o che diminuisca l’ardore dell'attesa del suo Signore e del Regno eterno.



Noi crediamo nella vita eterna. Noi crediamo che le anime di tutti coloro che muoiono nella grazia di Cristo, sia che debbano ancora esser purificate nel Purgatorio, sia che dal momento in cui lasciano il proprio corpo siano accolte da Gesù in Paradiso, come Egli fece per il Buon Ladrone, costituiscono il Popolo di Dio nell’aldilà della morte, la quale sarà definitivamente sconfitta nel giorno della resurrezione, quando queste anime saranno riunite ai propri corpi.



Noi crediamo che la moltitudine delle anime, che sono riunite intorno a Gesù e a Maria in Paradiso, forma la Chiesa del Cielo, dove esse nella beatitudine eterna vedono Dio così com’è (36) e dove sono anche associate in diversi gradi, con i santi Angeli al governo divino esercitato da Cristo glorioso, intercedendo per noi e aiutando la nostra debolezza con la loro fraterna sollecitudine (37) .



Noi crediamo alla comunione tra tutti i fedeli di Cristo, di coloro che sono pellegrini su questa terra, dei defunti che compiono

la propria purificazione e dei beati del Cielo, i quali tutti insieme formano una sola Chiesa; noi crediamo che in questa

comunione l’amore misericordioso di Dio e dei suoi Santi ascolta costantemente le nostre preghiere, secondo la parola di Gesù:

Chiedete e riceverete(38). E con la fede e nella speranza, noi attendiamo la resurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà.



Sia benedetto Dio Santo, Santo, Santo. Amen.



NOTE

(1) Cfr. Denzinger-Schónmetzer 3002.

(2) Cfr. Es 3, 14.

(3) Cfr. I Gv 4, 8.

(4) Cfr. 1 Tm 616.

(5) Cfr. Denzinger-Schónmetzer 804.

(6) Cfr. Denzinger-Schónmetzer 75.

(7) Cfr. Denzinger-Schónmetzer 75.

(8) Cfr. Denzinger-Schónmetzer 150.

(9) Cfr. Denzinger-Schónmetzer 76.

(10) Cfr. Mi: 5, 48.

(11) Cfr. Denzinger-Schónmetzer 251-252.

(12) Cfr. Concilio Vaticano II, costituzione dogmatica Lumen gentium, 53.

(13) Cfr. Denzinger-Schónmetzer 2803.

(14) Cfr. Concilio Vaticano II, costituzione dogmatica Lumen gentium,53.

(15) Cfr. Concilio Vaticano II, costituzione dogmatica Lumen gentium, 53,58,61.

(16) Cfr. Denzinger-Schónmetzer 3903.

(17) Cfr. Concilio Vaticano II, costituzione dogmatica Lumen gentium. 53, 56,61. 63: cfr. Paolo VI, Allocutio in conclusione III Sessionis Concilii Vaticani II, in Acta Apostolicae Sedis 56, 1964, p. 1016; esortazione apostolica Signum magnum, Introduzione.

(18) Cfr. Concilio Vaticano II, costituzione dogmnatica Lumen gentium, 62; Paolo VI, esortazione apostolica Signum magnum, p. 1, n. 1.

(19) Cfr. Denzinger-Schónmetzer 1 513.

(20) Cfr. Rm 5, 20.

(21) Cfr. Denzinger-Schónmetzer 1514.

(22) Cfr. Concilio Vaticano II, costituzione dogmatica Lumen gentium, 8 e 50.

(23) Cfr. Concilio Vaticano II, costituzione dogmatica Lumen gentium, 7, li.

(24) Cfr. Concilio Vaticano II, costituzione Sacrosanctum Concilium, 5, 6; Concilio Vaticano II, costituzione dogmatica Lumen gentium, 7,12,50. Denzinger-Schónmetzer

(25) Cfr. Denzinger-Schónmetzer 3011.

(26) Cfr. Denzinger-Schónmetzer 3074.

(27) Cfr. Concilio Vaticano II, costituzione dogmatica Lumen gentium, 25.

(28) Cfr. Concilio Vaticano II, costituzione dogmatica Lumen gentium, 23; cfr. Concilio Vaticano II, decreto Orientalium Ecclesiarum, 2,3,5,6.

(29) Cfr. Concilio Vaticano II, costituzione dogmatica Lumen gentium, 8.

(30) Cfr. Concilio Vaticano II, costituzione dogmatica Lumen gentium, 15.

(31) Cfr. Concilio Vaticano II, costituzione dogmatica Lumen gentium, 14.

(32) Concilio Vaticano H, costituzione dogmatica Lumen gentium, 16.

(33) Cfr. Denzinger-Schónmetzer 1651.

(34)Cfr. Denzinger-Schónmetzer 1642, 1651-1654: Paolo VI, lettera enciclica Mysterium fidei.

(35)Cfr. san Tommaso, Summa Theologica 111, 73,3.

(36)Cfr. 1 Gv 3, 2; Denzinger-Schónmetzer 1000.

(37)Cfr. Concilio Vaticano II , costituzione dogmatica Lumen gentium, 49.

(38)Cfr. Lc 11, 9-10; Gv 16,24. CI

Dreyer
24-07-04, 16:42
http://www.giornaledibrescia.it/iniziative/primepagine/jpeg/19630622.jpg

Dreyer
24-07-04, 16:44
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Dreyer
24-07-04, 16:50
http://www.comune.modena.it/associazioni/aniep/immagini_aniep/paoloVI.jpg

1963 - Udienza del Sommo Pontefice Paolo VI ai partecipanti al convegno nazionale dell' Aniep (Associazione Nazionale Invalidi Esiti Poliomielite ed altri Invalidi Civili) a Roma.

Dreyer
24-07-04, 16:54
MESSAGGIO DI S.S. PAOLO VI ALL’ INTERA FAMIGLIA UMANA

QUI FAUSTO DIE - Sabato, 22 giugno 1963

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"Flos Florum"

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Venerabili Fratelli e diletti figli di tutto il mondo!

In questo giorno dedicato al Cuore dolcissimo di Gesù, nell'atto di assumere il compito di pascere il gregge del Signore - che secondo l'espressione di sant'Agostino vuol essere anzitutto amoris officium (In Io. 123, 5) in esercizio di carità paterna e premurosa verso tutte le pecorelle, redente dal sangue preziosissimo di Gesù Cristo - il primo sentimento che, fra tutti, Ci sgorga dal cuore è quello di una sicura confidenza nell'aiuto onnipotente del Signore. Egli, che ha indicato la sua adorabile volontà attraverso il consenso dei Nostri venerabili Fratelli, i Padri del Sacro Collegio, affidandoCi la cura e la responsabilità della Santa Chiesa, saprà infondere nell'animo Nostro, trepidante per la vastità del compito imposto, la forza vigile e serena, lo zelo instancabile per la sua gloria, l'ansia missionaria per la diffusione universale, chiara, suadente dell'Evangelo.

Sull'inizio del Nostro pontificale ministero, torna amabile e gradito all'animo il ricordo dei Nostri Predecessori, i quali ci hanno lasciato un'eredità spirituale sacra e gloriosa: Pio XI, con la sua indomita forza d'animo; Pio XII, che ha illuminato la Chiesa con la luce di un insegnamento pieno di sapienza; e infine Giovanni XXIII, che ha dato a tutto il mondo l'esempio della sua bontà singolare.

Ma in modo tutto particolare amiamo ricordare con pietà memore e commossa la figura del compianto Giovanni XXIII, che, nel breve ma intensissimo periodo del suo ministero, ha saputo avvincere a sé i cuori degli uomini, anche dei lontani, per la sua insonne sollecitudine, la sua bontà sincera e concreta per gli umili, per il carattere spiccatamente pastorale della sua azione, qualità alle quali si aggiungeva l'incanto tutto particolare delle doti umane del suo grande cuore. L'irradiazione esercitata sulle anime è stata un procedere di chiarità in chiarità, come una fiamma ardente, fino all'estremo sacrificio di sé, sopportato con quella fortezza d'animo che ha commosso il mondo, stringendo tutti gli uomini come intorno al suo letto di dolore, e rendendoli un cuor solo e un'anima sola in un solo palpito di grande rispetto, di venerazione e di preghiera.

L'eredità che raccogliamo dalle mani dei Nostri Predecessori Ci mostra intera la gravità dell'ufficio che sta davanti a Noi.

Guardando alla esiguità dei nostri limiti - sono parole di san Leone Magno, Nostro Predecessore - e alla grandezza dell'ufficio affidatoci, anche Noi dobbiamo esclamare con il Profeta: Signore, ho udito la tua parola, e ho avuto timore; ho considerato la tua azione, e ho tremato... Ma poiché abbiamo l'incessante propiziazione del Sacerdote onnipotente ed eterno, che, simile a noi ed uguale al Padre, ha abbassato la divinità fino agli uomini e ha elevato l'umanità fino a Dio, Ci allietiamo in misura degna e pia di quanto Egli ha voluto disporre (Serm. III, 1-2: ML 54, 144-145).

La parte preminente del Nostro Pontificato sarà occupata dalla continuazione dei Concilio Ecumenico Vaticano II, al quale sono fissi gli occhi di tutti gli uomini di buona volontà. Questa sarà l'opera principale, per cui intendiamo spendere tutte le energie che il Signore Ci ha dato, perché la Chiesa Cattolica, che brilla nel mondo come il vessillo alzalo su tutte le nazioni lontane (Cf Is 5,26), possa attrarre a sé tutti gli uomini con la maestà del suo organismo, con la giovinezza del suo spirito, col rinnovamento delle sue strutture, con la molteplicità delle sue forze, venienti da ogni tribù, lingua, popolo e nazione (Ap 5,9): questo sarà il primo pensiero del ministero pontificale, affinché sia proclamato, sempre più alto davanti al mondo, che solo nel Vangelo di Gesù è la salvezza aspettata e desiderata: poiché non c'è sotto il cielo altro nome dato agli uomini, mercé il quale abbiamo ad essere salvati (At 4,12).

In questa luce si colloca il lavoro per la revisione dei Codice di Diritto Canonico, la prosecuzione degli sforzi, sulla linea delle grandi Encicliche Sociali dei Nostri Predecessori, per il consolidamento della giustizia nella vita civile, sociale e internazionale, nella verità e nella libertà, e nel rispetto dei reciproci doveri e diritti.

L'ordine inequivocabile dell'amore del prossimo, banco di prova dell'amore di Dio, esige da tutti gli uomini una più equa soluzione dei problemi sociali; richiede provvedimenti e cure ai paesi in via di sviluppo, in cui il livello di vita spesso non è degno di persone umane; impone uno studio volenteroso su scala universale per il miglioramento delle condizioni di vita.

L'epoca nuova, che le conquiste spaziali hanno aperto all'umanità, sarà singolarmente benedetta dal Signore, se gli uomini sapranno veramente riconoscersi come fratelli, prima che competitori, ed edificare l'ordine del mondo nel santo timore di Dio, nel rispetto della sua Legge, nella luce soave della carità e della mutua collaborazione.

La Nostra opera, con l'aiuto di Dio, vorrà inoltre compiere ogni sforzo per la conservazione del gran bene della pace tra i popoli. Pace, che non è soltanto assenza di belliche rivalità o di armate fazioni, ma riflesso dell'ordine voluto da Dio Creatore e Redentore, volontà costruttiva e tenace di comprensione e di fraternità, ostensione a tutta prova di buona volontà, desiderio ininterrotto di operosa concordia, ispirata al vero bene dell'umanità, con carità non simulata (2 Cor 6,6).

In questo momento, in cui tutta l'umanità guarda a questa Cattedra di Verità, e a Chi è stato chiamato a rappresentare in terra il Divin Salvatore, non possiamo che rinnovare l'appello all'intesa leale, franca, volenterosa, che unisca gli uomini nel rispetto reciproco e sincero; l'invito a fare ogni sforzo per salvare l'umanità, favorirne il pacifico sviluppo dei diritti, datile da Dio, e facilitarne la vita spirituale e religiosa, perché sia portata all'adorazione più viva e sentita del Creatore.

Non mancano segni incoraggianti, che Ci vengono dagli uomini di buona volontà: ne ringraziamo tanto il Signore, mentre offriamo a tutti la Nostra serena ma ferma collaborazione per il mantenimento del gran dono della pace nel mondo.

Il Nostro pontificale servizio vorrà infine proseguire con ogni impegno la grande opera, avviata con tanta speranza e con auspicio felice dal Nostro Predecessore Giovanni XXIII: l'affermazione di quell'ut omnes unum sint (Gv 17,21), tanto attesa da tutti, e per cui Egli ha offerta la vita.
L'aspirazione comune a reintegrare l'unità, dolorosamente infranta nel passato, troverà in Noi eco di fervida volontà e di commossa preghiera, nella coscienza dell'ufficio commessoCi da Gesù: Simone, Simone... io ho pregato per te, affinché la tua fede non venga meno; e tu... conferma i tuoi fratelli (Lc 22,31-32). Apriamo le Nostre braccia a tutti coloro che si gloriano nel nome di Cristo; li chiamiamo col dolce nome di fratelli; e sappiano che troveranno in Noi costante comprensione e benevolenza, troveranno a Roma la casa paterna, che sublima e avvalora con nuovo splendore i tesori della loro storia, del loro patrimonio culturale, della loro eredità spirituale.

Venerabili Fratelli e diletti figli

La vastità del lavoro, che attende le Nostre povere forze, è tale da sgomentare l'umile sacerdote chiamato al fastigio delle somme chiavi (Cf Mt 16,19); ma vi dedicheremo la Nostra preghiera e il Nostro sforzo quotidiano. Abbiamo tuttavia bisogno della vostra collaborazione e della vostra invocazione, che salga incessante a Dio in odore di soavità (Ef 5,2) per il Pastore della Chiesa universale.

Per questo il pensiero commosso e riconoscente va a tutti i figli della Cattolica Chiesa, che danno al mondo la testimonianza della loro fede, lo spettacolo della loro unione, lo splendore regale della loro dignità, perché i discepoli di Cristo - come dice Clemente Alessandrino - sono re in virtù di Cristo re (Strom. II, 4, 18: MG 8, 951-952).

Salutiamo anzitutto i degnissimi membri del Sacro Collegio, che hanno condiviso con Noi la trepidazione e la preghiera di queste giornate di attesa.

Attestiamo la Nostra particolare benevolenza ai Venerabili Fratelli nell'episcopato di Oriente e di Occidente, che in tutti i continenti fanno le veci di ambasciatori di Cristo, quasi esortando Dio stesso per loro mezzo (Cf 2 Cor 5,20);- e già pregustiamo la letizia di abbracciarli tutti nella seconda Sessione del Concilio Ecumenico.
In modo speciale amiamo esprimere la Nostra stima alla Curia Romana, il cui compito, così onorifico e pieno di responsabilità, è quello di prestare da tanto vicino la sua collaborazione al Vicario di Cristo. Siamo certi che la sua degnissima opera Ci sarà di valido aiuto, poiché da tempo ne conosciamo direttamente la diligenza, il «senso della Chiesa», la prudenza nell'agire, e specialmente l'abbiamo apprezzata, insieme con tutti i Vescovi, nella fase di preparazione e di celebrazione del Concilio Ecumenico Vaticano II.

Ci rivolgiamo poi con animo paterno ai parroci, ai sacerdoti, ai religiosi, che instancabilmente e silenziosamente, spesso privi di aiuto nella loro solitudine, impegnano la loro vita per l'estensione del Regno di Dio in terra; né dimentichiamo le anime consacrate a Dio nell'immolazione orante e nella molteplice carità attiva.

Sull'inizio dell'ufficio pontificale, che viene affidato al Successore di san Pietro in qualità di Vescovo di Roma, non possiamo non rivolgerCi con un affettuoso abbraccio ai diletti figli della diocesi di Roma, che hanno assecondato con tanta alacrità le intraprese pastorali del Nostro Predecessore; e confidiamo fermamente che essi, rispondendo con la carità alla Nostra carità, continuino a dare lietissimi frutti di virtù, poiché ad essi, come ai più vicini alla Cattedra di Pietro, si rivolgono gli occhi dei cattolici di tutto il mondo.

Commossi poi dalla soavità dei ricordi, inviamo un saluto pieno di particolarissimo affetto ai dilettissimi fedeli dell'Archidiocesi ambrosiana, che in questi anni tanto abbiamo amato in visceribus Iesu Christi (Fil 1,8), e dai quali abbiamo ricevuto tante consolazioni, come di figli amantissimi; così il pensiero va anche alla diletta Nostra Diocesi di origine, con l'augurio di rimanere sempre fedele al Vangelo di Nostro Signore, a ciò che dà onore e grazia e nobiltà anche ai rapporti umani della vita.

In particolare vogliamo che Ci sentano vicini i fratelli e figli di quelle regioni, ove la Chiesa è impedita di usare dei suoi diritti; essi sono stati chiamati a partecipare più da vicino alla Croce di Cristo, a cui seguirà, ne siamo certi, l'alba radiosa della Risurrezione. Essi potranno finalmente tornare al pieno esercizio del loro pastorale ministero, che, per sua istituzione, si rivolge a beneficio non solo delle singole anime, ma anche delle nazioni, nelle quali si esercita.

Ci è caro inoltre incoraggiare e benedire di gran cuore i dilettissimi Missionari, pupilla dei Nostri occhi, che in tutti i continenti, agli avamposti della Chiesa, diffondono il Vangelo di Gesù: sappiano gloriarsi sempre della Croce del Nostro Signore Gesù Cristo (Cf Gal 6,14. 11), sopportando con amore le eventuali contrarietà e prove, certi che l'aiuto di Dio non mancherà mai a chi vive e lavora soltanto per Lui.

Ci rivolgiamo ancora con una lode tutta particolare ai soci di Azione Cattolica, che coadiuvano la Gerarchia Ecclesiastica nell'apostolato, e a tutti coloro che prestano la loro opera in tutte le varie Organizzazioni di carattere nazionale e internazionale.

Abbracciamo poi con paterna carità tutti coloro che soffrono: gli ammalati, i poveri, i prigionieri e gli esiliati, i profughi.

E salutiamo infine tutti i Nostri figli in Cristo, fra i quali amiamo ricordare specialmente la gioventù balda e generosa, in cui è riposta la sicura speranza di un futuro migliore; l'infanzia innocente; le anime pure e semplici; gli umili come i grandi della terra; tutti gli artigiani e gli operai, di cui conosciamo e tanto apprezziamo le fatiche; gli uomini di cultura e di studio, di insegnamento e di scienza, i giornalisti e pubblicisti; gli uomini politici e i capi di Stato, pregando affinché tutti, ciascuno al suo posto di responsabilità, diano il loro contributo alla costruzione di un ordine sempre più giusto nei principi, più efficace nelle applicazioni delle leggi, più sano nella morale privata e pubblica, più volonteroso nella difesa della pace.

Passi su tutto il mondo come una grande fiamma di fede e di amore che accenda tutti gli uomini di buona volontà, ne rischiari le vie della collaborazione reciproca, e attiri sull'umanità, ancora e sempre, l'abbondanza delle divine compiacenze, la forza stessa di Dio, senza l'aiuto del Quale, nulla è valido, nulla è santo.

Sull'atto di iniziare il Nostro grave ministero, ci sostengono le parole di Cristo piene di conforto, con cui Egli ha promesso a Pietro e ai suoi Successori di rimanere con la Chiesa fino alla consumazione dei secoli (Cf Mt 28,20); Ci sostiene la materna protezione della Beatissima Vergine Maria, Madre di Dio e Madre nostra, alla quale affidiamo, fin dall'inizio, il Nostro Pontificato; e insieme l'aiuto e la preghiera degli Apostoli Pietro e Paolo e di tutti i Santi.

In pegno di questa celeste assistenza, e a lieto incoraggiamento delle buone energie, sparse nel mondo, Ci è caro impartire, come primizia della Nostra paterna benevolenza, a voi, venerabili Fratelli e diletti figli, e a tutta l'umana famiglia, la Benedizione Apostolica.

Nel nome del Signore!

Procediamo in pace.

Dreyer
24-07-04, 16:57
Il sì è attualmente in vantaggio sul no di 8 a 4...

chi ha votato esprima il suo parere...cose buone del Pontificato e cose meno buone...

Thomas Aquinas
24-07-04, 17:02
Originally posted by Dreyer
Il sì è attualmente in vantaggio sul no di 8 a 4...

chi ha votato esprima il suo parere...cose buone del Pontificato e cose meno buone...

Ho come il sentore di sapere chi sono quei quattro che hanno votato contro :D

saluti

Dreyer
24-07-04, 17:04
Originally posted by Thomas Aquinas
Ho come il sentore di sapere chi sono quei quattro che hanno votato contro :D

saluti

pare anche a me :D

però mi auguro che lascino almeno dei "perchè"...

Dreyer
24-07-04, 17:05
PAROLE DI PAOLO VI SULLO STORICO INCONTRO
CON L'ARCIVESCOVO DI CANTERBURY
PRONUNCIATE DURANTE L'UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 23 marzo 1966

Carissimi Figli.

Non possiamo tacervi la commozione che ancora abbiamo nell’anima per l’udienza che ha preceduto la vostra. Abbiamo pochi momenti or sono incontrato ufficialmente, nella Cappella Sistina, l’Arcivescovo Anglicano di Canterbury.

Sono più di quattro secoli che la Chiesa Romana ha il dolore di essere separata dalla Chiesa d’Inghilterra; una Chiesa che Roma tanto ha amato e che ha, si può dire, generato. Riposano in questa basilica le sacre Spoglie di San Gregorio Magno, che inviò Agostino, con trenta monaci, alla fine del VI secolo, per rievangelizzare - c’erano già stati altri Missionari, prima, - l’Inghilterra.

Proprio da allora - ben si può dire - nacque l’Inghilterra Cattolica, che poi diede grande segno di sé per tutto il medioevo fino a quel periodo che chiamano la crisi della riforma del secolo XVI, la quale staccò dolorosamente la Chiesa d’Inghilterra, come quella di Germania, di Svizzera ed altre, da Roma.

Molti episodi si succedettero con tanta animosità che colà non si poteva più nemmeno nominare il Papa. È passato tempo, sono passate tante esperienze, tante anime buone hanno pregato ed ecco che cominciamo a vedere benefici risultati: questa grande Personalità che viene a trovarci amichevolmente.

Abbiamo ancora tutte le questioni dottrinali in piedi, da esaminare, e, se Dio vorrà, da risolvere - non parliamo di quelle disciplinari, che sono meno importanti -; ma il fatto è che una corrente di carità si è già stabilita e reciprocamente vuole affermarsi quale costante fedeltà e dare i suoi frutti.

Vi diciamo questo perché anche voi siate partecipi di questo momento di gioia e di speranza della nostra Chiesa Cattolica Romana e perché ancora vogliate pregare affinché questo inizio, che sembra tanto lieto e benedetto dal Signore, possa avere il suo seguito altrettanto felice e portare i frutti che sono quelli della perfetta unità, come il Divino Redentore ha voluto che vigesse e trionfasse nella sua Chiesa.

Dreyer
06-08-04, 15:35
Riportiamo in auge questo 3d nella Festa della Trsfigurazione del Signore in cui, 26 anni fa, papa Paolo VI passò alla Vita eterna.

6 agosto 1978 - 6 agosto 2004

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IL TESTAMENTO DI PAOLO VI


Nel corso della riunione della Congregazione Generale dei Cardinali, giovedì 10 agosto, è stato letto il testo delle ultime volontà di Paolo VI, testo che prima della pubblicazione è stato portato a conoscenza dei familiari. Il testamento consiste in uno scritto del 30 giugno 1965, integrato da due aggiunte, una del 1972 e un’altra del 1973. Sono in tutto quattordici pagine manoscritte. Il primo dei tre testi è scritto su tre fogli grandi, formato lettera, ciascuno di quattro facciate. Paolo VI ha numerato la prima pagina dei tre fogli di suo pugno ed ha apposto la sua firma anche a margine della quarta facciata del foglio I. In tutto sono undici facciate scritte. La prima aggiunta fu fatta a Castel Gandolfo e, oltre alla data, reca anche l’indicazione dell’ora: 16 settembre 1972, ore 7,30. Si tratta di due foglietti manoscritti. Il primo reca tra parentesi, in alto, accanto allo stemma pontificio l’indicazione «Note complementari al testamento 8. La seconda, intitolata « Aggiunta alle mie disposizioni testamentarie », consiste in poche righe scritte su un unico foglio il 14 luglio 1973.
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Alcune note per il mio testamento

In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. Amen.

1. Fisso lo sguardo verso il mistero della morte, e di ciò che la segue, nel lume di Cristo, che solo la rischiara; e perciò con umile e serena fiducia. Avverto la verità, che per me si è sempre riflessa sulla vita presente da questo mistero, e benedico il vincitore della morte per averne fugate le tenebre e svelata la luce.

Dinanzi perciò alla morte, al totale e definitivo distacco dalla vita presente, sento il dovere di celebrare il dono, la fortuna, la bellezza, il destino di questa stessa fugace esistenza: Signore, Ti ringrazio che mi hai chiamato alla vita, ed ancor più che, facendomi cristiano, mi hai rigenerato e destinato alla pienezza della vita.

Parimente sento il dovere di ringraziare e di benedire chi a me fu tramite dei doni della vita, da Te, o Signore, elargitimi: chi nella vita mi ha introdotto (oh! siano benedetti i miei degnissimi Genitori!), chi mi ha educato, benvoluto, beneficato, aiutato, circondato di buoni esempi, di cure, di affetto, di fiducia, di bontà, di cortesia, di amicizia, di fedeltà, di ossequio. Guardo con riconoscenza ai rapporti naturali e spirituali che hanno dato origine, assistenza, conforto, significato alla mia umile esistenza: quanti doni, quante cose belle ed alte, quanta speranza ho io ricevuto in questo mondo!

Ora che la giornata tramonta, e tutto finisce e si scioglie di questa stupenda e drammatica scena temporale e terrena, come ancora ringraziare Te, o Signore, dopo quello della vita naturale, del dono, anche superiore, della fede e della grazia, in cui alla fine unicamente si rifugia il mio essere superstite? Come celebrare degnamente la tua bontà, o Signore, per essere io stato inserito, appena entrato in questo mondo, nel mondo ineffabile della Chiesa cattolica? Come per essere stato chiamato ed iniziato al Sacerdozio di Cristo? Come per aver avuto il gaudio e la missione di servire le anime, i fratelli, i giovani, i poveri, il popolo di Dio, e d’aver avuto l’immeritato onore d’essere ministro della santa Chiesa, a Roma specialmente, accanto al Papa, poi a Milano, come arcivescovo, sulla cattedra, per me troppo alta, e venerabilissima dei santi Ambrogio e Carlo, e finalmente su questa suprema e formidabile e santissima di San Pietro? In aeternum Domini misericordias cantabo.

Siano salutati e benedetti tutti quelli che io ho incontrati nel mio pellegrinaggio terreno; coloro che mi furono collaboratori, consiglieri ed amici - e tanti furono, e così buoni e generosi e cari!
benedetti coloro che accolsero il mio ministero, e che mi furono figli e fratelli in nostro Signore!

A voi, Lodovico e Francesco, fratelli di sangue e di spirito, e a voi tutti carissimi di casa mia, che nulla a me avete chiesto, né da me avuto di terreno favore, e che mi avete sempre dato esempio di virtù umane e cristiane, che mi avete capito, con tanta discrezione e cordialità, e che soprattutto mi avete aiutato a cercare nella vita presente la via verso quella futura, sia la mia pace e la mia benedizione.

Il pensiero si volge indietro e si allarga d’intorno; e ben so che non sarebbe felice questo commiato, se non avesse memoria del perdono da chiedere a quanti io avessi offeso, non servito, non abbastanza amato; e del perdono altresì che qualcuno desiderasse da me. Che la pace del Signore sia con noi.

E sento che la Chiesa mi circonda: o santa Chiesa, una e cattolica ed apostolica, ricevi col mio benedicente saluto il mio supremo atto d’amore.

A te, Roma, diocesi di San Pietro e del Vicario di Cristo, dilettissima a questo ultimo servo dei servi di Dio, la mia benedizione più paterna e più piena, affinché Tu Urbe dell’orbe, sia sempre memore della tua misteriosa vocazione, e con umana virtù e con fede cristiana sappia rispondere, per quanto sarà lunga la storia del mondo, alla tua spirituale e universale missione.

Ed a Voi tutti, venerati Fratelli nell’Episcopato, il mio cordiale e riverente saluto; sono con voi nell’unica fede, nella medesima carità, nel comune impegno apostolico, nel solidale servizio al Vangelo, per l’edificazione della Chiesa di Cristo e per la salvezza dell’intera umanità. Ai Sacerdoti tutti, ai Religiosi e alle Religiose, agli Alunni dei nostri Seminari, ai Cattolici fedeli e militanti, ai giovani, ai sofferenti, ai poveri, ai cercatori della verità e della giustizia, a tutti la benedizione del Papa, che muore.

E così, con particolare riverenza e riconoscenza ai Signori Cardinali ed a tutta la Curia romana: davanti a voi, che mi circondate più da vicino, professo solennemente la nostra Fede, dichiaro la nostra Speranza, celebro la Carità che non muore, accettando umilmente dalla divina volontà la morte che mi è destinata, invocando la grande misericordia del Signore, implorando la clemente intercessione di Maria santissima, degli Angeli e dei anti, e raccomandando l’anima mia al suffragio dei buoni.

2. Nomino la Santa Sede mio erede universale: mi obbligano a ciò dovere, gratitudine, amore. Salvo le disposizioni qui sotto indicate.

3. Sia esecutore testamentario il mio Segretario privato. Egli vorrà consigliarsi con la Segreteria di Stato e uniformarsi alle norme giuridiche vigenti e alle buone usanze ecclesiastiche.

4. Circa le cose di questo mondo: mi propongo di morire povero, e di semplificare così ogni questione al riguardo.

Per quanto riguarda cose mobili e immobili di mia personale proprietà, che ancora restassero di provenienza familiare, ne dispongano i miei Fratelli Lodovico e Francesco liberamente; li prego di qualche suffragio per l’anima mia e per quelle dei nostri Defunti. Vogliano erogare qualche elemosina a persone bisognose o ad opere buone. Tengano per sé, e diano a chi merita e desidera qualche ricordo dalle cose, o dagli oggetti religiosi, o dai libri di mia appartenenza. Distruggano note, quaderni, corrispondenza, scritti miei personali.

Delle altre cose che si possano dire mie proprie: disponga, come esecutore testamentario, il mio Segretario privato, tenendo qualche ricordo per sé, e dando alle persone più amiche qualche piccolo oggetto in memoria. Gradirei che fossero distrutti manoscritti e note di mia mano; e che della corrispondenza ricevuta, di carattere spirituale e riservato, fosse bruciato quanto non era destinato all’altrui conoscenza.

Nel caso che l’esecutore testamentario a ciò non possa provvedere, voglia assumerne incarico la Segreteria di Stato.

5. Raccomando vivamente di disporre per convenienti suffragi e per generose elemosine, per quanto è possibile.

Circa i funerali: siano pii e semplici (si tolga il catafalco ora in uso per le esequie pontificie, per sostituirvi apparato umile e decoroso).

La tomba: amerei che fosse nella vera terra, con umile segno, che indichi il luogo e inviti a cristiana pietà. Niente monumento per me.

6. E circa ciò che più conta, congedandomi dalla scena di questo mondo e andando incontro al giudizio e alla misericordia di Dio: dovrei dire tante cose, tante. Sullo stato della Chiesa; abbia essa ascolto a qualche nostra parola, che per lei pronunciammo con gravità e con amore. Sul Concilio: si veda di condurlo a buon termine, e si provveda ad eseguirne fedelmente le prescrizioni. Sull’ecumenismo : si prosegua l’opera di avvicinamento con i Fratelli separati, con molta comprensione, con molta pazienza, con grande amore; ma senza deflettere dalla vera dottrina cattolica. Sul mondo: non si creda di giovargli assumendone i pensieri, i costumi, i gusti, ma studiandolo, amandolo, servendolo.

Chiudo gli occhi su questa terra dolorosa, drammatica e magnifica, chiamando ancora una volta su di essa la divina Bontà. Ancora benedico tutti. Roma specialmente, Milano e Brescia. Alla Terra santa, la Terra di Gesù, dove fui pellegrino di fede e di pace, uno speciale benedicente saluto.

E alla Chiesa, alla dilettissima Chiesa cattolica, all’umanità intera, la mia apostolica benedizione.

Poi: in manus Tuas, Domine, commendo spiritum meum.

Ego: Paulus PP. VI.

Dato a Roma, presso S. Pietro, il 30 giugno 1965, anno III del nostro Pontificato.


Note complementari al mio testamento

In manus tuas, Domine, commendo spiritum meum.
Magnificat anima mea Dominum. Maria!

Credo. Spero. Amo.

Ringrazio quanti mi hanno fatto del bene.

Chiedo perdono a quanti io avessi non fatto del bene. A tutti io do nel Signore la pace.

Saluto il carissimo Fratello Lodovico e tutti i miei familiari e parenti e amici, e quanti hanno accolto il mio ministero. A tutti i collaboratori, grazie. Alla Segreteria di Stato particolarmente.

Benedico con speciale carità Brescia, Milano, Roma, la Chiesa intera. Quam diletta tabernacula tua, Domine!

Ogni mia cosa sia della Santa Sede.

Provveda il mio Segretario particolare, il caro Don Pasquale Macchi, a disporre per qualche suffragio e qualche beneficenza, e ad assegnare qualche ricordo fra libri e oggetti a me appartenuti a sé e a persone care.

Non desidero alcuna tomba speciale.

Qualche preghiera affinché Dio mi usi misericordia.

In Te, Domine, speravi. Amen, alleluia.

A tutti la mia benedizione, in nomine Domini.

PAULUS PP. VI

Castel Gandolfo, 16 settembre 1972, ore 7,30.



Aggiunta alle mie disposizioni testamentarie

Desidero che i miei funerali siano semplicissimi e non desidero né tomba speciale, né alcun monumento. Qualche suffragio (beneficenze e preghiere).

PAULUS PP. VI

14 luglio 1973

Dreyer
06-08-04, 18:36
http://www.calun.org/strony/przewodnik/strony/obrazki/pawel6.JPG

...Petrus es, ac templi firma columna manes...

Dreyer
06-08-04, 18:45
July, 2000

The Silence of Sodom

A new book on homosexuality and the Church

Provides a refresher course in anti-Catholicism

By Robert P. Lockwood, Catholic League Director of Research

One of the striking points of anti-Catholicism in American culture – in addition to its persistence – is the sameness of it all. Down through the years, there is a tiresome repetition of old cliches about Catholics and Catholicism inherited from the Reformation in England. The difference in today’s popular anti-Catholicism is that the religious language has been stripped away, leaving the cliches to be re-stated from a secular focus. This allows today’s bigot to think that he is presenting some startling new thesis, when he is actually simply regurgitating canards hundreds of years old.

One such long-standing cliché of anti-Catholicism is to take contradictory swipes at the priesthood based on the practice of celibacy. On the one hand, it is argued that celibacy is the source of an unnatural prurience in Church teaching on sexual morality. Rather than being built on Scripture, natural law and a faith-based understanding of sexuality, the cliché argues that Catholic moral teaching comes from “old celibate males” who are anti-sex and concerned solely with imposing an unrealistic puritanical agenda. At the same time, however, all these old celibate males are portrayed as secretive sexual predators. Since celibacy is unnatural the anti-Catholic propagandist argues it can only lead to unnatural practices.

Such a self-contradicting attack on the priesthood was at the heart of 19th-century anti-Catholic literature, aptly described as “puritan pornography.” It is also the underlying assumption of the Kansas City Star series on AIDS in the priesthood, where it was argued that the unnatural requirement of celibacy attracts the sexually dysfunctional to the priesthood, leading to unsafe and secret sexual activity.

It is also at the heart of a new book by Mark D. Jordan, a former Catholic seminary instructor who teaches religion at Emory University. In The Silence of Sodom, Homosexuality in Modern Catholicism. (The University of Chicago Press, 2000) Jordan argues that, “the most important theological facts about Catholicism and homosexuality are not the bureaucratic words that Catholic authorities speak. The truly significant facts concern the homosexuality of the Catholic Church itself – of members of its priesthood and its clerical culture, of its rituals and spiritual traditions.” The Jordan argument is the old self-contradicting attack on the priesthood: the Church teaches against homosexual practices because it is at heart a clerical homosexual institution.

A self-described “openly gay man,” Jordan drafted his book while on a paid fellowship from the John S. Guggenheim Memorial Foundation. He also identifies himself as Catholic: “The Catholic tradition is my Christian tradition.”

In the first section of the book, Jordan simply dismisses recent Church statements on homosexuality as reminiscent of “European fascists of the 1920s and 1930s.” He purposely presents no arguments to which one can reply as he finds such efforts simply being lured into wasteful Church bureaucratic language and thinking. Instead, he revels in bombast. He describes the 1986 letter of the Congregation for the Doctrine of the Faith on the Pastoral Care of Homosexual Persons as filled with logic “by which the church could hand over or relax ‘sodomites’ to the secular arm for public execution.”

He similarly dismisses the 1998 U.S. Bishops’ statement, “Always our Children,” which was generally considered a moderate pastoral approach to parents of homosexual children. Jordan says that if the parents are strange enough to be disturbed by a child’s active homosexual lifestyle, the problem is caused by homophobic church indoctrination, not the lifestyle itself.

Jordan then arrives at his central thesis. He finds in Catholicism in general, and the priesthood in particular, a dominant “homoerotic” culture. It is central to liturgy, the sacraments, and the priesthood itself. Church teachings that condemn homosexual practices are vicious “efforts to keep the dreaded ‘secret’ from being spoken.” That secret, he argues endlessly but with no factual support, is that most priests are either active or closeted gays. “Catholic clerical arrangements…produce rich articulations of male-male desire, both because of compulsory priestly celibacy and because of the enormous development of all-male religious orders.”

It is an argument that would be familiar to 16th-century anti-Catholic propagandists and, in fact, Jordan cites reams of early hate literature that charged Catholic prelates, including popes, of engaging in homosexual activities. Though acknowledging that such charges were unfounded and most often grounded in political and theological agendas, such is unimportant to Jordan. “We need not consider the truth of papal sodomy, but it’s usefulness,” by which he means how useful it was as a charge against the Church. The whole Church was allegedly engaged in covering up the “secret” of a homosexual clergy. Such charges were therefore useful propaganda in undermining the Church in the eyes of the faithful. Truthfulness was never very important in the political or theological agenda. A similar agenda might be on Jordan’s mind today. In fact, he acknowledges that “my writing only fuels anti-Catholic bigotry” and that “it can always be used by anti-Catholics to confirm their view of the ‘whore of Babylon.’”

An old Catholic joke has a group of high school sophomores being told by their teacher that the average boy has a sexually related thought every 10 seconds. This shocks the boys, but one is more shocked than the rest. He asks: “What do they think about for the other nine seconds?”

Jordan’s book will remind the reader of that sophomoric sex-obsessed boy. He sees homoeroticism everywhere in Catholicism. The seminary, spiritual direction, the liturgy, church art and architecture, vestments, rectory life, religious education: all are expressions of a clerical culture “deeply colored by gay tastes and gay fantasies.” Though Catholics may want to define these things as part of living the faith, they are to Jordan “expressions of gay sensibilities…. the homosexuality of the Catholic ruling class.” In his more offensive chapter, he describes clerical life as “gay camp” and speaks of “priests who don’t think they are doing anything odd when they dress up in silks on Sunday morning to promenade, sing, act, and host a meal.” He describes the sacramental act of consecration of the Eucharist as a homosexual fantasy of creating the Perfect Male. It is ugly stuff that speaks more of the path Jordan has taken in life and his own obsessions, rather than any kind of an honest view of the priesthood and the Catholic faith.

“The Silence of Sodom” stoops so low as to cite two classics of American anti-Catholicism in an allegedly legitimate academic work – Charles Chiniquy’s 19th-century Fifty Years in the Church of Rome, most recently published by Jack Chick’s rabidly anti-Catholic press; and The Awful Disclosures of Maria Monk, the 1835 classic soft-porn “nuns-in-sexual-slavery” fraud. Maria Monk’s revelations were seen as fraudulent when it was discovered by a Protestant journalist that the convent she claimed to have escaped from had no hidden rooms as she wrote about, nor did the convent resemble in any way her description of it. Jordan sees Maria’s story as having the value of a parable: just as she could not prove her story of “hidden rooms,” you will not find the “secret” of male gay actions in the priesthood because there is “no suite of inner rooms sheltering all gay clergy. There is no well-established rituals or sweeping histories or even enduring networks of supports.” Which might lead the unbiased reader to conclude that just as Maria’s story had no basis in fact, Jordan’s charges are built on his own sexual ideology rather than any real facts.

Jordan’s book is filled with the illogical argument that denial of his case proves his case. He states that “conservative” Catholics who are loyal to the teaching of the Church are closeted homosexuals. When a journalist charged without any substantiation that Pope Paul VI had engaged in homosexual activity, the papal denial was proof that the allegations must have been true. Priestly actions in the liturgy are “gay camp” and made even more so by priestly denial that they are anything of the sort. Rejecting his thesis of this immense Catholic homosexual culture is succumbing to denial of the “secret.” In one of the oddest arguments in the book, Jordan links the reported cases of pedophilia by priests as one proof of this alleged homosexual culture even though it is generally understood that pedophilia is a severe psychological disease that is not directly linked with homosexuality. Certainly gay activists would be terribly distraught at such a linkage.

In an interesting sidebar to that discussion, Jordan writes that he knew Rudy Kos, the infamous pedophile from the diocese of Dallas. Jordan says that Koss was a student in his class on scholastic philosophy at Holy Trinity Seminary in Dallas. “I was too preoccupied with my own fierce combat against desires for men. Like so many in Catholic education (emphasis added), I was simply incapable of helping anyone with homoerotic secrets.” Kos passed his course.

Jordan concludes with a call to gay and lesbian Catholics to consider alternative communities to live out their faith. “You must leave the Church,” he writes, “to become a Catholic.”

This is a book of opinion – outrageous opinion – based on little more than the author’s own fantasy life. He ascribes to Catholicism, the Catholic priesthood, and the Catholic Mass itself a homoeroticism that exists solely in his own mind. From its cliched assumptions, through its bigoted citations, and to its conclusion that people should leave the Catholic Church at once, the book is an exercise in anti-Catholicism.

I do not fault Jordan so much for the tired prejudices that come from his difficult life. One can’t help wondering, however, about the motives of The University of Chicago Press for publishing such a profoundly anti-Catholic book, and the John S. Guggenheim Memorial Foundation for funding the author’s fantasy life.

Testo originale QUI (http://www.catholicleague.org/research/silence_of_sodom.html)

Sito: Catholic League (http://www.catholicleague.org/)

06-08-04, 19:45
:ronf

krentak the Arising!
06-08-04, 19:55
Originally posted by Thomas Aquinas
Ho come il sentore di sapere chi sono quei quattro che hanno votato contro :D

Sentore di zolfo? :D

06-08-04, 20:18
:ronf

Thomas Aquinas
06-08-04, 20:47
beh allora argomenta, altrimenti fomenti solo un'inutile polemica..

saluti

06-08-04, 21:06
:ronf Il discorso per me è chiuso, cancello quindi messaggi che nulla centrano col topic aperto da Dreyer e dedicato al grandisimo Papa Paolo Sesto. Che si parli di lui e nelle dovute maniere e con il massimo rispetto che merita.

Thomas Aquinas
06-08-04, 21:08
Originally posted by Manuel
No, non stà a me argomentare su temi di assoluta inconsistenza come la presunta omosessualità di Paolo Sesto, non è certo nelle mie passioni, lascio volentieri a Dreyer il compito. Io metto in luce il fatto ormai evidente che ci sono fubetti che usano un propio forum per denigrare gli uomini di Chiesa da PapaGiovanni a GiovanniPaolo secondo e questo per argomentare su temi religiosi per cui chi è qui di fatto è costretto a considerare come legittimi interlocutori i cattointegralisti sedevacantisti, io non lo accetto e penso che questa sia anche la posizione della Chiesa che non credo sia lieta d'essere messa in discussione da un manipolo di estremisti.

Non sarebbero legittimi interlocutori? E perchè mai? :D

Poi è interessante la tua posizione..
Lascia le argomentazioni a Dreyer e tu continui con la tua sterile polemica: abbiam capito che non ti stanno simpatici, basta..

06-08-04, 21:16
:ronf

Thomas Aquinas
06-08-04, 21:36
Originally posted by Manuel
Mi piacerebbe vedere quale sarebbe stata la tua reazione se ad accusare Paolo Sesto con quei toni e con tali argomenti fossero state persone di religione ebraica o laici non credenti..

sarebbe stata la stessa cosa: rispetto prima di tutto.

Ovviamente mi sento più "parente" dei "cugini" di TC che di un laicista o che di un ebreo.

saluti

06-08-04, 21:37
:ronf

Thomas Aquinas
06-08-04, 21:42
Originally posted by Manuel
Certo che non lo sono, guarda che è difficile capire da quale ordine religioso sono ufficialmente rappresentati e quindi non si sa bene neppure a chi rivolgersi per contestarne le opinioni, per me son tutti anonimi, si pongono in netta contrapposizione e contestazione con i vertici della Chiesa che non riconoscono arrivando pure alla denigrazione delle persone, un fatto che non ha certamente riscontri con i rapporti tra il cattolicesimo e le altre religioni ufficialmente riconosciute.

"ufficialmente riconosciute"? :D

i greco-scismatici sono "ufficialmente riconosciuti"? E chi li rappresenta ufficialmente?

per passare ad altre religioni... i musulmani sono "ufficialmente riconosciuti"? E chi li rappresenta ufficialmente?


Gli amici di Tradizione Cattolica hanno una chiara posizione dottrinale, quanto alla loro fede fanno riferimento ad un istituto.

Poi a denigrare la Chiesa sono in molti, e con ciò?

Ammetto che spesso eccodono, soprattutto alcuni, ma questo non legittima il tuo sterile atteggiamento.

Soprattutto se pensi che il pericolo per la Chiesa sono i tesisti :D

:lol

06-08-04, 21:49
[

06-08-04, 21:58
:ronf

Bellarmino
06-08-04, 23:22
Originally posted by Manuel
Ho appena dato il mio voto positivo a Paolo Sesto che si potrà anche criticare, ma quando io vedo offese e denigrazioni pubbliche gratuite e totalmente infondate da parte di sedicenti cattolici integralisti non ci stò, non faccio finta di nulla. :rolleyes:
Su questo forum avrai scritto si e no 20 posts e 19 e 1/2 di questi sono di odio nei nostri confronti. Dottrinalmente sei zero assoluto e ti arroghi il diritto di sproloquiarci contro senza possedere neppure la minima preparazione o uno straccio di argomentazione seria. Invochi perfino la censura...
Per quanto riguarda Paolo VI (faccio mie le parole di Damiani su TC) se pensi siano calunnie ti invito a querelare l'autore che le ha riportate sul suo libro. Sennò taci perchè non fai altro che collezionare figure di pupu.
Eppoi... da che pulpito... uno che che si definisce "libero muratore", ovvero massone! :rolleyes: :rolleyes:

Thomas Aquinas
06-08-04, 23:25
Originally posted by Manuel
I mussulmani si contano in centinaia di milioni.. i greco sismatici bho fatti loro di sette religiose anche illegali poi c'è ne sono parecchie se si pone la discussione su questo fronte .. a casa nostra, in questa community abbiamo a che fare con sedevacantisti cattotradizionalisti, scrivessero da un'altra parte il problema al 99,999 % non si sarebbe nemmeno posto propio perchè praticamente inesistenti nella società.

cosa c'entrano ora i numeri?

Un interlocutore è degno in relazione alla popolarità delle sue tesi?

mah..

07-08-04, 00:31
:ronf

Bellarmino
07-08-04, 00:50
Anche stavolta un mucchio di chiacchiere senza fondamento.
Noi non insultiamo nessuno! Ciò che affermiamo fa parte del magistero della Chiesa fino al concilio vaticano II. Infatti non ci inventiamo nulla che non abbia fondamenta dottrinali basate sulle fonti che in qualsiasi discussione riportiamo sempre.
Gli altri forumisti che non concordano con noi ci mostrano i loro punti di vista, mentre tu, carente di argomenti, invochi soltanto la censura.
Per quanto riguarda l'antigiudaismo teologico, esso fa parte dell'esegesi cattolica, e dimostra soltanto le infondatezze dottrinali di chi ancora si ostina dopo 2000 anni a non riconoscere il Salvatore Gesù.
La Chiesa s'è sempre occupata di questo aspetto, così come ha sempre combattuto le eresie e le ideologie contrarie al Verbo incarnato Gesù Cristo.

Augustinus
07-08-04, 08:09
Ancora una volta mi vedo costretto ad intervenire nei riguardi del forumista Manuel.
Già più di una volta l'ho invitato bonariamente a discutere pacatamente i temi che a lui interessano. Ma evidentemente i toni da lui adoperati non sembrano consentire tale possibilità. Egli, per contro, si mette deliberatamente ad offendere agli forumisti ed il sottoscritto, tanto da obbligarmi a censurare diverse volte i suoi posts in CR.
Anzi, più di una volta, egli si dà da fare in un'opera di sciacallaggio morale e ... virtuale nei confronti di chi non la pensi come lui. Egli accusa i cugini ed amici di TC di essere intolleranti e di portare avanti una dottrina retrograda ... . Ma non si rende conto che l'intollerante qui è lui, che, peraltro, invoca la censura contro gli amici di TC che postano da noi. Non si rende forse conto che chi offende è lui.
Dottrina retrograda? A parte la considerazione circa lo stato attuale della Chiesa, che differenzia la posizione dottrinaria di questo forum rispetto a quello di TC, la dottrina teologica è comune; i dogmi di fede sono i medesimi. Insomma, ci uniscono quasi 2000 anni di storia. Se la loro dottrina è retrograda, allora anche quella della Chiesa lo è.
Sulla base di quale criterio ritiene, poi, la dottrina "retrograda e fuori dal tempo", non è dato sapere. Forse - ma questa è una mia supposizione - egli si basa su nuove dottrine teologiche, condannate dalla Chiesa, riportandole in auge. Dottrine sostanzialmente eretiche, impregnate di principi contrari al Magistero di sempre, come marxismo, comunismo, liberismo-massonico, ecc. Per capirci, dottrine portate avanti da loschi e tristi figuri come Zanotelli, don Vitaliano di turno, ecc.
Ciò personalmente ho avuto modo di constatarlo in passato, quando lo stesso personaggio ha cercato di sminuire il valore salvifico del sacrificio di Redentore. Dalle sue parole sembrava emergere l'idea: ma sì, in fin dei conti, Cristo non ha sofferto poi così tanto ...; si trattava di uno scherzo; robetta da niente ... . La flagellazione e la coronazione di spine ... torture assolutamente insignificanti ... . Ed altre amenità ... . E la motivazione su cui basava le sue opinioni? Semplice e riduttiva allo stesso tempo: un uomo non poteva sopportare le torture che i Vangeli affermavano avesse subito il Signore. Dimenticando forse che la parsimonia dei Vangeli nel descrivere il martirio di Cristo va completata con i dati storici ed archeologici, oltre che patristici.
Insomma, per il forumista si trattava di dettagli trascurabili.
Ecco, queste sono forse le dottrine retrograde?
Ciò che gli manca, volendo essere benevoli e concedendo il beneficio della buona fede, è assolutamente la preparazione storica e teologica per controbattere.
Caro manuel,
sei un ragazzo volenteroso, ma prima preparati e poi discuti pacatamente, senza inveire a destra e a manca, dimostrando solo la tua intolleranza verso altri cattolici. E scommetto invece che fai pappa e ciccia con gli atei, gli agnostici, ecc., che propinano critiche gratuite alla Chiesa, fomentano luoghi comuni e portano avanti disegni disgreganti la società, la moralità, ecc. (alludo a programmi come quelli diretti a riconoscere il matrimonio tra persone dello stesso sesso, e così via). Anzi, penso che forse, sotto quest'aspetto, persino l'attuale Papa ti sembra retrogrado ... .
In conclusione ti invito - per l'ennesima volta (e così ti dimostro la nostra tolleranza, a fronte della tua intolleranza) - a moderare i toni nei riguardi di chiunque, ricordandoti che tutti possono postare da noi, purchè rispettino la netiquette di QUESTO forum, senza offendere alcuno.
Scusami se intervengo qui pubblicamente, avrei preferito rivolgerti questo ennesimo invito mediante pvt, ma non potevo esimermi dall'invitarti pubblicamente a stemperare i tuoi toni, visti i tuoi ultimi posts.
Cordiali saluti

Augustinus