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Visualizza Versione Completa : Piante e fiori nel mondo dell'arte e della letteratura



Liquid Sky
19-08-05, 13:59
Durante le mie letture e il mio girovagare in rete, mi sono imbattuta spesso in poesie, dipinti, brani che hanno come soggetto la descrizione e l'esaltazione di piante e fiori. Da qui l'idea di aprire un 3d che spazi un po' sul mondo vegetale visto con l'occhio dell'arte in tutte le sue forme, sperando nel contributo di più forumisti che siano interessati. :)

Liquid Sky
19-08-05, 14:28
Vorrei iniziare con un'artista delicata, dolce e fantasiosa: Cicely Mary Barker.

Cicely Mary Barker nacque a West Croydon, nel Surrey, il 28 giugno 1895. Per tutta la vita ebbe problemi fisici e da bambina soffrì di epilessia. A prescindere dagli attacchi della malattia, l'infanzia di Cicely fu felice e tranquilla. A causa della sua salute, studiò privatamente, sostenuta dal padre, a sua volta un artista esperto, che incoraggiò il suo talento artistico, iscrivendola alla Croydon Art Society quando aveva tredici anni e offrendole un corso d'arte per corrispondenza, che la giovane seguì fino al 1919.e successivamente una scuola serale sempre di belle arti.
A 15 anni alcuni dei suoi disegni vennero acquistati da un editore e usati per una produzione di cartoline; l'anno successivo vinse il secondo premio in un concorso per la realizzazione di manifesti e venne eletta membro onorario dell'associazione che lo sponsorizzava.
La morte prematura del padre costrinse Cicely a vendere poesie e disegni a riviste quali My Magazine, Child's Own ecc.

Cicely è nota soprattutto per le sue bellissime, delicate e poetiche illustrazioni della serie delle Fate dei fiori, realizzate sulla base delle sue conoscenze botaniche e degli studi artistici - in particolar modo dei Pre-Raffaelliti, che spesso l'avevano portata a riprodurre bambini. Il suo primo libro di illustrazioni e poesie, stampato nel 1923 ebbe un grande successo tanto che ad esso ne seguirono subito altri sette.

Per creare i libri delle Fate dei Fiori dipingeva dal vero quando poteva, a volte facendosi addirittura aiutare dal personale di Kew Gardens per trovare e identificare gli esemplari delle piante.
Anche per ritrarre le fate si ispirò alla realtà: i modelli erano i bambini che frequentavano la scuola materna della sorella. Cicely creò i costumi delle fate da far indossare ai piccoli e costruì ali in miniatura con ramoscelli e garze.
Terminati i disegni, componeva le poesie.
Dai suoi disegni traspare la una visione della natura come un tutto armonioso e puro; le sue fate sono bambini con delicatissime ali ed ogni fata è la protettrice di un fiore diverso; come a dire che la natura, per esprimersi, non possa prendere altra forma che quella infantile, perchè solo lì sta la purezza di un'anima candida.

Essendo profondamente credente, i suoi lavori sulle Fate si alternavano ad altri di carattere religioso, realizzando serie di cartoline e biglietti augurali o quadri che spesso donava alle chiese. La sua tecnica spazia dall'acquerello al disegno in bianco e nero, dall'olio ai pastelli.

La Barker dpinse per tutta la sua lunga vita, finchè la vista glielo permise, fino a poco tempo prima della sua morte, avvenuta nel 1973, proprio nel giorno del cinquantesimo anniversario della pubblicazione del suo primo libro sulle Fate.

http://www.macrolibrarsi.it/foto/cicely_mary_barker.gif

http://www.karabadan.com/Images/Postcards/F12F.jpg

CANZONE DELLA FATA ROSA

Il più bello e caro dei fiori esistenti,
perfetta da vedere e annusare,
e le parole sono insufficienti
se della Rosa vogliono parlare.
Germogli che si aprono per dare
falda su falda un bianco splendore,
o quel rosa, quel rosso, che compare,
intenso, dolce, profumato fiore!
E non c'è cosa più meravigliosa
che essere la Fata della Rosa!

http://www.karabadan.com/Images/Postcards/F18F.jpg

Liquid Sky
19-08-05, 17:57
Violetta

Una violetta stava sul prato
ignota e con il capo reclinato,
era una graziosa violetta.
Veniva una pastorella
il passo lieve, l'anima serena,
per la sua strada
giù per il prato, cantando.

Ah, pensa la violetta, vorrei tanto
essere il fiore più bello del creato,
ah, solo per un istante,
fino a che mi ha colto il mio amore
e mi ha stretto languida sul cuore!
Ah, soltanto, soltanto
per un breve quarto d'ora!

Ahimé, ahimé, venne la giovinetta
e non si diede cura della violetta,
anzi calpesta l'infelice.
Era lieta anche se cadeva e moriva:
se muoio, muoio tuttavia,
per causa sua, per causa sua,
qui ai suoi piedi almeno.

Johann Wolfgang Goethe

https://farm5.staticflickr.com/4061/4466007203_e49e3accf6_b.jpg (https://flic.kr/p/7NDsmc)

Liquid Sky
19-08-05, 18:07
IL FIORELLINO MERAVIGLIOSO
Canzone del conte prigioniero

Il conte
Conosco un meraviglioso fiorellino
e ne ho un grande desiderio;
vorrei andare a cercarlo, se io
non fossi prigioniero.
Il mio dolore non è piccolo;
quand'io vivevo libero,
avevo vicino a me quel fiore.

Da questo castell tutt'intorno
scosceso i miei occhi vagano,
e dall'alto della torre non posso
scorgerlo con il mio sguardo;
e chi lo porti alla mia vista,
cavaliere o servo che sia,
il mio fido dovrebbe restare.


La rosa
Sono tutta in fiore e ascolto quello
che dici, qui sotto le tue sbarre.
Povero nobile cavaliere, certo,
di me, la rosa, intendi parlare!
Eletta è la tua anima,
la regina dei fiori domina
certo anche nel tuo cuore.


Il conte
La tua porpora ogni onore merita
dentro il verde involucro;
per questo la ragazza ti desidera,
come i gioielli e l'oro.
Il tuo serto esalta il volto più bello:
ma tu, fiorellino, non sei quello
che io venero in segreto.


Il giglio
Ha uno stile altero e a cose
eccelse aspira la rosa;
ma loderà la bella del cuore
anche il giglio che l'adorna.
A chi batte il cuore in un petto fedele
e pura, come la mia, ha la mente,
questi di me ha la stima più alta.


Il conte
Io mi ritengo casto e puro,
e puro da colpe malvage;
ma qui sono tenuto prigioniero
e tutto solo mi devo tormentare.
Tu nella tua bellezza mi evochi
la casta soavità delle vergini:
ma io penso a un fiore più caro.


Il garofano
Io, il garofano, penso di essere questo
fiore, qui nel giardino del carceriere,
se no, perché il vecchio mi presta
le sue cure con tanto amore?
I petali urgono nella bella corona,
un profumo per sempre si sprigiona,
e tutti i mille colori.


Il conte
Non va disprezzato il garofano,
è la gioia del giardiniere:
ora alla luce deve stare esposto,
ora lui dal sole lo protegge;
ma quello che il conte rende lieto
non è uno sfarzo ricercato,
è un silenzioso fiore.


La violetta
Me ne sto reclinata e nascosta
e non parlo volentieri, ma voglio,
dato che ora è la mia volta,
rompere il mio silenzio profondo.
Se sono io, come mi dispiace,
uomo stimato, di non recare
su fino a te tutti i profumi.

Il conte
La buona violetta io la stimo molto:
è tanto modesta e tanto
odorosa; ma io ho bisogno
di più, nel mio acerbo affanno.
A voi soltanto voglio confidarmi:
su questi picchi rocciosi e aridi
non troverò la mia bella.

Ma la donna più fedele della terra
incede presso il ruscello, in basso,
sospira e geme sommessa
fino al giorno del mio riscatto.
Quando coglie un fiore celeste
e ripete: non ti scordar di me!
lo sento anche di lontano.

Certo, si sente la forza di lontano,
se due si amano davvero;
nella notte del carcere sono rimasto
ancora vivo per questo.
E nche se mi spezza il cuore, basta che
io esclami: non ti scordar di me!
e rinasco alla vita.

J. W. Goethe

http://www.imagenorthwest.com/flora-forgetmenot.jpg

Liquid Sky
19-08-05, 23:54
http://www.romaspqr.it/ROMA/Foto/dafne.jpg
Gian Lorenzo Bernini
Apollo e Dafne (1622-25)
Marmo di Carrara
cm. 243

Gian Lorenzo Bernini creò per il cardinale Scipione Borghese un capolavoro senza precedenti raffigurando la metamorfosi in alloro della casta ninfa Dafne, inseguita invano da Apollo, dio della luce.
L'opera marmorea in scala naturale, iniziata dal Bernini a ventiquattro anni, eseguita tra il 1622 e il 1625 era collocata nella stessa stanza della Villa, ma in origine stava su una base più bassa e ristretta, appoggiata alla parete verso la scala. A chi entrava allora, Apollo in corsa si presentava di spalle, compariva quindi la ninfa in fuga in un crescendo della sua metamorfosi: la corteccia avvolge gran parte del corpo, ma la mano di Apollo, secondo i versi di Ovidio, sotto il legno sente ancora il battito del cuore. Quindi la scena si chiude, Dafne si è trasformata in alloro per sfuggire al divino aggressore.
link (http://www.galleriaborghese.it/borghese/it/dafne.htm)

“… i capelli si allungano in fronde, le braccia in rami; il piede, poco prima così veloce, resta inchiodato da pigre radici, il volto svanisce in una cima. Conserva solo la lucentezza.” (Ovidio, Libro I, vv. 550-552).

Liquid Sky
21-08-05, 23:14
"...Uscì nell'andito, spalancò la porta che dava sull'orto e sedette sullo scalino di pietra.
La notte era calda e tranquilla, rischiarata appena dal velo biancastro della via lattea e dalle stelle vivissime. Davanti ad Annesa l'orto, nero e tacito, odorava di pomidoro e di erbe aromatiche: e il profumo del rosmarino e della ruta ricordava la montagna, le distese selvagge, le valli primordiali, coperte di macchie e di arbusti, che circondavano il paese. In fondo all'orto cominciava il bosco, dal quale emergeva la montagna, col suo profilo enorme di dorso umano disteso sull'orizzonte stellato: i grandi alberi neri erano così immobili e gravi che parevano rocce..."

L'Edera - Grazia Deledda

http://img4.wikia.nocookie.net/__cb20140215124635/creepypastaitalia/it/images/thumb/3/38/Bosco-di-notte-con-occhi-rossi-robert-johnson.jpg/600px-Bosco-di-notte-con-occhi-rossi-robert-johnson.jpg

Liquid Sky
21-08-05, 23:49
"...Questa volta ella arrivò ad una grande aiuola, tutta orlata di margherite, e con un salice piangente nel mezzo.
- Oh Giglio, - disse Alice, rivolgendosi a uno stelo che oscillava graziosamente al vento, vorrei che tu potessi parlare.
- Noi possiamo parlare, - disse il Giglio, - se c'è qualcuno con cui metta conto di parlare.
Alice fu così stupita che rimase senza parola per un minuto. Finalmente, siccome il Giglio non faceva che oscillare, ripigliò a discorrere timidamente... quasi con un bisbiglio.
- E tutti i fiori parlano?
- Come te, - disse il Giglio, - e molto più forte.
- Sai, - disse la Rosa, - cominciar noi non sta bene, e veramente tu parlavi; dicevo a me stessa: «Il suo viso ha qualche significato, sebbene non sia furbo». Pure, tu hai il colore giusto, e col colore giusto si va lontano.
- Non m'importa nulla del colore, - disse il Giglio. - Starebbe meglio se ella avesse i petali un po' più arricciati.
Ad Alice non piaceva di essere giudicata, e così cominciò a fare delle domande.
- Non avete paura d'esser piantati qui fuori, con nessuno che vi accudisca?
- V'è l'albero nel mezzo, - disse la Rosa, a che altro servirebbe?
- Ma che potrebbe fare innanzi a un pericolo? - chiese Alice.
- Troncarlo, - disse la Rosa.
- È per questo, - disse una Margherita, - che il suo fusto si chiama tronco.
- Non sai questo? - gridò un'altra Margherita, e tutte cominciarono a strillare in coro, finchè l'aria parve tutta assordata da quelle stridule voci.
- Silenzio, tutte! - gridò il Giglio, agitandosi irosamente da un lato all'altro, fremente di rabbia. - Siccome sanno che io non posso raggiungerle, - balbettò, piegando verso Alice la testa tremante, - si mettono a gridare a quel modo.
- Non ci badare, disse Alice con accento carezzevole, e, chinandosi sulle margherite, che stavano ricominciando, bisbigliò: - Se non state zitte, vi colgo.
Vi fu un istante di silenzio e parecchie delle margheritine rosee diventarono bianche.
- Benissimo! - disse il Giglio. - Le margherite hanno un carattere pessimo. Quando una parla, cominciano tutte, e non ci vuol altro per seccare chi le sente.
- Come va che voi potete parlare così bene? - disse Alice, sperando di addolcirlo con un complimento. - Sono stata in tanti giardini, ma non ho mai sentito parlare i fiori.
- Metti giù la mano e tasta il suolo, - disse il Giglio. - Saprai il perchè.
Alice obbedì.
- È molto duro, - ella disse, - ma non capisco che c'entri.
- Nella maggior parte dei giardini. - disse il Giglio, - fanno i letti dei fiori troppo soffici, e così i fiori dormono sempre.
La ragione era ottima, e Alice fu lieta di apprenderla.
- Non ci avevo pensato, - disse.
- Credo che tu non pensi mai! - disse la Rosa con un tono piuttosto severo.
Non ho visto mai una fisionomia più stupida, - disse la Viola così improvvisamente, che Alice diede un balzo.
- Tieni a posto quella lingua! - grido il Giglio. - Come se tu vedessi mai nessuno. Tu nascondi la testa sotto le foglie e vi russi tanto che ne sai del mondo quanto può saperne un germoglio..."

Attraverso lo specchio - Lewis Carroll

http://www.liberliber.it/mediateca/libri/d/dodgson/attraverso_lo_specchio/html/alice09.gif

Liquid Sky
22-08-05, 23:45
Portami il girasole ch'io lo trapianti

Portami il girasole ch'io lo trapianti
nel mio terreno bruciato dal salino,
e mostri tutto il giorno agli azzurri specchianti
del cielo l'ansietà del suo volto giallino.

Tendono alla chiarità le cose oscure,
si esauriscono i corpi in un fluire
di tinte: queste in musiche. Svanire
é dunque la ventura delle venture.

Portami tu la pianta che conduce
dove sorgono bionde trasparenze
e vapora la vita quale essenza;
portami il girasole impazzito di luce.

Eugenio Montale

http://www.macrolibrarsi.it/img/tinyMCE_upload/girasole.jpg

Liquid Sky
25-08-05, 12:41
...Era, insomma, impossibile trovare una bellezza più affascinante di quella di Marguerite.
Alta e snella, fin troppo, aveva al massimo grado l'arte di far scomparire quel difetto della natura con una sapiente maniera di vestirsi.
...
La splendida testa era fatta oggetto di una speciale civetteria.
Era molto minuta, e sua madre, come avrebbe detto De Musset, sembrava averla fatta così per poterla fare con maggior cura. Mettete in un ovale di indicibile grazia due occhi neri ornati da sopracciglia dall'arco così puro da sembrare disegnato; velate quegli occhi di lunghe ciglia che, abbassandosi, ombreggino le guance rosate; tracciate un naso sottile, dritto, spirituale, con le narici leggermente dilatate da un anelito di vita sensuale; disegnate una bocca regolare, le cui labbra si schiudano dolcemente su denti bianchi come il latte; colorite la pelle col tono vellutato che avvolge le pesche non ancora sfiorate da alcuna mano, e avrete l'immagine di quella testa deliziosa.
I capelli neri come il carbone, ondulati naturalmente, o forse no, si dividevano sulla fronte in due larghe bande, e si perdevano dietro la testa, mostrando i lobi delle orecchie sui quali brillavano due diamanti di quattro o cinquemila franchi ciascuno.
...
Ogni volta che si recitava una nuova commedia, si poteva essere sicuri di incontrarla, con tre cose che non la lasciavano mai, e che occupavano sempre il parapetto del suo palco di prima fila: il binocolo, un sacchetto di dolci e un mazzo di camelie.
Per venticinque giorni del mese le camelie erano bianche, e per cinque erano rosse; non si è mai conosciuta la ragione di questo cambiamento di colore, che io racconto senza saperlo spiegare, e che era stato notato anche dai suoi amici e dai frequentatori abituali dei teatri dove si recava più spesso.
Marguerite non era mai stata vista con altri fiori che camelie, tanto che dalla sua fioraia, madame Barjou, avevano finito col chiamarla "La signora dalle camelie", e il soprannome le era rimasto."

"La signora delle camelie" - Alexandre Dumas figlio

http://imgc.allpostersimages.com/images/P-473-488-90/73/7316/HEKO100Z/posters/napoleon-sarony-sarah-bernhardt-1844-1923-as-marguerite-gautier-in-la-dame-aux-camelias-by-alexandre-dumas.jpg

Sara Bernhardt (1844-1923) Marguerite Gautier in 'La Dame Aux Camelias

Liquid Sky
28-08-05, 00:27
http://www.francescomorante.it/images/305c4.jpg

Paul Cezanne, Natura morta con mele e vaso di primule, 1894

Il quadro è conservato nel Metropolitan Museum di New York.

Orwell
29-08-05, 14:39
Michele Cascella

Nasce a Ortona (CH). Il suo primo maestro è il padre Basilio che credendo successivamente nel valore delle opere di Michele, gli organizza mostre a Milano a Torino e a Parigi. La sua è una tecnica realista, il suo strumento è soprattutto il pastello che gli permette di dare quel tocco di pittura "dal vero" come il classico artista che porta il cavalletto nel paesaggio e lo riprende nella sua essenza. Nel dopoguerra si trasferisce a Milano ed espone alla Triennale del 1920. Dal 1924 al 1942 (anno in cui ottiene una sala personale), è presente a tutte le edizioni della Biennale di Venezia. Successivamente soggiorna per diverso tempo negli Stati Uniti e continua la sua produzione dedicata soprattutto a nature morte, vasi di fiori, paesaggi abruzzesi e vedute di Portofino. Muore a Roma nel 1989.

http://www.arteoggi.com/cascella-g5.jpg

Liquid Sky
10-09-05, 14:58
https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/b/b4/Vincent_Willem_van_Gogh_128.jpg/800px-Vincent_Willem_van_Gogh_128.jpg
I Girasoli di Van Gogh
Neue Pinakothek, München


"Forse saprai che la peonia è di Jeannin, l'altea appartiene a Quost, ma il girasole è in qualche modo mio ..." - (V.Van Gogh in una lettera al fratello Theo, gennaio 1889)

Sgiar
11-09-05, 14:54
Flo'sei bravissima:o
Molto interessante

Liquid Sky
11-09-05, 16:18
grazie...:o :)

Liquid Sky
11-09-05, 21:17
http://www.ibiblio.org/wm/paint/auth/rousseau/rousseau.dream.jpg
Henri Rousseau Le Douanier (Il doganiere)
The Dream (Il sogno)
1910
olio su tela
204,5 x 298,5 cm
Museum of Modern Art, New York
Gift of Nelson A. Rockefeller


"Nel 1891 Henri Rousseau realizza il primo di una lunga serie di dipinti ambientati in giungle rigogliose ed irreali, abitate da animali.
Questo tema viene ripresa spesso da Henri Rousseau, suscitando la pesante ironia dei critici, che pur cominciando ad essere meno duri nei suoi confronti, ne deridono le limitate capacità tecniche, sottolineando l’incongruenza della vegetazione, senza capire che non è reale ma frutto della sua straordinaria fantasia."

link (http://www.windoweb.it/guida/arte/biografia_henri_rousseau.htm)

Liquid Sky
19-09-05, 19:40
XII
I GIGLI

Nel mio villaggio, dietro la Madonna
dell'acqua, presso a molti pii bisbigli,
sorgono sopra l'esile colonna
verde i miei gigli:

miei, ché a deporne i tuberi in quel canto
del suo giardino fu mia madre mesta.
D'altri è il giardino: di mia madre (è tanto!...)
nulla piú resta.

Sono tanti anni!... Ma quei gigli ogni anno
escono ancora a biancheggiar tra folti
cesti d'ortica; ed ora... ora saranno
forse già còlti.

Forse già sono su l'altar, lì presso,
a chieder acqua, or ch'è mietuto il grano,
per il granturco: e nel pregar sommesso
meridïano,

guardando i gigli, alcuna ebbe un fugace
ricordo; e chiede che Maria mi porti
nella mia casa, per morirvi in pace
presso i miei morti

G. Pascoli - Myricae

https://occhidigiada.files.wordpress.com/2008/06/giglio11.jpg?w=201&h=300

Liquid Sky
19-09-05, 19:46
V
PERVINCA

So perché sempre ad un pensier di cielo
misterioso il tuo pensier s'avvinca,
sì come stelo tu confondi a stelo,
vinca pervinca;

io ti coglieva sotto i vecchi tronchi
nella foresta d'un convento oscura,
o presso l'arche, tra vilucchi e bronchi,
lungo la mura.

Solo tra l'arche errava un cappuccino;
pareva spettro da quell'arche uscito,
bianco la barba e gli occhi d'un turchino
vuoto, infinito;

come il tuo fiore: e io credea vedere
occhi di cielo, dallo sguardo fiso,
più d'anacoreti, allo svoltar, tra nere
ombre, improvviso;

e il bosco alzava, al palpito del vento,
una confusa e morta salmodia,
mentre squillava, grave, dal convento
l'avemaria.

G. Pascoli - Myricae

https://farm1.staticflickr.com/381/19859406730_6b8026795c.jpg

Liquid Sky
20-09-05, 22:34
Cyparissus
Libro X - vv. 86-140
Ovidio

Nella di stesa piana priva d'ombra,
sulla cima d'un colle verde d'erba tenera,
giunse Orfeo, e tocccò le corde della cetra:
e subito d'intorno nacque l'ombra. E apparve la quercia
e l'albero delle Eliadi, e l'ischio dalle alte fronde,
il tiglio delicato, il faggio, il vergine lauro,
il fragile nocciòlo, il frassino utile per l'aste,
l'abete senza nodi, il leccio curvato dalle ghiande,
il platano felice, l'acero di vari colori,
il salice che vive lungo i fiumi e il loto delle acque,
il bosso sempre verde e l'umile tamerice,
il mìrto di due colori e il viburno dalle bacche cerule.
Veniste anche voi, edere dai prensili piedi flessuosi,
con la vite densa di foglie e l'olmo avvolto di tralci
e gli orni e le picce e gli àlbatri colmi di rossi pomi
e la lenta palma, premio al vincitore,
e il pino con l'aspra chioma raccolta in cima,
caro alla madre degli dèi, anche se Ati
lasciò per Cibele la sua natura d'uomo
e s'indurí in quel tronco. E fra quegli alberi
apparve anche il cipresso, simile alle mete,
albero ora, ma fanciullo un tempo diletto
al dio che piega le corde dell'arco e della cetra.
Viveva un cervo meraviglioso, sacro alle ninfe
delle terre di Cartaia. Ramose e aperte,
fitta ombra spargevano le corna sul suo capo:
e splendevano d'oro. E dal liscio collo,
giù sugli òmeri pendevano collane di gemme.
Dal giorno della nascita, legato con tenui fili,
un piccolo globo d'argento oscillava sulla fronte,
lucevano perle alle orecchie, intorno alle tempie.
Senza timore, vinta la timidezza naturale,
entrava nelle case e abbandonava il collo
alle carezze di mani anche ignote.
Ma più era caro a te, Cyparissus,
il più bello fra gli uomini di Ceo. Tu lo guidavi
ai giovani pascoli e alle acque di chiara sorgente:
tu gli intrecciavi fiori di vari colori tra le corna,
e talvolta, lieto cavaliere, andavi qua e là
sul suo dorso e frenavi la sua bocca mansueta
con briglie purpurce. Ma un meriggio d'estate,
quando la calura ardo le curve braccia del Cancro,
il cervo riposava stanco sull'erba del prato
al fresco d'ombra che stendeva un albero;
e Cyparissus ignaro lo trafisse con un dardo.
E come vide che moriva per il colpo crudele,
invocò subito la morte. Quante parole di conforto
gli rivolse Febo dicendo che non valeva dolore
quella perdita lieve: ma, nel continuo lamento,
egli chiede agli dèi, quale dono supremo,
di lasciarlo sempre nel pianto. E senza fine pianse
tutto il suo sangue, e le membra presero a inverdire,
e i capelli, prima fluenti sulla fronte bianchissima,
divennero ruvide fronde, e già dure
volsero l'esile cima verso il cielo stellato.

trad. Salvatore Quasimodo

http://users.libero.it/gfuria/cipressi1.jpg
Vincent Van Gogh

Strada con cipresso e stella
1890
olio su tela, cm 92 x 73
Otterlo, Rijksmuseum Kröller-Muller

Liquid Sky
08-10-05, 22:29
https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/f/f0/Arcimboldo%2C_Giuseppe_%28attr.%29_-_Flora_-_c._1591.jpg/456px-Arcimboldo%2C_Giuseppe_%28attr.%29_-_Flora_-_c._1591.jpg

Flora
1591 circa
olio su tavola; 72,8 x 56,3
Collezione privata

Tra le più celebrate e ammirate “teste composite” dell’Arcimboldi, la prima versione della Flora, eseguita nel 1589, fu descritta dal Lomazzo e dal Comanini nelle loro opere, e le fu dedicato un sonetto encomiastico anche dal Borgogni. La divinità romana della Primavera è raffigurata da un’infinità di fiori bianchi, che restituiscono il delicato incarnato del volto, in cui il rossore delle guance è reso con due rose rosa tenue.

link (http://www.artonline.it/opera.asp?IDOpera=1076)

Liquid Sky
08-10-05, 22:39
http://i41.tinypic.com/s485rp.jpg
L'inverno
1563
olio su tavola; 66,6 x 50,5
Vienna, Kunsthistorisches Museum
https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/b/bf/Giuseppe_Arcimboldo_-_Autumn%2C_1573.jpg/800px-Giuseppe_Arcimboldo_-_Autumn%2C_1573.jpg
L'autunno
1573
olio su tela ; 76 x 64
Parigi, Louvre
https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/a/a5/Giuseppe_Arcimboldo_-_Spring%2C_1573.jpg/800px-Giuseppe_Arcimboldo_-_Spring%2C_1573.jpg
La Primavera
1573
olio su tavola; 66,7 x 50,4
Madrid, Real Academia de Bellas Artes de San Fernando
https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/9/9a/Giuseppe_Arcimboldo_-_Summer%2C_1573.jpg/800px-Giuseppe_Arcimboldo_-_Summer%2C_1573.jpg
L’Estate
1563
olio su tavola; 67 x 50,8
Vienna, Kunsthistorisches Museum

Arcimboldi eseguì due serie di cicli di Elementi e Stagioni per la corte praghese, che, alla luce del ritrovamento di una serie di manoscritti provenienti dall’entourage di corte del pittore, sono state lette in chiave allegorico-celebrativa del reame. In particolare, un poema composto dal milanese Giovanni Battista Fontana, detto Fonteius, ha per oggetto proprio le famose serie che si baserebbero su un sistema di corrispondenze tra microcosmo e macrocosmo. I vari elementi prendono forma umana per visualizzare il dominio della casa d’Austria sull’universo e sul tempo, nella persona del sovrano, adombrato nei profili dei ritratti. La Primavera, insieme all’Autunno, guarda verso sinistra, è mostrata nel periodo della prima giovinezza, con un viso traboccante di fiori, L’Estate come adolescente, L’Autunno come persona anziana e barbuta, L’Inverno come vecchio con una barba rada e incolta e la pelle-corteccia avvizzita.

http://www.artonline.it/opera.asp?IDOpera=1071

Liquid Sky
09-10-05, 23:01
Il Salice

E di alberi un mazzo antico (Puškin)

Sono cresciuta in un silenzio ricamato,
nell'asilo freddo del giovane secolo.
Il parlare degli uomini non mi era caro,
ma chiaro era per me il fiato del vento.
Amavo le ortiche, i fiori di bardana,
ma più di tutti il salice argentato.
Viveva con me, generosamente,
di anno in anno, e i rami suoi piangenti
con tanti sogni, mi sventolavano insonne.
Sono sopravvissuta a lui, stranamente!
Là resta un ceppo diritto, e con diverse voci
sotto il cielo nostro, sempre quello,
altri salici tra loro ora vociano.
Ed io taccio.... come fosse morto un fratello.

Anna Achmatova
18 gennaio 1940 - Leningrado

http://www.plant-identification.co.uk/images/salicaceae/salix-alba-4.jpg
salix alba

Liquid Sky
19-10-05, 10:37
LE CARRUBE

Settembre, son mature le carrube.
Or tu pel caldo mare di Cilicia
conduci dalla riva cipriota
la sàica a scafo tondo e a vele quadre.
Bonaccia, e nel saffiro non è nube.

Germa con sue maggiori quattro vele,
garbo o schirazzo, legni levantini
carichi di baccelli dolci e bruni
conduci verso l'isola dei Sardi.
E vien teco un odor di tetro miele.

La siliqua, che ingrassa la muletta
dall'ambio lene e in carestía disfama
la plebe dalla bianca dentatura,
lustra come i capelli tuoi castagni
mentre stai su la coffa alla vedetta.

Certo, d'olio di sésamo son unte
quelle tue ciocche in forma di corimbi.
Certo, ritrovi or tu nel gran dolciore
del Mar Cilicio l'obliato carme
che alla Cipride piacque in Amatunte.

Settembre, teco esser voremmo ovunque!

Gabriele D'Annunzio - Alcyone
Sogni di terre lontane



http://www.hippocratus.com/images/fiche_plante_jpg/car013.jpg

Liquid Sky
22-10-05, 17:29
Foglie gialle

Ma dove ve ne andate,
povere foglie gialle
come farfalle
spensierate?
Venite da lontano o da vicino
da un bosco o da un giardino?
E non sentite la malinconia
del vento stesso che vi porta via?

(Trilussa)

https://farm6.staticflickr.com/5047/5332746224_4974fcf8c7.jpg

Liquid Sky
22-10-05, 22:49
Banksia Blechnifolia

Senza colore, senza odore,
senza utile o bellezza,
perché vorresti guardare?

Le mie radici sgretolano calcestruzzo
strangolano cemento, le mie dentellature rasate
proteggono la nuda essenza,

il muto vuoto del mio cuore di pianta.
Non puoi sondare la mia lingua antica
di pianta, uomo che parli

a uomini. All'infuori del narciso
o del delphinium, i poeti non ideano
alcun impeto dolce

dal mio linguaggio forgiato dal fuoco.
Poco esotica dato che son nata qui,
portatrice di più crudeli storie di quante

evocano i tuoi campi in fiamme.
Seminata dai tifoni, ho atteso
anni per levare il mio fiore spinoso e disperato,
senza colore, senza odore
e corazzato. Ma che si tende
si tende sempre verso il cielo. Il mio modo,

diresti, di farti capire
che la morte è intorno e pronta. Ascolta.
Sentirai passare il suo fiato.

Fay Zwicky

http://www.australiaplants.com/Banksia_blechnifolia2.jpg

Liquid Sky
25-10-05, 00:10
I Fiori

Non c'è nessuno,
non c'è nessuno che vende
i fiori
per questa strada maledetta?

E questo mare nero
questo cielo livido
e questo vento avverso -
oh, le camelie di ieri
le camelie bianche rosse ridenti
nel chiostro d'oro -
oh, l'illusione primaverile!

Chi mi vende oggi un fiore?
Io ne ho tanti nel cuore:
ma serrati
in grevi mazzi-
ma calpesti-
ma uccisi.
Tanti ne ho che l'anima
soffoca e quasi muore
sotto l'enorme cumulo
inofferto.

Antonia Pozzi (1912 -1938)

https://farm4.staticflickr.com/3288/3123311810_74744f1c62.jpg

Liquid Sky
27-10-05, 21:52
"...ridevano allegramente credendosi soli; non si erano accorti che, dalla serra, Renée li stava osservando.

Pochi attimi prima, mentre percorreva un vialetto, la donna era rimasta immobile dietro una pianta, alla vista dei due giovani. La serra che la circondava, simile alla navata di una chiesa, la cui vetrata a volta era sostenuta dalle sottili colonne di ferro, sfoggiava una ricca vegetazione di piante grasse, di abbondanti distese di foglie e di larghi tappeti di verde.

Al centro, una vasca ovale era nascosta da tutta la vegetazione acquatica dei paesi del sud. Le ciclantee si alzavano, formando quasi un muro attorno allo zampillo della vasca che somigliava al capitello di una colonna. Grandi piante di tornelie, simili a serpenti attorcigliati, lasciavano pendere radici aeree, che si intrecciavano come maglie di una rete appesa. Un pandanus di Giava allargava il suo enorme fogliame verdastro striato di bianco, spinoso e tagliente come un pugnale. Sullo specchio d'acqua, immobile e tiepido, le rosee ninfee sbocciavano mentre le foglie degli eurialidi vagavano a fior d'acqua, come dorsi di rospi mostruosi.

Una striscia di selaginella circondava la vasca formando un fitto tappeto di muschio, come un praticello verde tenero. Oltre il viale circolare, gruppi di alberi si innalzavano con slancio fino alla volta: le palme lasciavano ricadere le foglie come ventagli e i bambù d'India sottili e diritti facevano cadere una leggera pioggia di foglie, un banano carico di frutti distendeva le sue lunghe foglie dove avrebbero potuto comodamente giacere due amanti, stretti l'uno all'altro. Sotto gli alberi, per nascondere il suolo, alcune felci basse lo coprivano di pizzi delicati. Poi una bordura di begonie dalle foglie punteggiate e ritorte; i caladium, le marantee, le gloxinie e le dracene.

Ma una delle cose più affascinanti di quel giardino erano le nicchie di fronde, ai quattro angoli, ricoperte da cortine di liane. Angoli di foresta vergine, impenetrabili intrichi di steli di viticci flessuosi; una pianta di vaniglia dai baccelli maturi e profumatissimi e l'arco di un portico coperto di muschio; e sotto gli archi, fra gli alberi, sottili catene reggevano cesti colmi di orchidee. Ma ad ogni svolta dei viali si era colpiti alla vista di un lussureggiante ibisco di Cina, le cui fronde e fiori ricoprivano tutto il lato del palazzo confinante con la serra. I suoi grandi fiori porporini parevano sensuali bocche di donna dalle labbra carnose e umide, pronte a distribuire baci sino alla morte.

Renée rabbrividiva, in mezzo a tanti fiori. Alle sue spalle, una gigantesca sfinge di marmo nero sorrideva come un gatto sornione. Alcune statue biancheggiavano nel folto degli arbusti e, nell'acqua stagnante, giocavano strani riflessi di luce. Sulle lisce foglie del ravenala scorrevano bagliori candidi, mentre sulle cime delle palme scintillavano riflessi di vetro. All'intorno, l'oscurità era fitta, e i drappeggi delle liane pareva dormissero come rettili attorcigliati.

Renée, pensierosa, sotto la luce violenta, guardava Maxime e Louise. L'incerta tentazione del crepuscolo, sui viali del Bois, era finita; il trotto dei cavalli non cullava più i suoi pensieri; ora, un desiderio ben definito e pungente la possedeva.

In quella navata, dove l'ardente linfa dei tropici ribolliva, fluttuava un bisogno immenso di voluttà. La donna si sentiva afferrata in quel rigoglio di foresta, quella vegetazione, riscaldata dal nutrimento delle sue viscere, la invadeva di strani effluvi carichi di ebbrezza. Le calde acque della vasca fumavano, e invadevano le sue spalle di vapori che le riscaldavano la pelle come la carezza di una mano carica di voluttà. Quegli odori che la circondavano, la spossavano e un profumo, fatto di mille profumi, aleggiava intorno a lei; profumi delicati venivano sopraffatti da altri violenti e impregnati di veleno. Ma, in questa magica sinfonia di odori, la melodia dominante che s'innalza su tutti gli altri profumi, era l'odore umano, sensuale e penetrante che si effonde al mattino dalla camera di due giovani sposi.

Renée, appoggiata al piedistallo della sfinge, con il seno ed il volto di fuoco scintillanti di gocce di diamanti, era simile ad un fiore, una grande ninfea della vasca. In quel momento, tutte le promesse fatte nell'ombra fresca della notte che l'aveva calmata, venivano scordate per sempre. I suoi sensi di donna ardente si risvegliavano, con tutti i capricci della donna ormai disincantata. E, alle sue spalle, la sfinge di marmo nero rideva, come se avesse letto in quel cuore il desiderio finalmente espresso, quelle « altre cose » che aveva a lungo cercato e che aveva finalmente trovato in quel giardino di fuoco, alla vista dei due giovani che ridevano tenendosi le mani.

Si sentirono delle voci uscire da un vicino bersò, dove Saccard stava con Mignon e Charrier.

—Vi garantisco signor Saccard, — diceva Charrier con voce untuosa, — che ci è impossibile ricomprarlo a più di duecento franchi il metro.

E Saccard ribatteva con voce secca:

— Ma da parte mia, l'avevate calcolato a duecentocinquanta franchi il metro!

—Allora facciamo duecentoventicinque.

Le voci risuonarono brutali sotto i rami degli alberi. Ma non sfiorarono neppure il sogno di Renée, che seguiva un piacere ignoto, dal calore peccaminoso più violento di quelli che aveva conosciuto; I'unico frutto che dovesse ancora assaporare. La spossatezza era scomparsa.

Le larghe foglie dell'arbusto che la nascondeva, un tanguino del Madagascar, contenevano un latte velenoso. Nel momento in cui Maxime e Louise ridevano più forte nel caldo tramonto giallo del salottino, Renée, sconvolta e irritata, morse una delle foglie amare del tanguino maledetto. ...

...

Ed era soprattutto nella serra che Renée era l'uomo. Quella notte di passione fu seguita da molte altre. La serra amava, bruciava con loro. In quella pesante atmosfera, circondati dal chiarore lunare, osservavano intorno a loro lo strano mondo delle piante che si torcevano in abbracci confusi. Dalla vasca, ai loro piedi, brulicante di radici, usciva un caldo vapore, mentre le rosse ninfee si schiudevano a fior d'acqua come corsetti di vergini, e le tornelie lasciavano cadere i loro rami come chiome sciolte di nereidi in deliquio. Le palme e i grandi bambù d'India si curvavano, confondendo le loro foglie con pose vacillanti di amanti spossati. Le felci, le pteridi e le alsophile parevano verdi femmine mute e immobili in attesa dell'amore. Le begonie, dalle foglie macchiate di rosso accanto ai candidi caladium, parevano un susseguirsi di ferite e di pallori che gli amanti non distinguevano e dove pareva loro di scorgere, talvolta bianche rotondità di fianchi e di ginocchia cadute a terra sotto brutali carezze sanguinanti. I banani parlavano loro della ricca fertilità del suolo, mentre le euforbie abissine parevano stillare la linfa di quello straripante flusso generatore di fiamme. E man mano che i loro occhi riuscivano a penetrare gli angoli della serra, l'oscurità era sempre più popolata da una sfrenata orgia di foglie che si rincorrevano con tenerezza inappagata. Negli angoli, dove le liane intrecciate formavano delle piccole grotte, il loro sogno carnale diventava più folle, tutti quei flessuosi viticci diventavano braccia d'amanti invisibili, che si allungavano perdutamente nel loro amplesso per raccoglierne tutti i piaceri sparsi. Quelle braccia senza fine ricadevano languide, si riannodavano in nuovi spasimi d'amore, si cercavano attorcigliandosi come in preda all'erotismo più folle. Era l'erotismo immenso di quell'angolo di foresta vergine dove germogliano le piante e le fiammeggianti fioriture dei tropici.

I due amanti, con i sensi alterati, si sentivano trascinati in quei potenti amplessi della terra. Il suolo, attraverso la pelle d'orso, bruciava loro la pelle, mentre dalle altre palme cadevano su loro delle gocce di fiamma. La linfa, salendo lungo gli alberi, li penetrava comunicando loro desideri folli di gigantesca riproduzione. Prendevano parte all'erotismo della serra, rimanendo inebetiti nel pallido chiarore lunare, di fronte a quegli incubi dei lunghi amori delle palme e delle felci; le fronde assumevano aspetti equivoci, concretizzate dal loro desiderio in voluttuose immagini sensuali, mentre dal folto degli alberi uscivano sussurrii di voci in deliquio, sospiri di estasi, grida soffocate risa, tutti i rumori dei loro amplessi riportati dall'eco. Alle volte si sentivano scossi dal tremito del suolo, come se anche la terra appagata si scuotesse in singulti voluttuosi.

E, pur con gli occhi chiusi, senza che il calore soffocante e il pallido chiarore lunare avessero infuso in loro quella depravazione sensuale sarebbero bastati gli odori a gettarli in uno straordinário erotismo nervoso. Dalla vasca usciva un odore aspro al quale si confondevano mille profumi che li penetravano. La vaniglia pareva intonare un canto simile al tubar dei colombi, al quale si univano le note aspre delle stanhopee, dalle cui bocche usciva un alito amaro da convalescente. E nei loro canestri, simili a incensieri, le orchidee esalavano i loro respiri. Ma l'odore, nel quale tutti gli altri si confondevano era l'odore umano, un odore d'amore che Maxime riconosceva quando, nascondendo il volto tra gli sciolti capelli di Renée la baciava sulla nuca. E questo odore di donna innamorata che fluttuava nella serra, come in una alcova in cui la terra generasse, li stordiva.

Il posto preferito dagli amanti era ai piedi del tanguino del Madagascar, sotto quell'albero velenoso di cui Renée aveva morso una foglia. Intorno a loro il biancheggiare delle statue ridenti contemplava l'infinito accoppiamento delle fronde. La luna, nel suo vagare, animava il dramma con il suo chiarore cangiante. E loro si sentivano lontanissimi da Parigi, fuori dalla facile vita del Bois e dei ricevimenti ufficiali si sentivano in un lontano angolo di foresta, vicino ad un mostruoso tempio il cui dio era la nera sfinge di marmo. Si sentivano violentemente attratti verso la colpa di quell'amore maledetto, verso una tenerezza di animali selvaggi. Tutto ciò che li circondava, dal brulichio cupo della vasca, all'impudicizia nuda delle fronde, li inabissava sempre più nell'inferno della passione, ed era in quella scatola di vetro, che bruciava nelle fiamme dell'estate, perduta nel chiaro freddo di dicembre, che gustavano l'incesto, come il frutto maledetto d'una terra troppo calda.

Il bianco corpo di Renée spiccava sulla pelliccia nera, in quell'atteggiamento di gatta in amore. Le chiare linee delle spalle e dei fianchi disegnavano i contorni di quel corpo felino gonfio di voluttà, sulla nera pelliccia che pareva una macchia sulla sabbia gialla del viale. Essa spiava Maxime come una preda riversa e abbandonata, che essa possedeva completamente. Ogni tanto si chinava bruscamente a baciarlo, irritata. Quella bocca si apriva allora avida e sanguinante come l'ibisco di Cina e in quei momenti non era più che una figlia ardente della serra. E, come i rossi fiori della grande malva, che vivono poche ore, rinascendo senza posa come le insaziabili labbra di una gigantesca Messalina, i suoi baci fiorivano ed appassivano..."

Emile Zola - La Cuccagna

http://pss.uvm.edu/ppp/gardens/nice5.jpg

Liquid Sky
27-10-05, 22:35
"...Tutto questo contribuiva a rendere tesa l'atmosfera e fui sollevato quando potei scapparmene a raccogliere le mie cose per il giro della mattina. Giù nello stretto corridoio con i profumi familiari ed eccitanti di etere e acido fenico e poi fuori, nel giardino recintato da alti muri che conduceva al cortile dove si parcheggiano le macchine.
Era lo stesso ogni mattina, ma per me c'era sempre un senso di sorpresa. Quando uscivo al sole, in mezzo al profumo dei fiori, ogni volta era come se lo facessi per la prima volta. L’aria fresca conservava la brezza della vicina brughiera; dopo essere stato sepolto cinque anni in una città era difficile credere a tutto questo.
Non mi affrettavo mai in quei momenti. Poteva esserci un caso urgente che mi aspettava ma io me la prendevo comoda. Seguivo lo stretto viottolo tra il muro ricoperto di edera e il prolungamento della casa sul quale si arrampicava il glicine, spingendo i viticci e i fiori appassiti fin dentro le stanze. Poi oltrepassavo il giardino roccioso, dove il giardino vero e proprio si allargava e diventava prato, un prato trascurato e abbandonato ma che dava frescura e dolcezza ai mattoni patinati dal tempo. Intorno al prato fiammeggiavano fiori in disordinata profusione, contrastando il terreno a una giungla di erbacce.
Così si passava nel roseto, poi a un'aiuola di asparagi le cui punte carnose si erano trasformate in lunghe fronde. Più in là c'erano le fragole e i lamponi. Alberi da frutta erano dappertutto, con i rami che pendevano sul sentiero. Peschi, peri, ciliegi e susini erano coltivati contro il muro a sud, dove si litigavano lo spazio con rose rampicanti selvatiche.
Le api erano al lavoro in mezzo ai fiori e il canto dei merli e dei tordi gareggiava con il gracchiare delle cornacchie su negli olmi.
La vita era piena per me. C'erano tante di quelle cose da scoprire e avevo molto da dimostrare a me stesso. I giorni scorrevano rapidi ed eccitanti e mi incalzavano proprio con quanto di nuovo contenevano. Ma lì nel giardino si fermava ogni cosa. Lì tutto pareva essersi fermato molto tempo prima. Prima di varcare la porta che immetteva nel cortile gettavo un'occhiata dietro di me ed era come imbattersi a un tratto nell'illustrazione di un vecchio libro; il giardino vuoto e selvaggio e dietro la grande casa silenziosa. Non riuscivo mai a credere del tutto di trovarmi lì e di far parte del quadro."

James Herriot - CREATURE GRANDI E PICCOLE

http://41.media.tumblr.com/tumblr_lmjkht2ROz1qeg3nqo1_r1_1280.jpg

Liquid Sky
29-10-05, 13:18
Con una rosa

Con una rosa hai detto
vienimi a cercare
tutta la sera io resterò da sola
ed io per te..
muoio per te..
con una rosa sono venuto a te

bianca come le nuvole di lontano
come una notte amara passata invano
come la schiuma che sopra il mare spuma
bianca non è la rosa che porto a te

gialla come la febbre che mi consuma
come il liquore che strega le parole
come il veleno che stilla dal tuo seno
gialla non è la rosa che porto a te

sospirano le rose nell'aria spirano
petalo a petalo mostrano il color
ma il fiore che da solo cresce nel rovo
rosso non è l'amore
bianco non è il dolore
il fiore è il solo dono che porto a te

rosa come un romanzo di poca cosa
come la resa che affiora sopra al viso
come l'attesa che sulle labbra pesa
rosa non è la rosa che porto a te

come la porpora che infiamma il mattino
come la lama che scalda il tuo cuscino
come la spina che al cuore si avvicina
rossa così è la rosa che porto a te

lacrime di cristallo l'hanno bagnata
lacrime e vino versate nel cammino
goccia su goccia, perdute nella pioggia
goccia su goccia le hanno asciugato il cuor

portami allora portami il più bel fiore
quello che duri più dell'amor per sé
il fiore che da solo non specchia il rovo
perfetto dal dolore
perfetto dal suo cuore
prefetto dal dono che fa di sè

Vinicio Capossela

http://www.zonalibre.org/blog/imsomnio/archives/Rosa.JPG

Liquid Sky
01-11-05, 11:32
http://utenti.romascuola.net/bramarte/astrattismo/img/mon4.jpg
PIET MONDRIAN - "L'albero argentato
1911, olio su tela, cm.78x107, Haags Gemeentemuseum, the Hague.


"...Nel 1911, allorché conosce in Olanda opere cubiste di Picasso e di Braque, Mondrian si stabilisce a Parigi, dove rimane fino all'inizio della guerra. Affascinato dal cubismo, dipinge i soggetti che gli sono maggiormente cari - nature morte, alberi - scomponendo geometricamente le forme, tagliandole per mezzo di linee nere..."

Alessandra
02-11-05, 08:20
http://www.meredy.com/vinbw/rose03.jpg

Burt Lancaster e Anna Magnani sul set del film del 1955 "La rosa tatuata" con il quale lei vinse l'Oscar come migliore attrice.

Liquid Sky
14-11-05, 12:31
http://www.artribune.com/wp-content/uploads/2012/07/Tina-Modotti-Alcatraces-Calle-1927.jpg
Tina Modotti - Alcatraces (calle) 1927

"...Gli steli emergono per primi, stagliati contro lo sfondo di intonaco grigio, segnato dagli umori di chissà quante mani. Poi i chiaroscuri isolano il biancore dei due fiori, una coppia sinuosa di calle che si protendono verso la luce, verso l'alto divergenti e separate da un sottile confine di vuoto che ne impedisce il contatto. E' una fotografia che ha scattato quasi un anno prima, e che adesso ha deciso ristampare per una rivista, una delle tante che le permettono di sopravvivere. Calle. Tina pronuncia col pensiero la parola in italiano, e si chiede come possa mai avere da spartire col termine spagnolo, identico eppure estraneo nel significato.
In Messico, quel fiore, si chiama alcatraz. Per un attimo rivede San Francisco, i volti e gli anni che appartengono ormai ad un un'altra epoca e a un altro mondo. Alcatraz. Chi sarà mai stato così cinico e crudele da dare il nome di un fiore tanto sensuale al carcere di San Francisco?... un fiore che nella sua forma slanciata sembra un simbolo di libertà riconquistata, l'emblema di una natura carnale, palpitante di calore solare, un invito a colmarla di pioggia tiepida, un richiamo a fecondarla di vita..."

Pino Cacucci - Tina (U.E.Feltrinelli)

Liquid Sky
14-11-05, 13:03
http://www.masters-of-photography.com/images/full/modotti/modotti_roses.jpg
Tina Modotti - Rose, Messico 1924

Liquid Sky
26-11-05, 22:28
"...Così pianse Cipride; fanno eco al lamento gli Eroti,
"Ahi ahi Citerea, è morto il bello Adone!"
E la Pafia tante lacrime versa, quanto sangue
versa Adone; e tutti a terra ne nascono fiori:
il sangue genera la rosa, le lacrime l'anemone.
Piango Adone: "E' morto il bello Adone".
Nelle selve quell'uomo non piangere più, o Cipride:
a Adone non s'addice un solingo letto di foglie;
abbia ora, o Citerea, il tuo letto il morto Adone:
anche morto è bello, è bello, morto, come dormisse..."

Epitafio di Adone - Bione di Smirne

http://www.summagallicana.it/lessico/a/an%2013%20Adonis%20annuus%2004.jpg

Liquid Sky
10-12-05, 16:50
http://www.sanremonews.it/uploads/RTEmagicC_1_jardin_moreno_a_bordighera_01.jpg.jpg
Jardin Moreno à Bordighera - Claude Monet, 1884

"Tutto è mirabile, e ogni giorno la campagna è più bella, ed io sono stregato dal paese" scrive Claude Monet nel 1884 al suo mercante parigino Durand-Ruel. Gli scrive da Bordighera, dove è arrivato il 18 gennaio. Monet abita alla Pension Anglaise; qui pensa di realizzare cose interessanti giacché "qui tutto è bellezza e il tempo è superbo". Lavora "en plein air", cercando di catturare su tela la magia dei colori. Lo colpiscono il "mare blu", le palme esotiche e l'esuberante vegetazione del Giardino Moreno del quale dice "un giardino come quello non rassomiglia a niente, è semplicemente fantasmagorico, tutte le piante dell'universo sembrano crescervi spontaneamente". E' spesso inquieto e insoddisfatto: " Vorrei fare degli aranci e dei limoni che si stagliano contro il mare azzurro, non riesco a trovarli come voglio. Quanto all'azzurro del mare e del cielo è impossibile". Ritrae la Via Romana e la Città Vecchia vista da lontano, dall'alto della Torre dei Mostaccini e il Vallone del Sasso. Esplora l'entroterra. Monet lascia Bordighera il 3 aprile. In settantanove giorni il maestro dell'impressionismo ha dipinto oltre cinquanta tele. Straordinaria memoria di un magico incontro. Recentemente la città di Bordighera ha intitolato a Claude Monet dei giardini che sono parte dei Giardini Moreno ora scomparsi.

link (http://www.bordighera.it/Approfondi/ApMONET.htm)

Liquid Sky
15-12-05, 14:52
"...A Berkeley abitavo con Alvah Goldbook nel suo piccolo cottage coperto di rose nel cortile posteriore di una casa più grande in Milvia Street. Il vecchio portico sgangherato s'inclinava in avanti fino a terra, tra i rampicanti, con una graziosa vecchia sedia a dondolo nella quale sedevo ogni mattina per leggee il mio Sutra di Diamante. Il cortile era pieno di piante di pomodori in via di maturazione, e di menta, menta, tutto odorava di menta, e c'era un unico bellissimo vecchio albero sotto il quale amavo sedermi a meditare in quelle fresche perfette notti stellate d'ottobre californiano senza eguali al mondo..."

I vagabondi del Dharma - Jack Kerouac

http://media-cdn.tripadvisor.com/media/photo-s/07/4c/ba/f9/private-deck-of-cottage.jpg

Liquid Sky
31-12-05, 15:18
William Shakespeare - Sonnet 54
(1564-1616)

Oh, how much more doth beauty beauteous seem
By that sweet ornament which truth doth give!
The rose looks fair, but fairer we it deem
For that sweet odor which doth in it live.
The canker blooms have full as deep a dye
As the perfumèd tincture of the roses,
Hang on such thorns, and play as wantonly
When summer's breath their maskèd buds discloses.
But for their virtue only is their show,
They live unwooed and unrespected fade,
Die to themselves. Sweet roses do not so.
Of their sweet deaths are sweetest odors made.
And so of you, beauteous and lovely youth,
When that shall fade, by verse distills your truth.

Quanto ancor più bella sembra la bellezza,
per quel ricco ornamento che virtù le dona!
Bella ci appar la rosa, ma più bella la pensiamo
per la soave essenza che vive dentro a lei.
Anche le selvatiche hanno tinte molto intense
simili al colore delle rose profumate,
hanno le stesse spine e giocano con lo stesso brio
quando la brezza d'estate ne schiude gli ascosi boccioli:
ma poiché il loro pregio è solo l'apparenza,
abbandonate vivono, sfioriscono neglette e
solitarie muoiono. Non così per le fragranti rose:
la loro dolce morte divien soavissimo profumo:
e così è; per te, fiore stupendo e ambito,
come appassirai, i miei versi stilleran la tua virtù.

http://farm1.static.flickr.com/213/492183136_23ace2654e.jpg?v=0 (http://www.letteraturaalfemminile.it/yellowrosepictop.jpg)
Foto di Pomponio Leto

Liquid Sky
04-02-06, 18:32
La signora Dallaway dsse che i fiori li avrebbe comperati lei.
...
Avanzò leggera, alta, eretta per essere subito salutata dalla faccia foruncolosa della signorina Pym, che aveva sempre le mani rosse, come se le avesse tenute a bagno nell'acqua fredda insieme ai fiori.
Eccoli, i fiori: delfinii, piselli odorosi, grappoli di lillà, e garofani, garofani a profusione. C'erano le rose, e gli iris. Ah, sì - e insipirò i differenti profumi di quel giardino terrestre, sempre parlando alla signorina Pym, la quale le era riconoscente, e la giudicava tanto buona, perchè buona era stata anni fa, molto buona, ma appariva invecchiata quest'anno; intanto girava la testa da una parte e dall'altra tra gli iris e le rose e indicava cogli occhi socchiusi dei ciuffi di lillà, annusand, dopo il chiasso della strada, la deliziosa fragranza, la freschezza squisita. E quando riapriva gli occhi, come le sembravano fresche le rose - veniva alla mente il bucato appena lavato e ben piegato nelle ceste di paglia; come parevano cupi e compassati i garofani rossi, invece con le loro teste erette; e i piselli odorosi che s'allargavano nelle coppe, viola sfumato, bianco neve, pallidi - come se fosse sera e finita la splendida giornata estiva, col cielo ormai d'un azzurro quasi nero e i delfiii, e i garofani, e i gigli, le ragazze uscissero nei loro abitini di organza a raccogliere i piselli odorosi e le rose, in quell'attimo tra le sei e le sette, che i fiori - le rose, i garofani, gli iris, i lillà - risplendono: bianco, violetto, rosso arancione, e ogni fiore sembra ardere di luce propria, soffice, puro, ognuno nella sua aiuola velata di nebbia. E come le piacevano le falene bianche e grigie che volteggiavano sui girasoli e sulle primule!
Passando con la signorina Pym di brocca in brocca sceglieva; e intanto diceva a se stessa, sempre più gentilmente, sciocchezze, sciocchezze, come se quella bellezza, quel profumo, quei colori, e la signorina Pym che l'apprezzava, si fidava di lei, fossero tutti insieme un'onda dalla quale si lasciava invadere, perchè sopraffacesse l'odio, il mostro, tutto; e difatti la stava sollevando sempre più in alto, quando - oh!, si sentì uno sparo nella strada!
"Dio mio, queste automobili!" esclamò la signorina Pym, andando alla vetrina per vedere, e tornando sorridente come per scusarsi, con le mani colme di piselli odorosi, come se le automobili, le gomme delle automobili, fossero tutte colpa sua.

Mrs Dallaway - Virginia Wolf

http://all4fun.net/flowers/shimmers.jpg

Liquid Sky
26-02-06, 00:40
http://www.italipes.com/artetamara_file/deLempickaCalla.jpghttp://www.goodart.org/tdllily.jpg (http://www.goodart.org/tdllily.jpg)

Tamara de Lempicka - Calla Lilies (1941)

Liquid Sky
31-03-06, 15:08
“…Il dialogo, in casa di Farach, passò dalle incomparabili virtù del governatore a quelli di suo fratello l’emiro; più tardi, nel giardino, parlarono di rose.
Abulcasim, che non le aveva neppure guardate, giurò che non c’erano rose come quelle che ornano le ville andaluse. Ma Farach non si lasciò corrompere; osservò che il dotto Ibn Qutaiba descrive una straordinaria varietà della rosa perpetua, che nasce nei giardini dell’Indostan e i cui petali, d’un rosso acceso, recano caratteri che dicono: “Non c’è altro dio che Allah, e Maometto è il suo profeta.“ Aggiunse che Abulcasim probabilmente aveva visto quelle rose. Abulcasim lo guardò allarmato. Se rispondeva di sì, tutti lo avrebbero giudicato, a ragione, il peggiore degli impostori; se rispondeva di no, l’avrebbero detto un infedele. Optò per mormorare che il Signore possiede le chiavi delle cose occulte e che non c’è sulla terra cosa fresca o appassita che non sia registrata nel suo libro. Queste parole si trovano in una delle prime azore; le accolse un mormorio reverente.
Orgoglioso di quella vittoria dialettica, Abulcasim si apprestava a dire che il Signore è perfetto nelle sue opere e inscrutabile. In quel momento Averroè dichiarò, prefigurando le remote ragioni di un ancora problematico Hume:
“Mi costa meno ammettere un errore nel dotto Ibn Qutaiba, o nei copisti, che ammettere che la terra dia rose che recano sui petali la professione della fede.”
“Così è. Grandi e vere parole,” disse Abulcasim.
“Un viaggiatore, ricordò il poeta Abdalmalik, “parla di un albero i cui frutti sono verdi uccelli. Meno mi costa credere a ciò che a rose con caratteri.”
“Il colore degli uccelli,” disse Averroè, “sembra facilitare il prodigio. Inoltre, frutti e uccelli appartengono al mondo naturale, ma la scrittura è un’arte. Passare da foglia a uccello è più facile che da rose a caratteri…”


Jorge Luis Borges - L'Aleph (La ricerca di Averroè)


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01-04-06, 12:14
Il glicine

Eccolo, ero morto?, sui
bastioni del Vascello - irreali
come quest’aria che non conosco da piccolo,
o questa lingua di italici
pagani o servi di chierici - i bui
festoni dei glicini. Il quartiere ricco
n’è pieno, dappertutto. Spiccano
viola nel viola delle nuvole e dei viali.
Assurdo miracolo, per un’anima
per cui contano, gli anni,
che sono stati per lei ogni volta immortali.
Questi che ora nascono, sono
i glicini morti, non i loro figli barbarici
- dico barbarici se cupamente nuovo
è il loro essere, muto il loro monito...

Ma lo ripeto: non sono vergini
alla vita, sono dei calchi funerei,
che imitano la barbarie del dire
senza ancora possedere
parola, puro viola sopra il verde...
Io ero morto, e intanto era aprile,
e il glicine era qui, a rifiorire.
Com’è dolce questa tinta del cadavere
che copre i muraglioni di Villa Sciarra,
predestinato, prefigurato, alla
fine del tempo che si fa sempre più avido...
Maledetti i miei sensi,
che sono, e sono stati, cosi abili,
ma non mai tanto perché, solo se recenti,
le antiche fioriture non li tentino!

Maledico i sensi di quei vivi,
per cui, un giorno, nei secoli tornerà aprile:
coi glicini, con questi chicchi lilla,
trepidi in carnali file,
quasi senza colore, quasi, direi, lividi...
E tanto dolci, contro i loro muri d’argilla
o travertino, misteriosi come camomilla,
tanto amici per i cuori che nascono con loro.
Maledico quei cuori, che tanto amo,
perché ancora non sanno, non solo
la vita, ma neanche la nascita!
Ah, la vita solo vera, è ancora
quella che sarà: vergine lascia
solo ai nascituri, il glicine, il suo fascino!

E io qui, con questa scheggia
immateriale in cuore, quest’involuta
coscienza di me, che si ridesta a un attimo
della stagione che muta.
Insufficienza ormonica in cui vaneggiano
i sensi? Indebolimento dei battiti
del cuore, o eccesso dei vitali atti
dell’intelligenza? Ah, certo qualcosa
che va in rovina. Questo fiore è segno,
nel mio intimo, del regno
della caducità - della religiosa
caducità - nient’altro.
La sua è una gioia dolorosa,
e, nel dolore di quel lilla quasi bianco,
a esaltarci è la ragione del pianto.

Ma è ridicolo, non posso
straziarmi qui su questa pallida ombra
sia pure stracarica di spasimi,
questa leggera onda
lilla che trapunge il muraglione rosso
con l’impudica ingenuità, l’afasica
festa degli eventi selvaggi!
Non posso: io che da anni prèdico
che tutto ciò non esiste, ch’è atto
di alienata volontà,
di cecità che non conosce altro rimedio
che morire nel cuore
del mondo avuto in dono nascendo,
di incosciente possesso della storia,
di coscienza solamente retorica...

E ora, per un misero glicine
fiorito agli angoli di Monteverde,
son qui a ragionare di sconfitta.
Ma chi è che mi perde?
Dio redivivo, la colpa felice?
Sì, mi sento vittima, è vero, ma vittima
di cosa? D’una storia apocalittica,
non di questa storia. Mi contraddico.
Rendo ridicola una mia lunga passione
di verità e ragione.
Passione... Sì, perché c’è un cuore antico,
preesistente al pensiero:
e un corpo - o fiorente o ferito,
povera vita mai certa davvero
di resistere alla vita informe dei nervi.

Da questo inesprimibile attrito
nasce la prima larva della Passione:
tra il corpo e la storia, c’è questa
musicalità che stona,
stupenda, in cui ciò ch’è finito
e ciò che comincia è uguale, e resta
tale nei secoli: dato dell’esistenza.
II confine tra la storia e l’io
si fende torto come un ebbro abisso
oltre cui talvolta, scisso,
alla deriva, è il glorioso brusio
dell’esistenza sensuale
piena di noi: dinnanzi a questa fisica
miseria non può che ritornare
ogni storico atto irrazionale...

o non so cosa sia
questa non-ragione, questa poca-ragione:
Vico, o Croce, o Freud. mi soccorrono,
ma con la sola suggestione
del mito, della scienza, nella mia abulia.
Non Marx. Solo ciò che ormai è parola
la sua parola muta, non il chiarore,
non il buio che c’è prima, povero glicine!
Quanto in te vive - e in me per te trema -
resta represso gemito
di cui non si sa, di cui non si dice.
Ma è possibile amare
senza sapere cosa questo vuol dire? Felice
te, che sei solo amore, gemello vegetale,
che rinasci in un mondo prenatale!

Prepotente, feroce
rinasci, e di colpo, in una notte, copri
un’intera parete appena alzata, il muro
principesco d’un ocra
screpolato al nuovo sole che lo cuoce...

E basti tu, col tuo profumo, oscuro,
caduco rampicante, a farmi puro
di storia come un verme, come un monaco:
e non lo voglio, mi rivolto - arido
nella mia nuova rabbia,
puntellare lo scrostato intonaco
del mio nuovo edificio.
Qualcosa ha fatto allargare
l’abisso tra corpo e storia, m’ha indebolito,
inaridito, riaperto le ferite...

Un mostro senza storia,
feroce della ferocia barbarica
che compie le sue persecuzioni
nella stampa libera, nei miti confessionali,
brucia passioni, purezze, dolori,
che accetta la morte con crudeltà quasi ironica,
suo malgrado stoica, che non ha religione
se non quella di imporne una legale
con le sue regole, che non ha amore
se non quello che vuole
tutti uguali, nel bene e nel male,
che non conosce pietà,
perché per ognuno il conquistare
la vita è una tacita scommessa che lo fa
cieco padrone di tutto ciò che sa:

tutto questo ho trovato
nascendo, e subito mi ha dato dolore:
Ma un dolore glorioso, quasi, tanto
m’illudevo che il cuore
potesse trasformare ogni dato,
dentro, in un amore unificante:
da Cristo a Croce, che cammino consolante!
E poi, la speranza della Rivoluzione.
E ora eccomi qui: ricopre il glicine
le rosee superfici
d’un quartiere ch’è tomba d’ogni passione,
agiato e anonimo, caldo
al sole d’aprile che lo decompone.
Il mondo mi sfugge, ancora, non so dominarlo
più, mi sfugge, ah, un’altra volta è un altro...

Altre mode, altri idoli,
la massa, non il popolo, la massa
decisa a farsi corrompere
al mondo ora si affaccia,
e lo trasforma, a ogni schermo, a ogni video
si abbevera, orda pura che irrompe
con pura avidità, informe
desiderio di partecipare alla festa.
E s’assesta là dove il Nuovo Capitale vuole.
Muta il senso delle parole:
chi finora ha parlato, con speranza, resta
indietro, invecchiato.
Non serve, per ringiovanire, questo
offeso angosciarsi, questo disperato
arrendersi! Chi non parla, è dimenticato.

Tu che brutale ritorni,
non ringiovanito, ma addirittura rinato,
furia della natura, dolcissima,
mi stronchi uomo già stroncato
da una serie di miserabili giorni,
ti sporgi sopra i miei riaperti abissi,
profumi vergine sul mio eclissi,
antica sensualità, disgregata, pietà
spaurita, desiderio di morte...

Ho perduto le forze;
non so più il senso della razionalità;
decaduta si insabbia
- nella tua religiosa caducità –
la mia vita, disperata che abbia
solo ferocia il mondo, la mia anima rabbia.

Pier Paolo Pasolini - da La religione del mio tempo (1961)

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01-04-06, 15:50
http://www.kainos.it/nonluogo/escher/puddle.jpg

M.C. Escher - Pozzanghera, xilografia, 1952

"Dal 1936, il lavoro di Escher si era focalizzato soprattutto sui paradossi, sui mosaici e su altri concetti visivi astratti. Questa stampa, tuttavia, è un'immagine semplice e realistica, che descrive una strada con una grande pozzanghera d'acqua nel mezzo di notte. Girando la stampa al contrario e focalizzando lo sguardo sul riflesso nell'acqua, si trasforma in una foresta con una luna piena. La strada è molle e fangosa ed in essa ci sono alcuni elementi urbani: le piste di pneumatici, due insiemi di orme umane che vanno nei due sensi e quattro piste di ruote di bicicletta."

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10-04-06, 11:43
Oda a la flor azul
Pablo Neruda

Caminando hacia el mar
en la pradera
- es hoy noviembre -,
todo ha nacido ya,
todo tiene estatura,
ondulación, fragancia.
Hierba a hierba
entenderé la tierra,
paso a paso
hasta la línea loca
del océano.
De pronto una ola
de aire agita y ondula
la cebada salvaje:
salta
el vuelo de un pájaro
desde mis pies, el suelo
lleno de hilos de oro,
de pétalos sin nombre,
brilla de pronto como rosa verde,
se enreda con ortigas que revelan
su coral enemigo,
esbeltos tallos, zarzas
estrelladas,
diferencia infinita
de cada vegetal que me saluda
a veces con un rápido
centelleo de espinas
o con la pulsación de su perfume
fresco, fino y amargo.
Andando a las espumas
del Pacífico
con torpe paso por la baja hierba
de la primavera escondida,
parece
que antes de que la tierra se termine
cien metros antes del más grande océano
todo se hizo delirio,
germinación y canto.
Las minúscolas hierbas
se coronaron de oro,
las plantas de la arena
dieron rayos morados
y a cada pequeña hoja de olvido
llegó una dirección de luna o fuego.
Cerca del mar, andando,
en el mes de noviembre,
entre los matorrales que reciben
luz, fuego y sal marinas,
hallé una flor azul
nacida en la durísima pradera.
¿De dónde, de qué fondo
tu rayo azul extraes?
¿Tu seda temblorosa
debajo de la tierra
se comunica con el mar profundo?
La levanté en mis manos
y la miré como si el mar viviera
en una sola gota,
como si en el combate
de la tierra y las aguas
una flor levantara
un pequeño estandarte
de fuego azul, de paz irresistible,
de indómita pureza.

***
Camminando verso il mare
sulla prateria
- oggi è novembre -,
tutto è ormai nato,
tutto ha statura,
ondulazione, fragranza.
Erba dopo erba
intenderò la terra,
a passo a passo,
fino alla linea folle
dell'oceano.
All'improvviso un'onda
d'aria agita e increspa
l'orzo selvatico:
salta
il volo di un uccello
dai miei piedi, il campo
pieno di fili d'oro,
di petali ignorati,
luccica brusco come rosa verde,
si aggroviglia in ortiche che rivelano
il nemico comune,
agili steli, rovi
punteggiati,
differenza infinita
di ogni vegetale che mi saluta
a volte con un rapido
scintillare di spine
e con la pulsazione del suo odore
fresco, fine ed amaro.
Camminando verso le schiume
del Pacifico
a passo lento sopra l'erba bassa
della primavera nascosta,
sembra
- prima che la terra abbia il suo limite,
a cento metri dal più grande oceano -
che tutto sia delirio,
germinazione e canto.
Le minuscole erbe
son coronate d'oro,
raggi violetti vennero
dalle piante arenose
e ad ogni piccola foglia ignorata
giunse un segnale di luna o di fuoco.
Vicino al mare, camminando,
nel mese di novembre,
tra i pruneti che accolgono
luce, fuoco e sali marini,
ho trovato un fiore azzurro
nato nella compatta prateria.
Da dove, da che abisso
estrai il tuo raggio azzurro?
La tua seta tremante,
sottoterra,
si unisce al mare profondo?
Presi quel fiore tra le mani
e lo guardai come se il mare vivesse
in una sola goccia,
come se nello scontro
della terra e delle acque
un fiore sollevasse
un piccolo stendardo
di fuoco azzurro, di pace irresistibile,
d'indomita purezza.

http://www.xtec.es/col-anunciata-cerdanyola/plantes/flor%20veronica03.jpg
(Verónica persica)

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03-05-06, 15:39
"Mi ricordo un giorno d'aprile in Sicilia. Faceva molto caldo, c'erano fiori dappertutto. A me piacciono i fiori, quelli che profumano. Le gardenie...Comunque, era d'aprile e mi trovavo in Sicilia, e andai a passeggiare per mio conto. Mi sdraiai in mezzo a un prato fiorito. Mi addormentai. Ciò mi rese felice. Fui molto felice, quel giorno."

Truman Capote - Il Duca nel suo dominio (intervista a Marlon Brando)

http://media.santabanta.com/gal/event/brando/4.jpg

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11-05-06, 14:47
http://www.arte.it/foto/600x450/b2/35949-15_-_Jan_Brueghel_dopo.jpg
Jan Brueghel il Vecchio - Vaso di fiori con gioiello, monete e conchiglie
olio su rame 65x45 - donazione Borromeo Federico , 1618

"Nel gennaio 1606 Brueghel comunica al Borromeo che sta lavorando su un quadro con un gran mazzo di fiori ritratti dal naturale e scelti per la loro bellezza e rarità. Jan aveva visto questi esemplari a Bruxelles nel giardino degli arciduchi Alberto e Isabella, al cui servizio si era messo da qualche tempo. Una leggenda narra che l’artista avesse iniziato a dipingere questi fiori rari e molto costosi per una donna povera che non poteva permettersi di comprarne di veri. Il primato dell’invenzione di tale genere è pertanto conteso da Ambrosius Bosschaert il Veccchio, che alcuni ritengono essere stato allievo di Brueghel: la questione rimane aperta, essendo i primi Fiori dei due pittori quasi contemporanei."
link (http://images.google.it/imgres?imgurl=http://media.homegate.it/ambrosiana/dipinti/inv0066_p.jpg&imgrefurl=http://www.ambrosiana.it/ita/pinacoteca_sala_dett.asp%3Fpagina%3D18%26sala%3D7&h=120&w=81&sz=6&tbnid=8s7CHre9nFYYOM:&tbnh=83&tbnw=56&hl=it&start=1&prev=/images%3Fq%3Djan%2Bbrueghel%2Bil%2Bvecchio%2B%2Bva so%2Bdi%2Bfiori%26svnum%3D10%26hl%3Dit%26hs%3DUdU% 26lr%3D%26client%3Dfirefox-a%26rls%3Dorg.mozilla:en-US:official%26sa%3DG)

Liquid Sky
14-05-06, 11:37
"...
In quell'istante una stella s'infiammò a mezzogiorno, attraversò tutto lo spazio che separava l'orizzonte della fortezza e venne a cadere su
Loewestein. Cornelius sussultò.
«Ah!», si disse. «E' Dio che manda un'anima al mio fiore».
E come se avesse indovinato, quasi in quello stesso momento, il prigioniero avvertì nel corridoio dei passi leggeri come quelli d'una silfide, il fruscio d'una veste che sembrava un battito d'ali e una voce ben nota che diceva:
- Cornelius, amico mio, amico mio tanto amato e tanto felice, venite presto!
Cornelius superò con un solo balzo lo spazio dalla finestra allo spioncino; anche questa volta le sue labbra s'incontrarono con quelle mormoranti di Rosa che gli sussurrò in un bacio:
- E' aperto, è nero, eccolo.
- Come, eccolo! - gridò Cornelius, staccando le labbra da quelle della fanciulla.
- Sì, sì, bisogna pur correre un piccolo rischio per poter procurare una grande gioia. Eccolo, guardate. E alzò con una mano la piccola lanterna cieca all'altezza dello spioncino, mentre con l'altra alzava il miracoloso tulipano. Cornelius gettò un grido e credette di svenire.
- Oh, - mormorò - mio Dio, mio Dio! mi ricompensate della mia innocenza e della mia prigionia, facendo sbocciare questi due fiori sullo spioncino della mia prigione!
- Baciatelo, - disse Rosa - come l'ho baciato io poco fa -. Cornelius, trattenendo il respiro, sfiorò colla punta delle dita la punta del fiore, e giammai bacio dato sulle labbra di una donna, fossero pure le labbra di Rosa, gli penetrò così profondamente nel cuore.
Il tulipano era bello, splendido, magnifico; il suo gambo era alto diciotto pollici, e sorgeva dal seno di quattro foglie verdi, lisce, diritte come la punta di una lancia; il fiore era interamente nero e brillante come del giaietto.
..."

(Alexandre Dumas (padre) - IL TULIPANO NERO.)

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Liquid Sky
23-05-06, 10:40
http://uploads0.wikiart.org/images/georgia-o-keeffe/light-of-iris.jpg!Blog.jpg
Georgia O'Keefe, Light Of Iris - 1924

http://www.georgiaokeeffe.net/images/paintings/oriental-poppies.jpg Georgia O'Keefe, Oriental Poppies - 1928

" Nessuno vede i fiori- realmente - sono troppo piccoli - non abbiamo tempo - e per vedere occorre tempo, come per avere un amico... Così mi sono detta - dipingerò quello che vedo - quello che il fiore è per me, ma lo dipingerò in grande e loro si sorprenderanno a perdere il loro tempo guardandoli - riuscirò a far sì che perfino gli indaffarati newyorkesi si soffermino a vedere quello che io vedo dei fiori."

link (http://www.url.it/oltreluna/vocidiartiste/georgia.htm)

Liquid Sky
10-06-06, 11:17
Suzel [con un piccolo mazzolino di viole mammole in mano si avanza verso la tavola con gli occhi bassi, tutta vergognosa]
Son pochi fiori, povere viole,
Son l'alito d'aprile
Dal profumo gentile;
Ed è per voi che le ho rapite al sole...
Se avessero parole,
Le udreste mormorar:
«Noi siamo figlie timide e pudiche
Di primavera,
Siamo le vostre amiche;
Morremo questa sera,
Ma morremo felici
Di dire a voi, che amate gl'infelici:
Il ciel vi possa dar
Tutto quel bene che si può sperar.»
Ed il mio cor aggiunge una parola
Modesta, ma sincera:
Eterna primavera
La vostra vita sia, ch'altri consola...
Deh, vogliate gradir
Quanto vi posso offrir![Suzel, con gli occhi bassi, offre il mazzolino a Fritz]

Fritz [sorridendo odora i fiori]
Tu sei molto gentil, dei fiori tuoi
l'olezzo mite giunge caro a me.
Grato ti sono. Orsù, vieni tra noi
al fianco mio..


http://www.lookoutnow.com/animal/images/violet_2.jpg

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18-07-06, 17:11
"Secondo taciti patti fra noi e miss Maudie, potevamo giocare sul suo prato, cogliere la sua uva, senza però saltare sul pergolato, ed esplorare il vasto terreno che stava dietro la casa: condizioni così generose che ci guardavamo anche dal rivolgerle la parola e infrangere il delicato equilibrio dei nostri rapporti; ma il contegno che Jem e Dill tennero con me finì per avvicinarmi definitivamente a miss Maudie.
Miss Maudie odiava la casa, per lei tutto il tempo non trascorso fuori era sprecato. Era vedova, una donna camaleontica che curava le aiuole in tuta da uomo e cappellaccio di paglia, ma che dopo il bagno delle cinque appariva sulla veranda e da lì troneggiava sulla strada.
Amava tutto ciò che cresceva sulla terra del buon Dio, persino le erbacce. Con un'unica eccezione: se trovava anche una sola fogliolina di babbagigi nel suo cortile si scatenava una seconda battaglia della Marna: ci si precipitava sopra armata di uno spruzzatore e, dal basso in alto, lo sottoponeva a una doccia di una sostanza venefica che lei diceva così potente da ucciderci tutti se non ci levavamo di torno.
"Perchè non la strappa via?" le chiesi, dopo aver assistito a un attacco prolungato contro uno stelo alto sì e no sei centimetri.
"Strapparla via, ragazza? Strapparla?" Sollevò il tenero germoglio e passò il pollice lungo lo stelo sottile. Apparvero dei granellini microscopici. "Non sai che un gambo solo di quest'erba può rovinare un'intero cortile? Guarda: quando viene l'autunno, questo stelo si secca e il vento ne sparge i semi su tutta la contea di Maycomb!" E, dalla faccia che faceva, pareva che parlasse di una vera e propria pestilenza biblica."

Il buio oltre la siepe - Harper Lee

http://www.actaplantarum.org/floraitaliae/download/file.php?id=53180&sid=f132c67c8d91f710560a40910effa102
Cyperus esculentus

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28-07-06, 22:44
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"Niño Flor" (Flower child), Grete Stern - 1948

Artico
31-07-06, 03:17
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Michelangelo Merisi

Artico
31-07-06, 03:20
LA GINESTRA

O IL FIORE DEL DESERTO

E gli uomini vollero piuttosto le tenebre che la luce.
Giovanni, III, 19

Qui su l'arida schiena
Del formidabil monte
Sterminator Vesevo,
La qual null'altro allegra arbor né fiore,
Tuoi cespi solitari intorno spargi,
Odorata ginestra,
Contenta dei deserti. Anco ti vidi
De' tuoi steli abbellir l'erme contrade
Che cingon la cittade
La qual fu donna de' mortali un tempo,
E del perduto impero
Par che col grave e taciturno aspetto
Faccian fede e ricordo al passeggero.
Or ti riveggo in questo suol, di tristi
Lochi e dal mondo abbandonati amante,
E d'afflitte fortune ognor compagna.
Questi campi cosparsi
Di ceneri infeconde, e ricoperti
Dell'impietrata lava,
Che sotto i passi al peregrin risona;
Dove s'annida e si contorce al sole
La serpe, e dove al noto
Cavernoso covil torna il coniglio;
Fur liete ville e colti,
E biondeggiàr di spiche, e risonaro
Di muggito d'armenti;
Fur giardini e palagi,
Agli ozi de' potenti
Gradito ospizio; e fur città famose
Che coi torrenti suoi l'altero monte
Dall'ignea bocca fulminando oppresse
Con gli abitanti insieme. Or tutto intorno
Una ruina involve,
Dove tu siedi, o fior gentile, e quasi
I danni altrui commiserando, al cielo
Di dolcissimo odor mandi un profumo,
Che il deserto consola. A queste piagge
Venga colui che d'esaltar con lode
Il nostro stato ha in uso, e vegga quanto
È il gener nostro in cura
All'amante natura. E la possanza
Qui con giusta misura
Anco estimar potrà dell'uman seme,
Cui la dura nutrice, ov'ei men teme,
Con lieve moto in un momento annulla
In parte, e può con moti
Poco men lievi ancor subitamente
Annichilare in tutto.
Dipinte in queste rive
Son dell'umana gente
Le magnifiche sorti e progressive .
Qui mira e qui ti specchia,
Secol superbo e sciocco,
Che il calle insino allora
Dal risorto pensier segnato innanti
Abbandonasti, e volti addietro i passi,
Del ritornar ti vanti,
E procedere il chiami.
Al tuo pargoleggiar gl'ingegni tutti,
Di cui lor sorte rea padre ti fece,
Vanno adulando, ancora
Ch'a ludibrio talora
T'abbian fra sé. Non io
Con tal vergogna scenderò sotterra;
Ma il disprezzo piuttosto che si serra
Di te nel petto mio,
Mostrato avrò quanto si possa aperto:
Ben ch'io sappia che obblio
Preme chi troppo all'età propria increbbe.
Di questo mal, che teco
Mi fia comune, assai finor mi rido.
Libertà vai sognando, e servo a un tempo
Vuoi di novo il pensiero,
Sol per cui risorgemmo
Della barbarie in parte, e per cui solo
Si cresce in civiltà, che sola in meglio
Guida i pubblici fati.
Così ti spiacque il vero
Dell'aspra sorte e del depresso loco
Che natura ci diè. Per questo il tergo
Vigliaccamente rivolgesti al lume
Che il fe' palese: e, fuggitivo, appelli
Vil chi lui segue, e solo
Magnanimo colui
Che sé schernendo o gli altri, astuto o folle,
Fin sopra gli astri il mortal grado estolle.
Uom di povero stato e membra inferme
Che sia dell'alma generoso ed alto,
Non chiama sé né stima
Ricco d'or né gagliardo,
E di splendida vita o di valente
Persona infra la gente
Non fa risibil mostra;
Ma sé di forza e di tesor mendico
Lascia parer senza vergogna, e noma
Parlando, apertamente, e di sue cose
Fa stima al vero uguale.
Magnanimo animale
Non credo io già, ma stolto,
Quel che nato a perir, nutrito in pene,
Dice, a goder son fatto,
E di fetido orgoglio
Empie le carte, eccelsi fati e nove
Felicità, quali il ciel tutto ignora,
Non pur quest'orbe, promettendo in terra
A popoli che un'onda
Di mar commosso, un fiato
D'aura maligna, un sotterraneo crollo
Distrugge sì, che avanza
A gran pena di lor la rimembranza.
Nobil natura è quella
Che a sollevar s'ardisce
Gli occhi mortali incontra
Al comun fato, e che con franca lingua,
Nulla al ver detraendo,
Confessa il mal che ci fu dato in sorte,
E il basso stato e frale;
Quella che grande e forte
Mostra sé nel soffrir, né gli odii e l'ire
Fraterne, ancor più gravi
D'ogni altro danno, accresce
Alle miserie sue, l'uomo incolpando
Del suo dolor, ma dà la colpa a quella
Che veramente è rea, che de' mortali
Madre è di parto e di voler matrigna.
Costei chiama inimica; e incontro a questa
Congiunta esser pensando,
Siccome è il vero, ed ordinata in pria
L'umana compagnia,
Tutti fra sé confederati estima
Gli uomini, e tutti abbraccia
Con vero amor, porgendo
Valida e pronta ed aspettando aita
Negli alterni perigli e nelle angosce
Della guerra comune. Ed alle offese
Dell'uomo armar la destra, e laccio porre
Al vicino ed inciampo,
Stolto crede così qual fora in campo
Cinto d'oste contraria, in sul più vivo
Incalzar degli assalti,
Gl'inimici obbliando, acerbe gare
Imprender con gli amici,
E sparger fuga e fulminar col brando
Infra i propri guerrieri.
Così fatti pensieri
Quando fien, come fur, palesi al volgo,
E quell'orror che primo
Contra l'empia natura
Strinse i mortali in social catena,
Fia ricondotto in parte
Da verace saper, l'onesto e il retto
Conversar cittadino,
E giustizia e pietade, altra radice
Avranno allor che non superbe fole,
Ove fondata probità del volgo
Così star suole in piede
Quale star può quel ch'ha in error la sede.
Sovente in queste rive,
Che, desolate, a bruno
Veste il flutto indurato, e par che ondeggi,
Seggo la notte; e su la mesta landa
In purissimo azzurro
Veggo dall'alto fiammeggiar le stelle,
Cui di lontan fa specchio
Il mare, e tutto di scintille in giro
Per lo vòto seren brillare il mondo.
E poi che gli occhi a quelle luci appunto,
Ch'a lor sembrano un punto,
E sono immense, in guisa
Che un punto a petto a lor son terra e mare
Veracemente; a cui
L'uomo non pur, ma questo
Globo ove l'uomo è nulla,
Sconosciuto è del tutto; e quando miro
Quegli ancor più senz'alcun fin remoti
Nodi quasi di stelle,
Ch'a noi paion qual nebbia, a cui non l'uomo
E non la terra sol, ma tutte in uno,
Del numero infinite e della mole,
Con l'aureo sole insiem, le nostre stelle
O sono ignote, o così paion come
Essi alla terra, un punto
Di luce nebulosa; al pensier mio
Che sembri allora, o prole
Dell'uomo? E rimembrando
Il tuo stato quaggiù, di cui fa segno
Il suol ch'io premo; e poi dall'altra parte,
Che te signora e fine
Credi tu data al Tutto, e quante volte
Favoleggiar ti piacque, in questo oscuro
Granel di sabbia, il qual di terra ha nome,
Per tua cagion, dell'universe cose
Scender gli autori, e conversar sovente
Co' tuoi piacevolmente, e che i derisi
Sogni rinnovellando, ai saggi insulta
Fin la presente età, che in conoscenza
Ed in civil costume
Sembra tutte avanzar; qual moto allora,
Mortal prole infelice, o qual pensiero
Verso te finalmente il cor m'assale?
Non so se il riso o la pietà prevale.
Come d'arbor cadendo un picciol pomo,
Cui là nel tardo autunno
Maturità senz'altra forza atterra,
D'un popol di formiche i dolci alberghi,
Cavati in molle gleba
Con gran lavoro, e l'opre
E le ricchezze che adunate a prova
Con lungo affaticar l'assidua gente
Avea provvidamente al tempo estivo,
Schiaccia, diserta e copre
In un punto; così d'alto piombando,
Dall'utero tonante
Scagliata al ciel profondo,
Di ceneri e di pomici e di sassi
Notte e ruina, infusa
Di bollenti ruscelli
O pel montano fianco
Furiosa tra l'erba
Di liquefatti massi
E di metalli e d'infocata arena
Scendendo immensa piena,
Le cittadi che il mar là su l'estremo
Lido aspergea, confuse
E infranse e ricoperse
In pochi istanti: onde su quelle or pasce
La capra, e città nove
Sorgon dall'altra banda, a cui sgabello
Son le sepolte, e le prostrate mura
L'arduo monte al suo piè quasi calpesta.
Non ha natura al seme
Dell'uom più stima o cura
Che alla formica: e se più rara in quello
Che nell'altra è la strage,
Non avvien ciò d'altronde
Fuor che l'uom sue prosapie ha men feconde.
Ben mille ed ottocento
Anni varcàr poi che spariro, oppressi
Dall'ignea forza, i popolati seggi,
E il villanello intento
Ai vigneti, che a stento in questi campi
Nutre la morta zolla e incenerita,
Ancor leva lo sguardo
Sospettoso alla vetta
Fatal, che nulla mai fatta più mite
Ancor siede tremenda, ancor minaccia
A lui strage ed ai figli ed agli averi
Lor poverelli. E spesso
Il meschino in sul tetto
Dell'ostel villereccio, alla vagante
Aura giacendo tutta notte insonne,
E balzando più volte, esplora il corso
Del temuto bollor, che si riversa
Dall'inesausto grembo
Su l'arenoso dorso, a cui riluce
Di Capri la marina
E di Napoli il porto e Mergellina.
E se appressar lo vede, o se nel cupo
Del domestico pozzo ode mai l'acqua
Fervendo gorgogliar, desta i figliuoli,
Desta la moglie in fretta, e via, con quanto
Di lor cose rapir posson, fuggendo,
Vede lontan l'usato
Suo nido, e il picciol campo,
Che gli fu dalla fame unico schermo,
Preda al flutto rovente,
Che crepitando giunge, e inesorato
Durabilmente sovra quei si spiega.
Torna al celeste raggio
Dopo l'antica obblivion l'estinta
Pompei, come sepolto
Scheletro, cui di terra
Avarizia o pietà rende all'aperto;
E dal deserto foro
Diritto infra le file
Dei mozzi colonnati il peregrino
Lunge contempla il bipartito giogo
E la cresta fumante,
Che alla sparsa ruina ancor minaccia.
E nell'orror della secreta notte
Per li vacui teatri,
Per li templi deformi e per le rotte
Case, ove i parti il pipistrello asconde,
Come sinistra face
Che per vòti palagi atra s'aggiri,
Corre il baglior della funerea lava,
Che di lontan per l'ombre
Rosseggia e i lochi intorno intorno tinge.
Così, dell'uomo ignara e dell'etadi
Ch'ei chiama antiche, e del seguir che fanno
Dopo gli avi i nepoti,
Sta natura ognor verde, anzi procede
Per sì lungo cammino
Che sembra star. Caggiono i regni intanto,
Passan genti e linguaggi: ella nol vede:
E l'uom d'eternità s'arroga il vanto.
E tu, lenta ginestra,
Che di selve odorate
Queste campagne dispogliate adorni,
Anche tu presto alla crudel possanza
Soccomberai del sotterraneo foco,
Che ritornando al loco
Già noto, stenderà l'avaro lembo
Su tue molli foreste. E piegherai
Sotto il fascio mortal non renitente
Il tuo capo innocente:
Ma non piegato insino allora indarno
Codardamente supplicando innanzi
Al futuro oppressor; ma non eretto
Con forsennato orgoglio inver le stelle,
Né sul deserto, dove
E la sede e i natali
Non per voler ma per fortuna avesti;
Ma più saggia, ma tanto
Meno inferma dell'uom, quanto le frali
Tue stirpi non credesti
O dal fato o da te fatte immortali.

http://3.bp.blogspot.com/_xsr9_wACFGo/S3WktVg-uHI/AAAAAAAAABM/j4YJ9igal4E/s400/ginestro.jpg
Spartium junceum
(Ginestra odorosa)

Artico
31-07-06, 03:30
LA ROSA

La rosa,
l'immarcescibile rosa che non canto,
quella che è peso e fragranza,
quella del nero giardino nella notte profonda,
quella di qualunque giardino e di qualunque sera,
la rosa che risorge dalla tenue
cenere per arte d'alchimia,
la rosa dei Persiani e di Ariosto,
quella che è sempre sola,
quella che è sempre la rosa delle rose,
il giovane fiore platonico,
l'ardente e cieca rosa che non canto,
la rosa irraggiungibile.


J. L. Borges.

https://farm4.staticflickr.com/3153/3061339636_fc6e56c606.jpg

Artico
31-07-06, 03:42
Capitolo 7

Il coro
"Volgiti, volgiti, Sulammita,
volgiti, volgiti: vogliamo ammirarti".
"Che ammirate nella Sulammita
durante la danza a due schiere?".

Lo sposo
"Come son belli i tuoi piedi
nei sandali, figlia di principe!
Le curve dei tuoi fianchi sono come monili,
opera di mani d'artista.
Il tuo ombelico è una coppa rotonda
che non manca mai di vino drogato.
Il tuo ventre è un mucchio di grano,
circondato da gigli.
I tuoi seni come due cerbiatti,
gemelli di gazzella.
Il tuo collo come una torre d'avorio;
i tuoi occhi sono come i laghetti di Chesbòn,
presso la porta di Bat- Rabbìm;
il tuo naso come la torre del Libano
che fa la guardia verso Damasco.
Il tuo capo si erge su di te come il Carmelo
e la chioma del tuo capo è come la porpora;
un re è stato preso dalle tue trecce".
Quanto sei bella e quanto sei graziosa,
o amore, figlia di delizie!
La tua statura rassomiglia a una palma
e i tuoi seni ai grappoli.
Ho detto: "Salirò sulla palma,
coglierò i grappoli di datteri;
mi siano i tuoi seni come grappoli d'uva
e il profumo del tuo respiro come di pomi".

La sposa
"Il tuo palato è come vino squisito,
che scorre dritto verso il mio diletto
e fluisce sulle labbra e sui denti!
Io sono per il mio diletto
e la sua brama è verso di me.
Vieni, mio diletto, andiamo nei campi,
passiamo la notte nei villaggi.
Di buon mattino andremo alle vigne;
vedremo se mette gemme la vite,
se sbocciano i fiori,
se fioriscono i melograni:
là ti darò le mie carezze!
Le mandragore mandano profumo;
alle nostre porte c'è ogni specie di frutti squisiti,
freschi e secchi;

Il Cantico dei Cantici

Artico
31-07-06, 03:56
http://img291.imageshack.us/img291/7197/elcazadalijn5.jpg (http://img291.imageshack.us/img291/7197/elcazadalijn5.jpg)

Liquid Sky
31-07-06, 15:53
ohhhhh...finalmente un aiuto...

:-01#73

Artico
31-07-06, 16:06
CIELO D'ALCAMO

Contrasto.


Il Contrasto è un'opera di un autore vissuto verosimilmente alla corte palermitana di Federico II nella prima metà del 13° sec. E' un'opera giullaresca ritenuta per lungo tempo di origine popolare, ma in realtà di autore colto e di classe sociale elevata. Il componimento è centrato sulle battute di un reciproco corteggiamento fra un amante e la sua donna, fino alla felice conclusione dell'ironico contrasto.


"Rosa fresca aulentissima ch' apari inver' la state
le donne ti disiano pulzell' e maritate:
tràgemi d'este focora, se t'este a bolontate;
per te non ajo abento notte e dia,
penzando pur di voi, madonna mia."
"Se di meve trabàgliti follia lo ti fa fare.
Lo mar potresti arompere, a venti asemenare
l'abére d'esto secolo tutto quanto asembrare:
avere me non pòteri a esto monno;
avanti li cavelli m'aritonno."
"Se li cavelli artonniti, avanti foss'io morto,
ca'n issi sì mi pèrdera lo solaccio e 'l diporto.
Quando ci passo e véjoti, rosa fresca de l'orto,
bono conforto donimi tuttore:
poniamo che s'ajunga il nostro amore."
"Ke 'l nostro amore ajùngasi, non boglio m'atalenti:
se ci ti trova pàremo cogli altri miei parenti.
guarda non t'arigolgano questi forti correnti.
Como ti seppe bona la venuta,
consiglio che ti guardi a la partuta."
"Se i tuoi parenti tròvanmi, e che mi pozzon fare?
Una difensa mèttoci di dumili' agostari,
non mi toccara pàdreto per quanto avere ha 'n Bari.
Viva lo 'mperadore, grazi' a Deo!
Intendi, bella, quel che ti dico eo?"
"Tu me no lasci vivere né sera né maitino.
Donna mi so' di pèrperi, d'auro massamotino.
Se tanto aver donàssemi quanto ha lo Saladino
e per ajunta quant'ha lo soldano
toccare me non pòteri a la mano."
"Molte sono le femine c'hanno dura la testa,
e l'omo con parabole l'adìmina e amonesta:
tanto intorno procàzzala fin che l'ha in sua podesta.
Femina d'omo non si può tenere:
guàrdati, bella, pur de ripentere."
"K'eo ne pur ripentésseme? davanti foss'io aucisa
ca nulla bona femina per me fosse ripresa!
Aersera passàstici, correnno a la distesa.
Aquìstati riposa, canzoneri:
le tue parole a me non piaccion gueri."
"Quante sono le schiantora che m'ha' mise a lo core,
e solo purpenzànnome la dia quanno vo fore!
Femina d'esto secolo tanto non amai ancore
quant'amo teve, rosa invidïata:
ben credo che mi fosti distinata."
"Se distinata fòsseti, caderia de l'altezze
ché male messe fòrano in teve mie bellezze.
Se tutto adivenìssemi, tagliàrami le trezze
e consore m'arenno a una magione
avanti che m'artocchi 'n la persone."
"Se tu consore arènneti, donna col viso cleri
a lo mostero vènoci e rènnomi confleri:
per tanta prova vencerti fàralo volonteri.
Conteco stao la sera e lo maitino:
besogn'è ch'io ti tenga al meo dimino."
"Boimè tapina misera, com'ao reo distinato!
Geso Cristo l'altissimo del tutto m'è airato:
concepìstimi a abàttare in omo blestiemato.
Cerca la terra ch'este granne assai,
chiù bella donna di me troverai."
"Cercat'ajo Calabria, Toscana e Lombardia,
Puglia, Costantinopoli, Genoa, Pisa e Soria,
Lamagna e Babilonia e tutta Barberia:
donna non ci trovai tanto cortese,
per che sovrana di meve te prese."
"Poi tanto trabagliàstiti, faccioti meo pregheri
che tu vadi adomànnimi a mia mare e a mon peri.
Se dare mi ti degnano menami a lo mosteri
e sposami davanti da la jente;
e poi farò le tuo comannamente."
"Di ciò che dici, vìtama, niente non ti bale,
ca de lo tuo parabole fatto n'ho ponti e scale.
Penne penzasti mettere, sonti cadute l'ale;
e dato t'ajo la bolta sottana.
Dunque, se poti, tèniti villana."
"En paura non mettermi di nullo manganiello:
istòmi 'n esta grorïa d'este forte castiello;
prezzo le tuo parabole meno che d'un zitello.
Se tu no levi e va'tine di quaci,
se tu ci fosse morto, ben mi chiaci."
"Dunque vorresti vìtama, ca per te fosse strutto?
Se morto essere débboci od intagliato tutto,
di quaci non mi mòssera se non aj' de lo frutto
lo quale stäo ne lo tuo jardino:
disïolo la sera e lo maitino."
"Di quel frutto non àbbero conti né cabalieri;
molto lo disïarono marchesi e justizieri,
avere no'nde pòttero: gìro 'nde molto feri.
Intendi bene ciò che bolio dire?
Men'este di mill'onze lo tuo abere."
"Molti so' li garofani, ma non che salma 'nd'ài:
bella, non dispregiàremi s'avanti non m'assai.
Se vento è in proda e gìrasi e giungeti a le prai,
arimembrare t'ao este parole,
ca dentr'a 'sta animella assai me dole."
"Macara se dolésseti che cadesse angosciato:
la gente ci corressoro da traverso e da lato;
tutt'a meve dicessono: 'Acorri esto malnato!'
Non ti degnara porgere la mano
Per quanto avere ha 'l papa e lo soldano."
"Deo lo volesse, vìtama, te fosse morto in casa!
L'arma n'anderia cònsola, ca dì e notte pantasa.
La jente ti chiamàrano: 'Oi perjura malvasa,
c'ha ' morto l'omo in càsata, traìta!'
Sanz'onni colpo lèvimi la vita."
"Se tu no levi e va'tine co la maladizione,
li frati miei ti trovano dentro chissa magione.
[…] be lo mi soffero pèrdici la persone.
Ca meve se' venuto a sormontare;
parente néd amico non t'ha aitare."
"A meve non aìtano amici né parenti:
istrani mi so', càrama, enfra esta bona jente.
Or fa un anno, vìtama, che 'ntrara mi se' 'n mente.
Di canno ti vististi lo maiuto,
bella, da quello jorno so' feruto."
"Di tanno 'namoràstiti, tu Iuda lo traìto,
come se fosse porpore, iscarlato o sciamito?
S'a le Vangele jùrimi che mi si' a marito,
avere me non pòter'a esto monno:
avanti in mare jìttomi al perfonno."
"Se tu nel mare gìttiti, donna cortese e fina,
dereto mi ti mìsera per tutta la marina,
e da poi c'anegàsseti, trobàrati a la rena
solo per questa cosa adimpretare:
conteco m'ajo aggiungere a peccare."
"Segnomi in Patre e 'n Filio ed in santo Matteo:
so ca non se' tu retico o figlio di giudeo,
e cotale parabole non udi' dire anch'eo.
Morta si è la femina a lo 'ntutto,
pèrdeci lo saboro e lo disdotto."
"Bene lo saccio, càrama: altro non pozzo fare.
Se quisso non arcòmplimi, làssone cantare.
Fallo, mia donna, plàzzati, ché bene lo puoi fare.
Ancora tu no m'ami, ma molto t'amo,
sì m'hai preso come lo pesce a l'amo."
"Sazzo che m'ami, e àmoti di core paladino.
Lèvati suso e vatene, tornaci a lo matino.
Se ciò che dico fàcemi, di bon cor t'amo e fino.
Quisso t'adimprometto sanza faglia:
te' la mia fede che m'hai in tua baglia."
"Per zo che dici, càrama, neiente non mi movo.
Innanti prenni e scannami: tolli esto cortel novo.
Esto fatto fa pòtesi inanti scalfi un uovo.
Arcompli mi' talento, amica bella,
ché l'arma co lo core mi si 'nfella."
"Ben sazzo, l'arma dòleti, com'omo ch'ave arsura.
Esto fatto non pòtesi per null'altra misura:
se non ha' le Vangelïe che mo ti dico 'Jura',
avere me non puoi in tua podesta;
inanti prenni e tagliami la testa."
"Le Vangelïe, càrama? Ch'io le porto in seno:
a lo mostero présile ( non ci era lo patrino).
Sovr'esto libro jùroti mai non ti vegno meno.
Arcompli mi' talento in caritate,
ché l'arma me ne sta in suttilitate."
"Meo sire, poi juràstimi, eo tutta quanta incenno.
Sono alla tua presenzïa, da voi non mi difenno.
S'eo minespreso àjoti, merzé, a voi m'arenno.
A lo letto me gimo e la bon'ora,
ché chissa cosa n'è data in ventura."

tolomeo
03-08-06, 04:36
21
Vaghi boschetti di soavi allori,
di palme e d'amenissime mortelle,
cedri ed aranci ch'avean frutti e fiori
contesti in varie forme e tutte belle,
facean riparo ai fervidi calori
de' giorni estivi con lor spesse ombrelle;
e tra quei rami con sicuri voli
cantanto se ne gìano i rosignuoli.

22
Tra le purpuree rose e i bianchi gigli,
che tiepida aura freschi ognora serba,
sicuri si vedean lepri e conigli,
e cervi con la fronte alta e superba,
senza temer ch'alcun gli uccida o pigli,
pascano o stiansi rominando l'erba;
saltano i daini e i capri isnelli e destri,
che sono in copia in quei luoghi campestri.

Liquid Sky
03-08-06, 11:16
21
Vaghi boschetti di soavi allori,
di palme e d'amenissime mortelle,
cedri ed aranci ch'avean frutti e fiori
contesti in varie forme e tutte belle,
facean riparo ai fervidi calori
de' giorni estivi con lor spesse ombrelle;
e tra quei rami con sicuri voli
cantanto se ne gìano i rosignuoli.

http://www.guttuso.com/images/paesaggi/images/800/6_png.jpg (http://www.guttuso.com/images/paesaggi/images/800/6_png.jpg)

Aranceto, 1957. - Renato Guttuso
Oil on canvas, 58x75 cm.
Private collection.

tolomeo
04-08-06, 23:56
Kennst du das Land, wo die Zitronen blühn,
Im dunklen Laub die Goldorangen glühn,
Ein sanfter Wind vom blauen Himmel weht,
Die Myrte still und hoch der Lorbeer steht,
Kennst du es wohl?
Dahin! Dahin
Möcht ich mit dir, o mein Geliebter, ziehn!


Conosci tu il paese dove fioriscono i limoni?
Nel verde fogliame splendono arance d'oro
Un vento lieve spira dal cielo azzurro
Tranquillo è il mirto, sereno l'alloro
Lo conosci tu bene?
Laggiù, laggiù
Vorrei con te, o mio amato, andare!

JW Goethe


http://cdn-2.faidatemania.it/o/b/come-effettuare-linnesto-sullalbero-di-limoni_d51d3daec1ea8c08dc5f6db3ec164f13.jpg

Liquid Sky
28-08-06, 15:28
Odette aveva in mano un mazzo di cattleya e Swann vide, sotto il fazzoletto di trina che le copriva il capo che c'erano tra i suoi capelli dei fiori di quella stessa orchidea appuntati a un'aigrette di piume di cigno.
Indossava, sotto la mantiglia, una cascata di velluto nero che, ripresa di sbieco, scopriva in un largo triangolo il fondo d'una gonna di faille bianca e lasciava trapelare uno sprone, pure bianco e di faille, all'apertura dello scollo, da dove spuntavano altri fiori di cattleya.

[...]

Ma era così timido con lei che, avendo quella sera finito col possederla dopo aver cominciato con l'aggiustarle le cattleya, fosse paura di offenderla, fosse timore di fare retrospettivamente la figura d'aver mentito, fosse mancanza dell'audacia necessaria a formulare un'esigenza più grande di quella (che poteva essere rinnovata dal momento che, la prima volta, Odette non se n'era disgustata), nei giorni seguenti egli ricorse al medesimo pretesto. Se lei aveva delle cattleya nella scollatura, le diceva: "che peccato, stasera le cattleya non hanno bisogno d'essere sistemate, non son finite fuori posto come l'altra sera; eppure mi sembra che questa qui non sia proprio dritta. Posso vedere se anche queste non profumano?"
Oppure, se non ne aveva:"Ah! niente cattleya stasera, impossibile dedicarmi alle mie piccole sistemazioni". Di modo che, per qualche tempo, non vi furono mutamenti nell'ordine che aveva seguito la prima sera, cominciando col toccare a fior di dita e di labbra il seno di Odette, e continuò ad essere questo, ogni volta, l'inizio delle sue carezze; e molto più tardi, quando la sistemazione della cattleya (o il suo simulacro rituale) era ormai da tempo caduta in desuetudine, la metafora "fare cattleya", divenuta un semplice vocabolo che usavano senza pensarci quando volevano designare l'atto del possesso fisico - nel quale, per altro, nessuno possiede alcunchè -, sopravvisse nel loro linguaggio, così commemorandolo, a quell'uso obliato.
E, forse, quel modo particolare di dire "far l'amore" non aveva esattamente lo stesso significato dei suoi sinonimi. Si ha un bell'essere disincantati in materia donne, considerando il possesso delle più disparate amanti come se fosse sempre identico e noto a priori, in realtà esso si traduce in un piacere nuovo se si tratta di donne abbastanza difficili - o da noi credute tali - da obbligarci a farlo nascere da qualche episodio inopinato dei nostri rapporti con loro, come appunto per Swann, la prima volta, la sistemazione della cattleya.

Alla ricerca del tempo perduto - Proust

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/e/e6/Labiata.jpg/800px-Labiata.jpg

Artico
30-08-06, 22:34
come le viole
(peppino gagliardi)


son tornate le viole quaggiu'
ma non hanno colore per te
quella calda tenerezza che tu
portavi nei tuoi occhi
no, non c'e' piu'
come le viole anche tu ritornerai
la primavera con te riporterai
avevi la mia vita
avevi la mia vita fra le tue braccia
te ne sei andata non so
te ne sei andata con chi dai sogni miei
forse domani chissa' tu piangerai
quando il mio amore lo so tu capirai
rifioriranno tante primavere
come le viole anche tu
ritornerai
rifioriranno tante primavere
come le viole anche tu
ritornerai

Liquid Sky
30-08-06, 23:03
Peppino Gagliardi...piaceva molto a mia madre, a me una canzone in particolare che in una strofa diceva più o meno "non era l'ultimo ma uno in più"...il titolo non lo ricordo.

edit: il titolo era "La ballata dell'uomo in più", il testo non lo trovo...:i

Artico
30-08-06, 23:25
Peppino Gagliardi...piaceva molto a mia madre, a me una canzone in particolare che in una strofa diceva più o meno "non era l'ultimo ma uno in più"...il titolo non lo ricordo.

edit: il titolo era "La ballata dell'uomo in più", il testo non lo trovo...:i

La ballata dell'uomo in più.

Anche a me piaceva molto Peppino Gagliardi.
Come le viole l'ha cantata Giuliano Palma.
Quest'estate andava forte.

tolomeo
01-09-06, 02:31
Letto è questo d'Amore o pur di Flora
che di sua man l'infiora,
e scelse in queste ombrose verdi rive
fiori azzurri e vermigli,
viole perse e gialle e bianchi gigli
nutriti dolcemente a l'aure estive:
ma fu così dipinto
che 'l piacer del mirare il sonno ha vinto.

Liquid Sky
01-09-06, 22:23
Letto è questo d'Amore o pur di Flora
che di sua man l'infiora,
e scelse in queste ombrose verdi rive
fiori azzurri e vermigli,
viole perse e gialle e bianchi gigli
nutriti dolcemente a l'aure estive:
ma fu così dipinto
che 'l piacer del mirare il sonno ha vinto.

http://www.astroarte.it/astroarte/artivisive/storia/img/botticelli_primavera.jpg

"Ora chiamata Flora, ero in realtà Clori: la lettera
greca del mio nome fu guastata dalla pronuncia latina.
Ero Clori, ninfa dei campi felici dove hai udito
che in passato ebbero la loro dimora uomini fortunati.
Dire quale sia stata la mia bellezza, sarebbe sconveniente
alla mia modestia: ma fu essa a trovare come genero per mia madre un dio.
Era primavera, vagavo; Zefiro mi vide, cercai di allontanarmi;
m'insegue, fuggo; ma egli fu più veloce.
E Borea, che aveva osato rapire la preda dalla casa di Eretteo,
aveva dato al fratello piena licenza di rapina.
Tuttavia fa ammenda della violenza col darmi il nome di sposa,
e nel nostro letto non ho mai dovuto lamentarmi.
Godo d'una eterna primavera; è sempre splendido l'anno,
gli alberi hanno sempre le fronde e sempre ha pascoli il suolo.
Possiedo un fiorente giardino nei campi dotali,
l'aria lo accarezza, lo irriga una fonte di limpida acqua:
il mio sposo lo ha riempito di copiose corolle, e ha detto:
"Abbi tu, o dea, piena signoria sui fiori"
Spesso io volli contare le loro specie,
ma non vi riuscii: il loro numero superava il conteggio."
(Publio Ovidio Nasone - Fasti - V° libro )

tolomeo
02-09-06, 13:05
http://www.astroarte.it/astroarte/artivisive/storia/img/botticelli_primavera.jpg

"Ora chiamata Flora, ero in realtà Clori: la lettera
greca del mio nome fu guastata dalla pronuncia latina.
Ero Clori, ninfa dei campi felici dove hai udito
che in passato ebbero la loro dimora uomini fortunati.
Dire quale sia stata la mia bellezza, sarebbe sconveniente
alla mia modestia: ma fu essa a trovare come genero per mia madre un dio.
Era primavera, vagavo; Zefiro mi vide, cercai di allontanarmi;
m'insegue, fuggo; ma egli fu più veloce.
E Borea, che aveva osato rapire la preda dalla casa di Eretteo,
aveva dato al fratello piena licenza di rapina.
Tuttavia fa ammenda della violenza col darmi il nome di sposa,
e nel nostro letto non ho mai dovuto lamentarmi.
Godo d'una eterna primavera; è sempre splendido l'anno,
gli alberi hanno sempre le fronde e sempre ha pascoli il suolo.
Possiedo un fiorente giardino nei campi dotali,
l'aria lo accarezza, lo irriga una fonte di limpida acqua:
il mio sposo lo ha riempito di copiose corolle, e ha detto:
"Abbi tu, o dea, piena signoria sui fiori"
Spesso io volli contare le loro specie,
ma non vi riuscii: il loro numero superava il conteggio."
(Publio Ovidio Nasone - Fasti - V° libro )


http://img174.imageshack.us/img174/156/delirioamorosorm8.jpg

per ascoltare alcuni brani:

http://music.barnesandnoble.com/search/product.asp?ean=94633262423&z=y

dimenticavo: il riferimento è a Clori.

Liquid Sky
02-09-06, 16:20
dimenticavo: il riferimento è a Clori.

Ho cercato qualcosa in rete...;)

tolomeo
02-09-06, 22:42
Ho cercato qualcosa in rete...;)

Delirio amoroso
HWV 99
Testo di Benedetto Panfili, Cardinale
Musica di
George Frideric Handel





N° 1 Introduzione

N° 2 Recitativo
Da quel giorno fatale,
che tolse morte il crudo Tirsi a Clori
ella per duolo immenso,
sciolto il crin, torvo il guardo,
incerto piede, par, ch'abbia in sè
due volontà, due cori:
e del chiaro intelletto,
per gran fiamma d'amor,
turbato il raggio, ora s'adorna,
ora del crin negletto
fa dispettoso oltraggio;
e varia nel pensier, ma sempre bella,
agitata così, seco favella.

N° 3 Aria
Un pensiero voli in ciel,
se in cielo è quella alma bella
che la pace m'involò,
Se in averno è condannato,
per avermi disprezzato,
io dal regno delle pene il mio bene rapirò.
(Da Capo)

N° 4 Recitativo
Ma fermati pensier,
pur troppo è vero
che fra l'ombre d'averno
è condannato per giusta pena,
e per crudel mio fato.
Si, sì, rapida io scendo
a rapir il mio bene dell'arso
Dite alle in focate arene,
Ma che veggio?
rimira il mio sembiante dispettosa
poi fugge un'ombra errante.
Tirsi, o Tirsi, ah! crudele!

N° 5 Aria
Per te lasciai la luce,
ed or che mi conduce
amor per rivederti,
tu vuoi partir da me,
Deh! ferma i passi incerti
o pur se vuoi fuggir,
dimmi perché, perché!
(Da Capo)

N° 6 Recitativo
Non ti bastava ingrato,
d'avermi in vita lacerato il core?
Dopo l'ultimo fato,
siegui ad esser per me furia d'amore;
anzi ti prendi a scherno,
ch'io venga teco ad abitar l'inferno.
Ma pietà per vigore ti renderò.
Su vieni al dolce oblio di Lete;
indi daranno pace gli Elisi,
al già sofferto affanno.

N° 7 Aria
Lascia o mai le brune vele,
negro pin di Flegetonte.
lo farà che un zeffiretto
per diletto, spiri intorno
a te fedele.
e che mova li bianchi lini,
pellegrini in Acheronte.
(Da Capo)

N° 8 Recitativo
O siamo giunti a Lete,
odi il suono soave dei Elisi beati.

N° 9 Entrée

N° 10 Minuet

N° 11 Aria (arioso)
In queste amene
piagge serene,
da sè ridente
nasce o giorni fior.
Tra suoni e canti,
sempre clemente,
spiran gli amanti
aura d'amor.

N° 12 Recitativo
Sì disse Clori, e se d'un sole estinto
più non vidde il bel lume,
lo vidde almen per fantasia dipinto.

N° 13 Minuet

FINE



Io ho la versione di Minkowski con Magdalena Kozena.
Ma conto di comprare quella du Haim con Natalie Dessay
Cantata è un delirio!!

Liquid Sky
02-09-06, 22:49
Io ho la versione di Minkowski con Magdalena Kozena.
Ma conto di comprare quella du Haim con Natalie Dessay
Cantata è un delirio!!

Quale delle due per una profana come me? :)

tolomeo
03-09-06, 00:16
Quale delle due per una profana come me? :)


Ahiahiahi!!!!!! :i
che domanda difficile! :D

Minkowski, per cominciare, perchè mi piace molto il passo con cui conduce i Musiciens du Louvre. L'album contiene anche le cantate Tra le fiamme e Lucrezia.

Natalie Dessay è una grandissima cantante. è irresistibile.
nel suo album ci sono anche le cantate Mi palpita il cor e
Qui l’augel da pianta in pianta.

è veramente difficile... :i

http://img473.imageshack.us/img473/3512/delireh4.jpg

http://img473.imageshack.us/img473/74/deloh1.jpg

e va bene: Minkowski.
credo che renda meglio lo spirito del ventenne Handel per la prima volta a Roma. un prodigio.
e la Kozena è un'eccellente mezzo soprano, una voce anche lei piena di colore.

(ma che cacchio di domande mi fai? :D ad esempio, ho undici diverse edizioni del Don Giovanni e cinque diverse edizioni della Passione secondo Matteo di Bach. per non parlare delle diverse edizioni di Rodelinda, Agrippina, Orlando ecc. la domanda più difficile che mi sia stata mai fatta su Pol: complimenti! :D )

Liquid Sky
04-09-06, 11:42
(ma che cacchio di domande mi fai? :D ad esempio, ho undici diverse edizioni del Don Giovanni e cinque diverse edizioni della Passione secondo Matteo di Bach. per non parlare delle diverse edizioni di Rodelinda, Agrippina, Orlando ecc. la domanda più difficile che mi sia stata mai fatta su Pol: complimenti! :D )

:D la stessa domanda che si farebbe un bambino di fronte ad una gigantesca, enorme scatola di cioccolatini :D
Certo che se avessi saputo prima della difficoltà della domanda me la sarei gustata in modo diverso...:p:p :D

Grazie per la dritta. :-01#73

Liquid Sky
13-09-06, 11:26
L'agave su lo scoglio

O rabido ventare di scirocco
che l'arsiccio terreno gialloverde
bruci;
e su nel cielo pieno
di smorte luci
trapassa qualche biocco
di nuvola, e si perde.
Ore perplesse, brividi
d'una vita che fugge
come acqua tra le dita;
inafferrati eventi,
luci-ombre, commovimenti
delle cose malferme della terra;
oh alide ali dell'aria
ora son io
l'agave che s'abbarbica al crepaccio
dello scoglio
e sfugge al mare da le braccia d'alghe
che spalanca ampie gole e abbranca rocce;
e nel fermento
d'ogni essenza, coi miei racchiusi bocci
che non sanno più esplodere oggi sento
la mia immobilità come un tormento.

(E. Montale)

http://www.slowphotos.com/photo/data/3395/AgaveAndSea8x10.jpg

Liquid Sky
17-09-06, 21:03
La ballata dell'uomo in più.



Era l'ultimo della classe
ma nessuno gliene voleva,
ogni giorno una cosa nuova
e di tutti se la rideva.
Poi la vita se lo rubò
senza dargli mai più di un po'
lui di questo si accontentò
fino a quando non lo scocciò

Voleva cogliere margherite
ma i campi in fior già non c'erano più,
c'era una corsa di tante vite
che in campi brulli cadevano giù.

Lui non pensava, lui ne rideva
andare avanti era un piacere
andava in cerca di un qualche cosa
che non sapeva ma che sentiva,
andava in cerca di un qualche cosa
che aveva dentro chiamato amore...

Una bocca e due occhi neri
non bastarono alla sua sete,
per la luce che lui voleva
non lo chiusero nella rete.
Una musica lo portò
dove niente lo disturbò
con il rullo che lo esaltò
fino a quando non lo fermò...

Lo colse in fronte una margherita
e un fiore rosso blu per lui sbocciò,
fu questo il premio per una vita
che guadagnava la libertà.
E' nato un campo di margherite
e insieme ad altri lui resterà,
non avrà un nome fra tante vite
non sarà l'ultimo ma un uomo in più.

https://farm4.staticflickr.com/3306/3421525843_196404ccc6.jpg

Liquid Sky
30-09-06, 17:15
IL CICLAMINO

Appena sbocciato, il ciclamino vide uno spettacolo che molti poeti, anche celebri, non hanno mai veduto. Vide una notte di luna in montagna. Il silenzio era così profondo che il ciclamino udiva le goccie d'acqua, raccolte dalle foglie dell'elce che lo proteggeva, cadere al suolo come versate da piccole mani.
La notte era limpidissima e fredda. La montagna era bianca e nera, come un immenso ermellino addormentato. Il suo profilo d'un bianco violaceo scintillava sul cielo azzurro. Non era troppo alta, quella montagna: i boschi la coprivano fino alla cima; le roccie, coperte di neve, vedute da vicino sembravano blocchi di marmo intorno ai quali un artista gigante avesse tentato d'abbozzare strane figure.
Ve n'era una, per esempio, che pareva un lupo enorme, col muso rivolto al cielo; e un filo di fumo che usciva dalla roccia e sembrava esalato dalla bocca della strana bestia, accresceva l'illusione.
Dal suo cantuccio umido e riparato, il ciclamino vedeva le roccie, gli alberi, la luna, e uno sfondo azzurro coi profili di altre montagne lontane. La luna calava sopra queste montagne. Tutto era silenzioso, puro e freddo. Le stelle avevano tremiti e splendori insoliti: pareva si guardassero le une con le altre comunicandosi una gioia ignota agli abitanti della terra. Il ciclamino sentiva un po' di questa gioia; e anch'esso tremolava sullo stelo; e non sapeva cosa fosse, e non sapeva ch'era la gioia che fa scintillare il diamante e l'acqua della sorgente: la gioia di sentirsi puro.
E questa felicità durò a lungo; molto più a lungo della gioia di molti uomini felici: durò un'ora!
A un tratto il ciclamino vide una cosa strana, più meravigliosa ancora delle roccie bianche, degli alberi neri, delle stelle scintillanti. Vide un'ombra che si moveva. Il fiore aveva creduto che tutto, nel suo mondo, fosse immobile, o tremulo appena: invece l'ombra camminava. E dopo la meraviglia, il ciclamino provò un senso di terrore. L'ombra si avvicinava, sempre più grande, ergendosi sullo sfondo azzurro, fra i tronchi neri; ed era così alta che nascondeva tutta una montagna ed arrivava fino alla luna.
Era un uomo.

Di tanto in tanto l'uomo si fermava sotto gli alberi, si curvava e pareva cercasse qualche cosa nell'ombra. Arrivato sotto l'elce si curvò, guardò e cominciò a frugare tra le foglie marcie che coprivano il suolo. E il giovane fiore s'accorse che l'uomo aveva trovato quello che cercava; una pianticella di ciclamino.
Dopo la sua ora di vita, sicuro di aver veduto tutto ciò che di più bello e di più terribile esiste nell'universo, il ciclamino si rassegnò a morire.
L'ombra nemica sradicò la pianticella, lasciando intorno ai bulbi un po' della terra che li nutriva. Il ciclamino allora si accorse che l'ombra nera non rappresentava la morte: anzi all'improvviso gli parve di vivere una vita più intensa, se non altrettanto felice come quella già vissuta.
Con tutta la sua famiglia di foglie, coi suoi fratellini non ancora sbocciati, il fiore si trovò in alto, vide meglio il cielo, le stelle, abbandonò l'elce natìo, si mosse da un punto all'altro della montagna. Gli pareva di aver la grande potenza di muoversi, come l'uomo che lo portava entro la sua mano concava. E provò una viva riconoscenza per colui che gli procurava tanta gioia.
Arrivarono sotto la roccia che sembrava un lupo. L'uomo penetrò in una grotta che pareva davvero il cuore d'un lupo, nera, aspra, piena di fumo; e dopo aver deposto la pianticella su una sporgenza della roccia, si curvò per riaccendere il fuoco. E il fiorellino, che ricominciava a disperarsi, vide allora un'altra cosa meravigliosa. Vide il tronco nero di un elce convertirsi in fuoco, e le fiamme scaturire dai rami come grandi foglie d'oro scosse da un soffio ardente.
L'uomo si sdraiò accanto al fuoco e dal suo cantuccio il fiorellino lo vide addormentarsi e lo udì parlare in sogno. E la voce dell'uomo gli parve un'altra rivelazione. Poi un fischio tremolò fuor della grotta, un cane abbaiò, l'uomo sollevò il capo.
Un altro uomo entrò nella grotta: questo era giovane, alto e vestito di panno rosso e di pelli nere; il suo viso scuro, ma dagli occhi azzurrognoli e dalla barba rossiccia, aveva qualche cosa di dolce e selvaggio nello stesso tempo.
- Compagno, - disse, appena entrato, - credo che stanotte prenderemo la volpe.
Il vecchio sollevò il viso, interrogando.
- Ho veduto le tracce! - riprese il giovane.
I due uomini non dissero altro, ma anche il vecchio balzò in piedi. Ed entrambi stettero lungamente in ascolto. Ma l'ora passava, e al di fuori il silenzio della notte era sempre intenso e profondo: per un momento sull'apertura della grotta apparve la luna, come un viso pallido dagli occhi grigi curiosi, poi sparve e fuori regnarono le bianche tenebre della notte nevosa.
- Non viene più! - disse il vecchio. - Ed io devo scendere! Come sta la piccola padrona?
- Male: forse morrà stanotte.
- E tu non me lo dicevi! Devo scendere! Devo portarle il fiore!
- Che fiore?
- Un fiore di panporcino. Nel delirio, ieri, ella non domandava altro. Si immagina di ricamare una pianeta e vuol copiare il fiore. Bisogna contentarla. Vado.
Il giovane disse:
- Ah, una pianeta! - e sorrise con un sorriso malizioso. Ma poi sollevò il capo, mormorando: - Sentite?...
Un cane abbaiava: un altro rispondeva in lontananza. I due pastori balzarono fuor della grotta: s'udirono fischi, urla, gridi più rauchi e feroci dell'abbaiar dei cani. La fiamma cessò di tremolare, come ascoltando: il ciclamino si ripiegava ansioso tra i suoi fratellini addormentati.
I due uomini rientrarono, trascinando a viva forza un giovinetto dal viso livido e i folti capelli neri crespi, legato con lacci di cuoio, fra i quali egli si dibatteva disperatamente. I tre uomini tacevano, ma il loro respiro ansante, quasi sibilante, rivelava tutta la loro rabbia. La scena era bella e terribile: ricordava il mondo delle caverne, l'uomo in lotta col suo simile.
Il prigioniero fu portato in fondo alla grotta, legato meglio, con corde di pelo e con una soga la cui estremità venne fermata al suolo con una pietra. Egli non si dibatté oltre; appoggiò il capo scarmigliato al suolo roccioso della grotta e chiuse gli occhi: e parve morto.
Il vecchio allora disse, guardandolo e fremendo di collera:
- Una, due, tre volte te la sei scampata. Ora però il mio gregge non lo decimerai più! Ora vado ad avvertire la giustizia.
E dopo essersi rapidamente infilata alle braccia una borsa di cuoio che gli formò sulle spalle una specie di gobba, uscì concitato.
Appena egli fu uscito, il prigioniero aprì gli occhi e sollevò il capo ascoltando. I passi del vecchio non si udivano più. Il giovane dalla barba rossiccia sedeva per terra, accanto al fuoco, e pareva triste.
Il prigioniero lo guardò e disse una parola:
- Ricordatevi!
L'altro stette immobile e muto. Il ladro ripeté:
- Ricordatevi! Una volta, nella notte di San Giovanni, due ragazzi di diversi paesi pascolavano il gregge sotto la luna. Si volevano bene come fratelli. Il maggiore disse: «Vogliamo diventar compari di San Giovanni?». E giurarono di esser fratelli, per la vita e per la morte, e specialmente nell'ora del pericolo. Poi diventarono grandi e ciascuno andò per la sua via. E una volta il maggiore andò a rubare e fu preso e dato in custodia al giovine che per caso s'era trovato nell'ovile. E bastò che il prigioniero dicesse: «Ricordatevi!» perché l'altro, senza badare al danno che gliene sarebbe venuto, lo slegasse e lo liberasse. Ricordatevi!
Il pastore rispose, sfuggendo lo sguardo del prigioniero:
- Era altra cosa, compare! Voi non eravate servo come lo sono io. Prima del compare è il padrone!
- Prima del padrone è il fratello: e il compare di San Giovanni è un fratello.
L'altro non rispose: ma con gli occhi fissi nella fiamma parve immergersi in un sogno.
- Siamo tutti soggetti all'errore - disse il ladro. - E chi fa questo e chi fa quello! Siamo nati con la nostra sorte. E il vostro padrone non ha le sue magagne? È l'uomo più superbo della terra. È lui che fa morire sua figlia, la vostra piccola padrona. E lei non è colpevole, del resto? Non dicono tutti che muore perché è innamorata d'un prete? No? Ah, voi dite di no? Voi dite che il giovane s'è fatto prete per disperazione, perché non gli hanno dato in moglie la ragazza? Sia pure così: ma lei doveva cessare di volergli bene. Invece se ne muore...
- Ah, ecco perché... La pianeta... il fiore di panporcino! - disse a un tratto il pastore. E s'alzò, e slegò il prigioniero che senza neppure dir grazie balzò su e scappò.
Rimasto solo, il pastore prese la pianticella di ciclamino, corse fuori, balzò di roccia in roccia, scese per un sentiero, cominciò a gridare, chiamando a nome il vecchio. Questi rispose in lontananza. E le voci dei due uomini, sempre più vicine, s'incrociavano nel silenzio della notte.
- Avete dimenticato il fiore!
- Hai lasciato solo quel demonio! Dammi! Va, ritorna...
- Ho pensato che la piccola padrona...
- Va, ritorna subito là.
La pianticella passò nella mano concava del vecchio, e vi si trovò bene come in un vaso tiepido e capace. Il vecchio camminava rapido e sicuro giù per i sentieri rischiarati dal chiarore della neve come da un crepuscolo grigiastro.
Finalmente arrivò ai piedi della montagna: e il ciclamino vide un luogo più triste e più buio della grotta: era un luogo abitato dagli uomini, un villaggio.
Il vecchio batté ad una porta; venne ad aprire una donna vestita di giallo e di nero, pallidissima in viso.
- Come sta la piccola padrona? Le ho portato il fiore che voleva copiare per un ricamo.
La donna diede un grido sibilante e cominciò a strapparsi i capelli.
- La piccola padrona è morta!
L'uomo non pronunziò parola; ma entrò nella vasta cucina e depose la pianticella sulla cassapanca ove la piccola padrona soleva sedersi per cucire e ricamare. Nelle stanze attigue risuonavano gridi di donne simili ai gridi delle antiche prefiche.
Il vecchio se ne andò. E lunghe ore passarono. Il fuoco si spense nel focolare: un uomo vestito di velluto venne a sedersi sulla cassapanca, e stette a lungo immobile, senza piangere, senza parlare.
Poi arrivò il servo dalla barba rossiccia, e cominciò a raccontare sotto voce la storia del ladro e del ciclamino.
- Mentre io portavo il fiore al vecchio il ladro ha trovato modo di slegarsi e fuggire. Invano l'ho cercato: ho corso tutta la notte. Ora il vecchio dice che la colpa è mia, e che lei, padrone, mi manderà via.
L'uomo vestito di velluto non capiva bene la storia del ciclamino.
- Un ricamo? Una pianeta? Per chi?
Il servo da pallido diventò rosso. Abbassò ancor più la voce:
- Dicono... La pianeta per la prima messa di prete Paulu...
Un fugace rossore colorì il viso scialbo del padrone. Egli guardò la pianticella, poi disse al servo, con voce aspra:
- Ritorna all'ovile.
L'altro uscì, mormorando:
- Il Signore le conceda ogni bene...
Ma l'uomo vestito di velluto parve non udire l'augurio. Appena fu solo afferrò la pianticella, e strinse i denti con rabbia. E il ciclamino vide arrivata la sua ultima ora. Ma l'uomo vestito di velluto aprì la mano, guardò le foglie piegate, il fiorellino languente, e pianse. E così, prima di morire, il ciclamino, che aveva veduto tante scene belle e terribili, provò un vivo stupore, un brivido, una commozione simile a quella che aveva provato mentre sbocciava. Gli pareva di riveder le stelle, di trovarsi ancora sulla montagna, di sentirsi, entro le mani di quell'uomo, ancora lieto e puro come entro la terra madre.
E tutto questo perché raccoglieva tra i suoi petali la lagrima di un uomo superbo.

(Grazia Deledda)

http://www.librizziacolori.it/5%20-%20flora/ciclamino.jpg (http://www.librizziacolori.it/5%20-%20flora/ciclamino.jpg)

melaniaprescott
03-10-06, 09:42
http://www.viaggio-in-germania.de/monaco-diario03.jpg (http://www.viaggio-in-germania.de/monaco-diario03.jpg)
I Girasoli di Van Gogh
Neue Pinakothek, München


"Forse saprai che la peonia è di Jeannin, l'altea appartiene a Quost, ma il girasole è in qualche modo mio ..." - (V.Van Gogh in una lettera al fratello Theo, gennaio 1889)
bellissimi davvero !

Liquid Sky
02-11-06, 23:32
...Intorno alla nostra capanna, crescevano sparsi, in piena laguna di sabbia torrida, impietosa, quegli strani fiorellini freschi e corti, verdi, rosa o porpora, che in Europa si vedono solo nei dipinti e su certe porcellane, sorta di convolvi primitivi e per niente sciocchi. Sopportavano la lunga spaventevole giornata chiusi sul gambo, e quando si aprivano la sera si mettevano a tremolare gentilmente sotto le prime brezze tiepide.
Un giorno che Alcide s'accorse che stavo facendo un mazzolino, mi avvertì: "Prendile se vuoi, ma non bagnarle, 'ste troiette, perchè le ammazzi...Sono fragilissime, mica come quei girasole che noi facevamo tirar su ai ragazzi della truppa a Rambouillet! Ci potevi pisciar sopra a quelli là!...Che si bevevano tutto! D'altronde, i fiori son come gli uomini...E più son grandi più son ciula!"

Céline - Viaggio al termine della notte

http://www.ispabis.it/web/site/assets/images/galleria/Fiori%20_nella%20_sabbia.jpg

tolomeo
08-11-06, 03:06
:D la stessa domanda che si farebbe un bambino di fronte ad una gigantesca, enorme scatola di cioccolatini :D
Certo che se avessi saputo prima della difficoltà della domanda me la sarei gustata in modo diverso...:p:p :D

Grazie per la dritta. :-01#73

Allora?
Hai ascoltato Delirio amoroso ? :confused:

Liquid Sky
09-11-06, 14:06
Allora?
Hai ascoltato Delirio amoroso ? :confused:


Non ancora, in zona non ci sono fornitori di musica decenti (:fru); se non vado a Milano la prox settimana lo prendo in rete.

tolomeo
13-11-06, 16:01
Vite importuna

O di malnata vite
Invide foglie avare,
Che la finestra, onde 'l mio sole appare,
Intempestive ombrate,
Importune velate;
Se pur Borea sfrondarvi empio non vòle,
Deh! perché non vi secca il mio bel sole?
O perché pur al foco
De' miei sospir non cadi e non t'incendi,
Vite crudel, che la mia vita offendi?

Liquid Sky
20-03-07, 22:43
"...Malgrado poi… l'amore
Potrebbe far fiorire
Il rosmarino e il mare
Sul davanzale..."

(Sergio Cammariere)

http://www.profumoterapia.it/images/foto_grandi/rosmarino.jpg

Liquid Sky
06-05-07, 11:46
"Compro persino i fiori quando sono in America, io che amo solo quelli finti perché non puzzano e non appassiscono»."

(Elisabetta Canalis) (http://www.corriere.it/Primo_Piano/Spettacoli/2007/05_Maggio/02/elisabetta_canalis_max.shtml)

Liquid Sky
24-07-07, 22:13
Alberi

Alberi,
eravate frecce
cadute dall'azzurro?
Che terribili guerrieri vi scagliarono?
Sono state le stelle?
Le vostre musiche vengono dall'anima degli uccelli,
dagli occhi di Dio,
da una perfetta passione.
Alberi!
Le vostre radici rozze si accorgeranno
del mio cuore sotto terra?

(F. Garcia Lorca)


http://www.lunario.com/docs/Lunaria/Miraldo/opere/alberi.jpg (http://www.lunario.com/docs/Lunaria/Miraldo/opere/alberi.jpg)

Liquid Sky
24-07-07, 22:36
Tu non sai..
ci sono betulle che di notte
levano le loro radici,
e tu non crederesti mai
che di notte gli alberi camminano o diventano sogni.
Pensa che in un albero c'è un violino d'amore.
Pensa che un albero canta e ride.
Pensa che un albero sta in un crepaccio e poi diventa vita.
Te l'ho già detto..
i poeti non si redimono,
vanno lasciati volare tra gli alberi
come usignoli pronti a morire…

(Alda Merini)

http://farm1.static.flickr.com/5/5305953_177436a0c1.jpg (http://farm1.static.flickr.com/5/5305953_177436a0c1.jpg)

Liquid Sky
06-11-07, 23:17
La tragedia delle foglie

Mi destai alla siccità e le felci erano morte,
le piante in vaso gialle come grano;
la mia donna era sparita
e i cadaveri dissanguati delle bottiglie vuote
mi cingevano con la loro inutilità;
c'era ancora un bel sole, però,
e il biglietto della padrona ardeva d'un giallo caldo
e senza pretese; ora quello che ci voleva
era un buon attore, all'antica, un burlone capace di scherzare
sull'assurdità del dolore; il dolore è assurdo
perché esiste, solo per questo;
sbarbai accuratamente con un vecchio rasoio
l'uomo che un tempo era stato giovane e,
così dicevano, geniale; ma
questa è la tragedia delle foglie,
le felci morte, le piante morte;
ed entrai in una sala buia
dove stava la padrona di casa
insultante e ultimativa,
mandandomi all'inferno,
mulinando i braccioni sudati
e strillando
strillando che voleva i soldi dell'affitto
perché il mondo ci aveva tradito
tutt'e due.

(Charles Bukowski)


http://www.4freephotos.com/images/u2/Barbed-wire-in-a-tree787.jpg

Liquid Sky
10-11-07, 16:50
https://shard2.1stdibs.us.com/archivesE/art/upload/75/2666/Garduno_AbrazodeLuz.jpg

Flor Garduño - Abrazo de luz, Messico, 2000

https://s-media-cache-ak0.pinimg.com/736x/46/17/46/461746297424d8708dbd1a672f3363c3.jpg

Flor Garduño - Basket of Light, 1989/1993

Liquid Sky
07-01-08, 23:47
Lo studio era impregnato dell'intenso odore delle rose, e quando la leggera brezza estiva frusciava tra gli alberi del giardino, fluiva dal vano dell'entrata il greve odore del lillà o il più delicato profumo dell'eglantina.

Oscar Wilde, Il ritratto di Dorian Gray


http://farm2.static.flickr.com/1388/1459662309_41e3679541.jpg?v=0
Foto di Pomponio Leto

Liquid Sky
08-01-08, 00:22
http://img473.imageshack.us/img473/3512/delireh4.jpg


Dovrebbe arrivarmi con la prossima spedizione di libri (se non si perdono il pacco...:fru)...

Liquid Sky
08-01-08, 12:52
Consiglio

Cingi di grandi muri chi ti sogni.
Quindi, dove è visibile il giardino
attraverso il portone dalla grata cortese,
poni tutti i fiori più allegri,
perché ti conoscano soltanto così.
Ove nessuno lo vede non porre più nulla.

Traccia aiuole come quelle degli altri,
dove gli sguardi possano intravedere
il tuo giardino come glielo mostri.
Ma dove è tuo, e mai nessuno lo vede,
lascia crescere i fiori che spuntano da terra
e lascia crescere i fiori che spuntano da terra
e lascia sorgere le erbe naturalmente.

Fa di te un doppio essere custodito;
e che nessuno, che veda e fissi, possa
conoscere più di un giardino cui tu sei:
un giardino ostensivo e riservato,
dietro il quale il fiore spontaneo carezza
l’erba sì povera che neppure tu la vedi…(Fernando Pessoa)

http://a4.l3-images.myspacecdn.com/images02/144/9f1757ea90344eb1970e9060b5bf7d8b/l.jpg

DanieleP.92
28-01-08, 01:21
adoro i fiori

Liquid Sky
19-02-08, 10:45
Qual è l’importanza dei fiori?

Morrissey: "Sono simbolici, per almeno tre motivi. Li abbiamo introdotti come antidoto quando abbiamo suonato alla Hacienda; quel posto è così sterile e disumano. Volevamo un po’ di armonia con la Natura. E anche mostrare un po’ di ottimismo a Manchester. Manchester è una città ancora semi-paralizzata, e la paralisi include anche la Factory…"

link (http://internationalplaygirl.splinder.com/archive/2005-01)

http://40.media.tumblr.com/26f4f7afb09893ea6f5ea2badf8cdec7/tumblr_mic0zvPQEM1qgzavro1_500.jpg

(Grazie a Catartica per lo spunto)

tolomeo
27-02-08, 01:36
Dovrebbe arrivarmi con la prossima spedizione di libri (se non si perdono il pacco...:fru)...

è arrivato, alla fine ?

Liquid Sky
27-02-08, 01:39
è arrivato, alla fine ?arrivato. :)
L'ho ascoltato più volte, ad orecchio mi piace molto, ma credo di essere troppo inesperta per saperlo apprezzare davvero fino in fondo, e questo mi dispiace...

Melusina
02-03-08, 13:44
Tante foreste.

Tante foreste strappate alla terra
e massacrate
distrutte
rotativizzate.
Tante foreste sacrificate per la pasta da carta
di miliardi di giornali che attirano annualmente
l'attenzione dei lettori sui pericoli del disboscamento
delle selve e delle foreste.

Da:
Jaques Prévert - Storie ed altre storie - Ed. Feltrinelli

Liquid Sky
09-03-08, 10:39
https://www.youtube.com/watch?v=6aSXr150A-4
Depeche Mode - Enjoy the silence 2004
Regia: Uwe Flade

tolomeo
15-03-08, 01:30
arrivato. :)
L'ho ascoltato più volte, ad orecchio mi piace molto, ma credo di essere troppo inesperta per saperlo apprezzare davvero fino in fondo, e questo mi dispiace...

beh, continua ad ascoltarlo. fallo ascoltare ai tuoi figli, soprattutto la piccina: hanno l'orecchio per la lingua "musica" molto più predisposto che per la lingua italiana. fallo ascoltare anche alle piante: vedrai. :D
è la magia del contrappunto, dell'armonia canonica e della melodia geniale. :D

Liquid Sky
15-03-08, 01:42
c'è il trucco, vero? Sono un po' offuscata e non lo colgo...:i

tolomeo
15-03-08, 01:45
c'è il trucco, vero? Sono un po' offuscata e non lo colgo...:i

per una volta, nessun trucco. lo giuro.
:D

ho visto una tremenda e calma attenzione da parte dei bambini. secondo me è dovuta proprio al contrappunto, che non esiste più mella musica moderna. e la musica, lo sai, è un linguaggio. è un linguaggio celeste, dell'armonia degli astri. i bambini piccoli l'afferrano subito, più degli adulti, dall'orecchio corrotto. prova a metterlo su quando è un pò agitata e vedrai.

Liquid Sky
15-03-08, 09:25
per una volta, nessun trucco. lo giuro.
:D

ho visto una tremenda e calma attenzione da parte dei bambini. secondo me è dovuta proprio al contrappunto, che non esiste più mella musica moderna. e la musica, lo sai, è un linguaggio. è un linguaggio celeste, dell'armonia degli astri. i bambini piccoli l'afferrano subito, più degli adulti, dall'orecchio corrotto. prova a metterlo su quando è un pò agitata e vedrai.Ok...:D

Sì, è verissimo, la musica (un certo tipo di musica) ha un effetto miracoloso sui bambini, ho potuto constatarlo già quando le mie figlie erano in pancia...

Liquid Sky
22-03-08, 00:40
"...Eppure sentire
Nei fiori tra l'asfalto
Nei cieli di cobalto - c'è

Eppure sentire
Nei sogni in fondo a un pianto
Nei giorni di silenzio - c'è

un senso di te..."

(Elisa - Eppure sentire)

https://farm4.staticflickr.com/3561/3565467839_200933ca50.jpg

Liquid Sky
30-04-15, 20:06
L'albero m'è penetrato nelle mani,
La sua linfa m'è ascesa nelle braccia,
L'albero m'è cresciuto nel seno -
Profondo,
I rami spuntano da me come braccia.
Sei albero,
Sei muschio,
Sei violette trascorse dal vento -
Creatura - alta tanto - tu sei,
E tutto questo è follia al mondo.

(Ezra Pound)

Liquid Sky
30-04-15, 20:53
https://www.youtube.com/watch?v=a7hkkUeXR-k

Liquid Sky
01-05-15, 11:35
Massimo: La mia casa è sulle colline di Trujillo. Un posto molto semplice, pietre rosa che si scaldano al sole e un orto che profuma di erbe di giorno e di gelsomino la notte. Oltre il cancello c'è un gigantesco pioppo, fichi, meli, peri. Il terreno, Marco, è nero, nero come i capelli di mia moglie, vigne sui declivi a sud, olivi su quelli a nord, cavallini giocano con mio figlio che vuole essere uno di loro.

Marco Aurelio: Da quanto manchi dalla tua casa?

Massimo: 2 anni, 264 giorni e questa mattina.

(da "Il Gladiatore")

http://www.silenzio-in-sala.com/immagine_il-gladiatore_10184.jpg

Liquid Sky
01-05-15, 11:45
Che cos'è l'erba?
Mi chiese un bambino portandomene a piene mani;
come potevo rispondergli?
Non so meglio di lui che cosa sia.
Suppongo che sia lo stendardo della mia vocazione,
fatto col verde tessuto della speranza.
O forse è il fazzoletto del Signore,
un ricordo profumato lasciato cadere di proposito,
con la cifra del proprietario in un angolo
sicchè possiamo vederla e domandarci di chi può essere?
O forse l'erba stessa è un bambino,
il bimbo generato dalla vegetazione.
O un geroglifico uniforme che voglia dire,
crescendo tanto in ampi spazi che in strette fasce di terra,
fra bianchi e gente di colore, Canachi, Virginiani,
Membri del Congresso, gente comune,
io do loro la stessa cosa e li accolgo nello stesso modo.

(Canto di me stesso - Walt Whitman)

https://farm5.staticflickr.com/4036/4388228008_a7c61c9382_z.jpg

Liquid Sky
06-06-15, 09:56
"Poche miglia a sud di Soledad, il Salinas capita sotto le falde dei colli, dove scorre verde e profondo. L'acqua è anche tiepida, perchè è sgusciata sfavillando sulle sabbie gialle nel sole, prima di giungere alla stretta pozza. Su una riva del fiume i pendii dorati del contrafforte salgono dolcemente ai monti Gabilan forti e rocciosi; ma a valle l'acqua è orlata di piante: salici verdi e novelli ad ogni primavera, ingombre le forche dei rami bassi dal tritume della piena invernale, e sicomori dalle candide e screziate braccia penzolanti e dalle fronde arcuate dalla corrente."

(John Steinbeck - Uomini e topi)

http://www.zimbabweflora.co.zw/speciesdata/images/16/164690-2.jpg

Liquid Sky
27-07-15, 11:20
http://www.marcelproust.it/imagg/blanche_ritratto_proust.jpg

Jacques Émile Blanche
Ritratto di Marcel Proust
1892
Parigi, Musée d'Orsay

manihi
31-07-15, 09:52
http://www.katarte.it/wp-content/uploads/2013/12/August-Renoir.-Cogliendo-fiori-1875-olio-su-tela.jpg


August Renoir. Cogliendo fiori, 1875, olio su tela

manihi
31-07-15, 09:55
http://2.bp.blogspot.com/-iCt-ucZ8MDU/TW-STfIrfMI/AAAAAAAAGn0/rwUvlI8wyQk/s800/Guglielmo%2BSiega%2B24.jpg

GUGLIELMO SIEGA è nato a Milano il 26 ottobre 1935, è entrato nel mondo dell’arte fin da ragazzo. Ad iniziarlo fu il pittore, amico di famiglia, Daniele Fontana. Ha poi frequentato i corsi di pittura all’Accademia di Brera e quelli della Scuola Superiore del Castello Sforzesco in Milano. Nel 1953 esegue il suo primo affresco ad Arenzano in Liguria. Attualmente vive a Tradate ed opera a Castiglione Olona (Varese)

Liquid Sky
28-08-16, 10:41
http://www.gustav-klimt.com/images/paintings/The-Park.jpg

Gustav Klimt - The Park, 1909

Liquid Sky
02-09-16, 09:53
A est e a ovest delle mura di Luoyang
A lungo saluto il tempo che passa.
Prima se n'è andata la neve che pareva fiori,
Ora vengono i fiori che sembrano neve.
(Fan Yun)

https://s5.postimg.io/7lvuovskn/8851905236_2f9505a363_k.jpg

Liquid Sky
03-09-16, 07:41
There is unrest in the forest,
There is trouble with the trees,
For the maples want more sunlight
And the oaks ignore their pleas.
The trouble with the maples,
(And they're quite convinced the're right)
They say the oaks are just too lofty
And they grab up all the light.
But the oaks can't help their feelings
If they like the way they're made.
And they wonder why the maples
Can't be happy in their shade.
There is trouble in the forest,
And the creatures all have fled,
As the maples scream `Oppression`
And the oaks, just shake their heads
So the maples formed a union
And demanded equal rights.
"The oaks are just too greedy;
We will make them give us light."
Now there's no more oak oppression,
For they passed a noble law,
And the trees are all kept equal
By hatchet, axe, and saw.
(♫ Rush - The Trees)


https://www.youtube.com/watch?v=JnC88xBPkkc

Liquid Sky
07-09-16, 08:37
http://cultura.regione.emilia-romagna.it/multimedia/foto/beni-culturali/mar-caravaggio/24-R.Guttuso-%20Passeggiata%20in%20giardino%20a%20Velate.jpg/image

Renato Guttuso - Passeggiata in giardino a Velate, 1983
olio su tela, cm 121x149,
Varese, Fondazione Francesco Pellin