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Visualizza Versione Completa : 21 - Schifo, protesto col Messaggero: denigra l'inno "Fratelli d'Italia"



Rick Hunter
29-09-05, 03:54
di RAFFAELE SIMONE
IN AUSTRIA si parla con insistenza dell'opportunità di ritoccare il testo dell'inno nazionale. Sebbene le parole siano state scritte da una donna (la poetessa Paula Preradovic), qualcuno lo trova maschilista, coi suoi appelli a imperatori, eroi e guerrieri, e suggerisce di renderlo più mite e sfumato, insomma più politicamente corretto.
Si sa che gli inni della maggior parte dei paesi d'Europa sono nati nell'epoca dei moti indipendentistici dell'Ottocento: è quindi naturale che parlino di popoli liberati, di oppressori pestati e messi in fuga, di vittorie e di sangue. Ma forse, nello spirito della nuova (e ancora monca) Costituzione europea, sarebbe davvero opportuna una revisione generale degli inni (salvo, forse, “la Marsigliese”, l'unico che abbia una rinomanza internazionale) che si ispirasse ai nuovi ideali (o almeno ai nuovi slogan) dell'Unione.
Quello italiano, ad esempio, com'è dal punto di vista della “correttezza politica”? La domanda è più complicata di quel che appare, anzitutto perché per giudicare un testo bisognerebbe conoscerlo. Sappiamo tutti invece che il nostro “Fratelli d'Italia” (1847) è ignoto ai più, di certo ai calciatori della Nazionale, che lo sostituiscono platealmente con una specie di scat , neppure tanto appropriato come ritmica. Il nostro inno, bruttino come musica (Novaro non era Mozart!) e tremendo come versi, ha bisogno non solo di una ristrutturazione linguistica ma anche di una revisione ideologica. Infatti è (sia detto con tutto il rispetto) una spettacolare raccolta di “scorrettezze politiche”, che, se solo il testo fosse conosciuto, potrebbe dare ai nervi a diverse categorie d'italiani, e anche (diciamolo) di stranieri.
Vediamo da vicino. Anzitutto si asserisce che la vittoria è “schiava di Roma”, il che, oltre che essere piuttosto di cattivo gusto, è purtroppo anche storicamente falso. È insistente poi l'affermazione “siam pronti alla morte” dato che “Italia chiamò”. Essere pronti alla morte per checchessia sembra oggi un obiettivo poco condiviso, salvo che da vituperate frange di fondamentalisti: nessuno nella tradizione italiana ha mai davvero teorizzato la morte come principio politico, tolti alcuni gruppi fascisti, che però si limitavano ad annunciarla a parole.
Nel testo appare poi l'auto-denigrazione, nefasto vezzo italico, che ci spinge a parlar male di noi anche dinanzi a estranei: “Noi siamo da secoli / Calpesti, derisi, / Perché non siam popolo, / Perché siam divisi”. Nessuno oggi avrebbe la faccia di descriversi come “calpesto e deriso”, dato che il bon ton impone semmai di fare sfoggio della propria fitness dicendo che “in Italia tutto va bene”. Troviamo anche un'aspirazione unitaria che oggi (tra federalismo di varia lega e devoluzione) sembra molto indebolita: “Raccolgaci un'unica / Bandiera, una speme: / Di fonderci insieme”. C'è poi l'ammiccamento al forte legame politica e Chiesa: “l'Unione, e l'amore / Rivelano ai Popoli / Le vie del Signore”. C'è un involontario e sgradevole ammiccamento al Ventennio: “I bimbi d'Italia / Si chiaman Balilla”.
E alla fine c'è ricca materia per una raffica di potenziali crisi internazionali. Sono versi che pochissimi conoscono (stanno in fondo, dove quasi nessuno arriva), ma che richiedono un'immediata riforma: “Già l'Aquila d'Austria / Le penne ha perdute. // Il sangue d'Italia, / Il sangue Polacco, / Bevé, col cosacco, / Ma il cor le bruciò”. A parte la sconsolante modestia dei versi, russi e austriaci (senza parlare dell'etnia cosacca) avrebbero mille motivi per risentirsi. L'immagine di popoli che, sia pure spennacchiati, bevono il sangue degli altri (anche se per farsi poi bruciare il cuore) non è proprio il massimo per le buone relazioni internazionali.
In conclusione, e lasciando da parte gli scherzi, non sarebbe davvero male se, tra i tanti concorsi per architetti che si fanno in Italia, si lanciasse un concorso vero e serio per poeti e musicisti, per dare al paese un inno moderno, sensato, condiviso, e se possibile anche bello.


Ho deciso di inviare una vibrante lettera di protesta al Messaggero, visto che il direttore si permette di mettere in prima pagina questo stronzo. Immaginatevi la mia faccia allibita quando mi è capitato sottomano il giornale di ieri. Invito anche voi a fare altrettanto.


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prioritaria@ilmessaggero.it




Esimio direttore, le scrivo da lettore abituale del Messaggero quale sono, e le faccio i miei complimenti per il costo contenuto, le informazioni puntuali, e l'ottima cronaca cittadina che viene fatta per la mia città, Ancona.
Devo però protestare energicamente per l'articolo, pubblicato addirittura in prima pagina (!) di Raffaele Simone, "Mettete anche le donne negli inni nazionali", del 27 settembre scorso.
Ho sempre considerato il Messaggero un giornale profondamente imparziale, privo di chiare connotazioni politiche non fossero quelle del libero pensiero. Ora in base a questo io capisco che tutti i vostri redattori, anche quelli più politicamente schierati, abbiano il diritto di scrivere, anche assurdità. Ma ciò non deve inficiare la realtà dei fatti, ne tanto meno dare per scontate, come dell'intera nazioni, determinate posizioni politiche del singolo giornalista.
Ho trovato l'articolo aberrante, mi consenta il termine, di fatto carico di insulti al nostro Inno Nazionale, il quale sarebbe brutto, non in rima, musicato male, di cattivo gusto, politicamente scorretto, e chi più ne ha più ne metta. Fa allusioni a presunte crisi internazionali che potrebbe provocare, quando qualunque persona colta sa che le relazioni internazionali sono basate unicamente dai fatti, e dal comportamento di un governo rispetto ad altri.
Termina infine blaterando di concorso "vero" (chissà perchè sento spesso questa parola abusata, quasi che tutto ciò non faccia comodo, o sia contro i propri personalissimi principi sia "falso"), per poeti e musicisti, quando sappiamo bene quale di quale risma siano poeti e musicisti contemporanei del resto. Per inciso, io non cambierei l'Inno di Mameli per nulla al mondo, l'Inno della nostra Indipendenza, del nostro Risorgimento verso lo straniero, ma certo non lo cambierei per un inno all'arcobaleno come lo vorrebbe il vostro articolista.
Il signor Simone poi, potrebbe rileggersi la storia, la nostra dura storia, di 14 secoli di servaggio verso lo straniero, forse gli verrebbe in mente il motivo di quel “Noi siamo da secoli / Calpesti, derisi, / Perché non siam popolo, / Perché siam divisi”, e forse gli verrebbe in mente che i balilla erano tutto tranne che fascisti quando Mameli scrisse l'inno. C'è un involontario e sgradevole ammiccamento al Ventennio: “I bimbi d'Italia / Si chiaman Balilla”; questa frase fa semplicemente ridere, mi domando se il signor Simone consideri anche Machiavelli un ammiccante al fascismo, o magari protofascista.
Quindi non venga a parlare proprio lui, dopo un articolo del genere di nefasto vezzo italico di auto-denigrazione, visto che lui mi sembra il primo a farlo.
Se poi per talune persone è denigrante parlare di Patria, anzichè di pace può anche essere lecito e legittimo, ma si lasci in pace la nostra amata nazione, per quel poco di sentimento nazionale che ancora le rimane, e le impedisce di andare in frantumi regalando un pò di terre ai vari nostri vicini (le sembrerà assurdo ma molti sarebbero ben felici di cedere territori, sembra assurdo anche a me in effetti, ma tant'è), e fare del resto il mosaico preunitario.
In tempi come questi poi certe espressioni antiitaliane sono assolutamente evitabili, a mio parere.
Sono sempre stato di sentimenti liberal-nazionali, e mi duole il cuore vedere come ogni amor patrio venga ricondotto al fascismo, quasi per lanciare un anatema e tacitare lo sventurato di turno, ma di fronte a certi articoli, sbattuti in prima pagina, e dichiratamente di parte, poichè la nazione non la danno le bandiere iridate, ne gli appelli, ancorchè musicati, alla pace; sento in me, come Italiano, il dovere di insorgere con le uniche armi di cui dispongo; il mio pensiero e la penna.
Grazie per la sua cortese attenzione.



Lettera firmata

Rick Hunter
29-09-05, 04:26
http://ilmessaggero.caltanet.it/view.php?data=20050927&ediz=01_NAZIONALE&npag=1&file=SIMONE.xml&type=STANDARD

Conterio
29-09-05, 09:08
Tutto il criterio risponde alla logica della globalizzazione.

Questo RAFFAELE SIMONE, burattino di turno di chi "invisibilmmente" tira le fila ... non si accorge che anche il lisciare spigoli, aggiungere le donne, eliminare gli antichi richiami o re-inventare la storia nella regola della pace forzata e del vogliamoci tutti bene (cultura tipicamente di sinistra), risponde in fondo alle LEGGI dettate dalla globalizzazione, ultimamente imposte dalle Multinazionali.
Abbiamo così inconsapevolmente migliaia di persone che pensano di combattere questa forma di nuovo schiavismo coloniale (la globalizzazione), comportandosi in modo dal favorirla, lavorando per eliminare differenze.
Allo stesso tempo, chi convintamente appoggia questo nuovo incubo stando però fuori dalla stanza dei bottoni, non si accorge di perdere la sua identità, come il Comunismo prima maniera imponeva !

Io ritengo, che gli inni nazionali, specie quelli che derivano da periodi di grossi contrasti come il nostro Risorgimento, siano un baluardo a questo pasticcio imposto, e quindi vanno difesi a spada tratta, a costo di sembrare antiquati.
Se devo obligatoriamente "slavare" ogni mia particolarità, anche dall'inno nazionale per apparire più buono, più moderno, più performmante oppure ...scusatemi l'espressione più IPOCRITA, tanto vale adottare dietro svolgimento di referendum (debitamente taroccato come nel 1946) "la Marsigliese", se non altro, è un testo "ORIGINALE" e non un surrogato momentaneamente alla moda !

Saluti

Fante d'Italia
29-09-05, 15:40
Premetto d'aver letto solo l'articolo sul Messaggero e non (ancora) il testo della lettera al direttore (con la "d" minuscola), per cui potrei riprendere e ripetere senza volere alcuni argomenti.

Quel testo e il classico pezzo di un giornalismo asservito e, soprattutto, ignorante nel più sprezzante senso della parola. Un giornalismo manipolatore della cultura e della Storia tendente a indottrinare faziosamente a dispetto delle reali radici storico-culturali. Un esempio evidente è quello del Balilla "ammiccamento al ventennio"! Roba da matti! Sopprimiamo allora, dai testi e dalla memoria, le immagini e riferimenti alla Storia di Roma perchè tali insegne vennero in parte riprese dal Fascismo.
Quell'imbecille vorrebbe cancellare migliaia di anni di Storia, di sofferenza, di speranze e di lotte per farci forzosamente dimenticare una breve parentesi durata appena vent'anni.
Se ne infischia del fatto che per concellare il ricordo di un errore, mistifichi e neghi i sentimenti, l'orgoglio e il sacrificio dei quali, e solo dei quali, abbiamo ogni ragione di cantare nell'inno.

Chissà se un giorno verrà istituita una corte di giustizia per giudicare i crimini del giornalismo!

Conterio
30-09-05, 09:19
In Origine postato da Fante d'Italia


Chissà se un giorno verrà istituita una corte di giustizia per giudicare i crimini del giornalismo!

MA basterebbe che i giudici ordinari, si comportassere secondo quanto voluto dalla Legge, invece di comportarsi secondo il vento che tira !

Saluti

Fante d'Italia
01-10-05, 09:15
Pensate che su questo stesso tema, postato nel forum della Destra moderata, c'è chi sostiene avere l'articolo un carattere ironico e quindi, in definitiva, critico verso chi ne vuole la manipolazione.
Dubito.
O meglio, non dubito per niente che esso sia ciò che è: un ulteriore micidiale colpo repubblicano ai simboli identitari ed unitari degli Italiani.

Rick Hunter
01-10-05, 21:33
In Origine postato da Fante d'Italia
Pensate che su questo stesso tema, postato nel forum della Destra moderata, c'è chi sostiene avere l'articolo un carattere ironico e quindi, in definitiva, critico verso chi ne vuole la manipolazione.
Dubito.
O meglio, non dubito per niente che esso sia ciò che è: un ulteriore micidiale colpo repubblicano ai simboli identitari ed unitari degli Italiani.

Quella persona è dichiaratamente di sinistra, non ha niente a che vedere con la Destra, ne storica, ne moderata, ne radicale.