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Augustinus
28-11-04, 15:21
Da dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 36-40

PRIMA DOMENICA DI AVVENTO

Questa Domenica, la prima dell'Anno Ecclesiastico, è chiamata, nelle cronache e negli scritti del medioevo, la Domenica Ad te levavi, dalle prime parole dell'Introito, oppure anche la Domenica Aspiciens a longe, dalle prime parole d'uno dei Responsori del Mattutino.

La Stazione [1] è a S. Maria Maggiore. È sotto gli auspici di Maria, nell'augusta Basilica che onora la Culla di Betlemme, e che perciò è chiamata negli antichi monumenti S. Maria ad Praesepe, che la Chiesa Romana ricomincia ogni anno il Ciclo sacro. Non era possibile scegliere un luogo più conveniente per salutare l'avvicinarsi della divina Nascita che deve finalmente allietare il cielo e la terra, e mostrare il sublime prodigio della fecondità d'una Vergine. Trasportiamoci con il pensiero in quell'augusto Tempio, e uniamoci alle preghiere che vi risuonano; sono le stesse preghiere che verranno esposte qui.

All'Ufficio notturno, la Chiesa comincia oggi la lettura del Profeta Isaia (VIII secolo a. C.), colui fra tutti che ha predetto con maggiore evidenza i caratteri del Messia, e continua tale lettura fino al giorno di Natale compreso. Sforziamoci di gustare gl'insegnamenti del santo Profeta, e l'occhio della nostra fede sappia scoprire con amore il Salvatore promesso, sotto i segni ora graziosi, ora terribili, con i quali Isaia ce lo dipinge.

Le prime parole della Chiesa, nel cuore della notte, sono le seguenti:

Il Re che sta per venire, il Signore, venite, adoriamolo!
Dopo aver compiuto questo supremo dovere di adorazione, ascoltiamo l'oracolo di Isaia che ci viene trasmesso dalla santa Chiesa.

Qui comincia il libro del Profeta Isaia [2].
Visione ch'ebbe Isaia, figlio di Amos, intorno a Giuda e Gerusalemme ai tempi di Ozia, Iotam, Achaz ed Ezechia, re di Giuda.

Udite, o cieli, ascolta, o terra,
che parla il Signore:

"Dei figli ho ingranditi ed innalzati,
ed essi mi sono ribelli.

Conosce il bue il suo padrone
e l'asino la greppia del suo possessore [3];

ma Israele non ha conoscenza,
il mio popolo non intende".

Ah! gente traviata,
popolo carico di colpe,
genia di malfattori,
figli snaturati,

che avete abbandonato il Signore,
spregiato il Santo d'Israele;
tralignaste a ritroso!

Perché attiravi nuovi colpi
persistendo nella rivolta?

Tutto piagato è il capo
e tutto languido il cuore.

Dalla pianta dei piedi sino alla testa
non c'è parte intatta [4],

ma contusione e lividura e fresca piaga,
non compresse né fasciate, né lenite con olio.

(Is 1,1-6)
Queste parole del santo Profeta, o meglio di Dio che parla per bocca sua, debbono destare una viva impressione nei figli della Chiesa, all'inizio del sacro periodo dell'Avvento. Chi non tremerebbe sentendo il grido del Signore misconosciuto, il giorno in cui è venuto a visitare il suo popolo? Egli ha deposto il suo splendore per non atterrire gli uomini; ad essi, lungi dal sentire la divina forza di Colui che si abbassa così per amore, non l'hanno conosciuto e la mangiatoia che egli ha scelto per riposarvi dopo la nascita non è stata visitata che da due animali senza ragione. Sentite, o cristiani, quanto amari sono i lamenti del vostro Dio? quanto il suo amore disprezzato soffre della vostra indifferenza? Egli prende a testimoni il cielo e la terra, scaglia l'anatema alla nazione perversa, ai figli ingrati. Riconosciamo sinceramente che fino ad ora non abbiamo compreso tutto il valore della visita del Signore, che abbiamo imitato troppo l'insensibilità dei Giudei, i quali non si commossero affatto quando egli apparve in mezzo alle loro tenebre. Invano gli Angeli cantarono nel cuore della notte, e i pastori furono chiamati ad adorarlo e a riconoscerlo; invano i Magi vennero dall'Oriente per chiedere dove fosse nato. Gerusalemme fu turbata un istante, è vero, alla notizia che le era nato un Re; ma ricadde tosto nella sua indifferenza, e non si occupò nemmeno del grande annunzio.

È così, o Salvatore! Tu vieni nelle tenebre, e le tenebre non ti comprendono. Oh! fa che le nostre tenebre comprendano la luce e la desiderino! Verrà il giorno in cui lacererai le tenebre insensibili e volontarie, con la terribile folgore della tua giustizia. Gloria a te in quel giorno, o Giudice supremo! Ma salvaci dalla tua ira, durante i giorni di questa vita mortale! Perché attirarvi nuovi colpi? - dici - Il mio popolo non è ormai più che una piaga. Sii dunque Salvatore, o Gesù! nella Venuta che noi aspettiamo. Tutto piagato è il capo e tutto languido è il cuore. Vieni a risollevare le fronti che la confusione e troppo spesso anche vili attaccamenti curvano verso terra. Vieni a consolare e ristorare i cuori timidi e abbattuti. E se le nostre piaghe sono gravi e indurite, vieni, tu che sei il caritatevole Samaritano, a effondere su di esse l'olio che fa sparire il dolore e ridona la salute.

Il mondo intero ti attende, o Redentore! Vieni e rivelati ad esso, salvandolo. La Chiesa, tua Sposa, comincia in questo momento un nuovo anno; il suo primo grido è un grido di angoscia verso di te; la sua prima parola è: Vieni! Le nostre anime, o Gesù, non vogliono più camminare senza di te nel deserto di questa vita. Si fa tardi: la sera s'avvicina, le ombre sono scese. Levati, o Sole divino; vieni a guidare i nostri passi, e salvaci dalla morte.

MESSA.

EPISTOLA (Rm 13,11-14). - Fratelli, riflettiamo che è già l'ora di svegliarsi dal sonno; perché la nostra salvezza è più vicina ora di quanto credemmo. La notte è inoltrata e il giorno si avvicina: gettiam dunque via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Viviamo onestamente, come di giorno; non nelle crapule e nelle ubriachezze; non nelle mollezze e nell'impudicizia; non nella discordia e nella gelosia; ma rivestiti del Signore Gesù Cristo.
Il Salvatore che aspettiamo è dunque la veste che coprirà la nostra nudità. Ammiriamo in questo la bontà del nostro Dio il quale, ricordandosi che l'uomo si era nascosto dopo il peccato, perché si sentiva nudo, vuole egli stesso servirgli di velo, e coprire tanta miseria con il manto della sua divinità. Siamo dunque preparati al giorno e all'ora in cui egli verrà, e guardiamoci dal lasciarci cogliere dal sonno dell'abitudine e della mollezza. La luce risplenderà presto; facciamo sì che i suoi primi raggi rischiarino la nostra giustizia, o almeno il nostro pentimento. Se il Salvatore viene a coprire i nostri peccati affinché non appaiano più, noi almeno distruggiamo nei nostri cuori ogni affetto a quegli stessi peccati; e non sia mai detto che abbiamo rifiutato la salvezza. Le ultime parole di quest'Epistola caddero sotto gli occhi di sant'Agostino quando egli, spinto da lungo tempo dalla grazia divina a consacrarsi a Dio, volle obbedire alla voce che gli diceva: Tolle, lege; prendi e leggi. Esse decisero la sua conversione; egli risolse d'un tratto di romperla con la vita dei sensi e di rivestirsi di Gesù Cristo. Imitiamo il suo esempio in questo giorno: sospiriamo ardentemente la cara e gloriosa divisa che presto sarà messa sulle nostre spalle dalla misericordia del nostro Padre celeste, e ripetiamo con la Chiesa le commoventi suppliche con le quali non dobbiamo temere di affaticare l'orecchio del nostro Dio.

VANGELO (Lc 21,25-33). - In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: Vi saranno dei segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra costernazione delle genti spaventate dal rimbombo del mare e dei flutti; gli uomini tramortiranno dalla paura nell'aspettazione delle cose imminenti a tutta la terra; perché le potenze dei cieli saranno sconvolte. E allora vedranno il Figlio dell'uomo venire con grande potenza e gloria sopra le nubi. Or quando cominceranno ad avvenire queste cose, alzate il vostro capo e guardate in alto, perché la redenzione vostra è vicina. E disse loro una similitudine: Osservate il fico e tutte le altre piante. Quando le vedete germogliare, voi sapete che l'estate è vicina. Così pure quando vedrete accadere tali cose sappiate che il regno di Dio è vicino. In verità vi dico, che non passerà questa generazione avanti che tutto ciò s'adempia. Cielo e terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.
Dobbiamo dunque aspettarci di veder giungere d'improvviso la tua terribile Venuta, o Gesù! Presto tu verrai nella tua misericordia per coprire le nostre nudità, come veste di gloria e d'immortalità; ma tornerai un giorno, e con sì terrificante maestà che gli uomini saranno annientati dallo spavento. O Cristo, non perdermi in quel giorno d'incenerimento universale. Visitami prima nel tuo amore. Voglio prepararti la mia anima. Voglio che tu nasca in essa, affinché il giorno in cui le convulsioni della natura annunceranno il tuo avvicinarsi, possa levare il capo, come i tuoi fedeli discepoli che, portandoti già nel cuore, non temevano affatto la tua ira.

PREGHIAMO

Risveglia, Signore, la tua potenza e vieni; affinché meritiamo d'essere sottratti colla tua protezione e salvati col tuo aiuto dai pericoli che ci sovrastano a causa dei nostri peccati.
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NOTE

[1] Le Stazioni segnate nel Messale romano per alcuni giorni dell'anno, designavano un tempo le chiese in cui il Papa, accompagnato dal clero e da tutto il popolo, si recava in processione per celebrarvi la messa solenne. Questa usanza risale senza dubbio al IV secolo; esiste ancora oggi in certa misura e le Stazioni vi si continuano a tenere, benché con minor pompa e minor concorso di popolo, in tutti i giorni segnati nel Messale.

[2] La traduzione dei brani tratti da Isaia è quella eseguita sul testo originale ebraico a cura del Pontificio Istituto Biblico di Roma (Salani, Firenze, 1953), riprodotta per gentile concessione dell'Editore.

[3] "Israele ha meno intelletto degli animali senza ragione. Questi conoscono il loro padrone. Israele non riconosce il proprio Dio e Benefattore. Questo versetto è spesso usato per descrivere l'accecamento dei Giudei che hanno respinto il loro Messia. D'altra parte esso ha contribuito a creare l'antica tradizione della nascita di Gesù tra due animali, il bue e l'asino" (Tobac, Les Prophètes d'Israel, 2, 16).

[4] "Il Profeta descrive lo stato di Giuda colpito dal castigo: egli è simile a un ferito tutto coperto di piaghe. La Chiesa applica questo versetto al Messia, 'trafitto a causa dei nostri delitti', Is 53,5)" (Tobac, op. cit., 17).

Augustinus
28-11-04, 15:24
Sermo in dom. 2, Adventus. Opera omnia, Monsterolii, 1980, t. I, 20-24.

Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzate e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina.

Se riandiamo a quel che nel vangelo precede queste parole, vediamo il Signore annunciare vari segni della fine del mondo: sono presagi tristi e gravidi di calamità. Perciò egli lascia anche parole di conforto ai suoi amici di elezione, scontenti del mondo; annuncia loro che è prossima la liberazione: essi non periranno nella conflagrazione universale, anzi cesseranno per loro schiavitù, pene, gravami, e ogni genere di afflizione. In quel giorno, Dio tergerà ogni lacrima dagli occhi dei suoi santi, perché spariranno i lutti, il dolore, i gemiti, la morte e tutte le altre tristezze del passato.

Gesù consola i suoi discepoli assicurando che il profilarsi di eventi catastrofici significherà l'avvicinarsi della salvezza. Egli però vuole anche incutere terrore negli scellerati e avvertirli che quegli sconvolgimenti segneranno la fine del loro benessere. Sarà il crollo di tutto ciò su cui avevano riposto la propria fiducia, l'inizio di una desolazione e di una angoscia destinate a durare in eterno.

Le croci degli uomini sono molteplici e varie, specialmente quelle che non appaiono all'esterno. Comunque sia, il Signore predice ai suoi discepoli: La vostra liberazione è vicina. Quasi a dire: Il vostro cuore non sarà sempre in angustie, l’odio del mondo contro di voi o le derisioni e le ingiurie dei suoi adepti non dureranno in eterno.

Quando vedrete avvicinarsi la fine del mondo, abbandonatevi pure alla gioia: sta ormai spuntando il termine dell'esilio e delle vostre calamità. Alzate il capo, ravvivate la speranza, perché è vicina la vostra liberazione. Si spezzeranno le catene della prigionia e apparirà la patria che bramate. Figli miei, perché mai, prigionieri ed esiliati come siamo quaggiù, noi amiamo la prigionia e l'esilio? Perché siamo così riluttanti ad abbandonare la terra?

Per chi ama Dio, la partenza da questo mondo apparirà come redenzione, libertà, pace e sicurezza. Invece la vita presente è schiavitù, dolore, fatica, afflizione di spirito. Beati gli oppressi, davvero beati gli afflitti che non si lasciano mai sconvolgere di fronte alla sconcertante malvagità di questo mondo: essi hanno imparato a possedere se stessi mediante la speranza.

Innalzare giorno e notte al Padre celeste preghiere e invocazioni, bussare alla sua porta supplicandolo che ci accolga un giorno presso di sé: ecco il nostro mestiere di creature. Questo desiderio deve starci profondamente a cuore, radicato nel fondo dell'animo; deve essere così continuo, incalzante e veemente che qualsiasi cosa succeda attorno a noi non ci tocchi più. Non baderemo se il mondo ci esalta o ci abbassa, ci odia o ci ama.

Non è più la nostra parte lottare in difesa del proprio onore, accapigliarsi per i soldi, neppure sentirsi soddisfatti per effimere mète raggiunte. Invece attendiamo in silenzio l'avvento di Cristo, protesi all'ascolto del Precursore che dice: Ecco lo Sposo, andategli incontro!

Quanto sono beati quelli che ascoltano questo annuncio con una gioia permeata di certezza. Le dieci vergini, delle quali cinque erano sagge e cinque stolte, simboleggiano tutti noi di quaggiù. Capiterà a ognuno di udire nel mezzo della notte - l'ora appunto in cui meno ce l'aspettiamo - Ecco lo Sposo, andategli incontro! A quella voce gli uni tremeranno, gli altri esulteranno.

Vuoi gioire anche tu quando Cristo verrà? Sii buono e fedele, e l'avvento del Signore ti rallegrerà. Molto tempo è passato da quando Cristo, fattosi uomo, venne sulla terra. Eppure deve ancora compiersi la sua seconda venuta, quando egli verrà a giudicarci all'ora della nostra morte.

Vi è infine una terza venuta del Signore: quella che avviene nell'intimo dell'uomo. È un evento irrinunciabile; senza di esso, che Cristo si sia incarnato e abbia vissuto sulla terra non serve proprio a nessuno. Per chi non accoglie Cristo nel suo cuore, l'incarnazione di Dio non sarà la salvezza ma la condanna. Non valersi dei doni divini e ripagarli con l'ingratitudine, fa precipitare nella rovina. Questa terza venuta del Signore si compie ogni giorno. Ogni giorno egli bussa al nostro cuore per entrarvi e ogni giorno noi dobbiamo preparargli una dimora.

Svegliatevi, dunque, figlioli, perché è ormai tempo di destarsi dal sonno. Non c'è più da indugiare nell'attesa; in questo stesso istante dobbiamo distogliere dal peccato il cuore, la mente, tutte le energie spirituali e corporali, per volgerle a Dio.

Oggi stesso cominciamo a correggerci, perché non è garantito che domani siamo ancora in vita. Oggi sorgiamo dal sonno, cambiamo rotta dirigendoci verso Dio e prepariamo la dimora al Signore che viene.

Augustinus
28-11-04, 15:27
Cat. 15, 1. 3; PG 33, 870-874

Noi annunziamo che Cristo verrà. Infatti non è unica la sua venuta, ma ve n'è una seconda, la quale sarà molto più gloriosa della precedente. La prima, infatti, ebbe il sigillo della sofferenza, l'altra porterà una corona di divina regalità. Si può affermare che quasi sempre nel nostro Signore Gesù Cristo ogni evento è duplice. Duplice è la generazione, una da Dio Padre, prima del tempo, e l'altra, la nascita umana, da una vergine nella pienezza dei tempi.
Due sono anche le sue discese nella storia. Una prima volta è venuto in modo oscuro e silenzioso, come la pioggia sul vello. Una seconda volta verrà nel futuro in splendore e chiarezza davanti agli occhi di tutti.
Nella sua prima venuta fu avvolto in fasce e posto in una stalla, nella seconda si vestirà di luce come di un manto. Nella prima accettò la croce senza rifiutare il disonore, nell'altra avanzerà scortato dalle schiere degli angeli e sarà pieno di gloria.
Perciò non limitiamoci a meditare solo la prima venuta, ma viviamo in attesa della seconda. E poiché nella prima abbiamo acclamato: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore» (MT 21, 9), la stessa lode proclameremo nella seconda. Così andando incontro al Signore insieme agli angeli e adorandolo canteremo: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore» (MT 21, 9).
Il Salvatore verrà non per essere di nuovo giudicato, ma per farsi giudice di coloro che lo condannarono. Egli, che tacque quando subiva la condanna, ricorderà il loro operato a quei malvagi, che gli fecero subire il tormento della croce, e dirà a ciascuno di essi: Tu hai agito così, io non ho aperto bocca (cfr. Sal 38, 10).
Allora in un disegno di amore misericordioso venne per istruire gli uomini con dolce fermezza, ma alla fine tutti, lo vogliano o no, dovranno sottomettersi per forza al suo dominio regale.
Il profeta Malachia preannunzia le due venute del Signore: «E subito entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate» (Ml 3, 1). Ecco la prima venuta. E poi riguardo alla seconda egli dice: «Ecco l'angelo dell'alleanza, che voi sospirate, ecco viene... Chi sopporterà il giorno della sua venuta? Chi resisterà al suo apparire? Egli è come il fuoco del fonditore e come la lisciva dei lavandai. Siederà per fondere e purificare» (Ml 3, 1-3).
Anche Paolo parla di queste due venute scrivendo a Tito in questi termini: «E' apparsa la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini, che ci insegna a rinnegare l'empietà e i desideri mondani e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo, nell'attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo» (Tt 2, 11-13). Vedi come ha parlato della prima venuta ringraziandone Dio? Della seconda invece fa capire che è quella che aspettiamo.
Questa è dunque la fede che noi proclamiamo: credere in Cristo che è salito al cielo e siede alla destra Padre. Egli verrà nella gloria a giudicare i vivi e i morti. E il suo regno non avrà fine.
Verrà dunque, verrà il Signore nostro Gesù Cristo dai cieli; verrà nella gloria alla fine del mondo creato, nell'ultimo giorno. Vi sarà allora la fine di questo mondo, e la nascita di un mondo nuovo.

Augustinus
18-12-05, 13:17
BENEDETTO XVI

ANGELUS

I Domenica di Avvento, 27 novembre 2005

Cari fratelli e sorelle!

Con l’odierna domenica inizia l’Avvento, un tempo di grande suggestione religiosa, perché intriso di speranza e di attesa spirituale: ogni volta che la Comunità cristiana si prepara a fare memoria della nascita del Redentore, avverte in se stessa un fremito di gioia, che si comunica in certa misura all’intera società. In Avvento il popolo cristiano rivive un duplice movimento dello spirito: da una parte, alza lo sguardo verso la meta finale del suo pellegrinare nella storia, che è il ritorno glorioso del Signore Gesù; dall’altra, ricordandone con emozione la nascita a Betlemme, si china dinanzi al Presepe. La speranza dei cristiani è rivolta al futuro, ma resta sempre ben radicata in un evento del passato. Nella pienezza dei tempi il Figlio di Dio è nato dalla Vergine Maria: "Nato da donna, nato sotto la legge", come scrive l’apostolo Paolo (Gal 4,4).

Il Vangelo ci invita oggi a restare vigilanti nell’attesa dell’ultima venuta di Cristo. "Vegliate!", dice Gesù, "poiché non sapete quando il padrone di casa ritornerà" (Mc 13,35.37). La breve parabola del padrone partito per un viaggio e dei servi incaricati di farne le veci pone in evidenza quanto sia importante essere pronti ad accogliere il Signore quando, all’improvviso, arriverà. La Comunità cristiana aspetta con ansia la sua "manifestazione", e l’apostolo Paolo, scrivendo ai Corinzi, li esorta a confidare nella fedeltà di Dio e a vivere in modo da essere trovati "irreprensibili" (cfr 1 Cor 1,7-9) nel giorno del Signore. Molto opportunamente, perciò, all’inizio dell’Avvento la liturgia ci pone sulle labbra l’invocazione del Salmo: "Mostraci, Signore, la tua misericordia, e donaci la tua salvezza" (Sal 84,8).

Potremmo dire che l’Avvento è il tempo in cui occorre che i cristiani risveglino nel loro cuore la speranza di potere, con l’aiuto di Dio, rinnovare il mondo. A questo proposito vorrei ricordare anche oggi la Costituzione del Concilio Vaticano II Gaudium et spes sulla Chiesa nel mondo contemporaneo: è un testo profondamente pervaso di speranza cristiana. Mi riferisco in particolare al n. 39, intitolato "Terra nuova e cielo nuovo". Vi si legge: "Sappiamo dalla rivelazione che Dio prepara una nuova abitazione e una terra nuova, in cui abita la giustizia (cfr 2 Cor 5,2; 2 Pt 3,13)… Tuttavia l’attesa di una terra nuova non deve indebolire, bensì piuttosto stimolare la sollecitudine nel lavoro relativo alla terra presente". I buoni frutti della nostra operosità li ritroveremo, infatti, quando il Cristo consegnerà al Padre il suo regno eterno e universale. Maria Santissima, Vergine dell’Avvento, ci ottenga di vivere questo tempo di grazia vigilanti e operosi nell’attesa del Signore.

Augustinus
09-12-06, 20:02
Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo, Re dell'Universo (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=74789)

Avvento - Tempo dell'attesa del Signore (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=133639)

II Domenica di Avvento (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=213994)

Augustinus
02-12-07, 11:00
SERMONE 1. - PER LA DOMENICA I. DELL'AVVENTO

Del giudizio universale.

Et videbunt Filium hominis venientem in nubibus coeli cum virtute multa et maiestate. (Matth. 24, 30)

Al presente Iddio non è conosciuto, e perciò è così disprezzato da' peccatori, come se Dio non potesse vendicarsi quando vuole delle ingiurie che gli son fatte: Et quasi nihil posset facere Omnipotens, aestimabant eum (Iob. 22, 17). Ma il Signore ha stabilito un giorno, chiamato nelle scritture Dies Domini, nel quale l'eterno giudice vorrà farsi conoscere per quel Signore che egli è: Cognoscetur Dominus iudicia facies (Psal. 9, 17). Su del qual testo scrisse poi s. Bernardo: Cognoscetur Dominus iustitiam faciens, qui nunc ignoratur misericordiam quaerens (L. de 12. Rad.). Quindi tal giorno si chiama Dies irae, dies illa, dies tribulationis et angustiae, dies calamitatis et miseriae (Soph. 1, 15). Andiamo pertanto considerando

Nel punto I. La comparsa diversa de' giusti e de' peccatori.

Nel II. L'esame delle coscienze.

Nel III. La sentenza per gli eletti e per i reprobi.

PUNTO I. Della diversa comparsa de' giusti e de' peccatori nella valle di Giosafatte.

Darà principio a questo giorno il fuoco che verrà dal cielo e brucerà la terra con tutti gli uomini che allora saranno vivi, e tutte le cose di questa terra: Terra et quae in ipsa sunt opera exurentur (2 Petr. 3, 10). Tutto ha da diventare un mucchio di cenere.

Morti che saranno gli uomini, suonerà la tromba, e tutti risorgeranno, come scrive l'apostolo: Canet enim tuba, et mortui resurgent (1 Cor. 15, 52). Dicea s. Girolamo (In Matth. cap. 5): Quoties diem iudicii considero, contremisco. Sive comedam sive bibam sive aliud faciam, semper insonare videtur auribus meis illa terribilis tuba: Surgite mortui, venite ad iudicium. E s. Agostino confessava che niuna cosa tanto lo rimovea da' pensieri terreni, quanto il timore del giudizio.

Al suono di quella tromba scenderanno dal cielo le anime belle dei beati ad unirsi coi loro corpi con cui han servito Dio in questa terra; e saliranno dall'inferno le anime infelici de' dannati a ripigliare quei corpi maledetti, coi quali hanno offeso Dio. Oh che diversa comparsa faranno gli uni dagli altri! I dannati compariranno deformi e neri come tanti tizzoni d'inferno; ed i beati risplenderanno come tanti soli: Tunc iusti fulgebunt sicut sol (Matth. 13, 43). Quanto si troveranno contenti allora quelli che colle penitenze hanno mortificati i loro corpi! Argomentiamolo da quel che disse s. Pietro d'Alcantara dopo la sua morte a s. Teresa: O felix poenitentia quae tantam mihi promeruit gloriam!

Risorti che saranno gli uomini, saran chiamati dagli angeli a comparire nella valle di Giosafatte per essere ivi giudicati: Populi, populi in vallem concisionis, quia iuxta est dies Domini (Ioel. 3, 14). Indi verranno gli angeli e divideranno i reprobi dagli eletti, collocando questi alla destra e quelli alla sinistra: Exibunt angeli et separabunt malos de medio iustorum. Oh la gran confusione che patiranno allora i miseri dannati! scrive l'autore dell'Opera imperfetta (Hom. 54): Quomodo putas impios confundendos, quando segregatis iustis, fuerint derelicti! Questa sola pena, dice il Grisostomo, basterebbe a fare il loro inferno: Et si nihil ulterius paterentur, ista sola verecundia sufficeret eis ad poenam (In Matth. c. 24). Il fratello sarà separato dal fratello, il marito dalla moglie, il figlio dal padre ec.

Ma ecco si aprono i cieli, vengono gli Angeli ad assistere al giudizio, e portano il segno della croce e gli altri segni della passione del Redentore, come scrive s. Tommaso l'angelico: Veniente Domino ad iudicium, signum crucis, et alia passionis indicia demonstrabunt (Opusc. 2. c. 244). Ciò si ricava da quel che scrisse s. Matteo (24, 30): Et tunc parebit signum Filii hominis in coelo et tunc plangent omnes tribus terrae. Piangeranno i peccatori al veder la croce; poiché, come scrive il Grisostomo, i chiodi si lagneranno di te, le piaghe e la croce di Gesù Cristo contro di te parleranno: Clavi de te conquerentur, cicatrices contra te loquentur, crux Christi contra te perorabit (Hom. 20, in Matth.).

Verrà ancora ad assistere al giudizio la regina de' santi e degli angeli Maria ss., ed in fine comparirà l'eterno giudice sopra le nuvole tutto splendori e maestà: Et videbunt Filium hominis venientem in nubibus coeli, cum virtute multa et maiestate (Matth. 24, 31). Oh qual pena apporterà a' reprobi la vista del giudice! A facie eius cruciabuntur populi (Ioel. 2, 6). Scrive s. Girolamo che la presenza di Gesù Cristo darà loro più pena che lo stesso inferno: Damnatis melius esset inferni poenas, quam Domini praesentiam ferre. Onde in quel giorno, come predisse s. Giovanni, essi diranno ai monti che loro cadano sopra, e li nascondano dalla vista del giudice adirato: Dicent montibus et petris: Cadite super nos, et abscondite nos a facie sedentis super thronum et ab ira Agni (Apoc. 6, 16.).

PUNTO II. Esame delle coscienze.

Iudicium sedit et libri aperti sunt (Dan. 7, 10). Si aprono i libri delle coscienze, e comincia il giudizio. Allora nulla resterà nascosto; dice l'apostolo che il Signore Illuminabit abscondita tenebrarum (1 Cor. 4, 5). Dio stesso dice per Sofonia (1, 12): Scrutabor Hierusalem in lucernis. Il lume della lucerna discopre ogni cosa nascosta.

Scrive s. Gioanni Grisostomo (Hom. 3. de Dav.): Terribile iudicium, sed peccatoribus, iustis autem optabile et suave: Il giudizio apporterà spavento a' peccatori, ma gioia e dolcezza ai giusti; poiché allora Iddio a ciascuno darà la lode che si ha meritata colle sue buone opere (1 Cor. 4, 5). Dice l'apostolo che gli eletti in quel giorno saranno sollevati in aria sopra le nubi per trovarsi cogli angeli a fare maggior corteggio al Signore: Rapiemur cum illis in nubibus obviam Christo in aera (1 Thess. 4, 16).

Quei mondani che ora chiamano pazzi i santi che vivono mortificati ed umiliati, allora confesseranno la propria pazzia, e diranno: Nos insensati vitam illorum aestimabamus insaniam, et finem illorum sine honore: ecce quomodo computati sunt inter filios Dei, et inter sanctos sors illorum est (Sap. 5, 4). In questo mondo si chiamano fortunati i ricchi, gli onorati, ma la vera fortuna è il farsi santo. Allegramente voi anime che menate una vita tribolata in questa terra: Tristitia vestra vertetur in gaudium (Ioan. 16, 20). Nella valle di Giosafatte starete in troni di gloria.

All'incontro i reprobi saran collocati alla sinistra come tanti capretti destinati al macello, ad aspettare la loro ultima condanna: Iudicii tempus, dice il Grisostomo misericordiam non recipit. Nel tempo del giudizio non v'è speranza di misericordia per i poveri peccatori. Scrive s. Agostino: Magna iam est poena peccati, metum et memoriam divini perdidisse iudicii (Serm. 20, de temp.): Questa è la maggior pena del peccato di coloro che vivono in disgrazia di Dio, il perdere il timore e la memoria del giudizio divino. Siegui, siegui pure, ostinato, a vivere in peccato, dice l'apostolo, che secondo la tua ostinazione ti troverai accumulato nel giorno del giudizio un tesoro dello sdegno di Dio: Secundum autem duritiam tuam et impoenitens cor thesaurizas tibi iram in die irae (Rom. 2, 5).

Allora, dice s. Anselmo, i peccatori non potranno nascondersi, ma saran costretti a comparire nel giudizio con pena insoffribile: Latere enim impossibile, apparere intolerabile. I demonj accusatori faranno il loro officio, e diranno al giudice, come scrive s. Agostino: Iudica, esse meum, qui tuus esse noluit. Testimoni saranno contro di essi per 1. le loro proprie coscienze: Testimonium reddente illis conscientia ipsorum (Rom. 2, 15). Per 2. le creature e le stesse mura di quella casa, dentro di cui han peccato, grideranno contro di loro: Lapis de pariete clamabit (Abac. 2, 11). Per 3. lo stesso giudice dirà: Ego sum iudex et testis dicit Dominus (Ier. 29, 23). Onde scrisse poi s. Agostino: Ipse erit iudex causae tuae, qui modo est testis vitae tuae (Lib. de 10. Chord. c. 2).

Specialmente dirà a' cristiani dannati, secondo quel che scrive s. Matteo (11, 21): Vae tibi, Corozain, vae tibi, Bethsaida, quia si in Tyro et Sidone factae essent virtutes, quae factae sunt in vobis, olim in cilicio et cinere poenitentiam egissent. Cristiani, dirà, se le grazie che ho fatte a voi le avessi fatte a' turchi o agli idolatri, quelli avrebbero fatta penitenza delle loro colpe; ma voi non avete dato fine ai vostri peccati se non colla morte. Ed allora farà palesi a tutti gli uomini le loro scelleraggini più nascoste: Revelabo pudenda tua in facie tua (Nahum 3, 5). Metterà in pubblico contro di essi tutte le loro laidezze, ingiustizie e crudeltà occulte: Ponam contra te omnes abominationes tuas (Ezech. 7, 3). Ogni reprobo porterà scritti in fronte i suoi peccati.

Quali giuste scuse potranno allora liberarli? Ma che scuse? Omnis iniquitas oppilabit os suum (Ps. 106, 42). Gli stessi peccati ottureranno loro la bocca, in modo che neppure avranno animo di scusarsi, e da loro stessi si condanneranno.

PUNTO III. Sentenza per gli eletti e per i reprobi.

Dice s. Bernardo (Ser. 8. in ps. 90) che prima si farà la sentenza per gli eletti, destinandoli alla gloria del paradiso, affinché i reprobi sentano maggior pena in veder quel che han perduto: Prius pronunciabitur sententia electis, ut acrius (reprobi) doleant videntes quid amiserint. Si volterà dunque Gesù Cristo prima agli eletti, e con volto sereno dirà: Venite benedicti Patris mei, possidete paratum vobis regnum a constitutione mundi (Matth. 25, 34). Benedirà loro tutte le lagrime sparse per dolore delle loro colpe e tutte le opere buone, orazioni; mortificazioni, comunioni; sopra tutto benedirà loro le pene della sua passione e il sangue sparso per la loro salute. E con tal benedizione gli eletti cantando alleluia, alleluia entreranno in paradiso a lodare ed amare Dio in eterno.

Si volterà poi il giudice verso i reprobi, e pronunzierà la loro condanna con quelle parole: Discedite a me maledicti in ignem aeternum (Matth. loc. cit. vers. 41). Saranno dunque maledetti, e con ciò separati da Dio, saran mandati ad ardere per sempre nel fuoco dell'inferno: Et ibunt hi in supplicium aeternum, iusti autem in vitam aeternam (Matth. 25, 46).

Dopo questa sentenza, dice s. Efrem, che i miseri saran costretti a licenziarsi dai parenti, dal paradiso, da' santi e dalla divina madre Maria: Valete iusti, vale crux, vale paradise: valete patres ac filii, nullum siquidem vestrum visuri sumus ultra; vale tu quoque Dei genitrix Maria (S. Efrem de variis ser. inf.). Indi apertasi una gran fossa in mezzo alla valle, saran gittati ivi i miseri dannati, e si sentiranno dietro le spalle chiudere quelle porte che non s'apriranno mai più in eterno. O peccato maledetto, a qual fine miserabile condurrai un giorno tante anime redente col sangue di Gesù Cristo! O anime infelici a cui sta riserbata una fine così lagrimevole!

Ma allegramente, cristiani miei, che ora Gesù Cristo è padre, non è giudice: egli è pronto a perdonar a chi si pente. Presto cerchiamogli perdono.

(Si faccia fare al popolo l'atto di pentimento, di proposito e di preghiera a Gesù ed a Maria, per la santa perseveranza; e lo stesso si procuri di fare in fine di ogni sermone).

Fonte: S. Alfonso M. De' Liguori, Sermoni compendiati per tutte le domeniche dell'anno, Sermone sulla 1° Domenica di Avvento, Napoli, 1771, ora in OPERE ASCETICHE, in “Opere di S. Alfonso Maria de Liguori”, a cura di Pier Giacinto Marietti, Vol. III, Torino, 1880, pp. 344-347 (http://www.intratext.com/IXT/ITASA0000/__P314.HTM)

Augustinus
09-12-07, 11:54
BENEDETTO XVI

ANGELUS

Piazza San Pietro
I Domenica di Avvento, 2 dicembre 2007

Cari fratelli e sorelle!

Con questa prima domenica di Avvento inizia un nuovo anno liturgico: il Popolo di Dio si rimette in cammino, per vivere il mistero di Cristo nella storia. Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre (cfr Eb 13,8); la storia invece muta e chiede di essere costantemente evangelizzata; ha bisogno di essere rinnovata dall’interno e l’unica vera novità è Cristo: è Lui il pieno suo compimento, il futuro luminoso dell’uomo e del mondo. Risorto dai morti, Gesù è il Signore a cui Dio sottometterà tutti i nemici, compresa la stessa morte (cfr 1 Cor 15,25-28). L’Avvento è pertanto il tempo propizio per risvegliare nei nostri cuori l’attesa di Colui "che è, che era e che viene" (Ap 1,8). Il Figlio di Dio è già venuto a Betlemme venti secoli or sono, viene in ogni momento nell’anima e nella comunità disposti a riceverlo, verrà di nuovo alla fine dei tempi, per "giudicare i vivi e i morti". Il credente è perciò sempre vigilante, animato dall’intima speranza di incontrare il Signore, come dice il Salmo: "Io spero nel Signore, / l’anima spera nella sua parola. / L’anima mia attende il Signore / più che le sentinelle l’aurora" (Sal 129,5-6).

Questa domenica è, dunque, un giorno quanto mai indicato per offrire alla Chiesa intera e a tutti gli uomini di buona volontà la mia seconda Enciclica, che ho voluto dedicare proprio al tema della speranza cristiana. Si intitola Spe salvi, perché si apre con l’espressione di san Paolo: "Spe salvi facti sumus - Nella speranza siamo stati salvati" (Rm 8,24). In questo, come in altri passi del Nuovo Testamento, la parola "speranza" è strettamente connessa con la parola "fede". E’ un dono che cambia la vita di chi lo riceve, come dimostra l’esperienza di tanti santi e sante. In che cosa consiste questa speranza, così grande e così "affidabile" da farci dire che in essa noi abbiamo la "salvezza"? Consiste in sostanza nella conoscenza di Dio, nella scoperta del suo cuore di Padre buono e misericordioso. Gesù, con la sua morte in croce e la sua risurrezione, ci ha rivelato il suo volto, il volto di un Dio talmente grande nell’amore da comunicarci una speranza incrollabile, che nemmeno la morte può incrinare, perché la vita di chi si affida a questo Padre si apre sulla prospettiva dell’eterna beatitudine.

Lo sviluppo della scienza moderna ha confinato sempre più la fede e la speranza nella sfera privata e individuale, così che oggi appare in modo evidente, e talvolta drammatico, che l’uomo e il mondo hanno bisogno di Dio – del vero Dio! – altrimenti restano privi di speranza. La scienza contribuisce molto al bene dell’umanità, - senza dubbio - ma non è in grado di redimerla. L’uomo viene redento dall’amore, che rende buona e bella la vita personale e sociale. Per questo la grande speranza, quella piena e definitiva, è garantita da Dio, dal Dio che è l’amore, che in Gesù ci ha visitati e ci ha donato la vita, e in Lui tornerà alla fine dei tempi. E’ in Cristo che speriamo, è Lui che attendiamo! Con Maria, sua Madre, la Chiesa va incontro allo Sposo: lo fa con le opere della carità, perché la speranza, come la fede, si dimostra nell’amore.

Buon Avvento a tutti!

Augustinus
09-12-07, 12:19
Servo di Dio Tomas Josef M. Tyn O. P.

Prima Domenica di Avvento

Cari fratelli nel Signore e Salvatore nostro, il salmo penitenziale di avvento, questo tempo di preparazione alla festa liturgica così solenne, così profonda, così commovente del Santo Natale, il tempo santo dell’avvento ci deve preparare alla venuta del Signore. E’ un tempo di preparazione. Di quale preparazione? Di preparazione interiore, quindi un tempo di riflessione, di approfondimento spirituale, un tempo di preghiera e di vigilanza, un tempo di rinuncia, di mortificazione, di discepolato alla scuola della Croce del Salvatore.

Cari fratelli, impariamo l’essenza del nostro cristianesimo, l’essenza del nostro appartenenza a Cristo, perché mai il Signore è venuto nel mondo? Egli viene per salvare la terra e tutte le genti della terra. Cari fratelli, la volontà di Dio, di quel Dio che ci ama, è una volontà di salvezza e di redenzione. E perciò, per essere conformi alla volontà del Padre nostro che è nei cieli e che ci ama e che ci redime, che ci santifica, ebbene bisogna cooperare a questa opera divina, sublime, divina della nostra salvezza.

Cari fratelli, cooperare all’opera della salvezza di Dio significa renderci conto, alla luce di Dio, della verità del nostro essere umano e cioè significa renderci conto che senza Dio noi non siamo nulla, che tutto quello che abbiamo, da Lui l’abbiamo ricevuto, che tutto è grazia sua.

Cari fratelli, quando venne il Signore per la prima volta, quando l’abbiamo incontrato per la prima volta sulla nostra strada, c’è stato forse, cari fratelli, c’è stato un momento in cui non avessimo incontrato il Signore? Da sempre, miei cari, da sempre lo abbiamo incontrato, perché Egli ci ha plasmato, Egli ci ha creato, Egli ci ha fatto suoi, da quando abbiamo visto la luce in questo mondo Egli già ci plasmava nel grembo di nostra madre. Iddio ci diede tutto quello che abbiamo, Iddio ci diede il nostro stesso essere, quel dono così grande dell’essere, dell’esistere, non solo, ci diede anche un qualche cosa di suo, un qualche cosa che ci assimila a Lui, ci diede la natura razionale, spirituale, l’intelligenza, la volontà, la libertà. E come se non bastasse, cari fratelli, Iddio, quando creò i primi uomini, li inondò della pienezza dei suoi doni, concesse a loro persino l’immortalità e l’impassibilità e li costituì dall’origine amici suoi, uomini santi, amici di Dio.

Ora noi sappiamo, cari fratelli, che l’uomo per la sua scelta libera, per la sua colpa, per il peccato delle origini ha perso questa amicizia con Dio, suo Creatore e santificatore. Ma Iddio è più grande del peccato dell’uomo, Iddio non permette che l’uomo si smarrisca completamente, che l’uomo si perda nelle strade di questa vita e allora Iddio, nella sua misericordia, in quell’abisso di misericordia che ricopre l’abisso delle nostre miserie umane, Iddio ci è venuto incontro e già ai primi uomini diede la lieta speranza, la speranza della venuta di Cristo Salvatore e redentore, quando profetizzò alla prima donna, la prima madre di tutti i viventi, ad Eva, che sarà un’altra donna, la seconda Eva, Maria Santissima, Maria Immacolata, Maria madre di Dio, madre del Salvatore, sarà Maria con la sua prole, Gesù Cristo, nostro Dio, nostro Signore, sarà Maria a schiacciare la testa di Satana!

Cari fratelli, quanta speranza avevano quei primi uomini, appena cacciati dal paradiso, ebbene pieni di lieta speranza, perché sapevano che alla fine dei tempi il Signore opererà la salvezza su questa terra. Allora il Signore, dopo la venuta nella creazione, il Signore venne un’altra volta, questa volta per ricreare tutte cose, per restaurare tutte le cose, ma restaura ogni cosa in Cristo, per ricapitolare tutte le cose in Cristo. Questa venuta è una venuta soprannaturale di grazia, di misericordia, di perdono, di riconciliazione, di salvezza.

Allora cari fratelli, questa venuta del Signore, la venuta del Verbo, la sua incarnazione, si verifica in quel momento in cui San Giovanni esprime con le parole: "e il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi". La prima venuta nella notte di Natale per portare il dono soprannaturale e santificante della grazia. La venuta di redenzione è quella dell’incarnazione, il Verbo consustanziale al Padre, uguale al Padre, della stessa maestà del Padre, il Verbo, la seconda persona della Trinità divina, il Verbo si riveste della nostra umanità, il Verbo prende la nostra fragile carne umana e tutto ciò assunse, tutto prese su di sé, tutto questo lo ha benedetto e santificato, tutto quello lo ha riconciliato con il Padre.

Vedete, miei cari, come noi veramente dobbiamo mostrarci redenti, salvati, riappacificati con il Padre in Cristo. "Egli, quando venne nel mondo", dice la lettera agli Ebrei "quando viene nel mondo Egli Dice: Tu non hai voluto da me sacrificio, ma mi hai dato una carne!". Che cosa vuol dire questo? Che il Salvatore, il Verbo di Dio, si è rivestito di una carne per offrire sul legno della Croce il sacrificio di espiazione. E la Croce e la resurrezione del Verbo incarnatosi per la nostra salvezza e nato dalla Vergine Maria, questa opera di salvezza è una grazia che ha inondato tutta la terra. Tutta la terra, cari fratelli, è ora piena della conoscenza di Dio! La saggezza di Dio, la conoscenza di Dio ricopre l’abisso della terra come il mare! Ecco come si adempiono le profezie, noi in Cristo, miei cari abbiamo la piena conoscenza di Dio, in Cristo abbiamo l’accesso alla salvezza di Dio.

Però, cari fratelli, la prima venuta ci offre la salvezza, ci dà la grazia, la grazia sufficiente e necessaria per essere santificati e riconciliati con Dio, però quel Dio, come ebbe a dire San Agostino, che ci ha creati senza di noi, ebbene Dio non ci salverà senza di noi. Che cosa si aspetta allora Dio da noi? Si aspetta un atto di amore, un amore di carità, di amore soprannaturale. Iddio vuole questo dall’uomo, Iddio è in ansia per questo, vuole che l’uomo lo ami! Cari fratelli, bisogna che ce ne rendiamo continuamente conto, il Signore non ci costringe, il Signore che ci ha creati liberi, ci vuole uomini liberi, non ci vuole come sassi, come pietre. Il Signore vuole il nostro cuore! Non vuole che la legge sia scolpita solo sulla pietra, vuole toglierci il nostro cuore di pietra e vuole darci un cuore di carne, un cuore sul quale sta scritta la sua legge, un cuore che sappia commuoversi, un cuore attento a Dio, un cuore serio, un cuore puro, un cuore circonciso, un cuore….., un cuore santo!

Vedete allora che cosa vuole Iddio da noi! Oh cari, è così bello, così profondo, così commovente leggere queste parole dei profeti, di Geremia, di Ezechiele, di Isaia, di Osea, come Dio piange, il suo cuore di padre piange, il suo cuore di sposo piange per l’infedeltà di Israele, della figlia di Sion, sua sposa, che ha abbandonato il suo amore, ma Iddio ci ama nonostante le nostre infedeltà, il Signore è più fedele di quanto noi possiamo essere fedeli.

Cari fratelli, come è grande la grazia di questo primo avvento del Signore! Egli viene per salvare tutta la terra, ci offre la salvezza, ci apre le sue braccia. Il Signore ci riconcilia, "Ecco" grida San Paolo : "ecco il momento opportuno, ecco il momento della salvezza, lasciatevi riconciliare con Dio" esclama il cuore nostro e quello di Paolo, lasciatevi riconciliare con Dio!. Il Santo di Javè, il momento della salvezza è venuto. In attesa della seconda venuta, perché la prima venuta è quella in cui Gesù offre il suo amore al mondo, ma vuole una risposta di amore, è in ansia per una risposta di amore puro e santo da parte nostra. Ci mette in grado di amarLo, circoncide il nostro cuore, ma vuole che rispondiamo liberamente, non da schiavi, ma da figli, da figli attenti, da figli che amano il loro Padre.

Vedete, cari fratelli, secondo questo saremo giudicati: se avremo saputo amare, ciascuno secondo le sue opere, perché il Signore tornerà alla fine dividerà le pecore dai capri e porrà gli uni alla sua destra e dirà: "venite, benedetti dal Padre mio, nel regno che è stato preparato per voi sin dall’inizio del mondo!" e dirà a quei dannati alla sua sinistra: "via da me, lontano da me nel fuoco eterno preparato per Satana e i suoi angeli". Vedete, cari fratelli, questa divisione si compie, ma non per la materialità delle opere, bensì per l’amore o per la mancanza di amore con la quale queste opere sono state compiute.

Miei cari fratelli, cerchiamo allora, in attesa dell’Eterno Giudice, di mantenere viva la fiamma della divina carità, perché la carità, dice San Paolo, è il vincolo della perfezione, la carità è la vita stessa di Dio, che esulta nei nostri cuori. Cari fratelli, siamo appassionati di Dio, circoncidiamo il nostro cuore, non permettiamo che il nostro cuore si appesantisca, come dice Gesù nel Vangelo, che il nostro cuore divenga freddo, non dico che divenga pieno di odio, ma che divenga una cosa ancora peggiore, che divenga pieno di indifferenza. E il mondo di oggi, cari fratelli, si muove proprio nell’indifferenza, il mondo di oggi non sa più amare. Per quello che Dostoiesvki, quel profondo uomo, quel cristiano dalle profonde intuizioni, nonostante tutti i suoi limiti, tuttavia Dostoievki ha questa profonda idea, dice: "Forse all’inferno non ci sarà tanto caldo, forse il fuoco infernale è un fuoco che raffredda, più che riscaldare".

Cari fratelli, guai a noi se ci abbandoniamo all’indifferenza. Il Signore, se pure non ha fatto un elogio per coloro che lo rifiutano certamente, tuttavia li stima di più di coloro che sono tiepidi, perché i tiepidi li vomita dalla sua bocca, come dice l’Apocalisse. Cari fratelli, non abbandoniamoci all’odio, alla freddezza, alla tiepidezza di questo mondo. Amiamo Dio, siamo appassionati di Dio, circoncidiamo il nostro cuore, proclamiamo la salvezza di Dio a tutte le genti della terra. Con coraggio, ci derideranno, ci odieranno, ci cacceranno, allora esulteremo con Dio, perché i nostri nomi sono scritti nel libro della vita nei cieli.

Ecco, cari fratelli, come questo secondo avvento, che è terrificante per tutti gli empi della terra, è esaltante, è gioioso per quegli uomini che portano accesa la fiaccola della verità e della carità, e questa è la presenza intermedia del Signore. Egli nella sua prima venuta, nell’umiltà della nostra natura umana, ha già inaugurato l’ultimo tempo, lo ha già santificato, elevato, riconciliato e ora dobbiamo aspettarlo come il giudice che deve venire. Nel frattempo Egli ci promette la sua presenza, non è che il Signore se ne sia andato in Cielo…, Egli che è alla destra del Padre nella sua gloria pensa a noi che siamo figli suoi, che siamo figli di Dio, eredi di Dio e coeredi di Cristo. Egli ci inonda con un fiume di grazie, quel fiume di cui dice la scrittura, che era dentro la città Santa di Dio, quel fiume scaturisce dalla Santa e divina Trinità e passa attraverso le piaghe di Cristo, le piaghe risanate dalla gloria della resurrezione per raggiungere il mondo intero. Ecco, cari fratelli, come la salvezza è sempre vicina a noi, non è qualcosa di lontano. Pensate, la parola divina che viene proclamata, gli insegnamenti del Signore e soprattutto la presenza dell’Eucarestia, la presenza di grazia in tutti i sacramenti.

Cari fratelli, viviamo alla presenza del Signore, perché possiamo sfuggire a quelle terribili cose che dovranno accadere e perché possiamo presentarci con coraggio al Cristo che verrà a giudicare la terra. Vedete, cari, la scrittura ci descrive questo avvicinarsi del Signore con dei segni premonitori, segni terrificanti, le potenze del Cielo saranno sconvolte, il sole si oscurerà, la luna non manderà più la sua luce e la gente sarà in ansia per i flutti del mare, gli elementi si scateneranno contro di noi. Cari fratelli, succede tanto spesso, ma l’uomo non riesce a individuare la volontà di Dio in questi segni, perché nulla, nemmeno le sciagure, nulla accade senza la volontà di Dio. Allora alcuni che non sanno bene, sanno però la volontà di Dio, si comportano come ribelli, esclamano: "Signore, dove sei!" se accadono le disgrazie, esclamano: "Dove sei!". Cari fratelli, magari ci fossimo fatti quella domanda: "Dove sei Signore?" nel momento in cui la tentazione diventa perversa ossessione, in cui dobbiamo peccare, in cui dobbiamo deturpare il dono di Dio nostro Padre.

La vera sensibilità del cristiano è questa: riconoscere il vero male, il vero male non solo i frutti del male, i terremoti, i cataclismi, le potenze sconvolte del cielo. I veri mali sono nascosti in un cuore di pietra, cari fratelli. Quando il Signore non solo permette, non permette soltanto, ci castiga di nuovo, ma ci vuole ancora buoni. Lo so che è difficile la lezione, ma un buon cristiano che capisce la differenza tra il male che non viene da Dio e il male castigo indotto da una …Iddio vuole quel male. Come Gesù che dice, riguardo alla torre di Siloe che è crollata, che ha ammazzato in un colpo ben quaranta uomini, ebbene Gesù ha detto: "Pensate forse che quelli che sono rimasti sotto la torre crollata, pensate che fossero peggio degli abitanti di Gerusalemme? No, vi dico, ma se non vi convertirete, perirete tutti allo stesso modo!"

Persino nei cataclismi solo Dio è padrone della vita e della morte, persino nei cataclismi si manifesta l’amore di Dio per l’uomo, l’amore che vuole la conversione dell’uomo, l’amore che vuole risposta di amicizia, ma lì si dice che l’uomo è torturato da urlare per il dolore subito, però non si convertirà. Il dolore invece che conduce alla salvezza, conduce alla disperazione e all’avvilimento: che profondo abisso della libertà umana!

Cari fratelli, allora cerchiamo di non essere quella creta che si ribella al vasaio, quella creatura che si ribella al Creatore, cerchiamo di abbandonarci nelle mani del nostro Padre onnipotente e buono che, anche quando castiga, ci vuole bene, non quei beni che noi superficialmente apprezziamo, la nostra vita, la nostra salute, le nostre ricchezze, i nostri agi, ma in vista di quel vero bene che è il bene di un cuore circonciso e salvato.

Ecco, cari e Gesù ci dice: "Quando vedrete apparire queste cose" non dice rattristatevi, non dice spaventatevi. Vedete la grandezza del Salvatore. Il Salvatore non ci nasconde nulla, ci dice tutta la verità, la triste verità, però ci dice: "rallegratevi!", come se volesse dirci: la vostra gioia deve essere più grande di ogni tristezza, le potenze del cielo si sconvolgeranno, ma il vostro cuore sarà fermo nella roccia dei secoli

Vedete, cari fratelli, quando sentiremo tutte quelle cose terribili, ebbene levate il capo, levare il capo è un segno messianico, il Messia stesso leva il capo nella sua corsa…, così chi appartiene al Messia leva il capo, si fa coraggio, pieno di gioia e di speranza. In mezzo ai guai, ai guai di questo mondo noi dobbiamo essere servi di Dio, condannare il male, ma esultare nella sofferenza, perché la nostra gioia, che non è di questa terra, è più forte, più profonda, più esultante di ogni tristezza che possa insultarci su questa terra.

Vedete allora miei cari, bisogna avere questa gioia della salvezza. La nostra liberazione è vicina, proprio quando il bisogno è più stretto e l’angoscia più grande, la liberazione è vicina. Cari fratelli, che cosa significa allora la liberazione, chi porta la liberazione? Il Signore Gesù che viene, re immortale dei secoli. La liberazione, miei cari, non è una costruzione umana, come bestemmiano quei tali che osano chiamarsi "teologi della liberazione". Se si costruisce dall’uomo, non dico che si finisce nell’uomo, si finisce nella bestia e tutti l’abbiamo negli occhi, …che se il Signore non costruisce la città invano faticano i nostri cuori. Allora si sente il coro delle obbiezione: "Ma questi buoni signori, non sono forse religiosi? Non vogliono anche loro Dio?", magari, magari fossero atei, sarebbe meglio per loro. Perché, cari fratelli, guai se uno bestemmia Dio a nome di Dio stesso! Perché se la salvezza non si affaccia dal cielo, allora non può crescere sulla terra, credetemi.

Quindi bisogna essere ben consapevoli di questo, che quando si pretende di costruire Dio è peggio ancora che costruire le torri di Babele, perché Dio non è costruibile da parte dell’uomo, non siamo noi, cari fratelli, ad avere la pretesa di salvare Dio, perché è Dio che ci salva. E poi, miei cari, che cosa dobbiamo pensare di quelle proposte ideologiche di salvezza umana, alla luce della nostra gioia di essere cattolici, cristiani cattolici, fedeli all’eredità data da Cristo a Pietro e ai suoi successori, fino alla fine dei tempi. Allora seguiamo i consigli di Gesù, per la spiritualità cattolica, abbiamo un cuore attento, non ottuso, non un cuore appesantito dalle dissipazioni, dalle ubriachezze, dagli affanni della vita. Gesù nomina queste tre cose: dissipazione intellettuale, non essere più attenti alla verità della fede, quindi in primo luogo l’intellegibile. In secondo luogo le ubriachezze, chi si da ai piaceri di questo mondo, se non chi ama questo mondo? E chi ama questo mondo, se non chi non ama Dio? Perciò amiamo il Signore, andiamo da Dio, cari fratelli. Poi non affannatevi, l’affanno è illuminato da Dio, perché il tempo dell’avvento è soprattutto un tempo di speranza, di un cuore spalancato a Dio che viene per salvare e giudicare la terra.

Quindi essere uomini della speranza che dà coraggio, perché si affannano per le vicende di questa vita sono i pagani che sono senza speranza. Vedete la nostra speranza in Dio e nel suo Cristo!

Ultimamente Gesù dice: "Vegliate e pregate!", questo vuol dire avere attenzione spirituale, attenzione legata all’amore. "Chi ama è imparentato con il Verbo di Dio", dice San Giovanni, "Chi è dalla verità, ascolta la verità". Invece non è dalla verità, si stanca presto della verità, certamente. Ma chi è nella verità, ama la verità e non si stancherà mai di ascoltare la verità. Vedete allora, cari fratelli, bisogna avere un cuore attento, un cuore innamorato della verità, attento alla verità del Signore. E poi pregare, espressione della nostra fede, pregare, innalzare la nostra mente a Dio, per adorarlo, per lodarlo, per ringraziarLo, per implorare il suo perdono. Ma c’è di più, non basta pensare a questa veglia, a questa preghiera come un atteggiamento puramente umano. Pensate i Santi Padri ci dicono che l’uomo prega anche quando dormono, il cristiano veglia anche quando dorme. Perché? Perché in lui, nel cuore, veglia il Cristo! C’è una bellissima antifona per la compieta, questo bellissimo inno che dice: "Ora lascia, Signore, che il tuo servo vada in pace", c’è una bellissima antifona che dice che il Signore possa lasciarci dormire nella pace, ma che nel frattempo, il nostro cuore vegli in Cristo!

Vedete, miei cari, la grazia santificante è il sigillo di Cristo, è il Cristo vivente in noi, come dice San Paolo, quel grande mistico: "Cristo in me e io in Cristo, non sono io che vivo, ma è Cristo che vive in me!". Lo stesso San Paolo lo dice anche riguardo la preghiera: "Noi non sappiamo che cosa dobbiamo chiedere ma è lo Spirito che ci è dato in pegno, lo Spirito che ci è dato dalla carità divina, è quello Spirito ad intercedere per noi con gemiti ineffabili".

Ecco, miei cari fratelli, allora cerchiamo di possedere in questo avvento la carità di Cristo, la preghiera rivolta al Padre dallo stesso Spirito Santo che ci è dato, così per poter affrontare con coraggio, gioia e speranza il Giudice quando verrà a giudicarci, così che noi possiamo …..e così sia.

FONTE (http://www.totustuus.biz/users/tyn/avvento1.htm)

Augustinus
29-11-08, 18:18
Martirologio tradizionale (1° Domenica di Avvento): Prima Domenica di Avvento del Signore Nostro Gesù Cristo.

Augustinus
30-11-08, 10:36
PROPRIUM DE TEMPORE

DOMINICA PRIMA ADVENTUS

I classis Semiduplex

Statio ad S. Mariam majorem

Introitus

Ps. 24, 1-3

AD TE levávi ánimam meam: Deus meus, in te confído, non erubéscam: neque irrídeant me inimíci mei: étenim univérsi, qui te exspéctant, non confundéntur. Ps. ibid., 4. Vias tuas, Dómine, demónstra mihi: et sémitas tuas édoce me. V/. Glória Patri, et Fílio, et Spirítui Sancto, sicut erat in princípio, et nunc, et semper, et in saécula sæculórum. Amen..

Quo finito, repetitur Ad te levávi usque ad Psalmum.

¶ Hic modus repetendi antiphonam ad Introitum servatur per totum annum.

¶ Non dicitur Glória in excélsis in Missis de Tempore ab hac Dominica usque ad Vigiliam Nativitatis Domini inclusive.

Oratio

EXCITA, quaésumus, Dómine, poténtiam tuam, et veni: ut ab imminéntibus peccatórum nostrórum perículis, te mereámur protegénte éripi, te liberánte salvári: Qui vivis et regnas cum Deo Patre in unitáte Spíritus Sancti, Deus: per ómnia saécula sæculórum. R/. Amen.

2ª Oratio de S. Maria Deus, qui de beátæ,

3ª contra persecutores Ecclesiæ vel pro Papa, ut infra.

Léctio Epístolæ beáti Pauli Apóstoli ad Romános

Rom. 13, 11-14

FRATRES: Sciéntes, quia hora est jam nos de somno súrgere. Nunc enim própior est nostra salus, quam cum credídimus. Nox præcéssit, dies autem appropinquávit. Abjiciámus ergo ópera tenebrárum, et induámur arma lucis. Sicut in die honéste ambulémus: non in comessatiónibus, et ebrietátibus, non in cubílibus, et impudicítiis, non in contentióne, et æmulatióne: sed in induímini Dóminum Jesum Christum.

Graduale. Ps. 24, 3 et 4. Univérsi, qui te exspéctant, non confundéntur, Dómine. V/. Vias tuas, Dómine, notas fac mihi: et sémitas tuas édoce me.

Allelúja, allelúja. V/. Ps. 84, 8. Osténde nobis, Dómine, misericórdiam tuam: et salutáre tuum da nobis. Allelúja.

¶ In Feriis Adventus, quando per hebdomadam resumitur Missa de Dominica, non dicitur Allelúja, nec Versus sequens, sed tantum Graduale.

http://www.unavoce-ve.it/crux.gif Sequéntia sancti Evangélii secúndum Lucam

Luc. 21, 25-33

IN ILLO témpore: Dixit Jesus discípulis suis: Erunt signa in sole, et luna, et stellis, et in terris pressúra géntium præ confusióne sónitus maris, et flúctuum: arescéntibus homínibus præ timóre et exspectatióne, quæ supervénient univérso orbi: nam virtútes cælórum movebúntur. Et tunc vidébunt Fílium hóminis veniéntem in nube cum potestáte magna, et majestáte. His autem fíeri incipiéntibus, respícite, et leváte cápita vestra: quóniam appropínquat redémptio vestra. Et dixit illis similitúdinem: Vidéte ficúlneam, et omnes árbores: cum prodúcunt jam ex se fructum, scitis quóniam prope est æstas. Ita et vos, cum vidéritis hæc fíeri, scitóte quóniam prope est regnum Dei. Amen dico vobis, quia non præteríbit generátio hæc, donec ómnia fiant. Cælum et terra transíbunt: verba autem mea non transíbunt.

¶ Credo, quod dicitur in omnibus Dominicis per totum annum, tam occurrentibus quam anticipatis, vel, etiam quoad Officium, repositis; non dicitur autem in diebus ferialibus, quando resumitur Missa Dominicæ præcedenti.

Offertorium. Ps. 138, 17. Ad te Domine levávi ánimam meam: Deus meus, in te confído, non erubéscam: neque irrídeant me inimíci mei: étenim univérsi, qui te exspéctant, non confundéntur.

Secreta

HÆC sacra nos, Dómine, poténti virtúte mundátos, ad suum fáciant purióres veníre princípium. Per Dóminum.

2ª Secreta de S. Maria In mentibus,

3ª contra persecutores Ecclesiæ vel pro Papa, ut infra.

¶ Præfatio de sanctissima Trinitate: quæ dicitur in Dominicis etiam Sabbato anticipatis, Præfationem propriam vel de Tempore assignatam non habentibus, juxta Rubricas; non vero in diebus ferialibus, quando resumitur Missa Dominicæ, sed tunc dicitur Præfatio communis, nisi facienda sit aliqua Commemoratio, quæ Præfationem propriam exigat, juxta Rubricas.

In Missis tamen de Tempore Adventus numquam dicitur Præfatio de beata Maria Virgine.

Communio. Ps. 84, 13. Dóminus dabit benignitátem: et terra nostra dabit fructum suum.

Postcommunio

SUSCIPIÁMUS, Dómine, misericórdiam tuam in médio templi tui: ut reparatiónis nostræ ventúra sollémnia cóngruis honóribus præcedámus. Per Dóminum.

2ª Postcommunio de S. Maria Grátiam tuam,

3ª contra persecutores Ecclesiæ vel pro Papa, ut infra.

¶ Dicitur Benedicámus Dómino. Et sic servatur, quoties omissum fuerit Glória in excélsis; secus autem dicitur Ite, Missa est.

¶ Per totum annum, si dicenda sit infra hebdomadam Missa de Feria, adhibetur Missa Dominicæ præcedentis, nisi propria Missa assignetur; et similiter sumuntur Orationes de Dominica, quando de Feria, quæ Missam propriam non habeat, facienda sit Commemoratio juxta Rubricas.

¶ Cum Tempore Adventus, Quadragesimæ a die Cinerum inclusive, et Passionis, in Quatuor Temporibus et Litaniis tam majoribus quam minoribus dicitur Missa de quolibet festo, aut aliqua ex Missis votivis, extra Missam conventualem vel cantatam semper fit Commemoratio de Feria; quæ etiam fit in Missa conventuali et in Missis cantatis nisi alia dicatur Missa pariter conventuali vel cantata de Feria. Idem servatur in omnibus Vigiliis; excepto casu, quo in Vigilia communi vel Duplex I classis agatur vel aliqua ex Missis votivis pro re gravi et publica simul causa aut juxta earundem normas celebretur, quia tunc nulla fit Commemoratio de eadem Vigilia.
__________________________________________________ _____________

A Dominica Prima Adventus usque ad diem 23 Decembris inclusive, quando dicendæ sint, juxta Rubricas, Orationes pro diversitate Temporum assignatæ, etiam in Vigiliis et infra Octavas, erunt sequentes, excepta tamen 2ª Oratione, quæ in Missis de beata Maria Virgine et in iis, in quibus de eadem fit Commemoratio, necnon in Missa votiva de Omnibus Sanctis, dicitur de Spiritu Sancto, infra.

Oratio

2ª de sancta Maria

DEUS, qui de beatæ Maríæ Vírginis útero Verbum tuum, Angelo nuntiánte, carnem suscípere voluísti: præsta supplícibus tuis; ut, qui vere eam Genitrícem Dei crédimus, ejus apud te intercessiónibus adjuvémur. (Per eúndem Dóminum nostrum Jesum Christum Fílium tuum: Qui tecum vivit.)

3ª contra persecutores Ecclesiæ

ECCLESIÆ tuæ, quaésumus, Dómine, preces placátus admítte: ut, destrúctis adversitátibus et erróribus univérsis, secúra tibi sérviat libertáte. Per Dóminum.

Vel 3ª pro Papa

DEUS, ómnium fidélium pastor et rector, fámulum tuum N., quem pastórem Ecclésiæ tuæ præésse voluísti, propítius réspice: da ei, quaésumus, verbo et exémplo, quibus præest, profícere; ut ad vitam, una cum grege sibi crédito, pervéniat sempitérnam. Per Dóminum.

Secreta

2ª de sancta Maria

IN MÉNTIBUS nostris, quaésumus, Dómine, veræ fídei sacraménta confírma: ut, qui concéptum de Vírgine Deum verum et hóminem confitémur; per ejus salutíferæ resurrectiónis poténtiam, ad ætérnam mereámur perveníre lætítiam. (Per eúndem Dóminum.)

3ª contra persecutores Ecclesiæ

PROTEGE nos, Dómine, tuis mystériis serviéntes: ut, divínis rebus inhæréntes, et córpore tibi famulémur et mente. Per Dóminum.

Vel 3ª pro Papa

OBLÁTIS, quaésumus, Dómine, placáre munéribus: et fámulum tuum N., quem pastórem Ecclésiæ tuæ præésse voluísti, assídua protectióne gubérna. Per Dóminum.

Postcommunio

2ª de sancta Maria

GRÁTIAM tuam, quaésumus Dómine, méntibus nostris infúnde: ut qui, Angelo nuntiánte, Christi, Fílii tui, incarnatiónem cognóvimus; per passiónem ejus et crucem, ad resurrectiónis glóriam perducámur. (Per eúndem Dóminum.)

3ª contra persecutores Ecclesiæ

QUAESUMUS, Dómine, Deus noster: ut, quos divína tríbuis participatióne gaudére, humánis non sinas subjacére perículis. Per Dóminum.

Vel 3ª pro Papa

HÆC nos, quaésumus, Dómine, divini sacraménti percéptio prótegat: et fámulum tuum N., quem pastórem Ecclésiæ tuæ præésse voluísti; una cum commísso sibi grege, salvet semper et múniat. Per Dóminum.

FONTE (http://www.unavoce-ve.it/mr-adv-dom1=lat.htm)

Holuxar
03-12-17, 16:37
3 DICEMBRE 2017: SAN FRANCESCO SAVERIO CONFESSORE, APOSTOLO DELLE INDIE; PRIMA DOMENICA DI AVVENTO…



"AVVENTO
Capitolo I - Storia dell’Avvento
Guéranger, L'anno liturgico - Capitolo primo. Storia dell'Avvento (http://www.unavoce-ve.it/pg-avvento-st.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-avvento-st.htm
Capitolo II - Mistica dell’Avvento
Guéranger, L'anno liturgico - Capitolo secondo. Mistica dell'Avvento (http://www.unavoce-ve.it/pg-avvento-mist.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-avvento-mist.htm
Capitolo III - Pratica dell’Avvento
Guéranger, L'anno liturgico - Capitolo terzo. Pratica dell'Avvento (http://www.unavoce-ve.it/pg-avvento-pr.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-avvento-pr.htm
PROPRIO DEL TEMPO
Prima domenica di Avvento
Guéranger, L'anno liturgico - Prima Domenica di Avvento (http://www.unavoce-ve.it/pg-avvento-dom1.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-avvento-dom1.htm
http://www.unavoce-ve.it/mr-adv-dom1=lat.htm"

Guéranger, L'anno liturgico - San Francesco Saverio Confessore, Apostolo  delle Indie (http://www.unavoce-ve.it/pg-3dic.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-3dic.htm
“3 DICEMBRE SAN FRANCESCO SAVERIO CONFESSORE, APOSTOLO DELLE INDIE.”



https://forum.termometropolitico.it/393620-i-domenica-di-avvento.html





Santa Messa domenicale di don Florian Abrahamovicz a Paese (TV) oggi 3 dicembre 2017, Prima domenica di Avvento:



"I domenica d'Avvento (Santa Messa)
https://www.youtube.com/watch?v=_eQJLAOfcIA
I domenica d'Avvento (Omelia)
https://www.youtube.com/watch?v=XhklGA5nSF8
https://www.youtube.com/user/florianoabrahamowicz/
SANTA MESSA - domusmarcellefebvre110815 (http://www.domusmarcellefebvre.it/santa-messa-1.php)
http://www.domusmarcellefebvre.it/santa-messa-1.php





Dell'Avvento - Sodalitium (http://www.sodalitium.biz/dellavvento/)
http://www.sodalitium.biz/dellavvento/
“Catechismo Maggiore di San Pio X – Dell’Avvento.
1 D. Perché si chiamano Avvento le quattro settimane che precedono la solennità del santo Natale?
R. Le quattro settimane che precedono la solennità del santo Natale si chiamano Avvento, che vuoi dire venuta, perché in questo tempo la Chiesa ci dispone a celebrare degnamente la memoria della prima venuta di Gesù Cristo in questo mondo colla sua nascita temporale.
2 D. Che cosa ci propone la santa Chiesa a considerare nell’Avvento?
R. La Chiesa nell’Avvento ci propone a considerare quattro cose:
1.le promesse che Dio aveva fatte di mandarci il Messia per la nostra salute;
2.le brame degli antichi Padri, che ne sospiravano la venuta;
3.la predicazione di S. Giovanni Battista, che esortata il popolo a far penitenza per disporlo a ricevere il Messia;
4.l’ultima venuta di Gesù Cristo nella sua gloria per giudicare i vivi ed i morti.
3 D. Che cosa dobbiamo noi fare nell’Avvento per secondare le intenzioni della Chiesa?
R. Per secondare le intenzioni della Chiesa, nell’Avvento dobbiamo fare cinque cose:
1.meditare con viva fede e con ardente amore il grande beneficio dell’incarnazione del Figliuolo di Dio;
2.riconoscere la nostra miseria e il sommo bisogno che abbiamo di Gesù Cristo;
3.pregarlo istantemente che venga a nascere e crescere spiritualmente in noi colla sua grazia;
4.preparargli la strada colle opere di penitenza, e specialmente col frequentare i santi sacramenti;
5.pensar sovente all’ultima terribile sua venuta, e in vista di questa conformare la nostra alla sua santissima vita per poter essere con Lui a parte della sua gloria.”


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“Novena all’Immacolata Concezione (29 novembre – 7 dicembre)”
Novena dell'Immacolata Concezione - Sodalitium (http://www.sodalitium.biz/novena-dellimmacolata-concezione/)
http://www.sodalitium.biz/novena-dellimmacolata-concezione/

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San Francesco Saverio - Sodalitium (http://www.sodalitium.biz/san-francesco-saverio/)http://www.sodalitium.biz/san-francesco-saverio/
“3 dicembre, San Francesco Saverio, Confessore (Javier, 7 aprile 1506 – Isola di Sancian, 3 dicembre 1552).
“San Francésco Savério, Sacerdote della Compagnia di Gesù e Confessore, Apostolo delle Indie, celeste Patrono della Con gregazione e dell’opera della Propagazione della Fede e di tutte le Missioni; il quale si riposò in pace nel giorno precedente”.
O grande apostolo delle Indie, San Francesco Saverio, al cui zelo mirabile per la salute delle anime sembravano angusti i confini della terra: voi, che acceso di ardente carità verso Dio, eravate costretto di pregare il Signore di moderarne gli ardori, che doveste tanti frutti di apostolato al totale vostro distacco da ogni cosa terrena, ed all’illuminato abbandono di voi stesso nelle mani della Provvidenza; deh! impetrate a me pure quelle virtù, che in voi risplendettero così eminenti, e fate anche di me, in quel modo che il Signore vorrà, un apostolo. Così sia.”

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http://www.sursumcorda.cloud/
https://www.facebook.com/CdpSursumCorda/






Ligue Saint Amédée (http://www.saintamedee.ch/)
http://www.saintamedee.ch/
https://www.facebook.com/SaintAmedee/
“3 Décembre : Saint François Xavier, Apôtre des Indes et du Japon (1506-1552).”


https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/24232903_559419417724076_4184782239253019158_n.jpg ?oh=03812f1fb38935459b1494f8fb7f9844&oe=5A8C44CC



“Premier Dimanche de l'Avent.”


https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/24131415_559413287724689_4887497579557054194_n.jpg ?oh=ce7a5b78d84a428a9fd3434d3992c379&oe=5AD5E00B



“Sermon du Père Joseph-Marie Mercier pour le Premier Dimanche de l'Avent (2016)
http://prieure2bethleem.org/predica/2016_11_27.mp3”


https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/24232300_559415847724433_3984889412203267848_n.jpg ?oh=baa6c14872354d2998a9bcc813203a42&oe=5ACD3502








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"3 DICEMBRE 2017: SAN FRANCESCO SAVERIO CONFESSORE, APOSTOLO DELLE indie."


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"3 dicembre 2017: PRIMA DOMENICA DI AVVENTO."


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Guéranger, L'anno liturgico - San Francesco Saverio Confessore, Apostolo  delle Indie (http://www.unavoce-ve.it/pg-3dic.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-3dic.htm
"3 DICEMBRE SAN FRANCESCO SAVERIO CONFESSORE, APOSTOLO DELLE INDIE.
Gli Apostoli furono gli antesignani della Venuta del Cristo; era dunque giusto che al tempo dell'Avvento non mancasse la commemorazione di qualcuno di essi. La divina Provvidenza vi ha provveduto. Senza parlare di sant'Andrea, la cui festa è spesso già passata quando si apre il tempo dell'Avvento, s'incontra immancabilmente ogni anno san Tommaso all'approssimarsi del Natale. Diremo più avanti perché egli ha ottenuto questo posto in preferenza degli altri Apostoli; qui vogliamo solo insistere sulla convenienza la quale sembrava esigere che il Collegio Apostolico fornisse almeno uno dei suoi membri per annunciare, in questa parte del Ciclo cattolico, la venuta del Redentore. Ma Dio non ha voluto che il primo apostolato fosse il solo ad apparire all'inizio del Calendario liturgico; grande è pure, benché inferiore, la gloria di quel secondo Apostolato per il quale la Sposa di Gesù Cristo moltiplica ancora i suoi figli, in una feconda vecchiaia, come dice il Salmista (Sal 91,15). Vi sono ancora oggi dei Gentili da evangelizzare; la venuta del Messia è ben lontana dall'essere stata annunciata a tutti i popoli; ma, tra i valenti messaggeri del Verbo che, in questi ultimi secoli, hanno fatto risonare la loro voce in mezzo alle genti infedeli, non ve n'è alcuna che abbia brillato di più vivo splendore, che abbia operato maggiori prodigi e che si sia mostrata più somigliante ai primi Apostoli, del recente Apostolo delle Indie, san Francesco Saverio.

E certo, la vita e l'apostolato di quest'uomo meraviglioso furono l'oggetto di un grande trionfo per la nostra santa Madre la Chiesa Cattolica nel tempo in cui risplendettero. L'eresia, sostenuta in tutti i modi dalla falsa scienza, dalla politica, dalla cupidigia e da tutte le cattive passioni del cuore umano, sembrava giunta al momento della vittoria. Nel suo audace e sfrenato linguaggio, essa parlava sol più con profondo disprezzo di quella antica Chiesa fondata sulle promesse di Gesù Cristo; la denunciava alle genti, ed osava chiamarla la prostituta di Babilonia, come se i vizi dei figli potessero oscurare la purezza della madre. Infine Dio si mostrò, e d'improvviso il suolo della Chiesa apparve coperto dei più mirabili frutti di santità. Gli eroi e le eroine si moltiplicarono dal seno stesso di quella sterilità che era solo apparente, e mentre i pretesi riformatori si mostravano i più viziosi degli uomini, l'Italia e la Spaglia da sole brillavano d'uno splendore incomparabile per i capolavori di santità che si produssero nel loro seno.

Oggi è san Francesco Saverio, ma più d'una volta nell'Anno, ci troveremo a festeggiare i nobili compagni e le illustri compagne che la grazia divina gli ha suscitati: di modo che il XVI secolo non ebbe nulla da invidiare ai secoli più favoriti delle meraviglie della santità. Certo, non si preoccupavano molto della salvezza degli infedeli quei sedicenti riformatori che pensavano solo a distruggere i1 vero Cristianesimo sotto le rovine dei suoi templi; e appunto in quello stesso momento una società d'apostoli si offriva al Pontefice romano per andare a stabilire la fede presso i popoli più immersi nelle ombre della morte. Ma, fra tutti questi apostoli, come abbiamo detto, nessuno ha realizzato il tipo primitivo allo stesso grado del discepolo di Ignazio. Nulla gli è mancato, né la vasta estensione dei paesi solcati dal suo zelo, né le migliaia d'infedeli che ha battezzati con il suo braccio infaticabile, né i prodigi di ogni specie che lo mostrarono agli infedeli come segnato del sigillo che avevano ricevuto quelli di cui la santa Liturgia dice: "Questi sono coloro che, vivendo ancora nella carne, sono stati i piantatori della Chiesa". L'Oriente ha dunque visto, nel XVI secolo, un Apostolo venuto da Roma sempre santa, e il cui carattere e le cui opere richiamavano lo splendore di cui brillarono coloro che Gesù aveva egli stesso mandati. Sia dunque gloria al divino Sposo che ha vendicato l'onore della sua Sposa, suscitando Francesco Saverio e presentandoci in lui un'idea di ciò che furono, in seno al mondo pagano, gli uomini che egli aveva incaricati di promulgare il suo Vangelo.

VITA. - San Francesco nacque in Navarra nel 1506. Conobbe a Parigi sant'Ignazio di Loiola con il quale si legò in santa amicizia. Quando fu fondata la Compagnia di Gesù, Ignazio lo mandò nelle Indie nel 1542. Fu celebre per il suo spirito di preghiera, per la sua grande mortificazione, per il dono dei miracoli e per le innumerevoli conversioni che operò con la predicazione presso gl'infedeli. Morì nell'isola di Sanciano il 2 dicembre 1552. Il Suo corpo riposa a Goa (Indie) e il suo braccio destro è venerato nella chiesa del Gesù a Roma. San Francesco Saverio è patrono della Propagazione della Fede.

Glorioso apostolo di Gesù Cristo che hai illuminato della sua luce le genti sedute nelle ombre della morte, noi, Cristiani indegni, ci rivolgiamo a te, affinché con quella stessa carità che ti portò a sacrificare tutto per evangelizzare le genti, ti degni di preparare i nostri cuori a ricevere la visita del Salvatore che la nostra fede attende e che il nostro amore desidera. Tu fosti il padre delle genti infedeli; sii anche il protettore del popolo dei credenti, nei giorni in cui ci troviamo. Prima di avere ancora contemplato con i tuoi occhi il salvatore Gesù, lo facesti conoscere a innumerevoli popoli. Ora che lo vedi faccia a faccia ottieni che anche noi lo possiamo vedere, quando apparirà, con la fede semplice e ardente dei Magi dell'Oriente, primizie gloriose delle genti che tu sei andato ad iniziare alla luce mirabile (1Pt 2,9).

Ricordati anche, o grande Apostolo, di quelle stesse genti che hai evangelizzate, e presso le quali la parola di vita, per un terribile giudizio di Dio, ha cessato di essere feconda. Prega per il vasto impero della Cina che il tuo sguardo salutava morendo, e al quale non fu dato di sentire la tua parola. Prega per il Giappone, diletta piantagione che il cinghiale di cui parla il Salmista ha cosi orribilmente devastata. Ottieni che il sangue dei Martiri che vi fu sparso come l'acqua, fecondi finalmente questa terra. Benedici anche, o Saverio, tutte le Missioni che la nostra santa Madre Chiesa ha intraprese, nelle regioni in cui la Croce ancora non trionfa. Che i cuori degli infedeli si aprano alla luminosa semplicità della fede; che il seme fruttifichi al centuplo; che il numero dei nuovi apostoli, tuoi successori, vada sempre crescendo; che il loro zelo e la loro carità non vengano mai meno; che i loro sudori diventino fecondi e che la corona del loro martirio sia non solo la ricompensa, ma il complemento e l'ultima vittoria del loro apostolato. Ricordati, dinanzi al Signore, degli innumerevoli membri di quell'associazione per la quale Gesù Cristo è annunciato in tutta la terra, e che si è posta sotto il tuo patrocinio. Prega infine con cuore filiale per la santa Compagnia della quale sei la gloria e la speranza. Che essa fiorisca sempre più sotto il vento della tribolazione che non le è mai mancato, che si moltiplichi affinché per essa siano moltiplicati i figli di Dio, che abbia sempre al servizio del popolo cristiano numerosi Apostoli e savi Dottori, e non porti invano il nome di Gesù.

Consideriamo lo stato miserevole del genere umano nel momento in cui apparirà Cristo. L'affievolirsi delle verità sulla terra è crudelmente espresso dal diminuire della luce materiale in questi giorni. Le antiche tradizioni si vanno spegnendo da ogni parte; il Dio creatore di tutte le cose è misconosciuto nell'opera stessa delle sue mani, e tutto è diventato Dio, eccetto il Dio che tutto ha fatto. Questo orrido Panteismo distrugge la morale pubblica e privata. Tutti i diritti, fuorché quello del più forte, sono dimenticati; la voluttà, la cupidigia, il saccheggio siedono sugli altari e ricevono l'incenso. La famiglia è distrutta dal divorzio e dall'infanticidio; la stirpe umana è degradata in massa dalla schiavitù, e anche le nazioni periscono con le guerre di sterminio. Il genere umano non ne può più, e se la mano che l'ha creato non viene nuovamente in suo aiuto, deve inevitabilmente soccombere in una vergognosa e sanguinosa dissoluzione. I giusti che ancora conta e che lottano contro il torrente e la degradazione universale, non lo salveranno, perché sono disprezzati dagli uomini, e i loro meriti non potrebbero, dinanzi a Dio, coprire l'orribile lebbra che divora la terra. Più criminale ancora che nei giorni del diluvio, ogni carne ha corrotto la sua via; nondimeno, un secondo sterminio non servirebbe che a manifestare la giustizia di Dio; è tempo che venga sulla terra un diluvio di misericordia, e che colui che ha creato il genere umano discenda per guarirlo. Appari dunque, o figlio eterno di Dio. Vieni a rianimare quel cadavere, a guarire tante piaghe; a lavare tante sozzure, a rendere sovrabbondante la grazia là dove abbonda il peccato; e quando avrai convertito il mondo alla tua santa legge, allora avrai mostrato a tutti i secoli futuri che tu stesso o Verbo del Padre, sei venuto: perché se solo un Dio ha potuto creare il mondo, non c'era che l'onnipotenza d'un Dio che potesse restituirlo alla santità, dopo averlo strappato a Satana e al peccato.
da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 259-263."



Guéranger, L'anno liturgico - Prima Domenica di Avvento (http://www.unavoce-ve.it/pg-avvento-dom1.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-avvento-dom1.htm
“PRIMA DOMENICA DI AVVENTO
Questa Domenica, la prima dell'Anno Ecclesiastico, è chiamata, nelle cronache e negli scritti del medioevo, la Domenica Ad te levavi, dalle prime parole dell'Introito, oppure anche la Domenica Aspiciens a longe, dalle prime parole d'uno dei Responsori del Mattutino.
La Stazione [1] è a S. Maria Maggiore. È sotto gli auspici di Maria, nell'augusta Basilica che onora la Culla di Betlemme, e che perciò è chiamata negli antichi monumenti S. Maria ad Praesepe, che la Chiesa Romana ricomincia ogni anno il Ciclo sacro. Non era possibile scegliere un luogo più conveniente per salutare l'avvicinarsi della divina Nascita che deve finalmente allietare il cielo e la terra, e mostrare il sublime prodigio della fecondità d'una Vergine. Trasportiamoci con il pensiero in quell'augusto Tempio, e uniamoci alle preghiere che vi risuonano; sono le stesse preghiere che verranno esposte qui.
All'Ufficio notturno, la Chiesa comincia oggi la lettura del Profeta Isaia (VIII secolo a. C.), colui fra tutti che ha predetto con maggiore evidenza i caratteri del Messia, e continua tale lettura fino al giorno di Natale compreso. Sforziamoci di gustare gl'insegnamenti del santo Profeta, e l'occhio della nostra fede sappia scoprire con amore il Salvatore promesso, sotto i segni ora graziosi, ora terribili, con i quali Isaia ce lo dipinge.
Le prime parole della Chiesa, nel cuore della notte, sono le seguenti:

Il Re che sta per venire, il Signore, venite, adoriamolo!

Dopo aver compiuto questo supremo dovere di adorazione, ascoltiamo l'oracolo di Isaia che ci viene trasmesso dalla santa Chiesa.

Qui comincia il libro del Profeta Isaia [2].
Visione ch'ebbe Isaia, figlio di Amos, intorno a Giuda e Gerusalemme ai tempi di Ozia, Iotam, Achaz ed Ezechia, re di Giuda.
Udite, o cieli, ascolta, o terra,
che parla il Signore:
"Dei figli ho ingranditi ed innalzati,
ed essi mi sono ribelli.
Conosce il bue il suo padrone
e l'asino la greppia del suo possessore [3];
ma Israele non ha conoscenza,
il mio popolo non intende".
Ah! gente traviata,
popolo carico di colpe,
genia di malfattori,
figli snaturati,
che avete abbandonato il Signore,
spregiato il Santo d'Israele;
tralignaste a ritroso!
Perché attirarvi nuovi colpi
persistendo nella rivolta?
Tutto piagato è il capo
e tutto languido il cuore.
Dalla pianta dei piedi sino alla testa
non c'è parte intatta [4],
ma contusione e lividura e fresca piaga,
non compresse né fasciate, né lenite con olio.
(Is 1,1-6)

Queste parole del santo Profeta, o meglio di Dio che parla per bocca sua, debbono destare una viva impressione nei figli della Chiesa, all'inizio del sacro periodo dell'Avvento. Chi non tremerebbe sentendo il grido del Signore misconosciuto, il giorno in cui è venuto a visitare il suo popolo? Egli ha deposto il suo splendore per non atterrire gli uomini; ad essi, lungi dal sentire la divina forza di Colui che si abbassa così per amore, non l'hanno conosciuto e la mangiatoia che egli ha scelto per riposarvi dopo la nascita non è stata visitata che da due animali senza ragione. Sentite, o cristiani, quanto amari sono i lamenti del vostro Dio? quanto il suo amore disprezzato soffre della vostra indifferenza? Egli prende a testimoni il cielo e la terra, scaglia l'anatema alla nazione perversa, ai figli ingrati. Riconosciamo sinceramente che fino ad ora non abbiamo compreso tutto il valore della visita del Signore, che abbiamo imitato troppo l'insensibilità dei Giudei, i quali non si commossero affatto quando egli apparve in mezzo alle loro tenebre. Invano gli Angeli cantarono nel cuore della notte, e i pastori furono chiamati ad adorarlo e a riconoscerlo; invano i Magi vennero dall'Oriente per chiedere dove fosse nato. Gerusalemme fu turbata un istante, è vero, alla notizia che le era nato un Re; ma ricadde tosto nella sua indifferenza, e non si occupò nemmeno del grande annunzio.
È così, o Salvatore! Tu vieni nelle tenebre, e le tenebre non ti comprendono. Oh! fa che le nostre tenebre comprendano la luce e la desiderino! Verrà il giorno in cui lacererai le tenebre insensibili e volontarie, con la terribile folgore della tua giustizia. Gloria a te in quel giorno, o Giudice supremo! Ma salvaci dalla tua ira, durante i giorni di questa vita mortale! Perché attirarvi nuovi colpi? - dici - Il mio popolo non è ormai più che una piaga. Sii dunque Salvatore, o Gesù! nella Venuta che noi aspettiamo. Tutto piagato è il capo e tutto languido è il cuore. Vieni a risollevare le fronti che la confusione e troppo spesso anche vili attaccamenti curvano verso la terra. Vieni a consolare e ristorare i cuori timidi e abbattuti. E se le nostre piaghe sono gravi e indurite, vieni, tu che sei il caritatevole Samaritano, a effondere su di esse l'olio che fa sparire il dolore e ridona la salute.
Il mondo intero ti attende, o Redentore! Vieni e rivelati ad esso, salvandolo. La Chiesa, tua Sposa, comincia in questo momento un nuovo anno; il suo primo grido è un grido di angoscia verso di te; la sua prima parola è: Vieni! Le nostre anime, o Gesù, non vogliono più camminare senza di te nel deserto di questa vita. Si fa tardi: la sera s'avvicina, le ombre sono scese. Levati, o Sole divino; vieni a guidare i nostri passi, e salvaci dalla morte.
MESSA

EPISTOLA (Rm 13,11-14). - Fratelli, riflettiamo che è già l'ora di svegliarsi dal sonno; perché la nostra salvezza è più vicina ora di quanto credemmo. La notte è inoltrata e il giorno si avvicina: gettiam dunque via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Viviamo onestamente, come di giorno; non nelle crapule e nelle ubriachezze; non nelle mollezze e nell'impudicizia; non nella discordia e nella gelosia; ma rivestiti del Signore Gesù Cristo.

Il Salvatore che aspettiamo è dunque la veste che coprirà la nostra nudità. Ammiriamo in questo la bontà del nostro Dio il quale, ricordandosi che l'uomo si era nascosto dopo il peccato, perché si sentiva nudo, vuole egli stesso servirgli di velo, e coprire tanta miseria con il manto della sua divinità. Siamo dunque preparati al giorno e all'ora in cui egli verrà, e guardiamoci dal lasciarci cogliere dal sonno dell'abitudine e della mollezza. La luce risplenderà presto; facciamo sì che i suoi primi raggi rischiarino la nostra giustizia, o almeno il nostro pentimento. Se il Salvatore viene a coprire i nostri peccati affinché non appaiano più, noi almeno distruggiamo nei nostri cuori ogni affetto a quegli stessi peccati; e non sia mai detto che abbiamo rifiutato la salvezza. Le ultime parole di quest'Epistola caddero sotto gli occhi di sant'Agostino quando egli, spinto da lungo tempo dalla grazia divina a consacrarsi a Dio, volle obbedire alla voce che gli diceva: Tolle, lege; prendi e leggi. Esse decisero la sua conversione; egli risolse d'un tratto di romperla con la vita dei sensi e di rivestirsi di Gesù Cristo. Imitiamo il suo esempio in questo giorno: sospiriamo ardentemente la cara e gloriosa divisa che presto sarà messa sulle nostre spalle dalla misericordia del nostro Padre celeste, e ripetiamo con la Chiesa le commoventi suppliche con le quali non dobbiamo temere di affaticare l'orecchio del nostro Dio.

VANGELO (Lc 21,25-33). - In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: Vi saranno dei segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra costernazione delle genti spaventate dal rimbombo del mare e dei flutti; gli uomini tramortiranno dalla paura nell'aspettazione delle cose imminenti a tutta la terra; perché le potenze dei cieli saranno sconvolte. E allora vedranno il Figlio dell'uomo venire con grande potenza e gloria sopra le nubi. Or quando cominceranno ad avvenire queste cose, alzate il vostro capo e guardate in alto, perché la redenzione vostra è vicina. E disse loro una similitudine: Osservate il fico e tutte le altre piante. Quando le vedete germogliare, voi sapete che l'estate è vicina. Così pure quando vedrete accadere tali cose sappiate che il regno di Dio è vicino. In verità vi dico, che non passerà questa generazione avanti che tutto ciò s'adempia. Cielo e terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.

Dobbiamo dunque aspettarci di veder giungere d'improvviso la tua terribile Venuta, o Gesù! Presto tu verrai nella tua misericordia per coprire le nostre nudità, come veste di gloria e d'immortalità; ma tornerai un giorno, e con sì terrificante maestà che gli uomini saranno annientati dallo spavento. O Cristo, non perdermi in quel giorno d'incenerimento universale. Visitami prima nel tuo amore. Voglio prepararti la mia anima. Voglio che tu nasca in essa, affinché il giorno in cui le convulsioni della natura annunceranno il tuo avvicinarsi, possa levare il capo, come i tuoi fedeli discepoli che, portandoti già nel cuore, non temevano affatto la tua ira.

PREGHIAMO
Risveglia, Signore, la tua potenza e vieni; affinché meritiamo d'essere sottratti colla tua protezione e salvati col tuo aiuto dai pericoli che ci sovrastano a causa dei nostri peccati.
[1] Le Stazioni segnate nel Messale romano per alcuni giorni dell'anno, designavano un tempo le chiese in cui il Papa, accompagnato dal clero e da tutto il popolo, si recava in processione per celebrarvi la messa solenne. Questa usanza risale senza dubbio al IV secolo; esiste ancora oggi in certa misura e le Stazioni vi si continuano a tenere, benché con minor pompa e minor concorso di popolo, in tutti i giorni segnati nel Messale.
[2] La traduzione dei brani tratti da Isaia è quella eseguita sul testo originale ebraico a cura del Pontificio Istituto Biblico di Roma (Salani, Firenze, 1953), riprodotta per gentile concessione dell'Editore.
[3] "Israele ha meno intelletto degli animali senza ragione. Questi conoscono il loro padrone. Israele non riconosce il proprio Dio e Benefattore. Questo versetto è spesso usato per descrivere l'accecamento dei Giudei che hanno respinto il loro Messia. D'altra parte esso ha contribuito a creare l'antica tradizione della nascita di Gesù tra due animali, il bue e l'asino" (Tobac, Les Prophètes d'Israel, 2, 16).
[4] "Il Profeta descrive lo stato di Giuda colpito dal castigo: egli è simile a un ferito tutto coperto di piaghe. La Chiesa applica questo versetto al Messia, 'trafitto a causa dei nostri delitti', Is 53,5" (ivi, 17).
da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 36-40.”




Luca, Sursum Corda!