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pensiero
21-04-06, 23:42
21 aprile 2006
DALL’ALLIANZ ARENA ALL’EMIRATES STADIUM, LA NUOVA FRONTIERA DEGLI SPONSOR
Costa 11 milioni dare
un nome allo stadio Juve
Determinante la visibilità del club in tv
di Guido Boffo

TORINO. Non nascerà in provetta e avrà un nome altisonante. Un nome da 11 milioni all’anno. Chiamarlo Delle Alpi, sinora, non è valso un euro, semmai qualche mal di pancia. Il primo, anche il più famoso, fu quello dell’avvocato Agnelli. Diciassette anni dopo, la cattedrale della Continassa sarà soprattutto un brutto ricordo, al netto dei sei scudetti conquistati sotto l’ala della Triade e di una semifinale di Champions League il cui incasso fa ancora scuola. La partnership tra la Juventus e la Siemens avvierà il count-down per i lavori di rifacimento, previsti non appena il Torino avrà concluso la trafila dei probabili play-off. Per un anno i bianconeri giocheranno al Comunale, dalla stagione successiva torneranno a casa, ridotta nella capienza (suppergiù 35 mila spettatori), rinnovata nella destinazione (esclusivamente calcistica, senza pista di atletica), dotata di tutti i confort possibili (leggi servizi commerciali). Uno stadio mignon da vendere in abbonamento, quindi complementare a quell’altro, che ha le dimensioni di una poltrona, la tecnologia di un decoder e produce fatturati sconosciuti ai botteghini. Lo chiamano virtuale, forse perché di surreale c’è già il Delle Alpi. Questo Delle Alpi.

L’erede è stato chiaramente concepito per far soldi, oltre che per produrre una cornice degna dei successi juventini. Non più una struttura inerte, con una vita media di un giorno alla settimana, ma il primo mattone delle strategie immobiliari di Giraudo, già iscritte nel più complesso piano industriale. La Siemens, attraverso la collegata Kopa Engineering, metterà a disposizione know-how e materiali: cavi, poltroncine, serpentine, coperture. Da anni privilegia la fornitura agli accordi di sponsorizzazione.

Certo è che i lavori verranno finanziati, in tutto o in massima parte, attraverso la «title sponsorship», in parole povere l’intitolazione. Non è una novità: la scritta «Allianz Arena» sull’avveniristico impianto di Monaco frutta al Bayern 8 milioni a stagione, anche se in Champions viene oscurata per evitare gli strali e soprattutto le multe dell’Uefa. Rinominare uno stadio non è un’operazione indolore, almeno per i romantici, abbatterlo è spesso traumatica. Il funerale di Highbury è stato liquidato direttamente da «Fly Emirates», con un assegno di 100 milioni di sterline, circa 150 milioni di euro, comprensivi dei diritti di maglia. Sulla collinetta di Ashburton Grove sorgerà l’«Emirates Stadium», almeno per i prossimi quindici anni. Scaduti i quali l’Arsenal potrà scegliersi un nuovo inserzionista.

Fatti due calcoli, la Juventus si attende un introito superiore a quello degli illustri precursori. Una prima stima venne commissionata nel 2003. Riattualizzata, dà quel risultato (una forbice tra 10 e 12 milioni all’anno) che moltiplicato per dieci, la durata media di un accordo del genere, consentirebbe di coprire le spese preventivate intorno ai 100 milioni. Non c’è nulla di aleatorio o anche solo vagamente umorale nel battesimo di una creatura in cemento. L’operazione segue precisi parametri. Come spiega Gianluca Mazzardi di “Sport + Markt”, il primo e più significativo è la «visibilità a livello televisivo». Lo sospettavamo. Non importa quanti spettatori contenga un impianto, importa quanti ne raggiunge nel mondo, segnatamente nei mercati asiatici e americani. «Si considera il valore intrinseco della società e soprattutto il seguito a livello internazionale. Quanti milioni di telespettatori guardano la Juventus in Champions League? Quanti negli Stati Uniti? E in Cina? Lo sponsor si rivolge a un target, la capacità del club di raggiungere quel target determina l’entità dell’investimento».

In parole povere, 35 mila paganti «reali» bastano e avanzano se la maggioranza virtuale continua ad alimentare le statistiche. L’audience chiude il cerchio. Poi è chiaro, nella valutare i diritti di «intitolazione», pesano altri fattori: la vocazione polifunzionale della struttura (meglio se ospiterà cinema, centri commerciali, sale per convention e workshop), la capacità del club di gestire e consolidare i rapporti con gli sponsor, la logistica (dentro o fuori città), persino le dimensioni dei parcheggi. Alla luce di tutto questo, non poteva che essere uno stadio perdente, il quasi defunto Delle Alpi, nome comune di montagna.

http://www.lastampa.it/cmstp/rubriche/rubricahome.asp?ID_blog=28