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01-05-06, 16:01
L'EDITORIALE - da "Tuttosport" 1/5/2006
E ALLORA APRITE UN’INCHIESTA
di Giancarlo Padovan
La Juve ha un solo modo per difendere se stessa e un campionato prima dominato, poi semplicemente vinto, infine messo in discussione dal suo ansimare prima che dal blaterare altrui: sollecitare ufficialmente e urgentemente un’inchiesta della Federcalcio, o magari anche di una Procura della Repubblica, sullo 0-3 con cui ieri ha liquidato il Siena in appena otto minuti, i primi della partita. L’inchiesta è un genere che in Italia va forte, come i processi. Tuttavia quando si completa l’una o si compiono gli altri spesso non si accettano né le conclusioni, né le motivazioni (e a volte queste ultime nemmeno si leggono). Resto comunque convinto che questa sia l’unica strada possibile per uscire dal pantano di questi giorni e di queste ore, quando perfino i miti e i puri di cuore si lasciano trascinare dalla malafede intellettuale.
Inchiesta, dunque. Lo scrivo convinto, non solo per provocare. A proposito del campionato in corso gli inquirenti federali o qualche zelante magistrato appurerebbero che il Siena, considerata la succursale della Juve, non vince in casa dall’11 marzo – sette turni – e che quando accadde fu con il Treviso. Viceversa, prima di ieri, il Siena sul proprio campo aveva perso già otto volte. Nella speciale classifica degli sconfitti a domicilio lo supera, per l’appunto, solo il Treviso, a quota tredici.
Sullo «sconcertante» comportamento della Juve – cioè il rabbioso desiderio di aggredire l’avversario fin dai primissimi minuti – emergerebbe materiale interessante: i bianconeri, infatti, si erano comportati alla stessa maniera già a Empoli (3-0 maturato tra l’11’ e il 15’ del primo tempo) e ad Ascoli (3-0 tra il 7’ e il 18’ sempre del primo tempo). Naturalmente non basterà per chiarire tecnicamente la differenza.
Immagino dunque che l’inchiesta debba essere trasferita a Reggio Calabria dove la Reggina, secondo pronostico, ha battuto il Messina. Si chiederà l’inquisitore: perché ha vinto quando le sarebbe stato sufficiente un pareggio per la salvezza aritmetica? Sono interrogativi profondi e non disgiunti da una considerazione: la Reggina, guardacaso, all’ultima giornata riceverà la visita della Juve. Come se il Milan, domenica prossima, non andasse in casa di un Parma pago degli obiettivi raggiunti. Purtroppo quando i dietrologi entrano in azione escludono, per principio, il criterio di uniformità (quello che esigono dagli arbitri) e rimuovono il passato, anche recente, se non conviene.
Sei anni fa, per esempio, nessuna inchiesta e pochissimi osservatori si domandarono come mai una squadra salva e apparentemente placida (il Perugia) giocò motivatissima, su un campo impraticabile e dopo una pausa di 73 minuti all’intervallo (vedi alla voce Collina), una partita che regalò lo scudetto alla Lazio. Fu lealtà? Tutto può essere. Comunque, per la cronaca, l’avversario del Perugia era la potentissima Juve e la allenava Carlo Ancelotti. L’anno precedente, sempre il Perugia e sempre nelle stesse condizioni di classifica, non ebbe esattamente lo stesso atteggiamento agonistico contro il Milan che, sul filo di lana, soffiò il titolo alla Lazio. Gaucci padre sbottò, funesto, contro i propri giocatori e un paio di mesi dopo spuntò una lettera su Famiglia Cristiana di un calciatore pentito che diceva di essersi venduto. Perugia-Milan, questo è certo, non c’entrava. Il pentito – ammesso che esistesse – non fu mai identificato, né venne provato che scrivesse il vero. Restò la sgradevole sensazione di un calcio ridotto a discarica. Ma un conto è pulire, un altro sporcare.
E ALLORA APRITE UN’INCHIESTA
di Giancarlo Padovan
La Juve ha un solo modo per difendere se stessa e un campionato prima dominato, poi semplicemente vinto, infine messo in discussione dal suo ansimare prima che dal blaterare altrui: sollecitare ufficialmente e urgentemente un’inchiesta della Federcalcio, o magari anche di una Procura della Repubblica, sullo 0-3 con cui ieri ha liquidato il Siena in appena otto minuti, i primi della partita. L’inchiesta è un genere che in Italia va forte, come i processi. Tuttavia quando si completa l’una o si compiono gli altri spesso non si accettano né le conclusioni, né le motivazioni (e a volte queste ultime nemmeno si leggono). Resto comunque convinto che questa sia l’unica strada possibile per uscire dal pantano di questi giorni e di queste ore, quando perfino i miti e i puri di cuore si lasciano trascinare dalla malafede intellettuale.
Inchiesta, dunque. Lo scrivo convinto, non solo per provocare. A proposito del campionato in corso gli inquirenti federali o qualche zelante magistrato appurerebbero che il Siena, considerata la succursale della Juve, non vince in casa dall’11 marzo – sette turni – e che quando accadde fu con il Treviso. Viceversa, prima di ieri, il Siena sul proprio campo aveva perso già otto volte. Nella speciale classifica degli sconfitti a domicilio lo supera, per l’appunto, solo il Treviso, a quota tredici.
Sullo «sconcertante» comportamento della Juve – cioè il rabbioso desiderio di aggredire l’avversario fin dai primissimi minuti – emergerebbe materiale interessante: i bianconeri, infatti, si erano comportati alla stessa maniera già a Empoli (3-0 maturato tra l’11’ e il 15’ del primo tempo) e ad Ascoli (3-0 tra il 7’ e il 18’ sempre del primo tempo). Naturalmente non basterà per chiarire tecnicamente la differenza.
Immagino dunque che l’inchiesta debba essere trasferita a Reggio Calabria dove la Reggina, secondo pronostico, ha battuto il Messina. Si chiederà l’inquisitore: perché ha vinto quando le sarebbe stato sufficiente un pareggio per la salvezza aritmetica? Sono interrogativi profondi e non disgiunti da una considerazione: la Reggina, guardacaso, all’ultima giornata riceverà la visita della Juve. Come se il Milan, domenica prossima, non andasse in casa di un Parma pago degli obiettivi raggiunti. Purtroppo quando i dietrologi entrano in azione escludono, per principio, il criterio di uniformità (quello che esigono dagli arbitri) e rimuovono il passato, anche recente, se non conviene.
Sei anni fa, per esempio, nessuna inchiesta e pochissimi osservatori si domandarono come mai una squadra salva e apparentemente placida (il Perugia) giocò motivatissima, su un campo impraticabile e dopo una pausa di 73 minuti all’intervallo (vedi alla voce Collina), una partita che regalò lo scudetto alla Lazio. Fu lealtà? Tutto può essere. Comunque, per la cronaca, l’avversario del Perugia era la potentissima Juve e la allenava Carlo Ancelotti. L’anno precedente, sempre il Perugia e sempre nelle stesse condizioni di classifica, non ebbe esattamente lo stesso atteggiamento agonistico contro il Milan che, sul filo di lana, soffiò il titolo alla Lazio. Gaucci padre sbottò, funesto, contro i propri giocatori e un paio di mesi dopo spuntò una lettera su Famiglia Cristiana di un calciatore pentito che diceva di essersi venduto. Perugia-Milan, questo è certo, non c’entrava. Il pentito – ammesso che esistesse – non fu mai identificato, né venne provato che scrivesse il vero. Restò la sgradevole sensazione di un calcio ridotto a discarica. Ma un conto è pulire, un altro sporcare.