SPYCAM
21-05-06, 04:43
Sotto accusa per i rapporti con Moggi e Gea. Da destra e sinistra: per lui niente Mondiale
ROMA - L’uomo che intimava a Zeman, in diretta televisiva, di uscire dal sistema se voleva continuare a combatterlo, si trova ora a dover fronteggiare la spinta di mezza Italia che vorrebbe le sue dimissioni. L’allenatore che dal ’94 al ’98 ha vinto tutto con la Juventus nel periodo in cui gli armadietti della società bianconera contenevano 280 specialità di farmaci, vede ora montare una corrente di pensiero che gli sollecita un gesto riuscito per esempio a Franco Carraro, un paio di settimane fa, dopo 40 anni trascorsi ai massimi livelli dello sport italiano. Il commissario tecnico che riceveva continue pressioni da Luciano Moggi, per molti anni suo superiore alla Juventus, su chi convocare e chi no in nazionale, e che secondo un’informativa dei carabinieri risulta essere assistito dalla Gea in cui suo figlio Davide svolge da tempo un ruolo di spicco, si scopre ora in bilico, a tre settimane dall’esordio ai campionati del mondo in Germania. Marcello Lippi, viareggino, 58 anni, per adesso resiste e tira dritto. «Mai pensato a dimettermi, da questo momento parlerò e mi preoccuperò solo dell’Italia e del Mondiale», ha ribadito l’altro giorno, dopo aver sostenuto un faticoso interrogatorio di tre ore e mezzo davanti ai pm della procura di Roma Luca Palamara e Maria Cristina Palaia, negli uffici di piazzale Clodio, a nemmeno un chilometro dallo stadio Olimpico. E dove probabilmente dovrà tornare per rispondere ad altre domande, per fornire altri chiarimenti, per convincere insomma i magistrati non troppo soddisfatti, almeno sembra, dell’esito del primo colloquio.
Ma l’aria che tira in queste ore non promette molto di buono. Perché sulla posizione e sulla figura del commissario tecnico della nazionale da più fronti si avanzano dubbi e sospetti ingombranti. Il «manifesto» di ieri, per esempio, ha dedicato mezza pagina al caso Lippi, sottolineando la nuova fragilità dell’allenatore, nonostante la fiducia proveniente dalla Federcalcio, e chiedendosi se non sia opportuno che Lippi faccia un passo indietro, magari per essere rimpiazzato proprio dal suo nemico storico, Zdenek Zeman. Il «Riformista» va addirittura oltre, titolando «Lippi si faccia da parte» un commento pubblicato in seconda pagina. «Data la gravità dei sospetti - si leggeva nell’articolo - sarebbe invece il caso che dalla Federazione (o dallo stesso c.t.) arrivasse un segnale chiaro. Ad esempio la sospensione (o autosospensione) dell’allenatore fino a che tutti i sospetti non saranno fugati». «L’Unità», invece, con un lungo fondo esprime il «disagio di tifare Italia ai Mondiali. Marcello Lippi è andato a deporre, davanti ai magistrati. Si indaga sulle scommesse di Buffon, si perquisisce la casa di Fabio Cannavaro. Cosa sia successo, davvero, lo stabiliranno magistrati e giustizia sportiva, ma quello che emerge dalle intercettazioni è già abbastanza chiaro e deprimente».
Dunque, un movimento «dall’alto», si potrebbe definire anche «politico», ha deciso di mettersi in moto affinché anche Lippi finisca nella lista di coloro che, a vario titolo e per ragioni diverse, hanno scelto di mettersi da parte: Franco Carraro da presidente Figc e Luciano Moggi da d.g. della Juventus; Innocenzo Mazzini da vicepresidente federale e Tullio Lanese da presidente dell’Associazione italiana arbitri; il generale Italo Pappa da capo dell’ufficio indagini Figc e (nella giornata di domani) il generale Francesco Attardi da vice dello stesso organo. Tutti, però, indagati dalla procura di Napoli: tranne Pappa e lo stesso c.t. azzurro, ascoltato venerdì scorso soltanto come «persona informata sui fatti».
A difendere Lippi ci sono colleghi (non tutti, ovviamente) e personaggi del mondo del calcio. Renzo Ulivieri, presidente dell’Associazione italiana allenatori, ha definito ieri «legittimo» il comportamento del c.t. «Chi fa il nostro mestiere - ha spiegato Ulivieri - sa che siamo soggetti a pressioni di ogni genere, che vengono da più parti: dirigenti, procuratori, stampa. A maggior ragione questo vale per l’allenatore della nazionale, che deve scegliere tra le squadre di Nord, Centro e Sud. L’importante è che quando rimane solo per prendere le sue decisioni, l’allenatore scelga in coscienza. La storia di Lippi dice che lui non ha mai ondeggiato, altrimenti non si arriva a certi livelli. Dopo un po’, cadi». Anche Azeglio Vicini, ex c.t. azzurro al Mondiale del ’90, non ritiene che l’Italia «avrà un allenatore dimezzato in Germania. Le dimissioni mi sembrano allo stato eccessive. Ma se ci fosse dell’altro sarebbe diverso, anche se non ci voglio pensare».
Se c’è dell’altro, probabilmente lo sapremo nei prossimi giorni. E lo sapremo dai pm Palamara e Palaia, che indagano sulla Gea e che domani riprenderanno gli interrogatori in procura. «Ma non sta a noi - ha chiarito Palamara - valutare l’opportunità che Lippi guidi la nazionale ai Mondiali».
FAREBBE NA COSA BUONA E GIUSTA SE SI DIMETESSE,
UNIREBBE L ITALIA , SE INVECE RIMANE LA STRAGRANDE
MAGGIORANZA DEGL ITALIANI TIFEREBBE
CONTRO.
ROMA - L’uomo che intimava a Zeman, in diretta televisiva, di uscire dal sistema se voleva continuare a combatterlo, si trova ora a dover fronteggiare la spinta di mezza Italia che vorrebbe le sue dimissioni. L’allenatore che dal ’94 al ’98 ha vinto tutto con la Juventus nel periodo in cui gli armadietti della società bianconera contenevano 280 specialità di farmaci, vede ora montare una corrente di pensiero che gli sollecita un gesto riuscito per esempio a Franco Carraro, un paio di settimane fa, dopo 40 anni trascorsi ai massimi livelli dello sport italiano. Il commissario tecnico che riceveva continue pressioni da Luciano Moggi, per molti anni suo superiore alla Juventus, su chi convocare e chi no in nazionale, e che secondo un’informativa dei carabinieri risulta essere assistito dalla Gea in cui suo figlio Davide svolge da tempo un ruolo di spicco, si scopre ora in bilico, a tre settimane dall’esordio ai campionati del mondo in Germania. Marcello Lippi, viareggino, 58 anni, per adesso resiste e tira dritto. «Mai pensato a dimettermi, da questo momento parlerò e mi preoccuperò solo dell’Italia e del Mondiale», ha ribadito l’altro giorno, dopo aver sostenuto un faticoso interrogatorio di tre ore e mezzo davanti ai pm della procura di Roma Luca Palamara e Maria Cristina Palaia, negli uffici di piazzale Clodio, a nemmeno un chilometro dallo stadio Olimpico. E dove probabilmente dovrà tornare per rispondere ad altre domande, per fornire altri chiarimenti, per convincere insomma i magistrati non troppo soddisfatti, almeno sembra, dell’esito del primo colloquio.
Ma l’aria che tira in queste ore non promette molto di buono. Perché sulla posizione e sulla figura del commissario tecnico della nazionale da più fronti si avanzano dubbi e sospetti ingombranti. Il «manifesto» di ieri, per esempio, ha dedicato mezza pagina al caso Lippi, sottolineando la nuova fragilità dell’allenatore, nonostante la fiducia proveniente dalla Federcalcio, e chiedendosi se non sia opportuno che Lippi faccia un passo indietro, magari per essere rimpiazzato proprio dal suo nemico storico, Zdenek Zeman. Il «Riformista» va addirittura oltre, titolando «Lippi si faccia da parte» un commento pubblicato in seconda pagina. «Data la gravità dei sospetti - si leggeva nell’articolo - sarebbe invece il caso che dalla Federazione (o dallo stesso c.t.) arrivasse un segnale chiaro. Ad esempio la sospensione (o autosospensione) dell’allenatore fino a che tutti i sospetti non saranno fugati». «L’Unità», invece, con un lungo fondo esprime il «disagio di tifare Italia ai Mondiali. Marcello Lippi è andato a deporre, davanti ai magistrati. Si indaga sulle scommesse di Buffon, si perquisisce la casa di Fabio Cannavaro. Cosa sia successo, davvero, lo stabiliranno magistrati e giustizia sportiva, ma quello che emerge dalle intercettazioni è già abbastanza chiaro e deprimente».
Dunque, un movimento «dall’alto», si potrebbe definire anche «politico», ha deciso di mettersi in moto affinché anche Lippi finisca nella lista di coloro che, a vario titolo e per ragioni diverse, hanno scelto di mettersi da parte: Franco Carraro da presidente Figc e Luciano Moggi da d.g. della Juventus; Innocenzo Mazzini da vicepresidente federale e Tullio Lanese da presidente dell’Associazione italiana arbitri; il generale Italo Pappa da capo dell’ufficio indagini Figc e (nella giornata di domani) il generale Francesco Attardi da vice dello stesso organo. Tutti, però, indagati dalla procura di Napoli: tranne Pappa e lo stesso c.t. azzurro, ascoltato venerdì scorso soltanto come «persona informata sui fatti».
A difendere Lippi ci sono colleghi (non tutti, ovviamente) e personaggi del mondo del calcio. Renzo Ulivieri, presidente dell’Associazione italiana allenatori, ha definito ieri «legittimo» il comportamento del c.t. «Chi fa il nostro mestiere - ha spiegato Ulivieri - sa che siamo soggetti a pressioni di ogni genere, che vengono da più parti: dirigenti, procuratori, stampa. A maggior ragione questo vale per l’allenatore della nazionale, che deve scegliere tra le squadre di Nord, Centro e Sud. L’importante è che quando rimane solo per prendere le sue decisioni, l’allenatore scelga in coscienza. La storia di Lippi dice che lui non ha mai ondeggiato, altrimenti non si arriva a certi livelli. Dopo un po’, cadi». Anche Azeglio Vicini, ex c.t. azzurro al Mondiale del ’90, non ritiene che l’Italia «avrà un allenatore dimezzato in Germania. Le dimissioni mi sembrano allo stato eccessive. Ma se ci fosse dell’altro sarebbe diverso, anche se non ci voglio pensare».
Se c’è dell’altro, probabilmente lo sapremo nei prossimi giorni. E lo sapremo dai pm Palamara e Palaia, che indagano sulla Gea e che domani riprenderanno gli interrogatori in procura. «Ma non sta a noi - ha chiarito Palamara - valutare l’opportunità che Lippi guidi la nazionale ai Mondiali».
FAREBBE NA COSA BUONA E GIUSTA SE SI DIMETESSE,
UNIREBBE L ITALIA , SE INVECE RIMANE LA STRAGRANDE
MAGGIORANZA DEGL ITALIANI TIFEREBBE
CONTRO.