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mosongo
23-05-06, 18:28
http://www.alateus.it/senzadio.htm
PREMESSA

Intorno al 600-500 a.C., la struttura della societa' in India era assai complessa ed in continuo fermento. Esistevano diversi modelli organizzativi sociali che comprendevano:

clan o gruppi familiari aborigeni, a livello del neolitico, abitatori delle folte foreste e che vivevano di caccia e della raccolta dei frutti spontanei della natura;
tribu' autonome dedite a forme di agricoltura primitive, sovente alla ricerca di nuove terre da sfruttare;
tribu' o federazioni di tribu' riunite in particolari "repubbliche", governate da un "monarca" con prerogative sovrane limitate. Queste popolazioni praticavano forme di agricoltura piu' evolute ed erano generalmente stabili su di un determinato territorio;
stati veri e propri, governati da sovrani e/o conquistatori, occupanti territori che comprendevano anche importanti citta', nelle quali venivano esercitate attivita' artigianali, commerciali ed artistiche evolute e, a volte, paragonabili alle civilta' corrispondenti attestate nel bacino mediterraneo;
popolazioni nomadi e pacifiche dedite alla pastorizia;
popolazioni nomadi bellicose la cui principale attivita' consisteva nella razzia e nel saccheggio;
comunita', citta' o stati costieri che avevano creato e sviluppato intensi traffici commerciali su lunga distanza e che avevano frequenti e consolidati rapporti con la Persia e coi paesi del Mediterraneo.A tutto cio' occorre aggiungere le difficolta' derivanti dal processo di integrazione, non ancora concluso, delle popolazioni arya, che erano penetrate nel territorio circa un migliaio di anni prima.
Un diffuso senso pessimistico della vita che era maturato sul territorio (difficile da intendere nel mondo occidentale e scarsamente sperimentato anche nei secoli piu' oscuri della storia dell'Occidente stesso) era dovuto, in massima parte, alle grandi e sovente cruenti trasformazioni della societa' indiana, una buona parte della quale tendeva a passare da organizzazioni tribali primitive a quelle piu' evolute di tipo repubblicano o assolutistico, in cerca di sistemazioni territoriali non sempre facili ed, a volte, ferocemente osteggiate.

In un ambito cosi' complesso, articolato ed in continua trasformazione (e dove sovente ognuno era in guerra contro l'altro) erano venute a mancare determinate certezze di tranquilla stabilita'. Il senso di incertezza del domani aveva diffuso un crescente pessimismo sulla natura e sul significato stesso dell'esistenza.

La casta brahamanica, intenta a raccogliere e a far confluire nel pantheon di divinita' (che costituiranno la base del futuro induismo) le miriadi di dei locali e particolari, presenti sul territorio, non era in grado di dare una risposta concreta ai problemi esistenziali del tempo.
Le vie di liberazione, teorizzate da insigni maestri, furono, almeno in parte, una risposta a tali problemi esistenziali.

mosongo
23-05-06, 18:29
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LA DOTTRINA AJIVIKA - AJIVISMO

Una delle prime correnti di pensiero, che non voleva necessariamente essere una risposta al senso di pessimismo dilagante, fu quella ajivika elaborata dal maestro Makkhali Gosala.
In effetti questa corrente, piu' che combattere il senso negativo della vita, proponeva all'individuo di adattarvisi, sviluppando, in fondo, un notevole atteggiamento fatalistico.

Il maestro Gosala affermava che il ciclo delle vite e delle morti era una entita' finita, preordinata dal fato e quindi completamente indipendente ed indifferente alle azioni buone o malvagie dell'individuo, pertanto:

"sia lo sciocco che il saggio devono seguire il proprio destino sino ad arrivare ad una inevitabile fine di dolore".

Nella sua semplicita' questa dottrina sembra anticipare quello che sara' poi il pensiero materialistico e razionalista moderno, naturalmente con i dovuti "distinguo".
Questa dottrina, enunciata intorno al 600 a.C., ebbe uno strepitoso successo e fu seguita per oltre 2000 anni, per tutta una serie di motivi, tra i quali:


lasciava all'individuo un'ampia liberta' di azione e di comportamento, al di fuori di qualsiasi intervento divino;
disconosceva, come conseguenza, la superiorita' sociale della casta brahamana, da sempre impegnata nella gestione del "divino";
riconosceva all'individuo i propri meriti personali, indipendentemente dalla sua nascita e dall'appartenenza ad una determinata casta.Malgrado la sua diffusione ed il suo successo bimillenario, di questa dottrina si sa molto poco; non viene quasi mai trattata sui testi di storia delle religioni e non si conosce nulla circa la sua struttura organizzativa, sui suoi metodi di diffusione e di proselitismo.

mosongo
23-05-06, 18:30
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IL JAINISMO

Il jainismo e' stato enunciato da Vardhamana Mahavira, verso la meta' del 500 a.C., quasi contemporaneamente alla nascita del buddismo.
Mahavira, detto anche il grande eroe, o Jina il conquistatore, discendeva da una famiglia nobile ed aristocratica detentrice di un notevole potere in una delle tante "repubbliche" dell'epoca. Si dice anche che fosse il figlio di un capo guerriero del clan dei Jnatrika ed imparentato in linea materna con un altro potente clan, quello dei Licchavi.

Occorre fare attenzione sui "si dice" in quanto notizie storiche precise sull'individuo non ce ne sono e, per molti versi, le descrizioni della sua vita e delle sue vicende terrene sono assai simili a quelle del suo contemporaneo Budda. Qualche storico ha anche ipotizzato che Mahavira e Budda potessero essere un'unica persona e che il jainismo possa essere stato una forma primitiva del buddismo.

Mahavira abbandono' la sua famiglia all'eta' di 30 anni e peregrino' in meditazione nella valle del Gange sino ai 42 anni, quando ottenne "l'illuminazione" e divenne, secondo i suoi seguaci, una "anima completa" cioe' un Kevalim ed anche un Jina ovvero un "condottiero".
Avendo quindi raggiunto lo stato di "illuminato", Mahavira continuo' il suo viaggio per le regioni dell'India diffondendo il suo messaggio di liberazione. Si suppone sia morto a 72 anni nel 468 a.C., (1) lasciandosi morire di fame, coerentemente con la dottrina che andava predicando.

La cosa strana che ha stupito gli storici e che ha sollevato molti commenti ironici e' il fatto che il digiuno, che lo avrebbe condotto alla morte per inedia, era stato iniziato all'eta' di 59 anni, cioe' 13 anni prima della sua fine!

Come dottrina il jainismo si oppone al totale e cinico realismo del movimento ajivika, dettando norme severe di comportamento intese alla ricerca della liberazione finale e predicando forme estreme di ascetismo che (in teoria) possono condurre alla morte.
La dottrina jaina si basa sui seguenti concetti fondamentali:
non esiste un "creatore"; l'universo e' sempre stato e sempre sara';
esiste un'anima individuale, distinta dalla materia che la imprigiona, per ogni entita' conosciuta: uomini, animali, vegetali e corpi inanimati ivi compresa l'acqua, le pietre, la terra, il fuoco. ecc.;
le singole entita' animate possono essere classificate secondo che dispongano di tutti i 5 sensi o solo di alcuni di essi;
gli esseri che dispongono di 5 sensi sono anche dotati di autocoscienza e di intelligenza. A questa categoria appartengono gli uomini, gli dei, gli esseri infernali ed alcune specie di animali. Solo per alcuni di essi sara' possibile la "liberazione finale";
anche gli altri esseri, compresi quelli che hanno un solo senso quale il tatto, possiedono un'anima individuale;
l'anima individuale, detta anche jiva (vita), da non confondersi con l'anima universale, e' caratterizzata da specifiche qualita' quali: la purezza, la beatitudine, l'onniscienza e l'autosufficienza;
l'anima individuale e' immersa nella materia e ad essa vincolata e che la trattiene a causa di un legame, il Karma (una "materia sottile") che fluisce nell'anima stessa, attraverso gli organi del senso, e la incatena alla materia condannandola alla "sofferenza del vivere", attraverso un ciclo perenne di reincarnazioni;
la via di scampo da questa situazione (riservata ai soli uomini) e' quella di agire sul legame karmico e di indebolirlo sino al punto di annullare il legame stesso;
ogni azione, parola o pensiero puo' agire sul legame karmico facendolo indebolire o rafforzare:
gli atti ed i comportamenti negativi, egoistici e malvagi rafforzano il karma perpetuando il ciclo delle reincarnazioni
gli atti positivi, morali ed altruistici lasciano inalterato il karma esistente
solo l'ascetismo e la sofferenza volontaria possono ridurre ed eliminare il karma gia' in essere
da tutto quanto sopra deriva un atteggiamento di assoluta "non violenza" nei confronti di tutti gli esseri animati (praticamente tutto) ed una esaltazione spinta della vita ascetica. Solo questa puo' condurre all'annientamento del karma ed alla interruzione del "ciclo della sofferenza" e del "dolore di vivere".Da un punto di vista scettico si nota subito che, per evitare la violenza verso gli altri esseri animati, il seguace jaina non dovrebbe nutrirsi neanche di vegetali, una regola che, se fosse applicata sino alle sue estreme conseguenze porterebbe all'estinzione del movimento jaina, essendo tutti i suoi aderenti votati al suicidio per inedia.
L'applicazione integrale delle regole dettate da Mahavira comporta atteggiamenti che per noi occidentali sono alquanto sconcertanti; ad esempio:
I jaina portano una garza sul viso per non nuocere, con il loro respiro, agli insetti ed ai microrganismi presenti nell'aria
Non fanno il bagno perche' onorano ogni forma di vita, compresi i pidocchi ed altri parassiti
Evitano di lavarsi per non offendere con la loro sporcizia l'anima dell'acqua
Non cammi**** mai al buio per timore di schiacciare qualche piccolo essere vivente
Cammi**** sempre a piedi nudi e rifiutano qualsiasi mezzo di trasporto
Si coprono solo con stoffe drappeggiate, senza alcuna cucitura; in tempi andati alcuni membri della setta praticavano in nudismo integrale
Bevono solo di giorno ed unicamente acqua bollita
Si riducono capelli e barba strappandosi i peli anziche' tagliarli
Hanno un rispetto assoluto della vita degli uomini, degli animali e dei vegetali
Un perfetto santo jaina dovrebbe evitare di nutrirsi anche di vegetali ed ambire alla morte per fame.Regole cosi' severe avrebbero potuto comportare l'estinzione del movimento sul nascere mentre invece e' successo esattamente il contrario. La dottrina jaina, mediante tutta una serie di compromessi, si e' sviluppata enormemente, specie in India, ed e' durata nei millenni sopratutto tra i ceti borghesi ed intellettuali. Non era certo una dottrina adatta ai contadini.

Attualmente (2001 d.C.) si contano circa 3-4 milioni di aderenti concentrati in massima parte nel sub continente indiano, nello stato del Gujarat.
Il loro massimo centro e' il complesso di Palitana, disposto sopra una montagna ed al quale si accede per una scala di 3500 gradini. Il complesso comprende 850 templi che ospitano 27.000 statue scolpite in onore dei loro 24 tirtankara, coloro che (anche non jaina) nel corso dei millenni hanno raggiunto la perfezione e sono passati al nulla.

Subito dopo la morte di Mahavira vennero fondati ordini monastici per consentire a chi lo volesse di praticare forme di ascetismo piu' o meno spinte. Gli altri aderenti al movimento praticano invece regole piu' temperate sotto la guida spirituale e morale di un monaco. Uno dei punti di forza del movimento e' stato, nel corso dei secoli, questo rapporto costante ed ininterrotto tra il fedele ed il suo monaco di riferimento.

Non esistono atti formali di adesione alla fede jaina; si tratta di una scelta volontaria individuale mediante la quale il neo aderente sceglie di accettare certe regole di vita sotto la guida e con il supporto di un monaco asceta.

Occorre comunque precisare che anche nei monasteri l'ascetismo, nelle sue forme estreme, non viene quasi mai praticato. Non si ha notizia di qualcuno, oltre a Mahavira, che si sia lasciato morire di fame (forse uno, ma non e' sicuro). Nel corso dei secoli il movimento ha posto l'enfasi sull'altruismo, sul pacifismo e sulla assoluta non violenza. Sotto questi aspetti qualcuno ha voluto vedere nel Mahatma Gandhi un aderente al credo jaina.

Con il tempo e con le donazioni dei fedeli gli ordini monastici si svilupparono diventando molto ricchi, potenti e dotati di una vasta preparazione intelletuale, tanto da opporsi, in piu' occasioni, all'altra classe intellettuale dominante, quella dei brahamani.

Rinchiusi nei loro monasteri i monaci hanno praticato una particolare forma di ascetismo dedicandosi alla conservazione ed alla trascrizione, quando necessaria, dei piu' antichi manoscritti del mondo, in sanscrito ed in pracrito. Non dovendo cercare negli antichi documenti una giustificazione alla loro esistenza, hanno evitato di fare quello che e' successo, secoli dopo, nei monasteri europei nei quali la falsificazione dei testi e la loro mutilazione erano all'ordine del giorno.

Altri importanti contributi vennero dati anche nell'ambito della matematica, dell'astronomia, della linguistica e della logica; su questo ultimo apporto e' necessaria una precisazione.
Si tratta della definizione del metodo logico "plurilateralistico" nato in contrapposizione al metodo logico elaborato dai greci, loro contemporanei. Nella logica greca:
A puo' essere uguale a B
A puo' essere diverso da B
(Su questi concetti, apparentemente banali e scontati, si basa la logica del computer che state usando in questo momento per leggere queste note.)Invece, secondo il metodo del plurilateralismo jaina si ha:
A puo' essere uguale a B
A puo' essere diverso da B
A puo' essere, allo stesso tempo, uguale o non uguale a B
Il rapporto che intercorre tra A e B puo' essere indefinibile.Questo, secondo il jainismo ed in estrema sintesi, sta a significare che la verita' assoluta di una affermazione puo' essere percepita solo da un'anima che abbia raggiunto la perfezione, perfezione destinata a pochi e raggiungibile solo dopo lunga sofferenza.

Commenti a parte, e' evidente la difficolta' per un occidentale di accettare le due ultime asserzioni, anche se (informazione da verificare) alcuni scienziati pare abbiano preso in considerazione queste affermazioni allo scopo di risolvere alcuni intricati problemi di fisica quantistica.

Il jainismo ha spinto al massimo i concetti di assoluta moralita', assoluto rispetto altrui, parsimonia ed attaccamento al lavoro anticipando di parecchi secoli quella che sara' l'etica di Calvino. Questo ha permesso che il jainismo si sviluppasse sopratutto tra le classi borghesi mercantilistiche e finanziarie del tempo, anche grazie al fatto che ascetismo e rifiuto del sesso consentivano di dedicare tutte le proprie energie al lavoro ed agli affari favorendo l'arrichimento degli aderenti. (2)

Lo sviluppo e la vita del movimento non furono sempre prive di difficolta'. L'invidia provocata dalle ricchezze accumulate dai jaina, grazie alla loro dedizione agli affari, indusse, nei primi decenni del 600 d.C., uno dei tanti sovrani locali ad ordinare l'impalamento di 8000 jaina ed il conseguente sequestro dei loro beni.


(1) Supponendo che Mahavira sia effettivamente esistito, molti storici hanno ritenuto accettabile e probabile questa data. Quelli che non concordano sono i jaina, secondo i quali la morte del fondatore sarebbe avvenuta circa 60 anni prima.

(2) Verso la fine del 1800 e l'inizio del 1900, alcuni mercanti russi, conscii del dispendio di energie e della alienazione che il sesso comporta, distraendo l'attenzione dagli affari, decisero di unirsi in una setta che praticava la castrazione dei suoi aderenti.
La setta raccolse qualche centinaio di affiliati e sarebbe ancora progredita se non fosse stata presa di mira dal monaco ortodosso Rasputin. Il monaco fece pressioni alla corte dello zar, presso la quale era introdotto, per far dichiarare fuori legge l'affiliazione ed i suoi aderenti.

mosongo
23-05-06, 18:31
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IL BUDDISMO

Quando si parla del buddismo come "religione senza Dio" ci si riferisce al buddismo primitivo, come era stato enunciato dal suo fondatore Siddharta Gautama (Gotama), e cioe' alla "Dottrina Theravada" (o anche Dottrina Hinayana, del Piccolo Veicolo, Insegnamento degli Anziani, ecc.); Questa dottrina e' ancora oggi seguita, ed ha i suoi centri piu' importanti, nello Sri Lanka (Ceylon) e nel Laos.
E' una religione, nata contemporaneamente al jainismo, che si puo' ritenere collocata a mezza strada tra il fatalismo della dottrina Ajivika ed il rigore delle regole del jainismo stesso.

Sul suo fondatore Siddharta Gautama occorre formulare alcune riserve dovute a:


assenza di documenti storici inequivocabili,
commistioni e parallelismi tra gli eventi della vita di Gautama e quelli di Mahavira;
dubbi sollevati dalle storie di vite precedenti del Budda, contenute nel "Canone buddista", che lasciano supporre che questo culto sia stato, all'inizio, una aggregazione di regole di saggezza risalenti a tempi molto remoti,
il Canone buddista e' stato fissato e formalizzato parecchi secoli dopo la morte del Budda, cosa che contribuisce non poco a determinare molte incertezze sul fondatore di questo credo.Comunque sia, allo scopo di dare una collocazione temporale al personaggio ed all'evento, molti studiosi concordano con la versione che qui' viene sintetizzata:


Siddharta Gautama e' nato nel 566 a.C. (alcuni non concordano e indicano anni come: 564, 563, 560, 557 a.C.).
Il luogo di nascita e' Kapilavastu (Nepal).
Era figlio del principe Sakya Suddhodana e della principessa Mayadevi. Il padre era un esponente eminente del clan dei Sakya e per questo motivo Gautama viene a volte indicato come "Sakyamuni".
Nel 550 a.C. Gautama sposa la cugina Yasodhara dalla quale, qualche tempo dopo, avra' un figlio: Rahula.
Nel 537 a.C. Gautama, che ha 29 anni, preso coscienza e sconvolto dalle miserie degli uomini, abbandona la famiglia e la comoda vita di palazzo ed intraprende una vita di rinuncia e di introspezione.
Dopo anni di peregrinazioni, solo e ormai privo di forze, nel 531 a.C., abbandonato sotto un albero di fico nei pressi di Bodhgaya, Gautama ottiene l'agognata "illuminazione" (Budda significa illuminato).(1)
Dal 531 al 486 a.C. il Budda dedichera' il resto della propria vita (45 anni) a diffondere la propria dottrina e raccogliere discepoli.I concetti fondamentali del buddismo sono, in parte ripresi da antichissimi scritti indiani (Upanishad); nella loro essenza si ritiene che:

Tutti gli esseri e tutte le cose sono parti di un'anima cosmica universale la quale, come un fuoco che arde, sprigiona milioni di scintille che entrano a far parte, come anime individuali, di tutti gli esseri viventi.

Mentre inizialmente si pensava che dopo la morte di un qualsiasi essere la sua anima ritornasse automaticamente a ricongiungersi con l'anima cosmica, in epoche successive venne introdotto il concetto di reincarnazione, negando cosi' l'automaticita' di tale ricongiungimento.
Il passo successivo, essenzialmente pessimistico, fu quello di considerare la reincarnazione come una condanna, una maledizione, qualcosa che obbligava l'essere ad un infinito ciclo di vite di sofferenza e di dolore ("il dolore di vivere").

Il problema che il Budda (e altri maestri) si pose fu quello di definire una via di scampo, un'uscita dal cerchio perenne della sofferenza legata al vivere in se'. A differenza di molte altre religioni che promettono una vita migliore dopo la morte, a patto di seguire certe regole, il Budda promise il "Nulla", il "Nirvana" cioe': l'assoluta e totale estinzione. La morte assoluta e definitiva doveva essere il premio di una vita di dolore condotta con sopportazione ed indifferenza.

Individuato il "desiderio" come fonte di qualsiasi aspetto negativo dell'esistenza, il Budda cerco' di definire una regola di vita e di comportamento, non condizionata dai desideri, e basata su una via di mezzo tra l'eccessivo rigore e l'eccessiva indulgenza verso se stessi.

Il Budda espresse i fondamenti della propria dottrina, dopo "l'illuminazione", in un famoso discorso tenuto ad una folla di discepoli, presso Benares. E' il discorso delle Quattro Nobili Verita' cosi' sintetizzate:


1ª Verita' = la vita e' sempre una vita di dolore
2ª Verita' = il dolore e' sempre una conseguenza del desiderio
3ª Verita' = per mettere termine al dolore occorre eliminare il desiderio
4ª Verita' = il desiderio si puo' eliminare solo camminando sul "Nobile Ottuplice Sentiero" cosi' definito:
Retta visione
Retta decisione
Retto eloquio
Retta condotta
Retto stile di vita
Retto sforzo
Retta attenzione
Retta concentrazioneIl Budda individua nel desiderio il legame che costringe il singolo individuo ad una serie infinita di nascite e di morti; e' il desiderio che provoca la sofferenza inducendo l'individuo a conquiste puramente illusorie ed individuali, mentre in realta' non esistono individualita' o conquiste permanenti, in quanto, secondo questa dottrina, tutto cio' che esiste e' solo una aggregazione provvisoria, anche se in misura assai varia, di cinque componenti fondamentali:


materia
sensazione
percezione
disposizione psichica
consapevolezza.Secondo il Budda anche l'universo, nel suo insieme, non e' un fatto di creazione ma solo una aggregazione, avvenuta per caso, di molteplici elementi e soggetta a continua trasformazione. Non esiste "permanenza delle cose" ma solo "l'illusione delle cose" dovuta ai nostri sensi.
Spinta ai suoi estremi questa concezione porta alla formulazione di argomenti di meditazione assai astratti, di cui riportiamo un esempio:

La luna non esiste, l'acqua del fiume non esiste, il riflesso della luna nell'acqua del fiume esiste.

L'abolizione di ogni desiderio comporta una vita di inazione e di dedizione totale al conseguimento della propria liberazione dal ciclo delle reincarnazioni (il Nirvana come estinzione totale), praticabile solo da gruppi ristretti di persone, segregate in monasteri, sempre a condizione che altri individui, meno desiderosi di liberarsi, continuino a lavorare ed a mantenere, anche con poco, gli ospiti dei monasteri, senza trarne immediati benefici ma acquistando meriti in vista della loro futura reincarnazione.

Questo e' stato un punto di debolezza della primitiva forma del buddismo. Era, tutto sommato, una dottrina di difficile comprensione destinata ai ceti piu' colti e facoltosi della societa' indiana. La classe piu' bassa della popolazione, che propende a sacralizzare certi momenti fondamentali dell'esistenza quali, nascita, matrimonio e la morte (insieme al culto dei trapassati), non poteva ricevere ascolto da monaci, rinchiusi nei loro monasteri e sordi alle piu' comuni istanze intese a solennizare gli atti essenziali della vita. Pur aderendo in via di principio alla dottrina buddista, molti erano poi costretti a ricorrere a sacerdoti di altri culti per la celebrazione di quei riti che ritenevano necessari. Oltre tutto l'adesione al buddismo non era di tipo vincolante ed esclusivo; si poteva essere, allo stesso tempo, seguaci del Budda e del brahmanesimo.

In fondo, la pletora degli dei locali era molto piu' aderente alle esigenze della mentalita' contadina; erano dei ai quali si offrivano offerte per ottenere speciali grazie, ma che si potevano anche pesantemente insultare quando queste grazie non venivano concesse; consentivano un rapporto con il divino piu' semplice, diretto ed immediato.

Anche Budda non manco' di disconoscere la superiorita' della casta bramana; essendo egli un appartenente alla casta dei guerrieri, predico' la supremazia di quest'ultima casta, senza peraltro porsi il problema di abolire questa antica ripartizione in gruppi castali del genere umano.(2)

Sopravvissuto per qualche secolo, coinvolgendo le classi piu' colte e con il loro aiuto, il buddismo (nella sua espressione theravada) minaccio' di estinguersi; la sua salvezza e la sua straordinaria diffusione furono dovuti, tra il primo secolo a.C. ed il primo d.C., a:


una rivisitazione del Canone Buddista, operata da gruppi di monaci, che diede vita alla nuova Dottrina Mahayana (il Grande Veicolo)
la mitizzazione della figura del Budda, che venne di fatto trasformato in un dio (uno e trino) e in un messia, con caratteristiche assai simili al messia cristiano (in vita il Budda si era sempre opposto a questa tendenza)
il credo nell'esistenza di uomini (o semidei?) di suprema saggezza, come i Bodhisattva, ai quali vennero successivamente affiancate le Tara di genere femminile.
l'organizzazione di comunita' di monaci missionari che diffusero il nuovo credo in tutto il mondo allora conosciuto (compreso il bacino del Mediterraneo)
le regole per la ricerca della salvezza, nei monasteri, assai meno impegnative di quelle indicate dalla dottrina theravada
lo sviluppo degli interessi culturali nei monasteri
la creazione di monasteri ed ordini monastici femminili
la creazione e la diffusione delle immagini del Budda, quali oggi le conosciamo (II sec. d.C.)
la costruzione di templi e la formulazione di rituali, molti dei quali di provenienza induista, atti a soddisfare le semplici esigenze di fede delle classi meno colte.I limiti posti a questa pagina (Religioni senza Dio) non consentono di trattare diffusamente del buddismo mahayana; basti solo ricordare l'enorme diffusione di questa fede in tutto il mondo orientale: India, Cina, Tibet, Nepal, Birmania, Bengala, ecc.. Il buddismo mahayana dimostro' una enorme capacita' di adattamento ai contesti locali, fondendosi a volte con credi similari, e costruendo monasteri che divennero sempre piu' ricchi ed influenti sulla politica e sulle amministrazioni locali. Tanto influenti che in Cina, a partire dallo 845 d.C., l'imperatore Wuzong decise:


la confisca delle terre, degli schiavi, del denaro e dei preziosi di tutti i monasteri;
260.000 monaci furono restituiti allo stato laicale;
4.600 monasteri furono distrutti o destinati ad altro uso;
40.000 centri di culto furono demoliti.Attualmente i buddisti dovrebbero aggirarsi sui 250-300 milioni di fedeli, divisi in tre grandi correnti: Hinayana, Mahayana e Vajrayana. Nella regione di Ladakh (India) viene praticato una particolare forma di buddismo tantrico. La cifra e' molto incerta anche per il fatto che oggi le sette buddiste sono innumerevoli, sparse in tutto il mondo ed ognuna con le sue peculiarita'. In Italia (2003) i fedeli sono circa 50.000.








(1) Cosa significhi essere "illuminati" o ricevere l'illuminazione, nel senso che i buddisti vogliono attribuire a questo concetto, non e' facile da spiegare. Visto che le innumerevoli definizioni formulate non concordano tra di loro, si puo' ritenere l'illuminazione come il
raggiungimento di una superiore saggezza unita ad un profondo distacco dalle cose di questo mondo.
(2) L'organizzazione originaria della religione buddista (comprensibile solo ai piu' dotti ed esercitata da una ristretta cerchia di asceti) e' simile - oltre all'ajivismo - al manicheismo ed ai suoi derivati europei (bogomilismo in Bulgaria, catarismo in Francia, paulicianesimo in Georgia).
(articioc)

mosongo
23-05-06, 18:32
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IL TANTRISMO

Il tantrismo e' probabilmente uno dei culti piu' antichi della terra e viene fatto risalire, se non al neolitico, ai primi insediamenti umani che misero a coltura la valle dell'Indo. Secondo alcuni studiosi sarebbe una derivazione delle pratiche magiche e propiziatorie collegate con l'ancestrale culto della Dea Madre.

Sopito e dimenticato per qualche millenio, riemerse ed ebbe una rapidissima diffusione a partire dal V secolo a.C., influenzando significativamente sia il brahmanesimo che il buddismo (buddismo tantrico) e, successivamente, l'induismo.
Il riemergere delle idee tantriche ha riportato alla luce culti magici originari, praticati per millenni dagli strati piu' umili della popolazione indiana.

Il nome tantrismo deriva dai "Tantra" un complesso di testi antichissimi che riportano i riti, gli incantesimi e le formule magiche che sono alla base di questo culto, sempre celebrato in forma segreta. Percio' parlare di tantrismo e' sempre un po' velleitario costituendo i rituali segreti una soglia, ancora oggi, difficilmente valicabile. In effetti di questo culto, al di la' delle solite illazioni, o di qualche deduzione da dimostrare, si sa molto poco.

Investito dall'ondata di pessimismo che ha sommerso la societa' indiana, 500 anni prima dell'era volgare, anche il tantrismo si e' trovato di fronte al problema angoscioso della reincarnazione e ha dato delle risposte quanto meno originali ed assai poco conformi a quelle del jainismo e del buddismo theravada.
Il tantrismo cerca di interrompere il ciclo delle vite e delle morti, mediante l'uso di riti, formule magiche e tecniche di controllo del corpo e della mente, che portano a stati di esaltazione e di astrazione ipnotica, a volte assai pericolose; per questo motivo, e per la sua straordinaria componente esoterica, il rito tantrico deve sempre essere celebrato con l'assitenza di un maestro anziano, il quale comunica, di volta in volta, al discepolo neo-iniziato, le necessarie formule magiche, le Mantra, e lo assiste nei suoi esercizi corporei. Raramente al discepolo anziano, gia' iniziato, viene concesso di operare da solo.

Pur ignorando il concetto di un dio unico, creatore e reggitore dell'universo, i rituali tantrici danno una particolare importanza all'elemento femminile (ricordo ancestrale della primitiva Dea Madre) e contemplano una serie di divinita', dotate di particolari poteri, quali Lakshmi e Parvati; inoltre Durga e Khali, derivate dall'induismo, rappresentano manifestazioni della compagna di Shiva.
Il culto tantrico non fa distinzioni basate sul sesso, sulla posizione sociale dell'individuo o sull'appartenenza ad una determinata casta; questo non ha mancato di provocare atteggiamenti di dichiarata avversione da parte della casta brahmana che accusa il tantrismo di praticare forme estreme di stregoneria.
A dare indirettamente credito alle accuse dei bramani, ci sono poi alcune sette tantriche che cercano la via della liberazione con modi quanto meno inconsueti. Secondo queste scuole, la liberazione puo' essere ottenuta solo infrangendo tutta una serie di regole sociali e di civile convivenza universalmente accettate. Queste sette impongono quindi ai loro aderenti:


un uso smodato di bevande alcoliche
alimentazione largamente basata su carni (anche proibite) e pesci
l'uso di afrodisiaci e droghe varie
atti sessuali al di fuori del matrimonio e conseguentemente
la partecipazione a qualsiasi tipo di orgie rituali
l'omicidio rituale
la coprofagia
e tanti altri atteggiamenti contrari alla pubblica morale.Cosa ci sia di vero o falso in tutto questo e' difficile dirlo. Trattandosi di riti assolutamente segreti non si puo' dimostrare nulla, pero' e' presumibile che qualcosa sia dovuto anche all'atteggiamento detrattore della casta bramana che gestisce gli altri culti, ai quali il tantrismo sottrae non pochi fedeli.

Piu' che combatterlo il buddismo cerco' di allearsi con il tantrismo dando origine a due correnti di "buddismo tantrico":


la corrente della "Mano Destra" che privilegia l'esercizio del culto di divinita' di tipo maschile
la corrente della "Mano Sinistra" (detta buddismo "Vajrayana" o veicolo del tuono) che predica il culto di figure femminili salvatrici, le Tara.Nel corso dei secoli entrambe queste correnti ebbero una forte espansione sopratutto nei territori al di fuori dei confini dell'India.
Il tantrismo e' oggi vivo e vegeto anche se non ci sono elementi per quantificare il numero degli aderenti; in fin dei conti e' pur sempre un culto segreto!




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<FONT color=#008000><H4>RIFERIMENTI

CLEMEN C. - Les Religions du monde
HESSE H. - Siddharta
COOMARASWAMI A.K. - Vita di Buddha
MERCATANTE A.S. - Dizionario universale dei miti e delle leggende
TORRI M. - Storia dell'India
ARMSTRONG K. - Storia di Dio
GERNET J. - Il mondo cinese
CONZE E. - Breve storia del buddhismo
SNELLING J. - Il buddhismo