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Visualizza Versione Completa : Il Demone che ci è toccato in sorte



=DADOUKOS=
29-05-06, 09:13
Meditiamo sulle parole del Timeo:
«Il Demone compie ciò che l’uomo ha scelto»

Un aspetto su cui spesso si glissa, per salvaguardare la ‘laicità’ e la ‘razionalità’ del pensiero di Plotino è quanto egli scrive a proposito del ‘Demone che ci è toccato in sorte’ (Enn. III, 4).
Questa concezione si ricollega esattamente, del resto, ad una idea tipica del pensiero e della filosofia ellenica. Felicità, infatti, non è altro che eudaimonía: ‘avere un buon demone’.

Chaos88 (POL)
29-05-06, 22:36
E secondo Porfirio (Vita Plotini 10), il daimon guardiano di Plotino, evocato da un prete egizio, altro non era che un dio....

Il passaggio, molto interessante (non lo posso citare pero' perchè non ho il testo sotto mano), pone delle questioni difficili: qual'e' il significato dell'evocazione? E' possibile evocare un dio per poi costringerlo a sparire, come fa un attendente nel passaggio di Porfirio, sacrificando un uccello? E soprattutto: qual'e' la natura del genio che alla nascita ci è impartito? Di che sesso è, e che funzione ha? Corrisponde alla nostra anima sottile? Al nostro corpo astrale (augoides ochema)? Alla fylgia germanica e all'angelo custode cristiano?...

Silente
30-05-06, 01:15
Daimon=REBIS=Nous, quindi il compimento della COSA UNA e quindi la Conoscenza della propria Vera Natura. Essa corrisponde al "separando mercuriale"( l'Uomo Alato, l'Uomo Storico) in Kremmerz, in quella dell'Astrum Argentinum di Crowley al Congressum cum Demone e nella Quarta Via di Gurdiiejf all'acquisizione della "Terza Forza", della terza Stanza. Nella Via della Tradizione ermetica romano-mithriaca è l'acquisita condizione di HELIODROMOS. ( Pasto con gli Dèi. Agape apollineo). L'eudaimonia in Platone è, infatti, l'attuazione dell'aretè della Giustizia, dell'Ordo nel Chaos, dell'anamnesi del proprio status orginario, di colui che coagula ciò che è (ha) disperso.



"...l'anima immortale proviene dal Dio Primo, un'anima seconda si costituisce per opera degli Dei cosmici...questi Dei hanno posto nel corpo le diversa facoltà: il pensiero nel capo, il fuoco vitale nel cuore, l'epithymìa nel fegato,...la parte mortale dell'anima tessuta dagli Dei sulla parte immortale" (Plotino, Enneadi, II, 3, 9).

=DADOUKOS=
06-06-06, 08:48
[…] un sacerdote egizio, giunto a Roma, che lo aveva conosciuto tramite un amico e che voleva far sfoggio della sua sapienza, portò Plotino a contemplare l’evocazione del suo proprio Demone che lo custodiva. Dopo che questi accettò, l’evocazione avvenne nel tempio di Iside: l’Egizio, infatti, sosteneva che a Roma soltanto quel luogo fosse puro. Il Demone fu evocato sotto i loro occhi, ma comparve un Dio che non apparteneva al genere dei Demoni; allora l’Egizio esclamò: «Beato te, che hai un Dio per Demone, e non un custode di grado inferiore». Non fu tuttavia possibile interrogarlo né guardarlo di presenza più a lungo, giacché un amico che assisteva, strangolò gli uccelli che teneva in custodia […]

Yggdrasill
07-06-06, 02:07
Mi permetto di porre una domanda circa una questione che mi tormenta da tempo immemore. Spero di non risultare importuna, nel caso che mi si epuri senza indugio.

Premettendo che Dovere d'ogni uomo e donna sia quello d'inverare ciò che si è scelto prima della nascita, e di cui il Daimon è garante.
Domando se possa un atto d'autoeliminazione essere considerato come incapacità, fuga vigliacca, e, soprattutto, elusione o peggio rottura, del Patto sugellato con la propria Moira, producendo come risultante una deviazione e retrocessione dell'Anima dal proprio percorso verso l'Uno. Oppure se, essendo anch'esso espressione di ciò che Ananke determina, questo non possa venir considerato altro se non l'ineludibile segmento di una strada che in quel determinato tratto non poteva essere calcata se non in tale maniera, risultando perciò lecito ed ammissibile.

Grazie.

Y

=DADOUKOS=
08-06-06, 09:43
Queste sono le parole dell’araldo che presenta le anime a Lachesi. Una volta prese dalle ginocchia della Moira sorti e modelli di vita (biou paradeigmata), egli annuncia:

Parole della vergine Lachesi, figlia di Ananke: anime, che vivete solo un giorno (ephemeroi) comincia per voi un altro periodo di generazione mortale, portatrice di morte (thanotephoron). Non si otterrà in sorte un Daimon, ma sarete voi a scegliere il Daimon. E chi viene sorteggiato per primo scelga per primo una vita, cui sarà necessariamente congiunto. La virtù (arete) è senza padrone (adespoton) e ciascuno ne avrà di più o di meno a seconda che la onori o la spregi. La responsabilità è di chi sceglie; il Dio (theos) non è responsabile.

Alle anime, viene presentata una vasta quantità di paradigmi di vita: animali, uomini, donne, tiranni, vite di successi oppure di fallimenti...Dopo la scelta, le anime si presentano a Lachesi, dalla quale ciascuna ottiene il Daimon che si è preso, perché gli sia custode e adempia quello che ha scelto. Il Daimon quindi non capita in sorte (come pare affermare Plotino) ma è oggetto di una scelta. La libertà di scelta rende la virtù "senza padrone". Vi è eudaimonia in quanto noi stessi abbiamo scelto un buon Daimon. Fattore necessario dell'eudaimonia, dunque, non è più il Demone, ma il carattere della nostra scelta.

Il Daimon conduce l'anima da Cloto, a confermare sotto il giro del fuso il suo destino, e poi da Atropo a renderlo inalterabile, e quindi, dal trono di Ananke, verso la pianura del Lete.
Inalterabile: in base a quanto ci dice il Sommo Platone, dunque, anche la scelta (apparente) di rifiutare il proprio destino è stata prevista.

Helios
08-06-06, 11:34
Valete.


Parole della vergine Lachesi, figlia di Ananke: anime, che vivete solo un giorno (ephemeroi) comincia per voi un altro periodo di generazione mortale, portatrice di morte (thanotephoron). Non si otterrà in sorte un Daimon, ma sarete voi a scegliere il Daimon. E chi viene sorteggiato per primo scelga per primo una vita, cui sarà necessariamente congiunto. La virtù (arete) è senza padrone (adespoton) e ciascuno ne avrà di più o di meno a seconda che la onori o la spregi. La responsabilità è di chi sceglie; il Dio (theos) non è responsabile.

Sarebbe interessante (fors'anche parzialmente risolutivo) sapere quanto di 'pitagorico' c'è in questa visione, che il richiamo stesso ad Ananke (la 'Necessità') inquadra in un contesto cronologico notevolmente antico, tanto risalente nel tempo da risultare nebuloso.
Perchè Pitagora: perchè come forse in questo stesso Circolo (che per la qualità dei contenuti ed il livello delle discussioni si preannuncia, a meno di un mese dalla sua nascita, come uno dei fora italiani più completi e suggestivi) è stato detto, è anche mia ferma convinzione che Porfirio, Proclo, Plotino e via dicendo, tornando indietro nel tempo fino a Platone stesso, altro non abbiano fatto se non tramandare la medesima Idea secondo adattamenti varii, dovuti anche a normalissime "equazioni personali", senza la carica spregiativa che spesso questa espressione reca con sé; ciò che distingue il Filosofo dal "filosofo".
E che Platone 'raccogliesse il testimone' da Pitagora, e Pitagora da Orfeo, ed Orfeo da... :) nec plus ultra.
Ciò di cui parliamo è una Catena che si snoda attraverso i millenni, fino a Pletone, fino a Thomas Taylor, in maniera ora più ora meno incorrotta, ergo mi chiedo, tornando alla domanda principale: quanto c'è di 'pitagorico' nella visione dell'anima che sceglie il proprio Daimon?
Augusto Rostagni, nel suo meraviglioso "Il Verbo di Pitagora" (rist. Victrix), ci fa notare che la metempsicosi è la dottrina del mutamento per eccellenza in base alla quale le anime, scintille divine, cadendo nel mondo, entrano nel ciclo della Necessità (Anànke) seguendo con moto apparente il moto “reale” della Natura ed incarnandosi di volta in volta in tutti gli esseri animati (metempsychòomai, passo da un corpo in un altro):

“Ed io fui già garzone e donzella, e arbusto e uccello e muto pesce abitatore dell’onde...” (Emped., Purif., Fr. 117)

È ciò che Rostagni imposta nei termini, tanto audaci quanto calzanti, di un mutamento qualitativo nel caso della Physis, della Natura in costante divenire, e di un semplice mutamento di posizione nel caso delle anime, aventi la stessa natura di Dio: fenomeno, quest’ultimo, chiaramente impostato sui canoni della relatività, paragonabile al moto apparente del Sole lungo l’Eclittica, laddove a muoversi non è l’Astro, bensì la Terra. È per questo motivo che gli Antichi ponevano la questione nei termini dialettici di metabolé e kìnesis.
E tuttavia Rostagni non fa menzione di 'scelte' da parte dell'anima; tuttavia ecco un passo di Diogene Laerzio di particolare interesse:

“Tutta l’aria è piena di anime, ed esse sono ritenute demoni ed eroi (daimonàs te kai éroas nomìzesthai).” (Diog.Laerz., Vita dei Fil., VIII, 32)

Ciò pone un problema: le anime verrebbero identificate tout-court con i Demoni e gli Eroi. Allora dov'è la differenza (specie nel momento in cui diciamo che "l'anima sceglie il suo Dàimon") ?
Ci soccorre, insperatamente, Alcmeone. 'Insperatamente' perchè è noto che del medico crotoniate si propaganda da secoli il presunto 'razionalismo', sulla scorta della concezione dell'anima come afferente all'organo cerebrale. Scrive Rostagni parlando di Alcmeone:

“non la vita organica soltanto, ma anche la vita superiore, morale e intellettuale, è prodotta dal corpo. Infatti, abbiamo visto ch’egli (Alcmeone, nd Helios) la fa provenire da un organo fisico, il cervello; il quale, per mezzo del movimento, di cui ha il possesso, secerne le sensazioni, secerne la volontà, secerne il pensiero. Tutte le funzioni, dalle più umili alle più elevate, non sono se non proprietà del corpo: si identificano quasi con gli organi di esso; mutano col mutare delle condizioni in cui esso si trovi, muoiono in esso e con esso.” (A.Rostagni, Il Verbo, cit., pag. 74)

Eppure lo stesso Alcmeone, in un altro tòpos (Fr. A 12 Diels), afferma a chiare lettere:

“L’anima è immortale per la sua somiglianza con le cose immortali.”

Abbiamo dunque due 'anime': un'anima "immortale", che pure a quanto pare i Pitagorici chiamavano Psychè alla stessa maniera dell'"altra" anima, quella "somatica", vale a dire il complesso psichico di cui si è detto sopra, comprensivo di sensazioni, volontà, pensiero e prodotto dall’organismo stesso per tramite dell’apparato cerebrale. Questa anima è da considerarsi come strettamente legata alla vita del corpo e non l’altra, immortale, cui il corpo -sòma- è carcere (“Igneus est ollis vigor et caelestis origo / seminibus, quantum non noxia corpora tardant / terrenique hebetant artus moribundaque membra. / Hinc metuunt cupiuntque, dolent gaudentque, / neque auras dispiciunt clausae tenebris et carcere caeco” – Verg., Aen., VI, 730 sgg.) ...
L'anima immortale si identifica dunque col Dàimon ed è la scintilla di Divinità nell'uomo; l'anima somatica afferisce al piano "psichico" lato sensu inteso, è legata al cerebro, al sistema nervoso, è transeunte e può seguire il destino del corpo salvo "reincarnazione" secondo il ciclo di Anànke (e d'altra parte, volendo forzare 'poeticamente' la questione, non è forse concepibile in un certo senso -e non in quello della cristiana "resurrezione del corpo"- che il corpo stesso 'torni' sotto nuova forma, la materia avendo come proprietà intrinseca la trasformazione, il cambiamento, il mescolamento? Si vedano le Quartine Rubayyat di Omar Kayyam per una impostazione 'popolare' della questione: e che "il popolo abbia sempre ragione" è affermazione che, pur non essendo priva di pericolose forzature "oclocratiche", non è priva di una sua segreta verità).
Ciò detto resta il problema della 'scelta' del Daimon da parte della Psyché propriamente detta: non mi risulta che lo stesso Pitagora faccia cenno all'elemento volontaristico della scelta (e soprattutto, la Psyché "somatica" ha volontà?...), se qualcuno ha maggiori informazioni è pregato di postarle per fugare i miei dubbi.

Per quanto attiene il suicidio come 'fuga dalla vita' (Yggdrasill), ciò che dice =DADOUKOS= mi lascia perplesso:


Alle anime, viene presentata una vasta quantità di paradigmi di vita: animali, uomini, donne, tiranni, vite di successi oppure di fallimenti...Dopo la scelta, le anime si presentano a Lachesi, dalla quale ciascuna ottiene il Daimon che si è preso, perché gli sia custode e adempia quello che ha scelto. Il Daimon quindi non capita in sorte (come pare affermare Plotino) ma è oggetto di una scelta. La libertà di scelta rende la virtù "senza padrone". Vi è eudaimonia in quanto noi stessi abbiamo scelto un buon Daimon. Fattore necessario dell'eudaimonia, dunque, non è più il Demone, ma il carattere della nostra scelta.

Il Daimon conduce l'anima da Cloto, a confermare sotto il giro del fuso il suo destino, e poi da Atropo a renderlo inalterabile, e quindi, dal trono di Ananke, verso la pianura del Lete.
Inalterabile: in base a quanto ci dice il Sommo Platone, dunque, anche la scelta (apparente) di rifiutare il proprio destino è stata prevista.

Anzitutto, da ciò che =DADOUKOS= afferma si evince che l'anima (Psychè) sceglie un paradigma di vita, e che il Dàimon le viene 'consegnato' da Lachesi successivamente alla scelta; se è vero che il paradigma di vita presuppone un determinato Dàimon, si può tuttavia identificare il paradigma di vita col Daimon in quanto tale?
Non voglio fare semantica, è un mio dubbio reale -forse, anzi probabilmente, privo di fondamento.

In secundis, affermare che "in base a quanto ci dice il Sommo Platone, dunque, anche la scelta (apparente) di rifiutare il proprio destino è stata prevista" può apparire da una parte come una scappatoia per conferire al suicidio una giustificazione morale, dall'altra come una legittimazione del concetto di "Destino cieco" in base al quale "tutto è già scritto", anche le eventuali scelte future dell'anima (e del Dàimon) già incarnata, sulla scorta di un 'cambio di prospettiva' che in certo qual modo postula uno 'spostamento' della scelta al 'momento' antecedente l'incarnazione; ciò che intendo dire è che secondo l'interpretazione di =DADOUKOS= l'anima (id est, saremmo tentati di dire, l'uomo) avrebbe a disposizione un'unica scelta, da effettuare prima dell'incarnazione, tutto ciò che ne consegue sarebbe 'scritto' in quella scelta. Mi sembra che questo concetto strida con il Fatum, con la 'Parola' romanamente intesa, che non esclude la possibilità per l'uomo di realmente scegliere in vita così dandole l'opportunità di 'sgrossare la pietra grezza', o per dirla con D'Annunzio: dant vulnera formam. In tal senso, anche un Seneca (che pur non è portavoce della più autentica spiritualità romana, cui tuttavia lo Stoicismo è suscettibile di avvicinamento per, diciamo così, 'successivi compromessi') si muove su una retta tangente l'idea romana di Fatum nel momento in cui afferma che solo il Vir che abbia "gustato appieno la vita" (in senso spirituale, naturalmente, nelle varie 'gradazioni' che lo Spirito assume a seconda del tipo umano) e che essendo già 'oltre' la vita ne provi oramai disgusto, è legittimato al suicidio, poiché questo costituirebbe una rottura di livello che consentirebbe all'anima di accedere a 'stati altri' dell'Essere. Aggiungerei altre ipotesi di 'suicidio legittimo' come il suicidio rituale del samurai o del generale romano sconfitto, o ancora ipotesi limitrofe al suicidio vero e proprio, come la devotio romana, ma rischio di eccedere dai limiti proprii alla discussione.
Dunque la "mia" 'presa di posizione' nei confronti della problematica della Volontà, della scelta, anche in relazione al suicidio, implica che l'idea di Anànke è accettabile, a mio avviso, se la si considera come Necessità "fisica" del Ciclo della metempsicosi pitagorica (come, per analogia, per la donna sussiste la necessità fisica del ciclo mestruale); non è più concepibile nel momento in cui diventa una sorta di entità a sé stante, "divoratrice" ed eliminante qualsivoglia possibilità di emersione, in vita, di quell'elemento volontaristico che nel suo senso più profondo (la Volontà, con una maiuscola di comodo a fini distintivi) coincide, in ultima analisi, col Dàimon stesso...

Valete optime.

=DADOUKOS=
09-06-06, 09:46
Esimio Helios,
nel darTi il benvenuto nel nostro Cenacolo, Ti accogliamo vergando una nota preliminare, utile per tutti i Simposiasti. In questa prima fase di apertura, lo avrai notato, si è preferito mettere a disposizione dei convitati una vasta scelta di argomenti, in merito ai quali, come nelle antiche Scuole, il Simposiarca si è limitato, come un musicista che principia la prima serie di accordi, a suggerire piccoli spunti e citazioni di testi. Questa scelta, per consentire ai primi frequentatori di poter esporre le proprie vedute, in vista della costituzione del Circolo vero e proprio e di una successiva ‘chiusura delle porte’.

Fatto questo preambolo, non resta che venire agli arguti interrogativi da te sollevati.
Innanzitutto, ciò che ti rende perplesso riguarda l’apparente fatalismo, l’ineluttabilità del destino conseguente alla scelta dell’anima. Non dimentichiamo però che, sempre nella Repubblica, Platone fa dire a Socrate che la scelta, da cui conseguirà l’eudaimonia, è il risultato della saggezza acquisita dall’anima. Ti inviterei quindi a riflettere su questo punto: dietro la scelta vi è la ‘ricaduta’ di una intera vita o, meglio, di più vite. La scelta operata dalle anime è consequenziale alla condotta delle vite precedenti.
Plotino si è interrogato chiaramente su questi aspetti nella Terza Enneade, 4, 5 (che cercherò di trascrivere per intero nei giorni a venire), quando si chiede: ma se l’anima sceglie il Demone ‘lassù’, di cosa mai sarà padrona? Infatti ti chiedi se il Demone e la Necessità siano la stessa cosa. Il Demone ‘compie ciò che l’uomo ha scelto’ (Timeo). Ma ne risulta un percorso ineluttabile? Dobbiamo crederlo? O piuttosto, come per la taxis cosmica dobbiamo pensare, in base a quanto tu stesso citavi in altra sede, che esista un ordine prestabilito a cui ciascuno è libero di conformarsi o meno? Si parla infatti di ‘paradigmi’. Parafrasando una celebre affermazione, si potrebbe dire che il Fato, al cui compimento il Demone è assegnato, ‘inclina e non determina’… Plotino dice: il Demone fa sì che l’anima non scenda troppo in basso. Ma non potremmo essere diversi da ciò che siamo.
Ma Platone non dice pure che Atropo rende il destino ‘inalterabile’? Lo dice, e perciò siamo qui ad interrogarci.

Infine, dici del suicidio, sul quale se il caso possiamo aprire una discussione a parte. In via di principio, esso è ammesso anche da molti neoplatonici. Plotino stesso è indeciso al riguardo, perché se da un lato disapprova il suicidio (aveva spinto Porfirio a desistere…), dall’altro in un passo afferma chiaramente che qualora la decadenza fisica rischi di ottenebrare le lucidità nel momento fondamentale del trapasso (preparatorio alla ‘scelta’), l’uomo è autorizzato a troncare la propria esistenza. Per non dire del ‘suicidio rituale’ contemplato dalle dottrine caldaiche.

Yggdrasill
09-06-06, 13:02
Innanzitutto ringrazio per le risposte, sin qui molto chiare, e dalle quali mi pare d'aver "colto".

Questo circolo è per me un'insperata fortuna della quale spero di poter partecipare a lungo...

Mi permetto quindi d'aggiungere un paio d'osservazioni augurandomi che, nel fare questo, non sembri io voglia arrogarmi ruoli che non mi competono e di cui so non essere all'altezza.

Ciò detto, vorrei dire a Helios che è assai probabile che all'area semantica indicante la "distribuzione delle parti" appartenga anche Dàimon, così come vi appartiene Lachesis, derivante a sua volta dal verbo lancano che indica, per l'appunto, il ricevere qualcosa in sorte.

Circa invece l'ineluttabilità del superamento di una scelta a priori, cito:"Inalterabile: in base a quanto ci dice il Sommo Platone, dunque, anche la scelta (apparente) di rifiutare il proprio destino è stata prevista". Non posso che concordare con quanto sostenuto dal dotto =DADOUKOS=, infatti nel mito di Er si narra della scelta autonoma delle anime, le quali liberamente dinnanzi alle Dee del destino raccolgono il proprio Kléros, cioè il proprio lotto di vita. Quindi alcuna costrizione od ineluttabilità è alla base di qualcosa che è, in fin dei conti, frutto di una libera scelta. Ananke in tale ottica perde qualsiasi possibilità d'essere concepita in quanto "entità a se stante, divoratrice", poichè diviene null'altro che l'espressione di un destino contenuto già nella natura stessa dell'anima. Insomma, l'agire nel mondo del soggetto incarnato non è altro che espressione del rapporto armonico che si viene ad instaurare tra la propria essenza ed una fatalità che è espressione di una causa auto-determinata. Si veda, all'uopo, il famoso esempio dello stoico Crisippo e del "suo" cilindro che, se poggiato su una superficie inclinata, non potrà che comportarsi, rotolando, in una determinata maniera, condizionata dalla propria forma, dalla propria natura. Il "destino" è insomma contenuto e determinato dal cilindro stesso, è espressione della di lui intima natura. Mi sorge poi, a questo punto, altra considerazione ancora, rimembrando quanto racconta Platone nel Fedro sempre in merito a certo percorso delle anime sospinte e condizionate nel loro tragitto proprio da quell'antico flebile ricordo della Verità della cui visione hanno rimembranza bramandola. Anche qui, non è certo a causa della tirannia di Ananke se subiscono un tristo destino, ma a causa propria e dell'appesantimento patito in virtù della scarsa attitudine a rimembrare. Attitudine che dovrà essere quindi affinata nel corso delle successive incarnazioni. Per cui anche qui l'anima più si apre al conoscere, al com-prendere, e più tende ad orientare le proprie scelte in una direzione ascensionale che può, alfine, contemplare anche l'ipotesi suicidiaria. Ma, in ogni caso, questa non rappresenta una rottura del "Patto" (fulcro dei miei timori).
Quindi il suicidio appare effettivamente legittimo.

Differente, invece, diviene il discorso se, da un piano propriamente ontologico, ci si sposta su quello sociologico. Allora si può parlare di una certa, o meno, tipologia di "legittimita" inserita in un contesto in un certo qual modo istituzionalizzato anche attraverso il rito. E qui, allora, il riportare il pensiero al rito del seppuku, all'interno del bushido, o a ciò che avveniva in ambito romano, o comunque "nostro", è obbligatorio. In ogni caso la complessità rituale (penso alle varie tipologie di Hara-Kiri) è, a mio parere, sintomatica innanzitutto dell'esigenza di ordinare e dirigere quello che potrebbe rappresentare l'irrompere nell'ordine sociale di un elemento caotico.
Attualmente, infatti, e poi termino perchè mi accorgo che sto scivolando lentamente fuori dai limiti propri di questo pregevole spazio, l'epurarsi è divenuto atto nichilista per antonomasia nel quale si ricerca un annullamento che diviene "fuga vigliacca", rifiuto di un Dovere e di un Destino che avendo perso l'intima concezione sacrale della vita (intesa nella sua totalità) non si è più in grado di scorgere; non più quindi atto Eroico, ma atto caotico (questo alla base del mio intimo tormento...).

Un saluto.

=DADOUKOS=
09-06-06, 13:24
Questo circolo è per me un'insperata fortuna della quale spero di poter partecipare a lungo...

Mentre questa discussione si svolge e si approfondisce nel migliore dei modi, chiedo venia per la mia scortesia, indegna di un simposiarca, e porgo il benvenuto nel nostro Circolo ad Yggdrasill e alle sue dotte argomentazioni.

Khairete
=D=

Yggdrasill
09-06-06, 13:55
Ringrazio di cuore.

=DADOUKOS=
10-06-06, 09:40
Dall’esegesi plotiniana, il Demone risulta come una sorta di ‘facitore di limiti’, al di sotto o al di sopra dei quali non lascia andare l’anima.
In più, si noti, il Demone non è completamente esterno all’anima.

«Quando <in Platone> si parla di ‘sorti’ e poi di ‘paradigmi di vita’ e in seguito di ‘casi’ e quando dice che ‘dai modelli presenti <gli uomini> scelgono la loro vita secondo il loro carattere’, egli riconosce la preminenza alle anime che dispongono di ciò che loro è stato dato secondo i loro caratteri. Infatti, quel Demone non è completamente esterno <a noi>, ma solo tanto da non essere legato a noi e da non agire in noi; è nostro, se col ‘noi’ intendiamo l’anima, non è ‘nostro’ se col ‘noi’ designiamo l’uomo così e così determinato che vive sotto la guida <del Demone> […]. Anche le parole ‘compie ciò che l’uomo ha scelto’ vi s’accordano. Infatti <il Demone> che sta sopra l’uomo non lo lascia discendere troppo verso il male – in ciò agisce soltanto i principio che gli sta sotto – né lo lascia elevarsi al di sopra o alla sua stessa altezza; difatti non si può diventare diversi da ciò che si è »

Plot., Enn., III, 4, 5

Questo tema risulta estremamente importante, perché se le leggi dei Fati prevedessero ogni cosa, il passo verso il giansenismo sarebbe davvero breve…

Yggdrasill
10-06-06, 14:03
Consideravo, meditando su queste parole, che per alcuni versi le peculiarità del demone ricordano ciò che si evince studiando un tema natale in astrologia, e cioè che vi sono dei "paletti" dei cardini attorno ai quali l'anima svolge la propria esperienza di vita, e dai quali non si può prescindere. In astrologia detti limiti sono rappresentati dai segni cardinali e fissi che implicano situazioni ricorrenti, sebbene mascherate sotto diverse forme, dalle quali non si riesce ad emanciparsi. In una concezione ontologica, ove lo sguardo spazia oltre le possibilità descrittive di dati aspetti della realtà, credo non si possa far altro che considerare quanto determinati confini non possano in ultimo essere alcunchè se non il limite necessario affinchè una delle infinitesimali parti dell'essere possa subire distinzione da un'altra durante l'inevitabile frammentazione che l'Uno necessariamente mette in atto. Il demone deve quindi sorvegliare affinchè ogni frammento permanga nei suoi limiti. I limiti a loro volta sono prodotto inevitabile quando dall'Uno fluiscono i molti. Quindi senza essi non vi sarebbe frammentazione e creazione: i limiti, i solchi, sono quindi necessari, partecipano prioritariamente di Ananke. Una coincidenza ultima sembrerebbe quindi apparire tra la Moira, intesa in quanto parte di una vita che è sferica, globale, che è espressione stessa dell'essere, ed il Daimon, che dei medesimi pare suggellare, o sorvegliare, l'inviolabilità.

Yggdrasill
16-06-06, 13:18
Segnalazione bibliografica:
http://www.internetbookshop.it/ser/serdsp.asp?shop=1&c=YRANQ452W7PGF
Si tratta di un testo che non ho ancora avuto modo di leggere (l'ho ordinato giorni addietro) e che, temo, giungerà in mia assenza. Per cui credo potrò visionarlo solo tra diverso tempo. Questo per dire che non mi sento di raccomandarne la lettura, limitandomi quindi a fornirne segnalazione.

=DADOUKOS=
17-06-06, 08:48
Riguardo al legame di questo argomento con alcuni temi dell'astrologia - disciplina sulla quale dovremo nei tempi a venire aprire una discussione a parte - sovvengono le lapidarie parole di Eràclito:

Il carattere è il Demone dell'uomo.

Il tema è degno di un lungo svolgimento: il tempo a nostra disposizione non è molto, ma neanche poco. A noi dovrà addirsi la massima: Festina lente.

Nel salutare Yggdrasil ed augurarci che ritorni al più presto fra noi, ricordiamo che, qualora lo ritenesse opportuno, potrà circostanziare la sua segnalazione bibliografica nell'apposita, nuova sezione 'Aggiornamenti Bibliografici'.

Yggdrasill
25-06-06, 22:35
Riguardo al legame di questo argomento con alcuni temi dell'astrologia - disciplina sulla quale dovremo nei tempi a venire aprire una discussione a parte - sovvengono le lapidarie parole di Eràclito:

Il carattere è il Demone dell'uomo.

Il tema è degno di un lungo svolgimento: il tempo a nostra disposizione non è molto, ma neanche poco. A noi dovrà addirsi la massima: Festina lente.

Nel salutare Yggdrasil ed augurarci che ritorni al più presto fra noi, ricordiamo che, qualora lo ritenesse opportuno, potrà circostanziare la sua segnalazione bibliografica nell'apposita, nuova sezione 'Aggiornamenti Bibliografici'.


Grazie, è infatti per me un sommo piacere l'essere ritornata tra voi.

Nei giorni passati, inoltre, mediante rapida capatina internettiana, ho constatato, con rammarico, che la mia segnalazione libraria non appariva fruibile. Allora non ho potuto porre rimedio per ispiegabili, ma inevitabili ovvie e imprescindibili, "incomprensioni" tra me ed il mezzo informatico (col quale non riesco a non combinare refusi e pasticci a profusione), ritenterò quindi ora, come da gentile invito, nell'apposita sezione.

Havismat (POL)
28-06-06, 07:00
Consideravo, meditando su queste parole, che per alcuni versi le peculiarità del demone ricordano ciò che si evince studiando un tema natale in astrologia, e cioè che vi sono dei "paletti" dei cardini attorno ai quali l'anima svolge la propria esperienza di vita, e dai quali non si può prescindere. In astrologia detti limiti sono rappresentati dai segni cardinali e fissi che implicano situazioni ricorrenti, sebbene mascherate sotto diverse forme, dalle quali non si riesce ad emanciparsi.

Mi permetto di osservare che nella lettura del Tema Natale non sono tanto i Segni Fissi ad indicare gli ostacoli, quanto gli aspetti planetari negativi, su tutti la Quadratura. Inoltre molti prendono in considerazione (dal punto di vista "karmico" soprattutto) i punti chiamati Caput e Cauda Draconis, dove cioé l'eclittica incontra l'orbita lunare.

Yggdrasill
28-06-06, 14:10
Mi permetto di osservare che nella lettura del Tema Natale non sono tanto i Segni Fissi ad indicare gli ostacoli, quanto gli aspetti planetari negativi, su tutti la Quadratura. Inoltre molti prendono in considerazione (dal punto di vista "karmico" soprattutto) i punti chiamati Caput e Cauda Draconis, dove cioé l'eclittica incontra l'orbita lunare.

Ti ringrazio per l'interessante osservazione, pregevole Havismat, per quanto, ti confesso, me ne sfugga la pertinenza. Infatti, come puoi rilevare facilmente anche tu rileggendo i miei precedenti interventi (dove forse, però, mi sono espressa in modo poco chiaro), giammai ho fatto riferimento al concetto di "ostacolo", semmai si è, ho, parlato di "limite", che è cosa ben diversa. Se, infatti, quanto tu pari interpretare dalle mie dichiarazioni corrispondesse realmente ciò che io ho cercato, malamente, d'esprimere, se ne potrebbe dedurre che io trovi una coincidenza tra la funzione, o essenza, del Demone e l'ostacolo, mentre così non è. In realtà il mio era un tentativo d'individuare la porzione di vita che ci tocca in sorte nella rappresentazione oroscopica,e , in particolar modo, in taluni particolari aspetti (in senso lato, non si interpreti quindi astrologicamente questa mia ultima parola), che io trovo particolarmente significativi.
A parte ciò, e premettendo che le mie sono semplicemente osservazioni da profana, a mio parere è piuttosto riduttivo, e forse anche un poco errato, il ritenere che le quadrature, e solo quelle, posseggano la valenza che gli attribuisci tu, poichè, in realtà, i fattori in gioco sono tali e talmente complessi da far si che, qualsiasi aspetto possa, nel complesso dell'interazione tra tutti gli elementi di una carta oroscopica, indicare la presenza di un ostacolo anche di grave ed insormontabile entità, per quanto, magari, non presenti quadratura alcuna (si pensi ad una congiunzione, o ad un trigono, mal collocato e tra pianeti dissonanti o "malefici"). Così come, analogamente, può accadere che, una quadratura tra due particolari pianeti, ben collocati, ed in sintonia tra loro per qualità e tipologia, non implichi altro se non un particolare dinamismo energetico, magari particolarmente stimolante e proficuo (quindi per nulla limitativo o ostacolante, anzi...). E qui mi fermo ché il discorso potrebbe dilatarsi a dismisura.
Concordo invece con te circa la valorialità interpretativa attribuita ai Nodi, per quanto questi siano scoperta relativamente recente che non tutti prendono in considerazione. Ma, anche qui, credo sia importante, al fine di non deviare troppo dall'argomento di detta discussione, il non lasciarsi trascinare da simbologie che si appoggiano a leggi quali quella legata alle dinamiche Karmiche che, per quanto presentino non pochi punti di contatto, altra cosa sono dalla concezione del Destino in seno al pensiero filosofico in oggetto. (vi è ad oggi tutta una letteratura circa la possibilità d'interpretare "karmicamente" il tema natale, ed io, nel mio piccolo, qualche libro temo d'averlo pure letto, ma, ti assicuro, trattasi per lo più[uso tale espressione in via bonaria, ché, altrimenti, sarebbe più opportuno dire "in toto"] di aria fritta).

Ti saluto scusandomi se la fretta che, more solito, m'assilla in questo orario, avrà reso ancora più oscura la mia forma espressiva, la quale, oltretutto, già di suo non brilla mai eccessivamente per chiarezza (sarà quella Luna Nera all'ascendente in prima casa...:D;)) neanche nei momenti migliori.

Havismat (POL)
28-06-06, 17:15
Ti ringrazio per l'interessante osservazione, pregevole Havismat, per quanto, ti confesso, me ne sfugga la pertinenza. Infatti, come puoi rilevare facilmente anche tu rileggendo i miei precedenti interventi (dove forse, però, mi sono espressa in modo poco chiaro), giammai ho fatto riferimento al concetto di "ostacolo", semmai si è, ho, parlato di "limite", che è cosa ben diversa.

Probabilmente è solo una differenza di approccio nei confronti di ciò di cui si parla. Se mi si parla di "limite", nel senso di descrizione, da parte del Tema Natale Astrologico, di "ciò che si è", allora non comprendo come tale "limite" possa essere attribuito ai soli segni Fissi o Cardinali. In questo caso, infatti, qualunque domicilio o domificazione ha un significato all'interno dell'economia del Cielo di Nascita, anche i segni Mobili. La Triplicità è essenzialmente l'espressione di una qualità intrinseca dei Segni, un Pianeta nel Segno individua il "Cosa". Gli aspetti invece descrivono il "Come", ed infine le case esprimono il "Dove".

Pertanto, personalmente, mi sentivo di avallare questo "parallelo" tra Daimon, nel senso qui espresso, e una eventuale lettura astrologica. Che poi io interpreti il concetto di Daimon come altro, beh, non a caso ho voluto evitare di apportare il mio contributo alla discussione. ;)


Se, infatti, quanto tu pari interpretare dalle mie dichiarazioni corrispondesse realmente ciò che io ho cercato, malamente, d'esprimere, se ne potrebbe dedurre che io trovi una coincidenza tra la funzione, o essenza, del Demone e l'ostacolo, mentre così non è. In realtà il mio era un tentativo d'individuare la porzione di vita che ci tocca in sorte nella rappresentazione oroscopica,e , in particolar modo, in taluni particolari aspetti (in senso lato, non si interpreti quindi astrologicamente questa mia ultima parola), che io trovo particolarmente significativi.

E infatti in questo caso si nota la discrepanza tra la mia visione e la tua. Quello che qui si intende per Daimon è essenzialmente, nella mia modesta opinione, proprio quell'eventuale "ostacolo", quella "ricorrenza" che sembra ineluttabile, quella centralità di uno o più eventi in una singola vita umana.

Pertanto, nuovamente, non era tanto una critica a tue eventuali elucubrazioni, ma semplicemente qualche osservazione eminentemente attinente al campo dell'Astrologia.


A parte ciò, e premettendo che le mie sono semplicemente osservazioni da profana, a mio parere è piuttosto riduttivo, e forse anche un poco errato, il ritenere che le quadrature, e solo quelle, posseggano la valenza che gli attribuisci tu, poichè, in realtà, i fattori in gioco sono tali e talmente complessi da far si che, qualsiasi aspetto possa, nel complesso dell'interazione tra tutti gli elementi di una carta oroscopica, indicare la presenza di un ostacolo anche di grave ed insormontabile entità, per quanto, magari, non presenti quadratura alcuna (si pensi ad una congiunzione, o ad un trigono, mal collocato e tra pianeti dissonanti o "malefici"). Così come, analogamente, può accadere che, una quadratura tra due particolari pianeti, ben collocati, ed in sintonia tra loro per qualità e tipologia, non implichi altro se non un particolare dinamismo energetico, magari particolarmente stimolante e proficuo (quindi per nulla limitativo o ostacolante, anzi...). E qui mi fermo ché il discorso potrebbe dilatarsi a dismisura.

Ecco: questo è il punto. Un discorso è l'azione di un Pianeta in un Segno, ed effettivamente in questo caso i pianeti possono essere messi in difficoltà da una cattiva posizione in segni "dissonanti", altra cosa è la descrizione degli Aspetti Planetari, che altro non sono che la semplice "descrizione" dell'interazione tra queste diverse energie. Il Trigono (o il Sestile) descrive semplicemente una "collaborazione" (perché all'interno del medesimo "elemento" astrologico, o in uno affine), mentre la Quadratura è sempre una cattiva collaborazione tra energie. Paradossalmente però, questa cattiva collaborazione è però anche il principale mezzo per la crescita personale. Anche il buon senso rivela che sono le difficoltà che ci fanno arricchire interiormente. E proprio in questo senso si manifesta quello che viene definito Daimon. Non quindi un guardiano ineluttabile del Destino, quanto un incentivo al superamento delle proprie difficoltà interiori.
D'altronde senza Prova non si ha Iniziazione. ;)


Concordo invece con te circa la valorialità interpretativa attribuita ai Nodi, per quanto questi siano scoperta relativamente recente che non tutti prendono in considerazione. Ma, anche qui, credo sia importante, al fine di non deviare troppo dall'argomento di detta discussione, il non lasciarsi trascinare da simbologie che si appoggiano a leggi quali quella legata alle dinamiche Karmiche che, per quanto presentino non pochi punti di contatto, altra cosa sono dalla concezione del Destino in seno al pensiero filosofico in oggetto. (vi è ad oggi tutta una letteratura circa la possibilità d'interpretare "karmicamente" il tema natale, ed io, nel mio piccolo, qualche libro temo d'averlo pure letto, ma, ti assicuro, trattasi per lo più[uso tale espressione in via bonaria, ché, altrimenti, sarebbe più opportuno dire "in toto"] di aria fritta).

Non direi che lo studio dei Nodi Lunari sia poi così recente. ;)
Anzi... tutt'altro...
http://www.cieloeterra.it/testi.nodilunari/nodi.html

Sono tuttavia d'accordo, come già detto, nel ritenere certe concezioni estranee all'approccio che qui si vuole tenere.


Ti saluto scusandomi se la fretta che, more solito, m'assilla in questo orario, avrà reso ancora più oscura la mia forma espressiva, la quale, oltretutto, già di suo non brilla mai eccessivamente per chiarezza (sarà quella Luna Nera all'ascendente in prima casa...:D;)) neanche nei momenti migliori.

Non v'è problema alcuno, anzi, non prendete i miei sproloqui come tentativi di disturbare la discussione, tutt'altro, anche io sono vittima di quel maledetto Ascendente in Capricorno (con Sole in Scorpione)... bell'accoppiata Fisso/Cardinale. :D

Yggdrasill
29-06-06, 01:36
Probabilmente è solo una differenza di approccio nei confronti di ciò di cui si parla. Se mi si parla di "limite", nel senso di descrizione, da parte del Tema Natale Astrologico, di "ciò che si è", allora non comprendo come tale "limite" possa essere attribuito ai soli segni Fissi o Cardinali.
Sì, certamente la mia posizione nei riguardi della discussione risente deliberatamente della volontà di rimanere entro i limiti inerenti il tema in oggetto, ergo l'approccio è, se vogliamo, "viziato" in partenza. Difatti mi accorgo che tu continui ad attribuire una valorialità alle mie parole che, negli effetti, non corrisponde al mio pensiero. Nelle mie cogitazioni vi era solamente l'intenzione d'individuare aspetti che più di altri, a mio modesto avviso, racchiudono talune valenze proprie del "limite" in quanto descrizione di un destino circoscritto in confini invalicabili, e queste mi è parso d'intravederle in particolar modo, come ho precedentemente descritto, in certe peculiarità proprie dei segni fissi e cardinali, e nelle di loro funzionalità. Questo non esclude, poi, che io consideri il Tema Natale, nella sua totalità, come l'effettiva, completa, descrizione simbolica di quel Kleros, nella sua interezza, che noi si è raccolto prima dell'incarnazione, e delle dinamiche che in/con esso vengono messe in essere. Mettiamola così, presupponiamo noi si sia un qualche strampalato marchingegno la cui descrizione simbolica corrisponde alla mappa oroscopica, ora, vi sono degli aspetti che, grazie ad eventi particolari come i transiti, ad esempio, possono subire un movimento (sia in positivo che in negativo) che presuppone una qualche possibilità di spostamento in divenire, cioè di cambiamento (eventualità comunque già preventivata e che non presuppone talune, fuorvianti, concezioni di "libertà"), al contrario, ve ne sono altri, che sono fissi, imprescindibili, che possono, devono, essere vissuti, ma che non permettono nullla in più di questo, condizionando quindi, nel contempo, le possibilità motorie delle altre componenti del meccanismo, nonchè, infine, di quest' ultimo. Sono insomma quei cardini, e quelle "fissità", alle quali accennavo in precedenza soprattutto pensando a certe cogitazioni (del forumista Helios) in merito alla possibilità, o meno, d'esercitare la propria Volontà (...).
Fermo restando che sono ben consapevole della parzialità del presente ragionamento, infatti mi autocito, estrapolando parte del mio antico discorso, al fine di dimostrarti che non vi era nelle mie intenzioni alcuna pretesa d'esaurire semplicisticamente un argomento tanto complesso e variegato.
Queste le mie parole:[...]"che per alcuni versi le peculiarità del demone ricordano ciò che si evince studiando un tema natale in astrologia, e cioè che vi sono dei "paletti" dei cardini attorno ai quali l'anima svolge la propria esperienza di vita, e dai quali non si può prescindere". [...]



In questo caso, infatti, qualunque domicilio o domificazione ha un significato all'interno dell'economia del Cielo di Nascita, anche i segni Mobili. La Triplicità è essenzialmente l'espressione di una qualità intrinseca dei Segni, un Pianeta nel Segno individua il "Cosa". Gli aspetti invece descrivono il "Come", ed infine le case esprimono il "Dove".

Okkkey baby...(ops, scusa: stavo ascoltando la radio, e la mia flebile mente s'è fatta influenzare...:D Volevo semplicemente confermare quanto dici e che, ovviamente, non metto in discussione, né mai ho pensato di farlo, come spero d'aver testé dimostrato)


Pertanto, personalmente, mi sentivo di avallare questo "parallelo" tra Daimon, nel senso qui espresso, e una eventuale lettura astrologica. Che poi io interpreti il concetto di Daimon come altro, beh, non a caso ho voluto evitare di apportare il mio contributo alla discussione.

Ottimo, del resto senza confronto non ci può essere la crescita che, mediante tali discussioni, si può agevolare. Quindi ben vengano contributi, assai pregevoli del resto, quali il tuo.



E infatti in questo caso si nota la discrepanza tra la mia visione e la tua. Quello che qui si intende per Daimon è essenzialmente, nella mia modesta opinione, proprio quell'eventuale "ostacolo", quella "ricorrenza" che sembra ineluttabile, quella centralità di uno o più eventi in una singola vita umana.
Beh, in effetti io (ed in questo credo d'essere in ottima compagnia...) non attribuisco una valenza morale al Daimon, del quale cerco di cogliere soprattutto l'aspetto ontologico (al fine principale di non buttarmi da un ponte domani mattina...). Non che la tua concezione non possieda dignità, ma mi pare viziata da una visione pericolosamente negativa (ostacolo), e questo,forse , proprio a causa di un' eccessiva esigenza di circostanziare gli accadimenti a discapito di una concettualizzazione di più ampio respiro.


Pertanto, nuovamente, non era tanto una critica a tue eventuali elucubrazioni, ma semplicemente qualche osservazione eminentemente attinente al campo dell'Astrologia.
;)


Ecco: questo è il punto. Un discorso è l'azione di un Pianeta in un Segno, ed effettivamente in questo caso i pianeti possono essere messi in difficoltà da una cattiva posizione in segni "dissonanti", altra cosa è la descrizione degli Aspetti Planetari, che altro non sono che la semplice "descrizione" dell'interazione tra queste diverse energie. Il Trigono (o il Sestile) descrive semplicemente una "collaborazione" (perché all'interno del medesimo "elemento" astrologico, o in uno affine), mentre la Quadratura è sempre una cattiva collaborazione tra energie. Paradossalmente però, questa cattiva collaborazione è però anche il principale mezzo per la crescita personale. Anche il buon senso rivela che sono le difficoltà che ci fanno arricchire interiormente. E proprio in questo senso si manifesta quello che viene definito Daimon. Non quindi un guardiano ineluttabile del Destino, quanto un incentivo al superamento delle proprie difficoltà interiori.
D'altronde senza Prova non si ha Iniziazione.
Sì, anche se, magari, più che di "cattiva collaborazione" sarebbe forse più adeguato parlare di "stimolazione dinamica", cosa che può non avvenire in presenza di aspetti che, agevolando il pacifico fluire di dette energie, possono non generare gli stimoli necessari ai fini di una crescita interiore (del resto lo diceva anche Nietzsche nello Zarathustra*:"Spirito è la vita che taglia nella propria carne: nel suo patire essa accresce il suo sapere - lo sapevate?". Quindi anche io credo quelle da te giustamente indicate siano le energie funzionali per portare a termine la nostra "anabasi". Questo fermo restando che ogni aspetto, dinamico o meno che sia, va poi ad inserirsi in quel sottile gioco d'alchimie che è l'intera mappa oroscopica.




Non direi che lo studio dei Nodi Lunari sia poi così recente.
Anzi... tutt'altro...
http://www.cieloeterra.it/testi.nodilunari/nodi.html
Ben conosco i testi ed il sito che gentilmente mi segnali (sei il secondo che lo fa in pochi giorni...Sarà un oscuro segno del Destino?:confused: Mah!).
Però converrai con me che i Nodi sono stati pressoché ignorati sino a pochissimo tempo addietro, per poi essere riscoperti con delle valorialità del tutto nuove, dalla leggera profumazione new age, quali quelle karmiche, che hanno finito per provocare interpretazioni le cui origini ed attendibilità risultano piuttosto oscure. (ma poi perchè andarsi a preoccupare così tanto di certi fantasmatici "prima" ed ancora più misteriosi "dopo", oltretutto generati da una perversa e modernista interpretazione della tesi reicarnazionista, quando neppure si riesce a comprendere il "durante"...Boh!)
Sono tuttavia d'accordo, come già detto, nel ritenere certe concezioni estranee all'approccio che qui si vuole tenere.




Non v'è problema alcuno, anzi, non prendete i miei sproloqui come tentativi di disturbare la discussione, tutt'altro, anche io sono vittima di quel maledetto Ascendente in Capricorno (con Sole in Scorpione)... bell'accoppiata Fisso/Cardinale.

Sproloqui? Quali sproloqui?

Uhm, Capricorno, Capricorno...Questo segno mi ricorda qualcosa...Ah, già! Mi pare d'avere una Luna in nona casa da quelle parti...:D

Beh, vado a dormire. Un saluto e una buonanotte (o buongiorno) a te e a tutti i forumisti.
(e speriamo stanotte le Stelle portino aiuto e consiglio :-00w09d )

*"Così parlò Zarathustra" pag. 125

=DADOUKOS=
29-06-06, 10:43
Che poi io interpreti il concetto di Daimon come altro, beh, non a caso ho voluto evitare di apportare il mio contributo alla discussione.

Gentile Havismat,
non si capisce questa scelta di non apportare il tuo contributo alla discussione. Ci sembri persona preparata, quindi se vuoi unirti ai nostri Simposii, al momento non esistono limitazioni di sorta. Il che senz'altro riporterebbe più in tema la discussione. Se poi riterrai opportuno presentarti, potrai farlo nell'apposito thread.

Spero di non aver denunciato il mio comportamento da Capricorno ascendente Leone...