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vandeano2005
30-05-06, 01:20
REPORTAGE
Los Angeles, Santa Cruz, Corpus Christi, Santa Monica, Carmel...Una litania di mille chilometri: il «Camino real» e le sue vestigia ricordano le origini di un’«altra» America, cattolica e latina,che deve la civiltà ai missionari e alla coltura della vite. Prima che iniziasse la «corsa all’oro»
California



Dalla Controriforma
a «Blade Runner»



L’apostolo della costa Ovest, il frate francescano spagnolo Junìpero Serra,è considerato, insieme al gesuita italiano padre Eusebio Kino, uno dei padri fondatori degli Stati Uniti. Le loro statue si trovano nella «Hall of Fame»
di Washington, nel sacrario degli americani illustri



Da San Francisco Domenico Montalto

Avvenire
21-05-2006


L' atmosfera è compunta e raccolta, nella cattedrale di Dallas. Il popolo cattolico affolla le navate e segue la Messa domenicale con partecipazione autentica, esemplare. Un sacerdote e due suore servono la liturgia e intonano i canti in inglese, a cui risponde con devozione una platea antropologicamente uniforme, fatta quasi esclusivamente di ispano-americani: gente di chiara origine messicana, trapiantata nel Texas da una generazione, o appesa alla tenue speranza d'un permesso di soggiorno. Sono loro, i chicanos («messicani», nella parlata spanglish di queste terre) a formare il 90% dei 630mila costituenti il gregge della diocesi (la popolazione della metropoli è di 5 milioni). Moltissimi i giovani: ragazzi e ragazze dalla bellezza prorompente, vestiti alla moda, come le comparse d'un video di musica latino o hip-hop. Il settimanale diocesano (un ciclostilato equivalente a un nostro bollettino parrocchiale), distribuito al termine della funzione, reca con pragmatica concisione tutte le informazioni utili per la vita della comunità, per il servizio religioso e per l'amministrazione dei sacramenti; le ultime due pagine sono affollate, per intero, di piccola pubblicità: avvocati, dentisti, elettrauto, parrucchieri, ristoratori - dai nomi inconfondibilmente latini e con tanto di fotografia - offrono sorridenti il proprio businness. Dopo Messa tutti sciamano fuori, sotto il cielo blu cobalto come in un quadro di Hopper, sostando sul sagrato della chiesa intitolata alla Vergine di Guadalupe. Una giovane sposa, in abito bianco e stivali da cow boy, si concede all'obiettivo di passanti e turisti. La cattedrale era grande quando agli inizi del '900 la costruirono in stile neogotico, ma ora appare minuscola e smarrita, stretta com'è tra i grattacieli in vetrocemento della Downtown, simboli della potenza petrolifera e finanziaria texana. Gran parte della cattolicità presente nell'immenso corpo dell'America d'oggi è raccolta lungo quell'arco immaginario che dalle alte sierra s della California scende lungo il Pacifico, poi fra i deserti e le pianure di Arizona, Nuovo Messico e Texas, lungo il corso del Rio Bravo e del Rio Grande, fino al Golfo del Messico. Un'America subtropicale, assolata e colorata, fatta di distanze e di orizzonti senza fine e, soprattutto di nomi - nomi di luoghi, di fiumi, di montagne, di città - che sembrano usciti dalla spiritualità barocca, da un breviario seicentesco. Dal Pacifico fino a Miami, c'è tutta una toponomastica cattolica e post-tridentina che si sgrana per migliaia di miglia proprio come un rosario, raccontando un'«altra» America - diversa da quella atlantica e «yankee» - dove la memoria della fede romana permane abbarbicata a nomi di struggente poesia, a pezzi di storia e a monumenti ridotti talora a ombre, a poco più di souvenir turistici, ma che ancora resistono. Furono infatti i religiosi spagnoli - gesuiti, domenicani e francescani - a portare fin qui il cristianesimo, varcando l'oceano sulle tracce dei conquistadores, per battezzare i nativi americani e costruire le missioni, avamposti della santa fede nel Nuovo Mondo.

Subito, fin dal XVII secolo, intorno ai conventi sorsero orti e vigneti, coltivazioni indispensabili per ottenere il vino della messa. Fu proprio quel vitigno, importato dalla Spagna, il capostipite dei famosi vini della California, l'apripista di una splendida civiltà cattolica in quelle terre selvagge, che durò oltre un secolo, fino a quando due eventi epocali posero fine alla fortuna della missioni: il rovinoso terremoto del 1812 che distrusse gran parte degli insediamenti religiosi nel sud californiano e la «corsa all'oro» che dopo il 1830 aprì nuove strade di colonizzazione verso il nord. I monasteri caddero in rovina ma non nell'oblìo. Il ricordo di quell'epopea di fede, di storia e di arte (agli indiani delle missioni vennero insegnate non solo l'agricoltura e la viticoltura, ma anche la musica, la ceramica e la pittura europee) è legato soprattutto a un nome: quello dell'«apostolo della California», il beato Junìpero Serra, il frate francescano spagnolo che volle chiamarsi come un confratello di san Francesco (fra Ginepro, appunto) e la cui statua si trova oggi fra quelle dei padri fondatori degli Stati Uniti, nella Hall of Fame di Washington, insieme a quella di padre Eusebio Francesco Chini (Padre Kino), il gesuita italiano che rappresenta lo Stato dell'Arizona nel sacrario degli americani illustri. Teologo e oratore, Serra fu mosso da un amore fervente per il vangelo. Instancabile missionario, fermato solo dall'asma e da una cancrena mortale, fra il 1781 e il 1783 cresimò cinquemila nativi. Ma soprattutto fu l'artefice di quella lunga catena di missioni che da San Diego (la prima, fondata nel 1769) risalì lungo il mare fino a San Francisco, in un territorio che poi fece parte del Messico e che poi gli americani a loro volta conquistarono, con le guerre e col denaro. Una via di comunicazione spirituale ma anche commerciale che in onore del re di Spagna prese il nome di «Camino real». Oggi il «Camino real» è uno dei circuiti turistici classici nell'Ovest degli Stati Uniti, proposto da agenzie di viaggi e tour operator. Ripercorrerlo lungo la comoda autostrada che ha rimpiazzato l'antico sentiero vuol dire non soltanto vedere luoghi e paesaggi bellissimi ma respirare un clima umano dove la fede, pur divenuta minoritaria, appare ancora viva, vissuta, forse ingenua ma suggestiva; dove un cattolico mediterraneo può sentirsi a casa propria. Da San Diego sono ben 27 - distribuite lungo un migliaio di chilometri - le località che ci stupiscono con nomi familiari, di santi e sante a noi cari, che èvocano l'anima cattolica e controriformista dell'America, dalla breve vita, e di cui sopravvive solo la denominazione, o magari qualche muro. Troviamo così Santa Barbara, Santa Monica, Carmel (dove però si vede ancora la vecchia missione del Carmelo, restaurata e invero un po' artefatta ad uso turistico), divenuti impenetrabili ed esclusivi rifugi per i «paperoni» californiani: palme altissime, dalle chiome al vento, bordano spiagge dalla natura selvaggia, in una fusione incomparabile di verde, roccia, cielo e onde.

Quanto a Los Angeles, la sterminata megalopoli dalle molte facce, reca un nome «anagrafico» chilometrico ma soave, che l'affratella alla nostra piccola e mite Assisi: i 44 coloni che nel 1781 la fondarono sulle rive d'un fiume la chiamarono infatti «El Pueblo de Nuestra Senora la Reina de Los Angeles del Rio Purciuncula». Inutile tradurre.
La santa capannuccia del Poverello e la tentacolare città di Blade Runner, archetipo del futuro prossimo, accomunate dalla dolcezza d'un toponimo angelico e mariano. Incontriamo poi San Antonio de Padua, Santa Cruz, Santa Clara de Asìs, San José, San Francisco. Ma dalle spiagge della California (la cui capitale si chiama Sacramento), passando per Arizona e New Mexico (dove troviamo nientemeno che Santa Fe) giù fino alle coste del Texas, si percorre una vera e propria giaculatoria in forma di geografia. Fino a Corpus Christi, città texana dal nome che è pesante come un macigno, lo stesso che le diede l'esploratore Alonzo Pineda quando nel 1519 scoprì questa magnifica baia. Lì, finalmente, la giaculatoria finisce. E ricomincia l'oceano.




Non possiamo non amare gli USA!!!!

Texano for ever!!!:K :K :K