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Visualizza Versione Completa : Maestri indiani: Ramana Marashi e Ramakrishna



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28-07-06, 21:03
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In questo sito:

Quaranta detti sulla Realtà (http://www.advaita.it/concetti/realt%C3%A0.htm) di Sri Ramana Maharshi
[in inglese]:
Who Am I? (http://www.advaita.it/library/whoami.htm)

Bhagavan Ramana (http://www.advaita.it/library/bhagramana.htm)

Self Enquiry (http://www.advaita.it/library/selfenquiry.htm)

Spritiual Instruction (http://www.advaita.it/library/spritinstr.htm)





Pubblicazioni in lingua italiana:

Il Vangelo di Ramana (http://www.advaita.it/libri/pitagorici/pgbook/vangeloramana.html) - Ed. Pitagorici



Risorse sul Web:

www.ramana-maharshi.it (http://www.ramana-maharshi.it/)

www.ramana-maharshi.org (http://www.ramana-maharshi.org/)




Testi e filosofi (http://www.advaita.it/testi%20e%20filosofi/testi_e_filosofi.htm) :

Sri Ramana Maharshi
Conosciuto come il "Saggio di Arunachala", per oltre mezzo secolo è stato il punto di riferimento di ogni ricercatore spirituale interessato ad approfondire il mistero della vita. Il suo profondo insegnamento metafisico scevro di postulati, dogmi e intellettualismi ha conquistato i ricercatori più sinceri. Considerato un jivan-mukta (liberato in vita), ha passato la maggior parte della sua vita ai piedi di Arunachala una montagna nei pressi di Tiruvannamalai, una cittadina del Tamil Nadu, a circa 130 chilometri dalla capitale Chennai (Madras). Arunachala è considerata da molti Indiani l'Incarnazione sulla terra di Shiva e proprio ad Essa Sri Sathya Sai Baba dedicò il suo primo bajan "Manasa Bajare".
Tenuto nell'amicizia e nella stima dei più noti Maestri del suo tempo, fu visitato da Swami Paramahansa Yogananda (noto per il libro "Autobiografia di uno Yogi" e fondatore della SRF in America), da Sri Chandrasekharendra Saraswati il jivan mukta che per circa 90 anni è stato lo Shankaracarya del Sri Kanchi Kamakoti Peetam (uno dei monasteri fondati da Adi Shankara - codificatore dell'Advaita Vedanta - oltre 2.500 anni fa).
In Occidente Ramana Maharshi fu conosciuto grazie ai libri di due autori, Paul Brenton e Arthur Osborne, i cui libri sono stati tradotti in quasi tutte le lingue.
Intorno a Ramana si stabilirono ricercatori giovani e meno giovani, occidentali e orientali, dando vita ad un Asram, il Ramanasram che oggi, a quasi cinquanta anni dalla "morte" di Ramana, è un luogo che ospita i pellegrini che giungono a rendere omaggio a Lui e alla sacra montagna di Arunachala. A tutt'oggi il Ramanasram è un luogo favorevole ove realizzare la natura dell'Essere, grazie alla sua Montagna.
Il Ramanasram pubblica un periodico semestrale "The Mountain Path" - "Il Sentiero della Montagna" - la cui edizione ufficiale italiana sul Web è disponibile all'interno di Vidya Bharata.
Come tutti i jivan mukta, Ramana ha incarnato ogni aspetto dell'insegnamento tradizionale ed è stato seguito da discepoli e devoti che percorrevano e percorrono la difficile via realizzativa secondo le tre accezioni principali jnana, bakthi e karma yoga (la Via della Conoscenza, dell'Amore e dell'Azione).
Il suo insegnamento privo di fanatismi e preferenze, si colloca all'interno della Metafisica Tradizionale, quel Sanathana Dharma o Philosophia Perennis di cui Platone in Occidente fu la luce più nota.
In un insegnamento tradizionale vengono meno i settarismi e le divisioni religiose, perché man mano che l'uomo ascende nel suo arduo cammino verso l'Assoluto o verso il Principio incarnato, cade ogni divisione, ogni distinzione, ogni identificazione limitante con il "mondo dei nomi e delle forme", col "mondo del mio e del tuo".


Inizio pagina (http://www.advaita.it/testi%20e%20filosofi/ramana.htm#top)

stuart mill
28-07-06, 21:04
1
Ramana Maharshi - Significato di Arunachala
RAMANA MAHARSHI
Significato di Arunachala
ASSOCIAZIONE ITALIANA RAMANA MAHARSHI
11 Maggio 2006
N° 3
2 Ramana Maharshi - Significato di Arunachala
Si narra che Brahma e Vishnu discutessero su chi, fra loro, fosse il più grande! I tempi passavano senza che addivenissero ad un accordo. D’improvviso sorse una colonna di luce ardente, di cui non vedevano né l’origine né la fine e intorno a loro risuonò una voce: «Più grande è chi la conoscerà.» Subito Vishnu prese la forma di un cinghiale e iniziò a scavare cercando le cause, mentre Brahma prese forma di Varuna e volò in alto seguendo la colonna che si perdeva fra le nuvole alla ricerca degli effetti. Dopo mesi di vana ricerca, entrambi stremati, rinunciarono. Avevano compreso che c’era qualcuno ben più grande di loro. Si narra che quella colonna condensò in Arunachala.

«L’improvviso levarsi della colonna fiammeggiante di Annamalail
di fronte a Brahma e Vishnu, insieme a tutte le loro angosce per non riuscire a conoscerla, è il simbolo della sphurana nel centro del Cuore quale vero Sé dell’intelletto e dell’io.»
Significato di Arunachala
3 Ramana Maharshi - Significato di Arunachala
Distributed by Advaita_Vedanta@yahoogroups.com
Traslated by Vidya Bharata - 11 May 2006
From “The collected works of Sri Ramana Maharshi”, pag 79. Digital Edition by Ramanasram
Associazione Italiana Ramana Maharshi
www.ramana-maharshi.it

stuart mill
28-07-06, 21:05
Quaranta detti sulla Realtà
di Sri Ramana Maharshi


Invocazione:
I. Se la Realtà non esistesse, si potrebbe avere coscienza di esistere? Libera da ogni pensiero, la Realtà abita nel Cuore, la Sorgente di tutto il pensiero. Perciò si chiama Cuore. Come si può contemplarlo? Essere ciò che è nel Cuore, è la Sua contemplazione.
II. Coloro che provano intenso timore della morte cerchino rifugio presso i piedi di Dio, che non conosce nascita né morte. Morendo a sé stessi e ai loro possedimenti, come possono essere toccati ancora dal pensiero della morte? Essi sono immortali.

§§§
1. Dal punto di vista della nostra percezione del mondo deriva l'accettazione di un Principio Primo in possesso di vari poteri. Le immagini relative ai nomi e alle forme, la persona che le vede, lo schermo su cui le vede proiettate e la luce attraverso cui le vede: egli stesso è tutte queste cose.
2. Tutte le religioni postulano tre enti fondamentali: il mondo, l'anima e Dio, ma è una sola unica Realtà che manifesta Sé stessa in questi tre. Si può dire che i tre restano tre fintanto che persiste il senso dell'ego. Perciò, nell'aderire all'Essere unitario, dove l'"io", o ego, muore, si ha lo Stato perfetto.
3. "Il mondo è reale", "no, è solo una mera apparenza", "il mondo è consapevole", "no", "il mondo è felicità", "no". A che scopo discuterne? Quello stato è condivisibile da tutti, qualora, abbandonati gli interessi estroversi, si riconosca il proprio Sé e si perdano anche le cognizioni di unità e di dualità, relativi a sé stessi e all'ego.
4. Se si dà una forma a sé stessi, il mondo e Dio appariranno a loro volta con una forma; ma se si è senza forma, chi vedrà una forma e come? Senza un occhio che la vede, come può esserci una forma? Il Sé osservatore è l'Occhio, e quell'Occhio è l'Occhio dell'Infinito.
5. Il corpo è una forma composta da cinque guaine, perciò tutte le cinque guaine sono coinvolte nella parola "corpo". Senza il corpo esiste il mondo? Qualcuno ha visto il mondo senza avere un corpo?
6. Il mondo non è altro che la forma corporea degli oggetti percepiti dai cinque organi di senso. Da che, attraverso i cinque sensi, la mente individuale percepisce il mondo, il mondo è niente altro che mente. Senza la mente, può esserci il mondo?
7. Sebbene il mondo e la coscienza si levino e tramontino, è solo per la coscienza che il mondo è apparente. Quella Perfezione per cui mondo e coscienza si levano e tramontano, ma che risplende senza mai levarsi e tramontare, è la sola Realtà.
8. Sotto qualsiasi nome e forma si venera l'Assoluta Realtà, si tratta soltanto di un mezzo per realizzare Quello senza nome e senza forma. Solo quella è la vera realizzazione, ove ci si riconosce in relazione alla Realtà, si ottiene pace e si realizza la propria identità con Quello.

9. La dualità di soggetto e oggetto e la trinità di vedente, veduto e visione possono esistere solo se supportate dall'Uno. Se ci si rivolge all'interno in cerca della Realtà Unica, tutte queste cose decadono. Coloro che vedono questo, vedono la saggezza. Non sono mai assaliti dal dubbio.
10. La coscienza ordinaria è sempre accompagnata da ignoranza, e l'ignoranza dalla conoscenza; l'unica vera Conoscenza è quella per cui si riconosca il Sé, attraverso l'indagine su conoscenza e ignoranza.
11. Non è invero ignoranza il conoscere qualsiasi cosa senza conoscere sé stessi, il conoscitore? Quando si conosca il Sé, che è il substrato di conoscenza e ignoranza, conoscenza e ignoranza scompaiono.
12. Solo questa è la vera Conoscenza, che non è né conoscenza né ignoranza. Quello che sappiamo non è vera Conoscenza. Solo quando il Sé risplende senza altro che debba essere conosciuto o fatto conoscere, Solo questo è Conoscenza. Non si tratta di vuoto.
13. Il Sé, che è Conoscenza, è l'unica Realtà. La molteplicità è falsa conoscenza. Questa falsa conoscenza, o ignoranza, non può esistere separatamente dal Sé, la Conoscenza Reale. I vari ornamenti d'oro sono irreali, poiché nessuno di essi esiste a prescindere dall'oro con cui è fatto.
14. Se esiste la prima persona, io, esistono di conseguenza la seconda e la terza, tu e lui. Indagando sulla natura dell'io, l'io scompare. Lo stato che ne risulta, luminoso come l'Essere Assoluto, è lo stato naturale dell'essere, il Sé.
15. Solo riferendosi al presente esistono il passato e il futuro. Ma anche essi, mentre accadono, sono il presente. Cercare di determinare la natura del passato e del futuro, ignorando il presente, è come cercare di far di conto senza usare l'unità.
16. Fuori di noi, dove sono il tempo e lo spazio? Se siamo corpi, siamo coinvolti nel tempo e nello spazio, ma siamo questo? Siamo uno, identico, adesso, dopo e prima, così sempre, qui e ovunque. Dunque siamo, senza tempo e senza spazio, solo Essere.
17. Per coloro che non hanno realizzato il Sé, come per coloro che l'hanno realizzato, la parola "io" si riferisce al corpo, ma con una differenza: per quelli che non l'hanno realizzato, l'"io" è confinato nel corpo, mentre per coloro che hanno realizzato il Sé interiore l'"io" risplende come il Sé illimitato.
18. Per coloro che non hanno realizzato il Sé, come per coloro che l'hanno realizzato, il mondo è reale. Ma per coloro che non l'hanno realizzato la Verità è adattata a misura del mondo, mentre per coloro che l'hanno realizzato la Verità risplende come Perfezione Senza Forma e Substrato del mondo. Questa è l'unica differenza fra loro.
19. Solo quelli che non conoscono la Sorgente del destino e del libero arbitrio discutono su quale dei due prevalga. Quelli che conoscono il Sé come la Sorgente del destino e del libero arbitrio sono liberi da entrambi. Come saranno ancora ingannati da essi?
20. Colui che vede Dio senza vedere il Sé, vede solo un'immagine mentale. Si dice che chi vede il Sé veda Dio. Colui che, perduto completamente l'ego, veda il Sé, trova Dio, poiché il Sé non esiste separatamente da Dio.
21. Qual è il senso delle scritture che affermano che vedendo il Sé si vede Dio? Come si può vedere il Sé? Se fintanto che si resta nell'individualità non si può vedere il Sé, come si può vedere Dio? Solo diventando la Sua preda.
22. Il Divino dà luce alla mente e risplende all'interno di essa. Non vi è altra via per conoscerlo con la mente che rivolgerla all'interno e fissarla sul Divino.

23. Il corpo non dice "io". Nessuno può discutere che nel sonno profondo l'"io" cessa di esistere. Quando l'"io" emerge, tutto il resto emerge. Con mente attenta si indaghi da dove questo "io" emerge.

24. Questo corpo inerte non dice "io". La consapevolezza della realtà non emerge da lì. In mezzo ai due [corpo - consapevolezza, ndt], e limitatamente alle misure del corpo, talvolta emerge quale "io". Questo è noto come Chit-jada-granthi (il nodo tra la consapevolezza e la materia inerte) e quale legame, anima, corpo sottile, ego, mente e così via.

25. Si manifesta accompagnato da una forma, e perdura finché mantiene una forma. Avendo una forma, la nutre e la fa crescere. Ma se si indaga, questo spirito maligno, che non possiede una forma propria, abbandona la presa alla forma e prende il volo.
26. Se l'ego c'è, tutte le altre cose ci sono. Se l'ego non c'è, nessun altra cosa c'è. Dunque indagare su cosa sia questo ego è l'unica via per liberarsi da tutto.
27. La stato in cui non emerge alcun "io" è lo stato dell'essere Quello. Senza ricercare quello Stato di non-emergenza dell'"io" e ottenerlo, come si può raggiungere la propria estinzione, da cui l'"io" non ritorna? Senza questo compimento come si può restare nella propria vera natura, dove si è Quello?
28. Come ci si deve tuffare per recuperare qualcosa che è caduto nell'acqua, così occorre tuffarsi in sé stessi, con mente affilata e concentrata, controllando la parola e il respiro, per trovare il luogo ove l'"io" trae origine.
29. L'unica indagine che conduce alla realizzazione del Sé è la ricerca della Sorgente dell'"io". Meditare su "Io non sono questo; io sono Quello" può essere d'aiuto, ma non può essere l'indagine.
30. Se si investiga "Chi sono io?" nel profondo della mente, l'"io" individuale decade appena si raggiunge il Cuore e immediatamente la Realtà manifesta sé stessa spontaneamente come "io-io". Sebbene si riveli come "io", non si tratta dell'ego, ma dell'Essere Perfetto, il Sé Assoluto.
31. Per colui che è immerso nella Beatitudine del Sé, che sorge dall'estinzione dell'ego, cosa rimane da compiere? Egli non è più cosciente di niente altro che del Sé. Chi può afferrare il suo Stato?
32. Sebbene le scritture affermino "Tu sei Quello", la meditazione su "Io non sono questo, io sono Quello" è solo segno della debolezza della mente, poiché si è eternamente Quello. Quello che realmente deve essere fatto è l'investigazione su ciò che realmente si è e stabilirsi in Quello.
33. E' altresì ridicolo affermare "io non ho realizzato il Sé" o "io ho realizzato il Sé"; esistono forse due sé, per cui uno è l'oggetto di realizzazione dell'altro? E' una verità dell'esperienza di tutti che esiste un solo Sé.

34. Solo a causa dell'illusione dovuta all'ignoranza gli uomini mancano di riconoscere Quello che è sempre e in tutti la Realtà intrinseca, posta nel centro del Cuore, e di stabilirsi in Essa, mentre discutono piuttosto sulla sua esistenza o inesistenza, sul fatto che abbia o non abbia forma, o che sia duale o non duale.

35. Ricercare e stabilirsi nella Realtà, che è sempre compiuta, è l'unico conseguimento. Tutti gli altri conseguimenti (siddhi) sono come oggetti acquisiti in sogno. Possono apparire reali a chi si è risvegliato? Possono illudere coloro che si sono stabiliti nella Realtà e sono liberi da Maya?

36.Solo se ricorre il pensiero "io sono il corpo", la meditazione su "io non sono questo, io sono Quello" aiuterà a stabilizzarsi in Quello. Perché dovremmo pensare per sempre "io sono Quello"? Si rende necessario forse per un uomo pensare "io sono un uomo"? Non siamo sempre Quello?
37. L'asserzione che dice "Dualismo durante la pratica, non-dualismo alla Realizzazione" è altresì falsa. Mentre si è in ansiosa ricerca, così come quando si è realizzato il Sé, chi altro si è se non il decimo uomo?[1]

38. Finché ci si percepisce agenti, si raccolgono i frutti delle azioni, ma appena si realizza il Sé attraverso l'indagine e si comprende chi è l'agente, il proprio senso di essere agente decade e il triplo karma[2] cessa. Questo è lo stato dell'eterna Liberazione.

39. Solo fino a quando ci si pensa legati, si pensa alla Liberazione. Quando si indaga su chi sia legato si realizza il Sé, eternamente compiuto ed eternamente libero. Quando il pensiero del legame svanisce, può sopravvivere il pensiero della Liberazione?
40. Se è stato detto che la Liberazione è di tre tipi, con forma, senza forma, o con-e-senza forma, lasciate che io vi dica che l'estinzione delle tre forme di Liberazione è l'unica vera Liberazione.
[1] - Si riferisce a una storiella tradizionale che narra di dieci sciocchi che viaggiavano assieme. Costretti ad attraversare un fiume, giunti sull'altra sponda decisero di contarsi, per verificare che tutti fossero giunti sani e salvi. Ciascuno contò a turno, ma ognuno contava soltanto i nove altri dimenticando sé stesso. Così conclusero che il decimo doveva essere annegato e iniziarono a piangerlo. Allora passò di lì un viaggiatore e chiese loro cosa fosse accaduto. Subito comprese il loro errore e per convincerli che nessuno era annegato, li fece avanzare uno alla volta davanti a sé e, dando uno schiaffo a ciascuno, chiese di contare i colpi.
2 - Sanchita, Agami e Prarabdha.

stuart mill
28-07-06, 21:06
* L'Associazione Italiana Ramana Maharshi *

nasce per diffondere le opere e l'insegnamento non duale di uno dei più grandi Maestri spirituali del XX secolo.

Collabora con l'Associazione Vidya Bharata nella newsletter mensile che riporta articoli, iniziative e attività che fanno riferimento alle filosofie, culti e discipline dell’India e alla Metafisica tradizionale. Viene pubblicato sul web all’indirizzo www.vidya.org (http://www.vidya.org), nella mailing list omonima e presso la Libreria Ristorante I Pitagorici di Catania.

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Conosciuto come il "Saggio di Arunachala", per oltre mezzo secolo è stato il punto di riferimento di ogni ricercatore spirituale interessato ad approfondire il mistero della vita. Il suo profondo insegnamento metafisico scevro di postulati, dogmi e intellettualismi ha conquistato i ricercatori più sinceri. Considerato un jivan-mukta (liberato in vita), ha passato la maggior parte della sua vita ai piedi di Arunachala una montagna nei pressi di Tiruvannamalai, una cittadina del Tamil Nadu, a circa 130 chilometri dalla capitale Chennai (Madras).
Arunachala é considerata da molti Indiani l'Incarnazione sulla terra di Shiva e proprio ad Essa Sri Sathya Sai Baba dedicò il suo primo bajan "Manasa Bajare".
Tenuto nell'amicizia e nella stima dei più noti Maestri del suo tempo, fu visitato da Swami Paramahansa Yogananda (noto per il libro "Autobiografia di uno Yogi" e fondatore della SRF in America), da Sri Chandrasekharendra Saraswati il jivan mukta che per circa 90 anni è stato lo Shankaracarya del Sri Kanchi
Kamakoti Peetam (uno dei monasteri fondati da Adi Shankara - codificatore dell'Advaita Vedanta - oltre 2.500 anni fa).
In Occidente Ramana Maharshi fu conosciuto grazie ai libri di due autori, Paul Brenton e Arthur Osborne, i cui libri sono stati tradotti in quasi tutte le lingue.
Intorno a Ramana si stabilirono ricercatori giovani e meno giovani, occidentali e orientali, dando vita ad un Asram, il Ramanasram che oggi, a quasi cinquanta anni dalla "morte" di Ramana, è un luogo che ospita i pellegrini che giungono a rendere omaggio a Lui e alla sacra montagna di Arunachala. A tutt'oggi il Ramanasram è un luogo favorevole ove realizzare la natura dell'Essere, grazie alla sua Montagna.
Il Ramanasram pubblica un periodico semestrale "The Mountain Path" - "Il Sentiero della Montagna" - la cui edizione ufficiale italiana sul Web è disponibile all'interno di Vidya Bharata.
Come tutti i jivan mukta, Ramana ha incarnato ogni aspetto dell'insegnamento tradizionale ed è stato seguito da discepoli e devoti che percorrevano e percorrono la difficile via realizzativa secondo le tre accezioni principali jnana, bakthi e karma yoga (la Via della Conoscenza, dell'Amore e dell'Azione).
Il suo insegnamento privo di fanatismi e preferenze, si colloca all'interno della Metafisica Tradizionale, quel Sanathana Dharma o Philosophia Perennis di cui Platone in Occidente fu la luce più nota.
In un insegnamento tradizionale vengono meno i settarismi e le divisioni religiose, perché man mano che l'uomo ascende nel suo arduo cammino verso l'Assoluto o verso il Principio incarnato, cade ogni divisione, ogni distinzione, ogni identificazione limitante con il "mondo dei nomi e delle forme", col "mondo del mio e del tuo".





L'identificazione con l'Assoluto è solo l'altro nome della distruzione dell'ego.
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La Realizzazione (moksha) è sapere che non si è mai nati. Restare fermi e sapere che "Io sono Dio".
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La meditazione è Atmanishtha (rimanere fermi nel Sé). Quando i pensieri attraversano la mente ed occorre uno sforzo per eliminarli, la meditazione finisce. Sii ciò che sei. Quella è la meta.

La domanda chi "sono io" è il bastone che annulla l'io.
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Colui che pensa di essere colui che agisce, è colui che soffre.
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stuart mill
28-07-06, 21:08
http://www.advaita.it/images/ramakrishna.jpg



Su questo sito:

Biografia di Sri Ramakrisna (http://www.advaita.it/testi%20e%20filosofi/ramakrisnabio.htm)



Risorse sul Web:

R (http://www.ramakrishna-math.org/)amakrishna-math.org (http://www.ramakrishna-math.org/)

Centre Védantique Ramakrishna - Gretz (http://perso.wanadoo.fr/centre.vedantique), Francia









Testi e filosofi (http://www.advaita.it/testi%20e%20filosofi/testi_e_filosofi.htm) :

Ramakrishna, Vivekananda e il Ramakrishna Math

Nel corso dei secoli, l'India ha prodotto numerosi grandi filosofi e istruttori che hanno raggiunto l'illuminazione. Uno di questi, fu Sri Ramakrishna (1836 - 1886), la cui vita è stata una autentica dimostrazione della verità dei principi della Filosofia Vedanta.
Poiché Sri Ramakrishna ebbe esperienze dirette della Realtà unica dietro alle numerose vie spirituali e scoprì la stessa Realtà in altre religioni del mondo, la sua vita esprime al più alto livello l'universalità del fenomeno spirituale.
Sri Ramakrishna passò la maggior parte della sua vita vicino a Calcutta, in un tempio sulle rive del Gange. Molti dei suoi insegnamenti sono stati trascritti parola per parola. Li si possono trovare nel libro "Il Vangelo di Sri Ramakrishna". Inoltre Max Müller, Romain Rolland e Christopher lsherwood hanno scritto delle biografie di Sri Ramakrishna per il mondo occidentale.
Alla sua morte, sedici suoi discepoli intimi formarono, secondo le sue istruzioni ricevute, una piccola comunità monastica, che doveva trasformarsi nell'Ordine di Ramakrishna. Il più eminente fra loro fu Swami Vivekananda (1863-1902), che ebbe l'occasione di rappresentare il Vedanta come la filosofia dell'Induismo al Parlamento Mondiale delle Religioni, tenutosi a Chicago nel 1893.
Il successo di Swamiji fu così trionfale che venne invitato a rimanere in America. Durante tre anni percorse il Paese, dando conferenze e tenendo corsi, studiando quali contributi l'India e l'Occidente potessero darsi l'uno l'altro. Nel corso di un secondo viaggio in Occidente nel 1899-1900, Vivekananda passò tre mesi in Francia partecipando al Congresso della Storia delle Religioni, tenuto a Parigi, nel quadro dell'Esposizione Universale Internazionale del 1900.
In India Swami Vivekananda fondò la Missione Ramakrishna, organizzazione avente allo stesso tempo scopi educativi e caritatevoli. L'Ordine di Ramakrishna e la Missione Ramakrishna sono organizzazioni parallele i cui lavori sono intimamente legati, le realizzazioni della Missione essendo assicurate dai mezzi dell'Ordine. Le organizzazioni gemellate dirigono un centinaio di centri sparsi in ogni parte dell'India. Il loro lavoro include l'aiuto allo sviluppo rurale, la direzione degli ospedali e dei dispensari , delle scuole e di altri stabilimenti di educazione e insegnamento. Varie Case Editrici editano libri e riviste spirituali in tutte le lingue dell'India. Swami Vivekananda desiderava che tali attività umanitarie fossero eseguite in uno spirito di servizio alla Divinità che risiede nell'uomo.
La direzione dell'Ordine e la Missione Ramakrishna si trovano al Monastero di Belur Math, la casa madre sul Gange, fondata da Swami Vivekananda nel 1899, a qualche chilometro al nord di Calcutta. Attualmente il numero di Swami e di novizi nell'Ordine di Ramakrishna si eleva a più di un migliaio. La maggior parte di questi sono di origine indiana, ma ce ne sono solo alcuni di origine occidentale.

Dal sito http://www.ramakrishna-math.org/

stuart mill
28-07-06, 21:09
http://www.ramakrishna-math.org/insegnamento/default.htm

qui troverete suoi brani

stuart mill
28-07-06, 21:10
La Vita

Sri Ramakrishna, il cui nome di famiglia è Gadadhar Chatterjee, nacque nel 1836 nel villaggio di Kámarpukur, a circa 100 Km. da Calcutta 1 suoi genitori, Khudiram e Candramani, erano molto poveri e riuscivano a stento a sbarcare il lunario. Essi trascorrevano gran parte del loro tempo in adorazione di Raghuvir, la divinità familiare che consideravano loro patrono e protettore.
Nel villaggio, Gadadhar era particolarmente benvoluto. Bello e naturalmente dotato per le belle arti, non aveva però alcuna propensione per la scuola. Se qualcuno gliene chiedeva la ragione egli rispondeva: «la cosiddetta istruzione ha in vista soltanto i soldi; questo tipo di istruzione non mi interessa affatto.» Amava la natura e trascorreva il suo tempo con gli amici nei campi e nei frutteti del villaggio. Andava spesso in estasi: una fila di candide gru in volo sullo sfondo delle cupe nubi monsoniche, il canto di inni devozionali o la recita in una rappresentazione religiosa potevano facilmente mandarlo in estasi.
Gadadhar rimase orfano del padre a sette anni; tale evento lo rese più serio ma non ebbe il potere di fargli cambiare modi e abitudini. Infatti, continuò a rifiutare la scuola preferendo andare dai monaci che sostavano nel villaggio durante il loro viaggio verso Puri. Egli si adoperava per servirli e seguiva, completamente dimentico di sé, le dispute che spesso sorgevano tra loro su questioni religiose.
Gadadhar aveva ormai raggiunto l'età per ricevere l'investitura del sacro cordone brahmanico; i preparativi erano quasi ultimati quando egli dichiarò che era sua intenzione ricevere la rituale prima elemosina (bhiksá) da una certa donna sudra del villaggio. Una cosa simile non si era mai sentita; la tradizione prescriveva che a dargli la prima elemosina fosse una donna bráhmana e non una sudra. Questo gli venne fatto notare ma egli fu irremovibile. Disse che aveva dato la sua parola a quella donna e che se non l'avesse mantenuta sarebbe stato un atto indegno di un brahmana. Non ci furono ragioni, preghiere o pianti in grado di farlo desistere da tale proposito. Ramkumar, fratello maggiore e, dalla morte del padre, capofamiglia dovette alla fine rassegnarsi.
Intanto le condizioni economiche della famiglia continuavano a peggiorare. Rarnkumar dirigeva una scuola di sanscrito a Calcutta e svolgeva anche funzioni di sacerdote presso alcune famiglie Ciò che riusciva a mettere insieme era davvero poco e non gli era possibile inviare con regolarità del denaro alla famiglia. Pertanto, decise di far venire Gadadhar a Calcutta. Il suo intento era quello di fargli studiare il sanscrito; inoltre, avrebbe forse potuto svolgere qualche servizio religioso tramite cui racimolare del denaro per sé. Gadadhar arrivò presso il fratello ma fece subito presente che non avrebbe studiato; accettava però di buon grado di svolgere servizi religiosi, e questo non per denaro ma per la gioia che ne derivava.
Nello stesso tempo, una ricca signora di Calcutta, Rani Rashmoni, fece costruire un tempio a Dakshinesvar dedicato alla Dea Káli. Ella si rivolse a Rarnkumar chiedendogli di prestare servizio in qualità di sacerdote del tempio ed egli accettò. Gadadhar si lasciò persuadere a decorare la divinità. Più tardi, quando Ramkumar si ritirò, Gadadhar ne prese il posto.
Quando Gadadhar iniziò ad adorare la Dea si domandò se stesse adorando una pietra o una Divinità vivente. Se l'adorazione era rivolta a una Dea vivente perché mai ella non rispondeva alle sue invocazioni? Tale domanda lo perseguitava giorno e notte; infine, egli si rivolse direttamente alla Dea Káli in preghiera: «Madre, in passato tu sei stata benevola verso molti dei tuoi devoti e ti sei rivelata a loro. Perché non vuoi rivelarti anche a me? Non sono forse anch'io tuo figlio?» Durante l'adorazione era spesso in lacrime e talvolta dava libero sfogo alla sua amarezza con alte grida. Si inoltrava nella vicina foresta e vi passava ?intera notte in preghiera. Un giorno, non potendo più sopportare di non vedere la Madre Káli, decise di porre fine ai suoi giorni. Afferrò una spada appesa al muro e stava per colpirsi quando vide onde di luce che provenivano dalla divinità; la luce lo investi e lo sommerse ed egli, perduta coscienza di sé, cadde a terra svenuto.
Ma Gadadhar non si accontentò di questo. Cominciò a pregare la Madre Kàli per ottenere altre esperienze spirituali. Egli voleva sapere in modo particolare quali verità insegnassero le altre religioni. Così, inspiegabilmente, istruttori di quelle religioni apparvero nei momenti più opportuni come se fossero guidati da qualche potere invisibile e, cosa ancora più sorprendente, egli assimilò in brevissimo tempo il significato di quelle esperienze.
Ben presto si sparse la voce circa quest'essere straordinario, conosciuto oramai come Ramakrishna Paramahamsa che, come una calamita, attirava a sé sinceri ricercatori di ogni ceto sociale e di ogni fede.
Il suo insegnamento si protrasse per circa 15 anni durante i quali insegnò, tramite parabole, metafore, canti e soprattutto con l'esempio della sua vita, le verità fondamentali della spiritualità. Alla sua morte, avvenuta nel 1886, egli lasciò un gruppo di giovani e devoti discepoli con alla testa il famoso studioso e oratore Svámi Vivekánanda.
http://www.ramakrishna-math.org/images/ramakrishna_chart_small.gif
(http://www.ramakrishna-math.org/images/ramakrishna_chart.gif)La carta del Cielo
di Sri Ramakrishna
Che cosa ha insegnato Ramakrishna?

l. Ramakrishna non insegnò né credi né dogmi. Il suo solo pensiero era l'elevazione degli uomini. Secondo lui, c'è nell'uomo un enorme potenziale etico e spirituale ed è suo preciso e principale dovere attuarlo in vita. Egli insegnò all'uomo a lottare per attuare quel potenziale senza perdere tempo dietro ai piaceri sensoriali o in dispute religiose.
2. Le religioni sono altrettanti sentieri che conducono alla stessa meta, vale a dire, al Divino. L'uomo raggiunge il fine spirituale quando consegue il più elevato sviluppo etico.
3. Il Divino è sia personale che impersonale. Poiché all'inizio è difficile concepire una Divinità impersonale, è necessario concepirla come Persona. C'è qualcuno che sia in grado di pensare al colore bianco senza pensare a un oggetto bianco? Si può guardare il sole al suo sorgere, ma non il sole di mezzogiorno. Così, quando il Divino si manifesta come una Persona possiamo sapere qual è il suo aspetto, altrimenti Esso è impersonale e, come tale, oltre il pensiero e le parole.
4. Sii nel mondo ma non del mondo. Svolgi i tuoi doveri al meglio ma non contare troppo sui frutti delle tue azioni; offrili Piuttosto a Dio e cerca di sentire che sei solo uno strumento nelle Sue mani.
5. La spiritualità è un'esperienza. La spiritualità non ha senso se le verità che contiene non vengono sperimentate. La tua sete sarà mai soddisfatta se non bevi quando hai sete?
6. Il Divino è ovunque ma si manifesta soprattutto nell'uomo. Quindi, renditi disponibile a servire l'uomo perché ciò equivale ad adorare il Divino.

stuart mill
28-07-06, 21:10
Detti di Sri Ramakrishna 1



Di notte si vedono molte stelle nella volta celeste ma esse scompaiono quando sorge il sole. Potresti forse affermare che durante il giorno non ci siano stelle? O uomo, solo perché non riesci a trovare Dio quando sei immerso nell'ignoranza, non dire che Dio non esiste.
È nato invano chi, avendo conseguito una nascita umana invero molto difficile da ottenere - non cerca di realizzare il Divino in questa stessa vita.
Sei in cerca di Dio? Cercalo allora nell'uomo! La sua divinità è più evidente nell'uomo che in qualsiasi altro oggetto. L'uomo è la più grande manifestazione di Dio.
Il jíva è Shiva (ogni essere vivente è divino in essenza). Chi oserà allora parlare di misericordia verso l'uomo? Non misericordia ma servizio, solo servizio, poiché l'uomo dev'essere considerato divino.
Dio è la sola cosa che puoi dire di essere tua.
Ti dico la verità: non c'è nulla di male nel fatto che sei al mondo, ma devi dirigere i tuoi pensieri verso Dio.
Se dici: "sono per sempre un peccatore" resterai un peccatore per l'eternità. Dovresti invece ripetere: "non sono schiavo, non sono schiavo. Chi mi può vincolare? Sono il figlio di Dio, il re dei re."
Si dice che solo la sincerità costituisce la disciplina spirituale del Kali-yuga (l'era attuale). Se un uomo aderisce tenacemente alla verità riuscirà infine a realizzare Dio.
Ogni religione è vera. Dio può essere raggiunto da ogni religione. I fiumi scorrono in direzioni diverse ma si riversano tutti nel mare. Nel mare essi sono un'unità.
Un uomo veramente religioso dovrebbe pensare che anche le altre religioni sono sentieri che conducono alla verità. Dovremmo sempre mantenere un atteggiamento di rispetto verso le altre religioni.
La donna - che sia naturalmente buona o no, che sia casta o corrotta - dovrebbe essere sempre considerata un'immagine della Beatissima Madre Divina.
Il denaro ti può procurare solo il cibo. Non considerarlo come il tuo solo fine.
È veramente un uomo solo colui per il quale il denaro non è che uno strumento al suo servizio. D'altra parte, coloro che non sanno farne un uso appropriato non meritano dì essere chiamati uomini.
Per diventare grandi occorre farsi umili. L'albero carico di frutti si piega verso terra. Perciò, se desideri essere grande, sii umile e mite.
La pioggia non resta mai sui rilievi ma scorre verso il basso. Così, anche la grazia di Dio rimane nel cuore degli umili e si allontana dai superbi e dagli orgogliosi.
L"'io" che afferma: sono il servitore del Signore, appartiene al vero devoto. È l"'io" della vidyá (conoscenza), e viene chiamato un "io" maturo.
Da dove viene la forza dei devoto? Egli è un figlio di Dio e le lacrime che versa in devozione sono la sua arma più possente.
Guarda l'incudine di un fabbro; egli la martella e la batte, eppure non si muove dal suo posto. Gli uomini dovrebbero imparare da lei la pazienza e la sopportazione.
Non cercare i venditori di miracoli e coloro che esibiscono poteri occulti; essi sono lontani dal sentiero della Verità.
Evita di cercare difetti in ogni essere, fosse anche un insetto. Se preghi il Signore per conseguire la devozione pregalo anche perché tu possa evitare di cercare difetti negli esseri.
Lucida le lenti della tua mente e vedrai che il mondo è Divino.
L'alba annuncia il sole nascente come la sincerità, l'altruismo, la purezza e la rettitudine annunciano l'avvento del Signore.
Ogni persona dovrebbe seguire la propria religione. Un Cristiano dovrebbe seguire il Cristianesimo, un Maomettano l'Islamismo. Per l'Indù, l'antico sentiero dei Rsi vedici è il migliore.
Evita le discussioni. Rimani fermo nella tua fede e nelle tue opinioni ma concedi agli altri la stessa libertà.
La sofferenza dell'uomo è tanta solo perché manca la devozione verso Dio. Si dovrebbe perciò adottare quel mezzo che permette il sorgere del pensiero di Dio negli ultimi istanti della vita. Tale mezzo è la pratica della devozione verso Dio.
Che io possa rinascere più e più volte, perfino nella forma di un cane, se in questo modo io posso essere di aiuto anche a un solo uomo.
Sono disposto a offrire ventimila corpi come questo per aiutare un solo uomo. È meraviglioso poter aiutare anche un solo uomo.

stuart mill
28-07-06, 21:11
Aneddoti su Sri Ramakrishna


Una vecchia signora andò un giorno da Ramakrishna Paramahansa portando con se' suo nipote di 10 anni. Si prostrò di fronte a lui e disse: "Maestro! Ho bisogno del vostro aiuto. Questo ragazzo è mio nipote ed è rimasto orfano dall'età di 5 anni, e da allora mi prendo cura di lui.
Adesso ho un grosso problema. Il ragazzo mangia troppi dolci, così tanti che la sua salute peggiora di giorno in giorno. Sono stata dal medico che lo ha severamente ammonito, ma lui non gli presta ascolto. Il ragazzo però, ha una grande ammirazione per voi, ed io sono certa che solo voi lo potete aiutare!"
Ramakrishna rispose: "Madre, non ti preoccupare, vieni con tuo nipote tra un mese, nel frattempo penserò cosa fare per convincerlo che la salute è molto importante, perfino più importante della ricchezza!"
La vecchia signora ringraziò e se ne andò.
Dopo un mese, la donna si ripresentò puntuale con il nipote ed entrambi salutarono il maestro con grande reverenza. Ramakrishna fece sedere il ragazzo accanto a lui e disse: "Mio caro ragazzo, ricordati che la vera ricchezza è la salute. Se non avrai cura della tua salute non potrai crescere forte e sano; non sarai in grado di fare niente di grande in questa vita se sarai un uomo debole e malato. Quando ciò che mangiamo nuoce al nostro organismo, dobbiamo rinunciarvi. Perciò da domani non mangiare più dolci! Dopo qualche tempo ne potrai mangiare con moderazione. Sei un bravo ragazzo e sono certo che ascolterai ciò che ti ho detto, non è così?"
Il ragazzo annuì e promise che non avrebbe mangiato dolci.
La vecchia signora mandò il nipote a passeggiare e rimasta sola con Ramakrishna gli chiese: "Maestro, perché non hai dato questi consigli a mio nipote un mese fa? Perché mi hai detto di ritornare dopo un mese, non capisco!"
Ramakrishna rispose con un dolce sorriso: "Madre, io stesso mangiavo molti dolci, come potevo dire al ragazzo di fare qualcosa che io stesso non riuscivo a fare? Nessuno ha il diritto di predicare ad altri se prima non pratica ciò che afferma. Per questo ti ho chiesto un po' di tempo. In questo mese non ho mangiato dolci, ed ho acquisito il diritto di consigliare tuo nipote."
La donna si meravigliò della rettitudine con cui il Maestro si comportò, si prostrò ai suoi piedi e partì.
Da: "Chinna Katha II" - Sri Sathya Sai Books and Publication Trust (A.P.), India

***
Una volta Vivekananda chiese a Ramakrishna Paramahamsa se avesse mai visto Dio. Ramakrishna rispose che stava vedendo Dio persino in quel momento. Vivekananda chiese: "In quale forma?" Ramakrishna rispose: "Proprio nella tua forma". Indicando i suoi discepoli aggiunse: "Questo Brahmananda, quel Nityananda... tutte sono incarnazioni di Dio. Sto vedendo Dio in tutti voi".

Incapace di comprendere le parole di Ramakrishna, Vivekananda chiese: "Swami, noi non siamo altro che mortali. Come puoi considerarci divini?"
Allora Ramakrishna disse: "Oh, semplicione... tu guardi tutti da un punto di vista fisico, mentre io vedo chiunque dal punto di vista Atmico. Ecco perchè tutto mi appare divino".

Da: Sai Baba, 22 Ottobre 2001

***
Essendo la sua casa molto lontana, Ramakrishna decise di trascorrere la notte nella casa di suo cognato. Quando gli fu preparato un letto comodo per la notte, Ramakrishna rifiutò di dormirci e disse: "Devo trovare una risposta ad una certa domanda posta dal re entro domattina. Un letto così comodo mi farebbe addormentare in breve tempo, perciò preparami una branda nella stalla".

All'una di notte, mentre egli si trovava sdraiato sulla branda nella stalla, una delle mucche partorì un vitellino. Ramakrishna chiamò il cognato per informarlo dell'accaduto. Il cognato gli chiese quale delle mucche aveva dato alla luce il vitello, perché ogni mucca aveva un nome diverso, come Parvati, Lakshmi, Saraswati, etc.

Chiese a Ramakrishna: "Ye Aav Ra Bava" ("Quale mucca è stata, oh cognato"). All'udire queste parole, la gioia di Ramakrishna non conobbe limiti, perché quella era la risposta per la domanda del re. Quindi Ramakrishna cominciò a ripetere la domanda in continuazione. Suo cognato pensò che lo strano comportamento del cognato fosse dovuto alla mancanza di sonno.

La mattina seguente Ramakrishna andò alla corte reale e si rese conto che nessun altro aveva trovato una risposta alla domanda del re. Tutti erano convinti che non esistesse una risposta possibile per il suo quesito. Ramakrishna era un grande devoto della Madre Divina e disse al re che, con la benedizione della Madre Divina, egli aveva trovato la soluzione.

"La risposta è: 'Ye Aav Ra Ba Va' " disse.
Gli altri apparivano disorientati ed allora egli spiegò: " 'Ye' in Marati, 'Aav' in Hindi, 'Ra' in Telugu, 'Ba' in Kannada and 'Va' in Tamil hanno lo stesso significato, cioè "Vieni".
Cinque diverse lingue sono rappresentate in questa frase. La notte precedente Ramakrishna aveva contemplato costantemente la Madre Divina ed era stato grazie alla Sua grazia che aveva trovato la soluzione.

Chakra
15-08-07, 14:37
stuart mill ci sono incontri in programma?

stuart mill
15-08-07, 22:50
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