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stuart mill
16-08-06, 15:21
La Via della Mano Sinistra
Lo sfondo cosmologico che è proprio alla tradizione Indù ha come base di partenza la dottrina
circa lo svolgimento ciclico della manifestazione. Questa concezione, sebbene l’Induismo preso
integralmente è considerabile come frutto di un amalgama di sistemi teologici, cultuali e settari,
costituisce il fondamento comune del pensiero religioso di varie comunità mistiche. L’aspetto
essenziale di tale insegnamento sta nel ritenere il divenire dell’uomo e dell’universo costituito di
due fasi: il Pravrtti-Marga e il Nivrtti-Marga.
Nella prima fase si ha la creazione, la manifestazione, la generazione, simbolo delle quali è
Brahma e il mantenimento, la conservazione associate alla figura di Vishnu. La seconda fase è
quella della distruzione, è il momento in cui il creato ritorna nelle mani di chi ne è legittimo
proprietario, per questo tale fase è rappresentata da Siva. Brahma, Siva e Vishnu formano la
cosiddetta Trimurti che è il cardine dell’Induismo, anche se all’interno dello stesso si sono
determinate tendenze e correnti religiose volte ad esaltare la figura di un Dio facendo sì che gli
altri due divengano aspetti accidentali e attributi. È ciò che accade per esempio nei Veda ritenuti
una specie di automanifestazione del potere creativo e quindi di Brahma o nei Purana la cui
figura centrale è Vishnu che è divinità suprema che condensa in se i simboli che altrove sono
rappresentati da Brahma e Siva. Naturalmente a secondo della propria indole si può essere portati
a cercare la propria via seguendo qull’inclinazione teologica che pone al suo centro una divinità
piuttosto che un’altra pur rimanendo consci che la via considerata è semplicemente un particolare
metodo per realizzare il medesimo scopo. Quanto ad orientamenti, atteggiamenti e precetti
religiosi da seguirsi alla prima fase, quella della creazione e della conservazione è legata la “via
della mano destra”, cui corrisponde l’etica della fedeltà alla propria natura nel quadro tradizionale
(Svadharna), della compartecipazione devota al culto dell’esercitazione dell’intensa
partecipazione mirata all’estasi unitiva col Dio. La via della mano sinistra (Vamacara) si lega alla
fase della distruzione e al culto di Siva. Questa è l’antiteticità pura di Vishnu: è un dio terribile, misterioso, imprevedibile, è il protettore del poeta, del mago e dello Yogin. La sua etica è quella
dello svincolamento da tutto ciò che è finito, dalla distruzione di ogni limite che impone alla
spiritualità (Atma) l’unione con la materia (prakti). Per questo distacco sono contemplate la via
ascetica e la via propriamente dissolutiva che presuppone il disprezzo per ogni norma o legge; in
pratica una forma di anomia verso ogni aspetto creativo-conservativo della manifestazione. Il
Siddha, ovvero l’illuminato, l’iniziato in tale direzione, è sovente definito un “senza regola”,
ovvero Svecchacari ossia “uomo che può fare quello che vuole”. Valentino Gnostico definì nel
seguente modo gli adepti della “via della mano sinistra”: “Da principio foste immortali e figli
della vita, vita simile a quella di cui godono gli eoni. Eppure voi vorreste dividere la morte tra di
voi, per disperderla e prodigarla; cosicché la morte possa morire in voi e per le vostre mani;
poiché in quanto voi dissolvete il mondo e non siete dissolti siete signori di tutta la creazione e di
tutta la distruzione”. Lo Sivaismo riconosce negli Agama e nei Tantra le fonti della dottrina
esoterica; si tratta di testi che si pongono come una nuova Rivelazione, più consona all’uomo
moderno divenuto incapace di seguire le ardue vie ascetiche additate dai Veda; in genere ci si
trova di fronte ad opere enciclopediche, precetti di scienza varia dall’architettura, alla filosofia,
alla medicina. La scuola più interessante, denominata “Trika”, ternaria perché riconosce tre realtà:
Siva, Sakti e le anime individuali. Alcuni tra i più grandi pensatori, tra la fine del sec. XI e l’inizio
del sec XII sintetizzarono i tantraloka (luce dei tantra) dai quali emergono le linee principali e le
teorie fondamentali della setta. Tra queste la consapevolezza che la molteplicità del mondo si
verifica in quanto l’assoluto si scinde in due poli, Siva e Sakti, la riunificazione dei quali
rappresenta l’estrema opera realizzativa. Sakti può essere considerato la “sposa del Dio”, la sua
potenza, la “Divina Sophia” di Dante. Essa rappresenta la possibilità che viene donata all’uomo di
conoscere Siva, cioè è lo strumento che permette all’asceta di conseguire la somma liberazione, di
emendarsi definitivamente dai dolori umani e dalle morti e quindi di uscire dal circolo del
samsara. Il processo di liberazione (Mukti) consiste quindi nello sforzo di affrancarsi dalle leggi
del tempo e del dolore e di rompere definitivamente il legame naturale che rende l’uomo schiavo
della sua parte materiale e tramutare il proprio corpo in un corpo perfetto (divya-deha). Il
congiungimento degli elementi maschile e femminile cioè dei principi Siva e Sakti rappresenta
quindi la soluzione trascendente, il superamento dello stato duale e la rigenerazione di un essere
perfetto e androginico (il rebis degli alchimisti e, prima ancora, “l’uomo assoluto” di cui Platone
parla nel Convivio). In conclusione si possono citare alcune parole di Evola, il quale, a tal
proposito, ricordava che “In una epoca di generale dissoluzione l’unica via che si può tentare è
appunto quella della “Mano Sinistra”, malgrado tutti i suoi rischi”. Questa riguarda il terzo
aspetto del Principio, quella della pura trascendenza che può comportare non solo il distacco da
ogni ordine e norma esistente (come nell’ascesi assoluta) ma anche una distruzione, l’anomia, lo
svincolamento distruttivo, però qui effettuato sempre nel segno dell’incondizionato. Chi non può
o non vuole staccarsi dal mondo attuale, che è invece pronto ad affrontarlo e a vivervi, perfino nelle forme più parossistiche. mantenendovi la propria differenziata personalità, assume forze a cui non ci si può contrapporre direttamente per piegarle e tenendo fermo a processi divenuti
irreversibili e irresistibili, egli fa sì che agiscano in modo tale che l’effetto per lui sia un superamento e una liberazione anziché una distruzione, come avviene per la quasi totalità dei suoi contemporanei.
Daimwn

tratto da: il reazionario