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Visualizza Versione Completa : guenon: IV cap studi sull'induismo



stuart mill
16-08-06, 15:31
premetto che guenon qui pare abbia toppato parecchio.
Premetto che questa è la prima opera del sufi, e si nota
Premetto che guenon, checchè ne dicano i guenoniani, commetteva anche lui degli errori
Premetto che guenon prese una cantonata mostruosa col monoteismo...
premesso questo e altro, ecco il 4 cap dell'opera nel titolo.





Studi sull'Induismo
La teoria indù dei cinque elementi 1
è noto che nella dottrina indù il punto di vista "cosmologico" è rappresentato principalmente dal Vaishêshika e, sotto un altro aspetto, dal Sânkhya, quest'ultimo caratterizzabile come "sintetico", mentre il primo può esser detto "analitico". Il nome del Vaishêshika è derivato da vishêsha, che significa "carattere distintivo" e, di conseguenza, "cosa individuale"; esso indica perciò specificamente il ramo della dottrina che si applica alla conoscenza delle cose in modo distintivo e individuale. Tale punto di vista è quello che più esattamente corrisponde, con la riserva delle differenze necessariamente implicite nel modi di pensare rispettivi dei due popoli, a quella che i Greci, soprattutto nel periodo "presocratico", chiamavano "filosofia fisica". Noi preferiamo però servirci del termine "cosmologia", a evitare ogni equivoco e per mettere meglio in rilievo la profonda differenza che esiste tra ciò di cui è questione e la fisica dei moderni; del resto, proprio questo si intendeva per "cosmologia" nel Medioevo occidentale.
























Inglobando nel suo oggetto ciò che si riferisce alle cose sensibili e corporee, le quali sono d'ordine eminentemente individuale, il Vaishêshika si è occupato della teoria degli elementi, — i quali sono i principi costitutivi dei corpi —, con maggior dettaglio di quanto non potessero fare gli altri rami della dottrina; tuttavia c'è da notare che si è obbligati a far ricorso a questi ultimi, e soprattutto al Sânkhya, quando si tratta di ricercare quali siano i principi più universali dai quali tali elementi procedono. Secondo la dottrina indù gli elementi sono cinque; in sanscrito essi sono chiamati bhûta, parola derivata dalla radice verbale bhû, che significa "essere", ma più particolarmente nel senso di "sussistere", il che vuol dire che designa l'essere umano preso in considerazione nel suo aspetto "sostanziale" (l'aspetto "essenziale" è espresso dalla radice as); di conseguenza, su tale parola riverbera anche una certa idea di "divenire", perché è dalla parte della "sostanza" che si situa la radice di ogni "divenire", in opposizione all'immutabilità dell'"essenza"; ed è in questo senso che Prakriti, o la "Sostanza universale", può essere indicata in modo proprio come la "Natura", termine che, così come il suo equivalente greco physis, implica precisamente e anzitutto, a motivo della sua derivazione etimologica, l'idea di "divenire". Gli elementi sono perciò considerati come determinazioni sostanziali o, in altri termini, modificazioni di Prakriti, modificazioni che non hanno però se non un carattere puramente accidentale nei confronti di quest'ultima, così come l'esistenza corporea stessa, in quanto modalità definita da un certo insieme di condizioni determinate, non è nulla più di un semplice accidente se messa in rapporto con l'Esistenza universale intesa nella sua integralità.
























Se si considerano ora, nell'essere, l'"essenza" correlativamente alla "sostanza", essendo questi due aspetti l'uno complementare dell'altro e corrispondendo essi a quelli che possiamo chiamare i due poli della manifestazione universale, ciò che equivale a dire che essi sono le espressioni rispettive di Purusha e Prakriti in tale manifestazione, occorrerà che alle determinazioni sostanziali costituite dai cinque elementi corrisponda un ugual numero di determinazioni essenziali, o "essenze elementari", le quali ne siano, si potrebbe dire, gli "archetipi", i principi ideali o "formali" nel senso aristotelico dell'ultimo termine, e appartengano, non più alla sfera corporea, ma a quella della manifestazione sottile. Il Sânkhya prende in effetti in considerazione, secondo questa prospettiva, cinque essenze elementari, le quali ricevono il nome di tanmâtra: questo termine significa letteralmente una "misura", o un'"assegnazione", che delimita il campo proprio di una determinata qualità o "quiddità" nell'Esistenza universale. è assiomatico che tali tanmâtra, per il fatto stesso che si situano nella sfera sottile, non sono assolutamente percepibili dai sensi al modo degli elementi corporei e delle loro combinazioni; essi sono unicamente "concepibili" idealmente, e possono ricevere denominazioni particolari soltanto per analogia con i differenti ordini di qualità sensibili che gli corrispondono, giacché è la qualità a essere in questo caso l'espressione contingente dell'essenza. Di fatto, essi sono generalmente indicati con i nomi stessi di tali qualità: auditiva o sonora (shabda), tangibile (sparsha), visibile (rûpa, nel duplice senso di forma e colore), sapida (rasa), olfattiva (gandha); ma, ripetiamo, tali denominazioni devono essere intese soltanto in quanto analogiche, perché simili qualità non possono essere considerate se non nello stato principiale, in certo qual modo, e "non-sviluppato", giacché solo dai bhûta esse saranno, come vedremo, manifestate effettivamente nella sfera sensibile. La concezione dei tanmâtra è necessaria quando si voglia riferire la nozione degli elementi ai principi dell'Esistenza universale, ai quali del resto essa si ricollega inoltre, ma questa volta dalla parte "sostanziale", per un altro ordine di considerazioni di cui ci toccherà parlare in seguito; la concezione dei tanmâtra, invece, non ha evidentemente da intervenire quando ci si limiti allo studio delle esistenze individuali e delle qualità sensibili in quanto tali, ed è questa la ragione per cui di essa non si parla nel Vaishêshika, il quale, per definizione stessa, si situa precisamente da quest'ultimo punto di vista.

stuart mill
16-08-06, 15:33
Ricorderemo che i cinque elementi riconosciuti dalla dottrina indù sono i seguenti: âkâsha, l'etere; vâyu, l'aria; têjas, il fuoco; ap, l'acqua; prithvî, la terra. L'ordine seguito è quello del loro sviluppo o della loro differenziazione, a partire dall'etere, che è l'elemento primordiale; è sempre in quest'ordine che essi sono enumerati in tutti i testi del Vêda in cui se ne parla, in particolare nei passi della Chândogya-Upanishad e della Taittirîyaka-Upanishad dove è descritta la loro genesi; e il loro ordine di riassorbimento, o di ritorno allo stato indifferenziato, è naturalmente l'inverso del loro ordine di sviluppo. Inoltre, a ciascun elemento corrisponde una qualità sensibile, la quale è considerata la sua qualità propria, quella che ne manifesta la natura in modo essenziale e attraverso la quale tale natura ci è conosciuta; la corrispondenza che è in tal modo stabilita tra i cinque elementi e i cinque sensi è la seguente: all'etere corrisponde l'udito (shrotra), all'aria il tatto (twach); al fuoco la vista (chaksus), all'acqua il gusto (rasana); alla terra l'odorato (ghrâna), e l'ordine di sviluppo dei sensi è anche quello degli elementi ai quali essi sono legati e dai quali dipendono in modo diretto; quest'ordine è ovviamente conforme a quello secondo il quale abbiamo enumerato in precedenza le qualità sensibili riferendole in modo principiale ai tanmâtra. Per di più, ognuna delle qualità che si manifesta in un elemento si manifesta anche negli elementi seguenti, e non più in quanto appartiene loro in proprio, ma in quanto tali elementi procedono dagli elementi precedenti; in effetti sarebbe contraddittorio supporre che il processo di sviluppo della manifestazione, che si effettua, come visto, gradualmente, possa provocare, in uno stadio più avanzato, il ritorno allo stato non manifesto di quel che già si è sviluppato in stadi di minor differenziazione.








Prima di procedere oltre, possiamo, per quel che riguarda il numero degli elementi e il loro ordine di derivazione, così come per la loro corrispondenza con le qualità sensibili, far notare alcune differenze importanti che esistono fra tutto ciò e le teorie di quel "filosofi fisici" greci ai quali accennavamo all'inizio. Prima di tutto, la maggior parte di essi ammettevano solo quattro elementi, perché non riconoscevano l'etere quale elemento distinto; sotto tale profilo, e fatto piuttosto curioso da notare, essi sono in accordo con i Giaina e con i Buddhisti, i quali si oppongono su questo, così come su molti altri punti, alla dottrina indù ortodossa. Qualche eccezione però esiste, in particolare nel caso di Empedocle, il quale ammetteva i cinque elementi, ma sviluppantisi nel seguente ordine: etere, fuoco, terra, acqua e aria, ordine che presenta un aspetto difficilmente giustificabile; per di più, secondo qualcuno2, questo filosofo avrebbe anch'egli accettato quattro elementi soltanto, che sarebbero allora indicati in ordine diverso: terra, acqua, aria e fuoco.












Quest'ordine è esattamente l'inverso di quello che si trova in Platone; ragione per cui si può forse pensare che esso sia, non già l'ordine di produzione degli elementi, bensì il loro ordine di riassorbimento gli uni negli altri. Secondo diverse testimonianze, gli Orfici e i Pitagorici riconoscevano i cinque elementi, cosa perfettamente normale dato il carattere propriamente tradizionale delle loro dottrine; del resto, più tardi anche Aristotele li riconobbe; in tutti i casi, però, l'importanza e la funzione dell'etere non sono mai state fra i Greci né così accettate né tanto chiaramente definite quanto fra gli Indù, A onta di certi brani del Fedone e del Timeo, senza dubbio di ispirazione pitagorica, Platone tiene generalmente conto solo di quattro elementi: secondo lui il fuoco e la terra sono gli elementi estremi, e l'aria e l'acqua gli elementi intermedi, e tale ordine differisce da quello tradizionale degli Indù per l'inversione dell'aria con il fuoco; ci sarebbe da chiedersi se non si tratti piuttosto di una confusione tra l'ordine di produzione e una ripartizione secondo quelli che possiamo definire i "gradi di sottigliezza" degli elementi (gradi che del resto ritroveremo fra poco), anche se in questo caso ci sarebbe ancora da appurare se l'enumerazione seguita da Platone corrisponda effettivamente, nell'intenzione del suo autore, a un ordine di produzione. Platone concorda con la dottrina indù quando attribuisce al fuoco la visibilità come qualità propria, ma se ne allontana quando attribuisce la tangibilità alla terra invece di attribuirla all'aria; inoltre, sembra ben difficile trovare nei Greci una corrispondenza rigorosamente definita tra gli elementi e le qualità sensibili; ed è facile capire il perché, giacché, accettando soltanto quattro elementi, si dovrebbe avvertire immediatamente in tale corrispondenza una lacuna, dal momento che, per altri versi, il numero cinque è sempre uniformemente ammesso per quel che riguarda i sensi.









In Aristotele si trovano considerazioni di tipo del tutto diverso, le quali concernono anch'esse le qualità, ma non nel senso delle qualità sensibili vere e proprie; tali considerazioni si fondano in effetti sulle combinazioni del caldo e del freddo, — che sono rispettivamente principi di espansione e di condensazione —, con il secco e con l'umido; il fuoco è caldo e secco, l'aria calda e umida, l'acqua fredda e umida, la terra fredda e secca. I raggruppamenti di queste quattro qualità, le quali si oppongono a due a due, non tengono perciò conto se non dei quattro elementi ordinari, a esclusione dell'etere, cosa che si giustifica del resto se si osserva che quest'ultimo, in quanto elemento primordiale, deve contenere in se stesso gli insiemi delle qualità opposte o complementari, che in tal modo coesistono allo stato neutro in quanto equilibrantisi perfettamente l'una con l'altra, e precedentemente alla loro differenziazione, la quale può essere considerata precisamente come il risultato della rottura di tale equilibrio originario. L'etere deve perciò essere rappresentato in modo da situarsi nel punto in cui le opposizioni non esistono ancora, ma a partire dal quale si producono, vale a dire al centro della figura cruciale i cui rami corrispondono agli altri quattro elementi; questa rappresentazione è di fatto quella adottata dagli ermetisti medioevali, i quali riconoscevano espressamente l'etere con il nome di "quintessenza" (quinta essentia), il che presuppone però un'enumerazione degli elementi effettuata in ordine ascendente o "regressivo", ossia inversa di quello di produzione, giacché in questo caso l'etere sarebbe il primo elemento e non il quinto; da notare anche che si tratta in realtà di una "sostanza" e non di una "essenza", e a tal proposito l'espressione usata rivela una confusione frequente nella terminologia latina medioevale, in cui la distinzione tra "essenza" e "sostanza", nel senso da noi indicato, non sembra essere mai stata fatta in modo preciso, come traspare con evidenza nei testi della filosofia scolastica3.






E già che siamo in argomento di confronti dobbiamo ancora mettere in guardia, sotto un altro profilo, contro un falso accostamento a cui può dar luogo la dottrina cinese, nella quale pure si ritrova qualcosa che riceve generalmente la denominazione di "cinque elementi"; questi ultimi sono enumerati nell'ordine seguente: acqua, legno, fuoco, terra, metallo, ordine che è considerato, anche in questo caso, come quello della loro produzione. Può confondere qui il fatto che il numero è lo stesso sia dall'una che dall'altra parte, e che, su cinque termini. tre hanno denominazioni equivalenti; sennonché, la domanda da porsi è: a cosa corrispondono gli altri due, e come si può far coincidere l'ordine qui indicato con quello della dottrina indù4? La verità è che, nonostante le apparenti similitudini, si tratta di un punto di vista totalmente diverso, il cui esame sarebbe però fuori luogo in questa sede, e che per evitare qualsiasi confusione sarebbe anzi assai meglio tradurre il termine cinese hing con una parola che non fosse "elementi", ad esempio, com'è stato proposto5, con il termine "agenti", che è inoltre più vicino al suo reale significato.








Fatte queste osservazioni preliminari, volendo ora precisare la nozione degli elementi dobbiamo però ancora dissipare, ma senza dilungarci eccessivamente, alcuni errori che sono comunemente diffusi a tal proposito all'epoca nostra. In primo luogo, non c'è quasi bisogno di dire che se gli elementi sono i principi costitutivi dei corpi, ciò e da intendere in modo del tutto diverso da quello in cui i chimici pensano che i corpi siano costituiti quando li considerano come la risultante della combinazione di determinati "corpi semplici" o pretesi tali: innanzi tutto la numerosità dei corpi cosiddetti semplici già si oppone a un'assimilazione di tal genere, e poi non è affatto provato che ci siano corpi veramente semplici, giacché tale nome è di fatto attribuito ai corpi che i chimici non sono capaci di scomporre. A ogni buon conto gli elementi non sono corpi, quand'anche semplici, bensì i principi sostanziali a partire dai quali i corpi sono formati; non ci si deve lasciare indurre in errore dal fatto che essi sono indicati analogicamente con nomi che possono essere anche quelli di certi corpi, ai quali essi non sono, a motivo di ciò, assolutamente identici; qualsiasi corpo deriva in realtà dall'insieme dei cinque elementi, anche se può esserci nella sua natura una certa predominanza dell'uno o dell'altro di questi elementi.
In epoca più recente si sono voluti identificare gli elementi nei diversi stati fisici della materia com'essa è intesa dal fisici moderni, cioè, tutto sommato, nei differenti gradi di condensazione che essa presenta a partire dall'etere primordiale omogeneo che riempie l'intero spazio, unendo in tal modo fra di loro tutte le parti del mondo corporeo. Secondo questo modo di vedere, si fa corrispondere, procedendo da ciò che è più denso verso ciò che è più sottile, ossia secondo un ordine che è l'inverso di quello che si accetta per la loro differenziazione, la terra allo stato solido, l'acqua allo stato liquido, l'aria allo stato gassoso, e il fuoco a uno stato ulteriormente rarefatto, relativamente simile a quello che taluni fisici hanno chiamato lo "stato radiante", il quale dovrebbe di conseguenza esser distinto dallo stato eterico. Siamo qui di fronte a quella inutile preoccupazione, tanto comune ai giorni nostri, di fare andar d'accordo le idee tradizionali con le concezioni scientifiche profane; con ciò non vogliamo asserire, però, che anche un simile punto di vista non possa contenere una certa parte di verità, nel senso che è ammissibile che ciascuno degli stati fisici abbia determinati rapporti più particolari con un certo elemento; sennonché si tratta al massimo di una corrispondenza, e non già di una identificazione, la quale sarebbe del resto incompatibile con la coesistenza costante di tutti gli elementi in qualsiasi corpo, in qualunque stato esso si presenti; e ancor meno legittimo sarebbe procedere su questa linea che non avere la pretesa di assimilare gli elementi alle qualità sensibili, le quali, sotto un altro punto di vista, per lo meno si collegano a essi in modo molto più diretto. Secondo un altro aspetto, l'ordine di condensazione crescente che viene in tal modo a stabilirsi tra gli elementi è identico a quello che abbiamo trovato in Platone: questi colloca il fuoco prima dell'aria e subito dopo l'etere, come se il fuoco fosse il primo elemento che si differenzia all'interno di tale ambiente cosmico originario; non è perciò in questa maniera che si può trovare la giustificazione dell'ordine tradizionale affermato dalla dottrina indù. Occorre però fare molta attenzione a evitare di costringersi esclusivamente in un modo di vedere troppo sistematico, ossia troppo ristrettamente limitato e particolareggiato; e certo mal si capirebbe la teoria di Aristotele e degli ermetisti da noi indicata se si cercasse, con la scusa che essa fa intervenire principi di espansione e di condensazione, di interpretarla a favore di una assimilazione degli elementi con i differenti stati fisici di cui si è parlato.











Se proprio preme trovare un punto di contatto con le teorie fisiche nell'accezione attuale della parola, sarebbe senza dubbio più giusto prendere in esame gli elementi, con riferimento alla loro corrispondenza con le qualità sensibili, in quanto rappresentanti differenti modalità vibratorie della materia, modalità attraverso le quali questa si rende successivamente percepibile a ciascuno dei nostri sensi; e quando diciamo successivamente si deve però capir bene che si tratta solo di una successione logica6. Soltanto che, quando si parla in tal modo delle modalità vibratorie della materia, così come quando si tratta dei suoi stati fisici, occorre por mente a un particolare punto: fra gli Indù, per lo meno (e in una certa misura anche fra i Greci), non si trova la nozione di materia com'essa è intesa dai fisici moderni; la prova di ciò è data dal fatto che, come già ci è occorso di far notare in altra sede, non esiste in sanscrito nessun termine che si possa, neppure approssimativamente, tradurre con "materia". Perciò, se è talvolta permesso servirsi di tale nozione per interpretare le concezioni degli antichi, allo scopo di farsi capire più facilmente, tuttavia non si deve mai farlo senza usare di talune precauzioni; a ogni buon conto è possibile, ad esempio, trattare degli stati vibratori senza che sia necessario far ricorso alle speciali proprietà che i moderni attribuiscono specificamente alla materia. Ciò nonostante, una concezione del genere ci sembra più adatta a indicare per analogia cosa siano gli elementi, aiutandosi, se così si può dire, con un modo di esprimersi "immaginoso", che non a definirli veramente; e forse è proprio solo questo che si può fare mediante il linguaggio di cui disponiamo al presente, in conseguenza dell'oblio in cui sono cadute le idee tradizionali nel mondo occidentale.








Aggiungeremo tuttavia ancora questo: le qualità sensibili esprimono, in rapporto con la nostra individualità umana, le condizioni che caratterizzano e determinano l'esistenza corporea in quanto modo particolare dell'Esistenza universale, giacché è attraverso tali qualità che noi conosciamo i corpi, a esclusione di ogni altra cosa; possiamo perciò vedere negli elementi anche l'espressione delle condizioni dell'esistenza corporea, non più dal punto di vista umano, ma dal punto di vista cosmico. Non ci è possibile dare in questa sede tutti gli sviluppi che tale questione comporterebbe; si può però capire immediatamente, da quel che abbiamo detto, come le qualità sensibili procedano dagli elementi in quanto traduzione o riflessione "microcosmica" delle realtà "macrocosmiche" corrispondenti. Si può inoltre capire come i corpi, che sono in modo proprio definiti dall'insieme delle condizioni di cui si tratta, siano per ciò stesso costituiti come tali dagli elementi nei quali esse si "sostanzializzano"; e questa, ci sembra, è la nozione più esatta, e insieme la più generale, che si possa fornire di tali elementi.

stuart mill
16-08-06, 15:35
Dopo queste, passeremo ad altre considerazioni che faranno vedere ancor meglio come la concezione degli elementi si ricolleghi non soltanto a condizioni di esistenza di un ordine più universale, ma, più precisamente, alle condizioni stesse di ogni manifestazione. è nota l'importanza che la dottrina indù attribuisce alla considerazione dei tre guna: tale termine indica delle qualità o attribuzioni costitutive e primordiali degli esseri considerati nel loro differenti stati di manifestazione, qualità che essi traggono dal principio "sostanziale" della loro esistenza, giacché, da un punto di vista universale, esse sono inerenti a Prakriti, nella quale sono in perfetto equilibrio nell'"indistinzione" della pura potenzialità indifferenziata. Qualsiasi manifestazione o modificazione della "sostanza" rappresenta una rottura di questo equilibrio; gli esseri manifestati partecipano perciò a gradi diversi ai tre guna, ma questi non sono stati, bensì condizioni generali alle quali gli esseri sono soggetti in ogni stato, condizioni dalle quali essi sono in certo qual modo legati, e che determinano la tendenza attuale del loro "divenire". Non è il caso che ci addentriamo qui nell'esposizione completa di tutto quel che concerne i guna; ne esamineremo soltanto l'applicazione alla distinzione degli elementi. E neppure torneremo sulla definizione di ciascuno di essi, definizione che abbiamo già dato in diverse occasioni; ricorderemo solo, dal momento che è la cosa più importante per l'argomento che stiamo trattando, che sattwa è rappresentato come una tendenza ascendente, tamas come una tendenza discendente, e rajas, intermedio tra i due, come un'espansione nel senso orizzontale.
I tre guna si devono ritrovare in ognuno degli elementi, così come si ritrovano in tutto ciò che appartiene alla sfera della manifestazione universale; vi si trovano però in proporzioni differenti, che stabiliscono tra tali elementi una sorta di gerarchia, la quale può ritenersi analoga a quella che, da un altro punto di vista, incomparabilmente più ampio, si stabilisce in modo analogo tra i molteplici stati dell'Esistenza universale, anche se qui non si tratta che di semplici modalità comprese all'interno di un solo stato. Tamas predomina nell'acqua e nella terra, ma soprattutto nella terra; fisicamente, a questa forza discendente e compressiva corrisponde la gravitazione o la pesantezza. Rajas predomina nell'aria; di conseguenza questo elemento è visto come essenzialmente provvisto di un movimento trasversale. Nel fuoco predomina sattwa, perché il fuoco è l'elemento luminoso; la forza ascendente è simboleggiata dalla tendenza della fiamma a elevarsi, e si traduce fisicamente nel potere dilatante del calore, in quanto tale potere si oppone alla condensazione dei corpi.










Per dare un'interpretazione più precisa di tutto questo, possiamo raffigurare la distinzione degli elementi come se si effettuasse all'interno di una sfera: in essa le due tendenze ascendente e discendente delle quali abbiamo parlato si eserciteranno secondo le due direzioni opposte individuate sullo stesso asse verticale, l'una in senso contrario dell'altra, e rispettivamente rivolte verso i due poli; quanto all'espansione in senso orizzontale, che indica un equilibrio tra queste due tendenze, essa si effettuerà naturalmente nel piano perpendicolare al centro dell'asse verticale, vale a dire nel piano equatoriale. Se esaminiamo ora gli elementi pensandoli ripartiti in questa sfera secondo le tendenze in essi predominanti, la terra, in virtù della tendenza discendente della gravitazione, dovrà occupare il punto più basso, considerato la regione dell'oscurità e insieme costituente il fondo delle acque, mentre l'equatore segna la loro superficie, secondo un simbolismo che è del resto comune a tutte le dottrine cosmogoniche, a qualunque forma tradizionale appartengano. L'acqua occupa perciò l'emisfero inferiore, e benché la



tendenza discendente si affermi ancora nella natura di questo elemento, non si può dire che la sua azione vi si eserciti in maniera esclusiva (o quasi esclusiva, giacché la coesistenza necessaria dei tre guna in tutte le cose impedisce che il limite estremo sia mai raggiunto di fatto in qualsivoglia modo di manifestazione), perché, se consideriamo un punto qualsiasi dell'emisfero inferiore a esclusione del polo, il raggio corrispondente a tale punto avrà una direzione obliqua, intermedia tra la verticale discendente e l'orizzontale. Possiamo perciò considerare la tendenza individuata da simile direzione come scomponibile in altre due, di cui essa è la risultante, le quali saranno rispettivamente l'azione di tamas e quella di rajas; se riferiamo queste due azioni alle qualità dell'acqua, la componente verticale, funzione di tamas, corrisponderà alla densità, e la componente orizzontale, funzione di rajas, alla fluidità. L'equatore individua la regione intermedia, che è quella dell'aria, elemento neutro che mantiene l'equilibrio tra le due tendenze opposte, come fa rajas tra tamas e sattwa, nel punto in cui queste due tendenze si neutralizzano l'una con l'altra e, estendendosi trasversalmente sulla superficie delle acque, separa e delimita le zone rispettive dell'acqua e del fuoco. In effetti l'emisfero superiore è occupato dal fuoco, nel quale predomina l'azione di sattwa ma in cui ancora si esercita quella di rajas, poiché la tendenza in ogni punto di tale emisfero, indicata allo stesso modo dell'emisfero
inferiore, è ora intermedia tra l'orizzontale e la verticale ascendente: la componente orizzontale, funzione di rajas, corrisponderà al calore, e la componente verticale, funzione di sattwa, corrisponderà alla luce, perché calore e luce sono interpretati come due termini complementari che si uniscono nella natura dell'elemento igneo.
Non abbiamo finora parlato dell'etere: siccome esso è il più elevato e il più sottile di tutti gli elementi, dobbiamo collocarlo nel punto più alto, ossia al polo superiore, che è la regione della luce pura, per opposizione al polo inferiore che è, come abbiamo detto, la regione dell'oscurità. Di conseguenza l'etere domina la sfera degli altri elementi; occorre però considerarlo nello stesso tempo tale da avviluppare e penetrare tutti questi elementi, dei quali è il principio, e ciò a motivo dello stato di indifferenziazione che lo caratterizza, e gli consente di realizzare una vera e propria "onnipresenza" nel mondo corporeo; come afferma Shankarâchârya nell'âtmâ-Bodha "l'etere si diffonde dappertutto, e penetra tanto l'esterno quanto l'interno delle cose". Possiamo perciò dire che, fra gli elementi, è il solo etere che raggiunge il punto in cui l'azione di sattwa si esercita al suo grado più alto; sennonché non possiamo localizzarlo esclusivamente in questo punto, come abbiamo fatto per la terra nel punto opposto, e dobbiamo considerarlo come tale da occupare nello stesso tempo la totalità della sfera elementare, qualunque sia la rappresentazione geometrica a cui si ricorra per simboleggiare l'insieme di tale sfera. Se abbiamo adottato la rappresentazione costituita da una figura sferica, questo non è avvenuto soltanto perché quest'ultima è quella che permette l'interpretazione più facile e più chiara, ma anche — anzi, prima di tutto — perché essa è quella che meglio di ogni altra si accorda con i principi generali del simbolismo cosmogonico così come si ritrovano in tutte le tradizioni; a tal proposito si potrebbero effettuare dei confronti molto interessanti, ma in questa sede non possiamo addentrarci in tali sviluppi, i quali si allontanerebbero troppo dall'argomento del presente studio.








Prima di concludere questa parte della nostra esposizione, ci resta da fare un'ultima osservazione, ed è questa: se assumiamo come ordine degli elementi quello in cui li abbiamo suddivisi nella loro sfera, procedendo dall'alto verso il basso, ossia dal più sottile al più denso, ritroviamo precisamente l'ordine indicato da Platone; sennonché qui quest'ordine, che possiamo dire gerarchico, non si confonde con l'ordine di produzione degli elementi, e deve esserne accuratamente distinto. In effetti, l'aria occupa in esso una posizione intermedia tra il fuoco e l'acqua, ma ciò nondimeno è prodotta prima del fuoco, e a dire il vero la ragione di questi due posizionamenti differenti è in fondo la stessa, ed è che l'aria è in certo qual modo un elemento neutro, il quale, proprio a causa di ciò, corrisponde a uno stato di minor differenziazione di quello del fuoco e dell'acqua, in quanto le due tendenze ascendente e discendente vi si equilibrano ancora perfettamente l'una con l'altra. Per contro, tale equilibrio è rotto nel fuoco a favore della tendenza ascendente, e nell'acqua a favore della tendenza discendente; e l'opposizione che si manifesta tra le qualità rispettive di questi due elementi indica in modo preciso lo stato di maggior differenziazione al quale essi corrispondono. Se ci si pone dal punto di vista della produzione degli elementi, occorre considerare allora che la loro differenziazione si effettua a partire dal centro della sfera, punto primordiale in cui si porrà l'etere che ne è il principio; da qui avremo in primo luogo l'espansione orizzontale, corrispondente all'aria, poi la manifestazione della tendenza ascendente, corrispondente al fuoco, e quella della tendenza discendente, corrispondente prima all'acqua, e dopo alla terra, punto d'arresto e termine finale di tutta la differenziazione elementare.
Ci tocca ora scendere in qualche particolare a proposito di ciascuno dei cinque elementi, e prima di tutto affermare che il primo di essi, âkâsha o etere, è di fatto un elemento reale e distinto dagli altri. In effetti, come già abbiamo accennato prima, certuni, in particolare i Buddhisti, non lo riconoscono come tale, e argomentando che è nirûpa, ossia "senza forma", a motivo della sua omogeneità, lo considerano una "non-entità" facendolo identico al vuoto, giacché per loro ciò che è omogeneo può soltanto essere un semplice vuoto.











La teoria del "vuoto universale" (sarva-shûnya) si presenta qui del resto come una conseguenza diretta e logica dell'atomismo, in quanto, se nel mondo corporeo soltanto gli atomi hanno un'esistenza positiva, e se essi devono muoversi per aggregarsi gli uni con gli altri a formare tutti i corpi, tale movimento potrà effettuarsi solamente nel vuoto. A ogni buon conto simile conseguenza non è accettata dalla scuola di Kanâda, rappresentativa del Vaishêshika, ma eterodossa proprio per quanto riguarda la sua accettazione dell'atomismo, con il quale — beninteso — il punto di vista "cosmologico" non è affatto solidale in quanto tale; inversamente, i "filosofi fisici" greci che non contano l'etere fra gli elementi sono lungi dall'essere tutti atomisti, e sembrano ignorarlo più che non respingerlo in modo dichiarato. Comunque sia, l'opinione dei Buddhisti è facilmente confutabile se si fa notare che non può esistere uno spazio vuoto, tale concezione essendo contraddittoria: in tutta la sfera della manifestazione universale, della quale lo spazio fa parte, non può esserci vuoto, giacché il vuoto, il quale non può esser concepito se non negativamente, non è una possibilità di manifestazione; inoltre, la concezione di uno spazio vuoto corrisponderebbe a quella di un contenente senza contenuto, il che è evidentemente privo di senso. Conseguentemente, l'etere è ciò che occupa tutto lo spazio, anche se non si confonde con ciò con lo spazio stesso, perché quest'ultimo, essendo solo un contenente, ossia tutto sommato una condizione di esistenza e non un'entità indipendente, non può in quanto tale essere il principio sostanziale dei corpi, né essere all'origine degli altri elementi; l'etere perciò non è lo spazio, ma piuttosto il contenuto dello spazio concepito come preliminare a ogni differenziazione. In tale stato di indifferenziazione primordiale, stato che è come un'immagine dell'"indistinzione" di Prakriti con riferimento a quella particolare sfera di manifestazione che è il mondo corporeo, l'etere contiene già in potenza, non soltanto tutti gli elementi, ma altresì tutti i corpi, e la sua stessa omogeneità lo rende capace di ricevere tutte le forme nelle sue modificazioni. Poiché è il principio delle cose corporee, esso possiede la quantità, la quale è un attributo fondamentale comune a tutti i corpi; inoltre, esso è considerato essenzialmente semplice, sempre a motivo della sua omogeneità, e impenetrabile, giacché è lui stesso che penetra tutto.








Dimostrata in questo modo, l'esistenza dell'etere si presenta ben diversa da una semplice ipotesi, e ciò mostra con evidenza la differenza profonda che separa la dottrina tradizionale da tutte le teorie scientifiche moderne. Tuttavia è il caso di prendere in considerazione un'ulteriore obiezione: quand'anche l'etere sia un elemento reale, questo non basta a provare che esso sia anche un elemento distinto; in altre parole, potrebbe darsi che l'elemento che è diffuso in tutto lo spazio corporeo (intendiamo con ciò lo spazio atto a contenere corpi) non sia altro che l'aria, e sarebbe allora quest'ultima che è in realtà l'elemento primordiale. La risposta a tale obiezione è che ciascuno dei nostri sensi ci fa conoscere, quale oggetto proprio, una qualità distinta da quelle conosciute attraverso gli altri sensi; ora, una qualità non può esistere se non in qualcosa a cui essa possa essere riferita così come un attributo è riferito al suo soggetto, e poiché ognuna delle qualità sensibili è in tal modo attribuibile a un elemento di cui essa è la proprietà caratteristica, occorre necessariamente che ai cinque sensi corrispondano cinque elementi distinti.
La qualità sensibile che è riferita all'etere è il suono; ciò necessita di qualche spiegazione, che sarà facilmente capita se si fa intervenire il modo di produzione del suono per un movimento vibratorio, cosa che è ben lontana dall'essere una scoperta recente come qualcuno potrebbe credere, giacché Kanâda afferma espressamente che "Il suono si propaga per ondulazioni, onda dopo onda, increspazione dopo increspazione, irraggiandosi in tutte le direzioni a partire da un centro fisso". Simile movimento si propaga attorno al suo punto di partenza in onde concentriche, uniformemente suddivise secondo tutte le direzioni dello spazio, il che dà origine alla figura di uno sferoide indefinito e non chiuso. è questo il movimento meno differenziato di tutti, a motivo di quella che potremmo chiamare la sua "isotropia", ed è questa la ragione per cui esso potrà dar origine a tutti gli altri movimenti, i quali si distingueranno da esso nel senso che non si attueranno più in modo uniforme secondo tutte le direzioni; e, analogamente, tutte le forme più particolarizzate deriveranno dalla forma sferica originaria. Per cui, la differenziazione dell'etere primitivamente omogeneo, differenziazione che genera gli altri elementi, ha come origine un movimento elementare producentesi, nella maniera da noi descritta, a partire da un punto iniziale qualsiasi, in tale ambiente cosmico indefinito; ma questo movimento elementare non è altro se non il prototipo dell'ondulazione sonora. La sensazione uditiva è del resto la sola che ci faccia percepire direttamente un movimento vibratorio; quand'anche si ammetta, con la maggioranza dei fisici moderni, che le altre sensazioni provengono da una trasformazione di simili movimenti, non è tuttavia meno vero che esse ne differiscono qualitativamente in quanto sensazioni, che è a tal proposito l'unica considerazione essenziale. Sotto un altro aspetto, quel che abbiamo detto indica che è nell'etere che risiede la causa del suono, ma bisogna altresì comprendere che tale causa deve essere distinta dagli ambienti diversi che possono servire in modo secondario alla propagazione del suono, e contribuiscono a rendercelo percepibile amplificando le vibrazioni eteriche elementari, e ciò in maggior misura quanto più densi siano tali ambienti; aggiungeremo per finire, a questo proposito, che la qualità sonora è anche sensibile negli altri quattro elementi, e questo perché essi procedono tutti dall'etere. Fatta astrazione da queste considerazioni, l'attribuzione della qualità sonora all'etere, ossia al primo degli elementi, ha un'altra ragione profonda, che si ricollega alla dottrina della primordialità e della perpetuità del suono; ma questo è un argomento al quale possiamo soltanto fare un'allusione di sfuggita.










Il secondo elemento, il primo a differenziarsi partendo dall'etere, è vâyu, o l'aria; il termine vâyu, dalla radice verbale vâ, che significa "andare" o "muoversi", indica propriamente il fiato o il vento, e conseguentemente il carattere essenziale di questo elemento è considerato essere la mobilità. Come già abbiamo detto, l'aria è, in modo più preciso, vista come dotata di un movimento trasversale, movimento nel quale non tutte le direzioni dello spazio hanno più la stessa funzione, come invece avveniva nel movimento sferoidale esaminato in precedenza, ma si effettua al contrario seguendo una direzione definita e particolare; si tratta in altre parole del movimento rettilineo, al quale dà origine la determinazione di tale direzione. La propagazione del movimento secondo certe direzioni implica una rottura dell'omogeneità dell'ambiente cosmico; di conseguenza avremo un movimento complesso, il quale, non essendo più "isotropo", dovrà essere costituito da una combinazione, o coordinazione, di movimenti vibratoti elementari. Simile movimento dà origine a forme del pari complesse, e poiché la forma è ciò che concerne in primo luogo il tatto, la qualità tangibile può essere riferita all'aria come se le appartenesse in proprio, in quanto questo elemento è, a motivo della sua mobilità, il principio della differenziazione delle forme. è dunque per effetto della mobilità che l'aria ci è resa sensibile; analogicamente, del resto, l'aria atmosferica diventa sensibile al tatto solo attraverso il suo spostarsi; sennonché, in coerenza con l'osservazione da noi fatta in precedenza in via generale, occorre evitare di confondere l'elemento aria con l'aria atmosferica — la quale è un corpo —, come taluni non hanno mancato di fare dopo aver constatato alcuni accostamenti di questo genere. è per questa ragione che Kanâda afferma che l'aria è incolore; ma non è difficile capire come le cose debbano di fatto stare così, senza neppure dover riferirsi alle proprietà dell'aria atmosferica, perché il colore è una qualità del fuoco, e quest'ultimo è logicamente posteriore all'aria nell'ordine di sviluppo degli elementi; tale qualità non è perciò ancora manifestata nello stadio rappresentato dall'aria.










Il terzo elemento è tejas, o il fuoco, il quale si manifesta ai nostri sensi sotto due aspetti principali, come luce e come calore; la sua qualità propria è la visibilità, e sotto questo profilo quello che deve esser preso in considerazione è il suo aspetto luminoso; è una cosa troppo chiara perché ci sia bisogno di spiegazioni, giacché è evidente che è soltanto in virtù della luce che i corpi si rendono visibili. Secondo Kanâda "la luce è colorata, ed è il principio della colorazione dei corpi"; il colore è perciò una proprietà caratteristica della luce: nella stessa luce il colore è bianco e risplendente; nei diversi corpi esso è variabile, e fra le sue modificazioni si possono distinguere colori semplici e colori composti, o miscelati. Ricorderemo che i Pitagorici, a detta di Plutarco, affermavano analogamente che "i colori non sono se non un riflesso della luce, modificata in maniere diverse"; sarebbe perciò anche qui decisamente sbagliato prendere questa constatazione per una scoperta della scienza moderna. Inoltre, dal punto di vista del suo aspetto calorico, il fuoco è reso sensibile al tatto, nel quale produce l'impressione della temperatura; sotto questo aspetto l'aria è neutra, perché è anteriore al fuoco e perché il calore è un aspetto di quest'ultimo; quanto al freddo, esso è considerato una proprietà caratteristica dell'acqua. Per cui, tanto per quanto riguarda la temperatura quanto per quel che concerne l'azione delle due tendenze ascendente e discendente da noi definite in precedenza, il fuoco e l'acqua si oppongono l'uno all'altra, mentre l'aria si trova in uno stato di equilibrio tra questi due elementi. Del resto, se si tien conto che il freddo aumenta la densità dei corpi contraendoli, mentre il calore li dilata e li rende più sottili, si potrà riuscire senza difficoltà ad ammettere che la correlazione del calore e del freddo, rispettivamente con il fuoco e con l'acqua, si trova compresa, a titolo di applicazione particolare e di semplice conseguenza, nella teoria generale dei tre guna e della loro ripartizione nell'insieme della sfera elementare.








Il quarto elemento, ap o acqua, ha quali proprietà caratteristiche, oltre al freddo di cui abbiamo testé detto, la densità o gravità, che condivide con la terra, e la fluidità o viscosità, qualità a motivo della quale si distingue da tutti gli altri elementi; abbiamo già segnalato la correlazione di queste due proprietà con le azioni rispettive di tamas e di rajas. Inoltre, la qualità sensibile che corrisponde all'acqua è il sapore; e si può notare, incidentalmente, quantunque non sia il caso di annettere un'importanza eccessiva a considerazioni di questo genere, che ciò si riscontra in accordo con l'opinione dei fisiologi moderni, i quali pensano che un corpo non è "sapido" se non nella misura in cui può dissolversi nella saliva; in altri termini, il sapore è, in qualsiasi corpo, una conseguenza della fluidità.










Infine, il quinto e ultimo elemento è prithvî, o la terra, la quale, non possedendo più la fluidità dell'acqua, corrisponde alla modalità corporea più condensata di tutte; conseguentemente, è in questo elemento che si ritrova nelle proporzioni più alte la gravità, la quale si manifesta nella discesa, o caduta dei corpi. La qualità sensibile propria della terra è l'odore; è questa la ragione per cui tale qualità è considerata risiedere in particelle solide che, staccandosi dai corpi, entrano in contatto con l'organo dell'odorato. Anche su questo punto non sembra esserci disaccordo con le teorie fisiologiche attuali; sennonché, quand'anche ci fosse un qualsiasi disaccordo, l'importanza di quest'ultimo sarebbe in fondo trascurabile, poiché l'errore dovrebbe in tal caso essere ricercato dalla parte della scienza profana e non da quella della dottrina tradizionale.
Per terminare, diremo qualche parola del modo in cui la dottrina indù riguarda gli organi dei sensi nel loro rapporto con gli elementi: dal momento che ogni qualità sensibile procede da un elemento nel quale essa essenzialmente risiede, occorre che l'organo per mezzo del quale tale qualità è percepita sia conforme a questo elemento, vale a dire che l'organo deve compartire la natura dell'elemento a cui corrisponde. è in questo modo che i veri organi dei sensi sono costituiti, e, contrariamente all'opinione dei Buddhisti, essi vanno distinti dagli organi esterni, ossia dalle parti del corpo umano che sono soltanto le loro sedi e i loro strumenti. è così che il vero organo dell'udito non è il padiglione auricolare, ma la porzione di etere contenuta nell'orecchio interno, la quale entra in vibrazione sotto l'influenza di una ondulazione sonora; e Kanâda fa osservare che non è la prima onda, né le onde intermedie, a far percepire il suono, ma l'ultima onda che viene a contatto con l'organo dell'udito. Analogamente, il vero organo della vista non è il globo oculare, né la pupilla, e neppure la retina, ma un principio luminoso che risiede nell'occhio, ed entra in comunicazione con la luce emanata dagli oggetti esterni o da essi riflessa; la luminosità dell'occhio non è abitualmente visibile, ma può diventare visibile in determinate circostanze, in particolare negli animali che vedono nell'oscurità della notte. Bisogna inoltre notare che il raggio luminoso mediante il quale si effettua la percezione visiva, e si estende tra l'occhio e l'oggetto percepito, può essere inteso nei due sensi, sia come se partisse dall'occhio per raggiungere l'oggetto, o, reciprocamente, come se provenisse dall'oggetto e procedesse verso la pupilla oculare; una simile teoria della visione si ritrova nei Pitagorici, ed è pure in accordo con la definizione della sensazione data da Aristotele, il quale affermava che essa è "l'atto comune del senziente e del sentito". Considerazioni di ugual genere potrebbero farsi per gli organi di ognuno degli altri sensi; noi pensiamo però che gli esempi che abbiamo già dato siano sufficienti a fornire indicazioni soddisfacenti.
Questa è, esposta nelle sue grandi linee e interpretata nel modo più esatto possibile, la teoria indù degli elementi; essa, oltre a presentare un indubbio interesse di per se stessa, è tale da far comprendere in modo più generale quale sia il punto di vista "cosmologico" nelle dottrine tradizionali.
Note

1. Pubblicato in "Le Voile d'Isis", agosto-settembre 1935.

2. Struve, De elementis Empedoclis.

3. Nella figura posta sul frontespizio del Trattato De Arte Combinatoria di Leibniz, il quale è influenzato dalle concezioni ermetiche, la "quintessenza" è rappresentata, al centro della croce degli elementi (o, se si vuole, della croce doppia degli elementi e delle qualità), da una rosa con cinque petali, e forma quindi il simbolo rosacrociano. L'espressione quinta essentia può essere altresì riferita alla "quintupla natura dell'etere", la quale non deve essere intesa come riguardante cinque diversi "eteri", come è stato immaginato da alcuni moderni (il che è in contraddizione con l'indifferenziazione dell'elemento primordiale), ma l'etere concepito in sé e quale principio degli altri quattro elementi; è questa, d'altronde, l'interpretazione alchemica della rosa a cinque petali alla quale abbiamo fatto riferimento.

4. Questi "cinque elementi" si dispongono altresì secondo una figura cruciale formata dalla duplice opposizione dell'acqua e del fuoco, del legno e del metallo, ma il cui centro è occupato dalla terra.

5. Marcel Granet: La Pensée chinoise, p. 313; p. 233 dell'edizione italiana (Il Pensiero cinese, Milano, Adelphi).

6. è sottinteso che non si può pensare in nessun modo di dar corpo, presupponendo una successione cronologica nell'esercizio dei diversi sensi, a una concezione del tipo di quella della statua ideale immaginata da Condillac nel suo troppo famoso Traité des Sensations

stuart mill
16-08-06, 15:35
che ne pensate? io gli darò un'occhiata approfondita più tardi

Baltik
16-08-06, 15:52
guènon

la "Natura", termine che, così come il suo equivalente greco physis, implica precisamente e anzitutto, a motivo della sua derivazione etimologica, l'idea di "divenire"

errato !

la physis è il dispiegamento dell'essere,suggello inteso come sola "parvenza" dell'essere o della sua apparizione, l'essere non è la causa del dispiegamento dell'ente,ma la manifestazione prossima dell'essere che tenta di darsi all'ente
ed è in questo "dare-darsi-dominarsi si conduce infine alla presenza dell'ente per mezzo dominio della psysis".

saluti.

Baltik
16-08-06, 16:01
guènon parla, pensa,contestualizza e scrive con etimologie ascritte al pensiero greco di cui non conosce (per sua stessa ammissione) il reale significato intrinseco.

saluti

testadiprazzo
16-08-06, 17:21
guènon parla, pensa,contestualizza e scrive con etimologie ascritte al pensiero greco di cui non conosce (per sua stessa ammissione) il reale significato intrinseco.

saluti

La critica a Guenon..può essere fatta nella discesa..della Metafisica..nella storia...che non sempre è rilevabile ..oscurata dal pregiudizio exoterico..
Ma per quanto riguarda il suo pensiero metafisico..mi sembra ovvio che usa terminologie greche..in un significato orientale..cioè rigoroso che poi significa vero..Il quibus del contendere è proprio questo..e cioè..la fonte..della presunta Verità..della sua Metafisica..
Quando venne chiesto a Mircea Eliade..perchè non citasse mai Guenon..rispose che non lo citava..perchè lui era un iniziato..e Mircea..invece faceva ricerca scientifica e non iniziatica..
Gira e rigira..si torna sempre al solito punto..che sarebbe poi il fondamento di quello che diciamo..
Per un iniziato..non c'è problema..in quanto a causa della percezione metamentale di un principio interiore..chiamato Atman..può risalire..come col filo di Arianna...verso la fonte di questa percezione..che ..è nominata Brahman..il cui possesso ..o identificazione..fa parte della metafisica realizzativa e non speculativa...realizzativa intesa nel senso di pratica..o esperienziale..e quindi non dubitabile per chi la sperimenta..
Ma gli altri..?
Chi non è iniziato e non partecipa di questo principio interiore..deve rinunciare alla Verità? Oppure ..in attesa di percepire questo principio interiore..che poi è semplicemte la sensazione di esistere..può supplirlo con qualcosa..un pensiero..che pur non essendo la Verità..però la indichi?
Ecco che qui Guenon..con l'esposizione della Metafisica Tradizionale..porta a dignità filosofica..cioè argomentativa..quello che invece prima di lui..era possesso esclusivo di certe religioni ..con il loro linguaggio..per gli occidentali...proibitivo..o quasi..
Guenon..è l'esposizione della metafisica advaita..in termini occidentali..e si badi bene..solo quella di Shankara..che quella non advaita di Ramanuia..non viene considerata..in quanto interpretazione non principiale..
Ma detto questo..qual'è il concetto fondamentale..di indubbio valore logico..posto a sostegno della Metafisica?
Naturalmente un valore logico..può non essere ontologico..ma a questo punto..se non riconosciamo alla logica la funzione di specchiare sul piano mentale realtà ontologiche..se non riconosciamo un ordine gerarchico in tutti i piani della realtà..e qualcosa che li accomuna..è inutile il linguaggio..e anche il pensiero...che non riflette più nulla ..ma solo la propria impotenza..e follia..e questo è il nichilismo..e nei nostri tempi..non è che siano pochi a pensare così..tranne non essere nichisti..quando si tratta di fare i propri interessi..allora la Verità ..viene omaggiata anche se poi teoricamente negata..
Se Dio..o la Verità non esiste..diventare condottieri di popoli o ubriacarsi all'osteria è uguale..questo diceva Sartre..salvo poi comportarsi in tutt'altro modo..con una logica ..che se anche non aveva per lui valore metafisico..lo aveva ben fisico..ma basta che mi dilungo..
L'Infinito..nell'accezione Tradizionale..equivalente al Brahman saguna..
E' la necessità logica fondante tutta la realtà..
L'Infinito è la verità logica..e..per l'iniziato anche ontologica..
L'Infinito è ciò che non ha limiti..e nulla a Lui si oppone..
Si differenzia dall'indefinito..che procede dal finito e ne è un'estensione..
Ci sono tante considerazioni su quest'Infinito..trascrizione terminologica di Brahman..ma la più importante..è che una Verità metamentale..può essere indicata anche da considerazioni logiche e mentali..solo indicata..ma è già qualcosa..
Guenon..ha contribuito a formulare qust'indicazione..

testadiprazzo
16-08-06, 18:05
la physis è il dispiegamento dell'essere,suggello inteso come sola "parvenza" dell'essere o della sua apparizione, l'essere non è la causa del dispiegamento dell'ente,ma la manifestazione prossima dell'essere che tenta di darsi all'ente
ed è in questo "dare-darsi-dominarsi si conduce infine alla presenza dell'ente per mezzo dominio della psysis".


Se questo è il pensiero greco..la Metafica Tradizionale..dice cose ben diverse..
L'Essere non si dispiega da nessuna parte..in quanto essendo uno..non può moltiplicarsi negli enti..
Gli enti..per così dire partecipano all'unicità dell'Essere..in quanto rispetto a Lui..illusori..e quindi l'Essere rimane uno..perchè la molteplicità non esiste..è cioè sempre relativa al nostro modo di vedere le cose..estremamente imperfetto..
Secondo la Metafisica solo Brahman esiste..che tutto il resto..non ha autonomia rispetto a Lui..per questo è illusorio..
Poi..il divenire..come passaggio dall'Essere al Non Essere..e di nuovo all'Essere..non riguarda certamente Brahman..o l'Essere..immutabile di fronte alla scomparsa degli enti nel Non Essere..scomparsa solo apparente..perchè pur non esistendo..questi enti non sono un nulla..che è un'impossibilità..ma sono un'esistenza ..anche se il termine è improprio ..diversa..In parole povere..gli enti che ancora non hanno l'Essere..a causa di Iswara..il principio creatore..riposano in Brahman..o Infinito..in gradi d'esistenza molto diversi dal nostro e per noi..sottoposti allo spazio al tempo e all'individualità..concepire altri modi di esistenza....non è facile..ma l'Infinito..per sua propria definizione è il Tutto..e non può mancare di nulla..neanche delle cose che per i nostri limiti è difficile concepire..

Baltik
16-08-06, 18:46
dispiegarsi e moltiplicarsi sono cose assai differenti,il dispiegare è attuato costantemente nel soggiornare, ethos ( il soggiorno ) è l'abitazione dell'essere
parola ed indirizzo ,riflessione interiore (theorein) desiderio di vedere e di vedersi (theàomai) l'abitazione dell'essere lascia apparire ciò che viene incontro all'essenza dell'uomo, soggiornando solamente nella sua vicinanza (i lacci di varuna e da quì l'illusoria visione di aver colto l'ente)

"se un ente infatti esiste in base ad una "causa" non è più possibile che esso
possa realmente essere o non essere,perchè la causa ne condiziona ineluttabilmente tanto l'essere quanto il non essere. (heidegger)"

attenzione al concetto " logico" di metafisica tradizionale è una divagazione altamente particolareggiata.(lo può essere sia platone,tanto più ancora eraclito)

ps anche arturo reghini è un iniziato ma a questi livelli, non ho mai notato in lui errori d'interpretazione , chiaramente differisce dall'ambito
come è giusto che accada nel molteplice senso delle intuizioni dottrinarie.

saluti.

testadiprazzo
16-08-06, 20:06
dispiegarsi e moltiplicarsi sono cose assai differenti,il dispiegare è attuato costantemente nel soggiornare, ethos ( il soggiorno ) è l'abitazione dell'essere
parola ed indirizzo ,riflessione interiore (theorein) desiderio di vedere e di vedersi (theàomai) l'abitazione dell'essere lascia apparire ciò che viene incontro all'essenza dell'uomo, soggiornando solamente nella sua vicinanza (i lacci di varuna e da quì l'illusoria visione di aver colto l'ente)

"se un ente infatti esiste in base ad una "causa" non è più possibile che esso
possa realmente essere o non essere,perchè la causa ne condiziona ineluttabilmente tanto l'essere quanto il non essere. (heidegger)"

attenzione al concetto " logico" di metafisica tradizionale è una divagazione altamente particolareggiata.(lo può essere sia platone,tanto più ancora eraclito)

ps anche arturo reghini è un iniziato, chiaramente differisce dall'ambito
come è giusto che accada nel molteplice senso delle intuizioni dottrinarie.

saluti.




Il problema..è che qui usiamo parole che pur essendo le stesse..attribuiamo loro diversi significati..così..come la storiella zen..delle diverse interpretazioni dello stesso gesto..nella sfida tra il dotto e lo scemo..
Mi sembra che qui..manca un ben definito quibus del contendere..vorrei sapere per esempio..quale critica possiamo fare al concetto di Infinito..che espone Guenon..sulle orme del Brahman di Shankara..
Vorrei anche sapere se il concetto di metafisica realizzativa è considerato una sciocchezza..Vorrei anche far presente,,che certi termini che uso..assomigliano apparentemente alla filosofia moderna ..ma nella Metafisica Tradizionale..connotano realtà ben più vaste..però dal momento che siamo qui..continuiamo quello che ..può sembrare un monologo a due..



dispiegarsi e moltiplicarsi sono cose assai differenti,il dispiegare è attuato costantemente nel soggiornare, ethos ( il soggiorno ) è l'abitazione dell'essere
parola ed indirizzo ,riflessione interiore (theorein) desiderio di vedere e di vedersi (theàomai) l'abitazione dell'essere lascia apparire ciò che viene incontro all'essenza dell'uomo, soggiornando solamente nella sua vicinanza (i lacci di varuna e da quì l'illusoria visione di aver colto l'ente)

L'Essere pur soggiornando in Brahman..di cui è la prima determinazione..e appunto per questo non è infinito ma finito..non c'entra nulla col desiderio..nè di vedere ..nè di vedersi..perchè il desiderio nasce quando per ignoranza..ci sentiamo separati dall'Essere e quindi da Brahman..in questa ignoranza..lo sforzo..chiudendoci sempre più nel mondo sensibile..ci allontana sempre più dalll'Essere..per questo la meditazione..con il suo non far nulla..impedisce il dispiegarsi dell'Essere nella manifestazione..ed il ritorno verso l'abitazione dell'Essere..che sarebbe il Brahman..che non lascia apparire nulla..se non la beatitudine ..la coscienza e l'esistenza....Le cose che eventualmente ci vengono incontro e non alla nostra essenza..perchè la nostra essenza non si distingue da Brahma..dicevo..le cose che ci vengono incontro..sono i vari rivestimenti d'Atma..di cui l'ultimo..il corpo..ci chiude nel mondo che conosciamo..


"se un ente infatti esiste in base ad una "causa" non è più possibile che esso
possa realmente essere o non essere,perchè la causa ne condiziona ineluttabilmente tanto l'essere quanto il non essere. (heidegger)"
Questo discorso proprio non lo capisco..in quanto la causa non condiziona Brahman o l'Infinito..ma i vari enti o possibilità..che mutano sempre illusoriamente la propria condizione o grado..senza per questo modificare l'Infinito..che è oltre l'Essere e il Non Essere..in quanto per definizione.. inqualificabile.. saguna..
Non c'è niente di strano che la causa condizioni l'Essere e il Non Essere..in quanto l'Essere e il Non Essere..in quanto qualificazioni..si limitano..quindi non sono infiniti....


attenzione al concetto " logico" di metafisica tradizionale è una divagazione altamente particolareggiata.(lo può essere sia platone,tanto più ancora eraclito)
La formulazione del concetto di Infinito o Brahman..appartiene all'Oriente..e se anche c'era o ci fosse stata ..in Platone..o in qualche altro..basti pensare che Parmenide nega il Non Essere..dicevo..anche se ci fosse stata..non è stata ben sviluppata..e riconosciuta per quello che era..e cioè..la Verità..Assoluta..Principiale e Immutabile ..tale da costituire il Centro di Gravità Permanente dell'individuo e la società..
Praticamente..l'Occidente è il regno del divenire..e dell'angoscia che si produce..quando la Verità viene dimenticata..dimenticata e non soppressa..perchè è impossibile sopprimerla..



ps anche arturo reghini è un iniziato, chiaramente differisce dall'ambito
come è giusto che accada nel molteplice senso delle intuizioni dottrinarie.

L'Iniziazione è solo una..ed è la percezione che noi siamo Brahman..cioè Esistenza..e Infinito..che sono i due gradi poi dell'Illuminazione..la Dotttrina poi..è solo una..ed è la Via per ricongiungerci a Brahman..e si divide in indefinite strade..tante quante sono gli esseri della terra che aspirano al ricongiungimento..

Voglio poi dire che di Righini..Evola e compagnia..non mi interessa nulla..in quanto le mie fonti..sono i Maestri della Tradizione Advaita....Ramana..Krishnamurti..Ramakrishna..e Osho..che ne hanno realizzato le indicazioni..e le hanno rese disponibili a chi le andava cercando..Tranne Guenon..che considero un genio..nessuno degli altri esoteristi..o Tradizionalisti..mi interessa a causa di continui errori dottrinali..che non portano da nessuna parte..


PS
Se vogliamo continuare a parlare..sarebbe bene definire un concetto e sviluppare quello..che altrimenti..facciamo solo confusione..
E dal momento che il concetto di Infinito..per la Metafisica Tradizionale è il fondamento..si potrebbe cominciare da lì..ad indagarne i limiti..se ce ne sono..
Dal punto di vista ..per esempio..di chi non ci crede..:D

Baltik
16-08-06, 22:48
..appartiene all'Oriente..e se anche c'era o ci fosse stata ..in Platone..o in qualche altrLa formulazione del concetto di Infinito o Brahmano..basti pensare che Parmenide nega il Non Essere..dicevo..anche se ci fosse stata..non è stata ben sviluppata..e riconosciuta per quello che era..e cioè..la Verità..Assoluta..Principiale e Immutabile ..tale da costituire il Centro di Gravità Permanente dell'individuo e la società..
Praticamente..l'Occidente è il regno del divenire..e dell'angoscia che si produce..quando la Verità viene dimenticata..dimenticata e non soppressa..perchè è impossibile sopprimerla..
:eek: :eek:
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tremenda esegesi che converte -ciò che non si può convertire.
mi dispiace come sempre contatare le debordanti illusioni provocate da guènomiani sofismi (ed ecco perchè ogni guènomiano rifugge la scienza tacciandola di non comprensione,quando in verità la scienza è compartecipativa di alcune tradizioni,e tremendamente distruttiva chissà perchè, nei confronti di altre)

scusami testa di prazzo, ma sei a conoscenza che i puri discendenti della "pura" sapienza vedica che tu citi geograficamente come "orientale"?
scesero direttamente in occidente (essendo i nostri discendenti prossimi)
e quella che tu chiami iniziazione orientale è presente per via diretta(e non potrebbe essere diversamente) nella
"nostra" di tradizione da più di tremila anni ?

guènon quando tenta di raffezzonare frasi e parole in latino o greco lingue sanscrite lo sapeva ne era a conoscenza ? è la lingua ad origine che esprime rendendo intellegibile il concetto e non viceversa, chi determina la sua lingua ha determinato il suo concetto. e non quello di altri

quando persino il panikkar (esponente cristiano) maggior studioso orientalista "reclama"

"l'indebitato e sproporzionato uso ed abuso delle attuali religioni "altre" a rifarsi sempre e comunque ad una tradizione indoeuropea quando le differenze sono assai più prevaricanti delle somiglianze" tutto ciò di dice nulla?

e mi vieni a fare lo schifiltoso nei confronti di epitteto, di proclo, di sallustio, di anassimandro, di macrobio,di pitagora,di pretestato,di porfirio,di ovidio,di orazio,di varrone ? perchè lo dice guènon ?:D ( the ignorant)

che dirti : lasciamo stare! non mi dilungo oltre, hai ragione tu, è il medio oriente la via, ed israele o l'islasm il crocicchio guènon il guru e la tradizione indoeuropea il decadimento giusto ?
(peccato che nell'india tradizionale al contrario di "altri" il guènon è un'emerito sconosciuto, e magari qualche pandit vero ancora oggi dedica mantra a juppiter)

due frasi in apertura del rig veda aurora e nascita

distruzione della triplice città degli asura - mahàbhàrata

la vamsà fu deposta ai monti himàlaya e vindhya essi furono gli annessi
alle ruota degli dei formando le alture degli dei,con l'altura dell'aurora e l'altura del tramonto


greco significa l'aurora,l'inizio del destino secondo cui l'essere stesso si illumina
nell'ente e pretende un'essenza dell'uomo...si tratta di cogliere ciò che porta
l'aurora nel pensiero e nel destino della terra della sera
"il detto di anassimandro"

ps "chi non conosce l'eterna sillaba dei veda,la vetta più alta su cui tutti gli dei riposano,che cosa può avere a che fare con i veda ?
soltanto coloro che ne hanno conoscenza siedono qui in pace e concordia"
rv 164 39

magari un'altra volta affrontiamo il finito e l'infinito.

saluti.

testadiprazzo
16-08-06, 23:54
..appartiene all'Oriente..e se anche c'era o ci fosse stata ..in Platone..o in qualche altrLa formulazione del concetto di Infinito o Brahmano..basti pensare che Parmenide nega il Non Essere..dicevo..anche se ci fosse stata..non è stata ben sviluppata..e riconosciuta per quello che era..e cioè..la Verità..Assoluta..Principiale e Immutabile ..tale da costituire il Centro di Gravità Permanente dell'individuo e la società..
Praticamente..l'Occidente è il regno del divenire..e dell'angoscia che si produce..quando la Verità viene dimenticata..dimenticata e non soppressa..perchè è impossibile sopprimerla..
:eek: :eek:
-

tremenda esegesi che converte -ciò che non si può convertire.
mi dispiace come sempre contatare le debordanti illusioni provocate da guènomiani sofismi (ed ecco perchè ogni guènomiano rifugge la scienza tacciandola di non comprensione,quando in verità la scienza è compartecipativa di alcune tradizioni,e tremendamente distruttiva chissà perchè, nei confronti di altre)

scusami testa di prazzo, ma sei a conoscenza che i puri discendenti della "pura" sapienza vedica che tu citi geograficamente come "orientale"?
scesero direttamente in occidente (essendo i nostri discendenti prossimi)
e quella che tu chiami iniziazione orientale è presente per via diretta(e non potrebbe essere diversamente) nella
"nostra" di tradizione da più di tremila anni ?

guènon quando tenta di raffezzonare frasi e parole in latino o greco lingue sanscrite lo sapeva ne era a conoscenza ? è la lingua ad origine che esprime rendendo intellegibile il concetto e non viceversa, chi determina la sua lingua ha determinato il suo concetto. e non quello di altri

quando persino il panikkar (esponente cristiano) maggior studioso orientalista "reclama"

"l'indebitato e sproporzionato uso ed abuso delle attuali religioni "altre" a rifarsi sempre e comunque ad una tradizione indoeuropea quando le differenze sono assai più prevaricanti delle somiglianze" tutto ciò di dice nulla?

e mi vieni a fare lo schifiltoso nei confronti di epitteto, di proclo, di sallustio, di anassimandro, di macrobio,di pitagora,di pretestato,di porfirio,di ovidio,di orazio,di varrone ? perchè lo dice guènon ?:D ( the ignorant)

che dirti : lasciamo stare! non mi dilungo oltre, hai ragione tu, è il medio oriente la via, ed israele o l'islasm il crocicchio guènon il guru e la tradizione indoeuropea il decadimento giusto ?
(peccato che nell'india tradizionale al contrario di "altri" il guènon è un'emerito sconosciuto, e magari qualche pandit vero ancora oggi dedica mantra a juppiter)

due frasi in apertura del rig veda aurora e nascita

distruzione della triplice città degli asura - mahàbhàrata

la vamsà fu deposta ai monti imalaia e vindhya essi furono gli annessi
alle ruota degli dei formando le alture degli dei,con l'altura dell'aurora e l'altura del tramonto


greco significa l'aurora,l'inizio del destino secondo cui l'essere stesso si illumina
nell'ente e pretende un'essenza dell'uomo...si tratta di cogliere ciò che porta
l'aurora nel pensiero e nel destino della terra della sera
"il detto di anassimandro"

ps "chi non conosce l'eterna sillaba dei veda,la vetta più alta su cui tutti gli dei riposano,che cosa può avere a che fare con i veda ?
soltanto coloro che ne hanno conoscenza siedono qui in pace e concordia"
rv 164 39

magari un'altra volta affrontiamo il finito e l'infinito.

saluti.


Mi sembra che pur con tuttta la buona volontà..è impossibile parlare..quando volontariamente o non volontariamente..si fraintende tutto quello che viene detto..
La metafisica è roba per iniziati..chi non lo è..si può dedicare con profitto alla storia delle religioni..che per quanto mi riguarda ..è un vero tedio..
Vorrei anche dire che la Metafisica..si costruisce intorno ad un'esperienza..che è la trascrizione sul mentale di cose che con il mentale non hanno niente a che fare..
Poi per quando riguarda le Tradizioni..Occidentale o Orientale..personalmente mi importa tanto poco..che cito solo perchè è impossibile farne a meno..ma tengo a dire..che in Occidente..le pagine di Shankara ce le sogniamo..e che da tremila anni..si parla di Tradizioni che non esistono..se non nella mente di chi se le inventa..dal momento che la filosofia greco romana..è buona per fare belle conversazioni all'università..
Stai facendo una serie di considerazioni storiche e metastoriche..che ..per il metafisico..non contano nulla..in quanto la Metafisica è fuori dal tempo..almeno quella vera..e Guenon è un semplice interprete..di qualcosa che esiste da millenni prima di lui..
Naturalmente per lo storico..quello che esiste..sono solo concetti storici..e niente come il Brahman..o Consapevolezza..che ne sia superiore..
Senti..se vuoi fare dei discorsi logici e comprensibili su dei concetti base della filosofia ..e della Metafisica..sono disposto a prenderli in considerazione e a discuterne..ma se fraintendendo tutto..storicizzi qualsiasi cosa ..e riduci tutto a considerazioni tra il poetico e il letterario..non ti posso seguire..anche perchè non mi va di spremermi le meningi in qualcosa che non ha nessun significato..e che vive esclusivamente perchè non viene approfondita..
Prendilo come un mio limite..ma se io nei discorsi non ci vedo sugo..mi annoiano..e il sugo è la Verità..che altrimenti..dopo tanto parlare..ci troviamo con nulla in mano..e col cervello stanco..che poi sarebbe esattamente quello che succede quando si studia la metafisica occidentale..una serie di chiacchiere e considerazioni di nessun valore..perchè staccate da quel Principio che solo le potrebbe legittimare..e questo Principio non viene trasmesso nè da Epitteto nè da Platone..ma solo da un Maestro vivente..capace di trascinarti oltre quella mente..che per tanti è una vera prigione..

Baltik
17-08-06, 02:47
la poesia è la base portante di tutti i veda e non dovrei essere io a spiegartelo


chiama sempre qualunque verità aggiungendone sempre il tuo possesso
perchè la verità non è il tutto e se fosse il tutto sarebbe trascesa da qualunque posizione particolare, in quanto singola e finita invece possiede
per connessione la forma inversa della falsità (è ciò che è falso si mostra ovunque,simile a ciò che è vero) rimanendo sempre circoscritta

la verità non è l'universalità da noi conosciuta scissa nel particolare
nè la totalità conosciuta scissa dalla parte,perchè ogni universalità e ogni totalità da noi conosciutà è ancora qualcosa di particolare se confrontata
all'ordine immutabile,alla compiutezza infinita che come tale,non è mai da noi del tutto conosciuta. e quando la verità che abbiamo davanti agli occhi isolata e assolutizzata nella sua finitezza,viene scambiata con la verità pura e semplice,allora essa è falsità



se la tua metafisica a quanto tu dici è incondizionata non la puoi dimostrare
perchè anche dimostrare l'incondizionato è condizionarlo alle strutture della conoscenza umana "scrittura pensiero simbolo intuizione" e quindi subordinarla sempre e solo a quest'ultima
il tradizionalista plasma la tradizione in quanto impossibilitato umanamente
a trascenderla per intero.non può attraversare la manifestazione la può solo constatare.
non esistono iniziati totali (vedesi la constatata pluralità delle tradizioni nella loro differenza intuitiva e di manifestazione anche sociale)
non esistono maestri totali (che difatti hanno bisogno delle particolarità e manifestazioni altrui, sorta di luce riflessa aduggiata a splendente realtà
per dimenarsi, perchè nulla in loro è fissato)
esistono solo maestri particolari.

ps io non ho alcun mal di testa

Tradizioni che non esistono ? dimostramelo ! ed io farò altrettanto.
nella mia limitatezza,ho soluzioni comprovate adattissime multidisciplinari per la "mia" verità
tu puoi fare altrettanto ?.


saluti.

stuart mill
17-08-06, 08:13
credo che tutti i vostri post siano interessanti, ma:
1)baltik parla dal punto di vista storico-antropologico; testadiprazzo da quello metafisico
2)c'è da stabilire cosa si intende per Verità
3)c'è da stabilire cosa si intende per Metafisica (molti, ahimè, la credono una filosofia profana)
4)c'è da inquadrare il problema: Guenon sbagliava dal punto di vista metafisico-realizzativo (seppure nella parte teorica), o da quello storico-erudito? nel primo caso, allora va buttato nello scarico, nel secondo, può dare fastidio ma non inficia il tutto, dato che la Metafisica, ovviamente, è il top.
5)dovete mettervi d'accordo: volete parlare dal punto di vista Metafisico, o da quello storico-etc? ovvio che una discussione in cui uno parla di (per esempio) macchine da cucire, e l'altro ribatte parlando dell'accoppiamento delle marmotte, è solo un casino: o parlate di marmotte o di macchine da cucire. ;)

una volta fatte queste precisazioni, credo che il discorso scorra meglio

stuart mill
17-08-06, 08:14
perchè la verità non è il tutto e se fosse il tutto sarebbe trascesa da qualunque posizione particolare, in quanto singola e finita invece possiede
per connessione la forma inversa della falsità (è ciò che è falso si mostra ovunque,simile a ciò che è vero) rimanendo sempre circoscritta-----Baltik

scusa, ma non mi è chiaro: sostieni che il Tutto e la Verità non coincidano?

testadiprazzo
17-08-06, 10:00
credo che tutti i vostri post siano interessanti, ma:
1)baltik parla dal punto di vista storico-antropologico; testadiprazzo da quello metafisico
2)c'è da stabilire cosa si intende per Verità
3)c'è da stabilire cosa si intende per Metafisica (molti, ahimè, la credono una filosofia profana)
4)c'è da inquadrare il problema: Guenon sbagliava dal punto di vista metafisico-realizzativo (seppure nella parte teorica), o da quello storico-erudito? nel primo caso, allora va buttato nello scarico, nel secondo, può dare fastidio ma non inficia il tutto, dato che la Metafisica, ovviamente, è il top.
5)dovete mettervi d'accordo: volete parlare dal punto di vista Metafisico, o da quello storico-etc? ovvio che una discussione in cui uno parla di (per esempio) macchine da cucire, e l'altro ribatte parlando dell'accoppiamento delle marmotte, è solo un casino: o parlate di marmotte o di macchine da cucire. ;)

una volta fatte queste precisazioni, credo che il discorso scorra meglio

Hai perfettamente ragione..su tutto..solo..una cosa...
Io credo che la Metafisica..intesa nel senso pieno di Brahman..e non certamente quello dei moderni..possa filtrare..anche sul piano mentale..se ben semantizziamo le parole..e risolvere vari problemi o almeno impostarli in modo corretto..che il problema è tutto qui..
Se non si parte da Principi..anche le parole verranno trascinate nell'indeterminatezza perchè si riferiranno..non a qualcosa di universalmente accettato..ma solo al nostro punto di vista singolare e particolare..:-:-01#19

testadiprazzo
17-08-06, 10:11
la poesia è la base portante di tutti i veda e non dovrei essere io a spiegartelo

Concordo..ed appunto per questo esistono i commentari..che cercano di spiegare il significato dei sutra..specialmente nel Vedanda..che sono abbastanza difficili per la mente comune..e..cosa più importante..i sutra..ridotti all'osso..sono stabili..mentre i commentari si adattano ai tempi e ai luoghi..
Ma noi..qui..siamo in ambito intellettuale o dottrinale..nè poetico..nè metafisico..
Non poetico..perchè non scriviamo sutra..non metafisico..perchè la mente e il linguaggio possono solo esporre..e mai sostituirsi..alla Metafisica o Brahman..

testadiprazzo
17-08-06, 11:03
chiama sempre qualunque verità aggiungendone sempre il tuo possesso
perchè la verità non è il tutto e se fosse il tutto sarebbe trascesa da qualunque posizione particolare, in quanto singola e finita invece possiede
per connessione la forma inversa della falsità (è ciò che è falso si mostra ovunque,simile a ciò che è vero) rimanendo sempre circoscritta

E' la Verità che possiede noi..non noi Lei..in quanto la parte non può contenere il tutto..
Il Tutto poi..che sarebbe l'Infinito..è la Verità..in quanto Assoluto e non relativo..e le posizioni particolari..che sono prodotte dall'Infinito o Brahman..sono relative come il sogno è relativo al sognatore..e da lui dipende
anche se sembra avere vita autonoma..
Una cosa quindi è il Tutto..che si identifica con Brahman..a cui nulla si oppone..e una cosa sono le verità parziali e particolari..che si mostrano nella forma inversa della falsità..appunto perchè sono relative..
Va da se..che se non si pone il Tutto equivalente all'Infinito..e non qualificato..in quanto ogni qualificazione lo determinerebbe rendendolo finito..
ma..invece sbagliando consideriamo il Tutto come la somma delle verità parziali e relative..è ovvio che il concetto di Verità Assoluta..non esiste semplicemente..ma diventa un'astrazione mentale senza significato..
Spiegherò meglio il concetto d'Infinito..o Tutto Universale..perchè non comprendendolo..non potremo andare avanti in un discorso che abbia un capo e una coda..
Il Tutto o Infinito..è ciò che non ha limiti..e non si identifica per nulla col concetto di indefinito..che procede dal finito..e viene limitato dall'ordine di realtà che ne costituisce la qualificazione..
Per esempio..i numeri sono indefiniti..ma non infiniti..perchè appunto limitati dall'essere numero..
così per lo spazio e tempo..e per tutte quelle possibilità che impropriamente vengono chiamate infinite..quando sono invece indefinite..appunto perchè limitate..
Sgombrando il campo quindi dall'indefinito..fonte di continui errori tra i moderni..ci appare finalmente l'Infinito..che è esattamente il Tutto Universale..perchè non può esistere un Infinito limitato..
Questo infinito è equivalente a Brahman..nirguna..non qualificato..oltre quindi all'Essere e al Non Essere..che sono qualificazioni..
Si potrebbe dire che quest'Infinito è solo un concetto mentale..che in realtà esistono solo indefiniti..la cui somma diventa Infinito a causa del desiderio dell'uomo di sistematicità..ma..in primo luogo..gli indefiniti non fanno parte dell'infinito..in quanto l'Infinito non ha parti..poichè avendole sarebbe limitato..dall'avere qualità..quindi in confronto a Lui..l'indefinito non esiste semplicemente..come la manifestazione non esiste in relazione al Principio..
Secondariamente..quest'Infinito è una necessità logica..poichè porre un limite..significa limitare ciò che non ha limiti..e quindi diciamo assurdità..possiamo dire che non c'è relazione tra il logico e l'ontologico..ma anche quest'asserzione..non si vede da cosa può essere fondata se non dalla logica di distruggere il concetto di Assoluto e Verità..per chiudere l'uomo nel relativo e nell'illusorio..
Il pensiero non può uscire dal pensiero..e per farlo..ha bisogno di qualcosa che sia a lui superiore..e questo qualcosa è la percezione dell'Io..che poi diventa percezione dell'Essere o Se..e che poi diventa unione in Brahman o nell' Assoluto..e questa è una realizzazione pratica..ed esperienziale..a cui il pensiero si adegua..riconoscendo i suoi limiti..
Si può negare che esistono i Saggi o gli Illuminati..ma in questo caso dubitando di tutto..dovremo pur trovare qualcosa di cui non dubitare..e questo qaulcosa è il cogito..anzi..è il sum ergo cogito..e questo sum..è esattamente l'Iniziazione e non un atto di fede..perchè chiunque la può sperimentare..semplicemente ascoltando..la propria interiorità
E sarà questo Sum..che andando veso l'alto..ci porterà a Brahman..oltre il pensiero..e..andando verso il basso..ci porterà verso il pensiero..e la Metafisica esposta..o concettualizzata..

testadiprazzo
17-08-06, 11:18
la verità non è l'universalità da noi conosciuta scissa nel particolare
nè la totalità conosciuta scissa dalla parte,perchè ogni universalità e ogni totalità da noi conosciutà è ancora qualcosa di particolare se confrontata
all'ordine immutabile,alla compiutezza infinita che come tale,non è mai da noi del tutto conosciuta. e quando la verità che abbiamo davanti agli occhi isolata e assolutizzata nella sua finitezza,viene scambiata con la verità pura e semplice,allora essa è falsità


Se dici che l'ordine immutabile esiste..come la compiutezza infinita..ma che non può essere del tutto conosciuta..
Primo..non si capisce da dove viene questa compiutezza..se non possiamo farne esperienza...secondariamente non si vede perchè non deve essere conosciuta..da momento che un po' la conosciamo..
Vorrei dire ..che il concetto mentale di Brahman..o Verità..non parte dalle verità parziali o relative..ma parte dal concetto di Infinito..che ha un'evidenza logica..per chi è dotato di raziocinio..ma anche un'evidenza ontologica..per chi è iniziato all'Essere..cioè..lo percepisce dentro di se..e qui la fede..non c'entra nulla..

testadiprazzo
17-08-06, 11:48
se la tua metafisica a quanto tu dici è incondizionata non la puoi dimostrare
perchè anche dimostrare l'incondizionato è condizionarlo alle strutture della conoscenza umana "scrittura pensiero simbolo intuizione" e quindi subordinarla sempre e solo a quest'ultima
il tradizionalista plasma la tradizione in quanto impossibilitato umanamente
a trascenderla per intero.non può attraversare la manifestazione la può solo constatare.
non esistono iniziati totali (vedesi la constatata pluralità delle tradizioni nella loro differenza intuitiva e di manifestazione anche sociale)
non esistono maestri totali (che difatti hanno bisogno delle particolarità e manifestazioni altrui, sorta di luce riflessa aduggiata a splendente realtà
per dimenarsi, perchè nulla in loro è fissato)
esistono solo maestri particolari.


La Metafisica non è mia..nè cerco di dimostrarla perchè non si può..
cerco solo di mostrarla..attraverso corrispondenze mentali di realtà ontologiche o metamentali..in quanto tutti i piani dell'esistenza sono collegati da leggi simili..
Questo è il concetto di Infinito..logico..corrispondente al Brahman sul piano ontologico..anche se il termine ..non è corretto..ma il linguaggio è questo..e bisogna adattarvisi..
Poi dal momento che per te la Metafisica..o Brahman..è condizionata completamente dallle strutture mentali..non si può fare religione di nessun tipo..in quanto l'Assoluto o non esiste..o se esiste è sempre condizionato..da noi..
Quello che ha esposto in questi post..e te ne sono grato..senza polemica..è l'avere reso chiaro..la diffrenza che c'è tra pensiero profano e pensiero iniziatico..non dico pensiero religioso..perchè le tue posizioni potrebbero essere riassorbite..in qualche forma di irrazionalismo intuizionista di stampo mistico..insomma da qualche porta secondaria per accedere all'Assoluto..che diventerebbe così..relativo..alla tua fede..
Dicevo pensiero profano..perchè quando il nostro discorso non viene guidato da principi iniziatici ..inevitabilmente cadiamo nel relativismo o nel sentimentalismo o misticismo..oppure in quella storia delle religioni..che perde appunto di vista la loro ragione d'essere principiale..per descrivere minuziosamente cose che non può comprendere..
La Conoscenza..quella vera..parte da Brahman..e a Brahman ritorna..e non è fede questa..ma Verità iniziatica..perchè parte da quel principio interiore..immediatamente rivelato dal fiat lux..della percezione di se stessi..per poi innalzarsi o abbassarsi portando con se quel sapore della verità..che mai avrà..chi è chiuso nel labirinto del mentale..
E qui non si parla di fede..ma di scienza..scienza dell'interiorità..a cui chiunque..può pervenire..basta che per un momento sfugga all'incessante giostra del relativo..per porsi in quella Luce..frutto di quell'Intuizine intellettuale o Consapevolezza..o Percezione di Se..che sola può guidarci dalle tenebre alla Luce..

testadiprazzo
17-08-06, 12:17
io non ho alcun mal di testa

Tradizioni che non esistono ? dimostramelo ! ed io farò altrettanto.
nella mia limitatezza,ho soluzioni comprovate adattissime multidisciplinari per la "mia" verità
tu puoi fare altrettanto ?.




Chiunque..quando parla..relaziona i suoi discorsi a quel centro magnetico che costituisce il principio della propria vita..e..ovviamente..il principio per qualcuno..può essere una sciocchezza per un altro..da qui..il trovarsi bene ognuno con i principi che può capire..che gli altri..farebbero venire il mal di testa..:D
Ciò che a me interessa..e costitusce il mio Principio..è la Tradizione Advaita..quella per intederci..chiamata Sacerdotale e non Regale..e..in Occidente..non si è mai manifestata..almeno con tracce ben definite..
E..per quanto riguarda le Tradizioni che intendi tu..sicuramente nulla a che vedere con quanto da me esposto..che ..fino a prova contraria..anche se è presente nella Cabala..nel sufismo..nello zen..nel taoismo..etc..trova la sua espressione intellettuale nelle Upanishad..con i commenti di Shankara..
e in Occidente..da un bel pezzo..non abbiamo nè una esposizione dottrinale..nè una realizzazione pratica..come possiamo vedere dalle Tradizioni da me citate..che di europeo..hanno ben poco..
Se poi vogliamo andare a cercare le Tradizioni polari..è un'altro discorso..che di metafisico non ha nulla..ma che può riguardare la storia..o metastoria..

Riguardo alle soluzioni per la tua verità..non ne dubito..ma per me..ed è il mio limite..tutto ciò che non ha nulla a che vedere con quello che io reputo essere la Verità..semplicemente non interessa..anche se al proprio livello non dubito che abbia la sua validità..
Non è che non vado in auto perchè chi l'ha progettata..non era a contatto col Brahman..ma un punto..importante..cosciente o meno..chi fa un buon lavoro..quello che sia..è a contatto con quella Luce..che quando manca...provoca solo disastri e distruzioni..e..anche se non viene chiamata Infinito o Consapevolezza..agisce..perchè senza di Lei..il mondo..semplicemente non esisterebbe..


PS
Grazie..per avermi dato l'occasione di passare la mattinata..in attività..che se anche non benefica..non malefica..che l'ozio..quando non è Consapevolezza del Centro..è il padre di tutti i vizi..ed io di vizi ne ho parecchi..:eek: :D

Baltik
17-08-06, 12:28
http://www.geocities.com/symbolos/s21guen2.htm

concedimi un attimino e poi ti rispondo.

saluti.

Baltik
17-08-06, 13:27
andiamo per gradi
affermi che le caste sacerdotali regali non esistono e son sono mai esistite in occidente?

nel particolare niente di più errato

re-sacerdoti sabini? Storia, non leggenda. A domostrarlo, un eccezionale ritrovamento archeologico avvenuto nella necropoli sabina di Eretum, presso Colle del Forno (Roma). Il team di archeologi dell'Istituto di studi sulle civiltà italiche e del Mediterraneo antico (Iscima) del Cnr, da alcuni anni impegnato, sotto la direzione di Paola Santoro, nello scavo dell'importante area, ha rinvenuto un lituo, il bastone ricurvo simbolo del potere spirituale, utilizzato anche per trarre gli auspici dal volo degli uccelli.

Un oggetto rarissimo, finora documentato in Italia da soli due esemplari (anche se effigiato in molte rappresentazioni funerarie) che era custodito in una tomba del V secolo a.C. appartenuta ad una dinastia regale. Il lituo veniva utilizzato nell'arte divinatoria che precedeva la nascita di un nucleo urbano e che determinò, come vuole la tradizione, la scelta del Palatino per la fondazione di Roma.

Il ritrovamento contribuisce a fare chiarezza sul ruolo svolto dalla civiltà sabina nella creazione delle istituzioni civili e religiose romane. ?Il fatto sorprendente, messo in luce dallo scavo di Eretum? spiega Enrico Benelli dell'Iscima-Cnr ?è che nel V secolo, mentre a Roma e nelle città della Magna Grecia dominava il modello repubblicano, i Sabini erano ancora governati da dinastie sacerdotali regali. Nella tomba rinvenuta, di dimensioni monumentali, a fianco di due corpi inumati (rito ad inumazione indoeuropeo), si conservavano infatti sia lo scettro che il lituo, manufatti che confermano ciò che si sapeva per congettura, ossia che il re fosse anche sacerdote?. Una figura istituzionale sabina, dunque, mutuata dai romani nei primi secoli della fondazione dell'Urbe, come confermano le fonti documentarie. Basti pensare al sabino Numa Pompilio, secondo sovrano della città, considerato il re-sacerdote per eccellenza.

soffermiamoci un'attimo quì, storia- scienze- umanistiche- mytos- metafisica
devono produrre una mimesi,si devono autocompenetrare,si devono autotrascendere bisogna trovare i risvolti storici e metastorici

ed è a mio avviso assai fuorviante (controiniziatico ?) negare questo !
per quale motivo lo si nega lo si occulta,per quale metafisica paura si disconoscono le reali tradizioni collegate a quella indiana,dando inversamente per reali tradizioni che con quella hindù non hanno nulla a che spartire se non per tentati sincretismi postumi ?

mi puoi rispondere tu o qualche tuo maestro?
un maestro che non è capace di interagire con la realtà storico-iniziatica
è maestro di cosa,di che?


saluti

Baltik
17-08-06, 14:29
speriamo che non mi sillabi la seguente intuizione da mistagogo (ovviamente è un dileggio non te ne curare)

Ciò che solo ci interessa è la corretta esposizione della dottrina tradizionale.:D

saluti.

http://www.estovest.net/letture/divonaoccidente.html

Piero Di Vona, René Guénon contro l'Occidente
Il Cerchio, Rimini 1998, pagg. 122, lire 25.000.
di Walter Catalano

da «Diorama Letterario», n. 215, giugno 1998.


«L'avversione per la metafisica è uno degli aspetti fondamentali che definiscono la filosofia contemporanea. Questo suo aspetto è l'immagine oscura ed il riflesso negativo, nei quali si rispecchiano le aspirazioni profonde del pensiero contemporaneo, e la sua radicale incapacità di soddisfarle. In quest'avversione si annida la dimenticanza di ciò che sia e sia stata quella scienza che si chiama ontologia».

Queste sono le premesse da cui Piero Di Vona parte per il suo secondo libro dedicato ai delicati rapporti di opposizione e di affinità che il pensiero di René Guénon intrattiene con la tradizione dell'ontologia occidentale, tanto gloriosa quanto poco conosciuta e studiata. Se in René Guénon e la metafisica (Sear, 1987), di cui ci siamo già occupati su queste pagine, Di Vona tracciava un'analisi precisa e circostanziata delle relazioni e dei debiti contratti dalle complesse concezioni guenoniane nei confronti della tradizione filosofica occidentale, soprattutto moderna, in questo suo secondo lavoro lo studioso ripercorre, in modo più sintetico e divulgativo, un analogo itinerario.

Lontano dalla dedizione e dal rispetto reverenziale a lui tributato da sodali e seguaci -patriarca del tradizionalismo, autorità indiscussa e indiscutibile che pontifica dall'alto del suo ipse dixit- Guénon assume per Di Vona sembianze assai meno ieratiche: la sua ammissione tra i filosofi «è un fatto recentissimo, che lui non avrebbe gradito e non tutti i competenti sono disposti ad accettare». Come filosofo dunque, Guénon si riduce a depositario di un paradigma, di una possibile interpretazione del mondo, ma non dell'unica, dell'assoluta verità; come filosofo, Guénon è passibile di critiche e confutazioni.

La visione guenoniana della metafisica occidentale non è sostenuta, secondo Di Vona, da una conoscenza sufficientemente approfondita dell'ontologia, essendosi egli accontentato «di quella conoscenza dell'ontologia che poteva essergli offerta dalla cultura del nostro tempo» e non avendo «potuto o voluto approfondire e correggere le sue conoscenze per la sua avversione a frequentare le biblioteche pubbliche». Per verificare la fondatezza dell'accusa di Guénon contro l'ontologia occidentale -accusa secondo cui questa si limiterebbe allo studio dell'essere, studio per di più unicamente teorico e pertanto incapace di produrre una «realizzazione metafisica», e da cui deriverebbe la susseguente, globale critica di Guénon alla civiltà occidentale:

«ha una fondamentale importanza comprendere e stabilire con quanta ampiezza e con quale profondità questo scrittore francese conoscesse l'ontologia occidentale nelle sue dottrine teoriche. Solamente questa indagine può permettere di stabilire con certezza se le idee che Guénon pretende siano superiori e di maggiore dignità speculativa e metafisica rispetto al concetto di ente dell'ontologia occidentale, meritino davvero tanta considerazione e trascendano il concetto di ente, come Guénon sostiene. Tali idee, che Guénon ritiene proprie delle metafisiche orientali, sono quelle della non dualità, dell'infinito, della possibilità universale, del non essere e del cosiddetto zero metafisico».

Come ha sempre fatto anche nei suoi studi precedenti, Di Vona puntualizza scrupolosamente il suo fermo rifiuto «di trattare e di discutere della realizzazione metafisica e dell'iniziazione. [...] Noi sappiamo di essere un semplice studioso, e non vogliamo negare per questo e per principio che all'uomo possano aprirsi certe possibilità, cui in modo tanto frequente quanto inopportuno si riferiscono i cultori di discipline magiche e di dottrine dette esoteriche. Ma proprio per questo riteniamo che su certi argomenti sia di rigore un riserbo assoluto».

Per poter svolgere la sua analisi partendo da basi solide e corrette, Di Vona nel primo capitolo del libro riassume, in modo rapido ma preciso, i concetti fondamentali, la definizione e la storia dell'ontologia occidentale. Ignorata dai filosofi antichi e dai teologi medioevali e inventata solo nel secolo XVII, la parola ontologia è il nome moderno di una scienza antica che risale al IV libro della Metafisica di Aristotele in cui si teorizza di «una scienza dell'ente in quanto ente e delle proprietà che spettano ad esso per se stesso». In paragrafi brevi ed incisivi, Di Vona ripercorre gli elementi basilari della disciplina: il significato della parola ente, la dottrina dei concetti trascendenti, le teorie sull'univocità e sull'analogia dell'ente, ecc. Alla fine del capitolo, anche il lettore meno edotto in materia ha sufficientemente chiari i termini del problema e può sostenere il confronto con gli argomenti e le confutazioni di e contro Guénon.

Il secondo capitolo è infatti dedicato interamente alla critica rivolta da Guénon all'ontologia occidentale, critica che «è rimasta immutata ed uniforme durante tutto il corso della sua vita intellettuale». Per il tradizionalista di Blois, l'Antichità ed il Medioevo possedettero in una certa misura quella metafisica vera che il pensiero moderno avrebbe irrimediabilmente perduto, ma gli Occidentali confusero sempre filosofia e metafisica, ed i Medievali subordinarono indebitamente quest'ultima alla teologia. Inoltre, per metafisica in Occidente si è sempre inteso essenzialmente ontologia, cioè dottrina dell'essere, senza mai considerare ciò che «sta oltre e al di là dell'essere». Per Guénon l'essere è solo «la prima affermazione e la prima determinazione». L'uso della parola essere per indicare anche ciò che trascende l'essere -necessità causata dai limiti dello stesso linguaggio umano- ha un significato unicamente «analogico e simbolico». Per «stati molteplici dell'essere», Guénon intende dunque una moltitudine di ordine completamente diverso dalla «molteplicità soltanto aritmetica, numerica e quantitativa». I debiti espliciti verso la dottrina della multitudo trascendens di S. Tommaso d'Aquino, del resto mai nascosti da Guénon, si uniscono alle critiche contro gli Scolastici (la riduzione della metafisica ad ontologia) ed alle polemiche contro il neo-tomismo, «tentativo di adattamento del Tomismo non privo di gravi concessioni alle idee moderne anche presso coloro che si proclamano volentieri antimoderni» (il colpo è vibrato in particolare contro Maritain).

Il terzo capitolo esamina in dettaglio le concezioni metafisiche di Guénon: prima fra tutte che il principio supremo di tutte le cose, inesprimibile ed incomunicabile ma non inconoscibile, non è l'essere. Seguendo il Vedanta non dualista secondo la dottrina di Samkara, Guénon fa sua la formula «Brahma è la Verità, la Conoscenza, l'Infinito». Per Di Vona «del Vedanta egli diede un'interpretazione personalistica che certo andava incontro alle molte correnti personalistiche del presente e del passato secolo». Ma, chiarisce Di Vona, «mettersi dalla parte della metafisica per Guénon significa porsi al di là dello spirito e della materia [...] al di là di ogni dualismo e di ogni monismo», assumere la dottrina della non dualità (adwaita vada).

«Questa non riduce più un termine di una contrapposizione all'altro, ma considera i due termini contrapposti nell'unità di un principio comune ed universale che li contiene entrambi, non più come opposti, ma come complementari».

Oltre al Vedanta, Di Vona identifica un altro antecedente di questa idea fondamentale: «molto più modestamente questa dottrina non è che l'interpretazione data della dialettica hegeliana da parte di un filosofo francese contemporaneo a Guénon: Octave Hamelin». Un «legame inconfessato», quello con la dialettica hegeliana, cui Di Vona riconduce anche l'idea guenoniana di infinito:

«la negazione di ogni determinazione equivale all'affermazione assoluta e totale, dichiara Guénon, riprendendo tacitamente pensieri ben moderni e comunemente noti di Spinoza e di Hegel, senza che ci sia bisogno di risalire più indietro fino allo Pseudo Dionigi ed al Neoplatonismo».

L'essere per Guénon, in quanto principio della manifestazione, prima determinazione, non può coincidere con l'infinito: «Egli fa rientrare nell'Essere solamente le possibilità di manifestazione considerate nell'attualità del loro manifestarsi. Fuori dall'Essere c'è tutto il resto. Ma questo resto è ciò che più conta». L'essere dunque «non può essere manifestato ed è in se stesso immanifestato», «L'Essere è il Non-essere affermato».

Da qui ci proiettiamo al quarto capitolo conclusivo, in cui Di Vona, confutando molti argomenti guenoniani, prende le difese dell'ontologia. Uno dei principali punti deboli delle vedute che Guénon «adorna di un preteso linguaggio taoista», secondo Di Vona, è il concetto che l'essere sia in se stesso immanifestato: questo equivarrebbe a dire «che l'essere non può mai essere constatato e constatabile in nessuna esperienza possibile. Ora, che l'essere, quello che è notissimo ad ogni mente e che è più manifesto di ogni altra cosa, sia immanifestato nel suo principio, e per di più non sia nemmeno infinito, è un'affermazione ben strana e singolare». Evidenziando altri aspetti non troppo solidi delle dottrine sull'essere di Guénon, Di Vona giunge ad affermare:

«Sia che le confusioni che abbiamo illustrato fossero inconsapevoli, sia che fossero volute, è certo che Guénon aveva un'idea molto vaga ed imprecisa di che cosa fosse veramente la trascendenza dell'ente, e delle sue proprietà trascendentali: questa idea non gli permetteva veramente di comprendere la profonda dottrina scolastica della trascendenza del concetto di ente».

Anche riguardo al senso «analogico e simbolico», attribuito da Guénon alla parola essere, quando questa è usata per designare anche l'immanifestato, questa «analogia» è molto lontana dalle complesse teorie sull'analogia dell'ente dibattute dai teorici dell'ontologia.
L'analogia per Guénon

«va compresa sempre in senso inverso [...] nel senso di un detto della Tabula Smaragdina, capitale testo della tradizione alchemica occidentale. Questo testo dice che ciò che in alto è come ciò che è in basso, e ciò che è in basso è come ciò che è in alto. L'idea che ebbe Guénon dell'analogia ci riporta per questa via all'uso che si faceva nell'occultismo del suo tempo di certi testi presi dall'alchimia».

Quello che Guénon chiama non-Essere, zero metafisico, possibilità universale,

«non ci presenta che una tra le tante varianti di processo neoplatonico, che appartengono anche alla cultura del nostro tempo, con l'aggravante che quella di Guénon appare ripresa dall'occultismo contemporaneo. Basta ricordarsi dell'Enciclopedia di Hegel e di certi sistemi neohegeliani per ritrovare il terreno ottocentesco, sul quale, insieme con altre, è sbocciata la teoria guenoniana del processo metafisico».

Di Vona conclude la sua brillante trattazione affermando che non sia tanto l'ontologia occidentale ad essere parziale ed incompleta, quanto la visione che ne ebbe Guénon: visione perfettamente univoca con quella attinta

«dalla cultura media del suo tempo e dei filosofi del suo tempo. [...] Questa non è certo una colpa di Guénon, ma della cultura moderna e contemporanea [...] l'aver lasciato che la scienza dell'ontologia [...] per un malinteso senso di modernità sia rimasta dimenticata e sepolta per i secoli posteriori al Settecento».

Non resta altro, a questo punto, che augurarci, per amore del dibattito e del confronto delle idee, che qualche esponente dell'«ortodossia guenoniana», qualche tradizionalista toccato nel vivo, raccolga garbatamente la sfida intellettuale di Di Vona e, con altrettanta competenza e chiarezza, prenda le difese di Guénon confutando sullo stesso terreno le argomentazioni del filosofo napoletano. Sarebbe una querelle appassionante.



Walter Catalano

testadiprazzo
17-08-06, 18:22
andiamo per gradi
affermi che le caste sacerdotali regali non esistono e son sono mai esistite in occidente?

Non posso affermare o negare..cose di cui non ho esperienza..e che..perse nel tempo o nello spazio..sono interessanti alla luce di una ricerca storica..che a me interessa molto poco..in quanto non riguarda la Metafisica..ma il suo apparire nelle forme storiche..attraverso tracce ..reperti..linguistica..etc..
Un Maestro non è uno storico..anzi..piega la storia ai suoi propri fini di Comprensione..in parole povere..ad un Maestro interessa far capire la Metafisica ..ed in questa comprensione realizza l'iniziazione..che per Lui è la cosa più importante..perchè sa che l'unica Verità è Brahman..e..per arrivare a questa verità..è lecita anche la menzogna..se questa menzogna ci indirizza alla Verità..
La casa è in fiamme..i bambini sono dentro..il padre mentendo..dice che ci sono dei regali..i bambini escono..sono salvi..a causa..di..una ..menzogna...:D
A un Maestro non si può richiedere verità relative..ma solo che ci indichi quella Verità Assoluta..chiamata in tanti modi..quante sono le Tradizioni apparse nel mondo....e..suoi mezzi possono essere tanti..e anche menzogneri..tutto è permesso..
Diverso è il caso del filosofo..che deve spiegare o esporre in termini intellettuali e veri..la Dottrina..ma un filosofo..ti può indicare solo l'apparire di Brahman nella mente..nel pensiero..mentre un Maestro ti deve condurre oltre il mentale..
Vedi..ti ho già detto che a me interessa la Metafisica..e dal momento che oggi..le fonti intellettuali sono l'Advaita di Shankara..per quanto riguarda la teoria ..o comprensione intellettuale..e i Maestri ..tipo Ramana..Krishnamurti..Ramakrishna..Osho..per quanto riguarda il dato realizzativo..Ho tutti gli elementi per quel lavoro interiore..che dovrebbe portare dalle tenebre alla Luce..e questo ..mi basta e avanza..che..indagare poi le origini di questa Metafisica..dal momento che non è un dato mentale..ma un adeguarsi dell'uomo a realtà preesistenti..Io sono un matematico..per fare un esempio..e la storia della matematica..mi interessa ben poco..quando devo comprendere teoremi che esistono a prescindere da chi li ha scoperti..
Questo è un mio limite..lo ammetto..il disinteresse per la ricerca storica..ma quando si vuol realizzare quello che si è compreso...ti assicuro che passa tutto in secondo piano..e sapere l'origine delle Tradizioni o dell'Iniziazione..è qualcosa che non mi appassiona..in quanto l'origine ..non è nel pensiero..ma oltre..e questo oltre è qualcosa che è sempre stato e sempre sarà..perchè fuori dal tempo...


PS
Riguardo alle critiche a Guenon..riponderò più tardi..perchè
..Ciò che solo ci interessa è la corretta esposizione della dottrina tradizionale.:D

Baltik
17-08-06, 20:46
La casa è in fiamme..i bambini sono dentro..il padre mentendo..dice che ci sono dei regali..i bambini escono..sono salvi..a causa..di..una ..menzogna...
A un Maestro non si può richiedere verità relative..ma solo che ci indichi quella Verità Assoluta..chiamata in tanti modi..quante sono le Tradizioni apparse nel mondo....e..suoi mezzi possono essere tanti..e anche menzogneri..tutto è permesso.

non quando la menzogna trascende nella storia modificando la volontà umana distogliendo l'occhio dal punto da cui sorge il sanscrito mit -limite-latino mi-les difesa del limite apportando lutti !, infinite sommosse dell'animo! ed infine l'abbraccio totale della consonante sanscrita v iscritta a buon uso per annunciare la separazione, l'allontanamento da.....,la divisione dal kam
e dal bràhmancàrin (chàndogya -upanisad)

quando tutto ciò accade la menzogna non è assai diversa dal menzognero

saluti.

testadiprazzo
17-08-06, 21:27
La casa è in fiamme..i bambini sono dentro..il padre mentendo..dice che ci sono dei regali..i bambini escono..sono salvi..a causa..di..una ..menzogna...
A un Maestro non si può richiedere verità relative..ma solo che ci indichi quella Verità Assoluta..chiamata in tanti modi..quante sono le Tradizioni apparse nel mondo....e..suoi mezzi possono essere tanti..e anche menzogneri..tutto è permesso.

non quando la menzogna trascende nella storia modificando la volontà umana distogliendo l'occhio dal punto da cui sorge il sanscrito mit -limite-latino mi-les difesa del limite apportando lutti !, infinite sommosse dell'animo! ed infine l'abbraccio totale della consonante sanscrita v iscritta a buon uso per annunciare la separazione, l'allontanamento da.....,la divisione dal kam
e dal bràhmancàrin (chàndogya -upanisad)

quando tutto ciò accade la menzogna non è assai diversa dal menzognero

saluti.

Il mio discorso non verteva sulla menzogna nella storia..il cui fine non è liberare gli uomini ..ma renderli schiavi..anche se certe menzogne..sono solo un aiuto alla naturale incapacità della stragrande maggioranza delle gente a concepire la Verità..che se detta trascinerebbe nell'insicurezza..
Mansur venne ucciso nell'Islam..perchè aveva detto io sono Dio..verità..ma che rivelata avrebbe potuto gettare nel caos..chi erroneamente pensava alla sua trascendenza..conculcata da quella tradizione..e anche chi lo aveva capito..era d'accordo con il suo martirio..A tanto arriva il potere della menzogna quando si crede aiuti la verità..!
Il mio discorso però..era più circoscritto alle tecniche dei Maestri..che usano un linguaggio alle volte menzognero..per venire incontro a certe limitazioni dei discepoli..che altrimenti non capirebbero ...essendo il balzo da verità profana a verità iniziatica..troppo grande..
Vorrei ricordare ..che essendo Brahman..l'unica Verità Assoluta..il Maestro cerca di frantumare tutte le verità relative..e anche le menzogne..con altre menzogne..affinchè il discepolo ..posto nel caos..si abbandoni appunto a Brahman..o Testimone..come unica Verità incontrovertibile..di fronte alla molteplicità delle verità particolari..che di fronte a Lui..sono solo illusioni...illusioni della mente..

testadiprazzo
17-08-06, 22:37
secondo Di Vona, è il concetto che l'essere sia in se stesso immanifestato: questo equivarrebbe a dire «che l'essere non può mai essere constatato e constatabile in nessuna esperienza possibile. Ora, che l'essere, quello che è notissimo ad ogni mente e che è più manifesto di ogni altra cosa, sia immanifestato nel suo principio, e per di più non sia nemmeno infinito, è un'affermazione ben strana e singolare».


Da quello che ho letto..rilevo molti errori..e nessuna confutazione della metafisica di Guenon..confutazione seria almeno..perchè gli appunti fatti..denotano una straordinaria ignoranza..se non dell'Ontologia Occidentale..almeno della Metafisica orientale..e il fatto che Guenon o chicchesia non conosca la Metafisica occidentale..non significa che non possa esporre quella orientale..che ha la non piccola qualità di essere realizzativa..il che non è poco essendo quella occidentale solo speculativa..
Il fatto poi che si reputi l'Essere finito..come un errore..significa solo che non si è capito il concetto di indefinito..che ho spiegato nei post precedenti..Poi l'Essere manifestato..è come il Brahman manifestato..saguna..
ovverosia illusione..in quanto se l'Essere entrasse nella manifestazione..si potrebbe uccidere..come si uccidono o distruggono i vari enti..o possibilità..soprattutto quelle individuali sottoposte allo spazio e al tempo..
In parole povere..qualcuno mi potrebbe uccidere..ma non potrebbe uccidere l'Essere a cui io partecipo..poichè l'Essere è unico..e non manifestato..e solo per illusione che pensiamo l'Essere suddiviso nei vari enti..perchè se l'Essere fosse manifestato e rimanesse Uno..uccidendo un ente..si potrebbe uccidere anche l'Essere..cosa assurda..e se l'Essere si potesse dividere..non sarebbe più Uno..ma avremo una molteplicità di esseri tutti uguali all'Essere..e se due cose sono uguali..sono la stessa cosa..
Ho fatto una semplice confutazione di quello che sembra essere il cavallo di battaglia delle critiche..ma sono critiche che non hanno capito la Metafisica orientale..e pretendono di capire Guenon..con quella occidentale..che per quanto possa avere spunti validi..non gli sviluppa appunto perchè manca della parte realizzativa ..che sola può validare quella speculativa.. e fissarla in una Tradizione come l'Advaita in India..
Poi ci sono vari errori..come reputare l'iniziazione degna di riserbo..mentre il riserbo riguarda il lavoro di scuola..che l'Iniziazione..se è tale..e non quella paccottaglia esoreristico magico spiritualista..è qualcosa che un Maestro..con i suoi inviati o Upaguru..cerca di spargere a piene mani nel mondo...
Insomma non è facile smontare la Metafisica Advaita..almeno con la filosofia occidentale..obiettivamente limitata in certe comprensioni..come appunto la distinzione tra Infinito e Indefinito..In India..ci sono non tanto confutazioni..ma punti di vista diversi..anche personali e trascendenti..punti di vista fatti appunto per venire incontro a chi la Dottrina nella sua purezza non la comprende..ma non per questo sono delle negazioni..come d'altronde la Metafisica non nega la Teologia..ma si pone da un punto di vista differente..perchè..pur essendo la Verità unica..sono infinite le forme in cui si manifesta..ma tutte portano a quel Principio
che è la ragione della nostra esistenza attuale e della nostra meta finale..

Ma tutto deriva dal concetto di Infinito..e della sua piena comprensione..e anche degli sviluppi che questa comprensione comporta..che se anche l'Occidente ha inciampato nella Verità..sicuramente si è rialzato e ha tirato dritto..mentre in Oriente..essendo pigri..:D ..sono inciampati e lì sono rimasti..
E se oggi qualcuno vuol capire qualcosa della Metafisica..è all'Oriente che deve rivolgersi..in qualche vero Maestro ..Osho per esempio..per quanto riguarda la parte tecnica e pratica..e Guenon..per quanto riguarda la legittimazione intellettuale..che è la trascrizione in termini per noi comprensibili..della metafisica realizzativa Advaita..sono la medesima cosa..vista in due aspetti differenti..

Baltik
17-08-06, 23:17
poichè l'Essere è unico..e non manifestato..e solo per illusione che pensiamo l'Essere suddiviso nei vari enti..perchè se l'Essere fosse manifestato e rimanesse Uno..uccidendo un ente..si potrebbe uccidere anche l'Essere..cosa assurda..e se l'Essere si potesse dividere..non sarebbe più Uno..ma avremo una molteplicità di esseri tutti uguali all'Essere..e se due cose sono uguali..sono la stessa cosa..

assolutamente opinabile ! hai espresso una sintassi dell'essere.

l'apparenza sorge ad opera dell'essere che si immette nella vicenda del mutevole apparire.

poichè l'unicità dell'essere, non confuta, ne limita alcuna molteciplità posta nell'esistenza
la molteplicità sta nell'emanazione e nella diversità dell'attuazione e della distinzione, nessuno di noi ha pensieri eguali ne in potenza ne in elasticità
ne in durata,solo in questo modo la molteplicità spogliando l'identità si riunifica all'unità.
senza molteplicità e identità non vi è l'essere- bràmhmana è anche apparizione-manifestazione kà in sanscrito apparire e manifestarsi nella luce ka-nti -indoeuropeo manifestazione di luminosità- indoaryo-latino kà - candor- kà-ndidus

di vona di rado erra .

saluti.

testadiprazzo
18-08-06, 00:41
poichè l'Essere è unico..e non manifestato..e solo per illusione che pensiamo l'Essere suddiviso nei vari enti..perchè se l'Essere fosse manifestato e rimanesse Uno..uccidendo un ente..si potrebbe uccidere anche l'Essere..cosa assurda..e se l'Essere si potesse dividere..non sarebbe più Uno..ma avremo una molteplicità di esseri tutti uguali all'Essere..e se due cose sono uguali..sono la stessa cosa..

assolutamente opinabile ! hai espresso una sintassi dell'essere.

l'apparenza sorge ad opera dell'essere che si immette nella vicenda del mutevole apparire.

poichè l'unicità dell'essere, non confuta, ne limita alcuna molteciplità posta nell'esistenza
la molteplicità sta nell'emanazione e nella diversità dell'attuazione e della distinzione, nessuno di noi ha pensieri eguali ne in potenza ne in elasticità
ne in durata,solo in questo modo la molteplicità spogliando l'identità si riunifica all'unità.
senza molteplicità e identità non vi è l'essere- bràmhmana è anche apparizione-manifestazione kà in sanscrito apparire e manifestarsi nella luce ka-nti -indoeuropeo manifestazione di luminosità- indoaryo-latino kà - candor- kà-ndidus

di vona di rado erra .

saluti.

Senti..la mia metafisica deriva dal concetto di Infinito o Brahman..e non c'è nessuna emanazione ..perchè qui non c'entra Plotino..ma siamo in ambito Advaita ..non duale..e l'Uno..rimane uno e non si suddivide per niente..perchè suddividendosi perderebbe l'unità..e l'Infinità..in quanto l'Infinito non si può suddividere in nessuna parte,,che altrimenti non sarebbe Infinito..anzi..possiamo dire che l'Unità appartiene all'Essere..mentre oltre l'unità c'è la zero metafisico che appartiene a Brahman..e mentre l'Essere è finito in quanto limitato dalla propria natura..e il Non Essere è limitato dall'Essere..solo ciò che va al di là d'entrambi è veramente l'Infinito Metafisico..senza qualificazioni.. nirguna..e..se si ha ben presente questo..si capisce anche che le qualificazioni non possono entrare in rapporto all'Infinito..cioè..non sono parti di Lui..anche l'Essere..prima qualificazione in rapporto all'Infinito è nullo..semplicemente non esiste..per questo il nirvana ..è estinzione anche dell'Essere..Essere e Infinito infatti rappresentano i due gradi dell'Illuminazione..e il primo l'Essere..serve da base per elevarsi al secondo..oltre l'Essere..ed è questo lo stato finale di moksha o Liberazione..
Quello che dici sono solo considerazioni che difettano di logica..molto occidentali..come dire che l'unicità dell'Essere non confuta la molteplicità...senza comprendere che il molteplice per non confutare la molteplicità..dovrebbe essere un'illusione o sogno..perchè l'unità metafisica non si può dividere per principio..e non si può riunire all'unità spogliandosi dell'identità..perchè solo illusoriamente si era moltiplicata nella manifestazione..solo in un processo di emanazione..che non ha niente a che vedere con la metafisica Advaita..si può postulare questo..
ma l'Infinito non emana da se..semplicemente manifesta tutte le possibilità..appunto perchè Infinito..e queste possibilità..per Lui non esistono..perchè nulla si può opporre a Lui..e allora l'analogia con lo stato di sogno..ci fa intendere quale valore dare all'uno che sognando si identifica nei molti..pur rimaendo sempre uno o Infinito..
Quindi..la molteplicità non viene negata.. semplicemente è considerata analogicamente come un sogno rispetto all'Unità..che non è minimamente toccata da ciò..
Cerca d'entare in quest'ordine d'idee..e tutte le difficoltà si risolvono..perchè l'Infinito da cui si origina tutto..per logica..non può diventare finito per dispiegarsi o emanare nella manifestazione..in quanto non sarebbe più Infinito..in quanto si qualificherebbe..e..solo con giri di parole completamente arbitrari..tornerebbe di nuovo Infinito..come l'Essere che si immette nella vicenda del mutevole apparire..quando in realtà non si immette da nessuna parte..ma sono gli enti..che risplendono della sua luce..e Lui non ne è toccato..come una lampada rischiara gli oggetti..ma la lampada rimane una..e non è toccata dagli oggetti che illumina..
Senti..la filosofia..quando si distacca dai principi..diventa il regno dell'opinabile..e della fiera delle concezioni..solo partendo dall'Infinito..e sviluppando logicamente questo concetto..ci appaiono mentalmente..quelle che sono le realizzazione della ricerca interiore dei Saggi o Guru...che illosoriamente separati dall'Infinito..tramite la sadhana..si sono a Lui ricongiunti..perchè in realtà ne erano stati separati solo in modo illusorio..

Se vuoi criticare qualcosa..fallo col concetto di Infinito..perchè è da Lui..che tutto deduce..e se qualche errore c'è.. è solo della nostra comprensione limitata..ed è solo non comprendendo appieno questo concetto e i suoi sviluppi logici..che si originano le polemiche e gli errori..
Tra l'altro..questo concetto è un ottimo supporto di meditazione..perchè annulla il pensiero..giunto ai suoi estremi confini..
Quindi..concentrati su questo pensiero..l'Infinito..e non l'indefinito..e poi riscrivimi..che durando così..non ne veniamo a capo..perchè tutto..deve partire dall'inizio..

stuart mill
18-08-06, 01:20
Senti..la mia metafisica deriva dal concetto di Infinito o Brahman..e non c'è nessuna emanazione ..perchè qui non c'entra Plotino..ma siamo in ambito Advaita ..non duale..e l'Uno..rimane uno e non si suddivide per niente..perchè suddividendosi perderebbe l'unità..e l'Infinità..in quanto l'Infinito non si può suddividere in nessuna parte,,che altrimenti non sarebbe Infinito..anzi..possiamo dire che l'Unità appartiene all'Essere..mentre oltre l'unità c'è la zero metafisico che appartiene a Brahman..e mentre l'Essere è finito in quanto limitato dalla propria natura..e il Non Essere è limitato dall'Essere..solo ciò che va al di là d'entrambi è veramente l'Infinito Metafisico..senza qualificazioni.. nirguna..e..se si ha ben presente questo..si capisce anche che le qualificazioni non possono entrare in rapporto all'Infinito..cioè..non sono parti di Lui..-----------------


vero! del resto, sopra il brahman saguna (con attributi) e sopra l'isvara (Dio persona), abbiamo il bramhan nirguna (senza attributi), cioè senza divisioni, distinzioni etc
è questo, il terreno della metafisica

Baltik
18-08-06, 03:18
ma guarda mi rispiego, non comprendo assolutamente come possa esser intersecata ed inglobata nel discorso una dualità da me mai espressa. dato che l'àpeiron è illimitato senza inizio,ne fine,ne attributi,anassimandro masco aurelio eraclito pitagora "docet "e molto prima di altri pseudo-geni ( e che mi sembra invece esser prerogativa strettamente guènomiana e medioorientale altro che occidentale) ho solo affermato che con l'emanazione manifestazione si vivifica anche la molteplicità di colui che contiene (l'uomo-il contenitore)

upanisad manovàc quindicesimo mantra (latino carmen) designazione dell'assoluto
possa la mia parola esser fermamente stabilita nella mia mente
possa la mia mente esser fermamente stabilita nella mia parola
o tu che sei il manifesto a te stesso, renditi manifesto a me

(e sfido chiunque ad omettere o contestare ciò che nei veda è scritto non una, ma centinaia di volte)



la moltiplicità degli esseri dello spirito stanno per criterio di ordinamento ai tanti centri che si unificano in un unico centro apparendo al contempo numerosi per via proprio delle continue emanazioni, " uno in molti e molti in uno(che il kosmos emani e scientificamente provato) servendo al contempo anche da "rappresentazione" di intellegibilità ai nostri sensi (in caso contrario mancherebbe ogni specifica definizione compresa quella di metafisica)


giocoforza la dissoluzione dell'essere nell'intellettualità del pensiero ha
risolto l'essere nella presenza oggettiva,ossia nella semplice presenza ad un soggetto conoscente,nella forma oggettiva finita di un'intelletto,ma l'oggetto rimane pur sempre proiezione,per cui l'essere viene risolto nelle forme proprie per la e alla proiezione, la stessa semantica traduzione di idea significa dischiudere la visione della cosa,ciò che ha il potere di splendere per se,di rendersi visibile a noi,pur con tutta la fugace finitezza,o se preferisci chiamarla "sogno"

quindi il sacro che è lo spazio essenziale della divinità giunge ad apparire solo
se l'essere stesso viene a diradarsi ed è esperito della sua verità (senso di veglia al di la del sogno)

(sempre per inciso -ermeneutica deriva dal greco hermeneùs sostantivo di hermès e non da qualche altra parte

per il buddhismo vero non ci dilunghiamo oltre, hanno assai poca simpatia per guènon ti assicuro !

saluti.

Baltik
18-08-06, 12:40
bhùmir apo nalo vàyuh khhm (rig veda)

terra acqua fuoco aria etere (filolao - scuola pitagora)

ahàm sarvasya prabhavo mattah sarvam pravartate" sono la sorgente di tutti i mondi materiali e spirituali tutto emana da me bhagavad gita 10.8

tanto per chiarificare omissioni ad usum delphini

saluti.

testadiprazzo
18-08-06, 15:38
ma guarda mi rispiego, non comprendo assolutamente come possa esser intersecata ed inglobata nel discorso una dualità da me mai espressa. dato che l'àpeiron è illimitato senza inizio,ne fine,ne attributi,anassimandro masco aurelio eraclito pitagora "docet "e molto prima di altri pseudo-geni ( e che mi sembra invece esser prerogativa strettamente guènomiana e medioorientale altro che occidentale) ho solo affermato che con l'emanazione manifestazione si vivifica anche la molteplicità di colui che contiene (l'uomo-il contenitore)

upanisad manovàc quindicesimo mantra (latino carmen) designazione dell'assoluto
possa la mia parola esser fermamente stabilita nella mia mente
possa la mia mente esser fermamente stabilita nella mia parola
o tu che sei il manifesto a te stesso, renditi manifesto a me

(e sfido chiunque ad omettere o contestare ciò che nei veda è scritto non una, ma centinaia di volte)



la moltiplicità degli esseri dello spirito stanno per criterio di ordinamento ai tanti centri che si unificano in un unico centro apparendo al contempo numerosi per via proprio delle continue emanazioni, " uno in molti e molti in uno(che il kosmos emani e scientificamente provato) servendo al contempo anche da "rappresentazione" di intellegibilità ai nostri sensi (in caso contrario mancherebbe ogni specifica definizione compresa quella di metafisica)


giocoforza la dissoluzione dell'essere nell'intellettualità del pensiero ha
risolto l'essere nella presenza oggettiva,ossia nella semplice presenza ad un soggetto conoscente,nella forma oggettiva finita di un'intelletto,ma l'oggetto rimane pur sempre proiezione,per cui l'essere viene risolto nelle forme proprie per la e alla proiezione, la stessa semantica traduzione di idea significa dischiudere la visione della cosa,ciò che ha il potere di splendere per se,di rendersi visibile a noi,pur con tutta la fugace finitezza,o se preferisci chiamarla "sogno"

quindi il sacro che è lo spazio essenziale della divinità giunge ad apparire solo
se l'essere stesso viene a diradarsi ed è esperito della sua verità (senso di veglia al di la del sogno)

(sempre per inciso -ermeneutica deriva dal greco hermeneùs sostantivo di hermès e non da qualche altra parte

per il buddhismo vero non ci dilunghiamo oltre, hanno assai poca simpatia per guènon ti assicuro !

saluti.

Non ho assolutamente capito cosa contesti alla Metafisica di Guenon..tranne che lui non conosce l'Ontologia greca..che..per esporre la Metafisica di Shankara è del tutto irrilevante..
Se hai da fare qualche critica fondata nel merito..bene..ma se invece esprimi teorie e concezioni difficilmente comprensibili visto il linguaggio astruso che usi..ti avverto che la pratica dei koan zen..attualmente non mi interessa..e..se proprio mi devo profondare in qualcosa..lo faccio in testi la cui comprensione non è proibitiva a chi ancora crede che il linguaggio possa ancora esprimere ..se pur in modo incompleto..la Verità..o qualcosa di simile..


se l'ipotiposi del sentimento personale, prostergando i prolegomeni della mia subcoscienza, fosse capace di reintegrare il proprio subiettivismo alla genesi delle concomitanze, allora io rappresenterei l'autofrasi della sintomatica contemporanea che non sarebbe altro che la trasmificazione esoplomaniaca..

Ecco..questo è grossomodo l'effetto che fanno i tuoi discorsi..:confused:

Devi avere pazienza..ma se quello che vuoi comunicare è importante e verace..dovrai usare un linguaggio adatto anche per gli esseri umani..in fin dei conti..il cercare di farsi capire..per chi parla..è quasi importante come avere capito..quello che si vuole dire..:D :D :D :D

Baltik
18-08-06, 16:11
uhmm!!!, risponderò in modo assai comprensibile
1 gùenon non solo non ha mai compreso la reale ontologia della tradizione greco-romana e indoeuropea
ma si è prodigato (volontariamente o non volontariamente) al solo fine di non promulgarla (se a te ciò non interessa è comprensibile contrariamente io lo reputo un punto fondamentale.)
perchè è qui che sono nato,perchè conosco il reale senso tradizionale dei miei avi,perche sono stanco di sentire
inesistenti superiorità cognitive tradizionali visto che noi siamo i reali discendenti di quelle tradizioni e non altri, e visto che non mi sembra che oggi paesi come la "cina" siano tanto differenti dallo sbandierato tramonto occidentale, anzi lo precedono bellamente di gran passo.


2 a proposito di emanazioni,: agarthà non esiste in alcuna dottrina bhuddista e induista al contrario di shambhala:, vedi Marco Baistrocchi “Agarttha: una manipolazione guénoniana? (per supporto vedesi godwin,tilak,e sri govindananda bhasati)

3 si riconosca l'enorme influenza della prima blavatsky su guènon,che seppur disprezzata "in molti casi insegnava esattamente le medesime cose (non a caso cito guènon-atlantis et region hyperborièenne 1929) (i patentini d'iniziazione a volte sono assai strambi)

4 quando il tradizionalista plasma la tradizione a suo abuso. essa non è più
tradere, è qualcosa di assai più vago e disarmonizzante diciamo storicamente
globalizzante con a capo guarda caso un'unica via,che non è certo quella tracciata dall'induismo..e dal ritum

so che ciò è irrilevante per una visione metafisica,ma io in questo momento
agisco in un piano storico, ed è ad esso che mi rivolgo esigendo per continuità mai "venuta meno" .la mia "rappresentazione" di intellegibilità che è la medesima tramandata dalla mia gente .

saluti.

testadiprazzo
18-08-06, 17:49
uhmm!!!, risponderò in modo assai comprensibile
1 gùenon non solo non ha mai compreso la reale ontologia della tradizione greco-romana e indoeuropea
ma si è prodigato (volontariamente o non volontariamente) al solo fine di non promulgarla (se a te ciò non interessa è comprensibile,contrariamente io lo reputo un punto fondamentale.)

2 a proposito di emanazioni,: agarthà non esiste in alcuna dottrina bhuddista e induista al contrario di shambhala:, vedi Marco Baistrocchi “Agarttha: una manipolazione guénoniana? (per supporto vedesi godwin,tilak,e sri govindananda bhasati)

3 si riconosca l'enorme influenza della prima blavatsky su guènon,che seppur disprezzata "in molti casi insegnava esattamente le medesime cose (non a caso cito guènon-atlantis et region hyperborièenne 1929) (i patentini d'iniziazione a volte sono assai strambi)

4 quando il tradizionalista plasma la tradizione a suo abuso. essa non è più
tradere, è qualcosa di assai più vago e disarmonizzante diciamo storicamente
globalizzante con a capo guarda caso un'unica via,che non è certo quella tracciata dall'induismo..

saluti.

Sono contento..che finalmente riesco a capire quello che dici..:-0003p
ma riguardo alla divulgazione dell'ontologia greco romana..non vedo perchè Guenon si sarebbe dovuto preoccupare..in quanto lui accetta il principio che vede la teoria al servizio della pratica.. in quanto tutta la filosofia è funzionale alla Conoscenza di Brahman..e..solo la Teologia in Occidente vede la fiosofia al servizio di qualcosa che non sia l'amore per il sapere..che ..staccato dal quel Principio che solo lo rende possibile..si perde nei labirinti del pensiero speculativo..e alla fine non conosce un bel nulla..perchè ..la Conoscenza..in ultima analisi è sempre un atto immediato e mai mediato dal pensiero..che può solamente concettualizzarlo..
Si narra che quando Pitagora andò in Egitto..volle conoscere i segreti dei sacerdoti ..ma alla loro richiesta di digiunare..Pitagora rispose che era solo interessato alla teoria..allorchè loro..risposero che se non avesse digiunato..non avrebbe conosciuto nulla..perchè certe conoscenze..si possono avere solo mutando la natura di noi stessi..si sottopose al digiuno..e capì quello che sarebbe stato per lui..prima..incomprensibile..
Questo significa che il pensiero è secondario rispetto all'Essere..e che la Metafisica Realizzativa..è superiore alla metafisica speculativa..e che la seconda è solo un aiuto..a ciò che è veramente importante..che sarebbe la Conoscenza di Brahman..Conoscenza che è un'Identificazione..e non una semplice esposizione o conoscenza intellettuale..
La metafisica occidentale..viene usata volta a volta per legittimare cose che di metafisico non hanno nulla..come la Teologia..la politica..la scienza..la rivoluzione..etc..ma mai..per ottenere la Moksa..o Liberazione..o Samadhi..che sono concetti in Occidente sconosciuti..aimè..
Guenon è semplicemente un iniziato..e non ci interessa a quale grado..che ha tradotto il pensiero Advaita..in linguaggio filosofico comprensibile per noi occidentali..e che ha rinvenuto i fondamenti di questo pensiero..anche presso altre Forme..come il Taoismo..lo Zen..il Sufismo..la Massoneria..etc..e..in questo caso..sottoponendo la sua esposizione..a una ricerca storico simbolica..può essere incorso in errori..dovuti sempre a chi getta gli occhi sul particolare e non sull'Universale..ed è appunto in questa ricerca di miti e simboli..abbandonata la Metafisica Pura..che sarebbe appunto la scienza di Brahman ..si getta in considerazioni non sempre condivisibili..o che si prestano a molteplici interpretazioni...anche simboliche..ed il guaio..è che proprio a queste considerazioni che i guenoniani sono attaccati..cioè..a quello che vi è di più storico e opinabile..mentre in genere viene trascurata la Metafisica ..che poi sarebbe la cosa più importante..
Riguardo alla Blavasky..in "Errore dello Spiritismo"..Guenon..ne dice giustamente peste e corna..e fa bene..e dimostra di conoscere bene il significato del termine Iniziazione..che la Blavasky..ignora ..
E poi..Guenon non è un indù..usa semplicemente questa forma..per esprimere delle verità metastoriche o metafisiche..fa una specie di sintesi tra le varie Forme..prendendo a prestito vari termini per simboleggiare la medesima cosa..ed è la cosa che dicono i Maestri Advaita essere la più importante..che sarebbe la Conoscenza di Brahman..naturalmente l'induismo è anche tutt'altro..ma a Guenon interessava la parte superiore o iniziatica..non quella teologica..
Ripeto..Guenon è una brutta bestia..e una critica può essere fatta solo scindendo da lui ciò che è Metafisica..da ciò che è storia..simbologia..ed exoterismo..le parti cioè più materiali..delle sue considerazioni..insomma le meno Principiali..e quelle maggiormente soggette ad errori..per via della loro natura non Essenziale..
Ma per quanto riguarda la Metafisica..che poi sarebbe il punto di vista Principiale più alto..l'unica possibilità di critica..è negare il valore del pensiero..e della logica..e chiudersi in una fede irrazionale..che poi..è quello che fa la maggior parte della gente..per questo gli iniziati sono così pochi..:eek:

testadiprazzo
18-08-06, 17:59
vero! del resto, sopra il brahman saguna (con attributi) e sopra l'isvara (Dio persona), abbiamo il bramhan nirguna (senza attributi), cioè senza divisioni, distinzioni etc
è questo, il terreno della metafisica

L'importante per noi è l'Essere..che chiamato anche Consapevolezza o Ricordo di Se..deve essere il Centro Magnetico della nostra vita..
Naturalmente l'Essere inteso come Percezione del Proprio Esistere..e non come Iswara..o Personalità Trascendente..:D
Se riuscissimo ad essere consapevoli 24 ore al giorno..il grado dell'Essere sarebbe nostro..e la nostra mente non sarebbe più trascinata nella manifestazione..e saremmo pronti ad affrontare il Brahman ..Supremo..
Ma perderemmo noi stessi..e per farlo..dovremo avere ben superato tutti gli attaccamenti..ma..c'è tempo..:D :i

Baltik
18-08-06, 18:18
non a caso Brahman ha decodificato tramite le "consonanti" indoeuropee l'apertura dell'emisfero cerebrale sinistro,per cui anche e sopratutto la particolarità del tutto ci è geneticamente congeniale.

non a caso scrivendo da sinistra vestro destra i due emisferi entrano in contatto osmosizzandosi (non si può sfuggire alla propria natura.)
per chi percorre la via degli avi va oltremodo bene

ps il pitagorismo ha poco e nulla a che vedere con l'egitto e molto con la schola italica (e qui ti parla lo storico, con tanto di documentazione assai vasta e reperibile)

saluti..