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vandeano2005
30-08-06, 13:13
USA 2006: il GOP cresce nei sondaggi


Si riduce, fino a quasi scomparire, il vantaggio dei Democratici nell'ultimo sondaggio Gallup/USA Today in vista delle elezioni di mid-term per il rinnovo del Congresso. Il GOP, che alla fine di giugno era dietro di 16 punti percentuali (38% contro 54%), adesso è staccato di soli 2 punti (45% contro 47%, che diventa 48%-48% contando solo i regular voters). Si tratta del peggior risultato per i Democratici in tutto il 2006. Contemporaneamente è cresciuto anche il job approval del presidente Bush, che negli ultimi dieci giorni è passato dal 37% al 42%. Secondo USA Today, la crescita dei Repubblicani (e di Bush) è una conseguenza diretta del piano terroristico sventato nei giorni scorsi in Gran Bretagna. Ma il dato si può interpretare anche in maniera diversa. Secondo Rasmussen Reports, per esempio, che fotografa il job approval di Bush al 43% e i Repubblicani in crescita (anche se il dato sul Congresso è consultabile solo dagli utenti abbonati), il calo dei Democratici è iniziato dopo la sconfitta alle primarie del Connecticut di Joe Lieberman contro Ned Lamont. Qualunque sia la spiegazione più vicina alla realtà, oggi le speranze democratiche di riconquistare almeno uno dei due rami del Congresso alle elezioni di novembre sembrano molto più flebili di quanto non fossero appena qualche settimana fa.

Nicki (POL)
30-08-06, 14:36
Come on!

Dark Knight
30-08-06, 16:44
olèèèèèèèèèèèèèèèèè

unknow (POL)
31-08-06, 13:28
Per quanto sono quasi sicuro di una vittoria repubblicana, non tanto per meriti propri ma per la debolezza degli avversari , vorrei ricorordare che qualche tempo addietro sondaggi ed exit pool davano Kerry in vantaggio...

vandeano2005
31-08-06, 13:40
Per quanto sono quasi sicuro di una vittoria repubblicana, non tanto per meriti propri ma per la debolezza degli avversari , vorrei ricorordare che qualche tempo addietro sondaggi ed exit pool davano Kerry in vantaggio...


Caro amico, io sono per natura ultraprudente.
Come direbbe il mitico Trapattoni: "Non dire gato, se non l'hai nel sacco".
Lo ero anche nella mitica giornata del novembre 2004, quando dall'amato Texas aspettavano i risultati delle presidenziali......Dopo l'esplosione di gioia e una festa texana al oltranza:K :K

Una nota, però, devo fartela: è facile il giochino: quando vince l'avversario è perché siamo deboli. O forse perché sono forti gli altri.
Un po' di umiltà non guasterebbe:-01#44

unknow (POL)
31-08-06, 14:18
Una nota, però, devo fartela: è facile il giochino: quando vince l'avversario è perché siamo deboli. O forse perché sono forti gli altri.
Un po' di umiltà non guasterebbe:-01#44

Beh di solito se un partito è debole, logicamente gli avversari sono.... forti
Detto questo è indubbio che i dem non abbiano saputo aprofittare appieno dei (molti) errori del presidente. Col risultato che la popolarità di Bush è bassina ma nonostante questo, molto probabilmente, il GOP vincerà le elezioni di medio termine.


p.s I democratici non vincono le elezioni di medio termine dai tempi del primo Clinton,non trovi che questo sia un sintomo di crisi?

FalcoConservatore
01-09-06, 15:18
Bene :)

Andrea I Nemesi (POL)
01-09-06, 19:48
Una buona notizia, finalmente! Forza Elefanti!

Alvise
05-09-06, 12:22
Sinceramente non riesco proprio a comprendere tutto questo trasporto per una parte o per l'altra...

*-RUDY-*
10-09-06, 09:24
parlo della e dalla California..
io vedo Swarzy un po' in affanno, e la campagna elettorale è basata solo sulla paura delle tasse che i democratici si dice vorrebbero mettere.. certo che il candidato democratico mi sembra come il john kerry della situazione..

vandeano2005
03-10-06, 17:52
parlo della e dalla California..
io vedo Swarzy un po' in affanno, e la campagna elettorale è basata solo sulla paura delle tasse che i democratici si dice vorrebbero mettere.. certo che il candidato democratico mi sembra come il john kerry della situazione..

Ti capisco anche a me non piacciono le campagne elettorali basate solo su temi economici. Cmq intanto Terminator deve rivincere. Il suo problema è uno solo ed è sua molgie: i Kennedy sono sempre insopportabili (so di bestemmiare, ma se si sepraresse, ne gioverebbe la sua carriera politica)..

Rudy una divagazione: ti capita di vedere qualche star, magari liberal. Oppure la sfortuna ce l'ho solo io, che me le trovo anche in Texas:D :D

L'ho sempre detto: tutte le donne fuorché attrici e popstars: E invece....

vandeano2005
05-10-06, 00:42
Usa 2006: mid-term elections

Camera

● Malgrado lo scandalo che ha travolto Mark Foley, i Repubblicani non hanno perso ogni speranza nel 16° collegio della Florida. ● Il deputato repubblicano uscente Christopher Shays ha 4 punti percentuali di vantaggio sulla sfidante democratica Dianne Farrel nel 4° collegio del Connecticut. ● Perfetta parità nel 1° collegio del New Mexico. ● Repubblicani in vantaggio di 6 punti nel 3° collegio del Kentucky.

Secondo Election Projection, i Repubblicani sono ancora in grado di mantenere - per un soffio - il controllo della Camera. Secondo Majority Watch, i Democratici sarebbero un paio di seggi sopra la fatidica soglia dei 219.

Senato

● Il democratico Harold Ford ha un solo punto di vantaggio sul repubblicano Bob Corker in Tennessee. ● Partita chiusa in California, a favore dei Democratici: la Feinstein è avanti di quasi 30 punti. ● Kathleen Harris (R) a -18 in Florida. ● Repubblicani in grande difficoltà anche in Montana, dove il senatore uscente Conrad Burns non riesce a rimontare nei confronti dello sfidante Jon Tester e resta a -7. ● Il repubblicano George Allen aumenta il suo vantaggio in Virginia (James Webb a -6). ● Incandescente sfida in Rhode Island, dove il democratico Sheldon Whitehouse ha un solo punto di vantaggio sul repubblicano (per modo di dire) Lincoln Chafee. ● Testa a testa anche in New Jersey tra Bob Menendez (D) e Tom Keane (R). ● Parità anche in Missouri tra il repubblicano uscente Jim Talent e la sfidante democratica Claire McCaskill.

Election Projection continua a prevedere 52 seggi per il GOP (che manterrebbe, così, il controllo del Senato). Rasmussen Reports, invece, vede un 49-49 con Montana e New Jersey in bilico.

Governatori

● Democratici irraggiungibili in Tennessee, con quasi 40 punti di vantaggio. ● Brutte notizie per i Repubblicani anche dall'Arkansas. ● Schwarzenegger continua a dominare la sfida per la California. ● Soltanto 4 punti di vantaggio per i Democratici in Maryland: la partita è ancora aperta. ● Il repubblicano Don Carcieri avanti di 16 punti in Rhode Island. ● Cinque punti di vantaggio per i Democratici in Oregon.


Secondo Election Projection, i Democratici dovrebbero strappare almeno 6 poltrone di governatore ai Repubblicani.

Christine
05-10-06, 00:49
● Democratici irraggiungibili in Tennessee, con quasi 40 punti di vantaggio.

Edit: Scusi, pensavo che parlava del Senato.

vandeano2005
17-10-06, 13:51
Scary Movie


David Zucher è il regista e produttore di alcuni capolavori dell'umorismo demenziale come Airplane (L'aereo più pazzo del mondo), The Naked Gun (Una pallottola spuntata), BASEketball (interpretato dai creatori di South Park, Trey Parker e Matt Stone), il terzo e quarto capitolo della serie Scary Movie. Democratico per tradizione familiare, come gran parte della comunità ebraica americana, nel 2004 Zucker ha sorpreso tutta Hollywood con il suo endorsement pubblico a favore di George W. Bush, arrivando addirittura a girare un esilarante spot anti-Kerry per il think-tank liberista The Club for Growth, in cui il candidato democratico veniva preso in giro per i suoi continui ed imbarazzanti flip-flop.

Oggi, alla vigilia delle elezioni di mid-term di novembre, Zucker ha girato un altro spot a favore del partito repubblicano - anzi, più precisamente contro l'atteggiamento troppo morbido del partito democratico nei confronti delle dittature - in cui un'attrice che interpreta il ruolo del segretario di stato dell'amministrazione Clinton, Madeleine Albright, è filmata mentre cerca in ogni modo di soddisfare le assurde pretese di dittatori come il nordcoreano Kim Jong Il e terroristi come Osama bin Laden (a cui la Albright dipinge le pareti della caverna). Il video, estremamente divertente, è stato considerato "too hot" dagli strateghi repubblicani e non verrà dunque trasmesso sui canali televisivi tradizionali. Grazie al Drudge Report, però, abbiamo la possibilità di vederlo su Internet, dove sta letteralmente facendo impazzire la blogosfera di destra.

UPDATE. Secondo il Jewish Journal (via The Club for Growth), Zucker sta girando un altro spot pro-GOP, questa volta sul tema delle tasse.

vandeano2005
23-10-06, 00:10
“Forza Elefantino!!!”
L’incredibile è che a tifare GOP sia pure Hilary Clinton

Le elezioni di mid-term si avvicinano e lo scontro fra i due maggiori partiti USA si fa accesissimo. I Democratici vogliono riconquistare il controllo del Congresso dopo un lungo periodo di dominio repubblicano. E per far ciò non lesinano colpi bassi: lo sfruttamento dei vari fronti, soprattutto di quello iracheno, della guerra internazionale al Terrore islamista; alcuni scandali sessuali che hanno colpito qualche esponente del GOP ecc….Proprio a proposito di questi ultimi, sembra che già circoli una lista che gli esponenti liberals farebbero circolare presso la Destra religiosa con l’elenco dei politici gay appartenenti al GOP. Lo scopo è ovvio: far momentaneamente scollare la Destra etico-religiosa dal GOP e riprendersi il controllo di Capitol Hill. A parte il fatto che questo espediente potrebbe servire proprio alla Destra etica del GOP per “far pulizia” e per ipotecare un ancor maggior controllo sul partito in futuro, senza per questo abbandonare l’appoggio elettorale al GOP… Siamo sicuri che tutto questo giovi al partito dell’Asinello?
In altre parole, se gli scandali a carattere etico – di cui non sono immuni neppure i liberals, ma dei quali non parlano i media compiacenti – costituissero, molto più della guerra irachena, la clavis per riconquistare il Congresso, veramente rafforzerebbero il futuro candidato liberal alle presidenziali del 2008?


Qui entra in gioco Hilary Clinton.:-01#44

Una premessa ci sia concessa, però: da sempre reputiamo un simpaticone Bill Clinton, ma assolutamente negato per la politica tanto che i suoi due mandati alla casa Bianca sono stati un disastro sotto tutti i punti di vista e moltissimo sono costati agli USA e la mondo.

Vera stoffa politica ha, invece, Hilary, “l’uomo di casa”: non condividiamo neanche una virgola del suo programma politico, ma ne stimiamo la decisionalità, la forza e la coerenza.


Ebbene, Hilary da sempre punta alla casa Bianca, ma vuole entrarci in modo netto, oseremmo dire trionfale, non in maniera rocambolesca o già azzoppata in partenza. Le presidenziali 2008 sono il momento giusto, sia perché nel partito Democratico cominciano da emergere politici più giovani, sia perché può ancora contare sulla simpatia che presso un certo elettorato instilla ancora il marito – simpatia che va calando, ma purtuttavia resiste-.


E allora perché Hilary dovrebbe volere la vittoria del GOP alle prossime elezioni di mid-term?


Perché i Democratici non sono proprio una famiglia felice: sono dilaniati da scontri intestini tremendi e continui di cui costituisce un caso eclatante la bocciatura Lieberman in Connecticut. Ma a livello locale certi fenomeni sono destinati a moltiplicarsi, soprattutto fra l’area ultraliberal e quella dei cosidetti Theo-Lib, sia “puri” sia di osservanza “obamiana” (Da Barak Obama, presunto enfant prodige della politica USA, sul quale ci sentiamo di ripetere il virgiliano Timeo Danaos et dona ferentes. Ma ritorneremo su costui in futuro proprio sulle pagine di questo blog). Se le ragioni etiche fossero risolutive per la vittoria del prossimo 7 novembre, i Theo Lib, già adesso sul piede di guerra, pretenderebbero dal candidato presidente forti garanzie su aborto, omosessualismo, senza contare quelle in politica economica e in politca estera ecc…Richieste inaccettabili per l’area ultraliberal.


E così il povero vincitore delle primarie – ossia quasi certamente Hilary – si troverebbe e mediare tra due posizioni assai poco conciliabili.:i
Se, invece, il GOP vincesse –come noi speriamo per il bene degli USA e del mondo –, Hilary avrebbe mano libera per un programma sì, più spostato al centro su alcuni temi, ma non fino al livello Theo-Lib, in modo da non dispiacere più di tanto alle lobbies liberals che finanziano l’Asinello e così tamponare, per quanto possibile, la catena di “casi-Lieberman” che, invece, si verificherebbero nell’eventualità di vittoria democratica alle elezioni di mid-term.

Non è un caso, infatti, che proprio all’indomani dello scoppio dello scandalo sessuale del deputato gop della Florida sia riemersa e subito erroneamente derubricata dai media a semplice gossip l’ennesima avventura – o meglio tentata avventura – del marito Bill, quasi Hilary mandasse a dire all’elettorato ancora indeciso, ma dal forte sentire etico: “Se l’Elefante piange, l’Asinello non sorride”.

Pertanto, fermo restando che tutto in definitiva è nelle mani di Dio e alla sua somma e giusta Volontà noi ci rimettiamo sempre, la cosa migliore per tutti è che le prossime elezioni non vedano il sorpasso dei Democratici sul GOP: a Bush per portare a termine i due ottimi mandati che lo hanno visto protagonista e impostare le strategie per vincere nel 2008 e far diventare gli USA, e il mondo con loro, più sicuri, liberi e prosperi; ma anche al candidato democratico in pectore Hilary Clinton per riprendere in mano le redini del partito, una piena leadership, che è il miglior biglietto da visita per uno scontro epico nel 2008.

Perché da conservatori e tradizionalisti quali siamo fino alle midolla, battere una Hilary Clinton nel pieno della sua forza politica è un conto, batterla quando si presenta politicamente zoppa è un altro……e il piacere per la vittoria sarebbe molto inferiore.:D

Un’ultima cosa tanto per sgonfiare la grancassa della stampa provincialmente progressista di casa nostra:fru :fru : se il GOP perdesse il controllo del Congresso non è detto che Bush non potrebbe proseguire, pure con l’appoggio dei Theo Lib democratici (sono conosciute da tutti le visite di Obama a Bush e la loro sintonia su alcune questioni) alcune importanti riforme o, al massimo, “riposarsi”, visto che ormai nella Storia c’è già entrato.

Quindi, oltre ad impegnarsi sul campo fino alle ultime ore, con il collaudato e sempre più sofisticato sistema di micro-targeting, tifiamo Elefantino. Ma l’eccezionalità della situazione è che tifa GOP anche Hilary Clinton.


Auguri alla coriacea Hilary per il suo seggio di senatore e al GOP perché mantenga le chiavi del Palazzo!!!!!!!:K


Tratto dal nostro blog controrivoluzionario in italiano: http://vandeano2005.splinder.com/tag/god_bless_america

vandeano2005
28-10-06, 13:07
Senato: i bookmaker scommettono sul GOP


In tre dei quattro stati che ormai si avviano a diventare i toss-up decisivi per il controllo del Senato nelle prossime elezioni di mid-term, il mercato virtuale di InTrade sembra concedere al partito repubblicano un'apertura di credito maggiore di quella della maggior parte di analisti e sondaggisti. Per mantenere il controllo, il GOP deve vincere in almeno due di questi quattro stati: Virginia, Missouri, Tennessee e New Jersey (sempre che non si voglia confidare nelle possibilità di rimonta di Conrad Burns in Montana). Ebbene, secondo i movimenti di mercato su InTrade, a parte il New Jersey - in cui il candidato democratico uscente Robert Menendez sembra comunque in grado di reggere il colpo (malgrado gli scandali che hanno travolto il suo partito nel Garden State) - i Repubblicani sono al di sopra della soglia del 50% delle probabilità di vittoria: abbondantemente in Virginia con George Allen (70%); discretamente in Tennessee con Bob Corker (61%) e Missouri con Jim Talent (59%). E il trend degli ultimi giorni è nettamente favorevole al partito repubblicano. E' interessante notare come, nella media dei sondaggi di Real Clear Politics, il GOP sia invece dietro al partito democratico in tre stati su quattro: -5,7% in New Jersey; -1,4% in Missouri; -0,8% in Tennessee. Chi avrà ragione, i sondaggisti o chi scommette il proprio denaro sull'esito finale delle elezioni?

vandeano2005
28-10-06, 13:32
Senato USA: viaggio
negli Stati-chiave



Virginia


Media RCP: Allen (R) 47,3% - Webb (D) 46,0%
Bid Intrade: Allen (R) 65,3 - Webb (D) 34,0




Missouri

Media RCP: Talent (R) 46,0% - McCaskill (D) 45,0%
Bid Intrade: Talent (R) 55,0 - McCaskill (D) 36,0


Dopo che, a fine settembre e inizio ottobre, quasi tutti i sondaggisti davano costantemente in testa il candidato democratico Claire McCaskill, verso la metà del mese il trend si è invertito abbastanza bruscamente. Negli ultimi sondaggi, la McCaskill è vista davanti solo da Mason-Dixon (+3%), mentre il senatore uscente repubblicano, Jim Talent, è dato in vantaggio da Rasmussen (+1%), Los Angeles Times/Bloomberg (+3%) e SurveyUSA (+3%). Il cambio del vento è stato percepito anche dagli scommettitori di Intrade, visto che dal 16 ottobre Talent è costantemente al di sopra della soglia del 50% di probabilità di vittoria, anche se con oscillazioni a volte vistose. La nostra previsione, anche in questo caso, è orientata verso una vittoria di misura del candidato repubblicano (anche perché il suo avversario non ha il carisma di altri sfidanti democratici, come Webb in Virginia o Ford in Tennessee), ma si tratterà in ogni caso di una battaglia all'ultimo voto, in cui conterà moltissimo la capacità di mobilitazione del GOP nelle ultime 72 ore.


New Jersey

Media RCP: Kean (R) 41,4% - Menendez (D) 46,2%
Bid Intrade: Kean (R) 25,2 - Menendez (D) 71,2

Come ripete spesso Scott Elliot di Election Projection, il New Jersey è destinato a rappresentare il "frutto proibito" dei Repubblicani, che ad ogni ciclo elettorale sembrano essere sul punto di conquistare questa storica roccaforte democratica e poi, il giorno delle elezioni, restano sempre a bocca asciutta. Anche in queste elezioni di mid-term, la storia è sul punto di ripetersi: per tutto settembre lo sfidante repubblicano Thomas Kean Jr. è stato in vantaggio nella media RCP, approfittando anche dei gravi [enormi diremmo N.d.R.] episodi di corruzione che hanno coinvolto il partito democratico del Garden State:-0#09o . Poi, all'inizio di ottobre, i Democratici sono entrati in corsia di sorpasso e adesso i punti percentuali che separano i due candidati sono più di 5.[secondo alcuni sarebbero solo 2 N.d.R.] Menendez resta un candidato molto debole - e il fatto che un incumbent sia molto al di sotto del 50% a dieci giorni dalle elezioni conferma questa teoria - ma, preso atto delle dinamiche nazionali che stanno influenzando questa tornata elettorale e visto che a ottobre soltanto Zogby ha pubblicato un sondaggio favorevole al GOP, la previsione più ragionevole è che il partito democratico riesca ancora una volta a restare il primo partito del New Jersey. Malgrado tutto.:i


Montana

Media RCP: Burns (R) 41,5% - Tester (D) 46,8%
Bid Intrade: Burns (R) 15,1 - Tester (D) 81,0 [poco credibile l'enorme divario]

Anche se gli scommettitori non ci credono affatto e la media RCP continua a favorire decisamente il candidato democratico Jon Tester (+5,3%), due distinti sondaggi effettuati nell'ultima settimana (da Mason/Dixon e Rasmussen) hanno fatto registrare una sensibile crescita delle quotazioni del senatore repubblicano uscente Conrad Burns, dopo che lo "scandalo Abramoff" lo aveva costretto ad inseguire (a volte indietro anche di oltre 10 punti) fin dalla metà di aprile. Allo stato attuale, Tester resta nettamente il favorito.


Ma il fatto che il Montana sia uno stato intrinsecamente conservatore (Bush ha vinto di 20 punti contro Kerry e di 25
contro Gore)

ci costringe a non considerare impossibile una rimonta di Burns negli ultimi giorni di campagna elettorale. Anche in questo caso, sarà molto importante il livello di organizzazione e di mobilitazione del GOP sul territorio, ma dovrebbe trattarsi di una performance all'altezza del miglior Rove per riuscire a ribaltare una situazione che in molti giudicano ormai irrimediabilmente compromessa.


Tennessee

Media RCP: Corker (R) 47,8% - Ford (D) 45,5%
Bid Intrade: Corker (R) 60,0 - Ford (D) 30,7


Buone notizie per il GOP dal Tennessee.

Dopo essere stato in grande difficoltà per tutto settembre (e anche all'inizio di ottobre), il candidato repubblicano Bob Corker ha inanellato una serie consecutiva di quattro sondaggio favorevoli (Zogby +7%, Rasmussen +2%, Mason-Dixon +2%, Los Angeles Times/Bloomberg +5%), appena "sporcati" dall'ultimo SurveyUSA che lo vede appaiato al democratico Harold Ford al 48%.


Oltre a passare in vantaggio di oltre due punti percentuali nella media RCP, Corker è tornato ad essere il candidato favorito dagli scommettitori di Intrade, che gli concedono una probabilità di vittoria superiore al 60%.

La rimonta dei repubblicani, unita alla loro superiorità strutturale in Tennessee (Bush ha vinto con 14 punti di vantaggio nel 2004), ci spingono a ritenere Corker il favorito d'obbligo per il 7 novembre. Detto questo, non bisogna sottovalutare le capacità di reazione di Ford, che ha condotto una campagna elettorale davvero ottima e già un paio di volte, nel corso degli ultimi mesi, ha dimostrato di essere in grado di risollevarsi da situazioni complicate.

giovannipresbit
28-10-06, 21:05
Ovviamente io non sono come finirà e non possiedo le informazioni di Vandeano 05 ed è anche noto che spero in esiti diversi dalle sue attese,ma tutte queste notizie che egli-con dovizia di partiolcrai-posta mi danno l'idea e l'impressione del farsi fleboclisi di coraggio ...insomma una sana illusione...

Certo potrebbero pure vincere i teo-con,la destra religiosa..tutto può accadere ,,am al momento il forumista Vandeano05 fa umanamente tenerezza...tanta tenerezza ..

Se poi avrà avuto ragione ...gli faremo una stand-ovation ...

Padre Giovanni Festa

Christine
30-10-06, 07:58
Personalmente sono d'accordo con Vandeano05. Penso che il GOP non perdera' il Senato. La Casa e' un'altra cosa...

*-RUDY-*
30-10-06, 19:09
ultimi POLL dalla California danno in vantaggio Swarzy di 4-6 punti, dovuti specialmente alla performance nella bay area dove non c'è partita... Angelitis tiene a L.A. (dove pare essere in leggero vantaggio)....

*-RUDY-*
30-10-06, 19:12
quanto al Tennessee sono convinto che la partita vera si giochi lì... Il candidato democratico è fortemente atipico in quanto conservatore e simpatizza con "l'area di centro" (se mi passate il paragone con l'Italia) degli elefantini... ho letto anche io che pare essere in leggera difficoltà tanto che la settimana scorsa si è presentato alla conferenza stampa dell'affersario chiedendo come mai gli spot dei repubblicani si accanivano contro di lui (per la passione che ha per le belle donne, come dargli torto).. mossa disperata?

unknow (POL)
02-11-06, 01:10
Midterm, i Blue Dogs all'assalto delle roccaforti repubblicane

I candidati democratici vanno a caccia di voti negli Stati della "Red America" (La Stampa, 27-10-06)

I cani blu stanno andando all'assalto degli Stati rossi e se riusciranno nell'impresa il 7 novembre l'America cambierà volto. I cani blu (Blue Dogs) sono i candidati di orientamento moderato, se non addirittura conservatore, grazie ai quali il partito democratico tenta di fare breccia negli Stati rossi - i «Red States» repubblicani - come Ohio, Indiana, Missouri, Tennessee, North Carolina e Virginia per vincere le elezioni di Midterm e tornare a conquistare il controllo di entrambi i rami del Congresso per la prima volta dopo dodici anni.

Sebbene guidati da un presidente ultraliberal come Howard Dean, i democratici si affidano ai cani blu perché facendo leva su fede, patria e famiglia possono insinuarsi nei dubbi che l'elettorato conservatore ha nei confronti dei repubblicani del presidente George W. Bush a causa del perdurare delle violenze in Iraq, dell'aumento della spesa pubblica come di numerosi scandali finanziari e sessuali. Nelle file della «Blue Dogs Coalition» vi sono personaggi come Brad Ellsworth, lo sceriffo dell'Indiana nemico giurato di aborto e nozze gay, Heat Shuler, l'ex quarterback dei Washington Redskins che si candida in North Carolina assicurando che non voterà mai un liberal doc alla guida della Camera dei Rappresentanti, e Harold Ford, rampante afroamericano del Tennessee, figlio di ricchi «con la fede nel cuore». Il testimonial nazionale di questa offensiva di candidati locali è Barack Obama, il senatore dell'Illinois stella della Convention di Boston del 2004 che professa «Dio e pluralismo», vuole «inseguire ovunque i terroristi» ed è circondato da folle di sostenitori pronti a versargli fiumi di dollari che lui poi recapita ai singoli candidati. Obama è in questi giorni il politico più popolare degli Stati Uniti ed il fatto che si tratti di un quarantenne afroamericano che sprona i liberal ad evitare derive pacifiste e laiciste svela la mutazione a cui i democratici affidano le speranze di un riscatto dal tracollo del 1994.

Riuscendo a conquistare la Camera, come i sondaggi suggeriscono, e forse anche il Senato i democratici coglierebbero due successi. Primo: il presidente Bush diventerebbe un'anatra zoppa, obbligato a patteggiare con il Congresso ogni decisione, a cominciare dai fondi per le truppe in Iraq. Secondo: il successo nei «Red States» ed il tramonto anticipato di Bush aprirebbero subito la corsa alla Casa Bianca nel 2008.

Ma al verdetto delle urne mancano ancora undici giorni. Anche nel 2002 e nel 2004 i democratici arrivarono favoriti all'Election Day per uscirne poi sconfitti. L'architetto di quelle vittorie repubblicane, Karl Rove, è convinto che riuscirà ancora a beffare gli avversari con l'operazione «ultime 72 ore» ovvero la mobilitazione capillare di tutti i potenziali elettori nei collegi decisivi, facendo ricorso ad un misto fra patriottismo, nuove tecnologie e volontariato. E se riuscisse a scongiurare la valanga democratica a dispetto di tutte le previsioni Rove consegnerebbe a Bush l'alloro dell'invincibilità.

unknow (POL)
02-11-06, 01:11
La guerra liberal di Nancy per espugnare Capitol Hill

Se i democratici vincono le elezioni di Midterm la Pelosi sarà la prima donna a presiedere la Camera (La Stampa, 31-10-06)

Se la notte del 7 novembre le urne premieranno i democratici Nancy Pelosi diventerà la prima donna presidente della Camera dei Rappresentanti e per George W. Bush saranno dolori.

Nancy Pelosi ama indossare vestiti di colore pastello - soprattutto il rosso, simbolo dei repubblicani - ha cinque figli ed altrettanti nipoti ed a chi la incontra nel weekend mentre fa shopping nella sua San Francisco può sembrare una sessantenne americana come tante altre. Ma dietro il volto rassicurante dell’italoamericana della Costa Occidentale c’è un leader politico di ferro: nelle vesti di capogruppo dei democratici alla Camera dei Rappresentanti negli ultimi due anni è riuscita a tenere compatti i propri deputati nell’opposizione alla Casa Bianca in novanta votazioni su cento. Se un simile tasso di fedeltà al partito è comune fra i repubblicani mentre nella riottosa casa democratica si tratta di record e svela l’abilità con cui da 19 anni sa destreggiarsi i corridoi di Capitol Hill.

Sui valori Nancy Patricia D’Alesandro Pelosi - così venne iscritta nel 1940 all’anagrafe di Baltimora dal padre Tommaso, anch’egli deputato - è diventata nel tempo una bandiera dei liberal: in prima fila nella difesa delle nozze gay e contro i lobbisti di Washington, determinata nel chiedere l’inizio del ritiro delle truppe dall’Iraq, senza argini nell’accusare l’amministrazione Bush di aver violato i diritti civili con il Patriot Act e tenace sostenitrice del Protocllo di Kyoto è capace di rappresentare come pochi ciò che prova la base elettorale democratica. Non a caso alle elezioni del 2004 raccolse nel suo distretto in California l’85 per cento delle preferenze, facendo sfigurare perfino John Kerry che a Boston si fermò al 60. «Nancy è di gran lunga più liberal di Hillary Clinton» riassume il sondaggista John Zogby.

A Washington molti sono convinti che è stata lei la vera regista di questa campagna elettorale. Quando si è trattato di definire la piattaforma di proposte la scelta è stata di limitarsi al manifesto «Six for "06» - un succinto elenco di sei proposte dal salaro minimo alla sicurezza nazionale - ma poi tutta l’enfasi politica, i fondi elettorali e gli sforzi dei candidati sono stati gettati in un’offensiva dura e senza interruzione nei confronti del presidente George W. Bush. Nancy Pelosi è convinta di riuscire a battere i repubblicani con una aggressiva campagna anti-Bush ripetendo la tattica con cui nel 1994 gli stessi repubblicani si lanciarono contro l’allora presidente Bill Clinton arrivando a conquistare il Congresso. A chi le obietta che si tratta di una strategia elettorale tutta in negativo, lei ribatte: «Non devo chiedere scusa a nessuno, non c’è nulla di più importante di vincere perché è la vittoria che consegna l’opportunità di governare».

I repubblicani la considerano il simbolo vivente di tutto ciò in cui non credono, descrivendola negli spot come una donna che «alzerà le tasse e distruggerà le imprese» e raffigurandola nei pamphlet elettorali come un divoletto rosso con tanto di frusta. Il timore dei conservatori è che una volta arrivata in vetta alla Camera dei Rappresentanti possa tentare di far votare l’impeachment contro Bush a causa delle bugie dette sulle armi di distruzione di Saddam Hussein. Lei si è affrettata a smentire questa ipotesi, nel timore di boomerang elettorali, ma chi la conosce assicura che è pronta a rendere il governo impossibile all’attuale presidente: a cominciare dal voto per il rinnovo degli stanziamenti per finanziare la presenza delle truppe in Iraq. Dennis Cardoza, deputato democratico della Calfornia di orientamento moderato, è fra i pochi ad azzardare una previsione opposta: «Se diventerà presidente della Camera, Nancy non processerà Bush ma costruirà il consenso cercando di attirare i favori di un numero sempre maggiore di repubblicani al fine di spianare la strada alla nostra riconquista della Casa Bianca nel 2008».

*-RUDY-*
03-11-06, 05:48
certo che i giornali italiani non si smentiscono mai... vedremo lunedì...

Ashmael
03-11-06, 12:38
Per i repubblicani la vedo maluccio...Ma vedremo lunedì, appunto.

Christine
03-11-06, 15:54
Martedi'

er uagh
03-11-06, 16:34
(AGI) - Washington, 24 ott . - Alle elezioni di medio termine i democratici dovrebbero intercettare la maggioranza dei voti degli elettori che non sono apertamente schierati. Lo rivela un sondaggio 'Washington Post-Abc'. Secondo l'inchiesta, il 59 per cento degli indecisi votera' per i candidati democratici a Camera e Senato, mentre solo il 31 per cento scegliera' i repubblicani. "Il crescente sostegno degli indipendenti ai candidati democratici alla Camera rappresenta un cambiamento significativo di orientamento rispetto alle elezioni del 2004, quando i democratici ebbero solo un lieve vantaggio", ha commentato il Post.

*-RUDY-*
04-11-06, 00:11
Martedi'


lunedì notte da me e te.. martedì in italia...

vandeano2005
04-11-06, 18:46
Octobre surprise


Meglio di un piano diabolico architettato da Karl Rove. Meglio di un endorsement per i Democratici pronunciato da Osama bin Laden. Meglio di dieci sondaggi favorevoli in Virginia. Meglio del job-approval di Bush che schizza, senza motivo, all'80%.

Le disgustose parole pronunciate ieri da John Kerry contro i militari americani sono la migliore october surprise che i Repubblicani potessero aspettarsi per le elezioni del 7 novembre.

In estrema sintesi, Kerry ha detto che i giovani devono studiare e sforzarsi di diventare intelligenti, altrimenti restano stupidi e rischiano di finire a fare i soldati in Iraq. :mad: :-01#53

Sembra impossibile ma è tutto vero, tanto che perfino un moderato come McCain ha perso la testa.

John F*cking Kerry è stato uno dei candidati più imbarazzanti che abbia mai corso per la Casa Bianca, ma stavolta ha davvero oltrepassato i limiti della decenza. Un blogswarm lo seppellirà. :-01#44

vandeano2005
04-11-06, 19:12
Senato USA:
viaggio negli stati-chiave /2


A quattro giorni dalle elezioni di mid-term negli Stati Uniti, analizziamo la situazione negli stati in cui si sta giocando la partita per il controllo del Senato. Si tratta dei cinque seggi che, appena una settimana fa, erano valutati toss-up sia da Real Clear Politics che da Rasmussen Reports: Virginia, Missouri, Tennessee, New Jersey e Montana.

Oggi, Rasmussen Reports giudica in bilico soltanto Virginia, Missouri e Tennessee, perché ha spostato il New Jersey e il Montana nella categoria leaning Democrat.
Per Real Clear Politics, invece, il Tennessee è approdato nella colonna leaning Republican, il New Jersey in quella leaning Democrat, mentre Virginia, Missouri e Montana restano toss-up.

Nella nostra previsione - che non è cambiata rispetto alla scorsa settimana - noi condividiamo la scelta di Rasmussen rispetto al New Jersey minore, sottoscriviamo la scelta di Real Clear Politics rispetto all'open seat del Tennessee (che sembra ormai avviato verso una vittoria repubblicana) e rimaniamo convinti che in Virginia e Missouri, dopo una lunghissima notte elettorale, la spunterà il GOP.
E' in questi ultimi due stati, in ogni caso, che secondo noi verranno decise le sorti del Senato. A meno di una rimonta al fotofinish del repubblicano Conrad Burns in Montana,ancora assai probabile, visto le forze in campo. Ma entriamo nel dettaglio, in ordine crescente di difficoltà (di previsione).

New Jersey

Media RCP: Kean (R) 41,3% - Menendez (D) 48,5%
Bid Intrade: Kean (R) 14,2 - Menendez (D) 85,0



Come previsto una settimana fa, le chance repubblicane di strappare in New Jersey ai democratici restano per ora, ossia in quesdte elezioni una pia illusione. Dal 25 ottobre, giorno in cui Rasmussen aveva registrato una perfetta parità tra Kean e Menendez, il candidato democratico ha inanellato una serie positiva di 10 sondaggi consecutivi, che vanno dal +12% di Reuters/Zogby al +2% di Public Opinion Strategies . Menendez, principe corrotto del corrotto New Jersey:-0#09o , è avanti di oltre 7 punti percentuali nella media RCP e si avvia a grandi passi verso la rielezione. Neppure gli scommettitori di Trade Exhange Network credono più nel miracolo del GOP. Figuriamoci noi, che non ci avevamo mai creduto.

Tennessee

Media RCP: Corker (R) 51,5% - Ford (D) 45,0%
Bid Intrade: Corker (R) 87,0 - Ford (D) 21,5





Le migliori notizie per il GOP arrivano dall'open seat del Tennessee, dove Bob Corker sembra sul punto di vincere il seggio lasciato vacante da Bill Frist. Negli ultimi giorni il candidato repubblicano ha allungato decisamente il passo secondo CNN (+8%), Rasmussen (+8%) e Reuters/Zogby (+10%). Corker conduce di oltre 6 punti percentuali nella media RCP, tanto che Real Clear Politics ha tolto il Tennessee dalla colonna dei toss-up. E, da metà ottobre in poi, continua a crescere nelle quotazioni Trade Exhange Network. Se avete qualche dollaro da parte e volete assolutamente scommettere su uno dei candidati repubblicani di questi cinque stati-chiave, affidatevi con tranquillità a Bob Corker. Complimenti ad Harold Ford, che ha condotto un'ottima campagna, ma il suo destino è segnato.

Montana

Media RCP: Burns (R) 45,3% - Tester (D) 48,7%
Bid Intrade: Burns (R) 32,0 - Tester (D) 67,0



il Montana rimane un toss-up puro. La rimonta di Conrad Burns, ormai registrata anche dai sondaggi e dagli scommettitori, può ancora superare di qualche millimetro dal traguardo. Allo stato attuale, Tester ha un vantaggio che oscilla tra il +6% di Rasmussen e il +1% di Reuters/Zogby, passando per il +3% di Mason-Dixon. Ma una cosa è certa:


se la base repubblicana del Montana offrirà una performance di livello nelle ultime 72 ore prima del voto e se il GOP continuerà ad investire dollari come ha fatto nelle ultime settimane, i democratici dovranno sudare freddo fino all'ultimo secondo prima di poter cantare vittoria.

Virginia

Media RCP: Allen (R) 46,0% - Webb (D) 46,5%
Bid Intrade: Allen (R) 45,0 - Webb (D) 52,0





Continuiamo a credere nella vittoria di George Allen in Virginia.
A restituirci, il sorriso è arrivato l'ultimo sondaggio Rasmussen che vede Allen e Webb appaiati al 49% (in quello precedente di Rasmussen, Webb aveva un vantaggio del 5%). Ma i sondaggi sono ancora troppo contraddittori per archiviare la pratica Virginia (che doveva essere chiusa un paio di mesi fa): CNN vede davanti Webb (+4%); Reuters/Zogby anche, ma di pochissimo (+1%); mentre Roanoke College giudica Allen in vantaggio (+3%). Il penultimo sondaggio Rasmussen aveva gettato nel panico gli scommettitori, che hanno sempre valutato molto alte le probabilità di rinconferma di Allen, tanto che nei giorni scorsi - per la prima volta - il candidato repubblicano era precipitato al di sotto del 50%. Ieri il trend si è invertito nuovamente a favore di Allen, ma potrebbe essere un "rimbalzino" isolato. State sicuri che, fino all'ultimo minuto utile, la battaglia in Virginia sarà violentissima ed estremamente incerta. I democratici, soprattutto la sinistra più radicale del partito, hanno investito una quantità notevole di energie e risorse in questo stato e combatteranno fino alla morte (la loro, si spera).

Missouri

Media RCP: Talent (R) 46,6% - McCaskill (D) 48,0%
Bid Intrade: Talent (R) 46,3 - McCaskill (D) 50,0



I due ultimi sondaggi di Rasmussen vedono la McCaskill davanti di un punto percentuale. Con Reuters/Zogby e Survey USA questo vantaggio sale a +3%, mentre la CNN vede i due candidati in perfetta parità. La McCaskill ha un lieve vantaggio nella media RCP e anche gli scommettitori cominciano a dubitare delle possibilità di Talent. Da parte nostra, continuiamo a vedere il senatore repubblicano leggermente favorito, anche se il rischio di un arrivo sul filo di lana, come nel 2002, è quasi una certezza. L'importante è che finisca bene, proprio come nel 2002.:-01#44


UPDATE.

John McIntyre parla di un late momentum del repubblicano Michael Steele in Maryland. Immaginate un candidato nero del Maryland che salva il Senato repubblicano...:D :D


Postilla: Una postilla per il provincialismo culturale e anche mentale di certi foruminsti, che guardano la realtà attraveso le lenti deformate dei media progresssiti: in queste elezioni, più che in passato, le forze socio-culturali in campo sono trasversali. Le destre religiose hanno di fatto favorito l'esplodere degli scandali sessuali nel GOP per fare piazza pulita di certe mele marce.
Inoltre, come ho riferito qui e come commenterò a più riprese nel mio blog controrivoluzionario dopo le elezioni, una parte dei democratici vicini a Hilary Clinton hanno sostenuto e lo fanno tuttora i candidati GOP negli Stati in bilico. In questi giorni mi sono trovato a dividere da uno scontro fisico, sostenitori dell'asinello in Montana, tra quelli - clintoniani- che sotengono Burns e gli obamiani-osamiani:eek: :eek: . Mi hanno riferito che in Virginia si stanno verificando situazioni analoghe. Preludio al clima idilliaco che regnerà dopo le elzioni nel partito dell'asino:D :D

Io stesso se votassi -meno male che lo faccio in uno Stato saldamente rosso - nelle Stato di New York voterie Hilary Clinton ( Forza Hilary!!!! ) e per il motivo già spiegato. Ma forse tutto questo è impossibile sia compreso da certuni...

*-RUDY-*
04-11-06, 23:45
lunedì notte da me e te.. martedì in italia...

hai ragione te si vota martedì.. mi ero confuso...

benfy
05-11-06, 14:10
interessante e curioso il referendum in arizona

vandeano2005
06-11-06, 19:52
Mid-Term '06.
Le ultime 48 ore /1



Risultati contradditori nell'ultima ondata di sondaggi sul generic congressional ballot effettuati nel weekend.
Time e Newsweek registrano un fortissimo vantaggio democratico (rispettivamente di 15 e 16 punti percentuali), mentre Pew Research (+4%), ABC/Washington Post (+6%) e USA Today/Gallup (+7%) dipingono una situazione


molto più favorevole al partito repubblicano (che storicamente è sottorappresentato in questo tipo di sondaggi).

Le buone notizie, per il GOP, arrivano soprattutto dalle variazioni nei risultati dei singoli sondaggisti.

Rispetto alle rilevazioni precedenti, che risalgono quasi tutte alla terza settimana di ottobre, i repubblicani guadagnano il 6% per USA Today/Gallup, l'8% per ABC/Washington Post e il 7% per Pew Research, mentre la loro performance resta sostanzialmente identica per Time e Newsweek.

Riepilogando: tre sondaggisti su cinque registrano una forte avanzata del GOP; gli altri due continuano a vedere i democratici in netto vantaggio.

I dati sugli early voters sembrano dare ragione ai primi.


Ma quello che conta è fare campagna fino all’ultimo istante e oltre. Poi…….sia fatta la volontà di Dio. Sempre e comunque.


:-:-01#19

unknow (POL)
07-11-06, 14:57
http://www.ilmanifesto.it/immagini/transparent.gif (http://www.ilmanifesto.it/immagini/transparent.gif)America, deficit alle stelle e strisce

Marco d'Eramo
Inviato a St Louis (Missouri)

«L'economia conta nel voto di martedì 7, altro che!», mi dice Jerry Tucker, sindacalista di sinistra, che è stato a lungo vicepresidente del sindacato automobilistico: «Questa era una città operaia e piena di fabbriche: negli anni '60 c'erano 58.000 operai solo nel settore auto, adesso saranno rimasti in 8.000. Di grandi fabbriche c'è rimasta solo la Boeing, che qui però lavora quasi solo su commesse militari. Tra le corporations, ti posso nominare Monsanto che produce organismi geneticamente modificati, e Busch-Amheuser, famosa per la birra Budweiser (ma produce anche la Michelob)».
Siamo in un pub in uno degli angoli più vivaci della città: «Solo che l'economia pesa in modo obliquo: è quasi assente dai discorsi dei candidati, ma domina in tre referendum importanti che abbiamo qui. Uno vuole aumentare il salario minimo: è un tema che interessa parecchio le famiglie a basso reddito e può spingerle a recarsi alle urne e a far calare così l'astensione. Un altro vuole imporre una tassa di 80 cents su ogni pacchetto di sigarette per finanziare il servizio sanitario per le famiglie a basso reddito, che però sono le stesse che fumano di più: è un tema che può spaccare i democratici.
Il terzo referendum spacca invece i repubblicani e propone di legalizzare la ricerca sulle cellule staminali, combattuta a spada tratta dai repubblicani di destra, i cristiani conservatori; ma i repubblicani del gran capitale, gli azionisti della Monsanto, hanno investito un bel pacco di milioni per appoggiare il referendum, contro la propria base cristiana. Insomma: l'economia conta perché i referendum su temi economici possono motivare o demotivare gli elettori delle due parti a recarsi alle urne». Di diverso avviso è il direttore del settimanale alternativo di St Louis, Riverfront Times (St Louis si distende sulla riva destra del fiume Mississippi, subito dopo la confluenza col Missouri). Nel suo ufficio vicino all'università Ellis Conklin è categorico: «In questo voto l'economia non conta affatto. È del tutto sovrastata dall'Iraq. Questo è un voto punitivo contro Bush. È come nelle squadre di calcio: non puoi cacciare tutti i giocatori, ma puoi cacciare l'allenatore».

Il termometro è l'automobile
È curioso come cambia la prospettiva. Per chi è più vicino al mondo del lavoro e ai sindacati, l'economia è discriminante. A Toledo (Ohio),Randy Lake gestisce un garage di riparazioni auto e, davanti a un piatto di fish and chips, mi diceva: «Le riparazioni di auto sono un buon termometro dell'economia: quando tira, la gente ripara tutto, anche gli specchietti rotti, i parafanghi ammaccati. Quando va proprio male, ripara il più possibile perché non ha i soldi per comprarsi una nuova macchina. Quando va così così, e vuole risparmiare, ripara solo l'essenziale e rinvia il resto. Adesso siamo in questa situazione: non va ancora malissimo, ma c'è preoccupazione per il domani. Qui la Chrysler rischia di chiudere la fabbrica della Jeep (Toledo è la patria delle jeep) con effetti a cascata su tutto l'indotto e sui fornitori. Così anche se l'università non è malvagia, appena possono i giovani vanno via. Come facciamo a far restare qui i nostri figli? I repubblicani hanno facilitato il trasloco delle fabbriche oltre frontiera. Devono andarsene». Anche per Cindy Marizette, direttrice del partito democratico di Cleveland (Ohio), l'economia conta. Non a caso, Cleveland è un'altra città in rapida deindustrializzazione, socia a pieno titolo del «Club della ruggine». E anche qui l'economia s'infila nell'elezione attraverso un referendum, la proposizione 3, chiamata Learn and Earn («impara e guadagna») che propone di aprire 9 case da gioco con slot machines, e di destinare il 30% del loro incasso lordo a borse di studio e presalari. La confederazione Alf-Cio appoggia il referendum. Ecco la distanza che separa le due rive dell'Atlantico: immaginate in Italia Cgil e Fiom che fanno campagna per aprire casinò! In Ohio però le coscienze sono salve perché l'1% dei ricavi va a disintossicare i drogati del gioco. «Ma qui è dimostrato che negli anni di studio le famiglie spendono il 42% di tutto il loro reddito per mantenere i figli all'università. E non parlo di università private, ma di quella pubblica, statale dell'Ohio. Anche questo è un retaggio repubblicano» conclude l'afro-americana Cindy.

Il mercato oscilla
Non è d'accordo Doug Henwood, economista newyorkese, autore di vari libri e direttore della newsletter Left Business Observer, che intervisto per telefono: «L'economia non va troppo male, anzi per alcuni va bene. Ma Bush non può usarla come arma elettorale perché le percezioni sono contrastanti. I ricchi vedono le azioni salire, l'economia crescere. I meno abbienti spendono in proporzione molto di più in benzina e in sanità, ambedue rincarate da pazzi. Secondo le statistiche, il mercato del lavoro va a gonfie vele, ma i nuovi posti sono per lo più mal pagati, effimeri, senza mutua né pensioni. Le spese per la scuola sono alle stelle. Quindi per molti non va affatto a gonfie vele. Il buon andamento ufficiale dell'economia impedisce ai democratici di usarla come arma politica, ma lo scontento dei ceti medio bassi impedisce anche ai repubblicani di vantarsene. E così resta in sordina».
Proprio venerdì sono stati forniti gli ultimi, trionfali dati sul mercato del lavoro: il tasso di disoccupazione è al livello più basso da 5 anni, al 4,4% in ottobre contro il 4,6% a settembre e il 4,9% un anno fa: cifre che hanno ringalluzzito i repubblicani. «Però per chi cerca lavoro le prospettive non sono così radiose», dice Doug. «Dipende dalle due fonti dei dati: un'indagine riguarda le famiglie, ed è rosea, un'altra invece si affida ai datori di lavoro, ed è molto più pessimista. Poi, qui ci sono 4,5 milioni di part-time non inclusi nella disoccupazione. Infine, ci sono tutti coloro che si sono stancati, non cercano più lavoro e sono quindi ormai usciti dalla forza-lavoro: e se diminuisce la forza-lavoro, anche un'occupazione costante fa scendere la disoccupazione. Negli Usa il numero di persone che lavorano ha toccato il massimo nell'aprile 2000: erano il 64,7% della popolazione. Ora sono il 63,3%, cioè l'1,4% in meno: 3,3 milioni di persone in più a spasso».
Per anni la politica di Bush ha sfidato le pessimistiche previsioni degli economisti di sinistra. Per i vari Paul Krugman, tagliare le tasse ai ricchi non avrebbe rilanciato l'economia perché i ricchi hanno già da spendere tutti i soldi che vogliono: le somme in più regalate dal fisco le risparmiano, non le consumano e quindi non c'è stimolo per l'economia. Invece l'economia Usa è cresciuta a ritmi del 4%, 5%, anche del 6% l'anno e pure ora, che è in frenata, cresce sopra il 3,2%, sempre il doppio che in Italia. Come è stato possibile?
Secondo molti esperti, responsabile del boom Usa è stata la bolla immobiliare, per il seguente meccanismo: man mano che il valore della casa cresceva e i tassi d'interesse reali scendevano persino sotto lo zero, i proprietari (cioè il 75% degli ameri+cani) ricontrattavano il mutuo a tasso più basso e accendevano ipoteche sul nuovo, più alto valore della casa: disponevano così di più soldi da due fonti, dal minor carico e dal nuovo credito ipotecario. E con questi soldi compravano vestiti, vacanze, cure mediche, computer, cellulari, auto... Cioè alimentavano l'economia. Il problema è che ora la bolla immobiliare si sta sgonfiando. A settembre il prezzo medio delle case nuove è crollato del 9,7% rispetto a settembre 2005. Se tanto mi dà tanto, e se prima la bolla immobiliare alimentava la crescita, adesso la sua foratura dovrebbe provocare recessione. Non era di questo parere Steven Falk, presidente della Camera di Commercio di San Francisco che due settimane fa mi parlava nel suo ufficio con vista sulla Baia: «Qui c'è una tale penuria di alloggi, perché c'è una tale immigrazione dal resto degli Stati uniti che il prezzo delle case terrà. Magari si stabilizza, cede un poco, ma tiene. E poi qui non si sono costruiti tanti uffici come in altre città dove è colpita l'edilizia non residenziale». Ribatte Doug Henwood: «No. Lo sgonfiarsi della bolla peserà parecchio. Solo che è un fenomeno degli ultimi mesi, ed è ancora troppo presto perché la gente possa rendersene conto. Ancora non l'ha interiorizzato nelle sue aspettative».
O ottobre le vendite al dettaglio hanno dato segnali contrastanti: nei grandi magazzini di lusso sono andate alla grande, mentre stagnavano in quelli a buon mercato: i meno abbienti tirano sulle spese. Il Wall Street Journal si preoccupa invece perché la produttività non cresce abbastanza in fretta. E lo dice con un linguaggio così sfrontato che vale la pena di citarlo: «La crescita della produttività, un motore decisivo nella crescita della nazione, pone interrogativi sulla capacità da parte degli imprenditori di spremere più output dallo stesso numero di lavoratori, un fattore cruciale nel controllare l'inflazione, aumentare i profitti e migliorare i livelli di vita». È un altro segnale del rallentamento dell'economia.

Chi finanzia la guerra?
In definitiva, lo scontento economico non è esasperato, e in ogni caso avanza sotto la linea del radar politico. Più scontenti di tutti sono i repubblicani classici che pensavano di aver insediato alla Casa bianca un presidente che avrebbe favorito «stato magro» e bilanci in pareggio. E invece si ritrovano con deficit statali alle stelle e uno stato sempre più pervasivo e intrusivo, grazie anche alla legislazione anti-terrorismo. Il paradosso più stupefacente è che, a ben guardare, la guerra all'Iraq la sta finanziando essenzialmente la Cina. Infatti la guerra è costata finora circa 400 miliardi di dollari, ma Bush non ha imposto nuove tasse. Allora da dove vengono questi soldi? Li ha presi in prestito all'estero. Con una pratica iniziata da Ronald Reagan, si consente a una nazione straniera (allora il Giappone, oggi la Cina) d'inondare il mercato statunitense di beni esteri, con però la clausola sottintesa che questo paese s'impegni a collocare una buona parte del proprio surplus commerciale nell'acquisto di dollari e di Bot Usa (Federal Bonds). Insomma Bush sta combattendo la guerra con i soldi che gli presta la Cina. Dice Doug: «Se davvero vuoi vincere una guerra, devi esigere tasse e rastrellare soldi. Ma questo per Bush, con tutta la retorica dei tagli fiscali, è politicamente impossibile. Perciò deve limitarsi a fare debiti, fare una guerra al risparmio e quindi a perdere».

unknow (POL)
07-11-06, 15:04
In estrema sintesi, Kerry ha detto che i giovani devono studiare e sforzarsi di diventare intelligenti, altrimenti restano stupidi e rischiano di finire a fare i soldati in Iraq. :mad: :-01#53

Non la definirei una gaffe. A fare la guerra ai 4 angoli del globo sono i poveracci non certo i laureati ad Harvard. Infatti le pubblicità della guardia nazionale sono sui biglietti Greyhound, non esattamente un mezzo di lusso, non all'entrata di Princeton.

unknow (POL)
07-11-06, 15:09
Come dopo il Vietnam, salvo imprevisti
Fabrizio Tonello
Sulla carta dovrebbe essere un'elezione storica. Simile a quella che nel 1930 annunciò la fine dei Roaring Twenties e l'imminente era Roosevelt. Simile a quella del 1974, quando gli americani, inferociti per il lungo strascico della guerra del Vietnam e indignati per il Watergate, portarono alla camera una maggioranza di democratici mai vista prima. Simile, a fronti rovesciati, a quella del 1994, quando gli elettori delusi dai primi due anni di presidenza Clinton consegnarono la maggioranza della camera ai repubblicani, che da allora l'hanno sempre mantenuta. Ma dalle urne può uscire qualsiasi risultato: fattori imponderabili decideranno quella decina di situazioni che possono far pendere la bilancia verso i repubblicani o i democratici. Mentre questi ultimi hanno la quasi-certezza di conquistare la maggioranza alla camera, poche migliaia di voti in New Jersey, Tennessee e Maryland potrebbero trasformare i risultati del senato in un successo repubblicano quando una vittoria a valanga per i democratici era, ed è, perfettamente possibile.
Ricapitoliamo i dati: il partito dell'asinello deve conquistare 15 seggi alla camera per avere una teorica maggioranza. Al senato, invece, deve prevalere in sei stati in cui attualmente c'è un repubblicano in carica per passare da 45 seggi su 100 a 51 (un risultato 50-50 favorisce il partito che controlla la Casa Bianca, perché il vicepresidente ha diritto di votare in caso di parità). I repubblicani, come sempre, hanno speso milioni di dollari in pubblicità televisiva, fatta in pareticolare di spot calunniosi verso gli avversari che all'ultimo minuto possono influenzare gli elettori incerti. Inoltre, contano sulla loro ben oliata macchina organizzativa fatta di migliaia di volontari e di milioni di telefonate da oggi fino a martedì, per portare a votare tutti i potenziali sostenitori.
Resta il fatto che raramente il partito di opposizione è stato così favorito. La popolarità di Bush è a quota 37%, contro il 90% raggiunto nelle settimane successive all'11 settembre. Un tale livello di impopolarità non si registrava in una elezione di metà mandato fin dai tempi di Harry Truman (che infatti fece perdere al suo partito decine di seggi tanto nel 1946 quanto nel 1950).
Il 64% degli americani pensa che la priorità sia come uscire dall'Iraq. La fiducia nel buon andamento dell'economia è al 44%, un dato relativamente positivo per i repubblicani (che infatti hanno passato le ultime ore a vantarsene), ma non certo sufficiente a cancellare le preoccupazioni degli elettori per la guerra, i posti di lavoro, l'immigrazione, la sanità. Globalmente, solo il 30% degli americani è soddisfatto dello stato del paese, contro il 68% di insoddisfatti.
Il risultato di questo stato d'animo degli elettori è triplice: i repubblicani sono delusi, i democratici entusiasti e gli indipendenti si sono spostati massicciamente verso i candidati democratici. Secondo l'analista politico Stuart Rothenberg, gli indipendenti (ormai il gruppo più numeroso dell'elettorato) normalmente si dividono quasi esattamente a metà fra i due candidati: Kerry prevalse di un soffio su Bush nel 2004, mentre quest'ultimo aveva raccolto un consenso leggermente superiore a quello di Gore nel 2000. Quest'anno non andrà così: il loro consenso per i democratici supera il 50%.
Secondo l'ultimo sondaggio Gallup, se si fosse votato nei giorni scorsi il 53% degli elettori avrebbe scelto i democratici e il 38% i repubblicani: un distacco di 15 punti. Probabilmente all'apertura delle urne il differenziale sarà minore, e laddove il partito di Bush riuscirà a mobilitare i suoi sostenitori con lo spettro di un aumento delle tasse ci potranno essere delle sorprese. Tutti gli indicatori puntano però verso una vittoria democratica, che sulla carta potrebbe essere di dimensioni storiche: nel '74 i repubblicani persero 49 seggi alla Camera, 53 nel '30. Nel '46 i democratici persero 55 seggi, 54 nel '94. In tutti questi casi, alla Casa bianca c'era un presidente impopolare, la cui legittimità era contestata: Nixon era sotto accusa per lo spionaggio a danno dei democratici, Herbert Hoover per non aver reagito al crack di borsa del '29, Truman era diventato presidente solo per la morte di Roosevelt e Clinton aveva vinto nel '92 con appena il 43% dei voti.
Oggi spostamenti di questa ampiezza non sono possibili, a causa della struttura delle circoscrizioni, ma parecchi analisti predicono una camera con 240 seggi ai democratici (+37) e 195 ai repubblicani. La chiave di un'autentica svolta politica sta però altrove: solo se i democratici riusciranno a non perdere neppure un seggio al senato e a conquistarne sei di quelli ora in mano repubblicana il congresso potrà costringere Bush a cambiare politica. E questo è molto più difficile

Fabrizio Tonello (1951) insegna Scienza dell'Opinione Pubblica presso l'università di Padova. Ha insegnato anche nel Dipartimento di Scienze della Comunicazione presso l'università di Bologna e nella Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste. È stato Visiting Fellow della Columbia University di New York. Sul rapporto tra mass media e politica, dopo La nuova macchina dell'informazione (Feltrinelli 1999) ha pubblicato Il giornalismo americano (Roma 2005). Sulla storia degli Stati Uniti contemporanei ha pubblicato Da Saigon a Oklahoma City, (Arezzo-Milano 1996). Collabora inoltre a numerose riviste scientifiche, tra cui “Acoma - International Journal of American Studies”, “Contemporanea”, “Storia Urbana”, “Teoria Politica” e “Problemi dell'informazione”.
Tra le sue opere La fabbrica dei mostri, libro che accompagna il DVD Una storia americana (http://www.feltrinelli.it/SchedaLibro?id_volume=5000572)

*-RUDY-*
07-11-06, 18:31
Non la definirei una gaffe. A fare la guerra ai 4 angoli del globo sono i poveracci non certo i laureati ad Harvard. Infatti le pubblicità della guardia nazionale sono sui biglietti Greyhound, non esattamente un mezzo di lusso, non all'entrata di Princeton.

ma se vivessi in america (magari ci vivi ma allora non guardi la tv) vedresti che gli spot per la marina o l'aviazione sono all'ordine del giorno... la guarda repubblicana e quella nazionale agiscono più su base locale.
Quanto a Princeton e Harward per entrarci oltre ad essere brillanti ci vuole anche un bel prestito o una valanga di soldi.. personalmente da quel punto di vista preferisce le università pubbliche che almeno per i residenti di quello stato propongono basse fees. Quando stato ad Atlanta avevo conosciuto una ragazza che era arruolata in aviazione la quale le pagava gli studi al GeorgiaTech (prima università tecnologica pubblica d'america) ...

Kerry, peggior candidato della storia, ha detto una cazzata punto e basta.

vandeano2005
19-11-06, 13:20
Di ritorno dalle strameritate vacanze negli Stati Uniti (ma ne sarò un'altra decina di giorni tra novembre e dicembre:-01#44 :-01#44 ) ecco il mio commento alle elezioni di Mid-Term. Lo trovate qui: http://vandeano2005.splinder.com/tag/elezioni_estere:-:-01#19