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Spetaktor
29-04-09, 17:10
Inserite in questo 3d tutti i libri on-line interessanti o utili per comprendere e capire l'eurasiatismo e la geopolitica.


Il militare russo come attore di politica estera di Andra Morike
http://www.moerike.net/Andrea/Diplomarbeit.pdf

La Russia post-comunista di Adriano Guerra
http://ebooks.gutenberg.us/Wordtheque/it/AAABKJ.TXT

Afghanistan: ieri e oggi di Enrico Vigna
http://www.pasti.org/libro.html

Ierocle
30-04-09, 11:11
Costanzo Preve, Filosofia e geopolitica, Edizioni all'insegna del Veltro, pp.142, € 15,00

L'Autore di questo libro - che i lettori senz'altro conosceranno come assiduo collaboratore di "Eurasia" - è un filosofo d'orientamento marxista, il quale ha voluto abbandonare ogni preconcetto suggeritogli dal duplice carattere della sua formazione contro la geopolitica. Preve ha preso atto della svolta epocale determinata dal crollo dell'Unione Sovietica - che rappresentò, nel contempo, la fine del comunismo storico e l’inaugurazione dell'unipolarismo geopolitico -, e ha deciso d'affrontare le sfide del nuovo secolo e del nuovo millennio accettando anche strumenti estranei alla sua precedente esperienza teorica. Egli stesso ha confessato di «attribuire soggettivamente una certa importanza» a questo saggio, dal momento che - mi permetto d'interpretare il suo pensiero - esso simboleggia (e motiva a chiare lettere) il riconoscimento da parte dell'Autore della geopolitica come scienza funzionale alla comprensione della realtà, e dell'eurasiatismo come risposta geopolitica alle numerose questioni imposte dal nuovo ordine mondiale unipolare. La presenza di tale scelta aleggia in ogni pagina del saggio, per via del pesante significato ch'essa può assumere nello scenario politico europeo (e italiano in particolare) contemporaneo. La fine del bipolarismo mondiale e del comunismo storico (Preve rimarca più e più volte quelli che ne considera gli estremi anagrafici: 1917-1991) ha sconvolto il panorama della sinistra radicale (istituzionale e non) europea, costringendola a cercare una nuova strada; alcuni, come l'Autore, hanno scelto di rimanere fedeli all'ideale d'un mondo diverso e migliore, continuando a perseguirlo quale proprio obiettivo (non tutti col realismo di Preve, naturalmente), altri - che sono i più - dalla «utopia sociologica monoclassista proletaria» sono passati armi e bagagli alla sua antitesi, «l'individualismo postborghese ed ultracapitalistico».
Ho potuto in questo caso avvalermi di citazioni tratte dall'opera, poiché tale «rovesciamento dialettico» (come eufemisticamente lo definisce l'Autore) è una delle due tipologie del «nichilismo» contemporaneo (l'altra è «l'accettazione dell'americanismo come compimento destinale inesorabile della storia millenaria dell'Occidente») analizzate nei primi due capitoli di Filosofia e geopolitica, capitoli che ne costituiscono la parte "filosofica". Secondo Preve la filosofia e la geopolitica - apparentemente così lontane tra loro - s'incontrano per necessità, costrette dal novello monismo ideologico che tenta d'imporsi come "pensiero unico": è quello che l'Autore chiama «americanismo». Lo scenario filosofico del XXI secolo è dominato dal «nichilismo» o, meglio, «da una variante specifica e irripetibile di nichilismo, in cui dell'Essere appunto non è più nulla, e questa distruzione non solo della "metafisica" (termine con cui impropriamente si indica il riferimento trascendente e religioso dei valori etici e politici) ma anche della "ontologia" (termine che indica invece in modo abbastanza corretto la fondazione razionalistica dei valori individuali e sociali in una visione dialogica condivisa della natura umana e del suo destino storico) è vista come un grande progresso civile, umano e scientifico» (pag. 15). In quest'ottica, Preve conduce una serrata critica dell'escatologismo nordamericano, e in generale d'ogni lettura teleologica della storia dell'Occidente. Ma particolarmente interessante è il secondo capitolo, quello nel quale, tentando di spiegare le ragioni del già citato «rovesciamento dialettico» dal marxismo all'americanismo, riprende e sviluppa un discorso iniziato nel capitolo precedente sui caratteri della società statunitense. Egli ne riconosce due aspetti fondamentali (che riescono a esercitare fascino sulle altre culture): «il suo segreto sociale massimo e principalissimo nell'essere un capitalismo senza classi sociali» (pag. 16), e l'essenza di «spazio geografico, storico e simbolico di "possibilità illimitate" di tipo individuale» (pag. 30). Il primo elemento, in particolare, costituisce una teoria originale e affascinante, cui Preve dedica molto spazio individuandola come spinta fondamentale al passaggio dal marxismo all'americanismo.
La seconda parte dell'opera è quella dichiaratamente "geopolitica". Qui l'Autore sviluppa in via (suppongo) definitiva la sua indagine condotta con «metodo contrastivo» (fattore che ne determina l'originalità) sulle ipotesi "eurocentrica", "euroatlantica" ed "eurasiatica". Preve considera la prima teoria vanificata dal «doppio suicidio dell'Europa», cioè dalle due guerre mondiali; ad ogni modo, egli non nasconde una certa attrazione per l'europeismo, individuandone il principale e migliore sostenitore nel Generale de Gaulle, il quale «crede nella Francia [...] ma sa anche bene che la Francia non può e non deve pretendere di essere "superiore" alla Germania e alla Russia, perché sulla base di una pretesa di superiorità non si può costruire una vera e propria "Europa delle nazioni"» (pag. 81), nella quale lo stesso Preve afferma di credere, a patto che si sviluppi «in simbiosi con l'euroasiatismo» (pag. 82). L'analisi dell'ipotesi euroatlantica offre invece l'occasione d'osservare più nello specifico il fenomeno dell'americanismo. L'Autore distingue tra un "americanismo interno" ed un "americanismo esterno". L'americanismo interno, «o americanismo rivolto esclusivamente al popolo eletto degli Stati Uniti d'America, è una ideologia messianica di una missione speciale assegnata dal Dio biblico veterotestamentario protestantico-sionista ad un popolo specifico, e solo a quello» (pag. 86). L'altro è invece l'americanismo «di esportazione», che si manifesta diversamente nel mondo, dovendosi adattare alle culture locali per plasmarle secondo «un modello di esportazione di un capitalismo individuale dei consumi (ovviamente diversi per livello di reddito e di potere d'acquisto), e non di un capitalismo gerarchizzato delle classi e dei ceti». La sua forza - prosegue Preve - «è anche di porsi integralmente al di là dell'obsoleta dicotomia europea fra Destra e Sinistra, in quanto ha metabolizzato nella sua identità sia elementi di destra che di sinistra, e cioè la competizione agonale (destra) e l'egualitarismo culturale (sinistra)» (pag. 87). Essendo da oltre un decennio decaduti i presupposti dell'impari "alleanza atlantica", l'Autore si chiede da dove nasca «questo scandaloso "servilismo autonomo"», e per darsi una risposta - fermi restando i due elementi di cui sopra - compie un veloce excursus sulle principali culture politiche nazionali dell'Europa. Viene ultima, ma non perciò meno importante, la trattazione dell'ipotesi eurasiatica, il cui principale argomento è che «mentre l'americanismo, a causa del suo carattere messianico ed espansivo, mette in mortale pericolo l'identità culturale europea, questo non avviene per l'eurasiatismo, perché la Russia (che fa comunque parte integrante dell'Europa, sia pure con alcune modalità particolari), e ancor più la Cina, l'India, i paesi dell'Asia Centrale e il Giappone non sono dotati di una natura "cannibalica" espansiva, e possono diventare partners eguali e non diseguali dell'Europa» (pag. 107). Questo quinto ed ultimo capitolo si chiude con una vera e propria (benché sintetica) disamina delle possibilità geopolitiche d'un blocco continentale, condotta con grande oggettività e realismo, nonché con una competenza per certi versi inaspettata in un filosofo. Concludono l'opera un epilogo e una nota bibliografica generale sviluppata in forma discorsiva.
Filosofia e geopolitica è un saggio prevalentemente orientato verso il primo di questi due ambiti - cosa che non è né sorprendente né spiacevole, essendo l'Autore un noto studioso di filosofia. Questo fatto, e alcuni brani citati nel corso della recensione, potrebbero far pensare all'opera come a un libro molto specialistico e complesso, adatto solo agli addetti ai lavori. Ciò sarebbe errato, poiché - per quanto una competenza almeno di base in materia filosofica aiuti nella comprensione - Costanzo Preve possiede la dote di esprimersi in un linguaggio piano, semplice e lineare, senza eccessi formali o d'erudizione, e di tale dote fa un ampio uso in questo saggio. Esso, inoltre, è condito di frequenti e stimolanti disgressioni - sempre funzionali al discorso centrale e mai dispersive - e d'una buona dose d'ironia, capace di rendere ancora più piacevole la lettura dell'opera.

(D. Scalea, “Eurasia. Rivista di studi geopolitici”, 3/2005)

Ierocle
30-04-09, 11:13
Karl Haushofer, Italia, Germania e Giappone, Edizioni all'insegna del Veltro, pp. 27, 5

Il testo di Haushofer si contraddistingue per la sua chiarezza e semplicità, ed in questo senso rappresenta un documento didattico di rilevante importanza per gli studiosi di geopolitica. Da scienziato della geopolitica, egli evidenzia gli elementi geografici che hanno influito sulla storia e sulla politica dei tre popoli in esame, soffermandosi brevemente sulla analoga formazione delle cellule regionali avvenuta in Germania e in Giappone e sulla fondazione di Roma, Berlino e Tokyo (…) Un termine che ricorre spesso negli scritti di Haushofer è quello di “destino”. (…) La coscienza di un destino comune dei popoli e delle nazioni che vivono nel “paesaggio” eurasiatico è la sola arma che abbiamo per sconfiggere la civilizzazione occidentalistica e talassocratica dei predoni del XXI secolo. (“Rinascita”, 4 aprile 2004)

Ierocle
30-04-09, 11:14
Karl Haushofer, Il Giappone costruisce il suo impero, Edizioni all'insegna del Veltro, pp. 445, 25,00

Karl Haushofer, il maestro della geopolitica, troverà la propria "scuola geopolitica" proprio in Giappone, dove giunse nel 1908 (…) Japan baut sein Reich uscì anch'esso nel 1941, a Berlino. Indipendentemente dalle circostanze storiche della sua pubblicazione, Il Giappone… rimane 'un testo fondamentale sia per lo studio della storia passata e recente di questo paese per molti aspetti unico, risorto nel secondo dopoguerra come potenza economica, sia per la disciplina geopolitica, per la sua analisi comparata tra storia e geografia dell'impero nipponico", sicché "non c'è dubbio che il presente testo raggiunga lo scopo, incentrando la sua disamina storica sui pilastri fondanti dell'analisi geopolitica dello stato quale espressione organica ed organizzata dei popoli: spazio, posizione, struttura, movimento". Così scrive, nel lungo saggio su Karl Haushofer e la geopolitica dell'Impero Nipponico pubblicato in appendice a questa nuova edizione, uno studioso di geopolitica, Carlo Terracciano, il quale inoltre nota come Haushofer, tracciando la storia plurimillenaria del Giappone, dalle origini fino alla guerra mondiale, intervenga puntualmente con considerazioni d'ordine geografico, "allargando progressivamente lo sguardo dall'arcipelago all'intero pianeta, via via che il moderno Giappone vi assume un ruolo sempre più rilevante; in particolare tutta l'area del Pacifico, che lo pone in competizione diretta con le potenze marittime anglosassoni". Insomma, ci troviamo dinanzi ad un'opera di grande rilievo, sia per il metodo, sia per l'argomento trattato. ("Rinascita", 8 settembre 1999)

Ierocle
30-04-09, 11:16
François Thual, Il mondo fatto a pezzi, Edizioni all'insegna del Veltro, pp. 130, € 15,00

L’ultimo lavoro di François Thual, Il mondo fatto a pezzi, riveste a mio avviso una notevole rilevanza per chiunque abbia un qualche interesse nell’ambito della geopolitica. Questo per una serie di ragioni. Innanzitutto perché delinea con estrema chiarezza e fondatezza di argomenti gli scenari geopolitici attuali nel panorama internazionale. In secondo luogo perché conferma ancora una volta, caso mai ce ne fosse ancora bisogno, la validità del metodo geopolitico come chiave di lettura dei conflitti attuali, passati e futuri, come ben dimostra il colloquio finale tra l’Autore e Tiberio Graziani, che impreziosisce un lavoro già di per sé notevole: una dottrina, quella geopolitica, che è anche – o forse soprattutto – prassi, poiché “codifica le possibilità che gli Stati hanno di dispiegarsi sulla scena internazionale” (pagg. 116 – 117), e che conferma “l’irreversibile divisione del mondo contemporaneo in due blocchi contrapposti, quello dei dominanti e quello dei dominati” (pag.112).

Il tema principale di cui si occupa l’Autore consiste nella considerevole proliferazione di Stati sulla scena internazionale che si è avuta in particolare nel XX secolo: una fase che ha preso il posto di quella precedente, caratterizzata dai processi di colonizzazione – decolonizzazione. La drammaticità di tale situazione ci è chiara fin dalla copertina di questo libro, che mostra quanto oggi l’Europa sia frammentata in tutta una serie di Stati e staterelli, somiglianti più ad un puzzle che ad un entità geopolitica che si pretenda autonoma in campo militare economico e politico, in una parola, sovrana.

La situazione attuale, più che rispondente ad un disegno geopolitico ben preciso e studiato a tavolino, risulta figlia di una serie di scelte strategiche concrete attuate dalle grandi potenze. Tali potenze sono denominate dall’Autore “La Triade”: America del Nord, Europa Occidentale e Giappone. Le scelte attuate da tali potenze sullo scacchier?e internazionale hanno contribuito a creare l’attuale scenario, che non è immobile e stabile, quanto suscettibile di numerosi ed il più delle volte drammatici cambiamenti. Un panorama in continua evoluzione quindi, anche in virtù del fatto che non sempre i movimenti di tali grandi potenze sono stati univoci: pur perseguendo il medesimo disegno, ossia quello di trarre il massimo profitto, le potenze della Triade hanno talvolta cercato di disgregare entità geopolitiche omogenee al fine di indebolirle, talvolta invece hanno favorito la nascita di aggregazioni statuali disomogenee con l’intento di attirarle nell’orbita della propria influenza. In che modo e in quale lasso di tempo il lettore avrà modo di scoprirlo addentrandosi nella lettura di questo breve ma ficcante volumetto.

Notevoli sono anche i passaggi dedicati alla parte orientale del continente eurasiatico, in particolare Russia e Cina. Si ha così modo di scoprire che, pur essendo – o essendo stati – entrambi i paesi sotto il controllo del Partito Comunista, questi due grandi imperi hanno attuato strategie geopolitiche diverse. Nel caso della Russia, inoltre, il suo dissolvimento ha dato inevitabilmente il la alla nascita di una miriade di entità statuali.

Nell’evidenziare i processi disgregatori che hanno dato luogo alla nascita di decine di Stati – una cinquantina nell’ultimo dopoguerra, ben 195 oggi! – l’Autore conferisce a tali entità un differente grado di dignità (pag.15): esistono veri e propri Stati, corrispondenti a sentimenti identitari ben configurati e preesistenti alla nascita dello Stato stesso; vi sono invece altri Stati in cui un particolarismo di qualche tipo ha preceduto la costruzione di consolidamenti identitari, essendo in molti casi prodotto artificiale di costruzioni create a tavolino. Per non parlare di quelle microparticelle che l’Autore chiama, a ragione, nano – Stati: minuscoli arcipelaghi divenuti paradisi fiscali o microscopiche entità amministrative gelose delle proprie esigue risorse.?

La tendenza che abbiamo potuto osservare negli ultimi decenni è quindi di tipo prevalentemente disgregatrice – anche se, come accennato, esistono delle eccezioni – , come dimostra – ultima in ordine di tempo – la nascita del narco – stato fantoccio del Cossovo. Questa “libido sovranista” (pag. 107) da parte di entità troppo deboli per sostenere un onere gravoso come la sovranità, non ha fatto altro che creare una miriade di Stati – clienti a sovranità limitata (“consumatori consenzienti di sovranità”, pag. 27), soggetti ai capricci delle potenze che li controllano. “La frammentazione del mondo” infatti “rafforza i paesi forti e indebolisce i paesi deboli”, essendo oltretutto evidente che rappresenta “un mezzo di dominio e di controllo più efficace di quello costituito dai vecchi imperi coloniali” (pagg. 24 – 25). Si tratta insomma del sempre valido principio del divide et impera. Nelle sue conclusioni, il Nostro, stilato un bilancio più che esaustivo della situazione attuale, delinea quelli che saranno secondo lui gli sviluppi che si potranno aprire in un prossimo futuro, individuando contesti “a bassa sismicità geopolitica” e “ad alta sismicità geopolitica” (pag.85). Un affresco condivisibilmente pessimista, considerato che difficilmente tali cambiamenti potranno avvenire in maniera indolore.

Volendo addivenire ad una conclusione al termine di questo breve viaggio attraverso le macerie dei grandi imperi della Storia, si può intravedere nei processi che hanno portato allo scenario geopolitico attuale – e credo che il dimostrarlo sia stato uno degli intenti dell’Autore – un unico fil rouge, una tendenza di fondo che aiuta a capire come tali accadimenti non siano quasi mai frutto del caso, quanto siano un miscuglio imponderabile di necessità, egoismo ed interesse.

Un’annotazione aggiuntiva va fatta, a parer mio, anche sul linguaggio utilizzato: grazie ad una serie di abili metafore mutuate in particolar modo dall’ambito medico, si ha l’opportun?ità di leggere quello che con ogni probabilità costituisce un unicum, dal punto di vista del linguaggio, nel panorama degli studi geopolitici.
Augusto Marsigliante



L'Autore
François Thual (1944), ex funzionario civile del ministero francese della Difesa, insegna al Collège Interarmes de Défense e all’École Pratique des Hautes Études. Autore di una trentina di opere dedicate al metodo geopolitico ed alla sua applicazione in diverse zone del mondo, si è occupato in particolare di geopolitica delle religioni (Ortodossia, Islam sciita, Buddhismo).