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23-09-06, 23:49
Al di là degli articoli apparsi sulla stampa, in merito alla Legge regionale 18 maggio 2006, Istituzione, attribuzioni e disciplina della Consulta per il nuovo statuto di autonomia e sovranità del popolo sardo, prendendo atto:
dell’abbandono della “Assemblea costituente”;
della bocciatura del Governo italiano della stessa Consulta;
del nome di chi andrà a presiederla;
sarebbe il caso di iniziare ad entrare nel merito dei contenuti più specifici per i quali la Consulta è stata istituita.
Per fare questo, è necessario analizzare le “linee guida” contenute nel testo della legge, che integralmente si trova in questo link:

http://www.regione.sardegna.it/documenti/1_46_20060519165839.pdf
L’art. 2 indica gli argomenti che la stesura dell’articolato “statutario” dovrà considerare.
Ho evidenziato in grassetto la terminologia che sottintende concetti (a mio parere) niente affatto scontati e sui quali invece si dovrebbe qualificare e caratterizzare la “Carta” fondamentale della “identità” della Sardegna nel suo ordinamento politico-istituzionale, giuridico, amministrativo.
Proverò quindi, nei successivi post, ad esprimere qualche considerazione in proposito.


Art. 2 Progetto di statuto
1. Il progetto di nuovo statuto regionale è redatto sotto forma di articolato, preceduto da un preambolo di principi, ed accompagnato da una relazione. Per ciascuna delle parti o per singoli aspetti possono essere previste più ipotesi od opzioni.
2. L'articolato deve considerare indicativamente i seguenti argomenti:

a) principi e caratteri della identità regionale; ragioni fondanti della autonomia e sovranità; conseguenti obblighi di Stato e Regione in relazione a tali caratteri, individuando idonee forme per promuovere i diritti dei cittadini sardi in relazione a condizioni connesse alla specificità dell'Isola;
b) definizione di competenze e poteri legislativi ed amministrativi della Regione, mediante ricognizione di quelli attualmente attribuiti dallo Statuto e dalla Costituzione e l'individuazione di altre ulteriori o più ampie competenze
c) autonomia finanziaria e impositiva attraverso la individuazione di entrate certe sia ordinarie, sia dirette a garantire forme di perequazione ed integrazione al fine di superare situazioni di arretratezza, ridurre le diseconomie derivanti dall'insularità, garantire investimenti sostitutivi per il caso di mancata inclusione nei programmi nazionali di infrastrutturazione; forme di intesa per la definizione delle entrate variabili;
d) rapporti con gli enti locali: principi in materia di ordinamento degli enti locali, forme di promozione e valorizzazione delle autonomie, principi che devono presiedere alla distribuzione delle funzioni a fini di sussidiarietà, adeguatezza, differenziazione, cooperazione, coesione fra i diversi enti e comunità locali;
e) principi in materia di ordinamento e forma di governo della Regione: fonti, rapporti con i cittadini, forme di partecipazione;
f) poteri regionali rispetto alle politiche statali, forme di intervento ed intesa con organi dello Stato, forme di garanzia e tutela al fine di raggiungere intese per l'attuazione di interventi pubblici nel territorio regionale;
g) poteri esteri regionali e principi in materia di forme di partecipazione riguardo alla definizione delle politiche e della normativa dell'Unione europea;
h) forma e valore dello Statuto, garanzie procedimentali e limiti di revisione.
3. Il progetto può indicare ogni altro argomento ritenuto rilevante al fine di definire autonomia e elementi di sovranità regionale e formulare proposte ad essa relative.
4. Il progetto di statuto, una volta predisposto ed approvato dalla Consulta, è trasmesso al Consiglio regionale, messo a disposizione dei consiglieri regionali ed assegnato alla Prima Commissione permanente che, sulla base del testo elaborato, presenta al Consiglio regionale una proposta di legge di nuovo statuto, per il suo esame secondo il normale iter legislativo.

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23-09-06, 23:56
“Regione” e “regionale”.

Ritengo anacronistico, intollerabile culturalmente prima ancora che politicamente, dare per scontato e accettare acriticamente di utilizzare il termine Regione ed il suo corrispettivo attributo di “regionale”.
Nel momento in cui, da almeno trent’anni, inizialmente da parte delle avanguardie politiche sardiste e “neosardiste”, successivamente diventato patrimonio ormai acquisito e consolidato di quasi tutti i partiti presenti in Sardegna, il concetto di Nazione sarda (o se si preferisce quello di “nazionalità) esprime compiutamente e correttamente sotto qualsiasi profilo, l’essenza del Popolo Sardo nell’ambito del proprio territorio.

Esiste una vastissima letteratura in merito al significato e definizione di “Nazione”, peraltro in continua evoluzione.
Personalmente sono abbastanza legato alle analisi contenute nei saggi di Sergio Salvi degli anni ’70, in particolare “Le Nazioni proibite” del 1973 e soprattutto“Patria e Matria” del 1978, entrambi pubblicati da Vallecchi.

Nel consigliarne la lettura, non posso fare a meno di riportare alcune spiegazioni e definizioni, in merito al termine di “Regione” ed a quello più pertinente di Nazione e Nazionalità.

Da Patria e Matria, nel capitolo “Lo stato plurinazionale italiano” si legge:

Abbiamo detto che non solo la Francia e la Spagna appaiono stati oggettivamente plurinazionali ma che è tale anche lo stato italiano. In Italia, tuttavia, non è facile identificare di colpo quali siano le reali nazionalità. Una lunga tradizione storiografica « patriottica » ed un costume culturale conseguente hanno sempre nascosto ai cittadini italiani la reale composizione nazionale del loro stato, brillantemente coadiuvati, in quest'opera di mistificazione, dalla scuola e dai mass media. Il vocabolario ufficiale dello stato italiano registra soltanto la nazionalità italiana, che è pertanto terminologicamente imposta a tutti i cittadini *.

* « Nel linguaggio giuridico italiano, nazione è sinonimo di stato, quindi rimanda alle esperienze " statali " e non a quelle " nazionali ', » (Paolo Biscaretti di Ruffia, Diritto costituzionale, Napoli 1956).

Esso riconosce, al massimo, alcune varianti linguistiche all'interno di questa nazionalità unica di stato (le «minoranze linguistiche»), nazionalità che è però soltanto una categoria giuridica relativa ad un ordinamento particolare e non ha alcun valore a livello politico, storico e scientifico.
….

Per ribadire il proprio incorreggibile centralismo e paternalismo, lo stato italiano ha agito, nel secondo dopoguerra, come una qualunque industria manifatturiera, mettiamo la Fiat. Così come la Fiat si è « decentrata » istituendo un certo numero di filiali, così lo stato italiano ha operato il proprio « decentramento » istituendo un certo numero di regioni e dotandole di poteri autonomi irrisori, oltretutto concessi col contagocce e tuttora ben lungi dall'essere stati concessi tutti. t in questa ottica che va valutata la cosiddetta autonomia regionale. Le regioni sono autonome, nei confronti dello stato, quanto le filiali della Fiat lo sono nei confronti della direzione commerciale centrale: potranno magari scegliere l'arredamento delle loro sedi e il colore della moquette da distendere nell'ufficio del direttore (anche se questa « autonomia » non è del tutto e dappertutto provata) ma non certo il prezzo e il modello delle vetture che debbono vendere per conto della casa-madre.
….

Come è potuta avvenire una tale confusione, come è stato possibile esprimere tanto disprezzo nei confronti delle diverse comunità regionali, adottare un atteggiamento così irrispettoso nel tracciare confini che, essendo interni, non avrebbero pregiudicato in alcun modo l'integrità dello stato? E’ presto detto (e dispiace che la grande maggioranza degli italiani ignori questa storia disonorevole). Perché sia detto presto e bene, lasceremo la parola a uno scienziato autorevole: « Non raramente chi si occupa di temi regionali italiani è indotto a chiedersi quanto abbia pesato - e quanto pesi - sull'organizzazione territoriale l'orientamento che l'Assemblea Costituente assunse alla fine dell'ottobre 1947. Di fronte alla necessità, non facile e per molti addirittura fastidiosa, di mettere a punto i criteri con cui suddividere il territorio italiano in regioni, i Costituenti finirono, su proposta dell'economista Epicarmo Corbino, per scegliere la via più comoda: stabilirono che le regioni italiane - da elencarsi nella Carta costituzionale -- dovessero coincidere con le circoscrizioni statistiche, cioè con quelle aree che un secolo prima il Maestri aveva delimitato solo agli effetti della rilevazione dei dati censuari e per analoghe operazioni. Ciò avvenne malgrado che i geografi, per mezzo di una lucida relazione... avessero invocato la necessità di definire l'architettura regionale in base a principi ben più validi... ». E’ da notare come tali circoscrizioni, istituite nel 1861, avessero inopinatamente cambiato nome nel 1912, ad iniziativa della Direzione Generale della Statistica del Regno d'Italia e soltanto « per ministeriale confusione e ignoranza », come spiega un altro illustre geografo, e fossero improvvisamente diventate « regioni ».

Dal capitolo “Una definizione della nazionalità” :

Come potremo dunque definire la nazionalità? Essa può prudentemente definirsi come un gruppo umano che abita un territorio determinato e che si differenzia dagli altri gruppi per un insieme di caratteristiche che possono essere linguistiche, culturali (in senso ampio), storiche e socio-economiche, le quali comportano nei membri di questo gruppo la coscienza di una identità particolare, non necessariamente esplicita, che si concreta nella tendenza ad organizzare autonomamente il proprio spazio politico, culturale e perfino amministrativo (ciò che in determinati contesti si chiama « stato »). Le nazionalità sono categorie collettive e non somme di individui dotati di caratteri nazionali (culturali se non biologici) in qualche modo privati e trasferibili nell'ambito di diverse comunità. Questa definizione è, come si vede, abbastanza larga e ci pare sostanzialmente corretta. Al pari delle classi sociali, delle classi d'età, dei sessi ecc., anche le nazionalità sono dunque gruppi sociali. A differenza però degli altri gruppi enumerati, le nazionalità sono anche società globali. Per questa loro caratteristica, esse appaiono, da un certo punto di vista, più simili agli stati che non, ad esempio, alle classi sociali. Le nazionalità costituiscono dunque categorie sociologiche nel senso specifico delle società globali.

E più avanti…

Le nazionalità sono anche categorie storiche, nel senso che non sono entità metafisiche, costanti e perenni, magari trasmissibili per via ereditaria, ma formazioni comunitarie che emergono in un determinato periodo sotto la spinta di fattori storico-sociali generali e sono sottoposte, dall'ulteriore gioco di questi fattori nel quale pure si inseriscono, ad una loro storia particolare che può perfino portare alla loro estinzione, spesso per assorbimento in un'altra nazionalità. Ma anche alla loro rinascita o addirittura ad una loro nascita. D'altronde, le nazionalità sono nate proprio come fusione di unità minori (tribù, clans, oppure pievi e « città » come nel mondo romanzo), fusione che appare sovente come assorbimento delle unità più deboli entro una unità in qualche modo più forte. Questa fusione è avvenuta sul presupposto del riconoscimento di una origine comune (non importa se reale o presunta), attraverso la fruizione di alcune istituzioni comuni, con l'uso di una lingua comune (anche se frazionata in dialetti tra loro diversi), mediante la produzione di una cultura più o meno comune (inclusa una cultura materiale che produce i suoi corollari economici) nella quale figura in primo piano una religione (od una ideologia) comune. Nel vocabolario di Marx ed Engels, la nazionalità è una formazione cristallizzata nell'alto medioevo, a partire da un « aggrovigliarsi di popoli » su di un particolare territorio. Questa concezione è sostanzialmente corretta, anche se troppo legata alla storia europea: perlomeno le date sarebbero assai differenti se si dovesse parlare di nazionalità asiatiche o africane.
L'assoluta storicità della categoria cui pertengono le nazionalità è dimostrata dal fatto che esse possono essere identificate soltanto a posteriori, mai a priori, sulla base di uno schema rigido e inflessibile. Ciò dipende dal gioco sottile e spesso imprevedibile dei fattori che determinano la nazionalità e che possono essere considerati come prodotto piuttosto che come somma di elementi isolati.

Nell’ultimo capitolo “Friuli e Sardegna: la scoperta della nazionalità”, si legge:

E’ curioso rammentare in proposito, fra i documenti che legano fino dal suo sorgere la questione nazionale alla questione sociale, alla lotta di classe, quanto fu scritto per mano di un certo Lassalle sul giornale socialista sardo «La folla» nel 1907: «Vogliamo essere stranieri per l'Italia: vogliamo essere stranieri per diritto, come ne siamo stranieri per abiti, per linguaggio, per costume, per indole; come ne siamo stranieri di fatto, di fronte a tutti gli altri che Roma accomuna»


Pertanto, quando ci si riferisce alla Sardegna, non di “Regione” si dovrebbe parlare bensì di Nazione.
Anche perché, forse, a molti è sfuggito che negli Statuti vigenti di molti Comuni sardi, la consapevolezza ed il riconoscimento formale della Nazione sarda è stato affermato “istituzionalmente” da 10 o 15 anni, grazie agli amministratori sardisti di allora, dopo diverse battaglie nei Consigli comunali, a cui (in bidda mia) ho partecipato in prima persona.
Pur essendo gli “statuti degli enti locali” collocati nell’ordinamento giuridico italiano quali complessi di norme regolamentari di secondo grado.

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24-09-06, 00:08
Nei primi anni ’90 a cavallo con il rinnovo delle amministrazioni locali, a seguito della L. n° 142 dell’8 giugno 1990 sulle autonomie locali, i Comuni dovettero dotarsi di un proprio Statuto.

Con le delusioni del governo regionale “di sinistra e sardista” come allora si diceva, diverse amministrazioni comunali in Sardegna che avevano ricalcato quella formula politica, da parte dei sardisti cominciavano a subire dei ripensamenti che si tradussero in coalizioni variegate.
Io stesso, assessore dal 1985 al 1990 con una coalizione PCI-PSd’Az-PSI, purtroppo conclusi un accordo con DC-PSI e PSd’Az, vincendo le elezioni e ricoprendo la carica di vice-sindaco, fino alle mie dimissioni nel ’92 (**), restando comunque in Consiglio comunale all’opposizione.

Uno degli adempimenti importanti che coinvolsero subito le amministrazioni locali fu l’adozione dello Statuto (Comuni e Province).
Il PSd’Az fu tra i primi a mobilitarsi, intuendo le potenzialità insite in quel nuovo strumento normativo.
Il 27 gennaio 1991 in un convegno dei segretari di sezione della federazione di Oristano, svoltosi a Is Arenas (Narbolia), l’argomento venne discusso a seguito di una relazione introduttiva di Salvatore Bonesu, che diede il supporto tecnico-politico.
Mi sembra opportuno farne conoscere i contenuti:


Sintesi della relazione di Salvatore Bonesu:
“L'azione sardista nei Comuni e gli statuti”
Qualcuno potrà chiedersi perché una relazione di questo titolo venga fatta ad un convegno di segretari di sezione anziché ad un convegno di amministratori sardisti.
La scelta, che certamente non esclude che il tema possa essere ripreso e maggiormente sviluppato con gli amministratori, a brevissimo termine secondo le intenzioni della Federazione, deriva da un concetto semplicissimo a cui noi sardisti spesso non diamo l'importanza che merita.
Se per gli altri partiti amministrare gli Enti Locali è fare pura attività amministrativa, molto spesso al solo fine di ricercare il voto clientelare, per noi sardisti, che non deleghiamo le scelte politiche ad uno Stato in cui non crediamo, fare amministrazione è fare politica nella sua totale e piena accezione.
Per cui l’amministrazione dei Comuni non può essere rimessa, come attività lontana dalle fondamentali scelte politiche, ai soli amministratori comunali, ma deve essere oggetto di scelte politiche del Partito in tutte le sue espressioni ed in primo luogo delle sezioni.
Ciò è tanto più vero in un momento come questo di rapida evoluzione degli Enti Locali verso nuovi modelli.
Il Partito Sardo d'Azione è per sua natura il partito delle autonomie locali.
I sardisti credono che il potere sia del popolo riunito in comunità e che le strutture, quali gli stati, che comprendono più comunità locali, traggano la loro legittimità solo dal consenso, fondato sulla pari dignità delle comunità.
I Comuni, ed in particolare gran parte dei comuni della Sardegna, che hanno una storia millenaria, esistono prima dello Stato, ma la Repubblica Italiana, nonostante le proclamazioni di tutela delle autonomie li ha sottoposti ad un regime centralistico che non consente loro, quali enti pubblici a più diretto contatto con il cittadino, di far fronte alla sempre più accentuata richiesta di servi.
I comuni, nella regolamentazione che è stata loro data con successivi provvedimenti del 1911, 1915 e 1934, erano sostanzialmente degli organi di decentramento dello Stato.
Dovevano, e devono, infatti curare servizi di interesse sostanzialmente statale: anagrafe, stato civile, leva, riscossione delle imposte, edifici, attrezzature e personale ausiliario delle scuole, ecc..
Il tutto sotto la direzione di un funzionario statale distaccato presso il Comune, il segretario comunale.
E' chiaro che una siffatta concezione del Comune non soddisfava le esigenze dei cittadini, che premono per l'istituzione di nuovi servizi sociali e culturali per la creazione di infrastrutture (impianti sportivi, trasporti, teatri, sale di riunione, ecc.), per l'intervento più o meno diretto del Comune nel campo economico.
La L. 142 del 1999 ha almeno teoricamente capovolto questa impostazione.
Ha nell'art. 2 affermato che il Comune quale istituzione amministrativa non è altro che il rappresentante di un soggetto politico preesistente e cioè la comunità e della comunità deve tutelare gli interessi e promuovere lo sviluppo.
Questi concetti dobbiamo, come sardisti, sviluppare chiedendo ai nostri amministratori comportamenti coerenti.
Circolano bozze di statuti comunali che non definiscono neanche il concetto di comunità e sarebbe assurdo che amministratori sardisti si adagiassero su tali impostazioni, sprecando una occasione irripetibile per dare corpo, con atti aventi rilevante valore giuridico e politico quali gli statuti alla nostra visione delle comunità locali e del loro raccordarsi con una entità più vasta e cioè col Popolo Sardo.
E' chiaro che nell'attuazione di ciò siamo fortemente condizionati dalle leggi dello Stato Italiano e dobbiamo trovare formulazioni che siano compatibili giuridicamente con tali leggi.
Si potrebbe avanzare, e la proponiamo come ipotesi di lavoro, la seguente bozza:


Titolo I
La Comunità
Articolo 1
La comunità di ... è l'insieme degli uomini e delle donne che per tradizione familiare, o per loro libera scelta. ritengano di farne parte per i legami di natura culturale, economica e sociale che hanno col territorio di ... e con gli altri membri della comunità.
La qualità di membra della comunità si perde solo per decisione personale di non farne più parte.
Qualora la legge non preveda espressamente che un obbligo o un diritto sorga, perduri o si estingua, in relazione alla residenza del soggetto, o ad altra criterio di collegamento col territorio, i diritti ed obblighi verso la comunità e le sue istituzioni sorgono, perdurano e si estinguono in relazione all'appartenenza o meno alla comunità secondo le norme precedenti.


Articolo 2
La comunità di ... è parte del Popolo Sardo ed il suo territorio ed i suoi cittadini appartengono alla Nazione Sarda.
La lingua della comunità è il sardo.
La religione della comunità è la cristiana cattolica.


Articolo 3
La comunità,, erede delle tradizioni storiche plurisecolari degli abitanti di .... è fondata sull'istituzione familiare, vive del lavoro dei propri componenti ed ispira la propria azione ai principi di libertà, uguaglianza e fraternità.


Titolo II
Il Comune
Articolo 4
La Comunità di ... è rappresentata dal Comune di .... che, operando nel rispetto delle leggi della Repubblica Italiana e della Regione Autonoma della Sardegna, ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo secondo la necessità e la volontà, espressa nelle forme di democrazia diretta e rappresentativa, della Comunità stessa.
Il territorio del Comune è quello che per antica consuetudine appartiene alla Comunità.

E' chiaro che da questa impostazione, che vede la comunità, e di conseguenza l'istituzione comunale, fortemente caratterizzati in senso etnico derivano conseguenze rilevanti.
Nei compiti del Comune dovrebbero figurare la tutela dell'identità della comunità non limitata ai soli residenti ma comprendente anche gli emigrati, la tutela e la promozione della cultura e della lingua della comunità, la facoltà di uso della lingua della comunità da parte del cittadino ed il relativo onere del Comune di rispondere in tale lingua.
Tale ultima evenienza potrebbe essere così codificata:


Art. 18
La lingua del Comune è quella sarda della Comunità, come comunemente usata.
Salvi gli obblighi di redazione di traduzione ufficiale, nei casi previsti dai commi seguenti, ogni atto pu6 essere redatto nella lingua della Comunità.
Gli atti aventi rilevanza giuridica nell'ordinamento della Repubblica Italiana devono essere stesi ín lingua italiana, o comunque in tale lingua deve essere stesa traduzione avente valore di atto originale.
Gli atti aventi rilevanza giuridica nell'ordinamento della Comunità Europea, salva l'applicazione della norma precedente ove abbiano rilevanza giuridica anche nell'ordinamento della Repubblica Italiana, devono essere stesi in una lingua ufficiale della Comunità Europea, o comunque in tale lingua deve essere stesa traduzione avente valore di atto originale.
I membri della Comunità possono avanzare istanze agli organi del Comune, o comunque corrispondere con essi, nella lingua sarda della Comunità.
In tal caso gli organi del Comune sono tenuti a rispondere nella lingua della Comunità, salvo l'obbligo dì allegare traduzione ufficiale in lingua italiana, avente valore di originale, ove dall'atto dì risposta possano derivare conseguenze giuridiche.
Nelle sedute collegiali degli organi comunali è libero l'uso orale della lingua della Comunità, ma i verbali devono contenere comunque, in lingua italiana, la sommaria traduzione di quanto affermato.
Qualora la verbalizzazione debba essere, per richiesta dall'intervenuto integrale, l'oratore deve dare traduzione in lingua italiana di quanto precedentemente affermato in lingua sarda.
Le insegne pubbliche, poste a cura del Comune o delle sue istituzioni, dovranno essere bilingui e contenere tutte le indicazioni nella lingua della Comunità ed in lingua italiana.

Ma i caratteri identificativi della Comunità sono espressi anche con la toponomastíca. Il relativo articolo potrebbe essere così formulato:


Art. 27
Il Comune Conserva e ripristina la toponomastica originaria, secondo la tradizione scritta e orale.
La toponomastica all'interno degli abitati è definita nella lingua sarda della Comunità ed in lingua italiana. Nelle certificazioni la toponomastica è espressa in entrambe le lingue, negli altri casi l'uso è libero.
Nessuna variazione di toponomastica può sopprimere la precedente denominazione se non dopo dieci anni dall'adozione.
Durante i dieci anni successivi all'adozione della variazione nelle certificazioni sarà indicata la nuova denominazione seguita dall'indicazione che precedentemente vi era altra denominazione.
Ai cittadini residenti, o esercitanti attività aventi rilevanza fiscale, nelle vie di cui sia stata modificata la denominazione dovrà essere consegnato d'ufficio certificato attestante la modificazione.
La Giunta Comunale adotterà i provvedimenti relativi alla toponomastica sentita una commissione formata da cinque studiosi della storia, della lingua e delle tradizioni della Comunità, eletta dal Consiglio Comunale con voto limitato a tre nomi.

E' chiaro che l'impronta sardista sugli statuti comunali non può esaurirsi in articoli così formulati se avulsi da tutto il contesto.
L'autonomismo sardista deve permeare tutto lo statuto ed in particolare, come si diceva, la definizione dei compiti del comune. Il relativo articolo potrebbe essere così formulato:


Art. 5
Il Comune di ... ha quali compiti, oltre quelli assegnati per legge statale e regionale:
1) La tutela, lo sviluppo, la promozione, la diffusione e l'insegnamento della cultura e della lingua della Comunità e del Popolo Sardo;
2) L'apprestamento dei mezzi per l'esercizio del culto della religione della Comunità;
3) La tutela del territorio della Comunità, del suo paesaggio, dei suoi monumenti,, dei beni artistici ed archeologici, delle sue potenzialità economiche.
4) La liberazione dal bisogno di tutti ì membri della Comunità e la creazione di condizioni economiche e sociali che consentano loro il pieno sviluppo della loro personalità;
5) La promozione e la tutela del lavoro quale diritto e dovere di tutti ì membri della Comunità;
...
Il Comune esplica i suoi compiti nel rispetto delle competenze delle altre Pubbliche Amministrazioni nei limiti delle sue capacità finanziarie, adottando il metodo della programmazione, provvedendo direttamente, o tramite sue istituzioni, o in concorso con altri Enti Pubblici o privati, nelle forme previste dalla legge e dal presente statuto.
Il Comune esplica i suoi compiti nei confronti di tutti i membri della Comunità, ovunque si trovino.

Con queste proposte si è voluto dare l'inizio ad un complesso dibattito, che certamente rappresenterà un momento ,di crescita culturale e politica del Partito.
Potevamo anche noi adagiarci su proposte di statuto come quella della Association Internationale pour la Defense des Langues et Cultures Menacées, ma ciò sarebbe stato rinunziare al nostro diritto e dovere di pensare, in sardo, con la nostra testa e la nostra barrita, portando con concretezza i principi federalistici nella nostra realtà.
Dobbiamo cercare, anche dove siamo in minoranza, di costringere gli altri partiti a scendere sul nostro terreno, interessando ì cittadini alle nostre proposte e confrontandole con quelle di chi non vuole il pieno esplicarsi delle autonomie locali.
Dobbiamo, dove siamo in maggioranza ma in coalizione, non sacrificare il nostro essere sardisti ad equilibri fondati su una nostra rinunzia a fare le nostre battaglie.
Dobbiamo dove abbiamo la maggioranza attuare, nei limiti dell'ordinamento dello Stato, le nostre scelte politiche.

Cando si tenet su 'entu est prezisu bentulare.

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24-09-06, 00:16
Successivamente la bozza venne rivista e completata con oltre 50 articoli, dando modo agli amministratori sardisti di proporla e farla approvare nei rispettivi Consigli comunali (e Provinciali) adeguandola alle singole realtà locali.
Ne ripropongo i primi tredici articoli, che caratterizzano l’”identità” della comunità e del Comune:


TITOLO I
La comunità ed il Comune

Capo I
La comunità
Art. 1 - La comunità
1 - La Comunità di ………. è l' insieme degli uomini e delle donne che per nascita, o per tradizione familiare, o per loro libera scelta, ritengano di farne parte per i legami di natura culturale, economica, sociale che hanno col territorio e con gli altri membri della Comunità.

Art. 2 - I membri della comunità
1 - La qualità di membro della Comunità si perde solo per decisione personale di non farne più parte.
I diritti e gli obblighi verso la comunità e le sue istituzioni sorgono, perdurano e si estinguono in relazione all'appartenenza o meno alla comunità stessa, salvo che la legge non preveda espressamente che un obbligo od un diritto sorga, perduri o si estingua in relazione alla residenza del soggetto o ad altro criterio territoriale.

Art. 3 - Appartenenza della comunità
1 - La Comunità di ………. è parte del popolo sardo ed il suo territorio ed i suoi cittadini appartengono alla nazione sarda.
2 - La lingua della Comunità è il sardo.

Art. 4 - Principi della comunità
1 - La Comunità presente sul suo territorio sin dall' epoca ……., erede delle tradizioni storiche plurisecolari dei suoi abitanti, è fondata sulla solidarietà personale e familiare fra i propri componenti, vive del lavoro dei suoi membri e si ispira ai principi di tolleranza, libertà, uguaglianza e fraternità.
2- Il Comune favorisce cori appropriati interventi la tutela, la valorizzazione e, l'espansione degli istituti del solidarismo e del comunitarismo praticati tradizionalmente nella comunità.


Capo II
Il Comune
Art. 5 - Comune
1- La comunità di ……….è rappresentata dal Comune di ……(oppure dalla Città di …….)
Ente il quale ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo secondo la necessità e la volontà della comunità stessa.

Art. 6 - Forma linguistica degli atti comunali
1 - La lingua sarda, così come comunemente usata dalla comunità, è lingua del Comune e delle sue istituzioni.
2- Salvi gli obblighi di traduzione ufficiale, nei casi previsti dai commi seguenti, ogni atto può essere redatto nella lingua della comunità.
3- Gli atti aventi rilevanza, giuridica nell'ordinamento della Repubblica Italiana devono essere tradotti lingua italiana, o comunque in tale lingua deve essere stesa la ,versione avente valore di atto originale.
4- Gli atti aventi rilevanza giuridica nell'ordinamento della Comunità Europea, devono essere stesi in una lingua ufficiale della Comunità Europea, o comunque in tale lingua deve essere stesa traduzione avente valore dì atto originale.
5- Chiunque può avanzare istanza, introdurre procedimenti, intervenire negli stessi, o comunque corrispondere con gli organi del Comune nella lingua sarda della comunità. In tal caso gli organi del Comune sono tenuti a rispondere nella lingua della comunità.
6- Nelle sedute collegiali degli organi del Comune e delle sue istituzioni è libero l'uso orale della lingua della comunità, ma i verbali devono contenere comunque, in lingua italiana, la sommaria traduzione di quanto affermato.
7- Qualora la verbalizzazione debba essere, per richiesta dell'intervenuto, integrale, il testo va riportato nella lingua usata.
8 - Sono obbligatoriamente bilingui gli avvisi pubblici, le ordinanze ed i bandi rivolti alla generalità dei soggetti o comunque ad un insieme indeterminato di essi.
9- Le insegne pubbliche, poste a cura del Comune o delle sue istituzioni, dovranno esser bilingui e contenere tutte le indicazioni nella lingua della comunità ed in lingua italiana.

Art. 7 - Territorio
Il Comune di ……… comprende la parte di territorio della Sardegna delimitato con il piano topografico, di cui all'art. 9 della legge 24 dicembre 1954, n. 1228, approvato dall'Istituto Centrale di Statistica.
2. - Il territorio di cui al precedente comma comprende le isole di …....…, gli abitati di………, gli stazzi di………ecc.
3, - Le modificazioni alla circoscrizione territoriale sono apportate con legge regionale ai sensi dell'art. 45 dello Statuto sardo e con le modalità stabilite dalla legge regionale.
4- Il Comune definisce cercando l’accordo con i comuni con i comuni confinanti i problemi derivanti dalle delimitazioni territoriali.
5 - In ordine a detti problemi il Comune non delibera alcuna lite se non previo invito ad una seduta consiliare congiunta con il Consiglio del Comune confinante.
6- Il Comune può realizzare proprie opere pubbliche nel territorio di altra Comune o consentire la realizzazione di opere di altro Comune nel proprio territorio previ accordi fra i Comuni interessati.

Art. 8 - Toponomastica
1- Il Comune conserva e ripristina la toponomastica originaria, secondo la tradizione scritta e orale.
2- La toponomastica all'interno degli abitati è definita nella lingua sarda della comunità ed in lingua italiana.
3- Nelle certificazioni la toponomastica è espressa in entrambe le lingue, negli altri casi l'uso è libero.
4- Nessuna variazione di toponomastica può sopprimere la precedente denominazione se non dopo dieci anni dall'adozione.
5- Durante i dieci anni successivi all'adozione della variazione nelle certificazioni sarà indicata la nuova denominazione seguita dall'indicazione che precedentemente vi era altra denominazione.
6- Ai cittadini residenti, o esercitanti attività aventi rilevanza fiscale, nelle vie delle quali sia stata modificata la denominazione dovrà essere consegnato d'ufficio certificato attestante la modificazione.
7- La Giunta comunale adotterà i provvedimenti relativi alla toponomastica sentita la Commissione Permanente Lingua e Cultura della comunità di cui all'art. ……del presente statuto.

Art. 9 - Il gonfalone comunale
1- Nel Comune si espongono il gonfalone comunale, la bandiera sarda e la bandiera della Repubblica.
2- Ogniqualvolta la legge prevede l'esposizione dì una delle bandiere esse vanno esposte contemporaneamente.
3- Il Comune espone inoltre le bandiere sia il giorno ………….. data della festa tradizionale della comunità, sia il 28 aprile, ricorrenza nazionale- del popolo sardo.

Art. 10 - Compiti del Comune
1. Il Comune di ………………, ha quali compiti, oltre quelli assegnati, a delegati, dalla legge statale e regionale :
a) la tutela, lo sviluppo, la promozione, la diffusione e l'insegnamento della cultura e della lingua della comunità e del popolo sardo, la ricerca e l'ammodernamento delle radici storiche e delle tradizioni della comunità;
b) l'apprestamento dei mezzi per l'esercizio del culto e della spiritualità;
c) la tutela dell'ambiente e del territorio della comunità, del suo paesaggio, dei suoi monumenti, dei beni artistici ed archeologici, con la promozione di ogni forma di valorizzazione sociale della loro fruizione;
d) la liberazione dal bisogno di tutti i membri della comunità e la creazione di condizioni economiche e sociali che consentano il pieno sviluppo della personalità. A tal fine promuove per i suoi amministrati, ma soprattutto per i giovani e per gli anziani, il libero associazionismo, lo sport ed il turismo di massa, il collegamento con forme di ospitalità internazionale, forme di educazione permanente e di aggiornamento culturale;
e) la promozione e la tutela del lavavo quale diritto e dovere di tutti i membri della comunità;
f) la tutela della sicurezza dei cittadini anche attraverso l'istituzione barracellare e le altre tradizionali di mutuo controllo del territorio;
g) ....
h) ...
2. Il Comune esplica i suoi compiti nel rispetto delle competenze delle altre Pubbliche Amministrazioni, nei limiti delle sue capacità finanziarie, adottando il metodo della programmazione, provvedendo direttamente, o tramite sue istituzioni, o in concorso con altri Enti Pubblici, o privati, nelle forme previste dalla legge e dal presente statuto.
3.Il Comune esplica i suoi compiti nei confronti di tutti i membri della comunità, ovunque si trovino.

Art. 11 - Albo pretorio
l. - Il Comune ha un albo pretorio. per la pubblicazione delle deliberazioni, delle ordinanze, dei manifesti e degli atti che devono essere portati a conoscenza del pubblico.
2. - Il Segretario comunale o un impiegato da lui delegato è responsabile delle pubblicazioni e dovrà tenere apposito registro delle stesse.
3- L'affissione all'albo pretorio esaurisce le formalità richieste dalla legge per la pubblicità degli atti, ove non sia altrimenti stabilito.

Art. 12- Pubblicità aggiuntiva
l- Il Comune favorisce la conoscenza della propria attività mediante forme aggiuntive di pubblicità sia fisse, sia da stabilirsi in relazione alla rilevanza della materia ed in particolare attua la pubblicità di cui ai commi seguenti.
2- Dovranno essere affisse le deliberazioni e gli atti rivolti alla generalità dei cittadini nella biblioteca comunale, e in almeno n. …….edifici adibiti a servizi comunali, nonché in almeno ……. locali aperti al pubblico i cui titolari lo richiedano o vi consentano.
3- In ogni locale adibito a servizio comunale dovranno essere affissi gli atti relativi a quel servizio.
4- Il Consiglio Comunale potrà prevedere la pubblicazione di un foglio periodico comunale quale forma di pubblicità aggiuntiva rispetto alla pubblicazione nell'albo pretorio.
5- Il Comune potrà avvalersi della radio, della televisione e della stampa periodica per divulgare la propria attività e per promuovere forme di partecipazione popolare all'amministrazione.

Art. 13 - Divulgazione sulla tutela degli interessi e dei diritti
1- All'albo pretorio ed in ciascuna delle sedi fisse di pubblicità aggiuntiva sarà permanentemente esposto avviso che illustri con evidenza:
a) la facoltà per i soggetti lesi dall'atto di ricorrere contro di esso in via amministrativa e giurisdizionale, specificando i termini e le forme essenziali di impugnativa;
b) la facoltà per ciascun elettore di far valere innanzi alle giurisdizioni amministrative le azioni e i ricorsi che spettano al Comune;
c) la facoltà di intervento nei procedimenti amministrativi del Comune.


Titolo II
ORDINAMENTO ISTITUZIONALE DEL COMUNE
.............................................

A quel punto si scatena un contenzioso, che proseguirà per mesi a colpi di delibere e rinvii, tra i Comuni interessati ed il Co.Re.Co. (Comitato Regionale di Controllo sugli atti degli enti locali, organismo tecnico politico).
Ho ritrovato le fotocopie di alcuni di quei rinvii che a rileggerli oggi, a distanza di appena 15 anni, fanno un po’ sorridere, per curiosità mi sembra giusto portarli a conoscenza, nel post successivo.

Su Componidori
24-09-06, 00:26
Di quella bozza, cercai di “ammorbidire” alcune affermazioni, anche per farle digerire in Consiglio comunale, in particolare all’art. 3, che così fu riformulato:
1 - La Comunità di ………. è parte del popolo sardo ed il suo territorio ed i suoi cittadini appartengono alla nazione sarda, nell’ambito dello Stato italiano.
2 - Le lingue della Comunità sono l’italiano e il sardo.

Nonostante queste ed altre lievi modifiche, ecco come rispose il Comitato di Controllo:


REGIONE AUTONOMA DELLA SARDEGNA
ASSESSORATO ENTI LOCALI, FINANZE E URBANISTICA

IL COMITATO DI CONTROLLO REGIONALE
nella seduta del 06. 09.1991
VISTA la deliberazione:
Ente: COMUNE DI ………:-01#44 …………
Organo: C.C. n. 46BIS del 12.06.1991
Oggetto: ESAME STATUTO PROSEGUO.

Pervenuta il 09.07.1991 e registrata al medesimo numero di protocollo;
VISTA la relazione dell'ufficio;
VISTA la L.R. 23 ottobre 1978, n. 62 e successivo modificazioni ed integrazioni,

RINVIA
la citata deliberazione per i seguenti motivi:
occorre che con apposita deliberazione siano apportate le seguenti modifiche allo Statuto:

1) art. 3 - sostituire "nazione sarda" con “Regione Autonoma della Sardegna" e cassare la previsione della lingua sarda, in quanto l'uso di lingue diverse da quella italiana non è consentito da legge statale o regionale, necessaria ai sensi dell'art. 6 della Costituzione;
2) art. 6 -1°, 5° e 7°comma - cassare, per gli stessi motivi di cui al precedente n.1;
………………………

IL SEGRETARIO IL PRESIDENTE IL RELATORE


A questo punto si organizzano le contro-osservazioni, attraverso le competenze giuridico-politiche presenti nel Partito (Bonesu ed altri), e la Federazione PSd’Az di Oristano fece circolare questo documento:


PARTITO SARDO D’AZIONE
Federazione di Oristano

Ipotesi di risposta alle ordinanze del Comitato Regionale di Controllo sugli articoli degli statuti concernenti la nazione e la lingua sarda.

Il rinvio da parte del Comitato Regionale di Controllo dello statuto relativamente ai punti concernenti l'appartenenza della comunità alla nazione sarda e alla lingua della comunità necessita di alcune considerazioni.
Gli articoli dello statuto relativi alla comunità sono la fotografia della situazione esistente e la loro premessa al testa dello statuto concernente il comune ha il significato di definire il concetto di comunità, indicalo ma non definito dalla legge 142/1991.
Ora è pacifica, ed era pacifico per i cimatati di controllo fino al rinvio operato nei nostri confronti, che in Sardegna esista “una collettività che nella lingua sarda trova il suo modo di essere più proprio".
Così affermava l'assessore ragionale agli Enti Locali on. Nino Carrus, rispondendo al rappresentante del Governo presso la Regione in data 29 maggio 1990, difendendo l'operato del comitato di controllo di Oristano che aveva ritenuto Legittima una delibera scritta in sardo, con allegata la traduzione in italiano, che istituiva una toponomastica cittadina basata sul bilinguismo perfetto.
Ma le collettività che si distinguono per l'uso della lingua si chiamano nazioni, cioè insiemi di individui che si riconoscono in una comune origine etnica, in una cultura comune, in comuni usi e costumi, ma soprattutto in una coscienza di far parte di uno stesso popolo.
E' il criterio volontaristico di voler far parte di una collettività, minoranza linguistica o nazione che la sì voglia chiamare, che crea dì fatto la collettività nazionale stessa.

Questa era la tesi dell'assessore agli Enti Locali nella predetta lettera, che veniva inviata quale atto di indirizzo ai comitati di controllo in data 30/5/1980, ove si affermava che la nozione di minoranza linguistica “prima che giuridica è di fatto” ed affermava non essere “in contrasto con le norme di diritto positivo la salvaguardia della propria identità culturale" attuata da un Comune con strumenti non dissimili da quelli adottati con il presente Statuto.

La richiesta modifica del termine “nazione” è pertanto inficiata da due errori di fondo e cioè il ritenere che il termine nazione possa equivalere al termine stato.
Questo errore deriva dalla concezione ottocentesca dello stato nazionale, mentre oggi è pacifico che vi sono nazioni che non sono stati e stati che non sono nazioni e che la nazione comunque non si identifica con lo stato, ma può, tuttalpiù costituirne il presupposto metagiuridico.
Nell'attuale momento storico ci sembra assolutamente pacifico che la nazione sarda non formi di per se alcuno stato ma sia inserita nella struttura statuale della Repubblica italiana e rappresentata , nella forma della autonomia regionale speciale, dalla Regione Autonoma della Sardegna.
E qui spunta il secondo errore. Una comunità, vedasi la legge 142/1991, non può far parte di un ente
amministrativo, essere cioè compresa nell'ente, ma l'ente è solo il della comunità.
Per cui la nostra comunità locale fa parte di una comunità più vasta, che chiamiamo correttamente nazione sarda, e questa comunità più vasta è rappresentata dall’ente Regione.

Quanto alla questione della lingua osserviamo che il rinvio parte anche qui da due errori di fondo e cioè che la lingua italiana sia lingua ufficiale, in via generale ed assoluta, dell'intera organizzazione della Repubblica e che occorra una legge per autorizzare l'uso del sardo, a cui si aggiunge il corollario errato che tale legge non esista.
Occorre precisare che non esiste alcuna norma generale che affermi che l’italiano è lingua ufficiale generale della Repubblica, tantochè è necessario precisare spesso nella legislazione l'usa della lingua, il che sarebbe superfluo se esistesse una norma generale.
Anche le normative più rigide in materia dì lingua italiano, vedasi la legge notarile ( L.. 16.12.1913 art. 54, 55 e 172 ) ed il codice di procedura penale ( art. 143 D.P.R. 22.9.1999 n. 447) prevedono la possibilità o addirittura l'obbligo di uso di altre lingue.
D'altra parte l'uso di più lingue all’interno della Repubblica è presupposto dall'art. 3 della Costituzione, che vieta infatti ogni discriminazione in relazione all’uso lingua.
Ma vi è un principio generale dell'art. 6 della Costituzione che obbliga la Repubblica (e quando la Costituzione parla di Repubblica intende non solo l'apparato centrale dello Stato, ma anche l’amministrazione decentrata comprendente le regioni, gli enti locali e tutti gli enti pubblici) ad
azioni attive per la tutela delle minoranze linguistiche.
La Corte Costituzionale con le sentenze n. 312 del 18 ottobre 1983 e 289 del 29.7.1997 ha affermato che il principio dell'art. 6 ha carattere generale e può essere attuato, qualora non provvedano leggi dello Stato, anche con leggi regionali e con provvedimenti amministrativi dettati dagli enti pubblici nell'ambito delle rispettive competenze.
Commentando la prima sentenza il Pizzorusso ( in le Regioni 1984 n. 1 pag. 244) affermava: " E' del resto indubbio che quando l'art. 6 della costituzione impegna la Repubblica a tutelare le minoranze linguistiche, esso stabilisce un principio che vale tanto per lo Stato quanto per le Regioni o per qualsiasi altro ente od organo pubblico, nell'ambito delle rispettive competenze".

Ora il nostro comune oltre ad affermare, il che è una semplice fotografia dell'esistente, che lingua della nostra comunità è il sardo (sono infatti sardi il nome stesso della nostra comunità, i toponimi del suo territorio, i nostri stessi cognomi), ha certamente non esorbitato dai suoi compiti stabilendo la facoltà di uso della lingua sarda negli atti comunali, atti. che attengono al suo ordinamento di, ente pubblico autonomo, e ci sembra che sia stato fin troppo prudente e timoroso di pericoli forse inesistenti stabilendo che ogni atto avente rilevanza giuridica sia steso, con valore di originale, in lingua italiana.
Ciò ha lecitamente fatto avvalendosi dei propri poteri amministrativi, secondo la giurisprudenza della Corte Costituzionale, e secondo l'opinione dell'assessorato Enti Locali della Regione espresso con la citata lettera del 29.5.1980.

Tale opinione, e l’affermata competenza ragionale e comunale a dettare norme in materia linguistica., nell’ambito del proprio ordinamento, non è stata ulteriormente contestata in alcuna forma dal Governo cui la lettera era indirizzata.

Ma anche in diritto positivo statuale esiste una norma di generale applicazione dell’art. 6 della Costituzione per tutte le minoranze linguistiche presenti nella Repubblica italiana ed è la legge 25 ottobre 1977 n. 881, che ha ratificato, recependolo quindi come diritto italiano interno, il patto sui diritti civili e politici stipulato a New York il 19.12.1966 che afferma: " Negli stati ove sono presenti minoranze etniche, religiose e linguistiche gli individui appartenenti a tali non possono essere privati del diritto ad avere una vita culturale propria, di professare e praticare una propria religione, o di usare la propria lingua, in comune con gli altri membri del proprio gruppo.”
Sarebbe quindi illegittimo privare i cittadini del nostro Comune della possibilità di usare la propria lingua sarda nell'ambito della comunità, e nell’ordinamento degli enti esponenziali di essa.

Su Componidori
24-09-06, 00:30
Sul termine “nazione”.
Può essere necessario dissipare equivoci sul termine “nazione” usato nello statuto.
Il termine latino “natio” indicava sia il luogo di nascita, sia il popolo di appartenenza.
Durante il periodo spagnolo colui che era sardo veniva definito di "naçio sardesca" per indicare che pur facendo parte "de las Ispanias" non era né catalano, né castigliano.
Essendo tutti sudditi del re di Spagna la distinzione non aveva alcun effetto politico o giuridico.
Nel cosmopolitismo del Settecento il termine nazione venne scarsamente usato.
Nell'Ottocento invece si affermarono forti movimenti in Italia e Germania che cercarono di dimostrare che lo Stato unitario, nei due paesi doveva essere fondato sull'identificazione fra lo Stato e la nazione, contrapponendosi quindi alla concezione di stati multinazionali, come era l'Impero austro-ungarico.
La fine della seconda guerra mondiale portò al dissolvimento dell'Impero ed alla formazione di "stati nazionali" in perenne contrasto fra di loro ed alle prese con il problema delle "minoranze nazionali" racchiuse nei loro confini.
Con Mussolini e Hitler la coincidenza fra Stato e nazione giunse alla follia col divieto dì usare il "lei", di origine spagnola, sostituito dal "voi" di presunta origine doc italiana e con aberranti e tragiche teorie per cui non erano da considerarsi nazionali i cittadini di religione ebraica le cui famiglie erano insediate da millenni in Italia o Germania.
La storia fa giustizia delle costruzioni poco solide e ha portato all'affermazione di stati plurinazionali come gli Stati Uniti, l'Unione Sovietica e la Cina ed al riconoscimento, anche da parte di stati "nazionali" come la Spagna, la Gran Bretagna, ed oggi anche la Francia, della loro natura di stati plurinazionali.
La Costituzione italiana si è mossa in questa ottica col riconoscimento della sussistenza di "minoranze linguistiche" per cui anche l'Italia, pur con una struttura istituzionale fortemente centralistica, è oggi, uno stato in cui esistono più nazioni, pur di fatto subordinate alla nazionalità italiana che, salva che in alcune parti del territorio alpino, non ha consentito alle altre nazioni possibilità di sviluppo della propria personalità.
C'è qualcuno che, fermo alle dottrine fasciste, identifica ancora la nazione con lo stato, ma, in tal caso si dovrebbe spiegare come si possa andare verso la formazione di uno stato federale europeo, che sarebbe fortemente plurinazionale.
L'errore è nella teoria. Gli stati non possono avere come collante l'idea nazionale ma traggono la loro coesione dal corretto svolgimento della funzione di assicurare il pacifico vivere degli individui e dei popoli.
Il concetto di nazione sarda presente nello statuto non pone alcun problema di conflittualità della nostra comunità nella Repubblica Italiana, ma pone invece il problema dei mezzi con cui la nostra comunità, e la nazione sarda che la comprende, possa con le altre nazionalità della Repubblica concorrere verso la formazione di uno Stato più giusto e più garante della libertà di tutti.
Il dibattito sulle riforme istituzionali svoltosi negli ultimi anni ha questo senso ed in questa prospettiva si muove anche lo statuto che s’intende adottare.


Sull’inserimento della lingua sarda.
Le considerazioni dell'ordinanza in merito all'art. 6 appaiono infondate.
Non sussiste infatti alcun principio costituzionale implicito per cui la lingua italiana sia l'unica lingua ufficiale, né alcuna incompetenza assoluta della Comune e della Provincia a regolare la lingua dei propri atti.

Il problema era già sorto nel 1980, avendo il Comitato di Controllo di Oristano dichiarato legittima una delibera del Comune di Bauladu redatta in lingua sarda, accompagnata da traduzione in lingua italiana. In tale occasione l'Assessore Regionale agli Enti Locali, con lettera del 29,…,1980 indirizzata al Rappresentante del Governo presso la Regione, affermò la competenza regionale e comunale a dettare norme in materia linguistica, nell'ambito del proprio ordinamento, senza ricevere alcuna ulteriore contestazione da parte del Governo.

La posizione assunta dal Comitato Regionale di Controllo porterebbe comunque ad un contenzioso la cui durata è prevedibile in vari anni e che si manifesterebbe con tutta probabilità inutile poiché la materia dovrebbe essere presto regolata da una legge, il cui progetto è già stato approvato da un ramo del Parlamento, per cui insistere nella formulazione originaria dell'art. 6 conseguirebbe il solo risultato di impedire l'entrata in vigore di detto articolo.
Appare perciò opportuna una riformulazione secondo una dizione già approvata dal Comitato per altri Enti.

Art. 6 - Forma linguistica degli atti comunali
1 - Il sardo, così come comunemente usato dalla comunità, e l'italiano sono lingue del Comune e delle sue istituzioni.
2 - Salvi gli obblighi di traduzione ufficiale, nei casi previsti dai commi seguenti, ogni atto pu6 essere redatto nelle lingue della comunità.
3 - Gli atti aventi rilevanza giuridica nell'ordinamento della Repubblica Italiana devono essere redatti in lingua italiana, e comunque in tale lingua deve essere stesa la versione avente valore di atto originale.
4 - Gli atti aventi rilevanza giuridica nell'ordinamento della Comunità Europea, devono essere stesi in una lingua ufficiale della Comunità Europea, o comunque in tale lingua deve essere stesa traduzione avente valore di atto originale.
5 - Nelle seduto collegiali degli organi del Comune ce delle sue istituzioni è libere l'uso orale della lingua sarda, ma i verbali devono contenere comunque. in lingua italiana, la sommaria traduzione di quanto affermato.
6 - Qualora la verbalizzazione debba essere, per richiesta dell'intervenuto, integrale, il testo va riportato nella lingua usata. In tal caso andrà presentato il testo scritto dell'intervento.
7 - Possono essere bilingui gli avvisi pubblici, le ordinanze ed i bandi rivolti alla generalità dei soggetti o comunque ad un insieme indeterminato di essi.
8 - La insegne pubbliche, poste a cura del Comune o delle sue istituzioni, dovranno esser bilingui e contenere tutto le indicazioni nella lingua della comunità ed in lingua italiana.

Pertanto, le Amministrazioni locali rideliberarono l’articolato degli statuti, riformulando le parti
rinviate, ma senza cedere sull’affermazione di quei princìpi.
Personalmente, presentai in Consiglio comunale una relazione (di cui possiedo la minuta) in cui assemblai tutto il materiale qui riportato, arricchendolo con citazioni dai testi di Sergio Salvi (già richiamati) di Melucci e Diani “Nazioni senza Stato” ed ovviamente alcuni scritti di Anton Simon Mossa, oltre a riferimenti alle “nazionalità” dei Paesi dell’Est europeo che dopo la caduta del muro di Berlino erano in fermento.

Continua… :K

Su Componidori
24-09-06, 00:37
Al Co.Re.Co. le considerazioni sul concetto di “Nazione” parvero convincenti, non così per l’uso “ufficiale” della lingua sarda.
Quindi venne annullata parzialmente la deliberazione del C.C. in questo modo:


REGIONE AUTONOMA DELLA SARDEGNA
ASSESSORATO DEGLI ENTI LOCALI, FINANZE E URBANISTICA
PROT. N. 00372/04/922 - 951/4/91


IL COMITATO DI CONTROLLO REGIONALE
nella seduta del 14/04/1992
VISTO il proprio provvedimento di rinvio adottato nella seduta del 06.09.1991, delibera 46bis del C.C. del 12.06.1991
VISTA la deliberazione: Consiglio N. 000033 del 18 marzo 1992

OGGETTO: integrazioni e modifiche allo statuto.

Pervenuta il 30/03/92 e registrata al sopraindicato numero di protocollo;
VISTA la relazione dell’ufficio;
VISTA la L.R. 23 ottobre 1978, n. 62 e successivo modificazioni ed integrazioni,


ANNULLA PARZIALMENTE

La citata deliberazione per i seguenti motivi:
Relativamente agli articoli seguenti:
1) art. 6 1° e 5°comma - per violazione del principio costituzionale implicito, in base al quale l'unica lingua ufficiale della Pubblica Amministrazione é quella italiana, essendo necessaria per l'utilizzo di lingue diverse apposita legge nazionale o regionale ex art. 6 Costituzione;
….

IL SEGRETARIO IL PRESIDENTE IL RELATORE


Insomma, per concludere questa ricostruzione forse incompleta, anche perché mi manca qualche documento (ma ci sono gli atti ufficiali), quelli che seguono sono i primi 11 articoli dello Statuto del mio Comune pubblicato sul BURAS nel 1995, ed attualmente in vigore con lievi modifiche successive che non intaccano quello approvato.


Dal BURAS del 08/05/1995 Parte terza – N.14

COMUNE DI SANTA GIUSTA :-:-01#19
(Provincia di Oristano)

STATUTO

CAPO I
PRINCIPI FONDAMENTALI

ART. 1 - LA COMUNITA'

La Comunità di Santa Giusta è l' insieme degli uomini e delle donne che per nascita, o per tradizione familiare, o per loro libera scelta, ritengono di farne parte per i legami di natura culturale, economica, sociale che hanno col territorio e con gli altri membri della Comunità.

ART. 2 - I MEMBRI DELLA COMUNITA'

La qualità di membro della Comunità si perde solo per decisione personale di non farne più parte.
I diritti e gli obblighi verso la comunità e le sue istituzioni sorgono, perdurano e si estinguono in relazione all'appartenenza o meno alla comunità stessa, salvo che la legge non preveda espressamente che un obbligo od un diritto sorga, perduri o si estingua in relazione alla residenza del soggetto o ad altro criterio territoriale.

ART. 3 - APPARTENENZA DELLA COMUNITA'

La Comunità di Santa Giusta è parte del popolo sardo ed il suo territorio ed i suoi cittadini appartengono alla nazione sarda rappresentata dalla R.A.S. nel quadro istituzionale della Repubblica Italiana.
Le lingue della Comunità sono l'italiano e il sardo.

ART. 4 - PRINCIPI DELLA COMUNITA'

La Comunità presente sul suo territorio sin dall' epoca Nuragica, erede delle tradizioni storiche plurisecolari dei suoi abitanti, è fondata sulla solidarietà personale e familiare fra i propri componenti, vive del- lavoro dei suoi membri e si ispira ai principi di tolleranza, libertà, uguaglianza e fraternità.

ART. 5 - IL COMUNE

1 - La Comunità di Santa Giusta è rappresentata dal Comune di Santa Giusta, che è Ente Locale Autonomo, che rappresenta la propria Comunità, ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo.
2 - Il Comune è ripartizione territoriale della Repubblica e sede del decentramento dei.,servizi e degli uffici dello Stato.
3 - Il Comune è dotato di autonomia statutaria e autonomia finanziaria nell' ambito delle leggi e del coordinamento sulla finanza pubblica.
4 - Il Comune è titolare di funzioni proprie.
Esercita altresì, secondo le leggi dello Stato e della Regione Sarda le funzioni da esse attribuite o delegate.
5 - Il Comune esercita le funzioni mediante gli Organi, secondo le attribuzioni delle competenze stabilite dallo Statuto e dai regolamenti.
6 - Il Comune persegue la collaborazione e la cooperazione con tutti i soggetti pubblici e privati; promuove la partecipazione dei cittadini, delle forze sociali, economiche e sindacali alla vita pubblica.

ART. 6 - FORMA LINGUISTICA DEGLI ATTI COMUNALI.

1) La lingua sarda, così come comunemente usata dalla comunità, è lingua del Comune e delle sue istituzioni al pari della lingua italiana.
2) Salvi gli obblighi di traduzione ufficiale, nei casi previsti dai commi seguenti, ogni atto può essere redatto nella lingua della comunità.
3) Gli atti aventi rilevanza giuridica nell'ordinamento della Repubblica Italiana devono essere redatti in lingua italiana, o comunque in tale lingua deve ess-ere stesa la versione avente valore di atto originale.
4) Gli atti aventi rilevanza giuridica nell'ordinamento della Comunità Europea, devono essere stesi in una lingua ufficiale della Comunità Europea, o comunque in tale lingua deve essere stesa traduzione avente valore di atto originale.
5) Chiunque può avanzare istanza, di produrre procedimenti, intervenire negli stessi, o comunque corrispondere con gli organi del Comune nella Lingua Sarda della Comunità.
6) Nelle sedute collegiali degli Organi del Comune e delle sue istituzioni è libero l'uso orale della Lingua della Comunità, ma i verbali, devono contenere comunque, in lingua italiana, la sommaria traduzione di quanto affermato.
7) Qualora la verbalizzazione debba essere, per richiesta del l'intervenuto, integrale, il testo va consegnato per iscritto dall'intervenuto nella lingua usata.
8) Sono possibilmente bilingui gli avvisi pubblici, le ordinanze ed i bandi rivolti alla generalità dei soggetti o comunque ad un insieme indeterminato di essi.
9) Le insegne pubbliche, poste a cura del Comune o delle sue istituzioni, dovranno esser bilingui e contenere tutte le indicazioni nella lingua della comunità ed in lingua italiana.
Il presente Statuto viene redatto in Lingua italiana e successivamente verrà curata la traduzione in Lingua Sarda.

ART. 7 - IL TERRITORIO - LA SEDE - LA TOPONOMASTICA

Il Comune di Santa Giusta comprende la parte di territorio della Sardegna delimitato con il piano topografico, di cui all'art. 9 della legge 24.12.54 N. 1228, approvato dall'Istituto Centrale di Statistica e circoscritto alle mappe catastali N.1 A N.38 E confinante a Nord con Oristano, confinante a Sud con Arborea-Marrubiu, confinante ad Ovest con il Mar Mediterraneo, confinante ad Est con Palmas Arborea ed Ales.
Il territorio del Comune di Santa Giusta, su cui è insediata la Comunità di Santa Giusta ha una estensione di Kmq. 69.171 e comprende il centro urbano di Santa Giusta e le borgate di Cirras e Corte Baccas.
Il palazzo civico, sede comunale, è ubicato nella Via Garibaldi al numero civico 84. Le adunanze degli organi elettivi collegiali si svolgono nella sede comunale. In casi del tutto eccezionali e per particolari esigenze, il Consiglio, la Giunta, le Commissioni possono riunirsi anche in luoghi diversi dalla propria sede.
La modifica della denominazione delle Borgate e della sede comunale può essere disposta dal Consiglio previa consultazione popolare. Il Comune conserva e rispristina la toponomastica originaria, secondo la tradizione scritta e orale. La toponomastica all'interno degli abitanti è definita nella Lingua Sarda della Comunità ed in Lingua Italiana. Nelle certificazioni la toponomastica storica è espressa in entrambe le lingue, negli altri casi l'uso è libero. Durante i cinque anni successivi all'adozione della variazione nelle certificazioni sarà indicata la nuova denominazione seguita dall'indicazione che precedentemente vi era altra denominazione. Ai cittadini residenti, o esercitanti attività aventi rilevanza fiscale, nelle vie delle quali sia stata modificata la denominazione dovrà essere consegnato d'ufficio certificato attestante la modificazione.

ART. 8 - STEMMA E GONFALONE

Le caratteristiche dello stemma e del gonfalone del Comune sono stabiliti con apposita delibera del Consiglio Comunale.
L'uso e la riproduzione di tali simboli per fini non istituzionali sono vietati.
Nel Comune si espongono il gonfalone comunale, la bandiera della Regione Sarda e la bandiera della Repubblica Italiana.
Ogni qualvolta la legge prevede l'esposizione di una delle bandiere esse vanno esposte contemporaneamente.
Il Comune espone inoltre le bandiere il giorno 14 Maggio, festa tradizionale della Comunità.

ART. 9 - ALBO PRETORIO

Le attività del Comune si svolgono nel rispetto del principio della pubblicità e della massima conoscibilità.
Nel Municipio e nelle sedi delle borgate sono previsti appositi spazi da destinare ad Albo Pretorio per la pubblicazione di atti, provvedimenti, avvisi e quant' altro sia soggetto o venga sottoposto a tale forma. di pubblicità.
Il Segretario cura l'affissione degli atti di cui al 2° comma avvalendosi di un messo comunale e su attestazione di questo, ne certifica l'avvenuta pubblicazione.

ART. 10 - PUBBLICITA' AGGIUNTIVA.

1) Il Comune favorisce la conoscenza della propria attività mediante forme aggiuntive di pubblicità sia fisse, sia da stabilirsi in relazione alla rilevanza della materia ed in particolare attua la pubblicità di cui ai commi seguenti.
2) Potranno essere affisse le deliberazioni e gli atti rivolti alla generalità dei cittadini nella biblioteca comunale, e in edifici adibiti a servizi comunali, nonché in locali aperti al pubblico i cui titolari lo richiedano o vi consentano.
3) In ogni locale adibito a servizio comunale potranno essere affissi gli atti relativi a quel servizio.
4) Il Consiglio Comunale potrà prevedere la pubblicazione di un foglio periodico comunale quale forma di pubblicità aggiuntiva rispetto alla pubblicazione nell'albo pretorio.
5) Il Comune potrà avvalersi della radio, della televisione e della stampa periodica per divulgare la propria attività e per promuovere forme di partecipazione popolare all'amministrazione. Al fine di garantire a tutti i cittadini un'informazione adeguata sulle attività del Comune, sono previste ulteriori forme di pubblicità con apposito regolamento.

ART. 11 - DIVULGAZIONE SULLA TUTELA DEGLI INTERESSI E DEI DIRITTI.

1) All'albo pretorio ed in ciascuna delle sedi fisse di pubblicità aggiuntiva sarà permanentemente esposto avviso che illustri con evidenza:
a) la facoltà per i soggetti lesi dall'atto di ric6rrere contro di esso in via amministrativa e giurisdizionale, specificando i termini e le forme essenziali di impugnativa.
b) la facoltà per ciascun elettore di far valere innanzi alle giurisdizioni amministrative le azioni e i ricorsi che spettano al Comune.
c) la facoltà di intervento nei procedimenti amministrativi del Comune.

Su Componidori
24-09-06, 00:44
“Autonomia”.
Sarei tentato di risolvere con un “no comment”, ma qualcosa bisogna pur dire superando la nausea che, dopo quasi 60 anni, i risultati di questa “istituzione” hanno prodotto.
Non che da Lussu in poi i sardisti non abbiano stigmatizzato tale “graziosa”concessione.
Il dibattito e la letteratura politica sarda in materia sono abbastanza cospicui.
Chiediamoci quali sono gli esiti nell’economia, nella società (scuola, sanità, servizi vari, cultura) della Sardegna, in cui “l’autonomia” abbia potuto incidere positivamente, rispetto alle scelte che il Governo ed i Partiti succursalisti italiani hanno imposto all’Isola, impedendone al contrario l’autodeterminazione.
Penso che ognuno abbia una propria risposta, ma ho l’impressione che di questa “autonomia” si salvi ben poco.
Certo, il Partito Sardo d’Azione, almeno “formalmente”, dal 1981 si batte per l’indipendenza della Nazione sarda, ma le delusioni derivanti da quelle aspettative bruciano.
L’operato di R. Soru è troppo recente per valutarne obiettivamente la portata, bisogna però riconoscere che avendo assimilato i valori “sardisti”, non ancora quello indipendentista, ne sta attuando alcuni princìpi.
Ma la legge elettorale che gli ha permesso questo “decisionismo”, non rappresenta di sicuro l’espressione più democratica del consenso e della volontà popolare.

Qui non si chiede che nello Statuto tutti i poteri legislativi, esecutivi, giudiziari (?), vengano trasferiti alla “sovranità del Popolo Sardo”.
Almeno per ora.
Ma quali competenze dovrebbero restare tra quelle “esclusive” e “concorrenti” , allo Stato, dopo che l’Unione Europea è destinata ad accentrare ulteriormente alcune importanti prerogative?
Comunque sia, sarebbe un salto di qualità se col termine-concetto di “Regione” venisse sostituito anche quello di “autonomia”.


“Diseconomie derivanti dall'insularità”.
Vorrei sapere: da quando in qua l’insularità produce delle “diseconomie”?
A quale “centro economico-produttivo-finanziario” si fa riferimento?
Quale è il rapporto tra economia “globalizzata” e “localizzata”?
E il concetto di “glocal” allora?

Al contrario l’insularità costituisce una grande fortuna e ricchezza, a patto che a prendere le decisioni che li riguardano, assumendone la responsabilità, siano i suoi abitanti: in questo caso il Popolo Sardo.


Link utili:
Proposta sardista di Statuto del 1988:
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=227025

Considerazioni sul rapporto Statuto - Costituzione italiana:
http://www.politicaonline.net/forum/...d.php?t=215677

ATZERI - SCARPA - Istituzione di una Assemblea costituente per la redazione del nuovo Statuto speciale della Sardegna:
http://consiglio.regione.sardegna.it/sito/XIIILegislatura/Disegni%20e%20proposte%20di%20legge/propleg022.asp

Consulta e nuovo Statuto (rassegna stampa, diciamo):
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=273460

Su Componidori
24-09-06, 00:55
Alla luce delle osservazioni esposte, l’Art. 2 “Progetto di statuto”, ammesso di poterlo emendare nella terminologia, anche mantenendo la stessa strutturazione, lo immagino come segue:

1. Il progetto di nuovo statuto della Nazione sarda è redatto sotto forma di articolato, preceduto da un preambolo di principi, ed accompagnato da una relazione. Per ciascuna delle parti o per singoli aspetti possono essere previste più ipotesi od opzioni.
2. L'articolato deve considerare indicativamente i seguenti argomenti:

a) principi e caratteri della Nazione sarda; ragioni fondanti della autodeterminazione e sovranità; conseguenti obblighi di Stato e nazionalità sarda in relazione a tali caratteri, individuando idonee forme per promuovere i diritti dei cittadini sardi in relazione a condizioni connesse alla unicità dell'Isola;
b) definizione di competenze e poteri legislativi ed amministrativi della nazionalità, mediante ricognizione di quelli attualmente attribuiti dallo Statuto e dalla Costituzione e l'individuazione di altre ulteriori o più ampie competenze;
c) autodeterminazione finanziaria e impositiva attraverso la individuazione di entrate certe sia ordinarie, sia dirette a garantire forme di perequazione ed integrazione al fine di superare situazioni di arretratezza, ridurre le diseconomie, garantire investimenti sostitutivi per il caso di mancata inclusione nei programmi statali di infrastrutturazione; forme di intesa per la definizione delle entrate variabili;
d) rapporti con gli enti locali: principi in materia di ordinamento degli enti locali, forme di promozione e valorizzazione delle autonomie, principi che devono presiedere alla distribuzione delle funzioni a fini di sussidiarietà, adeguatezza, differenziazione, cooperazione, coesione fra i diversi enti e comunità locali;
e) principi in materia di ordinamento e forma di governo della nazionalità: fonti, rapporti con i cittadini, forme di partecipazione;
f) poteri nazionali rispetto alle politiche statali, forme di intervento ed intesa con organi dello Stato, forme di garanzia e tutela al fine di raggiungere intese per l'attuazione di interventi pubblici nel territorio nazionale sardo;
g) poteri esteri nazionali sardi e principi in materia di forme di partecipazione riguardo alla definizione delle politiche e della normativa dell'Unione europea;
h) forma e valore dello Statuto, garanzie procedimentali e limiti di revisione.
3. Il progetto può indicare ogni altro argomento ritenuto rilevante al fine di definire autogoverno ed elementi di sovranità e formulare proposte ad essa relative.
4. Il progetto di statuto, una volta predisposto ed approvato dalla Consulta, è trasmesso al Consiglio nazionale, messo a disposizione dei consiglieri regionali ed assegnato alla Prima Commissione permanente che, sulla base del testo elaborato, presenta al Consiglio regionale una proposta di legge di nuovo statuto, per il suo esame secondo il normale iter legislativo.


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