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Visualizza Versione Completa : contributi originali dall'america



bottero
07-12-06, 00:53
lo so. il titolo del topic è fourviante. perdonatemi.

in realtà quello di cui mi piacerebbe parlare con voi sono i contributi originali che nel corso del XX secolo sono arrivati dall'america in campo artistico.
per originali intendo che sono nati in america, o se vogliamo che li hanno avuto il massimo sviluppo.

io (anche per motivi di inrteresse professionale) ne individuo due

- i fumetti (o comic books), intesi come nuova forma di espressione artistica

-il Blues (con poi le derivazioni del Jazz e Rock)

so che magari qualcuno storcerà il naso alla parola fumetto, ma lavorando da oltre 15 anni nel campo dei fumetti, e principalmente nel campo dei fumetti USA tradotti in Italia li reputo una forma artistica originale.

beh, tutto qui.

see you

Christine
07-12-06, 03:20
Mystery Fiction (Edgar Allan Poe)

Christine
07-12-06, 03:23
(oops...vedo che hai detto XX secolo) :p

bottero
07-12-06, 03:25
beh anche questo è da considerare, anche se in teoria la narrativa gialla o mystery in effetti non è una creazione originale americana. però può essere considerata.

Christine
07-12-06, 04:14
beh anche questo è da considerare, anche se in teoria la narrativa gialla o mystery in effetti non è una creazione originale americana. però può essere considerata.

Si', ma come hai detto "per originali intendo che sono nati in america, o se vogliamo che li hanno avuto il massimo sviluppo," pensavo che puo' essere considerata.

Christine
07-12-06, 08:43
The Musical
Art Photography

Ho l'avatar di un musical, ma ho dimenticato menzionarlo. :p

bottero
07-12-06, 11:17
la fotografia è vero.

il musical (che adoro) però è all'interno del cinema. non è una forma ORIGINALE. o intendevi la commedia musicale nei teatri?

Dark Knight
07-12-06, 15:14
il cinemaamericano ha di sicuro la sua importanza:

posso elencari alcuni geni americani

Stanley Kubrik
Quentin Tarantino
Martin Scorsese
Francis Ford Coppola
Johnny Depp (da non scordare il suo film Il Coraggioso)
Mel Gibson


e molti altri

Christine
07-12-06, 16:11
la fotografia è vero.

il musical (che adoro) però è all'interno del cinema. non è una forma ORIGINALE. o intendevi la commedia musicale nei teatri?

Teatro (The Modern Musical)

Molti diventano film, ad esempio The Phantom of the Opera, Cats, Oklahoma, The Sound of Music, e West Side Story, ma hanno cominciato in Broadway.

bottero
07-12-06, 20:01
si ma il cinema è nato in francia, e prima di hollywood l'europa (penso al cinema muto tedesco) era dominante.

trovo che invece nel fumetto, e nella musica blues/jazz/rock sia stata l'america a dominare.

in fin dei conti yellow kid è del 1896 (praticamente inizi xx secolo) mentre in giappone il manga nasce solo dopo l'inizio del secolo. In francia idem, mentre in italia il corrierino dei picocli è del 1908.
winsor McKay già nei primi anni del 9000 con Little nemo esplorava territori ancora oggi avanzati.

e poi dal 1938, con Superman e Batman, nasce il concetto di fumetto moderno di intrattenimento (oltre le strip sui quotidiani negli anni '20.

il BLues poi nasce direttamente in america, e già nel 1918 diventa Jazz con King Oliver, il pirmo trombettista ricordato.

insomma sono due forme artistiche/di intrattenimento che pur sviluppatesi altrove (europa o asia) in america sono fiorite.

bottero
07-12-06, 20:03
beh christine negli anni '20 c'erano le ziegfield follies, e i musical di fred astaire, che erano a broadway. o il vaudeville.

in questo senso forse sì, la commedia musicale (come elaborazione ed evoluzione del café chantant francese) è un altro contributo. oltretutto la cosa richiedeva capitali, e dopo il 1920 in europa pochi potevano permetterselo.

Christine
07-12-06, 22:09
beh christine negli anni '20 c'erano le ziegfield follies, e i musical di fred astaire, che erano a broadway. o il vaudeville.

in questo senso forse sì, la commedia musicale (come elaborazione ed evoluzione del café chantant francese) è un altro contributo. oltretutto la cosa richiedeva capitali, e dopo il 1920 in europa pochi potevano permetterselo.

Le Ziegfeld Follies c'erano dal 1907.

Christine
07-12-06, 22:34
Spesso "The Black Crook" (1866) e' considerato il primo dei Modern Musicals. Ovviamente non era il primo, ma era il primo gran successo dei Broadway Musicals.

Dark Knight
07-12-06, 23:36
si ma il cinema è nato in francia, e prima di hollywood l'europa (penso al cinema muto tedesco) era dominante.

trovo che invece nel fumetto, e nella musica blues/jazz/rock sia stata l'america a dominare.

in fin dei conti yellow kid è del 1896 (praticamente inizi xx secolo) mentre in giappone il manga nasce solo dopo l'inizio del secolo. In francia idem, mentre in italia il corrierino dei picocli è del 1908.
winsor McKay già nei primi anni del 9000 con Little nemo esplorava territori ancora oggi avanzati.

e poi dal 1938, con Superman e Batman, nasce il concetto di fumetto moderno di intrattenimento (oltre le strip sui quotidiani negli anni '20.

il BLues poi nasce direttamente in america, e già nel 1918 diventa Jazz con King Oliver, il pirmo trombettista ricordato.

insomma sono due forme artistiche/di intrattenimento che pur sviluppatesi altrove (europa o asia) in america sono fiorite.


indubbiamente ma da parecchio tempo la massima espressione è negli States

bottero
08-12-06, 00:14
beh beh... massima espressione è un po' forte.

tu come la intendi?

Dark Knight
08-12-06, 01:59
nel senso che il cinema statunitense è al momento la massima espressione delcinema mondiale..il migliore insomma

bottero
08-12-06, 03:06
uhmmmm si e no.

c'è il cinema italiano, quello francese, quello giapponese, quello coreano, quello indiano...oltre a singoli film inglesi o tedeschi.

insomma migliore in senso assoluto non saprei.

unknow (POL)
08-12-06, 16:08
uhmmmm si e no.

c'è il cinema italiano, quello francese, quello giapponese, quello coreano, quello indiano...oltre a singoli film inglesi o tedeschi.

insomma migliore in senso assoluto non saprei.

Di sicuro essendo il più ricco è stato quello che è riuscito ad avere l'attenzione maggiore.

Dark Knight
08-12-06, 16:32
uhmmmm si e no.

c'è il cinema italiano, quello francese, quello giapponese, quello coreano, quello indiano...oltre a singoli film inglesi o tedeschi.

insomma migliore in senso assoluto non saprei.
non parlo di filmetti ma di produzioni come Il Padrino,Shindeler's list,Pulp Fiction(...)

Christine
08-12-06, 16:48
Ha piu' successo, ma quale sia il migliore dipende dei gusti. Alcuni dei miei film preferiti sono dal BBC. Solo mi lamento che fin'ora nessuno ha fatto una versione del Wuthering Heights che mi piaccia. :-01#53

unknow (POL)
08-12-06, 18:39
A questo elenco aggiungerei la narrativa americana, da Gertude Stein in poi e il giornalismo investigativo di gente come Woodward, Bernestein e Hersh.

Dark Knight
08-12-06, 18:48
quoto

bottero
09-12-06, 01:10
A questo elenco aggiungerei la narrativa americana, da Gertude Stein in poi e il giornalismo investigativo di gente come Woodward, Bernestein e Hersh.


non so... è chiaro che la narrativa AMERICANA, sia un qualcosa di americano. lo dice la parola stessa.

però si può definire originale, nel senso di profondamente diverso da quella mondiale?

il giornalismo investigativo poi esisteva anche in europa. la stampa francese o quella inglese erano agguerrite e pugnaci.

i corrispondenti di guerra italiani ad esmepio (minzolini, luigi barzini senior, montanelli) negli anni '30 hanno scritto pagine importanti.

però può essere, certo.

benfy
09-12-06, 21:54
di sicuro da quando ho cominciato a capire qualcosa e conosciuto qualche americano liberal non ascolto più musica country.

quotidiani preferiti new york times, sulla politica estera washington post, ottima anche la rivista the nation.

su internet liberal oasis, buona raccolta di siti liberal e democratic underground.

tra gli scrittori ho trovato una certa difficioltà a leggere in inglese hemingway.

in generale preferisco scrittori di sponda brittanica.

tra i registi prediligo altman, spielberg, kubrik(che è inglese di adozione, ma americano di nascita)

bottero
10-12-06, 00:46
beh benfy secondo me fai male a non ascoltare il country. il country non è la musica preconfezionata che spesso SPACCIANO per country. il country cela gemme di bellezza incredibile. ti consiglio il triplo LP (e doppio CD ) WIll the circle be unbroken della nitty gritty dirt band.
bellissimo.

benfy
10-12-06, 12:31
qui in italia non ha quell'etichetta, ma negli USA la country è la musica dei destroidi

bottero
11-12-06, 00:25
noooooo. ma che dici? garth books non è destriode.

la nitty gritty (ora dirt band) non è destroide.

la nuova scena del bluegrass, nata dai Muleskin, negli anni '70 non lo è.

qui si confonde di "destra", con "attenzione alle radici e alle tradizioni".

un CERTO tipo di country è molto red-neck e repubblicano duro e puro alla newt girich. ma esiste anche un ALTRO tipo di country liberal e progressista.

in realtà il country, nella sua essenza più pura, è attento ai valori individuali. e rifiuta un collettivismo o uno statalismo esasperato.

ti ricordo che negli anni di reagan, quando ci fu un grosso problema di carestia e raccolti inferiori alle aspettative, con conseguenti problemi con le banche e ipoteche varia fu proprio il mondo del country a lanciare l'iniziativa del Farm Aid, per raccogliere fondi a sostegno degli agricoltori in difficoltà.

unknow (POL)
11-12-06, 17:29
Riguardo alla questione Country music/conservatori mi permetto di postare un bell'articolo di Alessandro Portelli (docente di letteratura angloamericana all'università di Roma) pubblicato su "il manifesto"



I fratelli gemelli dei colletti blu


Il filosofo e il Kansas Una riflessione a partire dal testo di Slavoj Zizek sul consenso dell'America profonda verso il populismo radicale conservatore Società rovesciata Bellicisti, sessisti, ostili all'élite. La rabbia degli operai Usa alimenta la mobilitazione su interessi «morali» e a favore del patriottismo di guerra

SANDRO PORTELLI

Atlanta, Georgia, 1973. Ero ospite di giovani attivisti bianchi del Sud che avevano rischiato la vita per i diritti civili, stavano in tutte le lotte ambientali e sindacali, e collaboravano a The Whole Earth Catalogue, la rivista controculturale di Gary Snyder e Ken Kesey. Con stupore, vidi che i loro scaffali erano pieni di dischi di country music. Credevo che fosse musica fascista per bianchi reazionari del Sud. Glielo dissi, e mi risposero: comprati un disco di Merle Haggard. La prima canzone dei Greatest Hits, «Okie from Muskogee», confermò tutti i miei pregiudizi: una requisitoria contro i pacifisti coi sandali e le collanine, in nome dell'America western con gli stivali. La seconda, «Mama's Hungry Eyes», fu una rivelazione: «rivedo ancora la fame negli occhi di mia madre, l'accampamento di profughi della Depressione in cui sono cresciuto, sapendo che era un'altra classe quella che ci teneva in quelle condizioni». In nessun disco rock avevo mai sentito la parola «classe». Imparai più da quei cinque minuti di disco che da anni di studio. Si diceva allora che gli operai americani erano conservatori perché «integrati nel sistema». Con Bruno Cartosio, Peppino Ortoleva, Nando Fasce, smontavamo questo mito riscoprendo i durissimi conflitti di classe nella storia americana. Ma Merle Haggard mi spalancò gli occhi su un'altra dimensione: il patriottismo macho e bellicista non era il segno dell'«integrazione» ma il suo contrario, una dislocata compensazione al senso di emarginazione e di impotenza dell'America proletaria e rurale. In quello stesso viaggio, avevo scoperto che i siderurgici di Pittsburgh lavoravano in un ambiente tossico che quelli di Terni non avrebbero mai tollerato; e il loro sindacato aveva appena firmato un patto anti-sciopero. Altro che integrazione, questi crepavano senza diritti. Me ne sono ricordato leggendo la bellissima recensione di Slavoj Zizek a What's the Matter with Kansas di Thomas Frank («Il cuore nero degli Stati Uniti», il manifesto, 7 ottobre).

Frank e Zizek partono da una domanda: come mai la base sociale del populismo radicale e conservatore nel cuore dell'America (agricoltori, piccolissima borghesia, operai) vota repubblicano contro i propri interessi economici, e si mobilita su interessi «morali» - contro l'aborto, l'omosessualità, il femminismo e i diritti civili, per un patriottismo di guerra e la pena di morte? La chiamerei «sindrome Merle Haggard»: il conflitto economico si sposta e diventa conflitto culturale, ma alle radici del conflitto culturale resta un dato, un risentimento, di classe. Nei sandali e nelle collanine degli hippies, noi vedevamo lo stile di vita alternativo, ma gli Okies di Muskogee (in Italia si direbbe: «i burini della Sgurgola») ci vedevano la classe. E siccome gli hippies gli parevano signorini pacifisti, antirazzisti e «femminilizzati», a loro veniva confermato che per essere veri americani e cristiani bisognava essere bellicisti, razzisti e maschilisti (contro i loro interessi: in Vietnam poi ci morivano loro). Ora, una simile dislocazione dall'economico al simbolico-culturale avviene anche nella visione liberal progressista, dove infatti «classe» viene assimilato al catalogo delle differenze («genere, orientamento sessuale, `razza'»).

Ma, osserva Zizek, non è la stessa cosa: esiste una «fondamentale differenza tra la lotta femminista/antirazzista/antisessista e la lotta di classe». Le battaglie antirazziste e antisessiste, scrive, sono battaglie «orizzontali» che «puntano al pieno riconoscimento dell'altro», per «neutralizzare gli antagonismi» e permettere l'espressione di tutte le differenze e l'orgoglio di tutte le identità. La lotta di classe è invece un conflitto «verticale» in cui l'affermazione di un soggetto si realizza antagonisticamente a spese dell'altro. «Razza» o genere possono essere giocati in termini di identità; ma la classe, come spiegava E. P. Thompson, non è un'identità bensì una relazione, e quindi non è declinabile in termini di molteplicità pluralista se non azzerandone l'antagonismo. Tanto l'elite culturale liberale quanto la cultura di massa tendono a trattare la classe come un'altra categoria identitaria, un insieme di simboli autosufficienti che marcano una diversità ma non un conflitto: tra un agente di borsa e un operaio, la differenza sarebbe solo di stili di vita. Perciò, studi culturali accademici e cultura di massa convergono in un punto: la strategia per sottrarre la classe al disprezzo classista delle élite urbane e di tanta controcultura non riguarda i rapporti economici o il potere ma l'«orgoglio» e la comunità.

Penso a quella canzone country di Johnny Russell, che dice «come stiamo bene tra noi, noi rednecks con le calze bianche e la birra nastro azzurro» - i colori della bandiera. O a George Jones («la quintessenza della voce americana», diceva un mio amico che aveva fatto il minatore prima di fare il sociologo all'università): «sono un manovale di poco conto [[I]a small-time laboring man], otto ore al giorno sei giorni alla settimana per mantenere la mia famiglia con le mie mani incallite; combatterò per il mio paese con le mie mani incallite, anche se sono solo un lavoratore di poco conto». Ascoltandola, speravo che dopo «combatterò» dicesse «per i miei diritti» - basterebbe cambiare una parola per trasformare il lamento in denuncia e lotta. Ma quella parola non la dice nessuno: la dignità negata di questo operaio «di poco conto» non si riscatta con le 35 ore e i diritti sindacali ma sventolando la bandiera, quindi continuerà a lavorare 48 ore la settimana e a votare per i suoi sfruttatori - proprio perché è sfruttato. In questi giorni, negli Stati Uniti, da più parti mi hanno parlato di una «rabbia» proletaria che si esprime nel voto per Bush, il fondamentalismo e la guerra.

Un rapporto di classe non è fatto solo di sfruttamento economico, ma anche dell'umiliazione della subalternità. Negli Stati uniti - per eredità calvinista, per propaganda mediatica, e perché comunque i poveri americani hanno meno fame e sete di quelli del Burkina Faso - il bisogno di rispetto viene in primo piano rispetto alla giustizia economica. Gli insulti - rednecks, hillbillies, Okies - si trasformano in bandiere: non a caso, Merle Haggard proclamava «Sono fiero di essere un Okie from Muskogee» (nessuno sente il bisogno di cantare «sono fiero di essere un avvocato di Manhattan», o uno stilista di Milano). Storicamente, la classe operaia italiana (penso a un'altra bellissima pagina del manifesto, la storia di «Archimede, cazzuola e dignità», di Manuela Cartosio, 9 ottobre) trae dignità dall'avere resistito e lottato contro un sistema di sfruttamento di cui a volte, per sottolineare il punto, accentuano i tratti oppressivi. Con gli operai americani, bisogna fare la tara in senso inverso: essere sfruttati è umiliante, perciò ti nascondono sempre il peggio, danno sempre un quadro meno cupo, perché derivano l'orgoglio dall'essere stati «rispettati», dal «riconoscimento» dalla controparte. La condivisa dislocazione culturale della rabbia di classe, dunque, fa di questo populismo radical-conservatore uno specchio capovolto delle elite liberali: «in altre parole - chiede Zizek - i populisti conservatori non sono il sintomo dei liberali illuminati tolleranti? L'inquietante e ridicolo redneck del Kansas che sbotta infuriato contro la corruzione liberal non è la stessa figura nella cui guisa il liberal incontra la verità della sua stessa ipocrisia?» Paradossalmente, nota, è il fondamentalismo populista a «conservare questa logica dell'antagonismo». Dunque, conclude, noi dovremmo «avere il coraggio di cercare un alleato in colui che appare come il nemico estremo del liberalismo tollerante».

Mi è parsa una conclusione eccessiva e provocatoria. Poi mi sono chiesto: chi frequento, di chi registro le storie e la musica, quando vado in Kentucky? Sono proprio loro: rednecks, hillbillies, maneggiatori di serpenti, pentecostali - che poi trovi sui picchetti contro la distruzione dell'ambiente e nel sempre più evanescente movimento sindacale. La prima volta che telefonai ad Annie Napier a Harlan per chiedere un'intervista, lei si consultò con la sorella, e conclusero: se non ha troppa puzza sotto al naso, ci parliamo. E' la nostra puzza sotto al naso quando entriamo in casa loro che gli fa rabbia.

Certo, l'«alleanza» di cui parla Zizek passa per una doppia trasformazione: dobbiamo cambiare atteggiamento e linguaggio noi, perché loro possano cambiare linguaggio e dire fight for my rights invece che fight for my country. Ma questo non accade se insultiamo i loro simboli e i loro sentimenti - per esempio, il patriottismo - invece di ingaggiarli ed elaborarli. Penso all'uso della bandiera e dell'inno che fanno Jimi Hendrix o Bruce Springsteen: abbiamo altri suoni, ma condividiamo i vostri simboli. Forse il modo migliore di combattere «per il nostro paese» è proprio combattere «per i nostri diritti»: «giustizia economica», dice Bruce Springsteen nei concerti di Move On, per un'America migliore. Sono proprio musicisti, nelle pieghe più basse della cultura di massa, quelli che tengono più aperta questa comunicazione: rockers dal colletto blu come Steve Earle o Bob Seger, o musicisti country come Iris Dement o Peter Rowan. Certo, devono navigare acque infide, convivere con l'ambiguità o l'incomprensione: penso al variegato, oscillante populismo country di Willie Nelson o di Johnny Cash; o a quelli che si ostinano a non sentire che cosa dice Born in the USA. Ma Johnny Cash e Willie Nelson, Bob Seger e Steve Earle, i carcerati di San Quintino, i redneck dell'Arkansas, i camionisti di notte, i contadini a cui Earle, Mellencamp, Nelson portano i ricavi di Farm Aid, li stanno a sentire. Forse sulla pena di morte imparano di più da tre minuti di disco di Steve Earle («Billy Austin») che da tutte le nostre prediche.

Infine. Merle Haggard, musicista country ed ex carcerato, si è pronunciato di recente contro la pena di morte e contro la guerra in Iraq. Persino un Okie di Muskogee, alla fine, può cambiare.

benfy
11-12-06, 19:34
ma le hai mai sentite le radio country americane?

bottero
11-12-06, 23:47
benfy che c'entra? l'america è PIENA di radio locali. non confondere il vero country con il cliché che si vede in Blues Brothers.

è come in italia. Il vero folk non è tony santagata, o mario merola. il vero folk è ANCHE i dischi del sole, i canti della tarantolata, la nuova compagnia di canto popolare.

country = destra è una similitudine affrettata