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sa socca
13-12-06, 15:18
SE QUALCUNO AVESSE ANCORA DEI DUBBI SULL' EFFETTIVO LIVELLO DI SARDISMO DI SORU E DELLA SUA GIUNTA.............

SA DIE.... Cosa è diventata?....

www.regione.sardegna.it (http://www.politicaonline.net/forum/redirect.php?url=http://www.regione.sardegna.it)

13.12.06 - Cultura I fondi per gli eventi legati a Sa Die de Sa Sardigna 2007
La Giunta regionale ha deciso di dedicare la giornata di "Sa Die de sa Sardigna 2007" alla figura di Antonio Gramsci e di affidare l'organizzazione e la realizzazione dell'evento alle tre istituzioni che operano in Sardegna per tenere vivo lo studio del pensiero e dell'opera di Gramsci:

- istituto Gramsci della Sardegna;
- associazione Casa natale di Gramsci di Ales;
- casa Gramsci di Ghilarza.

Le istituzioni saranno coordinate dall'Assessorato della Pubblica istruzione.

La somma disponibile per il 2006 è di 60 mila euro.

Per il prossimo anno, dopo l'approvazione del bilancio 2007, i fondi verranno ripartiti per la realizzazione in altri centri dell’isola di iniziative ed approfondimenti promossi dagli enti locali e dalle associazioni senza scopo di lucro, e, fuori dall’isola, dai circoli degli emigrati sardi.

Consulta la delibera;







SA DIE 2007 – COMUNICATO STAMPA
del 12 dicembre 2006


La Giunta regionale, con il programma 2007, ha dato il definitivo colpo di grazia a Sa Die de sa Sardigna.
Nel metodo, perché in questi due anni ha ridotto la Festa Nazionale dei Sardi a pura celebrazione convegnistica, ostile al coinvolgimento di tutto il popolo sardo e dei piccoli comuni. Sa Die avrebbe dovuto essere un appuntamento collettivo, il simbolo nazionalitario, il senso dell’orgoglio dei sardi. Celebrare “Sa Die” avrebbe cioè dovuto costituire una occasione per rilanciare i grandi temi del federalismo, dell’autonomia e dell’identità.
Nel merito, poi, possono lamentarsi parecchie perplessità.
Nella deliberazione n. 51/5 del 12 dicembre 2006, infatti, sono stanziati 60.000 euro per celebrare Antonio Gramsci, eletto con decreto come padre dell’autonomia.
Sicuramente il settantesimo anno della morte di Gramsci ha costituito il pretesto per finanziare gli organismi istituzionalmente preposti alle celebrazioni gramsciane. Tuttavia, se Gramsci appartiene alla storia della Sardegna e del mondo, ciò avviene in virtù di un pensiero politico e filosofico che ha ben poco a che spartire con l’autonomismo.
In materia di federalismo e riforme istituzionali Gramsci ha infatti guardato con favore al soviettismo e ha coerentemente seguito il solco del pensiero comunista, ostile ad ogni ipotesi di soluzione federalista e in contrasto con le più avanzate elaborazioni sardiste.
Il settantennale della morte di Gramsci deve essere indubbiamente celebrato con opportune autonome iniziative, ma lo spirito di “Sa Die” è stato per l’ennesima volta umiliato e stravolto.
Ciò dimostra ancora una volta quale sensibilità sardista nutra la Giunta, e svela il reale progetto di normalizzare “Sa Die” a favore degli approcci accademici, che tanto stanno mortificando la politica culturale e identitaria di questa legislatura.

On.le Giuseppe Atzeri

Davide Nurra
14-12-06, 02:21
nel 2008 si celebrerà il bicentenario della morte del Padre della Patria Giovanni Maria Anjoy.

Cosa faranno le istituzioni regionali per ricordare questa figura e comemorarla degnamente?

Kornus
14-12-06, 11:10
SE QUALCUNO AVESSE ANCORA DEI DUBBI SULL' EFFETTIVO LIVELLO DI SARDISMO DI SORU E DELLA SUA GIUNTA.............

SA DIE.... Cosa è diventata?....

www.regione.sardegna.it (http://www.politicaonline.net/forum/redirect.php?url=http://www.regione.sardegna.it)

13.12.06 - Cultura I fondi per gli eventi legati a Sa Die de Sa Sardigna 2007
La Giunta regionale ha deciso di dedicare la giornata di "Sa Die de sa Sardigna 2007" alla figura di Antonio Gramsci e di affidare l'organizzazione e la realizzazione dell'evento alle tre istituzioni che operano in Sardegna per tenere vivo lo studio del pensiero e dell'opera di Gramsci:

- istituto Gramsci della Sardegna;
- associazione Casa natale di Gramsci di Ales;
- casa Gramsci di Ghilarza.

Le istituzioni saranno coordinate dall'Assessorato della Pubblica istruzione.

La somma disponibile per il 2006 è di 60 mila euro.

Per il prossimo anno, dopo l'approvazione del bilancio 2007, i fondi verranno ripartiti per la realizzazione in altri centri dell’isola di iniziative ed approfondimenti promossi dagli enti locali e dalle associazioni senza scopo di lucro, e, fuori dall’isola, dai circoli degli emigrati sardi.

Consulta la delibera;







SA DIE 2007 – COMUNICATO STAMPA
del 12 dicembre 2006


La Giunta regionale, con il programma 2007, ha dato il definitivo colpo di grazia a Sa Die de sa Sardigna.
Nel metodo, perché in questi due anni ha ridotto la Festa Nazionale dei Sardi a pura celebrazione convegnistica, ostile al coinvolgimento di tutto il popolo sardo e dei piccoli comuni. Sa Die avrebbe dovuto essere un appuntamento collettivo, il simbolo nazionalitario, il senso dell’orgoglio dei sardi. Celebrare “Sa Die” avrebbe cioè dovuto costituire una occasione per rilanciare i grandi temi del federalismo, dell’autonomia e dell’identità.
Nel merito, poi, possono lamentarsi parecchie perplessità.
Nella deliberazione n. 51/5 del 12 dicembre 2006, infatti, sono stanziati 60.000 euro per celebrare Antonio Gramsci, eletto con decreto come padre dell’autonomia.
Sicuramente il settantesimo anno della morte di Gramsci ha costituito il pretesto per finanziare gli organismi istituzionalmente preposti alle celebrazioni gramsciane. Tuttavia, se Gramsci appartiene alla storia della Sardegna e del mondo, ciò avviene in virtù di un pensiero politico e filosofico che ha ben poco a che spartire con l’autonomismo.
In materia di federalismo e riforme istituzionali Gramsci ha infatti guardato con favore al soviettismo e ha coerentemente seguito il solco del pensiero comunista, ostile ad ogni ipotesi di soluzione federalista e in contrasto con le più avanzate elaborazioni sardiste.
Il settantennale della morte di Gramsci deve essere indubbiamente celebrato con opportune autonome iniziative, ma lo spirito di “Sa Die” è stato per l’ennesima volta umiliato e stravolto.
Ciò dimostra ancora una volta quale sensibilità sardista nutra la Giunta, e svela il reale progetto di normalizzare “Sa Die” a favore degli approcci accademici, che tanto stanno mortificando la politica culturale e identitaria di questa legislatura.

On.le Giuseppe Atzeri

Como diat a esse ora de organizzare nois, Sardistas e Indipendentistas PARIS, una festa de abbereru po custa die!
Calamos tottu in carrela, po Zuanne Maria Anzoe e sa Revolutzione sua!

nograzie
14-12-06, 11:14
A mio modestissimo parere, Sa Die non è sentita dalla maggioranza dei sardi, credo ci sia bisogno di un lavoro alla base, dagli asili in su .............

Su Componidori
15-12-06, 02:04
SA DIE DE SA SARDIGNA
La festa dedicata al pensatore di Ales: senza fondamento la polemica sollevata dai sardisti.

La sardità di Antonio Gramsci
Teorico penetrante della Sardegna contemporanea

di Guido Melis

A leggere la protesta del consigliere Giuseppe Atzeri contro la celebrazione di Gramsci si resta interdetti.
Gramsci non è stato — è vero — «autonomista» nel senso stretto della parola. Ma nel breve periodo nel quale guidò il Partito comunista d’Italia, prima che il fascismo lo rinchiudesse per sempre in carcere nel vano tentativo di impedire al suo cervello di funzionare, fu come nessun altro nel movimento operaio di allora attento alla rivendicazione dell’autonomia sarda e all’esperienza del PSd’A.
Lo testimoniano i documenti: il carteggio del 1923 con Togliatti e gli altri compagni del centro interno, i testi ufficiali del partito, l’iniziativa del 1925 verso il congresso sardista di Macomer (dove fu diffuso da Ruggiero Grieco il celebre appello dell’Internazionale contadina ai contadini e pastori sardi), i rapporti amichevoli con Emilio Lussu, le numerose note dedicate alla Sardegna nei «Quaderni del carcere».

Da quelle fonti emerge un discorso complessivo che — è vero — non è «federalista» e che (è altrettanto vero) si colloca nell’universo teorico del comunismo degli anni Venti: un Gramsci «sardista», pure più volte evocato con passione dal mio amico Umberto Cardia e dallo stesso Pci di questo dopoguerra, non esistette, e sarebbe sbagliato sostenere il contrario.

C’è però sicuramente un Gramsci «sardo». Sin dalle prime lettere giovanili, e poi negli articoli sull’«Ordine nuovo», e negli scritti politici della maturità sino ai «Quaderni» e alle «Lettere dal carcere», la Sardegna rappresenta costantemente un punto emblematico dell’esperienza e della riflessione gramsciana.
E’ precisamente dalla Sardegna, dalla sua peculiarità nel Mezzogiorno, che prende le mosse l’elaborazione stessa sulla questione meridionale, sul rapporto tra intellettuali e contadini e sul nesso tra operai e masse nella rivoluzione italiana; ed è dalla sua profonda conoscenza della Sardegna rurale che Gramsci trae spunto per intuizioni fulminanti sulla cultura dei subalterni, sui rischi del provincialismo geografico e culturale (il «triplice e quadruplice provinciale» ch’era stato lui stesso da ragazzo, prima di trasferirsi a Torino), sulla necessità di valorizzare la lingua sarda o sullo studio delle peculiarità regionali italiane come chiavi per interpretare in modo meno scolastico e schematico di quanto non facesse il marxismo ufficiale la realtà nazionale.
Forse nessun altro dei grandi leaders politici espressi dalla Sardegna nel Novecento (neppure Enrico Berlinguer, tanto meno Antonio Segni) ebbero altrettanto presente, e in modo così incisivo, la questione sarda. Teorico acuto e penetrante della Sardegna contemporanea, Gramsci ha tutte le carte in regola per essere ricordato in occasione de «Sa die de sa Sardigna». Desta dunque sconcerto ed indignazione l’iniziativa del consigliere Atzeri. E trasuda — sia consentito rimarcarlo — ignoranza dei fatti e dei documenti storici, oltreché ingenerosità nei confronti di uno dei grandi pensatori del secolo.

Ma Gramsci — insiste Atzeri — fu comunista. In effetti lo fu, e sino in fondo: sino al punto di perdere la vita per testimoniare la sua fede politica.
Ma è diventato un reato, nel 2006, voler celebrare una grande personalità comunista come Gramsci?
Il comunismo è stato, nel secolo contrastato che abbiamo alle spalle, qualcosa di più e di meglio della rappresentazione che se ne vuole dare oggi per fini strumentali: è stato, non lo si vuole qui contestare, i Gulag staliniani e i carri armati a Budapest; ma anche il sacrificio di tanti militanti che vi hanno speso la vita, e la tensione verso un mondo più giusto che ha mosso, lungo il secolo breve, le aspirazioni collettive di tanti uomini e di tante donne altrimenti destinati a restare senza parola.

Ma Gramsci — obietta ancora Atzeri — è fuori dall’autonomismo.
Certo, dalla caricatura che si contrabbanda oggi per autonomismo forse sì. Ma della storia della Sardegna autonomista Gramsci fa parte di diritto, senza bisogno di certificati.

Dubito invece che ne faranno parte in futuro il consigliere regionale Giuseppe Atzeri e il suo partito.

Su Componidori
15-12-06, 02:07
GRAMSCI – LETTERA APERTA A GUIDO MELIS


Sassarisera del 15.12.2006

Rispondo, sia pur malvolentieri, ai livorosi attacchi di un intellettuale che della lezione gramsciana ha fatto una caricatura. Il sottoscritto ha posto infatti due semplici questioni: se Sa Die de sa Sardigna meriti di essere ridotta a pura celebrazione convegnistica, così tradendo la propria originaria vocazione di festa nazionale del popolo sardo, da diffondere in tutte le piazze della Sardegna; e se la scelta di dedicare Sa Die a Gramsci fosse opportuna, dato che il grande filosofo sardo non appartiene alla storia dell’autonomismo. Entrambe le questioni sono state eluse.

La reazione scomposta del prof. Melis stupisce sia per le argomentazioni usate, sia per la confusione che Melis fa tra avversario e nemico. Sembra cioè che Melis si sia fatto portavoce di un diktat di lunga data: di Gramsci nessuno ha diritto di parlare criticamente.

Poiché mi si accusa di trasudare ignoranza dei sacri testi, pur non essendo uno storico mi sono limitato a leggere senza pregiudizi. Che Gramsci, negli anni Venti, si sia interessato al PSdAz, che abbia avuto rapporti epistolari con Lussu (ma su posizioni diametralmente opposte proprio sul terreno dell’autonomismo e del federalismo), e che il partito comunista con Togliatti e con Grieco abbia dissertato di autonomismo non solo è innegabile, ma semmai dimostra proprio l’estraneità genetica del movimento comunista alle tematiche del sardismo e dell’autonomismo. Non è un titolo di demerito, ma una verità storica inoppugnabile. Il comunismo degli anni Venti e Trenta guarda alle istituzioni avendo come modello il sistema sovietico, impregnato di dinamiche totalitarie e illiberali.

Il Gramsci “sardo” francamente mi sembra una forzatura. Sulla questione della lingua sarda in Gramsci si è fatta leggenda, ma basta tornare alle fonti per non farne un sardista ante litteram. Sui Quaderni del carcere, citati a sproposito, ricordo che vi si trova teorizzato il “Moderno Principe”, ovvero la dittatura del Partito Unico che si fa Stato. Quindi non si comprende a quali testi (evidentemente inediti) faccia riferimento il prof. Melis.

Quanto all’accusa di ingenerosità, francamente non capisco. Ho sostenuto che Gramsci va celebrato degnamente in quanto scrittore conosciuto in tutto il mondo, con tutti gli onori e la visibilità che meritano un pensatore politico di quella statura. Ma io ho posto semplicemente il problema di separare Sa Die dalle celebrazioni gramsciane, organizzate dai soliti noti e sempre con laute prebende regionali.

E poi, cosa c’entrano i Gulag, i fatti di Ungheria (curiosamente non citati dall’ineffabile storico), Budapest e via discorrendo, con i problemi politici da me sollevati? Che valore dare alla rancorosa difesa d’ufficio di un pensatore che non ha bisogno di apologie cortigiane? Cosa c’entra la demagogia in tema di aspirazioni collettive, di sacrificio di donne e uomini, di tensione per un mondo più giusto, ecc.? Non mi pare di aver messo in discussione il comunismo e la fede sincera di chi ci ha creduto.

La verità è che Gramsci è fuori da qualunque autonomismo, anche il più caricaturale, e non appartiene neppure genericamente alla storia dell’autonomismo, a meno che la federazione soviettista non possa per caso rientrare nel calderone autonomista. Inoltre, una difesa che si limita a rivendicare la “sardità” di Gramsci induce a pensare quanto sia stato pesante, per molti intellettuali organici, aver dovuto progressivamente ripudiare la propria storia. Gramsci resta perciò l’ultimo baluardo da difendere a tutti i costi, ma mi si consenta di suggerire che una difesa così maldestra è un boomerang che non aiuta di certo la causa gramsciana.

Quanto all’auspicio finale, e cioè che io e il mio partito non faremo parte della storia autonomista della Sardegna, devo dire che ne esco rincuorato. Tutte le profezie a cui si è abbeverato il prof. Melis, e non da oggi, circa le sorti progressive del comunismo sono state smentite dalla storia. Anche stavolta il prof. Melis dovrà rimandare il funerale del PSdAz. Quanto a me, non ho mai pensato di fare politica per passare alla storia, ma per mettermi al servizio degli ultimi con un chiaro mandato popolare. E’ ciò che personaggi come Guido Melis non potranno mai fare: sia perché Melis non gode di alcun consenso (di qui i suoi tentativi di accreditarsi come consigliere del Principe), sia perché egli, con la sua vocazione elitaria, ha tradito la lezione di Gramsci evitando di mettersi al servizio degli ultimi.

Con l’auspicio di potermi in futuro confrontare su questioni politiche, senza essere costretto a difendere me e il mio partito da attacchi gratuiti e rancorosi di cui non si sentiva francamente il bisogno.


Giuseppe Atzeri

frankobollo
15-12-06, 20:32
Quanto all’auspicio finale, e cioè che io e il mio partito non faremo parte della storia autonomista della Sardegna, devo dire che ne esco rincuorato. Tutte le profezie a cui si è abbeverato il prof. Melis, e non da oggi, circa le sorti progressive del comunismo sono state smentite dalla storia.

...ma come...? ...ancora ci si arrocca sull'autonomismo?
:-:-01#19

Su Componidori
15-12-06, 20:53
venerdì 15 dicembre 2006

"Sa Die de Sa Sardigna"
tra uomini da ricordare e simboli

Sa Die de Sa Sardigna 2007 dedicata ad Antonio Gramsci? E perché? La bocciatura era arrivata dal sardista Giuseppe Atzeri nel giorno dell'annuncio: «Se Gramsci appartiene alla storia della Sardegna e del mondo ciò avviene in virtù di un pensiero politico e filosofico che ha ben poco da spartire con l'autonomismo», aveva sottolineato il consigliere regionale.

A rispondere a distanza è il compagno di partito Gesuino Muledda. Secondo l'ex esponente del Pci e assessore all'agricoltura durante l'esecutivo Melis, la scelta della giunta regionale è giusta. Per alcuni punti fondamentali e spesso dimenticati: «Con i suoi scritti, Gramsci concorre alla definizione del popolo sardo. Lo definisce diverso dagli altri, parla di federalismo e ne difende la lingua: chiede alla cugina di insegnarla ai figli, indicandola come grande fonte di ricchezza. Di più, è sicuramente il pensatore italiano più tradotto nel mondo». Ben venga, soprattutto se «servirà ad avviare un dibattito culturale ampio».

Piuttosto sarebbe fondamentale riportare la data alla sua solennità: «Servono atti simbolicamente importanti, che rendano la festa nota a livello popolare. E non mi riferisco alla semplice rappresentazione in costume della cacciata dei piemontesi». Come dire: se i sardi devono festeggiare, siano protagonisti e non semplici spettatori.

Antonello Pilloni, fra le figure più rappresentative del sardismo storico e grande oppositore della svolta a destra del partito, benedice e rilancia: «Grande rispetto per quello che Gramsci ha fatto e per quello che ha sofferto. Intitolargli Sa Die va bene, ma la scelta deve proseguire in futuro. Fra gli altri personaggi illustri che la Sardegna ha prodotto nella sua storia recente meriterebbero un riconoscimento del genere Giovanni Maria Angioy, Giovanbattista Tuveri e Giovanbattista Melis, Emilio Lussu. E sono solo alcuni».

Contrario e perentorio, invece, l'ultimo patriarca del Psd'Az, Michele Columbu. Non solo sulla scelta di Gramsci: «Non amo quella ricorrenza. Se dappertutto si festeggiasse Sa Die de qualcosa, dove andremo a finire?». Una considerazione che a molti non era andata giù: «Quanti nemici mi sono fatto. Non voglio più parlare della festa: in ogni caso non affiancherei Gramsci al 28 aprile».


(red)

pippotto
15-12-06, 21:01
Vuole dire che se il "Buon Dio" dovesse chiamare a se in tempi brevi Gavino Angius o Gavino Sanna, l'anno prossimo Sa Die si farà in loro onore :D

Condivido il discorso di Atzeri.

Beppe

sa socca
15-12-06, 22:41
Vuole dire che se il "Buon Dio" dovesse chiamare a se in tempi brevi Gavino Angius o Gavino Sanna, l'anno prossimo Sa Die si farà in loro onore :D

Condivido il discorso di Atzeri.

Beppe


Io ho grande difficoltà invece a condividere questo appiattirsi, quasi un prostrarsi di Giuseppe Atzeri davanti al termine autonomia....... La riproposizione accurata e puntigliosa di un termine non sardista, anche se il consigliere regionale cagliaritano non è purtroppo il primo a impiegare senza risparmio questa parola ambigua, che significa tutto e soprattutto il contrario di tutto....
Ha forse paura di usare il termine indipendentismo?
Se ne vergogna? Non ne è convinto? Gli occorre spazio di manovra?
Chissà!
Magari Beppe, o Pippotto che sia potrà darci lumi....

Su Componidori
16-12-06, 00:21
...ma come...? ...ancora ci si arrocca sull'autonomismo?
:-:-01#19

Frank, l’unico arroccamento autonomista che conosco è quello nel gioco degli scacchi. :D

Le regole del gioco - I movimenti dei pezzi - L'arrocco

L’arrocco è l’unica mossa degli scacchi in cui un giocatore può muovere due suoi propri pezzi in un colpo solo. Tale mossa coinvolge solo il Re e una delle due Torri, inoltre può essere effettuata solo una volta in tutta la partita. Ecco le condizioni necessarie per poter effettuare l’arrocco:
1. Il Re non deve mai essere stato mosso prima durante la partita;
2. La Torre coinvolta nell’arrocco non deve mai essere stata spostata prima durante la partita;
3. Il Re al momento di effettuare l’arrocco non deve essere sotto scacco (cioè situato in una casa sottoposta al tiro avversario);
4. Il Re durante il movimento dell’arrocco non deve attraversare case sotto scacco. Anche la casa d'arrivo non deve essere sotto scacco;
5. Fra il Re e la Torre non ci devono essere altri pezzi, né amici né avversari.
Il movimento dell’arrocco viene effettuato con la seguente importante regola:
"Il Re si sposta di due case verso la Torre e quest’ultima gli si mette a fianco dall’altra parte".


:-:-01#19
PS:
In merito al post di Pippotto, si sappia che Beppe è un caro amico dirigente di Sardigna Natzione e, manco a dirlo, fervente indipendentista.

Sulla questione di “Sa Die”, personalmente ammiro la lucidità di uno dei più grandi Maestri di Sardismo: Michele Columbu.

frankobollo
16-12-06, 12:54
Frank, l’unico arroccamento autonomista che conosco è quello nel gioco degli scacchi. :D


www.demauroparavia.it

ar|roc|càr|si
v.pronom.intr. (io mi arròcco)
1a BU mettersi al riparo
1b CO fig., mettersi sulla difensiva; ostinarsi nelle proprie opinioni
2a TS sport, spec. nel calcio, chiudersi in difesa
2b TS sport ⇒incrodarsi



Io non gioco a scacchi, preferisco Schicchi. :D

Su Componidori
16-12-06, 13:57
Frank, il o i termini in questione, a seconda dei contesti, assumono diverse accezioni pur mantenendo un significato comune.
Ognuno sceglie quello che preferisce.
Io lo scelsi :D

www.demauroparavia.it

1ar|roc|cà|re
v.intr. e tr. (io arròcco)
1 v.intr. (avere) TS giochi, negli scacchi, eseguire l’arrocco
2 v.tr. TS milit., spostare le truppe lungo direttrici coperte, interne al fronte
3 v.tr. BU fig., mettere al riparo

ar|roc|ca|mén|to
s.m.
1 BU l’arroccare, l’arroccarsi e il loro risultato
2 TS giochi ⇒arrocco
3 TS metall., formazione di uno strato di minerale e carbone che ostacola la discesa della carica in un altoforno

ar|ròc|co
s.m.
TS giochi, negli scacchi, simultaneo spostamento di una torre e del re sulla stessa linea iniziale, che si può attuare se entrambi i pezzi non sono ancora stati mossi né sono sotto scacco


Tanto tempo fa giocavo a scacchi, ma a Schicchi preferisco le sue “bambole” :-01#44

lux74vbr
16-12-06, 14:21
SE QUALCUNO AVESSE ANCORA DEI DUBBI SULL' EFFETTIVO LIVELLO DI SARDISMO DI SORU E DELLA SUA GIUNTA.............

SA DIE.... Cosa è diventata?....



ORGANIZZATELA VOI UNA BELLA FESTICCIOLA....IL TITOLO VE LO OFFRE GENEROSAMENTE IL SOTTOSCRITTO..."SA DIE DELLA TORTA IN FACCIA"!:-0008n

lux74vbr
16-12-06, 14:22
IL Psd'az di Lussu era una cosa seria....voi siete tarocchi!

frankobollo
16-12-06, 18:23
Tanto tempo fa giocavo a scacchi, ma a Schicchi preferisco le sue “bambole” :-01#44

Grazie per la dritta! Inizierò a giocare arRoccoSiffredi...!
:D

Davide Nurra
16-12-06, 22:38
A mio modestissimo parere, Sa Die non è sentita dalla maggioranza dei sardi, credo ci sia bisogno di un lavoro alla base, dagli asili in su .............

Quoto! sa Die è sentita da molti sardi, sono i Politici Sardi che non sono all'altezza di rappresentare e tutelare l'idealità di questa festa di Popolo, forse perchè temono che il riappropriarsi della storia patria diventi una cartina tornasole che potrebbe in un futuro anche prossimo portare a scenarii oggi intuibili ma sostanzialmente per lo più imprevedibili.

pippotto
16-12-06, 23:42
Io ho grande difficoltà invece a condividere questo appiattirsi, quasi un prostrarsi di Giuseppe Atzeri davanti al termine autonomia....... La riproposizione accurata e puntigliosa di un termine non sardista, anche se il consigliere regionale cagliaritano non è purtroppo il primo a impiegare senza risparmio questa parola ambigua, che significa tutto e soprattutto il contrario di tutto....
Ha forse paura di usare il termine indipendentismo?
Se ne vergogna? Non ne è convinto? Gli occorre spazio di manovra?
Chissà!
Magari Beppe, o Pippotto che sia potrà darci lumi....


------------------------------------------------------
LEGGE REGIONALE 14 settembre 1993, n.44

ISTITUZIONE DELLA GIORNATA DEL POPOLO SARDO

"Sa Die de sa Sardigna"

Art.1

1. Il 28 aprile e' dichiarata giornata del popolo sardo "Sa Die de sa Sardigna".

2. In occasione della ricorrenza, la Regione Autonoma della Sardegna organizza manifestazioni ed iniziative
culturali.

3. A tal fine la Giunta regionale approva annualmente, sentita la competente Commissione consiliare, uno
specifico programma, predisposto dall'Assessore della pubblica istruzione anche sulla base delle iniziative
indicate dagli enti locali ed associazioni senza scopo di lucro.

4. Detto programma deve mirare a sviluppare la conoscenza della storia e dei valori dell'autonomia, in particolare tra
le nuove generazioni.
-----------------------------------------------------------------------


Mi riferivo al fatto che sa die "deve mirare a sviluppare la coscenza della storia e dei valori dell'autonomia .......

così Atzeri pensa (e dice) che Gramsci "ha ben poco a che spartire con l’autonomismo" (ed io concordo).

Perchè nel suo comunicato Atzeri parla di autonomismo? Perchè è la parola chiave; la parola che costituisce quel minimo comune che le assemblee regionali sono in grado di esprimere. Quel minimo comune che Atzeri vuole che venga rispettato ma che questa assemblea vuole ulteriormente annacquare.

Per il resto sfondi una porta aperta: autonomia, federalismo, non dipendenza ... tutte parole ambigue pur di non dire INDIPENDENZA
Beppe

Su Componidori
17-12-06, 01:35
Grazie per la dritta! Inizierò a giocare arRoccoSiffredi...!
:D

:D Spassiadì! :-:-01#19

Su Componidori
19-12-06, 00:47
Gramsci e “Sa Die”: missione impossibile?

Dopo che la Regione ha deciso di dedicare “Sa Die de sa Sardinia” ad Antonio Gramsci sono nate feroci polemiche a suon di accuse tra la sinistra dei partiti italiani (Ds e Rifondazione) e il Psdaz. Tutto nasce da un comunicato del Consigliere Regionale Atzeri che accusa innanzitutto di aver ridotto “Sa Die” a pura “celebrazione convegnistica“, e, fino a qui, è difficile dargli torto. Ma il sardista prosegue ponendo dei dubbi sulla opportunità di inserire il pensatore sardo nelle celebrazioni di una festa che dovrebbe “rilanciare i grandi temi del federalismo, dell’autonomia e dell’identità“. Atzeri in sostanza dice: Gramsci non c’entra niente con l’autonomia della Sardegna. Le risposte dal centro sinistra italiano non tardano ad arrivare, così Gianluca Scroccu, su Aprile - Quotidiano per la sinistra, senza tanti giri di parole dice ad Atzeri di non capire niente di intellettuali e lo accusa di non essere “giunto peraltro ad occupare il suo scranno di consigliere regionale non certo per la sua fama di intellettuale”. Seguono a queste esternazioni altri articoli di giornalisti chiaramente filo-giunta che difendono Gramsci dall’accusa di non essere autonomista. La situazione è abbastanza comica ma oggi la politica questo è. Proviamo ad analizzare ora seriamente (sempre che sia facile) questo tema. Sul fatto che Gramsci fosse sardo non ci sono dubbi finora. Che fosse un intellettuale è acclarato. Che sia morto ormai 70 anni fa nessuno lo nega. E allora perchè la figura di un intellettuale studiato in tutto il mondo divide in maniera così violenta la società della terrà in cui è nato? La questione è che la sinistra italiana ha sempre custodito Gramsci nella sua nicchia dei Santi, dei miti sacri, delle icone da venerare in solitudine. Insomma, il PCI prima e La quercia poi, hanno da sempre monopolizzato ciò che avrebbero dovuto condividere con il mondo. Tanto è che nella liberale Inghilterra Gramsci viene studiato, elaborato, le sue teorie negli anni 60 vengono rielaborate e trovano terreno fertile nell’ambito dei Cultural studies senza che questo desti scandalo, mentre noi sardi, invece che andare oltre lo stretto ed angusto passato, abbiamo preferito importare la moda italiana di ideologizzare tutto e tutti. Atzeri, più che polemizzare con la scelta in se, avrebbe dovuto farsi spiegare come veramente il popolo sardo sarà coinvolto in questa manifestazione e, chiedere se, finalmente, la sinistra abbia voglia di condividere Gramsci con la società sarda. Viene da temere che invece si tratti del solito buffet con tanti invitati poche idee. Sono sicuro che un’intellettuale della portata di Gramsci, alle mere celebrazioni (che spesso servono solo da passerella per i vari D’Alema e Fassino), avrebbe preferito una riflessione ben più profonda di quelle che fino ad ora si sono svolte, a suon di politici in cerca di vetrine e con scarso impulso intellettuale per la Sardegna e il mondo interno.

ALP :)

Su Componidori
19-12-06, 13:45
La polemica con i DS non è che mi appassioni particolarmente.
Volevo solo ricordare (anche al signor G. Scroccu) che il PCI prima ed i DS poi si sono dimostrati in diverse circostanze sostanzialmente antisardisti e sempre in ritardo rispetto alle intuizioni politiche del PSd’Az.
Il PCI, e non Gramsci, non era né autonomista men che meno federalista.
Vogliamo ricordare la “scomunica” dell’esperienza del Partito comunista di Sardegna?
E che dire della campagna condotta sul finire degli anni ’70 dall’allora segretario nuorese (A.E.) che emanò un comunicato per boicottare la raccolta di firme sulla proposta di legge popolare sul bilinguismo?
Per non parlare del concetto di nazione o nazionalità sarda, negato e deriso fino a tempi recenti, forse tutt’ora.
E dell’impallinamento della legge sulla lingua e cultura sarda al termine della legislatura guidata da Mario Melis nel 1989?
Oppure ultimamente in ordine di tempo le indebite intromissioni di A. Cabras in casa sardista?
Ma rischio di andare OT.

Per chi volesse leggersi l’intervento di Gianluca Scroccu e relativi commenti:
http://www.aprileonline.info/1096/nel-2007-la-regione-celebra-gramsci-ma-i-sardisti-non-lo-vogliono

Lutzianu
19-12-06, 15:38
provo ad aggiungere:
la sostanza è che sono sicuro che chiameranno per questa celebrazione qualche politico italiano, forse napolitano stesso, mortificando sia la ricorrenza de sa die, che, pur con i suoi limiti potrebbe far riflettere sul periodo della sarda rivoluzione (e magari portare alla luce i martiri Sanna-Corda, Cilocco e tanti altri), che Gramsci stesso.
Ho assistito a una conferenza a Ghialrza dove un giovane antropologo (non certo di tradizione marxista o post) diceva che gramsci era un patrimonio di tutta la sardegna facendo scandalizzare la platea diessina con mugugni e commenti di varia natura.
Questa è la triste realtà.

Kornus
19-12-06, 16:39
provo ad aggiungere:
la sostanza è che sono sicuro che chiameranno per questa celebrazione qualche politico italiano, forse napolitano stesso, mortificando sia la ricorrenza de sa die, che, pur con i suoi limiti potrebbe far riflettere sul periodo della sarda rivoluzione (e magari portare alla luce i martiri Sanna-Corda, Cilocco e tanti altri), che Gramsci stesso.
Ho assistito a una conferenza a Ghialrza dove un giovane antropologo (non certo di tradizione marxista o post) diceva che gramsci era un patrimonio di tutta la sardegna facendo scandalizzare la platea diessina con mugugni e commenti di varia natura.
Questa è la triste realtà.

Sos politicos italianistas jughen culpas mannas, est beru.... Ma culpa pius manna jughen cussos Indipendentistas ki po Sa Die si ndè sun semper samunados sas manos, regalendela a sos italianos......

Sos Bascos, cando b'at de custas festas no ispettan sos politicos, calan in piatta e las zelebran a sa manera issoro, cun cuntzertos, kistionos, banderas, etc.
Deo naro ki organizzendela bene una manifestada de 20.000 pessonas in Casteddu po Sa Die est possibile! E a cussu puntu sos traittores poden cumbidare sos ki keren......

Troppu facile est a narrer ki s'est oltada a festa regionale: semus nois ki no l'amos iskida sfruttare!

Su Componidori
02-02-07, 12:50
Quel giorno dedicato alla Sardegna

DI SALVATORE CUBEDDU

Qualche settimana fa si è riproposta la polemica a proposito di “sa die de sa Sardigna”.
Questo giorno - che evoca “il giorno” in cui questa nostra patria sarda potrà essere vissuta dai cittadini che la abitano come luogo e tempo di speranza, di lavoro e di felicità – è stato contestato da taluni.
Nel passato c’erano state discussioni sull’adeguatezza della data. Critiche sull’entità o
sulla distribuzione dei finanziamenti (seppur minimi). Diffidenza per i pericoli “politici” che una festa nazionale sarda rappresenterebbe. E forse in questo è individuabile la chiave di lettura dell’ultimo confronto tra un consigliere regionale sardista e un importante intellettuale della sinistra.

L’oggetto del contendere è la dedica ad Antonio Gramsci della rievocazione di “sa die” del 2007. Con una serie di convegni, conferenze e discussioni. Come è successo lo scorso anno per il tema dello statuto sardo. E l’altro anno per Eleonora d’Arborea. E, prima ancora, per la Brigata Sassari.
Tutti temi meritevoli, perché interpretano momenti importanti della nostra storia.

Eppure l’interrogativo vale per tutte queste importanti tematiche e viene da solo: sa die de sa Sardigna non trova già in se stessa il suo referente storico ed una propria motivazione nel risvegliare la nostra coscienza storica di popolo?
Non è stata forse già sperimentata la sua capacità di coinvolgere, oggi come allora, i sentimenti più profondi della nostra gente? La possibilità, sempre attuale, di richiamarci al bisogno di unità ed al dovere dell’impegno?
Non è, quindi, necessario sovrapporgli altri temi, che pure devono trovare spazio ed attenzione. Anzi, oggi più che mai, abbiamo bisogno di un giorno in cui sentirci uniti da un comune destino invece che divisi da troppi conflitti.

In quel 28 aprile 1794, con la cacciata dei piemontesi, si dava avvio alla lotta per l’abolizione del feudalesimo. Può correttamente venire considerata la data di inizio del lungo processo della modernità della Sardegna.
Non è lo stesso per i francesi, con il loro 14 luglio? Lo era per lo stesso giovanissimo Gramsci, che più tardi ricorderà la passione con cui gridava e scriveva, memore appunto di quei lontani eventi, “ a fora sos Continentales!”.

Gramsci, uscito dal carcere fascista, pensava di tornare in Sardegna per guarire e ricominciare a vivere in una relativa libertà.

Il rapporto di Gramsci con la Sardegna è sempre stato fortissimo. Forse è per questo che la Giunta regionale ha deciso di dedicare a un anniversario dell'intellettuale e politico di Ghilarza le celebrazioni del 2007.
Ma qualcosa fa pensare che i motivi non siano solo questi. Lo rivelano i toni dell'attacco rivolti al consigliere sardista ed al Partito sardo.
Gramsci ebbe grande attenzione e rispetto per i sardisti, così come Renzo Laconi. Ma non è forse vero che, come ci hanno raccontato degli storici inequivocabilmente di sinistra, i comunisti si proponevano di rivolgere le loro attenzioni ai sardisti per distruggere il loro gruppo di- rigente e conquistarne la base? Come chi corteggia una ragazza per rubarle il portafogli.

Nel partito sardo si ha il sospetto che la scelta di celebrare oggi Gramsci, e prima altri personaggi, serva soprattutto a mettere in ombra e a togliere tonalità emotiva all'idea stessa di una giornata di celebrazione della memoria storica del popolo sardo.

Com’è che, ad esempio, non si è mai dedicato un anno di Sa die de Sa Sardigna alla memoria dei martiri, arrestati, sottoposti a processo sommario, impiccati in piazza negli anni in cui i Savoia vivevano in Sardegna esuli dalla rivoluzione europea, nutriti da un popolo sardo che moriva di fame? Basta confrontare le serie demografiche sarde tra il 1790 ed il 1820 per vedere che furono anni terribili.

Gramsci, che ha subito l’oppressione e cercato la libertà pagandone i prezzi più amari, sarebbe ben rappresentato, come tutti i Sardi, da una giornata in cui si celebra proprio l’istanza di libertà del popolo a cui lui appartiene. Le realtà più profonde non hanno bisogno di appoggiarsi ad altro per essere rappresentate, ma sono esse stesse che, appunto, con la loro forza possono essere espressione di tutto e di tutti noi.