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Visualizza Versione Completa : Segnalazioni bibliografiche



José Frasquelo
01-05-09, 12:17
Riprendo il solito thread per segnalare testi, articoli, riviste su Eurasiatismo e Geopolitica e argomenti a loro affini.
Chiedo al moderatore di mettere il threrad in rilievo.

Spetaktor
01-05-09, 21:19
beh, per ovvi motivi consiglio tutto il catalogo delle Edizioni All'Insegna del Veltro
http://www.insegnadelveltro.it/

Ierocle
03-05-09, 12:08
Allora segnaliamo anche la recentissima novità: L'imperialismo ebraico nelle fonti della tradizione rabbinica, di Gian Pio Mattogno.

Ierocle
04-05-09, 18:11
Gian Pio Mattogno, L'imperialismo ebraico nelle fonti della tradizione rabbinica, Edizioni all'insegna del Veltro, Parma 2008, pp. 286, € 20,00




Fin dall'antichità classica gli ebrei sono stati accusati - per usare una terminologia moderna - di "imperialismo mondialista". Questa accusa ha accompagnato il popolo ebraico lungo l'intero corso della sua storia secolare, fino ai giorni nostri.

Secondo gli avversari di Israele, il "popolo eletto" sarebbe animato da una esplicita vocazione messianico-imperialistica, da una fanatica volontà di dominio su tutti i popoli della terra, considerati idolatri, empi e impuri.

Gli apologeti giudei e i loro ausiliari replicano che tutto ciò è frutto dell' "ignoranza", del "pregiudizio" e della "giudeofobia" degli antisemiti, e dunque assolutamente falso.

Questo studio si propone di dimostrare, sulla scorta della stessa letteratura giudaica, che l'accusa di imperialismo mossa agli ebrei è tutt’altro che infondata. Dalla Bibbia ebraica e da innumerevoli testi, antichi e moderni, della tradizione rabbinica emerge, in un sinistro scenario apocalittico, la vera natura dell'èra messianica: il dominio universale del "popolo eletto" e il destino di morte, distruzione e asservimento riservato a tutti i popoli della terra.







Gian Pio Mattogno si occupa da tempo di varie tematiche relative alla questione ebraica. Collaboratore di diverse riviste, per i tipi delle Edizioni all'insegna del Veltro ha pubblicato: La rivoluzione borghese in Italia (1700-1815), 1989; La rivoluzione borghese in Italia (Dalla Restaurazione ai moti del 1831), 1990; La massoneria e la rivoluzione francese,1990. Sulla questione ebraica ha pubblicato: L'antigiudaismo nell'Antichità classica, Ed. di Ar, 2002 e Il non-ebreo nella letteratura rabbinica (Consulenza tecnica di parte presentata al Tribunale di Pisa, Sezione distaccata di Pontedera), 2004; inoltre ha curato la pubblicazione di: J. Pohl, K. G. Kuhn, H. De Vries de Heekelingen, Studi sul Talmud, Edizioni all'insegna del Veltro,1992; La Questione Ebraica, 1, agosto 1998, Ed. di Ar; Gruppo di Ar, Johann Andreas Eisenmenger e il "Giudaismo svelato", Ed. di Ar, 2008.

Ivan
07-05-09, 09:15
CRNJANSKI MILOS
http://media.hoepli.it/hoepli/Libro/CRNJANSKI-MILOS/MIGRAZIONI-I/9788845909085.jpeg http://media.hoepli.it/hoepli/Libro/CRNJANSKI-MILOS/MIGRAZIONI-II/9788845914157.jpeg

...La prima parte di "Migrazioni" si chiudeva con il ritorno del nobile Vuk Isakovic dalla guerra, all'inizio dell'estate 1745. Siamo ora nell'anno 1752: il governo di Maria Teresa ha deciso la smobilitazione delle truppe serbe e quel sogno - raggiungere una nuova patria, una terra slava, la Russia - viene raccolto dal nipote di Vuk, Pavle Isakovic. Sarà lui a guidare il suo popolo attraverso le steppe, i fiumi, le foreste e i laghi dell'Est. Ma solo per scoprire che nulla è come doveva essere, e che la terra promessa non esiste: mai Pavle potrà convincersi che "un'acacia sul Don o sul Begej è sempre un'acacia".

Malaparte
10-05-09, 21:41
CRNJANSKI MILOS
http://media.hoepli.it/hoepli/Libro/CRNJANSKI-MILOS/MIGRAZIONI-I/9788845909085.jpeg http://media.hoepli.it/hoepli/Libro/CRNJANSKI-MILOS/MIGRAZIONI-II/9788845914157.jpeg

...La prima parte di "Migrazioni" si chiudeva con il ritorno del nobile Vuk Isakovic dalla guerra, all'inizio dell'estate 1745. Siamo ora nell'anno 1752: il governo di Maria Teresa ha deciso la smobilitazione delle truppe serbe e quel sogno - raggiungere una nuova patria, una terra slava, la Russia - viene raccolto dal nipote di Vuk, Pavle Isakovic. Sarà lui a guidare il suo popolo attraverso le steppe, i fiumi, le foreste e i laghi dell'Est. Ma solo per scoprire che nulla è come doveva essere, e che la terra promessa non esiste: mai Pavle potrà convincersi che "un'acacia sul Don o sul Begej è sempre un'acacia".

Ho appena preso la prima parte, ma non so quando la leggerò.
Qualche commento?

José Frasquelo
12-05-09, 14:09
LA FORESTA E LA STEPPA: IL MITO DELL'EURASIA NELLA CULTURA RUSSA
recensione di Stefano Vernole

Aldo Ferrari, La foresta e la steppa: il mito dell'Eurasia nella cultura russa, Scheiwiller 2003

Il concetto di Eurasia sembra essere stato usato per la prima volta dal geologo austriaco Eduard Suess (1831-1914) e ripreso dagli eurasisti per concepire un'idea della Russia quale autonomo spazio bicontinentale esteso dai Carpazi al Pacifico, distinto tanto dalla penisola europea quanto dalle regioni meridionali dell'Asia. Secondo questa prospettiva l'Eurasia appare come un'immensa pianura, il cui territorio sostanzialmente omogeneo si divide però in quattro zone botaniche da nord a sud: tundra, taiga, steppa, deserto. Un'unità geografica che viene posta a fondamento della vita culturale e politica dei popoli insediati al suo interno. Ma chi sono gli eurasisti e quali sono le suggestioni ai quali per primi essi hanno dato una sistemazione organica? Essi contano tra le proprie fila alcune delle figure più note dell'emigrazione russa degli anni Venti del nostro secolo, quella seguita alla rivoluzione bolscevica. Da Nikolaj Trubeckoj (1890-1938) e Roman Jacobson (1896-1982), linguisti tra i più celebri del Novecento, a Georgij Florowskij (1893-1979), indiscussa autorità della teologia russa contemporanea, sino a Georgij Vernadskij (1887-1973), per decenni patriarca dell'insegnamento di storia russa nelle università statunitensi. Negli ambienti dell'emigrazione essi vengono visti con diffidenza, perché le loro tesi non rientrano in nessuno dei due principali campi dell'opposizione anti-comunista, quello monarchico-conservatore e quello democratico-liberale. Ciò che viene contestato è soprattutto la loro insistenza sull'aspetto non occidentale, "turanico ed asiatico" della cultura russa. Già la principale opera di Trubeckoj è una critica all'egocentrismo della cultura occidentale, alla sua pretesa universalità e alla sua tradizione nazionale, appiattita su due sole posizioni entrambe da stigmatizzare: l'una sciovinistica - affermazione aprioristica della superiorità del proprio popolo sugli altri, l'altra cosmopolita - rifiuto delle differenze fra le culture e volontà di unificarle in una sola universale. La sua concezione morfologica della storia è simile a quella di altri pensatori russi quali Danilevskij e Leont'ev così come alle indicazioni del tedesco Spengler (1) e si preoccupa di studiare soprattutto gli aspetti antropologici dei popoli eurasisti. Gli altri esponenti del movimento eurasista si dividono funzionalmente i compiti: Jakobson studia le affinità linguistiche, Savickij i fattori geografici e geopolitici, Vernadskij quelli storici, mentre Alekseev e C'cheidze definiscono il progetto politico (2). Nella loro visione complessiva i popoli dell'Eurasia, dalla Galizia alla Muraglia Cinese, nel tentativo di creare un impero unitario su tutta la sua superficie, sembrano aver mantenuto per millenni caratteri simili. Il popolo russo, la cui progressiva espansione porta alla stabile occupazione dello spazio eurasiatico, ha raccolto l'eredità dei nomadi che per lungo tempo l'hanno dominato. Storia russa e storia dell'Eurasia negli ultimi secoli vengono così a coincidere e compito del movimento è quello di sviluppare nel proprio popolo la piena coscienza di questa missione. In questa ricostruzione storica una valutazione spicca significativamente, l'influsso positivo della dominazione tatara sulla Russia, che non solo ne ha lasciato intatta la specificità spirituale ma le ha anche fornito un formidabile modello politico-militare. E' interessante notare come per gli eurasisti abbia poca importanza l'ideologia della "Terza Roma" (3), in quanto la "translatio imperii" davvero decisiva riguarda il passaggio dal khan tataro al gran principe di Mosca (4). Proprio dopo la conquista dei khanati di Kazan e Astrachan (1551-1556) la propensione geopolitica di Mosca si rivolge sempre più verso Oriente, utilizzando i contadini per dissodare gli immensi spazi conquistati e la subetnia cosacca per difenderli (5). Pur riprendendo alcuni elementi slavofili, gli eurasisti introducono molte innovazioni nella cultura russa, in quanto ne evidenziano la dimensione orientale, asiatica e turanica. Dal ballo alla gamma musicale pentatonale, dalla fiaba all'epos eroico, persino la recezione dell'ortodossia bizantina avviene secondo modalità psichiche simili a quelle turaniche. L'assenza tra i russi ortodossi di una vera e propria ricerca teologica è infatti parallela a quanto si osserva tra i turchi mussulmani, essendo entrambi alieni da speculazioni astratte e propensi ad accogliere la fede come un dato integrale e definitivo. L'Eurasia rappresenta perciò una "terza via", sia a livello storico-culturale che socio-politico: non può essere totalmente Europa ma neppure Asia. Nel suo studio linguistico Jacobson vuole dimostrare la sostanziale affinità del sistema fonetico nelle lingue euroasiatiche, indipendentemente dalla loro collocazione. In quest'unione linguistica sono compresi il ramo russo delle lingue slave, le lingue ugro-finniche orientali e alcune lingue caucasiche turche, tutte caratterizzate dall'assenza di tono e dalla distinzione tra consonanti dure e molli. Le teorie geopolitiche di Savickij ribadiscono invece il diritto della Russia ad essere considerata il vero "Regno di Mezzo", avendo essa ereditato il ruolo di mediazione tra Europa e Asia toccato per millenni ai nomadi delle steppe euroasiatiche. Egli profila una Russia-Eurasia quale complesso sistema unitario capace di conciliare popoli e tradizioni culturali differenti, in virtù di uno specifico "ambiente" ("mestorazvitie"), concetto in larga misura corrispondente al "Raum" della geopolitca tedesca e al "Grossraum" del giurista Carl Schmitt. Lontani dal marxismo e dal capitalismo, gli eurasisti auspicano un'élite non classista né nazionale, la cui selezione deve avvenire per cooptazione sulla base della rappresentanza professionale. La conciliazione di diritti e doveri, libertà dei singoli e salute dello Stato, sono raggiungibili solo attraverso strumenti giuridici organici, caratteristici dell'antico diritto russo. All'interno dell'auspicata libera confederazione euroasiatica i russi devono solo essere i primi "inter pares" e riconoscere le aspirazioni di tutti i popoli alla conservazione della cultura nazionale e religiosa. L'unità storico-territoriale dell'Eurasia è in grado di creare un'unitaria e differenziata personalità culturale di tipo "sinfonico", non semplice somma ma armonia di voci diverse. In campo economico è necessario conservare l'iniziativa privata, regolandola però verso l'interesse generale sulla base della mentalità russa tradizionale, che ignora il concetto "latino" assoluto di proprietà ed è a favore invece di uno condizionato. Attraverso una complessa rete di linee ferroviarie, aeree e automobilistiche che la colleghino più efficacemente con l'Asia, essa sarà in grado di raggiungere l'indispensabile autarchia economico-sociale. Nel 1928, però, dopo la formulazione di questo progetto, gli eurasisti si dividono in due campi: il circolo praghese di orientamento conservatore e anticomunista, quello parigino progressista e filosovietico. La spaccatura, dovuta anche all'evidenza della stabilizzazione sovietica sulla base della dottrina marxista-leninista, determina il rapido esaurimento del movimento, sancito nel 1938 dalla morte di Trubeckoj. Ma se qualcuno dovesse considerare gli eurasisti solo degli ingenui utopisti, cadrebbe in errore. Aldo Ferrari, forte di una bibliografia di 48 pagine, ci regala uno splendido affresco su quanto profondo sia stato e sia ancora oggi l'interesse russo per un Oriente interno alla propria cultura. Partendo dalla dominazione mongola, durata dal 1240 al 1480, che vede la Russia profondamente inserita nel sistema delle steppe euroasiatiche fondato da Gengis Khan. Se con le riforme petrine (6) quest'influsso viene minimizzato e condannato, le istituzioni civili e militari della nazione rimangono in realtà di origine mongolo-tatara. Basti pensare all'intenso processo di naturalizzazione della nobiltà tatara e mussulmana; molti dei nomi più noti della Russia moderna rispecchiano quest'origine, da Derzavin a Jusupov, a Turgenev, Karamzin, Suvurov, Kutuzov... Ampie tracce rimangono anche nel lessico russo, non solo in termini "negativi" quali "kat" ("carnefice"), "kandaly" ("catene"), ma anche in parole "neutre" o "positive" come "bogaty" ("eroe") e "tovarisc" ("compagno"). In tutta la sua storia, malgrado la Chiesa Ortodossa veda nell'Islam un male assoluto e Caterina II riconfermi energicamente la svolta petrina, la Russia continua a costituire uno spazio aperto agli influssi orientali. Ciò perché Mosca non ebbe un Impero... ma fu un Impero, che procedette sulla base di spinte espansionistiche tradizionali più che modernamente coloniali. Un percorso lentamente maturato nel corso dei secoli, costituito da rapporti costanti, pacifici e bellici con i paesi confinanti, perché nella steppa non è ben chiaro dove e quando si marchino i confini della patria e perché il predominio russo non si basò mai sul senso di superiorità etnica tipico invece degli Imperi occidentali. Un atteggiamento ravvisabile decisamente anche nella letteratura: dalla capacità di consonanza universale che Dostoewskij e Puskin attribuiscono al popolo russo, alle molteplici speculazioni sul messianismo dell'idea russa, fino alle imposizioni sovietiche del popolo russo come "grande fratello". Ma testimoniato anche dal più influente intellettuale mussulmano operante all'interno dell'Impero zarista, Ismail Gasprinskij (1851-1914), che sottolinea la grande umanità dimostrata dai russi nei confronti dei popoli soggetti, così come dall'opera del console nell'Impero ottomano Konstantin Leont'ev (1831-1891), sostenitore della benignità degli influssi turanici sulla storia di Mosca (7). Oggi, dopo la caduta del Muro di Berlino, quella che Aldo Ferrari ha definito la "tentazione eurasista", riprende vigore. La ritroviamo nell'ideale geopolitico della rivista "Elementy" diretta da Aleksandr Dugin (8), che auspica una formazione sopranazionale continentale estesa da Dublino a Vladivostok e fortemente contrapposta all'Occidente anglo-statunitense. Tra le sue file troviamo significativamente la principale autorità religiosa dei mussulmani russi, il muftì Talgat Tadzudin. Ma anche nel neo-eurasismo accademico di Andrej Panarin e delle riviste "Acta Eurasica" e "Evraziskij Vestink", ispirati al policentrismo politico-culturale. In tempi di "guerre di civiltà", l'eurasismo potrebbe invece fornire elementi utili alla coesistenza dei popoli e delle culture, a patto di non considerare la "civiltà occidentale" come un modello esportabile ovunque.

Note:
(1) Nikolaj Danilewskij (1822-1885) è considerato uno dei maggiori teorici del panslavismo e del nazionalismo russo contemporaneo. Oswald Spengler è autore del celeberrimo "Tramonto dell'Occidente" e della coppia concettuale "Kultur-Zivilisation". Il primotermine, "Kultur", indica lo stadio creativo e fecondo di una forma di vita cui si riconnettono le comunità umane, mentre il secondo "Zivilisation" allude al progressivo isterilirsi di una cultura nella sua fase declinante, caratterizzata dall'intellettualismo razionalistico.
(2) Nikolay Nicolaevic Alekseev (1827-1881) elabora il progetto una giurisprudenza nazionale che rifiuta le teorie dell'Occidente e accoglie invece dal modello bizantino il principio iosifiliano del servizio totale, combinandolo con quello misericordioso della contemplazione e della trasfigurazione esicastica.
(3) Sull'idea di una missione provvidenziale mondiale affidata alla Russia cfr. Aldo Ferrari, "La Terza Roma", All'insegna del Veltro, 1986.
(4) Fra XIV e XV secolo sulle grandi pianure dell'Europa centrale e meridionale domina il khanato turco-mongolo dell'Orda d'Oro con capitale Saray (l'attuale Astrakan): la sua estensione dal Mar Nero al Lago d'Aral giunge a Nord fino ai confini della Finlandia. Gradualmente, la divisione dell'Orda d'Oro favorisce la resistenza dei principati russi sotto la guida di quello di Mosca; la caduta di Costantinopoli nel 1453 offre a quest'ultimo la possibilità di presentarsi come erede dell'Impero Bizantino e protettore della Chiesa Ortodossa: nasce l'idea della "Terza Roma".
(5) L'influsso della steppa sui cosacchi è visibile sin dalla loro stessa denominazione: "kazan" è infatti una parola di origine turca che secondo l'etimologia più diffusa significa "uomo-libero"-"vagabondo".
(6) Pietro il Grande (1689-1725) è il terzo zar della dinastia dei Romanov e imprime allo Stato russo una decisa spinta verso l'occidentalizzazione, sia nell'innovazione tecnologica che nella vita sociale. La decisione più significativa riguarda lo spostamento della capitale da Mosca a San Pietroburgo, da lui fondata nel 1703 sulle rive del golfo di Finlandia.
(7) Sul pensiero di Leont'ev cfr. "Bizantinismo e mondo slavo", All'insegna del veltro, 1987.
(8) Sulla visione "Tradizionalista" di Dughin cfr. la raccolta di saggi "Continente Russia", All'insegna del Veltro, 1991.

Ierocle
28-05-09, 11:15
ELEFANTI EFFERVESCENTI




Lodovico Ellena, Si può ancora criticare l'Islam?, Tabula Fati, Chieti 2009



Come informa una lunga nota biobibliografica alle pp. 61-62, l'Autore dello scritto che dà il titolo a questo libriccino "è nato a Torino nel 1957, ha viaggiato molto e si è laureato in filosofia a Torino. Ha avuto discreta notorietà con il gruppo neopsichedelico Effervescent Elephants, con l'edizione di vari dischi. È stato vice-preside, poi direttore, in un liceo torinese. Svolge numerose attività politiche e collabora a vari giornali".
Metà delle sessanta pagine del volumetto sono però firmate da altre personalità: Mario Borghezio, Emanuele Pozzolo, San Tommaso d'Aquino, Sant'Alfonso Maria de' Liguori. Un eterogeneo quartetto, questo, che non deve essere ovviamente identificato con il gruppo neopsichedelico Effervescent Elephants, anche se una certa nota psichedelica nel libretto in esame non manca.
Infatti l’effervescente Mario Borghezio, prefatore dell'opera, richiamandosi agli scritti allucinogeni di quell'Alexandre Del Valle di cui ci siamo già occupati altrove (Claudio Mutti (http://www.claudiomutti.com/index.php?url=6&imag=4&id_news=62)), lancia un accorato grido d'allarme per avvertirci del pericolo incombente rappresentato dall'instaurazione, già in atto, di una vera e propria dittatura islamica: "Siamo, volenti o nolenti, di fronte a un potere mondiale ed universale di censura pronto a sanzionare con mezzi violenti ogni e qualsiasi infrazione ai dettami della sharia".
A quanto pare, parecchia acqua è passata sotto i ponti del divino Eridano da quando l'on. Borghezio, in veste di sottosegretario del primo governo Berlusconi, accoglieva con tutti gli onori al Ministero della Giustizia i dirigenti dell'UCOII; o da quando il tribuno leghista faceva parlare dalla tribuna di San Pellegrino Terme gli oratori dei Murabitun, mentre un paio di giovanotti caucasici (un inguscio e un ceceno), da lui presentati come "veri eroi", gridavano "Allahu akbar" davanti a una platea di attoniti militanti padanisti.
Meno effervescente di Borghezio, il candidato della Lega Nord al consiglio comunale di Vercelli, Emanuele Pozzolo, riesce nondimeno anche lui ad evocare, nella sua Presentazione (pp. 9-14), le atmosfere oniriche ed allucinanti di un'esperienza psichedelica. Qui l'evasione dalla realtà è ottenuta mediante la riscrittura dei versetti coranici: dopo averne citati quattro in una traduzione alquanto approssimativa e in una forma mutila ed avulsa dal contesto, Pozzolo conclude la sua breve scelta antologica riferendo un versetto addirittura inesistente (p. 9). Una così particolare acribia filologica consente al candidato leghista di enunciare la sua "evidentissima verità" (p. 10): "ovunque l'Islam venga a contatto con tradizioni altre da sé non risulta in grado di sapervisi rapportare in termini pacifici" (p. 10).
Un po' più interessante è invece il giudizio di San Tommaso d'Aquino sull'Islam, riportato alle pp. 49-50; giudizio che, come è stato detto, "ha un'importanza capitale, non solo perché ci indica quali fossero le conoscenze e le opinioni che aveva intorno ad esso [=all'Islam] un così grande uomo, ma anche perché servì lungamente di norma alla massima parte dei controversisti" (A. Malvezzi, L'islamismo e la cultura europea, Sansoni 1956, p. 107). Nel libretto ovviamente non si fa cenno del fatto che lo stesso San Tommaso affermava di esser debitore di alcuni concetti attinenti la beatitudine celeste ad Alfarabi, Avicenna, Avempace ed Averroè, i quali a loro volta li avevano desunti dal Corano (G. Gabrieli, Intorno alle fonti orientali della Divina Commedia, Tip. Vaticana 1919, p. 41).
Altrettanto interessante il quadro dell'Islam abbozzato da Sant'Alfonso Maria de' Liguori e riportato alle pp. 51-60: esso mostra come questo settecentesco difensore del cattolicesimo ignorasse, al pari degl'intellettuali razionalisti contemporanei, le nuove fonti d'informazioni che l'orientalismo aveva pur tuttavia messe a disposizione. I secoli erano evidentemente trascorsi invano, se, per sostenere una caratteristica tesi cattolica (Non può esser vera la religione maomettana), il doctor Ecclesiae era costretto a riproporre il vieto ritornello della "libidine" e delle "sozzure della carne" quali caratteristiche della cultura islamica, anche se per amor di equità bisogna dargli atto di essersi astenuto dal ripetere il topos trito e ritrito secondo cui i musulmani adorerebbero... la dea Venere.
Veniamo infine allo scritto di Lodovico Ellena che dà il titolo al libriccino. Tale scritto, ci avverte l'Autore stesso, "nacque come taccuino di appunti" (p. 17). Ma appunti sono rimasti, privi di qualunque organicità, sicché il lettore non può non restare colpito dal carattere frammentario e raccogliticcio del testo. Esso è costituito di due capitoli slegati tra loro, il primo dei quali ripropone qualche banale argomento di polemica antislamica desunto dagli scritti di vari agit prop (Guido Olimpio, Ayaan Hirsi Ali, Christopher Hitchens, Tim Leedom, Maria Murdy ecc.), mentre il secondo è un puro e semplice elenco di citazioni tratte dall'Apologia dell'islamismo di Laura Veccia Vaglieri (fantasiosamente qualificata come "musulmana italiana"), da L'Islam di Alessandro Bausani e... da un articolo apparso sul quotidiano della famiglia Elkann-Ovadia.
Tra le personali affermazioni dell'intellettuale torinese, bisogna però citarne una che è veramente degna di nota: quella che attribuisce ai musulmani non il culto di Venere, né quello di Bafometto (Claudio Mutti (http://www.claudiomutti.com/index.php?url=6&imag=2&id_news=60)), bensì "la venerazione di una pietra già adorata dai persiani nel culto dedicato a Crono, dio del tempo" (p. 20).


Claudio Mutti


http://www.claudiomutti.com/index.php?url=6&imag=4&id_news=164

José Frasquelo
28-05-09, 11:44
François Thual, IL MONDO FATTO A PEZZI, Edizioni all’Insegna del Veltro, Parma 2008, pp. 126, € 15,00

http://apolitia.ilcannocchiale.it/mediamanager/sys.user/55500/Thual.jpg

Recensione di Augusto Marsigliante

L’ultimo lavoro di François Thual, Il mondo fatto a pezzi, riveste a mio avviso una notevole rilevanza per chiunque abbia un qualche interesse nell’ambito della geopolitica.

Questo per una serie di ragioni. Innanzitutto perché delinea con estrema chiarezza e fondatezza di argomenti gli scenari geopolitici attuali nel panorama internazionale. In secondo luogo perché conferma ancora una volta, caso mai ce ne fosse ancora bisogno, la validità del metodo geopolitico come chiave di lettura dei conflitti attuali, passati e futuri, come ben dimostra il colloquio finale tra l’Autore e Tiberio Graziani, che impreziosisce un lavoro già di per sé notevole: una dottrina, quella geopolitica, che è anche –o forse soprattutto- prassi, poiché “codifica le possibilità che gli Stati hanno di dispiegarsi sulla scena internazionale” (pagg. 116-117), e che conferma “l’irreversibile divisione del mondo contemporaneo in due blocchi contrapposti, quello dei dominanti e quello dei dominati” (pag.112).

Il tema principale di cui si occupa l’Autore consiste nella considerevole proliferazione di Stati sulla scena internazionale che si è avuta in particolare nel XX secolo: una fase che ha preso il posto di quella precedente, caratterizzata dai processi di colonizzazione-decolonizzazione. La drammaticità di tale situazione ci è chiara fin dalla copertina di questo libro, che mostra quanto oggi l’Europa sia frammentata in tutta una serie di Stati e staterelli, somiglianti più ad un puzzle che ad un entità geopolitica che si pretenda autonoma in campo militare economico e politico, in una parola, sovrana.

La situazione attuale, più che rispondente ad un disegno geopolitico ben preciso e studiato a tavolino, risulta figlia di una serie di scelte strategiche concrete attuate dalle grandi potenze.

Tali potenze sono denominate dall’Autore “La Triade”: America del Nord, Europa Occidentale e Giappone. Le scelte attuate da tali potenze sullo scacchiere internazionale hanno contribuito a creare l’attuale scenario, che non è immobile e stabile, quanto suscettibile di numerosi ed il più delle volte drammatici cambiamenti. Un panorama in continua evoluzione quindi, anche in virtù del fatto che non sempre i movimenti di tali grandi potenze sono stati univoci: pur perseguendo il medesimo disegno, ossia quello di trarre il massimo profitto, le potenze della Triade hanno talvolta cercato di disgregare entità geopolitiche omogenee al fine di indebolirle, talvolta invece hanno favorito la nascita di aggregazioni statuali disomogenee con l’intento di attirarle nell’orbita della propria influenza. In che modo e in quale lasso di tempo il lettore avrà modo di scoprirlo addentrandosi nella lettura di questo breve ma ficcante volumetto.

Notevoli sono anche i passaggi dedicati alla parte orientale del continente eurasiatico, in particolare Russia e Cina. Si ha così modo di scoprire che, pur essendo -o essendo stati- entrambi i paesi sotto il controllo del Partito Comunista, questi due grandi imperi hanno attuato strategie geopolitiche diverse. Nel caso della Russia, inoltre, il suo dissolvimento ha dato inevitabilmente il la alla nascita di una miriade di entità statuali.

Nell’evidenziare i processi disgregatori che hanno dato luogo alla nascita di decine di Stati -una cinquantina nell’ultimo dopoguerra, ben 195 oggi!- l’Autore conferisce a tali entità un differente grado di dignità (pag.15): esistono veri e propri Stati, corrispondenti a sentimenti identitari ben configurati e preesistenti alla nascita dello Stato stesso; vi sono invece altri Stati in cui un particolarismo di qualche tipo ha preceduto la costruzione di consolidamenti identitari, essendo in molti casi prodotto artificiale di costruzioni create a tavolino. Per non parlare di quelle microparticelle che l’Autore chiama, a ragione, nano-Stati: minuscoli arcipelaghi divenuti paradisi fiscali o microscopiche entità amministrative gelose delle proprie esigue risorse.

La tendenza che abbiamo potuto osservare negli ultimi decenni è quindi di tipo prevalentemente disgregatrice -anche se, come accennato, esistono delle eccezioni-, come dimostra -ultima in ordine di tempo- la nascita del narco-stato fantoccio del Cossovo. Questa “libido sovranista” (pag. 107) da parte di entità troppo deboli per sostenere un onere gravoso come la sovranità, non ha fatto altro che creare una miriade di Stati-clienti a sovranità limitata (“consumatori consenzienti di sovranità”, pag. 27), soggetti ai capricci delle potenze che li controllano. “La frammentazione del mondo” infatti “rafforza i paesi forti e indebolisce i paesi deboli”, essendo oltretutto evidente che rappresenta “un mezzo di dominio e di controllo più efficace di quello costituito dai vecchi imperi coloniali” (pagg. 24-25). Si tratta insomma del sempre valido principio del divide et impera. Nelle sue conclusioni, il Nostro, stilato un bilancio più che esaustivo della situazione attuale, delinea quelli che saranno secondo lui gli sviluppi che si potranno aprire in un prossimo futuro, individuando contesti “a bassa sismicità geopolitica” e “ad alta sismicità geopolitica” (pag.85). Un affresco condivisibilmente pessimista, considerato che difficilmente tali cambiamenti potranno avvenire in maniera indolore.

Volendo addivenire ad una conclusione al termine di questo breve viaggio attraverso le macerie dei grandi imperi della Storia, si può intravedere nei processi che hanno portato allo scenario geopolitico attuale –e credo che il dimostrarlo sia stato uno degli intenti dell’Autore- un unico fil rouge, una tendenza di fondo che aiuta a capire come tali accadimenti non siano quasi mai frutto del caso, quanto siano un miscuglio imponderabile di necessità, egoismo ed interesse.

Un’annotazione aggiuntiva va fatta, a parer mio, anche sul linguaggio utilizzato: grazie ad una serie di abili metafore mutuate in particolar modo dall’ambito medico, si ha l’opportunità di leggere quello che con ogni probabilità costituisce un unicum, dal punto di vista del linguaggio, nel panorama degli studi geopolitici.

Malaparte
01-06-09, 17:05
Pipes Richard - Il conservatorismo russo e i suoi critici

Editore: Rubbettino

€ 18,00

La Russia ha sempre coltivato una sorta di "tentazione autocratica". Lungo la storia del pensiero politico russo infatti sono stati molti i pensatori che hanno teorizzato che la Russia può prosperare solo sotto un regime autocratico. Il libro di Pipes costruisce un ritratto del pensiero conservativo russo, dei timori di disintegrazione dello stato e delle varie teorie alternative che nel frattempo si è cercato di elaborare.

Spetaktor
01-06-09, 18:15
Pipes Richard - Il conservatorismo russo e i suoi critici

Editore: Rubbettino

€ 18,00

La Russia ha sempre coltivato una sorta di "tentazione autocratica". Lungo la storia del pensiero politico russo infatti sono stati molti i pensatori che hanno teorizzato che la Russia può prosperare solo sotto un regime autocratico. Il libro di Pipes costruisce un ritratto del pensiero conservativo russo, dei timori di disintegrazione dello stato e delle varie teorie alternative che nel frattempo si è cercato di elaborare.

com'è? sembra interessante (pur se, come credo, critico)

Malaparte
02-06-09, 16:59
com'è? sembra interessante (pur se, come credo, critico)

Non l'ho ancora preso.

Spetaktor
06-06-09, 13:06
POTERE GLOBALE
Il Ritorno della Russia sulla Scena Internazionale
di Alessandro Lattanzio
Fuoco Edizioni
Pagine 157, Formato 14cm x 20,5cm EURO 13,00
IVA Esclusa Articolo 74, lettera c), Dpr n. 633/72

La Federazione Russa di Putin e Medvedev si è posta, in questi ultimi 10 anni, come un cruciale attore strategico, dopo che, per tutti gli Anni '90, presunti studiosi o esperti, nemici o falsi amici della Russia, ne avevano decretato la sua fine storico-strategica. Grazie all'enorme afflusso di capitali derivanti dall'esportazione verso l'Occidente delle risorse naturali dei giacimenti siberiani e artici, il Cremlino ha potuto rigenerare, invece, le sue forze armate che oggi come ieri rappresentano il baluardo fondamentale della Russia nel respingere ogni tentativo di ingerenza esterna, non solo sul suo territorio, ma anche in quella zona d'interesse strategico che rispecchia esattamente i Paesi una volta parte dell'Unione Sovietica.
Con questa chiave di lettura vanno lette le recenti crisi ucraina, georgiana e dello Scudo ABM americano in Europa Orientale, che hanno visto Mosca protagonista di una dura battaglia nel fronteggiare le ambizioni della NATO a cingerla in un ristretto anello di sicurezza e relegarla definitivamente a Stato di secondo ordine, che certo oggi la volontà della Russia di rispolverare i suoi sogni di potenza globale non permettono semplicemente nemmeno di pensare.

Spetaktor
06-06-09, 22:44
Per una "rilettura" del sovietismo, in chiave eurasiatica



Agursky Mikhail, Terza Roma, il nazionalbolscevismo in Unione Sovietica, Il Mulino, 1989
Alexander Yanov, La nuova destra russa, Sansoni editore
Gennadij Zjuganov, Stato e potenza, all’insegna del veltro
Kulesov-Strada, Il Fascismo russo, Marsilio, 1988
Rapoport Luis - La guerra di Stalin contro gli ebrei, Rizzoli
Aldo Ferrari - La foresta e la steppa , Scheiwiller
J.Stalin- Il marxismo e la questione nazionale, edizioni Comunitarismo
Marino Ambri - La dottrina Breznev, 1971, Pan editore
Shelach et ami. Documenti dell'antisemitismo nell'URSS - edizioni della voce.1971
Nikolaj Berdjaev- fonti e il significato del comunismo russo, La casa di Matriona
Luciano Canfora - Stalin, storia e critica di una leggenda nera, ed.Carocci
Pallavidini Renato - Dalla crisi alla diaspora. Il giovane Mussolini e Lenin: volontarismo e rivoluzione socialista nel materialismo, edizioni SeBarbarossa
Lozzi Carlo – Mussolini Stalin. I rapporti tra i due dittatori, ed.Domis
Cutaia-Terracciano – Sangue e Acciaio, ed Noctua
Peregalli Arturo – Il patto Hitler-Stalin, Massari

In lingua straniera:
Perrie Maureen, The Cult of Ivan the Terrible in Stalin's Russia
Brandenberger David, National Bolshevism: Stalinist Mass Culture and the Formation of Modern Russian National Identity, 1931-1956

da Eurasia.Rivista di studi geopolitici:
2/2005 Budapest, Praga, Bucarest (Claudio Mutti)
Stalin tra comunismo e geopolitica (Costanzo Preve)
1/2007Da Augusto a Stalin. I momenti salienti del processo d’integrazione europeo (Claudio Mutti)
La questione nazionale nell’Unione Sovietica (Andrea Forti)
Dall’URSS alla Russia di Evgenij M. Primakov (Daniele Scalea)
2/2007La “primavera di Praga” e le mosche cocchiere italiane (Giovanni Armillotta)
2/2008Stalinismo e rivoluzione (Giovanni Armillotta)

sitoaurora
06-06-09, 23:09
http://i16.ebayimg.com/08/i/001/22/85/a1b0_1.JPG

Dr. Mikhail Agursky, Ex-Soviet Scientist, 58
JERUSALEM, Aug. 29
NY Times (http://www.nytimes.com/1991/08/30/obituaries/dr-mikhail-agursky-ex-soviet-scientist-58-jerusalem-aug-29.html)

Mikhail Agursky, a pillar of the Soviet scientific establishment who became a dissident and campaigner for Soviet Jews, was found dead on Tuesday in his hotel room in Moscow. He was 58 years old.
Hebrew University said he had apparently died of a heart attack. An Israeli citizen since 1975, he was in the Soviet Union for a brief visit.
Dr. Agursky was a member of the Soviet Academy of Sciences specializing in physics and cybernetics and an adviser to the Soviet military industry before his faith in Communism ebbed and he became an opponent of the Soviet system.
He eventually rediscovered his Jewish roots and, after a long campaign for the right to emigrate, moved to Israel.
At Hebrew University in Jerusalem, Dr. Agursky turned his research efforts to Soviet affairs and became a popular commentator.

Mikhail Agursky (http://www.jcrelations.net/en/?id=1914) (1933-1991) was born in Moscow. He received an education in engineering and defended a dissertation on cybernetics. Participated actively in the dissident movement. In 1975 emigrated to Israel. Became a Fellow of the Soviet and East European Research Center at the Hebrew University of Jerusalem. In 1979 received his Ph.D. from the Sorbonne. His doctoral dissertation, "The Ideology of National Bolshevism," was published in Paris in 1980. Became a professor of the Hebrew University in 1980. Author of numerous publications in several languages, including The Soviet Golem (1983) and The Third Rome (1987).

Spetaktor
20-06-09, 20:41
L’unità dell’Eurasia


Prezzo: 20,00€

Autore[i]: Claudio Mutti
Editore: Effepi
Anno: 01/2008
Pagine: 194

Collana: Prove


Quantità:

Presentazione

Negli ultimi anni, almeno a far tempo dal collasso dell’Unione Sovietica, si è assistito ad un rinnovato interesse verso l’analisi geopolitica quale chiave interpretativa per la comprensione dei mutati rapporti fra gli attori globali e, soprattutto, quale ausilio per la decifrazione dei nuovi possibili scenari.

In tale ambito, l’Eurasia sembra costituire, considerando i numerosi studi che la riguardano, un privilegiato campo d’indagine.

Analisti influenti come ad esempio l’atlantista Brzezinski o i neoeurasiatisti Dugin e Zjuganov concordano, pur da punti di vista diversi e decisamente antagonisti tra loro, sul fatto che il futuro del pianeta si giochi sulla scacchiera eurasiatica.

All’inarrestabile e lunga offensiva sferrata dagli USA contro la massa continentale eurasiatica tra il 1990 e il 2003 (1) pare contrapporsi, a partire almeno dall’ultimo quinquennio, una sorta di reazione che si esprime, per ora, attraverso l’intensificazione di nuove e profonde collaborazioni strategiche tra Pechino, Nuova Delhi e Mosca ed il continuo rafforzamento dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shangai (SCO).

Queste intese sembrerebbero preludere a un’inedita ed articolata integrazione del continente eurasiatico che, passando – per evidenti motivi di opportunità – sia sopra sia le differenze culturali, religiose, etniche, sia sopra le particolari aspirazioni nazionali delle popolazioni che lo abitano, vanificano le aspettative dei propagandisti dello “scontro di civiltà”.

La teoria dello scontro di civiltà, come noto, è stata messa a punto da Samuel Huntington, l’ex consigliere di Johnson al tempo del conflitto vietnamita. Lo studioso americano, in diversi articoli e principalmente nel suo The Clash of Civilizations and the Remaking of World Order, (New York, Simon & Schuster, 1996), ha ipotizzato che i conflitti tra le varie popolazioni del pianeta, ed in particolare tra quelle che abitano l’Eurasia, non trarrebbero origine principalmente da cause ideologiche o economiche, bensì da motivazioni culturali, precipuamente religiose. Per Huntington la politica globale del XXI secolo sarà dunque dominata dallo scontro di civiltà. Questa particolare lettura della storia, quella cioè dell’inconciliabilità delle civiltà, ha influenzato vasti settori dell’opinione pubblica occidentale e costituisce, tuttora, uno dei riferimenti costanti dei numerosi think tank d’oltreoceano specializzati nella individuazione delle aree calde o d’instabilità dell’Eurasia.

In realtà, nella storia non si sono mai verificati degli scontri di civiltà, ma piuttosto degli incontri e delle contaminazioni tra le varie culture. In particolare nell’Eurasia, nel cui spazio sono presenti la quasi totalità delle civiltà del pianeta.

L’Eurasia, infatti, ancor prima di essere un concetto utile all’analisi geopolitica e geostrategica, è, si potrebbe dire, un’idea culturale, la cui unitarietà è dimostrata dalla sua stessa storia.

L’opposizione tra Europa ed Asia è sempre stata una opposizione artificiale, sovente frutto di interpretazioni storiche strumentalizzate, principalmente dagli Europei, a fini egemonici, dunque strettamente connessa a prassi geopolitiche. Basti pensare all’epoca del colonialismo di spoliazione ed alla sovrastruttura ideologica che lo sosteneva, al “white man’s burden” (2) del cantore dell’imperialismo britannico, Rudyard Kipling e, soprattutto, alla sua nota composizione letteraria The Ballad of East and West, dove lo scrittore e poeta inglese teorizza esplicitamente, nel famoso verso East is East, and West is West, and never the twain shall meet, l’inconciliabilità tra le culture orientali ed occidentali (3).

Ma, a ben guardare, la contrapposizione “ideologica” tra Europa ed Asia, tra Occidente ed Oriente, risale forse ancor più indietro, a certe tendenze maturate in seno al cristianesimo, che esaltando la specificità della visione cristiana del mondo ritengono le culture delle popolazioni non europee non solo incivili, ma anche inferiori.

La presunta separazione ed incompatibilità tra le culture asiatiche e quelle presenti nella parte occidentale dell’Eurasia, cioè nella penisola europea, a un più attento esame si è sempre risolta nel principio della polarità. Già Polibio, nelle sue Storie, risolveva l’opposizione tra Oriente e Occidente nella unitarietà del mondo mediterraneo (4), un concetto che venne ripreso e sviluppato brillantemente, alcuni secoli più tardi, dallo storico francese Fernand Braudel. Peraltro, per gli antichi la terra abitata e conosciuta era considerata al pari di una casa comune (oikouméne ghê). Secondo lo storico olandese Huizinga “nella storia antica, in quanto ci è nota, non troviamo mai l’Oriente contrapposto esplicitamente all’Occidente” [5]. Per l’autore dell’ Autunno del medioevo e di Homo Ludens, anche la civiltà islamica ha ignorato la scissione tra Oriente e Occidente, tra Asia ed Europa dunque [6].

L’unitarietà profonda delle molteplici e variegate civiltà eurasiatiche non è mai stata messa in dubbio, ma anzi è stata sempre riscontrata e riconfermata dalle scoperte archeologiche, dalle ricerche etnografiche e, in particolare, dallo studio comparato delle religioni e dei miti.

Quantunque esistano, quindi, analisi e ricerche specifiche sull’unità culturale dell’Eurasia, nondimeno si deve ancora constatare a tale riguardo la mancanza di studi sistematici e organici.

I lavori di un Gumilëv, come anche di un Altheim, sull’influenza della cultura mongola e unnica nel mondo slavo-russo e germanico e sulla genesi degli attuali popoli asiatici ed europei, o quelli di un Giuseppe Tucci sul mondo tibetano e sulle culture dell’Estremo Oriente e la loro parentela con il pensiero antico, oppure quelli di un Eliade dedicati alla comparazione delle religioni e dei miti, o, ancora, quelli di un Dumézil e di un Benveniste per quanto riguarda gli studi cosiddetti indoeuropei, o infine quelli della scuola degli eurasiatisti russi degli anni venti e trenta del XX secolo, tra cui certamente il linguista Trubeckoj, costituiscono indubbiamente le basi metodologiche per intraprendere una tale impresa. A ciò si potrebbero aggiungere anche i risultati e le metodologie acquisite dagli studiosi delle scienze cosiddette tradizionali, come, tanto per citare qualche nome, Guénon, Coomaraswamy, Schuon, Evola, Burckhardt, Nasr.

È proprio nell’ambito della scoperta, o meglio della riscoperta, dell’unitarietà delle culture eurasiatiche che i saggi di Claudio Mutti qui raccolti trovano la propria corretta collocazione; soprattutto, oltre ad offrire una valida introduzione a questa tematica - in Italia ancora in via di definizione – essi apportano nuovi spunti di riflessione, utili non solo allo sviluppo di tali ricerche, ma anche alla comprensione di importanti snodi storici di quell’ecumene che, per dirla con Eliade, peraltro a ragion veduta citato dall’Autore, si estende dal Portogallo alla Cina e dalla Scandinavia a Ceylon. La peculiarità degli studi qui presentati risiede, a nostro avviso, nel costante riferimento che Mutti presta alle dinamiche geopolitiche dello spazio eurasiatico; un riferimento destinato certamente a suscitare una comune coscienza geopolitica tra le popolazioni che attualmente abitano la massa eurasiatica.

Tiberio Graziani
Direttore della rivista "Eurasia"

Note:

1. Prima Guerra del Golfo (1990-1991); aggressione alla Serbia (1999), nell’ambito della pianificata disintegrazione della Confederazione jugoslava; occupazione dell’Afghanistan (2002); devastazione dell’Iraq (2003). A ciò occorre aggiungere anche l’allargamento della NATO nei Paesi dell’Europa orientale e le cosiddette “rivoluzioni colorate” quali significativi elementi di intromissione da parte della potenza d’oltreoceano in quella che fu la sfera d’influenza della maggior potenza eurasiatica del XX secolo, l’Unione Sovietica.

2. Il popolare componimento di Rudyard Kipling venne pubblicato col sottotitolo The United States and the Philippine Islands nel 1899; esso si riferiva alle guerre di conquista intraprese dagli Stati Uniti nei confronti delle Filippine e di altre ex-colonie spagnole.

3. Per una rapida riflessione sulla questione del concetto di Occidente in rapporto all’identità europea, si veda in questo stesso volume il capitolo su “L’invenzione dell’Occidente”.

4. Ma ben prima di Polibio anche Erodoto. Scrive a riguardo Luciano Canfora “…proprio ai Greci spetta la responsabilità di aver separato ‘Barbari’ da ‘Greci’. Nel primo rigo delle Storie di Erodoto Greci e Barbari costituiscono ormai una consolidata polarità, sebbene proprio Erodoto sia più cosciente di altri di quanto i concetti fondamentali dei Greci, a cominciare dalle denominazioni delle divinità (II, 50), venissero da lontano.”, in Il sarto cinese, nota a Arnold Toynbee, Il mondo e l’Occidente, Sellerio editore, Palermo, 1992, p. 107.

5. Johan Huizinga, Lo scempio del mondo, Bruno Mondadori, Milano, 2004, p.26.

6. Johan Huizinga, op.cit., p. 35 e seguenti.

Spetaktor
30-06-09, 12:07
Società Editrice Barbarossa - selezione libraria:

F. Thual - Geopolitica dell’ortodossia 13,50
G. Bardini - Musica e sciamanesimo in Eurasia 13,50
E. Squarcina - Glossario di geografia e geopolitica 7,50
J. Kleeves - Un paese pericoloso 18,00
E. Niekisch - Est & Ovest 15,50
C.S.O. - La menzogna di Giuda 5,00
C.S.O. - Strage di Ustica e strage di Bologna (esaurito)
M. Bottarelli - Good morning, Belgrado 13,50
M. Bottarelli - Una guerra fatta in casa 9,50
M. Bottarelli - 11 settembre – Dietro le torri, dentro le torri 10,50
C. Scarfoglio - Dio stramaledica gli inglesi! 14,50
G. Adinolfi - Nuovo Ordine Mondiale – Tra imperialismo e impero 18,00
Aa.Vv. Ernst Jünger - L’Europa, cioè il coraggio 15,00
O. Böss - La dottrina eurasiatista 16,00
N.S. Trubeckoj - L’eredità di Gengis Khan 14,00
L. Michel - Da “Jeune Europe” alle Brigate Rosse (esaurito)
C. Mutti - Khair ed-dîn “Barbarossa”: corsaro o mugiàhid? 7,50
C. Terracciano - La via imperialistica del nazionalismo italiano 6,00
J. Thiriart - La grande nazione. 65 tesi sull’Europa 4,50
C. Veltri - Cecoslovacchia e lobby sionista 2,50
N. Chomsky - Il controllo dei mass media 7,00
L. Luna -J.A. Aguilar Fine della Storia o fine del Sistema? 7,00
Aa.Vv. - Geopolitica fascista 7,00
C. Mutti - Le penne dell’Arcangelo 8,50
Aa. Vv. Nazionalcomunismo 11,50
N. Fumagalli Cultura politica e cultura esoterica nella sinistra russa 14,50
Aa.Vv. Idee per una geopolitica europea 9,50
W. F. Otto Lo spirito europeo e la saggezza dell’Oriente 5,00

Spetaktor
30-06-09, 12:08
Otto Böss, La dottrina eurasiatista
(Contributi per una storia del pensiero russo nel xx secolo)
Ff.to 17x24 – pp.188 – cod. F28 e 16,00
Europa e Asia, due continenti che si fondono e uno spazio geopolitico che dovrebbe essere comune.
L’Asia, come area culturale prima che geografica, riguarda molto da vicino noi europei, che siamo la posta in gioco.
E l’Eurasia, lungi dall’essere soltanto una categoria di pensiero, rappresenta oggi una potenziale alternativa, concreta quindi politica, in grado di contrapporsi efficacemente al monopolio globale statunitense.
Ed è proprio da questa sorta di ipoteca americana sui destini dell’umanità, e soprattutto sui nostri,che nasce l’esigenza di nuove dinamiche nei rapporti fra Europa e Asia, con l’obiettivo di dare vita, prima che sia troppo tardi, a un nuovo soggetto politico-economico.

Nikolaj Sergeevic Trubeckoj, L’eredità di Gengis Khan
(Il grande conquistatore e la civiltà delle steppe)
F.to 15x21 – pp. 126 – cod. F29 e 14,00
L’unità dell’Eurasia costituisce il tema centrale dello studio che Trubeckoj, firmandosi con lo pseudonimo “I. R.”, pubblicò nel 1925. «L’Eurasia tutta rappresenta una totalità unica, sia geografica sia antropologica. Per la sua stessa natura, l’Eurasia è storicamente destinata a costituire una totalità unica. L’unificazione storica del-l’Eurasia fu, fin dall’inizio, una necessità storica. Contemporanea-mente, la natura stessa dell’Eurasia ha indicato i mezzi di questa unificazione». L’indagine di Trubeckoj, la quale intende porre in evidenza lo stretto rapporto che intercorre tra l’autentica cultura russa e l’elemento turco-mongolo, si riporta ad un preciso evento storico: l’unificazione del grande spazio eurasiatico ad opera di Gengis Khan e dei suoi successori nel corso del XIII secolo. Ultimo sovrano universale dei Mongoli, Qubilai (1260-1294) portò i Mongoli fino a Giava: soggiogatore della Cina, diventò il primo imperatore di una nuova dinastia cinese, quella degli Yüan.

José Frasquelo
30-06-09, 14:00
Società Editrice Barbarossa - selezione libraria:

F. Thual - Geopolitica dell’ortodossia 13,50
G. Bardini - Musica e sciamanesimo in Eurasia 13,50
E. Squarcina - Glossario di geografia e geopolitica 7,50
J. Kleeves - Un paese pericoloso 18,00
E. Niekisch - Est & Ovest 15,50
C.S.O. - La menzogna di Giuda 5,00
C.S.O. - Strage di Ustica e strage di Bologna (esaurito)
M. Bottarelli - Good morning, Belgrado 13,50
M. Bottarelli - Una guerra fatta in casa 9,50
M. Bottarelli - 11 settembre – Dietro le torri, dentro le torri 10,50
C. Scarfoglio - Dio stramaledica gli inglesi! 14,50
G. Adinolfi - Nuovo Ordine Mondiale – Tra imperialismo e impero 18,00
Aa.Vv. Ernst Jünger - L’Europa, cioè il coraggio 15,00
O. Böss - La dottrina eurasiatista 16,00
N.S. Trubeckoj - L’eredità di Gengis Khan 14,00
L. Michel - Da “Jeune Europe” alle Brigate Rosse (esaurito)
C. Mutti - Khair ed-dîn “Barbarossa”: corsaro o mugiàhid? 7,50
C. Terracciano - La via imperialistica del nazionalismo italiano 6,00
J. Thiriart - La grande nazione. 65 tesi sull’Europa 4,50
C. Veltri - Cecoslovacchia e lobby sionista 2,50
N. Chomsky - Il controllo dei mass media 7,00
L. Luna -J.A. Aguilar Fine della Storia o fine del Sistema? 7,00
Aa.Vv. - Geopolitica fascista 7,00
C. Mutti - Le penne dell’Arcangelo 8,50
Aa. Vv. Nazionalcomunismo 11,50
N. Fumagalli Cultura politica e cultura esoterica nella sinistra russa 14,50
Aa.Vv. Idee per una geopolitica europea 9,50
W. F. Otto Lo spirito europeo e la saggezza dell’Oriente 5,00

Interessanti questi titoli..

Spetaktor
30-06-09, 15:44
Interessanti questi titoli..

ho selezionato quelli più interessanti per gli eurasiatisti...
sarà fatto anche per le altre case editrici.

José Frasquelo
30-06-09, 17:22
ho selezionato quelli più interessanti per gli eurasiatisti...
sarà fatto anche per le altre case editrici.

ottimo!

Spetaktor
01-07-09, 00:33
Edizioni Effedieffe:

11 Settembre: Colpo di Stato in USA. Nuova edizione riveduta ed ampliata (luglio 2003) - Maurizio Blondet - € 10,00
Chi Comanda in America - Maurizio Blondet - € 13,00
Israele, USA, il Terrorismo Islamico - Maurizio Blondet - € 15,00
Osama Bin Mossad - Maurizio Blondet - € 11,00
Il Socialismo come Fenomeno Storico Mondiale - Presentazione di Aleksandr Solzenicyn e Rino Camilleri - Igor Safarevic - € 21,00
Stare con Putin ? - Maurizio Blondet - € 22,00

Spetaktor
01-07-09, 00:39
Il Cerchio:
I Fanatici dell’Apocalisse. L’ultimo assalto a Gerusalemme - Maurizio Blondet - € 15,00
Pan-Europa. Un grande progetto per l’Europa unita - Richard Coudenhove Kalergi - € 15,00
La Russia e la Storia Universale. Il pensieri conservatore russo dell’Ottocento - Ferrari A. - € 12,00
Sacrifici Umani. Stati Uniti: i signori della guerra - Introduzione di Marcello Veneziani - John Kleeves - € 15,00
Vecchi Trucchi - John Kleeves - € 13,00
René Guénon contro l’Occidente - Pietro Di Vona - € 15,00
Educare All’Europa. Come diventare europei - Aa. Vv. - € 10,00
La Globalizzazione. Tra nuovo ordine e caos - Franco Cardini - € 6,00
Heidegger e il Pensiero Orientale - K. Dipak Raj Pant - € 6,00
Il Razzismo. Storia di una malattia della cultura europea - A. Morganti - € 6,00
Conoscere l’Islam. Le basi della dottrina Shi'ita - Bellucci Dagoberto - € 14,00
Compendio Liturgico Ortodosso ad Uso delle Chiese Ortodosse Italofone di Rito Bizantino-Slavo - Traduzione di A.- Lotti - € 22,00
Islam e Globalizzazione - Bellucci Dagoberto - € 14,00
Lo Spirito Universale dell’Islam. Considerazioni sulla dottrina coranica della scienza sacra - C.A. Gilis - € 15,00

Spetaktor
01-07-09, 00:40
Ed.Nuove Idee:
Geopolitica delle Pan-Idee - Karl Haushofer - € 13,00
Manifesto per una rinascita europea - Alain De Benoist
La Rivolzione conservatrice russa - Aleksander Dughin

Spetaktor
01-07-09, 00:48
Settimo Sigillo:
Alla Ricerca della Speranza Perduta. Un intellettuale di sinistra e un intellettuale di destra "non omologati" dialogano su ideologie e resistenza alla globalizzazione - Costanzo Preve, Luigi Tedeschi - € 25,00
L’Americanologia. Trionfo di un modello planetario ? - Thomas Molnar - € 14,00
Breve Storia della Romania e dei Rumeni - Mircea Eliade - € 9,00
Il Cancro Americano - Saggio introduttivo di Olivier Dard - Robert Aron e Arnaud Dandieu - € 15,00
Del Buon Uso dell’Universalismo. Elementi di filosofia politica per il XXI secolo (Prefazione di Carlo Gambescia) - Costanzo Preve - € 16,00
La Dittatura - a cura di Antonio Caracciolo - Carl Schmitt - € 35,00
I Divi di Stato. Il controllo politico su Hollywood - John Kleeves - € 20,00
Europa degli Eroi. Europa dei Mercanti. Itinerari di ribellione - Claudio Bonvecchio - € 10,00
Il Fascio e la Mezza Luna. I nazionalisti arabi e la politica di Mussolini - Manfredi Martelli - € 38,00
La Filosofia del Presente - Costanza Preve - € 15,00
Friedrich Nietzsche oltre l’Occidente - Aa. Vv. - € 15,00
Georges Dumézil e gli Studi Indoeuropei - Jean-Claude Rivière - € 13,00
Globalizzazione - Luca Leonello Rimbotti - € 8,00
L’Ideocrazia Imperiale Americana. Una resistenza possibile - Costanzo Preve - € 13,00
L’Impero del “Bene”. Riflessioni sull’America d’oggi - Alain de Benoist - € 15,00
L’India e il Fascismo. Chandra Bose, Mussolini e il problema del nazionalismo indiano - M. Martelli - € 38,00
La Nascita dell’Imperialismo Americano (1890-1898) - Oreste Foppiani - € 14,00
Il Paradosso De Benoist. Un confronto politico e fislosofico - Prefazione a cura di Carlo Gambescia - Costanzo Preve - € 20,00
Il Terzo Reich - Arthur Moeller van den Bruck - € 22,00

Andrea
19-07-09, 18:53
Randa Ghazy: Sognando Palestina - Fabbri Editori

Lucio Vero
19-07-09, 19:36
J. Thiriart - La grande nazione. 65 tesi sull’Europa 4,50


Offre degli spunti interessanti.:chefico:

Unghern Kahn
19-07-09, 19:44
L’India e il Fascismo. Chandra Bose, Mussolini e il problema del nazionalismo indiano - M. Martelli - € 38,00


Questo pare interessante. Qualcuno lo ha letto? :mmm:

Spetaktor
24-07-09, 20:56
Stampa Alternativa:
Camuffo Pericle - United Business of Benetton. Sviluppo insostenibile dal Veneto alla Patagonia

Genet Jean - Quattro ore a Chatila

La Ferla Mario - L'altro Che. Ernesto Guevara mito e simbolo della destra militante

Lawrence T.E. - Guerriglia

Perrone Nico - Giallo Mattei. I discorsi del fondatore dell'ENI che sfido gli USA, la NATO e le Sette sorelle

Zanello Fabio a.c.d. - Discorsi Sufi. L'altro cuore dell'Islam

Spetaktor
24-07-09, 20:57
La questione sionista


a cura di: 1 Sionismo e imperialismo (Paolo Pioppi) - 2 La natura del sionismo (Mauro Manno) - 3 La colonizzazione sionista della Palestina (Giancarlo Paciello)
De Ferrari, pagg.311, Euro 20,00

La questione sionista: 1. Sionismo e imperialismo (a cura di Paolo Pioppi), pagg.88
Introduzione: Sionismo e imperialismo pp. 1 - 8
- 1. Gli amici dei Palestinesi
- 2. Dimensione globale del sionismo
- 3. Origini e crescita del sionismo fino alla dimensione attuale
- 4. Il cordone ombelicale tra sionismo e imperialismo
- 5. Il ruolo delle organizzazioni ebraiche e delle loro lobbies
- 6. La religione ebraica contro l'entità sionista
- 7. I SIOCON, il Project for a New American Century , l'11 settembre e la guerra infinita
- 8. Il popolo dei signori alla conquista del mondo e l'applicazione sistematica di doppi standard
- 9. Conclusioni
Due popoli due stati - Il grande inganno pp. 9 - 24
- Israel Shamir, Un ennesimo piano di pace, Carri armati e ulivi della Palestina, CRT, 2002.
- Israel Shamir, Il futuro è ora, op. cit.
- Paolo Pioppi, Due popoli, due stati?, Aginform, giugno 2002
- Mauro Manno, La vittoria di Hamas: una sconfitta strategica americana e sionista, Aginform, gennaio 2006
L'entità sionista deve sempre presentarsi come vittima, reale o potenziale pp. 25-35
- Gilad Atzmon, Un'analisi della psicosi collettiva israeliana, settembre 2006
- Johnatan Cook, Dal "nuovo antisemitismo" all'olocausto nucleare, settembre 2006
Una entità nata e cresciuta col terrore, per la quale la pace è un pericolo pp. 36 - 47
- Vera Pegna, Per Israele la pace è un pericolo, Il Manifesto, 25 luglio 2005
- Oren Ben Dor, Uno Stato terrorista come nessun altro, The Independent, 26 luglio 2006
- Serge Thion, Il terrorismo sionista, nato dal ventre già fecondo …, Dall'introduzione al libro “Sul terrorismo israeliano”, Graphos, 2004
- Israel Shahak, La nazistificazione di Israele, Études Palestiniennes n.8, 1983
- Uri Avnery, Il grande esperimento: E' possibile forzare un popolo intero a sottostare ad una occupazione straniera facendolo morire di fame? 16 ottobre 2006
La lobby sionista USA e la riluttanza di sinistra nel denunciarne il ruolo pp. 48 - 59
- Jeffrey Blankfort, L'importanza della lobby sionista e la polemica con Noam Chomsky, intervista realizzata da Silvia Cattori
La religione ebraica contro l'entità sionista pp. 60 - 68
- Rabbi Mordechi Weberman, Perchè stiamo con i Palestinesi? Perchè siamo ebrei, New York, 26 luglio 2002
- Rabbi Yisroel Dovid Weiss, Ecco perchè gli ebrei della Torah combattono con tutte le loro forze il sedicente Stato di Israele, Parigi, 11 novembre 2004
- Rabbi Yisroel Dovid Weiss, Il Presidente iraniano Ahmadinejad ha ragione, 28 ottobre 2005
Le armi nucleari buone dei sionisti pp. 69 - 76
- Mordechai Vanunu, “Nel 1986 Israele aveva già più di 200 bombe atomiche e iniziava a costruire quelle all'idrogeno”, intervista realizzata da Silvia Cattori, 14 ottobre 2005
Mai più succubi dei sionisti pp. 77 - 78
- Paolo Pioppi, Colonialisti in piazza, Aginform, novembre 2005
Tolstoi, Freud, Einstein: testimonianze di ebrei contro il sionismo pp. 79 - 86
- Leone Tolstoi, “Il sionismo è la negazione di tutto quello che abbiamo di sacro nella vita”, 1905
- Sigmund Freud, “Una speranza ingiustificata”, 1930
- Albert Einstein e Hannah Arendt, Quello di Begin è un partito fascista, 1948

La questione sionista: 2. La natura del sionismo (a cura di Mauro Manno), pagg.130
INTRODUZIONE p. 3
CAPITOLO I Il sionismo, un'ideologia e una pratica aggressiva e colonialista: un po' di storia, pp. 4 - 12
CAPITOLO II Sionismo, ideologia razzista, pp. 13 - 54
- 1) Due Risoluzioni dell'ONU, pp. 13 - 16
- 2) C'è nazionalismo e nazionalismo, pp. 17 - 23
(a) gli ebrei internazionalisti
(b) il cosmopolitismo ebraico
(c) assimilazionisti nazionalisti
(d) ebrei religiosi e ortodossi
- 3) La concezione sionista del nazionalismo, pp. 23 - 28
- 4) Che cosa ha prodotto questa ideologia? pp. 28 - 48
(a) un paese senza nazionalità
(b) uno Stato senza confini
(c) uno Stato senza una Costituzione
(d) uno Stato che non può essere né laico né di «tutti» gli ebrei
(e) uno Stato senza democrazia
(f) uno Stato coloniale razzista
- 5) La nazione ebraica dei sionisti è solo un mito, pp. 49 - 54
CAPITOLO III Sionismo come «socialismo» nazionale pseudo-liberale pp. 55 - 71
- 1) Dove sta il socialismo? pp. 55 - 61
- 2) Corporativismo e militarismo pp. 62 - 67
- 3) Il sistema parlamentare di un regime ideocratico pp. 68 - 71
CAPITOLO IV Sionismo e antisemitismo pp. 72 - 83
CAPITOLO V La collaborazione dei sionisti con gli antisemiti pp. 84 - 117
- 1) Hertzl collabora con gli antisemiti zaristi 84 - 85
- 2) Jabotisnky, gli antisemiti ucraini e polacchi e il fascismo italiano, pp. 85 - 89
- 3) I sionisti di «sinistra» e il fascismo italiano, pp. 89 - 93
- 4) I sionisti di «sinistra» e il nazismo hitleriano: il patto economico della l'Ha'avara, pp. 94 - 101
- 5) La collaborazione dei sionisti revisionisti con il militarismo fascista giapponese, pp. 101 - 102
- 6) La collaborazione passiva del sionismo "socialista" con il nazismo e le SS durante l'Olocausto, pp. 102 - 108
- 7) La collaborazione attiva dei sionisti "socialisti" con i nazisti durante l'Olocausto, pp. 108 - 112
- 8) La proposta di collaborazione fatta dagli eredi di Jabotinski ai nazisti pp. 112 - 115
- 9) La collaborazione dei sionisti con il neofascismo italiano e la X Mas di Junio Valerio Borghese pp. 115 - 117
CAPITOLO VI Vantaggi della Diaspora, pp. 118 - 123
CONCLUSIONI pp. 124 - 126

La questione sionista: 3. La colonizzazione sionista della Palestina (a cura di Giancarlo Paciello), pagg.96
Premessa p. 3
Introduzione p. 4
PARTE PRIMA pp. 8 - 22
- 1. La colonizzazione sionista secondo Gherson Shafir, p. 8
(a) Il metodo laburista - sionista di colonizzazione (1908-1920) p. 9
(b) Consolidamento (1948-1967), p. 13
(c) Radicalizzazione, p. 14
- 2. L'Organizzazione sionista in Palestina, p. 16
PARTE SECONDA, pp. 23 - 46
- 1. Strategia territoriale della colonizzazione sionista p. 23
- 2. La colonizzazione sionista sotto l'Impero ottomano (prima e seconda aliyah) p. 28
- 3. La colonizzazione sionista durante il Mandato britannico (1922-1948), p. 32
- 3.1 I tre libri bianchi dell'amministrazione britannica, p. 33
(a) il Libro Bianco Churchill del 1922, p. 33
(b) Il Libro Bianco Passfield del 1930, p. 34
(c) Il Libro Bianco Malcom Mac Donald del 1939, p. 36
- 4. La sorte dei palestinesi, dopo il 1948, nello Stato d'Israele, p. 39
- 5. ... e la sorte del…e loro terre! p. 41
PARTE TERZA, La colonizzazione sionista nei territori occupati dal 1967, pp. 47 - 84
- 1. Le forme "legali" per l'appropriazione delle terre, p. 47
(a) La sicurezza, p. 48
(b) L'assenza, p. 53
(c) Gli acquisti di terre, p. 55
(d) L'esproprio, p. 57
- 2. Il monopolio della produzione giuridica, p. 60
- 3. L'appropriazione dello spazio, p. 64
- 4. I piani, p. 65
- 5. L'espropriazione della terra, p. 68
- 6. Dopo il 1991, ancora espropriazioni, in particolare a Gerusalemme, p. 74
- 7. E alla fine il Muro, p. 79
(a) Cos'è un muro nell'immaginario di tutti, p. 80
(b) Il significato del Muro, p. 81
(c) Il percorso del Muro, p. 82
(d) Dove va la colonizzazione, p 83
Conclusioni, pp. 85 - 92
(a) Il Libano, p. 85
(b) La Siria, p.88
(c) La Palestina, p.89
Bibliografia, pp. 93 – 96

I quaderni si possono ordinare al prezzo di € 6 ciascuno, oppure € 15 per tutti e tre scrivendo a pasti@mclink.it. Il pagamento deve essere effettuato sul conto corrente postale numero 86557006 intestato Adolfo Amoroso, via dei Lanfranchi 28, 00148 Roma. Sconti per ordinazioni di più di 5 copie.

Spetaktor
24-07-09, 21:05
L’adorato Kim Ghŏng-il

ObarraO edizioni

Euro 23,50

Pp 428

Traduzione di A. De Benedettis



Emanuele Giordana

Lunedi' 23 Gennaio 2006

“Il grande leader Kim Chŏng-il è nato nell’accampamento segreto del monte Paektu, il 16 febbraio del 1942, figlio del compagno Kim Il-sŏng, eroe leggendario e sole della nazione, e della compagna Kim Chŏng-suk, strenua combattente della Rivoluzione comunista”. Comincia così “L’adorato Kim Ghŏng-il”, biografia ufficiale del leader nordcoreano. Sin dalle prime righe l’intento del libro è evidentemente glorificatorio, sia della nobile schiatta alla guida della monarchia rossa, che del suo ultimo rappresentante vivente. Ma tutto il libro sembra segnato da una necessità che va oltre la semplice propaganda e il tradizionale culto della personalità dei regimi. L’operazione è un classico abbastanza noto ma con una sua specificità nazionale. Uno stile molto orientale (anzi estremo orientale) e diverso, ad esempio, da quello sovietico ma anche dal modello cinese che, della glorificazione del mito di Mao pur aveva fatto il piedistallo del culto della personalità comune a tutti i regimi.
La singolarità dell’operazione sta spesso nelle sue omissioni più che non in quanto viene descritto della vita del leader. Diviso in scansioni temporali, (dal periodo febbraio 1942- marzo 1964 al perido1990-1998), la biografia dell’adorato Kim si ferma infatti alla caduta del muro di Berlino dopo la perestrojka, vissuta a Pyongyang come un tradimento, dal momento che Gorbaciov, abbandonando la vecchia logica dei blocchi cara all’Urss, aveva tra l’altro aperto le braccia a Seul abbandonando Pyongyang al suo destino. Molto più abilmente i cinesi (anche per questioni di vicinanza geografica e forse anche per affinità culturale), pur avendo aperto la porta ai sudcoreani, non hanno mai smesso di appoggiare i fratelli del Nord. Una politica che ancora oggi fa vedere i suoi effetti: com’è noto, al tavolo delle trattative a sei che ritualmente si svolgono a Pechino per risolvere la questione nucleare nordcoreana, i cinesi restano le figure di primo piano. Degli altri negoziatori (Usa, Corea del Sud Giappone e Russia), Washington Seul e Tokio rappresentano il nemico, ma la Russia è un amico di serie B. Ed effettivamente, ammesso che qualche paese possa aver influenza sulla Corea del Nord, è Pechino a smussare le posizioni, a tessere la tela diplomatica, a consigliare.
Tra verità di stato e omissioni, la biografia scivola via con un’aria leggera sul paese del fresco mattino con l’aria della favola innocente. E regala l’immagine sospesa di un paese che ci resta ancora del tutto oscuro e per cui è stato coniato il termine di “regno eremita”. Un buco nero su cui la biografia getta un po’ di luce. Non sarà quella reale ma è sicuramente luce coreana.
L’operazione editoriale si è rivelata complessa anche perché il libro non apparisse come una mera traduzione che, avulsa dal contesto, avrebbe al più fatto sorridere. Ecco perché il libro non avrebbe senso senza le “riflessioni introduttive” del coreanista Maurizio Riotto e della storica Rossella Ideo. Riotto contestualizza l’opera, il suo linguaggio, il paese. Ideo racconta in breve la storia della Corea del Nord e il suo difficile rapporto col resto del mondo. Per un lettore occidentale le due prefazioni (e la nota del traduttore Andrea De Benedettis) sono ineludibili e anzi parte stessa dello strano racconto sulla vita e le origini quasi divine del “giovane” leader.

Ierocle
15-08-09, 11:21
NOVITA'
Béla Hamvas, Prima di Socrate, Edizioni all'insegna del Veltro, Parma 2009, pp. 128, € 10,50

Con un saggio introduttivo di C. Mutti su “Hamvas, Kerényi e i teologi antichi”.



Dello stesso autore, presso lo stesso editore:



Scientia Sacra, 2 voll., pp. 280+294, € 15,50+15,50

Guerra e poesia (con una postfazione di Dragoš Kalajić), pp. 96, € 9,50

Spetaktor
18-10-09, 20:17
Aldo Ferrari, La rinascita del nazionalismo russo, pp. 70, 6,20

Profondo conoscitore della storia e della cultura russa, Ferrari ha raccolto di recente in URSS una notevole documentazione sul neonazionalismo russo, in particolare su "Pamjat" (…) Un saggio che, pur risentendo ovviamente del soggettivo punto di vista dell'autore, non può che esser di valido aiuto alla comprensione delle forze che agitano l'uragano maldestramente cavalcato da Gorbaciov. (Ugo Gaudenzi, "L'Umanità", 21 giugno 1990)

Un'Unione sempre meno unita e sempre meno sovietica lascia spazio alle sue molte nazionalità e soprattutto all'anima russa e slavofila. Il futuro appartiene a chi ha la memoria più lunga e il gruppo Pamjat (appunto memoria) punta sulla tradizione per assicurarsi l'avvenire del postcomunismo. Documenti assortiti su un fenomeno ancora da scoprire. Utile. Prima edizione. (Maurizio Cabona, "Il Giornale", 24 dicembre 1989)

Spetaktor
22-10-09, 11:05
Jean Mabire
Il dio della guerra. Il barone Roman Feodorovič von Ungern-Sternberg

Collana Il Cavallo alato
€ 20,00
“Amici cavalieri, armatevi per la guerra…”

Traduzione di Fabrizio Sandrelli; 4 illustrazioni su carta patinata, pp. 230; Collezione "il Cavallo alato".

Un giorno partì a cavallo, folle di amore per la guerra e di istintivo ardore religioso, il generale barone von Ungern-Sternberg, dal golfo di Finlandia al deserto dei Gobi, e lo uccisero più per lo scandalo che davano la sua feroce vocazione e il suo inflessibile senso dell’onore e della decenza, che per autodifesa. Lo uccisero i bolscevichi, insieme agli altri dèi che minacciavano di intralciare il progresso. Il miraggio della potenza, la cavalcata del guerriero e dell’orda che gli obbediva, rendevano risibile l’umanitarismo cencioso‘à la Russie’ allora in voga: i piani quinquennali, le odi coatte al sudore della fronte, quel pugnaccio isterico sul tavolo dei padroni. In questo travolgente ‘romanzo’ il sangue scorre a fiumi, l’efferatezza si spreca, ma è come un farmaco. Non c’è mai puzza di carogna, perché Ungern e i suoi uomini, figli del vento, hanno troppa fretta, troppa sete di trionfo per fermarsi a pensare sopra la vita lasciandola marcire, per bamboleggiare nelle sociologie. Due ‘s’: sodalità e scelus contro gli empi, non socialismo – dicono le gesta del barone. Di assassinio in assassinio, di scoppio in scoppio, pur di progredire nella vita, non di truffa in truffa, e di guaìto in guaìto – così infuriò il magnifico Ungern, monaco guerriero, “uomo solo, uomo ‘dell’altrove’”, uomo compiuto e radicato nel dio.

Spetaktor
22-10-09, 13:06
Ieri ho comprato Edward Luttwak - La grande strategia dell'Unione Sovietica - ed. Rizzoli.

vi farò sapere

José Frasquelo
30-10-09, 10:45
Ieri ho comprato Edward Luttwak - La grande strategia dell'Unione Sovietica - ed. Rizzoli.

vi farò sapere

cOsP78Jo2HY :sofico:

Malaparte
30-10-09, 14:49
Jean Mabire
Il dio della guerra. Il barone Roman Feodorovič von Ungern-Sternberg

Collana Il Cavallo alato
€ 20,00
“Amici cavalieri, armatevi per la guerra…”

Traduzione di Fabrizio Sandrelli; 4 illustrazioni su carta patinata, pp. 230; Collezione "il Cavallo alato".

Un giorno partì a cavallo, folle di amore per la guerra e di istintivo ardore religioso, il generale barone von Ungern-Sternberg, dal golfo di Finlandia al deserto dei Gobi, e lo uccisero più per lo scandalo che davano la sua feroce vocazione e il suo inflessibile senso dell’onore e della decenza, che per autodifesa. Lo uccisero i bolscevichi, insieme agli altri dèi che minacciavano di intralciare il progresso. Il miraggio della potenza, la cavalcata del guerriero e dell’orda che gli obbediva, rendevano risibile l’umanitarismo cencioso‘à la Russie’ allora in voga: i piani quinquennali, le odi coatte al sudore della fronte, quel pugnaccio isterico sul tavolo dei padroni. In questo travolgente ‘romanzo’ il sangue scorre a fiumi, l’efferatezza si spreca, ma è come un farmaco. Non c’è mai puzza di carogna, perché Ungern e i suoi uomini, figli del vento, hanno troppa fretta, troppa sete di trionfo per fermarsi a pensare sopra la vita lasciandola marcire, per bamboleggiare nelle sociologie. Due ‘s’: sodalità e scelus contro gli empi, non socialismo – dicono le gesta del barone. Di assassinio in assassinio, di scoppio in scoppio, pur di progredire nella vita, non di truffa in truffa, e di guaìto in guaìto – così infuriò il magnifico Ungern, monaco guerriero, “uomo solo, uomo ‘dell’altrove’”, uomo compiuto e radicato nel dio.
Da questo libro mi aspettavo di molto meglio, a dire il vero

Spetaktor
30-10-09, 20:42
Da questo libro mi aspettavo di molto meglio, a dire il vero

drastico.

Ierocle
11-11-09, 20:02
Antonio Grego, Figlie della stessa lupa
:::: Redazione :::: 10 novembre, 2009 ::::
Antonio Grego,

Figlie della stessa lupa.
Storia dei rapporti tra Italia e Romania alla vigilia della seconda guerra mondiale

Prefazione di Claudio Mutti


Fuoco Edizioni, 2009, Roma

Pagine 100, Formato 14cm x 20,5cm, ISBN 9-788890-375286, EURO 14,00

Il libro

I legami storici, politici e culturali esistenti tra Italia e Romania sono molto più complessi e importanti di quanto non appaia ad uno sguardo superficiale. Fin dal conseguimento dell’unità delle due Nazioni, si sottolinea in questo saggio di Antonio Grego, avvenuto quasi in contemporanea, queste hanno intrattenuto relazioni cordiali e scambi commerciali proficui.

Non molti sono al corrente che la Romania è stata un’area di sbocco per l’emigrazione italiana, proveniente in particolare dal Veneto e dal Friuli Venezia Giulia, trasferitasi, a partire dalla fine dell’Ottocento in Romania per lavorare nelle miniere, sui cantieri delle ferrovie o nell’edilizia.

La Romania, grazie alla posizione geo-strategica nell’area balcanica e alla buona dotazione di materie prime è un Paese appetibile per l’imprenditoria italiana che si avvantaggia anche della relativa stabilità politica e del potenziale mercato interno piuttosto ampio. Le particolari condizioni geopolitiche nelle quali si inquadrano i rapporti tra Romania ed Italia, la prossimità geografica, le consolidate relazioni culturali ed economiche, la recente adesione della Romania all’Unione Europea possono costituire l’occasione per rinsaldare il sentimento di appartenenza alla medesima matrice linguistica e culturale, come con alterni successi, provò a fare il regime fascista alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale.

L’Autore

Grego, Antonio, dottore in Scienze politiche. Alcuni suoi saggi sono usciti in Eurasia. Rivista di studi geopolitici, tra cui: L’immigrazione romena in Italia e reti transnazionali europee (nr. 4/2006, pp. 101-114).

Per ordinare il libro inviare a:

ordini@fuoco-edizioni.it




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Ierocle
22-11-09, 12:45
Risultato della ricerca immagini di Google per http://www.regin-verlag.de/content/images/2a18c768065e9110d16afda5aa636623.jpg (http://images.google.it/imgres?imgurl=http://www.regin-verlag.de/content/images/2a18c768065e9110d16afda5aa636623.jpg&imgrefurl=http://www.regin-verlag.de/&usg=__GJqiUYMmO16sjP4LVNddn6JPfks=&h=101&w=70&sz=3&hl=it&start=3&tbnid=lWH1nhQsFbZgZM:&tbnh=83&tbnw=58&prev=/images%3Fq%3DEiserne%2BGarde%2BRegin%26gbv%3D2%26h l%3Dit)

Claudio Mutti:
Mircea Eliade und die Eiserne Garde 14,95 EUR



Rumänische Intellektuelle
im Umfeld der Legion Erzengel Michael

Diese Studie von Prof. Claudio Mutti zeichnet den Weg fünf wichtiger Vertreter der „Jungen Generation“ Rumäniens in die „Eiserne Garde“ nach. Das deutsche Werk setzt sich aus zwei eigenständigen italienischen Monographien und zwei weiteren Essays zusammen, die international große Beachtung fanden.

Der Rumänienexperte Mutti gilt international als einer der besten Kenner der „Eisernen Garde“ im allgemeinen und Mircea Eliades Rolle in ihr im besonderen. Mit großer Sachkenntnis fördert er die im belletristischen Werk Eliades mehr oder weniger verborgenen Hinweise und autobiographischen Einzelheiten zutage, die zeigen, welchen Stellenwert der international renommierte Schriftsteller und Religionswissenschaftler innerhalb der Legion Erzengel Michael einnahm. Der Verfasser kommt zu erstaunlichen Ergebnissen!

Betrachtet man ferner die herausragenden Geister des Rumäniens der 1920er und 1930er Jahre, so stellt sich die Frage, ob diese aufgrund ihres Wirkens und ihrer Ideen eine „Konservative Revolution“ darstellen, die mit jenem fruchtbaren think tank verglichen werden kann, den Armin Mohler für das Deutschland der Weimarer Republik konstatierte. Mutti setzt sich auf die Spur von dem Philosophen Prof. Dr. Nae Ionescu, dem später berühmt gewordenen Essayisten Emil M. Cioran, dem Philosophen und Schriftsteller Constantin Noica —sowie dem rumänischen Vertreter der Tradition— im Sinne Evolas und Guénons, Vasile Lovinescu.




Inhaltsverzeichnis:


I: Mircea Eliade

Einführung

KAPITEL 1.1
Im Konzentrationslager

KAPITEL 1.2
„„Die letzte Möglichkeit Rumäniens““

KAPITEL 1.3
Eliade –— ein „Antisemit“?

KAPITEL 1.4
Theoretiker des Legionärtums

KAPITEL 1.5
Eine unveröffentlichte Tragödie

KAPITEL 1.6
Ein Romantestament


Exkurs
Iphigenia –— Eine Tragödie von Mircea Eliade


II: Die Federn des Erzengels – Vier legionäre Denker

KAPITEL 2.1
Mircea Eliade und die „Spirituelle Revolution“

KAPITEL 2.2
Nae Ionescu — Sokrates bei den Legionären

KAPITEL 2.3
E. M. Cioran — Weggefährte auf der Reise ins Schwärmerische

KAPITEL 2.4
Constantin Noica –— Eine unbekannte Macht


III: Vasile Lovinescu

KAPITEL 3
Vasile Lovinescu (Abd el-Qader Isâ)


Appendix

ANHANG 1
Der postume Erfolg des Geticus

ANHANG 2
Bildnisse der vorgestellten Persönlichkeiten

Editorische Notiz

Namensregister




Leseproben gefällig? Klicken Sie bitte hier!




Autor: Prof. Claudio Mutti
Veröffentlichungsjahr: 2009
Verlag: REGIN-VERLAG
Seitenzahl: 144
Bindeart: Engl. Broschur (Klappenbroschur)

Ierocle
23-11-09, 14:09
Claudio Mutti, L’unità dell’Eurasia, Effepi, Genova 2008

Con L’unità dell’Eurasia Mutti prosegue quel percorso che aveva intrapreso tre anni prima col libro intitolato Imperium. Epifanie dell’idea di impero. Si tratta di saggi (undici saggi dopo i sei del volume precedente) aventi ciascuno una sua validità autonoma, ma tutti insieme costituiscono un complesso contributo all’idea di Eurasia.

Il concetto di Eurasia dell’autore – quanto meno sulla base di gran parte di questi saggi – ci risulta più simpatico che non quello dei rappresentanti del cosiddetto neoeurasiatismo, sebbene anche lui venga spesso annoverato fra questi ultimi. Nel caso suo si tratta di un eurasiatismo fondato su basi di filologia classica, dove però la filologia non si restringe entro i limiti del mondo greco-romano. Saggi come questi, riguardanti Giuliano Imperatore, Attila, Alessandro Magno (sulle tracce di un’opera di Benedetto Antelami), Federico II, quindi i Persiani, gli Sciti, i Sarmati, gli Alani, gli Avari, gli Unni, i Magiari, l’Islam europeo, i temi indiani nel capolavoro di Dante e poi ancora Alessandro Magno, non hanno nulla a che fare con un eurasiatismo chimerico. Come abbiamo osservato, essi posseggono spessore filologico, trasmettono informazioni attendibili, le quali, se anche sono note agli studiosi, si trovano composte in un quadro organico destinato ad un pubblico non specialista e a volte presentano vedute originali. Per quanto concerne lo studio su Attila ed altri argomenti, l’odierna intelligencija ungherese dovrebbe veramente vergognarsi di non essere in grado di scrivere in maniera così interessante ed equilibrata come un autore italiano.

Accanto a tutto ciò, sono un po’ troppo bizzarri i rimandi a Thiriart e a Trubeckoj o a Savickij, i quali – accanto ad altri – hanno degradato il concetto di Eurasia trasformandolo in un tema eccessivamente russo. Anche se gli ultimi due, esponenti dell’eurasiatismo russo degli anni Venti del secolo scorso, non erano nazionalisti nella stessa misura in cui lo è oggi in Ungheria, per fare un nome, Gabor Pap, nei loro scritti eurasiatisti l’avversione per il mondo indogermanico nasce, in maniera analoga, dal pregiudizio nazionalista.

D’altra parte, anche altrove gl’iniziatori dell’eurasiatismo sono spesso tali che fin da principio non possono produrre un’idea profonda, pura, spirituale. L’antiamericanismo, per quanto necessario, è troppo poco per questo; la geopolitica non è una base sufficiente; l’orientamento filocinese, filonordcoreano o filosovietico sono fattori semplicemente immondi e torbidi. Purtroppo l’idealismo di Mutti, come risulta in questo libro in relazione alla Russia o al presunto eurasiatismo di Eliade, è spesso incontrollato; manca quel metidealismo che, come scriveva Evola, “regna al di sopra delle idee e della forza dell’idea”.

“Eszaki Korona” (Budapest), luglio 2009, pp. 102-103.


Claudio Mutti, L’unità dell’Eurasia | eurasia-rivista.org (http://www.eurasia-rivista.org//1996/claudio-mutti-lunita-delleurasia-2)

José Frasquelo
23-11-09, 15:26
Il concetto di Eurasia dell’autore – quanto meno sulla base di gran parte di questi saggi – ci risulta più simpatico che non quello dei rappresentanti del cosiddetto neoeurasiatismo, sebbene anche lui venga spesso annoverato fra questi ultimi.

Non capisco questo passaggio della recensione.

Ierocle
23-11-09, 17:57
Non capisco questo passaggio della recensione.

Neanch'io. Il recensore non deve nutrire eccessive simpatie per A. Dugin.

Ierocle
15-12-09, 19:46
Claudio Mutti (http://www.claudiomutti.com/index.php?url=6&imag=1&id_news=179)





FIGLIE DELLA STESSA LUPA

Fin dagli esordi del governo di Mussolini, gli obiettivi della politica estera italiana furono due: "assicurarsi la sicurezza nella zona danubiano-balcanica e tendere all'espansione nel Mediterraneo ed in Africa" (1). Ancora nel 1940, il primo di tali obiettivi - che è quello al quale si rapporta il presente studio di Antonio Grego - veniva sinteticamente espresso nei termini seguenti dal geografo bulgaro Dimitri Jaranov, collaboratore della rassegna mensile "Geopolitica", fondata da Giuseppe Bottai e diretta da Giorgio Roletto ed Ernesto Massi: "Mi pare che l'installazione dell'Italia nella Penisola Balcanica sia un fatto geopolitico condizionato dalle relazioni geografiche e etniche, un fatto cioè del tutto naturale" (2).
Furono paesi come la Bulgaria e come l'Ungheria, usciti sconfitti dalla Grande Guerra e sottoposti alle dure condizioni imposte dai vincitori, quelli verso i quali si indirizzò inizialmente l'azione italiana, che doveva affrontare l'influenza esercitata dalla Francia nella regione danubiano-balcanica.
Più arduo risultava invece l'approccio agli altri Stati, soprattutto a quelli che, per garantire le loro acquisizioni territoriali, avevano costituito sotto l'egida occidentale l'alleanza nota come Piccola Intesa (Jugoslavia, Cecoslovacchia, Romania), cui si aggiungerà nel febbraio 1934 l'Intesa Balcanica (Grecia, Jugoslavia, Turchia, Romania). Particolarmente difficili risultavano le relazioni dell'Italia con la Jugoslavia, a causa delle questioni di confine, e con la Cecoslovacchia, lo "Stato salsiccia" alleato della Francia e governato da un'oligarchia massonica.
Appariva più realistico intensificare i rapporti con la Romania; in tal modo, l'Italia avrebbe potuto scalzare l'influenza francese e sarebbe riuscita a scardinare la Piccola Intesa. In tale disegno, pesavano a favore dell'Italia il mito di Roma e il forte senso dell'identità latina diffuso presso il popolo romeno; ma l'Italia poteva giocare soprattutto la carta della ratifica, ancora non avvenuta, del trattato riguardante la Bessarabia, in quanto tale trattato, per entrare in vigore, doveva essere ratificato da uno Stato come l'Italia o come il Giappone.
La Bessarabia (l'odierna Repubblica di Moldavia) era stata occupata dalle truppe di Bucarest nel 1918, ossia in un momento in cui era particolarmente vivo il timore che il bolscevismo potesse dilagare ad ovest del fiume Prut e sovvertire l'ordine politico-sociale del Regno di Romania. Il diritto della Romania sulla Bessarabia, nella quale i Romeni costituivano la maggioranza rispetto ad altre nazionalità (Russi, Ebrei, Turchi ecc.), oltre ad essere sancito da un plebiscito, venne riconosciuto dalle principali potenze alleate (Gran Bretagna, Francia, Italia e Giappone) nel Protocollo di Parigi del 28 settembre 1920. Ratificato da Londra e da Parigi, il trattato, per entrare in vigore, attendeva la ratifica dell'Italia. "Naturale come sia i sovietici sia i rumeni attendessero con ansia le decisioni di Roma. La posizione italiana nel periodo successivo alla fine del conflitto e anche durante i primi anni di governo del fascismo fu ispirata dalla sostanziale volontà di lasciare impregiudicata la situazione, sia per i non ancora ottimali rapporti con la Romania sia soprattutto per non contrastare la propria direttiva politica tendente al riavvicinamento con l'URSS dalla quale ci si attendeva di ottenere un consistente riscontro di carattere economico. Fu così che in occasione dei negoziati per la firma del trattato commerciale concomitante al riconoscimento della Russia sovietica, il governo italiano fornì a quello di Mosca alcuni affidamenti circa il suo intendimento di non procedere alla ratifica del trattato di Parigi" (3).
Le pressioni di Bucarest per un'intesa con l'Italia e per il riconoscimento delle acquisizioni rumene alla frontiera con l'URSS cominciarono ad esser prese in maggiore considerazione dopo l'aprile 1926, data dell'ascesa al potere del generale Alexandru Averescu. Tuttavia il nuovo primo ministro, per quanto fosse amico dell'Italia e favorevole al fascismo, evitò sempre di mettere a rischio la stabilità della Piccola Intesa e le relazioni con la Francia; anzi, Bucarest stipulò con Parigi un trattato che scontentò il governo italiano e lo indusse a declassare a patto di amicizia il progettato trattato d'alleanza italo-romeno. Il documento, firmato il 16 settembre 1926, segnò una prima notevole tappa della penetrazione italiana nella regione danubiana; ma l'obiettivo più ambizioso di Mussolini era quello di legare la Romania all'Italia facendola aderire ad un accordo con l'Ungheria e la Bulgaria e assegnando all'Italia un ruolo arbitrale nelle controversie di Bucarest con questi due paesi. Però, siccome ciò avrebbe comportato da parte romena la disponibilità a fare concessioni territoriali, Averescu si sottrasse garbatamente alle sollecitazioni italiane.
Preso atto dell'impossibilità di disintegrare la Piccola Intesa e abbandonando il disegno del blocco danubiano-balcanico guidato dall'Italia, l'8 marzo 1927 Mussolini sottopose finalmente al proprio esecutivo la ratifica del Trattato di Parigi. La penetrazione italiana nell'area danubiana compiva in tal modo un passo decisivo, che nel mese seguente sarebbe stato rafforzato dal trattato d'amicizia italo-ungherese, sottoscritto da Mussolini e dal conte István Bethlen. Nella strategia mussoliniana, l'Ungheria doveva servire "ad isolare e a mettere in difficoltà la Jugoslavia, a costituire, con l'Austria, un freno al revisionismo tedesco e soprattutto ad esercitare una pressione politica diretta ed indiretta (tramite la Piccola Intesa) sulla Francia" (4).
L'appoggio fornito dall'Italia all'Ungheria, la quale reclamava a gran voce la revisione delle clausole del Trattato del Trianon, non poteva non destare le preoccupazioni romene. Da parte sua, l'Italia non gradiva affatto l'orientamento troppo filofrancese di Nicolae Titulescu, diventato nel 1927 il nuovo titolare della diplomazia di Bucarest. "I rapporti italo-romeni, data l'appartenenza dei due Stati a costellazioni politico-diplomatiche diverse, dopo il 1930 non conoscono l'ampiezza e, soprattutto, la consistenza dei rapporti che avevano caratterizzato il breve periodo del governo del generale Alexandru Averescu, nel 1926-1927. Il desiderio dell'Italia di revisionare le clausole dei trattati di pace, che si manifestava anche nel sostegno dato ad uno dei paesi vicini della Romania, cioè all'Ungheria, non poteva trovare eco favorevole a Bucarest" (5). Nondimeno, tra i due paesi "rimangono come punti di riferimento, fino al 1933, i contatti militari, le commissioni romene di navi in Italia e la presenza di un cospicuo numero di allievi e di ufficiali nelle scuole militari italiane, specialmente navali. Le relazioni commerciali, benché desiderate dai circoli affaristici dei due Stati, sono condizionate dalla presenza dei due paesi in costellazioni politico-diplomatiche diverse" (6).
Dopo il 1933, i rapporti italo-romeni conoscono un vero e proprio deterioramento a causa dell'attività diplomatica svolta da Titulescu per snaturare il Patto a Quattro, che secondo lui mira ad estendere l'egemonia tedesca e ad isolare la Francia, e soprattutto a causa dell'azione svolta dal ministro degli esteri di Bucarest per promuovere l'assedio economico dell'Italia attraverso le Sanzioni. Nell'agosto del 1936, quando in seguito a una crisi governativa Titulescu viene rimpiazzato da Victor Antonescu, la stampa italiana esulta per l'eliminazione di un ostacolo che ha impedito l'amicizia tra i due popoli ed annuncia una svolta filoitaliana nella politica romena. In realtà, la caduta di Titulescu non comporterà affatto una presa di distanza della Romania rispetto alle "democrazie plutocratiche dell'Occidente": anzi, "le cancellerie occidentali troveranno un interlocutore che si mostrerà comprensivo quanto il suo predecessore, ma sarà più incline ad armonizzare la propria azione con la loro, più che ad imporre le proprie iniziative" (7).
Il gabinetto successivo, presieduto dal poeta transilvano Octavian Goga, viene accolto con una certa simpatia da Roma e da Berlino, che però non tardano a rimanere deluse per la sua ostilità nei confronti della Guardia di Ferro. Ma il colpo più grave contro quest'ultima viene vibrato dal governo che nel febbraio 1938 si insedia a Bucarest sotto la presidenza del patriarca ortodosso Miron Cristea: il ministro degli interni, Armand Calinescu, ordisce una macchinazione contro il capo del movimento legionario, Corneliu Codreanu, il quale, accusato di alto tradimento dal governo stesso, viene deferito alla giustizia militare che dopo un processo farsa lo condanna a dieci anni di lavori forzati (8). Nella notte tra il 29 e il 30 novembre 1938, Codreanu e tredici militanti della Guardia di Ferro vengono strangolati per ordine di Carol II e dei suoi consiglieri.
Instaurata una dittatura regale che tenta in maniera maldestra e grottesca di imitare i regimi a partito unico, il monarca, "per assicurare l'Occidente circa le proprie intenzioni" (9), affida gli affari esteri a Grigore Gafencu, il quale, essendo già stato sottosegretario del medesimo dicastero nel governo Vaida del 1932, rappresenta la continuità della politica estera romena. La visita di Gafencu a Roma non ottiene perciò grandi risultati. Mussolini, che egli incontra a Palazzo Venezia, formula progetti "concernenti le sue relazioni con paesi più vicini all'Italia ed ai suoi interessi. Parlava con simpatia dell'Ungheria. Sottolineava con evidente piacere la nuova politica jugoslava. L'Asse, diceva, non è soltanto un legame tra due grandi Potenze, ma tutto un sistema politico chiamato a riorganizzare l'Est europeo. Gli ungheresi lo avevano compreso per primi. La Jugoslavia lo comprendeva a sua volta. Questi due popoli guardavano verso Roma" (10). Ma la Romania, allora? "Il giudizio di Mussolini sugli Stati dell'Est 'che ancora non comprendevano' fu severo. Che significato avevano le garanzie anglo-francesi? (...) gli occidentali si occupavano di ciò che non li riguardava" (11).
Un anno dopo, alle parole seguono i fatti e la Romania raccoglie i frutti amarissimi della linea politica perseguita dai governi che si sono avvicendati alla guida del paese dopo la guerra europea. Infatti il 30 agosto 1940 i ministri degli esteri del Reich e dell'Italia, Joachim von Ribbentrop e Galeazzo Ciano, pronunciano a Vienna una decisione arbitrale che regola le questioni pendenti tra la Romania e l'Ungheria "relativamente al territorio da cedersi all'Ungheria" (12). La Transilvania settentrionale, comprese Oradea, Cluj e la regione dei Székely, viene assegnata a Budapest. "Il territorio ex-rumeno che entrerà così a far parte dell'Ungheria sarà evacuato entro un termine di 15 giorni e consegnato all'Ungheria in debito stato" (13). È la fine della "Grande Romania" nata dalla vittoria della Triplice Intesa.
Ma è anche la fine del regime oligarchico che ha portato il paese alla catastrofe. Il generale Ion Antonescu, che sale al potere in seguito all'insurrezione popolare del 3 settembre 1940, nel mese successivo invia a Roma "in missione" (14) l'ex ministro Mihail Manoilescu, perché proponga la costituzione di una commissione mista italo-tedesca incaricata di svolgere un'indagine sulle violazioni ungheresi degli obblighi derivanti dall'arbitrato di Vienna. In novembre Antonescu viene a Roma lui stesso, accompagnato dal ministro degli esteri Mihail Sturdza; denuncia come sbagliato ed ingiusto l'arbitrato di Vienna, lamenta il trattamento cui sono sottoposti i Romeni nei territori ceduti all'Ungheria, chiede che venga loro accordato uno statuto simile a quello imposto per la minoranza tedesca, fa istanza affinché gli Ungheresi lascino rientrare nella Transilvania del Nord i Romeni espulsi e restituiscano loro i beni confiscati.
In quel momento, il principale obiettivo della politica estera di Bucarest consisteva nel restaurare l'integrità territoriale dello Stato romeno. Perché ciò avvenisse, si dovette però aspettare il 18 gennaio 1945, quando l'esecutivo dell'Italia occupata dagli Angloamericani annullò l'arbitrato di Vienna. "La decisione del governo di Ivanoe Bonomi soddisfece la Romania, ma non bisogna dimenticare che il passo compiuto dal Consiglio dei Ministri deve essere considerato nel contesto dei rapporti che in quel momento legavano l'Italia agli Alleati" (15). In altre parole: la Romania fu premiata dai vincitori per il tradimento compiuto il 23 agosto 1944 dagli uomini di Michele I di Hohenzollern-Sigmaringen, mentre l'Ungheria veniva punita perché aveva resistito fino all'ultimo.



Claudio Mutti


(Prefazione a: Antonio Grego, Figlie della stessa lupa. Storia dei rapporti tra Italia e Romania alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, Fuoco Edizioni, 2009)




1. Renzo De Felice, Mussolini il duce. I. Gli anni del consenso 1929-1936, Einaudi, Torino 1974, p. 347).
2. Dimitri Jaranoff, L'Italia nella Penisola Balcanica, "Geopolitica", a. II, n. 5, 31 maggio 1940, p. 204.
3. Manfredi Martelli, Mussolini e la Russia. Le relazioni italo-sovietiche dal 1922 al 1941, Mursia, Milano 2007, pp. 95-96.
4. Renzo De Felice, Mussolini il duce. I. Gli anni del consenso 1929-1936, cit., p. 359.
5. Valeriu Florin Dobrinescu - Ion Pătroiu - Gheorghe Nicolescu, Relaţii politico-diplomatice româno-italiene (1914-1947), Editura Intact, Craiova 1999, p. 153.
6. Valeriu Florin Dobrinescu - Ion Pătroiu - Gheorghe Nicolescu, op. cit., p. 395.
7. Henri Prost, Destin de la Roumanie, Berger-Levrault, Paris 1954, p. 96.
8. Il processo Codreanu, a cura di Horia Cosmovici, Edizioni all'insegna del Veltro, Parma 1989.
9. Henri Prost, op. cit., p. 125.
10. Grigore Gafencu, Ultimi giorni dell'Europa. Viaggio diplomatico nel 1939, Rizzoli, Milano 1947, p. 132.
11. Grigore Gafencu, Ultimi giorni dell'Europa. Viaggio diplomatico nel 1939, cit., pp. 132-133.
12. Lodo del Belvedere (Vienna, 10 agosto 1940), in: Amedeo Giannini, Le vicende della Rumania (1878-1940), Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, Milano 1941, p. 210.
13. Lodo del Belvedere (Vienna, 10 agosto 1940), in: Amedeo Giannini, op. cit., p. 210.
14. Giuliano Caroli, I rapporti italo-romeni nel 1940. La visita di Antonescu a Roma, "Rivista di Studi Politici Internazionali", a. XLV, n. 3, 1978, pp. 373-404.
15. Valeriu Florin Dobrinescu - Ion Pătroiu - Gheorghe Nicolescu, op. cit., p. 381.

José Frasquelo
29-12-09, 12:55
Cercavo qualche testo che parlasse della Russia contemporanea e/o di Putin e/o della geopolitica russa. Chi mi sa consigliare qualcosa?

Spetaktor
07-01-10, 21:47
Roberto Gremmo, L'ebraismo armato, L'Irgun Zvai Leumi e gli attentati antibritannici in Italia (1946-1948), Storia Ribelle, Biella 2009

Libri Ribelli: Ebraismo Armato (http://libriribellicatalogo.blogspot.com/2009/12/ebraismo-armato.html)

Spetaktor
07-01-10, 21:49
Claudio Mutti

bibliografia italiana:

- Le Rapsodie Ungare del parmigiano M. T. Dazzi, Quaderni italo-ungheresi, Parma 1971.

- Canti popolari ungheresi, La Bodoniana, Parma 1971.

- Canti e ballate popolari ungheresi, Quaderni italo-ungheresi, Parma 1972.

- Maoismo e Tradizione (anonimo), Quaderni del Veltro, Bologna 1973.

- Caratteristiche del nazionalsocialismo crocefrecciato; Ferenc Szálasi e le Croci Frecciate; Gli ebrei in Ungheria; in: Kitartás! Ferenc Szálasi, le Croci Frecciate e il nazionalsocialismo ungherese, Edizioni di Ar, Padova 1974.

- Ebraicità ed ebraismo. I Protocolli dei Savi di Sion, Edizioni di Ar, Padova 1976.

- Sombart e il marxismo; Lo spirito del capitalismo e il borghese; Metafisica della tecnica, in: W. Sombart, Metafisica del capitalismo, Edizioni di Ar, Padova 1977.

- Introduzione a: A. Hitler, Discorsi sull'arte nazionalsocialista, edizioni di Ar, Padova 1977.

- Magia della fiaba. Le radici metastoriche dei racconti magiari di fate, Edizioni all'insegna del Cavallo Alato, Bolzano 1977.

- Fiabe transilvane (cura e traduzione), Edizioni Arthos, Carmagnola 1978.

- Simbolismo e arte sacra. Il linguaggio segreto dell'Antelami, Edizioni all'insegna del Veltro, Parma 1978.

- Pittura e alchimia. Il linguaggio ermetico del Parmigianino, Edizioni all'insegna del Veltro, Parma 1978.

- La teocrazia imperiale di Federico II, in: A. De Stefano, L'idea imperiale di Federico II, Edizioni all'insegna del Veltro, Parma 1978.

- Mystica Vannus, Edizioni all'insegna del Veltro, Parma 1979.

- Cultura di destra, cultura di sinistra? Contro la cultura emiplegica, Edizioni storico-politiche, Venezia 1979.

- Kantele e krez. Antologia del folklore uralico, Edizioni Arthos, Carmagnola 1979.

- Nota introduttiva a: A. De Stefano, Federico II e le correnti spirituali del suo tempo, Edizioni all'insegna del Veltro, Parma 1981.

- Gli Zingari e l'Egitto, in: A. von Arnim, Isabella d'Egitto principessa degli Zingari, Edizioni Arktos, Carmagnola 1984.

- Sombart, gli ebrei e il capitalismo, in: AA. VV., Risguardo IV, Edizioni di Ar, Padova 1985.

- Muhammad nel Vangelo di Barnaba, in: H. Corbin, Vangelo di Barnaba e profetologia islamica, Edizioni all'insegna del Veltro, Parma 1985.

- L'Antelami e il mito dell'Impero, Edizioni all'insegna del Veltro, Parma 1986.

- L'asino e le reliquie, Edizioni all'insegna del Veltro, Parma 1986.

- Il nazismo e l'Islam, Edizioni Barbarossa, Saluzzo 1986.

- Khair ed-Din "Barbarossa": corsaro o mugiàhid?, Edizioni Barbarossa, Saluzzo 1986.

- Nota introduttiva a: Aldo Ferrari, La terza Roma, Edizioni all'insegna del Veltro, Parma 1986.

- Mircea Eliade e la Guardia di Ferro, Edizioni all'insegna del Veltro, Parma 1989.

- Rivolte contadine nell'Est europeo, in: G. Cìola, A. Colla, C. Mutti, Th. Mudry, Rivolte e guerre contadine, Società Editrice Barbarossa, Milano 1994.

- La contemplazione capitalistica del mondo (Sombart e il marxismo; Lo spirito del capitalismo e il borghese; Metafisica della tecnica), in: W. Sombart, Metafisica del capitalismo, Edizioni di Ar, Padova 1994.

-Le penne dell'Arcangelo. Intellettuali e Guardia di Ferro, Società Editrice Barbarossa, Milano 1994.

- Un solo stendardo rosso, in: AA. VV., Omaggio a Drieu La Rochelle, Edizioni all'insegna del Veltro, Parma 1996.

- I tre cuori di Sibiu, in: AA. VV., Cioran (a cura di C. M.), "Origini", Milano, febbraio 1996.

- Miti, fiabe e leggende della Transilvania (cura e traduzione), Newton Compton, Roma 1996.

- Prefazione a: Ion Motza, Corrispondenza col Welt-Dienst (1934-1936), Edizioni all'insegna del Veltro, Parma 1996.

- Storie e leggende della Transilvania (cura e traduzione), Oscar Mondadori, Milano 1997.

- Ifigenia legionaria, in: Mircea Eliade (a cura di C. M.), "Origini", Milano, marzo 1997.

- Avium voces, Edizioni all'insegna del Veltro, Parma 1998.

- Il Barone e i nazimaoisti. Julius Evola e i contestatori, in: AA. VV., Evola 1898-1998 (a cura di C. M.), "Origini", Milano, giugno 1998.

- Julius Evola sul fronte dell'Est, Edizioni all'insegna del Veltro, Parma 1998.

- Eliade, Vâlsan, Geticus e gli altri. La fortuna di Guénon tra i Romeni, Edizioni all'insegna del Veltro, Parma 1999.

- Introduzione a: Ion Patrascu - Elena Pirvu, I friulani di Craiova. Rapporti socio-culturali italo-romeni, Aius, Craiova 1999.

- Cronografia; Codreanu secondo Montanelli; A colloquio con Elena Codreanu; I poeti dell'Arcangelo; Corneliu Codreanu e l'Italia; in: AA. VV., Codreanu (a cura di C. M.), "Origini", Milano, febbraio 2000.

- Federico II: teocrazia e messianesimo, in: O. Mariani, Federico II di Hohenstaufen. Stürmer und Dränger, Controcorrente, Napoli 2001.

- Hyperborea, in: AA. VV., Omagiu Virgil Candea la 75 de ani, Editura Academiei Romane, Bucarest 2002.

- Minima holocaustica, Effepi, Genova 2003.

- A oriente di Roma e di Berlino. Europei ed Asiatici in lotta per l'Ordine Nuovo, Effepi, Genova 2003.

- Il Gotteskampf di Johann von Leers, in: J. von Leers, L'Inghilterra. L'avversario del continente europeo, Edizioni all'insegna del Veltro, Parma 2004.

- Introduzione a: Flavio Claudio Giuliano, Uomini e dèi. Le opere dell'imperatore che difese la tradizione di Roma, traduzione e cura di C. M., Edizioni Mediterranee, Roma 2004.

- Imperium. Epifanie dell'idea di Impero, Effepi, Genova 2005.

- L’Islam visto da Julius Evola, in: AA. VV., Sopra le rovine. L’attualità dell’opera di Julius Evola, nel trentesimo anniversario della scomparsa. Atti del Convegno. Roma, 2 Ottobre 2004, Associazione Culturale Raido, Roma 2005.

- Introduzione a: Mihai Marinescu, Il mito di Dracula nella tradizione romena, Edizioni all'insegna del Veltro, Parma 2005.

- L'estetica al potere. Pittura, scultura e architettura nel III Reich, Effepi, Genova 2006.

- Emblemata mortis, in: N. Costa - P. Dossi, Arcana. La luce dell'immenso, Battei, Parma 2006.

- Hyperborea, in: Arthur Branwen, Ultima Thule. Julius Evola e Herman Wirth, Edizioni all’insegna del Veltro, Parma 2007.

- L’unità dell’Eurasia, Effepi, Genova 2008.

- Prefazione a: Rutilio Sermonti, Il linguaggio della lingua, Edizioni all'insegna del Veltro, Parma 2008.

- Tracce d'oltrecortina, in: Marco Iacona, Il Maestro della Tradizione, Controcorrente, Napoli 2008.

- Hamvas, Kerényi e i teologi antichi, pref. a: Béla Hamvas, Prima di Socrate, Edizioni all'insegna del Veltro, Parma 2008.

Unghern Kahn
23-01-10, 13:14
Cerco informazioni su questo quaderno delle edizioni Barbarossa :

NR. 3 DE "I QUADERNI DELLE EDIZIONI BARBAROSSA", AGOSTO 1985, CONTIENE 2 ARTICOLI (PAGG 30):

-STALINISMO ED EBRAISMO, DI MAURIZIO LATTANZIO

-L'ORCHESTRA ROSSA CONTRO HITLER E STALIN, DI ANONIMO


Mi interessano tutti e due gli scritti in questione (sarebbero anche da ripostare se qualcuno li avesse disponibili o salvati). Grazie per eventuali 'dritte' su come recuperarli.

msdfli
23-01-10, 13:35
Cerco informazioni su questo quaderno delle edizioni Barbarossa :

NR. 3 DE "I QUADERNI DELLE EDIZIONI BARBAROSSA", AGOSTO 1985, CONTIENE 2 ARTICOLI (PAGG 30):

-STALINISMO ED EBRAISMO, DI MAURIZIO LATTANZIO

-L'ORCHESTRA ROSSA CONTRO HITLER E STALIN, DI ANONIMO


Mi interessano tutti e due gli scritti in questione (sarebbero anche da ripostare se qualcuno li avesse disponibili o salvati). Grazie per eventuali 'dritte' su come recuperarli.

non riusciamo a trovarlo :D

Spetaktor
23-01-10, 19:56
Cerco informazioni su questo quaderno delle edizioni Barbarossa :

NR. 3 DE "I QUADERNI DELLE EDIZIONI BARBAROSSA", AGOSTO 1985, CONTIENE 2 ARTICOLI (PAGG 30):

-STALINISMO ED EBRAISMO, DI MAURIZIO LATTANZIO

-L'ORCHESTRA ROSSA CONTRO HITLER E STALIN, DI ANONIMO


Mi interessano tutti e due gli scritti in questione (sarebbero anche da ripostare se qualcuno li avesse disponibili o salvati). Grazie per eventuali 'dritte' su come recuperarli.


Il primo testo è "riapparso" anche in una raccolta di articoli della Comunità Politica di Avanguardia. E' una mezza cazzata che sostanzialmente ripropone le varie dicerie antisemite su Stalin (dalla favola del cognome che significherebbe "Figlio dei Giudei" per una strana assonanza tra il georgiano Djuga e l'inglese Jew... a quella delle 3 mogli di Stalin, tutte ebree. Peccato che Stalin di mogli ne aveva 2 ed entrambe non-ebree).

Il secondo articolo sembra di gran lunga più interessante. E' di Guido Giannettini.

José Frasquelo
23-01-10, 20:12
Leggetevi GazpromNation di Stefano Grazioli.

È ordinabile da Lulu.com

José Frasquelo
15-02-10, 13:35
Claudio Mutti, L’unità dell’Eurasia, Effepi, Genova 2008

Accanto a tutto ciò, sono un po’ troppo bizzarri i rimandi a Thiriart e a Trubeckoj o a Savickij, i quali – accanto ad altri – hanno degradato il concetto di Eurasia trasformandolo in un tema eccessivamente russo. Anche se gli ultimi due, esponenti dell’eurasiatismo russo degli anni Venti del secolo scorso, non erano nazionalisti nella stessa misura in cui lo è oggi in Ungheria, per fare un nome, Gabor Pap, nei loro scritti eurasiatisti l’avversione per il mondo indogermanico nasce, in maniera analoga, dal pregiudizio nazionalista.

D’altra parte, anche altrove gl’iniziatori dell’eurasiatismo sono spesso tali che fin da principio non possono produrre un’idea profonda, pura, spirituale. L’antiamericanismo, per quanto necessario, è troppo poco per questo; la geopolitica non è una base sufficiente; l’orientamento filocinese, filonordcoreano o filosovietico sono fattori semplicemente immondi e torbidi. Purtroppo l’idealismo di Mutti, come risulta in questo libro in relazione alla Russia o al presunto eurasiatismo di Eliade, è spesso incontrollato; manca quel metidealismo che, come scriveva Evola, “regna al di sopra delle idee e della forza dell’idea”.

Rileggevamo questi passi di questa recensione e credo ci sia qualcosa che non quadra:

1) Non vedo come il recensore possa pensare all'eurasiatismo, se non come a un qualcosa che parta dall'intrinseca "eurasiaticità" della Russia.

2) Passi il non condividere l'orientamento filosovietico e filocinese (certo che il bollarli come immondi e torbidi non ci sembra una critica obiettiva), ma l'antiamericanismo è ampiamente giustificato dal discorso geopolitico.

3) Non si capisce cosa l'autore voglia intendere quando parla di "metidealismo"

Ierocle
20-02-10, 12:54
NOVITA'

Claudio Mutti, Gentes. Popoli, territori, miti

Claudio Mutti, Gentes. Popoli, territori, miti | eurasia-rivista.org (http://www.eurasia-rivista.org/3110/claudio-mutti-gentes-popoli-territori-miti)

Ierocle
20-02-10, 12:55
Claudio Mutti
Gentes.Popoli, territori, miti
Effepi, Genova 2010
pp. 112 € 15,00

Presentazione
di Tiberio Graziani

Possa questo modo di vedere i popoli superare
qualunque tempesta d’odio di razza e di classe,
soprattutto tra i sostegni del futuro
Karl Ernst Haushofer

Uno dei temi che contraddistinguono il dibattito contemporaneo è certamente quello riguardante l’identità dei popoli e delle nazioni. Se ne discute a vario titolo, ad esempio nell’ambito delle indagini sociologiche ed economiche in riferimento ai processi migratori ed ai loro effetti sulle relazioni interculturali, intraculturali e, ovviamente, socio-economiche; oppure nei settori degli studi storici e politici, in relazione alla costruzione delle odierne nazionalità europee o all’analisi dei vari “comunitarismi” di nuova formazione; o ancora, nel campo delle guerre interetniche e interreligiose che si svolgono in gran parte del pianeta.

L’argomento dell’identità dei popoli non è nuovo. È noto, infatti, che ogni popolo, fin dall’antichità, nelle sue manifestazioni culturali e religiose, in particolare in quelle espresse attraverso la narrazione dei miti di fondazione, ha sempre evidenziato una propria specificità e ascendenza al fine anche di differenziarsi dalle popolazioni con cui veniva a contatto. Per alcuni versi ed in via del tutto generale, si può affermare che tali tipi di narrazioni costituiscono non soltanto un elemento per l’affermazione dei caratteri di un dato gruppo culturale o etnoculturale, ma anche uno dei molteplici fattori che concorrono alla sua stessa “creazione” come popolo. La narrazione mitica, infatti, fissa, in un “tempo astorico” (in illo tempore) una particolare fase dell’etnogenesi, ritenuta pertanto caratteristica per quel particolare gruppo umano. In termini pratici la narrazione opera una scelta di tradizioni cui dovrebbe ispirarsi “quel” popolo nel corso della sua storia successiva.

In connessione con le ricerche sull’origine dei popoli e in conseguenza dell’utilizzo dei nuovi apparati analitici messi a disposizione dalle indagini filologiche, archeologiche ed etnografiche, il tema dell’identità e del carattere dei differenti gruppi umani ha avuto uno straordinario sviluppo nel corso dei secoli XVIII e XIX. L’interesse per l’origine e la fisionomia dei popoli, protrattosi fino agli anni Quaranta del XX secolo, è da mettere in relazione anche ai peculiari scopi politici e culturali perseguiti dai movimenti nazionalisti sorti in varie parti dell’Europa e sviluppatesi, sul piano ideologico, a partire dagli ideali della Grande Rivoluzione francese.

Come noto, la propagazione nel corso dell’Ottocento dell’ideologia della ”liberazione nazionale”, promossa e sostenuta principalmente, a livello locale, dai ceti borghesi e, a livello continentale, dall’Inghilterra, contribuì alla distruzione delle unità imperiali dell’Europa centro orientale e dell’Impero ottomano, ed alla coeva edificazione di gran parte delle attuali nazioni europee.

Il particolarismo nazionale non fu, però, soltanto una delle leve che determinarono lo smembramento delle precedenti entità multirazziali e pluriculturali e la costruzione della nuova Europa, lungo linee artificiali tracciate sulle fragili fondamenta di opinabili rivendicazioni storiche o su quelle di più certi e quantificabili gradi di omogeneità etnica e linguistica, ma, in sinergia con lo sviluppo industriale, tecnologico e commerciale, esso costituì uno degli elementi essenziali per l’affermazione e l’evoluzione dell’imperialismo europeo ottocentesco.

Nondimeno, l’esaltazione del principio dell’autodeterminazione nazionale, cioè, del particolarismo nazionale, ha condizionato le classi dirigenti europee al punto di farle concorrere – attraverso le esiziali alleanze con la Gran Bretagna e gli USA – alla disintegrazione dell’Europa ed alla sua eliminazione quale attore mondiale nel volgere di appena tre decenni, dal 1914 al 1945, ciò a dimostrazione del fatto che la naturale vocazione geopolitica dell’Europa è continentale e non nazionale. Oggi, l’Europa sconta ancora quella pesante eredità; infatti, invece di svolgere un’autonoma e naturale funzione geopolitica in quanto penisola della massa continentale euroafroasiatica, costituisce un tassello della strategia anglostatunitense per il controllo dell’Asia e dell’Africa.

Le cause che hanno dato avvio all’attuale riproposizione della questione identitaria risalgono, con ragionevole certezza, ad almeno due processi, tuttora in corso di svolgimento: a quello che va sotto il nome di globalizzazione (o mondializzazione) ed a quello connesso alla riconfigurazione degli spazi geopolitici dopo la destrutturazione della ex-URSS. I due fenomeni, pur distinti e procedenti da origini diverse – l’accelerato sviluppo tecnologico degli ultimi due decenni e l’evoluzione neoliberale dei processi economici determinata (e, per alcuni versi, guidata) dalle nazioni e dai centri di potere finanziario ed economico, per quanto riguarda la globalizzazione; i nuovi rapporti di forza tra gli attori globali, per quanto concerne il quadro geopolitico contemporaneo – incidono nelle dinamiche sottese ai mutamenti del costume, alle trasformazioni socio-economiche, nonché alla riformulazione e riclassificazione delle ideologie del secolo scorso.

Considerando il processo di globalizzazione da un punto di vista geopolitico, notiamo che esso rappresenta una specifica manifestazione dell’ espansionismo economico e finanziario degli USA. Tale espansionismo è assicurato dalla particolare prassi statunitense per il controllo del pianeta che, esplicandosi tramite l’azione di frammentazione degli spazi geopolitici oggetto delle mire di Washington, utilizza ad arte le tensioni causate dalle differenze culturali, etniche e religiose delle popolazioni che vi risiedono.

Accanto al wilsoniano principio di autodeterminazione nazionale quale potente strumento ideologico per indebolire le unità geopolitiche da soggiogare, gli USA hanno sviluppato, sul finire del secolo scorso, la dottrina dello scontro di civiltà e riattivato con vigore, allo stesso scopo, la religione dei Diritti Umani.

Il trittico dell’armamentario politico-culturale sopra menzionato agisce sinergicamente su tre distinti livelli. Un primo livello è quello pertinente alla sovranità politica di società complesse (multietniche e pluriculturali) che gli USA e con essi l’intero sistema geopolitico occidentale mirano a depotenziare e frammentare, mediante l’esaltazione delle ideologie nazionaliste autonomiste ed emancipatrici e, dunque, la contrapposizione frontale dei diversi gruppi nazionali ed etnici. Un secondo livello riguarda l’incremento delle tensioni all’interno di gruppi etnici omogenei con la pratica dello scontro di civiltà. Infine, il terzo livello che attiene all’individuo in quanto tale, facendo strame di ogni contesto e sensibilità culturale non in ordine con i principi etici e le norme di stampo occidentale, mediante la diffusione della retorica dei “diritti umani”. Gli esempi certo non mancano a proposito. Si pensi alla ex Jugoslavia, ove i nazionalismi tribali, le religioni prima e la mistica dei “diritti umani” alla Otpor in seguito hanno contribuito – nel quadro delle guerra d’aggressione anglo americana – alla disintegrazione geopolitica della penisola balcanica. Oppure alla campagna diffamatoria portata avanti dai mezzi di informazione occidentali rispetto alla presunta mancanza dei “diritti umani” nella Russia di Medvedev e Putin; od anche, alla continua demonizzazione del governo cinese riguardo alle minoranze nazionali uigure, mongole e tibetane e a quella del governo del Myanmar per la questione karen.

L’evidente nesso tra le pratiche destabilizzatrici (la geopolitica del caos) degli USA per la supremazia mondiale e la strumentalizzazione delle tensioni endogene tra le differenti popolazioni impone una riflessione a tutto campo sul divenire e l’essenza dei popoli dell’intero pianeta. La conoscenza approfondita della propria rappresentazione culturale psicologica (nel senso esplicitato dal geopolitico francese Yves Lacoste) infatti costituisce uno dei principali fattori di cui ogni popolo dispone al fine di trovare la propria funzione nel contesto mondiale, e pertanto il perimetro entro cui coltivare le proprie vocazioni ed ambizioni.

Un tentativo volto a far chiarezza sui caratteri che definiscono gli agglomerati umani nei termini etnoculturali è a nostro parere intrapreso proprio dalla raccolta di saggi che compongono Gentes.

Dopo aver trattato della sovranità e dello spazio in due precedenti raccolte, rispettivamente in Imperium. Epifanie dell’idea di Impero (Effepi, Genova 2005) e ne L’unità dell’Eurasia (Effepi, Genova 2008), Claudio Mutti ci offre ora, con metodologie varie, da quelle proprie all’antichista (vedi i saggi Hyperborea, Aethiopia, Bachofen e il popolo licio, Traci ed Etruschi nell’epica antica), a quelle più tipiche dell’antropologo culturale o dell’analista geopolitico (vedi Un blocco militare nella Grecia del V secolo, Gli uiguri tra l’impero e il separatismo, I letterati e l’indio americano, Il nomos dei senza terra, Chi sono gli antenati degli ebrei?), un’ampia rosa di temi che si ricollegano a ciò che determinano la forma e dunque la coscienza dei gruppi umani che solitamente qualifichiamo col termine generico ed onnicomprensivo di popoli.

Nei brevi ma densi saggi che qui presentiamo tutto ruota infatti, direttamente o indirettamente, attorno al popolo, inteso quale entità ad un tempo creatrice di nuove forme di civiltà e depositaria storica di precedenti stratificazioni culturali, psicologiche ed etniche.

Una particolare attenzione è rivolta alla riflessione metastorica presente sia nella letteratura classica, riguardo allo spazio recepito in senso mitico, sacrale, come nel caso delle pagine dedicate agli Iperborei e agli Etiopi, sia in quella letteratura moderna e contemporanea (rappresentata ad es. da romanzi come L’uomo a cavallo di Pierre Drieu La Rochelle, cui l’Autore fa riferimento nel saggio I letterati e l’indio americano) che sembra concepire lo spazio al pari del paesaggio spengleriano con un suo proprio genius loci, quale fattore codeterminante una particolare etnogenesi. A tal proposito, molto opportunamente Mutti osserva che “a determinare il senso di identità non è tanto l’origine razziale, quanto l’appartenenza ad un ambiente dominato dal genius loci”.

Il rapporto tra lo spazio, l’autorappresentazione come specifico gruppo etnoculturale e la relativa origine ai fini della forma che goethianamente caratterizza una data comunità è ripreso ed analizzato nel caso di altri, come gli Zingari e gli Ebrei. Per quanto riguarda gli Zingari – un popolo itinerante e non nomade, secondo l’originale interpretazione avanzata da Mutti sulla scorta di considerazioni filologiche, sociologiche e storiche – due sono gli elementi che sembrano costituire la cifra che meglio li definirebbe: la mobilità, vissuta come una sorta di peregrinazione sacrale, e il particolare tipo di coesistenza con i sedentari, che l’Autore ritiene approssimarsi al concetto di chimera così come definito dall’etnologo ed eurasiatista sovietico Lev Gumilev.

Nel saggio Chi sono gli antenati degli ebrei?, dopo aver enunciate le varie difficoltà relative allo studio delle origini del popolo ebraico, che solo in parte può ritenersi appartenente alla famiglia semitica, viene ricordato che all’etnogenesi della componente sefardita avrebbero contribuito, nell’antichità, come testimoniato dalla Bibbia e da riscontri storici (Mutti cita in proposito l’importante opera di Maurice Fishberg, The Jews: A Study of Race and Environment) elementi etnici di varia provenienza, cui in epoche successive, a causa della diaspora, se ne aggiunsero altri, mentre riguardo alla componente aschenazita – che costituisce i nove decimi dell’ebraismo mondiale -, si fa riferimento all’origine cazara, sostenuta con dotte argomentazioni da autorevoli studiosi, tra cui Arthur Koestler, Peter Golden, Kevin Alan Brook.

La complessità dei gruppi etnoculturali che hanno concorso alla formazione di un dato popolo è presentata in rapporto all’antico popolo romano nello scritto intitolato Traci ed Etruschi nell’epica antica. Qui Mutti ci fornisce elementi utili per meglio comprendere come il popolo romano abbia potuto costituire, nel suo sviluppo storico, una sintesi etnoculturale (il tipo romano) operata mediante una scelta di tradizioni i cui tratti caratterizzanti paiono essere il costante richiamo alla religiosità delle origini ed il culto dello Stato. Scelta di tradizioni e riferimenti ad ascendenze culturali diverse vengono esposti anche nelle schematiche pagine dedicate al popolo licio, nella cultura politica del quale, osserva l’Autore, l’elemento etnolinguistico indeuropeo corrisponde all’istituto, tipicamente indoeuropeo, senatoriale, “mentre dal sostrato preindoeuropeo proviene quell’aspetto matriarcale che non era sfuggito all’osservazione di Erodoto”.

Oltre la scelta di tradizione attualizzata dai popoli presi in considerazione, nella presente raccolta di studi l’Autore non manca di esaminare i diversi orientamenti ideologici che emergono anche in ambiti etnoculturali sufficientemente omogenei. Nel saggio Un blocco militare nella Grecia del V secolo, ad esempio, viene ripercorsa la contrapposizione ideologica tra gli Spartani, “garant(i) della libertà delle pòleis” e gli Ateniesi, sostenitori della democrazia, cioè del “predominio (kràtos) violento e liberticida della massa del volgo (dêmos)”, in rapporto alle alleanze egemoniche ed alla luce degli specifici interessi geopolitici delle due città greche. Nello studio dedicato agli Uiguri viene posta in evidenza, invece, la strumentalizzazione – recentemente orchestrata da Washington – del particolarismo religioso (l’Islam) ai fini del ridimensionamento della sovranità che Pechino esercita legittimamente sul territorio della Repubblica Popolare.

Il valore di questa rassegna di saggi risiede, a nostro avviso, non soltanto negli elementi che Claudio Mutti porta alla nostra attenzione ai fini di una maggior comprensione dell’essenza e del divenire dei popoli, ma anche nel metodo e nei criteri analitici adottati. Essi saranno sicuramente utili a chiunque voglia cimentarsi sullo stesso argomento.

Spetaktor
06-03-10, 22:45
Gli occhi di Stalin. La cultura visuale sovietica nell'era staliniana

Piretto G. Piero

Editore Cortina Raffaello

2010, 247 p.

Cinema, cartelloni pubblicitari, monumenti, complessi architettonici: attraverso immagini di grande suggestione si indagano le strategie che hanno contribuito a costruire il sistema sociale, politico e culturale dello stalinismo. Il particolare universo visivo istituito da Stalin - sguardo del dittatore costantemente percepito dal cittadino, grazie alle infinite riproduzioni del corpo (e degli occhi) del capo - caratterizza il ventennio che ha segnato l'affermazione del socialismo reale in Russia, gli anni Trenta e Quaranta del secolo scorso. L'ambiguo ma decisivo binomio terrore-euforia è il filo rosso che attraversa i capitoli del libro, dedicati ai differenti ambiti in cui trova espressione il Regime. Dal progetto della ricostruzione di Mosca ai "cantieri socialisti" del Nord, creati per addomesticare la natura; dal recupero di antiche tradizioni russe tradotte nel nuovo linguaggio sovietico alla costruzione di un "corpo collettivo" efficiente e ideologizzato, passando per mostre e parate, scatole di fiammiferi e carte di caramella.

Spetaktor
06-03-10, 22:46
Gengis Khan. Il principe dei nomadi

di Vito Bianchi
pp. 304, ¤ 11,00
Laterza (edizione economica) , 2007




Questa storia nasce fra le genti della steppa, nell’Asia più profonda. È la storia di Gengis Khan: un nomade, un mongolo che seppe aggregare le tribù sparpagliate per le lande asiatiche, e tradurne in formidabile forza d’urto abitudini e abilità secolari. Trasformando pastori e cacciatori in un’orda di guerrieri invincibili, Gengis Khan fonderà un impero esteso in tre quarti di secolo dall’Oceano Pacifico fin quasi al Mediterraneo e dalla Siberia all’Himalaya. Forti di un esercito immenso, preceduti da una fama atroce e leggendaria, i Mongoli sconvolgeranno buona parte dell’Europa cristiana. Ma saranno anche capaci di insediare a Pechino una dinastia ammirata per il suo splendore e di imporre quella pax mongolica che schiuderà all’uomo medievale nuove opportunità di esperienze e relazioni.
Indice:

Prologo – Parte prima Gente della steppa – Capitolo I, Il senso dell’immenso – Capitolo II, Nomadi e no – Capitolo III, Un oceano di popoli – Capitolo IV, Un’infanzia difficile – Parte seconda Un nuovo Khan – Capitolo V, Oltraggi e vassallaggI – Capitolo VI, Giochi di potere – Capitolo VII, Il sovrano oceanico – Capitolo VIII, Verso l’unità – Parte terza L’impero dei Mongoli Blu – Capitolo IX, In ginocchio dal re – Capitolo X, Una legge uguale per tutti – Capitolo XI, La Cina È vicina – Capitolo XII, L’Orda Azzurra e il Regno d’Oro – Parte quarta Fino ai confini del mondo – Capitolo XIII, Nei giardini dell’islam – Capitolo XIV, Il Flagello di Allah – Capitolo XV, La tempesta e la quiete – Capitolo XVI, L’ultima battaglia – Nota bibliografica – Cartine – Indice dei nomi

Vito Bianchi è professore a contratto di Archeologia all’Università di Bari. Archeologo specialista, si è dedicato ai rapporti culturali e religiosi fra l’Europa, il Mediterraneo e l’Oriente. Collabora dal 1999 con la rivista “Medioevo”. Per la collana “Medioevo Dossier” ha firmato le monografie Il castello. Un’invenzione del Medioevo (Milano 2001) e L’Islam in Italia (Milano 2002). Fra i suoi libri più recenti, Sud e Islam. Una storia reciproca (Lecce 2003).

Malaparte
06-03-10, 22:53
Rileggevamo questi passi di questa recensione e credo ci sia qualcosa che non quadra:

1) Non vedo come il recensore possa pensare all'eurasiatismo, se non come a un qualcosa che parta dall'intrinseca "eurasiaticità" della Russia.

2) Passi il non condividere l'orientamento filosovietico e filocinese (certo che il bollarli come immondi e torbidi non ci sembra una critica obiettiva), ma l'antiamericanismo è ampiamente giustificato dal discorso geopolitico.

3) Non si capisce cosa l'autore voglia intendere quando parla di "metidealismo"

Vi siete carlomartellizzati?

José Frasquelo
06-03-10, 23:51
Vi siete carlomartellizzati?

Ma il plurale majestatis è una maniera per parlare in modo "impersonale", io l'ho sempre usato. Il problema di Karl è che ne abusa. :-)

Stalinator
07-03-10, 01:52
D’altra parte, anche altrove gl’iniziatori dell’eurasiatismo sono spesso tali che fin da principio non possono produrre un’idea profonda, pura, spirituale. L’antiamericanismo, per quanto necessario, è troppo poco per questo; la geopolitica non è una base sufficiente; l’orientamento filocinese, filonordcoreano o filosovietico sono fattori semplicemente immondi e torbidi. Purtroppo l’idealismo di Mutti, come risulta in questo libro in relazione alla Russia o al presunto eurasiatismo di Eliade, è spesso incontrollato; manca quel metidealismo che, come scriveva Evola, “regna al di sopra delle idee e della forza dell’idea”.

solo un evolomane poteva scrivere ste stronzate... un commento veramente idiota ad un testo che meriterebbe ben altri recensori.. :giagia: prima parla di geopolitica insufficiente e poi di idealismo esasperato. Cioè, prima auspica un modello idealistico di riferimento ed un etica che superi la mera concezione onto-geografica, poi accusa Mutti di eccedere in idealismo. E propone un metidealismo, espressione che non ha senso alcuno. Alienazione dell'alienazione proprio. Non postatela sta roba, è penosa.

José Frasquelo
07-03-10, 01:55
solo un evolomane poteva scrivere ste stronzate... un commento veramente idiota ad un testo che meriterebbe ben altri recensori.. :giagia:

a me sembra solo un coglionomane.. Altro che il Barone.

Stalinator
07-03-10, 01:57
a me sembra solo un coglionomane.. Altro che il Barone.

Le critiche da lui mosse seguono molto la traccia del suo Maestro..

Spetaktor
07-03-10, 19:10
Le critiche da lui mosse seguono molto la traccia del suo Maestro..

Beh, non hai tutti i torti.

José Frasquelo
07-03-10, 20:27
Le critiche da lui mosse seguono molto la traccia del suo Maestro..

sì, ma lui aveva l'attenuante di vivere in tutt'altro contesto. Adesso sono del tutto fuori luogo.

Unghern Kahn
17-03-10, 19:22
Amicizie pericolose. Storia segreta dei rapporti tra Cia e Mossad, dalla fondazione dello Stato d'Israele alla guerra del Golfo
di Cockburn Andrew - Cockburn Leslei


Dettagli del Libro:
Autori: Cockburn Andrew Cockburn Leslei
Editore: Gamberetti
Genere: scienza politica
Argomento: cia mossad
Collana: Orienti
Curatore: Chiarini S.
Traduttore: Coldagelli C. - Porena R.
Pagine: 430
ISBN: 8879900013
ISBN-13: 9788879900010
Data pubbl.: 1993

Spetaktor
28-03-10, 22:15
Compagno duce. Fatti, personaggi, idee e contraddizioni del fascismo di sinistra

Autore: Buttignon Ivan
Editore: Hobby & Work Publishing

http://www.lafeltrinelli.it/static/images-1/m/635/2892635.jpg

Fondo Magazine|Ivan Buttignon. Compagno Duce (http://www.mirorenzaglia.org/?p=11808)

Spetaktor
05-04-10, 20:57
Aggiornamento:
Per una lettura eurasiatista del "sovietismo"
- Shelach et ami. Documenti dell'antisemitismo nell'URSS - edizioni della voce.1971
- Stalin, Trockij e l’alta finanza, Edizioni di Ar (http://nazbol.splinder.com/)
Mikhail Agursky, Terza Roma, il nazionalbolscevismo in Unione Sovietica, Il Mulino, 1989
Marino Ambri, La dottrina Breznev, 1971, Pan editore
Nikolaj Berdjaev, Fonti e il significato del comunismo russo, La casa di Matriona
David Brandenberger, National Bolshevism: Stalinist Mass Culture and the Formation of Modern Russian National Identity, 1931-1956
Otto Boss, La dottrina eurasiatica, ed.Barbarossa
Luciano Canfora, Stalin, storia e critica di una leggenda nera, ed.Carocci
Carlo Cittadini, Rimpiangere l'URSS? Il fallimento del capitalismo in Russia, ed. Città del Sole
Fabio Cutaia, Carlo Terracciano, Sangue e Acciaio, ed Noctua (http://www.noctuaedizioni.it/sangueacciaio.htm/)
Aldo Ferrari, La foresta e la steppa, Scheiwiller
Adriano Guerra, URSS: perché è crollata?, Riuniti
Gedon Haganov, Il comunismo contro gli ebrei, ed.Opere Nuove, 1952
Ickov-Babak, Tra Stalin e Hitler. Battaglie, crisi e trionfi del Maresciallo Zukov, ed Ponte delle Grazie
Lucien Laurat, Stalin, la linguistica e l’imperialismo russo, Graphos
Alessandro Lattanzio, Atomo Rosso, Fuoco Edizioni (http://www.fuoco-edizioni.it/atomo_rosso.html)
Carlo Lozzi, Mussolini Stalin. I rapporti tra i due dittatori, ed.Domis
Kulesov-Strada, Il Fascismo russo, Marsilio, 1988
Perrie Maureen, The Cult of Ivan the Terrible in Stalin's Russia
Fernando Mezzetti, Fascio e Martello. Quando Stalin voleva allearsi con il Duce, Greco e Greco
Luc Michel, La vittoria di Stalin, gruppo Nazionalcomunista G.Stalin
Leonid Mlecin, Perché Stalin creò Israele, Teti
Renato Pallavidini, Dalla crisi alla diaspora. Il giovane Mussolini e Lenin: volontarismo e rivoluzione socialista nel materialismo, edizioni SeBarbarossa
Arturo Peregalli, Il patto Hitler-Stalin, Massari
Gian Piero Pienotti, Gli occhi di Stalin, Raffaello Cortina
Leon Poliakov, Dall’antisionismo all’antisemitismo, La nuova Italia
Costanzo Preve, La fine dell’URSS. Dalla transizione mancata alla dissoluzione reale, CRT
Luis Rapoport, La guerra di Stalin contro gli ebrei, Rizzoli
Konstantin Rozdaevskji, Lettera a Stalin, gruppo Nazionalcomunista G.Stalin
Ilizarov Boris Semenovic, Vita privata di Stalin, Borolli editore
Michail Skarovskij, La croce e il potere. La Chiesa russa sotto Stalin e Chruscev, La casa di Matriona
Josip Stalin, Il marxismo e la questione nazionale, edizioni Comunitarismo
Alexander Yanov, La nuova destra russa, Sansoni editore
Gennadij Zjuganov, Stato e potenza, all’insegna del Veltro (http://www.insegnadelveltro.it/catalogo/europa/zjuganov_stato_potenza.htm)

José Frasquelo
06-04-10, 00:19
Alesandro Lattanzio - Potere globale. Il ritorno della Russia sulla scena internazionale - Fuoco Edizioni

https://www.tilsafe.com/mm/libit/FE/1388-FE_i.jpg

La Federazione Russa di Putin e Medvedev si è posta, in questi ultimi 10 anni, come un cruciale attore strategico, dopo che, per tutti gli Anni '90, presunti studiosi o esperti, nemici o falsi amici della Russia, ne avevano decretato la sua fine storico-strategica. Grazie all'enorme afflusso di capitali derivanti dall'esportazione verso l'Occidente delle risorse naturali dei giacimenti siberiani e artici, il Cremlino ha potuto rigenerare, invece, le sue forze armate che oggi come ieri rappresentano il baluardo fondamentale della Russia nel respingere ogni tentativo di ingerenza esterna, non solo sul suo territorio, ma anche in quella zona d'interesse strategico che rispecchia esattamente i Paesi una volta parte dell'Unione Sovietica. Con questa chiave di lettura vanno lette le recenti crisi ucraina, georgiana e dello Scudo ABM americano in Europa Orientale, che hanno visto Mosca protagonista di una dura battaglia nel fronteggiare le ambizioni della NATO a cingerla in un ristretto anello di sicurezza e relegarla definitivamente a Stato di secondo ordine, che certo oggi la volontà della Russia di rispolverare i suoi sogni di potenza globale non permettono semplicemente nemmeno di pensare.

Spetaktor
06-04-10, 00:56
Alesandro Lattanzio - Potere globale. Il ritorno della Russia sulla scena internazionale - Fuoco Edizioni

https://www.tilsafe.com/mm/libit/FE/1388-FE_i.jpg

La Federazione Russa di Putin e Medvedev si è posta, in questi ultimi 10 anni, come un cruciale attore strategico, dopo che, per tutti gli Anni '90, presunti studiosi o esperti, nemici o falsi amici della Russia, ne avevano decretato la sua fine storico-strategica. Grazie all'enorme afflusso di capitali derivanti dall'esportazione verso l'Occidente delle risorse naturali dei giacimenti siberiani e artici, il Cremlino ha potuto rigenerare, invece, le sue forze armate che oggi come ieri rappresentano il baluardo fondamentale della Russia nel respingere ogni tentativo di ingerenza esterna, non solo sul suo territorio, ma anche in quella zona d'interesse strategico che rispecchia esattamente i Paesi una volta parte dell'Unione Sovietica. Con questa chiave di lettura vanno lette le recenti crisi ucraina, georgiana e dello Scudo ABM americano in Europa Orientale, che hanno visto Mosca protagonista di una dura battaglia nel fronteggiare le ambizioni della NATO a cingerla in un ristretto anello di sicurezza e relegarla definitivamente a Stato di secondo ordine, che certo oggi la volontà della Russia di rispolverare i suoi sogni di potenza globale non permettono semplicemente nemmeno di pensare.

Attendiamo anche l'ultima fatica.

José Frasquelo
06-04-10, 09:35
Attendiamo anche l'ultima fatica.

L'Eurasia Contesa - Energia, strategia e geopolitica nel Cuore Della Terra Fuoco Edizioni :chefico:

Ierocle
19-04-10, 16:06
NOVITA’

Friedrich Nietzsche, Noi filologi, Edizioni all’insegna del Veltro, Parma 2010, pp. 190, € 16,00


Sommario


Claudio Mutti, Dalla filologia alla filosofia

Carla Marcella Tenti-Monti, Per una filologia dell’avvenire

Aldo Monti, Filologia radicale di Nietzsche

Friedrich Nietzsche, Appunti per l’Inattuale incompiuta “Noi filologi”

I - Primi pensieri (autunno 1874)

II – Piano e pensieri indicanti l’ordine di attuazione (1875)

1. Piano

2. a) La predilezione per l’antichità; b) Ultimo scritto dell’inizio

3. I filologi

4. Appunti sui Greci

5. a) Il filologo dell’avvenire; b) La morte della civiltà antica

Tavola delle concordanze

Combat
02-05-10, 17:38
Non so se era stato già segnalato, ma mi pare molto importante.

Predatori oro nero e della finanza globale
di Li Vigni Benito


Autore: Li Vigni Benito
Editore: Baldini Castoldi Dalai

Orwell
11-06-10, 12:12
Viktor Suvorov "Stalin, Hitler. La rivoluzione bolscevica mondiale" (Spirali)

Stalinator
11-06-10, 12:17
Viktor Suvorov "Stalin, Hitler. La rivoluzione bolscevica mondiale" (Spirali)

Per favore... Non sponsorizziamo certe demenzialità.. :giagia:

Orwell
11-06-10, 12:34
Per favore... Non sponsorizziamo certe demenzialità.. :giagia:

Perché?

sitoaurora
29-06-10, 23:14
Perchè è una stronzata, non a caso pubblicata dalla spirali, specializzata in certa 'utile' letteratura...

Ierocle
01-07-10, 11:33
Recensione del recente libro di Alberto Rosselli, Islam Nazismo fascismo, Solfanelli, Chieti 2010

Claudio Mutti (http://www.claudiomutti.com/index.php?url=6&imag=4&id_news=187)

Manfr
22-07-10, 01:15
Filippo Astone, "Il Partito dei Padroni", Longanesi, Euro 17,60

Il partito dei padroni. Come Confindustria e la casta economica comandano in Italia - Astone Filippo - Libro - IBS - Longanesi - Le spade (http://www.ibs.it/code/9788830427211/astone-filippo/partito-dei-padroni-come.html)

Spetaktor
22-07-10, 01:48
"La casta dei radical chic" - Un Libro al giorno - ANSA.it (http://www.ansa.it/web/notizie/unlibroalgiorno/news/2010/05/18/visualizza_new.html_1793885522.html)

sitoaurora
23-07-10, 09:27
"Adolf Hitler - Founder of Israel"
by Hennecke Kardel (http://thy-weapon-of-war.blogspot.com/2009/12/adolf-hitler-founder-of-israel-by.html)

PDF: http://ellhn.e-e-e.gr/books/assets/founder_of_Israel.pdf

Spetaktor
25-07-10, 21:02
Volontari arabi nella Wehrmacht
Prezzo: €28,00
Carlos Caballero Jurado

Questo libro tratta delle unità di volontari arabi che prestarono servizio nella Wehrmacht e anche nell’Esercito italiano, cercando di tracciarne la genesi, l’evoluzione e lo sviluppo, partendo da fonti documentarie come quelle del Servizio Storico del Quartier Generale dell’esercito Nordamericano in Europa. Gli arabi, che avevano sperato che la Germania sconfiggesse le potenze imperialiste che li soggiogavano e che da questa sconfitta nascesse la loro indipendenza e libertà, si impegnarono a fianco delle potenze dell’Asse con grande impegno e sacrificio. Il volume è completato da una cronologia specifica, alcune fotografie originali e molte piantine.

Brossura 13 x 21,5 cm. pag. 342 con alcune cartine e foto b/n

http://www.ritteredizioni.com/components/com_virtuemart/shop_image/product/2a7fe418f58c739ac37d29eb8d41b364.jpg

Lucio Vero
29-07-10, 02:38
Qualcuno ha letto Porte d'Eurasia di Vox Populi?
Com'è?

Spetaktor
29-07-10, 17:05
Qualcuno ha letto Porte d'Eurasia di Vox Populi?
Com'è?

E' una raccolta di scritti. Qualcosa di interessante e qualcosa no.
Comunque da prendere.

Lucio Vero
29-07-10, 17:35
E' una raccolta di scritti. Qualcosa di interessante e qualcosa no. Comunque da prendere.

Aggiungo alla lista dei mille mila libri da comprare. :D

Spetaktor
31-08-10, 21:52
Palestina: una terra cancellata dalle mappe
Quali sono gli ostacoli per una pace
giusta in Medioriente?
Dieci domande sul sionismo
Atti del convegno di Roma
(28-29 novembre 2009)
a cura del Forum Palestina
Rinascita edizioni
.
PER VISIONARE L'INDICE in formato . PDF
CLICCA QUI (http://www.forumpalestina.org/news/2010/Agosto10/IndiceLibroSionismo.pdf)

INDICE

Forum Palestina:
Prefazione ......................................1
PARTE PRIMA - ATTI DEL CONVEGNO
Forum Palestina:
Schema del convegno.....................4
Mila Pernice:
Relazione introduttiva............................6
Gustavo Pasquali:
Un ricordo di Marek Edelman...........13
Miryam Marino:
Nascita del sionismo e sue conseguenze………………………..16
Cinzia Nachira:
Il sionismo e il discorso interrotto sui suoi antidoti ..........................................30
Wasim Dahmash:
I primi contatti tra dirigenti sionisti
e arabi ……………………………..39
Stefania Limiti:
Stato unico e natura sionista dello Stato israeliano......................................53
Kutaiba Younis:
La questione sionista....................64
Maurizio Musolino:
Antisemitismo e antisionismo: una battaglia culturale..........................70
Sergio Cararo:
Il sionismo come progetto
coloniale ......................................75

Michael Warschawski:
Giustizia per la Palestina , la Palestina per una giustizia globale ……………..…..82
Jeff Halper:
La componente distruttiva del sionismo:
il principio di esclusività ……….........87
Bassam Saleh:
Il sionismo come necessità
dell'Occidente …………………...…….94
Collettivo Autorganizzato Universitario Napoli:
2010, Italia, Palestina. Anni di piombo... fuso .................................................. .99
Silvano Falessi:
Movimento di classe e sionismo: riflessioni su un rapporto non ancora chiarito.......................................... ....117
Martina Pignatti Morano:
Un'ipotesi di dibattito sul sionismo...127
Paola Canarutto, Giorgio Forti:
Riflessioni sul carattere religioso di Israele........................................... ..131
Michele Giorgio:
Le condizioni attuali dei palestinesi del '48 dentro lo Stato sionista ………….139
Fawzi Ismail:
Il sionismo e i prigionieri politici palestinesi………………………...147
Vera Pegna:
Il sionismo degli anni 1950-60 nei confronti degli ebrei sefarditi:una testimonianza...............................152

Nicolas Shahshahani:
Un’esperienza di solidarietà con la Palestina........................................1 58
Coord. prov. di solidarietà con il popolo palestinese - Pisa:
Pisa come laboratorio dell'ingerenza sionista ........................................163
Brigate di solidarietà e per la pace:
Lo Stato sionista di Israele contro i popoli latinoamericani.............................172
Marco Benevento:
Conclusioni .............................................186

PARTE SECONDA - CONTRIBUTI UTILI
Stefano Chiarini, Maurizio Matteuzzi:
Il marchio a stella (da il manifesto del 21/01/2004) ................................195
Danilo Zolo:
Sionismo e antisemitismo (da il manifesto del 25/01/2004)...........................202
Michael Warschawski:
Il ricatto dell'antisemitismo (da Guerre&Pace del 14/02/2004) ..207
Tariq Ali:
Il marchio a stella (da il manifesto del 26/02/2004) ...............................214
Mauro Manno:
Lettera aperta al Presidente della Repubblica Italiana ...................219
Brian Klug:
No, l'anti-sionismo non è anti-semitismo (da The Guardian del
03/12/2003) ..........................................228


Il documento di costituzione della Rete Internazionale Ebraica Antisionista.............232
PARTE TERZA:
TESTIMONIANZE FOTOGRAFICHE .........243
Postfazione....................................... .. ............ 252
Bibliografia................... ....................................256
Sitografia........................................ ...................258
Note sui relatori del convegno......................261
Ringraziamenti.................................... ............269





Mail: forumpalestina@libero.it
Sito: FORUMPALESTINA (http://www.forumpalestina.org)

Anton Hanga
09-09-10, 20:55
Segnalo recensione sul sito di Eurasia:

Marino Badiale, Massimo Bontempelli Civiltà occidentale, un’apologia contro la barbarie che viene | eurasia-rivista.org (http://www.eurasia-rivista.org/5846/5846)

Marino Badiale, Massimo Bontempelli - Civiltà occidentale, un’apologia contro la barbarie che viene.

Spetaktor
10-09-10, 23:35
http://www.ponsinmor.info/RecensioniIndiciSchede/SchedaGoldnerTurchia.pdf

Loren Goldner
Il «Socialismo in un solo Paese»
Prima di Stalin e le Origini
dell’«Anti-imperialismo» Reazionario
Il caso della Turchia (1917-1925)


http://www.ponsinmor.info/Novita/ConvegnoCina.pdf

COLLEGAMENTI INTERNAZIONALISTI
PERICOLO GIALLO O TIGRE DI CARTA?
Perché la Cina ci interessa
Atti del Convegno
Torino Cascina Marchesa
27 ottobre 2007

Ierocle
14-11-10, 14:13
Mircea Eliade, Ifigenia, Edizioni all’insegna del Veltro, Parma 2010, € 15,00





L'attività letteraria di Mircea Eliade non si esaurisce nella produzione di quindici romanzi e di oltre cinquanta novelle. Eliade scrisse anche, fra il 1939 e il 1970, alcuni lavori teatrali: Ifigenia, 1241, Uomini e pietre, La colonna infinita.
La tragedia Ifigenia, finora accessibile soltanto nell'originale romeno, venne rappresentata per la prima volta al Teatro Nazionale di Bucarest il 12 febbraio 1941. Essa si ispira alla leggenda trattata da Euripide nell'Ifigenia in Aulide (406 a.C.) e successivamente ripresa da Jean de Rotrou (1503) e da Jean Racine (1674); ma la versione eliadiana si caratterizza per il rilievo attribuito al tema del sacrificio, del quale il grande storico delle religioni si occupò, in quel medesimo periodo, anche con i Commenti alla leggenda di Mastro Manole (Bucarest 1943). "Ifigenia - ha scritto Eugen Weber - dona la vita per aprire la strada ad un esercito; Manole, il mastro costruttore di una vecchia leggenda romena, sacrifica la sua sposa perché la chiesa che costruisce possa rimanere salda. Il sacrificio umano portato a compimento per far sì che qualcosa come una costruzione duri o resista è equivalente al trasferimento mistico dell'anima dal corpo mortale in una nuova costruzione: non solo è data un'anima alla costruzione, ma la vittima è rivestita con un nuovo corpo, glorioso e più durevole. Per Manole, questo corpo sarà il monastero che egli costruisce. Per Ifigenia, sarà la guerra di suo padre Agamennone e la vittoria contro l'Asia e Troia".
Non poteva certamente sfuggire la relazione che intercorre fra il tema centrale di Ifigenia e quella vera e propria disposizione sacrificale che animò i militanti del Movimento legionario, attivo in Romania nel periodo interbellico. Questo argomento viene affrontato, nel saggio introduttivo della presente edizione, dallo stesso traduttore della tragedia, Claudio Mutti, autore di studi sul rapporto che col Movimento legionario ebbero alcuni intellettuali romeni di fama mondiale (Le penne dell'Arcangelo, SEB 1994) e Mircea Eliade in particolare (Mircea Eliade e la Guardia di Ferro, Edizioni all'insegna del Veltro 1989).

Ierocle
14-11-10, 14:18
LA DOTTRINA EURASIATICA DEL SACRIFICIO
di Claudio Mutti


Nei Commenti alla leggenda di Mastro Manole, dedicati al tema del sacrificio cui si ispira la leggenda romena di Mastro Manole, Eliade mostra come tale tema sia ampiamente diffuso nelle culture del continente eurasiatico. In una pagina di questo studio viene indicata come esemplare la storia di un’eroina che ha ispirato all’Autore il più bello dei suoi lavori teatrali: Ifigenia (1).
“Ifigenia – scrive Eliade – è sacrificata perché possa effettuarsi la spedizione contro Troia. Potremmo dire che Ifigenia acquisisce un ‘corpo di gloria’ che è la stessa guerra, la stessa vittoria; vive in questa spedizione, proprio come la moglie di Mastro Manole vive nel corpo di pietra e calce del monastero” (2). Il sacrificio di Ifigenia appartiene quindi alla categoria di quei sacrifici di costruzione che troviamo attestati da un capo all’altro dell’Eurasia. "Le pratiche e le credenze relative ai sacrifici di costruzione – scrive infatti lo stesso Eliade – si ritrovano un po' dappertutto in Europa, ma in nessuna parte hanno dato luogo a una letteratura popolare paragonabile a quella del Sud-Est” (3).
Con “Sud-Est” Eliade intende l’area danubiano-balcanica, ma le tradizioni popolari ungheresi ci mostrano che una leggenda identica a quella di Mastro Manole è presente anche nel bacino carpatico: la ballata székely di Kömives Kelemen, infatti, si riferisce alla costruzione della cittadella di Déva, in Transilvania (4). Secondo Ladislao Bo'ka, "la variante székely è probabilmente di origine greca, ma trasmessa dagli Slavi meridionali" (5).
In ogni caso, “il motivo di una costruzione il cui compimento esige un sacrificio umano è attestato in Scandinavia e presso i Finni e gli Estoni, presso i Russi e gli Ucraini, presso i Germani, in Francia, in Inghilterra, in Spagna. (...) La scoperta di scheletri nelle fondamenta dei santuari e dei palazzi del Vicino Oriente antico, nell'Italia preistorica, e altrove, pone fuori di ogni dubbio la realtà di tali sacrifici" (6).
Ma tra i fratelli spirituali dell'Ifigenia di Eliade non c'è soltanto Mastro Manole: c'è anche il pastorello della ballata popolare romena di Mioriţa [L'agnellina]. Lo fa opportunamente notare Mircea Handoca, il quale osserva che "la visione d'insieme, le valenze e i significati che lo scrittore attribuisce al mito [si collocano] in uno spazio spirituale mioritico" (7) e richiama l'attenzione su queste parole di Ifigenia: "Ecco come cadono gli astri alle mie nozze! Il murmure delle acque, il sussurro degli abeti, il gemito della solitudine: tutte le cose sono come le ho conosciute!" In effetti, il tema della morte come sposalizio è dominante nelle ultime parole di Ifigenia: "Ricordati, - dice l'eroina eliadiana ad Agamennone - è una sera di nozze. Adesso, da un momento all'altro, sarò sposa... Perché tutti hanno fatto silenzio e non si odono più i canti sereni delle vergini? [...] Ma perché non si odono cantici di nozze? Perché gl'invitati non intrecciano ghirlande di fiori dai colori accesi e la sposa è rimasta con l'abito nero del giorno? [...] Portatemi il velo di sposa!" Sono parole essenzialmente analoghe a quelle del pastorello di Mioriţa: "Di' loro soltanto - che mi son sposato - con una regina, - la sposa del mondo; - che al mio sposalizio - caduta è una stella". Studiando la ballata della Pecorella veggente, Eliade dirà che "la morte assimilata a un matrimonio è [un motivo folclorico] arcaico e affonda le sue radici nella preistoria" (8).
Il tema del sacrificio generatore di vittoria era già chiaramente presente nell’Ifigenia euripidea. “Io – dice la protagonista della tragedia di Euripide – vengo a dare ai Greci una salvezza apportatrice di vittoria. Portatemi via, io sono l’espugnatrice della città di Ilio e dei Frigi” (9). Non è dunque senza una qualche ragione che François Jouan ha equiparato alla “devotio” (10) dei Romani il sacrificio dell’eroina euripidea. Devotio, come è noto, era nella religione romana quella particolare forma di votum secondo cui il generale immolava se stesso al fine di conseguire la vittoria nel combattimento. “Forza e vittoria” (vim victoriamque) chiede agli dèi il console Decio Mure, al contempo offerente e vittima sacrificale (11). Questa concezione dell’autosacrificio che sprigiona forza e produce vittoria riecheggia in Racine, il quale fa dire alla sua Ifigenia: “La sentenza del destino vuole che la vostra felicità sia frutto della mia morte. Pensate, signore, pensate alle mèssi di gloria che la Vittoria offre alle vostre mani valorose. Quel campo glorioso, al quale voi tutti aspirate, se il mio sangue non lo innaffia, è sterile per voi. […] Già Priamo impallidisce; già Troia in allarme paventa il mio rogo” (12).
Nelle leggende relative ai rituali di costruzioni e nelle creazioni artistiche ispirate dal mito di Ifigenia circola dunque una stessa concezione: quella che un famoso folclorista ha riassunto in questi termini: "Il padre (nel caso di Ifigenia), o il marito (nei canti popolari), offrendo la figlia o la moglie, offrono se stessi, onde quella sostituzione unisce nell'ambito umano e divino il sacrificante e la vittima" (13). Ma anche questo concetto, in fin dei conti, era già stato espresso dalle Scritture indù: "La vittima (pashu) è sostanzialmente (nidânêna) il sacrificante stesso" (14).





1. M. Eliade, Ifigenia (traduzione e saggio introduttivo di C. Mutti), Edizioni all’insegna del Veltro, Parma 2010.
2. M. Eliade, Commenti alla leggenda di Mastro Manole, in: M. Eliade, I riti del costruire, Jaca Book, Milano 1990, p. 90. Cfr. M. Eliade, Mastro Manole e il Monastero d'Arges, in Da Zalmoxis a Gengis-Khan, Ubaldini, Roma 1975, pp. 146-168.
3. M. Eliade, Struttura e funzioni dei miti, in Spezzare il tetto della casa, Jaca Book, Milano 1988, p. 74. Per la vasta letteratura relativa a questo tema, si veda G. Cocchiara, Il ponte di Arta, in Il paese di Cuccagna, Einaudi, Torino 1956, pp. 84-125. Siccome né Cocchiara né Eliade fanno menzione della leggenda connessa alla costruzione delle mura di Kazan' (Repubblica Autonoma Tatara), che dal 1239 al 1552 fu capitale del Canato tartaro, mi si consenta di rinviare alla traduzione della rispettiva ballata mordvina, in: C. Mutti, Kantele e krez. Antologia del folklore uralico, Arthos, Carmagnola 1979, pp. 60-63.
4. C. Mutti, Canti e ballate popolari ungheresi, Quaderni italo-ungheresi, Parma 1972, pp. 95-104.
5. L. Bóka, Ballate popolari transilvane, "Corvina", Budapest, ottobre 1940.
6. M. Eliade, Struttura e funzioni dei miti, cit., p. 75.
7. M. Handoca, Mitul jertfei creatoare, , “Manuscriptum” (Bucarest), a. V, n. 1 (1974).
8. M. Eliade, [I]La pecorella veggente, in Da Zalmoxis a Gengis-Khan, cit., p. 208.
9. “soterìan Héllesi dòsous’ érchomai nikefòron. Ágeté moi tàn Ilìou kaì Frygôn heléptolin” (Iphig. Aulid., 1473-1476).
10. F. Jouan, Notes complémentaires, in: Euripide, Iphigénie à Aulis, Les Belles Lettres, Paris 1983, p. 152.
11. T. Livio, Ab Urbe condita, VIII, 9.
12. “Et les arrêts du sort – Veulent que ce bonheur soit un fruit de ma mort. – Songez, Seigneur, songez à ces moissons de gloire – Qu’à vos vaillantes mains présente la Victoire. – Ce champ si glorieux, où vous aspirez tous, - Si mon sang ne l’arrose, est stérile pour vous. […] Déjà Priam pâlit. Déjà Troie en alarmes – Redoute mon bûcher” (J. Racine, Iphigénie, 1535-1540, 1549-1550).
13. G. Cocchiara, Il paese di Cuccagna, Einaudi, Torino 1956, p. 120.
14. Aitareya Brahmana, II, 11.

Spetaktor
14-11-10, 22:43
Erich HONECKER - "Appunti dal carcere"

http://www.edizioninemesis.it/images/Copertina_Honecker.jpg

La data di uscita del testo, prevista per il 9 novembre, è rinviata di circa una settimana. Ci scusiamo per il disagio.

Prezzo di copertina: euro 8,00

Prefazione di Margot HONECKER

Introduzione di Alessio ARENA

Gli avvenimenti del 1989, che condussero alla caduta del Muro di Berlino e alla fine delle esperienze socialiste nell’Europa orientale, sono spesso oggetto di attenzione e rivisitazioni ad opera dei media. Di quei fatti viene proposta un’immagine mitica e stereotipata: quella della vittoria della libertà e della democrazia sul totalitarismo e del crollo ineluttabile di un modello economico fallimentare. La politica del presidente sovietico Gorbacëv viene descritta come l’estremo, disperato tentativo di salvare ciò che non poteva essere salvato, di democratizzare un regime intrinsecamente incompatibile con la libertà.
In queste pagine redatte in carcere tra il 1992 e il 1993 e ultimate durante il breve periodo di esilio in Cile prima della morte, Erich Honecker propone una lettura assai diversa degli eventi.


Con franchezza e lucidità, esse ripercorrono gli eventi che condussero all’annessione della Germania orientale socialista alla Repubblica Federale guidata da Helmut Kohl, rivalutando anche il ruolo svolto dalla dirigenza sovietica e da Gorbacëv, vero e proprio demolitore consapevole e volontario del socialismo reale. La riflessione sui fatti offre a Honecker l’occasione per rivendicare i successi del “primo Stato socialista sorto sul suolo tedesco”, trarre un bilancio di quell’esperienza e proporre spunti di analisi per comprenderne i limiti e le carenze. Un documento fondamentale – proposto per la prima volta al pubblico italiano e introdotto da uno scritto di Margot Honecker – per comprendere meglio la recente storia d’Europa e del mondo e per preparare più consapevolmente il socialismo del XXI secolo.

Erich Honecker (1912-1994) milita sin da giovane nelle fila del Partito Comunista di Germania (KPD). Condannato nel 1937 a dieci anni di reclusione per la sua attività di resistenza al nazismo, riesce a evadere dal carcere solo due mesi prima della fine della II Guerra Mondiale. Dirigente del Partito Socialista Unificato di Germania (SED), la formazione politica egemone nella Repubblica Democratica Tedesca, viene nominato segretario generale del Partito nel 1971 e, due anni dopo, Presidente del Consiglio di Stato. Costretto alle dimissioni ed espulso dal Partito nel 1989 per la sua opposizione alla “svolta” gorbacioviana, viene incarcerato e processato dalle autorità della Repubblica Federale di Germania nel 1992, in seguito all’annessione della RDT. Nel corso del processo pronuncia un accorato discorso di autodifesa, smascherando il carattere politico del procedimento. A seguito dell’interruzione del giudizio, motivata dal suo grave stato di salute, espatria in Cile, dove muore alcuni mesi dopo.

EDIZIONI NEMESIS

Ierocle
16-12-10, 14:14
Oggi alle 14,00 su GR1 presentazione del libro di Vincenzo Mungo, La sfida dell'India (Edizioni all'insegna del Veltro).

Ierocle
27-03-11, 11:59
Alberto Buela – David Cumin – Stefano Pietropaoli

CARL SCHMITT: DIRITTO E CONCRETEZZA

Edizioni all’insegna del Veltro, Parma 2011





(…) Il “mondo oggetto di studio” di cui si occupano i saggi di Buela, Cumin e Pietropaoli, sono i rapporti internazionali.
Nel primo dei testi in questione si sottolinea la portata storico-politica che ha per Schmitt il concetto di katéchon quando si tratti di opporsi alla deriva di un’umanità uniforme e appiattita su una sola visione del mondo, ossia al prometeismo orizzontale, materialistico e nichilistico della tecnica e al cosmopolitismo che ne discende. (…)
Il saggio di Cumin, operando una precisa contestualizzazione storico-genetica delle dottrine giusinternazionalistiche di Schmitt, di cui vengono anche messi in luce i legami con gli avvenimenti politici cui l’Autore assistette, espone in modo chiaro e profondo la sua dottrina sulla guerra. (…)
Ma parlando di comportamento concreto degli uomini, cioè di concretezza, facilmente sovviene il concetto di ordinamento concreto, su cui insiste Pietropaoli. Si tratta di un punto di vista quanto mai appropriato per comprendere il pensiero giuridico di Schmitt, anche e soprattutto perché diventa occasione per fare chiarezza su molti luoghi comuni, quelli, nella fattispecie, che nascono dal fatto che il tema è stato introdotto negli anni Trenta e quindi è stato spesso oggetto di critiche e fraintendimenti legati alla coeva adesione dell’Autore al nazionalsocialismo. (…)


Dalla Presentazione di Massimo Maraviglia

Malaparte
22-04-11, 22:42
mod: mettiamoli in "ebook"

SimoneSSL
07-05-11, 22:51
Presto in libreria “Capire le rivolte arabe”


Tra pochi giorni si potrà trovare in libreria Capire le rivolte arabe: alle origini del fenomeno rivoluzionario, il nuovo libro di Daniele Scalea e Pietro Longo.
L’opera è pubblicata congiuntamente da Avatar Editions e dall’Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie (IsAG). I due autori, Scalea e Longo, sono rispettivamente segretario scientifico e ricercatore dell’IsAG; entrambi sono redattori della rivista “Eurasia”.
Maggiori informazioni e notizie aggiornate si possono trovare nel blog promozionale raggiungibile cliccando qui.
L’opera consta di 168 pagine e costerà 18 euro. Contiene diverse immagini, tra cui cartografie di Lorenzo Giovannini.
Riproduciamo di seguito la quarta di copertina e il sommario:

Il 2011 sarà forse ricordato dai posteri come l’anno delle “rivolte arabe”: Tunisia, Egitto, Yemen, Bahrain, Libia e l’elenco è probabilmente destinato ad allungarsi. Il fuoco della ribellione infiamma il Mediterraneo e il Vicino Oriente. A pochi passi da casa nostra si sta facendo la storia.
Ma sappiamo davvero perché queste rivolte stiano scoppiando? Conosciamo veramente i nostri vicini arabi, le loro aspirazioni e gl’ideali che li animano? Ci rendiamo conto di quale potrebbe essere il volto del mondo quando l’ondata della rivolta avrà finito d’abbattersi sulla regione?
In questo libro si cerca di fare chiarezza, in una veste agile e sintetica, ma discostandosi dalle semplificazioni giornalistiche e dai proclami romantici per concentrarsi invece sulle dinamiche politiche, economiche e strategiche in atto.


Sommario:

PARTE I: IL MEDITERRANEO, IL VICINO ORIENTE, E IL MONDO
Capitolo 1: Riscoprire il Mediterraneo
Capitolo 2: Un teatro strategico di primo piano
Capitolo 3: L’ombra dell’egemone
Capitolo 4: Il quadro socio-economico

PARTE II: IDEOLOGIE E MOVIMENTI NEL MONDO ARABO
Capitolo 5: Le origini del nazionalismo arabo
Capitolo 6: Nazioni e nazionalismo nel Maghreb
Capitolo 7: Nazioni e nazionalismo nel Mashreq
Capitolo 8: Nazioni e nazionalismo nel Golfo
Capitolo 9: L’Islam tra fede e politica
Capitolo 10: La Fratellanza Musulmana in Egitto

PARTE III: CONCLUSIONI: LE CAUSE DELLE RIVOLTE ARABE E GLI SCENARI FUTURI
Capitolo 11: Alle origini delle rivolte
Capitolo 12: Gli scenari futuri

http://rivoltearabe.blogspot.com/

SimoneSSL
12-05-11, 19:52
H. H. Schaeder, "L'Eurasia antica"

Qualcuno lo ha gia letto?

Spetaktor
13-05-11, 00:18
H. H. Schaeder, "L'Eurasia antica"

Qualcuno lo ha gia letto?

No, ma ho trovato questo:

Va qui ricordato che già nel 1950 fu pubblicato da Garzanti un libro dello storico H. H. Schaeder, "L'Eurasia antica". In questo testo l'autore esamina gli aspetti della storia antica, con prevalenza quella mediterranea e del vicino oriente, alla luce di una visione globale dell' Eurasia. (Eventi economici, movimenti di popoli, culture, lingue, razze, scontri di popolazioni).
Ma quale Europa vogliamo? (http://fncrsi.altervista.org/quale_Europa_vogliamo.htm)

Spetaktor
15-05-11, 22:25
La guerra dimenticata
Il conflitto Iran-Iraq, 1980-1988
a cura di Andrea Lombardi

In questo libro la storia del conflitto Iran-Iraq è ricostruita dai saggi La guerra Iran-Iraq, 1980-1988 di Saskia M. Gieling, dove sono approfonditi gli antefatti storici delle ostilità tra Iraq e Iran, il contesto politico e gli sviluppi diplomatici durante il corso del conflitto, Storia militare della guerra Iran-Iraq, 1980-1988 a cura di Carlo Lagomarsino e Andrea Lombardi, che tratta in dettaglio l’organizzazione militare e le operazioni belliche delle due nazioni, analizzando i vari momenti della guerra, dall’offensiva irachena iniziale alle controffensive iraniane, dagli anni della guerra di posizione ai bombardamenti aerei e missilistici sui centri abitati (la “Guerra delle città”) e sul traffico navale nel Golfo (la “Guerra delle petroliere”), toccando poi punti controversi come la guerra chimica e l’intervento americano nel conflitto. Il saggio Le armi chimiche di Javed Ali, espone poi l’evoluzione del programma di armi chimiche iracheno, il loro uso sul campo contro l’Iran e contro i curdi, le reazioni dell’ONU e degli Stati Uniti, mentre Gli Stati Uniti e la guerra Iran-Iraq di Stephen R. Shalom analizza polemicamente ma con accuratezza la politica americana nel Golfo Persico: le manovre diplomatiche per accrescere la presenza militare USA nella regione, l’appoggio dato all’Iraq, le forniture di armi all’Iran (lo scandalo Iran-Contra), e le operazioni aggressive dell’US Navy, culminate nell’Operazione Praying Mantis, definita all’epoca la maggiore operazione aeronavale statunitense dalla seconda guerra mondiale, e la strage di civili nell’abbattimento da parte di una nave da guerra americana di un aereo di linea Airbus iraniano.

Sono incluse numerose fotografie dei combattimenti terrestri, aerei e navali e dei mezzi impiegati, e diverse immagini inedite in Italia sui terribili effetti degli aggressivi chimici iracheni sui civili iraniani e curdi.

In appendice, il testo della Risoluzione ONU 598 che pose fine al conflitto e l’elenco delle aziende che contribuirono allo sviluppo delle armi chimiche, batteriologiche e nucleari irachene.

F.to 17x24, brossura, 262 pagine, completamente illustrato con 182 fotografie a colori (la maggior parte inedite in Italia), mappe e profili, Euro 32,00.

Edito da Associazione ITALIA, Genova 2011.

José Frasquelo
15-05-11, 22:32
azz 32 euri!

Spetaktor
28-05-11, 12:51
azz 32 euri!

Però è fatto veramente bene

Spetaktor
28-05-11, 12:52
AAVV
La prodondità strategica turca nel pensiero di Ahmet Davutoglu

presentazione di Iskender Pala

con il patrocinio di:
Ambasciata d'Italia Ankara
Ambasciata della Repubblica di Turchia a Roma


[...] i lavori del diplomatico turco Ahmet Davutoğlu, apprezzati da sagaci ingegni, non sono un sorriso nei nostri comuni spazi geografici, che ne dite? Le sue tesi discusse in questo libro, e gli articoli che le riguardano, non sono un grido a noi rivolto affinché ci destiamo? [...] A mio avviso, grazie agli sforzi profusi dall’On. Davutoğlu hanno cominciato a palesarsi i destini del Medio Oriente. [...]
Sta di fatto che le questioni sviscerate con competenza dagli autori e gli auspici che questi articoli col loro di- namismo stanno producendo, danno la cifra di un’ideale ed intima sinergia che può scaturire fra Tur- chia ed Italia nell’immediato futuro. [...] Parlo del co- mune sentire dei tempi in cui possiamo riscoprire le radici di concetti come la democrazia, la supremazia del diritto, i diritti umani, ricordati come valori con- temporanei, dell’incontro di due culture diverse che sono state testimoni della fondazione della civiltà co- mune che l’umanità ha sviluppato. In tal senso, anche con riferimento al volume dell’On. Ahmet Davutoğlu, “Stratejik Derinlik”, vorrei dire: “Tutte le strade por- tano a Roma!” e “Tutte le strade partono da Istanbul!”.
Dall’introduzione di İskender Pala


pp. 136
€ 16

ordini@vxp.it

http://a8.sphotos.ak.fbcdn.net/hphotos-ak-snc6/250641_10150185274792030_137122657029_7089690_3408 872_n.jpg

SimoneSSL
09-06-11, 18:15
L Europa: un impero di 400 milioni di uomini di Jean Thiriart

Avatar Editions

Prezzo: €24,00

pag. 228

Spetaktor
13-06-11, 10:11
Aldo Braccio, Turchia, ponte d’Eurasia | eurasia-rivista.org (http://www.eurasia-rivista.org/9758/aldo-braccio-turchia-ponte-deurasia/)

Aldo Braccio

TURCHIA, PONTE D’EURASIA
Tra Mediterraneo e Asia Centrale, il ritorno di Istanbul sulla scena internazionale

Prefazione di Antonello Folco Biagini

Fuoco Edizioni, Roma 2011
pag. 96

Prezzo 12,00€

Per ordini:
ordini@fuoco-edizioni.it <mailto:ordini@fuoco-edizioni.it>

Il libro

Agli occhi di molti italiani e di molti europei, la Turchia rappresenta una sorta di “altro da sé” continuamente evocato in termini di preoccupazione e di confronto polemico. Per altri, l’immagine del Paese è quella di un’entità adagiata nell’indolenza passiva alla periferia del mondo occidentale.

La realtà di questi ultimi anni – in particolare dal 2002 in poi – è invece completamente diversa : recuperate le sue radici e la sua immensa tradizione culturale la Turchia sta gradatamente ma sicuramente riconquistando la sua centralità geopolitica e il suo ruolo di ponte e di cerniera fra Europa e Asia.

Ankara – non più in contrasto ma come erede legittima di Istanbul/Costantinopoli/Bisanzio – sta contribuendo a ridisegnare le vaste e strategiche regioni situate fra il bacino mediterraneo e l’Asia centrale, svincolandole da un’anacronistica dipendenza atlantica e favorendo diversi equilibri mondiali. Conoscere meglio la Turchia sarà l’occasione per conoscere meglio noi stessi e il nostro futuro.

L’Autore

Aldo Braccio è redattore di “Eurasia – rivista di studi geopolitici <http://www.eurasia-rivista.org>” e membro del consiglio direttivo dell’IsAG – Istituto di Alti Studi di Geopolitica e Scienze Ausiliarie <http://www.eurasia-rivista.org/listituto/>. Esperto di questioni turche, i suoi saggi ed articoli sono apparsi su riviste specializzate, e siti internet, italiani ed esteri; ha tenuto relazioni sulla questione curda presso il Master Mattei in Vicino e Medio Oriente dell’Università di Teramo – (edizioni 2009 e 2010)
Prefazione

Antonello Folco Biagini
professore ordinario di Storia dell’Europa orientale
Università di Roma La Sapienza

…i segnali provenienti da Ankara, a partire soprattutto dall’inizio della guerra irachena (2003), sono molteplici e concordanti e vanno in una certa direzione, che è quella di una riacquistata autonomia di fronte alle sollecitazioni esterne.
Se gli sconvolgimenti del biennio 1989 – 1991, sfociati nella fine del sistema mondiale bipolare, avevano tutto sommato poco influito sulla collocazione internazionale della Turchia, confermandone e semmai consolidandone il ruolo strategico di avamposto delle potenze occidentali, l’inizio del nuovo secolo ha visto invece un’evoluzione e dei cambiamenti interessanti e significativi.
Il saggio di Aldo Braccio offre un compendio di tali segnali interpretandoli secondo una prospettiva culturale (riscoperta dell’ottomanesimo e del pluralismo, in luogo dell’identarismo nazionale turco) e geopolitica (relazioni con il mondo arabo, con quello russo, e con gli altri Paesi dell’area), senza rinunciare a tracciarne i risvolti economici e di politica energetica

dalla prefazione del prof. Antonello Folco Biagini

Spetaktor
18-06-11, 00:49
La Biblioteca di Studi Socialisti presenta:

Aracne Editrice (Roma) – Formato 17x24 – 200 pagine – Anno: Giugno 2011 – Prezzo: € 12,00 – ISBN: 978-88-548-4109-3
(in tutte le librerie)


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Imperialismo e rivoluzione latinoamericana tratta la storia del Continente dai confini settentrionali del Viceregno della Nuova Spagna alla Terra del Fuoco. Dalla scoperta, all’epopea della Rivoluzione messicana, sino al tradimento dei partiti prosovietici. Dallo sfruttamento spietato di Spagna, Portogallo Gran Bretagna e Stati Uniti d’America che hanno favorito il sottosviluppo, fino al riscatto cubano passando per la Teologia della Liberazione.



Dai disperati tentativi della guerriglia guevarista, tupamara, camilista e filoalbanese ad arrivare alle odierne speranze di cambiamento. Un volo di condor – e una rilettura marxista slegata da obbedienze partitiche – su di un secolo di storia contemporanea americana. Per anni, in Italia, a scrivere della rivoluzione nei Paesi latinoamericani e la barbarie repressiva dell’imperialismo, occorreva essere dotati di patente, permessi e licenze.



O essere del piccì moscovita istituzionale e, quindi, dal patto Johnson-Kosygin (1967) in poi, considerare le contraddizioni, le lotte e la guerriglia quali correggibili fenomeni ormonali e non di classe – il desiderio dei nipoti di Brežnev e Togliatti di diventare i futuri figli di Bush jr. ed Obama dovrà attendere ancora un quarto di secolo.



O essere del partito della destra doppiopettista e non ringraziare mai abbastanza dittatori, generali, gorilla e presidenti liberali i quali, agli ordini della Casa Bianca, ci difendevano dal comunismo massacrando Allende e rovesciando Arbenz, Perón e tanti altri con “smanie” d’indipendenza e riscatto continentale.



Alejandro César Simonoff, professore dell’Universidad Nacional de la Plata, nella presentazione ha scritto: «Cercare di spiegare in un testo l’antimperialismo latinoamericano è un’impresa complessa ed appassionante. E compierlo in forma chiara e precisa accresce le sfide. È difficile ma non impossibile, e Giovanni Armillotta l’ha fatto con straordinaria maestria».



Il volume si divide in diciotto capitoli ed è ricco di tabelle statistiche e mappe. Seguono appendici riguardanti cifre e demografia. Inoltre a corredo del volume nove indispensabili carte geopolitiche aiutano il lettore a inquadrare meglio i fatti e gli eventi in oltre mezzo millennio di storia. Per finire l'appendice Le “avanzate” civiltà precolombiane, smitizza i luoghi comuni che da sempre hanno accompagnato favorevolmente i giudizi sulle sanguinarie culture antecedenti la scoperta, le quali – di gran lunga – superavano la ferocia dei colonizzatori europei.



Il volume, in cui è d'ausilio un esaustivo Indice dei nomi, è il testo del Seminario Imperialismo e rivoluzione in America Latina nell'àmbito della Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Pisa per l'Anno Accademico 2010-2011.


Giovanni Nappi



Scheda biografica dell'Autore

Giovanni Armillotta (PhD), è direttore responsabile di «Africana», fra i soli diciotto periodici italiani consultati dall’«Index Islamicus» dell’Università di Cambridge. È l’unico studioso che collabora contemporaneamente alle due più importanti riviste italiane di geopolitica e sui loro siti-web: «Limes» ed «Eurasia». È giornalista, nonché cultore di Storia delle Americhe e Storia latinoamericana all’Università di Pisa.





INDICE DEL VOLUME

Presentazione di Alejandro César Simonoff

Cap. I: L’America Latina dalla scoperta alla fine della Rivoluzione messicana
1. Introduzione
2. La Rivoluzione messicana (1910–1940)

Cap. II: Il populismo
1. Le origini
2. Esempi espressi ed inespressi di populismo
2.1. Il trabalhismo brasiliano
2.2. L’aprismo peruviano

Cap. III: Il secondo dopoguerra

Cap. IV: Fine delle illusioni

Cap. V: La guerriglia rurale come precedente e gli esempi di Haiti e Cuba
1. Haiti
2. Cuba

Cap. VI: Crisi della sinistra parlamentare e sviluppo della guerriglia urbana

Cap. VII: Reazione e fallimento

Cap. VIII: Le superpotenze e gli equilibri della politica internazionale

Cap. IX: I partiti comunisti filosovietici

Cap. X: Il movimento rivoluzionario filoalbanese
1. Quadro storico
2. Le ‘Dichiarazioni comuni’ enveriste: 1976 e 1978
3. Oggi

Cap. XI: La Teologia della Liberazione
1. I presupposti
2. Le fasi

Cap. XII: I militari, il ruolo degli Stati Uniti d’America e la geopolitica del sec. XX
Golpe militari, rivoluzioni e interventi statunitensi in America Latina nel sec. XX, e il caso panamense

Cap. XIII: La tragedia del Cile: 11 settembre 1973

Cap. XIV: I colpi di Stato antiperonisti
1. 1955
2. 1976

Cap. XV: Due Paesi già emblemi della tutela statunitense
1. Nicaragua
2. Repubblica Dominicana

Cap. XVI: I governi militari progressisti
1. Guatemala (1950–54)
2. La Repubblica Dominicana (1965) e l’epopea del col. Caamaño
3. Perù (1968–80)
4. Bolivia (1970–71)
5. Ecuador (1972–79)

Cap. XVII: La “rivoluzione zapatista” da operetta

Cap. XVIII: L’ALBA e le accuse di “populismo”

Conclusioni

Appendici

A. Stati latinoamericani (cifre e demografia)
A.1. Costituzioni, territorio e popolazione
A.2. Pil, valuta e maggiori città
A.3. Distribuzione etnica (percentuali)

B. Carte geografiche e geopolitiche
B.1. Le scoperte geografiche
B.2. La colonizzazione dell’America Latina
B.3. Colonie e commerci: XVIII secolo
B.4. Colonie in movimento
B.5. Le indipendenze latinoamericane
B.6. Controversie di frontiera
B.7. L’espansione degli Stati Uniti d’America
B.8. I Latinos negli Stati Uniti
B.9. La vittoria di Castro

C. Le “avanzate” civiltà precolombiane

Bibliografia
Volumi
Articoli e monografie
Periodici e agenzie di stampa
Siti web

Indice dei nomi

Per ordinare/To buy

ARACNE EDITRICE S.r.l.
info@aracneeditrice.it – tel./fax (+39)06.93781065
orario apertura: lunedì-venerdì/open: Monday-Friday: 8:30-18:30
Indirizzo/Address: – Via Raffaele Garofalo, 133-AB – 00173 Roma – ITALY

José Frasquelo
18-06-11, 10:22
bello Spet!

Spetaktor
18-06-11, 11:19
bello Spet!

B1oioBp0YZY

José Frasquelo
18-06-11, 12:40
B1oioBp0YZY

:postridicolo:

José Frasquelo
18-06-11, 14:55
Presto in libreria “Capire le rivolte arabe”

E’ uscito “Capire le rivolte arabe”, nuovo libro di D. Scalea e P. Longo

http://www.eurasia-rivista.org/cms/wp-content/uploads/yapb_cache/copertina5.d69am2w0qc8c0wgocc0wswsgo.1n4kr7rgh18gs 08gcg0csw4kg.th.jpeg
Capire le rivolte arabe. Alle origini del fenomeno rivoluzionario, il nuovo libro dei nostri redattori Daniele Scalea e Pietro Longo (rispettivamente segretario scientifico e ricercatore dell’IsAG), è ora disponibile all’acquisto presso la libreria online Librad (clicca per raggiungerla (http://www.tilsafe.com/libit/1785-AEI/L.html)). Il volume, edito da Avatarèditions per conto dell’Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie (IsAG), consta di 168 pagine ed è acquistabile al prezzo di 18 euro. Si tratta della prima pubblicazione con marchio IsAG, oltre alla rivista “Eurasia”. Il ricavato andrà a finanziare le attività dell’Istituto.
Per maggiori informazioni cliccare qui (http://rivoltearabe.blogspot.com/).

Spetaktor
16-07-11, 12:15
Johann von Leers, Contro Spengler, Introduzione di C. Mutti, Edizioni all'insegna del Veltro, Parma 2011, pp. 64, € 8,00 ISBN: 9788890473678

Quando Spengler pubblicò Jahre der Entscheidung, la protesta degl'intellettuali militanti nazionalsocialisti fu corale. Ma fra tutti gli attacchi che vennero rivolti contro le tesi sostenute in questo libro, "uno fra i più violenti, e senz'altro il più abile, fu quello sferrato da Johann von Leers, un giovane esponente della sinistra nazionalsocialista destinato a diventare uno dei più prolifici pubblicisti della Germania hitleriana e atteso da un curriculum vitae originale" (D. Conte).

In Spenglers weltpolitisches System und der Nationalsozialismus (appena uscito sotto il titolo Contro Spengler nei “Quaderni di Geopolitica” diretti da Tiberio Graziani) Von Leers respinge innanzitutto il determinismo storico spengleriano, che, affermando la validità universale delle leggi di sviluppo valide per un popolo, ripropone in fin dei conti il presupposto liberale dell'uguaglianza degli uomini.

Spengler, incalza von Leers, è l'ideologo di una borghesia imperialista legata al mondo del XIX secolo, la quale, pur di rendere competitive sul mercato mondiale le merci prodotte in Germania, vorrebbe ridimensionare i salari degli operai tedeschi e sopprimere la politica sociale di sostegno, anche a costo di esporre la nazione al pericolo di gravi tensioni sociali. Al vecchio progetto liberale dell'esportazione sui mercati mondiali, di cui Spengler si fa portavoce, von Leers contrappone una visione di grandi spazi autarchici.

Ad una critica altrettanto serrata viene sottoposta la veduta concernente l'altro pericolo che secondo Spengler minaccerebbe l'Occidente: la cosiddetta "rivoluzione mondiale degli uomini di colore". In primo luogo, obietta von Leers, il concetto spengleriano di "popoli di colore" è del tutto improprio, poiché non ha senso far rientrare nell'universo "di colore" gli Andalusi, gl'Italiani meridionali, i Turchi e addirittura i Russi. Per quanto poi riguarda il "pericolo giallo", a minacciare la Germania non è certamente il Giappone, che, rinnovatosi sulla base di princìpi affini a quelli nazionalsocialisti, indirizza le proprie linee di potenza non solo verso la Manciuria e la Mongolia, ma anche verso le Filippine americane, l'Indonesia olandese, l'Indocina francese. Perciò ogni rafforzamento del Giappone e della Cina stessa equivale ad un indebolimento dei nemici della Germania, i quali non si trovano fra i "popoli di colore", ma fra i "popoli bianchi". Preconizzando la "comunità della razza bianca" e pronunciando la parola "Asia" con tono ostile, Spengler non fa altro che riproporre in chiave razzista il vecchio cosmopolitismo liberale; ma ciò non ha nulla a che vedere con gli autentici interessi del popolo tedesco, i quali non possono essere subordinati alle "vane chiacchiere su una ridicola fratellanza di razza". La Germania, obietta Von Leers, deve innanzitutto promuovere l'unità dello spazio europeo centrale ed orientale; per quanto concerne l'Asia, essa non solo non praticherà una politica imperialistica, ma farà di tutto per realizzare le aspirazioni dei popoli oppressi all'indipendenza.

Nella stessa collana:

Johann von Leers, L’Inghilterra. L’avversario del continente europeo, Introduzione di C. Mutti, Edizioni all’insegna del Veltro, Parma 2004, pp. 64, € 6,00

Gianky
16-08-12, 18:41
Boga Sako Gervais, LA GUERRA D’ABIDJAN. UN CONFLITTO DA EVITARE

Saggio introduttivo Francesca Dessì. Prefazione di Giovanni Armillotta.

Anteo Edizioni, 2012, € 20,00

http://www.eurasia-rivista.org/cms/wp-content/uploads/yapb_cache/copertinavorio1.91rbz40rvs4kogks0wgogwo8o.1n4kr7rg h18gs08gcg0csw4kg.th.jpeg

L’intervento militare contro la Libia ha messo in ombra gli eventi che si stavano verificando lungo la costa occidentale dell’Africa centrale. Dopo essersi posto alla testa degli interventisti nella crociata contro Muhammar Gheddafi, il Presidente Nicolas Sarkozy ha ordinato alle forze armate francesi della missione Liocorne di intervenire in Costa d’Avorio allo scopo di catturare il Presidente Laurent Gbagbo e favorire l’instaurazione di Alassane Ouattara, uomo del Fondo Monetario Internazionale riconosciuto da Francia, Stati Uniti ed altri paesi occidentali come vincitore del ballottaggio dell’autunno 2010. Se per il segretario di Stato americano Hillary Clinton, la cattura di Gbagbo andava interpretata come «Un segnale per tutti i dittatori, che non possono ignorare la volontà del popolo», la Costa d’Avorio precipitava in un bagno di sangue scatenato dalle cosiddette Forze Nuove, collegate ad Ouattara. Questo libro rappresenta un omaggio alla Costa d’Avorio e all’intero continente africano, tributato da un autore ivoriano che si cimenta nella ricostruzione dettagliata e approfondita degli eventi, fornendo una chiave di lettura completamente diversa da quelle “ufficiali”.

LA GUERRA D (http://www.anteoedizioni.eu/anteoedizioni/store/products/la-guerra-dabidjan/)

Gianky
16-08-12, 18:43
CARLO TERRACCIANO

NEL FIUME DELLA STORIA

Prefazione di Aleksandr Dugin

Biografia di Alessandra Colla

Carlo Terracciano redattore di “Eurasia” di Claudio Mutti

Edizioni all’insegna del Veltro, Parma 2012
Pagine 126, € 12,00

“Penso che Carlo Terracciano sia uno dei maggiori geopolitici europei degli ultimi decenni. Sono convinto che sarà riconosciuto come uno dei moderni autori classici di questa disciplina. (…) Carlo Terracciano ha ereditato la tradizione geopolitica del continentalismo europeo. Nei suoi scritti (raccolti in una serie di articoli intitolata Nel fiume della Storia), egli traccia la genesi ideologica di questa scuola. (…) Il suo lavoro è forse l’esempio più completo e coerente di questa tradizione. Nelle condizioni dell’occupazione atlantista e dell’egemonia talassocratica è un gesto virile di rivolta spirituale e cognitiva” (Aleksandr Dugin).
http://www.eurasia-rivista.org/cms/wp-content/uploads/yapb_cache/487745_10150894000281750_1364348193_n2.jw86r99cdq8 0ckgwww404s0c.1n4kr7rgh18gs08gcg0csw4kg.th.jpeg

Gianky
16-08-12, 18:44
Questo libro di un ricercatore italiano, Andrea Fais, è dedicato alla geopolitica ed alla politica della Repubblica del Kazakistan. L’autore fornisce una dettagliata analisi dei vari aspetti della politica kazaka, ripercorre la nascita del sistema politico della Repubblica, ne esamina gli aspetti economici ed energetici. La quantità e la qualità dei materiali prodotti ed il livello di analisi dei fattori chiave fanno di questo libro un punto di riferimento importante per tutti coloro che sono interessati ai problemi dell’Asia centrale postsovietica ed ai futuri equilibri di potere nella regione.

È chiaro che le idee dell’autore sono quelle della scuola geopolitica continentale definibile come “eurasiatica”. L’oggetto di studio, il Kazakistan, e il metodo, la geopolitica eurasiatica, sono ben combinati tra loro: il Kazakhstan si trova al centro del continente eurasiatico, ed il presidente permanente di questo paese, Nursultan Nazarbaev, proclama apertamente la sua idea eurasiatista nel complicato labirinto della politica postsovietica. Ciò spiega la portata e l’effetto del libro nel suo complesso, che è una verificata e comprovata analisi scientifico-strategica; esso è tuttavia un documento importante della scuola geopolitica continentale, sicuramente destinato a diventare uno strumento autorevole ed indispensabile per il rapido sviluppo della comunità che oggi sostiene il multipolarismo, l’eurasiatismo e il “dialogo tra le civiltà”.

(Dal saggio introduttivo di Aleksandr Dugin)

http://www.eurasia-rivista.org/cms/wp-content/uploads/yapb_cache/fais_prima_di_copertina1.87y5m5fcu5gkgocs8wsocwow8 .1n4kr7rgh18gs08gcg0csw4kg.th.jpeg

Gianky
16-08-12, 18:47
di Roberto Sestito.


http://www.cpeurasia.eu/wp-content/uploads/yapb_cache/zmega.c2bkrs4i9n48g8k040kk40c80.brydu4hw7fso0k00so wcc8ko4.th.png
Riflessioni intorno al libro di Hervé Kempf

Se decido di scavare nei miei libri di storia che vanno dall’impero romano ai nostri giorni mi pare di ricordare che un impero succedeva al precedente, quando il precedente era divenuto “vecchio”e decadente ed il “nuovo” si affermava in base al concetto che aveva qualcosa di nuovo o di più “moderno” da dire e da proporre.
Non ricordo un sistema o un impero che succedesse al precedente col fermo proposito di fare un passo indietro o un ritorno al passato: i conservatori sono stati sempre battuti dai progressisti.
Su questo ragionamento che mi passa per la testa baso la mia convinzione che la catastrofe annunciata nel libro che ho appena finito di leggere (Hervé Kempf – Perché i megaricchi stanno distruggendo il pianeta – Garzanti, 2009) sia inevitabile. È inevitabile perché i popoli e i governi che li guidano non sono minimamente disposti a fare un passo indietro, a rivedere i loro modelli di sviluppo basati sul progresso indefinito e sui consumi illimitati.
Quando leggo che governi e istituti di statistica dei paesi cosiddetti emergenti si rincorrono a suon di percentuali di crescita, di numero di veicoli immatricolati, di aumenti complessivi di consumi, senza dare la minima importanza a fenomeni atmosferici catastrofici come tre mesi continui di pioggia battente in grandi capitali come San Paolo e disastri di questo genere (per non parlare dei terremoti che oltre a spostare città alterano l’asse terrestre), credo proprio che la catastrofe annunciata sia prossima, anzi è già in corso.
Provate però ad interrogare l’uomo della strada di Città del Messico o di Seul o di Mosca e vi risponderà che anche lui ha diritto, come l’uomo di Londra e di New York alla sua autovettura, alla sua coca-cola, alla sua birra e… alla sua dose di cocaina da usare i sabato sera nelle nottate di sballo collettivo. Come vedete siamo alla frutta: una intera umanità sotto il giogo di un modello economico globalizzato che sta portando alla catastrofe.
Qualcuno, per esempio gli ecologisti o i socialisti che in altri tempi predicavano la giustizia sociale e la distribuzione equa della ricchezza, sarà in grado non solo di frenare questo modello ma di cambiarlo? Non fatemi ridere!
Lasciate stare i governi, guidati dai vari Obama, Lula, Putin, Berlusconi coi loro rispettivi bagagli di buone intenzioni e di tante promesse: ma chi butta giù dai loro scranni di potere i veri padroni del mondo, seduti nei grandi centri dove si decide il valore di una moneta o le quotazioni di borsa e gli scambi finanziari e che sono i grandi responsabili dello sfruttamento delle risorse della terra e dell’ingiustizia sociale? Chi sarà in grado – questo si che sarebbe un passo indietro in senso politico e un grande passo in avanti in senso sociale ed ecologico nella coniugazione auspicata dall’autore del libro – di restituire potere e sovranità ai popoli e alle nazioni?
Io non lo vedo né oggi e né farsi largo all’orizzonte, né tra gli ambientalisti e nemmeno tra i socialisti: di conseguenza, la catastrofe annunciata sarà una catastrofe reale. E a dire il vero tutto ciò, magra consolazione, combina con tutte le profezie antiche e moderne.
D’altra parte, dov’è scritto e dov’è stabilito che la razza umana debba vivere in eterno? Potrebbe vivere se avesse almeno il buon senso di organizzarsi in una forma di vita onesta e rispettosa dell’ambiente, ma se tutti i suoi comportamenti ed azioni vanno in direzione totalmente opposta al buon senso, per non dire al resto, per quale ragione deve sopravvivere, me lo sapete dire?
Faccio un solo esempio: da oltre quarant’anni, un piccolo popolo che si considera predestinato da Dio seguace di un libro fra i più pubblicati al mondo, tortura ed opprime al fine di distruggerlo il legittimo proprietario di un piccolo territorio, e questo avviene tra l’indifferenza dei cosiddetti “grandi” della terra e dell’ONU pomposamente ritenuta l’assise più rappresentativa del pianeta.
Di fronte ad una così palese ed eclatante ingiustizia, cosa volete che facciano gli altri? Dovrebbero reagire invece di recitare il rosario, ma poiché recitano il rosario e non reagiscono, il destino della razza umana è ormai segnato. Infatti, l’avete capito o no che la globalizzazione è stata inventata solo per asservire i popoli e non per liberarli da antiche e nuove schiavitù?
Ho fatto un esempio, tra i tanti che si potrebbero fare. Il caso della Grecia: scioperi e cortei non servono più a nulla, sono strumenti del passato, come non serve andare in giro per il mondo con il cappello in mano. Il parlamento ellenico deve emettere un decreto composto da un solo articolo: NON PAGHIAMO I DEBITI, RITORNIAMO ALLA SOVRANITA’ MONETARIA E CHE I VARI SOROS E COMPAGNIA VADANO ALL’INFERNO!
Voglio dire, parafrasando l’autore del libro, che problemi come quello palestinese o greco, non vanno più lasciati unicamente alla sfera politica ma vanno integrati come problemi ambientali, geografici, nel senso che comportamenti come quelli dei sionisti o del capitalismo finanziario non fanno più solo danni politici, ma ambientali e quindi vanno classificati come armi di distruzione di massa, peggiori dell’arma atomica perché provocheranno la distruzione dell’umanità.
“La sinistra, – scrive Kempf a pag. 42 – ossia quelli per cui la questione sociale – la giustizia – resta al primo posto. Vestita con quel che resta del marxismo, ripete incessantemente le parole d’ordine del XIX secolo, in cui s’inabissa nel “realismo” del “liberismo moderato”. Così, l’emergenza sociale – segnata dall’aumento dell’ingiustizia e dalla dissoluzione dei legami di solidarietà sia privati che collettivi – che sembra ricoprire l’emergenza ecologica, serve de facto a eliminare quest’ultima dal campo.”
Alla sinistra, perciò, non resta da fare altro che un passo indietro nel tempo e nella storia, ripescare negli ideali di una sinistra nazionale libera dalle ideologie del materialismo storico e dall’utopia marxista, ma forte della saggezza popolare che nei momenti più cruciali della storia le fornì l’impeto giusto, il coraggio di reagire di fronte ai grandi soprusi e alle grandi violenze dei potentati economici.
L’autore del libro aggiunge: “Ci si imbatte dunque in ecologisti naif – l’ecologia senza il sociale – , una sinistra incollata al 1936 o al 1981 – il sociale senza l’ecologia, e in capitalisti soddisfatti: “Discutete, brava gente, e soprattutto continuate a pensarla diversamente”.
Noi, sembrano dire, siamo più bravi di voi, siamo i migliori e continueremo regolarmente a mettervelo in quel posto… mentre voi continuate a discutere e a sfilare nei cortei.
È ora quindi che la sinistra ritrovi la sua vera unitaria anima nazionale e guerriera ed anche se la guerra non dovesse vincerla e la catastrofe non potesse evitarla, almeno potrebbe dire di avere combattuto con dignità e ove necessario di essere caduta sul campo con l’onore delle armi.
Il libro va letto e meditato con calma: ma è bene far precedere la lettura da una buona camomilla perché le molte e documentate informazioni accompagnate da opportuni commenti critici potrebbero farvi imbestialire e farvi venire pericolosi istinti aggressivi… Buona lettura!

Perché i megaricchi stanno distruggendo il pianeta | Coordinamento Progetto Eurasia - CpEurAsia (http://www.cpeurasia.eu/257/perche-i-megaricchi-stanno-distruggendo-il-pianeta)

Gianky
21-11-12, 21:09
Franco Milanesi

Ribelli e borghesi
Nazionalbolscevismo e rivoluzione conservatrice. 1914-1933

Aracne Editrice, pagg.304, € 17,00

http://www.archiviostorico.info/images/stories/francesco/milanesi_ribelli.jpg

IL LIBRO – La prima guerra mondiale segna la crisi dei fondamenti della modernità europea e apre una fase di sperimentazione sociale, politica e culturale. Nel campo di forze indirizzato al superamento della forma borghese, il nazionalbolscevismo e la rivoluzione conservatrice rappresentano espressioni significative, estranee sia alla democrazia liberale e socialista, sia al fascismo e al comunismo sovietico. Al loro interno emergono figure di militanti e intellettuali come Jünger, Niekisch e von Salomon. A partire dagli anni Trenta la repressione e il conformismo contribuiscono all’esaurimento delle innovazioni emerse da questi movimenti antisistema.

DAL TESTO – “L’istanza antiborghese che accomuna il neo nazionalismo e il classismo trova […] una sua radice più profonda nell'esigenza di una nuova umanità. Il proletariato è classe universale nella misura in cui la lotta che conduce contro il capitale riproduce il contrasto dell'uomo con se stesso e nella lotta di classe è prefigurato un "definitivo" Reich der Freiheit. In modo analogo il soldato della rivoluzione conservatrice è colui che si batte per il proprio paese, che lotta per l'autoaffermazione tedesca, evidenziando al tempo stesso, nel suo essere e nel suo fare, una diversa qualità antropologica. Egli non è più il combattente dei fronti di guerra ma quello della politica e del lavoro in cui trasferisce dedizione e sacrificio del sé. La destra rivoluzionaria germogliata nel clima di guerra coglie con precisione che l'avvenuta omologazione e proletarizzazione dei ceti popolari accadono nel segno di una nuova espressione, cioè di quella che Jünger definisce come Gestalt dell'Arbeiter, soggettività ontologicamente all'altezza della realtà scaturita dalla guerra. L’operaio non appartiene a un «ceto di miserabili oppressi» ma è «unica antitesi non assorbibile dal sistema», alterità compiuta all'individualità mercantile. Per questo il Typus del Soldato-Lavoratore di Jünger ha tratti evidenti di vicinanza con il bolscevico, con la milizia del lavoro impegnata nell'edificazione della patria socialista, a partire dal rapporto letteralmente simbiotico del singolo nell'unità-tutto.”

L’AUTORE – Franco Milanesi (Torino, 1956) è laureato in Filosofia ed è dottore di ricerca in Studi Politici. Ha collaborato a riviste storiche e filosofiche con scritti sulla storia del PCd’I, sul dissenso comunista e sulla politica militante. Ha pubblicato Dietro la lavagna (Giraldi, Bologna 2008) e Militanti. Un’antropologia politica del Novecento (Punto Rosso, Milano 2010).

INDICE DELL’OPERA – Prefazione, di Pier Paolo Portinaro – Introduzione - Parte I. Nazionalismo e classismo - Capitolo I. Guerra, conflitto e militanza politica (1.1. Dalla Zivilisation borghese alla politicizzazione totale - 1.2. Volontari, soldati, reduci. La guerra e la trasformazione dell'universo mentale - 1.3. Militanza politica e sistemi di solidarietà nella guerra civile europea - 1.4. Excursus. Confinamenti e galere) - Capitolo II. Nazionalismo e classismo (2.1. Nazionalismo borghese e rivoluzione nazionale nella Germania del dopoguerra - 2.2. Comunismo e istanze nazionali - 2.3. Nazionalbolscevismo e rivoluzione conservatrice: convergenze e opposizioni - 2.4. Excursus. Comunismo e fascismo tra interazione e causalità) - Parte II. Prismi - Capitolo I. La filosofia politica di Ernst Jünger. Critica antiborghese e mobilitazione totale (1.1. Dalla guerra - 1.2. Il tempo della forma borghese - 1.3. L’Elementare e la guerra - 1.4. Il nuovo profilo antropologico del Lavoratore - 1.5. Il dispositivo mobilitante - 1.6. La mobilitazione totale come paradigma politico della modernità - 1.7. Il pensiero politico della rivoluzione conservatrice - 1.8. Nazionalsocialismo e mobilitazione totale: un mancato confronto - 1.9. L’Anarca e l'impolitico) - Capitolo II. Ernst von Salomon. Violenza politica e militanza nazionalista (2.1. I Freikorps e la guerra dopo la guerra - 2.2. La politica della violenza - 2.3. Borghesi versus guerrieri - 2.4. L’assassinio di Rathenau - 2.5. I nazionalrivoluzionari di fronte al nazismo - 2.6. Il movimento contadino e l'ultimo fronte antiborghese - 2.7. Il proscritto) - Capitolo III. Ernst Niekisch e il nazionalbolscevismo (3.1. Il nazionalbolscevismo tra guerra e rivoluzione - 3.2. Ernst Niekisch: un'esistenza di sconfinamento - 3.3. La Gestalt borghese e lo spirito dell'Occidente - 3.4. Il bolscevismo in Russia: lotta di classe e affermazione nazionale - 3.5. L'Operaio come tipo antropologico - 3.6. La critica al marxismo - 3.7. Politica e Stato in Niekisch - 3.8. La topografia politica - 3.9. Un destino tedesco - 3.10. Socialismo nazionale e nazionalsocialismo - 3.11. Nichilismo e nazismo nell'analisi del dopoguerra, 229 - 3.12. Tra destra e sinistra? Niekisch e il nazionalbolscevismo) – Conclusioni. Dalla critica alla forma borghese alla posthistoire - Uscire dalla "fine della storia": alterità, interiorità, totalità – Bibliografia - Indice dei nomi
Ribelli e borghesi - archiviostorico.info (http://www.archiviostorico.info/libri-e-riviste/5531-ribelli-e-borghesi)

M.V.Frunze
12-03-13, 17:34
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Il libro è composto da 4 capitoli generali, ognuno dei quali si suddivide in quattro o cinque paragrafi dettagliati e articolati per un totale di 220 pagine. Lo scopo principale di questa pubblicazione è quello di fornire da un punto di vista estraneo ai pregiudizi e alla propaganda occidentale, il quadro di tutte le peculiarità e le direttrici politiche, economiche e geopolitiche della Repubblica Popolare Cinese. L’opera parte da una disamina storico-teoretica del pensiero politico che ha animato le principali trasformazioni del socialismo cinese, per proseguire con un’attenta fase di ricerca e osservazione in merito alle questioni e alle istanze interne di maggior risalto in ambito internazionale quali le complesse vicende relative alle regioni del Tibet, dello Xinjiang e di Taiwan, e poi concludere con uno sguardo generale alla strategia globale di Pechino e al fondamentale contributo della Cina all’interno dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai.


AUTORI: Marco Costa, Andrea Fais, Alessandro Lattanzio
ANTEO EDIZIONI 2012
220 pp.
ISBN: 9788890737954


FONTE: LA GRANDE MURAGLIA (http://www.anteoedizioni.eu/anteoedizioni/store/products/la-grande-muraglia/)

Maz
13-03-13, 18:04
G. P. Piretto, "Gli occhi di Stalin. La cultura visuale sovietica nell’era staliniana", Raffaello Cortina Editore, 2010.

http://www.raffaellocortina.it/image/cache/data/copertine/978-88-6030-300-4-800x800.jpg

Gli occhi di Stalin. Intervista con Gian Piero Piretto (http://www.archiviostorico.info/interviste/4566-gli-occhi-di-stalin-intervista-con-gian-piero-piretto)

Gianky
19-07-13, 15:35
Autore: Aleksandr Dugin
Pagine: 224
Data di pubblicazione: 2012
Collana: Metropoli e campagne
Prezzo: 20.00 euri
La missione eurasiatica di Nursultan Nazarbayev | Edizioni all'insegna del Veltro (http://www.insegnadelveltro.it/libreria/?p=1962)




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PREFAZIONE
Nel 1991, raccogliendo in un volume intitolato Continente Russia1 alcuni saggi di Aleksandr Dugin, le Edizioni all’insegna del Veltro segnalavano al lettore italiano il ruolo eminente che l’Autore era destinato a svolgere nel mondo culturale postsovietico. Non si trattò di un abbaglio né di un’esagerazione: nel 2004, quando la neonata rivista di studi geopolitici “Eurasia”, pubblicata dalla stessa casa editrice, invitò Dugin a far parte della propria redazione, il giovane intellettuale tradizionalista era ormai diventato un personaggio di primo piano, tenuto in considerazione negli ambienti culturali, politici, militari e religiosi russi e reso oggetto di indagine da parte di studiosi e di analisti europei ed americani2.
In poco più di una decina d’anni, Dugin si era imposto come il principale esponente del neoeurasiatismo ed aveva rapidamente percorso i primi gradi di una brillante carriera di geopolitico militante. Nel 1998 Dugin era diventato consigliere di Gennadij Seleznev, Presidente della Duma di Stato, per le questioni strategiche e geopolitiche; nel 1999 aveva assunto la direzione del Centro di Perizie Geopolitiche presso la Duma; nel 2000 aveva tenuto un corso universitario di Filosofia politica ed aveva potuto esporre le proprie vedute in uno dei siti informatici del governo; nel 2001 aveva fondato il Movimento Eurasia, che tra i suoi dirigenti annoverava autorità religiose come il Muftì Talgat Tadzhuddin e militari come il generale Klokotov; nel 2002 il Movimento Eurasia era diventato un partito politico presieduto dallo stesso Dugin e nel 2003 aveva partecipato alle elezioni per la Duma in seno al blocco Rodina, per trasformarsi successivamente nel Movimento Internazionale Eurasiatico, un’organizzazione non governativa rappresentata in ventidue paesi.
In quello stesso periodo Dugin aveva arricchito la propria produzione bibliografica con diversi nuovi titoli, dei quali citiamo i più significativi: Le basi della geopolitica. Il futuro geopolitico della Russia3, Evoluzione dei paradigmi di fondazione della scienza4, Le basi dell’eurasiatismo5, Progetto “Eurasia”6, Filosofia della politica7, Filosofia della guerra8.
Nel 2004 Dugin pubblica il libro che viene ora tradotto in italiano col titolo La missione eurasiatica di Nursultan Nazarbayev9. Si tratta di una raccolta di articoli, interviste, conferenze e interventi a tavole rotonde risalenti al periodo compreso tra il 2001 ed il 2004 ed aventi come tema comune e unificante il fondamentale contributo politico dato al progetto eurasiatista dal Presidente del Kazakhstan Nursultan Nazarbayev.
La dichiarazione con la quale Nazarbayev lanciò l’idea dell’Unione Eurasiatica viene rievocata da Dugin nei termini seguenti: “Nel momento in cui il sistema strategico eurasiatico postsovietico era giunto al punto critico più basso (…) il Presidente del Kazakhstan, a capo di una repubblica gigantesca dell’Asia Centrale, d’importanza fondamentale e prioritaria per la Russia verso il sud, propone l’iniziativa della reintegrazione. Era una mossa d’avanguardia, una mossa epocale. Si può dire che da quel momento, dal 3 giugno 1994, si deve contare l’inizio di una nuova epoca“10.
Il rappresentante del neoeurasiatismo ha dunque trovato il suo Principe:“Per la prima volta i disegni e le speranze degli eurasiatisti acquisivano una figura storica di tale levatura. Quindi sarebbe giusto definire il Presidente Nazarbayev l’eurasiatista numero uno, dal momento che egli non solo ha fatto fare un balzo in avanti alla teoria, ma ha anche attuato molte iniziative eurasiatiste nella pratica”11.
Le aspettative suscitate dalla proposta di Nazarbayev non dovevano essere deluse. Dopo aver concluso con l’Uzbekistan e il Kirghizistan un trattato per l’istituzione di uno spazio economico comune, il Presidente del Kazakhstan aveva riconfermato la propria convinzione eurasiatista in un libro intitolato L’Unione eurasiatica: idee, pratica e prospettive, 1994-199712. Quindi, con l’accordo di Astana, aveva tenuto a battesimo la Comunità Economica Eurasiatica, l’EurAsEC, che raggruppava alcuni Stati della CSI: Russia, Bielorussia, Kazakhstan, Kirghizistan e Tagikistan. (L’Uzbekistan, dopo avervi aderito nel 2006, due anni più tardi sospese il percorso di integrazione). La fase più recente del percorso inaugurato nel 1994 da Nazarbayev è rappresentata dalla nascita dello Spazio Economico Comune, avvenuta il 1 gennaio 2012 nell’ambito della Comunità Economica Eurasiatica e preannunciata sulle “Izvestija” da un articolo programmatico di Vladimir Putin, che in questo modo, ha osservato Dugin, “inizia dal progetto eurasiatista il suo ritorno all’ufficio della presidenza”13.
Come ha scritto un turcologo italiano, “questo libro di Dugin, per i toni in esso contenuti, ci sembra particolarmente appropriato come modello ispirativo atto ad analizzare e parafrasare la figura del Presidente del Kazakhstan”14. Pubblicarlo in un paese come l’Italia – che è un importante interlocutore strategico del Kazakhstan, il suo primo interlocutore commerciale europeo e uno dei maggiori investitori nella sua economia – significa contribuire ad ampliare la comprensione di un’area che rappresenta, per riprendere una definizione della geopolitica classica, “la regione perno della politica mondiale”15.

Claudio Mutti



1. A. Dugin, Continente Russia, Edizioni all’insegna del Veltro, Parma 1991.
2. Nel mondo anglosassone, in particolare, l’attività di Aleksandr Dugin è stata sottoposta ad un’attenta osservazione. Ci limitiamo a citare Stephen D. Shenfield, Russian Fascism. Traditions, Tendencies, Movements, M. E. Sharpe, Armonk-New York-London 2000, pp. 191-199 e Mark Sedgwick, Against the Modern World, Oxford University Press, New York 2004, pp. 221-237.
3. A. Dugin, Osnovy geopolitiki. Geopolitičeskoe buduščee Rossii, Arktogeja, Moskva 2000.
4. A. Dugin, Evoljucija paradigmal’nych osnovanij nauki, Arktogeja, Moskva 2002.
5. A. Dugin, Osnovy evrazijstva, Arktogeja, Moskva 2002.
6. A. Dugin, Proekt “Evrazija”, Jauza, Moskva 2004.
7. A. Dugin, Filosofija politiki, Arktogeja, Moskva 2004.
8. A. Dugin, Filosofija vojny, Jauza, Moskva 2004.
9. A. Dugin, Evrazijskaja missija Nursultana Nazarbayeva, Evrazija, Moskva 2004.
10. A. Dugin, Il tempo eurasiatico di Nursultan Nazarbayev, “Evrazijskoe Obozrenie”, n. 2, 10 agosto 2001.
11. A. Dugin, Azimbaj Gali contro Aleksandr Dugin (Il nazionalismo kazako contro l’eurasiatismo: frammenti di una conferenza stampa ad Almaty).
12. N. Nazarbayev, Evrazijskij sojuz: idei, praktika, perspektivy, 1994-1997, Fond sodejstvija razvitiju social’nyh i političeskyh nauk, Moskva 1997.
13. A. Dugin, Nasce l’Unione Eurasiatica, “Eurasia. Rivista di studi geopolitici”, a. IX, n. 1, gennaio-marzo 2012, p. 27.
14. E. Visintainer, L’Aquila nel Sole, Vox Populi, Pergine Valsugana 2011, p. 127.
15. Sul ruolo del Kazakhstan come parte essenziale dell’”area-perno”: C. Mutti, Il perno geografico della storia, “Eurasia. Rivista di studi geopolitici”, a. IX, n. 3, luglio-settembre 2012, pp. 5-9.

von Dekken
23-12-13, 10:27
"Russia oggi - Dalla caduta dell'Unione Sovietica ai nostri giorni"

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A più di vent'anni dal collasso dell'URSS, la Federazione russa ha smentito le previsioni formulate all'epoca. Non è divenuta una democrazia di tipo occidentale, né una variante della "via cinese" alla modernità, ma una democrazia sperimentale, sotto la tutela di un presidente forte e di uno Stato spesso inefficiente e corrotto. L'economia è cresciuta, anche se sull'incerta base dell'esportazione di energia e materie prime. La posizione internazionale ha conosciuto mutamenti sorprendenti, soprattutto sotto Putin: dall'atlantismo a un realistico pragmatismo, al nazionalismo e infine a una politica estera bilanciata e prudente. Si è formata una nuova società civile, che spinge verso l'adozione degli standard politici europei, ma che stenta a organizzarsi. Uno stereotipo consolidato asserisce che "la Russia non può essere capita con la ragione". Questo libro, invece, ci prova.