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Visualizza Versione Completa : Cos'è l'identità europea



Malaparte
01-05-09, 22:34
Penso sia chiaro che se una società vuole essere "organica" deve avere un'identità riconosciuta come tale da tutti. Un'identità che chiunque sia disposto ad accettare, che non possa essere rifiutata da qualunque bifolco in nome delle proprie idee personali o dell'assenza di voglia di farsi carico di tutto questo.
Quindi due domande:
Cos'è l'identità europea (o l'Europa più in generale)?
Siamo disposti a farcene carico?

Avanguardia
02-05-09, 00:34
Ormai sono avvenute così tante trasformazioni che non so cosa rispondere.
Comunque, nemmeno mi preoccupo di ciò, quello che mi importa è solo combattere il sistema e disobbedire alle sue schiavitù.
L' Europa ha importanza solo come unità geografica di riferimento, scelta per comodità tecnica, per non complicarci la vita.

DharmaRaja
02-05-09, 00:36
Immagino che anche su questo ognuno abbia le sue tendenze e preferenze (io ho espresso in parte le mie nell'altro thread di giorni fa), dato anche che non si può basare l'identità europea intesa come progettualità futura su qualcosa che si assuma passivamente dal passato. In altre parole, sul suolo d'Europa ci sono passate le varie tradizioni precristiane, c'è passato il cattolicesimo, c'è passato il protestantesimo, l'illuminismo, le rivoluzioni, i risorgimenti, i fascismi, il dopoguerra decadente e chi più ne ha più ne metta. Inutile dire che assumere tutto quanto in blocco difficilmente si può farlo (anzi non si può e basta, a meno di distorcere i vari fenomeni per coerentizzarli agiograficamente l'un l'altro), perché date 'radici' identitarie rivendicate da qualcuno sono incompatibili con altre 'radici' rivendicate da qualcun altro. Quindi, quale che sia la scelta di cosa sia (ma soprattutto di cosa debba essere in un eventuale progetto di ricostruzione) l'identità dell'Europa, e cosa invece, di conseguenza, non lo sia, si tratta appunto di qualcosa da scegliere attivamente con un giudizio di valore a priori, senza farsi forti o appoggiarsi primariamente alla Storia come valore in sé e come argomento decisivo.

Orco Bisorco
02-05-09, 04:20
Ormai sono avvenute così tante trasformazioni che non so cosa rispondere.
Comunque, nemmeno mi preoccupo di ciò, quello che mi importa è solo combattere il sistema e disobbedire alle sue schiavitù.
L' Europa ha importanza solo come unità geografica di riferimento, scelta per comodità tecnica, per non complicarci la vita.

Ma che schifo.

Logomaco
02-05-09, 16:24
Si dovrebbe sostituire la vecchia identità "europea", ormai rottame in gran parte irrecuperabile, con una nuova identità eurasiatica sul modello russo-ortodosso.

Insomma, una Grande Russia da Lisbona a Vladivostok.

Colonna
02-05-09, 17:10
Penso sia chiaro che se una società vuole essere "organica" deve avere un'identità riconosciuta come tale da tutti. Un'identità che chiunque sia disposto ad accettare, che non possa essere rifiutata da qualunque bifolco in nome delle proprie idee personali o dell'assenza di voglia di farsi carico di tutto questo.
Quindi due domande:
Cos'è l'identità europea (o l'Europa più in generale)?
Siamo disposti a farcene carico?

L'identità europea è ROMA, non intesa come la sola capitale d'Italia, ma come centro spirituale e metastorico, che si perpetua nei secoli e caratterizza ogni costruzione politica ordinata (Sacro Romano Impero, Impero Bizantino, Impero Russo, Terzo Reich, Terza Roma).

Prinz Eugen
02-05-09, 19:38
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José Frasquelo
02-05-09, 21:23
cut

o/

Malaparte
02-05-09, 22:03
L'identità europea è ROMA, non intesa come la sola capitale d'Italia, ma come centro spirituale e metastorico, che si perpetua nei secoli e caratterizza ogni costruzione politica ordinata (Sacro Romano Impero, Impero Bizantino, Impero Russo, Terzo Reich, Terza Roma).

Risposta interessante, ma il discorso dovrebbe essere parecchio approfondito.
In particolare io mi riferivo ad un'identità che unisse necessariamente tutti gli europei, sia a livello simbolico che culturale etc.
Il Cristianesimo in un'altra epoca è stato quest'idea-forza, assunta più o meno consapevolmente da tutti i popoli d'Europa.

José Frasquelo
02-05-09, 22:15
Risposta interessante, ma il discorso dovrebbe essere parecchio approfondito.
In particolare io mi riferivo ad un'identità che unisse necessariamente tutti gli europei, sia a livello simbolico che culturale etc.
Il Cristianesimo in un'altra epoca è stato quest'idea-forza, assunta più o meno consapevolmente da tutti i popoli d'Europa.

Senz'altro l'idea che propone Ioseb unirebbe più del Cristianesimo :D

Anton Hanga
02-05-09, 22:24
Immagino che anche su questo ognuno abbia le sue tendenze e preferenze (io ho espresso in parte le mie nell'altro thread di giorni fa), dato anche che non si può basare l'identità europea intesa come progettualità futura su qualcosa che si assuma passivamente dal passato. In altre parole, sul suolo d'Europa ci sono passate le varie tradizioni precristiane, c'è passato il cattolicesimo, c'è passato il protestantesimo, l'illuminismo, le rivoluzioni, i risorgimenti, i fascismi, il dopoguerra decadente e chi più ne ha più ne metta. Inutile dire che assumere tutto quanto in blocco difficilmente si può farlo (anzi non si può e basta, a meno di distorcere i vari fenomeni per coerentizzarli agiograficamente l'un l'altro), perché date 'radici' identitarie rivendicate da qualcuno sono incompatibili con altre 'radici' rivendicate da qualcun altro. Quindi, quale che sia la scelta di cosa sia (ma soprattutto di cosa debba essere in un eventuale progetto di ricostruzione) l'identità dell'Europa, e cosa invece, di conseguenza, non lo sia, si tratta appunto di qualcosa da scegliere attivamente con un giudizio di valore a priori, senza farsi forti o appoggiarsi primariamente alla Storia come valore in sé e come argomento decisivo.

Sono d'accordo e aggiungo che partire da un'idea d'Europa cristallizzata e mitizzata non porta ad altro che crearsi una nicchia ideologica e si finisce per perdere il tempo a polemizzare con quelli che hanno un'idea d'Europa diversa se non opposta. Si veda il famoso dibattito sulle "radici"...
A questo punto meglio partire definendo quella che deve essere l'Europa nel nostro progetto, ovvero qual e' la nostra Europa ideale, che costruiremo nel futuro. La mia idea si rifa' al concetto imperiale, tale concetto riassume quelle che sono le radici dell'Europa e la sua "missione" per il futuro. L'idea Europa e' sinonimo di Impero.

José Frasquelo
02-05-09, 22:26
A questo punto meglio partire definendo quella che deve essere l'Europa nel nostro progetto, ovvero quale e' la nostra idea d'Europa ideale, che costruiremo nel futuro. La mia idea si rifa' al concetto imperiale, tale concetto riassume quelle che sono le radici dell'Europa e la sua "missione" per il futuro.

E siamo punto e da capo. Tu sei per l'Europa imperiale, altri per gesù Cristo :-)

Anton Hanga
02-05-09, 22:27
E siamo punto e da capo. Tu sei per l'Europa imperiale, altri per gesù Cristo :-)

No perche' l'Europa imperiale comprende TUTTO (anche Cristo).

José Frasquelo
02-05-09, 22:33
No perche' l'Europa imperiale comprende TUTTO (anche Cristo).

Eh non lo devi spiegare a me, ma a quelli che confondono la Tradizione con la Religione...

DharmaRaja
02-05-09, 22:35
E siamo punto e da capo. Tu sei per l'Europa imperiale, altri per gesù Cristo :-)
Non che le due cose siano incompatibili, volendo ci sono stati anche imperi cristiani, difatti penso i cristiani vogliano questo. In ogni caso quel che io sottolineavo è che si preferisca il cristianesimo, o un dato 'paganesimo' europeo, o una sintesi dei vari 'paganesimi' europei (sempre un termine improprio nato a scopo diffamatorio, ma si fa per capirsi), o un qualcosa che si basi sulle simbologie e le forme indoeuropee più antiche bypassando le ramificazioni particolari delle singole comunità una volta stanziate nelle rispettive zone, seppur ognuna di queste opzioni (così come altre ancora) contenga una qualche componente elementare più o meno ampia di simbologie tratte dal passato, per "tifare" l'una o l'altra si dovrebbe basarsi non su una rivendicazione di primato ed importanza storica, che porterebbe tutti come sempre a scannarsi sulla preminenza storica di una tradizione o dell'altra, bensì a sostenere la propria preferenza con giudizi di merito riguardanti la dottrina, ovvero il perché una cosa dovrebbe essere preferibile ad un'altra.
Anche perché oggi, ad Europa completamente sradicata da un punto di vista tradizionale, siamo ad una tabula pressoché rasa in cui nessuno può veramente vantare chissà quale vantaggio o giustificazione pragmatica per una scelta tradizionale ricostruttiva piuttosto che per un'altra.

Anton Hanga
02-05-09, 22:36
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Colonna
03-05-09, 09:41
Risposta interessante, ma il discorso dovrebbe essere parecchio approfondito.
In particolare io mi riferivo ad un'identità che unisse necessariamente tutti gli europei, sia a livello simbolico che culturale etc.
Il Cristianesimo in un'altra epoca è stato quest'idea-forza, assunta più o meno consapevolmente da tutti i popoli d'Europa.

Appunto il Cristianesimo in un'altra epoca si è sovrapposto alla Romanitas, ha riorganizzato la comunità secondo criteri Tradizionali (società tripartita - feudalesimo) ed ha generato la cosiddetta Translatio imperii (Sacro Romano Impero e Impero Bizantino). Nuove forme, nuove costruzioni politiche, ma il centro metastorico e spirituale rimane il medesimo. I Valori e i caratteri di Razza, che distinguono gli Europei rispetto ad altre popolazioni, si esplicano nei Codici, nelle Leggi e nelle culture delle suddette costruzioni. I Regimi politici del XX secolo ( Fascismo, Nazionalsocialismo e Bolscevismo nella seconda fase) hanno operato in tal senso, ma in un contesto decadente, eroso dalla modernità.(E da essa ne sono stati influenzati, da qui i maggiori limiti). Oggi non si tratta di ricostruire, restaurare, riproporre tali forme, ancor meno l'idea di un Impero cristiano (Cristo è sulla bocca di tutti, ma il cristianesimo ha esaurito il suo ciclo, si è quasi disciolto). Poichè viviamo in piena sovversione e nessuno può vantare " chissà quale vantaggio o giustificazione pragmatica per una scelta tradizionale ricostruttiva piuttosto che per un'altra ", si tratta di indagare, generare forme e strutture in grado riannodare il Presente all'Eterno. Questo è il tentativo dell'Eurasiatismo.

Colonna
03-05-09, 10:01
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Tradizione Europea

Ierocle
03-05-09, 12:30
In cerca dell'Europa. Come uscire dalla tenebra occidentale?

di Claudio Mutti

Nel canto XXVI dell'Inferno dantesco Ulisse rievoca il discorso con cui esortò i suoi compagni a varcare le Colonne d'Ercole: "O frati, dissi, che per cento milia - perigli siete giunti all'occidente (...)". Sforzandoci di intravedere qualcosa di quel senso allegorico che, per espressa dichiarazione di Dante, si trova celato dietro il senso letterale, potremmo forse azzardare questa congettura: l'Occidente evocato da Ulisse nella sua "orazion picciola" non si esaurisce nell'accezione spaziale e geografica del termine. Siccome la parola "Occidente" designa il luogo del "Sole che muore" (Sol occidens), il luogo in cui termina il cosmo degli uomini e inizia il "mondo sanza gente", il regno della tenebra e della morte, è probabile che l'Occidente dantesco, data la polivalenza semantica del simbolismo, indichi anche una fase temporale, cosicché un senso ulteriore del discorso di Ulisse sarebbe questo: i suoi compagni, in quanto "vecchi e tardi", sono giunti "a l'occidente" della vita, cioè in prossimità della morte. E siccome essi rappresentano l'umanità europea, come non intendere, simultaneamente, che l'Europa doveva arrivare - e vi sarebbe effettivamente arrivata proprio all'epoca di Dante, agli inizi del recento - in prossimità di quella fase storico-culturale che, secondo René Guénon, "ha rappresentato in realtà la morte di molte cose"? Ma l'Occidente, il luogo della tenebra, è anche un simbolo di quello che Martin Heidegger ha chiamato "l'oscuramento del mondo". "Mondo" - spiega lo stesso Heidegger - "si deve sempre intendere in senso spirituale", sicché "l'oscuramento del mondo implica un depotenziamento dello spirito". E la situazione dell'Europa, prosegue Heidegger, "risulta tanto più fatale e senza rimedio in quanto il depotenziamento dello spirito proviene da lei stessa". Questo depotenziamento dello spirito, questo oscuramento del mondo, secondo Guénon ha avuto il suo momento definitivo con la fine della grande civiltà medioevale (l'ultima civiltà relativamente normale conosciuta dall'Europa) e con l'inizio della cultura immanentistica e laica del Rinascimento. Secondo Heidegger, l'oscuramento del mondo, "anche se è stato preparato in passato, si è definitivamente verificato a partire dalla condizione spirituale della prima metà del secolo XIX", cioè col trionfo del razionalismo contemporaneo, del materialismo, dell'individualismo liberale. In ogni caso, possiamo dire che questo oscuramento del mondo è proceduto di pari passo con quella che Serge Latouche ha recentemente chiamata "l'occidentalizzazione del mondo". L'inferno, nel fondo del quale è finito quell'Ulisse dantesco che lasciò l'Europa per inoltrarsi nella tenebra occidentale, è un Occidente perenne (legge del contrappasso!), perché la luce non vi splende mai. Dante esce da questa eterna tenebra occidentale e infernale grazie alla guida di Virgilio, il poeta dell'Impero; il poeta di un Impero che, come è detto esplicitamente in Paradiso, VI, 4-6, è per la sua stessa origine legato all'Europa: "cento e cent'anni e più l'uccel di Dio - ne lo stremo d'Europa si ritenne, - vicino a' monti de' quai prima uscìo". È infatti il caso di ricordare che, secondo Dante, l'Aquila imperiale ("l'uccel di Dio") ebbe i suoi natali "ne lo stremo d'Europa", cioè nell'odierna Anatolia, là dove sorgeva Troia. D'altronde anche Europa, la fanciulla "dall'ampio volto" che fu amata da Zeus e che diede il suo nome al nostro continente, era originaria della riva orientale del Mediterraneo. Ciò potrebbe indurci a riflettere sul fatto che per i Greci e per i Romani, e poi ancora per gli uomini del Medioevo, l'immagine geografica dell'Europa si estendeva verso oriente molto più che non nell'età moderna e in quella contemporanea; ma questo sarebbe un altro discorso. Noi vorremmo invece porre questa domanda: chi indicherà all'Europa, sulla soglia del terzo millennio, la strada per uscire dall'Occidente e tornare "a riveder le stelle"? La prima cosa da fare, a tal fine, è operare un chiarimento concettuale. Dobbiamo cioè ristabilire i veri termini del rapporto che intercorre tra l'Europa e l'Occidente, rapporto di naturale contrapposizione e di antagonismo; dobbiamo confutare una sinonimia che, imposta dai vincitori atlantici della Seconda Guerra Mondiale, è stata accettata dagli Europei nella maniera più acritica e supina. Il concetto di Occidente è relativamente nuovo ed è quasi sinonimo di modernità; come visione del mondo, quindi, l'Occidente è essenzialmente altro rispetto a quello spirito che presiedette alle manifestazioni tradizionali della civiltà europea. Diremo più avanti come siano poco fondate le rivendicazioni della civiltà occidentale, allorché essa cerca di individuare le proprie radici in alcune delle fasi storico-culturali attraverso le quali si è venuta configurando l'Europa.

Il vero e il falso Ulisse

Tornando a Ulisse, ricordiamo di aver letto sulla pagina culturale di una gazzetta liberale che l'Odisseo omerico, "fu il piazzista (sic) della modernità". Una volgarità del genere, che rivela l'esigenza della modernità di inventarsi una galleria degli antenati, è possibile proprio perché l'essenza dell'Odisseo omerico, prototipo dell'homo Europaeus, è stata fraintesa dalla modernità stessa. Nella percezione moderna, infatti, Odisseo non è quello che era per i Greci, vale a dire l'anèr polytropos che, animato dalla nostalgia delle Origini e assistito da Atena, cioè dall'Intelletto divino, lotta contro le forze infere e, dopo la lunga prigionia occidentale ad Eea, fa ritorno a una patria "centrale", a una "terra di mezzo", che essenzialmente simboleggia la perfezione primordiale dello stato umano. La modernità ha sfigurato l'Odisseo omerico facendone un eroe culturale a propria immagine e somiglianza: così, messo davanti a uno specchio deformante, l'homo Europaeus ci rimanda l'immagine menzognera dell'homo Occidentalis. Esiste poi una variante "filosofica", chiamiamola pure così, della stessa volgarità: l'Odisseo che descrive a Penelope il letto matrimoniale ricavato dall'albero d'ulivo (il letto di Odisseo è in realtà il simbolo omerico dell'Axis Mundi) secondo Horkheimer e Adorno sarebbe, udite udite, il "prototipo del borghese (che) ha, nella sua smartness un hobby", quello del "fai da te". Gli autori della Dialettica dell'illuminismo, completamente ignari del significato autentico della figura dell'eroe omerico, hanno creduto di poter individuare, dietro la maschera di Odisseo, il volto del borghese occidentale che dà inizio allo sviluppo razionalistico liberandosi dalla superstizione ed esercitando il proprio dominio sulla natura e sugli uomini. "Che Odisseo sia indifeso davanti alla risacca -scrive Adorno in una sua grottesca Interpretazione dell'Odissea (Manifesto Libri, Roma 2000, p. 70) - deve legittimare l'appropriazione del plusvalore da parte del viaggiatore". L'Odisseo dei rabbini francofortesi diventa così la metafora di quel potere razionale di dominio che si organizza come sapere sistematico e ha come soggetto il borghese occidentale, "nelle successive forme - essi scrivono - dello schiavista, del libero imprenditore, dell'amministratore". Tale metafora si fonda però su una tipica riduzione del superiore all'inferiore, poiché Adorno e Horkheimer identificano indebitamente l'intelletto (principio d'ordine universale) con la ragione (facoltà specificamente umana, limitata, relativa e individuale). Ora Odisseo, prototipo dell'homo Europaeus, è propriamente un simbolo dell'intelletto, cioè del principio spirituale che trascende l'individualità e con essa l'insieme degli elementi psichici e corporei, rappresentati nel poema omerico dai compagni dell'eroe. La vicenda della Scuola di Francoforte, nata per iniziativa di un gruppo di ebrei liberali, conclude il suo ciclo sfociando alla fine in una esplicita adesione al giudaismo. Poco prima di morire, Horkheimer raccomandò il "ritorno a Jahvè" e l'"eterna attesa" di un messia che, a detta dello stesso Horkheimer, non verrà mai. Questa posizione sarà ripresa e sviluppata dai cosiddetti nouveaux philosophes André Glucksmann e da Bernard Henri-Lévy. Ora, per quanto riguarda l'irriducibilità dell'Odisseo omerico, prototipo dell'homo Europaeus, alla visione giudaica e alla visione moderna, ci sovvengono le parole di un autorevole esponente del pensiero giudaico-cristiano, Sergio Quinzio, il quale nelle Radici ebraiche del moderno afferma che non solo la concezione greca del tempo, ma anche la concezione greca dello spazio è circolare, dato che lo spazio odissiaco va da Itaca a Itaca. Il tempo e lo spazio dei Greci - scrive Quinzio - "sono il tempo e lo spazio dell'eterno ritorno, in cui nulla di realmente nuovo può accadere. Viceversa, come il tempo ebraico è lineare, così anche lo spazio ebraico è lineare, va dalla terra di schiavitù verso la terra della promessa". D'altronde già Emmanuel Lévinas aveva contrapposto nei termini di una irriducibile antitesi il ritorno odissiaco e l'esodo biblico, nonché le figure di Odisseo e di Abramo: l'Abramo della rappresentazione biblica, naturalmente, perché ben diversa è la figura del Profeta Ibrahim quale essa viene delineata nel Corano; il quale Corano respinge recisamente (ad es. in III, 60) la caratterizzazione ebraica e cristiana del Patriarca caldeo venuto da Ur e fa di quest'ultimo un rappresentante della Tradizione Primordiale. "Al mito di Ulisse che ritorna ad Itaca - scrive Lévinas ne La traccia dell'altro - vorremmo contrapporre la storia di Abramo che lascia per sempre la sua patria per una terra ancora sconosciuta e che proibisce al suo servo di ricondurre perfino suo figlio a quel punto di partenza". Evocando questo Abramo biblico e antiodissiaco, prototipo dei "padri pellegrini" che abbandonano l'Europa per stabilirsi sul continente occidentale, Lévinas ha dato forma al contromito del déraciné: una sorta di "contromito di fondazione" della Zivilisation occidentale, nella quale ha un peso rilevante quello che René Guénon chiama l' "aspetto 'malefico' e deviato del nomadismo". In ogni caso, Lévinas ha avuto il merito di contrapporre esplicitamente al prototipo mitico dell'homo Europaeus il prototipo contromitico e antitradizionale dell'homo Occidentalis.

L'eredità spirituale europea

A buon diritto, dunque, è stato detto che l'Odissea, assieme all'Iliade, costituisce quella che è stata chiamata la Bibbia dei Greci, così come l'Eneide sarà la Bibbia dei Romani. Se vogliamo usare un linguaggio coerente con questa metafora, dobbiamo dire che Omero è stato il primo profeta dell'Europa e che i suoi poemi hanno costituito la più antica rivelazione religiosa che abbia preso forma in mezzo agli Europei. In una pagina piena di pathos nietzschiano, il grande filologo classico e storico delle religioni Walter F. Otto caratterizza la visione omerica contrapponendola implicitamente a quella giudaico-cristiana, nei termini seguenti: "Omero divenne la Bibbia degli Elleni (...) Anche la sua rivelazione suonò grande, ma quanto più virile, più fedele alla vita, più rispettosa della realtà, che non il messaggio di spiriti sconvolti, in urto con se stessi e con la vita. La religione in cui il popolo doveva venire allevato era stata innanzi tutto rivelata al cuore dei più nobili e dei più gagliardi. (...) La religione di Omero era religione rivelata secondo l'opinione vera e umana che ogni grande pensiero sia figlio della divinità" (W. Otto, Spirito classico e mondo cristiano, La Nuova Italia, Firenze 1973, p. 25). In uno scritto del 1931 che, indagando le scaturigini dello spirito europeo, individua nell'eredità omerica la prefigurazione della nostra stessa identità di Europei, Walter Otto dice ancora di Omero: "Egli non è dunque solamente il maestro che ha creato in Europa la prima grande poesia, scrivendo così la legge vivente dell'arte poetica europea. Non è nemmeno solamente colui che è chiamato, capace di portare a espressione l'essere greco in modo così grande e profondo che la sua opera divenne il genio formativo dell'intera nazione. Egli è anche per noi, ancora, nonostante il mutare dei tempi, colui che mirabilmente annuncia la vita e il mondo. (...) Attraverso di lui, infatti, lo spirito greco e, con ciò, europeo ha trovato la sua prima espressione, rimasta valida fino ad oggi. E se comprendiamo nel modo giusto la sua parola, forse anche il significato della ricerca e della filosofia greca schiuderà per noi il suo significato più profondo" (W. Otto, Lo spirito europeo e la saggezza dell'Oriente, SEB, Milano 1997, p. 11). Accanto ad Omero, l'altro grande maestro dell'antichità europea è Platone. Non a caso un altro filosofo ebreo e liberale, Karl Popper, ha assegnato a Platone il ruolo di capostipite spirituale della corrente dei "nemici della società aperta", una corrente che partirebbe dal pensiero platonico per arrivare fino ai totalitarismi del Novecento. A parte Popper, la Repubblica di Platone è fondamentale, ai fini di un riconoscimento dell'originaria Weltanschauung europea, perché in tale opera noi troviamo chiaramente ed organicamente esposta quella dottrina della trifunzionalità che, secondo Georges Dumézil, costituì la caratteristica di tutte quante le società indoeuropee, sia in Europa, sia in Asia. Come è noto, gli studi effettuati da Dumézil nell'ambito della storia delle religioni e della linguistica hanno mostrato che i popoli indoeuropei, al di là della parentela che unisce le loro lingue, possiedono una struttura mentale specifica e una concezione particolare del fatto religioso, della società, della sovranità, delle relazioni tra l'uomo e la Divinità. Insomma, Dumézil ha messo in luce una comune Weltanschauung indoeuropea, una visione del mondo avente implicazioni teologiche e politico-sociali, secondo la quale la comunità può vivere e prosperare solo grazie alla collaborazione e alla solidarietà delle tre funzioni di sovranità, forza e fecondità. La prima funzione (la sovranità) corrisponde al sacro, al potere e al diritto; la seconda (la forza) corrisponde all'attività guerriera; la terza (la fecondità) corrisponde alla produzione e alla distribuzione dei beni materiali. Ora, se nella struttura religiosa e sociale messa in luce da Dumézil si manifesta un'esigenza fondamentale della più profonda mentalità indoeuropea; se la cosiddetta "ideologia trifunzionale" è una caratteristica inerente alla mentalità dell'Europeo; se essa è una di quelle strutture latenti che sono indissociabili dallo spirito e dalla cultura di un popolo e si conservano in qualche modo attraverso le generazioni, tant'è vero che ancora nel Medioevo le componenti della società venivano indicate nelle tre categorie degli oratores, bellatores e laboratores e tale tripartizione sopravvisse in qualche modo fino alla Rivoluzione Francese - allora è lecito porci questo interrogativo: in quale misura la concezione trifunzionale può rappresentare una via per ripensare il mondo e la vita in termini adeguati alla nostra qualità di Europei? Su tale interrogativo non sarà superfluo riflettere seriamente. Per il momento, sarà sufficiente notare che l'organizzazione liberalcapitalista della società è tipica non della civiltà europea, ma della civiltà occidentale. Il motto di tale organizzazione potrebbe essere la frase proverbiale che circola negli Stati Uniti: Whatever is good for General Motors is also good for the USA. Infatti il liberalcapitalismo, nato dalla Rivoluzione Francese con la ribellione della terza funzione, il Terzo Stato, contro le altre due, da una parte rappresenta il potere effettivo dell'elemento economico su quello politico e su quello militare, mentre dall'altra comporta una penetrazione della mentalità mercantile in tutti gli strati della società. Una società normale, invece, è quella in cui a governare è la funzione sovrana; una società normale è quella in cui il politico prevale sull'economico. Lo stesso concetto di Europa va rivisto alla luce dell'ideologia trifunzionale. Al di là delle semplici relazioni commerciali (terza funzione), al di là degli stessi problemi della difesa comune (seconda funzione), l'Europa deve affrontare la questione principale, che è quella della sua sovranità (prima funzione). Questo progetto può trarre alimento da una sola fonte: dalla nostra tradizione più autentica. Nel 1935 Martin Heidegger diceva dei Tedeschi quello che oggi si potrebbe dire degli Europei in generale: "Questo popolo potrà foggiarsi un destino solo se sarà prima capace di provocare in se stesso una risonanza (...) e se saprà comprendere la sua tradizione in maniera creatrice. (...) E se la grande decisione concernente l'Europa non deve verificarsi nel senso dell'annientamento, potrà solo verificarsi per via del dispiegarsi, a partire da questo centro, di nuove forze storiche spirituali". In altri termini: se l'Europa ha ancora un futuro e se noi vogliamo trovare una soluzione europea per il suo futuro, dobbiamo rivolgerci verso le nostre origini, interrogare i maestri più antichi nella nostra cultura e - crediamo di poter aggiungere - prendere le mosse da quelle idee che costituiscono l'eredità spirituale specificamente europea.

L'Eurasia e l'Impero

Se è vero che i miti implicano una serie di significati sopraordinati a quello letterale, non dovrebbe essere illegittimo ricercare, in quel diffuso tipo mitico che ci racconta lo smembramento di un dio (Prajâpati, Osiride, Zagreus ecc.) e la successiva origine del cosmo dalle sue membra sparse, un significato concernente l'origine della geografia terrestre. Che cos'è infatti il complesso delle terre emerse, se non un corpo, distinto in quelle quattro o cinque parti che siamo soliti chiamare continenti? Cerchiamo innanzitutto di fissare il numero di questi ultimi, perché è possibile contarne quattro (Eurasia, Africa, Oceania, America) oppure cinque (Eurasia, Africa, Oceania, America settentrionale, America meridionale). A seconda del loro numero, potremo applicare alla geografia del nostro pianeta un'analogia oppure un'altra. Ad uno schema quaternario, infatti, si adatterà il simbolismo dei quattro elementi costitutivi del cosmo (aria, acqua, fuoco, terra), mentre l'asse terrestre corrisponderà all'elemento invisibile e centrale, la quinta essentia, l'etere. Ad uno schema quinario, invece, sarà possibile applicare il simbolismo del corpo umano. In tal caso, se pensiamo ai cinque continenti come alle parti di un corpo analogo a quello dell'essere umano, potremo dire che l'Eurasia costituisce la parte centrale ed essenziale, quella che comprende il capo ed il busto e quindi alberga entro di sé il cuore, il cervello e tutti gli altri organi vitali, mentre gli altri quattro continenti (l'Africa, l'Oceania e le due Americhe) rappresentano le quattro estremità del corpo. Tutte le regioni più importanti dal punto di vista dell'economia spirituale, infatti, si trovano concentrate nell'Eurasia. Si sono irradiate da centri euroasiatici quelle influenze tradizionali che hanno raggiunto poi il resto del pianeta: dallo sciamanesimo siberiano più arcaico, che attraverso migrazioni protostoriche si è diffuso nelle due Americhe, fino a quella rivelazione coranica che ha sigillato il ciclo tradizionale della presente umanità e si è diffusa anch'essa ben oltre i limiti dell'Eurasia. E questo per citare solo due, la più antica e la più giovane, tra le forme tradizionali che si sono originariamente manifestate sul suolo euroasiatico. Ma vorremmo concludere richiamandoci ad un mito dal quale emerge tutta l'inanità del concetto di Occidente inteso come realtà a sé stante, e dal quale risulta ulteriormente evidenziata la conformità dell'idea di Impero allo spazio eurasiatico. Si tratta del mito di Alessandro e in particolare della caratterizzazione che ne è stata fatta dalla tradizione islamica, la quale nella coranica Sura della Caverna assegna al "Bicorne" una funzione non solo imperiale, ma anche escatologica. Secondo il simbolismo posto in risalto da questo specifico contesto tradizionale, la marcia compiuta da Alessandro Magno lungo la direttrice ovest-est dell'Eurasia traduce sul piano geografico quella modalità "espansiva" che la dottrina islamica della croce chiama "ampiezza". Ora, "ampiezza" ed "esaltazione" sono due termini che corrispondono alle due fasi del Viaggio Notturno del Profeta Muhammad, paradigma del percorso iniziatico che giunge alla realizzazione suprema. E' stato detto infatti da un seguace indiano del Ibn Arabi, il magister maximus dell'Islam: "Sia l'esaltazione sia l'ampiezza hanno raggiunto la loro perfezione nel Profeta, che Iddio lo benedica e gli dia pace". Ma qui bisogna aggiungere che, secondo un detto tradizionale del Profeta stesso, Alessandro è stato tra tutti gli uomini il più simile a lui. Questo perché Alessandro non solo percorse la terra nella sua estensione orizzontale, da ovest ad est, ma anche perché, secondo un altro detto attribuito al Messo di Allah, dopo la fondazione di Alessandria d'Egitto il Macedone venne innalzato in cielo da un angelo. D'altronde, le storie concernenti la discesa di Alessandro in fondo al mare e la sua ascensione celeste fino alla sfera del fuoco hanno avuto ampia diffusione sia in Oriente sia nell'Europa medioevale. In questo modo, la figura di Alessandro può essere riferita, per i significati che ad essa si collegano, a una dottrina integrale del Sacro Impero, perché egli, avendo sviluppato ogni sua possibilità secondo i due sensi orizzontale e verticale, è al contempo detentore della regalità e del sacerdozio, è simultaneamente rex e pontifex. E la sua figura si colloca sullo sfondo dello spazio euroasiatico, che costituisce non solo lo scenario storico, ma la proiezione spaziale stessa corrispondente all'idea di Impero.

http://www.claudiomutti.com/index.php?id_news=76&imag=3&url=6

Platone
03-05-09, 12:32
L'essenza autentica dell'Europa è la Repubblica di Platone.

Malaparte
03-05-09, 23:20
Sono d'accordo e aggiungo che partire da un'idea d'Europa cristallizzata e mitizzata non porta ad altro che crearsi una nicchia ideologica e si finisce per perdere il tempo a polemizzare con quelli che hanno un'idea d'Europa diversa se non opposta. Si veda il famoso dibattito sulle "radici"...
A questo punto meglio partire definendo quella che deve essere l'Europa nel nostro progetto, ovvero qual e' la nostra Europa ideale, che costruiremo nel futuro. La mia idea si rifa' al concetto imperiale, tale concetto riassume quelle che sono le radici dell'Europa e la sua "missione" per il futuro. L'idea Europa e' sinonimo di Impero.

Questo è chiaro. Personalmente trovo stupido che si parli delle presunte "radici" dell'Europa, dato che con questo si discute del passato e non del presente (o del futuro). Noi dobbiamo sapere ciò che siamo adesso (potenzialmente) e ciò che dovremo essere. Per lo stesso motivo è sintomo di debolezza il complesso di superiorità che l'Europa nutre nei confronti degli USA, l'idea che "loro non hanno cultura", e invece noi abbiamo avuto ... elenco delle celebri civiltà europee del passato. Insomma l'Europa oggi sa solo guardarsi alle spalle. Questo - a mio parere - proprio perché ha rinnegato il Cristianesimo, cioè l'unica realtà che fosse riuscita ad unire il continente dai tempi di Roma: un'unità religiosa e culturale nel segno di un'idea-forza che potesse plasmare la società, la quale in Cristo trovava il suo fulcro, il "centro di gravità permanente".
Il riferimento al mito di Roma mi pare più storico che "metafisico", e probabilmente non potrebbe generare altro che una religione civile, un "culto del littorio" come quello che si è tentato di realizzare durante il fascismo.
Non una metafisica, ma un'etica laica/agnostica. Al contrario ciò di cui abbiamo bisogno è una metafisica.

Malaparte
03-05-09, 23:24
Eh non lo devi spiegare a me, ma a quelli che confondono la Tradizione con la Religione...

Con questi toni radical-chic non si va da nessuna parte.

Malaparte
03-05-09, 23:32
Appunto il Cristianesimo in un'altra epoca si è sovrapposto alla Romanitas, ha riorganizzato la comunità secondo criteri Tradizionali (società tripartita - feudalesimo) ed ha generato la cosiddetta Translatio imperii (Sacro Romano Impero e Impero Bizantino). Nuove forme, nuove costruzioni politiche, ma il centro metastorico e spirituale rimane il medesimo. I Valori e i caratteri di Razza, che distinguono gli Europei rispetto ad altre popolazioni, si esplicano nei Codici, nelle Leggi e nelle culture delle suddette costruzioni. I Regimi politici del XX secolo ( Fascismo, Nazionalsocialismo e Bolscevismo nella seconda fase) hanno operato in tal senso, ma in un contesto decadente, eroso dalla modernità.(E da essa ne sono stati influenzati, da qui i maggiori limiti). Oggi non si tratta di ricostruire, restaurare, riproporre tali forme, ancor meno l'idea di un Impero cristiano (Cristo è sulla bocca di tutti, ma il cristianesimo ha esaurito il suo ciclo, si è quasi disciolto). Poichè viviamo in piena sovversione e nessuno può vantare " chissà quale vantaggio o giustificazione pragmatica per una scelta tradizionale ricostruttiva piuttosto che per un'altra ", si tratta di indagare, generare forme e strutture in grado riannodare il Presente all'Eterno. Questo è il tentativo dell'Eurasiatismo.
Il Cristianesimo si è quasi disciolto? Sinceramente ho i miei dubbi.
Nella storia la nostra società è un'eccezione, un'anomalia; non è mai esistita una società atea, e infatti ci troviamo a un bivio (al di là di ogni preferenza religiosa, più o meno "aristocratica"): tirare dritti fino al punto di non ritorno, verso una società ultraindividualista composta da schiavi meticci lobotomizzati, oppure bisognerà ritrovare un "centro".
Nel caso in cui ci salvassimo - quindi la seconda possibilità - non credo che comunque verrebbe restaurato il paganesimo o verrebbe importato qualche "strano" culto orientale. E qui le opzioni sono ancora due: o tornare al Cristianesimo, o essere islamizzati. Le chiese sono lì, spesso sono bellissime, e sono la storia d'Europa - su cui qualcuno qui sputa. E' un peccato lasciarle vuote.

Malaparte
03-05-09, 23:40
C'è una cosa che non capisco: qui mi sembra che in molti avversino la modernità, ma avversarla a parole facendo gli schizzinosi mi sembra troppo facile. Alla fine gli "agnostici", o i presunti "pagani" etc non sono diversi da qualunque altro moderno allontanato dalla religione dalle idiozie che si sentono in tv o sui giornali.
Piuttosto preferisco uno che si converte apertamente all'Islam, almeno compie una scelta radicale... altrimenti sono chiacchiere e tradizioni fai-da-te.

Malaparte
03-05-09, 23:43
Inoltre farei notare che nell'epoca del futuro asse euro-russo l'elemento culturale-religioso cristiano cattolico e ortodosso, a tinte conservatrici, dovrà essere fondamentale.
Se dobbiamo incontrare la Russia questo è il primo terreno su cui farlo.
Il vero Cristianesimo è antimondialista.

Colonna
03-05-09, 23:57
Il Cristianesimo si è quasi disciolto? Sinceramente ho i miei dubbi.
Nella storia la nostra società è un'eccezione, un'anomalia; non è mai esistita una società atea, e infatti ci troviamo a un bivio (al di là di ogni preferenza religiosa, più o meno "aristocratica"): tirare dritti fino al punto di non ritorno, verso una società ultraindividualista composta da schiavi meticci lobotomizzati, oppure bisognerà ritrovare un "centro".
Nel caso in cui ci salvassimo - quindi la seconda possibilità - non credo che comunque verrebbe restaurato il paganesimo o verrebbe importato qualche "strano" culto orientale. E qui le opzioni sono ancora due: o tornare al Cristianesimo, o essere islamizzati. Le chiese sono lì, spesso sono bellissime, e sono la storia d'Europa - su cui qualcuno qui sputa. E' un peccato lasciarle vuote.

Non ho scritto "Il cristianesimo è scomparso" ma disciolto nella modernità, cioè nonostante permanga la confessione cattolica e gerarchia ecclesiastica, questo cede al relativismo, al protestantesimo (strisciante) ed è agente attivo nell'operazione di etnocidio degli europei (Associazioni Cattoliche in prima linea nell'accoglienza di immigrati e nella promozione dei loro diritti). Si è svuotato e volontariamente estromesso da ogni discorso identitario. Non ho dichiarato la morte del cristianesimo, anzi, pur non essendo cattolico rispetto i tradizionalisti, poichè credo nella pluriconfessionalità (escluse eresie e sette). Lo so che mettere in discussione la fede è impresa assai ardua, ma una riconquista cattolica delle pecorelle smarrite è ancora più utopica del neopaganesimo anticlericale e massonico.

José Frasquelo
04-05-09, 00:12
Con questi toni radical-chic non si va da nessuna parte.

Neanche con le provocazioni. :-D

Malaparte
04-05-09, 00:14
Neanche con le provocazioni. :-D

Per fortuna che lo sai :chefico:

José Frasquelo
04-05-09, 00:27
Per fortuna che lo sai :chefico:

ce la fai a diventare portaborse di Buttiglione.. :-))

Malaparte
04-05-09, 00:29
ce la fai a diventare portaborse di Buttiglione.. :-))

Vabbè direi che possiamo piantarla qui e continuare con la discussione, se vogliamo continuare.
Per una volta quello maturo lo faccio io :sofico:

Colonna
04-05-09, 09:57
O tornare al Cristianesimo, o essere islamizzati. Le chiese sono lì, spesso sono bellissime, e sono la storia d'Europa - su cui qualcuno qui sputa. E' un peccato lasciarle vuote.

Premesso che il pericolo di essere islamizzati è un'idea che si è diffusa soprattutto dopo 11/09 ed ha fatto leva sulla paura delle persone, ha generato l'Islamofobia. Un conto è inquadrare il problema dell'immigrazione in un ottica razziale, ovvero viene spezzato il legame ancestrale con i propri antenati. Altra cosa è la religione, la conversione di un popolo all'Islàm è avvenuta spesso in seguito a mutamenti della geografia politica, con l'Impero Ottomano si ha la conversione dei Bosniaci, con l'avanzata militare degli arabi in Iran, avviene quella dei Persiani. In Europa questo non accade nè accadrà.

Malaparte
04-05-09, 12:33
Premesso che il pericolo di essere islamizzati è un'idea che si è diffusa soprattutto dopo 11/09 ed ha fatto leva sulla paura delle persone, ha generato l'Islamofobia. Un conto è inquadrare il problema dell'immigrazione in un ottica razziale, ovvero viene spezzato il legame ancestrale con i propri antenati. Altra cosa è la religione, la conversione di un popolo all'Islàm è avvenuta spesso in seguito a mutamenti della geografia politica, con l'Impero Ottomano si ha la conversione dei Bosniaci, con l'avanzata militare degli arabi in Iran, avviene quella dei Persiani. In Europa questo non accade nè accadrà.

In un contesto come quello attuale certo che no, ma in generale non si può mai dire.
Io ho detto che - forse - prima o poi ci sarà una "crisi" a livello culturale e spirituale, e se ci sarà le masse dovranno scegliere tra Cristianesimo e Islam.

Malaparte
04-05-09, 12:39
In cerca dell'Europa. Come uscire dalla tenebra occidentale?

di Claudio Mutti

Nel canto XXVI dell'Inferno dantesco Ulisse rievoca il discorso con cui esortò i suoi compagni a varcare le Colonne d'Ercole: "O frati, dissi, che per cento milia - perigli siete giunti all'occidente (...)". Sforzandoci di intravedere qualcosa di quel senso allegorico che, per espressa dichiarazione di Dante, si trova celato dietro il senso letterale, potremmo forse azzardare questa congettura: l'Occidente evocato da Ulisse nella sua "orazion picciola" non si esaurisce nell'accezione spaziale e geografica del termine. Siccome la parola "Occidente" designa il luogo del "Sole che muore" (Sol occidens), il luogo in cui termina il cosmo degli uomini e inizia il "mondo sanza gente", il regno della tenebra e della morte, è probabile che l'Occidente dantesco, data la polivalenza semantica del simbolismo, indichi anche una fase temporale, cosicché un senso ulteriore del discorso di Ulisse sarebbe questo: i suoi compagni, in quanto "vecchi e tardi", sono giunti "a l'occidente" della vita, cioè in prossimità della morte. E siccome essi rappresentano l'umanità europea, come non intendere, simultaneamente, che l'Europa doveva arrivare - e vi sarebbe effettivamente arrivata proprio all'epoca di Dante, agli inizi del recento - in prossimità di quella fase storico-culturale che, secondo René Guénon, "ha rappresentato in realtà la morte di molte cose"? Ma l'Occidente, il luogo della tenebra, è anche un simbolo di quello che Martin Heidegger ha chiamato "l'oscuramento del mondo". "Mondo" - spiega lo stesso Heidegger - "si deve sempre intendere in senso spirituale", sicché "l'oscuramento del mondo implica un depotenziamento dello spirito". E la situazione dell'Europa, prosegue Heidegger, "risulta tanto più fatale e senza rimedio in quanto il depotenziamento dello spirito proviene da lei stessa". Questo depotenziamento dello spirito, questo oscuramento del mondo, secondo Guénon ha avuto il suo momento definitivo con la fine della grande civiltà medioevale (l'ultima civiltà relativamente normale conosciuta dall'Europa) e con l'inizio della cultura immanentistica e laica del Rinascimento. Secondo Heidegger, l'oscuramento del mondo, "anche se è stato preparato in passato, si è definitivamente verificato a partire dalla condizione spirituale della prima metà del secolo XIX", cioè col trionfo del razionalismo contemporaneo, del materialismo, dell'individualismo liberale. In ogni caso, possiamo dire che questo oscuramento del mondo è proceduto di pari passo con quella che Serge Latouche ha recentemente chiamata "l'occidentalizzazione del mondo". L'inferno, nel fondo del quale è finito quell'Ulisse dantesco che lasciò l'Europa per inoltrarsi nella tenebra occidentale, è un Occidente perenne (legge del contrappasso!), perché la luce non vi splende mai. Dante esce da questa eterna tenebra occidentale e infernale grazie alla guida di Virgilio, il poeta dell'Impero; il poeta di un Impero che, come è detto esplicitamente in Paradiso, VI, 4-6, è per la sua stessa origine legato all'Europa: "cento e cent'anni e più l'uccel di Dio - ne lo stremo d'Europa si ritenne, - vicino a' monti de' quai prima uscìo". È infatti il caso di ricordare che, secondo Dante, l'Aquila imperiale ("l'uccel di Dio") ebbe i suoi natali "ne lo stremo d'Europa", cioè nell'odierna Anatolia, là dove sorgeva Troia. D'altronde anche Europa, la fanciulla "dall'ampio volto" che fu amata da Zeus e che diede il suo nome al nostro continente, era originaria della riva orientale del Mediterraneo. Ciò potrebbe indurci a riflettere sul fatto che per i Greci e per i Romani, e poi ancora per gli uomini del Medioevo, l'immagine geografica dell'Europa si estendeva verso oriente molto più che non nell'età moderna e in quella contemporanea; ma questo sarebbe un altro discorso. Noi vorremmo invece porre questa domanda: chi indicherà all'Europa, sulla soglia del terzo millennio, la strada per uscire dall'Occidente e tornare "a riveder le stelle"? La prima cosa da fare, a tal fine, è operare un chiarimento concettuale. Dobbiamo cioè ristabilire i veri termini del rapporto che intercorre tra l'Europa e l'Occidente, rapporto di naturale contrapposizione e di antagonismo; dobbiamo confutare una sinonimia che, imposta dai vincitori atlantici della Seconda Guerra Mondiale, è stata accettata dagli Europei nella maniera più acritica e supina. Il concetto di Occidente è relativamente nuovo ed è quasi sinonimo di modernità; come visione del mondo, quindi, l'Occidente è essenzialmente altro rispetto a quello spirito che presiedette alle manifestazioni tradizionali della civiltà europea. Diremo più avanti come siano poco fondate le rivendicazioni della civiltà occidentale, allorché essa cerca di individuare le proprie radici in alcune delle fasi storico-culturali attraverso le quali si è venuta configurando l'Europa.

Il vero e il falso Ulisse

Tornando a Ulisse, ricordiamo di aver letto sulla pagina culturale di una gazzetta liberale che l'Odisseo omerico, "fu il piazzista (sic) della modernità". Una volgarità del genere, che rivela l'esigenza della modernità di inventarsi una galleria degli antenati, è possibile proprio perché l'essenza dell'Odisseo omerico, prototipo dell'homo Europaeus, è stata fraintesa dalla modernità stessa. Nella percezione moderna, infatti, Odisseo non è quello che era per i Greci, vale a dire l'anèr polytropos che, animato dalla nostalgia delle Origini e assistito da Atena, cioè dall'Intelletto divino, lotta contro le forze infere e, dopo la lunga prigionia occidentale ad Eea, fa ritorno a una patria "centrale", a una "terra di mezzo", che essenzialmente simboleggia la perfezione primordiale dello stato umano. La modernità ha sfigurato l'Odisseo omerico facendone un eroe culturale a propria immagine e somiglianza: così, messo davanti a uno specchio deformante, l'homo Europaeus ci rimanda l'immagine menzognera dell'homo Occidentalis. Esiste poi una variante "filosofica", chiamiamola pure così, della stessa volgarità: l'Odisseo che descrive a Penelope il letto matrimoniale ricavato dall'albero d'ulivo (il letto di Odisseo è in realtà il simbolo omerico dell'Axis Mundi) secondo Horkheimer e Adorno sarebbe, udite udite, il "prototipo del borghese (che) ha, nella sua smartness un hobby", quello del "fai da te". Gli autori della Dialettica dell'illuminismo, completamente ignari del significato autentico della figura dell'eroe omerico, hanno creduto di poter individuare, dietro la maschera di Odisseo, il volto del borghese occidentale che dà inizio allo sviluppo razionalistico liberandosi dalla superstizione ed esercitando il proprio dominio sulla natura e sugli uomini. "Che Odisseo sia indifeso davanti alla risacca -scrive Adorno in una sua grottesca Interpretazione dell'Odissea (Manifesto Libri, Roma 2000, p. 70) - deve legittimare l'appropriazione del plusvalore da parte del viaggiatore". L'Odisseo dei rabbini francofortesi diventa così la metafora di quel potere razionale di dominio che si organizza come sapere sistematico e ha come soggetto il borghese occidentale, "nelle successive forme - essi scrivono - dello schiavista, del libero imprenditore, dell'amministratore". Tale metafora si fonda però su una tipica riduzione del superiore all'inferiore, poiché Adorno e Horkheimer identificano indebitamente l'intelletto (principio d'ordine universale) con la ragione (facoltà specificamente umana, limitata, relativa e individuale). Ora Odisseo, prototipo dell'homo Europaeus, è propriamente un simbolo dell'intelletto, cioè del principio spirituale che trascende l'individualità e con essa l'insieme degli elementi psichici e corporei, rappresentati nel poema omerico dai compagni dell'eroe. La vicenda della Scuola di Francoforte, nata per iniziativa di un gruppo di ebrei liberali, conclude il suo ciclo sfociando alla fine in una esplicita adesione al giudaismo. Poco prima di morire, Horkheimer raccomandò il "ritorno a Jahvè" e l'"eterna attesa" di un messia che, a detta dello stesso Horkheimer, non verrà mai. Questa posizione sarà ripresa e sviluppata dai cosiddetti nouveaux philosophes André Glucksmann e da Bernard Henri-Lévy. Ora, per quanto riguarda l'irriducibilità dell'Odisseo omerico, prototipo dell'homo Europaeus, alla visione giudaica e alla visione moderna, ci sovvengono le parole di un autorevole esponente del pensiero giudaico-cristiano, Sergio Quinzio, il quale nelle Radici ebraiche del moderno afferma che non solo la concezione greca del tempo, ma anche la concezione greca dello spazio è circolare, dato che lo spazio odissiaco va da Itaca a Itaca. Il tempo e lo spazio dei Greci - scrive Quinzio - "sono il tempo e lo spazio dell'eterno ritorno, in cui nulla di realmente nuovo può accadere. Viceversa, come il tempo ebraico è lineare, così anche lo spazio ebraico è lineare, va dalla terra di schiavitù verso la terra della promessa". D'altronde già Emmanuel Lévinas aveva contrapposto nei termini di una irriducibile antitesi il ritorno odissiaco e l'esodo biblico, nonché le figure di Odisseo e di Abramo: l'Abramo della rappresentazione biblica, naturalmente, perché ben diversa è la figura del Profeta Ibrahim quale essa viene delineata nel Corano; il quale Corano respinge recisamente (ad es. in III, 60) la caratterizzazione ebraica e cristiana del Patriarca caldeo venuto da Ur e fa di quest'ultimo un rappresentante della Tradizione Primordiale. "Al mito di Ulisse che ritorna ad Itaca - scrive Lévinas ne La traccia dell'altro - vorremmo contrapporre la storia di Abramo che lascia per sempre la sua patria per una terra ancora sconosciuta e che proibisce al suo servo di ricondurre perfino suo figlio a quel punto di partenza". Evocando questo Abramo biblico e antiodissiaco, prototipo dei "padri pellegrini" che abbandonano l'Europa per stabilirsi sul continente occidentale, Lévinas ha dato forma al contromito del déraciné: una sorta di "contromito di fondazione" della Zivilisation occidentale, nella quale ha un peso rilevante quello che René Guénon chiama l' "aspetto 'malefico' e deviato del nomadismo". In ogni caso, Lévinas ha avuto il merito di contrapporre esplicitamente al prototipo mitico dell'homo Europaeus il prototipo contromitico e antitradizionale dell'homo Occidentalis.

L'eredità spirituale europea

A buon diritto, dunque, è stato detto che l'Odissea, assieme all'Iliade, costituisce quella che è stata chiamata la Bibbia dei Greci, così come l'Eneide sarà la Bibbia dei Romani. Se vogliamo usare un linguaggio coerente con questa metafora, dobbiamo dire che Omero è stato il primo profeta dell'Europa e che i suoi poemi hanno costituito la più antica rivelazione religiosa che abbia preso forma in mezzo agli Europei. In una pagina piena di pathos nietzschiano, il grande filologo classico e storico delle religioni Walter F. Otto caratterizza la visione omerica contrapponendola implicitamente a quella giudaico-cristiana, nei termini seguenti: "Omero divenne la Bibbia degli Elleni (...) Anche la sua rivelazione suonò grande, ma quanto più virile, più fedele alla vita, più rispettosa della realtà, che non il messaggio di spiriti sconvolti, in urto con se stessi e con la vita. La religione in cui il popolo doveva venire allevato era stata innanzi tutto rivelata al cuore dei più nobili e dei più gagliardi. (...) La religione di Omero era religione rivelata secondo l'opinione vera e umana che ogni grande pensiero sia figlio della divinità" (W. Otto, Spirito classico e mondo cristiano, La Nuova Italia, Firenze 1973, p. 25). In uno scritto del 1931 che, indagando le scaturigini dello spirito europeo, individua nell'eredità omerica la prefigurazione della nostra stessa identità di Europei, Walter Otto dice ancora di Omero: "Egli non è dunque solamente il maestro che ha creato in Europa la prima grande poesia, scrivendo così la legge vivente dell'arte poetica europea. Non è nemmeno solamente colui che è chiamato, capace di portare a espressione l'essere greco in modo così grande e profondo che la sua opera divenne il genio formativo dell'intera nazione. Egli è anche per noi, ancora, nonostante il mutare dei tempi, colui che mirabilmente annuncia la vita e il mondo. (...) Attraverso di lui, infatti, lo spirito greco e, con ciò, europeo ha trovato la sua prima espressione, rimasta valida fino ad oggi. E se comprendiamo nel modo giusto la sua parola, forse anche il significato della ricerca e della filosofia greca schiuderà per noi il suo significato più profondo" (W. Otto, Lo spirito europeo e la saggezza dell'Oriente, SEB, Milano 1997, p. 11). Accanto ad Omero, l'altro grande maestro dell'antichità europea è Platone. Non a caso un altro filosofo ebreo e liberale, Karl Popper, ha assegnato a Platone il ruolo di capostipite spirituale della corrente dei "nemici della società aperta", una corrente che partirebbe dal pensiero platonico per arrivare fino ai totalitarismi del Novecento. A parte Popper, la Repubblica di Platone è fondamentale, ai fini di un riconoscimento dell'originaria Weltanschauung europea, perché in tale opera noi troviamo chiaramente ed organicamente esposta quella dottrina della trifunzionalità che, secondo Georges Dumézil, costituì la caratteristica di tutte quante le società indoeuropee, sia in Europa, sia in Asia. Come è noto, gli studi effettuati da Dumézil nell'ambito della storia delle religioni e della linguistica hanno mostrato che i popoli indoeuropei, al di là della parentela che unisce le loro lingue, possiedono una struttura mentale specifica e una concezione particolare del fatto religioso, della società, della sovranità, delle relazioni tra l'uomo e la Divinità. Insomma, Dumézil ha messo in luce una comune Weltanschauung indoeuropea, una visione del mondo avente implicazioni teologiche e politico-sociali, secondo la quale la comunità può vivere e prosperare solo grazie alla collaborazione e alla solidarietà delle tre funzioni di sovranità, forza e fecondità. La prima funzione (la sovranità) corrisponde al sacro, al potere e al diritto; la seconda (la forza) corrisponde all'attività guerriera; la terza (la fecondità) corrisponde alla produzione e alla distribuzione dei beni materiali. Ora, se nella struttura religiosa e sociale messa in luce da Dumézil si manifesta un'esigenza fondamentale della più profonda mentalità indoeuropea; se la cosiddetta "ideologia trifunzionale" è una caratteristica inerente alla mentalità dell'Europeo; se essa è una di quelle strutture latenti che sono indissociabili dallo spirito e dalla cultura di un popolo e si conservano in qualche modo attraverso le generazioni, tant'è vero che ancora nel Medioevo le componenti della società venivano indicate nelle tre categorie degli oratores, bellatores e laboratores e tale tripartizione sopravvisse in qualche modo fino alla Rivoluzione Francese - allora è lecito porci questo interrogativo: in quale misura la concezione trifunzionale può rappresentare una via per ripensare il mondo e la vita in termini adeguati alla nostra qualità di Europei? Su tale interrogativo non sarà superfluo riflettere seriamente. Per il momento, sarà sufficiente notare che l'organizzazione liberalcapitalista della società è tipica non della civiltà europea, ma della civiltà occidentale. Il motto di tale organizzazione potrebbe essere la frase proverbiale che circola negli Stati Uniti: Whatever is good for General Motors is also good for the USA. Infatti il liberalcapitalismo, nato dalla Rivoluzione Francese con la ribellione della terza funzione, il Terzo Stato, contro le altre due, da una parte rappresenta il potere effettivo dell'elemento economico su quello politico e su quello militare, mentre dall'altra comporta una penetrazione della mentalità mercantile in tutti gli strati della società. Una società normale, invece, è quella in cui a governare è la funzione sovrana; una società normale è quella in cui il politico prevale sull'economico. Lo stesso concetto di Europa va rivisto alla luce dell'ideologia trifunzionale. Al di là delle semplici relazioni commerciali (terza funzione), al di là degli stessi problemi della difesa comune (seconda funzione), l'Europa deve affrontare la questione principale, che è quella della sua sovranità (prima funzione). Questo progetto può trarre alimento da una sola fonte: dalla nostra tradizione più autentica. Nel 1935 Martin Heidegger diceva dei Tedeschi quello che oggi si potrebbe dire degli Europei in generale: "Questo popolo potrà foggiarsi un destino solo se sarà prima capace di provocare in se stesso una risonanza (...) e se saprà comprendere la sua tradizione in maniera creatrice. (...) E se la grande decisione concernente l'Europa non deve verificarsi nel senso dell'annientamento, potrà solo verificarsi per via del dispiegarsi, a partire da questo centro, di nuove forze storiche spirituali". In altri termini: se l'Europa ha ancora un futuro e se noi vogliamo trovare una soluzione europea per il suo futuro, dobbiamo rivolgerci verso le nostre origini, interrogare i maestri più antichi nella nostra cultura e - crediamo di poter aggiungere - prendere le mosse da quelle idee che costituiscono l'eredità spirituale specificamente europea.

L'Eurasia e l'Impero

Se è vero che i miti implicano una serie di significati sopraordinati a quello letterale, non dovrebbe essere illegittimo ricercare, in quel diffuso tipo mitico che ci racconta lo smembramento di un dio (Prajâpati, Osiride, Zagreus ecc.) e la successiva origine del cosmo dalle sue membra sparse, un significato concernente l'origine della geografia terrestre. Che cos'è infatti il complesso delle terre emerse, se non un corpo, distinto in quelle quattro o cinque parti che siamo soliti chiamare continenti? Cerchiamo innanzitutto di fissare il numero di questi ultimi, perché è possibile contarne quattro (Eurasia, Africa, Oceania, America) oppure cinque (Eurasia, Africa, Oceania, America settentrionale, America meridionale). A seconda del loro numero, potremo applicare alla geografia del nostro pianeta un'analogia oppure un'altra. Ad uno schema quaternario, infatti, si adatterà il simbolismo dei quattro elementi costitutivi del cosmo (aria, acqua, fuoco, terra), mentre l'asse terrestre corrisponderà all'elemento invisibile e centrale, la quinta essentia, l'etere. Ad uno schema quinario, invece, sarà possibile applicare il simbolismo del corpo umano. In tal caso, se pensiamo ai cinque continenti come alle parti di un corpo analogo a quello dell'essere umano, potremo dire che l'Eurasia costituisce la parte centrale ed essenziale, quella che comprende il capo ed il busto e quindi alberga entro di sé il cuore, il cervello e tutti gli altri organi vitali, mentre gli altri quattro continenti (l'Africa, l'Oceania e le due Americhe) rappresentano le quattro estremità del corpo. Tutte le regioni più importanti dal punto di vista dell'economia spirituale, infatti, si trovano concentrate nell'Eurasia. Si sono irradiate da centri euroasiatici quelle influenze tradizionali che hanno raggiunto poi il resto del pianeta: dallo sciamanesimo siberiano più arcaico, che attraverso migrazioni protostoriche si è diffuso nelle due Americhe, fino a quella rivelazione coranica che ha sigillato il ciclo tradizionale della presente umanità e si è diffusa anch'essa ben oltre i limiti dell'Eurasia. E questo per citare solo due, la più antica e la più giovane, tra le forme tradizionali che si sono originariamente manifestate sul suolo euroasiatico. Ma vorremmo concludere richiamandoci ad un mito dal quale emerge tutta l'inanità del concetto di Occidente inteso come realtà a sé stante, e dal quale risulta ulteriormente evidenziata la conformità dell'idea di Impero allo spazio eurasiatico. Si tratta del mito di Alessandro e in particolare della caratterizzazione che ne è stata fatta dalla tradizione islamica, la quale nella coranica Sura della Caverna assegna al "Bicorne" una funzione non solo imperiale, ma anche escatologica. Secondo il simbolismo posto in risalto da questo specifico contesto tradizionale, la marcia compiuta da Alessandro Magno lungo la direttrice ovest-est dell'Eurasia traduce sul piano geografico quella modalità "espansiva" che la dottrina islamica della croce chiama "ampiezza". Ora, "ampiezza" ed "esaltazione" sono due termini che corrispondono alle due fasi del Viaggio Notturno del Profeta Muhammad, paradigma del percorso iniziatico che giunge alla realizzazione suprema. E' stato detto infatti da un seguace indiano del Ibn Arabi, il magister maximus dell'Islam: "Sia l'esaltazione sia l'ampiezza hanno raggiunto la loro perfezione nel Profeta, che Iddio lo benedica e gli dia pace". Ma qui bisogna aggiungere che, secondo un detto tradizionale del Profeta stesso, Alessandro è stato tra tutti gli uomini il più simile a lui. Questo perché Alessandro non solo percorse la terra nella sua estensione orizzontale, da ovest ad est, ma anche perché, secondo un altro detto attribuito al Messo di Allah, dopo la fondazione di Alessandria d'Egitto il Macedone venne innalzato in cielo da un angelo. D'altronde, le storie concernenti la discesa di Alessandro in fondo al mare e la sua ascensione celeste fino alla sfera del fuoco hanno avuto ampia diffusione sia in Oriente sia nell'Europa medioevale. In questo modo, la figura di Alessandro può essere riferita, per i significati che ad essa si collegano, a una dottrina integrale del Sacro Impero, perché egli, avendo sviluppato ogni sua possibilità secondo i due sensi orizzontale e verticale, è al contempo detentore della regalità e del sacerdozio, è simultaneamente rex e pontifex. E la sua figura si colloca sullo sfondo dello spazio euroasiatico, che costituisce non solo lo scenario storico, ma la proiezione spaziale stessa corrispondente all'idea di Impero.

http://www.claudiomutti.com/index.php?id_news=76&imag=3&url=6

Sinceramente da quest'articolo - indubbiamente denso d'erudizione - mi aspettavo qualcosa in più. Mi sembra la solita solfa onirica: il significato etimologico del termine "Occidente", la società castale degli indoeuropei...
Per me quest'approccio - che è il tipico approccio della Destra radicale - è sbagliato. Non bisogna voler tornare indietro, ma voler andare avanti, superando la modernità...
Insomma di sicuro non risolveremo i nostri problemi inventandoci di sana pianta una nuova divisione in caste, ma piuttosto, tanto per cominciare, eliminando il relativismo.

Logomaco
04-05-09, 13:59
Non ho scritto "Il cristianesimo è scomparso" ma disciolto nella modernità, cioè nonostante permanga la confessione cattolica e gerarchia ecclesiastica, questo cede al relativismo, al protestantesimo (strisciante) ed è agente attivo nell'operazione di etnocidio degli europei (Associazioni Cattoliche in prima linea nell'accoglienza di immigrati e nella promozione dei loro diritti). Si è svuotato e volontariamente estromesso da ogni discorso identitario. Non ho dichiarato la morte del cristianesimo, anzi, pur non essendo cattolico rispetto i tradizionalisti, poichè credo nella pluriconfessionalità (escluse eresie e sette). Lo so che mettere in discussione la fede è impresa assai ardua, ma una riconquista cattolica delle pecorelle smarrite è ancora più utopica del neopaganesimo anticlericale e massonico.


E' vero, il cattolicesimo è ormai corrotto e praticamente inservibile.

Ma, troppo spesso lo si dimentica, resta comunque l'Ortodossia.

José Frasquelo
04-05-09, 14:43
Non bisogna voler tornare indietro, ma voler andare avanti, superando la modernità...


E lo vuoi fare con il Cristianesimo, che la modernità non l'ha saputa contrastare?

Ierocle
04-05-09, 15:06
(...) Le chiese sono lì, spesso sono bellissime, e sono la storia d'Europa - su cui qualcuno qui sputa. E' un peccato lasciarle vuote.


Anche nel IV secolo d. C. c'erano tanti bellissimi templi, vuoti come sono vuote oggi le chiese cattoliche. L'imperatore Giuliano, con tutta la sua buona volontà, faceva fatica a mettere insieme un minimo di sacerdozio che tenesse aperti i templi più importanti e celebrasse i riti. Una situazione simile a quella che si verifica oggi nell'ambito cattolico, con la crisi delle vocazioni e la scarsità di preti.

Allora fu inevitabile che lo spazio religioso lasciato libero dai cosiddetti "pagani" venisse occupato dai cristiani.

Le generazioni che seguiranno alla nostra vedranno chi occuperà lo spazio religioso lasciato libero dai cristiani.

Ierocle
04-05-09, 15:13
Sinceramente da quest'articolo - indubbiamente denso d'erudizione - mi aspettavo qualcosa in più. Mi sembra la solita solfa onirica: il significato etimologico del termine "Occidente", la società castale degli indoeuropei...
Per me quest'approccio - che è il tipico approccio della Destra radicale - è sbagliato. Non bisogna voler tornare indietro, ma voler andare avanti, superando la modernità...
Insomma di sicuro non risolveremo i nostri problemi inventandoci di sana pianta una nuova divisione in caste, ma piuttosto, tanto per cominciare, eliminando il relativismo.

Una cosa è volersi "inventare una nuova divisione in caste" (e penso che nessuno ritenga realistica una soluzione di tal genere), altra cosa ribadire la validità di una articolazione funzionale.
La concezione funzionalistica, infatti, è la sola alternativa all'atomismo individualistico.

Il relativismo costituisce un diverso argomento.

Malaparte
04-05-09, 16:52
Anche nel IV secolo d. C. c'erano tanti bellissimi templi, vuoti come sono vuote oggi le chiese cattoliche. L'imperatore Giuliano, con tutta la sua buona volontà, faceva fatica a mettere insieme un minimo di sacerdozio che tenesse aperti i templi più importanti e celebrasse i riti. Una situazione simile a quella che si verifica oggi nell'ambito cattolico, con la crisi delle vocazioni e la scarsità di preti.

Allora fu inevitabile che lo spazio religioso lasciato libero dai cosiddetti "pagani" venisse occupato dai cristiani.

Le generazioni che seguiranno alla nostra vedranno chi occuperà lo spazio religioso lasciato libero dai cristiani.

Il problema è che all'epoca esistevano altri culti, nuovi, in ascesa; invece oggi la nascita di nuove religioni che non siano pasticci sincretistici "new age" è impossibile. L'unica alternativa è l'Islam.

Malaparte
04-05-09, 16:55
Una cosa è volersi "inventare una nuova divisione in caste" (e penso che nessuno ritenga realistica una soluzione di tal genere), altra cosa ribadire la validità di una articolazione funzionale.
La concezione funzionalistica, infatti, è la sola alternativa all'atomismo individualistico.

Il relativismo costituisce un diverso argomento.

Bene, ma andava chiarito meglio il discorso...
Comunque il relativismo rappresenta il nocciolo della modernità, quindi è l'argomento.

DharmaRaja
04-05-09, 17:07
Anche nel IV secolo d. C. c'erano tanti bellissimi templi, vuoti come sono vuote oggi le chiese cattoliche. L'imperatore Giuliano, con tutta la sua buona volontà, faceva fatica a mettere insieme un minimo di sacerdozio che tenesse aperti i templi più importanti e celebrasse i riti. Una situazione simile a quella che si verifica oggi nell'ambito cattolico, con la crisi delle vocazioni e la scarsità di preti.

Allora fu inevitabile che lo spazio religioso lasciato libero dai cosiddetti "pagani" venisse occupato dai cristiani.

Le generazioni che seguiranno alla nostra vedranno chi occuperà lo spazio religioso lasciato libero dai cristiani.
Se a prescindere dalle preferenze di ognuno l'Islam saprà rimpiazzare l'ormai morente Cristianesimo (ma soprattutto il diffuso ateismo e agnosticismo) in Europa, non lo so. Tendo a vederla ancor più grigia, e credo che anche le comunità immigrate che portano l'Islam con loro finiranno ben presto per secolarizzarsi, dato il decadente contesto europeo in cui si trovano e troveranno a vivere. Allo stesso modo non credo che gli europei dissolti dal nichilismo, dopo aver abbandonato il Cristianesimo con una lunga erosione dissacrante e decostruzionista, passeranno all'Islam.

Volendola vedere da un punto di vista tradizionalista ortodosso, il Cristianesimo non è certamente "in regola", avendo perso il suo esoterismo, se mai ne ha avuto uno eccettuate le esperienze eterodosse come il templarismo, i Fedeli d'Amore e via dicendo. Sempre tenendosi alla medesima ortodossia, vedendo le religioni storiche come fondate a partire da una rivelazione dall'alto e non vedendo quindi come legittimo l'adattare le strutture della tradizione perenne ad una nuova veste più o meno inedita senza la presenza di un fondatore divino, l'unica scelta possibile restano le tradizioni con un nucleo esoterico ancora "in funzione", nel nostro caso la più geograficamente vicina essendo l'Islam.

Tutto starà a questo punto al vedere se nei tempi che verranno potremo assistere oppure no al successo dell'Islam in Europa - al quale immagino non dovrebbe essere estranea, dati i tempi di completa secolarizzazione in corso che tale affermarsi religioso dovrebbe contrastare, una risoluzione del problema-modernità tramite esiti escatologici e messianici.

Se le cose non andassero in questo modo (se cioè alla venuta dei tempi ultimi con relativa risoluzione escatologica si sostituisse una semplice e disordinata prosecuzione della mediocrità odierna), immagino che prima o poi dovremmo trarre la conclusione che qualche interpretazione degli insegnamenti era inesatta, con tutte le relative conseguenze riguardo al tema della fondazione delle tradizioni e del ruolo più o meno attivo, più o meno volontaristico nel quale l'uomo si dovrebbe porre in rapporto alla questione.

In ogni caso, che la prima ipotesi sia vera o che lo sia la seconda, il futuro per il Cristianesimo mi sembra non essere molto confortante: nel primo caso sarebbe impossibilitato a sopravvivere per ragioni ineluttabili, e nel secondo, trattandosi di una scelta e di un contesto storico in cui operarla, non credo che si rivelerebbe la scelta più realistica e fattibile fra le possibili che, pur volendo proporre qualcosa di 'diverso' e 'adattato', peschino simboli e radici dal passato.

Riguardo alla trifunzionalità sociale: volendo cogliere lo spirito della cosa e volendolo attualizzare per quelle che sono le realistiche possibilità (quindi non i varna ereditari, ma perlomeno una divisione funzionale fra sovranità, forza e produzione), mi sembra si tratti di qualcosa che non è né vecchio né nuovo, ma semplicemente giusto, laddove giusto sta anche per necessario se si vuole evitare la decadenza.

DharmaRaja
04-05-09, 17:17
Il problema è che all'epoca esistevano altri culti, nuovi, in ascesa; invece oggi la nascita di nuove religioni che non siano pasticci sincretistici "new age" è impossibile. L'unica alternativa è l'Islam.
Ciò di cui sarei curioso - lo dico con sincerità - è capire se ai tempi in cui ognuna delle varie religioni (tra quelle che sarebbero diventate "famose" in seguito) nacque, non fosse, almeno da qualcuno dei conservatori del tempo, percepita come una stramba e illegittima novità o un pasticcio new age ante litteram, non affondando le sue radici nelle ben poco scrutabili nebbie del passato.

Se per "new age" intendiamo ciò che contraddistingue quelle parodie di culti, cioè tutta una serie di scorrettezze (prima di tutto e soprattutto nella dottrina stessa) volte a rivestire di culto quello che in realtà è lo spirito anarchico, libertino e 'panteista' della modernità, va da sé che sulla condanna siamo tutti d'accordo.
Se però classifichiamo come new age tutto ciò che non riteniamo legittimo, e classifichiamo come legittimo solo ciò che ha un sufficiente tot di secoli o millenni d'età da far sì che le sue radici affondino in un contesto storico ben poco 'indagabile' se non per quanto riguarda le agiografie (dal momento che il 'realismo' ai tempi antichi non è che fosse esattamente il valore primario su cui imperniare i testi 'storici'), finiamo un po' in una tautologia che sa di vicolo cieco.

Ierocle
04-05-09, 19:03
Ciò di cui sarei curioso - lo dico con sincerità - è capire se ai tempi in cui ognuna delle varie religioni (tra quelle che sarebbero diventate "famose" in seguito) nacque, non fosse, almeno da qualcuno dei conservatori del tempo, percepita come una stramba e illegittima novità o un pasticcio new age ante litteram, non affondando le sue radici nelle ben poco scrutabili nebbie del passato.

(...).

Si potrebbero citare i due esempi storici più noti, relativi al Cristianesimo e all'Islam.
I conservatori del tempo di Gesù erano i membri del Sinedrio ebraico; i conservatori del tempo di Muhammad erano i membri dell'oligarchia mercantile di Mecca, custodi del culto idolatrico installatosi nella Caaba.
Che gli uni e gli altri guardassero rispettivamente a Gesù e a Mohammad come ai fautori di una illegittima novità, è perfettamente logico, poiché la restaurazione tradizionale è un evento non certo conservatore, ma, al contrario, rivoluzionario nell'autentico significato del termine.

carlomartello
04-05-09, 19:34
Si potrebbero citare i due esempi storici più noti, relativi al Cristianesimo e all'Islam.
I conservatori del tempo di Gesù erano i membri del Sinedrio ebraico; i conservatori del tempo di Muhammad erano i membri dell'oligarchia mercantile di Mecca, custodi del culto idolatrico installatosi nella Caaba.
Che gli uni e gli altri guardassero rispettivamente a Gesù e a Mohammad come ai fautori di una illegittima novità, è perfettamente logico, poiché la restaurazione tradizionale è un evento non certo conservatore, ma, al contrario, rivoluzionario nell'autentico significato del termine.

Bisognerebbe vedere se è vero che Gesù e Muhammad hanno restaurato la "tradizione" o se è la "tradizione" che li ha intaccati con il tempo, come avvenuto per esempio anche con il marxismo tradendone però apparentemente certi aspetti originari. In quest'ottica i conservatori sarebbero i veri tradizionalisti e non i rivoluzionari.

Senza nulla togliere al fatto che Gesù ha incontrato la cultura greco-latina dando vita alla più grande civiltà della Storia che secondo Charles Maurras si è sfaldata proprio quando protestantesimo e deismo hanno diviso nuovamente queste due fondamenta principali della civiltà europea e che l'islam ha preso il controllo dell'oriente spostando il suo epicentro nell'ex impero greco-bizantino e nell'India diventando qualcosa di più di una delle tante bande criminali del mondo semita.


carlomartello

DharmaRaja
04-05-09, 19:55
Si potrebbero citare i due esempi storici più noti, relativi al Cristianesimo e all'Islam.
I conservatori del tempo di Gesù erano i membri del Sinedrio ebraico; i conservatori del tempo di Muhammad erano i membri dell'oligarchia mercantile di Mecca, custodi del culto idolatrico installatosi nella Caaba.
Che gli uni e gli altri guardassero rispettivamente a Gesù e a Mohammad come ai fautori di una illegittima novità, è perfettamente logico, poiché la restaurazione tradizionale è un evento non certo conservatore, ma, al contrario, rivoluzionario nell'autentico significato del termine.
Era esattamente ciò a cui pensavo, e al di là dal mercantilismo, considerando anche il semplice conservatorismo in buona fede, mi chiedevo se ci sia da sorprendersi che qualora si propongano soluzioni 'inedite', cioè l'adozione di nuove forme (in questo caso, peculiarmente e classicamente europee) pur attingendo da un nucleo che è quello puramente dottrinale della tradizione perenne, queste vengano viste come illegittime e arbitrarie, prive dei crismi necessari. Solo che, a costo di passare per persona di poca fede, non posso non osservare che secoli o millenni fa, durante le vite dei grandi profeti e maestri delle varie tradizioni (quando sulle loro esistenze stesse non si hanno dei dubbi, com'è il caso non solo di un Lao Tze ma anche di altri) non eravamo presenti e che sono ben pochi gli strumenti che abbiamo per valutare con certezza quanta parte di ciò che di tali figure personali viene detto (a prescindere cioè dai precetti indicati dalle dottrine e dalla loro intrinseca validità) sia esatto e quanti e quali possano essere gli elementi "aggiuntivi". In concreto, le eventuali differenze interpretative potrebbero riguardare i requisiti per "fondare" una tradizione specifica, una religione (specie alla luce di una visione non-personale, non-duale del divino), e il senso da dare alle dottrine riguardanti i cicli, il loro termine escatologico, il loro nuovo inizio - se cioè si tratta di un (a me pare) fatalistico "ineluttabilmente, succederà questo", o di un più volontaristico "se si lascia che le cose decadano, questo è il processo che accadrà, una tappa dopo l'altra", passando a descrivere la 'regressione delle caste' e poi la prestabilita fine dei tempi, da risolversi mediante un salvatore in qualche modo 'esterno'.
Forse, anzi sicuramente, non sarà ritenuto ortodosso questo mio dubbio, ma nondimeno non avendo le basi tramite le quali estinguerlo non mi sento di considerare la questione automaticamente chiusa per il mero senso di rispetto e di conseguente fiducia che un lontano passato, le cui nebbie escludono ogni possibile analisi critica (e questo in sé non è detto che sia un male), dovrebbe unilateralmente ispirarmi.

Robert
04-05-09, 20:05
Premesso che il pericolo di essere islamizzati è un'idea che si è diffusa soprattutto dopo 11/09 ed ha fatto leva sulla paura delle persone, ha generato l'Islamofobia.
Diciamo che dopo l'11 settembre 2001 le masse hanno cominciato a prendere coscienza che oltre al modo di vivere all'occidentale esisteva anche quello islamico , ed è stato un bene...
ma l'islamizzazione dell'Europa era già cominciata da tempo solo che passava nascosta dato che attentati non ce ne erano stati ed anche l'Islam politico non alzava la voce...

XK1pnCldKZI

Il filmato è molto pessimistico e semplicistico ma la base di fondo numerica è reale.

00_Void
04-05-09, 21:22
[...]
Forse, anzi sicuramente, non sarà ritenuto ortodosso questo mio dubbio, ma nondimeno non avendo le basi tramite le quali estinguerlo non mi sento di considerare la questione automaticamente chiusa per il mero senso di rispetto e di conseguente fiducia che un lontano passato, le cui nebbie escludono ogni possibile analisi critica (e questo in sé non è detto che sia un male), dovrebbe unilateralmente ispirarmi.

il prossimo passo è fare outing e dichiararsi agnostico :D

Secondo me le religioni recenti sono interessanti da analizzare,

I mormoni:
http://en.wikipedia.org/wiki/History_of_the_Latter_Day_Saint_movement
e il loro testo sacro:
http://en.wikipedia.org/wiki/Book_of_Mormon

Uno si alza la mattina e dice di aver avuto dele visioni, scrive un testo "sacro" in cui spiega che l'America è la terra promessa (casualmente lui vive in America) e che una tribù di ebrei l'aveva colonizzata 2000 anni prima di Colombo.

Attendibilità storica= zero.

* The lack of correlation between locations described in the Book of Mormon and American archaeological sites.[93]

* References to animals, plants, metals and technologies in the Book of Mormon that archaeological or scientific studies have found no evidence of in post-Pleistocene, pre-Columbian America, frequently referred to as anachronisms.[94] Items typically listed include cattle[95], horses,[96][97] asses,[96][98], oxen,[96] sheep, swine, goats[99], elephants,[100][101] wheat, steel,[102] brass, chains, iron, scimitars, and chariots.[103]

* The lack of linguistic connection between any Native American languages and Near Eastern languages.[104]

* The lack of DNA evidence linking any Native American group to the ancient Near East. [105]


Oggi i mormoni sono 3 milioni e sono in crescita. Certo sembra blasfemo mettere sullo stesso piano Gesù, Maometto e un tale Joseph Smith... ma chissà forse sembra blasfemo perchè le nebbie del tempo escludono ogni possibile analisi critica.

DharmaRaja
04-05-09, 21:38
e il senso da dare alle dottrine riguardanti i cicli, il loro termine escatologico, il loro nuovo inizio - se cioè si tratta di un (a me pare) fatalistico "ineluttabilmente, succederà questo", o di un più volontaristico "se si lascia che le cose decadano, questo è il processo che accadrà, una tappa dopo l'altra", passando a descrivere la 'regressione delle caste' e poi la prestabilita fine dei tempi, da risolversi mediante un salvatore in qualche modo 'esterno'.
Ho fatto un po' di confusione nell'esprimermi invertendo le frasi, quindi riformulo:

..e il senso da dare alle dottrine riguardanti i cicli, il loro termine escatologico, il loro nuovo inizio - se cioè si tratta di un fatalistico "ineluttabilmente, succederà questo", passando a descrivere la 'regressione delle caste' e poi la prestabilita fine dei tempi come qualcosa da risolversi mediante un salvatore in qualche modo 'esterno' inviato da altrove, o invece di un più volontaristico "se rimuovendo i katéchon del retto ordine tradizionale si lascia che le cose decadano, questo è il processo che accadrà, una tappa dopo l'altra", vedendo la regressione delle caste come fenomenologia della decadenza la quale, se e finché incontrastata, porta ad un punto-zero in cui per ragioni 'strutturali' non può non ergersi infine il peggiore degli impostori con le più grandi promesse (facente cioè funzione di Dajjal), e dopo il suo intrinsecamente instabile regno, avvicendarsi un nuovo fondatore che raccogliendo i pezzi di quanto umanamente rimasto rifondi radicalmente una nuova civiltà stabile (che se vuole esser tale non può che essere tradizionale), dando così inizio ad un nuovo "ciclo" di fioritura - la quale però, distaccandoci dalla metafora vegetale e da quanto sostenuto da Spengler, può non contenere in sé stessa le premesse della sua stessa fine, la quale non sarebbe quindi da vedersi come ineluttabile.

DharmaRaja
04-05-09, 21:47
Certo sembra blasfemo mettere sullo stesso piano Gesù, Maometto e un tale Joseph Smith... ma chissà forse sembra blasfemo
Lo è, a mio parere, nella misura in cui quanto detto da Joseph Smith è meno esatto di quanto detto da altri.
L'argomento decostruzionista contro la 'superstizione' intacca unicamente ciò che ad essa si appoggia, cioè la dimensione exoterico-religiosa della spiritualità. Come noterai, c'è chi sostiene che la terra sia piatta e chi (mi riferisco ad autorità religiose orientali) non ha alcun problema ad ammettere che la visione dell'universo della propria tradizione è del tutto compatibile con le ultime teorizzazioni della quantistica.
Il problema degli illuministi è tutto lì, scambiano il vasto mondo delle dottrine tradizionali per ciò che ne è solo una porzione, cioè la religione exoterica, teista, duale e basantesi sulla fede anziché sulla gnosi, il tutto con una buona dose di ressentiment.

Se poi vuoi sapere il mio parere sull'attendibilità storica, è proprio che questa non conta assolutamente niente laddove la dottrina è oggettivamente corretta. E' anzi necessaria una grande narrazione entro cui imperniarla affinché i molti possano in qualche modo approcciarvisi, come si suol dire "da ciascuno secondo le sue possibilità ad ognuno secondo i suoi bisogni".

carlomartello
04-05-09, 22:21
Diciamo che dopo l'11 settembre 2001 le masse hanno cominciato a prendere coscienza che oltre al modo di vivere all'occidentale esisteva anche quello islamico , ed è stato un bene...
ma l'islamizzazione dell'Europa era già cominciata da tempo solo che passava nascosta dato che attentati non ce ne erano stati ed anche l'Islam politico non alzava la voce...

XK1pnCldKZI

Il filmato è molto pessimistico e semplicistico ma la base di fondo numerica è reale.

L'11 settembre è stato decisivo assieme agli altri attacchi che sono seguiti, Madrid, Beslan, Londra, finalmente le persone in Europa si sono rese conto di vivere fianco a fianco con l'islam, invece di andare dietro a Moore e alle pagliacciate anti-repubblicane dei democratici (ma anche i cospirazionismi più "seri" diciamo così) come hanno fatto per esempio Blondet dovremmo sfruttare quest'occasione per aizzare la Reconquista, altro che puntini sulle "i", se i nostri predecessori avessero elogiato la civiltà andalusa e l'impero turco stigmatizzando l'Occidente che già allora era tanto criticabile oggi non saremmo ancora europei.
Se la CIA ci ha tolto di mezzo Abu Omar, bisogna prenderla con filosofia, capire che è il minimo che poteva fare dopo aver sostenuto gli islamisti contro i nazionalisti arabi, persiani, i russi e i serbi.
E dopotutto adesso vediamo che l'impero Americano non caldeggia più l'islamofobia e sta abbassando la cresta tornando alla politica di Brzezinski. Quindi la neutralizzazione di questa minaccia islamica è anche preventiva contro ulteriori destabilizzazioni. La Turchia in Europa? Neanche per sogno, se poi i russi saranno capaci di strumentalizzare il pan-turchismo a loro favore contro la crescita cinese si vedrà, noi non siamo assolutamente in grado di portare la Turchia in Europa senza 'turchizzarci'.
Un certo clima ha permesso a movimenti europei per nulla 'americanomorfi' come la Lega in Italia o il Vlaams Block in Belgio di riscuotere un ampio consenso.
D'altronde le seghe sulla tradizione e la metafisica lasciano il tempo che trovano, l'islam è solo uno stendardo di un mondo bioculturale afro-asiatico profondamente revanscista nei nostri confronti, come sostiene anche Dmitri Rogozin. A noi tocca alzare lo stenardo cristiano (se non altro perché i pagani non possono aiutarci a riprenderci demograficamente) e riconquistare l'Europa.

carlomartello

José Frasquelo
04-05-09, 22:41
L'11 settembre è stato decisivo assieme agli altri attacchi che sono seguiti, Madrid, Beslan, Londra, finalmente le persone in Europa si sono rese conto di vivere fianco a fianco con l'islam, invece di andare dietro a Moore e alle pagliacciate anti-repubblicane dei democratici (ma anche i cospirazionismi più "seri" diciamo così) come hanno fatto per esempio Blondet dovremmo sfruttare quest'occasione per aizzare la Reconquista, altro che puntini sulle "i", se i nostri predecessori avessero elogiato la civiltà andalusa e l'impero turco stigmatizzando l'Occidente che già allora era tanto criticabile oggi non saremmo ancora europei.
Se la CIA ci ha tolto di mezzo Abu Omar, bisogna prenderla con filosofia, capire che è il minimo che poteva fare dopo aver sostenuto gli islamisti contro i nazionalisti arabi, persiani, i russi e i serbi.
E dopotutto adesso vediamo che l'impero Americano non caldeggia più l'islamofobia e sta abbassando la cresta tornando alla politica di Brzezinski. Quindi la neutralizzazione di questa minaccia islamica è anche preventiva contro ulteriori destabilizzazioni. La Turchia in Europa? Neanche per sogno, se poi i russi saranno capaci di strumentalizzare il pan-turchismo a loro favore contro la crescita cinese si vedrà, noi non siamo assolutamente in grado di portare la Turchia in Europa senza 'turchizzarci'.
Un certo clima ha permesso a movimenti europei per nulla 'americanomorfi' come la Lega in Italia o il Vlaams Block in Belgio di riscuotere un ampio consenso.
D'altronde le seghe sulla tradizione e la metafisica lasciano il tempo che trovano, l'islam è solo uno stendardo di un mondo bioculturale afro-asiatico profondamente revanscista nei nostri confronti, come sostiene anche Dmitri Rogozin. A noi tocca alzare lo stenardo cristiano (se non altro perché i pagani non possono aiutarci a riprenderci demograficamente) e riconquistare l'Europa.

carlomartello

rotfl

Anton Hanga
05-05-09, 00:26
L'11 settembre è stato decisivo assieme agli altri attacchi che sono seguiti, Madrid, Beslan, Londra, finalmente le persone in Europa si sono rese conto di vivere fianco a fianco con l'islam, invece di andare dietro a Moore e alle pagliacciate anti-repubblicane dei democratici (ma anche i cospirazionismi più "seri" diciamo così) come hanno fatto per esempio Blondet dovremmo sfruttare quest'occasione per aizzare la Reconquista, altro che puntini sulle "i", se i nostri predecessori avessero elogiato la civiltà andalusa e l'impero turco stigmatizzando l'Occidente che già allora era tanto criticabile oggi non saremmo ancora europei.
Se la CIA ci ha tolto di mezzo Abu Omar, bisogna prenderla con filosofia, capire che è il minimo che poteva fare dopo aver sostenuto gli islamisti contro i nazionalisti arabi, persiani, i russi e i serbi.
E dopotutto adesso vediamo che l'impero Americano non caldeggia più l'islamofobia e sta abbassando la cresta tornando alla politica di Brzezinski. Quindi la neutralizzazione di questa minaccia islamica è anche preventiva contro ulteriori destabilizzazioni. La Turchia in Europa? Neanche per sogno, se poi i russi saranno capaci di strumentalizzare il pan-turchismo a loro favore contro la crescita cinese si vedrà, noi non siamo assolutamente in grado di portare la Turchia in Europa senza 'turchizzarci'.
Un certo clima ha permesso a movimenti europei per nulla 'americanomorfi' come la Lega in Italia o il Vlaams Block in Belgio di riscuotere un ampio consenso.
D'altronde le seghe sulla tradizione e la metafisica lasciano il tempo che trovano, l'islam è solo uno stendardo di un mondo bioculturale afro-asiatico profondamente revanscista nei nostri confronti, come sostiene anche Dmitri Rogozin. A noi tocca alzare lo stenardo cristiano (se non altro perché i pagani non possono aiutarci a riprenderci demograficamente) e riconquistare l'Europa.
carlomartello


Non ci sara' nessuna reconquista se non nei tuoi sogni.
L'Europa giudeo-cristiana e' morta, non uccisa dall'Islam o da qualche agente esterno ma proprio per suicidio indotto dalle sue contraddizioni interne, la decadenza e' arrivata ad un punto di non ritorno e non si puo' certo riattivare una tradizione morta con le leggi o con il denaro o la forza militare. Non esiste nessuno stendardo cristiano da rialzare, a meno che tu non intenda con questa espressione le puttane , le veline, i froci e tutta la spazzatura che affolla il mondo moderno. Benche' io sia contrario ad ogni forma di contaminazione etnica non si puo' non constatare che una tradizione morta viene necessariamente sostituita con una ancora viva e vitale.

Logomaco
05-05-09, 01:03
Ortodossia o Islam.

Non vedo altre alternative concrete.

carlomartello
05-05-09, 01:04
Non ci sara' nessuna reconquista se non nei tuoi sogni.
L'Europa giudeo-cristiana e' morta, non uccisa dall'Islam o da qualche agente esterno ma proprio per suicidio indotto dalle sue contraddizioni interne, la decadenza e' arrivata ad un punto di non ritorno e non si puo' certo riattivare una tradizione morta con le leggi o con il denaro o la forza militare. Non esiste nessuno stendardo cristiano da rialzare, a meno che tu non intenda con questa espressione le puttane , le veline, i froci e tutta la spazzatura che affolla il mondo moderno. Benche' io sia contrario ad ogni forma di contaminazione etnica non si puo' non constatare che una tradizione morta viene necessariamente sostituita con una ancora viva e vitale.

Il solito disfattismo, i debosciati ci sono sempre stati, e ci sono anche nel mondo arabo e maomettano, solo che lo celano davanti al loro orgoglio etnico e narcisismo religioso, in Europa ci sono popoli che sono essenzialmente identitari ma non riescono a esprimere questo sentimento di appartenenza storico-culturale se non durante i tornei di calcio o cose simili. Non basta qualche decennio a cancellare le nazioni europee. Gli attentati, voci come quella della Fallaci (stiamo rileggendo 'La forza della ragione': incredibile ma vero la Fallaci difende fra gli altri Robert Faurisson e il revisionismo storico, è proprio vero che non l'ha letta nessuno tra quelli che ne straparlano) hanno trasmesso un'energia capace di risvegliare gli occidentali. Il problema vero è la correttezza politica dell'Occidente, i dogmi buonisti, una percezione universalista della propria cultura, e via di seguito. Bastano crisi e paure, e in Europa possono tornare tempi neri. L'intolleranza verso l'immigrazione, più visibile dell'occupazione americana fondata sull'esportazione di 'benessere', è un fattore molto importante.
E se anche non fosse così, tanto vale provarci, anche perché l'Europa sta venendo colonizzata etnicamente non si sta 'convertendo' all'islam. Sinceramente dubitiamo che i nostri discendenti ci ringrazieranno quando finiranno ghettizzati in Europa come i cristiani in Egitto e in Nord Africa.

carlomartello

carlomartello
05-05-09, 01:10
Ortodossia o Islam.

Non vedo altre alternative concrete.

Alcool & porco. :D

carlomartello

Anton Hanga
05-05-09, 12:35
Il solito disfattismo, i debosciati ci sono sempre stati, e ci sono anche nel mondo arabo e maomettano, solo che lo celano davanti al loro orgoglio etnico e narcisismo religioso, in Europa ci sono popoli che sono essenzialmente identitari ma non riescono a esprimere questo sentimento di appartenenza storico-culturale se non durante i tornei di calcio o cose simili. Non basta qualche decennio a cancellare le nazioni europee. Gli attentati, voci come quella della Fallaci (stiamo rileggendo 'La forza della ragione': incredibile ma vero la Fallaci difende fra gli altri Robert Faurisson e il revisionismo storico, è proprio vero che non l'ha letta nessuno tra quelli che ne straparlano) hanno trasmesso un'energia capace di risvegliare gli occidentali. Il problema vero è la correttezza politica dell'Occidente, i dogmi buonisti, una percezione universalista della propria cultura, e via di seguito. Bastano crisi e paure, e in Europa possono tornare tempi neri. L'intolleranza verso l'immigrazione, più visibile dell'occupazione americana fondata sull'esportazione di 'benessere', è un fattore molto importante.
E se anche non fosse così, tanto vale provarci, anche perché l'Europa sta venendo colonizzata etnicamente non si sta 'convertendo' all'islam. Sinceramente dubitiamo che i nostri discendenti ci ringrazieranno quando finiranno ghettizzati in Europa come i cristiani in Egitto e in Nord Africa.
carlomartello


Quelli che oggi sbraitano contro l'Islam, i vari Borghezio, Calderoli, Faye, Pera, Ferrara, saranno i primi, appena gli equilibri dovessero spostarsi in favore dell'Islam, a convertirsi e ad ergersi come paladini della Shari'a e del fondamentalismo piu' estremo, cosi' come, se fossero vissuti durante la IIGM sarebbero stati i primi a scoprirsi antifascisti il 25 aprile stesso; prendila come una "profezia". Tutto cio' non dipende dalla tradizione cristiana, ma dalla natura infima e opportunista dei personaggi suddetti che oggi si dichiarano paladini del cristianesimo. Faranno la fine dell'entita' sionista nel vicino oriente, spariranno per consunzione interna, per suicidio etnico autoindotto, a meno di non voler usare la misura estrema che vanno minacciando da sempre, ovvero lanciare bombe atomiche su tutto il vicino e medio oriente in una riedizione di muoia Sansone con tutti i filistei.

carlomartello
05-05-09, 12:43
Quelli che oggi sbraitano contro l'Islam, i vari Borghezio, Calderoli, Faye, Pera, Ferrara, saranno i primi, appena gli equilibri dovessero spostarsi in favore dell'Islam, a convertirsi e ad ergersi come paladini della Shari'a e del fondamentalismo piu' estremo, cosi' come, se fossero vissuti durante la IIGM sarebbero stati i primi a scoprirsi antifascisti il 25 aprile stesso; prendila come una "profezia".

Queste sono illazioni del dhimmi Blondet però. :D


Tutto cio' non dipende dalla tradizione cristiana, ma dalla natura infima e opportunista dei personaggi suddetti che oggi si dichiarano paladini del cristianesimo. Faranno la fine dell'entita' sionista nel vicino oriente, spariranno per consunzione interna, per suicidio etnico autoindotto, a meno di non voler usare la misura estrema che vanno minacciando da sempre, ovvero lanciare bombe atomiche su tutto il vicino e medio oriente in una riedizione di muoia Sansone con tutti i filistei.

Infima e opportunista? Semplicemente si prende atto che noi europei restiamo culturalmente cristiani anche se siamo atei, e che il risveglio delle altre identità dell'universo della multiculturalità trova l'ultimo uomo secolarizzato e sradicato occidentale in svantaggio.


carlomartello

Ierocle
05-05-09, 19:21
Era esattamente ciò a cui pensavo, e al di là dal mercantilismo, considerando anche il semplice conservatorismo in buona fede, mi chiedevo se ci sia da sorprendersi che qualora si propongano soluzioni 'inedite', cioè l'adozione di nuove forme (in questo caso, peculiarmente e classicamente europee) pur attingendo da un nucleo che è quello puramente dottrinale della tradizione perenne, queste vengano viste come illegittime e arbitrarie, prive dei crismi necessari. (...).

Chiedo scusa, ma non riesco a capire:
1) che cosa si intenda per "nuove forme europee [della tradizione perenne]";
2) quali siano in definitiva queste "nuove forme europee";
3) chi è il soggetto che le propone.

DharmaRaja
05-05-09, 20:38
Chiedo scusa, ma non riesco a capire:
1) che cosa si intenda per "nuove forme europee [della tradizione perenne]";
2) quali siano in definitiva queste "nuove forme europee";
3) chi è il soggetto che le propone.
Pardon, sono stato troppo vago.
Posto il fatto che ovviamente non ho in serbo nessuna mia invenzione, pensavo più che altro a cosa sarebbe potuto scaturire laddove tentativi come quelli avvenuti con i fascismi fossero stati portati ancor più avanti e senza sfaldamenti dottrinali di vario genere. Penso per esempio alle potenzialità che Evola sperò in un primo momento potessero scaturire da esperienze come quella delle SS, o ad altre simili esperienze che sarebbero potute magari affiorare in un futuro, laddove la lungimiranza e la lotta per la weltanschauung avesse portato coloro che già tramite l'Ahnenerbe s'interessavano al Tibet e all'India a tentare di creare delle comunità ascetiche basate sulle dottrine di quei luoghi. Ovviamente sappiamo quanto, dietro il fascino dell'ordine elitario dalla confusa vocazione monastico-guerriera, si celassero in realtà tutta una serie di profonde mancanze dottrinali da parte di Himmler e dell'intero ambiente in cui predominavano tendenze biologiste e moderniste a vario titolo, e sul rilevare fino in fondo tali sfaldamenti credo nessuno abbia problemi a meno di non voler fantasticare sulla via di Serrano.
Se però dei tentativi del genere (parallelamente a quelle vere liturgie pubbliche, potenzialmente imperiali che il nazismo inaugurò) si fossero basati su dei princìpi del tutto in linea con la weltanschauung tradizionale, se quelle élites volenterose di fondare un Ordine che reggesse l'Europa si fossero date (il prima possibile anche a livello operativo) ad un'ascesi del tutto in ordine con quelle che erano le dottrine tradizionali che seppur confusamente affascinarono tali ambienti, allora mi chiedo, una cosa del genere sarebbe stata legittima? E se non la si ritenesse tale, perché?
Immagino le obiezioni riguardino la continuità delle catene iniziatiche e altre questioni analoghe, che furono quelle che già ai tempi divisero Evola e Guénon sulla questione delle pratiche operative ai nostri giorni - così come, credo parallelamente, sulla questione della speranza di ridare un retto corso all'Europa tramite l'azione di un 'élite intellectuelle' oppure di un 'ordine', cioè ad esempio quel che Evola sperò (invano) che le SS potessero rappresentare.

Ciò su cui non mi trovo molto convinto, in poche parole, è il fatto che la rivelazione coranica sia un qualcosa che definitivamente conchiude la fase delle fioriture tradizionali di questo ciclo, e che quindi non si possa, ormai, che rifarsi ad essa in attesa dei tempi ultimi. Non è tanto perché si tratti dell'Islam piuttosto che di una qualsiasi altra tradizione, quanto perché questa impostazione dà più l'idea di una versione quasi teleologica della storia, un 'ciclo' linearmente e ineluttabilmente inteso che non lascia spazio al volontarismo, ragion per cui non capisco come l'"interventismo" nella storia, l'impegno politico e metapolitico da presupposti tradizionali eccetera, sia da ritenersi sensato, dato il ruolo che si lascia nella risoluzione della decadenza ad eventi escatologici letteralmente intesi quasi come se (ma potrei sbagliarmi) si trattasse dell'intervento nella storia di un Dio-persona esterno che ci salvi ad un dato punto.
Per questo mi chiedevo se non fosse più sensato concepire le dottrine riguardanti la regressione delle caste, i tempi ultimi e via dicendo come una fenomenologia della decadenza il cui processo può però essere invertito e sovvertito laddove si riesca ad instaurare di nuovo un ordine conforme ai princìpi tradizionali.

Riguardo quindi al "soggetto che le propone", il mio discorso era appunto del seguente tipo: nel caso dei fascismi, si puntò ad una sorta di recupero, seppur (purtroppo) superficiale, delle tradizioni precristiane autenticamente europee, e tendo a concordare con Romualdi riguardo al fatto che a livello perlomeno esteriore, di forma exoterica, il richiamo a uno spirito classico (non saprei quale termine preferire, ma "pagano" vuol dire tutto e niente) sarebbe più proponibile rispetto a quello cristiano.
Se le condizioni storico-politiche lo permettessero e un processo simile a quello dei fascismi fosse intrapreso, questa volta senza sfaldamenti dottrinali assortiti ma con la volontà di fondare nuovamente un centro tradizionale europeo, eventualmente "attingendo" (se il 'passaggio' da una catena già presente fosse indispensabile) da un portato iniziatico già attivo altrove (che si tratti del mondo islamico o di altre realtà), cosa ci sarebbe di "non in regola"? Forse può sembrare una cosa artificiosa, ma non furono già ai loro tempi degli uomini in carne ed ossa (ed eventualmente corpo sottile e corpo causante) a "fondare", per quanto la parola sia impropria, le rispettive tradizioni, e a combattere addirittura violentemente per affermarle laddove nessuno fuorché loro ne voleva sapere di essere rimpiazzato, rifiutando di considerarsi in declino?
Se da un punto di vista tradizionale, metafisico e prescindente dagli exoterismi si riconosce il divino come un brahman impersonale e non come Brahma, come un principio e non come una persona, dove sarebbe l'eresia nel ricostruire un'Europa conforme ai princìpi dell'organizzazione tradizionale dotandola quanto prima di un proprio nucleo iniziatico dalle capacità operativamente conseguite, il quale abbia poi il potere decisionale su quelle che sono le forme exoteriche da adottare compatibilmente al contesto che dovrebbe riceverle?
Questo mi pare più conforme ad una prospettiva attiva e volontaristica.

Riguardo alle posizioni che ho tentato di interpretare, potrei ben averle fraintese in qualche punto, in caso mi si corregga.

José Frasquelo
06-05-09, 11:47
Le radici dell’Europa? Dobbiamo cercarle nel neolitico

1 January 2000 (21:15) | Autore: Luca Leonello Rimbotti

Le nostre radici europee sono ben altrimenti profonde di quanto possa immaginarsi quello sgangherato conciliabolo che ha sede a Strasburgo. L’Europa, con un’identità certa e caratteri nitidi, con un suo profilo culturale già disegnato, con le sue aristocrazie e con le prime forme di organizzazione proto-statale, esiste da quando vi fu un popolo che ne calcò la terra lasciando di sé tracce inequivocabili, ben leggibili da archeologi, paletnologi, linguisti di ogni scuola scientifica. Questo popolo è l’Indoeuropeo: ai primordi era unito geograficamente, da qualche parte nel nostro continente; poi si è irraggiato ai quattro punti cardinali. Ogni volta gettando il primo seme della civiltà su sostrati umani più antichi e diversi, spesso ancora sprofondati nella notte dell’orda: così sono nate la Grecia e Roma, la Persia iranica e l’India vedica, e l’orma dell’uomo indoeuropeo è visibile anche in Egitto e nell’Asia centrale, ma pure nelle Americhe, e persino in Oceania.

Un’identità all’opera da millenni, pervenuta infine a maturazione: “L’età del bronzo, il cui principio in Europa si può datare intorno al 1800 a.C., e che dura nel Sud fino al 1000, nel Nord fino all’800 a.C. circa, segna la maturazione delle varie nazionalità indoeuropee“. Questa frase di Adriano Romualdi compare nel suo libro Gli Indoeuropei: origini e migrazioni, ora ripubblicato dalle Edizioni di Ar, dopo la prima, esauritissima edizione, risalente all’ormai lontano 1978. Da tempo è un classico, un libro che, tra l’altro, esce al momento giusto, nel pieno dei vociferanti nonsensi sulle radici dell’Europa, cui ha dato la stura la nuova retorica pseudo-europeista. Era necessario che, mentre la setta progressista si danna l’anima per occultare le nostre vere radici e per assegnarcene di posticce e di post-datate, una voce almeno si levasse, e di prestigio, per tenere alta il più possibile la bandiera di una identità plurimillenaria che, se è destinata a soccombere, almeno vorrà farlo circondata da simboli veritieri, e non da ghigni di contraffazione.

Questo, per ricordare ai simulatori che, quando si parla di radici europee, non sono in questione l’illuminismo, i “diritti” liberaloidi e neppure il cristianesimo, arrivato a Roma quando la piena luce della storia era accesa da un millennio e quella più soffusa della proto-storia da ère incalcolabili.

In pagine dense e godibili, irte di riferimenti scientifici e come poche illuminanti, Romualdi ripercorre tutte le fasi di quella grandiosa vicenda di fondazione che è stata la serie di sommovimenti migratori e di nuovi stanziamenti che, nel corso delle epoche, hanno caratterizzato l’identità indoeuropea. Dall’uomo di Cro-Magnon alle culture megalitiche, dagli usi della ceramica a cordicella e del vaso a imbuto fino ai campi d’urne; dall’ascia da combattimento al carro da guerra, fino alle sacre simbologie solari: uno dopo l’altro vengono ricomposti i tasselli che, mano a mano, mettono a fuoco il volto dell’uomo indoeuropeo. Questi è il tipo nordico, e Romualdi - come prima di lui, tra gli altri, il prestigioso Kossinna, ma in parte anche il nostro Devoto - accredita la sua patria d’origine nell’area che comprende Scandinavia e Carpazi, portando a supporto una moltitudine di materiali filologici e archeologici. Altri indicarono il Nord artico, altri ancora la zona sarmatica dei kurgan, mentre qualcuno ipotizza persino l’Anatolia. Ma, al di là delle volubili dispute accademiche, ciò che conta è l’accertamento che vi fu una Ur-Heimat da cui prese le mosse un Ur-Volk. E che questo popolo, con la sua morfologia e il suo carattere, sia non il vago, ma il diretto antecedente dei popoli che ancora oggi abitano l’Europa. I tratti fisici fissati nei graffiti della Valcamonica come nella statuaria ellenica, le superiori tecniche agricole, la capacità organizzativa sociale e guerriera, fino a quei pantheon di divinità dominatrici e gloriose, che sono il sigillo di un mondo eternamente proteso alla conquista: di sé, degli spazi e dei saperi. Tuttavia, ammonisce Romualdi, “la scienza delle radici indoeuropee della civiltà d’Europa non ha un mero valore storico e antiquario. E’ la scienza di ciò che è affine e ciò che è estraneo”. E’ la scienza cui guardano tutti coloro che, sul ciglio di un abisso di dispersione, ancora credono che il differenzialismo e la memoria ancestrale europea siano valori politici preziosi, da tutelare ad ogni costo.

Quello indoeuropeo è comunque uno di quei campi del sapere in cui l’ipocrisia della cultura contemporanea è più che altrove instancabile nel confondere le idee. La paura di essere considerati “razzisti” per il solo fatto di essere studiosi delle razze umane, induce molti studiosi conformisti a grottesche circonlocuzioni semantiche. E’ qui che si annida, tra l’altro, il nevrotico puntiglio di voler considerare l’Indoeuropeo esclusivamente una lingua, e non un popolo, quasi che una lingua potesse essere parlata da entità astratte, e non da uomini in carne ed ossa. Al contrario, si sa che la lingua ovviamente segue, e non precede, la conformazione biologica di un ethnos. Cosa risaputa anche ai tempi di Vico che, non a caso, scrisse che “i parlari volgari sono i testimoni più gravi degli antichi costumi de’ popoli, che si celebrarono nel tempo ch’essi si formaron le lingue”. La possibilità di negare realtà storica agli Indoeuropei come stirpe, prendendola in considerazione solo come lingua, solleva certi studiosi dal peso angoscioso di dover riconoscere la semplice esistenza di una materia - le razze umane - al cui suono si innescano nevrastenìe di massa. Si utilizza quindi il concetto di migrazione - in cui la mescolanza tra tipi è sempre stata una costante storica, mai negata da alcuno studioso, neppure “razzista” - come prova che l’ibrido è un fattore normale. Ma si dimentica che proprio la migrazione è, al contrario, uno dei pochi elementi attraverso i quali poter individuare i vari popoli, e che il concetto di razza può includere tranquillamente quello di mescolanza, ove i tipi prevalenti permangano omogenei e, come tali, riconoscibili. A questi livelli proto-storici, inoltre, si tratta, per lo più, di mescolanza intra-razziale e non inter-razziale. Lo ricorda Romualdi, rimarcando che “quanto più si va indietro, verso le origini, razza e lingua tendono a coincidere”: un dato che viene volentieri sottaciuto da quanti ipotizzano primordiali rimescolamenti etnici per giustificare quelli odierni.

La vera e unica “costituzione” europea è dunque quella che vedeva “costituiti” di fatto i maggiori popoli d’Europa addirittura prima ancora dell’età del bronzo, in pieno neolitico. Romualdi individua una definita koiné indoeuropea nell’area baltica a far data dal 3.500 a.C. La Gimbutas colloca pure al IV millennio a.C. le infiltrazioni indoeuropee dirette antenate dei nostri popoli; Renfrew retrodata la lingua proto-ariana al VII millennio; recentemente, Villar ne accerta l’esistenza almeno al V-IV millennio a.C., e così via. E’ dunque un fatto che la nostra identità ancestrale è ovunque scientificamente documentata nelle grandi linee. Storicamente, essa data da quando, da quel grande bacino antropologico indoeuropeo che con tutta probabilità fu la zona baltico-lusaziana, presero a muoversi le prime avanguardie di quelli che poi sarebbero divenuti i Germani, gli Italici, gli Elleni, cioè esattamente quei popoli che poi daranno vita al nostro intero patrimonio di civiltà.

Come scrisse Altheim, citato da Romualdi: “La migrazione dorica e l’invasione dei Latini e delle popolazioni affini a questi ultimi furono fasi dello stesso evento. La grande migrazione illirica ha esercitato un influsso profondo nella storia mondiale. Ciò appare chiaro allorché si osserva il risultato finale: Sparta per la Grecia e Roma per l’Italia”. Queste le uniche vere radici d’Europa, e non altre.

* * *

Tratto da Linea del 1 agosto 2004.

Luca Leonello Rimbotti

Avanguardia
06-05-09, 12:12
Gli attentati come quello dell' undici settembre sono stati auto-attentati pianificati e implementati dai servizi segreti e dalle istituzioni mondialiste; chiaro che chi va a piazzare la bomba in genere è un pollo inconsapevole dei veri scopi di chi lo usa.

Spetaktor
06-05-09, 14:18
L'Europa giudeo-cristiana e' morta

L'Europa giudeo-cristiana non è mai esistita, quindi non può essere morta.

Malaparte
06-05-09, 14:37
L'Europa giudeo-cristiana non è mai esistita, quindi non può essere morta.

Per una volta ne dici una giusta :D

José Frasquelo
06-05-09, 14:44
L'Europa giudeo-cristiana non è mai esistita, quindi non può essere morta.

Cioè? Spiegati meglio per favore.

carlomartello
06-05-09, 14:55
Cioè? Spiegati meglio per favore.

Che il rapporto tra il mondo ebraico e quello cristiano non è sempre stato così idilliaco probabilmente: insomma un discorso inutile visto che ormai non esiste una sola religione-guida europea essendo gli europei suddivisi in cattolici, ortodossi, evangeli, anglicani, etc.
Poi ci sarebbe da dire che "giudeo-cristiani" sono in realtà i libri della Bibbia cristiana e che in questo senso gli ebrei e i cristiani sarebbero culturalmente collegati: è un discorso che rifiutano anche molti degli stessi ebrei ai quali andrebbe semplicemente riconosciuto il ruolo di monoranza religiosa resa indigena dai secoli come gli ungheresi non-indoeuropei stanziatisi i in Europa orientale.

carlomartello

DharmaRaja
06-05-09, 14:55
Cioè? Spiegati meglio per favore.
Si riferisce al fatto che se un'Europa cristiana è esistita, il termine "giudeo-cristiana" è fuffa neocon, laddove storicamente cristianesimo e giudaismo, tantopiù su suolo europeo, non si sono mai amati granché, tantomeno ai tempi in cui il cristianesimo aveva reale potere.

DharmaRaja
06-05-09, 14:57
Poi ci sarebbe da dire che "giudeo-cristiani" sono in realtà i libri della Bibbia cristiana e che in questo senso gli ebrei e i cristiani sarebbero culturalmente collegati:
Su questo concordo, è la cosa che implica le ragioni per cui diversi di noi non sono cristiani.

Anton Hanga
06-05-09, 15:02
Si riferisce al fatto che se un'Europa cristiana è esistita, il termine "giudeo-cristiana" è fuffa neocon, laddove storicamente cristianesimo e giudaismo, tantopiù su suolo europeo, non si sono mai amati granché, tantomeno ai tempi in cui il cristianesimo aveva reale potere.

Io mi riferisco all'Europa di oggi, mica al sacro romano impero!

Malaparte
06-05-09, 15:03
Si riferisce al fatto che se un'Europa cristiana è esistita, il termine "giudeo-cristiana" è fuffa neocon, laddove storicamente cristianesimo e giudaismo, tantopiù su suolo europeo, non si sono mai amati granché, tantomeno ai tempi in cui il cristianesimo aveva reale potere.

Anche perché il Cristianesimo è la negazione del Giudaismo, e viceversa.
E inoltre parlare di "radici giudaico-cristiane" non ha senso, perché ciò che è culturalmente giudaico è già contenuto nell'attributo "cristiane".

carlomartello
06-05-09, 15:10
Anche perché il Cristianesimo è la negazione del Giudaismo, e viceversa.
E inoltre parlare di "radici giudaico-cristiane" non ha senso, perché ciò che è culturalmente giudaico è già contenuto nell'attributo "cristiane".

Mica il giudaismo ha smesso di produrre una propria cultura 2000 anni fa quindi non è esatto, si sono semplicemente formate due culture differenti ma parzialmente collegate. Anche il giudaismo è stato poi "europeizzato" a suo modo, difatti le differenze con l'ebraismo orientale (yemeniti, et similia) e africano (i falashah) è abissale e lo sentono anche loro.

carlomartello

Malaparte
06-05-09, 15:14
Mica il giudaismo ha smesso di produrre una propria cultura 2000 anni fa quindi non è esatto, si sono semplicemente formate due culture differenti ma parzialmente collegate. Anche il giudaismo è stato poi "europeizzato" a suo modo, difatti le differenze con l'ebraismo orientale (yemeniti, et similia) e africano (i falashah) è abissale e lo sentono anche loro.

carlomartello

Quello che sto dicendo è che parlare di Europa "giudaico-cristiana" è stupido, dato che quel "giudaica" è solo una inutile aggiunta inventata ad hoc per motivi politici, come del resto il concetto di "Occidente" etc.
Poi non so proprio cosa c'entri l'Europa col Giudaismo moderno.

carlomartello
06-05-09, 15:21
Quello che sto dicendo è che parlare di Europa "giudaico-cristiana" è stupido, dato che quel "giudaica" è solo una inutile aggiunta inventata ad hoc per motivi politici, come del resto il concetto di "Occidente" etc.
Poi non so proprio cosa c'entri l'Europa col Giudaismo moderno.
Bastarebbe studiare un pò di Storia per smentire quanto scrivi.
La giudaizzazione dell'Europa non è meno inventata della 'shoah culturale' di molti precedenti regimi, le ragioni sono sempre nella politica e nell'economia.

carlomartello

Giò
06-05-09, 17:22
Eckhart ha ragione. L'Europa giudaico-cristiana è un'invenzione priva di senso, che non trova fondamenti nè religiosi nè culturali nè storici.

Ierocle
06-05-09, 17:39
Pardon, sono stato troppo vago.
Posto il fatto che ovviamente non ho in serbo nessuna mia invenzione, pensavo più che altro a cosa sarebbe potuto scaturire laddove tentativi come quelli avvenuti con i fascismi fossero stati portati ancor più avanti e senza sfaldamenti dottrinali di vario genere. Penso per esempio alle potenzialità che Evola sperò in un primo momento potessero scaturire da esperienze come quella delle SS, o ad altre simili esperienze che sarebbero potute magari affiorare in un futuro, laddove la lungimiranza e la lotta per la weltanschauung avesse portato coloro che già tramite l'Ahnenerbe s'interessavano al Tibet e all'India a tentare di creare delle comunità ascetiche basate sulle dottrine di quei luoghi. Ovviamente sappiamo quanto, dietro il fascino dell'ordine elitario dalla confusa vocazione monastico-guerriera, si celassero in realtà tutta una serie di profonde mancanze dottrinali da parte di Himmler e dell'intero ambiente in cui predominavano tendenze biologiste e moderniste a vario titolo, e sul rilevare fino in fondo tali sfaldamenti credo nessuno abbia problemi a meno di non voler fantasticare sulla via di Serrano.
Se però dei tentativi del genere (parallelamente a quelle vere liturgie pubbliche, potenzialmente imperiali che il nazismo inaugurò) si fossero basati su dei princìpi del tutto in linea con la weltanschauung tradizionale, se quelle élites volenterose di fondare un Ordine che reggesse l'Europa si fossero date (il prima possibile anche a livello operativo) ad un'ascesi del tutto in ordine con quelle che erano le dottrine tradizionali che seppur confusamente affascinarono tali ambienti, allora mi chiedo, una cosa del genere sarebbe stata legittima?
(...).


Non so quanto sia corretto formulare una domanda come questa sulla base di un presupposto ipotetico che non si è verificato. Accetto comunque una tale impostazione della questione e tento di abbozzare una mia risposta.

Da un punto di vista teorico, non è affatto escluso, a mio parere, che le potenzialità positive presenti nel fenomeno storico qui evocato potessero tradursi in un'effettiva assimilazione, da parte di ambienti europei più o meno ristretti, di dottrine e pratiche tradizionali desunte da un contatto con forme tradizionali viventi.

"India e Tibet" significano infatti, in termini tradizionali, induismo, islam, buddhismo. Ora, data quella caratteristica specifica dell'induismo, per cui l'appartenenza a tale forma tradizionale non può prescindere dall'appartenenza atavica ad una casta, i contatti con l'India e col Tibet avrebbero potuto offrire la possibilità di un ricollegamento effettivo soltanto alle altre due forme tradizionali.

Alla domanda circa la legittimità di un'opzione del genere (indirizzata verso l'islam o verso il buddhismo) si può rispondere affermativamente, anche se bisogna tener conto delle difficoltà implicite nell'assimilazione di una forma tradizionale come il buddhismo. Il quale buddhismo, pur essendo teoricamente universale, nella sua ampia diffusione non ha tuttavia oltrepassato i confini dell'Asia (esiste il buddhismo made in USA, ma ovviamente non è una cosa seria), dimostrando in tal modo una sua sostanziale corrispondenza con una tipologia umana variegata sì, ma tutto sommato quasi solamente "orientale".

carlomartello
06-05-09, 17:43
Eckhart ha ragione. L'Europa giudaico-cristiana è un'invenzione priva di senso, che non trova fondamenti nè religiosi nè culturali nè storici.
Alle formule un qualche tipo di fondamento lo si trova sempre, il termine comunque è adottato anche dal Front National e da Le Pen stesso ad esempio.

carlomartello

Ierocle
06-05-09, 18:10
(...)

Ciò su cui non mi trovo molto convinto, in poche parole, è il fatto che la rivelazione coranica sia un qualcosa che definitivamente conchiude la fase delle fioriture tradizionali di questo ciclo, e che quindi non si possa, ormai, che rifarsi ad essa in attesa dei tempi ultimi. Non è tanto perché si tratti dell'Islam piuttosto che di una qualsiasi altra tradizione, quanto perché questa impostazione dà più l'idea di una versione quasi teleologica della storia, un 'ciclo' linearmente e ineluttabilmente inteso che non lascia spazio al volontarismo, ragion per cui non capisco come l'"interventismo" nella storia, l'impegno politico e metapolitico da presupposti tradizionali eccetera, sia da ritenersi sensato, dato il ruolo che si lascia nella risoluzione della decadenza ad eventi escatologici letteralmente intesi quasi come se (ma potrei sbagliarmi) si trattasse dell'intervento nella storia di un Dio-persona esterno che ci salvi ad un dato punto.
Per questo mi chiedevo se non fosse più sensato concepire le dottrine riguardanti la regressione delle caste, i tempi ultimi e via dicendo come una fenomenologia della decadenza il cui processo può però essere invertito e sovvertito laddove si riesca ad instaurare di nuovo un ordine conforme ai princìpi tradizionali.

(...).


L'attesa escatologica di un "Dio-persona esterno che ci salvi ad un certo punto" non è certamente un'esclusiva islamica. Ricordo che il termine "Salvatore" (Saoshyant) corrisponde ad una figura dell'escatologia mazdaica. Ed anche un portavoce della tradizione romana e imperiale come Virgilio annunciava l'avvento prossimo futuro di un Puer che avrebbe chiuso un ciclo per inaugurarne un altro.

Detto ciò, si può forse affermare che la tradizione iranica e quella romana "non lasciassero spazio al volontarismo"?

Spetaktor
06-05-09, 18:14
Alle formule un qualche tipo di fondamento lo si trova sempre, il termine comunque è adottato anche dal Front National e da Le Pen stesso ad esempio.

carlomartello

a beh,allora..:mmm:

ulver81
06-05-09, 18:37
Alla domanda circa la legittimità di un'opzione del genere (indirizzata verso l'islam o verso il buddhismo) si può rispondere affermativamente, anche se bisogna tener conto delle difficoltà implicite nell'assimilazione di una forma tradizionale come il buddhismo. Il quale buddhismo, pur essendo teoricamente universale, nella sua ampia diffusione non ha tuttavia oltrepassato i confini dell'Asia (esiste il buddhismo made in USA, ma ovviamente non è una cosa seria), dimostrando in tal modo una sua sostanziale corrispondenza con una tipologia umana variegata sì, ma tutto sommato quasi solamente "orientale".

Diciamo anche che esistono differenti forme di buddismo nel versante orientale stesso, che convivono con le differenti culture locali, a seconda del contesto in cui si sono sviluppate.Non mi e chiaro su cosa tu intenda riguardo il non aver oltrepassato i confini asiatici....

Ierocle
06-05-09, 18:49
Diciamo anche che esistono differenti forme di buddismo nel versante orientale stesso, che convivono con le differenti culture locali, a seconda del contesto in cui si sono sviluppate.Non mi e chiaro su cosa tu intenda riguardo il non aver oltrepassato i confini asiatici....

Intendo dire che, irradiandosi dal Nepal, il buddhismo si è storicamente diffuso nel subcontinente indiano, nel Sudest asiatico, in Tibet, in Cina, in Giappone e tra i Mongoli.
Non mi risulta una diffusione del buddhismo tra popolazioni extraasiatiche, a meno che non si vogliano prendere in considerazione quelle forme di buddhismo riveduto e corretto che si sono diffuse recentemente in Europa e nel Nordamerica...

ulver81
06-05-09, 18:54
Intendo dire che, irradiandosi dal Nepal, il buddhismo si è storicamente diffuso nel subcontinente indiano, nel Sudest asiatico, in Tibet, in Cina, in Giappone e tra i Mongoli.
Non mi risulta una diffusione del buddhismo tra popolazioni extraasiatiche, a meno che non si vogliano prendere in considerazione quelle forme di buddhismo riveduto e corretto che si sono diffuse recentemente in Europa e nel Nordamerica...

Se parli di un discorso di massificazione religiosa si.Dei singoli casi (e tra questi mettiamo anche coloro che iniziarono quest opera di importazione in Inghilterra nel XIX secolo) di coloro che seguono tale dottrina no.Pero ce da dire che nel continente asiatico stesso per ragioni esclusivamente "politiche" sono sorte e si stanno diffondendo diverse sette religiose ispirate al cosiddetto buddismo di importazione......

DharmaRaja
06-05-09, 19:54
L'attesa escatologica di un "Dio-persona esterno che ci salvi ad un certo punto" non è certamente un'esclusiva islamica. Ricordo che il termine "Salvatore" (Saoshyant) corrisponde ad una figura dell'escatologia mazdaica. Ed anche un portavoce della tradizione romana e imperiale come Virgilio annunciava l'avvento prossimo futuro di un Puer che avrebbe chiuso un ciclo per inaugurarne un altro.

Detto ciò, si può forse affermare che la tradizione iranica e quella romana "non lasciassero spazio al volontarismo"?
Grazie per la risposta.

Sono chiaramente d'accordo che le tradizioni iranica e romana non siano state esempi di passività, e potrei dire lo stesso, a livello storico, per quella islamica, per quella cristiana, così come potrei dirlo per "l'interventismo nella storia", politico o intellettuale che fosse, che ho citato appartenere a persone come Evola e Guénon. Nei fatti, quindi, questo non è certo mancato.
Quel che mi chiedo è quanto e come tale comportamento possa essere coerente con una visione escatologica, salvifica e "destinata" (di fatto più lineare che non veramente ciclica) della storia, e di come questa a sua volta possa essere compatibile con l'impianto teorico-dottrinale su cui la Tradizione si basa, mi riferisco per l'appunto alla concezione metafisica ultima di un divino come brahman impersonale (e dei numina, volendoli vedere pluralmente, come forze pure, come altrettanti principi di per sé privi di una "intenzione", se così possiamo dire).

Per il ragionamento che faccio, si tratterebbe quindi di esaminare nel merito quelle che sono le varie concezioni e "parti" di una stessa tradizione accumulatesi nello spettro temporale del suo sviluppo tramite tutti coloro che vi hanno contribuito, vedendo se effettivamente questo grande portato, con tutte le sue appendici, possa integralmente reggere come sistema coerente da cima a fondo e se non richieda invece una chiarificazione su punti come questo. Come convive l'idea di un divino impersonale, con cui il riuscito apice dell'ascesi può persino condurre ad unificarsi, con l'idea di Dio come elemento esterno che interviene in tal modo?

E similmente: riguardo l'induismo ci sono certamente delle 'tradizioni' storiche consolidate, le consuetudini esteriori, contestuali, ambientali inquadrate anch'esse in simbolismi e corrispondenze che dessero loro un significato, ma se noi osserviamo la tradizione indù, nel suo apice metafisico ed esoterico pienamente chiarificato in quelle che sono le dottrine interne riguardanti l'ascesi e la realizzazione operativa, configurando esse, per dirla con un termine evoliano che non vuole essere materialista, delle vere e proprie "tecniche", riguardanti le tre dimensioni corporee, i quattro stati dell'essere, la 'fisiologia iperfisica', le correnti, ida e pingala e tutto il resto, che trovano corrispondenze notevolissime nelle altre tradizioni con delle differenze che riguardano tutt'al più i termini, cioè la veste terminologica, esplicativa e culturale che adatta quel sapere oggettivo alle singole realtà geografiche - se noi vediamo tutto questo, da cosa potremmo evincere la ragione oggettiva, prescindente quindi dalle consuetudini storiche, per la quale un dato processo operativo non potrebbe essere portato a termine anche da una persona che non appartiene ad una casta dell'India, se non addirittura da un europeo, laddove individuo sufficientemente qualificato e motivato, ed eventualmente sotto la guida di guru indiani stessi che ben conoscano e padroneggino date tecniche?

Non essendomi familiare la concezione di un Dio personale ritengo a maggior ragione che ancor prima che per la preoccupazione di essere mal giudicati, dovremmo essere pienamente sinceri con noi stessi per non prenderci in giro, perché sappiamo che a perderci (se siamo convinti che certe cose sono reali e che hanno dei loro oggettivi effetti qualora conseguite) siamo soltanto noi. Non cerco quindi di eludere l'importanza della presenza di nuclei iniziatici effettivamente operativi né di auspicarmi mere imitazioni di facciata, quello che mi lascia perplesso sono appunto le ragioni in base alle quali viene dato ad una certa tradizione (in questo caso all'Islam che peraltro ha la sua rispettabilissima realtà sufica, ma idem per le altre), cioè ad una "specificazione" della tradizione oggettiva, primordiale, di per sé non legata a nomi, termini, localizzazioni, narrazioni ed altro, una condizione di imprescindibilità che secondo me andrebbe riconosciuta unicamente in quest'ultima. Mi rendo altrettanto conto della "necessità di un exoterismo tradizionale" nei termini in cui non tutti sono portati esistenzialmente ad intraprendere percorsi iniziatici e sentono allo stesso tempo il bisogno della spiritualità e di una relazione col divino, magari più indiretta, così come lo trovo necessario perché ogni persona, se maggiormente legata alle chiavi espressive della propria cultura, avrebbe la via facilitata da utilizzarne di simili anziché di differenti (da qui la mia perplessità riguardo l'Islam e il mio auspicio di una qualche "soluzione in veste peculiarmente europea"). Tuttavia per farla breve non capisco da dove arrivi il letteralmente-figlio-di-Dio o l'avatara incarnato se Dio è in realtà il divino impersonale, il brahman e non letteralmente l'entità vivente, senziente e decidente Brahma.

Le varie 'specificazioni' della tradizione una, che siano quella indù o quella islamica o quella taoista o degli antichi egizi, sono oppure no delle presentazioni della medesima, incolore, inodore, non geograficamente locata, scienza sacra? Sono cioè formulazioni con connotazioni linguistiche, simboliche, allegoriche, mitiche le quali abbiano funzione di puro "mezzo a fine", fine che è l'effettiva, operativa messa in atto della suddetta scienza sacra? Il mio interrogarmi concerne questo, se si tratti di quel che presumo ed ho appena descritto o se la questione implichi anche delle valenze oggettive e imprescindibili delle singole tradizioni particolari, dei loro atti e luoghi di fondazione, delle persone dei loro fondatori, dell'eventuale provenienza dualmente-divina/esterna di tali fondatori, e via dicendo. Vorrei cioè giungere alla visione chiara di un sistema coerente, non coerente perché lo afferma il tale testo ma perché a livello teorico l'idea di un divino impersonale possa effettivamente non contraddirsi e non scontrarsi con quella di un salvatore esterno che si materializzi qui da una 'regione' (in senso lato) integralmente altra, che è altro-da-noi.

Sicuramente le mie conoscenze sono incomplete, ma nondimeno mi pare che in questo caso la questione non sia tanto o principalmente legata al non conoscere tali testi che meramente affermano e promettono una data venuta, quanto alla questione se nel merito stesso delle concezioni metafisiche un elemento del genere non si ponga come una contraddizione.

Pardon per la prolissità.

Ierocle
07-05-09, 11:49
Grazie per la risposta.

Sono chiaramente d'accordo che le tradizioni iranica e romana non siano state esempi di passività, e potrei dire lo stesso, a livello storico, per quella islamica, per quella cristiana, così come potrei dirlo per "l'interventismo nella storia", politico o intellettuale che fosse, che ho citato appartenere a persone come Evola e Guénon. Nei fatti, quindi, questo non è certo mancato.
Quel che mi chiedo è quanto e come tale comportamento possa essere coerente con una visione escatologica, salvifica e "destinata" (di fatto più lineare che non veramente ciclica) della storia, e di come questa a sua volta possa essere compatibile con l'impianto teorico-dottrinale su cui la Tradizione si basa, mi riferisco per l'appunto alla concezione metafisica ultima di un divino come brahman impersonale (e dei numina, volendoli vedere pluralmente, come forze pure, come altrettanti principi di per sé privi di una "intenzione", se così possiamo dire).

(...).


Ritengo necessario formulare un paio di obiezioni circa la sua concezione dei "numina".
1) La radice indeuropea nu-, da cui deriva il lat. "numen", esprime un significato che è ben evidente, ad esempio, in alcuni punti di Iliade e Odissea in cui Zeus è soggetto di un'azione espressa dal verbo "neuo", anch'esso derivante dalla medesima radice. Il verbo greco designa un "far cenno di assenso" che esprime proprio una volontà, esattamente come il sostantivo latino "numen" indica una volontà divina. Ebbene, che altro è l'intenzione se non una partecipazione della volontà e dell'intelligenza nel compiere un'azione?
2) La pluralità dei "numina" non è una pluralità di "altrettanti princìpi", poiché i "numina" sono qualità del principio, che in quanto tale è essenzialmente uno e unico.

Detto ciò, la concezione del brahman impersonale è perfettamente coerente con la concezione di un Salvatore escatologico. Non è proprio l'induismo a conciliare brahman con Kalki?
Si tratta, evidentemente, di prospettive diverse (di "darshana", come dice il sanscrito), corrispondenti a quella diversità di gradi di conoscenza che, in altre forme tradizionali, dà luogo alla coppia esoterismo/exoterismo.

DharmaRaja
07-05-09, 17:06
Ritengo necessario formulare un paio di obiezioni circa la sua concezione dei "numina".
1) La radice indeuropea nu-, da cui deriva il lat. "numen", esprime un significato che è ben evidente, ad esempio, in alcuni punti di Iliade e Odissea in cui Zeus è soggetto di un'azione espressa dal verbo "neuo", anch'esso derivante dalla medesima radice. Il verbo greco designa un "far cenno di assenso" che esprime proprio una volontà, esattamente come il sostantivo latino "numen" indica una volontà divina. Ebbene, che altro è l'intenzione se non una partecipazione della volontà e dell'intelligenza nel compiere un'azione?
2) La pluralità dei "numina" non è una pluralità di "altrettanti princìpi", poiché i "numina" sono qualità del principio, che in quanto tale è essenzialmente uno e unico.

Detto ciò, la concezione del brahman impersonale è perfettamente coerente con la concezione di un Salvatore escatologico. Non è proprio l'induismo a conciliare brahman con Kalki?
Si tratta, evidentemente, di prospettive diverse (di "darshana", come dice il sanscrito), corrispondenti a quella diversità di gradi di conoscenza che, in altre forme tradizionali, dà luogo alla coppia esoterismo/exoterismo.
Sui numina errore mio, non è minimamente in discussione il loro essere qualità del principio uno. Quando si tratta di monoteismo sono più che d'accordo sul "mono", fondamentalmente comune ad ogni tradizione che si rispetti, è il 'teismo' che credo vada meglio definito.
Ho citato i numina essendomi tornata alla mente l'immagine spesso evocata da Evola dell'antica tradizione della "razza solare" dove si trattava di 'nude forze' mosse e gestite dall'esecutore del rito, nelle quali più che mai si ravvisava la natura di esso come "tecnica", forze che solo in seguito sarebbero state corredate da simboliche vesti antropomorfe (e animali), raffiguranti i classici deva/numina. Ho impropriamente detto "princìpi" laddove intendevo appunto "forze", pur procedenti da un unico principio comune e prive, come detto, di reale carattere antropomorfo.

Riguardo ai darshana e alle dimensioni esoterica ed exoterica, credo il centro della questione sia proprio nel senso che si dà a queste.
Quello exoterico è un livello di rappresentazione simbolica di tutti i vari concetti e princìpi che nell'esoterismo sono presentati nella loro natura di 'nude forze', è un adattamento della nuda verità ultima alle capacità di comprensione del non-qualificato per l'esoterismo, oppure una realtà del tutto alla pari sotto ogni punto di vista al punto da leggersi in modo parimenti letterale e non più simbolico (con tutto quel che consegue anche nel caso della provenienza divina-personale o meno del Mahdi/Kalki)?

Se la realizzazione ultima e più completa, l'identità suprema, porta alla comprensione e all'effettiva identificazione del sé col brahman concepito come advaita, tutte le figurazioni e gli stessi concetti utilizzati fino a quello stadio finale, compreso Ishvara, non hanno forse la funzione di mezzo a fine? Oppure il divino è concretamente sia personale che impersonale a seconda della persona che vi si approccia e se questa ha un approccio esoterico o exoterico? Se spesso ci viene spiegato come determinate raffigurazioni dell'"inizio" precedente l'esistenza condizionata non si riferiscono a un "venir prima" tanto cronologico, quanto piuttosto ontologico, non è che anche in questo campo non tutto vada preso alla lettera? Se la realtà ultima, integralmente concepita, porta all'annullamento della mera illusione riguardante cose come il tempo, lo spazio e qualsiasi cosa altra-da-sé, possiamo davvero prendere in modo altrettanto letterale la concezione di un dio-entità, di un dio-essere pensante e agente ad un determinato momento del corso 'storico' per salvarci? Non sembra molto, troppo antropomorfa come concezione?

Non volevo comunque rubare tempo e protrarre all'infinito la discussione fra i due diversi punti di vista, ero solo curioso di sapere in che modo (e se) fosse eventualmente giustificata/spiegata la convivenza e la non-contraddizione concettuale delle due cose in uno stesso sistema generale.