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Visualizza Versione Completa : Eurasia - Maurizio Murelli febbraio 1993



Spetaktor
01-05-09, 22:57
Eurasia

Maurizio Murelli

Esistono idee e progetti che a prima vista appaiono utopici, irrealizzabili, impossibili.
Chi avrebbe mai scommesso sulle ipotesi rivoluzionarie di Lenin, Mussolini, Mao, Hitler, Che Guevara prima che la loro opera si compisse?
Accanto ai progetti che sembrano impossibili esiste -da parte dei passatisti, dei reazionari, dei conservatori di sinistra e di destra- l’impossibilità di comprendere l’essenza, lo spirito del progetto, della teoria e persino della prassi.
Un esempio emblematico l’abbiamo avuto leggendo il n° 6 (10 febbraio 1993. "Fascio e martello", pp. 37 e segg.) de "L’Italia", il settimanale neogollista italico che, dovendo trattare delle nuove sintesi ideologiche euroasiatiche non ha saputo far altro che mistificare e richiamarsi a situazioni storiche fallite.
Avuto notizia che qualcosa si muove in Russia e in Europa, non ha saputo affrontare il tema che riconducendolo alla dialettica superata tra comunismo e fascismo, supponendo ed ipotizzando impasti e fusioni tra le due ideologie in modo tale da far scadere quindi il tutto al livello di una dialettica di sistema; al livello cioè di un possibile rapporto fra partiti (in qualità di condensati ideologici) istituzionali, così come già era accaduto in passato.
Ovviamente le cose stanno in modo molto diverso qui in Italia (l’articolo di Claudio Mutti che riguarda in modo specifico l’evolversi della situazione in Russia è invece preciso e puntuale, soprattutto se si tiene conto del poco spazio concessogli per illustrarlo), e l’intero fenomeno, in tutta la sua complessità euroasiatica, è da inquadrarsi in un contesto diverso che non quello ipotizzato dai neogollisti di casa nostra.
Non si tratta infatti di un inevitabile riassorbirsi di diaspore ideologiche in epoca monopolare, di ricomposizioni favorite dal crollo dei socialismi reali, ma si tratta di nuove sintesi politiche propugnate da uomini che hanno attraversato situazioni e istituzioni totalitarie definite da una fra le tante specifiche potenzialità delle idee-forza sulle quali si sono basate le rivoluzioni antiborghesi relative al continente Eurasia.
La rivolta contro il potere e le istituzioni borghesi, contro il mondo capitalistico-industriale, ha espresso movimenti rivoluzionari caratterizzati da diverse specificità che a loro volta e rispettivamente hanno espresso una delle tante istituzioni politiche possibili.
In quella che sarebbe diventata l’Unione Sovietica il movimento rivoluzionario leninista ha finito per costruire una delle tante realtà possibili; in Italia il movimento rivoluzionario dei fasci di combattimento del ’19 ha espresso con il fascismo di Mussolini una delle tante possibili istituzioni; in Germania il movimento rivoluzionario tedesco ha espresso con il nazionalsocialismo hitleriano una delle tante possibili istituzioni.
Questi movimenti magmatici hanno lasciato in eredità e quest’eredità è stata vissuta e attraversata dalle generazioni postbelliche.
Chi ha attraversato i limbi ideologici del secondo dopoguerra senza esserne assorbito, oggi legge lo scenario mondiale presente e futuro con l’occhio disincantato, non condizionato dalla lente deformante dell’ideologia che invece confonde chi è ancora invischiato nell’organizzazione ideologica ortodossa.
Chi non è avviluppato nelle crisalidi ideologiche si rende conto che il mercato globale ha assassinato gli Stati; che quel che resta degli Stati è asservito alla logica usurocratica dell’Alta Finanza; che ogni singola nazione è impossibilitata ad affrancarsi dalla schiavitù economica alla quale è assoggettata.
Nessuna nazione può vivere senza la possibilità di esercitare il libero commercio con le altre nazioni. Ma il libero mercato impedirebbe ad una nazione affrancata dalle sue leggi di operare con quelle nazioni che viceversa non si sono affrancate.
Siamo in una situazione in cui è impossibile, qualora uno Stato riprenda forma, che esso possa commerciare controllando e determinando autonomamente il libero scambio.
Giacché una cosa è il libero commercio tra stati sovrani, e un’altra cosa è il libero mercato al quale sono asservite e dal quale dipendono le nazioni (o quel che di esse è rimasto).
Se Francia, Spagna, Inghilterra e Italia si liberassero simultaneamente dal giogo imposto dal libero mercato, non potrebbero sopravvivere se fosse loro impedito il commercio con le altre nazioni detentrici, per esempio, delle materie prime o delle fonti d’energia.
Ma se da tale schiavitù si affrancassero Germania ed ex Unione Sovietica, se nascesse un blocco che comprendesse queste due nazioni, allora le cose starebbero diversamente. Tecnologia, industria e capitali da una parte, materie prime e immensi terreni da sviluppare dall’altra.
La potenza di un simile blocco sconvolgerebbe anche i rapporti ora esistenti tra Paesi arabi e USA. I Paesi arabi potrebbero scegliere con chi stare e come stare. Avrebbero la possibilità di scegliere come commercializzare i propri prodotti e, quasi sicuramente, sfuggirebbero all’orbita di influenza USA imboccando anch’essi, per logica conseguenza, la strada dell’indipendenza e della libertà.
Gli USA non avrebbero alcuna possibilità di incrementare il proprio sviluppo e mantenere il proprio benessere (a discapito del resto del mondo) se la loro influenza geopolitica fosse limitata al Canada, al Centro e al Sud America.
L’Eurasia da sola si. E si può parlare di Eurasia in quanto il blocco germano-sovietico (o germano-russo, se si preferisce) aggregherebbe il resto dell’Europa in modo automatico.
E, fatalmente, nell’orbita dei reciproci interessi, entrerebbero Estremo Oriente ed Africa, che comunque, si troverebbero nella possibilità di costruire blocchi autonomi in grado di optare per un’alleanza piuttosto che per un’altra.
Dunque la Germania e l’ex Unione Sovietica assieme potrebbero uscire dal sistema del libero mercato, cioè dal sistema usurocratico imposto dall’Alta Finanza mondialista.
Questo in Russia lo hanno capito i componenti del Fronte Patriottico, uno schieramento che comprende comunisti e nazionalisti, ex-zaristi e vaste aree dell’ex-armata rossa.
Questo fronte ha individuato nell’occidentalismo, nel mondialismo, nell’americanismo, nel potere dell’Alta Finanza il fronte del nemico, il fronte da battere. Ha individuato nell’alleanza strategica, politica, culturale con l’Europa e in primis con la Germania la possibilità di scompaginare il fronte nemico. E con questo modo di vedere e pensare, si ritrova in perfetta sintonia con i gruppi politici omologhi a quello di Orion sparsi un po’ in tutta Europa e tra essi collegati.
Gli USA hanno fiutato il pericolo già da tempo. La guerra in Iraq è stata il prodromo della loro contromossa. Una contromossa che è proseguita con la cavalcata dell’ondata xenofoba tedesca, il disfacimento jugoslavo e l’espansionismo turco.
Con i rigurgiti razzisti tedeschi si è tentato di screditare e isolare la Germania, mettendola sotto pressione. L’espansionismo turco argina da una parte il radicalismo islamico e preme contro il ventre molle dell’ex-Unione Sovietica, mentre il perdurare della crisi jugoslava consente a pericolosissime mine di vagare in mare aperto, e sono mine che si possono fare esplodere a distanza.
Ad esempio l’intervento diretto della Germania a fianco della Croazia causerebbe l’immediato intervento di ampi settori dell’Armata Rossa a fianco della Serbia e viceversa. Una contrapposizione Germania-Russia, anche se su terreno slavo, impedirebbe la possibilità di intese politico-economiche tra i due paesi, anche se fosse battuta la linea americanista rappresentata da Eltsin.
Questo lo scenario nel quale noi ci dobbiamo muovere. Dicendo noi intendiamo tutti coloro che, rifuggendo comodi assestamenti romantici, operano oltre gli schemi ideologici per trovare un’intesa fra tutti coloro (lo ripetiamo) che hanno attraversato composizioni ideologiche e si trovano oltre. Oltre il fascismo, oltre il neofascismo (che del fascismo, per quaranta anni, è stato la scimmia), oltre il comunismo e il neocomunismo revisionista italico (che del comunismo è stato la scimmia).
Teste d’ariete (quindi pur sempre teste di legno) come la Lega Nord stanno scompaginando l’assetto nazionale, aiutate dall’implosione dei partiti. Tutto si centrifuga e grandi sono gli spazi che si aprono.
Si tratta di vuoti che vanno colmati, che possono essere colmati sviluppando nuove aggregazioni e avendo come esempio quanto appunto accade in Russia con il Fronte Patriottico.
Non si tratta di sfondare a sinistra o a destra.
Sinistra e destra sono in via di irreversibile disfacimento. Non si tratta di scimmiottare i tentativi falliti di (ri)conciliare fascismo e comunismo.
Si tratta di andare oltre, progettando il nuovo e rapportandosi intelligentemente alla forma del nemico.
Non esiste più l’identificazione stato-nazione-razza. Non esiste più l’identificazione proletario-operaio-classe.
Le vittime del capitalismo internazionale sono tutte le classi sociali.
Tutti siamo vittime e oppressi.
La rivolta e la ribellione devono essere di tutti, per la (ri)fondazione dello Stato politico eurasiatico affrancato dalla Nazione dell'Alta finanza, cioè dal blocco nordamericano.
Avendo un idea del genere come massimo punto di riferimento, poi si può scendere nel dettaglio per ciò che concerne le scelte di lotta a livello nazionale (Italia per quel che ci riguarda) e locale.
Se si prescinde dal massimo punto di riferimento, al quale ancorare anche la più piccola battaglia politica e la piccola azione quotidiana, si rischia non solo di fare confusione o di operare a vuoto, ma si rischia anche di agire per conto del nemico che si vuol combattere.
Ci rendiamo conto come per molti lettori di "Aurora", quanto è stato detto non possa essere facilmente assimilato.
Per queste ragioni auspichiamo un dibattito ed un confronto con tutti.
Raggiunta un intesa, fatta chiarezza sulle grandi linee, allora si potranno affrontare anche i dettagli della piccola lotta nel contesto sociale.

Maurizio Murelli
http://aurora.altervista.org/Aurora_prima.htm

Anton Hanga
02-05-09, 22:15
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