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Spetaktor
01-05-09, 23:02
da "AURORA" n° 5 (Aprile 1993)

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Una visita a Mosca

Marco Battarra

In occasione del primo congresso dedicato ai Popoli oppressi dal Nuovo Ordine Mondiale organizzato dalla rivista "Den", dal quotidiano "Sovetskaja Rossija" e dal Fronte di Salvezza Nazionale, svoltosi a Mosca il 2 marzo scorso, una delegazione mista italiana si è recata a Mosca per stringere ulteriormente i rapporti già instaurati in occasione del precedente viaggio.
Della delegazione facevano parte Marco Battarra, direttore di "Orion", Carlo Terracciano, in rappresentanza del Movimento Antagonista, e Claudio Mutti, in rappresentanza del gruppo islamico "Murabitum" e dell’Islamic Council of Defence of Europe.
Organizzata dall’infaticabile Aleksandr Dughin, la visita a Mosca della nostra delegazione è stata particolarmente densa di incontri al massimo livello con rappresentanti dell’opposizione radicale a Eltsin.
Lunedì 1 marzo la giornata è stata dedicata alla comunità islamica.
Dopo una visita alla Moschea di Mosca e l’incontro con alcune rappresentanze diplomatiche di paesi islamici, nei locali della sede del Partito della Rinascita Islamica, si è svolto un lungo incontro con Gaidar Dzemal, responsabile politico del Partito, con l’amico El Chat e con alcuni esponenti di comunità islamiche delle regioni asiatiche dell’ex-Unione Sovietica.
Nel corso del lungo colloquio, protrattosi fino a tarda notte, è stata analizzata la posizione del PRI nell’ambito del Fronte della Salvezza Nazionale, la crisi balcanica, gli scontri interetnici che vedono coinvolte le comunità islamiche, le possibilità di sviluppo dell’Islam in Russia ed in Asia.
Una particolare convergenza di vedute è stata riscontrata quando si è analizzata l’azione delle forze mondialiste, individuando in modo particolare il ruolo degli Stati Uniti.
Martedì 2 marzo, nel salone del palazzo dei giornali della "Ulica Pravda", si è svolto l’annunciato congresso dedicato ai Popoli oppressi dal Nuovo Ordine Mondiale.
Nella mattinata di mercoledì 3 marzo la nostra delegazione si è incontrata con Chamil Sultanov, politologo e polemologo di grande fama ed esponente islamico della redazione del settimanale "Den", il periodico più popolare tra le forze di opposizione.
Dopo aver effettuato un reciproco scambio di interviste, ci è stata illustrata in maniera approfondita l’attuale situazione dello scontro in atto a Mosca.
Nel pomeriggio si è svolto l’incontro forse più importante dal punto di vista operativo.
Nei locali della redazione del quotidiano nazionalcomunista "Sovetskaja Rossija", abbiamo incontrato Eduard Volodin, firmatario dell’appello al popolo dell’agosto 1991 (Cfr. "Origini" n° 7 e "La Russia che dice No". Ed. "All’insegna del Veltro") fondatore e copresidente del Fronte di Salvezza Nazionale ed osservatore politico di "Sovetskaja Rossija".
Nel luogo incontro è stata effettuata una accurata analisi dello stato delle forze della opposizione sia in Russia che nell’Europa occidentale.
Durante il colloquio è venuto a portare il suo saluto il redattore capo Georg Cichin che ha tenuto a sottolineare quanto sia importante, e non solo in Russia, la collaborazione fra tutte le forze sinceramente antimondialiste.
Lasciandoci, ha dichiarato che «Ci dobbiamo considerare una brigata di partigiani e come tutti i partigiani il nostro compito è quello di liberare la patria dal nemico».
L’incontro è terminato con la decisione di affidare alla rivista "Orion" la costituzione a Milano di un ufficio stampa del Fronte di Salvezza Nazionale in stretto contatto con Eduard Volodin, e con l’istituzione di un rapporto di collaborazione diretto tra il quotidiano "Sovetskaja Rossija" e "Orion" che si svilupperà sia con lo scambio d’informazione che di articoli.
In relazione a ciò, al nostro rientro, è stato immediatamente diffuso un comunicato stampa.
Inoltre in seguito ad accordi intercosti tra "Orion" ed altre realtà europee, sono stati immediatamente costituiti gli uffici stampa del FSN sia in Francia che in Belgio.
La giornata di giovedì 4 marzo è stata interamente dedicata alla geopolitica.
Organizzato da Aleksandr Dughin, nei locali dell’Associazione Ufficiali, si è svolto un lungo dibattito sulle differenti interpretazioni geopolitiche dell’attuale situazione mondiale ed in particolare sulla contrapposizione tra Eurasia ed America.
Il dibattito si è svolto in special modo tra Carlo Terracciano, della redazione di "Orion", ed il colonnello di Morozov, rappresentante della scuola geopolitica russa.
Di questo incontro si parla in maniera dettagliata nel n° 103 di "Orion", quasi interamente dedicato a questo viaggio.
Qui vogliamo solo riportare queste parole del colonnello Morozov: «Il nostro compito è quello di far conoscere al popolo la strategia dell’anaconda, cioè far sapere quale è la strategia dell’atlantismo e del mondialismo. Nostro dovere è quello di opporsi a questa strategia grazie all’unione di tutte le forze, i paesi, i popoli dello spazio eurasiatico».
Nel corso dei lavori sono giunti alla nostra delegazione i saluti da parte dei generali Nikolai Klokotov e Danilenko, impossibilitati a partecipare ai lavori a causa dello stato di grande tensione di quei giorni.
Nella serata ci siamo recati in visita allo studio del pittore di origine siberiana Evgeni Vidilanski, autore del ritratto di Ungern riportato in copertina del citato numero di "Orion".
In tutta la recente opera di Vidilanski è predominante il tema della tradizione dell’Eurasia e della simbolica collaborazione tra le forze antimondialiste.
Nel corso di una seconda visita alla redazione di "Den", venerdì 5 marzo, abbiamo incontrato Aleksandr Prochanov, uno degli uomini di punta dell’opposizione radicale nazionalcomunista, scrittore, direttore della rivista "Den" da due anni, firmatario dell’appello al popolo dell’agosto 1991, promotore e co-presidente del Fronte di Salvezza Nazionale, fondatore e presidente del movimento politico "Den", una delle componenti più importanti del FSN.
Prochanov ci ha raccontato dettagliatamente la storia del suo giornale che per i tre mesi successivi al golpe è stato il solo organo della opposizione e che oggi si pone come scopo principale la lotta contro la tendenza pro-americana e pro-sionista nella cultura.
Ci ha poi spiegato come le idee delle diverse componenti dell’opposizione, i bianchi ed i rossi, non siano in contrasto in quanto la giustizia sociale dei rossi e la giustizia nazionale dei bianchi hanno lo stesso fine e sono strettamente correlate non potendo esistere l’una senza l’altra.
«Il popolo russo ha perso la possibilità dello sviluppo nazionale e si è impoverito. È per questo che oggi ogni vero russo è nello stesso tempo nazionalista e comunista. Noi abbiamo cercato di fare una sintesi tra le due ideologie».
«Il nostro scopo finale è la restaurazione dello spazio eurasiatico, del quale l’Islam è una componente fondamentale».
«La lotta degli ortodossi contro l’Islam è priva di senso. Sono gli americani che vogliono opporre queste due componenti fondamentali dell’Eurasia».
Nel corso della serata, accompagnati da Gaidar Dzemal e da El Chat, dopo aver preso una serie di precauzioni ed aver girovagato in auto per più di un’ora nell’estrema periferia moscovita, abbiamo incontrato uno dei capi della resistenza islamica del Tagikistan, attualmente in clandestinità a Mosca.
Di questo incontro ed in particolare della situazione in quella regione dell’Asia centrale, parleremo dettagliatamente in un prossimo numero.
La giornata di sabato 6 marzo è stata interamente dedicata alla manifestazione organizzata dalla rivista "Den" e dal Fronte di Salvezza Nazionale nel centralissimo cinema Udamik.
A questa manifestazione hanno partecipato tutti i maggiori esponenti dell’opposizione nazional-comunista.
A margine della manifestazione abbiamo potuto incontrare alcuni di questi esponenti.
La particolare situazione politica carica di tensione, non ci ha permesso di incontrare né gli esponenti parlamentari dell’opposizione, né i dirigenti del Partito Comunista Russo, già da noi incontrati nel precedente viaggio a Mosca (Cfr. "Orion" n° 96, settembre 1992) che comunque non hanno mancato di far pervenire alla nostra delegazione messaggi di saluto e ringraziamento per la nostra opera.

Marco Battarra

Spetaktor
01-05-09, 23:02
da "AURORA" n° 7 (Giugno 1993)

L'INTERVISTA

L'ultimo soldato dell'Impero

Claudio Mutti


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Intervista ad Aleksandr Prokhanov, a cura di Claudio Mutti (Mosca, 1/3/93)


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D: Vuole parlarci della Sua attività letteraria?
R: Finora sono stato più un letterato e un romanziere che non un uomo politico. Ho appena terminato di scrivere un romanzo che si intitola "L'ultimo soldato dell'Impero" ed è dedicato agli avvenimenti culminati nel putsch dell'agosto '91. Sono stato al centro di quegli avvenimenti; i membri del comitato che organizzò il putsch erano miei amici.
Il mio primo libro riguardava invece il mondo contadino e le tradizioni popolari russe. Poi dovetti abbandonare le regioni che amavo per visitare la Siberia e le zone industriali. Così passai alla futurologia e scrissi un romanzo sulla città dell'avvenire. Successivamente il destino mi condusse sui fronti di guerra e così scrissi una serie di romanzi a sfondo geopolitico. Ho al mio attivo quattro libri sull'Afghanistan, un paese nel quale sono stato una quindicina di volte.
Infine pubblicai un romanzo sulla tragedia della perestrojka: "Seicento anni dopo la battaglia".

D: Quale funzione ha svolto la letteratura nel periodo che ha visto il crollo dell'Unione Sovietica?
R: L'intellettualità e il mondo letterario russo sono divisi in due campi contrapposti: i democratici filo-americani e i patrioti. All'inizio della perestrojka furono i democratici a svolgere un ruolo che ebbe ripercussioni determinanti sul piano politico. Gli scrittori di orientamento patriottico rimanevano passivi ed incassavano colpi su colpi. Ma adesso l'intellettualità patriottica è passata al contrattacco; e io penso che la vittoria dei patrioti sarà ineluttabile.

D: Nel malaugurato caso di una definitiva vittoria della democrazia, quali sarebbero le prospettive d'azione della letteratura russa?
R: La letteratura russa ha accumulato, negli ultimi sei anni, una grande esperienza di resistenza. Nel caso in cui il potere democratico rendesse impossibile una continuazione della lotta sul piano politico, la letteratura diventerebbe un grande accumulatore di resistenza patriottica. Essa, d'altronde, ha già un'esperienza di questo tipo: in certi periodi della nostra storia, la letteratura è stata l'unica forma di resistenza.

D: In quali circostanze lo scrittore Prokhanov è diventato il direttore del quindicinale "Den", che reca come sottotitolo la dicitura «giornale dell'opposizione spirituale»?
R: Allorché avvertimmo il pericolo incombente della disintegrazione dello Stato e prevedemmo la situazione che si sarebbe venuta a creare sulle sue rovine, decidemmo di allineare il giornale "Den", che allora era il "Giornale dell'Unione degli Scrittori dell'URSS", sulla trincea della lotta contro le tendenze filo-americane e filo-sioniste presenti nel campo della cultura. Nell'agosto del '91, dell'Unione si impadronirono esponenti della democrazia radicale come Evtushenko e Cernicenko, che tentarono di eliminarmi, anche fisicamente. Allora "Den" assunse il ruolo di organo d'opposizione; e, poiché non esisteva ancora né un opposizione politica, né un'opposizione militare, ma solo una piccola opposizione di nazionalisti russi, decidemmo di rappresentare l'opposizione spirituale. In quel momento, dunque, decidemmo di non scomparire, ma di lottare con le forze a nostra disposizione. Per tre mesi siamo stati l'unico nucleo di resistenza. Abbiamo ricevuto minacce d'ogni genere, siamo stati ostacolati in mille modi, ma non abbiamo disarmato e così siamo diventati un punto di riferimento centrale per tutti i settori dell'opposizione. Attorno a "Den" si è costituito un nucleo di intellettuali, tra cui Aleksandr Dughin, che ha mostrato come l'idea sociale dei rossi e l'idea nazionale dei bianchi non si trovino in contrapposizione, ma, anzi, siano complementari e convergano verso un unico obiettivo, tant'è vero che ogni vero Russo è contemporaneamente nazionalista e socialista. Perciò attualmente "Den" non è solo un giornale di propaganda, ma anche uno strumento di elaborazione politica per tutta l'opposizione.

D: Il giornale da Lei diretto riserva un'attenzione tutta speciale all'Islam e annovera anche, tra i suoi redattori, esponenti del Partito della Rinascita Islamica. Qual'è il rapporto tra Islam e opposizione patriottica?
R: Il nostro obiettivo è la restaurazione dell'Impero. Ora, il nostro è un Impero eurasiatico, che ha sempre avuto una fondamentale componente musulmana. Dunque, la lotta degli Ortodossi contro l'Islam, come si ha in Jugoslavia, è priva di ogni significato. Anzi, è solo interesse degli Stati Uniti che Islam e Ortodossia si combattano tra loro. Il nostro primo compito, perciò, consiste nel riunire su un unico fronte queste due grandi forze: Islam e Ortodossia, elemento turco-tataro ed elemento slavo. Bisogna comprendere che non è possibile batterci separatamente contro il mondialismo. Come ortodosso, d'altronde, posso dire che l'Islam c'è molto vicino per la bellezza della sua cultura, per la forza della sua tradizione, per il grado sublime della sua spiritualità.

D: Con queste idee, come ha vissuto l'esperienza afghana?
R: Mi ricordavo sempre dei grandi scrittori russi (Lermontov, Tolstoj, Puskin ...) che parteciperanno ad avvenimenti militari contro la Turchia, mi manifestarono sempre il loro amore per l'Islam. Io stesso, d'altra parte, non ho mai considerato la guerra in Afghanistan come una guerra contro l'Islam o contro i Musulmani, ma come una guerra imposta da ragioni geopolitiche.

D: Com'è l'Italia vista dalla Russia?
R: Credo che l'Italia sia il Rinascimento interrotto. E il periodo di Mussolini è una sorta di nuovo Quattrocento.


Claudio Mutti

Spetaktor
01-05-09, 23:03
da "AURORA" n° 8 (Luglio - Agosto 1993)

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La nuova Russia e l'Alleanza Atlantica

Carlo Terracciano

«Mantenere gli americani dentro, i russi fuori e i tedeschi sotto!»

E questa storiella, che circolava negli ambienti diplomatici all'epoca della cosiddetta guerra fredda.

Nonostante i profondi cambiamenti degli ultimi anni, la politica americana sembra non essere cambiata di molto, anche nella versione radical del nuovo presidente USA, cioè ... Hillary Clinton e suo marito.

Eppure, che la politica internazionale sia radicalmente mutata lo dimostra anche il fatto che simile freddura sia raccontata da Andrei Kozyrev, ministro degli esteri della Federazione Russa, cioè l'uomo di Eltsin per le relazioni internazionali, nel contesto di un articolo ("La nuova Russia e l'Alleanza Atlantica") che apre il n° 2, febbraio 93, del bimensile "Notizie NATO"!

Si tratta della pubblicazione plurilingue edita direttamente dall'Ufficio Informazione e Stampa della NATO, che vede, nella sua edizione italiana, i nomi di Leonetto De Leon e Ruggero Orlando, uomini ... come dire? ... di razza.

In onore dell'inconsueto ospite, questo numero ha la copertina interamente occupata dai colori bianco-blu-rosso a bande orizzontali: la bandiera della repubblica borghese russa.

In "La nuova Russia e l'Alleanza Atlantica" A. K. sviluppa tutti i temi cari al suo padrone del Kremlino e alle forze mondialiste che lo sostengono, nell'interesse internazionale dell'unica potenza imperialista rimasta: la talassocrazia degli Stati Uniti d'America.

Se osserviamo la questione sotto la sua vera luce, le parole di Kozyrev assumono un valore tutto particolare e certamente non desiderato:



«È in un certo senso significativo che ad un Ministro degli Affari esteri della Federazione Russa sia stata offerta, per la prima volta, l'occasione di scrivere in una prestigiosa pubblicazione della NATO; sotto questo aspetto i segni del cambiamento sono chiaramente percepibili».



L'integrazione nel sistema occidentale del gruppo di Stati riconosciuti democratici con economie di mercato è l'obiettivo a medio termine più importante per l'attuale governo di Mosca, che si propone di succedere alla defunta URSS nei rapporti internazionali.



«Il rinnovamento della Russia e la sua transizione verso la civiltà [testuale!] non è compito agevole», aggiunge Kozyrev.



Affermazione gravissima e quanto mai significativa dello spirito che anima lo staff mondialista insediatosi a Mosca.

La Russia dunque, secondo le parole del suo ministro degli esteri, era immersa nella barbarie, sia con lo zarismo che con il comunismo; ma ora finalmente sarebbe in marcia verso la civiltà, cioè verso l'occidente atlantista ed il suo civilissimo modello di vita neo-capitalista, ricalcato sulla american way of life.

Se queste sono le promesse figurarsi le conclusioni che A. K. trae del tutto conseguenzialmente! Dopo aver invocato un nuovo "Piano Marshall" per la Russia, egli mette in guardia gli occidentali dal voler indebolire e spezzettare la federazione. Ma non, si badi bene, per conservare gli interessi russi nel mondo, bensì per contrastare proprio quelle forze patriottiche che accusano l'attuale gestione del potere di arrendevolezza, liquidazionismo e anche tradimento.



«Se invece dovessimo incominciare ad essere considerati nelle capitali occidentali come qualcosa di non necessario, o di pericoloso, l'unica conseguenza sarebbe un incoraggiamento ai nostri patrioti nazionali ad intensificare i loro attacchi all'attuale politica russa e quindi, un appoggio ai loro desideri sciovinisti di confinare la Russia in un isolamento di pseudo-superpotenza. Ci riferiamo, purtroppo, ad atteggiamenti non ipotetici, ma assolutamente reali, tuttora presenti in taluni ambienti politici e sociali della società russa, tanto nell'ambito dell'apparato statale, quanto tra i deputati al Parlamento».



Non sappiamo se A. K. si rende pienamente conto dell'enormità delle sue affermazioni: «difendere la democrazia» (salvo in realtà affossarla nei fatti) con l'appoggio degli Stati Uniti; contro la volontà del Parlamento dell'apparato statale e di una parte sempre crescente del popolo.

Quella che fu prassi comune per i piccoli paesi sconfitti in guerra (esempio da manuale: l'Italia) dovrebbe applicarsi alla seconda potenza mondiale, che consegna così il suo destino nelle mani del nemico di ieri invocandone la buona volontà nel non distruggerla completamente.

Proprio Kozyrev del resto era stato autore, nel dicembre '92 a Stoccolma di una personale performance che aveva gelato l'uditorio, cioè il Consiglio della CSCE. Si era alzato per contestare punto su punto le richieste occidentali, ponendo veti e ventilando minacce come nei tempi passati. Ai diplomatici allibiti ed alla stampa internazionale aveva poi spiegato di averlo fatto mostrare quale sarebbe stato l'atteggiamento di un futuro governo russo se fosse caduto Eltsin!

Lui stesso la definisce, sulle pagine della NATO, diplomazia d'urto; uno choc per gli occidentali, che



«si proponeva semplicemente di additare alla comunità mondiale, qualora i riformatori russi fossero sconfitti e gli esponenti della tendenza nazionalpatriottica andassero al potere, i pericoli insiti in un'attesa di sviluppi del tipo più su accennato. Non bisogna consentire che gli eventi si sviluppino in questo senso perché non corrisponderebbero di certo ai nostri interessi comuni, e la strategia della colleganza deve servire a garantirlo».



Più chiari di così ...

Ma K. non si accontenta. Rincara la dose di autocritica nei confronti del paese che dovrebbe rappresentare all'estero; ma anche contro la Germania oggi pur così munifica in finanziamenti alla Russia. Esaltando al contrario gli Stati Uniti.



«Se attribuiamo agli Stati Uniti la veste di simbolo dei valori occidentali, all'URSS quella di simbolo del totalitarismo e dell'espansionismo militare e alla Germania quella di simbolo del rischio del riemergere del nazismo e dell'irredentismo, la vecchia formula NATO può essere vera sotto una nuova luce, rifratta dal prisma delle realtà europee e mondiali dei nostri giorni. Oggi il compito comune degli Stati Uniti, della Russia e della Germania, come pure di tutte le altre nazioni della NATO e della CSI, è quello di mantenere i valori democratici dentro, le minacce militari fuori e il nazionalismo aggressivo sotto controllo comune, da Vancouver a Vladivostok».



Cioè, tradotto dal politichese del neo-adepto mondialista: assicurare agli Stati Uniti il controllo totale, militare, politico, economico-finanziario di tutto il Nord del mondo da Vancouver a Vladivostok (ovviamente passando per Mosca e non sul Pacifico del Nord!).

E tutto questo per assicurare ad Eltsin ed alla sua banda, lui compreso, la vittoria al prossimo referendum (i brogli elettorali faranno il resto), ma anche per tenere sempre sotto tutela la Germania che, dopo la riunificazione e lo sfascio sovietico, fa sempre più paura a Mosca.

Insomma: noi ci sottomettiamo, ma voi americani tutelate la nostra unità federale è la sottomissione della Germania (americani dentro, Germania e Russia sotto).

È esattamente il contrario della politica estera auspicata dal Fronte di Salvezza Nazionale russo raccolto intorno alla rivista eurasiatista "Dien" ("il Giorno").

Lungi dall'essere una forza sciovinista, nazionalista o panslavista, il FSN auspica una alleanza geopolitica delle potenze d'Eurasia, e in particolare un nuovo Asse Mosca-Berlino (quasi una riedizione, ma su ben più solide basi, del patto Molotov-Ribbentrop del '39, in funzione difensiva ed unificante); alleanza estendibile fino all'Asia estrema, a Pechino e Tokio, in funzione antimperialista: e soprattutto una stretta intesa con l'Islam rivoluzionario, con l'Iran in primis.

Chiunque giochi in qualsiasi veste sulla contrapposizione tra la futura Russia e l'Iran, fa il gioco occulto del mondialismo e dell'imperialismo americano.

Andrey Kozyrev invece offre agli Stati Uniti, nell'ambito del Nuovo Ordine Mondiale americanocentrico, di divenire il garante degli interessi mondialisti nell'area geostrategica dell'ex-URSS, nel Caucaso, in centro Asia, ovunque.

Visto che la Russia, per colpa proprio dei nuovi autocrati democratici, non è più in grado di mantenere l'unità e la stabilità di quell'area, Eltsin è pronto ad agire come satrapo degli USA proprio nelle terre una volta dominate da Mosca; appoggiando i dittatorelli locali ex-marxisti contro le rivoluzioni islamiche locali.



«È essenziale pervenire ad un grado più elevato di efficienza pratica nell'impiego della forza per eliminare i focolai d'incendio: la Russia ha intrapreso operazioni per il ristabilimento della pace in un gran numero di regioni (in Moldavia, in Georgia, nel Tagikistan), fornendo effettivi e risorse in conformità con gli accordi presi con i paesi interessati. Riconosciamo che il mantenimento della stabilità in questa parte del mondo è di nostra competenza, ma chiediamo di ripartire l'onere con i nostri soci occidentali attraverso i meccanismi della CSCE. Del resto, dei soldati russi operano nell'ex-Jugoslavia nel quadro delle forze ONU».



Ma come agirebbero gli USA in caso di conflitto tra russi e, ad esempio, Stati baltici (si pensi al territorio di Kalinigrad, l'ex-Koenisberg della Prussia Orientale, spartita tra Polonia e URSS.

Un territorio che, geograficamente separato dal territorio russo, fa gola sia alla Lituania che ai polacchi)? Proprio dopo l'articolo di A. K., e quasi a compensarlo, c'è quello di Audrius Butkevicius, ministro della difesa nazionale di Lituania, che tratta proprio di queste questioni.

Certo A. K. conosce le preoccupazioni di Washington e Gerusalemme per il problema islamico nell'ex-URSS come in Medio Oriente, con la potenza dell'Iran quale perno centrale. Si arriva all'assurdo che oggi il panslavismo antislamico (ma soprattutto antiturco) è usato dai mondialisti di Mosca come arma propagandistica di mobilitazione, per favorire gli interessi americano-sionisti; mentre il Fronte di Salvezza Nazionale è l'alleato russo più sicuro dell'Islam rivoluzionario, che infatti vi è rappresentato dal Partito della Rinascita Islamica.

Specie in Tagikistan l'intervento russo a fianco della vecchia nomenclatura di potere è stato decisivo per la momentanea ritirata delle forze patriottiche islamiche, rappresentate a Mosca nel FSN dal PRI.

Eltsin dunque, l'anticomunista viscerale di oggi, non ha esitato ad appoggiare i vetero-marxisti locali e addirittura i criminali comuni per sconfiggere le forze islamiche e sottomettere il Tagikistan in un bagno di sangue. A maggior dimostrazione di come, al di là delle dichiarazioni di principio e delle ideologie, l'unico vero interesse in gioco sia quello dell'imperialismo americano e delle lobbies politico-finanziarie che lo determinano.

Nello stesso numero di "Notizie NATO" viene riportata la dichiarazione del Consiglio di Cooperazione Nord-Atlantico del 18.12.92 proprio sul Tagikistan (Stato abitato da popolazioni indoeuropee, come iraniani ed afghani); ci si rallegra per il trionfo delle forze comuniste e laiche sia contro gli islamici che contro i cosiddetti filo-occidentali che a quelle si opponevano. Ironia del destino e della geopolitica.

Se poi si considera la posizione di questo stato centroasiatico, strategicamente rilevante, si noterà come la NATO sia oramai andata ben oltre la sua istituzionale sfera d'influenza geostrategica; ed anche oltre le attuali competenze europee nei Balcani e contro il nord-Africa in piena insurrezione islamica. Una zona che, secondo noi, gli USA danno oramai per persa, in Algeria come in Egitto.

Allora sempre più l'Alleanza Atlantica viene ad identificarsi con il braccio armato dell'interventismo americano nel mondo; eccetto ovviamente il continente americano vero e proprio, nord e sud, dove Washington agisce da solo e in prima persona (il famoso «cortile di casa»), strangolando Cuba, invadendo Panama, formando ed abbattendo governi in Sudamerica.

È l'adattamento e l'estensione della vecchia "dottrina Monroe" dell'800: «L'America agli americani e il resto del mondo ... pure!». Per il resto del mondo ci pensano le truppe coloniali locali, sotto la supervisione USA. D'ora in poi la Russia sarà fra queste; in Asia centrale o nei Balcani.

Il processo d'integrazione Russia-Occidente è oramai ad uno stadio molto avanzato. Recentemente le FF. AA. USA hanno partecipato a manovre militari in ... Siberia! La talassocrazia americana ha raggiunto il cuore strategico della ex-potenza terrestre sua rivale.

E non è solo la Federazione Russa in gioco, seppur si tratti della più importante.



«Il riavvicinamento della Russia e dei paesi membri della NATO sulla base di valori comuni rappresenta un'opportunità storica per l'Europa e per il mondo nel suo complesso, opportunità da non lasciarsi sfuggire. Questo vale anche per i nostri vicini, e cioè le Repubbliche già facenti parte dell'URSS: alla fine del 1991 i paesi della NATO hanno compiuto un passo importante per accogliere le nostre proposte, istituendo il Consiglio di Cooperazione nord-atlantica (NACC): di questa fanno parte i paesi della NATO e gli ex-membri dell'Organizzazione del Trattato di Varsavia, ivi compresi tutti i paesi della CSI».



Il NACC è quindi un organismo, quasi sconosciuto ai più, che allarga le competenze della NATO su tutta l'area ex-sovietica, fino al suo centro più protetto e inaccessibile.

A. K. è ben consapevole dei rapporti interconnessi strettamente tra politica estera russa e politica interna nell'attuale fase di scontro per il potere a Mosca. E non solo per quanto abbiamo già visto finora. Invocando uno spazio comune mondiale, egli afferma a chiare lettere:



«Nello stesso tempo, siamo contrari ai raggruppamenti esclusivi e dottrine quali la

Pax americana, la Pax germanica o la Pax eurasiatica (N.B.)».



Se è ovvio che le sue considerazioni sulla e Pax americana lasciano il tempo che trovano a e Washington, è chiaro dove A. K. voglia andare a parare; anche se il ruolo della Germania resta comunque subordinato nella NATO alle strategie USA per l'Europa.

E poi ci sarebbe la Pax Eurasiatica!

Termine inconsueto ed incongruo in bocca al ministro di Eltsin, anche in relazione a quanto detto finora sul nuovo ruolo subordinato di Mosca. Ma termine che assume una ben chiara indicazione d'interesse interno solo se si consideri che proprio l'unità eurasiatica, da oceano ad oceano, è la parola d'ordine geopolitica delle forze nazionalpatriottiche antimondialiste e antisioniste del Fronte di Salvezza Nazionale; in particolare della rivista "Dien" e relativo movimento politico, guidati da Prochanov e Dughin. Queste realtà in crescita vertiginosa sono la spina dorsale e l'elemento centrale unificante del FSN.

Kozyrev dunque parla di politica internazionale sulle pagine della rivista della NATO, ma è ai problemi interni che è rivolta tutta la sua attenzione e verso cui cerca di indirizzare quella dei suoi interlocutori occidentali, da mungere anche in termini economici.

Non per nulla i G7 hanno procrastinato il crollo di Eltsin con una iniezione (solo promessa) di milioni di dollari, per fargli vincere il referendum. A. K. da furbo politico russo sa bene che l'attacco al mondialismo installatosi in Russia può venire soltanto dagli eurasiatisti del Fronte patriottico; specie ora dopo la firma vergognosa del SALT 2, che praticamente disarma la Russia e la mette alla mercé dell'ex-rivale, unica potenza atomica planetaria rimasta.

Come ci spiegava a Mosca il colonnello Morozov, caposcuola della Geopolitica russa, la talassocrazia americana ha usato nei confronti dell'URSS, tipica potenza terrestre chiusa agli spazi oceanici, la cosiddetta "Politica dell'Anaconda".

Con il loro sistema di alleanze con gli Stati della Fascia Marginale Eurasiatica (NATO, ex-CENTO, SEATO, Patto ANZUS) gli Stati Uniti hanno rinchiuso per decenni il colosso sovietico nella sua prigione continentale, tra i mari gelati del nord polare, i mari interni dell'Eurasia (Mar Nero, Mar Caspio, lo stesso Mediterraneo), le montagne e i deserti dell'Asia centrale.

Lentamente, ma inesorabilmente, le spire del grande serpente acquatico si sono serrate sulla Russia soffocandola, stritolandola, per poi divorarla pezzo a pezzo. La tragica avventura afghana non fu che l'estremo, disperato tentativo di Mosca di spezzare le spire che l'avvinghiavano. Essa cercò un varco verso il mare aperto, l'Oceano Indiano, attraverso il Belucistan. Uno sbocco prossimo anche alle rotte petrolifere del Golfo Persico (dopo la Rivoluzione Islamica dell'Iran) con un tentativo di contro-accerchiamento planetario pluricontinentale, facendo leva sul Corno d'Africa e sull'Indocina in mano all'alleato vietnamita.

L'esito è noto. E da lì inizia la fine dell'Impero e la sua frantumazione su linee etniche. Proprio quella prevista da Amalrik, il dissidente ebreo, nel suo libro "Sopravviverà l'Unione Sovietica fino al 1984?". Ha sbagliato solo, e di poco, sulla data!

Ora l'Anaconda-USA può divorare la sua vittima pezzo dopo pezzo, fino a farla scomparire dalle carte geografiche, dove potremo ritrovare Mosca ridotta al Principato di Moscovia o poco più. Oppure utilizzare una Russia domata per contrastare un pericolo ben più pressante e vitale, in quanto giovane: l'Islam rivoluzionario. La politica della NATO verso la Russia è tutta qui.

Ma tutto ciò non sarebbe stato possibile se nel contempo le forze interne del Mondialismo, penetrate in Russia con la rivoluzione bolscevica stessa e poi emarginate da Stalin, non avessero svolto il loro ruolo di disintegratori interni, annichilendo le coscienze e creando confusione. Il veleno mondialista ha paralizzato l'URSS dall'interno, almeno da Andropov in poi. Sono gli stessi che abbatterono lo Zar, fecero trionfare il bolscevismo svendendo buona parte dei territori russi. Alla fine la Russia, schiavizzata e svuotata nell'anima per decenni è stata gettata via come un guscio vuoto, uno strumento oramai inutile e superato per i piani del Mondialismo e del suo piccolo popolo guida.

Il simbolo di Mosca e, per estensione, della Russia è quello della Tradizione: il Guerriero (S. Giorgio, per l'Ortodossia) che, su un cavallo bianco, trafigge con la lancia il drago, il grande serpente che cerca di avvilupparlo nelle sue spire.

Le forze della Luce polare contro le tenebre.

Spirito contro materia. Potenza solare contro tellurismo. Ma anche forza primigenia della terra eurasiatica contro il drago di fuoco che sbuca dalle tenebre inaccessibili dell'Oceano primordiale circostante, come un incubo collettivo dai reconditi recessi ancestrali della psiche collettiva dei popoli.

Nella moderna storia della Russia come dell'Europa sono presenti tutti gli elementi simbolici dell'eterno dramma metafisico, dello scontro sempre ripetuto tra il Cielo e gli Inferi, tra la Terra di Luce e il mare oscuro, tra i popoli chiari del Nord e quelli neri del meridione; come fu diecimila anni or sono quando gli ariani si spostarono dalla sede polare per calare in Europa, in Asia, in India.

Geografia sacra e Geopolitica convergono a velocità folle verso il punto «X» senza ritorno, la censura tra vecchio e nuovo Cielo.

E sull'esito finale non ci sono dubbi.

Ora la Russia è vicina a toccare il fondo, quindi è anche la più prossima di tutti alla rinascita e al riscatto, al sorgere di una Nuova Aurora che promette un Giorno radioso.

Ed è anche il solo paese che può mettersi alla testa dei popoli dell'Eurasia e del mondo intero per combattere il Nemico dell'Uomo, mondialista.

Purtroppo lo stato di degrado morale raggiunto e lo sfascio politico-istituzionale a cui l'ha condotta la cricca Gorbaciov-Eltsin non fa certo presagire un passaggio indolore.

Il novello dittatore demo-atlantista è pronto a gettare tutta la Federazione in un bagno di sangue senza precedenti per salvare il suo potere di agente oramai palese del Mondialismo che l'ha appoggiato. Ma più lunga e sanguinosa sarà la nuova guerra civile russa, più forte e rapida nonché radicale sarà la riscossa contro il Nemico di ieri, di oggi, di sempre. Sulle orme di Ungem Khan.

Si affermerà allora dal Pacifico all'Atlantico, dal Polo Nord all'Oceano Indiano quella Pax Eurasiatica che Kozyrev aborrisce come il peggiore dei mali per sé e per i suoi sponsors atlantici.

Non sappiamo se A. K. già oggi, con i suoi scritti ed interventi sia passibile di alto tradimento per le leggi del proprio paese tradito; lo speriamo.

Una cosa è certa: il futuro riscatto del popolo russo e dei popoli d'Eurasia passa per la sconfitta con qualsiasi mezzo di uomini come lui e di tutta la cricca mondialista del Kremlino.

Pax Eurasiatica Imperiale dunque, contro Nuovo Ordine Mondiale imperialista. Terra e Mare preparano per il mondo lo scontro finale per il dominio planetario del Millennio a venire.



Carlo Terracciano

Spetaktor
01-05-09, 23:05
da "AURORA" n° 10 (Ottobre 1993)

* * *

Dietro i fatti di Mosca

Claudio Mutti

C'è stato un fatto significativo che ha preceduto il putsch di Eltsin e che generalmente gli osservatori politici hanno mancato di porre in rilievo.
D'altronde, la versione addomesticata dei fatti di Mosca presentataci dalla libera stampa occidentale esclude che di certi elementi si parli troppo e, soprattutto, che si richiami l'attenzione sul ruolo che essi svolgono nella catena degli eventi.
Il fatto di cui stiamo parlando è il ritorno di Egor Gaidar alla guida del ministero dell'economia (incarico che si aggiunge al suo ufficio di vice-primoministro)
Come è noto, Gaidar è il fautore e l'ideatore di quella riforma di liberalizzazione economica che egli stesso ha efficacemente illustrata dicendo esplicitamente:
«I Russi potranno cambiare soltanto quando sperimenteranno la disoccupazione».
Di tale riforma, d'altronde, i Russi hanno già avuto un assaggio il primo ottobre scorso, quando una delle misure previste dal programma di Gaidar ha liberalizzato il prezzo del pane aumentandolo del 50%.
È chiaro dunque cosa significhi la dichiarazione di Gaidar secondo cui «Il Governo dovrà imporre una politica di austerity e rinunciare ad ogni misura populista».
L'azione di Gaidar è ispirata dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario internazionale, come ci viene ricordato da un'analisi politica pervenutaci da parte di un gruppo redazionale di "Den" all'inizio d'ottobre, prima che la redazione di questo periodico, organo dell'opposizione spirituale diretto da A. Prochanov, venisse fatta chiudere dal despota democratico.
Ebbene, da tempo lavora a Mosca un gruppo di 24 esperti del FMI: è la delegazione più numerosa fra tutte quelle che l'organismo usurocratico ha sparse per il mondo.
L'esponente del gruppo, Ernesto Hernandez Catà, ha già avuto modo di intervenire pubblicamente nelle vicende politiche russe allorché, dopo lo scioglimento del Parlamento decretato da Eltsin il 21 settembre, lasciò capire che era quella la strada da battere.
«Questa misura -disse il funzionario del FMI- ridà fiato alla riforma economica, che è stata bloccata dallo sterile antagonismo tra il presidente Eltsin e il parlamento».
Immediatamente, Eltsin ha risolto lo sterile antagonismo a cannonate.
Una conferma di quanto ipotizziamo viene da quanto ha dichiarato, sul "Manifesto" del 7 ottobre, Boris Kagarlitzkij, consigliere del Partito del Lavoro, una formazione di sinistra cui non sono certamente imputabili simpatie per i "rosso-bruni".
Egli dice testualmente:
«Il progetto del FMI è di distruggere la Russia e di farla diventare un paese del Terzo mondo. In questo quadro, era inevitabile la distruzione delle strutture parlamentari di controllo».
In base a queste indicazioni è forse lecito formulare un'ipotesi per l'immediato futuro.
Se si terranno davvero le elezioni del 12 dicembre e se, a quella data, almeno un partito di opposizione sarà sopravvissuto all'eliminazione delle formazioni politiche antagoniste attualmente in corso, un 30% dei voti dovrebbe nuovamente convergere sull'opposizione.
Si riproporrebbe cioè una situazione analoga a quella che ha preceduto il bombardamento del Parlamento.
Ricomincerebbe lo sterile antagonismo.
E allora, la battaglia di Mosca non è stata decisiva.
Gli usurai internazionali avranno, in Russia, altre gatte da pelare.

Claudio Mutti

Spetaktor
01-05-09, 23:05
da "AURORA" n° 11 (Novembre 1993)

* * *

Russia, l'opposizione si riorganizza

Claudio Mutti

Sfidando apparentemente le misure repressive decretate dal governo, l'opposizione russa comincia a riorganizzarsi. Private del diritto di associazione e di manifestazione del pensiero attraverso la stampa, il vasto e variegato fronte degli antagonisti di Eltsin ricorre ora alle vie legalmente disponibili per riproporsi come alternativa politica al potere.
La scorsa settimana l'ex-presidente del disciolto Fronte di Salvezza Nazionale, Aleksandr Prochanov, ha tenuto una conferenza stampa nella quale ha dichiarato la volontà degli oppositori di lottare contro la dittatura democratica instaurata in Russia con l'appoggio degli Stati Uniti e della Banca Mondiale, che si servono di Eltsin per colonizzare il paese.
Un'analoga riunione è stata tenuta da Sergej Baburin, ex-deputato e capogruppo di un movimento d'orientamento "eurasiatista".
Da tali iniziative sono emerse alcune notizie inedite relative all'espugnazione del Parlamento da parte dei reparti speciali governativi. Si è appreso, ad esempio, non solo che la maggior parte dei deputati trovati all'interno della "Casa Bianca" sono stati percossi, ma, addirittura, che gli invasori del Parlamento hanno simulato la fucilazione di alcuni deputati: i condannati sono stati allineati lungo una parete, davanti a un plotone d'esecuzione che all'ultimo momento ha sparato in aria.
Gli esponenti dell'opposizione hanno espresso la decisione di partecipare in qualche modo allo scontro elettorale, anche se non si capisce come potrebbero farlo.
A quanto ci ha detto l'ex-redattore capo di "Sovetskaja Rossa" (uno dei quotidiani sospesi dalla "dittatura democratica"), «non solo giornali, partiti e movimenti dissidenti sono attualmente vietati per legge, ma esiste un'interdizione politica anche nei confronti delle persone non gradite al potere».
La censura, d'altronde, non risparmia gli stessi democratici: qualche giorno fa un ex-deputato eltsiniano che parlava alla televisione è stato tacitato in diretta, mediante una brusca interruzione della trasmissione, perché si era permesso di formulare qualche timida critica all'indirizzo del governo. «Qui vige il terrore», dichiara Aleksandr Dughin: «Le elezioni si svolgeranno dopo che Eltsin in persona avrà designato i candidati elettorali. Nessuno potrà parteciparvi senza essere gradito al governo. È una dittatura pura e semplice».
Gli oppositori, in ogni caso, si dicono convinti della debolezza dell'attuale regime, che non gode affatto dell'appoggio popolare, e ne godrà sempre meno, a mano a mano che verranno applicate le misure suggerite dal Fondo Monetario Internazionale; questo è infatti il vero centro del potere in Russia; con una commissione di ventiquattro membri che è la più numerosa tra quelle stanziate nelle varie capitali del mondo.
Al massimo, dunque, Eltsin può vincere le battaglie immediate, ma è condannato, a lungo termine, a una sconfitta irreparabile.
Frattanto, grazie a una disfunzione della censura, è uscito il n°4 della rivista "Elementy", la prestigiosa rivista di studi politici diretta da Aleksandr Dughin, alla quale collaborano, tra gli altri, il col. Viktor Alksnis (gravemente ferito dalla polizia negli scontri dei giorni scorsi), Aleksandr Prochanov (ex-direttore del quindicinale d'opposizione "Den") e Robert Steuckes (direttore della rivista francofona "Vouloir"). "Elementy", che reca il sottotitolo "rivista eurasiatica" e difende l'idea dell'unità continentale «da Dublino a Vladivostok», ha dato ampio spazio alle tesi thiriartiane circa il «socialismo europeo».

Claudio Mutti

Spetaktor
01-05-09, 23:14
Aldo Ferrari, La rinascita del nazionalismo russo, pp. 70, 6,20

Profondo conoscitore della storia e della cultura russa, Ferrari ha raccolto di recente in URSS una notevole documentazione sul neonazionalismo russo, in particolare su "Pamjat" (…) Un saggio che, pur risentendo ovviamente del soggettivo punto di vista dell'autore, non può che esser di valido aiuto alla comprensione delle forze che agitano l'uragano maldestramente cavalcato da Gorbaciov. (Ugo Gaudenzi, "L'Umanità", 21 giugno 1990)

Un'Unione sempre meno unita e sempre meno sovietica lascia spazio alle sue molte nazionalità e soprattutto all'anima russa e slavofila. Il futuro appartiene a chi ha la memoria più lunga e il gruppo Pamjat (appunto memoria) punta sulla tradizione per assicurarsi l'avvenire del postcomunismo. Documenti assortiti su un fenomeno ancora da scoprire. Utile. Prima edizione. (Maurizio Cabona, "Il Giornale", 24 dicembre 1989)

Spetaktor
01-05-09, 23:14
Igor' Safarevic, La setta mondialista contro la Russia, pp. 112, 11,00

Un lungo saggio pubblicato nel numero di giugno della rivista Nas sovremennik (Il nostro contemporaneo) dal titolo indicativo di Rusofobija (Russofobia). Ne è autore Igor Safarevic, matematico insigne, membro dell'Accademia delle Scienze dell'URSS e di molte istituzioni straniere, tra cui la nostra Accademia dei Lincei. (Giampaolo Gandolfo, "Il Secolo XIX", 24 settembre 1989)

Safarevic denuncia l'arrogante egoismo degli ebrei, la loro attitudine a isolarsi sprezzantemente dall'ambiente nazionale e sociale in cui vivono, la loro capacità di mobilitare, per il perseguimento dei loro interessi, vasti settori della comunità internazionale.

(Sergio Romano, I falsi Protocolli, Milano 1992, p. 130)

Rappresentante più illustre della pubblicistica nazional-tradizionalista è il matematico algebrista, accademico, insignito del Premio Lenin e di prestigiosi riconoscimenti internazionali, Igor R. Safarevic, che è anche uno dei maggiori maîtres à penser e leader del "Fronte di salvezza nazionale", che raccoglie le diverse tendenze rosso-brune. (…) Tre anni fa, a Mosca, con una tiratura di centomila copie, uscì la prima edizione di un suo saggio polemico (…) dal titolo Rusofobija. (Piero Sinatti, Che cosa vogliono i Russi?, Milano 1993, pp.132-133)

Spetaktor
01-05-09, 23:15
Aleksandr Dughin, Continente Russia, pp. 104, 10,00

Dughin (…) dirige la rivista "Elementy": rassegna euroasiatica che si occupa soprattutto di geopolitica e predica la "rivoluzione conservatrice"; per primo ha tradotto in russo i testi di Evola e di Guénon, e già li diffondeva anni fa in samizdat (…) era dissidente con i comunisti, lo è adesso con quelli che chiama liberisti. In Italia (…) è stato pubblicato il suo Continente Russia. (Natalia Aspesi, "La Repubblica", 26 giugno 1994)

In Continente Russia, dopo l'articolo omonimo e quello su L'inconscio dell'Eurasia, Dughin passa a trattare del Nemico, dell'unico, vero "impero del Male": l'America. (…) Il pensatore russo conclude Continente Russia con una panoramica su Le radici metafisiche delle ideologie politiche. (…) Padroneggiando da maestro una tematica filosofico-religiosa quanto mai complessa, con conoscenze culturali più uniche che rare, il nostro conduce una disamina su alcune "visioni del mondo" riscontrabili nella storia delle società tradizionali, fino alle loro forme degenerative moderne. (Carlo Terracciano, "Origini", 7, agosto 1992

Spetaktor
01-05-09, 23:16
AA. VV., La Russia che dice di no, pp. 86, 9,00

La Russia che dice di no è il titolo di un interessantissimo volume, composto da scritti di vari intellettuali russi contemporanei (Pavlenko, Sanacev, Abdulkajjum, Safarevic) che si presenta come una specie di "summa" del pensiero del nazionalcomunismo russo odierno e dell'opposizione patriottico-religiosa al corrotto, oligarchico e antipopolare regime filoamericano di Boris Eltsin. (…) Fondamentale, in questa situazione, il ritorno al pensiero di K.N. Leontev (1831-1891), il quale auspicava un "eurioasiatismo" che vedesse i popoli slavi dell'Europa orientale e quelli islamici del Medio Oriente e dell'Asia Centrale uniti contro il corrotto e depravato Occidente, comune nemico di entrambi. Tra gl'interventi più interessanti proposti nel volume: La riconversione della Bandiera Rossa (intervista al celebre scienziato nazionalista russo I. R. Safarevic) e La parola al popolo (vero e proprio proclama patriottico degli intellettuali nazionalisti russi in difesa della Patria e dell'identità nazionale del popolo russo, firmato da nomi di spicco quali Gromov, Rasputin, Prochanov). ("Il Monviso", 17 ottobre 1994)

Spetaktor
01-05-09, 23:16
Gejdar Dzemal', Tawhid. Prospettive dell'Islam nell'ex URSS, pp. 64, 7,00

L'autore di questo libro è un autorevole esponente dell'Islam "ex sovietico". (…) Oltre che uomo di azione politica, Dzemal' è uomo di profonda e vasta conoscenza, che unisce ad un ricco patrimonio intellettuale islamico una cultura di tipo europeo di gran lunga superiore alla media. (…) Nella prima parte, il libro presenta alcuni saggi di contenuto dottrinario di alto livello, il cui valore consiste, tra l'altro, nell'uso di un linguaggio incisivo, evocativo e non banale. Nella seconda parte, troviamo invece articoli di battaglia apparsi sulla stampa musulmana in lingua russa e turca. (…) La raccolta si chiude con un'intervista rilasciata a Shamil Sultanov, politologo e polemologo d'origine turco-tatara (lui stesso membro del Partito della Rinascita Islamica), nonché redattore di un periodico d'orientamento "eurasiatico" che è fortemente solidale con l'Islam e ha pubblicato più volte gli interventi di Dzemal'. ("Il Musulmano", I, 2, giugno 1993)

Spetaktor
01-05-09, 23:16
Gennadij Zjuganov, Stato e potenza, pp. 176, 16,00

Che ci fa un libro di un comunista russo in una collana diretta da Mutti? Basta aprire il libro e leggere la prefazione dello stesso Mutti, e poi il lungo saggio introduttivo del curatore del volume, Marco Montanari - studioso serio (forse in Italia nessuno conosce meglio di lui le vicende del comunismo sovietico successive al crollo), non un seguace di Mutti - per capire che non siamo di fronte ad una stranezza, ad un'operazione editoriale particolarmente spregiudicata. No, Stato e potenza ci sta bene fra i libri di Mutti perché nelle sue pagine circola davvero - filtrata forse attraverso gli scritti di Aleksandr Dugin, il fondatore a Mosca di un partito che nel modo più esplicito si definiva nazionalbolscevico - quel pensiero "rosso-nero" che in Occidente ha avuto i suoi maestri, più che in Evola, in Jean-François Thiriart visionario (suo era il progetto dell'impero euro-sovietico) fondatore, sulle ceneri del nazismo, del "nazionaleuropeismo". (Adriano Guerra, "L'Unità", 30 maggio 1999)

Un libro che dovrebbero leggersi i vari Cossutta o i perdigiorno dei centri sociali, che in svariate occasioni hanno parlato del comunismo con occhi sognanti. (Gianluca Savoini, "La Padania", 13 maggio 1999)

Spetaktor
01-05-09, 23:17
Imam Khomeyni, Lettera a Gorbaciov, pp. 20, 2,50

In tale lettera il carismatico leader della rivoluzione iraniana chiedeva al segretario del Pcus di riconoscere pubblicamente che il comunismo aveva fallito nel suo tentativo di distruggere la "satanica" civiltà occidentale e che pertanto sulla scena mondiale restava solo una forza capace di lottare con efficacia contro l'imperialismo capitalistico: l'Islam. (Luciano Pellicani, "Mondoperaio", 43, 10, ottobre 1990)

Le Edizioni all'insegna del Veltro (…) hanno pubblicato oramai da qualche anno dei libretti di notevole interesse culturale e politico. Tali libretti sono rimasti sconosciuti ai più, ma meritavano e meritano ben altra attenzione. Tra questi, spiccano due lettere dell'Imam Khomeyni, indirizzate rispettivamente a Gorbaciov e al papa Giovanni Paolo II. (…) A Gorbaciov, l'Imam riconosce "… il coraggio di procedere alla revisione di una ideologia che da anni teneva prigionieri in una fortezza di ferro i figli rivoluzionari della terra". A questo riconoscimento, si aggiunge però una preoccupazione: che i governanti sovietici, dopo aver opportunamente riconosciuto gli errori dei loro predecessori, siano tentati "… dal verde giardino del mondo occidentale". Sarebbe proprio qui il pericolo, sempre per Khomeyni, poiché egli non ha tema di affermare che "la verità è altrove". (Sebastiano Maffettone, "Il Mattino", 24 novembre 1993)

Ierocle
03-05-09, 12:16
da "AURORA" n° 5 (Aprile 1993)

* * *

Una visita a Mosca

Marco Battarra

In occasione del primo congresso dedicato ai Popoli oppressi dal Nuovo Ordine Mondiale organizzato dalla rivista "Den", dal quotidiano "Sovetskaja Rossija" e dal Fronte di Salvezza Nazionale, svoltosi a Mosca il 2 marzo scorso, una delegazione mista italiana si è recata a Mosca per stringere ulteriormente i rapporti già instaurati in occasione del precedente viaggio.
Della delegazione facevano parte Marco Battarra, direttore di "Orion", Carlo Terracciano, in rappresentanza del Movimento Antagonista, e Claudio Mutti, in rappresentanza del gruppo islamico "Murabitum" e dell’Islamic Council of Defence of Europe.
Organizzata dall’infaticabile Aleksandr Dughin, la visita a Mosca della nostra delegazione è stata particolarmente densa di incontri al massimo livello con rappresentanti dell’opposizione radicale a Eltsin.
Lunedì 1 marzo la giornata è stata dedicata alla comunità islamica.
Dopo una visita alla Moschea di Mosca e l’incontro con alcune rappresentanze diplomatiche di paesi islamici, nei locali della sede del Partito della Rinascita Islamica, si è svolto un lungo incontro con Gaidar Dzemal, responsabile politico del Partito, con l’amico El Chat e con alcuni esponenti di comunità islamiche delle regioni asiatiche dell’ex-Unione Sovietica.
Nel corso del lungo colloquio, protrattosi fino a tarda notte, è stata analizzata la posizione del PRI nell’ambito del Fronte della Salvezza Nazionale, la crisi balcanica, gli scontri interetnici che vedono coinvolte le comunità islamiche, le possibilità di sviluppo dell’Islam in Russia ed in Asia.
Una particolare convergenza di vedute è stata riscontrata quando si è analizzata l’azione delle forze mondialiste, individuando in modo particolare il ruolo degli Stati Uniti.
Martedì 2 marzo, nel salone del palazzo dei giornali della "Ulica Pravda", si è svolto l’annunciato congresso dedicato ai Popoli oppressi dal Nuovo Ordine Mondiale.
Nella mattinata di mercoledì 3 marzo la nostra delegazione si è incontrata con Chamil Sultanov, politologo e polemologo di grande fama ed esponente islamico della redazione del settimanale "Den", il periodico più popolare tra le forze di opposizione.
Dopo aver effettuato un reciproco scambio di interviste, ci è stata illustrata in maniera approfondita l’attuale situazione dello scontro in atto a Mosca.
Nel pomeriggio si è svolto l’incontro forse più importante dal punto di vista operativo.
Nei locali della redazione del quotidiano nazionalcomunista "Sovetskaja Rossija", abbiamo incontrato Eduard Volodin, firmatario dell’appello al popolo dell’agosto 1991 (Cfr. "Origini" n° 7 e "La Russia che dice No". Ed. "All’insegna del Veltro") fondatore e copresidente del Fronte di Salvezza Nazionale ed osservatore politico di "Sovetskaja Rossija".
Nel luogo incontro è stata effettuata una accurata analisi dello stato delle forze della opposizione sia in Russia che nell’Europa occidentale.
Durante il colloquio è venuto a portare il suo saluto il redattore capo Georg Cichin che ha tenuto a sottolineare quanto sia importante, e non solo in Russia, la collaborazione fra tutte le forze sinceramente antimondialiste.
Lasciandoci, ha dichiarato che «Ci dobbiamo considerare una brigata di partigiani e come tutti i partigiani il nostro compito è quello di liberare la patria dal nemico».
L’incontro è terminato con la decisione di affidare alla rivista "Orion" la costituzione a Milano di un ufficio stampa del Fronte di Salvezza Nazionale in stretto contatto con Eduard Volodin, e con l’istituzione di un rapporto di collaborazione diretto tra il quotidiano "Sovetskaja Rossija" e "Orion" che si svilupperà sia con lo scambio d’informazione che di articoli.
In relazione a ciò, al nostro rientro, è stato immediatamente diffuso un comunicato stampa.
Inoltre in seguito ad accordi intercosti tra "Orion" ed altre realtà europee, sono stati immediatamente costituiti gli uffici stampa del FSN sia in Francia che in Belgio.
La giornata di giovedì 4 marzo è stata interamente dedicata alla geopolitica.
Organizzato da Aleksandr Dughin, nei locali dell’Associazione Ufficiali, si è svolto un lungo dibattito sulle differenti interpretazioni geopolitiche dell’attuale situazione mondiale ed in particolare sulla contrapposizione tra Eurasia ed America.
Il dibattito si è svolto in special modo tra Carlo Terracciano, della redazione di "Orion", ed il colonnello di Morozov, rappresentante della scuola geopolitica russa.
Di questo incontro si parla in maniera dettagliata nel n° 103 di "Orion", quasi interamente dedicato a questo viaggio.
Qui vogliamo solo riportare queste parole del colonnello Morozov: «Il nostro compito è quello di far conoscere al popolo la strategia dell’anaconda, cioè far sapere quale è la strategia dell’atlantismo e del mondialismo. Nostro dovere è quello di opporsi a questa strategia grazie all’unione di tutte le forze, i paesi, i popoli dello spazio eurasiatico».
Nel corso dei lavori sono giunti alla nostra delegazione i saluti da parte dei generali Nikolai Klokotov e Danilenko, impossibilitati a partecipare ai lavori a causa dello stato di grande tensione di quei giorni.
Nella serata ci siamo recati in visita allo studio del pittore di origine siberiana Evgeni Vidilanski, autore del ritratto di Ungern riportato in copertina del citato numero di "Orion".
In tutta la recente opera di Vidilanski è predominante il tema della tradizione dell’Eurasia e della simbolica collaborazione tra le forze antimondialiste.
Nel corso di una seconda visita alla redazione di "Den", venerdì 5 marzo, abbiamo incontrato Aleksandr Prochanov, uno degli uomini di punta dell’opposizione radicale nazionalcomunista, scrittore, direttore della rivista "Den" da due anni, firmatario dell’appello al popolo dell’agosto 1991, promotore e co-presidente del Fronte di Salvezza Nazionale, fondatore e presidente del movimento politico "Den", una delle componenti più importanti del FSN.
Prochanov ci ha raccontato dettagliatamente la storia del suo giornale che per i tre mesi successivi al golpe è stato il solo organo della opposizione e che oggi si pone come scopo principale la lotta contro la tendenza pro-americana e pro-sionista nella cultura.
Ci ha poi spiegato come le idee delle diverse componenti dell’opposizione, i bianchi ed i rossi, non siano in contrasto in quanto la giustizia sociale dei rossi e la giustizia nazionale dei bianchi hanno lo stesso fine e sono strettamente correlate non potendo esistere l’una senza l’altra.
«Il popolo russo ha perso la possibilità dello sviluppo nazionale e si è impoverito. È per questo che oggi ogni vero russo è nello stesso tempo nazionalista e comunista. Noi abbiamo cercato di fare una sintesi tra le due ideologie».
«Il nostro scopo finale è la restaurazione dello spazio eurasiatico, del quale l’Islam è una componente fondamentale».
«La lotta degli ortodossi contro l’Islam è priva di senso. Sono gli americani che vogliono opporre queste due componenti fondamentali dell’Eurasia».
Nel corso della serata, accompagnati da Gaidar Dzemal e da El Chat, dopo aver preso una serie di precauzioni ed aver girovagato in auto per più di un’ora nell’estrema periferia moscovita, abbiamo incontrato uno dei capi della resistenza islamica del Tagikistan, attualmente in clandestinità a Mosca.
Di questo incontro ed in particolare della situazione in quella regione dell’Asia centrale, parleremo dettagliatamente in un prossimo numero.
La giornata di sabato 6 marzo è stata interamente dedicata alla manifestazione organizzata dalla rivista "Den" e dal Fronte di Salvezza Nazionale nel centralissimo cinema Udamik.
A questa manifestazione hanno partecipato tutti i maggiori esponenti dell’opposizione nazional-comunista.
A margine della manifestazione abbiamo potuto incontrare alcuni di questi esponenti.
La particolare situazione politica carica di tensione, non ci ha permesso di incontrare né gli esponenti parlamentari dell’opposizione, né i dirigenti del Partito Comunista Russo, già da noi incontrati nel precedente viaggio a Mosca (Cfr. "Orion" n° 96, settembre 1992) che comunque non hanno mancato di far pervenire alla nostra delegazione messaggi di saluto e ringraziamento per la nostra opera.

Marco Battarra


MOSCA: ITALIANI AL CONGRESSO DEI POPOLI OLTRAGGIATI





Il 2 marzo 1993 si svolse a Mosca, nel salone del Palazzo della Stampa di Ulica Pravda, il “Congresso dei Popoli Oltraggiati, contro il Nuovo Ordine Mondiale”. Organizzatori del convegno erano il quindicinale “Den” (diretto dal celebre narratore Aleksandr Prochanov), il quotidiano “Sovetskaja Rossija” (che in un’intervista rilasciataci in quei giorni il direttore Cikin definì “organo della resistenza contro il nemico della patria”) e il Fronte di Salvezza Nazionale (presieduto all’epoca da Zjuganov, Volodin e Prochanov). Al convegno partecipavano numerosi delegati provenienti dai territori della Russia e dei paesi che avevano fatto parte dell’URSS, in rappresentanza di comunità nazionali, movimenti politici, associazioni, organi di stampa ecc.; a presiedere era Aleksandr Dugin, che all’epoca pubblicava la rivista “Elementy”.
La serie degli interventi fu aperta da Prochanov, il quale identificò il “Nuovo Ordine Mondiale” preconizzato da Bush senior con la versione moderna della Torre di Babele e indicò nella lotta per la restaurazione dell’impero sovietico la fase decisiva nella guerra contro il Nuovo Ordine Mondiale.
Prese poi la parola Carlo Terracciano, che assieme a Marco Battarra e all’autore di queste righe rappresentava l’Italia al congresso di Mosca. “La nostra delegazione – esordì Terracciano – viene da un paese che da decenni è sottoposto all’occupazione americana. Abbiamo un governo e un parlamento asserviti totalmente agli interessi stranieri: all’alta finanza internazionale, all’imperialismo americano, al sionismo cosmopolita, in una parola al mondialismo”. E proseguì: “Sionismo e imperialismo vogliono distruggere l’anima stessa dei popoli. E voi Russi oggi state provando sulla vostra carne viva la lama sanguinaria di questi criminali: miseria, fame, disonore, corruzione, droga, alcol e criminalità, odi e divisioni nel popolo, tradimento della Patria e abbandono dei popoli ieri amici”. Dopo aver richiamato la necessità di unire tutte le forze antimondialiste in una “grande internazionale dei popoli diseredati della terra, come li definì l’Imam Khomeini”, l’oratore italiano rivolse questo appello ai rappresentanti della nazione russa: “Noi, eredi senza più patria di un Impero che fece la storia civile del mondo antico, chiediamo al popolo che ha raccolto l’eredità storica e spirituale di Roma e di Bisanzio: aiutateci a riscattare insieme il nostr ed il vostro passato! Perché nella tradizione e nella memoria storica ed ancestrale dei popoli è la chiave che apre le porte dell’avvenire”.
Il discorso di Terracciano fu seguito da quello di Eduard Volodin, capo redattore del quotidiano “Sovetskaja Rossija” e copresidente del Fronte di Salvezza Nazionale, il quale, individuando alle radici del conflitto interetnico jugoslavo la medesima ispirazione che aveva originato la distruzione dell’URSS, sottolineò la necessità di un impegno dei Russi a combattere in difesa dei popoli minacciati di asservimento dall’imperialismo statunitense.
Fu poi la volta del diplomatico iracheno Abd el Wahhab Hashshan, che citò l’esempio del proprio paese per illustrare la sorte incombente su quanti non accettano le direttive del Nuovo Ordine Mondiale e paventò per la Russia uno sviluppo della manovra già iniziata con la distruzione dell’URSS.
L’argomento fu ripreso dal professor Kobazov, capo della delegazione osseta, secondo il quale era necessario ricostituire in un modo o nell’altro una comunità di paesi analoga all’URSS, allo scopo di salvaguardare le identità dei popoli dell’area ex-sovietica contro le minacce del mondialismo.
Prese poi la parola l’autore di questo resoconto, il quale, al termine di un’analisi geopolitica, formulò l’auspicio di un impegno della Russia nella lotta di liberazione del Continente. “Se vuole liberarsi dalle catene del Nuovo Ordine Mondiale, la Russia deve aiutare il resto dell’Europa in questa liberazione, contribuendo con le sue possibilità, che rimangono tuttavia enormi, a questa impresa storica”. Nei giorni successivi, il discorso fu riportato integralmente sul “Kayhan” di Teheran.
Toccò poi a un redattore di Radio Tallinn, che illustrò la situazione dell’Estonia in seguito alla secessione dall’URSS: imposizione della russofobia come ideologia ufficiale del neonato staterello baltico e diffusione degli pseudovalori dell’Occidente.
Gejdar Dzemal, azero, dirigente del Partito della Rinascita Islamica, autore di testi che spaziano dalla metafisica all’attualità politica (si veda, in italiano, il suo Tawhid. Prospettive dell’Islam nell’ex URSS, Parma 1992) sostenne che un’alternativa globale al Nuovo Ordine Mondiale è rappresentata dall’Islam, in quanto contrappone un’escatologia autentica alla parodistica concezione mondialista della “fine della storia”. Non solo, ma alla concezione della legge come opportunistico “contratto sociale”, concezione propria del fariseismo mondialista, l’Islam oppone la Legge sacra, nata dalla Rivelazione divina.
In assenza della delegazione serba, Aleksandr Dugin commentò lui stesso la situazione in Jugoslavia, esponendo le ragioni delle diverse parti in lotta ed auspicando un’intesa tra esse. La stessa impostazione emerse dal messaggio di cui diede lettura un rappresentante dell’Associazione d’Amicizia Russo-Serba. I firmatari del messaggio, il capo del Partito Radicale Seselj e l’intellettuale tradizionalista belgradese Dragosh Kalajic avevano scritto: “Per lottare contro il programma mondialista, che si trova riassunto sulla stessa banconota stampata dagli USA, bisogna porre fine alle guerre interetniche. Il conflitto in Bosnia non può essere risolto con la vittoria di una parte sulle altre, ma con l’intesa tra le parti”.
L’ospite d’onore del Congresso, la signora Sazhi Umalatova, presidentessa del parlamento sovietico, ribadì che lo scioglimento del parlamento era un fatto illegale e che la restaurazione dell’URSS doveva essere il primo passo verso l’eliminazione dell’influenza americana e sionista nel continente. Americani e sionisti, concluse la signora Umalatova, sono il nemico numero uno dei popoli liberi.
I sionisti, precisò subito dopo Sha’ban H. Sha’ban, redattore capo di un giornale russo-palestinese, “Al Kods”, devono essere combattuti dappertutto, perché non si trovano solo in Palestina, ma in tutto il mondo. Il pericolo sionista non minaccia solo i Palestinesi, disse Sha’ban, ma tutti i popoli. La parola d’ordine, dunque, deve essere: “Intifada dappertutto!”
A questo punto parlò un altro delegato italiano, il redattore di “Orion” Marco Battarra, il quale fece ricorso a uno studio di “Le Monde” per illustrare i rapporti tra finanza, libero mercato e Stati.
Il rappresentante degli Abcazi, Jurij Ancabadze, denunciò il ruolo che Shevardnadze voleva fare svolgere alla Georgia nell’area caucasica. La Georgia, affermò il delegato abcazo, è un corridoio di influenza mondialista, perché la classe dirigente georgiana vuole essere l’avamposto dell’Occidente nella zona.
Dopo aver confermato che effettivamente molti georgiani sono stati agenti del mondialismo nella politica russa e dopo aver sollecitato il sostegno dei Russi ai musulmani dell’Abcazia, Aleksandr Dugin diede la parola a una signora di Chisinau, la quale illustrò la situazione della comunità russa della Repubblica Moldava (Bessarabia) in seguito alla secessione.
Intervenne quindi l’ambasciatore dell’OLP, Musa Mubarak. Sionismo e americanismo, disse, sono i due lati del medesimo angolo. Ingerenza nelle faccende politiche altrui e pressione economica sono i due principi basilari dell’azione statunitense. Contro il Nuovo Ordine Mondiale, che si caratterizza in questa maniera, bisogna creare un vero Ordine Nuovo.
Apti Saralejev, delegato ceceno, denunciò la penetrazione sionista nella vita dei popoli caucasici e sostenne il progetto relativo a un’intensificazione degli studi sull’azione sionista.
Infine, Aleksandr Dugin diede lettura della risoluzione finale, cui vennero apportate alcune aggiunte e modifiche suggerite dall’assemblea. Fu creato un comitato permanente, nel quale vennero inseriti i delegati italiani.
Il Congresso ebbe ampia risonanza sulla stampa russa; i giornali “patriottici”, in particolare, riferirono per esteso gli interventi dei congressisti. Il giornalista di Radio Svoboda (l’emittente finanziata dagli USA e nota fuori dalla Russia come Radio Free Europe), nella corrispondenza inviata la sera stessa del 2 marzo, attribuì ai delegati italiani frasi che questi non avevano mai pronunciate.


Claudio Mutti