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Visualizza Versione Completa : Mussolini e l'America



W. Von Braun
06-03-07, 17:32
Per chi volesse approfondire le relazioni tra Italia fascista e Stati Uniti, andando al di là della ingenua contrapposizione di chi conosce poco o affatto la storia, ecco un buon punto di partenza


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Le relazioni tra gli Stati Uniti e l’Italia fascista, malgrado la presenza di alti e bassi dovuti allo sviluppo della situazione internazionale in un delicato periodo della storia mondiale, nella loro buona evoluzione possono essere definite come una linea continua senza interruzioni. Numerosi fattori da una sponda e dall’altra dell’Atlantico concorsero al mantenimento di tale favorevole clima sino allo scoppio del Secondo conflitto mondiale. Scopo principale di questo saggio, oltre quello di realizzare un sufficientemente completo resoconto della storia dei rapporti italo-americani durante il periodo fra le due guerre, è stato proprio quello di investigare sulle più significative motivazioni di questa ventennale intesa tra il regime fascista e l’allora più grande democrazia del mondo.

Quello che ne è emerso è un quadro emblematico del realismo con il quale due governi ideologicamente e politicamente tanto distanti l’uno dall’altro impostarono la loro politica estera. Questo non rappresentava certo una novità per l’approccio alle questioni internazionali sviluppato da Mussolini, che come stavano a dimostrare i concomitanti rapporti intrattenuti con le altre potenze mondiali, democratiche o comuniste che fossero, mostrò sempre di essere teso al perseguimento di obbiettivi immediati e concreti, sia dal punto di vista politico sia economico e commerciale, evitando di porre inutili pregiudiziali.

Palazzo Chigi ebbe così cura, avvalendosi di un personale diplomatico di prim’ordine e del gruppo di pressione sempre più influente rappresentato dalla numerosa comunità italiana d'oltreoceano, di avvalorare la propria immagine presso le autorità e l’opinione pubblica degli Stati Uniti come quella del più efficiente baluardo anticomunista e di un buon partner commerciale.

Da parte italiana, nell’intento di porre questi rapporti su solide basi, si trattò anche di tranquillizzare gli ambienti ufficiali della repubblica stellata circa gli obiettivi della propria politica estera mostrando, pur nella rivendicazione di una più equa sistemazione degli equilibri europei, la propria propensione per la pace, il disarmo e l’approccio cooperativo nella soluzione dei problemi di volta in volta sorti nelle relazioni fra le potenze.

Tale politica dette all’inizio ottimi risultati come ben stavano a dimostrare la composizione della vertenza sul debito di guerra nel novembre del 1925, i viaggi del segretario di Stato Stimson a Roma e quello del ministro degli Affari Esteri Grandi in America nella seconda metà del 1931, le promettenti correnti commerciali avviate fra i due Paesi ed il crescente prestigio acquistato negli Stati Uniti dal regime fascista e in particolare dalla figura del Duce, rendendo sterili i tentativi di sabotaggio realizzati dalle sempre più irrilevanti correnti dell’antifascismo nordamericano.

Più che il realismo della politica estera fascista sorprende quindi quello sviluppato dal dipartimento di Stato e dalla Casa Bianca sia durante il decennio repubblicano sia con l’avvento dell’amministrazione democratica. In queste due fasi della storia americana cambiarono le priorità politiche sotto il versante interno e sotto quello internazionale, ma non vi fu un sostanziale mutamento di rotta nei rapporti con l’Italia fascista.

Per i governi repubblicani, che dominarono la scena politica americana per i dieci anni successivi alla Grande Guerra, sotto la spinta dei potentati economici la priorità fu da subito quella di garantire la presenza in Europa di un efficiente fattore di stabilità in grado di contrastare la minaccia bolscevica non solo in Italia ma in tutta la parte occidentale del Vecchio Continente e di agevolare e garantire l’investimento degli ingenti capitali che grazie all’espansione economica andavano accumulandosi negli Stati Uniti. Il regime di Mussolini mostrò di saper offrire al riguardo ottime garanzie.

E’ stato interessante riscontrare come l’avvento di Roosevelt alla presidenza più che far affiorare le differenziazioni fra i due regimi e comprometterne le relazioni, fu caratterizzato dall’evidente desiderio di migliorarle. La grave crisi economica e i turbamenti generati nel contesto dei rapporti internazionali dall’affermazione del nazionalsocialismo in Germania e dalle sue immediate manifestazioni aggressive, costituirono, infatti, due notevoli stimoli per l’America del New Deal a ricercare un’ancora più stretta collaborazione con l’Italia.

Quanto grande fosse questo auspicio fu evidenziato dalla sua persistenza anche a seguito del nuovo e più preoccupante atteggiamento assunto dal regime fascista sulla scena internazionale a partire dalla seconda metà degli Anni Trenta. Le guerre d’Etiopia e di Spagna ed il progressivo avvicinamento dell’Italia alla Germania rappresentarono certo per gli Stati Uniti un duro colpo alle proprie speranze al quale si cercò di fare fronte mostrando un’evidente tolleranza.

Nella intelligente distinzione fra il regime fascista e quello nazionalsocialista, nella individuazione degli ineliminabili fattori di contrasto esistenti fra le ambizioni di Roma e di Berlino e nella consapevolezza della scarsa stima di Mussolini per Hitler, Roosevelt cercò in ogni modo di convincere l’Italia a sottrarsi al fatale abbraccio con la Germania.

Fu così che il presidente americano si adoperò incessantemente prima dello scoppio della Seconda guerra mondiale per spaccare l’alleanza totalitaria e riguadagnare la simpatia dell’Italia oltre che per l’America anche per la Gran Bretagna con la quale per un quindicennio essa aveva condotto nella sostanza una politica estera comune.
Il capo della Casa Bianca, pur nel perseguimento di questo lodevole intento, non considerò, tuttavia, o fece finta di ignorare, quanta acqua fosse ormai passata sotto i ponti e come fosse stato proprio l’atteggiamento ostile delle democrazie anglosassoni a precipitare l’Italia in quel pericoloso isolamento internazionale premessa per la costituzione dell’Asse. Anche i numerosi tentativi esperiti da Roosevelt nella prima metà del 1940 per dissuadere Mussolini dall’entrare in guerra, attraverso l’elogio della responsabile condotta sino a allora assunta dall’Italia dinanzi al conflitto e per mezzo di un suo personale impegno a farsi portavoce presso le democrazie europee delle legittime aspirazioni dell’Italia, furono destinati al fallimento.

Se il presidente americano era disposto a riconoscere come, avevano fatto i suoi predecessori, l’esistenza di un regime fascista in Europa in quanto fattore di stabilità politica e economica egli non avrebbe potuto tollerare un adesione dell’Italia alla politica dei maggiori nemici dell’America, la Germania ed il Giappone. La storia dei rapporti italo-statunitensi degli anni tra la guerra etiopica ed il Secondo conflitto mondiale fu quindi quella di una vana e impossibile rincorsa al ripristino del cordiale clima caratterizzante il periodo precedente. La frattura, tuttavia, non fu mai netta sino al 10 giugno 1940, data dell’entrata in guerra dell’Italia, le due parti, malgrado i toni spesso ostili dei rispettivi organi di stampa, riservandosi fino all’ultimo una certa possibilità di manovra.

Con l’ingresso dell’Italia nel conflitto ogni resistenza venne abbandonata e la propaganda dei due regimi ebbe la possibilità di scatenarsi traendo alimento da quelle differenziazioni politiche e ideologiche in precedenza messe da parte.
L’evoluzione dei rapporti tra Roma e Washington dalla marcia su Roma all’11 dicembre del 1941 può quindi essere considerata come la risultante, oltre che dell’approccio realistico delle due parti, anche della maturazione di nuovi equilibri interni e internazionali. A quest’ultimo riguardo l’aspirazione italiana all’esercizio di un più marcato ruolo di grande Potenza emerso a partire dal 1935 si scontrò fatalmente con il progressivo abbandono da parte dell’America del suo tradizionale isolazionismo e con l’acquisita consapevolezza dell’esigenza di tutelare nel mondo l’indiscusso suo primato in ambito economico e politico.

Quell’Italia negli anni precedenti considerata fattore di equilibrio continentale e strumento per il contenimento della minaccia nazista divenne così un elemento di secondo piano nel contesto internazionale tanto vaste e imponenti erano divenute le forze messe in moto. Ad essa rimaneva solo di giocare un ruolo da gregario, scegliendo se rappresentare il principale alleato della Germania o rimanere fuori dall’epocale processo storico, ponendosi all’ombra di quelle democrazie che tanto ne avevano avversato l’ascesa e collocandosi in una posizione insignificante ed appartata.
Lo spettro di un rinnovato isolamento e soprattutto le ambizioni per una più rilevante posizione internazionale grazie alla vittoria delle armi germaniche spinsero Mussolini ad abbandonare ogni esitazione ed a gettare sul piatto della bilancia il destino del proprio popolo. Quant’anche gli appelli di Roosevelt, divenuto sempre più portavoce delle democrazie europee presso il Duce, fossero stati con più generosità supportati da concessioni effettive verso l’Italia, nulla avrebbe potuto più evitare le irrevocabili decisioni di Mussolini.

L’America, intenzionata a salvaguardare il proprio primato mondiale, ergendosi quale paladina delle democrazie europee in lotta contro la minaccia totalitaria e per mezzo di tutta una serie di iniziative economiche, politiche e militari intraprese a loro sostegno, rivelò con chiarezza il carattere discriminatorio della propria neutralità, collocandosi sempre più fra i nemici del fascismo. Anche l’Italia, da parte sua, assecondando il disegno hitleriano, deluse le aspettative e le speranze di Washington, ponendosi dichiaratamente nel campo ostile agli Stati Uniti. La guerra tra L’America e l’Italia, dichiarata l’11 dicembre 1941, rappresentò quindi la formalizzazione dello stato di latente ostilità presente da alcuni mesi nei rapporti fra i due Paesi, nonché la consacrazione dell’impossibilità di ripristinare le ottime relazioni tra di essi intrattenute durante il corso di un ventennio.

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Eric Draven
06-03-07, 17:44
Secondo me è stato meglio che le cose siano andate come sono andate: anche se gi italiani non hanno smesso di affidarsi a persone che cmq disprezzano...

W. Von Braun
06-03-07, 21:37
Ovviamente la discussione è rivolta a tutti coloro che idolatrano Mussolini come martire dell'antiamericanismo.

Eric Draven
07-03-07, 01:41
mmmh sempre difficile come discorso: le pulci,di qualsiasi orientamento, piuttosto che ammettere la verità si farebbero scuoiare vivi.....