SPYCAM
30-03-07, 19:17
di Stefano Corradino
La sala più grande dell’Auditorium di Roma giovedì era piena. Un pubblico eterogeneo di italiani ed americani, ventenni e sessantenni, ha ascoltato la storica cantante folk americana in silenzio, talvolta accompagnando con le mani brani che appartengono di diritto alla storia della musica mondiale. Voce calda e penetrante quando riecheggia le strofe di Tom Waits e Bob Dylan e quando canta un brano di Elvis Costello, che è una ferma condanna alla politica estera di Bush. Furio Colombo, editorialista dell’Unità è suo amico da decenni ed è lì, in prima fila, a ripercorrere emozioni lontane e la sua stessa indignazione per un mondo che non è per nulla migliorato.
Joan Baez ha salutato “il senatore Furio Colombo” dal palco. Non sembra averlo fatto per una questione di “protocollo”…
L’amicizia che mi lega con Joan Baez dura da oltre 40 anni. Proprio a Roma, nel 1963, lei presentò il mio primo libro “Invece della violenza”. Erano i tempi in cui partecipavamo alle marce per i diritti civili. Insieme a Bob Dylan.
“Mi scuso per quello che il mio governo ha fatto nel mondo”. Così ha aperto il suo concerto. Un messaggio inequivocabile…
E il comportamento della sua vita. Lei non ha mai smesso di combattere contro la guerra, e a quarant’anni di distanza pensa, come me, che la situazione, oggi, sia peggiore di quella del Vietnam.
Per quali ragioni?
Per due ragioni: la prima è che quella in Iraq non è stata una guerra combattuta da un esercito di coscritti ma da un esercito professionale. E questo spiega perché l’opinione pubblica ci abbia messo così tanto tempo a capirlo. La seconda è che mentre in Vietnam c’era stata una divisione nella politica e nell’opinione pubblica tra favorevoli e contrari adesso c’è una separazione netta tra gli americani e il loro presidente.
Proprio ieri il Senato americano ha approvato una legge che chiede il ritiro delle truppe dall’Iraq entro il marzo 2008.
Bush e i neocon da una parte e il paese dall’altra. Questo rende la situazione ancora più grave. Il congresso americano si oppone al suo Presidente. Non era mai successo prima e ciò testimonia la gravità degli errori che si stanno commettendo.
Cosa è cambiato nella politica estera americana negli ultimi decenni?
Dopo le speranze suscitate con Kennedy, Carter e Clinton l’America è entrata in una spirale di guerra e di esaltazione terribile. E’ una fortuna che ci sono ancora personaggi lucidi e pieni di passione civile come Joan Baez che sono stati testimoni della guerra del Vietnam e sono ancora qui oggi per essere testimoni di questa ennesima, assurda guerra.
Non è un caso che la canzone chiave del concerto l’abbia dedicata a Gino Strada...
Non è affatto accidentale; quando metà del Senato italiano parla dell’America con il terrore della rottura dei rapporti politici e diplomatici in realtà si sta parlando non dell’intero Paese ma di un frammento, dei loro amici, tra cui c’è l’attuale presidente Bush. Ma dall’altra parte c’è il resto del Paese, due terzi solidi, la gran parte della Camera dei deputati e ora anche la maggioranza del Senato americano.
La vicenda di Mastrogiacomo e della liberazione in cambio dei talebani ha tenuto banco per giorni nel dibattito politico e nei media. Sembrava che i rapporti tra i due paesi fossero irrimediabilmente incrinati…
Una valanga di bugie. La verità è che ci hanno riportato le frasi di pochi burocratici anonimi. Condoleeza Rice non ha pai parlato in termini negativi della vicenda di Mastrogiacomo, una questione assolutamente ignorata in America (sono stato io raccontare la vicenda a Joan Baez). Nell’opinione pubblica americana non c’è mai stato un momento di rottura, e nemmeno di ansietà sul comportamento degli italiani per Mastrogiacomo. E il popolo americano, se fosse stato delucidato correttamente, sarebbe stato largamente a favore delle modalità della liberazione di Mastrogiacomo. Come lo è stata Joan Baez quando è venuta a conoscenza della vicenda.
La tua è una critica neanche tanto velata al ruolo dell’informazione.
L’informazione ha una responsabilità enorme. E al di là della vicenda in sé basti pensare che ad un grande evento come quello del concerto di Joan Baez non c’era una sola telecamera della Rai, un solo tg e uno solo di quei fotografi che si dannano all’inseguimento dei vari Schifani o Casini....
Del concerto in effetti ne hanno parlato in pochi.
Un black out totale. Prima ancora di essere “deliberato” questo è cattivo giornalismo. Ormai una vicenda per diventare evento mediatico deve coinvolgere necessariamente personaggi come Lele Mora...
Di sicuro l’evento mediatico non è Enzo Baldoni. La famiglia ne attende ancora le spoglie e la sua vicenda non si può dire che spopoli nelle prime pagine dei quotidiani…
Condivido in pieno l’appello lanciato da Articolo21. Non c’è dubbio. Tutti ricordiamo che per i tre guardiaspalle professionali (per fortuna sopravvissuti) si è fatto un enorme putiferio per avere usato la parola “mercenari”, parola che, peraltro, secondo il vocabolario significa semplicemente prestare la propria opera a pagamento in un’operazione di guerra, e quindi era perfettamente calzante. In quella situazione si è fatto un enorme battage, una vera e propria celebrazione. Per la famiglia Baldoni neppure le spoglie del free lance. Altro che serie B. E’ veramente un altro mondo. E noi protestiamo a nome di quel mondo.
La sala più grande dell’Auditorium di Roma giovedì era piena. Un pubblico eterogeneo di italiani ed americani, ventenni e sessantenni, ha ascoltato la storica cantante folk americana in silenzio, talvolta accompagnando con le mani brani che appartengono di diritto alla storia della musica mondiale. Voce calda e penetrante quando riecheggia le strofe di Tom Waits e Bob Dylan e quando canta un brano di Elvis Costello, che è una ferma condanna alla politica estera di Bush. Furio Colombo, editorialista dell’Unità è suo amico da decenni ed è lì, in prima fila, a ripercorrere emozioni lontane e la sua stessa indignazione per un mondo che non è per nulla migliorato.
Joan Baez ha salutato “il senatore Furio Colombo” dal palco. Non sembra averlo fatto per una questione di “protocollo”…
L’amicizia che mi lega con Joan Baez dura da oltre 40 anni. Proprio a Roma, nel 1963, lei presentò il mio primo libro “Invece della violenza”. Erano i tempi in cui partecipavamo alle marce per i diritti civili. Insieme a Bob Dylan.
“Mi scuso per quello che il mio governo ha fatto nel mondo”. Così ha aperto il suo concerto. Un messaggio inequivocabile…
E il comportamento della sua vita. Lei non ha mai smesso di combattere contro la guerra, e a quarant’anni di distanza pensa, come me, che la situazione, oggi, sia peggiore di quella del Vietnam.
Per quali ragioni?
Per due ragioni: la prima è che quella in Iraq non è stata una guerra combattuta da un esercito di coscritti ma da un esercito professionale. E questo spiega perché l’opinione pubblica ci abbia messo così tanto tempo a capirlo. La seconda è che mentre in Vietnam c’era stata una divisione nella politica e nell’opinione pubblica tra favorevoli e contrari adesso c’è una separazione netta tra gli americani e il loro presidente.
Proprio ieri il Senato americano ha approvato una legge che chiede il ritiro delle truppe dall’Iraq entro il marzo 2008.
Bush e i neocon da una parte e il paese dall’altra. Questo rende la situazione ancora più grave. Il congresso americano si oppone al suo Presidente. Non era mai successo prima e ciò testimonia la gravità degli errori che si stanno commettendo.
Cosa è cambiato nella politica estera americana negli ultimi decenni?
Dopo le speranze suscitate con Kennedy, Carter e Clinton l’America è entrata in una spirale di guerra e di esaltazione terribile. E’ una fortuna che ci sono ancora personaggi lucidi e pieni di passione civile come Joan Baez che sono stati testimoni della guerra del Vietnam e sono ancora qui oggi per essere testimoni di questa ennesima, assurda guerra.
Non è un caso che la canzone chiave del concerto l’abbia dedicata a Gino Strada...
Non è affatto accidentale; quando metà del Senato italiano parla dell’America con il terrore della rottura dei rapporti politici e diplomatici in realtà si sta parlando non dell’intero Paese ma di un frammento, dei loro amici, tra cui c’è l’attuale presidente Bush. Ma dall’altra parte c’è il resto del Paese, due terzi solidi, la gran parte della Camera dei deputati e ora anche la maggioranza del Senato americano.
La vicenda di Mastrogiacomo e della liberazione in cambio dei talebani ha tenuto banco per giorni nel dibattito politico e nei media. Sembrava che i rapporti tra i due paesi fossero irrimediabilmente incrinati…
Una valanga di bugie. La verità è che ci hanno riportato le frasi di pochi burocratici anonimi. Condoleeza Rice non ha pai parlato in termini negativi della vicenda di Mastrogiacomo, una questione assolutamente ignorata in America (sono stato io raccontare la vicenda a Joan Baez). Nell’opinione pubblica americana non c’è mai stato un momento di rottura, e nemmeno di ansietà sul comportamento degli italiani per Mastrogiacomo. E il popolo americano, se fosse stato delucidato correttamente, sarebbe stato largamente a favore delle modalità della liberazione di Mastrogiacomo. Come lo è stata Joan Baez quando è venuta a conoscenza della vicenda.
La tua è una critica neanche tanto velata al ruolo dell’informazione.
L’informazione ha una responsabilità enorme. E al di là della vicenda in sé basti pensare che ad un grande evento come quello del concerto di Joan Baez non c’era una sola telecamera della Rai, un solo tg e uno solo di quei fotografi che si dannano all’inseguimento dei vari Schifani o Casini....
Del concerto in effetti ne hanno parlato in pochi.
Un black out totale. Prima ancora di essere “deliberato” questo è cattivo giornalismo. Ormai una vicenda per diventare evento mediatico deve coinvolgere necessariamente personaggi come Lele Mora...
Di sicuro l’evento mediatico non è Enzo Baldoni. La famiglia ne attende ancora le spoglie e la sua vicenda non si può dire che spopoli nelle prime pagine dei quotidiani…
Condivido in pieno l’appello lanciato da Articolo21. Non c’è dubbio. Tutti ricordiamo che per i tre guardiaspalle professionali (per fortuna sopravvissuti) si è fatto un enorme putiferio per avere usato la parola “mercenari”, parola che, peraltro, secondo il vocabolario significa semplicemente prestare la propria opera a pagamento in un’operazione di guerra, e quindi era perfettamente calzante. In quella situazione si è fatto un enorme battage, una vera e propria celebrazione. Per la famiglia Baldoni neppure le spoglie del free lance. Altro che serie B. E’ veramente un altro mondo. E noi protestiamo a nome di quel mondo.