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Visualizza Versione Completa : Osservatorio dichiarazioni della Chiesa Cattolica sullo Gnosticismo



millenomi
17-04-07, 16:08
Pax Pleroma,

Trovandolo utile, ho deciso di aprire una permamente vetrina-discussione, attorno alle dichiarazioni della Chiesa Cattolica Romana sullo gnosticismo e la gnosi.

E' innegabile con l'avvento di Benedetto XVI l'attenzione della Chiesa di Roma, sia nuovamente puntata verso il suo avversario storico.

millenomi
17-04-07, 16:11
07.04.2007 ore 09:40:00.



Il Papa dedica il venerdì santo alle donne




Città del Vaticano È stato un venerdì santo dedicato alle donne quello celebrato ieri pomeriggio nella Basilica di San Pietro a Roma. Nell’omelia pronunciata da padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa pontificia, per la celebrazione della passione del Signore, alla presenza di Benedetto XVI, si è parlato delle “pie donne”, quelle che accompagnarono Gesù fin sulla croce. A sottolineare l’importanza del ruolo femminile anche Papa Ratzinger che ieri ha dedicato al nona stazione della Via Crucis alla condizione femminile e alle donne violentate e umiliate.

C’erano anche alcune donne È il titolo scelto per la predica dal frate cappuccino e proprio intorno al ruolo di queste donne che seguirono Gesù per gratitudine del bene ricevuto e non per far carriera, si sviluppa l’omelia del Predicatore del Pontefice. Cantalamessa ha affrontato il tema evangelico delle pie donne che sono le prime a vedere il Risorto. Ma ancora prima viene sottolineata la presenza di diverse donne ai piedi della croce. «Questo fatto - spiega nella sua omelia padre Cantalamessa - è troppo accertato e troppo straordinario per passarvi sopra in fretta. Le chiamiamo, con una certa condiscendenza maschile, le pie donne, ma esse sono ben più che pie donne, sono altrettanto “madri coraggio” in quanto hanno sfidato il pericolo di farsi vedere apertamente in favore di un condannato a morte. A volere la morte di Gesù furono in ogni caso degli uomini e non delle donne - spiega ancora il frate -, e ricorda che anche l’unica donna pagana - menzionata nei racconti - è la moglie di Pilato- , che si dissociò dalla sua condanna.

Per gratitudine, non per carriera E se Gesù morì anche per i loro peccati certamente esse sono innocenti rispetto al suo sangue. Le donne sono quindi le prime ad annunciare la risurrezione perchè sono le ultime ad abbandonarlo da morto, «le donne hanno resistito allo scandalo della croce», ha detto Cantalamessa. E ciò avvenne perchè «le donne avevano seguito Gesù per lui stesso, per gratitudine del bene ricevuto, non per la speranza di far carriera al suo seguito. Ad esse non erano stati promessi “dodici troni”, nè esse avevano chiesto di sedere alla sua destra e alla sua sinistra nel suo regno». «Lo seguivano, è scritto - ha aggiunto Cantalamessa - per servirlo, erano le uniche dopo Maria la madre, ad aver assimilato lo spirito del Vangelo. Avevano seguito le ragioni del cuore e queste non le avevano ingannate».

No al modello di Beavoir E se nella sua omelia padre Rainero Cantalamessa ha esaltato il ruolo della donna nella storia della Salvezza e nel cammino storico dell’uomo, ha anche polemizzato con quei settori del femminismo che hanno messo in discussione la differenza fra i sessi «riducendolo a un prodotto della cultura», e fra di esse Simone de Beauvoir. In realtà, ha affermato alla presenza di Benedetto XVI, l’errore nasce dallo gnosticismo (Vangelo copto di San Tommaso) secondo cui «la donna per salvarsi deve cessare di essere donna e trasformarsi in uomo. Il pregiudizio é tanto radicato nella cultura che le stesse donne hanno finito per soccombere ad esso». «Come dobbiamo essere grati alle pie donne - ha concluso il predicatore del Papa - lungo il viaggio al Calvario il loro singhiozzare fu l’unico suono amico che giunse al Salvatore; mentre pendeva dalla croce, i loro sguardi furono gli unici a posarsi con amore e compassione su di lui». Tuttavia le pie donne non sono solo da ammirare ma anche da imitare. «Sono eredi delle pie donne - ha affermato padre Cantalamessa - le tante donne, religiose e laiche, che stanno oggi al fianco dei poveri, dei malati di Aids, dei carcerati, dei reietti d’ogni specie della società. Ad esse - credenti e non credenti - Cristo ripete: “l’avete fatto per me”».

Francesca Sozzo

millenomi
17-04-07, 16:13
Codice: ZI07032808

Data pubblicazione: 2007-03-28

La vera fede non è un’invenzione intellettuale, ma quella insegnata dai Vescovi, spiega il Papa

Presentando la figura di Sant’Ireneo di Lione

CITTA’ DEL VATICANO, mercoledì, 28 marzo 2007 (ZENIT.org).- La vera fede cristiana non è un’invenzione di intellettuali, ma quella che trasmettono i Vescovi, successori degli apostoli, ha spiegato Benedetto XVI.

Lo ha affermato nel suo intervento durante l’udienza generale di questo mercoledì, celebrata in piazza San Pietro in Vaticano con la partecipazione di più di 20.000 pellegrini e dedicata a presentare Sant’Ireneo di Lione, figura decisiva tra le prime generazioni di cristiani.

Morto tra il 202 e il 203, probabilmente martire, Ireneo è stato discepolo del Vescovo Policarpo di Smirne (nell’attuale Turchia), che a sua volta lo era dell’apostolo Giovanni. Dopo essersi trasferito nella città di Lione, in seguito alla persecuzione dell’imperatore Marco Aurelio, divenne Vescovo della città.

E’ passato alla storia per il fatto di essere il “primo grande teologo della Chiesa”, nel senso che creò la teologia sistematica, ed è “il campione della lotta contro le eresie”, in particolare lo gnosticismo.

La “gnosi”, come ha spiegato il Pontefice, è una dottrina per la quale “la fede insegnata nella Chiesa sarebbe solo un simbolismo per i semplici, che non sono in grado di capire cose difficili”.

“Invece, gli iniziati, gli intellettuali – gnostici, si chiamavano – avrebbero capito quanto sta dietro questi simboli, e così avrebbero formato un cristianesimo elitario, intellettualista”.

“Ovviamente questo cristianesimo intellettualista si frammentava sempre più in diverse correnti con pensieri spesso strani e stravaganti, ma attraenti per molti”, ha constatato il Papa.

“Per Ireneo la ‘regola della fede’ coincide in pratica con il Credo degli Apostoli, e ci dà la chiave per interpretare il Vangelo, per interpretare il Credo alla luce del Vangelo”, ha osservato.

“Il Vangelo predicato da Ireneo è quello che egli ha ricevuto da Policarpo, Vescovo di Smirne, e il Vangelo di Policarpo risale all’apostolo Giovanni, di cui Policarpo era discepolo”.

Per questo, ha indicato il successore di Pietro, “il vero insegnamento non è quello inventato dagli intellettuali al di là della fede semplice della Chiesa. Il vero Evangelo è quello impartito dai Vescovi che lo hanno ricevuto in una catena ininterrotta dagli Apostoli”.

“Questi non hanno insegnato altro che proprio questa fede semplice, che è anche la vera profondità della rivelazione di Dio”, ha spiegato.

“Non c'è una dottrina segreta dietro il comune Credo della Chiesa. Non esiste un cristianesimo superiore per intellettuali”, ma “la fede pubblicamente confessata dalla Chiesa è la fede comune di tutti. Solo questa fede è apostolica, viene dagli Apostoli, cioè da Gesù e da Dio”.

Illustrando gli insegnamenti di Sant’Ireneo, Benedetto XVI ha spiegato che “aderendo a questa fede trasmessa pubblicamente dagli Apostoli ai loro successori, i cristiani devono osservare quanto i Vescovi dicono, devono considerare specialmente l'insegnamento della Chiesa di Roma, preminente e antichissima”.

“Questa Chiesa, a causa della sua antichità, ha la maggiore apostolicità, infatti trae origine dalle colonne del Collegio apostolico, Pietro e Paolo”, ha ricordato.

“Con la Chiesa di Roma devono accordarsi tutte le Chiese, riconoscendo in essa la misura della vera tradizione apostolica, dell'unica fede comune della Chiesa”, ha concluso.

millenomi
19-04-07, 15:11
RATZINGER CELEBRA CLEMENTE ALESSANDRINO
Fu il primo filosofo che si convertì al Cristianesimo

Al centro della catechesi odierna di Benedetto XVI, davanti a 50.000 fedeli convenuti a piazza San Pietro, è stato Clemente d’Alessandria, il primo filosofo che nel 200 d.C. si convertì al Cristianesimo. Ma anche il rapporto tra credere e conoscere, di cui sono impregnate le pagine del libro del Papa, appena edito da Rizzoli, Gesù di Nazaret.
Argomento delicato ed impegnativo quello della gnosi, intesa come la conoscenza totale ed assoluta delle verità, la conoscenza illuminata dei misteri divini riservata ad una élite. Un argomento talmente importante da spingere Giovanni Paolo II nel 1998, nel ventennale del suo pontificato, a dedicargli una lettera enciclica “Fides et Ratio”, indirizzata ai vescovi della Chiesa Cattolica, circa i rapporti tra fede e ragione.
Con le parole di Karol Woitjwa, Benedetto XVI dice: “La fede e la ragione sono come le due ali con le quali lo spirito umano si innalza verso la contemplazione della verità. E’ Dio ad aver posto nel cuore dell’uomo il desiderio di conoscere la verità e, in definitiva, di conoscere Lui perché, conoscendolo e amandolo, possa giungere anche alla piena verità su se stesso”.
In una ricerca del Rev. Giovanni Colella, commissionata allo studioso scomparso oltre 40 anni fa dall’allora Rettore dell’Università di Napoli Guido Della Valle, “Il superamento della gnosi in Clemente d’Alessandria” (recentemente pubblicata nel volume Memorie, a cura del fratello Antonio Colella – Tip. Mauro Editore, Troja 2007), si sottolinea come la gnosi non sia dogmatica né teorica, ma sperimentale poiché solo con l’esercizio si può conoscere veramente. E parallelamente nell’enciclica citata viene indicato che: “Sia in Oriente che in Occidente, è possibile ravvisare un cammino che, nel corso dei secoli, ha portato l’umanità a incontrarsi progressivamente con la verità e a confrontarsi con essa. E’ un cammino che si è svolto, né poteva essere altrimenti, entro l’orizzonte dell’autocoscienza personale”.
A questo scopo la gnosi fornisce le chiavi per aprire le porte della conoscenza. Queste chiavi si trovano dentro di noi, e questo concetto fu ben espresso dalla famosa frase in greco gnotis auton, in latino nosce te ipsum, ovvero conosci te stesso, scolpita sull’architrave del tempio di Delfi e che Socrate adottò come proprio motto. “A testimonianza” dice ancora il Pontefice “di una verità basilare che deve essere assunta come regola minima da ogni uomo desideroso di distinguersi in mezzo a tutto il creato, qualificandosi come “uomo” appunto in quanto “conoscitore di se stesso”.
Nel contempo la gnosi nasce dalla non identificazione con le cose di questo mondo, dall’interiore ricerca di un continuo contatto con la propria essenza e dalla totale percezione diretta e istintiva della verità. Non identificarsi con le cose di questo mondo, però, non vuol dire fuggirle per forza. Infatti, è solo vivendo intensamente e saggiamente la vita nella concretezza della realtà sociale in cui ognuno si trova, che si può sperimentare la gnosi, attraverso l’applicazione di quelle chiavi di realizzazione che la gnosi stessa fornisce.
La vita materiale diventa, quindi, una sorta di palestra dove confrontarsi con i diversi tipi di conoscenza: quella tradizionale (i mestieri, i lavori etc.), quella intellettuale (gli studi scolastici) e quella trascendentale (ovvero quella che si ha col risveglio della coscienza). Capire le origini della propria esistenza e della propria situazione nella vita, rispondere agli eterni perché è conoscenza trascendentale ed è proprio di questa che si occupa la gnosi.
L’opera di Tito Flavio Clemente detto l’Alessandrino, i cui scritti principali costituivano una vera e propria Trilogia introduttiva al cristianesimo, è forse il primo vero trattato di teologia cristiana: Propreptico “il libro che esorta e converte”; Pedagogo (Gesù Cristo) un vero trattato di morale; il trattato degli Stromata – voce che significa “tappeti”, quasi un tessuto di dottrine – dove Clemente evidenzia le relazioni tra scienza e fede, tracciando la figura ideale del vero cristiano.
In questo ambito, il lato più originale dell’opera di Clemente Alessandrino risulterà il suo tentativo di assimilare quanto di vero era nella filosofia greca, aprendo la strada alle dotte riflessioni di S. Agostino e di S.Tommaso d’Aquino, e confermando che: “l’uomo è meravigliosamente fatto per la contemplazione del cielo” (Protr., 4).

di Antonio V. Gelormini

millenomi
19-04-07, 15:12
Benedetto XVI: Fede e ragione la via della verità
Rapporto fra fede e ragione: il Papa teologo si sofferma su questa speciale relazione, tornando sui temi del suo primo libro da Papa, 'Gesù di Nazaret'.
Udienza generale a San Pietro da record: oltre 50mila fedeli, davanti ai quali, Benedetto XVI, alla vigilia del secondo anniversario del pontificato, ha spiegato la figura di San Clemente d'Alessandria, "uno degli alfieri del dialogo tra fede e ragione nella tradizione cristiana".
Il cristiano è colui che con le 'due ali della fede e della ragione' intraprende 'con decisione la via della verita''. I suoi scritti, ha detto Benedetto XVI, costituiscono 'una vera trilogia destinata ad accompagnare efficacemente la maturazione del cristiano'.
La catechesi clementina, ha spiegato il Santo Padre, 'accompagna passo passo il cammino del catecumeno e del battezzato perche', con le due ali della fede e della ragione, essi giungano a un'intima conoscenza della Verita', che è Gesù Cristo, il Verbo di Dio'.
'Solo questa conoscenza, indissolubilmente legata alla Rivelazione - ha ammonito Benedetto XVI - è la vera gnosi, mentre non lo è di certo quella propugnata e diffusa dagli eretici gnostici'.
Due virtù, per Clemente, costituiscono in particolare l'anima del "vero cristiano": la 'liberta' dalle passioni' e l'amore, che 'assicura l'intima unione con Dio e la contemplazione'. 'L'amore - ha detto il Papa - dona la pace perfetta, e pone il vero gnostico in grado di affrontare i più grandi sacrifici, anche il sacrificio supremo, e lo fa salire di gradino in gradino fino al vertice delle virtù.
Così l'ideale etico della filosofia antica, cioè la liberazione dalle passioni, viene da Clemente ridefinito e coniugato con l'amore, nel processo incessante di assimilazione a Dio'.
Alla 'contemplazione di Dio' - ha detto il Papa - si arriva 'attraverso la pratica della virtù, e nella fede il 'requisito morale' riveste 'tanta importanza quanta quella intellettuale'.
Per questo 'le buone opere devono accompagnare la conoscenza intellettuale come l'ombra segue il corpo: mai sono separate da quella e, d'altra parte, la 'vera gnosi' non può coesistere con le opere cattive'.

Così Clemente, per il Papa, 'continua a segnare con decisione il cammino' di chi intende "dare ragione" della propria fede in Gesù Cristo. 'Egli puo' servire d'esempio ai cristiani, ai catechisti e ai teologi del nostro tempo', ha affermato il Pontefice, ai quali Giovanni Paolo II, nella stessa enciclica, raccomandava di "recuperare ed evidenziare al meglio la dimensione metafisica della verita', per entrare in un dialogo critico ed esigente tanto con il pensiero filosofico contemporaneo quanto con tutta la tradizione filosofica".

Al termine dell'Udienza generale, Papa Benedetto XVI benedirà la fiaccola della maratona-pellegrinaggio della Pace 'Giovanni Paolo II', che si svolgera' dal 23 al 28 aprile prossimo da Betlemme a Gerusalemme.

Progressista
20-04-07, 14:43
Pax Pleroma,

Trovandolo utile, ho deciso di aprire una permamente vetrina-discussione, attorno alle dichiarazioni della Chiesa Cattolica Romana sullo gnosticismo e la gnosi.

E' innegabile con l'avvento di Benedetto XVI l'attenzione della Chiesa di Roma, sia nuovamente puntata verso il suo avversario storico.


Non è solo lo "gnosticismo storico" ad essere avverso al cattoclericalismo, responsabile nel passato di atrocità senza limiti nei confronti dei non-allienati (siano stati essi gnostici, eretici, giudei, pagani, manichei, ecc.), ma lo stesso GESU' IL NAZARENO!!..E' da lui, infatti, che inizia lo GNOSTICISMO GESUANO (o "chrestiano", ma NON "christiano"!)

Lo gnosticismo del Nazareno prende le "mosse" da quello di Giovanni il Battista, suo ex maestro, ma, come avvenuto per altri maestri gnostici dopo di lui, egli personalizzò il suo gnosticismo in chiave "nazareno-mitologico", dove il riferimento mitologico fu quello ellenico (molto diffuso nelle provincie romane dell'Asia minore: vale a dire la Grecia ionica! Fu in tale contesto, infatti, che il Nazareno divenne GESU': un attributo derivante dal termine greco (e NON ebraico!) "IHESOUS/IASOUS", il cui significato è "guaritore-salvatore" (attributo di cui godette sicuramente Asclepio: il "guaritore-salvatore" per eccellenza!)

Lo gosticismo di Giovanni il Battista (e quindi di Gesù, suo discepolo) fu di tipo "PITAGORICO", elaborato su matrice esseno-nazarena (l'esistenza a Gerusalemme ed in altre aree della Giudea di esseno-pitagorici ci è confermata da Giuseppe Flavio).

Una caratteristica peculiare dello gnosticismo pitagorico (o pitagoreano) fu il REINCARNAZIONISMO, adottato anche da Gesù nella sua predicazione. Quando iniziò l'avventura dell'attuale cristianesimo (tra il 140-150, atttraverso uno dei più sconcertanti sincretismi della storia) vi furono alcuni che integrarono nelle loro tradizioni il reincarnazionismo pitagorico-gesuano, mentre il clero che "contava" lo combattè aspramente, in quanto la teologia reincarnazionista "spuntava" la loro arma preferita: il controllo delle menti dei plagiati mediante il "terrore" della punizione "eterna", senza appello! Come è noto, infatti, il reincarzionismo, soprattutto quello che si ispirava alle dottrine orientali, offriva una "chance" ai "peccatori! Alla fine, come la storia dimostra, furono i falchi reazionari a spuntarla..


Ego sum veritas
__________________

"..la fede in Dio non aggiunge nè toglie nulla
alla dignità raziocinante degli uomini; la fede
nelle religioni li riporta al loro stato primordiale,
quando l'uomo era appena uscito dalla sua
primitiva condizione bestiale per evolversi sino
allo stato attuale delle sue conoscenze."

..

millenomi
20-04-07, 21:04
VATICANO - Un primo approccio al “Gesù di Nazaret” di Benedetto XVI - a cura di don Nicola Bux e don Salvatore Vitiello
Città del Vaticano (Agenzia Fides) - Quattordici anni fa usciva un saggio del più noto studioso al mondo del giudaismo dei primi secoli dell’era cristiana, Jacob Neusner, dal titolo A Rabbi talks with Jesus, che l’allora Cardinale Joseph Ratzinger valutò come il più importante per il dialogo ebraico-cristiano, fra quelli pubblicati nell’ultimo decennio. Egli tra l’altro annotava che l’assoluta onestà intellettuale, la precisione dell’analisi, il rispetto per l’altra parte unito ad una ben radicata lealtà verso la propria posizione, caratterizzavano il libro e lo rendevano una sfida, specialmente per i cristiani, che avrebbero dovuto riflettere bene sul contrasto tra Mosè e Gesù. I quesiti che l’autore rivolgeva a noi cristiani sono fondati e, proprio per questo, fruttuosi. Inoltre, il cardinale aveva apprezzato l’approccio dell’autore che non si rivolgeva, in fin dei conti, a Gesù come ad una fittizia figura storica, ma poneva sempre in giusto rilievo la figura reale di Gesù, quale ci viene presentata dal Vangelo di Matteo.
A nostro avviso, questo giudizio, “mutatis mutandis”, può essere applicato al libro “Gesù di Nazaret”, sia quanto al contenuto sia quanto al metodo. Quindi, è auspicabile che l’uscita del libro del Papa induca a rivedere quell’impostazione da pluralismo relativistico, che caratterizza spesso i confronti, in quanto non è metodo scientifico, ma solo autoreferenziale e politically correct, e nemmeno metodo ecclesiale, perché non aiuta, direbbe san Pietro, “a dare risposta a chiunque chiede ragione della nostra speranza”.
Ora, poiché l’urgenza di presentare Gesù nella sua attività pubblica è volta, come dichiara l’Autore nella Premessa “al fine di favorire nel lettore la crescita di un vivo rapporto con Lui” (p. 20), bisogna inserire l’opera nel contesto bimillenario della riflessione su Gesù di Nazaret. Nel primo secolo della nostra era, sentir parlare della risurrezione della carne, del corpo e dell’anima dell’essere umano, era quanto di più antitetico potesse esserci, rispetto alla mentalità. E se Cristo fosse una sembianza di Dio? - dissero non pochi cristiani, quando ancora vivevano gli apostoli - è possibile che Dio sia venuto nella carne? E Giovanni risponde: «Ogni spirito che confessa Gesù Cristo venuto in carne, è da Dio; e ogni spirito che non confessa Gesù, non è da Dio; ed è quello dell’Anticristo, di cui avete udito che viene e che ora è già nel mondo» (1Gv 4, 2-3). Col suo Vangelo l’apostolo testimone oculare, ribatte all’eresia, chiamata docetismo (dal greco dokêin).
Due secoli dopo si dirà, da altri cristiani seguaci del prete Ario che il Cristo è soltanto uomo; altri al contrario ribatteranno che è solo Dio. Il dibattito cristologico sembrava concluso nel V secolo col concilio di Calcedonia, in realtà è continuato, a fasi alterne, fino a Bultmann e ai teologi razionalisti, e quanti altri hanno distinto e/o separato il “Gesù storico” dal “Gesù della fede”.
Ed oggi ancora si ripropone la medesima situazione. C’è chi vorrebbe abolire o ridurre l’incarnazione e la divinità di Cristo, per dialogare meglio con ebrei e musulmani. E pensare che, per sostenere la fede nell’incarnazione, Atanasio più volte fu esiliato, Cirillo, Ambrogio, Pier Crisologo hanno sopportato scherni, insulti e persecuzioni! Ora Benedetto XVI non nasconde che il suo è “il tentativo di presentare il Gesù di Vangeli come il Gesù reale, come il “Gesù storico” in senso vero e proprio” (p. 18).
A questo punto è necessario dire qualcosa a proposito dell’esegesi odierna della Sacra Scrittura. E’ diffusa un’idea neognostica che per fare storia bisogna liberarsi da ogni precomprensione o interpretazione filosofica, in specie se di fede. Un uomo di fede non può essere uno storico serio! Ma la fede biblica presuppone dei fatti realmente accaduti perché non è mitica, compresi gli interventi di Dio e le teofanie: per rimanere al Nuovo Testamento, dalla nascita di Gesù dalla Vergine Maria, all’istituzione dell’eucaristia nell’ultima cena, dalla Risurrezione corporale di Gesù alla discesa dello Spirito Santo. Questo non esclude che vi siano aspetti particolari da chiarire e approfondire.
Insomma torna in gioco la domanda se la fede sia un modo per conoscere a pari merito con la ragione. Non si comprende perché non lo debba essere, dato che è ammesso nelle scienze naturali che, in base al cosiddetto principio di indeterminazione di Werner Heisenberg, l’uomo conosce la realtà sia nella sua oggettività sia dalla sua posizione soggettiva e con la sua capacità di comprensione. (1)
Pertanto anche la fede conosce. Tale fede non è solo individuale ma del popolo di Dio in cammino nella storia e gli esegeti, che spesso ne mettono in risalto il ruolo per la formazione e comprensione delle Scritture, ispirate da Dio ad autori del suo popolo, dovrebbero ragionevolmente includerla nella comprensione del Libro.
Ancora un appunto. Il beneficio dell’esegesi storico-critica e i suoi presupposti di storicità e di omogeneità finisce per paralizzare.
Ad esempio, si è giunti a ritenere che i libri biblici siano meno credibili delle iscrizioni ritrovate dei faraoni, dell’epoca di Ghilgamesh; ma le scoperte archeologiche non “provano” la Bibbia, semmai aggiungono un’evidenza tangibile a quella dei testi, senza dei quali le prime sarebbero dei massi erratici. Altrimenti si «fa della Bibbia un libro chiuso, la cui interpretazione sempre problematica richiede una competenza tecnica che ne fa un campo riservato a pochi specialisti. A costoro alcuni applicano la frase del vangelo: “Avete tolto la chiave della conoscenza. Voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare l’avete impedito” (Lc 11,52; cfr.: Mt 23,13)».(2)
De Lubac, in Storia e spirito, sull’opera esegetica di Origene, senza disprezzare la precisione critico storica filologica, afferma che la Bibbia non può essere ridotta alla sua lettera. E appunto Origene, come tutta la tradizione, diceva che la Scrittura è in qualche modo corpo di Cristo, parola di Dio. Come in Cristo c’è una natura umana e una divina, così nel suo corpo biblico vi è un senso letterale, “la carne”, e uno spirituale simbolico, “lo spirito”, corrispondente alla divinità della parola. Tutto il cosmo, la vita e l’uomo si originano e concentrano nell’unità del Verbo: secondo il pensiero dei padri della Chiesa, tutta la storia è una genesi di Cristo.
La Sacra Scrittura vale soprattutto per lo Spirito che nella lettera si manifesta secondo una comprensione che attraversa in diagonale lo spazio e il tempo, da quando si è formata a oggi. Essa intanto è Parola di Dio, in quanto riecheggia in un corpo vivo che è la Chiesa, dandole voce e aprendo il cammino alla comprensione dei misteri del Signore, che altrimenti rimarrebbero sigillati, chiusi e incomprensibili. Davvero «ignorare le Scritture è ignorare Cristo - dice san Girolamo, poi - …Che dirò della sua dottrina sulla fisica, sull’etica e sulla logica?».(3) Leggerle individualmente o in opposizione alla Chiesa nella storia ha portato alle correnti esoteriche e alle eresie.
All'interpretazione della Scrittura Benedetto XVI dedica questo passaggio del suo libro, nel capitolo II sulle tentazioni di Gesù: «Per attirare Gesù nella sua trappola il diavolo cita la Sacra Scrittura, [...] appare come teologo. [...] Vladimir Solov'ëv ha ripreso questo tema nel suo 'Racconto dell'Anticristo'; l'Anticristo riceve la laurea honoris causa in teologia dall'Università di Tubinga; è un grande esperto della Bibbia. Con questo racconto Solov'ëv ha voluto esprimere in modo drastico il suo scetticismo nei confronti di un certo tipo di esegesi erudita del suo tempo. Non si tratta di un no all'interpretazione scientifica della Bibbia in quanto tale, bensì di un avvertimento massimamente salutare e necessario di fronte alle strade sbagliate che essa può prendere. L'interpretazione della Bibbia può effettivamente diventare uno strumento dell'Anticristo. Non è solo Solov'ëv che lo dice, è quanto afferma implicitamente il racconto stesso delle tentazioni. I peggiori libri distruttori della figura di Gesù, smantellatori della fede, sono stati intessuti con presunti risultati dell'esegesi». (p. 57-58).
Giuseppe Ricciotti, l’autore della più celebre Vita di Gesù Cristo, scritta nel 1941 e più volte riedita e ristampata fino ad oggi, scrive: «I vangeli narrano che il Gesù sigillato nella tomba dai farisei è risorto. La storia narra che il Gesù ucciso in seguito mille volte si è dimostrato ogni volta più vivo di prima. Ora, trattandosi della stessa tattica, v’è ogni motivo di credere che lo stesso avverrà al Gesù rimesso in croce dalla critica storica».
Egli ha avuto ragione, ma non poteva immaginare che un Papa - sebbene pensatore d’eccezione - sarebbe stato tra gli artefici della nuova ‘risurrezione’, con la pubblicazione del libro Gesù di Nazaret che segnerà l’esistenza dei lettori sia dei credenti sia dei laici, favorevoli o contrari.
Dunque, Vittorio Messori ha ragione di osservare che il libro di Joseph Ratzinger «vuole essere uno strumento per “ricominciare da capo” per procedere a quella rievangelizzazione già auspicata pressantemente da Giovanni Paolo II» . Non però nell’equivoco del “nuovo inizio”, che ha spesso condizionato anche l’interpretazione del Concilio vaticano II, ma nella lieta certezza della bimillenaria continuità della Chiesa, sempre bisognosa di riforma e custode, umile e certa, della Verità di Dio. (Agenzia Fides 20/4/2007; righe 104, parole 1466)

(1) Der Teil und das Ganze. Gespräche im Umkreis der Atomphysik, München 1969, p. 117.
(2) Pontificia Commissione Biblica, L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa, Città del Vaticano 1993, p. 27.
(3) Prologo al commento del profeta Isaia, 1-2; CCL 73,1-3.

millenomi
23-04-07, 10:27
Papa: fede e ragione servono all’uomo per realizzare il suo fine di divenire simile a Dio
Illustrando la figura di Clemente Alessandrino, Benedetto XVI afferma che fede è la vera filosofia, “la vera conoscenza del cammino da prendere nella vita”, ma che per arrivare alla contemplazione di Dio serve anche “la pratica delle virtù”, cioè le buone opere. Il Papa benedice la fiaccola del pellegrinaggio della pace “Giovanni Paolo II”, che si svolgerà da Betlemme a Gerusalemme.


Città del Vaticano (AsiaNews) – “Fine dell’uomo è divenire simile a Dio” e per giungere alla verità, che è Gesù Cristo, ha “le due ali della fede e della ragione”. Benedetto XVI è tornato oggi ad affrontare questo tema, a lui particolarmente caro, illustrando alle 45mila persone presenti in Piazza San Pietro per l’udienza generale la figura di Clemente Alessandrino, pensatore della fine del II secolo, che il Papa ha definito “alfiere del dialogo tra fede e ragione”.

In una piazza inondata di sole, ancora addobbata dei fiori per la celebrazione del compleanno del Papa ed alla vigilia del secondo anniversario della sua elezione, che ha fatto parlare Benedetto XVI di “clima di festa”, il Papa ha sostenuto che la fede è la vera filosofia, “la vera conoscenza del cammino da prendere nella vita”.

Illustrando l’opera di Clemente Alessandrino che “accompagna passo passo il cammino del catecumeno e del battezzato” , Benedetto XVI gli ha attribuito il merito di aver nuovamente “costruito” la seconda grande occasione di dialogo tra il cristianesimo e la filosofia greca, dopo che il primo, condotto da Paolo, era “in gran parte fallito”.

La ragione, nel suo pensiero, accompagna verso la conoscenza, in greco gnosi, ma solo la conoscenza della verità che è Gesù è la vera conoscenza: “l’autentica gnosi è uno sviluppo della fede suscitato da Gesù Cristo nell’anima convertita a lui”. Ma “la conoscenza di Cristo non è solo pensiero, è anche amore che apre gli occhi, trasforma l’uomo e crea comunione con il Logos”, che è Dio. Si raggiunge così la contemplazione. Ma per arrivare alla contemplazione di Dio serve anche “la pratica della virtù”; la conoscenza intellettuale non basta: nel cammino della perfezione Clemente “annette al requisito morale tanta importanza che a quello intellettuale” e di conseguenza “le buone opere debbono accompagnare la vita, come l’ombra segue il corpo: mai sono separate da quella e, d'altra parte, la 'vera gnosi' non può coesistere con le opere cattive”.

Due virtù, per Clemente, costituiscono in particolare l'anima del “vero gnostico”: la “libertà dalle passioni” e l'amore, che “assicura l'intima unione con Dio e la contemplazione”. “L'amore - ha proseguito il Papa - dona la pace perfetta, e pone il vero gnostico in grado di affrontare i più grandi sacrifici, anche il sacrificio supremo, e lo fa salire di gradino in gradino fino al vertice delle virtù. Così l'ideale etico della filosofia antica, cioé la liberazione dalle passioni, viene da Clemente ridefinito e coniugato con l'amore, nel processo incessante di assimilazione a Dio, che rappresenta l'itinerario di conoscenza della vera gnosi”.

Si arriva così, nelle parole del Papa, a quello che per Clemente è il fine ultimo: “divenire simili a Dio” e questo “è possibile grazie alla con-naturalità con Dio” che l’uomo ha ricevuto nel momento della creazione, essendo di per sé già “immagine di Dio”.

Al termine del’udienza generale, Benedetto XVI ha benedetto la fiaccola della maratona-pellegrinaggio della pace “Giovanni Paolo II”, che si svolgerà dal 23 al 28 aprile prossimo da Betlemme a Gerusalemme. Alla maratona, giunta alla IV edizione, parteciperanno studenti delle scuole israeliane e palestinesi, oltre a 200 giovani provenienti dall'Italia.

millenomi
29-04-07, 06:00
Codice: ZIA07042801

Data pubblicazione: 2007-04-28

Che dicono i vangeli su Gesù?


ROMA, sabato, 28 aprile 2007 (ZENIT.org).- Pubblichiamo una riflessione di padre Bernardo Estrada, Ordinario di Nuovo Testamento nella Facoltà di Teologia dell’Università della Santa Croce (Roma).



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Negli ultimi due anni sono apparse diverse affermazioni relative alla figura di Gesù e alla sua missione. Esse contrastano nettamente con ciò che viene presentato nei vangeli e soprattutto con ciò che è accaduto nei primi secoli dell'era cristiana.


1. Gesù si è sposato?

Forse la tesi più clamorosa del romanzo è l’affermazione che Gesù fosse sposato con Maria Maddalena. Frutto del loro amore sarebbe stata una figlia fuggita con lei in Francia, dove avrebbe dato origine alla stirpe dei Merovingi. Che Gesù non si è sposato, si evince – e senza forzatura alcuna – non solo dai testi biblici, ma anche dalla testimonianza della primitiva comunità cristiana [1].

Nel vangelo secondo Matteo si racconta che, un po’ sorpresi davanti alle esigenze di Gesù riguardo al matrimonio, i discepoli gli dissero: «Se questa è la condizione dell’uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi», Egli rispose loro: «Non tutti possono capirlo, ma solo coloro ai quali è stato concesso». La risposta del Signore fa vedere che al dono di Dio l’uomo può corrispondere o meno, e che il celibato è una libera scelta: «Vi sono infatti eunuchi che sono nati così dal ventre della madre; ve ne sono alcuni che sono stati resi eunuchi dagli uomini, e vi sono altri che si sono fatti eunuchi per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca» [2]. Gesù stesso ha aderito a quella scelta, e lo ha manifestato con la propria vita.

Per avallare la sua tesi, Dan Brown osserva che nella tradizione d’Israele il celibato era inconcepibile. Ma anche questo è falso. Infatti, pur essendo vero che nel giudaismo il celibato non fosse uno stato di vita frequente, vi erano tuttavia alcune situazioni particolari, al riguardo, che venivano viste e accettate pacificamente da parte degli ebrei.

Nel periodo precedente l’esilio in Babilonia e durante la cattività si staglia la figura di Geremia, quale profeta che ha un messaggio particolare da comunicare al popolo, non soltanto mediante gli oracoli che trasmette da parte di Dio ma anche attraverso la sua stessa vicenda esistenziale: «Mi fu rivolta la parola del Signore: non prendere moglie, non aver figli né figlie in questo luogo» (Ger 16,1). Il comandamento di Dio viene accettato e voluto dal profeta. Difatti, nel testo appaiono anche i sentimenti di Geremia a questo proposito: «Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre» (Ger 20,7). Dio gli ha ordinato di comportarsi in un modo che andava controcorrente rispetto alle consuetudini sociali di Israele e, nel contempo, ha riempito il cuore del profeta del suo stesso amore, in modo tale che egli non avesse bisogno di nessun amore umano per realizzarsi – anche sul piano psichico – nello svolgimento della sua missione.

Alla stregua di Geremia appare la figura di Giovanni Battista, la cui missione comporta anche una vita vissuta nel celibato, in unione con Dio nella solitudine del deserto (cf. Lc 1,80). Alcuni pensano che Giovanni appartenesse al gruppo degli Esseni, una setta giudaica che si era isolata dal resto del popolo. Per reazione alla famiglia degli Asmonei, che si erano impadroniti del sacerdozio di Israele senza appartenere alla famiglia sacerdotale, gli Esseni erano andati ad abitare nel deserto conducendo una vita comunitaria, che comprendeva un sistema proprio di purità rituale, di iniziazione e di comportamento etico. Alcuni di loro praticavano il celibato. L’informazione che abbiamo su di loro proviene da Filone di Alessandria [3], Flavio Giuseppe, Plinio il Giovane e, logicamente, dai documenti della comunità di Qumrân, di solito chiamati documenti del Mar Morto. Flavio Giuseppe, in particolare, ne fa una lunga descrizione nella quale manifesta la sua ammirazione per la loro pietà e per la loro forma di vita, che assomigliava piuttosto a quella di un gruppo monastico [4]. Con il loro stretto compimento della legge si consideravano la comunità della nuova alleanza e aspettavano l’era messianica nella quale Dio avrebbe distrutto le forze dell’iniquità. Il fatto che non tutti fossero celibi si deduce dalle scoperte archeologiche: accanto al villaggio si è trovato più di un cimitero, e in uno di essi erano seppelliti anche donne e bambini [5].

Fra le tesi peregrine avanzate da Brown si trova quella di assegnare alla religione di Israele una divinità femminile. È vero che i popoli dell’antico Oriente provavano una grande ammirazione – che non è tramontata nei nostri giorni, anzi, suscita sempre più interesse – di fronte alla vita e ai suoi misteri. Ciò comportava una loro speciale venerazione, in mezzo ad un nutrito panteon, per la dea «madre», che nei popoli della pianura di Aram era chiamata Astarté o Ishtar, accanto al suo compagno, il dio Baal. Nel loro culto si sviluppavano dei riti orgiastici di fertilità attorno ai piaceri del consumo di cibi e bevande, nonché a quelli legati alla sessualità. Non di rado vi si facevano anche dei sacrifici umani.

Israele, non essendo migliore degli altri popoli circostanti [6], si sentiva fortemente e costantemente attratto da quei riti. C'è voluta la voce di Dio attraverso i suoi profeti per allontanarlo più di una volta da quelle orge idolatriche. Esse vengono chiamate nella Bibbia, e a ragione, fornicazione e adulterio. Osea ed Ezechiele, in particolare, ma non solo loro, hanno descritto la passione di Dio per il suo popolo come un rapporto di fidanzamento e di amore matrimoniale, che viene tradito attraverso l’idolatria. Il culto all’unico e vero Dio è stato frutto di uno sforzo continuo e graduale – se così si può dire – da parte di Dio stesso per mantenere fedele il suo popolo. Se è vero che nei primissimi tempi del suo arrivo nella terra di Canaan si trovano in Israele degli indizi di culto a queste doppie divinità, è pur vero che questi culti a poco a poco sono però spariti nella religione del popolo eletto.

Il rapporto fra le divinità maschili e femminili è preso in considerazione nel contributo di Hauke; vorrei qui solo far notare la «felice» trovata di Dan Brown riguardo al nome Jehovah. Secondo lui, esso sarebbe il risultato della fusione del nome del Dio maschio Jahveh e della dea femmina Havah. Se l’autore conoscesse almeno i rudimenti della lingua ebraica, si sarebbe reso conto che il nome Havah proviene dalla radice hayah con la consonante aspirata forte heth, che si riferisce alla vita, mentre il nome Jahveh proviene dalla radice hayah con l’aspirata debole he, che si riferisce all’essere. La crasi delle due parole non potrebbe mai dare luogo a Jehovah, che è soltanto il nome di Jahveh con una vocalizzazione tardiva. Ancor più ridicolo è sostenere che nel Sancta sanctorum del Tempio di Gerusalemme si trovasse Jahveh con la sua moglie shekinah, parola ebraica che significa soltanto ‘presenza’.

Il celibato di Gesù non è dunque qualcosa di strano nella tradizione di Israele. Se Dio si manifesta con dei segni forti in determinati momenti della storia del suo popolo, a maggior ragione lo fa quando invia il suo Figlio. I vangeli inoltre descrivono con naturalezza il comportamento di Gesù al riguardo, specialmente nel rapporto con le donne. Basterebbe accennare al dialogo con la Samaritana [7].

2. Vangeli apocrifi e vangeli gnostici

Da dove sorgono i vangeli apocrifi? Secondo Dan Brown, agli inizi del IV secolo ci sarebbero stati più di ottanta vangeli che vennero presi in considerazione da Costantino, il quale li ridusse a quattro, mettendo al bando i restanti, preoccupato di affermare la fede nella divinità di Gesù Cristo [8].

Per quanto riguarda il sorgere e il diffondersi dei vangeli apocrifi, va ricordato che dopo la pasqua gli apostoli iniziano ad annunciare la morte e risurrezione di Cristo. Il discorso di Pietro la mattina di Pentecoste è una buona sintesi di ciò che la Chiesa proclamava nel suo messaggio evangelico: «Gesù di Nazaret – uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, che Dio stesso operò fra di voi per opera sua, come voi ben sapete –, dopo che, secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio, fu consegnato a voi, voi l’avete inchiodato sulla croce per mano di empi e l’avete ucciso. Ma Dio lo ha risuscitato, sciogliendolo dalle angosce della morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere» [9]. Il messaggio sulla passione, morte e risurrezione diventa così il nucleo della predicazione apostolica, il kerygma o l'annuncio cristiano per eccellenza, in cui fra l’altro si mette in luce la divinità di Gesù Cristo, risorto dai morti. È anche logico e ragionevole che gli apostoli cercassero di penetrare attraverso le loro reminiscenze nella vita di Gesù e nelle sue parole, ricordate però ora in una nuova prospettiva, quella del mistero pasquale, alla luce del quale tutti gli avvenimenti della sua esistenza terrena possono essere compresi. Oltre a questo evento decisivo nella storia della salvezza, gli apostoli dunque annunziavano l’insegnamento di Gesù e i suoi miracoli, controversie, viaggi: in definitiva, come si afferma all’inizio degli Atti degli Apostoli, «tutto quello che Gesù fece e insegnò dal principio» (At 1,1).

È dunque comprensibile che la comunità cristiana primitiva manifestasse gradualmente un crescente interesse per conoscere più cose, più aspetti della vita del Figlio di Dio, e si cercassero dei particolari sulla sua nascita e sui suoi primi anni di vita. I racconti dell’infanzia, quindi, completeranno la narrazione su Gesù nei vangeli di Matteo e di Luca, mentre Marco e Giovanni si concentreranno sulla vita pubblica e sulla pasqua, che costituiscono comunque la sezione più estesa e consistente di tutti e quattro i vangeli.

Di fronte alla sobrietà e alla schiettezza dei vangeli – basterebbe paragonare uno qualsiasi dei miracoli di Gesù con i racconti sulle guarigioni avvenute nel tempio di Asclepio, a Epidauro [10] – non meraviglia che ne sia emerso il desiderio di sapere di più su Gesù e sulla sua vita.

Non può quindi stupire che taluni, non accontentandosi della tradizione apostolica che diede origine ai vangeli canonici [11], siano andati alla ricerca di altre tradizioni. È essenzialmente questa la genesi dei vangeli apocrifi che sono stati scritti, nella maggior parte, uno o due secoli dopo la redazione dei quattro vangeli. Alcuni di essi servono per conoscere la tradizione extracanonica, cioè i dati riguardanti la Chiesa primitiva, la vita e l’insegnamento di Gesù non contenuti nei libri del Nuovo Testamento. Va osservato però che la letteratura cristiana primitiva è spesso più ricca di dati su Gesù e sulla sua missione che i vangeli apocrifi.

Dal punto di vista storico i vangeli apocrifi non sono del tutto affidabili, in quanto lasciano spesso trapelare delle correnti dottrinali divergenti dalla fede cristiana. I vangeli di Tommaso, di Filippo, della Verità e degli Egiziani, ad esempio, provengono dagli gnostici; il vangelo segreto di Marco, legato probabilmente alla Lettera a Teodoro di Clemente Alessandrino, è uno scritto contro la setta gnostica dei Carpocraziani, che proclamava il libertinaggio e la promiscuità. Il vangelo di Pietro prende le mosse dal processo di Gesù e vuole far ricadere tutta la responsabilità della morte del Messia sugli ebrei. Qualcosa di simile accade col vangelo di Nicodemo, un racconto sul giudizio e la morte di Gesù seguiti da un’inchiesta del Sinedrio, che alla fine accetta le prove sulla risurrezione. In questo scritto si fa menzione appunto del fatto che Nicodemo avrebbe raccolto il sangue del Signore morente sulla Croce. Un altro gruppo è rappresentato dai vangeli giudeo-cristiani, che spesso sono in contrasto con la fede della comunità primitiva: i più noti sono i vangeli degli Ebrei, dei Nazareni e degli Ebioniti. I frammenti che si conservano di tutti questi vangeli sono di solito riportati e completati con gli scritti dei Padri della Chiesa.

Un filone diverso è rappresentato dai vangeli apocrifi dell’infanzia di Gesù, scritti a partire dal II secolo. Essi sono in genere più positivi degli altri testi e hanno un marcato interesse apologetico. Il Protovangelo di Giacomo vuole esaltare Maria come sempre vergine, mentre nel vangelo dell’infanzia di Tommaso appare la figura di Gesù come quella di un essere sovra-umano, che faceva dei miracoli fin da quando era bambino.

Come mai, accanto ai vangeli ufficiali sono apparsi quelli apocrifi? La storia del canone, ossia la lista autorevolmente riconosciuta dei libri sacri, è allo stesso tempo la storia del loro impiego da parte della Chiesa. Un tale processo non si è sviluppato secondo uno schema predeterminato o una linea d’azione meramente «gerarchica». L’uso dei libri nella liturgia e nella catechesi dei primi scrittori cristiani e dei Padri della Chiesa ha implicato un processo di decantazione, nel quale è stata determinante la fede del popolo di Dio. Si potrebbe dire che lo Spirito Santo ha avviato un fenomeno di ricezione graduale, alla fine della quale si è giunti all'elaborazione dell' l’elenco dei libri considerati come ispirati, e quindi, canonici. Nel corso di questo processo, alcune testimonianze mettono a fuoco i vangeli. Così, nel Canone di Muratori, che la maggior parte degli studiosi ritiene scritto verso la fine del II secolo, si fa un accenno ai "quattro vangeli" [12].

Quanti sono i vangeli apocrifi? Koester, nella sua Introduzione al NT enumera in tutto una sessantina di scritti apocrifi, la maggior parte dei quali non sono vangeli [13]. Erbetta, invece, menziona una quarantina di vangeli, di cui 12 appartenenti ai racconti dell’infanzia. Vi si includono come vangeli alcuni testi che da altri studiosi non sono considerati affatto come tali; l’Apocryphon Johannis, Pistis Sophia, Sophia Jesu Christi, e altri [14]. Secondo la maggior parte degli studiosi, gli scritti apocrifi che potrebbero essere chiamati vangeli, sono poco più di una trentina.

Una testimonianza significativa è quella di Ireneo, che – attorno al 180 d.C. – si riferisce all'annuncio della Chiesa che emerge nei quattro vangeli canonici. A questo scopo egli impiega l’espressione «vangelo quadriforme». Nella sua opera egli fa una delle descrizioni più particolareggiate dello gnosticismo, della sua struttura e dei suoi principi dottrinali, facendo leva sulla figura di Valentino, uno degli gnostici più influenti del II secolo. Una delle conclusioni che si ricavano da Ireneo, dove per la prima volta appare il termine «gnostico», è che esistono tanti tipi di gnosticismo quante le persone che lo proclamano con una certa autorità. Le teorie di Basilide e di Eraclione, per esempio, sono diverse fra di loro e anche da quella del loro contemporaneo, Valentino.

Quest’eresia, tanto forte ed insidiosa da minacciare la stessa sussistenza della fede cristiana nella seconda metà del II secolo, si caratterizza anzitutto per un dualismo teologico, che concepisce due divinità opposte – una del bene e un’altra del male –, già menzionate fin dai tempi di Zoroastro e proclamate anche da Marcione qualche decade prima. Altro elemento caratteristico è la credenza in un panteon composto di divinità inferiori che, secondo alcune teorie gnostiche, provengono dallo spezzarsi del «pleroma», una parola che indica l’insieme di tutti gli dei. A questo dualismo inseparabilmente legato ne spicca un altro «anticosmico», che in realtà non è che una conseguenza del precedente, dove tutto ciò che è materia è visto come male, in quanto creazione del dio inferiore. L’essere umano scopre la sua esistenza intrappolata nella realtà materiale del corpo, e per liberarsene ha bisogno della gnosi, della conoscenza che lo renda pneumatico e capace di comprendere se stesso come parte del pleroma. Il ricorso ai culti misterici delle religioni ellenistiche [15] è un’altra caratteristica di queste eresie. I misteri vengono rivelati soltanto agli iniziati, agli pneumatici. Infine, si potrebbe dire che lo gnosticismo rappresenta un tentativo di sintesi, non proprio compatta ed armonica, fra ebraismo, filosofia platonica e mitologia greca [16].

Nella Biblioteca di Nag Hammadi, scoperta nel 1945 in quella località d' Egitto, sono stati rinvenuti dei manoscritti, in 13 codici, contenenti 52 testi tra i quali quarantacinque titoli diversi. I contenuti sono tra i più svariati, dalla Repubblica di Platone fino a venticinque apocalissi, passando per sei lettere e arrivando ai vangeli di Tommaso, di Filippo, della Verità (due copie) e degli Egiziani (due copie).

Gli scritti di Nag Hammadi sono strettamente collegati allo gnosticismo. Essi sono diventati una chiave di lettura, anche se parziale, per capire quella complessa realtà filosofico-religiosa. Sono nel contempo una fonte di prima mano, e ciò ha un indubbio valore se si tiene presente che, fino alla scoperta dei manoscritti, ciò che si sapeva sugli gnostici e sulla loro dottrina proveniva dagli scrittori del II e III secolo che li confutavano, fornendone una conoscenza indiretta, o meglio, «speculare». I testi di Nag Hammadi sono scritti in copto (saidico e licopolitano) e datano dal IV secolo. Tutti sono traduzioni di originali greci del II-III secolo dell’era cristiana [17]. Gli studiosi coincidono invece nell’affermare che non esistono dei testi gnostici del I-II secolo allorché, al massimo, si poteva parlare di pre-gnosticismo.

Praticamente nessuno dei vangeli trovati a Nag Hammadi assomiglia nella struttura ai vangeli canonici. In questi ultimi la narrazione è protesa verso il mistero pasquale, e così tutto è visto alla luce di quell’evento fondamentale che è la donazione che Gesù fa della sua vita per la salvezza del mondo [18]. Ma nel pensiero gnostico si trova un altro tipo di «redenzione», motivo per cui la passione va semplicemente ignorata e persino negata [19]. Questi vangeli mirano di più a riportare le sentenze e i consigli di Gesù, secondo la propria interpretazione. Il vangelo di Tommaso, che è senz’altro il più importante della biblioteca, presenta una serie di centoquattordici parabole e detti, alcuni dei quali sono simili alle sentenze di Gesù riportate nei sinottici. A differenza delle parabole dei tre vangeli sinottici (Matteo, Marco e Luca), quei testi non ne contengono però le spiegazioni. Questa caratteristica, inizialmente ritenuta da Jeremias come un segno di antichità e di semplicità [20], si è scoperta in seguito come componente intrinseca della «sapienza segreta» che, secondo gli gnostici, sarebbe stata rivelata da Gesù Cristo. Per mezzo di essa gli eletti avrebbero potuto riconoscere la loro vera identità spirituale e raggiungere la loro origine divina. Le spiegazioni, infatti, sono riservate soltanto agli iniziati [21] e non vanno manifestate agli altri.

Negli ultimi anni si sono moltiplicati i commenti e gli studi sul vangelo di Tommaso, i quali ne hanno sottolineato i parallelismi con i vangeli sinottici. Alcuni negano il suo carattere gnostico e lo collegano alla tradizione della sapienza giudaica o a quella encratita, tipica del cristianesimo siriano orientale [22]. Costoro vorrebbero presentarlo come un testo precedente e persino più autorevole di quello dei sinottici, il che offrirebbe un’immagine di Gesù meno impegnativa, una specie di Confucio mediorientale o di filosofo cinico che non avrebbe mai detto niente che potesse costargli la vita. Emblematico è il caso di Crossan [23], che vorrebbe fondare la sua ricerca su fonti «antiche» come appunto il vangelo di Tommaso, di Pietro, il vangelo segreto di Marco e una ipotetica fonte comune ai vangeli sinottici (la cosiddetta fonte Q), in modo da far emergere la figura di Gesù attraverso una simbiosi fra un predicatore cinico itinerante e un contadino ignorante della Galilea. Della stessa stregua appaiono altri membri del noto gruppo di esegeti di uguale impostazione, i componenti del Jesus Seminar. Costoro cercano di svalutare i quattro vangeli a vantaggio di quelli apocrifi. Il desiderio di sopravvalutare il vangelo di Tommaso a scapito dei quattro vangeli canonici mira a presentare una figura «neutra» di Gesù. Ma con un atteggiamento del genere, il Signore non sarebbe mai morto sulla croce, né ci avrebbe salvato.

In definitiva, la Chiesa non ha accettato quei libri che volevano dire «di più» su Gesù, specie per la loro tendenziosità, per il desiderio di raccontare cose mirabolanti o sbalorditive, e perché a volte scritti al fine di giustificare correnti dottrinali non ortodosse.

3. Maria di Magdala nei Vangeli

Nel Codice da Vinci le affermazioni su Gesù e Maria Maddalena poggerebbero sul chiamato Vangelo di Filippo, nel quale trapelerebbe una vicinanza e un affetto particolare fra Gesù e Maria di Magdala: «Tre donne camminano sempre con il Signore: Maria, sua Madre, la sorella di lei e la Maddalena, la quale è detta sua compagna (koinonos). Maria, in realtà, è sorella, madre e compagna di Lui» [24]. Secondo un altro testo, che presenta delle lacune, «la compagna (koinonos) di Cristo è Maria Maddalena. Il Signore l’amava più di tutti i discepoli e più volte la baciava (sulla bocca)» [25]. La parola greca koinonos non implica necessariamente unione matrimoniale o intimità fisica. Non c’è nessun altro testo nella letteratura apocrifa dove si dica una cosa simile, e peraltro nel testo di Filippo, incompleto e sbiadito, le parole «sulla bocca» sono incerte. Ad ogni modo, si tratta di un’espressione comune fra gli gnostici per riferirsi ad una speciale sintonia fra due o più persone: il bacio è anche il modo di comunicarsi i segreti e di arricchire spiritualmente l’altra/-o.

Nei vangeli canonici, invece, non si trova nemmeno un cenno ad una tale eventualità. La figura di Maria di Magdala compare per la prima volta, in base all’ordine canonico dei vangeli, all’inizio del cap. 8 del vangelo secondo Luca [26]. Assieme ad altre donne, accompagna Gesù e gli apostoli, nella loro predicazione per i villaggi della Palestina. Il vangelo dice che esse li assistevano con i loro beni, ma si potrebbe dedurre dal testo che collaboravano anche con Gesù nell’annuncio della buona novella del regno [27].

Ma i passi più importanti dei vangeli canonici che riguardano Maria di Magdala sono quelli che si riferiscono alla morte e alla risurrezione di Gesù. Delle 12 volte in cui appare il nome della Maddalena nei vangeli, tutte, ad eccezione del testo lucano menzionato sopra, sono inquadrate nella prospettiva del mistero pasquale. Maria Maddalena appare insieme con la Madre di Gesù e altre donne accanto alla croce, essa va ad osservare dove il Signore viene seppellito e, il giorno dopo il sabato, molto presto, va ad imbalsamarlo, volendo completare ciò che non si era riusciti a fare la sera del Venerdì Santo. Il ruolo della Maddalena spicca in modo particolare attorno all’evento della risurrezione di Gesù Cristo. Lei, infatti, è stata il primo testimone dell’evento straordinario di quella domenica, lei ha ricevuto dal Risorto l’incarico di andare ad annunciarlo agli apostoli. Perciò non è infrequente trovare negli scritti patristici e medievali il titolo di apostola apostolorum [28] applicato a Maria di Magdala, e a ragione: è lei a diventare latrice del messaggio più importante del cristianesimo, vale a dire, la proclamazione di Gesù come il Figlio di Dio che ha vinto la morte e ci ha riscattati dal potere del peccato e del demonio.

Non a caso Maria Maddalena è l’unica, fra le donne che appaiono negli scritti neotestamentari, ad essere chiamata col proprio nome in tutti e quattro i vangeli canonici. Per fare un paragone, la Madre di Gesù non sempre viene chiamata col nome proprio. Questo, certamente, non vuole sminuire l’importanza di Maria, che come Madre del Redentore ha un ruolo primario ed unico nella storia salvifica, tale da farci affermare che al di sopra di Lei c'è soltanto Dio. Accanto alla sua persona, però, spicca quella di Maria di Magdala, come portatrice del kerygma della risurrezione di Cristo.

Si spiega allora perché nella tradizione della Chiesa primitiva e nella letteratura cristiana antica la figura della Maddalena venga privilegiata. Prendendo spunto dalla sua missione annunciatrice, le si sono attribuiti ulteriormente nuovi compiti e privilegi. Nella letteratura gnostica, dove la conoscenza del mistero pasquale occupa un posto di rilievo, la sua figura diventa quella della confidente di Gesù, colei alla quale il Maestro ha rivelato l’evento che costituisce l’asse portante della fede cristiana. Nel vangelo gnostico di Maria si racconta come ella incoraggi gli apostoli a mettere in pratica le parole del Salvatore, ricordando loro di rimanere nella sua grazia [29]. Più avanti, nello stesso vangelo, Levi richiama il comportamento di Andrea e di Pietro, che si erano mostrati un po’ scettici e forse gelosi riguardo alla missione di Maria di Magdala: «Se il Salvatore l’ha resa degna, chi siamo noi per rifiutarla?» [30].

Questa partecipazione specialissima al mistero di Cristo è vista dagli gnostici come intimità spirituale, partecipazione alla missione annunciatrice di Cristo stesso, ma mai come relazione di altro tipo. E questo certamente non sembra averlo affatto capito Dan Brown. D’altra parte la Chiesa, nella sua storia bimillenaria, non soltanto ha considerato la figura della Maddalena come emblematica, ma ha confermato che anche le donne hanno il diritto di proclamare ciò che Dio ha realizzato attraverso Gesù [31].

Il fatto che Maria di Magdala non abbia ricevuto il sacerdozio – che in Israele era riservato agli uomini, e questa è stata anche indubbiamente la scelta di Gesù –, non significa che la Chiesa l’abbia messa da parte o non l’abbia tenuta in grande considerazione, come le riflessioni fatte sopra hanno evidenziato.

In conclusione, la Chiesa ha sempre venerato i vangeli come i libri che proclamano ciò che Gesù ha detto e fatto. La loro sobrietà ha sempre sorpreso chi si accosta al testo alla ricerca di qualcosa di straordinario. Certamente la vita cristiana presenta delle realtà soprannaturali, ma esse vengono raccontate, paradossalmente, in maniera «naturale» e sobria, senza aggiungere circostanze inutili. Ciò mette in risalto la figura del Figlio di Dio che si è incarnato per la salvezza del mondo. I vangeli apocrifi non si sono accontentati di questa tradizione e hanno voluto aggiungere dei particolari per evidenziare aspetti che, secondo i loro autori, si addicevano a Gesù. Ma di fatto in tal modo essi offrono un’immagine di Gesù non conforme alla realtà.


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1) Cf. D.A. Bock, Il Codice da Vinci. Verità e Menzogne, Milano 2005, 41-43; 50-54.

2) Mt 19,11s.

3) Cf. Filone, Hypothetica, 11,14-17.

4) Cf. Flavio Giuseppe, Guerra Giudaica 2.8.2,119-122. Cf. Antichità giudaiche, 18,18-22.

5) Cf. J.A. Fitzmyer, Qumran: le domande e le risposte essenziali sui manoscritti del Mar Morto, Brescia 1994, 105-107.

6) «Il Signore si è legato a voi e vi ha scelti, non perché siete più numerosi di tutti gli altri popoli – siete infatti il più piccolo di tutti i popoli –, ma perché il Signore vi ama e perché ha voluto mantenere il giuramento fatto ai vostri padri» (Dt 7,7s).

7) Cf. Gv 4,1-30(27-30).

8) Cf. D. Brown, Il Codice da Vinci, 272.

9) At 2,22-24.

10) Cf. H. Koester, Einführung in das Neue Testament, Berlin-New York 1980, 180s.

11) Sono chiamati «canonici» i vangeli (o racconti di annuncio) accettati dalla Chiesa come libri che contenevano i detti di Gesù e i fatti della sua vita. Essi facevano parte dell’elenco ufficiale dei libri ispirati da Dio, impiegati fra l’altro nel culto liturgico e nell’istruzione dei fedeli.

12) Una parte degli studiosi pensa che il frammento muratoriano risalga invece al IV secolo d.C. La prima riga del testo che si può leggere dice: «il terzo vangelo è quello di Luca (...), e il quarto, quello di Giovanni». Si scorge subito un’allusione agli altri due vangeli, di Matteo e di Marco, che venivano menzionati prima. Non si nomina invece nessun altro scritto con il nome di «vangelo».

13) Cf. H. Koester, Einführung in das Neue Testament, 500-503.

14) Cf. M. Erbetta, Gli apocrifi del Nuovo Testamento, 3 voll., Torino 1975, I,651; II, 660s.

15) Uno dei culti religiosi più antichi ed influenti è quello dei misteri eleusini dedicati a Demeter. I nuovi membri dovevano recarsi ad Eleusi, presso Atene, per ricevere l’iniziazione. Un altro luogo collegato a questi culti sembra essere stata Samotracia (cf. At 16,11). Riguardo ai culti individuali, spiccavano quelli a Dioniso e ai Cabiri, confusi più tardi a Roma con i Dioscuri.

16) Cf. D.M. Scholer, Gnosis, Gnosticism, in R.P. Martin, P.H. Davids, Dictionary of Later New Testament and Its Developments, Downers Grove-Leicester 1997, 401-403.

17) Ibid., 407.

18) Conosciuta è l’affermazione di M. Kähler nel suo libro Der sogenannte historische Jesus und der geschichtliche, biblische Christus, München 1961 (ristampa), secondo la quale il vangelo di Marco sarebbe «un racconto della passione con una lunga introduzione».

19) Come si è visto prima, la loro «redenzione» sarebbe la liberazione dal corpo materiale per poter inserirsi nel «pleroma». Di conseguenza la morte di Cristo sulla croce sarebbe soltanto apparente: Cf. Apocalisse gnostica di Pietro, p. 81, dove si riporta un dialogo dell’apostolo con Gesù: «Che cosa vedo Signore? Sei tu veramente quello che prendono? (…) Chi è quello sulla croce che è sereno e ride?» Gesù risponde: «Quello che hai visto sorridente sulla croce è Gesù il vivente. Ma quello nelle cui mani e piedi conficcano i chiodi è la sua parte corporea, il sostituto»: W. Schneemelcher, Neutestamentliche Apokryphen II, Tübingen 61997, 642.

20) Cf. J. Jeremias, Le parabole di Gesù, Brescia 1967, 92s.

21) Cf. ad esempio, Apocalisse gnostica di Pietro, pp. 70-71, in W. Schneemelcher, Neutestamentliche Apokryphen II, 637s.

22) Cf. R.J. Bauckham, Gospels (Apocryphal), in J.B. Green, S. McKnight, I.H. Marshal, Dictionary of Jesus and the Gospels, Downers Grove-Leicester 1992, 287.

23) Cf. J.D. Crossan, The Historical Jesus. The Life of a Mediterranean Jewish Peasant, San Francisco 1991.

24) Vangelo di Filippo, Logion 32 in M. Erbetta, Apocrifi del Nuovo Testamento I/1, 225. Con questo logion l’autore vuol mettere in luce tre aspetti o manifestazioni della Maddalena.

25) Vangelo di Filippo, Logion 55b in M. Erbetta, Apocrifi del Nuovo Testamento I/1, 229.

26) Cf. Lc 8,1-3.

27) Cf. C. Ricci, Maria di Magdala e le molte altre, Napoli 1991, 57-118.

28) In realtà il primo ad usare questo titolo è Ippolito (secolo III), che poi si riafferma nella Chiesa a partire dal secolo X. Cf. B. Luter, K. McReynolds, Women as Christ’s Disciples, Grand Rapids/Mich. 1997, 74; D. Bock, Il Codice da Vinci, 143s.

29) Davanti allo scoraggiamento dei discepoli per la partenza di Gesù, Maria li esorta dicendo: «Non piangete e non vi addolorate e neppure siate indecisi. La sua grazia sarà con voi tutti e vi proteggerà. Benediciamo piuttosto la sua grandezza, ché egli ci ha preparati e resi uomini»: Vangelo di Maria, Logion 6 in M. Erbetta, Apocrifi del Nuovo Testamento I/1, 294.

30) Ibid., Logion 15-18 in M. Erbetta, Apocrifi del Nuovo Testamento I/1, 296.

31) Cf. P.M. Guillaume, Marie Madeleine (Sainte), in A. Derville, P. Lamarche, A. Solignac, Dictionnaire de spiritualité ascétique et mystique. Doctrine et histoire X, Paris 1980, 559-575.

joseph floribus
29-04-07, 17:16
saluti.

Ichthys
14-05-07, 23:31
In certi ambienti lo Gnosticismo viene visto come quella base culturale dalla quale nel corso dei secoli attinsero le dottrine ermetiche e la Massoneria. In parte è vero, ma non è possibile confodere lo Gnosticismo con la Massoneria per tante ragioni, ma soprattutto per la concezione basilare del divino in quanto la Massoneria riconosce una mente suprema, Architetto dell'Universo, mentre lo Gnosticismo scinde il tutto a due principi e quello creatore è invece visto in senso negativo, demiurgico, caotico. È una divergenza non da poco questa che separa lo Gnosticismo classico dalla dottrina massonica.

millenomi
17-05-07, 12:34
Pax Pleroma,

<In certi ambienti lo Gnosticismo viene visto come quella base culturale dalla
<quale nel corso dei secoli attinsero le dottrine ermetiche e la Massoneria.

In questa nostra epoca contemporanea, dobbiamo considerare come il Corpo di Osiride è disgiunto, le membra sparse a terra. In questa condizione, dove molti pare abbiano abiurato sia allo studio che alla pratica, è molto semplice confondere ciò che è integra espressione tradizionale, con ciò che è mera disciplina. Del resto dobbiamo anche considerare la prevalenza assoluta di dottrine neoermetico e teosofiche; e il soffocamento culturale e formativo che ciò comporta.

<Inparte è vero, ma non è possibile confodere lo Gnosticismo con la Massoneria per
<tante ragioni, ma soprattutto per la concezione basilare del divino in quanto la

Concordo

<Massoneria riconosce una mente suprema, Architetto dell'Universo, mentre lo
<Gnosticismo scinde il tutto a due principi e quello creatore è invece visto in
<senso negativo, demiurgico, caotico. È una divergenza non da poco questa che
<separa lo Gnosticismo classico dalla dottrina massonica.

Dobbiamo considerare come in se e per se la Massoneria raccolga elementi e simboli di una varietà di tradizioni; e fra queste vi è anche qualcosa di gnosticismo e cristianesimo esoterico. Nella volontà dei liberi muratori, la massoneria dovrebbe rappresentare un'Arca, capace di traghettare nei secoli l'essenzialità del patrimonio esoterico-simbolico. Resta poi tutto da verificare se questa operazione è riuscita, riuscirà, viene corrotta dal mondo profano, maschera altro, oppure se è stata velleiteria o sincretistica.

Cordialmente

millenomi
20-05-07, 09:55
. Uno o tanti cristianesimi?

Mi resta da dire qualcosa a proposito della tesi secondo cui all’origine non ci sarebbe un cristianesimo, ma molti cristianesimi, cioè interpretazioni diverse del messaggio di Cristo, eliminate via via dalla crescente pressione dell’ortodossia sotto la regia della chiesa di Roma. È possibile, perché no?, parlare di diversi cristianesimi, anziché di tendenze diverse all’interno di una stessa realtà in formazione, ma allora bisogna dire la stessa cosa di quasi tutte le istituzioni e le grandi novità della storia: non parlare di una religione ebraica ma di più religioni ebraiche, non di un rinascimento ma di più rinascimenti, di più rivoluzioni francesi e così via, perché tutte queste realtà sono il risultato di processi di scontro e di decantazione di tendenze e fattori diversi. I sociologi ci insegnano che è ciò che avviene di solito nel passaggio da un movimento “statu nascenti” all’istituzione cui esso da luogo.

L’idea avanzata da qualche parte di ripartire da capo, rimettendo tutte le tessere nel sacco, cioè tutti i cristianesimi sepolti di nuovo in lizza, per dar vita a una forma nuova e inedita di esso, mi fa pensare al progetto di un nuovo Esperanto e al suo esito.

Bisogna semmai riconoscere all’ortodossia delle origini il merito di aver condotto questa battaglia con i libri e i decreti, senza mandare al rogo nessuno, né Marcione, né Valentino, né Montano. Si dirà, non avrebbe potuto farlo; verissimo, ma sta di fatto che non l’ha fatto e almeno nei primi secoli della sua storia l’ortodossia non si è imposta con la forza e la conquista ma con gli argomenti e la vita. Le origini sono pure e ad esse possiamo guardare e ispirarci.

La tesi di una ortodossia che trionfa eliminando le concorrenze sotto la guida potente di Roma è una leggenda storiografica. L’ortodossia non si afferma all’origine con un movimento che va dal centro verso la periferia, ma al contrario con un movimento che va dalla periferia verso il centro. Le lotte contro l’ebionismo, il docetismo, l’encratismo non partirono da Roma, ma giunsero a Roma, da Antiochia di Siria, Asia Minore, Alessandria d’Egitto, Cartagine, Lione in Francia. Roma nei primi due secoli e mezzo di storia cristiana è più arbitro tra le parti che parte attiva nella lotta contro le eresie. A Nicea stessa l’influenza di Roma e dell’occidente in genere fu minima. Il giudizio sul ruolo di Roma nel trionfo dell’ortodossia è in buona parte frutto di una proiezione all’indietro di situazioni posteriori (se non addirittura contemporanee!).

Sarebbe interessante, se lo spazio lo permettesse, passare in rassegna le diverse forme, cosiddette di cristianesimo alternativo, per vedere quale di esse, se esistesse ancora, sarebbe accettata o accettabile da quegli stessi che ne lamentano la scomparsa. Non certo l’encratismo con il rifiuto di matrimonio e di possesso di beni; di sicuro non il marcionismo con il suo radicale antigiudaismo; neppure credo le varie forme di gnosticismo e di docetismo con il loro rifiuto del mondo materiale e la loro negazione dell’umanità reale di Gesù. Quanto ai famosi profeti e carismatici itineranti, tanto cari alla moderna ricerca sul Gesú storico, è curioso notare una cosa: oggi tale movimento è riapparso, per molti aspetti e in maniera spettacolare nelle chiese cristiane, ma alcuni studiosi del Gesú storico, lo guardano con ironia come frutto in blocco di fondamentalismo, irrazionalismo ed entusiasmo religioso. (Ne so qualcosa perché ne faccio, a volte, le spese anch’io!).

C’è, è vero, una corrente che oggi incontrerebbe il favore di molti studiosi, l’ebionismo, cioè quella forma di cristianesimo che resta praticamente nella matrice ebraica, ritenendo Gesú un uomo e mantenendo l’osservanza della Torah. Si trattò, pare di comunità isolate vissute ad est del Giordano, di cui sappiamo pochissimo. Esse si esaurirono da sole di fronte all’imporsi del cristianesimo di marca giudeo-ellenistico ed ellenistico. Non ci fu nessuna guerra contro di loro, nessun rogo di libri. Paradossalmente la loro memoria non è stata cancellata dall’ortodossia, come si afferma, ma conservata da essa. Se non fosse per la citazione di qualche loro scritto e idea da parte degli autori ortodossi, non sapremmo assolutamente nulla su di essi. Impegnati a combattere la corrente molto più agguerrita dello gnosticismo che, all’opposto degli ebioniti, faceva di Gesú solo un Dio e non un uomo, gli autori ortodossi dedicarono ad essi scarsa attenzione.

L’ortodossia del resto non ha annientato molte di queste forme alternative di cristianesimo, ma le ha fatte proprie liberandole dall’elemento “settario” e unilaterale che le rendeva ‘eretiche’. L’istanza dell’encratismo sopravvive nella Chiesa nello stato di verginità e nel monachesimo; l’istanza della gnosi è assunta, nel suo elemento valido, dagli alessandrini Clemente e Origene. Il profetismo itinerante, dopo la crisi iniziale dovuta agli eccessi montanisti, rispunterà nella Chiesa con i movimenti mendicanti del Medio evo.

Ichthys
23-05-07, 13:24
La massoneria da qualche tempo si professa molto tollerante e compatibile con altre esperienze religiose, prova ne è il noto René Guènon, convertito all'Islam, ma anche massone del 33° grado del Rito Scozzese Antico e Accettato. L’interesse privilegiato di Guénon per la Massoneria era in primo luogo dovuto al fatto che essa era ai suoi occhi la sola organizzazione occidentale autenticamente iniziatica che persistesse in Occidente e per questo e arrivato ad apprezzarla oltremodo così come ha apprezzato l'Islam che non ha ceduto alle lusinghe del mondo moderno.

millenomi
01-06-07, 10:18
Massoneria, laicismo e cattolicesimo

Intervista a Manuel Guerra, autore di "La trama masónica"

BURGOS, giovedì, 31 maggio 2007 (ZENIT.org).- È vero che esiste una cospirazione massonica? C'è compatibilità tra l'essere cattolici e l'essere massoni? Il Parlamento europeo è dominato da massoni? Sono domande che il professor Manuel Guerra, autore di venticinque libri sulle sette e altre questioni, si è posto e a cui ha cercato di rispondere nel libro "La trama masónica" (Styria Ediciones).

Manuel Guerra Gómez (Villamartín de Sotoscueva, 1931) è laureato in filologia classica e in teologia patristica ed è membro della "Real Academia de Doctores de España". E' stato, inoltre, Preside della Facoltà di Teologia del Nord della Spagna, nelle sedi di Burgos e Vitoria.

In una intervista a ZENIT, Manuel Guerra ha detto: "Il metodo massonico, strettamente legato alla concezione laicista, riflette il relativismo storico e conduce al relativismo socio-culturale promuovendolo".

Si tratta di una leggenda la famosa cospirazione massonica

Guerra: Bisogna distinguere tra massoneria e massoni. La massoneria in quanto tale, in teoria non aspira al potere o almeno ad averlo al servizio dei propri principi e interessi.

Tuttavia, di fatto, i massoni sono presenti in quasi tutti gli organismi internazionali in cui vengono prese decisioni e nelle multinazionali che influiscono sul potere economico e politico.

È logico pensare che cerchino di far passare i loro principi ideologici (relativismo, laicismo, gnosticismo) ovunque si trovino e di irradiarli oltre il loro contesto.

D'altra parte, nel mondo anglosassone e nei Paesi nordici, in Turchia, ecc. non è che i massoni aspirino a detenere il potere, essi sono il potere.

Così, per esempio, il Sovrano del Regno Unito è anche il Gran Maestro della Grande Loggia Unita di Inghilterra (GLUI) e delle più di 150 Grandi Logge (una per ogni nazione e negli Usa una in ogni Stato). Nel 1995 la GLUI contava 750.000 membri appartenenti a 8.000 Logge sparse in tutto il mondo.

Inoltre, poiché vige la regola del segreto, non vi è modo di sapere per certo dove essi agiscono e fino a dove arrivi la loro influenza diretta e tanto meno quella indiretta.

Il Governo di Tony Blair ha promosso un movimento d'opinione che rivendica l'istituzione dell'obbligo per i massoni di dichiarare la propria appartenenza alla massoneria, soprattutto se sono funzionari dello Stato e soprattutto se operano nella giustizia e nella polizia. È encomiabile la risposta di più di 1.400 giudici inglesi che hanno dichiarato volontariamente la propria affiliazione alla massoneria. Evidentemente sono molti di più.

In seguito allo scandalo della Loggia segreta P2 di Licio Gelli, i funzionari italiani di determinati ambiti dell'amministrazione pubblica, se sono massoni, sono obbligati a dichiararlo, pena il rischio di perdere il proprio posto (legge della Regione Toscana del 1983).

Il famoso 60% di massoni nel Parlamento europeo è un dato che corrisponde alla realtà?

Guerra: Questo dato, o uno simile, è stato affermato da Josep Corominas, Gran Maestro della Gran Loggia di Spagna (GLE) fino al marzo del 2006. Il 9 febbraio del 2007 egli ha abbandonato la GLE, pur affermando di continuare ad essere massone e di voler essere considerato tale.

Si tratta di una nuova scissione che ha dato luogo ad una nuova Obbedienza massonica o di una sua incorporazione ad un altra già esistente? Di fatto tutte le proposte inerenti questioni familiari e di bioetica, in dissenso con la dottrina della Chiesa e persino con la legge naturale, sono state approvate dal Parlamento europeo. Si ricordi anche il caso dell'italiano Buttiglione che è stato respinto da una maggioranza laicista.

A Roma è appena terminato un Congresso durante il quale è stata ricordata l'incompatibilità tra cattolicesimo e massoneria, ed è stato lanciato un appello al dialogo con i massoni nelle questioni socio-culturali. Come può avvenire questo?

Guerra: Nonostante l'incompatibilità oggettiva tra massoneria e cattolicesimo, i cattolici possono dialogare con i massoni a vari livelli, salvo quello che la Santa Sede, consapevole dei rischi, si è riservata come sua competenza esclusiva: "Non compete alle autorità ecclesiastiche locali di pronunciarsi sulla natura delle associazioni massoniche con un giudizio che implichi deroga a quanto sopra stabilito", e ciò in linea con la Dichiarazione di questa S. Congregazione del 17 febbraio 1981 (Dichiarazione sulla massoneria, 26 novembre 1983; AAS 73, 1984, p. 100).

Occorre, inoltre, tenere conto della realtà e delle conseguenze del segreto massonico. Come si può dialogare con qualcuno che porta la maschera? Ciò nonostante è possibile dialogare su questioni socio-culturali. Sebbene le religioni e le ideologie finiscono per formare e conformare a sé anche le rispettive culture, esiste comunque sempre una base comune.

Il piano culturale, almeno in teoria, è un settore in cui è più facile dialogare, rispetto a quello specificamente religioso e ideologico. È più facile intraprendere un dialogo a livello interculturale (sulla povertà, l'alfabetizzazione, l'ambiente, la sanità, la globalizzazione, ecc.) che a livello interreligioso.

Tuttavia, persino su questo terreno, il dialogo con la massoneria incontra serie difficoltà, in quanto il laicismo massonico, aperto o nascosto, tende a porre ai margini la specificità religiosa, ciò che non è comune a tutte le religioni ed etiche, e tende a rinchiuderla, come agli "arresti domiciliari", nel foro della coscienza personale e all'interno delle mura dei templi.

In questo senso, porta a cancellare le orme socio-culturali cristiane nei Paesi tradizionalmente cristiani, come per esempio i presepi o le rappresentazioni e i simboli del mistero del Natale (la stella cometa, i re magi, gli incensari per le strade durante le feste natalizie, ecc.).

La massoneria si sostituisce alla religione?

Guerra: La massoneria, in linea con uno dei suoi prodotti, la New Age, preferisce usare il termine "spiritualità", che ha maggiore risonanza soggettivistica rispetto al termine "religione".

I massoni si dicono cristiani e negano che la massoneria sia una religione. Se lo affermassero, dovrebbero riconoscere di appartenere a due religioni: quella cattolica e quella massonica.

Ma di fatto, almeno per molti, soprattutto per i massoni agnostici, deisti, la massoneria si sostituisce alla religione. Anzi, la massoneria è chiamata "religione" e talvolta "la religione" negli scritti massonici e dei massoni.

Come è riuscito ad avvicinarsi a questo mondo, se questo è un mondo segreto?

Guerra: Ho dedicato molte ore a studiare le costituzioni, i regolamenti e i rituali delle diverse Obbedienze o federazioni di Logge massoniche, nonché a conversare con massoni ed ex massoni in Spagna e in Messico, e a leggere libri sulla massoneria scritti da massoni e da non massoni.

In Messico, circa dieci anni fa, mi sono intrattenuto per due estati parlando quotidianamente sulla massoneria con professori universitari, massoni e non massoni. Ho dedicato i pomeriggi a visitare i centri di diverse sette, alcune delle quali paramassoniche, che si trovavano nella periferia urbana.

La massoneria è più un metodo che un contenuto?

Guerra: L'uomo, oltre a pensare, sente e immagina. I sentimenti e l'immaginazione possono provocare interferenze e perturbare la lucidità mentale. Ciò nonostante, le idee e le credenze orientano l'uomo; i principi creano e orientano le istituzioni umane. Ma per raggiungere l'obiettivo è necessario utilizzare il "metodo" adeguato.

La stessa etimologia greca di questa parola indica il "cammino" (odòs) che deve essere percorso per arrivare "al di là" (met´), ovvero alla meta. Nella massoneria, il metodo assurge alla più alta categoria e alla massima efficacia, poiché di fatto costituisce uno dei suoi "principi", forse quello fondamentale, che sta alla base di tutti gli altri.

Proprio il metodo massonico costituisce uno dei motivi per cui la massoneria risulta essere incompatibile con la dottrina cristiana.

Il metodo massonico, strettamente legato alla concezione laicista, riflette il relativismo storico e conduce al relativismo socio culturale promuovendolo.

Alain Gérard, uno dei dirigenti del Grande Oriente di Francia riconosce che "la massoneria è solamente un metodo". Secondo lui, un massone può avere "opinioni", ovvero credenze proprie di una determinata religione, ma il metodo massonico lo obbliga a "porre in questione" le sue opinioni e ad accettare la possibilità che vengano dichiarate false o superate in una sintesi di ragioni più solide e con l'appoggio della maggioranza.

"Non esiste una vera discussione se prima si dichiara che, quale che sia il risultato della discussione, vi sono alcuni punti sui quali uno sarà sempre convinto di avere ragione", afferma.

Da quì l'allergia massonica ai dogmi e alle religioni dogmatiche e rivelate, specialmente a quella cristiana.

Da ciò discende anche il fatto che i massoni tendano a considerare la democrazia come un'opera della massoneria e il metodo democratico (l'approvazione a maggioranza dei voti) come qualcosa di connaturato alla massoneria, la quale lo estende a tutte le realtà, compresa la stessa verità, il bene, ecc.

L'attuale Gran Maestro del Grande Oriente di Francia, Jean Michel Quilardet, in una dichiarazione a "La Voz de Asturias" (20 gennaio 2007, Oviedo, Spagna) riconosce: "Si può pensare che esista una democrazia non laica (= non laicista, non massonica), ma a mio modo di vedere e secondo il mio pensiero, il laicismo è un progresso della democrazia". Di conseguenza i democratici che non sono laicisti o massoni, se sono democratici, lo sono di serie b.

I massoni sono una minoranza creativa. I cristiani anche?

Guerra: Evidentemente i massoni non monopolizzano la creatività. Anche se di natura diversa, essa è propria - e non in misura minore - anche dei cristiani, con l'aiuto della grazia divina e l'influsso dello Spirito Santo.

Per dimostrarlo basta ripassare la storia della Chiesa e del suo adattamento di evangelizzazione alle circostanze socio culturali così variabili nei duemila anni della sua esistenza. "Ecco non è troppo corta la mano del Signore" (Is 59,1) nei nostri giorni.

Quando pochi anni fa Giovanni Paolo II chiamava i movimenti ecclesiali "nuova primavera dello Spirito", "rinnovata Pentecoste", "dono particolare che lo Spirito offre alla Chiesa nel nostro momento storico", inizialmente io lo attribuivo alla sua grande bontà.

La persona buona, santa, non vede se non bontà in tutto, come l'avaro scorge il lucro e il lussurioso il piacere sessuale.

Quando poi ho dovuto realizzare lo studio "Los movimientos eclesiales en España" (Real Academia de Doctores de España, El estado de España, 2005, p. 80-94) e ho potuto scoprire la realtà, sono rimasto impressionato. Che creatività quella dei figli della Chiesa, mossi e ispirati dallo Spirito Santo, nei giorni nostri!

Come rimarrebbero la Chiesa e il mondo se i movimenti ecclesiali, le opere educative e assistenziali, ecc., sparissero come per incanto, lasciando una specie di gigantesco "buco nero" nella galassia ecclesiale e in quella socio culturale?

millenomi
26-11-07, 14:45
PAPA:CHIESA E' DEPOSITARIA DELLA VERITA', SENZA ARROGANZA
La certezza di fede che "Cristo e' Re dell'Universo" ma che ci salvera' solo attraverso la Croce, che e' "l'avvenimento centrale del cristianesimo" ma anche il massimo dell'umiliazione, per Benedetto XVI "esprime una sintesi di verita' e di fede cosi' potente che non possiamo non restarne profondamente ammirati". "La Chiesa - ha detto nell'omelia della messa celebrata in San Pietro con i 23 nuovi cardinali - e' depositaria del mistero di Cristo: lo e' in tutta umilta' e senza ombra di orgoglio o arroganza, perche' si tratta del dono massimo che ha ricevuto senza alcun merito e che e' chiamata ad offrire gratuitamente all'umanita' di ogni epoca, come orizzonte di significato e di salvezza". Secondo il Papa teologo, "il mistero di Cristo, Logos incarnato, morto e risorto, costituito Re dell'universo, non e' una filosofia e non e' una gnosi (cioe' una verita' elitaria), sebbene comprenda anche la sapienza e la conoscenza". "Come non provare - si e' chiesto nell'omelia di oggi - un empito di entusiasmo colmo di gratitudine per essere stati ammessi a contemplare lo splendore di questa rivelazione? Come non sentire al tempo stesso la gioia e la responsabilita' di servire questo Re, di testimoniare con la vita e con la parola la sua signoria?".

FONTE: LA REPUBBLICA http://www.repubblica.it/news/ired/ultimora/esteri/rep_esteri_n_2706771.html

Antiokos
28-11-07, 04:57
PAPA: CHIESA E' DEPOSITARIA DELLA VERITA', SENZA ARROGANZA:lol :D :-0008n

Da sbellicarsi dalle risate... già per l'affermazione in sè che la Chiesa sia la autoproclamatasi e presunta Depositaria della Verita' con la V maiuscola... ma mi stupirei che il Papa capo dei cristiani, e comunque un cristiano in genere, dicesse il contrario... è invece l'ilare aggiunta finale che mi ha spinto ad intervenire in questa discussione, quel:

"senza arroganza" che fa davvero ridere... per due ovvie ragioni:

La prima è che la stessa frase "la Chiesa E' Depositaria Della Verita'" è di per sè naturalmente arrogante solo gli Dèi conoscono per intero la Verità e solo un Dio potrebbe venire a dirti: "conosco per intero la Verità"; secondo la loro ottica al massimo dovrebbero dire: "per noi (e già quel "per noi" denoterebbe un tono meno assolutistico, che un cristiano non si può permettere evidentemente... perchè presuppone un "ma per gli altri potrebbe non essere così..." ma sarebbe troppa grazia...) Cristo è depositario della Verità ma noi ne conosciamo solo una parte, quello che ci è stato dato di conoscere".

Invece il cristiano è per sua natura arrogante, e in nome della presunta Rivelazione della presunta Verità (le maiuscole non sono mai casuali) i cristiani si sono permessi, da empi titanidi quali sono, di sostituirsi agli Dèi, di sentirsi, loro i "giusti", "il bene", legittimati ad imporre con la violenza, la coercizione etc. ad un intero mondo (l'ecumene euromediterranea antica e poi metà del mondo moderno) la loro personale "verità" ritenuta assolutisticamente l'Unica Vera, l'Autentica, ritenuta tale non per vera "Conoscenza" della Stessa ma per Fede, cioè per una presa di posizione arbitraria senza una Conoscenza reale... una cosa davvero Folle... in base alla Fede, arbitraria quanto cieca, si ritiene che le cose siano in un modo invece che in un altro, e si nega agli altri libertà di pensarla diversamente.

La seconda ragione a cui ho accennato sopra è appunto che la Storia ha dimostrato che i cristiani e la Chiesa furono Arroganti alquanto, fecero dell'Arroganza, del Fanatismo, della Violenza, della Coercizione, della Distorsione e dell'Ipocrisia le loro "virtù" cardinali... quindi quel "Senza Arroganza" oltrechè essere fuori luogo dopo la frase che lo precede, suona anche come presa per i fondelli... una negazione dell'evidenza... di quello che fu e di quello che è...


Collegato a queste considerazioni vorrei commentare queste frasi:


La certezza di fede:lol La "Certezza di Fede" è di per sè una contraddizione in termini... al massimo puoi avere la certezza che hai fede... (:D) ma quì il Papa intende che la Fede (intesa come la verità cristiana, da lui intesa come la Verità) è appunto per fede Certezza... Certezza non per Conoscenza ma per Fede... una cosa Folle...


che "Cristo e' Re dell'Universo"... Per Fede lui ci dice che è una Certezza che Cristo sia Re dell'Universo... è Folle per me che una persona ritenga con assoluta certezza per Fede... che un personaggio vissuto 2000 anni fa e di cui non si sa niente di certo (già a pochi anni dalla sua morte per giunta... le notizie erano confuse e frammentarie e frutto molto spesso di affabulazioni) che esso sia l'Unico presunto Re dell'Universo presunto Figlio del presunto Unico Dio...


ma che ci salvera' solo attraverso la Croce, che e' "l'avvenimento centrale del cristianesimo" ma anche il massimo dell'umiliazione, per Benedetto XVI "esprime una sintesi di verita' e di fede cosi' potente che non possiamo non restarne profondamente ammirati".Queste è solo la "sua" cristiana "verità", riguardo alla "Verità" con la V maiuscola e la Fede, e di come non possano andare a braccetto, mi sono già espresso. Posso solo aggiungere che è proprio ipocrita che loro che accusavano (calunniosamente) i Gentili di fare Sacrifici Umani (a Roma proibiti già dalle 12 Tavole...) basano la loro "Salvezza" su un macabro quanto grottesco e insensato sacrificio umano... del proprio figlio da parte di YHWE il dio geloso...
Proprio come il concetto di "idolatria" inventato dagli abramiti... è proprio vero che certe persone vedono negli altri ciò che loro stesse sono... i primi cristiani accusavano i Gentili di credere che le statue, dipinti e altre raffigurazioni fossero materialmente i loro Dèi, calunnia folle sempre smentita dai Gentili (che al massimo dicevano che le energie divine potevano pervadere i manufatti e renderli "magici" portatori di energie benefiche, di grazie etc. non mi dilungherò sulla Teurgia). Quando invece chi ha innalzato la pratica del feticismo per le reliquie furono proprio i cristiani... i Gentili vedevano con orrore la pratica dei cristiani di usare come amuleti e portare addosso pezzi di cadaveri di presunti martiri... ossa, denti etc... che poi come sappiamo alla fine girarono tanti chiodi della presunta "vera croce" (pochi sanno che le croci dei condannati venivano bruciate subito dopo l'uso....) da rifornire un'acciaieria... per non parlare di altri feticismi per icone e madonne piangenti sangue ancora fino ai nostri giorni...


"La Chiesa - ha detto nell'omelia della messa celebrata in San Pietro con i 23 nuovi cardinali - e' depositaria del mistero di Cristo: lo e' in tutta umilta' e senza ombra di orgoglio o arroganza, perche' si tratta del dono massimo che ha ricevuto senza alcun merito e che e' chiamata ad offrire gratuitamente all'umanita' di ogni epoca, come orizzonte di significato e di salvezza".:lol Certo, certo... "in tutta umilta' e senza ombra di orgoglio o arroganza"... mi sono già espresso a riguardo...

"[la Chiesa] e' chiamata ad offrire gratuitamente all'umanita' di ogni epoca"

:lol Si la Chiesa ha offerto gratuitamente colpi di spada e roghi... e certo in ogni epoca... vogliono continuare a tediarci? ma non credo che durerà ancora a lungo... se le profezie antiche si avvereranno la Chiesa scomparirà con la fine del Kali Yuga.


Secondo il Papa teologo, "il mistero di Cristo, Logos incarnato, morto e risorto, costituito Re dell'universo, non e' una filosofia [per i cristiani e per i moderni la Filosofia è mera astrazione mentale... non era così certo per gli antichi... ma concordo il Cristianesimo non è "Amore per la Sapienza"] e non e' una gnosi (cioe' una verita' elitaria), sebbene comprenda anche la sapienza [QUALE?] e la conoscenza [QUALE?]". "Come non provare - si e' chiesto nell'omelia di oggi - un empito di entusiasmo colmo di gratitudine per essere stati ammessi a contemplare lo splendore di questa rivelazione? [QUALE?] Come non sentire al tempo stesso la gioia e la responsabilita' di servire questo Re, di testimoniare con la vita e con la parola la sua signoria?".

FONTE: LA REPUBBLICA http://www.repubblica.it/news/ired/ultimora/esteri/rep_esteri_n_2706771.htmlLa Gnosi non è detto che sia sempre elitaria, di sicuro però agisce sull'interiorità del singolo e lo fa riappropriare della propria essenza divina, e inoltre è la Conoscenza di una o di alcune verità o della Verità (anche se non credo che alcun uomo possa conoscere la Verità intera), MA NON FEDE per una Verità (anche Elitaria), per il resto queste affermazioni:

"il mistero di Cristo, Logos incarnato, morto e risorto, costituito Re dell'universo[...] Come non provare - si e' chiesto nell'omelia di oggi - un empito di entusiasmo colmo di gratitudine per essere stati ammessi a contemplare lo splendore di questa rivelazione? Come non sentire al tempo stesso la gioia e la responsabilita' di servire questo Re, di testimoniare con la vita e con la parola la sua signoria?"
Per me equivalgono a quelle di uno che si stà facendo un trip dopo un cannone... :lol una Certezza della Verità attraverso la Fede in una presunta Rivelazione (della quale il senso è folle e anche poco chiaro... ma non starò a fare una disamina del cristianesimo...) avvenuta 2000 anni fa e che distorce tradizioni antiche che concordano in più parti del globo, queste sì meritevoli di ricevere Pistis/Fides (in senso Gentile e non cristiano, non acriticamente, dovresti aver inteso millenomi) sempre con l'anelito della Ricerca.

Saluti

Pax Deorum et Pleroma!

Antiokos

millenomi
28-11-07, 10:17
Pax Pleroma Antiokos,

Mica ho capito tanto bene cosa dovrei aver inteso o non aver inteso quando dici: (in senso Gentile e non cristiano, non acriticamente, dovresti aver inteso millenomi)

Visto che fra le altre cose ho seri dubbi che tu, io, e la Chiesa Cattolica coincidiamo nel definire cristiano.

Forse..forse.... Essendo la tua reazione speculare a quella della Chiesa Cattolica, per assurdo il tui intendere attorno al termine cristiano è lo stesso della Chiesa di Pietro..... :-)

Se hai tempo ed interesse, potresti darmi risposta o impressione su questi scritti: http://www.fuocosacro.com/pagine/gnosticismo/ANTIOCHIA.htm
http://www.fuocosacro.com/pagine/gnosticismo/questionegiovannita.htm

Cordialmente

Antiokos
28-11-07, 15:36
Visto che fra le altre cose ho seri dubbi che tu, io, e la Chiesa Cattolica coincidiamo nel definire cristiano.

Probabilmente la tua concezione del termine "cristiano" è differente rispetto a quella della Chiesa Cattolica visto che sei un simpatizzante dello Gnosticismo antico, secondo la tua ottica forse avrei fatto meglio ad usare il termine "cattolico", per come la vedo io non fa molta differenza. Dovresti conoscere come la penso, nel mio discorso non rientrava minimamente lo "gnostico" (che per te è forse il vero "cristiano"), lo gnostico ha un altro atteggiamento rispetto a quello da me criticato. Detto questo però non capisco cosa c'entri questo col senso della mia critica.


Forse..forse.... Essendo la tua reazione speculare a quella della Chiesa Cattolica

No millenomi, spero di non essere stato frainteso per il mio modo diretto di dire le cose, la mia reazione non è affatto "speculare a quella della Chiesa Cattolica", spero di non aver eccessivamente urtato la tua sensibilità con certe considerazioni nella parte finale che criticano i dogmi sulla figura del Cristo. Il punto non è cosa io, tu o altri possiamo pensare del Cristo, per me può essere benissimo stato un gran Maestro di Conoscenza, un uomo che raggiunse l'Henosis, o addirittura un Avatar (la cosa non mi turberebbe affatto) io ho criticato il procedimento, con cui si afferma per esempio (tra i tanti) che egli sia il "Re dell'Universo" e che questa sia una Certezza, sia la Verità, il tutto giustificato solo dalla Fede arbitraria e cieca e non dalla Conoscenza, dalla Gnosis, che viene, come da te sottolineato, rigettata da Ratzinger. Il mio intervento però non era volto solo a sottolineare come hai fatto tu, questa esclusione, bensì ad evidenziare la contraddizione tra quello che è stato da lui detto e quel "Senza Arroganza" che ripeto non solo appare fuori luogo per il semplice fatto che poco prima si asserisce che la CHIESA E' DEPOSITARIA DELLA VERITA' frase di per sè Arrogante, ma ho sottolineato anche che storicamente questa arroganza (che quì viene ipocritamente mascherata con un pietoso tentativo superficiale di apparire tolleranti, ma solo con un procedimento retorico, possiamo dire di più... che il Papa ha fatto la supercazzola... ma basta analizzare più da vicino e la stridente ipocrisia balza subito agli occhi...) si è manifestata chiaramente.

Ho anche detto quale secondo me avrebbe potuto essere una proposizione legittima, non assolutistica ma che ribadisse con forza la propria identità, la propria visione, senza ledere le altrui credenze, infatti ho scritto che sarebbe accettabile dire:

"per noi (e già quel "per noi" denoterebbe un tono meno assolutistico, che un cristiano non si può permettere evidentemente... perchè presuppone un "ma per gli altri potrebbe non essere così..." ma sarebbe troppa grazia...) Cristo è depositario della Verità ma noi ne conosciamo solo una parte, quello che ci è stato dato di conoscere"

Se Ratzinger avesse detto una cosa del genere cosa mai uno avrebbe dovuto ribattere? uno potrebbe avere un'altra visione delle cose, ma una dichiarazione del genere non sarebbe stata arrogante, semplicemente, al pari di altre religioni, si sarebbe detto quale secondo il proprio sentire sia la realtà delle cose, o meglio una parte, lasciando sempre aperte le porte della Conoscenza del Vero. Ratzinger invece dice che è CERTO per FEDE che la CHIESA E' DEPOSITARIA DELLA VERITA' con la V maiuscola, il tutto con quella aggiunta stridente: Senza Arroganza :rolleyes:

Io non ho affatto un atteggiamento speculare, da me sentiresti questo:

"Per me le tradizioni Gentili rappresentano meglio di altre la realtà delle cose, anche se TUTTA la VERITA' nessuno la conosce con certezza e non è contenuta tutta in una sola religione a discapito delle altre che ne sarebbero sprovviste (tipo Romana contro Gallica, per esempio), anzì le Religioni Gentili rappresentano un'unica Weltanschauung che secondo me è sostanzialmente veritiera".

L'unico esclusivismo che potresti riscontrare è il mio (come di altri) vedere legittimamente e giustamente una opposizione insanabile tra Religioni Gentili e Religioni Abramiche, o sono vere le une o sono vere le altre, anche se taluni aspetti veritieri si possono rintracciare anche in esse (ma affrontare questa tematica sarebbe troppo lungo, come anche affrontare in questa sede una critica al perennialismo). E ti direi anche che pur ritenendo le abramitiche fuorvianti che non nego che persone cristiane, islamiche o quant'altro possano aver raggiunto a loro modo attraverso quelle vie (per me impervie) , la realizzazione.

Ma se vuoi poi continueremo.

"Non si può arrivare a un mistero tanto grande attraverso un'unica via!"

(Simmaco)


per assurdo il tui intendere attorno al termine cristiano è lo stesso della Chiesa di Pietro..... :-)

Io ho usato il termine cristiano per quello che si è manifestato nella sua corrente diventata (come lo sappiamo...) principale, non mi si può biasimare per questo... io critico quel "cristiano", tu sei gnostico lo capisco e intendi "cristiano" in un'altra maniera, ma converrai che ciò non sposta di un millimetro il senso dei miei discorsi, è solo una puntualizzazione di termini, uno dei quali tu usi in maniera diversa.


Se hai tempo ed interesse, potresti darmi risposta o impressione su questi scritti: http://www.fuocosacro.com/pagine/gnosticismo/ANTIOCHIA.htm
http://www.fuocosacro.com/pagine/gnosticismo/questionegiovannita.htm

Cordialmente

Ci guarderò con piacere.

Saluti :-:-01#19

millenomi
28-11-07, 17:01
Carissimo,

Dal mio punto di vista, estremamente minoritario, il cristianesimo non è un fiore ma bensì un campo di fiori. Alcuni belli, altri profumati, altri colarti, alcuni con grazia, e altri decisamente poco attraenti. Malgrado ciò ognuno di essi, chi più chi meno, ha diritto e dovere di abitare nel campo. Con buona pace vanno tollerati anche i molti che ritengono di essere i soli, e pretenderebbe di seccare le altri radici, irrorando il campo di veleni.

Non vorrei tediare, e per questo sarò brevem ma personalmente ritengo che il "cristianesimo" sia solamente uno dei nomi, di una tradizione solare che precede in linea e profondità il fatidico anno zero. Del resto lo stesso nome cristiano, se avrai pazienza di leggere, ha conio in ambiente assai "sospetto" e "tardivo" rispetto a detto mito anno. Sempre il sottoscritto neppure si pone il problema della storicità di Gesù, non confondendo fra i due fenomeni, e fra l'intesità dei due fenomeni.
Però...... Ritengo che distinguere il cattolicesimo e la chiesa istituzione, dal cristianesimo sia tradizionalmente fondamentale. La prima rappresenta una religione, forgiata da questioni politiche ed economiche; il secondo una forma spirituale anche da cui la prima ha tratto sussistenza.
Regalare alla Chiesa il monopolio del termine cristiano, solamente perchè essa pretende di monopolizzarlo; è come regalare la corda e il bavaglio al ladro penetrato nella nostra casa. Troppa grazia.........

La questione delle religioni abramitiche è pertinente, ma lo è nella misura in cui noi identifichiamo l'ebraismo e l'islamismo come frutti diretti di una sfera religiosa; e non di una sfera spirituale gerarchicamente ad essa superiore.

Il Dio del fare della genesi, non è il Dio del Logos di Giovanni. Nel secondo ben chiaro è il concetto filosofisico delle ipostasi, del Nous, della gradizione dell'Intelletto. Temi assai cari a quelle scuole che trovano nella Tradizione Solare la propria radice.

Che poi un insegnamento "iniziatico", sia stato malamente raccolto in una tradizione religiosa, e che questa si sia arrogata la Verità confondendo il piano delle Immutabili Idee, con il piano del Mutevole Fare; attiene a quel triste bisogno delle pecore di aver pastore, e del pastore di avere le pecore. Deprecabile nel momento in cui il pastore, utilizza il bastone per colpire tutto ciò che si muove.

Islam ed Ebraismo sono gemelli ombrosi separati alla nascita (la narrazione di Isacco e di Ismaele è lampante), ma il cristianesimo non nasce come religione; ma è una religione che si forma travisandolo.

Detto ciò non ho nessuna suscettibilità in frantumi, oramai è fatto l'abitudine a vivere in una ridotta molto esigua...

Solamente proprio non capivo il senso di: (in senso Gentile e non cristiano, non acriticamente, dovresti aver inteso millenomi)

Sarà la mia età....

Cordialmente

Antiokos
28-11-07, 18:36
Pax Pleroma Antiokos,

Mica ho capito tanto bene cosa dovrei aver inteso o non aver inteso quando dici: (in senso Gentile e non cristiano, non acriticamente, dovresti aver inteso millenomi)


Carissimo,

Detto ciò non ho nessuna suscettibilità in frantumi, oramai è fatto l'abitudine a vivere in una ridotta molto esigua...

Solamente proprio non capivo il senso di: (in senso Gentile e non cristiano, non acriticamente, dovresti aver inteso millenomi)

Sarà la mia età....

Cordialmente

Pax Deorum et Pleroma millenomi!

Interessanti considerazioni millenomi, le quali commenterò più avanti.

Preso atto della piccola incomprensione dovuta all'uso di un diverso registro terminologico, ti spiego cosa intendevo:

La Fede "cristiana", nel senso comune del termine da me usato, ma che ora per rispetto al tuo sentire rettificherò con "cattolico" o semplicemente "della Chiesa" (cattolica, come anche di quella ortodossa, ma anche di altre) è Fede arbitraria e cieca, con essa si pone fiducia in un presunta Rivelazione (che rappresenta una rottura con le tradizioni precedenti, almeno nel modo in cui è stata tramandata e si è sviluppata nel corso del tempo) tramandata da uomini terzi (in maniera poco chiara), Fede cieca e acritica verso una presunta Verità assoluta. Ogni cosa viene giustificata da un Atto di Fede, non da una Ricerca del Vero, non dalla Conoscenza, dalla Gnosis.

La Pistis/Fides intesa dai Gentili è Fiducia nelle Superiori Entità Divine e nel Sacro tutto, ma non in senso di "credenza" acritica, "dogmatica", essa è inestricabilmente unita alla Ricerca del Vero e all'Esperienza Diretta, alla Conoscenza, alla Gnosis, inoltre il Gentile ha Pistis non perchè "crede" negli Dèi, il problema non si pone neanche per un Gentile, il Gentile Sà già naturalmente che gli Dèi esistono, li percepisce nella sua interiorità e nella Realtà che lo circonda, ha Pistis bensì nel rapporto di Synpatheia e di Philìa che c'è con le Entità Superiori, tra Uomini e Dèi, da quì il concetto fondamentale di Pax Deorum Hominumque.

Il "cattolico" invece crede in ciò in cui la Chiesa insegna ma lo fa per Fede (nel senso appunto ormai comune) fiducia acritica, se ne vuole autoconvincere ponendo fiducia in intermediari autoproclamatisi tali e auto insignitisi portatori di una presunta Rivelazione che loro non possiedono per Gnosis ma sempre perchè acriticamente ci credono come verità preconfezionata da altri, senza un riscontro diretto... una tale tipo di Fede sarebbe giustificata solamente se il portatore di tale Rivelazione fosse davvero un Dio sceso dal cielo, e in virtù dell'evidenza "oculare" uno constatasse l'evidenza, ma negli scritti antichi ci viene detto che anche in quel caso gli Dèi vogliono che l'uomo usi la ratio anch'essa divina, famoso il dialogo sul sacrificio tra Giove e Numa (vedere la differenza abissale e paradigmatica con il dialogo tra Abramo e YHWE, dove Abramo obbedisce ciecamente alla richiesta di sacrificio di Isacco, suo figlio, YHWE voleva solo sapere se Abramo gli avrebbe obbedito ciecamente) Giove vuole invece che Numa si opponga alle sue richieste irragionevoli, per dare prova così di Saggezza, non vuole affatto che gli obbedisca ciecamente.

Chiamato dal re, Giove discende sull'Aventino dove, a detta di Ovidio, la terra addirittura si abbassa sotto il peso del Dio. Anche se intimoritodalla divina presenza, lo scaltro Numa chiede a Giove come placare il fulmine, ottenendo dapprima una riposta sibillina e inquietante.
- Taglia una testa - sentenzia infatti Giove.
- Taglierò una testa di cipolla cavata dei miei orti - interpreta allora Numa, celebre per essere un uomo mite.
- Una testa d'uomo - precisa il dio nel tentativo di mettere il re in difficoltà.
Numa non si lascia imbrogliare e replica:
- Taglierò allora la cima di un capello -
Giove insiste, chiedendo al re il sacrificio di una vita.
- Ucciderò un pesce…- risponde caparbio Numa.
Giove, per nulla offeso, ride dell'arguzia del re che per niente al mondo vuole concedergli un sacrificio umano e gli rivela il rituale segreto da compiere per difendersi dai fulmini.
Ai romani increduli, Numa dimostra, il giorno successivo, di aver ottenuto la grazia di Giove invocando il dio davanti alla folla riunita.

[da: http://web.tiscalinet.it/romaimperiale/milleunafavola/favola2.html]

Oppure i dialoghi tra Athena ed Odisseo nell'Odissea:

"E' ella stessa [Atena] a dirci che è il valore dell'eroe ad attirarla e non la buona volontà o la dedizione alla sua persona. Gli uomini che possono contare meglio e più sicuramente su di Lei non le offrono nessuna venerazione particolare, e sarebbe del tutto inimmaginabile che ella potesse motivare il suo favore con l'obbedienza esemplare del suo protetto. Nel famoso dialogo con Odisseo (Odissea 13, 278 sgg), nel quale Atena si da a conoscere come Dea, ella risponde ai lamenti dell'eroe confidandogli di non essersi mai dimenticata di lui e dichiara espressamente che è lo spirito superiore del suo prediletto ad esserle caro e a legarla tanto saldamente a lui. La Dea dagli occhi chiari non poteva essere lontana da colui che è il più assennato ed astuto degli uomini. E quando quest'uomo tanto provato non vuol credere neppure alla Dea che lo rassicura essere giunto davvero a Itaca, ella non pensa affatto di sentirsi offesa nella sua sacra persona, e non si sdegna col dubbioso; si rallegra invece della nuova prova della sua vigile prudenza, e confessa che appunto per ciò non lo abbandonerà."

Tratto da Walter Otto "Gli Dèi della Grecia" ed. Adelphi edizione 2004 pag.236-237 (un grazie alla mia Associazione, Gentilitas)

millenomi
29-11-07, 08:14
Carissimo Antiokos,

Ovviamente non posso che concordare con questa tua osservazione particolare, anche se converrai può essere estesa ad ogni uomo in cui la fede prevarica la ragione e il senso del relativo. La storia dell'uomo abbonda di esempi in cui la religione è stata vissuta non come elemento di appartenenza e di riconoscimento, ma come elemento di distinzione e separazione. Anche la storia dell'India è purtroppo costellata di scontri di religione, e purtroppo a parte rarissi casi (I Mandei ad esempio) non intravedo purezza assoluta fra il pensare, il credere e il fare.

Ovviamente la mia prospettiva, e immagino anche la tua, è più quella di colui che "percepisce" delle Idee Immutabili, e come queste Idee nel momento in cui si incarnano nel mondo del quaternario trovano difettosa applicazione. Non perchè fallaci e caduche, ma in quanto fallace e caduco il quaternario. Ecco quindi l'errore: il ritenere questo piano assoluto, permanente, e non solo retto ma identica riproduzione del piano superiore.

Cos'è la Verità? La verità è un "ente" che va raggiunto, un tendere all'infinito, e non un "qualcosa" che va applicato.

Che la Chiesa Cattolica nei millenni abbia "tradito" il messaggio cristico è evidente, per tutte le persone dotate di senso critico; anche se questo (a mio avviso, e quindi sicuramente sbaglio) non deve automaticamente tradursi in un conflitto di menti, cuori, ed energie.

Se la Chiesa trova conforto in Gesù (personalmente neppure mi pongo il problema della storicità di Gesù), allora è la Chiesa stessa che non pone in pratica i suoi insegnamenti.

La "setta" (Dal latino dividere, sectare) degli apostoli si muoveva per il mondo a diffondere in povertà e comunitarietà il messaggio, attraverso l'imposizione delle mani, del battesimo, e dell'Agape. Parlando da uomini a uomini, e non attraverso il battesimo infantile. Non esisteva una casta sacerdotale, gli apostoli non erano sacerdoti ma alfieri, l'istituzione del sacerdozio e della gerarchia sacerdotale è successiva, così come l'ibridazione di una forma spirituale con una forma religiosa derivata dal ceppo di abramo (con tutto quanto deriva da tale operazione grossolana), ancora possiamo osservare la segregazione della donna.... ecc.. ec...e.

Cordialmente

millenomi
29-11-07, 13:30
> La Fede "cristiana", nel senso comune del termine da me <usato, ma che ora
> per rispetto rettificherň con "cattolico" o <semplicemente "della Chiesa"
> (cattolica, come anche di <quella ortodossa, ma anche di altre) č Fede
> arbitraria e cieca,

Pax Pleroma,

Vi e qualcosa di sottile che accomuna le varie Chiese-Cristiane, ed e che
esse trovano la propria radice in Pietro e negli Apostoli, intesi come
gerarchia sacrale e sacerdotale. Da cio abbiamo un ordinamento, ed essendo
il divino per sua stessa natura, manifesto per effetto e non per Ente, il
collante di tale ordinamento e la "fede". Abbiamo qui la presenza di una
gerarchia, di un potere presunto o reale detenuto da essa, e la necessaria
sudditanza di un popolo di fedeli. La questione quindi e forse piu ampia:
una fede del genere, necessita della scissione con il relativo. Se la verita
non e Unica e non e detenuta dai sacerdoti, allora perche essere fedeli ? E'
una questione di logica.

<con essa si pone fiducia in un presunta Rivelazione (che <rappresenta una
rottura con le tradizioni precedenti, almeno <nel modo in cui č stata
tramandata e si č sviluppata nel corso <del tempo) tramandata da uomini
terzi (in maniera poco <chiara),

Seppur convengo a grandi linee, mi premunisco pero di meglio esplicitare il
mio pensiero. Personalmente non concordo sull'unicita della Tradizione; o
meglio non concordo che tutte le tradizioni iniziatiche e religiose siano
espressioni di questo Bindu Spirituale. Del resto, dovresti ben saperlo,
sotto il profilo tradizionale e proprio questo assioma che e stato
utilizzato per considerare le tradizioni monoteiste lecita e giusta
continuanzione arachica (nel senso di raccolta) delle tradizioni precedenti.
Preferisco soffermarmi su di una gerarchia delle tradizioni, che pone alcune
proiettate/ed espressione di una rivelazione quaternaria, e altre
proiettate/ed espressione di un Ente Immanifesto. A tale categoria attiene
la tradizione solare, e il suo perdurare attraverso i culti del fuoco, lo
zoroastrismo, il mandeismo, Apollo, Orfeo, lo gnosticismo Alessandrino....

<Fede cieca e acritica verso una presunta Veritŕ assoluta. Ogni <cosa viene
giustificata da un Atto di Fede, non da una Ricerca <del Vero, non dalla
Conoscenza, dalla Gnosis.

Fede e Gnosis non devono essere disgiunte. Il problema di fondo e che nella
Chiesa la Gnosis sussiste ma e appannaggio della casta sacerdotale, mentre
al popolo e riservata la fede in vuoti simboli.

> La Pistis/Fides intesa dai Gentili č Fiducia nelle <Superiori
> .............

Carissimo Amico, mentre io ben comprendo cosa tu intendi per "GENTILE",
dovrai concordare che sotto il profilo divulgativo dobbiamo concordare che
non tutto lo spirito politeista, o pagano si palesa in un'adesione e
riconoscimento fiduciario in un Divino manifesto nella Creazione. Anche i
tempi antichi ci ricordano che vi erano verita per taluni (Filosofi ed Eroi)
e verita per il popolo.

<vedere la differenza abissale e paradigmatica con il dialogo <tra Abramo e
YHWE, dove Abramo obbedisce ciecamente <alla richiesta di sacrificio di
Isacco, suo figlio, YHWE <voleva solo sapere se Abramo gli avrebbe obbedito
<ciecamente) Giove vuole invece che Numa si opponga alle <sue richieste
irragionevoli, per dare prova cosě di Saggezza, <non vuole affatto che gli
obbedisca ciecamente.

YHWE e cabalisticamente, alchemicamente, storicamente, la somma massima del
"quaternario", del "fare" secondo una logica di azione unilaterale. La
storia dell'Antico Testamento e testimone di cio; come e "RICORDO"
nell'affermare che tale divinita e quella esclusiva del popolo ebraico;
senza escluderne altre. Il sacrificio di Isacco, il sangue genitale,
l'appartenenza carnale e riconducibile ad un dio totemico, piu che ad un Dio
Universale.
Quantunque ibridato il Dio cattolico e diverso. E' ibrido in quanto da Ente
(Brahman) e stato ridotto a Dio (Ishvara)...

A noi interessa sicuramente l'Ente, no giudichiamo chi ama il Dio, ma
neppure da essi vogliamo essere giudicati.... (ovviamente parlo degli altri
cristiani)

Ichthys
22-12-07, 00:43
PAPA:CHIESA E' DEPOSITARIA DELLA VERITA', SENZA ARROGANZA

Ma se non sanno nemmeno se il Limbo esiste o no! :-0008n

millenomi
28-12-07, 17:58
Successo al cinema della fiaba “Come d’incanto”, che ripropone il mito di Biancaneve in chiave moderna


Certo la Chiesa Cattolica si sente assediata dallo gnosticismo... Che sia una paranoia ?

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Natale è tempo di fiabe al cinema. Quest’anno, quella familiare, semplice e ricca di fantasia proposta dall’ultima pellicola prodotta dalla Walt Disney Come d’incanto supera decisamente per incassi e favori del pubblico la cupa e farraginosa vicenda cripto-gnostica de La bussola d’oro. Il servizio di Luca Pellegrini:

(Musica)

Nei giorni del Natale portiamo con noi molti dei ricordi della nostra infanzia, quelli che hanno caratterizzato la Santa Notte, il presepe e i regali, la Messa in ora tarda e il pranzo nel giorno della festa, spesso con le famiglie riunite e i piccoli per protagonisti. Sono giorni anche di vacanza: si cerca il riposo, si cerca lo svago. E il cinema ne può essere un ottimo strumento. Si possono vivere momenti di vero incanto, come in un film che già nel titolo riecheggia la ricchezza della fiaba e l’intelligenza della storia: avviene quando due mondi antitetici, quello del cartone animato e quello della realtà, si intersecano e si scambiano i personaggi. Questa volta, nella divertente e coloratissima pellicola di Kevin Lima, “Come d’incanto”, piena di splendide musiche, campione di incassi in America e in Italia – a sottolineare che dopo tanta violenza è l’evasione pura e il divertimento familiare e per tutti a richiamare l’interesse del pubblico – il mito di Biancaneve viene a sconvolgere una già sconvolta, rumorosa e frenetica New York: una principessa viene fatta precipitare da una matrigna cattiva in quel mondo, ossia il nostro, dove raramente le storie terminano con il classico “e tutti vissero felici e contenti”. Questa volta, però, le cose stanno diversamente, con veri topolini e colombe che aiutano la disorientata ragazza, con un bel principe azzurro a combattere il traffico caotico della metropoli americana, con una splendida ragazzina che sente il richiamo del mistero che ogni fiaba porta con sé, con un vero drago e veri incantesimi e un lieto fine di straordinaria freschezza e fantasia. Trionfo dei veri sentimenti, insomma, e certezza per le aspettative di chi, nel cinema, cerca il sorriso, quello proprio e dei figli. Il Natale è anche questo: non trovarsi abbagliati da pseudo-fiabe presuntuose, algide e affette da un cripto-gnosticismo, come quella proposta da “La bussola d’oro”, tratta dal primo capitolo della criticata trilogia di Philip Pullman, tacciato – e non senza ragione – di critica anti-cattolica, ma ribadire le esigenze di una cultura del divertimento che asseconda i sogni anche dei più grandi, quelli che nel mondo faticano, ben lo sappiamo, a “vivere felici e contenti”: difficile, ma non impossibile.