seruzzi70
04-06-07, 15:15
CI sono moltissimi motivi per essere orgogliosi della Lazio, a cominciare dal più lapalissiano: partiti per salvarsi dalla retrocessione i biancocelesti hanno chiuso il campionato al terzo posto nonostante l’handicap di tre punti di penalizzazione. Poi, nell’ordine: seconda miglior difesa (33 gol subiti, solo la Fiorentina ha fatto meglio); quarto attacco (dopo Inter, Roma e Fiorentina); terzo posto per numero di vittorie fuori casa (8); striscia di otto vittorie consecutive. Ah, dimenticavo: last but not least, specie per i tifosi, l’esser stata l’unica squadra, in Italia e in Europa, a far polpette della Roma nel doppio confronto diretto, 4 punti su 6 conditi da un indimenticabile 3-0 nel derby di andata. Alle cifre aggiungerei motivi d’orgoglio, diciamo così, estetico. Gran bel gioco, innovativo, per larga parte della stagione. Comportamento in campo sempre corretto, pur se la storica abitudine degli arbitri a far da ducetti ai danni degli aquilotti si è tradotta in un numero record di cartellini rossi e gialli oggettivamente non rispondenti né al reale modo d’essere della squadra né alla filosofia del gioco voluto da Delio Rossi. Comportamento fuori campo rispettoso dei valori – sportivi e civili – di cui la Lazio è culturalmente portatrice. Un bilancio, insomma, che definire positivo sarebbe riduttivo. Ma che presenta pure qualche oggettiva ombra su cui sarebbe errato sorvolare. Tanto per cominciare, al netto delle penalizzazioni il terzo posto sarebbe diventato il quinto, perché sul campo anche la Fiorentina (8 punti) e il Milan (4) hanno fatto meglio della Lazio. I biancocelesti hanno totalizzato 65 punti «reali», cioè appena 3 in più dell’anno precedente. Tutto lascia dunque credere che nonostante Lotito sia stato il presidente che più di ogni altro aveva investito sul mercato, senza Calciopoli di mezzo i progressi qualitativi non si sarebbero tradotti in «quantità», perché con la Juve in Serie A e senza alcun handicap la Lazio avrebbe ripetuto il sesto posto del 2005-2006. Poi ci sono state le 9 sconfitte (troppe) e la precocissima eliminazione dalla Coppa Italia. Il tutto condito da una ricorrente difficoltà a concretizzare il gioco quando le avversarie concedevano poco spazio. È dunque evidente che il difficile viene adesso, perché quest’aver miracolosamente spostato l’asticella verso l’alto renderà molto più arduo scavalcarla nel 2007-2008, quando non solo la Lazio potrebbe essere zavorrata dal peso di una Champions League da disputare a metà settimana ma in campionato ci saranno, al posto di Chievo, Messina e Ascoli, delle potenziali ìgrandi” quali la Juve, il Napoli e il Genoa. In soli tre anni Lotito ha portato nell’Europa che conta una società che Mancini e soci avevano ridotto sull’orlo del fallimento. Ha già dimostrato di saper cavare il sangue dalle rape, guadagnandosi il rispetto di tutti, anche di chi lo aveva accolto con diffidenza o addirittura schernendolo. Adesso però deve compiere il capolavoro di coniugare rigore e creatività anche ad altissimo livello, facendo davvero diventare la Lazio il prototipo del calcio di domani, di un calcio reso migliore dalla rinuncia agli sprechi, agli eccessi e alle furbizie e dal recupero dei genuini valori dello sport.