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Visualizza Versione Completa : Grazie Gigi Rombo di Tuono



seruzzi70
23-07-07, 22:34
Luigi Riva detto “Gigi” (Leggiuno, VA, 7 Novembre 1944). Calciatore Italiano ritenuto da molti esperti di Calcio il più grande attaccante italiano del dopoguerra. Vive tuttora a Cagliari.

Ala sinistra, di lui si ricorda soprattutto il fiuto del Goal e la potenza di tiro del suo piede sinistro, tanto da essere soprannominato Rombo di Tuono dal giornalista Gianni Brera
Cresce e si afferma nel calcio professionistico italiano, dopo aver iniziato la carriera a Legnano in serie C (esordio il 21 ottobre 1962Legnano-Ivrea 3-0), con la maglia del Cagliari, esordendo nel campionato di serie A il 13 settembre 1974 nell'incontro Roma-Cagliari (2-1).
Indosserà la maglia rossoblù fino al termine della carriera (maggio 1976), a seguito di un infortunio, divenendo una sorta di leggenda per l'intera regione sarda. Col Cagliari vinse lo scudetto 1969/70e conquista per 3 volte il titolo di capocannoniere.

L'esordio con la nazionale avviene il 27 Giugno 1965 a Budapest in occasione dell'amichevole Ungheria-Italia 2-1. All'ottavo minuto del primo tempo Riva sostituisce Pascutti, infortunatosi. Segna il primo dei suoi 35 goal con la maglia azzurra nella sua quarta partita in nazionale, a Cosenza nel corso dell'incontro di calcio Italia-Cipro (5-0). Il suo periodo migliore con la maglia della nazionale è sicuramente il triennio 1967-1970 in cui segna 22 gol in 21 partite, stabilì un record segnando in sei presenze consecutive (3 a Cipro, 2 alla Svizzera, poi un altro agli elvetici, 1 alla Jugoslavia, 1 al Galles e 2 al Messico). Divenne campione d'Europa nel 1968 in cui giocò solo la finale di ripetizione (la prima partita era finita 1-1 dopo i supplementari) e segnando il gol del vantaggio azzurro dopo solo 12 minuti di gioco (la partita terminò 2-0). 2 anni dopo si presentò al mondiale 1970 con lo score di 19 gol in 16 partite in nazionale, tuttavia l'altitudine e il caldo gli causeranno parecchi problemi e fastidi, non segna neanche un gol nelle tre gare del primo turno, si riprende segnando due gol nei quarti di finale e uno stupendo gol nella leggendaria semifinale, non andò a segno in finale. La sua ultima partita in azzurro è datata 19 giugno 1974 quando a Srtoccarda si giocò Italia-Argentina 1-1 per il Mondiale 1974
Gigi Riva detiene il record di goal realizzati in nazionale: 35 in 42 partite. In occasione delle qualificazioni per il Mondiale 1974 il 31 Marzo 1973 a Genova durante la partita Italia-Lussemburgo 5-0 fu autore di 4 reti.



« A Gigi Riva il piede destro serve solo a salire sul tram »

(Manilo Scopigno, allenatore del Cagliari 1969/70)


Luigi Riva - ha scritto Gianni Brera - ha la forma mentis e la struttura fisica
dell'eroe, come ci ha insegnato a vederle la storia, non solo quella sportiva.

seruzzi70
23-07-07, 22:36
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video del ritiro della maglia n°11, donata a Gigi Riva, grande riconoscimento per un grande giocatore

seruzzi70
23-07-07, 22:46
1967/68 Nazionale:----Campione d'Europa
1970 Nazionale:------Vicecampione del mondo
1969/70 Cagliari:-----Campione d'Italia con il Cagliari
1966/67 Cagliari:----Capocannoniere Serie A (18 reti)1968/69 Cagliari:----Capocannoniere Serie A (20 reti)1969/70 Cagliari:---Capocannoniere Serie A (21 reti)1969 Cagliari:-Secondo classificato nel Pallone d'Oro
1970 Cagliari:---Terzo classificato nel Pallone d'Oro
Nazionale:---Attuale capocannoniere (35 reti)

seruzzi70
23-07-07, 22:47
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video celbrativo

seruzzi70
23-07-07, 22:50
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il 3-2 marchiato Gigi Riva del celebre Italia Germania 4-3 del mondiale 1970

seruzzi70
23-07-07, 22:52
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La rovesciata di Vicenza Cagliari considerata il 2° più bel Goal del XX secolo!!!

p.s. La qualità non è delle migliori, purtroppo SKY in quel periodo non c'era ;)

Plùminus (POL)
25-07-07, 00:08
Hai ragione, parlando di Riva non si riesce a non citare Gianni Brera.
Un giornalista aedo, per un calciatore eroe.




LAMENTO PER RIVA
di Gianni Brera


La notizia del grave incidente occorso a Luigi Riva mi è discesa nell'anima a tradimento, come un'amara colata di assenzio. Istintivamente ho riudito i lamenti di Lorca ("que no me dejas veerlo") per il suo amico Ignacio riverso nell'arena. Egli stesso, con voce roca ma ferma, si è raccomandato che non ne facessimo un dramma. Era però Luis Riva l'atleta grande e famoso che aveva pudore di mostrarsi per una volta, debole come gli altri, lui che della vita ha il concetto tragico di chi ha dovuto forzare il destino.

Proprio io, tra i primi, l'avevo visto sbozzarsi a fatica da un ossuto traccagno del mio paese lombardo. Fasci di muscoli guizzavano imperiosi fuor dell'impianto rozzo e quasi greve. Non molti lo capirono e dovette emigrare. Lo fece bellissimo l'esercizio, peraltro scavandolo a vantaggio di prominenze decisamente michelangiolesche se non addirittura barocche. Nonché esaltarsi di questa nuova realtà della sua vita, egli era fatto cauto dal ricordo di troppe miserie vissute e sofferte a Leggiuno. Ancor oggi lo vedo sollevarsi da un bulicame confuso e informe di vittime predestinate alla fame e all'umiliazione. Si è ribellato come usano i romantici e gli eroi, troppo facilmente apparentati con quelli. Nel suo viso incavato erano scritti infiniti ricordi di dolore. Nessun pericolo ha mai potuto arrestarlo. Ha sempre considerato possibili le acrobazie più temerarie, tanto più temibili e pericolose in quanto più vicine all'arcigna durezza della terra.

Spiriti meschini hanno talora fraintese le sue prodezze attribuendole al caso. Altri hanno ignorato la virile bellezza dell'atleta rifugiandosi nel molle decadentismo degli esteti. Inconsciamente e no abbiamo lottato per lui in Italia con i ricordi non proprio estinti degli evirati cantori. Certo, i miaulii dei fighetti seducono più dell'urlo vibrato, non umiliano i deboli al paragone. Rombo di Tuono, io dissi un giorno per quasi incredulo entusiasmo, e trovai memoria di un re Brenno nel nostro etnos più antico. Anche Brenno, come lui, era comacino: ma Luis non era mai nato nel nostro calcio, costituiva fenomeno nuovo nuovissimo, sicché qualcuno esitava, poco riconoscente, a indicarlo quale degno erede di Silvio Piola, lui pure di sangue lombardo.

Piola era giusto di piede rozzo come il suo: ben altro però li doveva rivelare alla grandezza sportiva: innanzi tutto il coraggio, poi la potenza atletica, l'impeto generoso, la quadrata rudezza del carattere. Quel tanto di più armonioso ed equilibrato che era nel gesto di Piola diventava in re Brenno squassante potenza, irruente immagine di aggressione e fors'anche di rapina. Le frustrazioni subite nell'infanzia gli impedivano ogni forma di prepotenza morale. Nessuno più di lui era disposto a capire gli umili. Pensandoci bene, nella sua fuga in Sardegna era improrogabile voglia di riscatto, direi di evasione nel sacrificio, e quindi fatalmente nel dolore.

Parlava di calcio come di un lavoro: non si e mai consentito il piacere di chiamarlo gioco: l'edonismo non era contemplato nella sua natura di ribelle che sapeva le umiliazioni dei vinti. Forse è subito piaciuto ai sardi perché anche loro sembrano mossi da un folle e talora persino torvo eroismo fuori del tempo. I sardi vedevano in lui il campione, l'eletto che doveva riscattarli di fronte a una storia matrigna. L'hanno benvoluto e adottato prima che lo assalisse la nostalgia. Divenuto in pochi anni uno dell'isola, si è sottratto quasi del tutto ai crudeli complessi d'un'infanzia troppo a lungo umiliata nell'indigenza.

Per quanto impegnato sulla parola a essere suo biografo, ho durato fatica a capire io stesso perché non lo allettasse un ritorno in Lombardia. Gli offrivano ingenti ricchezze e ovviamente onori tifo amicizie importanti. Preferiva rifugiarsi in casa di pescatori cagliaritani. Scopriva gli agi come glieli andava offrendo la natura, ancora per poco autentica in Sardegna. Vederlo stritolare e succhiare chele di aragosta era un godimento che sapeva fors'anche di vendetta. I suoi amici sardi annuivano ridendo con i loro antichi visi di berberi. Senza saperlo, certo, si sentivano uniti dal sangue. Berberi erano anche i leponti che avevano popolato i laghi lombardi: da noi, in Italia, venivano chiamati liguri; ma tornare in Lombardia lo spaventava troppi fantasmi sgradevoli, ancora, sotto il suo cielo.

Quando ho conosciuto Riva, ho quasi subito intuito il suo drammatico destino e puerilmente mi sono sforzato di esaltarlo nel favoloso. Re Brenno è diventato Rombo di Tuono perché l'iperbole si addiceva ai suoi prodigi di atleta. Considerando lavoro, dunque sofferenza, il gioco del calcio, mai si e lagnato del proprio dolore fisico. Due volte ha offerto quel che aveva di più necessario nel suo mestiere (per mera auto?ironia precisavano i suoi agiografi che aveva dato due gambe alla patria pedatoria). Ora parole grosse non vorrei dirne, esattamente come piace a lui: però non esistono nello sport altri esempi di dedizione pagata a cosi caro prezzo. Ed è sempre risorto obbedendo a una volontà che doveva anche dare sgomento ai troppi pusilli italiani. Non basta dire che l'aiutava l'agonismo a evadere dal suo difficile passato di privazioni. In effetti eravamo in presenza dell'eroe. Non commuovi un pastore accennando a gesti solamente vezzosi; non incanti a parole il vecchio incallito uomo di sport.

In Italia, dove tanto scarseggia, sul coraggio si preferirebbe scivolare con discrezione di comodo. Nossignori, che dobbiamo distinguere l'uomo dal piccolo barlafuso imbroglione, l'atleta che conosce il sacrificio generoso dal furbo fregnoncino capace di fingere e infinocchiare! Certi spettacoli di calcio, in Italia, rasentano il fescennino burlesco, talché si potrebbe dire che a nobilitarli sia soltanto la ferocia dei meno bravi, il loro disperato e impietoso "struggle for life". Ma quando Rombo di Tuono distendeva le sue poderose falcate, nessun gesto poteva mai scadere a parodia agonistica. La qualità del suo lavoro appariva rozza soltanto agli incompetenti. In realtà la esaltava uno slancio irresistibile, un tempo raffinatissimo, un senso dell'impatto quale pochi possedevano al mondo. Ho visto io Sivori strizzare gli occhietti furbi e consolare lo smargiasso che era in lui garantendo che con quelle botte si sarebbe squinternate le gambe: Rombo di Tuono esplodeva saette cogliendo al volo dal limite i lunghi traversoni di Domenghini e altri dall'ala: colpito in pieno collo, il pallone schiattava letteralmente fra i pali.

Incompreso da tutti che non l'avessero già visto e conosciuto in Sardegna, Rombo di Tuono perdette un mondiale che per altri portò anche vergogna. Gli invidi abatini lo ignorarono il giorno della prova decisiva per averlo forse capito fin troppo. Al ritorno da Durham s'impose per nostro totale scorno di spregiatori gabbati e resipiscenti. Come un antico eroe, ebbe finalmente l'apoteosi per fatiche non indegne ? disi mi ? della leggenda erculea: batte il vento Scirocco, maligno figlio di Eolo, africano di nascita, molle persuasore delle nostre secolari fiacche mediterranee: supero l'ambigua ninfa Paura, costante abitatrice dei nostri cieli; cavalco le nuvole per discenderne come un eroe (Lohengrin genannt) di miti un po' meno labili dei nostri...

Nessuno sa la disperata impotenza dell'atleta che il mite clima delle sirene avvolge e deprime; nessuno la maledetta fifa che ti rode mentre con viso altero o distaccato compi l'innaturale e traumatica funzione del volo: se l'anima esiste, si abbotta come uno stinco percosso con la punta d'uno scarpone. Non basta: per Rombo di Tuono si trovò compiutamente italiana ? anzi campione! ? una terra che non lo era mai stata se non nel sacrificio cruento, nei ripetuti massacri della guerra. Gli inviti al ritorno non ebbero più eco se non nel suo dispetto di isolano per elezione. Visse giornate radiose e altre persino umilianti. Il suo destino tragico ne annullava le gioie proprio nei giorni riservati ai trionfi.

In Messico lo colse l'atroce stanchezza di anni vissuti nell'esaltazione ma soprattutto nel sacrificio. L'altura ne spossava i muscoli troppo forti. Un amore cercato per sopravvivere alle fatiche del campionato già vinto finì di intristirne gli umori. Soltanto nel finale ebbe modo di riscattarsi. E quando fu di ritorno senti magnificare altri che non ne aveva i meriti. Guarì della stanchezza e della passione di donna applicandosi con l'orgoglio del campione ormai consacrato. Perdette quota con la società che aveva preteso troppo da lui e dall'isola. Ebbe una nuova frattura. Seppe rinascere. Ebbe uno strappo nella gamba d'appoggio, la destra, quando si annunciarono i nuovi mondiali. Naufragò con gli altri e praticamente chiuse.

Tentò di rinascere un'ennesima volta e il miracolo pareva già riuscito ancora. L'ha poi stroncato il destino. "No me dejas veerlo", implorava Garcia per Ignacio riverso nel suo sangue. Io vorrei solo che degli eroi autentici non si guastasse mai il ricordo. L'uomo Riva è un serio esempio per tutti. Il giocatore chiamato Rombo di Tuono è stato rapito in cielo, come tocca agli eroi. Ne può discendere solo per prodigio: purtroppo la giovinezza, che ai prodigi dispone e prepara, ahi, giovinezza è spenta.

seruzzi70
25-07-07, 01:16
Tentò di rinascere un'ennesima volta e il miracolo pareva già riuscito ancora. L'ha poi stroncato il destino. "No me dejas veerlo", implorava Garcia per Ignacio riverso nel suo sangue. Io vorrei solo che degli eroi autentici non si guastasse mai il ricordo. L'uomo Riva è un serio esempio per tutti. Il giocatore chiamato Rombo di Tuono è stato rapito in cielo, come tocca agli eroi. Ne può discendere solo per prodigio: purtroppo la giovinezza, che ai prodigi dispone e prepara, ahi, giovinezza è spenta.




scelgo di riportare questo stralcio che secondo me riassume yuyya la forza d'animo del Nostro Gigi.Grazie akuardenti per aver postato ciò.:-01#44

urgekitana
25-07-07, 13:45
mesi fa nell'ambito di una offensiva giornalistica contro i cosiddetti "accozzati", figli e nipoti di questo e di quello che occupavano posti in questo o quel settore pubblico o privato, venne fuori anche il nome di Gigi Riva per il fatto che uno dei suoi figli lavorasse all'aeroporto di Elmas!

cioè, dico io, apriti cielo. a parte che Riva ,come ha dichiarato, non si è interessato direttamente di far "entrare" il figlio in aeroporto, ma se anche fosse che essere figlio di Gigi Riva potesse aver dato una possibilità in più al figlio nella selezione, ma che cosa ci sarebbe da ridire?

ma allora per cosa li ha fatti Riva tutti quei gol, per avere i figli buttati in mezzo alla strada a distribuire volantini pubblicitari delle citta-mercato? Perchè cosa è rimasto a giocare al Cagliari quando lo volevano "a truppi" le società miliardarie italiane? Perchè cosa si è rotto una volta ancora una gamba battagliando per la salvezza in fondo alla classifica? Forse per avere un giorno i figli sbandati e disoccupati ?

E' stato un grosso abbaglio infilare il nome di Gigi Riva in quegli articoli. non se lo meritava proprio.

seruzzi70
25-07-07, 14:51
E' stato un grosso abbaglio infilare il nome di Gigi Riva in quegli articoli. non se lo meritava proprio.


si vede che avevano ancora uno spazieto bianco e non sapevano come riempirlo se non dicendo baggianate.
non hanno citato i loro figli che lavorano per i loro stessi giornalacci?

urgekitana
26-07-07, 11:34
vorrei postare alcune righe da un vecchio articolo biografico su Riva di cui però purtroppo non possiedo gli estremi.

A sedici anni Riva si trovò ad essere orfano di entrambi i genitori. Viveva in casa con la sorella Lucia.

"C'era il problema elementare ma sempre serio del cibo. Gigi Riva andò a lavorare in una fabbrica di bottoni per ascensori. Guadagnava pochissimo, giusto per aiutare Lucia che si occupava di maglieria. Era tempo di tradurre il football in un mestiere. Fu un consigliere comunale di Leggiuno, Carlo Zanardi, a portarlo al Laveno Mombello, squadra del girone di promozione. Zanardi faceva il ricercatore di talenti calcistici di paese, controllava i giocatori degli oratori, quelli dei tornei notturni.
Il "contratto" con la squadra di Laveno Mombello fu semplicissimo: duemila lire di premio in caso di vittoria, mille in caso di pareggio. Riva ci restò un anno. Giocava in tutti i ruoli dell'attacco, non segnava molto. Gli avevano detto che poteva diventare una grande ala tornante, di quelle che giocano con molta volontà e molta prudenza: un grande faticatore, ecco."

XtremeDj
26-07-07, 12:24
che bei filmati..

Gigi Riva è Gigi Riva, non c'è nulla da aggiungere.

Ma non conosco la vicenda di cui parlate.. Qual'è il problema? Il figlio di un calciatore non può lavorare in aeroporto?

seruzzi70
26-07-07, 16:03
che bei filmati..

Gigi Riva è Gigi Riva, non c'è nulla da aggiungere.

Ma non conosco la vicenda di cui parlate.. Qual'è il problema? Il figlio di un calciatore non può lavorare in aeroporto?


no, il problema è che hanno fatto un articolo citando tutti VIP che hanno accozzato i figli nipoti & Co. per fargli trovare un lavoro dignitoso o meno, e tra quelli che usano la propia influenza per trovare lavoro ai figli hanno inserito il grande Gigi che non c'entrava nulla