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Antistato
12-11-07, 19:34
Benvenuto anche da parte mia, di un forum sul marginalismo c'era effettivo bisogno.

L'argomento che sollevo potrà apparire controverso per molti: quali sono i rapporti tra marginalismo e giusnaturalismo? Sappiamo che Rothbard ha cercato di riassumere nel suo pensiero sia l'uno che l'altro.
Ma questi due approcci sono veramente compatibili?

Il giusnaturalismo si basa sull'idea dell'esistenza di un diritto naturale, inteso come creazione di nessun individuo, bensì di una non meglio definita "natura", o, nella sua variante razionalista, della "ragione", intesa quest'ultima come caratteristica universale della specie umana.
Viceversa, secondo l'individualismo metodologico dei marginalisti ogni fatto sociale è il frutto dell'interazione di volontà e azioni individuali, non potendo esistere deliberazioni veramente collettive, cioè capaci di rappresentare concretamente tutta la generalità degli individui.
In effetti i due sistemi di pensiero appaiono inconciliabili. La sintesi proposta da Rothbard consiste semplicemente nell'accettare l'individualismo metodologico limitatamente ai fatti economici, negandolo invece riguardo alla creazione del diritto, sul quale vengono invece accettate le tesi giusnaturaliste.
Tuttavia, essendo i fatti economici subordinati al diritto (in primis i diritti di proprietà), il giusnaturalismo di Rothbard finisce per mettere in secondo piano il suo pur incompleto individualismo metodologico.
Sta di fatto che l'individualismo metodologico ha dalla sua evidenze scientifiche, mentre il giusnaturalismo rappresenta un'insieme di dichiarazioni di principi morali ed in quanto tali indimostrabili.

JohnPollock
12-11-07, 20:18
Sono molto contento che il forum ti piacia caro Antistato.
Riguardo il 3d da te pubblicato, non posso che trovarlo estremamente interessante, non solo per l'argomento, quello di confrontare due "cose" diversissime tra loro, e che il maestro Rothbard è riuscito a coniugare per creare l'etica dell'Anarchico Liberale ( o Giusnaturalista??), ma anche per la vivacità con cui riesci ogni volta a estrapolare tematiche interessantissime da discipline avvolte enormemente distanti tra loro.

Non posso altresì ribadirti che Rothbard, come ben sapiamo, mette sempre l'uomo al centro dell'universo dei suoi studi. Ha abraciato l'individualismo liberale di Locke, l'individualismo come principio economico seguendo la scia di Menger e Mises, e l'individualismo anarchico americano fine a se stesso.
Per il resto ha solo cercato di rendere il tutto estremamente oggettivo affidandosi a una discliplina, quella Giusnaturalista a cui aveva già fatto riferimento Locke, che ha reso razionale i suoi argomenti.
Che il Giusnaturalismo non sia una scienza si sa, ma come ti ho già spiegato, a mio parere, la Scienza, anche se indiretamente, ne conferma la validità, proprio in virtù dell'analisi dei comportamenti umani relazionati agli elementi chimici e alle reazioni chimiche di cui siamo composti.

JohnPollock
13-11-07, 14:03
Ad esempio...non è che la natura dell'animale umano è uguale alla natura del pesce coltello....capisci???
Non si trata di nature divine, ma semplicemente di differenze di specie e di evoluzione che portano un essere ad avere una certo tipo di natura anzichè un altro.
Il fatto che ogni specie abbia dei diritti naturali significa che ogni specie ha diritto di vivere secondo le sue credenziali naturali per non morire. Se infatti il pesce coltello viene privato del suo habitat, della sua vita, della sua libertà, della sua proprietà, muore. E per uno che ha un etica della libertà coerente, non è giusto.




Singolarità evolutive
Lo strano sistema sensoriale del pesce coltello


A differenza degli altri animali, le dimensioni e la forma dello spazio al cui interno può rilevare la presenza di una preda si sovrappone al suo spazio motorio





http://data.kataweb.it/kpm2scienzex/field/fotoimage/fotoscienze/1316967 (http://data.kataweb.it/kpm2scienzex/field/fotoimage/fotoscienze/1316967)


Quasi tutti gli animali, uomini compresi, indirizzano i loro sensi, e si muovono, verso gli oggetti che hanno di fronte. L'Apteronotus albifrons, o pesce coltello, può nuotare indifferentemente in avanti o all'indietro per cacciare le proprie prede. Questo pesce d'acqua dolce che vive nelle acque del Rio delle Amazzoni ha inoltre la particolarità di possedere un sistema sensoriale attivo basato sulla sua capacità di produrre deboli correnti elettriche. Un gruppo di ricercatori della Northwestern University (http://www.northwestern.edu/) ha ora studiato l'efficienza di questo sistema sensoriale confrontandone il costo energetico con lo spazio che esso consente di controllare.
Come spiegano in un articolo pubblicato sull'ultimo numero della rivista on line ad accesso libero PLoS Biology (http://biology.plosjournals.org/perlserv/?request=index-html&issn=1545-7885), combinando l'analisi video del comportamento di predazione del pesce coltello con la modellizzazione computerizzata delle sue capacità elettro-sensoriali, i ricercatori sono stati in grado di quantificare i volumi di spazio sensoriale, ossia le dimensioni e la forma dello spazio al cui interno un animale può rilevare la presenza di una preda, scoprendo anche che esso si sovrappone allo spazio motorio, ossia allo spazio raggiungibile dall'animale in un determinato lasso di tempo.
Secondo i ricercatori ciò sarebbe legato agli elevati costi energetici imposti da un sistema sensoriale: i sistemi sensoriali passivi consento infatti un controllo di volumi spaziali molto superiori rispetto a quelli rapidamente raggiungibili. A sua volta questa limitazione avrebbe favorito lo sviluppo di strategie comportamentali e di caccia che permettessero di ottimizzare tali costi, come appunto la capacità di nuotare all'indietro. (gg)


http://lescienze.espresso.repubblica.it/articolo/Lo_strano_sistema_sensoriale_del_pesce_coltello/1316945

tabaré
16-11-07, 02:08
Benvenuto anche da parte mia, di un forum sul marginalismo c'era effettivo bisogno.

L'argomento che sollevo potrà apparire controverso per molti: quali sono i rapporti tra marginalismo e giusnaturalismo? Sappiamo che Rothbard ha cercato di riassumere nel suo pensiero sia l'uno che l'altro.
Ma questi due approcci sono veramente compatibili?

Il giusnaturalismo si basa sull'idea dell'esistenza di un diritto naturale, inteso come creazione di nessun individuo, bensì di una non meglio definita "natura", o, nella sua variante razionalista, della "ragione", intesa quest'ultima come caratteristica universale della specie umana.
Viceversa, secondo l'individualismo metodologico dei marginalisti ogni fatto sociale è il frutto dell'interazione di volontà e azioni individuali, non potendo esistere deliberazioni veramente collettive, cioè capaci di rappresentare concretamente tutta la generalità degli individui.
In effetti i due sistemi di pensiero appaiono inconciliabili. La sintesi proposta da Rothbard consiste semplicemente nell'accettare l'individualismo metodologico limitatamente ai fatti economici, negandolo invece riguardo alla creazione del diritto, sul quale vengono invece accettate le tesi giusnaturaliste.
Tuttavia, essendo i fatti economici subordinati al diritto (in primis i diritti di proprietà), il giusnaturalismo di Rothbard finisce per mettere in secondo piano il suo pur incompleto individualismo metodologico.
Sta di fatto che l'individualismo metodologico ha dalla sua evidenze scientifiche, mentre il giusnaturalismo rappresenta un'insieme di dichiarazioni di principi morali ed in quanto tali indimostrabili.

Che bella sintesi. :) Avrei una domanda: ma se i diritti sono solo pretese, in caso di una loro violazione tu rimandi tutto alla morale di ciascuno per giudicare se quella violazione è giusta o sbagliata? Per Rothbard certe cose non sono mai giuste - qualsiasi violazione di vita, libertà e proprietà - e questo sta alla base della sua delegittimazione dello stato. Tu dici invece che quando lo stato ha la meglio sulle pretese di un libertario questa violazione può essere sentita come un'ingiustizia per lui mentre per un'altra persona può essere assolutamente normale. Ho capito bene?

are(a)zione
16-11-07, 02:26
Immaginate un chilometro quadrato di terreno, in cui, solo un piccolo rettangolo possa essere coltivabile, e possa offrirvi acqua e riparo.

Immaginate ancora che due persone, differenti in tutto e per tutto, vengano catapultate in questo fantomatico chilometro quadrato.

In base alla vostra teoria marginalista/giusnaturalista, quale dovrebbe essere l'interazione (o al plurale, se prevedete diversi scenari) tra i due individui?

tabaré
16-11-07, 17:22
Immaginate un chilometro quadrato di terreno, in cui, solo un piccolo rettangolo possa essere coltivabile, e possa offrirvi acqua e riparo.

Immaginate ancora che due persone, differenti in tutto e per tutto, vengano catapultate in questo fantomatico chilometro quadrato.

In base alla vostra teoria marginalista/giusnaturalista, quale dovrebbe essere l'interazione (o al plurale, se prevedete diversi scenari) tra i due individui?

Quella che preferiscono loro. :p

Sandokan80
16-11-07, 22:21
Immaginate un chilometro quadrato di terreno, in cui, solo un piccolo rettangolo possa essere coltivabile, e possa offrirvi acqua e riparo.

Immaginate ancora che due persone, differenti in tutto e per tutto, vengano catapultate in questo fantomatico chilometro quadrato.

In base alla vostra teoria marginalista/giusnaturalista, quale dovrebbe essere l'interazione (o al plurale, se prevedete diversi scenari) tra i due individui?

Marginalismo e giusnaturalismo sono due cose ben diverse.

Il marginalismo è una teoria economica che mira a spiegare razionalmente il comportamento dell'homo economicus, di per sé non ha alcun legame con il giusnaturalismo....

Riguardo alla tua domanda, la teoria marginalista non saprebbe rispondere perché mancano due elementi, ovvero la distribuzione dei diritti di proprietà e le preferenze individuali.

Se è nota la distribuzione delle risorse tra i due individui e se la risorse di cui ogni individuo sono insufficienti a soddisfare i suoi bisogni in modo ottimale, allora i due possono interagire attraverso lo scambio sul mercato secondo criteri di ottimizzazione della propria utilità.

tabaré
16-11-07, 23:15
Marginalismo e giusnaturalismo sono due cose ben diverse.

Il marginalismo è una teoria economica che mira a spiegare razionalmente il comportamento dell'homo economicus, di per sé non ha alcun legame con il giusnaturalismo....

Riguardo alla tua domanda, la teoria marginalista non saprebbe rispondere perché mancano due elementi, ovvero la distribuzione dei diritti di proprietà e le preferenze individuali.

Se è nota la distribuzione delle risorse tra i due individui e se la risorse di cui ogni individuo sono insufficienti a soddisfare i suoi bisogni in modo ottimale, allora i due possono interagire attraverso lo scambio sul mercato secondo criteri di ottimizzazione della propria utilità.

Penso che il senso del suo ragionamento fosse che si sbranano a vicenda. :D
Ma potrei sbagliarmi, are(a)zione in genere non è un volgare propagandista del massimalismo! :D

are(a)zione
17-11-07, 17:09
No, infatti non lo sono.

Ma quindi, senza "distribuzione dei diritti di proprietà e le preferenze individuali" non vi è risposta?
Vuol dire che prima devo insegnare ai due individui il concetto di diritto, poi il concetto di proprietà, poi stabilire una distribuzione, ed infine, scoprire quali siano le loro preferenze individuali?

Per quanto apparentemente efficiente, non mi sembra un metodo veloce di interagire tra due persone.

Sandokan80
19-11-07, 14:08
No, infatti non lo sono.

Ma quindi, senza "distribuzione dei diritti di proprietà e le preferenze individuali" non vi è risposta?
Vuol dire che prima devo insegnare ai due individui il concetto di diritto, poi il concetto di proprietà, poi stabilire una distribuzione, ed infine, scoprire quali siano le loro preferenze individuali?

Per quanto apparentemente efficiente, non mi sembra un metodo veloce di interagire tra due persone.

No, la cosa è molto più semplice. Per la teoria marginalista gli individui agiscono con il fine di massimizzare la loro funzione di utilità (costruita su preferenze che si suppongono date).
Se l'individuo possiede già nelle sue dotazioni iniziali tutto quello di cui ha bisogno per massimizzare la sua utilità, allora non si recherà al mercato per scambiare.
Se non è così allora avrà interesse a cercare di scambiare con altri.

Nel tuo esempio, gli individuo devono avere qualcosa (beni o servizi) da scambiare e delle preferenze individuali tali per cui abbiano un interesse ad interagire tra di loro. Per esempio uno possiede acqua e l'altro pane... l'utilità si massimizza consumando entrambi i beni quindi interagiranno tra di loro sul mercato.

JohnPollock
19-11-07, 18:46
No, infatti non lo sono.[quote=are(a)zione;6684356]



Ma quindi, senza "distribuzione dei diritti di proprietà e le preferenze individuali" non vi è risposta?
Vuol dire che prima devo insegnare ai due individui il concetto di diritto, poi il concetto di proprietà, poi stabilire una distribuzione, ed infine, scoprire quali siano le loro preferenze individuali?
Per quanto apparentemente efficiente, non mi sembra un metodo veloce di interagire tra due persone.





Il tuo caso limite è bellissimo e affascinante, ma entri purtropo, è il caso di dirlo, in quello che per i Liberali Anarchici è pano quotidiano.
Supponiamo il tuo chilomentro quadrato. Se vuoi possaimo metterci anche cento metri quadrati, ovvero un quadrato di dieci metri per dieci metri. E' logico risponderti che lo scenario che definisci non è proprio completo. Ad esempio il quadrato è un'ipotetica dimensione priva di risorse naturali? Se ci sono risorse, quali sono? Siamo su un asteroide? Su un' isola tropicale? Su uno scoglio circondato dal mare? Dove siamo? Come faciamo a sapere come interagiscono due individui se non sapiamo neppure dove sono e che strumenti possono avere per garantirsi la sopravivenza? Abbiamo solo un rettangolo coltivabile? Si può dividere? E' indivisibile? C'è mare attorno? Ci sono rifugi? Foreste? Volatili?
Chiaro che per un Giusnaturalista, l'uomo è naturalmente incline per natura a difendersi da eventuali agressori, è incline a scegliere liberamente in qualsiasi condizione, (nessuna condizione geofisica è assolutamente garante di libertà assoluta), è naturalmente incline a delimitarsi una propria zona privata dove potersi liberamenta isolare e lavorare in pace.

Antistato
20-11-07, 01:12
Che bella sintesi. :)

Grazie.



Avrei una domanda: ma se i diritti sono solo pretese

In effetti i diritti non sono solo pretese, sono pretese che riescono ad imporsi o ad essere accettate dagli altri. I diritti originano necessariamente da pretese individuali, ma non tutte le pretese individuali riescono sempre a trasformarsi in diritto vero e proprio.
Le pretese sono soggettive, i diritti sono oggettivi. Le pretese si oggettivizzano, ovvero diventano di fatto diritto, nel momento dell'interazione. Anche le pretese che hanno oggetto beni e servizi, dalla cui interazione si forma il mercato, sono delle pretese soggettive. Le interazioni del mercato in senso stretto costituiscono quindi un sotto-insieme del concetto più generale di interazioni tra pretese soggettive aventi per oggetto il diritto. Quest'ultimo potrebbe quindi essere inteso come "mercato in senso lato". Del resto le interazioni tra pretese soggettive avvengono in maniera analoga sia nella sfera economica che in quella giuridica. In ambedue, infatti, si produce il libero gioco della competizione e della cooperazione (scambio) tra pretese diverse. In ogni scambio, inoltre, i contraenti accettano alcune pretese dell'altro in cambio dell'accettazione da parte dell'altro di alcune tra le proprie pretese. Riproducendo tali interazioni tra i vari individui si perviene, nella sfera economica, alla formazione dei prezzi, cioè delle norme economiche, e, nella sfera giuridica, alla formazione del diritto, cioè dell'insieme delle norme giuridiche. In ambedue i casi si tratta sempre di norme originanti dall'interazione di pretese soggettive.
Ovviamente i risultati delle interazioni e quindi le norme che vengono applicate sono condizionate, oltrechè dalle preferenze individuali, anche dai rapporti di forza tra i vari soggetti in gioco. Questo è il motivo per cui lo stato, in quanto dotato del quasi-monopolio della forza, riesce a far valere le proprie pretese più di ogni altro individuo ed anzi spesso e volentieri le fa valere proprio calpestando le preferenze e le pretese di un numero più o meno grande di individui. Lo stato, quindi, non fa che alterare il mercato del diritto, dominandolo, anche se non riuscendo mai ad abolirlo, ovvero a monopolizzarlo completamente.



, in caso di una loro violazione tu rimandi tutto alla morale di ciascuno per giudicare se quella violazione è giusta o sbagliata? Per Rothbard certe cose non sono mai giuste - qualsiasi violazione di vita, libertà e proprietà

Sono due discorsi diversi. Il mio era un discorso giusrealista, cioè di mera constatazione di quello che è effettivamente ed oggettivamente il diritto e di come si forma. Invece quelli a cui tu fai qui riferimento sono giudizi di legittimità soggettivi, che sono certo determinanti nel guidare le pretese soggettive di chi condivide tali giudizi, ma che non per forza devono corrispondere con il diritto oggettivo.
Ad esempio il primo a sostenere che ogni fatto sociale è il frutto di interazioni individuali è stato Carl Menger, ma questi non ha mai sostenuto che ogni fatto sociale sia, per tale motivo, giusto. Una cosa è la realtà (oggettiva) per quello che è, un'altra i nostri giudizi ed opinioni (soggettivi) su come riterremmo giusto che fosse.
Anch'io ho delle mie opinioni in merito a ciò che sarebbe giusto o sbagliato. Ma so benissimo che le mie opinioni non debbano per forza coincidere con il diritto realmente applicato.
Bisogna aver chiaro che la realtà oggettiva deriva dall'equilibrio tra le pretese e quindi i giudizi soggettivi di ognuno. Tenendo però conto che se vi è lo stato, ovvero un soggetto con il quasi-monopolio della forza, allora questo equilibrio sarà sbilanciato molto di più in favore delle pretese e dei giudizi emessi dallo stato.
In definitiva l'utilità dell'anarchia sarebbe proprio questa: avvicinare l'equilibrio e quindi il diritto reale alle pretese ed ai giudizi di tutti gli altri individui e soggetti diversi dallo stato.

I giudizi di legittimità di ognuno, compresi quelli dei giusnaturalisti, avrebbero piena possibilità di esprimersi, ma sarebbero in competizione con le pretese anche degli altri individui.
L'errore dei giusnaturalisti, secondo me, non sta tanto nei loro giudizi di legittimità in sè, ma nel credere che tali giudizi siano già di per sè oggettivi, ovvero che si realizzassero automaticamente una volta tolto di mezzo lo stato. In altre parole si illudono di poter evitare la competizione con altre pretese giuridiche, e soprattutto la loro revisione sulla base dei risultati che effettivamente produrrebbero sul campo. Nel mercato, infatti, la scelta tra diverse opzioni viene fatta anche e soprattutto in base ai risultati che la loro sperimentazione pratica produce. Questo significa che nel mercato vengono selezionati quei concetti di "giusto" e "sbagliato" che risultano più utili.
Ad esempio il concetto che uccidere sia sbagliato va per la maggiore non perchè è "naturale" che sia così, ma proprio per l'utilità che da tale concetto ne deriva per chiunque ci tiene alla propria vita.
Ecco perchè penso che non abbia senso parlare di diritti naturali: in definitiva sono sempre gli uomini, in base ai propri interessi o alle proprie convinzioni morali, a decidere cos'è giusto o sbagliato.



Tu dici invece che quando lo stato ha la meglio sulle pretese di un libertario questa violazione può essere sentita come un'ingiustizia per lui mentre per un'altra persona può essere assolutamente normale. Ho capito bene?

Si, è possibile che le pretese giuridiche dello stato vengano condivise anche da altri individui. Ma in linea di massima penso che il venir meno del dominio statale converrebbe alla stragrande maggioranza degli individui. Del resto lo stato ha interessi propri specifici, se alcuni interessi coincidono transitoriamente con quelli di altri individui o classi, non significa che vi sia un'identità di interessi o che un domani tali interessi non possano essere scaricati al mutare degli interessi statali.

are(a)zione
20-11-07, 01:48
Ma quindi, senza "distribuzione dei diritti di proprietà e le preferenze individuali" non vi è risposta?
Vuol dire che prima devo insegnare ai due individui il concetto di diritto, poi il concetto di proprietà, poi stabilire una distribuzione, ed infine, scoprire quali siano le loro preferenze individuali?
Per quanto apparentemente efficiente, non mi sembra un metodo veloce di interagire tra due persone.
Il tuo caso limite è bellissimo e affascinante, ma entri purtropo, è il caso di dirlo, in quello che per i Liberali Anarchici è pano quotidiano.
Supponiamo il tuo chilomentro quadrato. Se vuoi possaimo metterci anche cento metri quadrati, ovvero un quadrato di dieci metri per dieci metri. E' logico risponderti che lo scenario che definisci non è proprio completo. Ad esempio il quadrato è un'ipotetica dimensione priva di risorse naturali? Se ci sono risorse, quali sono? Siamo su un asteroide? Su un' isola tropicale? Su uno scoglio circondato dal mare? Dove siamo? Come faciamo a sapere come interagiscono due individui se non sapiamo neppure dove sono e che strumenti possono avere per garantirsi la sopravivenza? Abbiamo solo un rettangolo coltivabile? Si può dividere? E' indivisibile? C'è mare attorno? Ci sono rifugi? Foreste? Volatili?
Chiaro che per un Giusnaturalista, l'uomo è naturalmente incline per natura a difendersi da eventuali agressori, è incline a scegliere liberamente in qualsiasi condizione, (nessuna condizione geofisica è assolutamente garante di libertà assoluta), è naturalmente incline a delimitarsi una propria zona privata dove potersi liberamenta isolare e lavorare in pace.



Questo è il punto: io ho posto un caso estremo, ma limitato. Ora tu stai ponendo tante condizioni al contorno.

Ripartiamo allora dall'inizio: condizione minima di interagibilità

A voi la parola.


p.s.: bello questo forum. Finalmente un po' di razional-pensiero.

tabaré
20-11-07, 01:56
p.s.: bello questo forum. Finalmente un po' di razional-pensiero.

;) Ringrazia John, l'infaticabile paladino libertarian. Anche io mi associo, bel forum.

tabaré
20-11-07, 02:16
In effetti i diritti non sono solo pretese, sono pretese che riescono ad imporsi o ad essere accettate dagli altri. I diritti originano necessariamente da pretese individuali, ma non tutte le pretese individuali riescono sempre a trasformarsi in diritto vero e proprio.
Le pretese sono soggettive, i diritti sono oggettivi. Le pretese si oggettivizzano, ovvero diventano di fatto diritto, nel momento dell'interazione. Anche le pretese che hanno oggetto beni e servizi, dalla cui interazione si forma il mercato, sono delle pretese soggettive. Le interazioni del mercato in senso stretto costituiscono quindi un sotto-insieme del concetto più generale di interazioni tra pretese soggettive aventi per oggetto il diritto. Quest'ultimo potrebbe quindi essere inteso come "mercato in senso lato". Del resto le interazioni tra pretese soggettive avvengono in maniera analoga sia nella sfera economica che in quella giuridica. In ambedue, infatti, si produce il libero gioco della competizione e della cooperazione (scambio) tra pretese diverse. In ogni scambio, inoltre, i contraenti accettano alcune pretese dell'altro in cambio dell'accettazione da parte dell'altro di alcune tra le proprie pretese. Riproducendo tali interazioni tra i vari individui si perviene, nella sfera economica, alla formazione dei prezzi, cioè delle norme economiche, e, nella sfera giuridica, alla formazione del diritto, cioè dell'insieme delle norme giuridiche. In ambedue i casi si tratta sempre di norme originanti dall'interazione di pretese soggettive.
Ovviamente i risultati delle interazioni e quindi le norme che vengono applicate sono condizionate, oltrechè dalle preferenze individuali, anche dai rapporti di forza tra i vari soggetti in gioco. Questo è il motivo per cui lo stato, in quanto dotato del quasi-monopolio della forza, riesce a far valere le proprie pretese più di ogni altro individuo ed anzi spesso e volentieri le fa valere proprio calpestando le preferenze e le pretese di un numero più o meno grande di individui. Lo stato, quindi, non fa che alterare il mercato del diritto, dominandolo, anche se non riuscendo mai ad abolirlo, ovvero a monopolizzarlo completamente.



Sono due discorsi diversi. Il mio era un discorso giusrealista, cioè di mera constatazione di quello che è effettivamente ed oggettivamente il diritto e di come si forma. Invece quelli a cui tu fai qui riferimento sono giudizi di legittimità soggettivi, che sono certo determinanti nel guidare le pretese soggettive di chi condivide tali giudizi, ma che non per forza devono corrispondere con il diritto oggettivo.
Ad esempio il primo a sostenere che ogni fatto sociale è il frutto di interazioni individuali è stato Carl Menger, ma questi non ha mai sostenuto che ogni fatto sociale sia, per tale motivo, giusto. Una cosa è la realtà (oggettiva) per quello che è, un'altra i nostri giudizi ed opinioni (soggettivi) su come riterremmo giusto che fosse.
Anch'io ho delle mie opinioni in merito a ciò che sarebbe giusto o sbagliato. Ma so benissimo che le mie opinioni non debbano per forza coincidere con il diritto realmente applicato.
Bisogna aver chiaro che la realtà oggettiva deriva dall'equilibrio tra le pretese e quindi i giudizi soggettivi di ognuno. Tenendo però conto che se vi è lo stato, ovvero un soggetto con il quasi-monopolio della forza, allora questo equilibrio sarà sbilanciato molto di più in favore delle pretese e dei giudizi emessi dallo stato.
In definitiva l'utilità dell'anarchia sarebbe proprio questa: avvicinare l'equilibrio e quindi il diritto reale alle pretese ed ai giudizi di tutti gli altri individui e soggetti diversi dallo stato.

I giudizi di legittimità di ognuno, compresi quelli dei giusnaturalisti, avrebbero piena possibilità di esprimersi, ma sarebbero in competizione con le pretese anche degli altri individui.
L'errore dei giusnaturalisti, secondo me, non sta tanto nei loro giudizi di legittimità in sè, ma nel credere che tali giudizi siano già di per sè oggettivi, ovvero che si realizzassero automaticamente una volta tolto di mezzo lo stato. In altre parole si illudono di poter evitare la competizione con altre pretese giuridiche, e soprattutto la loro revisione sulla base dei risultati che effettivamente produrrebbero sul campo. Nel mercato, infatti, la scelta tra diverse opzioni viene fatta anche e soprattutto in base ai risultati che la loro sperimentazione pratica produce. Questo significa che nel mercato vengono selezionati quei concetti di "giusto" e "sbagliato" che risultano più utili.
Ad esempio il concetto che uccidere sia sbagliato va per la maggiore non perchè è "naturale" che sia così, ma proprio per l'utilità che da tale concetto ne deriva per chiunque ci tiene alla propria vita.
Ecco perchè penso che non abbia senso parlare di diritti naturali: in definitiva sono sempre gli uomini, in base ai propri interessi o alle proprie convinzioni morali, a decidere cos'è giusto o sbagliato.



Si, è possibile che le pretese giuridiche dello stato vengano condivise anche da altri individui. Ma in linea di massima penso che il venir meno del dominio statale converrebbe alla stragrande maggioranza degli individui. Del resto lo stato ha interessi propri specifici, se alcuni interessi coincidono transitoriamente con quelli di altri individui o classi, non significa che vi sia un'identità di interessi o che un domani tali interessi non possano essere scaricati al mutare degli interessi statali.

Il problema è che la stragrande maggioranza degli uomini trova perfettamente normale cose come il monopolio della forza e leggi imposte dallo stato. Questo (monopolio della forza) finisce per vincolare tutti al punto di vista di molti (o pochi, dipende quanti sono gli statalisti).
Altra cosa che non mi convince: gli stati come fonti del diritto non si sono imposti nei secoli, concorrendo con altre organizzazioni o altre fonti? Mi viene da dire sì, e non perché esprimessero il diritto più utile (o sì per te? per me no), ma bensì perché erano e sono i più adatti ad arrogarsi e conservare il loro ruolo di fonti (monopolio della forza e coercizioni varie).

Mentre restano le violazioni (almeno per i libertari) compiute dal potere. Per questo rimango dubbioso su una pluralità di principi alla base del diritto in una società priva di stato: perché temo che questo risorgerebbe 'a mano invisibile' come dice Nozick; e credo che l'unico sistema in grado di massimizzare l'utilità escludendo contemporaneamente lo stato sia quello giusnaturalista, basato sulla non aggressione di vita, libertà e proprietà altrui.

Quindi non giusnaturalismo effetto dell'anarchia (che tu individuavi come errore dei rothbardiani); bensì giusnaturalismo come causa dell'anarchia. Che banalmente è come dire: tutti si comportano piuttosto bene, non c'è bisogno di qualcuno che si spacci come tutore dell'ordine, fine dello stato.

JohnPollock
21-11-07, 00:46
Questo è il punto: io ho posto un caso estremo, ma limitato. Ora tu stai ponendo tante condizioni al contorno.

Ripartiamo allora dall'inizio: condizione minima di interagibilità

A voi la parola.


p.s.: bello questo forum. Finalmente un po' di razional-pensiero.


Allora prendiamo in considerazione un territorio posto in un altra dimensione dove esista un solo apezzamento di terra da sfruttare per mangiare e bere.

I due uomini potrebbero mettersi d'accordo e dividere il piccolo campo in due e decidere di sfruttare ognuno la sua parte in modo diverso. Uno a grano e l'altro ad agrumi. Il libero scambio sarebbe la conseguenza più utile per entrambi naturalmente, visto che la solidarietà finirebbe per viziare tropo uno dei due mentre la violenza tenderebbe a minimizzare la produzione.

I due uomini potrebbero mettersi d'accordo e sfruttare la terra razionalmente e assieme, levando e abbolendo la proprietà privata dei mezzi di produzione per il tempo che ritengono neccessario a portare a termine il progetto, collettivizando il territorio da sfruttare e proclamando di comune accordo (a patto che uno dei due possa decidere liberamente di dissociarsi quando lo ritenga giusto) la comunione dei beni, finchè il contratto firmato non scada e li separi.

Entrambe le scelte sono coerenti e universalmente ritenute accetabili dall'individualismo, dal marginalismo, dal giusnaturalismo, dal lliberalismo.

Il Socialismo non acceta ne la prima ne la seconda scelta.

JohnPollock
21-11-07, 00:49
;) Ringrazia John, l'infaticabile paladino libertarian. Anche io mi associo, bel forum.

Grazie a voi caro teo per aver gradito l'iniziativa. Le vostre parole non possono che essermi di enorme conforto e di profonda ispirazione.

:kz

Antistato
21-11-07, 23:11
Marginalismo e giusnaturalismo sono due cose ben diverse.

Il marginalismo è una teoria economica che mira a spiegare razionalmente il comportamento dell'homo economicus, di per sé non ha alcun legame con il giusnaturalismo....

Riguardo alla tua domanda, la teoria marginalista non saprebbe rispondere perché mancano due elementi, ovvero la distribuzione dei diritti di proprietà e le preferenze individuali.


Quoto. Tuttavia l'individualismo metodologico che i marginalisti applicano tradizionalmente agli scambi economici può essere applicato anche alla formazione del diritto. In altre parole, affinchè l'interazione tra gli individui avvenga, non c'è alcuna necessità che i diritti di proprietà siano già prestabiliti in partenza, in quanto questi ultimi possono essere benissimo creati dalla stessa interazione tra gli individui.
Ad influire sulle interazioni rimangono invece, oltre alle preferenze individuali, anche i rapporti di forza tra gli individui.
Per rispondere alla domanda non possiamo quindi che prendere in considerazione la situazione in cui tali incognite siano note. Per esempio possiamo prendere in considerazione il caso in cui non ci siano grosse disparità di forza tra i due individui e che le loro preferenze portino entrambi a competere per l'appropriazione dell'appezzamento di terra fertile.

A questo punto per i due individui si potrebbero presentare due opzioni: o farsi la guerra all'infinito o cercare un accordo che soddisfi entrambe.
La prima opzione sarebbe sconveniente per entrambe, al contrario della seconda che ricalca le interazioni di mutuo vantaggio proprie del mercato. Chiaramente, i due individui, se caratterizzati da un egoismo intelligente e razionale, sceglieranno la seconda opzione.
Le modalità di accordo potrebbero essere diverse a seconda delle preferenze individuali e sarebbero passibili di modifica in base ai risultati a cui porterebbero.
Alcune possibilità sono già state citate: equa divisione dell'appezzamento fertile o proprietà comune. Vorrei invece focalizzare l'attenzione su un'altra possibilità, che ritengo più vantaggiosa e più adatta ad una sua generalizzazione nel mondo reale.
Essa consisterebbe nel gravare la proprietà di ogni risorsa naturale con una sorta di "tassa" capace di ridurre i potenziali soggetti contendenti ad uno solo. I proventi della tassa verrebbero redistribuiti tra gli esclusi.
Così la proprietà e la pace sociale verrebbero stabilizzate, mentre gli esclusi dal bene in questione riceverebbero un indennizzo da loro considerato più vantaggioso rispetto alla prospettiva di confliggere per il possesso di quel bene.
La cosa sarebbe vantaggiosa anche per l'individuo che rimarrebbe l'unico pretendente, perchè, per rimanere tale, è necessario che le sue preferenze individuali conferiscano all'appezzamento di terra in questione un valore maggiore della tassa da pagare (questa soluzione parte ovviamente dall'assunto assolutamente realistico che una pur minima asimmetria tra l'intensità delle preferenze degli individui ci sia sempre).
Bisogna inoltre precisare che il valore aggiunto derivato dall'attività dell'individuo in questione sarebbe immune dalla tassazione.

Antistato
21-11-07, 23:42
Il problema è che la stragrande maggioranza degli uomini trova perfettamente normale cose come il monopolio della forza e leggi imposte dallo stato. Questo (monopolio della forza) finisce per vincolare tutti al punto di vista di molti (o pochi, dipende quanti sono gli statalisti).
Altra cosa che non mi convince: gli stati come fonti del diritto non si sono imposti nei secoli, concorrendo con altre organizzazioni o altre fonti? Mi viene da dire sì, e non perché esprimessero il diritto più utile (o sì per te? per me no), ma bensì perché erano e sono i più adatti ad arrogarsi e conservare il loro ruolo di fonti (monopolio della forza e coercizioni varie).

Esistono due motivi fondamentali che spiegano l'esistenza degli stati nella mia opinione. Il primo è che gli stati, con il proprio quasi-monopolio della forza, impediscono la sperimentazione e quindi la concorrenza di altre possibili soluzioni.
Un altro motivo è che l'egoismo e la razionalità degli individui non è perfetta, ma è inquinata da convinzioni errate non dimostrate (idee fisse, dogmi, ideologie, ecc...), che li allontana dall'esatta considerazione della propria utilità.
In definitiva gli stati non esprimono affatto la configurazione più utile, in quanto non derivano affatto da libere interazioni tra individui razionali, bensì nascono dall'irrazionalità umana e si automantengono attraverso il proprio monopolio della forza che nega la concorrenza di ogni altra possibile opzione alternativa.




Quindi non giusnaturalismo effetto dell'anarchia (che tu individuavi come errore dei rothbardiani); bensì giusnaturalismo come causa dell'anarchia.

Questo in pratica sarebbe come dire che lo stato vada abolito perchè viola il giusnaturalismo. Tuttavia che senso avrebbe abolire lo stato in quanto violatore del giusnaturalismo, quando non è neanche certo che il giusnaturalismo venga rispettato nell'anarchia?
L'unico argomento valido per abolire lo stato rimane allora la dimostrazione della sua generale sconvenienza.
E' vero che non si può conoscere nello specifico cos'è più utile per ogni individuo, tuttavia l'utilità degli individui riconosce delle regole comuni a tutti.
Ad esempio, date delle preferenze individuali e delle funzioni di utilità variabili da individuo a individuo, è sempre vero che, per qualsiasi individuo, è più utile un contesto in cui ognuno possa scegliere liberamente i beni o i servizi che più lo soddisfano, anzichè essere costretto a pagare per beni o servizi imposti da una casta organizzata in stato. Questo, che potremmo considerare un teorema di costante vantaggiosità del libero mercato, vale anche nel campo del diritto: a prescindere dalle preferenze giuridiche di ognuno, è più vantaggioso per tutti che ognuno possa concorrere liberamente alla formazione del diritto, anzichè subire un diritto deciso unilateralmente da una casta organizzata in stato.

JohnPollock
22-11-07, 00:45
Esistono due motivi fondamentali che spiegano l'esistenza degli stati nella mia opinione. Il primo è che gli stati, con il proprio quasi-monopolio della forza, impediscono la sperimentazione e quindi la concorrenza di altre possibili soluzioni.
Un altro motivo è che l'egoismo e la razionalità degli individui non è perfetta, ma è inquinata da convinzioni errate non dimostrate (idee fisse, dogmi, ideologie, ecc...), che li allontana dall'esatta considerazione della propria utilità.
In definitiva gli stati non esprimono affatto la configurazione più utile, in quanto non derivano affatto da libere interazioni tra individui razionali, bensì nascono dall'irrazionalità umana e si automantengono attraverso il proprio monopolio della forza che nega la concorrenza di ogni altra possibile opzione alternativa.



Questo in pratica sarebbe come dire che lo stato vada abolito perchè viola il giusnaturalismo. Tuttavia che senso avrebbe abolire lo stato in quanto violatore del giusnaturalismo, quando non è neanche certo che il giusnaturalismo venga rispettato nell'anarchia?
L'unico argomento valido per abolire lo stato rimane allora la dimostrazione della sua generale sconvenienza.
E' vero che non si può conoscere nello specifico cos'è più utile per ogni individuo, tuttavia l'utilità degli individui riconosce delle regole comuni a tutti.
Ad esempio, date delle preferenze individuali e delle funzioni di utilità variabili da individuo a individuo, è sempre vero che, per qualsiasi individuo, è più utile un contesto in cui ognuno possa scegliere liberamente i beni o i servizi che più lo soddisfano, anzichè essere costretto a pagare per beni o servizi imposti da una casta organizzata in stato. Questo, che potremmo considerare un teorema di costante vantaggiosità del libero mercato, vale anche nel campo del diritto: a prescindere dalle preferenze giuridiche di ognuno, è più vantaggioso per tutti che ognuno possa concorrere liberamente alla formazione del diritto, anzichè subire un diritto deciso unilateralmente da una casta organizzata in stato.

Ti invito ancora a non fraintendermi. Per Giusnaturalismo intendo una generalizazione delle utilità più convenienti per il ragiungimento della felicità dell'individuo in modo molto razionale.
Un po' come quando afermi che la guerra non è così razionalmente conveniente neppure per i tipi più violenti.
Il Giusnaturalismo è limitato in maniera mortificante dallo Stato maledetto, ma l'Anarchia, secondo gli ultimi studi simulati mediante la teoria dei giochi pare confermi la volontà di collaborazione degli individui come ben saprai. Ne consegue la più nobile e razionale delle scelte di cooperazione civile: una societa Anarchica Liberale fondata sul Giusnaturalismo.

Disdicevole e offensiva la soluzione della tassa sulla proprietà autoimposta. Veramente una scelta da Socialista Anarchico che toglie qualsiasi spazio all'interpretazione personale della felicità.

tabaré
22-11-07, 01:24
Esistono due motivi fondamentali che spiegano l'esistenza degli stati nella mia opinione. Il primo è che gli stati, con il proprio quasi-monopolio della forza, impediscono la sperimentazione e quindi la concorrenza di altre possibili soluzioni.
Un altro motivo è che l'egoismo e la razionalità degli individui non è perfetta, ma è inquinata da convinzioni errate non dimostrate (idee fisse, dogmi, ideologie, ecc...), che li allontana dall'esatta considerazione della propria utilità.
In definitiva gli stati non esprimono affatto la configurazione più utile, in quanto non derivano affatto da libere interazioni tra individui razionali, bensì nascono dall'irrazionalità umana e si automantengono attraverso il proprio monopolio della forza che nega la concorrenza di ogni altra possibile opzione alternativa.

Sì sono d'accordo.




Questo in pratica sarebbe come dire che lo stato vada abolito perchè viola il giusnaturalismo. Tuttavia che senso avrebbe abolire lo stato in quanto violatore del giusnaturalismo, quando non è neanche certo che il giusnaturalismo venga rispettato nell'anarchia?

Ecco, ecco: tu dici questo, non senza ragione. Rothbard invece il contrario, non senza ragione. Io tendo a dare ragione a lui semplicemente perché se viene a mancare la causa dell'anarchia verrà a mancare anche l'anarchia. In termini brutali: se qualcuno violerà i diritti altrui in modo sistematico è certo che si organizzerà in modo da farlo conseguendo la maggiore utilità possibile. Cioè lo stato: il modo più sicuro ed amato per rapinare, schiavizzare e uccidere il prossimo.


L'unico argomento valido per abolire lo stato rimane allora la dimostrazione della sua generale sconvenienza.

Dire questo non è sbagliato, solo che la premessa (almeno secondo i libertari giusnaturalisti) è difficile da dimostrare, come dicevo prima.


E' vero che non si può conoscere nello specifico cos'è più utile per ogni individuo, tuttavia l'utilità degli individui riconosce delle regole comuni a tutti.

Esattamente! Infatti non siamo molto distanti, siamo libertari. Noi individuiamo nella possibilità di non aver aggrediti i diritti naturali questa regola comune ad ogni uomo: l'assioma di non aggressione.


Ad esempio, date delle preferenze individuali e delle funzioni di utilità variabili da individuo a individuo, è sempre vero che, per qualsiasi individuo, è più utile un contesto in cui ognuno possa scegliere liberamente i beni o i servizi che più lo soddisfano, anzichè essere costretto a pagare per beni o servizi imposti da una casta organizzata in stato.

Certo, credo che questo non venga messo in discussione da nessun libertario.


Questo, che potremmo considerare un teorema di costante vantaggiosità del libero mercato, vale anche nel campo del diritto: a prescindere dalle preferenze giuridiche di ognuno, è più vantaggioso per tutti che ognuno possa concorrere liberamente alla formazione del diritto, anzichè subire un diritto deciso unilateralmente da una casta organizzata in stato.

Ognuno deve regolarsi come crede: verissimo. Anzi sacrosanto. Ma quando i soggetti interagiscono, se una delle parti non interagisce volontariamente o si sente danneggiata dall'interazione (sempre un giudizio soggettivo, pienamente collocato nella visione rothbardiana in cui ognuno sceglie se chiamare in causa un altro) chiederà i danni. Per questo ritengo che, al di là delle regole che in un mondo libero dallo stato ciascuno può darsi, quando i soggetti interagiscono non si possa prescindere da reciproco consenso e vantaggio. Altrimenti è un'interazione non pacifica che porta a delle dispute. Ecco quindi il rispetto dei diritti naturali.

Antistato
24-11-07, 16:29
Ecco, ecco: tu dici questo, non senza ragione. Rothbard invece il contrario, non senza ragione. Io tendo a dare ragione a lui semplicemente perché se viene a mancare la causa dell'anarchia verrà a mancare anche l'anarchia.

Questo non dimostra nulla. Non è molto serio sostenere la veridicità di una teoria solo perchè ti piacerebbe che lo fosse.
In ogni caso secondo me esistono invece cause ben più coerenti con l'anarchia, quali per l'appunto la sua generale convenienza.



Ognuno deve regolarsi come crede: verissimo. Anzi sacrosanto. Ma quando i soggetti interagiscono, se una delle parti non interagisce volontariamente o si sente danneggiata dall'interazione (sempre un giudizio soggettivo, pienamente collocato nella visione rothbardiana in cui ognuno sceglie se chiamare in causa un altro) chiederà i danni. Per questo ritengo che, al di là delle regole che in un mondo libero dallo stato ciascuno può darsi, quando i soggetti interagiscono non si possa prescindere da reciproco consenso e vantaggio. Altrimenti è un'interazione non pacifica che porta a delle dispute. Ecco quindi il rispetto dei diritti naturali.

Il problema è proprio questo: i diritti naturali, per come sono stati concepiti, non prevedono il consenso reciproco o quantomeno la negoziazione tra pretese soggettive (che giustamemente Bruno Leoni riconosceva essere all'origine di qualsiasi diritto reale): sono enunciati a priori e considerati immodificabili in eterno.
Come anche JohnPollock ti potrà confermare, se tu arrivi prima in un terreno e lo recinti, secondo il giusnaturalismo ne diventi legittimo proprietario anche se gli altri che sono arrivati dopo sono di tutt'altra opinione. Dov'è il consenso reciproco? Ovviamente rimane da capire cosa nell'anarchia impedirebbe agli altri di infischiarsene del presunto diritto naturale e contenderti la proprietà di quel terreno.
Per questo il giusnaturalismo è incompatibile non solo con il marginalismo (o meglio con la visione marginalista del diritto), ma anche con l'anarchia stessa: proprio perchè il giusnaturalismo non vede l'origine del diritto dall'interazione tra gli individui, bensì da principi morali enunciati a priori che risentono inevitabilmente dell'interpretazione dei filosofi giusnaturalisti stessi.
Il giusnaturalismo rappresenta in effetti lo sforzo di capire qual'è il diritto che rispetti la morale che si vorrebbe universale (ma che in effetti rimane sempre una particolare morale soggettiva) facendo a meno delle libere interazioni tra gli individui, cioè dell'unico meccanismo reale che porterebbe alla produzione di un diritto pareto-efficiente (cioè tale da garantire il massimo vantaggio complessivo).

Antistato
24-11-07, 16:59
Disdicevole e offensiva la soluzione della tassa sulla proprietà autoimposta. Veramente una scelta da Socialista Anarchico che toglie qualsiasi spazio all'interpretazione personale della felicità.


Mi spiace aver offeso la tua sensibilità di rothbardiano dogmatico, ma non mi pare che pagare una quota agli altri contendenti per evitare la proprietà comune o eventualità oggettivamente più costose come il conflitto sia un'ipotesi tanto socialista e men che meno offensiva.
Tu invece cosa faresti? Probabilmente cercheresti di arrivare sul terreno un attimo prima e proclamarne la legittima proprietà per "diritto naturale". Liberissimo di farlo, peccato che anche gli altri sarebbero liberissimi di infischiarsene, cosicchè il tuo sacrosanto diritto naturale non ti risparmierebbe il conflitto e quindi saresti gravato da costi ben più pesanti di quella tassa "offensiva" che persino libertari doc come Albert Nock e Frank Chodorov riconoscevano auspicabile e necessaria.

JohnPollock
24-11-07, 17:41
[quote=Antistato;6721182]Mi spiace aver offeso la tua sensibilità di rothbardiano dogmatico, ma non mi pare che pagare una quota agli altri contendenti per evitare la proprietà comune o eventualità oggettivamente più costose come il conflitto sia un'ipotesi tanto socialista e men che meno offensiva.
Tu invece cosa faresti? Probabilmente cercheresti di arrivare sul terreno un attimo prima e proclamarne la legittima proprietà per "diritto naturale". Liberissimo di farlo, peccato che anche gli altri sarebbero liberissimi di infischiarsene, cosicchè il tuo sacrosanto diritto naturale non ti risparmierebbe il conflitto e quindi saresti gravato da costi ben più pesanti di quella tassa "offensiva" che persino libertari doc come Albert Nock e Frank Chodorov riconoscevano auspicabile e necessaria.


Mi sembri Nozick. Pe rmano di dio in regime di libero scambio anarchico si arriva a pagare gli altri perchè togliamo lor odei diritti. Non regge. Mi spiace. Sul Giusnaturalismo, dici sempre che gli altri possono nona ccetare i dogmi , certo, ma sono dogmi così generali, così naturali, che chiunque con un po di sale in zucca, arriverebbe a definire come diritti inalienabili e universalmente riconosciuti come umani. Non sono solo un dogma naturale, ma anche, come sostengo, squisitamente scintifico e razionale!!!

-Duca-
25-11-07, 20:12
Immaginate un chilometro quadrato di terreno, in cui, solo un piccolo rettangolo possa essere coltivabile, e possa offrirvi acqua e riparo.

Immaginate ancora che due persone, differenti in tutto e per tutto, vengano catapultate in questo fantomatico chilometro quadrato.

In base alla vostra teoria marginalista/giusnaturalista, quale dovrebbe essere l'interazione (o al plurale, se prevedete diversi scenari) tra i due individui?

quella che preferiscono loro.
ma ti rendi conto che questo scenario è una cazzata e privo di ogni utilità?

Antistato
27-11-07, 17:31
Mi sembri Nozick. Pe rmano di dio in regime di libero scambio anarchico si arriva a pagare gli altri perchè togliamo lor odei diritti. Non regge.

Non distorcere la realtà, la mano di dio non c'entra nulla, sono partito dalla premessa marginalista che ognuno agirebbe in modo da massimizzare il proprio utile. In questo caso, se due o più individui si contendono una risorsa naturale perchè farebbe comodo ad entrambi, una soluzione utile a tutti sarebbe quella che ho proposto. E' il mercato che si basa sullo scambio volontario: in questo caso chi rinuncia ad una risorsa naturale richiede in cambio qualcosa. Se non ti sta bene, esprimi delle soluzioni alternative e argomenta le motivazioni che dovrebbero portare gli individui in questione a seguirle. Questo sarebbe un metodo non dico scientifico, ma almeno razionale.



Sul Giusnaturalismo, dici sempre che gli altri possono nona ccetare i dogmi , certo, ma sono dogmi così generali, così naturali, che chiunque con un po di sale in zucca, arriverebbe a definire come diritti inalienabili e universalmente riconosciuti come umani. Non sono solo un dogma naturale, ma anche, come sostengo, squisitamente scintifico e razionale!!!

Dogma scientifico e razionale è una contraddizione, il dogma, al contrario delle ipotesi scientifiche, è per definizione esente dalla necessità di essere messo in dubbio e dimostrato. Dove iniziano i dogmi finisce il metodo scientifico e direi anche la ragione.
In ogni caso, se due o più individui si contendono un pezzo di terra, secondo te sarebbe razionale e addirittura scientifico che tutti accettasero supinamente che la proprietà di quella terra vada a colui che se ne dichiara proprietario perchè arrivato un attimo prima, secondo quanto stabilito dal diritto naturale universalmente riconosciuto? Tanto universalmente riconosciuto da non essere mai stato applicato integralmente in nessun luogo ed in nessuna epoca.

Antistato
27-11-07, 17:35
quella che preferiscono loro.
ma ti rendi conto che questo scenario è una cazzata e privo di ogni utilità?

No, non è privo di ogni utilità, perchè fa capire come la proprietà possa nascere dall'interazione tra gli individui, anzichè essere determinata a priori.

-Duca-
27-11-07, 17:57
No, non è privo di ogni utilità, perchè fa capire come la proprietà possa nascere dall'interazione tra gli individui, anzichè essere determinata a priori.

mi basta andare in una fabbrica, in una bottega artigiana, in un supermercato o alla fiera del mobile per capire che la proprietà nasce e si trasferisce dall'interazione tra gli individui.. :p
Io questi casi assurdi li trovo troppo antipatici, inoltre spesso sono usati e abusati alla grande dai fans delle esternalità:-01#53

JohnPollock
29-11-07, 00:48
No, non è privo di ogni utilità, perchè fa capire come la proprietà possa nascere dall'interazione tra gli individui, anzichè essere determinata a priori.


Una delle interazioni tra gli indiviudi più facilmente deducibili e verificabili è quella che porta alla naturale nascita della proprietà privata.

Antistato
01-12-07, 20:34
Una delle interazioni tra gli indiviudi più facilmente deducibili e verificabili è quella che porta alla naturale nascita della proprietà privata.


Se è dovuta all'interazione tra individui è "naturale" per modo di dire. In ogni caso ciò comporta che le forme e la distribuzione della proprietà dipendono dalla volontà degli individui e quindi non sono "naturali" nel senso di automatiche e immutabili.

JohnPollock
03-12-07, 02:07
Se è dovuta all'interazione tra individui è "naturale" per modo di dire. In ogni caso ciò comporta che le forme e la distribuzione della proprietà dipendono dalla volontà degli individui e quindi non sono "naturali" nel senso di automatiche e immutabili.



Scusami antistato, ho un enorme rispetto e un enorme stima nei tuoi confronti e nella tua onestà intelletuale, ma mi pare che Rothbard sia chiarissimo quando spiega il suo Giusnaturalismo Razionale nell'Etica della Libertà.


Chiamalo naturale per modo di dire, chiamalo come ti pare, ma ricorda che Rothbard era Ateo e il suo Giusnaturalismo era frutto della razionalità. Rothbard considera il Giusnaturalismo come base logica di partenza per fondare il Diritto. Ha insomma fatto delle ipotesi iniziali, ha ideato dei postulati, razionali, che si ricollegano certamente al Giusnaturalismo Scolastico. Ha postulato come si fa in matematica, in fisica, in geometria. Dai postulati frutto del razionalismo, ha costruito una teoria sulla Libertà basato sul rispetto reciproco molto logica, coerente e elegante. Tutto quà.


"Contro natura": dopo Darwin non ha senso

Pietro Greco



http://www.unita.it/images/darwin12febbraio2007.jpg
Il tema è ritornato di stringente attualità: si parli dei DICO o del Disegno Intelligente, delle relazioni omosessuali o dell´ingegneria genetica, non si fa altro che evocare il concetto di «natura» o della sua immagine speculare di «contro natura». Talvolta lei, la natura, ci è dipinta così potente (e coerente) da poter dettare le norme etiche del comportamento umano: per cui la vita in famiglia sarebbe «secondo natura» e la convivenza tra persone dello stesso sesso «contro natura». Talaltra ci viene dipinta così debole da essere incapace di generare l'uomo e/o così degenere da essere indegna di contenere l´uomo (di dare senso alla sua vita).

Cos´è, dunque, la natura? E quale ruolo l´uomo deve assegnare a se stesso nella natura? A queste domande risponde, in maniera molto pertinente, il nuovo libro che il filosofo Orlando Franceschelli ha fatto uscire per i tipi della Donzelli editore: «La natura dopo Darwin» (pagg. 200; euro 16,90). E già dal titolo Franceschelli ci dice che, dopo Charles Darwin, non è più possibile evocare a sproposito il concetto di natura.

Prima era possibile riconoscere una cesura netta e definitiva tra l´uomo e la natura, ed era possibile persino collocare «l´uomo fuori dalla natura», come fa gran parte del pensiero cristiano o come fanno, almeno in parte René Descartes (nella parte mentale) e Immanuel Kant (nella parte noumenica).

Prima era possibile considerare naturale l´ambiente che raccoglie le cose non prodotte dall´uomo e artificiale l´ambiente che accoglie le cose prodotte dall´uomo. Prima era possibile a qualcuno considerare l´uomo un sovrano ineffabile della natura contaminante e a qualche altro considerare l´uomo come il baco che corrompe la natura altrimenti incontaminata. Prima era dunque possibile immaginare sia un´«etica fuori dalla natura», capace di riscattare l´uomo dalla condizione di bestialità, sia al contrario immaginare un´«etica naturale» capace di indicare e sancire i comportamenti «contro natura».

Tutto questo, dopo Darwin e la pubblicazione nel 1859 dell´«Origine delle specie», semplicemente non è più possibile. Perché Darwin colloca definitivamente l´uomo «dentro la natura». Abbattendo in maniera definitiva sia il mito dell´«uomo sovrano della natura», sia il mito analogo e opposto dell´uomo «corruttore della natura». Di più: Darwin restituisce all´uomo la consapevolezza piena di essere prodotto e, insieme, attore di un processo di evoluzione della natura, parola che diventa semplicemente sinonimo di universo fisico. Quindi di totalità. La natura non è altro che il cosmo in cui l´uomo vive e di cui l´uomo è parte. Parte evolutiva. Parte che evolve.

Facendo questo, si dice che Darwin abbia detronizzato, contemporaneamente, l´uomo e Dio. Sottraendo al primo la condizione di «centro del mondo» e al secondo la condizione di «necessità per il mondo». In ogni caso, dopo Darwin abbiamo la consapevolezza che l´uomo agisce sempre «secondo natura», perché in tutte le sue dimensioni l´uomo è natura. E che, quindi, non esistono comportamenti «contro natura».

In natura non esiste un´etica. Non esiste un comportamento buono in assoluto che si distingue da uno cattivo in assoluto. Ma se non esiste un´«etica naturale», vengono per questo meno le basi della morale? Viene per questo meno la possibilità di distinguere ciò che è bene da ciò che è male? Niente affatto. Anzi, al contrario la responsabilità umana ne viene esaltata. Nella prospettiva naturalistica - l´unica, ormai, possibile dopo Darwin - l´uomo diventa pienamente e totalmente responsabile delle sue azioni.

Il motivo è molto semplice. L´etica umana è un prodotto della cultura dell´uomo. Un prodotto, peraltro, evolutivo: cambia nel tempo e con le condizioni a contorno. Tuttavia sono state la selezione naturale e, più in generale, l´evoluzione biologica che hanno prodotto nell´uomo (e, forse, non solo nell´uomo) una capacità di formulare giudizi etici, di generare norme morali.

Se non esiste, dunque, un´«etica naturale», esiste però una naturale capacità dell´uomo di formulare un´etica (di formulare diverse griglie etiche). Per questo, lungi dal proporci un «mondo senza morale», la visione darwiniana ci propone un «naturalismo impegnativo»: l'uomo, con la sua biologia e la sua cultura, è capace di distinguere ciò che è bene e ciò che è male. E con questa sua capacità (essa sì naturale) può elaborare quei principi - che, in maniera molto profonda, Orlando Franceschelli chiama di «saggezza solidale» - su cui fondare le migliori relazioni con i suoi simili e con il resto della natura.

tabaré
03-12-07, 02:33
Antistato, chi vuole leggere qualcosa sul marginalismo giuridico che testi consigli?

Antistato
04-12-07, 18:00
Rothbard considera il Giusnaturalismo come base logica di partenza per fondare il Diritto. Ha insomma fatto delle ipotesi iniziali, ha ideato dei postulati, razionali, che si ricollegano certamente al Giusnaturalismo Scolastico. Ha postulato come si fa in matematica, in fisica, in geometria.

Grazie per la stima, dici bene su Rothbard. Il problema è che i postulati da cui Rothbard è partito sono dei principi morali ed in quanto tali non hanno un valore assoluto. Andrebbero bene se fossimo sicuri che tutti (o quasi) si comportino seguendo quei principi, ma come possiamo asserirlo?
Io ad esempio considero più realista un ragionamento che parta dal presupposto dell'egoismo degli individui.




Antistato, chi vuole leggere qualcosa sul marginalismo giuridico che testi consigli?

Consiglierei "Beati possidentes" di Fabio Massimo Nicosia, "La libertà e la legge" di Bruno Leoni, "Bruno Leoni: il diritto come pretesa" a cura di A. Masala, Carl Menger "sul metodo delle scienze sociali"

tutti reperibili su:
http://www.liberilibri.it/ochedelcampidoglio.htm

tabaré
04-12-07, 18:19
Consiglierei "Beati possidentes" di Fabio Massimo Nicosia, "La libertà e la legge" di Bruno Leoni, "Bruno Leoni: il diritto come pretesa" a cura di A. Masala, Carl Menger "sul metodo delle scienze sociali"

tutti reperibili su:
http://www.liberilibri.it/ochedelcampidoglio.htm

Grazie.

-Duca-
05-12-07, 02:33
Anche questo dovrebbe essere interessante:

David Friedman
L' ordine del diritto. Perché l'analisi economica può servire al diritto
2004 Il Mulino
(è un simpatico mattone da 600 pagine)
http://giotto.internetbookshop.it/cop/copj13.asp?f=9788815095190

emanuele maggio
11-03-08, 23:28
Salve, questo è il mio primo msg su questo forum molto interessante.
Solo un piccolo appunto. Mi sembra che nella discussione si usino alcuni termini con troppa facilità. Per esempio, lo Stato. A me pare che consideriate solo l'accezione "keynesiana" del termine, ma lo stato non è solo impedimento e controllo delle relazioni di proprietà; va anche inteso come istituzione, come apparato di norme. Io sono anarchico, e considero l'attuale stato centralizzato una delle maggiori minacce per la libertà individuale; ma non dimentico la norma, il momento costituente. Detesto, invece, l'anarco-capitalismo, perchè giudico anche il capitalismo una minaccia per l'individuo. Ma come? si potrebbe obiettare, una dottrina che permette all'individuo di autoaffermarsi nella sua realtà materiale come può ritorcersi contro l'individuo stesso? Semplicemente perchè si dimentica, per usare le parole di Sen, l'"ambito" della libertà individuale, e cioè la società. L'uomo non è libero di per sè, l'uomo è libero entro i suoi limiti naturali; in società, l'uomo è libero entro i suoi limiti naturali e sociali; questo vuol dire che all'interno di questi limiti vi è la libertà di un individuo inserito in un contesto collettivo. Parlare di libertà non è parlare di facoltà, ma di più o meno limiti. Se questi limiti non si accettano, nessuno vieta l'eremitaggio. Si antepone a qualsiasi ragionamento, quindi, una sorta di logos sociale superiore (non vi spaventate, niente di dittatoriale, indica solo la consapevolezza del collettivo prima dell'azione). E il contesto sociale, in quanto strettamente interdipendente, è molto sensibile ai cambiamenti interni di equilibrio, cioè nel momento in cui qualcuno ha meno limiti, qualcun altro ne avrà di più. Ma come si mantiene questo equilibrio? Zagrebelsky (ma non certo solo lui, basti pensare alla Arendt e ai teorici della "rivoluzione permanente") parla a questo proposito di "prassi continua". L'istituzione comunitaria, infatti, dovrebbe fondarsi su strutture del dialogo e della partecipazione allargata, raggiungibile e controllabile da tutti gli interessati (e con le nuove tecnologie non è necessario il localismo). Per questo non esiste un giusnaturalismo "razionale" e universalistico (se non, appunto, in queste strutture) poichè le scelte che via via la collettività responsabilmente prende sono mutevoli, dinamiche, relative, ovviamente interdipendenti, per un semplice fenomeno di "feedback" (come dimostrato in economia da Forrester) o, più semplicemente, del "meglio comune". Ciò che è "naturale" non è altro che ciò che è deciso di comune accordo tra le parti. Per questo la risposta più intelligente al quesito dei due individui in un campo è stata quella di Teo Scarpellini ("fanno quello che preferiscono"). E con il presupposto dell'interdipendenza funzionale il capitalismo perde la sua ragion d'essere. L'accumulazione individualistica non è utile alla società; l'utilitarismo considera l'utile individuale non l'utile sociale. E' un logos individuale superiore, perfettamente legittimo su un'isola deserta ma fuori luogo in una società. Se oggi si potesse partecipare (cosa attualmente vietatissima), tutti i partecipanti, per osmosi (e per comune difesa, non si parla certo di santi), tenderebbero all'uguaglianza reciproca di beni e di strumenti. Questo non vuol dire impedire l'attività produttiva libera, ma sicuramente abolire in toto l'appropriazione della forza lavoro su cui il capitalismo si fonda. Marx scriveva due secoli fa che la borghesia considera naturale ciò che è storico: ancora oggi la legittimità del lavoro salariato e dipendente, del sistema del denaro, del mercato (confuso con lo scambio), della proprietà (confusa con il semplice possesso) viene considerata scontata. Chiunque può produrre per sè ciò che vuole; per questo tutti hanno il diritto di possedere ciò che producono, senza espropriazioni capitalistiche; e poichè in società altamente specializzate come la nostra la produzione tende a settorializzare la classe operaia rispetto alle altre classi lavoratrici e poi al suo interno, tutto ciò che viene prodotto (nell'ambito del lavoro) dovrebbe essere ad uso della collettività, secondo regolamentazioni distributive e variamente incentivanti. Tutto è di tutti. L'istituzione statale (presupponendo, attenzione, forme di democrazia partecipativa e di anarchismo attivo) non fa che applicare una norma spontanea (per "osmosi") di convivenza, poichè quello delle condizioni materiali di esistenza è un problema molto delicato, perchè un disequilibrio (di possessi e di strumenti) è sicuramente dannoso per chi lo subisce e potenzialmente catastrofico per la collettività intera.
Il marginalismo, che storicamente ha contribuito alle attuali convinzioni utilitaristiche sulla società del benessere (nonostante le critiche di alcuni marginalisti a utilitaristi, come quella di Rothbard a Bentham) ha portato oggi alla convinzione che l'utilità fa bene a tutti, senza sentire il parere di tutti. Ma perchè è ovvio, si dice, se è utile fa bene per forza. Ma, nota Sen, per un miliardario non è utile andare a vivere in un appartamento singolo, mentre per un barbone si. Ma se il miliardario ha la villa e il barbone la strada che cosa è utile? Dobbiamo pensare all'utile individuale o all'utile sociale (sottoposto cioè a delle limitazioni?) Il logos sociale superiore suggerirebbe, senza esitazioni, una bella villetta a schiera per tutti e due.

Spero di non avere scritto in modo troppo confuso.
Aspetto le vostre opinioni.

calgra
12-03-08, 17:58
amico mio, lascia perdere le teorie...Lavora, fatti un programma, realizzalo con tutti i sacrifici che il programma ti chiede, e , quando ci riesci a realizzarlo, rifletti con realismo...poi ne riparliamo....auguri!!!

emanuele maggio
12-03-08, 23:14
amico mio, lascia perdere le teorie...Lavora, fatti un programma, realizzalo con tutti i sacrifici che il programma ti chiede, e , quando ci riesci a realizzarlo, rifletti con realismo...poi ne riparliamo....auguri!!!

Ti ringrazio di cuore.. però i programmi non sono separati dalle teorie, ne sono il risultato. L'anarchia non è il non-luogo di domani; è invece, popperianamente, la continua ricerca presente di comunità.. consiglio un libro bellissimo, che sto leggendo in questi giorni: Vita activa di Hanna Arendt

calgra
13-03-08, 18:51
ciao, non intendevo dividere la teoria dalla pratica. Tutto il tuo discorso è basato SOLO su teorie "utopiche" che partono dal concetto COMUNISTA dell'uguaglianza nel senso contro natura del "siamo tutti uguali" NON E' COSI' niente è uguale a niente in natura, perchè lo dovrebbe essere solo per gli uomini? si nega una realtà talmente EVIDENTE che solo la malafede e l'ipocrisia nega.Ti invitavo a fare un programma (certo che prima lo DEVI pensare e studiare in TEORIA) poi però ti invitavo a realizzarlo,con tutti i sacrifici e i rischi che potevano ostacolare l'attuazione di tale programma....poi...una volta portato a termine, riparlare del tutto, ma, questa volta non in teoria ma con la pratica che l'attuazione di detto programma ti aveva insegnato nella REALTA'
Immaginati nella tua azienda con tutti i problemi da superare per realizzare una qualsiasi cosa, che serve naturalmente a TUTTI a te e ai tuoi operai,impiegati etc.,di fronte a un ostacolo (magari temporaneo, ma non lo sai finchè non trovi la soluzione) a questo punto applica la " partecipazione allargata, raggiungibile e controllabile da tutti gli interessati" oppure " le scelte che via, via la collettività responsabilmente prende..." O " ciò che è naturale non è altro che quel che si è deciso di comune accordo tra le parti". Capisci SEI TU CHE HAI LA RESPONSABILITA' ...Tu che devi risolvere per te e per loro, tant'è che altri come te dicono <non puoi pretendere da LORO la soluzione dei problemi che gravano sull'azienda> E, quando risolvi e l'azienda và, credimi, questa è la solo REDISTRIBUZIONE VERA che puoi fare, Tu e non le TEORIE, assicuri, con la serietà ed il lavoro TUO, il lavoro, quindi il benessere di tutti i tuoi dipendenti, credimi non c'è sfruttamento, c'è solo che se non lavori " manco magni" così mi hanno educata i miei...Il pane non è gratis, ( e non solo quello facci caso) tutto in questa vita ha un prezzo e non può essere che te lo aspetti gratis dall'alto!!! ciao auguri