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Visualizza Versione Completa : Marche felix?



el cuntadin
06-05-08, 13:58
Per moltissimi anni, Pica è stata considerata dai sindacati un'azienda modello, ora fanno scioperi e picchetti anche li'. Siamo alla fine del modello marchigiano? O meglio, siamo alla fine delle Marche quale regione felix?


Più di 200 lavoratori hanno manifestato davanti all’azienda: grande adesione e traffico bloccato

PESARO - Uno sciopero “pesante” il cui presidio si è snodato lungo una delle arterie dove si concentra il traffico di chi va al lavoro. La Strada Montefeltro lungo la direttrice Pesaro-Urbino dove ieri mattina una lunga fila di auto e di automobilisti ha assistito alla manifestazione dei lavoratori del settore laterizio che hanno scelto la Pica (l’azienda più rappresentativa del settore il cui presidente è Andrea Ugolini, massima autorità di Confindustria pesarese) come sede davanti alla quale manifestare.

Il contratto è scaduto da più di 100 giorni, la rottura delle trattative con le controparti e l’indisponibilità di Andil e Assobeton a raggiungere un accordo di rinnovo contrattuale, sono le ragioni dello sciopero di otto ore dei lavoratori del settore laterizi e cemento proclamato ieri dai sindacati di categoria Fillea Cgil Filca Cisl e Feneal Uil.

Davanti allo stabilimento della Pica, azienda pesarese leader nel settore della produzione dei laterizi, è stato organizzato un presidio con più di 200 lavoratori presenti.

L’adesione totale allo sciopero ha costretto la Pica a bloccare la produzione.

“Il successo dello sciopero allo stabilimento della Pica di Pesaro – sottolinea Giovanni Giovannelli, segretario provinciale Filca Cisl – è un fatto molto importante non solo perché il gruppo dirigente siede al tavolo nazionale ma anche per affrontare le possibili difficoltà aziendali collegate alla crisi del mercato edilizio”.

Per Massimo Ansuini della segreteria provinciale Fillea Cgil: “L’ incoerenza di certi imprenditori è incredibile, da un lato dicono che i salari dei lavoratori sono troppo bassi mentre ai tavoli della trattativa, come in questo caso, negano persino un aumento di 86 euro”.

Adesione significativa allo sciopero anche in altre aziende della provincia tra cui Fornace Solazzi, i due stabilimenti della Laterizi Alan Metauro di Cartoceto e Novafeltria e la Cotto San Michele.

Tra i motivi che hanno portato allo sciopero i sindacati denunciano anche l’irrisoria erogazione dell’una tantum, la mancata riforma dell’inquadramento professionale con parametri che risultano vecchi di ormai 30 anni, l’aumento del biennio economico spalmato su due anni e l’allungamento del contratto a 52 mesi.

“Allo sciopero di ieri si è arrivati - scrivono gli stessi sindacati di categoria - dopo innumerevoli incontri, nei quali è emersa l’indisponibilità della controparte a raggiungere un possibile accordo di rinnovo contrattuale In particolare le controparti avevano ribadito la volontà di non modificare l’ inquadramento professionale dopo quattro anni di lavoro della Commissione Paritetica, che se applicato avrebbe dato un primo riconoscimento alle professionalità maturate in questi anni nelle aziende.

“Inoltre - sostengono gli stessi sindacati - dobbiamo aggiungere che la proposta di adeguamento del valore degli scatti di anzianità, presentata dalle imprese, si limita ad un aggiustamento di poche decine di centesimi degli attuali valori. E’ evidente che tale insieme di proposte sono assolutamente inadeguate a tutelare i salari e ad incrementare maggiori tutele dei lavoratori”.


SI.SI.,



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e-mail : info@corriereadriaticonline.it (info@corriereadriaticonline.it)

Giacomob
06-05-08, 19:07
purtroppo anche qui alla MTS del gruppo Merloni c'è rischio che la produzione venga spedita in Francia con la chiusura dello stabilimento e ha com ferma dei timiri in questi giorni gli operai addetti alla produzio sono in cassaintegraziome di una settimana.

el cuntadin
07-05-08, 13:44
Seicento dipendenti in cassa integrazione. “Vigileremo sul piano di rilancio”
Ardo, il grido d’allarme dei sindacati


FABRIANO - Difficoltà alla Antonio Merloni. Non è una novità, visto che il gruppo industriale presieduto dall’ex sindaco naviga in acque tutt’altro che tranquille già da diverso tempo, ma certo è che la fase piuttosto delicata non accenna a finire. Sono circa 600, infatti, i dipendenti che in questo mese di maggio saranno interessati dalla cassa integrazione straordinaria. Un numero piuttosto consistente, indubbiamente superiore a quelli che avevano caratterizzato l’azienda fino alla fine 2007 e in questi ultimi mesi. E i sindacati si interrogano. L’altra mattina, in occasione di una riunione del coordinamento della Fiom-Cgil, si è preso atto che “la situazione è ai limiti del drammatico”. Va da sè che Fiom, Fim e Uilm continueranno a vigilare, affinché venga rispettato alla lettera il piano di risanamento e di rilancio siglato dai vertici della Ardo e dagli stessi sindacati. Un piano che prevede, fra l’altro, la salvaguardia dei siti produttivi di Gaifana e Fabriano, la cassa integrazione straordinaria per due anni, la mobilità per chi ha i requisiti per il pensionamenti o per un massimo di 500 volontarihttp://www.corriereadriatico.it/articolo.aspx?varget=7E1623ACAF61341A7DD55160F1A8D 50C

Giacomob
26-05-08, 23:32
Industria: A. Merloni; sindacati, a rischio sopravvivenza
Ipotesi dismissione ramo azienda, 580 addetti in Cigs
(ANSA) - FABRIANO (ANCONA), 26 MAG - La 'Antonio Merloni' attraversa una grave crisi. Allo studio, c'e' la cessione di rami d'azienda e una ricapitalizzazione. Preoccupati i coordinatori nazionali di Fim, Fiom e Uilm, che hanno incontrato i vertici aziendali: ''A rischio e' la stessa sopravvivenza dell'azienda elettrodomestica'', dicono. Attualmente sono in cassa integrazione guadagni 580 addetti su 5.500 dipendenti (circa 3 mila nelle Marche). La dirigenza ha illustrato un piano di medio periodo, ma Fiom, Fim e Uilm invitano a far presto, e fanno appello alle istituzioni. (ANSA).

el cuntadin
31-05-08, 23:18
Antonio Merloni, 600 posti in bilico
Concluse le consultazioni dei lavoratori, accorato appello alle istituzioni

FABRIANO - Lo spettro di 600 esuberi alimenta tensione e preoccupazione tra i lavoratori della Antonio Merloni dopo il taglio di forbici annunciato dall’azienda con il piano anti-crisi. Le organizzazioni sindacali hanno concluso il giro di consultazioni negli stabilimenti fabrianesi e restano in attesa del vertice dell’11 giugno (alla presenza dei coordinatori nazionali di Fiom, Fim e Uilm) per decidere il da farsi. Non si parla di scioperi, semmai di iniziative pubbliche per richiamare l’attenzione delle istituzioni. Preoccupazione e rabbia fra i lavoratori dell’azienda fabrianese attanagliata da una crisi che comporterà anche la chiusura dello stabilimento del Margone. I lavoratori di quell’impianto, secondo quanto trapelato finora, verrebbero trasferiti tra il sito produttivo di Santa Maria e quello umbro di Gaifana. Nel corso delle assemblee che si sono succedute fino a ieri pomeriggio, i dipendenti hanno anche mostrato perplessità sull’utilizzo della cassa integrazione e sulla rotazione.

“Siamo molto disorientati - dice una dipendente - dopo 15 anni di lavoro stanno accadendo tante cose e ne sentiamo dire tante, ma non c’è nessuna certezza su cui basarci se non che il nostro posto di lavoro è diventato sempre di più a rischio”. La prospettiva di un trasferimento a Gaifana preoccupa invece un’operaia mamma di due bambini, che prevede problemi per accompagnarli a scuola e altri disagi: “Anche se al momento l’azienda non lo ha ancora chiesto formalmente, circola con insistenza questa ipotesi del trasferimento degli asciugatori a Gaifana”.

“Quelli che hanno manifestato sono dubbi e paure legittimi - osserva Guanito Morici, segretario provinciale Fim - comprendiamo le difficoltà nei trasferimenti, anche se adesso l’azienda ha individuato per Gaifana i lavoratori residenti in Umbria ma che da tantissimi anni erano in forza agli stabilimenti fabrianesi. Ma l’azienda oggi ha l’esigenza di rallentare il più possibile la produzione a Fabriano; speriamo nella risoluzione delle tematiche finanziarie con le banche. Forse la Antonio Merloni necessita in questo momento difficile anche di strumenti straordinari di sostegno”. La cassa integrazione resta in vigore fino al gennaio del 2010, mentre a Sassoferrato gli operai attendono con ansia di conoscere le intenzioni della nuova proprietà, ossia una cordata guidata da un imprenditore della provincia di Macerata. La Fim parla di una crisi “che va affrontata con strumenti straordinari”. Di qui il rinnovato appello alle istituzioni in attesa del vertice in Regione di martedì tra il governatore Spacca e l’amministratore delegato Serafini. “C’è molta preoccupazione - riprende Gianluca Possanzini, segretario provinciale Fiom - specie in un periodo come quello attuale dove è sempre più difficile arrivare fino alla fine del mese. Da tempo sollecitiamo l’adozione di iniziative per fronteggiare la crisi, ma di sicuro i lavoratori non pensavano di ritrovarsi di fronte a provvedimenti così drastici. Secondo la Fiom, spetta ora alle banche fare la loro parte: “La cessione del ramo d’azienda serbatoi e bombole deve ottenere il loro nullaosta. Non si è parlato ancora di esuberi, ma continuano a calare i volumi produttivi”. Quello di giugno, ne sono convinti quelli del sindacato, sarà un mese decisivo.

“La situazione è pesante - incalza Vincenzo Gentilucci, segretario provinciale della Uilm - ormai siamo sui 600 esuberi poichè dall’azienda arrivano segnali di diminuzione produttiva. I sentori di crisi venivano avvertiti da tempo, ma ciò non basta ad attenuare l’ansia dei lavoratori. Le istituzioni non possono restare a guardare. L’Antonio Merloni è un’azienda fondamentale per il territorio. La crisi dell’elettrodomestico, va detto con chiarezza, è generale, ma in questo contesto Ardo si trova in una fase dove le quote di mercato diventano sempre più ristrette”.


LUCA ANIMOBONO,
http://www.corriereadriatico.it/articolo.aspx?varget=AD12AFA36796AF7A990A3C8D1C4BC BB2

el cuntadin
06-07-08, 21:49
La crisi morde, anche nelle Marche felix. Come tutte le crisi, anch equesta passerà, forse. Ma, probabilmente, nulla sarà come prima.

http://www.corriereadriatico.it/articolo.aspx?varget=5CC0DCF946BDE642A14ADC2ED0010 34F

IN DIFFICOLTA’ ANCHE LE CAPPE


FABRIANO - Rischi concreti anche per le cappe. Voci in tal senso giungono da più parti, come a dire che in questa fase a soffrire notevolmente è l’intero settore metalmeccanico, senza eccezioni di sorta. Certo, la situazione più delicata resta quella della Antonio Merloni, ma non è che intorno si stia navigando in acque tranquille. “Dobbiamo capire - spiega l’assessore Costantini - che è il distretto nel suo complesso ad essere ormai entrato in crisi. Se noi consideriamo pure le cappe, non è difficile ipotizzare che tra Marche e Umbria si rischia nel giro di poco tempo la perdita di 6.000 posti di lavoro. La situazione attuale è più grave di quanto possa apparire”.

el cuntadin
08-07-08, 22:28
http://www.corriereadriatico.it/articolo.aspx?varget=41E929268B9809A2B104F37A53A5D C6A
Distretto Ancona Sud, tira aria di crisi
L’allarme dei sindacati: occupazione a rischio. Trema l’elettronica

OSIMO - Il distretto di Ancona sud rischia in prospettiva una crisi occupazionale. Non paragonabile a quella fabrianese o picena, vista la forte presenza qui del terziario e del commercio che potrebbero assorbire e dare respiro alla manodopera, ma il livello di guardia è tuttavia alto in seno alle associazioni di categoria, ai sindacati e ovviamente alle tante aziende della zona. Quello di Osimo Castelfidardo Loreto è un importante distretto plurisettoriale, con ditte storiche e all’avanguardia, come Somacis, Imt, Monticelli, Mait, Zannini, Roal, Cibes, Silga. Insomma, tante e di indubbia importanza. Ma dietro l’angolo non si prospetta un panorama così roseo. In tal senso oggi pomeriggio presso il Comune di Castelfidardo si riunirà una consulta voluta dall’amministrazione Soprani per parlare di economia locale con gli addetti ai lavori e i sindacati. Ad un anno dalla cessione della Ferro Adriatica da parte della famiglia Carletti e dalla crisi della Accorroni Climate Tecnology, le due aziende stanno tentando di riprendersi. Nelle settimane scorse sono apparse nello stabilimento della Ferro Adriatica lungo la Statale 16 le insegne Odino Valperga Logistics che rifanno alla nuova proprietà. Dei 64 dipendenti messi in mobilità con la cessione del Gruppo Carletti, molti sono rientrati in azienda, con un taglio di circa il 20%. Alla Accorroni, dopo la crisi dell’autunno scorso, si sta ancora cercando di evitare il fallimento con il concordato preventivo, ma nel frattempo dei 64 dipendenti andati in mobilità ne sono rientrati solo un 30%. Ma “al di là delle problematiche delle singole aziende – spiega Angelo Paolucci responsabile di Cisl Osimo -, la crisi nel nostro distretto sta colpendo non tanto il settore del ferro quanto quello dell’elettronica”. Negli anni ’70-’80, con la crisi della fisarmonica, il distretto riuscì a riconvertirsi attraverso il settore dell’elettronica, sviluppando poi una natura plurisettoriale trainante per tutto il territorio. Oggi però quel comparto che ha caratterizzato il successo del bacino rischia la crisi, perché “il grosso della produzione non si fa più qua – dice Paolucci -, il metalmeccanico soffre proprio perché l’elettronica ha delocalizzato all’estero per evitare la loro fine, ma ora qui si fa solo una produzione di nicchia che necessita di minor manodopera e più professionalizzata in quanto si alza il tasso tecnologico. Senza considerare tutta la crisi che a domino ha colpito i controterzisti”. Insomma, si rischia davvero fra qualche anno una crisi occupazionale dovuta soprattutto ai tagli in aziende di elettronica, ma anche nel settore dei trasformatori e dei motori elettrici le cose non stanno andando molto bene. “Nei numeri ancora teniamo – continua Paolucci -, ma temiamo in prospettiva una crisi dalle caratteristiche simili a quelle fabrianesi, dove molte persone che non hanno una adeguata formazione e specializzazione soffrono poi nel reinserimento lavorativo. La manodopera rischia molto di fronte all’avanzare di una produzione di nicchia”. Più che infrastrutture, gli enti locali secondo Paolucci dovrebbero porre “una maggiore attenzione per sensibilizzare l’opinione pubblica e tenere alta l’attenzione, perché già nel settore elettronica c’è stata una diminuzione dell’occupazione interna e di indotto del 25-30 per cento. E’ vero che non ci sono nuove situazioni di crisi eclatanti al momento, ma è meglio sensibilizzare già ora, perché rispetto a sei anni fa la situazione è peggiorata non di poco”.


GIACOMO QUATTRINI,

el cuntadin
09-08-08, 14:32
In una pessima notizia, un lato positivo, almeno a dire dei sindacati: molti immigrati, tra cui molti meridionali, se ne ritorneranno ai loro paesi. Non credo mai ai sindacati, ma spero proprio che questa volta abbiano ragione.

http://www.corriereadriatico.it/articolo.aspx?varget=16AAE4C751F5256BF7961A436A9BD 3DC

Edilninno, 45 dipendenti in mobilità


FABRIANO - Chiude l'Edilninno. Ed è un segnale forte, l'ennesimo, che la crisi che sta investendo il comprensorio fabrianese non interessa soltanto il settore metalmeccanico, bensì anche altri ambiti, fra cui, per l'appunto, quello dell'edilizia.

Ne sono convinti i sindacati di categoria, secondo i quali la situazione occupazionale nel nostro territorio rischia di aggravarsi a dismisura.

Dopo la metalmeccanica - sottolineano la Feneal-Uil, la Filca-Cisl e la Fillea-Cgil di Ancona - pure il settore edile e, più in generale, delle costruzioni arranca. Alle più note crisi del gruppo Merloni si affiancano la crisi e la chiusura di alcune importanti realtà locali. In sostanza, finito l'effetto terremoto e rallentate le costruzioni civili a causa delle difficoltà dell'indotto, la situazione è in costante peggioramento. E così, ai disagi delle piccole aziende artigiane si aggiungono adesso anche quelli delle grandi imprese edili locali.

Al riguardo, la punta dell'iceberg, come già anticipato, sarebbe rappresentata dall'Edilninno, l'azienda che meno di un anno fa aveva realizzato il bel centro commerciale Il Gentile, nel quartiere di Santa Maria. Proprio l'Edilninno - fanno sapere Feneal, Filca e Fillea - ha appena messo in mobilità la totalità dei suoi dipendenti, cessando l'attività. In estrema sintesi, 45 persone tra impiegati e operai saranno licenziati a partire da questo mese.

Basta questo semplice dato a far comprendere il senso di precarietà che sta contraddistinguendo negativamente anche il settore delle costruzioni, quel settore che, in seguito ai tragici eventi sismici del 26 settembre 1997, aveva conosciuto in queste zone un autentico boom, consentendo l'arrivo di manodopera da diverse aree della penisola (e non solo).

Ora, si assiste praticamente a una fase di empasse che non fa presagire nulla di buono per il futuro.

L'immediato effetto di questo stallo - osservano ancora i sindacati - sarà il rientro nelle regioni e nei paesi di origine dei carpentieri, dei manovali e dei muratori. Va rimarcato che, purtroppo, il ricollocamento di questi lavoratori è assai difficile pure a causa dei continui rinvii delle opere della Quadrilatero, i cui cantieri sarebbero dovuti partire lo scorso gennaio, mentre tutto è poi slittato e tuttora non si conosce la data certa dell'inizio dei lavori.

Per tutti questi motivi, il sindacato unitario delle costruzioni della provincia di Ancona è in fermento. Chiediamo con forza - aggiungono Feneal, Filca e Fillea - che, in occasione dell'incontro che la Regione Marche avrà con il ministero delle Attività economiche e produttive, si tenga in debita considerazione questa nuova emergenza che si va a sommare alla già drammatica situazione fabrianese.


AMINTO CAMILLI,

el cuntadin
04-09-08, 00:14
La crisi inizia a mordere sul serio. Tra le imprese che si apprestano a cacciare i dipendenti, troviamo anch el?Elica del senatore Casoli di Forza Italia. In quest'ultimo caso, oltre 170 famiglie resteranno senza pane. E dire che Casoli soltanto un paio di anni fa, ha quotato la sua impresa in borsa, incassando pltre cento milioni di euro! Chissà se quei quattrini sono stati reinvestiti nella sua azienda?


http://www.corriereadriatico.it/articolo.aspx?varget=1D99764173D0364FA535730B88A96 7DA
Imprese in crisi, sessantamila nel tunnel


ANCONA - La crisi marchigiana potrebbe essere un multiplo di quattro. Uno a quattro potrebbe essere il rapporto tra gli occupati interni e quelli che gravitano intorno al satellite-impresa: 15 mila per quattro. Sessantamila. Quattro e non otto come alla Fiat, perché un’auto che perde pezzi, con i suoi 22 mila componenti, fa più danni del manifatturiero che non regge il peso della competitività. Una rilettura storica descriverebbe così l’emergenza-indotto: effetti collaterali del mondo dei distretti. E’ il rovescio di quel modello che, a detta degli esperti, avrebbe fatto il giro del mondo: il fenomeno di ritorno sconquassa gli equilibri di un territorio che si sentiva benedetto dalla formula-formato-famiglia. Ed eccole le Marche costrette a moltiplicare per quattro gli oltre 15 mila occupati che i dati ufficiali dichiarano a rischio. Fino al 31 dicembre 2007 l’Osservatorio della Cgil aveva aggiornato la conta: allora se ne misero in fila ben 12 mila. Il dettaglio metteva nell’angolo più buio la provincia di Ancona con 40 aziende e 7548 lavoratori in crisi; a seguire Ascoli con 25 realtà marchiate a fuoco e 2500 occupati che rischiavano di non dirsi più tali. Tra Fermo e Macerata, dove si consumava e si continua a consumare il sacrificio del calzaturiero, erano una ventina le imprese in bilico con un migliaio di anime in pena; a Pesaro con legno e mobili che ne conseguono nella lista nera finirono una decina di imprese con tanto di dipendenti, 600 per la precisione. Nei mesi che seguirono l’emergenza si fece più pressante. L’Antonio Merloni, che senza mettere il marchio sforna elettrodomestici per conto terzi, non riesce più a garantire un futuro certo alle 3000 persone impegnate negli stabilimenti del Fabrianese: la cassa integrazione a rotazione è già scattata e la vertenza verrà affrontata a Roma, martedì prossimo, durante un vertice ministeriale. La zona resta la stessa, quel feudo che tra economia e politica si pensava fosse inespugnabile; la ferita che si apre alla Elica è un’altra brutta storia che interessa 178 dipendenti. In attesa dell’ufficialità la somma, che pesa in tutta la regione come una sottrazione, supera quota 15 mila.

Erano i tempi che le criticità più aspre si addensavano al Sud, nel Piceno graffiato dalla ex Cassa del Mezzogiorno che prima attirò imprese poi battè la ritirata, lasciando briciole di occupazione sul campo. L’assistenzialismo non perdona. Erano i tempi, ma sono cambiati: nella roulette russa occupazionale ora gira anche il Fabrianese dove la crisi è congiunturale: nel mondo intero l’elettrodomestico non corre più e la brusca frenata non risparmia certo le Marche. Dal Nord al Sud, tuttavia, c’è un comune denominatore: sono crepe da grandi aziende, quelle da dato ufficiale. Nel mezzo, temporale e geografico, s’impantana la piccola, piccolissima impresa, s’impiglia l’indotto. Sono i multipli di quattro che precipitano senza rete nel buco nero della disoccupazione. Moltiplichiamo e a rischiare allora sono sessantamila, una città poco più grande di Ascoli.

Tre esempi per andare all’origine della crisi annunciata nella terra dei mastri cartai. “Indesit Company sì che ha saputo internazionalizzare; Elica ci ha provato ma non è andata; Antonio Merloni non ha mai preso la strada del mondo. Non tutti hanno avuto la stessa capacità di affrontare la globalizzazione”. Ugo Ascoli, assessore regionale a Lavoro a Formazione, fa la radiografia di un distretto che scricchiola per dimostrare che la crisi non è uguale per tutti. C’è la dimensione che discrimina, sempre. Il paracadute non si apre per tutti. “Con il ricorso agli ammortizzatori sociali - l’assessore non teme l’ovvietà per rafforzare il concetto - la grande impresa riesce a sostenere il peso dell’emergenza, il problema è per la piccola impresa: senza ammortizzatori sociali in deroga viene spazzata via e basta”. Quel senza-lasciare-traccia che Ascoli in parte è riuscito a scongiurare. Almeno per ora. “Tra la crisi del calzaturiero, quella del legno e della meccanica e quella del Piceno negli ultimi 3-4 anni siamo riusciti a ottenere dal governo nazionale ben 34 milioni di euro. Tutte risorse destinate alle realtà minuscole che altrimenti sarebbero sparite dalla scena”. E dice che non molla, che continuerà così, per evitare l’effetto-polverizzazione. “Il 9 settembre, martedì prossimo, a Roma al ministero per lo Sviluppo Economico sarà convocato un tavolo ad hoc sulle difficoltà del Fabrianese: al primo punto ci saranno le piaghe dell’Antonio Merloni e domani (oggi per chi legge, ndr) a Fabriano si affronterà la crisi del distretto”. Appuntamento alle 10 nella sede del Comune: all’appello risponderanno enti locali, sindacati e Regione. “Sarà l’occasione - ripassa velocemente i punti l’assessore - per presentare un mega progetto di rilancio. Si lavorerà su diverse tastiere: la tutela del lavoro passerà attraverso la formazione, la preparazione e la riqualificazione delle risorse umane; le azioni mirate per attrarre nuovi investimenti punteranno sulle politiche fiscali e su quelle urbane; per tentare di diversificare l’economia, scommettendo per esempio sui servizi e su un turismo diverso dal già esistente, si investirà ancora”. Il pacchetto-rilancio arriverà sul tavolo romano. Chissà che anche le speranze non siano multipli di quattro.


M.CRISTINA BENEDETTI ,

el cuntadin
19-10-08, 22:32
Anche dal pesaresi arrivano segnali di grande preoccupazione rispetto alla tenuta delle ns imprese.
http://www.corriereadriatico.it/articolo.aspx?varget=C96A376700DF48B989FAC93CBAF4C F6C

Occupazione, allarme della Cgil: cresce la cassa integrazione


PESARO - Cresce a livelli preoccupanti la cassa integrazione nella nostra provincia nel terzo trimestre 2008. L’ufficio studi della Cgil, che ha elaborato i dati Inps Marche parla di “un incremento come non si vedeva da cinque anni a questa parte”. Le ore complessive di cassa integrazione guadagni autorizzate, nei mesi di luglio, agosto e settembre, nelle aziende della provincia di Pesaro Urbino sono state 149.394. Di queste, 141.274 sono ore di cassa integrazione ordinaria.

Il ricorso a questo ammortizzatore sociale è in forte aumento in tutti i settori produttivi delle imprese industriali. Il maggior numero di ore riguarda il settore delle trasformazioni minerali (in particolare i laterizi), con un totale di 38.943 ore; seguito dal legno mobile che con 29.116 ore registra un aumento, in percentuale, del 189,2. Cresce notevolmente il ricorso anche nelle imprese metalmeccaniche con 16.058 ore (103,8%). Nel settore sono state autorizzate anche 1.440 ore di cassa integrazione straordinaria.

Percentuale di incremento molto alta anche per il tessile abbigliamento (+194,8) con 12.785 ore autorizzate e 304 ore di Cig straordinaria. In crisi anche il settore della lavorazione carta dove si registra un aumento di ore autorizzate del 37,5% per un totale di 1056 ore. In aumento anche nelle imprese chimiche con 761 ore (+ 16 %). Per quanto riguarda l’edilizia, le 40.496 ore di cassa integrazione ordinaria autorizzate, negli ultimi tre mesi, confermano la grave difficoltà del settore a cui va aggiunta la richiesta di 808 ore di cassa integrazione straordinaria.

“L’incremento della Cassa integrazione riguarda tutti i settori in misura sensibile – sostiene Cristina Ortolani responsabile dell’ufficio studi Cgil - anche se pesano in particolare le difficoltà del sistema casa, come l’edilizia e i laterizi, ma anche i macchinari per l’edilizia e l’arredamento”.

Per il segretario generale della Cgil di Pesaro Urbino Roberto Ghiselli “questi dati confermano quanto da mesi stiamo rilevando direttamente nelle aziende: cala la produzione ed il lavoro, cresce la cassa integrazione e la mobilità. Inoltre tutti gli indicatori in nostro possesso fanno pensare ad un ulteriore appesantimento della situazione nei prossimi mesi. Questo ci deve indurre, anche a livello locale, ad aggiornare le nostre politiche del lavoro rispetto a questo nuovo scenario e a rafforzare gli strumenti che servono per prevenire e governare i crescenti problemi occupazionali”.